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Febbraio 2014 G&d Gabiano e dintorni Il periodico dal Nost Munfrà Foto Enzo Gino Foto Enzo Gino Foto Enzo Gino Foto Enzo Gino

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Ritornare al territorio; Perchè partire dai piccoli comuni?; Cosa vorresti nel tuo Comune; Quando i + giovani incontrano i - giovani; Per un territorio pulito; Una professione lunga una vita; Concorso fotografico; Il Gnocco fritto.

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Febbraio 2014

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Inizieremo da questo numero di G&d a sviluppare il significato di Territorio e territorializzazione. Lo faremo partendo da quanto è stato detto, scritto e fatto su que-sto tema facendo tesoro, e quando necessario reinterpretando, idee e proposte che in questi anni sono state, da altri, elaborate. Fra costo-ro il prof. Alberto Magnaghi fonda-tore della Società dei territorialisti/e, una associazione costituita pres-so l’Università di Firenze, ha inte-ressanti idee in proposito. Si risco-pre finalmente l’importanza e del ruolo che il territorio rurale ed in particolare i piccoli comuni e le aree “fragili” possono assumere. Partiamo dal il prof. Piemontese che a dispetto del nome è un pu-gliese, autore di numerosi libri, saggi e articoli sulla storia, sulla cultura e sulla religiosità popolare del Gargano, fra i quali uno dal titolo emblematico: L’anima dei luoghi dalla globalizzazione allo sviluppo locale. Una riprova che il bisogno di tornare al territorio coin-volge numerose realtà anche di-stinte e distanti fra loro, ma unite da questo sentire comune. Riportiamo qui un estratto del suo pensiero che coincide per molti aspetti con quello che molti nel Monferrato, da anni, sostengono.

Con la globalizzazione il concetto di identità perde di valore, in quanto tende ad annullare qualsiasi identi-tà, in nome del processo dell’indi-stinzione. Eppure, al di là di ogni omogeneizzazione delle culture, oggi, si sente sempre più l’esigenza di affermare l’appartenenza ad un territorio, su cui esercitare la pro-pria sovranità e da cui trarre tutte quelle potenzialità socioeconomiche e culturali che ci permettano di sopravvivere e di costruire insieme il nostro futuro. Tutto questo con-traddicendo ciò che è alla base del concetto di globalizzazione, che tende sempre più a far scomparire le culture locali, e quindi l’apparte-nenza ad un luogo, ad una regione. Per questo, oggi, c’è una esigenza di riaffermare e recuperare, attra-verso l’appartenenza ad un territo-rio, la propria identità locale, le proprie peculiarità storico-culturali, che determinano l’autenticità della propria identità storico-culturale, una riscoperta e una rivalutazione del proprio territorio da cui partire al di là di ogni generica collocazio-ne sovrannazionale o globale. Tutto ciò nasce da quel sentimento, così oggi diffuso, di essere riconosciuti, che, in un certo qual modo, com-pleta e realizza il processo di identi-tà. Del resto siamo sempre più convinti che “è il territorio il campo privilegiato nel quale si combattono le sfide decisive del presente e quelle del futuro, e i valori territo-riali e ambientali rappresentano occasioni di autoriconoscimento del territorio da parte dei suoi abitanti e favoriscono i processi di ridentifi-cazione con i luoghi” (A. Magnaghi, Il progetto locale, Bollati Boringhie-ri, Torino 2010). Partendo da tutto ciò corre l’obbligo da ridefinire il concetto di territorio, inteso non più come l’insieme di uno spazio fisico, organizzato per mezzi di leg-gi e di consuetudini, in relazione alle esigenze di convivenza civile di una data popolazione, ma come espressione di determinati connota-zioni storico-culturali formatisi at-

Ritornare al territorio

Particolare della mostra di Mario Vellano da Zoalengo che raccoglie le (copie) delle fotografie delle persone che in passato hanno con-tribuito a “fare” il nostro territorio.

Una nuova filosofia, nata in Italia, che riscrive i rapporti fra uomo, economia, ambiente e territorio, si sta sviluppando e diffondendo in Europa...

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Gabiano e dintorni

Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino; Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpoforo 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano - Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Associazio-ne Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distribuzione gratuita; Per informazioni e pubblicità: cell. 335-7782879; fax 0142-271061 e-mail: [email protected] www.gabianoedintorni.net www.collinedelmonferrato.eu

traverso i secoli e attraverso un processo di trasformazioni culturali ed economiche. Infatti, in questi ultimi decenni, grazie anche alla nascita della Scuola territorialista che fa capo ad Alberto Magnaghi, il concetto di territorio ha subìto una trasformazione radicale: da sempli-ce risorsa materiale suscettibile di sfruttamento, da spazio controllabi-le nel quale le differenziazioni sono viste come resistenze alla trasfor-mazione, si è giunti ad una inter-pretazione in cui è riconosciuto il carattere relazionale dei suoi ele-menti essenziali, quali le dinamiche intrinseche delle sue interazioni di lunga durata tra insediamento umano ed ambiente, ciclicamente trasformato dal succedersi delle civilizzazioni. Per questo possiamo affermare che “il territorio non è un oggetto fisico, («il territorio non esiste in natura»), piuttosto rap-presenta l’esito di un «processo di territorializzazione», ovvero un pro-cesso di strutturazione dello spazio fisico da parte della società insedia-ta; il suolo, la terra, l’ambiente fisi-co, il paesaggio, l’ecosistema, l’ar-chitettura, le infrastrutture non sono ancora il territorio, essi ne rappresentano i supporti fisici e simbolici. La specificità del territo-rio consiste nel suo essere esito della capacità di strutturazione sim-bolica dello spazio, consentendo il riconoscimento di una correlazione fra luogo fisico e spazio culturale, simbolico, economico della società insediata; il territorio è inscindibile sia dai suoi supporti materiali che dalle diverse forme di appropriazio-ne che s i sono succedu-te” (Magnaghi, 2010). In questa accezione il territorio è “un organi-smo vivente ad alta complessità, un neoecosistema in continua tra-sformazione, prodotto dall’incontro fra eventi culturali e natura, com-posto da luoghi dotati di identità, storia, carattere, struttura di lungo periodo, che formano i “tipi” e le individualità territoriali e urbane, attraverso processi di co-evoluzione fra insediamento umano e ambiente” (Magnaghi 2010, p. 25). Purtroppo, continua Magnaghi, “La liberazione progressiva dai

