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GAZZETTA NOTARILE RIVISTA PER IL NOTARIATO D’ITALIA ASSOCIAZIONE CULTURALE “RAFFAELE CARAVAGLIOS”

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GAZZETTA NOTARILE

RIVISTA PER IL NOTARIATO D’ITALIA

ASSOCIAZIONE CULTURALE “RAFFAELE CARAVAGLIOS”

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Gazzetta Notarile Rivista per il Notariato d’Italia

Numero 7/9 – Luglio/Settembre 2009

Direttore responsabile:

Maria Luisa Mancini Caravaglios

Direttore editoriale: Catello Maresca

Responsabile di redazione: Sergio Carlino

Inviato: Adelaide Caravaglios

Comitato di redazione: Antonio Ardituro, Adelaide Caravaglios, Maria Luisa Mancini Caravaglios,

Francesca Caravaglios, Sergio Carlino, Furio Cioffi, Fabrizio Corrente, Catello Maresca, Lucia Maresca, Aldo Niccoli, Maurizio Santise

Hanno collaborato a questo numero:

dott. Emanuele Calò Dirigente Settore Studi Internazionali - Consiglio Nazionale del Notariato

dott. Massimo Plasmati

dott. Corrado Sabia – Avvocato

dott.ssa Claudia Ruggiu – Avvocato

dott.ssa Valeria Corriero – Avvocato Ricercatrice di Diritto Privato presso l’Università di Bari

dott. Aldo Niccoli Conservatore presso l’Archivio Notarile di Napoli

dott. Paolo Divizia – Avvocato Professore a contratto in Diritto Urbanistico presso l’Università di Genova S.S.P.L.

Si ringrazia la dott.ssa Stephanie Busso del C.N.N. per la preziosa collaborazione.

Tutti i Notai e gli altri operatori del diritto,

compresi i funzionari delle P.A. possono collaborare. I manoscritti anche se non pubblicati non si restituiscono.

Impaginazione, grafica, stampa e distribuzione:

LE PENSEUR di Antonietta Andriuoli – Via Montecalvario, 40/3 – 85050 Brienza (PZ)

Questo volume è stato stampato nel mese di settembre 2009 presso Tecnostampa s.n.c. – Villa D’Agri (PZ)

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SOMMARIO .

CAPACITÀ DI AGIRE

di Emanuele Calò

pag. 324

LA CESSIONE DI CREDITI IVA

di Massimo Plasmati

pag. 333

DENARO “PERSONALE” E ACQUISTI IN COMUNIONE LEGALE

di Corrado Sabia

pag. 351

IL CONCETTO DI DANNO RISARCIBILE ED IL PRINCIPIO DI CASUALITÀ CIVILE NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

di Claudia Ruggiu

pag. 363

CONTRIBUTI DI STUDIO

I TRASFERIMENTI IMMOBILIARI E LE ALTRE REGOLAMENTAZIONI NELLA CRISI FAMILIARE

di Valeria Corriero

pag. 373

RESPONSABILITÀ

DEL NOTAIO

IL NOTAIO COME DATORE DI LAVORO: LE RESPONSABILITÀ AI SENSI DEL D.LGS. 81/2008 IN MATERIA DI IGIENE E SICUREZZA SUL LAVORO

di Aldo Niccoli

pag. 388

RAPPORTI FRA PRELAZIONE ARTISTICA E TRASFERIMENTO DELL’INTERO PACCHETTO AZIONARIO DELLA SOCIETÀ PER AZIONI PROPRIETARIA DI BENE CULTURALE

di Paolo Divizia

pag. 410

MACROSCOPICA SVISTA DEL NOTAIO SULLA CONDIZIONE DEL FALLITO: UNA “PLATEALE INADEMPIENZA DEI PROPRI DOVERI PROFESSIONALI”

pag. 438

RASSEGNA

GIURISPRUDENZIALE

LA C.D. ‘ATTIVITÀ AUTONOMAMENTE ORGANIZZATA’ PRESUPPOSTO DI IMPOSTA I.R.A.P.

pag. 442

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RASSEGNA DI

DOTTRINA

• CAMBIALI SENZA IMPORTI PER I DEBITI DEL

DUEMILA .................................................................. • IL NOTAIO DISATTENTO RISCHIA IL REATO DI

FALSO IDEOLOGICO .................................................. • AL NOTAIO NON PUÒ SFUGGIRE LA CONDIZIONE

DEL FALLITO ............................................................ • ATTESTATO AFFIDATO ALLE PARTI: UNO STUDIO

DEL NOTARIATO SUL CERTIFICATO ENERGETICO ..... • PER LA CASA LA FIDUCIA VA AL NOTAIO, SECONDO

IL GIUDIZIO DEI CONSUMATORI ................................ • IMPOSTA DI REGISTRO, IPOTECARIA E CATASTALE .. • LA STIMA CATASTALE SBAGLIATA NON INFICIA IL

PREZZO-VALORE ...................................................... • SCONTI PRIMA CASA ESTESI ANCHE AL BENE

ACCORPATO ............................................................. • I NOTAI NON SFUGGONO ALL’IRAP ......................... • L’ACCETTAZIONE DELL’EREDITÀ NON SFUGGE

ALL’IMPOSTA DI BOLLO ........................................... • SUCCESSIONI SENZA ABUSO DI DIRITTO .................. • SALVAGENTE AMPIO PER SPA E SRL ...................... • INDAGINI FINANZIARIE DIABOLICHE, SECONDO LA

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BOLOGNA .................................................................

pag. 446 pag. 446 pag. 447 pag. 447 pag. 448 pag. 448 pag. 449 pag. 450 pag. 450

pag. 451 pag. 451 pag. 452 pag. 452

STUDI DEL

C.N.N.

