Genitorialità, matrimonio e famiglia nel diritto italiano ... · Professore ordinario di diritto...

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Jus-online n. 2/2015 1 Michele Sesta Professore ordinario di diritto privato, Università degli Studi di Bologna Genitorialità, matrimonio e famiglia nel diritto italiano vigente SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La famiglia dopo la riforma della filiazione e del divorzio. – 3. Genitorialità e convivenza tra genitori dello stesso sesso. – 4. Congedo. 1. Premessa La Relatio Synodi del 18 ottobre 2014, dedicata a Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione, nella sua Prima parte avvia la riflessione dall'analisi dell'ambito socio-culturale in cui l'istituzione familiare si colloca, con l'intento di guardare "alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre", e, quindi, "ai genitori, ai nonni, ai fratelli e alle sorelle, ai parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni matrimonio". Il giurista non fatica a ritrovare, in queste parole semplici e concrete, anche un riferimento agli istituti che da sempre vengono ricompresi nel diritto di famiglia: il matrimonio, la filiazione, la parentela, l'affinità; e si onora che l'indagine dei Vescovi prenda le mosse dalla prospettiva che gli è più congeniale. L’attenzione alla dimensione giuridica e alla sua incidenza sulla realtà della famiglia si coglie altresì nel riferimento, enunciato dalla Relatio nell’ambito della ricognizione dei contesti che "pongono sfide particolari", ad "una legislazione civile che [spesso] compromette il matrimonio e la famiglia"; riferimento che invita a ricercare il senso e a precisare la portata di tale severa affermazione, specie alla luce delle continue e anche recenti modificazioni che interessano il diritto di famiglia dei Paesi occidentali e segnatamente quello italiano. E' infatti ben noto, vista la risonanza mediatica che suscita ogni innovazione legislativa o giurisprudenziale, che l'assetto della famiglia è da decenni in fase di profonda evoluzione, sotto la spinta di molteplici fattori, culturali, sociali e, più specificamente, giuridici. Quanto all’Italia, basti solamente pensare alle innovazioni legislative degli ultimi tempi, dalla riforma della filiazione 1 , alla 1 L. 10 dicembre 2012, n. 219, recante “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”, successivamente attuata dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, di “Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’art. 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”. Sulle innovazioni introdotte dalla riforma cfr. C.M. Bianca (a cura di), La riforma della filiazione, Padova 2015; M. Sesta, voce Filiazione (diritto civile), in Enc. dir., Annali, VIII, Milano, 2015, pp. 445 e ss. (in corso di stampa); e già Id., Stato unico di filiazione e diritto ereditario, in Recte sapere, Studi in onore di Giuseppe Dalla Torre, III, Torino, 2014, p. 1647, e in Riv. dir. civ., 2014, p. 1; Id., L'accertamento dello stato di figlio dopo il decreto legislativo n. 154/2013, in Fam. dir., 2014, p. 454;

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Jus-online n. 2/2015

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Michele Sesta

Professore ordinario di diritto privato, Università degli Studi di Bologna

Genitorialità, matrimonio e famiglia nel diritto italiano vigente

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La famiglia dopo la riforma della filiazione e del divorzio. – 3.

Genitorialità e convivenza tra genitori dello stesso sesso. – 4. Congedo.

1. Premessa

La Relatio Synodi del 18 ottobre 2014, dedicata a Le sfide pastorali sulla

famiglia nel contesto dell'evangelizzazione, nella sua Prima parte avvia la riflessione

dall'analisi dell'ambito socio-culturale in cui l'istituzione familiare si colloca, con

l'intento di guardare "alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle

sue luci e nelle sue ombre", e, quindi, "ai genitori, ai nonni, ai fratelli e alle sorelle, ai

parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni matrimonio".

Il giurista non fatica a ritrovare, in queste parole semplici e concrete, anche un

riferimento agli istituti che da sempre vengono ricompresi nel diritto di famiglia: il

matrimonio, la filiazione, la parentela, l'affinità; e si onora che l'indagine dei Vescovi

prenda le mosse dalla prospettiva che gli è più congeniale.

L’attenzione alla dimensione giuridica e alla sua incidenza sulla realtà

della famiglia si coglie altresì nel riferimento, enunciato dalla Relatio nell’ambito della

ricognizione dei contesti che "pongono sfide particolari", ad "una legislazione civile

che [spesso] compromette il matrimonio e la famiglia"; riferimento che invita a

ricercare il senso e a precisare la portata di tale severa affermazione, specie alla luce

delle continue e anche recenti modificazioni che interessano il diritto di famiglia dei

Paesi occidentali e segnatamente quello italiano.

E' infatti ben noto, vista la risonanza mediatica che suscita ogni

innovazione legislativa o giurisprudenziale, che l'assetto della famiglia è da decenni

in fase di profonda evoluzione, sotto la spinta di molteplici fattori, culturali, sociali

e, più specificamente, giuridici. Quanto all’Italia, basti solamente pensare alle

innovazioni legislative degli ultimi tempi, dalla riforma della filiazione 1 , alla

1 L. 10 dicembre 2012, n. 219, recante “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali”,

successivamente attuata dal d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, di “Revisione delle disposizioni vigenti in materia

di filiazione, a norma dell’art. 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”. Sulle innovazioni introdotte dalla

riforma cfr. C.M. Bianca (a cura di), La riforma della filiazione, Padova 2015; M. Sesta, voce Filiazione (diritto

civile), in Enc. dir., Annali, VIII, Milano, 2015, pp. 445 e ss. (in corso di stampa); e già Id., Stato unico di filiazione

e diritto ereditario, in Recte sapere, Studi in onore di Giuseppe Dalla Torre, III, Torino, 2014, p. 1647, e in Riv. dir.

civ., 2014, p. 1; Id., L'accertamento dello stato di figlio dopo il decreto legislativo n. 154/2013, in Fam. dir., 2014, p. 454;

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negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio2, al cd. divorzio breve3.

Per non parlare dei ripetuti interventi della Corte europea dei diritti dell’uomo e

della Corte costituzionale, tra gli altri quelli in materia di procreazione medicalmente

assistita, che hanno rimosso molti dei divieti che erano stati introdotti dalla Legge n.