vincoli territoriali (deterritoria-lizzazione) ha portato nel tempo a una crescente ignoranza delle rela-zioni tra insediamento umano e ambiente, relazioni che hanno ge-nerato l’arte di edificare, la storia dei luoghi e la loro identità, unica, riconoscibile, irripetibile. La distru-zione della memoria e della biogra-fia di un territorio ci fa vivere in un sito indifferente, ridotto a supporto di funzioni di una società istanta-nea, che ha interrotto bruscamente ogni relazione con la storia del luo-go” (Magnaghi, 2010, pp. 30-31). Tutto ciò è denunciato da F. La Cecla, allorquando parla di “perdita della memoria del luogo”, per cui l’uomo diventa un essere “senza ambiente”, privo della “mente loca-le”, derivante da questo distacco, da questa perdita della sapienza ambientale che tutte le civiltà urba-ne e non urbane, hanno sviluppato costruendo territorio e luoghi dotati di identità (F. La Cecla, Perdersi. L’uomo senza ambiente, Laterza, Roma-Bari 2007 -prima edizione 1988-; Id., Mente locale, un’antro-pologia dell’abitare, Elèuthera, Mila-no 2004 -prima edizione 1993-). Purtroppo negli ultimi decenni la corsa verso l’urbanizzazione ha di-strutto il nostro territorio, a volte degradandolo nelle sue componenti storico-culturali e sociali, attraverso una selvaggia cementificazione a danno del suolo e del paesaggio (S. Settis, Paesaggio costituzione ce-mento, Einaudi, Torino 2011). Inol-tre lo stesso territorio è stato prin-cipalmente utilizzato come mero supporto fisico per la localizzazione delle attività economiche e come oggetto privilegiato per la produzio-ne di rendita. Per questo bisogna ritornare ad una nuova coscienza territoriale, ad una nuova politica, in cui il territorio sia posto al centro di ogni programma economico e sociale. Del resto non vi può essere sviluppo se il tutto non viene visto in funzione del territorio, che “nasce dalla fecondazione della natura da parte della cultura” che poi, in definitiva, come afferma lo stesso Magnaghi, diventa “un’opera d’arte, forse la più alta, la più cora-le che l’umanità abbia espres-

so” (Magnaghi, 2010, p. 17). Ma ciò deve essere il frutto di una nuova coscienza e conoscenza ver-so il proprio territorio, il quale deve essere inteso come l’elemento base di ogni sviluppo locale. In questo contesto gli enti locali, in quanto enti di governo del territorio, ac-quistano nuovi ruoli nel governo dell’economia e nella valorizzazione delle risorse territoriali e ambientali finalizzate ad attivare modelli di sviluppo locale “autosostenibile”. Solo così si afferma la centralità del territorio come bene pubblico e collettivo, o meglio come “bene comune” essenziale al benessere delle comunità su di esso insediate. Inoltre qualsiasi piano territoriale dovrebbe innanzitutto salvaguarda-re “i caratteri identitari dei luoghi, i loro valori patrimoniali, i beni co-muni non negoziabili, le regole di trasformazione che consentano la riproduzione e la valorizzazione durevole dei patrimoni ambientali, territoriali e paesistici”. Ormai molti sono convinti che bisogna passare dall’Europa degli Stati all’Europa delle città e delle regioni, attraver-so la valorizzazione delle identità locali, che solo nei territori si pos-sono rintracciare e far valere anche nelle differenziazioni culturali ed etniche. Questo modo di pensare è il primo passo verso il superamento dell’o-mologazione derivante dalla globa-lizzazione, che tende ad annullare qualsiasi identità e qualsiasi diffe-renziazione culturale. Bisogna ritornare, quindi, al territo-rio, da cui ha inizio qualsiasi svilup-po locale.

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Perché partire dai piccoli comuni? (tratto da uno scritto del prof. Giovanni Carrosio)

Soltanto in Piemonte, i comuni con meno di due mila abitanti rap-presentano più del 70% dei comuni totali. Si tratta di 854 comuni su 1206. La popolazione che vi risiede ammonta ad un quinto, circa 650 mila persone contro i 3 milioni e 700 mila complessivi. In questi cal-coli si tengono in conto soltanto le realtà molto piccole. Tra i due mila e i cinque mila abitanti, infatti, ci sono ancora 218 comuni, con una popolazione complessiva di 680 mila unità. Un quinto della popola-zione piemontese, pertanto, risiede in comuni molto piccoli ed un altro quinto in comuni piccoli. Se consi-deriamo soltanto la Provincia di

Alessandria, i numeri confermano e amplificano la tendenza regiona-le. Su 190 comuni, 166 sono abitati da meno di 2 mila persone e 14 comuni hanno una popolazione tra le 2 e le 5 mila unità. Sommando la popolazione dei comuni molto pic-coli, si raggiungono più di 130 mila persone, contro le restanti 286 mi-la. Se consideriamo, invece, la su-perficie amministrativa occupata dai piccoli comuni, vediamo come i comuni molto piccoli rappresentano più di due terzi del territorio provin-ciale, con un ‟area complessiva di 2.470 Kmq, contro i 1.090 occupati da comuni con più di 2 mila abitan-ti. Da un punto di vista demografi-co e geografico, perciò, nonostante il grande esodo verso le città avve-nuto tra il secondo dopoguerra e i primi anni ‘80, i piccoli comuni so-no molto rilevanti, a dimostrazione che i progetti volti alla modernizza-zione ed urbanizzazione del paese non sono riusciti a concentrare de-finitivamente popolazione e svilup-po. Tuttavia, se andiamo più a fon-do nell’analisi dei dati, scopriamo che i piccoli comuni hanno una po-polazione per lo più anziana ed una capacità di produrre reddito e oc-cupazione molto bassa, anche se magari gli imponibili che derivano da posizioni di rendita sono presso-

