Genesi di un'ideologia: il conservatorismo moderno in Robert Ward

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E' la mia recensione del libro di Diego Panizza "Genesi di una ideologia: il conservatorismo moderno in Robert Ward", svolta nel maggio 1998 su invito della Chiar. ma Prof. ssa Lea Campos Boralevi, docente di "Storia delle dottrine politiche" all'Università di Firenze, in collaborazione con la rivista di studi politici e sociali "Il pensiero politico" e con la Facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri" dell'Università degli Studi di Firenze.

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Diego Panizza, Genesi di una ideologia. Il conservatorismo moderno in Robert Ward, Cedam, Padova, 1997, pp.208. La prima metà dell’Ottocento ha costituito un momento decisivo nella definizione del moderno linguaggio politico; nuove categorie, ancora oggi di importanza basilare, entrano nel dizionario della politica. Tra queste, “conservatorismo”, “liberalismo”, “socialismo”, “comunismo”, “rivoluzione”, “rivoluzione industriale”, “riformismo”, “democrazia”, “progresso”, “classe”. In particolare, nel nuovo vocabolario appaiono i termini corrispondenti alle nuove ideologie moderne: conservatorismo e liberalismo prima, socialismo in seguito. Sotto questo aspetto si imponevano due fenomeni nuovi e di grande portata storica: la Rivoluzione francese e la Rivoluzione industriale. Le idee e lo svolgimento della Rivoluzione francese vennero percepiti come una minaccia mortale per il tradizionalismo ed i termini del dibattito politico si polarizzarono in due opposti: “conservatrice” e “progressivo”. Tali polarità erano destinate a segnare il punto di partenza di nuove tradizioni ideologiche, destinate a proiettare la loro influenza fino al presente. La fase critica attraversata dalle dottrine politiche tra fine Settecento e primo Ottocento pone in luce, quale dottrina primaria, il conservatorismo, inteso come distinto orientamento ideologico. Nell’uso comune, il termine “conservatorismo” intende un netto rifiuto del cambiamento ed una conseguente adesione alla tradizione. Tale definizione consentì agli avversari di accusare il conservatorismo di essere la sintesi di incoerenti ed estemporanee reazioni, più il risultato di negazioni che un positivo programma politico. Il conservatorismo moderno è un fenomeno europeo, in quanto compare contemporaneamente nei vari Paesi occidentali come reazione a problemi ed esperienze similari. Compare in Francia, nel periodico “Le conservateur” di Chateaubriand, nel 1818, ed in Inghilterra, come il termine più appropriato per descrivere il partito Tory. Superata la fase romantica e restaurazionistica, il pensiero conservatore, in congiunzione con il nazionalismo da un lato, si muoverà verso posizioni estreme, antimoderniste ed autoritarie, dall’altro si indirizzerà verso itinerari più moderati, in un’ambigua commistione con il liberalismo ed il cattolicesimo sociale. Nel primo Ottocento il conservatorismo si presentò come opposizione dialettica alle dottrine ed alla prassi della Rivoluzione francese; il conservatorismo è quindi, in primo luogo, momento critico dell’idea di rivoluzione. In questo contesto si colloca il pensiero politico di Robert Ward (1765-1846), una figura minore, ma senz’altro rappresentativa della versione britannica del conservatorismo filtrato dall’influenza fondamentale dell’opera di Edmund Burke, Reflections upon the Revolution in France, considerato il primo e fondamentale impulso intellettuale dell’ideologia conservatrice. Di orientamento politico ultra-Tory, Ward, anche se si è maggiormente distinto come polemista politico, saggista, novellista e romanziere che non come scrittore politico (come tale è rimasto del tutto ignorato), ha occupato, con la sua opera, un arco cronologico compreso tra il 1790 ed il primo trentennio dell’Ottocento, periodo critico di mutazione del discorso politico britannico. Lo studio di Panizza si propone, proprio attraverso l’analisi di una figura come Ward, di gettare uno sguardo sul processo di formazione del conservatorismo moderno quale si sviluppa in Inghilterra: al di fuori di questa prospettiva, il presente lavoro non sarebbe stato possibile. L’opera di Ward è una concreta testimonianza di quel periodo di crisi e si può sintetizzare nei seguenti punti: 1)denuncia della Rivoluzione francese; 2)difesa del sistema costituzionale contro il riformismo; 3)ripudio dei valori della società commerciale; 4)idealizzazione romantica della società tradizionale, aristocratica e rurale. Questi sono i temi centrali del suo impegno di propagandista politico. La ricerca di Ward muove da una negativa considerazione della natura umana, intesa come imperfetta; l’autore stesso dichiara di non essere un romanziere, ma un moralista, obbedendo ai canoni del giusnaturalismo moderno, per il quale la giurisprudenza è subordinata alla filosofia morale ed alla religione. In realtà l’opera di Ward risulta distinta in due serie di scritti, cronologicamente e tematicamente diverse: la prima filosofico-giuridica, con un trattato sul diritto