STUDIO N. 2-2009/T IL REGIME TRIBUTARIO DEI FONDI IMMOBILIARI

di Paolo Puri

pag. 454

L’ANGOLO DEL

PRATICANTE

CASO DI DIRITTO COMMERCIALE

a cura di Fabrizio Corrente

pag. 488

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CONTRIBUTI DI STUDIO 373

I TRASFERIMENTI IMMOBILIARI E LE ALTRE REGOLAMENTAZIONI NELLA CRISI FAMILIARE∗

SOMMARIO: 1. La definizione consensuale della crisi familiare – 2. I diversi schemi contrattuali dei trasferimenti immobiliari e delle altre regolamentazioni in sede di separazione e di divorzio – 3. segue. Il contratto preliminare da crisi coniugale – 4. segue. Evoluzione giurisprudenziale sulla causa dei trasferimenti immobiliari in sede di separazione e di divorzio – 5. segue. Negozio di destinazione nell’interesse dei figli minori in occasione della crisi familiare come negozio a causa doppia: causa traslativa del bene oggetto di destinazione a favore del coniuge e causa di imposizione del vincolo di destinazione volto al mantenimento dei figli minori – 6. Forma e pubblicità delle regolamentazioni nella crisi familiare.

1. La definizione consensuale della crisi familiare

Il tema si inserisce a pieno titolo nell’alveo di applicazione dell’art. 1322,

comma 2, c.c., in quanto si tratta di negozi traslativi atipici tra coniugi, finaliz-zati ai trasferimenti immobiliari immediati o differiti, in adempimento degli ob-blighi di mantenimento nei confronti del coniuge o della prole. Si è dunque di fronte a forme di espressione dell’autonomia contrattuale nella crisi coniugale (G. OBERTO, Prestazioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi in occasione di separazione e di divorzio, Milano, 2000), le quali hanno come fondamento il principio di libertà contrattuale, come rilevato dalla dottrina che ha approfondito il tema in questione (T.V. RUSSO, I trasferimenti patrimoniali tra coniugi nella separazione e nel divorzio. Autonomia negoziale e «crisi» della famiglia, Na-poli, 2001, p. 39).

Si tratta, in particolare, di atti mediante i quali in sede di separazione consen-suale e di divorzio, su domanda congiunta (L. BARBIERA, Separazione e divor-zio: fattispecie, disciplina processuale, effetti apatrimoniali, Bologna, 1997, p. 158 ss.), viene trasferita la proprietà o costituito un diritto reale di godimento da un coniuge a favore dell’altro o dei figli, allo scopo di regolamentare i rapporti patrimoniali in occasione di una crisi matrimoniale.

La dottrina e la giurisprudenza hanno a lungo ponderato sull’ammissibilità di contratti relativi al trasferimento di diritti in sede di separazione e di divorzio, superando il limite dell’assenza di una norma che in modo espresso attribuisse ai coniugi la facoltà di trasferire o costituire diritti reali immobiliari, attraverso l’interpretazione estensiva di alcune norme contenute nelle leggi di riferimento, ∗ Lo scritto riproduce, con l’aggiunta delle note, la relazione tenuta nell’ambito del seminario, dal titolo «Crisi familiare e rapporti patrimoniali», organizzato dal-l’A.I.G.A. (Associazione italiana giovani avvocati) e svoltosi presso la Facoltà di Giurisprudenza di Bari il 4 luglio 2008.

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374 GAZZETTA NOTARILE tra le quali, nella legge sul divorzio, quella che consente ai coniugi in crisi, previo accordo tra le parti, la corresponsione dell’assegno in un’unica soluzione, purché la convenzione appaia equa, con preclusione di qualsiasi successiva do-manda avente contenuto economico (art. 5, comma 8, l. 1º dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 10, l. 6 marzo 1987, n. 74).

Altre disposizioni normative individuate dalla dottrina sono rappresentate dall’art. 711, comma 3, c.p.c., il quale in relazione alla separazione consensuale stabilisce che nel processo verbale debba darsi atto «del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole», e dall’art. 4, comma 16, della l. div., nella parte in cui prevede che la domanda di divorzio proposta congiuntamente dai coniugi «indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici».