ché simili a quelli riscontrati in mol-te aree del paese. Nella provincia di Alessandria, i piccoli comuni sono localizzati per lo più nella fascia appenninica e nelle zone collinari. Si concentrano soprattutto nell’area di confine con le altre province, in particolare quella di Genova a sud, quelle di Piacenza e Pavia ad ovest e quella di Asti ad est (n.d.r. sostanzialmen-te le nostre colline). Ma troviamo qualche caso anche nella pianura, nelle aree dove l’allargarsi delle città non ha ancora fagocitato gli insediamenti abitativi circostanti. Una ricerca del Cresme, che risale ormai al censimento del 2001 ed è stata sviluppata a livello nazionale, ha classificato i piccoli comuni ap-penninici (n.d.r. analogo discorso vale per buona parte di quelli delle nostre colline) come insediamenti abitativi caratterizzati da un inces-sante declino economico e dal per-durare del bilancio demografico negativo. Anche l’agricoltura, setto-re solitamente trainante nelle aree fragili e importante in termini di presidio e manutenzione territoria-le, perde superfici utilizzate ed ad-detti. La mancanza dei servizi alla popolazione, poi, fa sì che anche il semplice abitare diventi problemati-co, con una popolazione costretta a spostarsi per raggiungere gli eserci-zi commerciali ed i servizi socio-assistenziali. A livello amministrati-vo, il venir meno di parte del getti-to fiscale derivante dall’ICI, che in queste aree non viene compensato dagli oneri di urbanizzazione come accade nei centri urbani in crescita insediativa, fa sì che la situazione finanziaria degli enti locali sia al collasso. Ne consegue una difficoltà nella gestione del territorio, ed una perdita di autonomia sostanziale nella progettazione dello sviluppo a livello locale. Fatte queste conside-razioni, è evidente come guardare alla partecipazione ed alla sosteni-bilità partendo dai territori fragili ci

Il logo della Vetrina di Piccoli Co-

muni (sotto i 5000 abitanti) pres-

so l’URP (Ufficio Relazioni con il

Pubblico) della Regione Piemonte.

In provincia di Alessandria (440 mila abitanti)

nei comuni con meno di 2.000 abitanti risiedono 130.000 persone, ma rappresentano 2/3 della superficie di territorio...

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metta in una logica particolare. Allo stesso tempo, un ragionamento in questi termini può essere d’ausilio agli studi prettamente urbani. Pen-sare città sostenibili e partecipate, anche nell’ottica del rispetto delle autonomie dei territori circostanti, che in una logica di giustizia distri-butiva non possono essere né mar-gini dello sviluppo, né aree dipen-denti e funzionali alla crescita urba-na, implica un ripensamento delle relazioni tra centri e periferie, tra città e campagna. Partecipazione, sostenibilità ed autonomia: senza autonomia, non è possibile pratica-re la partecipazione e la sostenibili-tà nei piccoli comuni. Da questo punto parte molta recente lettera-tura sullo sviluppo locale: con il concetto di autosostenibilità delle comunità locali, Alberto Magnaghi (2006) fa emergere proprio questa concezione. Sovranità alimentare ed energetica, governo collettivo dei beni comuni, modelli produttivi fondati sulla valorizzazione durevo-le delle risorse naturali, inclusione sociale e riconoscimento del mondo rurale come luogo di produzione di beni e di servizi pubblici sono le condizioni essenziali per produrre relazione perequate e non gerar-chiche fra le società locali. Perché

ciò sia possibile, però, è necessario promuovere forme di autogoverno dei territori fragili, partendo dal rafforzamento di livelli di governo già esistenti, come, per i territori montani, le Comunità Montane, (n.d.r. ed in collina le Unioni colli-nari) che storicamente sono sorte proprio per riconoscere alla monta-gna una radicata tradizione nella ricerca di autonomia, sia dal punto di vista politico-culturale che da quello dei modelli economico-produttivi. Le autonomie locali, però, sono oggetto di revisione da parte dei governi centrali e molti enti rischiano la soppressione: da-vanti ad una vulgata tesa a soste-nere l’alleggerimento dei costi so-stenuti dallo stato ed il taglio di presunti sprechi nella pub-blica amministrazione si cela in realtà un disegno di sop-pressione della capacità di opposizione e di rivendica-zione a livello amministrati-vo dei territori periferici di fronte al perdurare di un pro-getto di modernizzazione che richiede uno stato leggero ed una omogeneizzazione terri-toriale (il mondo piatto evo-cato dall’economista liberista Friedman, 2006). Direbbe

Castells (1996), che si cerca una soluzione al conflitto tra flussi e luoghi, tipico della società informa-zionale, disarticolando le società locali in modo tale che non faccia-no frizione sugli interessi dei flussi. Per questo è necessario individuare forme inedite di partecipazione per l’autogoverno, così che le popola-zioni locali, spesso coartate da de-cisioni prese altrove da istituzioni sovraordinate, assumano più forza e potere decisionale. Partecipazio-ne, pertanto, come esercizio di de-mocrazia, ma anche come autono-mia, nell’accezione di autodetermi-nazione nelle scelte progettuali e negli stili di produzione, consumo e scambio.

Cosa vorresti nel tuo comune Vogliamo dare una mano ai prossi-mi candidati amministratori, parte dei quali andrà poi a “governare” nella casa Comunale, proponendo ai nostri lettori di scriverci cosa vorrebbero nei loro Comuni. Forse c’è una strada un po’ troppo disastrata che aspetta da anni, o un servizio pubblico che non fun-zione, magari manca un luogo di incontro per i giovani… o per gli anziani, l’IMU è troppo alta?, Se-gnalatecelo noi lo scriveremo sul nostro periodico, e chissà che qualche lista o candidato non si decida a inserirla nel programma elettorale per le amministrative del maggio prossimo (si voterà il 25). E’ un importante opportunità per tutti: per i paesani che finalmente potranno contribuire a far inserire