40/20044; della Corte di cassazione in materia di matrimonio civile e concordatario5

e di convivenze, anche tra persone dello stesso sesso6, e dei giudici di merito, specie

P. Schlesinger, Il D.lgs. n. 154 del 2013 completa la riforma della filiazione, ivi, p. 443; V. Carbone, Il d.lgs. n.

154/2013 sulla revisione delle disposizioni vigenti in tema di filiazione, ivi, p. 447; E. Al Mureden, La responsabilità

genitoriale tra condizione unica del figlio e pluralità di modelli familiari, ivi, p. 466; M. Dogliotti, La nuova filiazione fuori

del matrimonio: molte luci e qualche ombra, ivi, p. 480. V. anche M. Sesta (a cura di), Codice della famiglia, III ed.,

Milano 2015; AA.VV., La nuova disciplina della filiazione, Santarcangelo di Romagna 2015. 2 L. 10 novembre 2014, n. 162, di conversione, con modificazioni, del decreto legge12 settembre

2014, n. 132, recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione

dell'arretrato in materia di processo civile”. Sulle modalità di risoluzione stragiudiziale della crisi coniugale

introdotte dalla legge cfr. M. Sesta, Negoziazione assistita e obblighi di mantenimento nella crisi della coppia, in Fam.

dir., 2015, p. 295; M.N. Bugetti, La risoluzione extragiudiziale del conflitto coniugale, Milano, 2015, passim; F.

Danovi, I nuovi modelli di separazione e divorzio: una intricata pluralità di protagonisti, ivi, 2014, p. 1141; e ancora Id.,

voce Mezzi stragiudiziali di separazione e divorzio, in Codice della famiglia, cit., p. 2521. 3 L. 6 maggio 2015, n. 55, recante “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli

effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi”. Per un primo commento della nuova legge si

leggano F. Danovi, Al via il “divorzio breve”: tempi ridotti ma manca il coordinamento con la separazione, in Fam. dir.,

2015, p. 607, e G. Oberto, “Divorzio breve”, separazione legale e comunione legale tra coniugi, ivi, p. 615. 4 Cfr. Corte cost., 8 maggio 2009, n. 151, in Fam. dir., 2009, p. 761, con nota di M. Dogliotti, La Corte

costituzionale interviene sulla produzione e sul trasferimento degli embrioni a tutela della salute della donna, che ha caducato

il limite massimo dei tre embrioni producibili per ogni ciclo terapeutico nonché l’obbligo dell’unico e

contestuale impianto (art. 14, commi 2 e 3, legge 19 febbraio 2004, n. 40, “Norme in materia di procreazione

medicalmente assistita”), con l’ulteriore conseguenza di rendere, anche nei fatti, praticabile la diagnosi

genetica preimpianto allo scopo di conoscere lo stato di salute dell’embrione onde impiantare i soli embrioni

risultati sani: indagine riservata alle coppie infertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili; per queste ed

altre riflessioni sulla sentenza cfr. M. Sesta, La procreazione medicalmente assistita tra legge, Corte costituzionale,

giurisprudenza di merito e prassi medica, in Fam. dir., 2010, pp. 839 e ss. Successivamente, la Consulta è intervenuta

sulla l. n. 40/2004 decretando l’illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa da essa

previsto (art. 4, comma 3, e art. 9, commi 1 e 3): cfr. Corte cost., 10 giugno 2014, n. 162, in Fam. dir., 2014, p.

753, con nota di V. Carbone, Sterilità della coppia. Fecondazone eterologa anche in Italia. Da ultimo, la Corte

costituzionale, nella camera di consiglio del 14 maggio 2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli

artt. 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consentono il ricorso alle

tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili,

rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194,

accertate da apposite strutture pubbliche. In dottrina, sul tema della procreazione medicalmente assistita cfr.

M. SESTA, sub lege 19 febbraio 2004, n. 40 - Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, artt. 1-11, in

Codice della famiglia, cit., pp. 2562 e ss.; Id., La procreazione medicalmente assistita tra legge, Corte costituzionale,

giurisprudenza di merito e prassi medica, cit., pp. 839 e ss.; e già Id., voce Procreazione medicalmente assistita, in Enc.

giur. Treccani, Agg., XIII, Roma 2005. 5 Si veda, in tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio, Cass. civ.,

sez. un., 17 luglio 2014, n. 16379, in Corr. giur., 2014, p. 1196, con nota di V. Carbone, Risolto il conflitto

giurisprudenziale: tre anni di convivenza coniugale escludono l’efficacia della sentenza canonica di nullità del matrimonio. 6 Sul tema delle unioni omosessuali cfr. Cass. civ., 15 marzo 2012, n. 4184, in Dir. fam., 2012, p. 696;

Cass. civ., 9 febbraio 2015, n. 2400, in http://www.iusexplorer.it; nonché, nella giurisprudenza costituzionale,

Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, in Iustitia, 2010, p. 311, con nota di M. Costanza, La Corte costituzionale e le

unioni omosessuali, e in Giust. civ., 2010, I, p. 1294; Corte cost., 11 giugno 2014, n. 170, in Giustizia civile.com,

Editoriale 19 giugno 2014, con nota di L. Balestra, Sugli effetti della rettificazione dell’attribuzione di sesso sul

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con riferimento ai temi dell'affidamento e dell'adozione di minori a coppie

omosessuali7.

Ma il cambiamento non è solo di oggi: da tempo, a seguito della crisi

del modello familiare istituzionale disciplinato dal codice civile italiano del 1942,

l'ordinamento ha progressivamente ampliato l'autonomia dei coniugi nel disporre

della cessazione degli effetti del vincolo matrimoniale, prima attraverso

l'introduzione del divorzio, poi mediante le successive modificazioni della relativa

disciplina e di quella ad esso strettamente collegata della separazione legale, sino –

come si è detto – alla previsione della negoziazione assistita e del c.d. divorzio

breve. Il tratto saliente è che l'odierno sistema, frutto delle riforme degli anni

Settanta e di quelle via via succedutesi sino all'attualità, riconosce a ciascuno dei

coniugi la libertà di attuare sempre e comunque la separazione, cui può seguire

automaticamente e a breve distanza di tempo il divorzio e la creazione di un nuovo

nucleo familiare, fondato o meno sul matrimonio: tanto che, a questo proposito, si

discorre di privatizzazione delle relazioni familiari8.

Occorre altresì considerare che negli ultimi decenni sono in via di

diffusione vari modelli familiari, che si discostano in modo più o meno significativo

da quello tradizionale di famiglia fondata sul matrimonio. Tra di essi, ha assunto

particolare rilievo la convivenza more uxorio, che ricalca i tratti essenziali di una

relazione fondata sul matrimonio ma è priva di una qualsiasi formalizzazione del

rapporto di coppia ed è pertanto sorretta soltanto dalla spontaneità dei

comportamenti dei conviventi. Questa realtà, pur affermandosi in misura crescente,

in Italia è rimasta priva di una disciplina giuridica organica. La questione è da tempo

oggetto di un aspro dibattito tra le forze politiche e nella società civile, ove si

fronteggiano gli argomenti della “libertà” e dei “valori”. Il primo scaturisce

matrimonio preesistente, e in Fam. dir., 2014, p. 861, con nota di V. Barba, Artificialità del matrimonio e vincoli

costituzionali: il caso del matrimonio omosessuale. Con specifico riferimento all’affidamento del figlio ‘naturale’ al

genitore legato a partner dello stesso sesso cfr. Cass. civ., 11 gennaio 2013, n. 601, in Dir. fam., 2013, p. 515, e

in Giust. civ., 2013, I, p. 2508, e in Fam. dir., 2013, p. 570, con nota critica di F. Ruscello, Quando il pregiudizio …

è nella valutazione del pregiudizio! A proposito dell’affidamento della prole alla madre omosessuale; la sentenza offre lo

spunto anche per la riflessione di L. Balestra, Affidamento dei figli e convivenza omosessuale tra “pregiudizio” e interesse

del minore, in Corr. giur., 2013, p. 893. 7 Cfr. Trib. min. Palermo, decreto 4 dicembre 2013, in Fam. dir., 2014, p. 350, con nota di M.