In materia di separazione la novella del 2006 (l. 8 febbraio 2006, n. 54) ha introdotto l’istituto dell’affido condiviso, quale regola dei rapporti personali tra genitori e figli nel momento della crisi familiare, e ha modificato la disciplina previgente (L. MATTIANGELI, Autonomia privata e negozi traslativi nella sepa-razione personale dei coniugi, in Riv. not., 2000, p. 318), la quale già stabiliva che il giudice prende atto degli accordi intervenuti tra i genitori, qualora questi non risultino contrari all’interesse della prole (art. 155, comma 2, c.c.); diver-samente, il giudice riconvoca i coniugi, proponendo le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, nel caso in cui non venga fornita un’idonea soluzione, può rifiutare l’omologazione e, quindi, paralizzare il procedimento di separa-zione, giacché l’omologazione del giudice rende efficace il consenso dei co-niugi a vivere separati (art. 158 c.c.). Anche nel comma 4 dell’art. 155 c.c. si ribadisce e si rafforza la regola dell’accordo, in quanto l’adempimento dell’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli dovrebbe avvenire da parte di ciascuno dei genitori in misura proporzionale al proprio reddito, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti. L’intervento giudiziale in casi di ne-cessità è volto a garantire il rispetto del principio di proporzionalità, sì che il giudice può optare per la corresponsione di un assegno periodico, qualora ad esempio il trasferimento immobiliare da parte di un coniuge risulti sproporzio-nato rispetto al reddito di uno o di entrambi i coniugi.

L’aspetto della regolamentazione caratterizza la definizione consensuale della crisi coniugale, sia per quanto concerne l’accordo di natura non patrimo-niale sul vivere separati o sul porre fine alla comunione di vita materiale e spirituale (P. ZATTI, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separa-zione dei coniugi, in Tratt. dir. priv. Rescigno, 3, Torino, 1996, p. 135 ss.), sia per quanto attiene agli aspetti di carattere patrimoniale, rappresentando per i co-niugi un codice, una disciplina relativa alle reciproche relazioni per il periodo successivo alla separazione e al divorzio.

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CONTRIBUTI DI STUDIO 375

2. I diversi schemi contrattuali dei trasferimenti immobiliari e delle altre regolamentazioni in sede di separazione e di divorzio

Come è emerso nelle varie fattispecie sottoposte al vaglio della Suprema Corte e della giurisprudenza di merito, i trasferimenti immobiliari possono rea-lizzarsi secondo diversi schemi contrattuali: a) trasferimento immobiliare di-retto, che si configura a carattere oneroso, con obbligazione principale a carico del trasferente; b) accordo dei coniugi assunto in sede di separazione consen-suale o di divorzio a firma congiunta, caratterizzato dall’obbligo di trasferire, e dal successivo perfezionamento del trasferimento dinanzi ad un notaio o in sede stragiudiziale; c) attribuzioni dirette di beni immobili, rientranti in uno schema negoziale tipico (donazione, compravendita, permuta o divisione di beni co-muni), malgrado qualche titubanza mostrata nell’ipotesi di donazione (Cass., 8 marzo 1995, n. 2700, in Dir. fam. pers., 1995, p. 1390), ammissibile soltanto nei casi in cui le parti riconoscono l’inesistenza di una situazione di debolezza eco-nomica del destinatario dell’attribuzione o i trasferimenti tra coniugi siano spro-porzionati rispetto all’obbligo di mantenimento o non abbiano alcun legame con esso (E. BRIGANTI, Crisi della famiglia e attribuzioni patrimoniali, in Riv. not., 1997, p. 12 s.), o negozio misto con donazione, se le parti convengono che si vada al di là dalla compensazione dello squilibrio patrimoniale derivante dalla crisi matrimoniale; d) negozi di destinazione ex art. 2645-ter c.c. in occasione della crisi familiare con apposizione sugli immobili di un vincolo di destina-zione a non alienarli prima del raggiungimento della maggiore età dei figli minori e a destinarne i frutti in loro favore, in adempimento dell’obbligo di mantenimento (Trib. Reggio Emilia, 26 marzo 2007, in Fam e dir., 2008, p. 616 ss.); e) trust costituiti per il perseguimento di accordi post-coniugali a favore dei coniugi o dei figli (Cass., 13 giugno 2008, n. 16022, in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 81).

I trasferimenti immobiliari possono avvenire in due sedi distinte: a) giudi-ziale; b) stragiudiziale. Nella prima ipotesi i coniugi nel corso dell’udienza ex art. 711 c.p.c. o nella procedura di divorzio su domanda congiunta ai sensi dell’art. 4, comma 13, l. div. pongono in essere dinanzi al giudice un atto trasla-tivo, il quale confluisce rispettivamente nel verbale di separazione giudiziale e in quello di comparizione dinanzi al collegio nella procedura su domanda congiunta. L’atto traslativo non effettuato di fronte al giudice, e quindi in sede stragiudiziale, viene attuato in adempimento di un impegno a trasferire assunto nella fase giudiziale. Ovviamente, qualora l’obbligato si rifiuti di adempiere l’impegno traslativo assunto in sede giudiziale, si passa alla successiva fase giu-diziale, volta all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto (art. 2932 c.c.), conseguente all’inadempimento in fase esecutiva del contratto preliminare di crisi coniugale.