nei programmi elettorali cose con-crete ed anche per i candidati che avranno chiare indicazioni a quali iniziative dedicare il loro impegno pubblico. Cominciamo subito con alcune segnalazioni dal Comune di Gabiano. Ai futuri amministratori vien richiesto di eliminare le barrie-re architettoniche per entrare nel Municipio a cui oggi si può accede-re solo attraverso una scalinata impraticabile per chi è costretto su una sedia a rotelle. In diverse fra-zioni o parti di esse mancano gli impianti di depurazione delle acque di fognatura che, anche se passano attraverso fosse settiche, scarica-no poi nei fossi producendo mefitici miasmi per chi percorre strade ed i bei sentirei delle nostre campagne. Ed anche che si paga all’acquedot-

to, che gestisce oggi il ciclo com-pleto delle acque, la depurazione non fatta. Viene richiesto anche di rendere disponibile al pubblico la biblioteca, che sorge sotto la piazza comunale chiusa e in ristrutturazio-ne da anni, da utilizzare anche per incontri pubblici e come internet-point per i giovani. Qualcuno ci segnala che da tempo lo Story park risulta chiuso anche al sabato e alla domenica: riaprirà? quando? Ci sono diverse frane mai riparate sia lungo strade comunali che provin-ciali quando si pensa di intervenire? Ogni estate si propone la questione zanzare che condizionano le serate all’aperto. Cosa si pensa di fare? Restiamo in attesa di risposte, pro-poste, domande; gli indirizzi mail o postali li sapete.

Mombello com’era

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Quando i + giovani incontrano i - giovani Continuiamo la nostra ricerca sulle associazioni di volontariato che operano nel Nost Munfrà scrivendo di un paio di esse che si dedicano ad una attività particolarmente im-portante e utile nei nostri paesi. E’ infatti noto a tutti che l’età me-dia delle popolazione delle nostre colline è alquanto alta, ciò è dovuto alla presenza di molte persone an-ziane che spesso si trovano in diffi-coltà per diversi motivi: chi è solo per aver perso i famigliari o anche perché sono lontani o non dispon-gono di molto tempo per accudirli, poi le distanze rispetto ai servizi necessari: ambulatori medici, uffici, farmacie o semplicemente negozi; situazioni ancor più appesantite nella brutta stagione quando neve e freddo possono relegare i nostri vecchi in casa per lunghi periodi. A questi vanno poi aggiunti molti an-ziani che in mancanza di alternative

vivono nelle case di riposo. Sono tutte realtà che possono diventare frustranti se non addirittura inso-stenibili per molti di loro. Per alleviare que-sta situazione il primo invito lo rivolgiamo ovviamente agli amici, ai conoscenti o ai vicini di casa affinché diano una mano; a volta

basta anche solo una visita o scam-biare due parole per rendere meno difficile la vita di chi ha difficoltà. Poi, in assenza di una presenza istituzionale che aiuti a gestire que-sti aspetti, che sarebbe doverosa, anche se non facile da realizzare,

possono intervenire, fortunatamen-te, alcune associazioni di volonta-riato che hanno come scopo pro-prio l’aiuto a queste persone. G&d ha voluto incontrare due rappre-sentanti di queste benemerite as-sociazioni: la AUSER e la SEA. Si tratta di organizzazioni che opera-no su tutto il territorio nazionale con migliaia di sedi, la prima è presente a Casale e da poco opera anche nei paesi che gravitano sulla Valle Cerrina e la seconda è una storica presenza nel centro mon-ferrino. Per la AUSER abbiamo sen-tito il suo presidente Silvano Ferra-rotti che ci ha raccontato come funziona l’attività. Nata nel 2007 dal Sindacato Nazionale Pensionati della CGIL opera anche con l’Unio-ne Collinare della Valcerrina e svi-luppa diversi progetti che vanno dalla animazione nelle Case di ripo-so al Pony della solidarietà. I Pony express erano i postini che nel 1860 – 61, prima dell’avvento di telegrafo e ferrovia, attraversavano al galoppo l’America collegando il Missouri alla California per conse-gnare la posta prioritaria, qui il termine è stato ripreso per richia-mare il servizio locale di consegna documenti. I volontari sono per lo più ragazzi delle scuole superiori di Casale e Trino. Sono circa 300 e tre di questi operano nella Casa di riposo di Cerrina. Le giovani liceali Turino Laura, Ventura Annalaura e Nozza Elena (in foto) ci hanno de-scritto la loro attività che consiste nella visita e nell’intrattenimento degli anziani ogni giovedì. Dai bal-letti, alle musiche tradizionali, al lancio dei cerchi, alla enunciazione dei proverbi o semplicemente al dialogo con i pensionanti che han-no così modo di raccontare “pezzi” di vita vissuta: dal ricordo del pri-mo amore (a San Valentino vien naturale), al lavoro, alla guerra. Esperienze che avvicinano due uni-versi, quello dei giovani e quello degli anziani che, con l’accelerazio-ne che i tempi hanno subito nel nuovo millennio, sembrano lontani

Viaggio nel mondo del volontariato che aiuta i “nostri vecchi”