Gennaro, L’affidamento, anche eterofamiliare, di minori ad omosessuali. Spunti per una riflessione a più voci; Trib. min.

Roma, 30 luglio 2014, in Nuova giur. civ. comm., 2015, pt. I, p. 109, con nota di J. Long, L’adozione in casi

particolari del figlio del partner dello stesso sesso; Trib. min. Bologna, 31 ottobre 2013, in Fam. dir., 2014, p. 273, con

nota di F. Tommaseo, Sull’affidamento familiare d’un minore a coppia omosessuale. Sul punto si veda anche C.

Rimini, L'affidamento familiare a una coppia omosessuale: il diritto del minore ad una famiglia e la molteplicità dei modelli

familiari, in Corr. giur., 2014, p. 155. 8 M. Sesta, Privato e pubblico nei progetti di legge in materia familiare, in Separazione, divorzio, affidamento dei

minori: quale diritto per l’Europa? (Atti del Convegno di Bologna, 17-18 aprile 1998), a cura di M. Sesta, Milano,

2000, pp. 3 e ss.

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dall’esigenza di non creare vincoli giuridici a chi non ne vuole; il secondo da quella

di non contaminare il modello di famiglia fondata sul matrimonio scolpito

nell’art. 29 Cost. 9 . La mancanza di una legge che disciplini compiutamente il

fenomeno non significa, tuttavia, che il diritto italiano lo ignori; in base all’art. 2

Cost., dottrina e giurisprudenza tendono ad attribuire alla coppia non unita in

matrimonio la natura di formazione sociale, anche alla luce di quanto disposto

dall’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo cui “il

diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi

nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. La formulazione della norma sembra

riconoscere pari dignità alle più diverse forme di convivenza, anche tra persone

dello stesso sesso. Come si è osservato, al tradizionale favor per il matrimonio si è

sostituita la pari dignità d’ogni forma di convivenza alla quale una legislazione

nazionale decida di dare la sua sanzione, cosicché la tutela della vita familiare è

riconosciuta indipendentemente dalla sussistenza del matrimonio (cfr. artt. 7 e 9,

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; art. 8, Convenzione per la

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).

Infine non possono trascurarsi i rilievi comparatistici – che svolgono

oramai un ruolo decisivo in una realtà sempre più caratterizzata dall'uniformità dei

valori e degli stili di vita, al di là dei confini nazionali – i quali evidenziano che nei

Paesi culturalmente vicini all'Italia la tutela prioritaria della sfera individuale ha

portato all’adozione di forme di divorzio immediato ed altresì al riconoscimento

giuridico delle relazioni tra persone dello stesso sesso, anche consentendo loro il

matrimonio, che quindi, in quegli ordinamenti, non presuppone, quale elemento

fondante, la disparitas sexus. Al riguardo, occorre ricordare che nel 2010 la Corte

costituzionale italiana ha riconosciuto che l'unione tra persone dello stesso sesso

può assumere rilevanza giuridica, ma che ciò non renda costituzionalmente

necessitata la previsione del matrimonio, che resta quindi riservata alla

discrezionalità del legislatore10. Sulla scia di quella decisione, la Corte di cassazione

ha poi affermato che i componenti della coppia omosessuale sono titolari del diritto

alla vita familiare e possono adire i giudici per far valere il diritto ad un trattamento

omogeneo rispetto a quello assicurato dalla legge alla coppia eterosessuale11.

In breve, la situazione che complessivamente emerge da questa

sommaria ricognizione dimostra che l'ordinamento giuridico vigente riconosce una

ampia configurazione giuridica delle relazioni familiari e, quanto a quelle fondate sul

9 M. Sesta, Una disciplina per le convivenze, ne Il Mulino, 2007, p. 442; A. Morrone, sub art. 2 Cost., in

Codice della famiglia, cit., pp. 33-35. 10 Corte cost., 15 aprile 2010, n. 138, cit. 11 V. citazioni in nota 6.

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matrimonio, consegna nelle mani dei coniugi la stabilità del legame e non pone

regole per garantirla contro la volontà anche di uno solo degli interessati. Per

contro, sulla scia della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo,

approvata a New York il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio

1991, n. 176, risultano rafforzati gli strumenti giuridici di tutela dei figli, il cui

conclamato diritto alla bigenitorialità trova affermazione a prescindere dalla natura e

dalla sussistenza di un vincolo giuridico tra i genitori, come meglio si illustrerà nel

prosieguo. Come è stato efficacemente scritto, il fondamento di una consimile

legislazione è che "marriage isn't really the important issue, children are"12.

L'odierno assetto complessivo delle relazioni familiari induce a

chiedersi che cosa residui, nell'ordinamento positivo vigente, del solenne

riconoscimento enunciato dall'art. 29 della Costituzione della famiglia quale società

naturale fondata sul matrimonio. Una disposizione che prometteva una rivoluzione,

per usare le parole di Giuseppe Dalla Torre 13 , che voleva uscire dalla

contrapposizione tra un modello pubblicistico di famiglia funzionale agli interessi

superiori dello Stato ed un modello privatista volto alla tutela delle posizioni

individuali, per approdare al riconoscimento della famiglia come soggetto,

configurando così un modello comunitario che attingesse alla realtà naturale, nella

quale gli interessi individuali e collettivi trovano mediazione ed armonizzazione. A

tanti anni di distanza dalla enunciazione di quella norma, e a quarant’anni dalla

Riforma del diritto di famiglia – che tra luci ed ombre volle dare attuazione ai

principi costituzionali senza però riuscire nell’intento di valorizzare il tratto

comunitario che li caratterizzava – il severo giudizio dei Vescovi sembra dunque

rivolgersi anche all'ordinamento italiano, che pure, rispetto a quelli di altri Paesi

europei, è stato meno incline alle fughe in avanti.