L’ipotesi meno problematica tra le varie regolamentazioni in sede di crisi familiare è quella relativa agli accordi di natura obbligatoria, una volta superata

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376 GAZZETTA NOTARILE dalla giurisprudenza di legittimità la questione sull’ammissibilità, sotto il profilo causale, dei trasferimenti immobiliari perfezionati in sede di separazione con-sensuale e di divorzio su domanda congiunta. 3. segue. Il contratto preliminare da crisi coniugale

Gli accordi per la definizione della crisi coniugale di natura obbligatoria sono qualificabili in termini di contratto preliminare, se il trasferimento avviene a beneficio dell’altro coniuge stipulante, o di contratto preliminare in favore del terzo, se il trasferimento è a beneficio del figlio; in tal caso il figlio acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione e fino all’accettazione, solo lo stipulante può revocare ma non anche il promittente. Il contratto defini-tivo, invece, ha natura giuridica di contratto con obbligazioni del solo propo-nente ex art. 1333 c.c. (Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500, Giust. civ., 1988, I, p. 1237 ss., con nota critica di M. COSTANZA, Art. 1333 c.c. e trasferimenti immo-biliari solutionis causa).

Questo orientamento è confermato, in più occasioni, dalla giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Cass., 13 maggio 2008, n. 11914, con nota di M. MONEGAT, Il creditore del coniuge può ottenere la revoca dell’attribuzione in proprietà all’altro coniuge effettuata in sede di separazione consensuale, in Imm. propr., 2008, p. 455 ss.). Il recente caso sottoposto al vaglio della Su-prema Corte riguarda due atti diversi, i quali rientrano nella definizione dottrinale di «schema bifasico» (E. BRIGANTI, Crisi della famiglia e attribuzioni patrimoniali, cit., p. 6 s.), attraverso cui i coniugi hanno regolamentato i loro interessi patrimoniali in sede di crisi familiare: a) l’accordo di separazione, ove è stato assunto il mero obbligo di trasferimento della proprietà dell’immobile, in adempimento degli obblighi di mantenimento nei confronti dell’altro coniuge; b) il rogito notarile di cessione, che enuncia come causa il suddetto accordo. I giudici di legittimità hanno cassato con rinvio la decisione del giudice di se-condo grado, il quale aveva respinto la domanda di revoca avanzata da un cre-ditore del marito, sulla base della considerazione che l’atto con il quale, succes-sivamente alla sottoscrizione del verbale di separazione consensuale, era stata trasferita alla moglie la quota di metà di un immobile, fosse mero adempimento dell’obbligo assunto dal marito e, come tale, non soggetto all’azione revocato-ria, ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c., in quanto adempimento di un debito scaduto e, quindi, insuscettibile di revoca.

Secondo la Suprema Corte, il contratto di trasferimento da un coniuge all’altro non può essere considerato mero adempimento di un’obbligazione, pur essendo questa certamente la sua funzione, ma non la sua struttura, in quanto concretizza un accordo fra le parti, diretto a rendere definitivamente operanti gli effetti degli impegni precedentemente assunti. Il contratto in questione si confi-gura, in tal modo, come un contratto definitivo, volto a dare esecuzione a un

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CONTRIBUTI DI STUDIO 377

impegno preliminare, il quale richiamando come propria causa gli obblighi pre-cedentemente assunti e riproducendone il contenuto, sottopone alla cognizione del giudice l’intera operazione economico-giuridica, sí che risulta implicita la volontà di impugnare anche la fase preliminare. La relativa valutazione in or-dine alla sussistenza dei requisiti per la revoca ai sensi dell’art. 2901 c.c., dovrà essere condotta alla luce sia dei preliminari accordi di separazione, sia del con-tratto definitivo di trasferimento immobiliare.

Gli accordi patrimoniali tra coniugi contenenti attribuzioni patrimoniali concernenti beni mobili o immobili sono indubitabilmente soggetti all’azione revocatoria ordinaria, in presenza dei presupposti sanciti dall’art. 2901 c.c.

Ed ecco che mutatis mutandis si ripropongono le risalenti disquisizioni in tema di preliminare, contratto della cui amorfa natura giuridica la civilistica si è sempre occupata, anche nella peculiare tipologia che potremmo definire «con-tratto preliminare da crisi coniugale»: contratto ad effetti obbligatori, che vincola le parti esclusivamente alla prestazione del contrahere, ma risulta privo di effetti traslativi, per cui non potrebbe incidere sul contenuto negoziale del definitivo, o, secondo un antico insegnamento dottrinale (L. MONTESANO, Con-tratto preliminare e sentenza costitutiva, Napoli, 1953, p. 84 ss.), preliminare come fonte dei diritti e delle obbligazioni dell’intero regolamento contrattuale, e non negozio di configurazione, meramente strumentale nell’ambito della contrattazione reale (G. PALERMO, Rilevanza esterna del contratto preliminare e tutela del promissario acquirente, in A. LUMINOSO e G. PALERMO, La trascri-zione del contratto preliminare, 1998, p. 128 ss.).