AUSER: 0141 336814

———— SEA Valcerrina: 0142 946651

Le tre giovani volontarie di Cerrina della AUSER

Alcuni volontari della SEA Valcerrina con l’auto GPL offerta dai Lyons

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secoli più che anni. Esperienze che, riteniamo, tutti, giovani e non, do-vrebbero fare nel loro stesso inte-resse più che in quello degli assisti-ti. L’adesione dei ragazzi viene rac-colta attraverso assemblee che vengono promosse nelle scuole a partire dal 2° anno delle superiori. Oggi i ragazzi che collaborano pro-vengono dal Liceo Balbo, dal So-brero e dal Leardi di Casale oltre che dall’Alberghiero di Trino. A Ca-sale sono stati organizzati corsi di informatica per gli anziani in cui 65 ragazzi hanno istruito, facendo da tutor come si dice oggi, altrettanti anziani all’uso del Personal Compu-ter, inoltre il prof. Enrico Pesce dell’istituto Balbo ha scritto e musi-cato uno spettacolo teatrale sul tema del gioco d’azzardo. Circa 60 ragazzi frequentano periodicamen-te le case di riposo di Casale (quella Comunale, l’Istituto delle Domenicane e la Piccola casa del Pronto soccorso). Ma come è orga-nizzato il servizio?: ovviamente chiunque, giovane o meno giovane che abbia un po’ di tempo libero e un po’ di buona volontà può aderire alle iniziative, la partecipazione è legata alle zone di residenza dei volontari, quindi, diciamo noi, l’invi-to è rivolto alle persone di buona volontà delle nostre colline perché entrino in contatto con le due asso-ciazioni partecipando, prima di ini-ziare, ai corsi di formazione previ-sti. Le visite, nelle case degli anzia-ni che lo richiedono, hanno di solito una cadenza settimanale, a Trino sono circa una quarantina, mentre un centinaio trattandosi di scuola alberghiera, sono coloro che si dedicano a organizzare pranzi nelle case di riposo, unendo così l’eserci-zio alla professione di cuoco e ca-meriere, al servizio sociale. Per gli anziani che abitano a casa è stato organizzato il progetto chiamato Filo d’Argento che prevede il tra-sporto e l’accompagnamento anche quotidiano per le necessità del ca-so. L’associazione riceve contributi da varie istituzioni pubbliche e pri-vate e svolge il proprio servizio in maniera gratuita, basta chiamare 1 o 2 giorni prima, lo 0141-336814 attivo 24 ore su 24 per concordare

l’accompagnamento o la visita. Ad esempio in Valcerrina 4 volontari adulti utilizzano la loro vettura a cui l’Associazione dà la copertura assi-curativa, poi in maniera del tutto libera, se lo ritengono, gli anziani che beneficiano del servizio posso-no lasciare un contributo. Ci segna-la il presidente Ferrarotti che a Ca-sale l’associazione dispone addirit-tura di un mezzo con sollevatore a pedana per chi necessita dell’ausi-lio delle sedia a rotelle e che un mezzo simile presto sarà disponibi-le anche per la sede di Cerrina. L’AUSER può beneficiare del 5 per-mille. Attualmente la sede dell’AU-SER di Cerrina è presso la SPI CGIL. La SEA di Cerrina si è costituita nel 2008 come ci racconta Celestina Franchino presidente dell’Associa-zione. Conta attualmente su una trentina di volontari prevalente-mente pensionate/i che evidente-mente dispongono di più tempo rispetto a chi è ancora impegnato nel modo della scuola o del lavoro. Il principale dei servizi svolti riguar-da l’accompagnamento degli anzia-ni sia alle visite mediche che a svolgere commissioni di vario ge-nere; solo nel 2013 ne sono stati svolti circa 800 oltre a 200 che ri-guardano il servizio di consegna come ad esempio il trasporto dell’acqua minerale a domicilio. Non va inoltre sottovalutato il ser-vizio organizzativo consistente nel presidio del Call Center che riceve le chiamate ed il coordinamento dei volontari e dei servizi che ha richie-sto 400 fra presenze e incontri o missioni organizzative. Anche in questo caso il servizio svolto è del tutto gratuito, lasciando a chi be-neficia del servizio la facoltà di una libera contribuzione. Per chi desi-dera collaborare vengono previsti corsi interni organizzati dall’asso-ciazione in cui vengono presentate le esperienze di chi opera da anni nel settore. Periodici annunci sui giornali promuovono l’adesione a questa associazione. La SEA dispo-ne attualmente di due automezzi propri uno dei quali a Gpl offerto dal Lyons della Valcerrina. Per dare l’idea del servizio svolto si pensi

che con tali mezzi sono stati per-corsi 30.000 km in un anno oltre ad altri 15.000 km circa svolti dai volontari con le proprie auto. In tale caso oltre alle assicurazioni di legge l’associazione accorda un rimborso chilometrico. L’associa-zione di volontariato si regge con i contributi di enti benefici come la ex cassa di risparmio di Alessan-dria o con contributi su progetto della Provincia. I servizi di anima-zione sono realizzati attraverso numerosi progetti l’ultimo di questi denominato: “I me amis buratin… turnanda masnà” ha coinvolto 15 persone ultra sessantacinquenni e 9 giovani e consiste nell’appren-dere a realizzare… burattini sotto la guida del maestro Claudio Ca-stelli esperto in questo campo. Un modo per coinvolgere i nonni che avranno uno strumento in più per “conquistare” l’attenzione e l’affet-to dei nipotini. Un altro progetto realizzato con l’associazione - C’e-ra una volta - di Villamiroglio con-siste nella raccolta di foto “vecchie” per la pubblicazione su MeMo (Memorie del Monferrato) il sito che duplica e archivia materia-le dei tempi passati che altrimenti andrebbe irrimediabilmente perso, materiali che gli ospiti dei strutture di riposo posseggono e custodisco-no gelosamente. Si tratta di una vera miniera di ricordi che descri-vono istanti di vita dei nostri avi, spesso scomparsi e che manten-gono vive le radici delle nostre comunità, per noi e per le genera-zioni future. La sede della SEA è presso la Casa fortezza davanti al Comune di Cer-rina alta, locali messi a disposizio-ne del comune di Cerrina, che ol-tre a pagare le spese per luce, e riscaldamento, mette a disposizio-ne gratuitamente un ricovero per gli automezzi di servizio. il Call Center che risponde allo 0142-946651, è attivo il lunedì, martedì e venerdì dalle 9 alle 12 e il mercoledì dalle 15 alle 18. Per chi volesse lasciare il 5 permil-le alla SEA il Codice fiscale è il 91027320067 ed il nome di Regi-strazione è Associazione Servizi Emergenza Anziani Valcerrina.