Nel domandarsi quali siano le responsabilità del diritto, e

specificamente della legislazione, nella odierna realtà sociale della famiglia, che

appare permeata da un predominante spirito individualista, occorre tuttavia

considerare che in questa materia, come in altre, la forza del diritto ed in specie

quella della legge è limitata, come la richiamata vicenda dell' art. 29 della

Costituzione e quella della legge sulla procreazione medicalmente assistita

testimoniano. Gli approdi delle predette disposizioni, pur nella loro diversa valenza

formale e di contenuto, palesano che la legge non abbia in sé la forza per

conformare ad un modello predeterminato la realtà sociale che intende disciplinare,

12 H.D. Krause, Marriage for the New Millennium: Heterosexual, Same Sex - or Not at All? (2000) 34

Family Law Quarterly, p. 271. 13 G. Dalla Torre, Famiglia e costituzione – Riflessioni su una rivoluzione promessa, in Iustitia, 1999, p. 221, il

quale esordisce rilevando che la Costituzione “contiene in materia di famiglia una rivoluzione promessa,

rimasta però più di cinquant’anni una rivoluzione mancata”.

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ma che il diritto – specie il c.d. diritto vivente, quello cioè applicato e tavolta creato

dai giudici – si comporti piuttosto come uno specchio, che finisce per riflettere

l'immagine di ciò che la mutevole realtà sociale gli pone innanzi: in breve, anzichè

conformare, esso risulta conformato dalla realtà effettuale, il che persuade di come

lo strumento giuridico, pur nella sua non trascurabile rilevanza, certo non sia

sufficiente a vincere le sfide sulla famiglia, come bene risulta dalla stessa Relatio, che

invita a volgere lo sguardo verso ben più elevati orizzonti.

2. La famiglia dopo la riforma della filiazione e del divorzio

Benché consapevole della insufficcienza dei suoi mezzi, il giurista non

può fare altro che adoperarli secondo i criteri formali che li governano, e indirizzarli

verso la realizzazione dei principi superiori dell'ordinamento, come quello enunciato

dall'art. 29 Cost.

In questo quadro, alla luce delle recenti riforme legislative e specie di

quelle in tema di filiazione, va analizzato il rapporto fra genitorialità, matrimonio e

famiglia, oggetto di queste pagine, cui la Relatio si riferisce al paragrafo n. 8. Per

comprendere come esso sia in rapida trasformazione basti pensare che in Italia la

percentuale delle nascite fuori del matrimonio, pari al 2,59 nel 1975, anno della

generale Riforma del diritto di famiglia, si è elevata al 23,6 nel 2010, a testimoniare, da

un lato, la progressiva perdita di esclusività e di prestigio della famiglia fondata sul

matrimonio, e, dall'altro, l'accettazione di modelli familiari alternativi14.

Questa circostanza di fatto appare decisiva per comprendere le ragioni

del processo che ha di recente condotto il legislatore italiano a riformare il diritto

della filiazione ed a eliminare la storica distinzione tra figli legittimi, cioè nati nel

matrimonio, e figli naturali, concepiti da genitori non uniti in matrimonio. Il nuovo

art. 315 del codice civile dispone, infatti, che tutti i figli hanno lo stesso stato

giuridico, il che significa che vi è piena identità di condizione giuridica tra i figli,

senza che più rilevi il vincolo matrimoniale tra i genitori. L'art. 315-bis del codice

civile stabilisce inoltre che "il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere

rapporti significativi con i parenti". Se la legge riconosce un consimile diritto al

figlio, ci si chiede nei confronti di chi detto diritto possa essere fatto valere, ed è

ovvio rispondere che il soggetto obbligato al suo soddisfacimento sia il genitore;

anzi, i genitori. Può sembrare singolare che il legislatore abbia proprio ora sentito la

necessità di enunciare, nei termini di diritto e dovere, quella che appare essere una

conseguenza naturale ed ovvia del rapporto di filiazione e che, a prima vista, può

restare insoddisfatta solo in situazioni patologiche, come è confermato dalla legge

14 M. Sesta, L'accertamento dello stato di figlio dopo il decreto legislativo n. 154/2013, cit., p. 454; Id., Manuale

di diritto di famiglia, VI ed., Padova, 2015, p. 3.

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sull’adozione dei minori, la quale stabilisce che "il minore ha diritto di crescere ed

essere educato nell'ambito della propria famiglia".

Comparando le due formule, quella dell'art. 315-bis c.c. con quella

dell'art. 1, l. n. 184/1983, emerge come nella seconda compaia l'aggettivo propria,

riferito a famiglia, che invece non figura nel testo del codice. In questo contesto è

chiaro ciò che il legislatore intende dire, cioè che l'adozione rappresenta l'extrema

ratio e che il figlio deve restare, nei limiti del possibile, nella propria famiglia, cioè

con i genitori che lo hanno messo al mondo. Si potrebbe dire che, nella seconda

ipotesi, la specificazione serve a contrapporre la famiglia naturale a quella adottiva,

mentre, nella prima, ciò non sia necessario, perché la famiglia in cui il figlio deve

essere inserito non può che essere quella dei suoi genitori e che non ce ne siano altre

da prendere in considerazione ai fini dell'attuazione del diritto riconosciutogli.

Tutto ciò porterebbe ad affermare che vi sia sempre o, quantomeno,

di regola, corrispondenza tra genitorialità, cioè l'essere genitori di un determinato

figlio, e famiglia, cioè l'essere tutti partecipi, genitori e figlio, di un’unica famiglia. In

sé, la cosa può sembrare del tutto ovvia e neppure meritevole di riflessione, ed in

effetti così è stato nel costume, come nel diritto, sino a non molto tempo fa. La

stessa Costituzione, nel definire la famiglia come “società naturale fondata sul

matrimonio” (art. 29) e nell'assicurare ai figli nati fuori del matrimonio “ogni tutela

giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima” (art.

30), evidenzia un dato apparentemente indiscutibile, cioè che la famiglia sia una,

quella fondata sul matrimonio, e che i diritti di quei figli nati appunto fuori del

matrimonio sono recessivi rispetto a quelli dei membri della famiglia legittima.

Sennonché il quadro tradizionale, per cui la famiglia è una, quella

fondata sul matrimonio, e che di essa fanno parte figli e parenti legittimi, onde si

realizza piena corrispondenza tra genitorialità e famiglia, da tempo è stato

contraddetto dal legislatore, che, specie di recente, l'ha profondamente modificato.

A ben vedere, già l'introduzione del divorzio aveva portato con sé che

nell'arco della vita della persona potessero darsi più famiglie legittime, tutte fondate

sul matrimonio, ed egualmente protette dal diritto. Ciò è meritevole di

sottolineatura, specialmente con riguardo ai figli del primo matrimonio, posto che lo

scioglimento del vincolo tra i genitori nulla cambia con riferimento alla loro

posizione: essi conservano, infatti, il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e

continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e

assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli

ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (art. 337-ter c.c.). Ma come

può essere declinato nei casi in cui il genitore si sia ricostituito una famiglia, legittima

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o naturale che sia, con altro coniuge/partner ed altri figli, il diritto del figlio "di

crescere in famiglia"? È inevitabile che tale diritto si modifichi, considerato che i

suoi genitori non coabitano e che, anzi, uno di loro è giuridicamente tenuto ad

assicurare ai figli della seconda relazione il soddisfacimento del medesimo diritto.