La Suprema Corte offre al giudice di secondo grado un suggerimento interpretativo, in quanto configura la sequenza preliminare - definitivo come un’operazione unitaria, rifiutando l’impostazione classica dell’assorbimento del preliminare, e quindi della primazia del definitivo, quale unica fonte dei diritti e delle obbligazioni (V. CORRIERO, Preliminare, definitivo e coeva scrittura ne-goziale, in Contratti, Milano, 2002, p. 440 ss.).

A maggiore tutela del contraente debole, gli accordi obbligatori per futuri trasferimenti potranno essere trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. (E. CAPOBIANCO, I trasferimenti patrimoniali nella crisi familiare, in Rass. dir. civ., 2006, p. 391), il quale consente la trascrizione ad effetto prenotativo dei contratti preliminari che abbiano ad oggetto uno dei contratti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 4 dell’art. 2643 c.c., cioè traslativi della proprietà di beni immobili, ovvero co-stitutivi della comunione su di essi, nonché traslativi, costitutivi e modificativi di diritti reali di godimento, anche se sottoposti a condizione (A.A. CARABBA, a cura di, La trascrizione del contratto preliminare, Napoli, 1998, passim), risul-tanti in questo caso da atto pubblico, ossia dal verbale di separazione o di divor-zio su domanda congiunta.

Secondo una giurisprudenza ormai consolidata rientrano nel novero degli atti suscettibili di revocatoria fallimentare, ai sensi degli artt. 67 e 69 l. fall., gli accordi con i quali i coniugi, nell’ambito delle complessive regolamentazioni

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378 GAZZETTA NOTARILE dei rapporti in sede di separazione consensuale, trasferiscono beni immobili o costituiscono diritti reali minori sui medesimi, senza che tale azione possa tro-vare ostacolo: a) nell’avvenuta omologazione dell’accordo di separazione, giac-ché quest’ultima non altera la natura negoziale della pattuizione; b) nell’impossibilità di scindere tali trasferimenti dal complesso delle altre condi-zioni della separazione; c) nella circostanza che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano stati pattuiti in funzione solutoria dell’obbligo di mantenimento del coniuge o di contribuzione al mantenimento dei figli (Cass., 14 marzo 2006, n. 5473 e 12 aprile 2006, n. 8516, in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 371 ss., con nota di M. MARTINO, Collegamento ne-goziale e pagamento traslativo nella revocatoria dei trasferimenti immobiliari realizzati tra coniugi in occasione della separazione consensuale). In questi casi, la questione verte non sulla sussistenza dell’obbligo in sé, giacché di fonte legale, ma sulle concrete modalità del suo assolvimento. 4. segue. Evoluzione giurisprudenziale sulla causa dei trasferimenti immo-biliari in sede di separazione e di divorzio

L’evoluzione giurisprudenziale in tema di accordi traslativi in sede di sepa-

razione o di divorzio è partita dalla qualificazione degli stessi come donazioni, giustificata dalla mancanza di corrispettivo nella cessione.

Quelli che sono definiti, ormai, da parte della dottrina (G. OBERTO, Presta-zioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi, cit., p. 122 s.), come «contratti della crisi coniugale» sono contratti della cui natura onerosa, né la giurispru-denza di merito, né quella di legittimità, né tanto meno la dottrina, dubitano più, data l’assenza dell’animus donandi in occasione della separazione e del divorzio (G. METITIERI, La funzione notarile nei trasferimenti di beni tra coniugi in oc-casione di separazione e di divorzio, in Riv. not., 1995, p. 1166 s.) e le notevoli difficoltà applicative della disciplina del contratto di donazione sia dal punto di vista sostanziale, con particolare riferimento all’azione di revocazione per in-gratitudine o per sopravvenienza di figli, o a quella di riduzione ed infine all’obbligo della collazione, sia formale. Il difetto di forma deriverebbe dall’inidoneità del verbale di separazione o di divorzio, data l’assenza dei due testimoni richiesti dall’art. 48 l.not., sí che in sede giurisdizionale, non sarebbe soddisfatto il requisito della forma ad substantiam.

Un altro orientamento della giurisprudenza di legittimità ha qualificato l’accordo traslativo come accordo transattivo e aleatorio (Cass., 5 settembre 2003, n. 12939, in Dir. fam. pers., 2004, p. 66 ss.), ossia come modalità di ri-soluzione dei conflitti familiari in atto.

In dottrina si è sostenuta la nullità radicale per illiceità degli accordi trasla-tivi transattivi (E. RUSSO, Gli atti determinativi del contenuto di obblighi legali nel diritto di famiglia, in ID., Le convenzioni matrimoniali ed altri saggi sul nuovo diritto di famiglia, Milano, 1983, p. 223), in quanto aventi ad oggetto di-

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CONTRIBUTI DI STUDIO 379

ritti indisponibili, come il diritto al mantenimento del coniuge separato ex art. 156 c.c., che sarebbe considerato indisponibile, in quanto prosecuzione del do-vere di contribuzione ex art. 143 c.c.