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Un sacchetto e un paio di guanti: Riflessioni sulla vergogna dei rifiuti abbandonati e uno spunto quoti-diano alla portata di tutti per salva-guardare la bellezza e la salute del territorio in cui viviamo. Negli ultimi tempi è tornato alla ribalta, come se fosse una assoluta novità, un tema da sempre poco caro alla politica e spesso anche alle persone, quello del dramma dei rifiuti. Il sito "Villamiroglio in Fo-to" (www.villamiroglioinfoto.net) ha fatto un piccolo esperimento, i cui risultati sono stati pubblicati anche sulla propria pagina Fa-cebook, percorrendo due volte lo stesso tratto di strada, lungo circa un chilometro appena fuori paese, e raccogliendo i rifiuti abbandonati lungo la carreggiata, a distanza di venti giorni. In entrambi i casi il “raccolto” è stato, non solo cospi-cuo, ma anche… sorprendente per certi versi, e la seconda volta quasi più “ricco” della precedente. Si va dai classici pacchetti di sigarette alle bottiglie di plastica, dalle buste di plastica alle bottiglie di vetro, fino a oggetti più particolari come filtri dell’olio da trattore, cavi coas-siali o raccordi idraulici. Il fatto che dopo neanche 20 giorni la “situazione ecologica” dello stesso identico tratto di strada sia… quasi peggiore, porta a riflettere su cosa spinga ad abbandonare i rifiuti lun-go le strade. È mancanza di rispetto per l’am-biente? È ritenersi al di sopra della sorte della natura? È ignoranza? È perché “lo fanno tutti, perché non dovrei farlo io”? Difficile dirlo, diffi-

cile trovare le radici di un malco-stume che in Italia ha esempi drammatici, come quello della Ter-ra dei Fuochi, dove sversamenti illegali e roghi di rifiuti tossici han-no inquinato un’area di almeno 3 milioni di metri quadri, con terribili danni all’ambiente e alla salute delle persone. Esempio eccessivo? No. Purtroppo dietro all’inquina-mento, che sia la carta di una cara-mella o una discarica abusiva, c’è sempre la mancanza di un’etica ambientale, che non è riservata solo alla criminalità organizzata, ma è radicata ovunque, basta fare qualche passo fuori dall’uscio di casa per vedere come sia presente anche nei territori del Monferrato, dove non è così inusuale imbattersi in rifiuti abbandonati lungo le stra-de e i sentieri, una vista ben poco piacevole che rovina la bellezza e la salute di panorami bellissimi. In una realtà come il Monferrato, con la sua ricca conformazione territo-riale, con zone che ambiscono al riconoscimento di aree naturali, e che punta a proporsi come meta turistica complementare nella vetri-na di Expo2015, ognuno di noi do-vrebbe sentirsi partecipe del dove-re di mantenere un territorio all’al-tezza delle aspettative per cui si propone, inebriante, in buona salu-

di Villamiroglio in Foto

Per un territorio pulito

Rifiuti: c’è chi li getta….

Un invito ad “aiutare” il nostro territorio

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te e ricco di biodiversità. Già nei prossimi mesi si aspettano in Mon-ferrato turisti da diverse parti del mondo; nei loro panni, stranieri alla ricerca di unicità e bellezze, ap-prezzeremmo senza riserve pano-rami dove frane e rifiuti spuntano qua e là, dietro un pregiato vigne-to, o una rara orchidea purpurea, o un bosco di profumate robinie bianche e rosa? Nei comuni del casalese c’è un ottimo servizio di raccolta dei rifiuti, ma è purtroppo in gran parte della popolazione che è ancora radicata una cronica man-canza di rispetto che danneggia l’ambiente e trasmette valori confu-si alle generazioni future. Quali esempi trasmettono alle nuove ge-nerazioni coloro che magari fanno diligentemente la raccolta differen-ziata in casa, ma poi gettano rifiuti lungo le strade? Coloro che scarica-no ingombranti nei boschi forse per radicata consuetudine o forse pro-prio per volontà? Oppure coloro che scaricano rifiuti o sfalci di giar-dino nei fiumi, nei rii, nei fossi più vicini, incuranti non solo dell’inqui-namento ma anche del poter impe-dire il corretto deflusso delle ac-que, che poi producono danni? O coloro che abbracciano il territorio solo per il proprio interesse o il proprio prestigio, invece che per i concreti bisogni della comunità e dell’ambiente, a discapito del futu-ro? Anche iniziative estemporanee, seppur possano essere considerate pregevoli, finiscono per lasciare il tempo che trovano e a malapena tamponano la situazione, se man-cano la volontà e l’interesse a tra-smettere una cultura ambientale di esempi quotidiani e insegnamento costante, attraverso stimoli positivi, anche semplici, ma efficaci. A Ca-sale sono attivi dal 2011 alcuni

Ecoshop per la raccolta differenzia-ta di bottiglie di plastica a e lattine che hanno dato risultati eccellenti anche grazie al coinvolgimento del-le scuole, a dimostrazione che c’è la voglia di una nuova sensibilità da parte dei cittadini, e di come gli strumenti giusti possano valorizzar-la. Ma il primo passo può e deve partire dall’etica di ognuno di noi. Come per tante cose bisognerebbe innanzitutto ritrovare il valore del rispetto, oltre al coraggio e la vo-lontà di una prospettiva in armonia con le peculiarità del territorio, ma soprattutto la consapevolezza che siamo indissolubilmente legati al destino della terra su cui viviamo, ciò che facciamo a lei, lo facciano a noi stessi, la sua salute è la nostra. Ma le “vecchie abitudini” spesso non vogliono essere scardinate, e finché non cambierà tutto il sistema e il modo di pensare "comune", la differenza può partire anche da piccole azioni quotidiane; con il suo esperimento Villamiroglio in Foto ha lanciato uno spunto molto sem-plice e alla portata di tutti: se an-che voi provate una fitta nell'animo alla vista di rifiuti che fanno capoli-no tra l'erba, perché non prendere l’abitudine di portare con voi una borsa di plastica, o un sacchetto, e un paio di guanti quando si esce di casa per fare una passeggiata, e raccogliere quello che viene incivil-mente abbandonato in giro?! È un piccolo gesto, che non richiede molto sforzo e può persino essere appassionante, ma che può signifi-care molto, e chissà che non diven-ti una bella abitudine vedere i no-stri paesaggi puliti, non solo nei giorni di festa o ad inganno dei turisti, ma soprattutto per noi e la nostra terra, e uno stimolo a raffor-zare il rispetto per l’ambiente. Se non potete raccogliere personal-mente i rifiuti, o se vi imbattete in qualcosa di pesante o pericoloso, potete anche semplicemente se-gnalarne la presenza a chi può oc-cuparsene nel vostro comune. Villa-miroglio in Foto, quando possibile, continuerà questo "esperimento", pubblicando i risultati sui rifiuti rac-colti e smaltiti sui suoi social net-works, provate anche voi!