A seguito della riforma della filiazione il panorama si è ulteriormente

complicato15.

Per apprezzare appieno le modificazioni che la recente legislazione ha

prodotto nel rapporto tra genitorialità, matrimonio e famiglia occorre considerare

che la riforma del diritto di famiglia del 1975 aveva già realizzato la parità tra i figli,

mantenendo tuttavia distinta la posizione di quelli legittimi rispetto a quelli naturali,

che, giuridicamente, non entravano a far parte della famiglia, ma mantenevano un

rapporto giuridico unicamente con il genitore che li aveva riconosciuti, senza che

detto rapporto si estendesse all'altro genitore ed ai parenti, specie quelli collaterali.

In altri termini, la relazione giuridica intercorreva tra singolo genitore e figlio, senza

che si creasse un rapporto legalmente rilevante tra i genitori naturali del comune

figlio e tra costui e i parenti dei genitori: addirittura, per il diritto, i fratelli naturali,

figli degli stessi genitori, non erano considerati dal diritto fratelli e, dunque, non

erano giuridicamente collocati in un medesimo contesto familiare: in questo senso,

una piena corrispondenza tra genitorialità e famiglia si realizzava solo nell'ambito

della famiglia matrimoniale, come si legge nel richiamato incipit del paragrafo 5 della

Relatio.

Per contro, il superamento della preesistente prospettiva risulta ben

scolpito in quella che può considerarsi la disposizione centrale dell’intera recente

riforma, enunciata dall’art. 315 del codice, rubricato “Stato giuridico della filiazione”,

il quale stabilisce che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”. A ben vedere,

l’enunciazione che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico suona alla stregua di un

vero e proprio principio – così, del resto, lo definisce l’art. 2 della stessa l. n.

219/2012 – e sembra ambire ad integrarsi col testo degli artt. 29 e 30 Cost., dei

quali, invero, modifica gli equilibri sin qui in essere fra le loro variegate e articolate

proposizioni16: quasi come se il legislatore ordinario si sia cimentato in una sorta di

rilettura del testo costituzionale, capovolgendo quel procedimento che un illustre

15 Sulla recente riforma della filiazione cfr. M. Sesta, Stato unico di filiazione e diritto ereditario, cit., passim. 16 In argomento cfr. R. Biagi Guerini, Famiglia e Costituzione, Milano 1989; C. Esposito, Famiglia e figli

nella costituzione italiana, in Studi in onore di A. Cicu, II, Milano, 1951, p. 554; M. Bessone, Rapporti etico-sociali, in

Comm. Scialoja-Branca, sub art. 29-31, Bologna-Roma, 1976; A.M. Sandulli, sub art. 29 Cost., in Comm. Cian-

Oppo-Trabucchi, Padova, 1992, p. 3; E. Quadri, Famiglia e ordinamento civile, II ed., Torino 1999, pp. 7, 77; G.

Giacobbe, Il modello costituzionale della famiglia nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. civ., 2006, I, p. 481; A. Morrone,

sub art. 2 Cost., in Codice della famiglia, cit., pp. 42-43; M. Sesta, sub artt. 29, 30, 31 Cost., in Codice della famiglia,

cit., pp. 83 ss.

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Maestro, quasi cinquant’anni or sono, aveva indicato agli interpreti al fine di

armonizzare il testo del codice civile ai principi della Costituzione17.

Alla richiamata norma dell’art. 315 c.c. – e coerentemente con l’uso

del termine stato18 – si collega quella che, modificando l’art. 74 c.c., stabilisce che “la

parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel

caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è

avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. A detta

disposizione si allaccia, infine, quella che modifica il testo dell’art. 258 c.c., secondo

il quale “il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e

riguardo ai parenti di esso”19.

Dunque, in forza delle norme citate, il soggetto – una volta conseguito

lo stato di figlio a seguito della nascita da genitori coniugati, oppure del

riconoscimento o della dichiarazione giudiziale – diventa parente delle persone che

partecipano allo stipite da cui discendono i suoi genitori: egli, quindi, entra a far

parte della loro famiglia, indipendentemente dal fatto che sia stato concepito nel,

fuori o contro il matrimonio20; sotto questo riguardo, vi è completa identità tra

famiglia matrimoniale e famiglia non matrimoniale, mentre, con riguardo a

quest’ultima, il figlio si trova inserito in due famiglie, quella paterna e quella materna,

tra loro non comunicanti, come sino ad ora di regola accadeva grazie al vincolo di

affinità. Poiché l’affermazione dell’unicità dello stato – salva sempre la formazione

del corrispondente titolo dello stato di filiazione – è incondizionata, così come lo è

quella che fa scaturire il vincolo di parentela dalla mera discendenza biologica, nei

casi di filiazione adulterina ed incestuosa si producono conseguenze assai peculiari.

Nella filiazione adulterina, il figlio diventa fratello (unilaterale) del figlio

17 P. Rescigno, Per una rilettura del codice civile, in Giur. it., 1968, IV, c. 205. 18 P. Rescigno, Situazione e status nell’esperienza del diritto, in Riv. dir. civ., 1973, I, p. 209, e ora in

Matrimonio e famiglia. Cinquant’anni del diritto italiano, Torino, 2000, p. 215, il quale avverte come agli stati di

coniuge e figlio “altre situazioni e rapporti si connettano, e in primo luogo la parentela e l’affinità, destinati

anche essi ad assumere pratico rilievo nel regime della famiglia e inoltre nel diritto ereditario”. 19 Riguardo alle innovazioni introdotte dalla riforma cfr. R. Picaro, Stato unico della filiazione. Un

problema ancora aperto, Torino 2013; con riguardo alla disciplina della parentela cfr. M. Velletti, La nuova nozione

di parentela, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 441, e G. Frezza, Gli effetti del riconoscimento, ivi, p. 493. 20 Sul rapporto fra parentela e famiglia cfr. S. Ciccarello, Parentela e affinità, in Tratt. Bessone, IV, Il

diritto di famiglia, a cura di T. Auletta, Torino, 2011, p. 33, il quale osserva come la dimensione propriamente

familiare si “colloca oramai in una logica nucleare che si ferma al rapporto fra i due partners e a quello genitori-

figli, rimangono marginali e sono riguardati come il residuo di una civiltà al tramonto, i casi in cui rileva la

famiglia allargata, che ancora trovano applicazione in alcuni istituti del diritto agrario e in poche altre ipotesi”

(art. 230 bis c.c.). In questo quadro, “la parentela, che si qualifica come rapporto, proietta i suoi effetti

essenzialmente sul piano patrimoniale; la famiglia, invece, comunità di affetti, si propone in primo luogo in

dimensione e con contenuto prevalentemente personale”. Cfr., a riguardo, G. Campagna, Famiglia legittima e

famiglia adottiva, Milano 1966, p. 99; R. Perchinunno, voce Parentela e affinità, I, Diritto civile, in Enc. giur. Treccani,

XXX, Roma 1990, p. 1; E. Del Prato, Matrimonio, famiglia e parentela: prospettive di inizio secolo, in Diritto privato,

Studi in onore di Antonio Palazzo, II, Torino 2009, p. 227.