In realtà, la negoziabilità dei rapporti tra i coniugi in sede di separazione e di divorzio, la quale si sostanzia nell’esercizio da parte del titolare del potere di determinare la misura e le modalità di esercizio dello stesso, non incide sull’indisponibilità di un diritto inderogabile, qualora non vengano lesi «gli inte-ressi primari della persona che costituiscono la ratio dell’inderogabilità» (T.V. RUSSO, I trasferimenti patrimoniali tra coniugi, cit., p. 140 s.).

In tale prospettiva, si considererà illegittima la transazione che subordini il consenso al mutamento di status a trasferimenti patrimoniali, con la consequen-ziale incidenza sulla libertà di difendersi in giudizio (Cass., 14 giugno 2000, n. 8109, in Fam. dir., 2000, p. 429 ss., con nota di V. CARBONE, Accordi patrimo-niali deflattivi della crisi coniugale).

La difficoltà oggettiva di qualificare in termini di transazione i trasferimenti immobiliari in sede di separazione consensuale e di divorzio su domanda con-giunta, deriverebbe piuttosto dalla tipica efficacia preclusiva della transazione, in contrasto con il diritto di chiedere la revisione delle condizioni di separazione di cui agli artt. 156 c.c., 710 c.p.c. e 9 l. div., nonché dall’assenza della causa transattiva, che si esprime in concessioni reciproche (A. PALAZZO, La transa-zione, in Tratt. dir. priv. Rescigno, 13, Torino, 1985, p. 303 ss.), giacché i tra-sferimenti immobiliari o mobiliari in sede di separazione o di divorzio si confi-gurano generalmente come obblighi unilaterali (G. OBERTO, I trasferimenti mo-biliari e immobiliari in occasione di separazione e divorzio, in Fam. dir., 1995, p. 160).

Tuttavia, la variegata tipologia di interessi in gioco al momento della separa-zione e del divorzio non consente di escludere a priori la possibilità che l’attività negoziale dei coniugi sia sostenuta da un interesse transattivo, pur non potendo l’aspetto transattivo costituirne la causa.

Secondo un’autorevole ricostruzione dottrinale (A.C. JEMOLO, Convenzioni in vista di annullamento di matrimonio, in Riv. dir. civ., 1967, II, p. 530), la quale si riferiva all’epoca alle dichiarazione di nullità del matrimonio, poi seguita dalla giurisprudenza con riferimento alla separazione e al divorzio, le attribuzioni patrimoniali tra i coniugi sarebbero qualificabili in termini di con-tratto atipico, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordina-mento giuridico ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., la cui causa consisterebbe nell’adempimento dell’obbligazione di mantenimento nei confronti del coniuge o della prole.

Si tratterebbe di un contratto atipico con funzione solutoria, ove la dazione solutoria una tantum ex art. 1197 c.c., secondo la Suprema Corte, sarebbe valida e in grado di estinguere definitivamente l’obbligo di mantenimento (Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500, in Corr. giur., 1988, p. 144). Il coniuge beneficiario dell’attribuzione accetta l’alea del sopravvenire di situazioni che rendono l’attri-

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380 GAZZETTA NOTARILE buzione stessa inadeguata, ma, qualora venga a trovarsi in stato di bisogno, resta sempre salvo il suo diritto a chiedere gli alimenti all’altro coniuge.

Il contratto, finalizzato alla composizione complessiva degli interessi perso-nali e patrimoniali delle parti coinvolte nei giudizi di separazione e divorzio, presenterebbe, quindi, una causa solutoria esterna. L’attribuzione patrimoniale si configurerebbe allora come pagamento traslativo, per la cui validità si ri-chiede la expressio causae (M. GIORGIANNI, La causa del negozio giuridico, Milano, 1961, p. 60 s.), dalla quale si evincano le ragioni del trasferimento immobiliare o della costituzione di un diritto reale immobiliare, ossia il colle-gamento funzionale tra l’atto traslativo e la situazione di crisi familiare. La causa espressa può essere in funzione solutoria o anche solo integrativa dell’obbligo di mantenimento, nell’interesse sia del coniuge sia della prole. In tale ultimo caso all’atto deve partecipare un curatore speciale del minore, nomi-nato dal giudice ex art. 320, comma 6, c.c., su istanza dei genitori dell’interes-sato e che non deve trovarsi in potenziale conflitto di interessi con il minore stesso.

Tuttavia, la tesi della causa solutionis viene scartata per difetto di una pre-ventiva predeterminazione quantitativa dell’obbligazione che il trasferimento andrebbe, in tutto o in parte, ad estinguere (G. OBERTO, I trasferimenti mobi-liari e immobiliari in occasione di separazione e divorzio, cit., p. 160 ss.), mentre si è individuata una «causa familiare», quindi non più una causa esterna, volta alla composizione degli interessi giuridico-patrimoniali ed esistenziali emergenti nella fase patologica del rapporto coniugale.

Un’altra tesi di matrice giurisprudenziale è rappresentata dalla qualificazione delle operazioni negoziali in sede di crisi familiare come «contratti atipici, ma con propri presupposti e finalità» (Cass., 11 maggio 1984, n. 2887, in Mass. Giur. it., 1984).