… e c’è chi li raccoglie

A proposito del concorso In penultima pagina potrete ve-dere il titolo del concorso foto-grafico promosso da G&d e Attini Arte. L’iniziativa può assumere diversi risvolti utili per al Nost Munfrà, infatti oltre a farlo cono-scere attraverso le immagini che i concorrenti scatteranno e che verranno pubblicate, l’iniziativa costituirà anche un “pretesto” per attrarre sulle nostre colline numerosi fotografi provenienti da Torino e dalle città vicine. Per questo proponiamo ai titolari di attività commerciali e turistiche: B&b, agriturismi, ristoranti, case vitivinicole e produttori di tipicità locali: marmellate, salumi, dolci, di collaborare alla buona riuscita del concorso mettendo a disposi-zione premi e offerte per i parte-cipanti. Offrire un week-end in una strut-tura ricettiva, un pranzo o una cena al ristorante, qualche confe-zione di marmellate o salumi tipi-ci possono esser l’occasione per i concorrenti di conoscere la strut-tura o il produttore. Prevediamo infatti che i vincitori dovranno recarsi di persona pres-so l’azienda a ritirate i premi, crediamo sia questo il modo mi-gliore per farla conoscere. Per i ristoranti poi c’è anche a possibi-lità di prevedere uno sconto del 10% per tutti i concorrenti che questa primavera, speriamo nu-merosi, verranno nelle nostre colline e che le percorreranno in cerca di soggetti che diano loro lo scatto vincente. Naturalmente suggeriamo ai titolari delle attivi-tà, che ben conoscono il territo-rio in cui vivono, di dare ai con-correnti qualche “dritta” sulle bellezze della nostra terra che possano esser immortalate in qualche bella fotografia. Da parte nostra sul sito pubbli-cheremo l’elenco degli esercizi aderenti così da poterli far cono-scere ai partecipanti al concorso, ma non solo.

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Una professione lunga una vita

Come sempre alla ricerca di perso-naggi eccellenti che in qualche mo-do danno lustro al nostro Monferra-to, scriveremo oggi di un fotografo che pur avendo lo studio a Torino ama le nostre colline tanto da ave-re affittato una casa nel Monferrato (a Cantavenna di Gabiano) in cui fuggire appena gli impegni di lavo-ro glielo consentono. Antonio Attini classe 1960 fotografo con quasi trent’anni di professionismo sulle spalle ha viaggiato in tutto il mon-do per realizzare reportages in am-bito archeologico e paesaggistico anche con foto aeree. Dal 1996 al 2008, ha pubblicato come autore, 222 prestigiose monografie foto-grafiche con diverse case editrici, in vari territori del mondo ed in varie lingue, su queste pagine ne citiamo solo alcune, rimandando il d e t t a g l i o s u l s u o s i t o www.antonioattini.it. Nel 1989 esce il suo primo libro Colori a Venezia edito dalla Capitello di Torino, con la quale realizzerà altri due libri Torino le case raccontano e Torino le altre case raccontano seguono poi Destinazione Usa – Atlanta del 1996 pubblicato negli Usa ed Egitto Ieri e oggi pubblicato in numerosi paesi oltre all’Egitto, Usa, Germa-nia, Italia, Repubblica Ceca, Fran-cia, Ingilterra, poi Terra Santa Ieri e oggi, America dal cielo, Irlanda dal cielo, Chicago dal cielo, Wa-shington dal cielo, Flying High – Irlanda, pubblicato da National Geografic France, ed ancora: In volo su New York, In volo su San Francisco e poi Italia emozioni dal cielo, del 2005 pubblicato in varie lingue e selezionato dal Metropoli-tan Museum of Art per il proprio catalogo. Ma l’elenco continua. Dal 1994 fa parte del "Gold Circle Kodak Europe Gold Award", con lo standard di eccellenza. Sempre nello stesso anno inizia a collabora-re con le Edizioni White Star di Ver-celli, con filiali in USA, Germania, Francia e Svizzera, per la quale ha curato i servizi fotografici di vari

volumi e diverse collane, parteci-pando inoltre alla realizzazione di opere di pregio tra cui Roma anti-ca, Antico Perù, Antico Messico, Antica Grecia, Antico Egitto, Antica India, Le città perdute, Italia mera-vigliosa, Italia antica, Cuba, Ra-messes II, Egitto ieri e oggi e Terra Santa Ieri e Oggi anche questa edizione americana è stata accolta nel catalogo della biblioteca del Metropolitan Museum of art di New York. Ma oltre ai libri, Attini ha partecipato a numerose mostre, ne citiamo alcune: Torino (1989, 1992, 1996, 1997 e 1999), Milano (1994 e 1996), Genova, Roma (1990) ed a Venezia alla Fenice Arts Gallery; le sue fotografie fanno parte di diverse collezioni Europee , Americane e Asiatiche. Fra le mo-stre internazionali più importanti: le due installazioni di Italia, emozioni dal cielo (nel 2006 a Milano, per 5 mesi e nel 2007 a New York, pres-so il Cipriani di Wall Street) e la galleria itinerante che, nel giugno-luglio 2007, ha seguito la spedizio-ne Overland lungo il percorso Parigi-Pechino, in occasione del centena-rio dello storico raid compiuto dalla Itala nel 1907. Attini ha aperto ora una casa editrice: Edizioni Antonio Attini, specializzata nella pubblica-zione di materiale fotografico e, vista l’eccellenza del personaggio, la sua predilezione per le nostre colline e soprattutto la sua disponi-bilità e simpatia, noi di G&d ne ab-biamo subito approfittato per coin-volgerlo nelle nostre iniziative a favore del territorio. Per fine prima-vera G&d in collaborazione con Attini arte si organizzerà un concor-so fotografico che ha per tema, manco a dirlo: Le colline del Mon-ferrato: paesaggi, personaggi, sto-rie. Una iniziativa che intende coin-volgere il territorio a diversi livelli. Sul sito di G&d i nostri lettori trove-ranno il regolamento per partecipa-re al Concorso fotografico oltre all’invito alla sponsorizzazione dell’evento per le aziende.