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matrimoniale di ciascuno dei genitori, zio dei figli dei fratelli e così via, con le

connesse conseguenze alimentari e successorie. Inoltre, in base a quanto disposto

dall’art. 316 c.c., egli è soggetto alla responsabilità dei genitori21, che l’esercitano

congiuntamente, in parallelo con quella che ciascuno di loro si trovi eventualmente

ad esercitare col proprio coniuge nei riguardi del figlio matrimoniale. In base alle

nuove disposizioni, il genitore coniugato, se non vuole incorrere in responsabilità,

dovrà quindi relazionarsi col figlio concepito fuori dal matrimonio ed

inevitabilmente anche con l’altro genitore ‘naturale’, col quale condivide, di norma,

ed indipendentemente dalla convivenza, la responsabilità genitoriale ex art. 316

c.c.22. In queste ipotesi, tenuto anche conto di quanto disposto dal novellato art. 252

c.c., si crea una sorta di triangolazione di rapporti, considerato che un genitore può

trovarsi tenuto a condividere la funzione genitoriale con il coniuge ed anche con

uno o più soggetti con i quali abbia generato figli, e ciò indipendentemente dalla

sussistenza di convivenza23.

Ciò vale – è il caso di rilevare – anche per il figlio nato da genitori tra

loro parenti che, in base al nuovo testo dell’art. 251 c.c., può essere riconosciuto,

previa autorizzazione del giudice, avuto riguardo all’interesse del figlio e alla

necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio24. La norma ha creato scalpore,

proprio perché sembra contraddire la regola dell’endogamia, principio in primis

riferito al divieto di contrarre matrimonio tra consanguinei, ma che non può non

riflettersi sul piano della filiazione, che rappresenta una costante universale di

organizzazione della società umana25. Il profilo che si intende lumeggiare è che la

disposizione dell’art. 251 c.c., non tanto in sé considerata, quanto collegata a quelle

di cui agli artt. 74 e 258 c.c., colloca il figlio di genitori incestuosi nel novero dei loro

parenti, che tuttavia provengono da un unico stipite, così consentendo che la stessa

persona sia – rispetto al figlio – ad un tempo padre (in quanto genitore) e nonno,

ovvero padre e fratello, oppure ancora zio e fratello, in quanto rispettivamente

padre, figlio o fratello della donna che lo ha partorito. Di tali, invero sconvolgenti,

21 Sul tema della responsabilità genitoriale tra vecchio e nuovo sistema cfr. M. Sesta, Per l’esercizio

comune della potestà dei genitori naturali occorre la convivenza, in Fam. dir., 2012, p. 609; Id., L’unicità dello stato di

filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. dir., 2013, p. 231. 22 M. Sesta, Manuale di diritto di famiglia, cit., pp. 237 e 261. 23 Cfr., in argomento, M. Costanza, A margine della riforma della filiazione (legge n. 219/2012), in Iustitia,

2013, p. 121, spec. p. 125. 24 Cfr. T. Auletta, Riconoscimento dei figli incestuosi, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 475; S. Stefanelli,

Attribuzione di status e diritti del figlio incestuoso nell’ordinamento italiano, in Diritto e processo, Annuario giuridico della

Università degli Studi di Perugia, a cura di A. Palazzo, Perugia 2013, p. 337. 25 Il riferimento d’obbligo è alle pagine di C. Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela, (1947),

trad. it., II ed., Milano, 2010, p. 49, secondo il quale la proibizione dell’incesto “presenta la caratteristica dei

fatti di natura, e contemporaneamente la caratteristica distintiva – che teoricamente contraddice la precedente

– dei fatti di cultura”. Cfr., altresì, ora, la suggestiva ed approfondita ricostruzione di A. Renda, Il matrimonio

civile. Una teoria neo-istituzionale, Milano 2013, p. 295.

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conseguenze – che producono una sorta di cortocircuito nel sistema della parentela

– dovrà darsi carico il giudice minorile, chiamato in queste fattispecie ad autorizzare

il riconoscimento (ovvero, la dichiarazione giudiziale di genitorialità)26. Proprio il

caso limite dei genitori incestuosi profila delicati aspetti di compatibilità

costituzionale della novella che, seguendo la – in sé condivisibile – regola che le

colpe dei padri non ricadano sui figli, giunge consapevolmente ad approdi di incerta

coerenza con la struttura di quella società naturale – che, invero, seguendo gli

insegnamenti di Lévi-Strauss, meglio dovrebbe denominarsi “culturale” – i cui diritti

sono riconosciuti e garantiti dalla Costituzione.

Volendo riflettere sui principi costituzionali e prescindendo dai casi

particolari sopra menzionati, può dirsi, in breve, che la più significativa novità

introdotta dal legislatore del 2012 sia da individuarsi nella radicale modifica del

complessivo rapporto tra genitore e figlio non matrimoniale. In precedenza, esso era

trattato alla stregua di una relazione intercorrente esclusivamente tra genitore e

figlio, cui la legge attribuiva più o meno estesi diritti, personali, patrimoniali e

successori. Il figlio restava, però, al di fuori della famiglia del suo genitore, in quanto

il vincolo di parentela, specie in linea collaterale, non era contemplato 27 : oggi,

invece, questi – per la prima volta – entra a tutti gli effetti in famiglia, sia in quella

ristretta, in quanto fratello dei figli dei propri genitori, sia in quella estesa, quale

parente 28 . La relazione si instaura, dunque, non solo con il genitore che ha

riconosciuto il figlio (e con gli immediati ascendenti), ma con l’intera rete parentale,

sia in linea retta che collaterale. Per meglio lumeggiare tale effetto giova richiamare

quanto scriveva un insigne giurista, Alberto Trabucchi, il quale sottolineava che “la

procreazione crea un rapporto bilaterale se si tratta di procreazione fuori della

famiglia legittima; si estende agli altri se si collega al matrimonio”29. Mettendo a

confronto tale affermazione con le nuove disposizioni, appare subito evidente il

decisivo mutamento recato.

Alla stregua di quanto precede, sembra a chi scrive che dalle norme

sopra citate risulti radicalmente modificata la nozione di famiglia legale, che, ora,

nell'ordinamento italiano, non appare più necessariamente fondata sul matrimonio,

considerato che i vincoli giuridici tra i suoi membri dichiaratamente prescindono da

26 Che fu consentita dalla Corte costituzionale con la sentenza 28 novembre 2002, n. 494, in Fam.

dir., 2003, p. 119, con nota di M. Dogliotti, La Corte costituzionale interviene a metà sulla filiazione incestuosa, e in

Familia, 2003, p. 848, con nota di G. Ferrando, La condizione dei figli incestuosi: la Corte costituzionale compie il primo

passo, i cui effetti vengono ora amplificati dalla precitata disposizione in tema di parentela. 27 F. Santoro-Passarelli, Parentela naturale, famiglia e successione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, p. 27; A.