Secondo parte della dottrina, alla luce delle norme in tema di separazione consensuale e di divorzio su domanda congiunta, sarebbe configurabile una «causa tipica di definizione della crisi coniugale», o, come meglio puntualiz-zato, una «causa tipica di definizione degli aspetti economici della crisi coniu-gale» (G. OBERTO, Prestazioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi, cit., pp. 122-123). La tipicità del negozio deriverebbe dalla lettura coordinata delle norme contenute negli artt. 711 c.p.c. e 4, comma 16, l. div.; il nomen iuris di tali accordi è anche stato individuato nel «contratto tipico della crisi coniugale o di contratto post-matrimoniale». Gli accordi in oggetto rappresentano condi-zioni della separazione o del divorzio, finalizzati a definire gli aspetti economici della crisi coniugale, sì che ad essi saranno applicabili tutte le regole codicisti-che in tema di contratti; saranno, inoltre, sottoposti, sul piano degli effetti, alla clausola rebus sic stantibus.

Occorre, tuttavia, distinguere i casi in cui i trasferimenti immobiliari o le altre regolamentazioni tra coniugi si realizzino in funzione di definizione della crisi coniugale, e quindi con funzione solutoria dell’obbligo legale di manteni-

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CONTRIBUTI DI STUDIO 381

mento a carico del coniuge che trasferisce o promette di trasferire il bene all’altro coniuge o ai figli, da quelli che hanno funzione anche addizionale rispetto all’adempimento già onorato con il versamento di un assegno periodico oppure hanno un profilo funzionale del tutto autonomo rispetto alla crisi fami-liare cui sono solo occasionalmente connesse.

L’evoluzione giurisprudenziale è giunta a ritenere ammissibili i trasferimenti in occasione, e non solo in sede di separazione e divorzio, malgrado la presenza di opinioni dottrinali contrarie (v., ad es., F. ANGELONI, Autonomia privata e potere di disposizione nei rapporti familiari, Padova, 1997, p. 391), riconoscen-doli non soltanto in relazione a negozi aventi efficacia meramente obbligatoria, bensì anche a casi di atti immediatamente traslativi. Negli anni novanta la Suprema Corte (Cass., 11 novembre 1992, n. 12110, in Giur. it., 1994, c. 304 ss., con nota di A. MORACE PINELLI, Separazione consensuale e negozi atipici familiari), aveva qualificato come negozio traslativo la dichiarazione contenuta nel verbale di separazione personale consensuale, con la quale era stata a suo tempo riconosciuta al marito la proprietà esclusiva di un appartamento, mal-grado il giudice di primo grado l’avesse qualificata come una mera dichiara-zione di scienza, disconoscendo la volontà negoziale rientrante in un comples-sivo regolamento di interessi.

Il leading case risale alla celebre sentenza della Suprema Corte del 1997 (Cass., 15 maggio 1997, n. 4306, in Fam. dir., 1997, p. 417 ss., con nota di R. CARAVAGLIOS, Trasferimenti immobiliari nella separazione consensuale tra coniugi), la quale chiarisce la natura di atto pubblico del verbale di separazione consensuale e la sua idoneità a costituire titolo per la trascrizione. La Cassazione statuisce l’ammissibilità degli accordi di separazione che riconoscono ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi al fine di assicurarne il mantenimento, inseriti in un verbale di separazione consensuale. In tale occa-sione, la giurisprudenza di legittimità puntualizza le questioni sulla forma dell’accordo di separazione; quest’ultimo confluisce nel verbale d’udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è at-testato, sì che assume forma di atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 c.c., e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo l’omolo-gazione che lo rende efficace, titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c.. 5. segue. Negozio di destinazione nell’interesse dei figli minori in occasione della crisi familiare come negozio a causa doppia: causa traslativa del bene oggetto di destinazione a favore del coniuge e causa di imposizione del vin-colo di destinazione volto al mantenimento dei figli minori

Nella nota fattispecie sottoposta al vaglio del giudice emiliano sopra richia-mata, i coniugi chiedono al tribunale la modifica delle condizioni del verbale di separazione attraverso la sostituzione della previsione dell’assegno periodico

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382 GAZZETTA NOTARILE con il trasferimento una tantum di determinati immobili da parte del marito in favore della moglie e il giudice adito propone un’interessante applicazione del nuovo istituto disciplinato dall’art. 2645-ter c.c. (A. FEDERICO, Atti di destina-zione del patrimonio e rapporti familiari, in Rass. dir. civ., 2007, p. 614 ss.), sulla cui natura giuridica permangono contrapposti orientamenti derivanti dai limiti del drafting adoperato dal legislatore (R. PERCHINUNNO, a cura di, Il drafting legislativo: il linguaggio, le fonti, l’interpretazione, Napoli, 2008, spec. p. 143 ss.).