Antonio Attini

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Il Gnocco fritto Questa volta, come si diceva una volta “faremo un uovo fuori dalla cavagna”, proponendo ai nostri letto-ri una ricetta che non è tipica delle nostre terre, ma che è particolar-mente semplice, sfiziosa e si presta per le marende sinoire o per le sera-te in compagnia. L’abbiamo conosciuta in Emilia, per la precisione nelle provincia di Par-ma, dove chi scrive, ha vissuto a lungo ed ha imparato tante cose in una delle più rinomate patrie della buona cucina italiana. Là molte trat-torie, osterie e piccole bettole, offro-no ai loro clienti la possibilità di una mangiata di salumi locali, accompa-gnandoli, non con il pane, ma con il Gnocco fritto (o torta fritta o pinzino o chisolino). Si tratta di una semplice sfoglia di pasta che vie-ne fatta friggere e quan-do è ancora bella calda viene consumata appun-to con i salumi (o anche con i formaggi) che, grazie al calore che scio-glie e ammorbidisce i grassi di cui sono costi-tuiti e da cui prendono il sapore, vengono parti-colarmente esaltati nel loro gusto. Fra i salumi più utilizzati citiamo la Spalla cotta, da noi poco conosciuta, ma anche il lardo, il sa-lame, il prosciutto sia cotto che crudo, la cop-pa… giusto per segna-larne qualcuno, ma poi vi consigliamo di provare e trovare ciò che preferite. Il tutto naturalmen-te accompagnato da un buon vino, meglio se vivace. Non osiamo citarvi il Lambrusco, ma un buon Grignolino o, d’estate anche un Vin ciaret quel-lo leggero leggero, può far piacere per una originale marenda. E’ una ricetta semplice ed economica che può soddisfare, anche in tempi di crisi, le allegre compagnie che non hanno voglia o soldi da spendere in una cena completa, ma che non ri-nunciano ad un incontro conviviale dove rafforzare rapporti ed amicizie. Passiamo alla ricetta quindi, ve ne proponiamo più versioni, una sempli-ce per chi ha fretta, poi un suggeri-mento per chi ha molta fretta, ed infine per chi può procedere con

calma, molta calma. Dapprima viene preparato un impa-sto composto da 1 kg di farina di frumento tipo "00", 70 g di strutto di maiale, 40 ml di acqua gassata, Sale quanto basta. Alcune volte viene aggiunto un goccio di latte per am-morbidire l'impasto. Dopo aver impa-stato il tutto, la pasta viene messa in un recipiente avvolta in un canovac-cio, ed ogni 20-30 minuti viene rim-pastata in modo che avvenga una sorta di lievitazione naturale grazie alla pressione dell'acqua gassata che sostituisce il lievito (scommetto che questo pochi lo sapevano!). La pasta viene poi stesa in una sfo-glia alta pochi millimetri (da circa 2 a 6) e tagliata in rombi o rettangoli di circa 10-15 cm di lato, che vengono

fritti secondo la tradizione, in abbon-dante strutto di maiale bollente che ha un punto di fumo molto alto di circa 230 °C. Nella pratica quotidiana si usano vari olii al posto dello strut-to. Alla temperatura di 190 °C questi olii lascerebbero lo gnocco eccessi-vamente unto, si suggerisce di ricor-rere quindi all'utilizzo di olii di semi o di palma. La pasta che viene quindi fritta, normalmente circa un minuto per lato in funzione dello spessore, si gonfia assumendo la tipica forma delle paste fritte simili a quella della “bugie” di carnevale. Il Gnocco va servito e mangiato cal-dissimo, c’è chi fa dei piccoli sand-wich inserendo fra i due “gnocchi” una bella fetta di lardo o anche di formaggio che si “slinguano” appena

un po’. E per chi non vuol perdere tempo in cucina? Vada al supermer-cato nello scaffale del fresco e fra formaggi, salumi, latte e yoghurt troverà la pasta per pizze già pronta (non le pizze già pronte). Basta sten-derla sull’asse per la pasta assotti-gliarla a piacere tagliarla, come già detto, friggerla e... voilà le jeux soint fait. Infine, terza soluzione, la più tradizionale per chi in cucina ci sta soprattutto per il piacere di fare, più che per mangiare: ingredienti: 500 gr. di farina, 70 gr. di strutto, un cucchiaio di zucchero, 10 gr. di sale, 180 ml d’acqua 12 grammi di lievito di birra. Sbriciolate in una ciotola il lievito di birra, un cucchiaino di zuc-chero e 50 ml di acqua tiepida, fate sciogliere bene il lievito mescolando

con un cucchiaino. Uni-te poi un po’ di farina, quanta ne serve per formare una pastella molto morbida che la-scerete riposare per mezz'ora. Passata la mezz'ora versate la restante farina in una ciotola capiente ed uni-te la pastella, lo strut-to, e sciogliete 10 gr di sale in circa 125 ml di acqua tiepida; quando il sale si sarà disciolto versate tutta l'acqua all'interno della ciotola e cominciate a impa-stare. Quando il liquido sarà stato interamente incorporato dalla fari-

na, trasferite l'impasto su un piano infarinato e lavoratelo fino a quando sarà diventato liscio ed omogeneo, quindi date all'impasto una forma di palla, incidetela a croce e posizio-natelo in una ciotola capiente che avrete precedentemente spolverizza-to con una manciata di farina, sigilla-te la ciotola con della pellicola tra-sparente. Lasciate lievitare per circa 4 ore in un ambiente tiepido e privo di correnti d'aria, fino a quando l'im-pasto avrà circa triplicato il volume. Trascorso il tempo necessario, ri-prendete l'impasto e lavoratelo su un piano infarinato e stendetelo in una sfoglia dello spessore di circa 3 mm ricavate dei rombi o dei quadrati e fateli friggere come già scritto. Bun aptit