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delle genti, An Enquiry into the Foundation and History of the Law of Nation in Europe (London, 1795), la seconda, più letteraria, con l’aggiunta di un saggio storico-giuridico del 1838, An Historical Essay on the Real Character and Amount of Precedent of the Revolution of 1688. Un dato caratteristico della diagnosi di Ward è dato dalla stretta connessione che egli vede tra crisi politica e crisi sociale: la crisi sociale, generata dall’invadenza dello spirito commerciale, è vista come la causa principale della crisi politica. Al pensiero di Ward, così distintamente conservatore per il ripudio della società commerciale, la storiografia ha attribuito l’etichetta di “conservatorismo romantico”. Non mancano riferimenti letterari a Wordsworth ed a Shelley; in particolare, la venerazione di Wordsworth per la natura ha non poco influito su quella utopia bucolica che è una componente fondamentale della visione sociale di Wordsworth. Malgrado l’opera di Ward occupi un posto marginale nella storia del pensiero politico, emerge la peculiarità del suo conservatorismo, lontano dall’ancien régime sia dal punto di vista politico-costituzionale che economico-sociale. In ciò Ward si distacca notevolmente dalle correnti più realistiche del movimento, come quella rappresentata da Coleridge. Gli intellettuali Whig avevano salutato la Rivoluzione francese come la sorella di quella inglese del 1688, mentre studiosi come Burke vedranno nella Grande Rivoluzione una “armed doctrine”, capace di mettere a rischio la struttura politica e giuridica dell’Europa. E’ proprio il rischio dell’anarchia politica la principale preoccupazione di Ward ed è la medesima di Thomas Hobbes, come emerge nella epistola dedicatoria del De Cive. Studiando la storia medievale, Ward rivaluta il ruolo della cavalleria, sorta per rimediare alle violenze precedenti; la cavalleria ha utilizzato, nota enfaticamente Ward, la politica delle armi al servizio di valori quali onore, cortesia, fedeltà alla parola data, umanità verso i vinti e devozione religiosa. Anche Burke nelle sue Reflections descrive drammaticamente la fine della cavalleria come l’autunno di una forma di civiltà. Sempre nelle Reflections, Burke considera l’arresto di Maria Antonietta come l’estinzione della gloria cavalleresca. Moderazione e fede religiosa sono per Ward alla base della virtù dei “gentlemen”, in opposizione agli sfarzi del lusso, tipici della società commerciale inglese del primo Ottocento. Il lusso associato al commercio potevano infatti, per Ward, mettere in crisi il sistema tradizionale nella sua totalità. Per questo Ward polemizza duramente con gli speculatori e con il libero commercio, accusato di corruzione. Della “Glorious Revolution” del 1688 Ward critica il carattere “glorioso” , definendo questa rivoluzione solo un atto di necessità piuttosto che una creazione di un nuovo sistema politico-costituzionale. La tesi di Ward, in proposito, coincide con quella di Burke sulla Rivoluzione del 1688 come atto necessario di emergenza che non poteva però essere interpretato come una rivoluzione in senso moderno, a differenza di quella francese, perché non si era creato un nuovo sistema politico, non erano stati avallati principi rivoluzionari, quali i diritti naturali dell’uomo ed il concetto di sovranità popolare. E’ stata invece la Rivoluzione francese, concepita sia da Burke che da Ward come “macchina della violenza”, ad esprimere un fenomeno di trasformazione politico-sociale senza precedenti e che, proprio per questo, ha consentito al conservatorismo moderno di definire la sua più profonda e duratura identità. In un periodo di rinnovata crisi politica interna, come quella degli anni 1830, il dibattito sulla Rivoluzione francese acquistò una stringente attualità. Ward, del linguaggio rivoluzionario studia particolarmente la categoria di “entusiasmo”, intesa negativamente come grande energia psicologica unita a violenza; il radicalismo liberal-democratico viene da Ward definito “fanatismo della democrazia”, tenebroso e malvagio. La tesi di Ward sull’entusiasmo, condivisa dalla maggioranza della critica antirivoluzionaria, porta all’idea della Rivoluzione francese come il dispiegarsi di una dinamica perversa destinata a divorare sé stessa, con le degenerazioni giacobine di Robespierre e St. Juste. I Girondini, secondo questa versione, rappresentano invece lo spirito buono della Rivoluzione, il suo laboratorio di forme costituzionali, tradito e distrutto dalle degenerazioni giacobine, che fecero appunto della Rivoluzione una “machine” inarrestabile della violenza, ed è per Ward impossibile distinguere una “violenza virtuosa” ed una “violenza criminale”, come avrebbe invece voluto Robespierre. La “violenza virtuosa” si è tradotta, per Ward, in un insieme di crimini commessi in nome della libertà. L’entusiasmo rivoluzionario è terminato nelle atrocità e proprio a

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causa di questo entusiasmo per la violenza la Rivoluzione francese, per Ward, si delegittimò da sola. La difesa della controrivoluzione è per Ward la difesa della storia intesa come tradizione e dell’idealismo romantico, incompatibile con il fenomeno rivoluzionario; l’Illuminismo è invece, per Burke e per Ward, l’astratta congiura dei filosofi contro la storia. Recensione a cura di Marco Martini