Trabucchi, Natura legge famiglia, in Riv. dir. civ., 1977, I, p. 2. 28 S. Ciccarello, Parentela e affinità, cit., p. 33. 29 A. Trabucchi, Natura legge famiglia, cit., p. 13.

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esso: come è stato scritto di recente “sembra esservi una tendenza sempre più forte

al superamento del matrimonio come luogo costitutivo degli status”30.

Il che è coerente con quanto si è sopra rilevato31, cioè che la disciplina

giuridica del matrimonio rispecchia l'avanzare di una visione privatistica delle

relazioni di coppia, che vuole valorizzate le posizioni individuali e la conseguente

perdita della vis matrimonii, destinato sempre più a diventare un'unione la cui finalità

essenziale sembra costituita dal soddisfacimento di esigenze personali, con la

correlata possibilità di rimuoverlo, anche unilateralmente, una volta che l'interessato

giudichi che tale obiettivo non sia realizzabile. Se la perdita di forza del vincolo

matrimoniale con riguardo alla coppia non è di oggi, anche se ha trovato rinnovata

evidenza nella recentissima novella in tema di divorzio breve, ben più rilevante è la

constatazione della perdita di centralità del matrimonio nella configurazione degli

status familiari e nel relativo disciplinamento giuridico32.

Si pone quindi nuovamente l’interrogativo della coerenza di tale

assetto rispetto a quanto enunciato dal comma primo dell’art. 29 Cost., che pone il

matrimonio quale elemento costitutivo della famiglia, ed anche dall’art. 30, comma

3, Cost., che assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,

compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima33. Ci rendiamo conto che

la stessa prospettazione della questione possa sembrare eccentrica, se si pensa che la

legge di cui trattasi è stata auspicata da autorevoli studiosi proprio per attuare

principi costituzionali34 ed è stata approvata con larghissime maggioranze; tuttavia, a

30 G. Dalla Torre, Famiglia senza identità?, in Iustitia, 2012, I, p. 129. 31 Cfr. supra, par. 1. 32 Cfr. M. SESTA, L’accertamento dello stato di figlio dopo il decreto legislativo n. 154/2013, cit., pp. 454 e ss. 33 Un illustre studioso (C. Esposito, Famiglia e figli nella costituzione italiana, cit., p. 554) chiarì, già

nell’immediatezza dell’entrata in vigore della Carta costituzionale, che l’art. 29 stabilisse una preferenza per la

famiglia fondata sul matrimonio, senza che ciò volesse significare che solo dal matrimonio potesse sorgere la

famiglia, bensì che solo i diritti della famiglia matrimoniale sono garantiti costituzionalmente. Egli chiarì

anche che il termine famiglia, di cui all’art. 29 Cost., fosse stato adottato in senso ristrettissimo, cosicché ne

resta delimitata l’estensione della disposizione contenuta nell’art. 30, comma 3, Cost., da ritenersi riferita

esclusivamente al coniuge e ai figli. Tali condivisibili notazioni non fugano i dubbi che sono stati prospettati

nel testo, considerato che l’estensione della parentela ai figli non matrimoniali ne comporta l’appartenenza alla

famiglia del loro genitore e, quindi, coinvolge i suoi figli matrimoniali. 34 C.M. Bianca, La legge italiana conosce solo figli, in Riv. dir. civ., 2013, p. 1; Id., La riforma del diritto della

filiazione, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 437; V. Carbone, Riforma della famiglia: considerazioni introduttive, in Fam.

dir., 2013, p. 225; A. Palazzo, La riforma dello status di filiazione, in Riv. dir. civ., 2013, p. 245; C.M. Bianca, Tutti i

figli hanno lo stesso stato giuridico, in Nuove l. civ. comm., 2013, p. 507; F. Prosperi, Unicità dello “status filiationis” e

rilevanza della famiglia non fondata sul matrimonio, in Riv. crit. dir. priv., 2013, p. 273; e già C.M. Bianca, Dove va il

diritto di famiglia?, in Familia, 2001, p. 9, e F. Prosperi, La famiglia non “fondata sul matrimonio”, Camerino-Napoli,

1980.

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13

ben vedere, non pare così agevole conciliarne gli effetti con il modello costituzionale

di famiglia35.

3. Genitorialità e convivenza tra genitori dello stesso sesso

La recente riforma della filiazione ha, dunque, modificato la nozione

stessa di famiglia, che non solo non è più necessariamente fondata sul matrimonio,

ma che può sincronicamente coesistere con più famiglie, quantomeno dal punto di

vista dei figli. Inoltre, sempre a seguito della riforma, ed in specie delle nuove regole

in tema di responsabilità parentale36, la genitorialità si è staccata dal matrimonio e

dalla famiglia, se intesa in senso tradizionale, e può declinarsi in una serie molteplice

di contesti: quello della famiglia matrimoniale, della coppia separata o divorziata, ma

anche della coppia non coniugata, della persona risposata o convivente con altra

persona, della persona singola. Il ricorso a tecniche di fecondazione assistita di tipo

eterologo, oggi ammesse a seguito della recente sentenza della Corte

costituzionale37, e talvolta praticate all'estero anche da persone singole, magari in

accordo col partner dello stesso sesso, ha ulteriormente contribuito a modificare il

rapporto tra genitorialità, matrimonio e famiglia.

In questo quadro, e per meglio apprezzarne la complessità, vanno

richiamati due recenti provvedimenti l’uno del Tribunale per i minorenni di

Bologna38, l’altro del Tribunale per i minorenni di Roma39.

La decisione bolognese è stata adottata in base alla domanda di una

madre non coniugata, residente da molti anni negli Stati Uniti, la quale ha chiesto al

tribunale di riconoscere validità nell’ordinamento italiano alla sentenza statunitense

con la quale era stata dichiarata l’adozione con effetti legittimanti di una bambina,

divenuta, così, sua figlia.

35 In senso contrario, F. Prosperi, Unicità dello “status filiationis” e rilevanza della famiglia non fondata sul

matrimonio, cit., p. 277, il quale ritiene che l’unificazione dello stato di figlio rispetti pienamente il dettato

costituzionale e osserva come “la negazione alla filiazione fuori del matrimonio dei rapporti di parentela con i

parenti dei propri genitori costituisca, indubbiamente, una lesione della dignità (sociale) della persona che, in

quanto valore supremo dell’ordinamento (artt. 2 e 3, comma 1, Cost.), è da ritenere sempre e comunque

inammissibile, qualunque sia lo scopo che la motivi, poiché, la dignità della persona da fine ultimo

dell’ordinamento non può mai scadere a strumento per il perseguimento di valori diversi”. In argomento si

vedano anche le considerazioni di M. Bianca, L’uguaglianza dello stato giuridico dei figli nella recente l. n. 219 del

2012, in Giust. civ., 2013, pt. II, p. 207, la quale osserva come la riforma non operi “un appiattimento

indifferenziato di tutte le forme della comunità familiare nel modello della famiglia fondata sul matrimonio”,

senza peraltro dare dimostrazione dell’assunto. 36 M. Sesta, L'unicità dello stato di filiazione e i nuovi delle relazioni familiari, cit., p. 236; E. Al Mureden, La

responsabilità genitoriale tra condizione unica di figlio e pluralità di modelli familiari, cit., p. 466. 37 Corte cost., 10 giugno 2014, n. 162, cit. 38 Trib. min. Bologna, decreto 21 marzo (dep. 17 aprile) 2013, in http://www.articolo29.it/wp-

content/uploads/2014/09/Decreto-trib-min-bo.pdf; cfr., altresì, Trib. min. Bologna, 31 ottobre 2013, cit. 39 Trib. min. Roma, 30 luglio 2014, cit.

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I giudici, chiamati a valutare, fra l’altro, la compatibilità con l'ordine

pubblico del riconoscimento della predetta sentenza di adozione straniera e degli

effetti legittimanti dalla stessa disposti in ordine allo stato di filiazione così creatosi,

sulla base delle disposizioni della richiamata l. n. 184/1983 e delle norme di diritto

internazionale privato, hanno ritenuto che “l’adozione di una sola persona non è

preferita dalla legge ma non è certo esclusa, né è escluso che possa avere in casi

speciali effetti legittimanti; soprattutto non si può in alcun modo sostenere che il

riconoscimento degli effetti legittimanti appaia sconvolgente rispetto al sistema nel

suo complesso”; inoltre, “tale conclusione rappresenta un indubbio vantaggio

nell’interesse della minore, tenuto conto della maggiore stabilità (perché mai

revocabile) e pregnanza che l’adozione legittimante viene ad avere rispetto a quella

non legittimante (in alcuni casi revocabile e senza effetti nei confronti dei parenti

dell’adottante)”. Sulla base di tali motivazioni, la domanda della donna è stata

accolta e la minore ha acquistato, anche nell’ordinamento italiano, lo status di figlio

nato nel matrimonio, pur non rinvenendosi, nel caso specifico, alcun legame

coniugale.

Il Tribunale per i minorenni di Roma ha, invece, riconosciuto la

possibilità, per una donna coniugata in Spagna con la madre della minore in

questione, di adottare quest’ultima (ex art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983), nata

in Spagna da fecondazione eterologa, costituendo anche nei suoi confronti quel

legame giuridico di genitorialità che l’ordinamento italiano riconosce, nel caso di

specie, solo nei riguardi della madre biologica.

Rilevano i giudici che “nella nostra normativa di settore non v’è

divieto alcuno […] per la persona singola, quale che sia il suo orientamento sessuale,

ad adottare. Esclusivamente per l’adozione legittimante (nazionale e internazionale)

viene richiesto che ad adottare siano due persone unite da un rapporto di coniugio

riconosciuto dall’ordinamento italiano; ma nel nostro sistema il legislatore ha

introdotto una seconda forma di adozione – l’adozione in casi particolari –, in base

alla quale, nell’interesse superiore del minore, la domanda può essere proposta

anche da una persona singola”, e che, alla luce dei principi costituzionali e dei diritti

fondamentali garantiti dalla CEDU, risponda al preminente interesse della minore

l’accertamento, anche sul piano giuridico, del rapporto genitoriale di fatto in essere

relativamente alla donna che, pur non avendo alcun vincolo biologico con la minore

ma intrattenendo una stabile relazione con la madre, ha, sin da prima del

concepimento, insieme con quest’ultima, intrapreso e sostenuto il progetto di

maternità, ritenendola madre a tutti gli effetti, condividendo i compiti educativi e

assistenziali e partecipando dell’affetto della bambina, “ricambiandolo parimenti

Jus-online n. 2/2015

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entrambe, con slancio ed abnegazione intelligente, per garantire alla minore qualità

della vita in un periodo così importante qual è l’infanzia”.

Queste decisioni si informano al convincimento, espresso dalla Corte

di cassazione 40 , secondo cui alla base delle riserve e degli allarmi da più parti

avanzati contro l’affidamento di bambini a coppie omosessuali “non sono poste

certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso

per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su

una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da

dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque,

correttamente, la corte d’appello ha preteso fosse specificamente argomentata”.

Invero, pare a chi scrive che l’affermazione della Corte debba essere

integralmente rovesciata, poiché il principio di precauzione richiede, in casi quali

quello in esame, la massima prudenza, per evitare dannose fughe in avanti e vere e

proprie sperimentazioni su quegli esseri umani che il diritto proclama titolari di

interessi superiori, sovraordinati a quelli degli adulti, che invece, in concreto,

risultano privilegiati dalle decisioni in rassegna.

4. Congedo

In conclusione, la richiamata riforma della filiazione, ed altresì i

recenti interventi legislativi e giurisprudenziali in materia di separazione, divorzio e

procreazione medicalmente assistita, pur nella loro diversità di ambito, testimoniano

come sia concreto il "pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che

snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia

come un'isola, facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce

secondo i propri desideri come un assoluto" di cui si legge al paragrafo 5 della

Relatio. Un pericolo che, a sommesso avviso di chi scrive, va fronteggiato operando

in positivo nella realtà socio-culturale, piuttosto che confidando nei deboli strumenti

del diritto.

KEY WORDS: family law, marriage, parent-child relationship, separation and divorce, new family

models.

ABSTRACT: The paper analyzes the connection between parenting, marriage and family in light

of the recent legislative reform of Filiation Law, Separation Law and Divorce Law. Despite the fact

that these reforms affect different areas of law, all of them testify the progressive loss of exclusivity

40 Cass. civ., 11 gennaio 2013, n. 601, cit.

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16

and prestige of the family founded on marriage, as well as the correlative acceptance of alternative

family models. The reform of Filiation Law erased the historical distinction between "legitimate"

and "natural" children, so that every child has the same legal status, regardless of the marriage

bond between the parents. Meanwhile, the other reforms greatly expanded the autonomy of

spouses in modifying or terminating the effects of the marriage, through the possibility to obtain

separation or divorce by mutual consent without judicial proceeding, in a very short time. These

reforms raise the question of the coherence of this new structure with regard to what is stated in

art. 29, paragraph 1 of the Constitution, that conceives marriage as a constitutive element of the

family, and also in art. 30, paragraph 3 of the Constitution, that ensures to children born from

unmarried parents legal and social protection "compatible with the rights of members of the

legitimate family".