In particolare, secondo parte della dottrina, la nuova norma si limiterebbe ad introdurre nell’ordinamento un particolare tipo di effetto negoziale, quello di destinazione (M. BIANCA, Il nuovo art. 2645 ter c.c. Notazioni a margine di un provvedimento del giudice tavolate di Trieste, in Giust. civ., 2006, II, p. 187 ss.), e non un nuovo tipo di atto (in tal senso, invece, v. F. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter c.c., in Giust. civ., 2006, II, p. 166 e 172 ss.; B. MASTROPIETRO, Profili dell’atto di destinazione, in Rass. dir. civ., 2008, p. 988 ss.).

La peculiarità della fattispecie oggetto del decreto del tribunale emiliano concerne un provvedimento di omologa della modifica dell’accordo di separa-zione proposta dai coniugi, che sostituisce all’obbligo di corresponsione dell’assegno mensile il trasferimento da parte del marito a favore della moglie degli immobili, previa imposizione sugli stessi del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter a titolo di mantenimento dei figli minori e non come nelle ipotesi più usuali di trasferimento diretto dal coniuge separando/divorziando ai figli. Si realizza, così, una scissione tra appartenenza economica del bene e titolarità giuridica volta a realizzare interessi meritevoli di tutela.

Il negozio di destinazione ex art. 2645-ter posto in favore di soggetti minori, consente di realizzare l’effetto di destinazione anche a prescindere da una loro espressa manifestazione del consenso, con ciò semplificando la conclusione del negozio, rispetto alla figura dei trasferimenti una tantum, che richiedono, se-condo la dottrina più severa, una apposita manifestazione del consenso da parte del legale rappresentante del minore, attraverso la complessa procedura di nomina di un curatore speciale ex art. 320 c.c., ultimo comma, oltrepassando le critiche mosse dalla dottrina con riferimento all’art. 1411 c.c. Tale negozio di destinazione nell’ambito della crisi familiare si configura come negozio a causa doppia, caratterizzato dalla causa traslativa del bene oggetto di destinazione a favore del coniuge e dalla causa di imposizione del vincolo di destinazione nell’interesse dei figli minori (F. GALLUZZO, Crisi coniugale e mantenimento della prole: trasferimenti una tantum e art. 2645-ter c.c., nota a Trib. Reggio Emilia, 26 marzo 2007, in Fam. dir., 2008, p. 625).

In realtà, nella fattispecie oggetto della pronuncia del tribunale emiliano, la destinazione dei frutti civili degli immobili al soddisfacimento dei bisogni della prole non è immediata, in quanto detti frutti saranno riservati a favore dei mi-nori fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica, soltanto dopo la

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CONTRIBUTI DI STUDIO 383

liberazione del bene dai gravami relativi al mutuo stipulato dai coniugi acqui-renti.

In ogni caso, indubitabile è la meritevolezza degli interessi perseguiti dall’operazione negoziale considerata (art. 1322, comma 2, c.c.), la quale si in-serisce nel solco dell’art. 2645-ter e nell’ambito della ben più ampia definizione consensuale della crisi familiare.

Tuttavia, il controllo di meritevolezza, da non confondere con quello di liceità (P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, 3ª ed., Napoli, 2006, p. 334 ss.), non può essere considerato «pleonastico» nell’ambito dei rapporti familiari, per quanto risulti altamente probabile che gli atti negoziali di destinazione inseriti nel con-testo familiare perseguano interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, in quanto volti a realizzare il libero sviluppo della persona umana nella comunità familiare (artt. 2, 29 e 30 cost.). I rapporti familiari, piuttosto, sia nella fase fisiologica sia in quella patologica offrono il campo a molteplici e va-riegate ipotesi applicative dell’atto di destinazione ex art. 2645-ter, non soltanto sotto il profilo negoziale, ma anche funzionale (contra A. FEDERICO, Atti di de-stinazione del patrimonio e rapporti familiari, cit., p. 625), superando i limiti strutturali e funzionali degli istituti tradizionali familiari. 6. Forma e pubblicità delle regolamentazioni nella crisi familiare

L’efficacia del «contratto della crisi coniugale» è subordinata all’omologa-zione della separazione ex art. 158 c.c. o all’emanazione della sentenza di divorzio, attraverso le quali l’autorità giudiziaria controlla che «i patti inter-venuti tra i coniugi siano conformi ai superiori interessi della famiglia» (Cass., 18 settembre 1997, n. 9287, in Giust. civ., 1997, p. 2383) e fissa i limiti che circoscrivono l’autonomia negoziale dei coniugi in sede di separazione e di divorzio (C. DONISI, Limiti all’autoregolamentazione degli interessi nel diritto di famiglia, in Rass. dir. civ., 1997, p. 500 ss.). Per quanto concerne la forma, questi accordi, costituendo condizioni della separazione o del divorzio, potranno essere inseriti nei verbali d’udienza di separazione consensuale (artt. 158 c.c. e 711 c.p.c.) o di divorzio su domanda congiunta (art. 4, 16 comma, l. div.), i quali sono qualificabili in termini di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e sono in quanto tali idonei alla trascrizione nei registri immobiliari (art. 2657 c.c.).

I dubbi ermeneutici manifestati dalla dottrina (R. CARAVAGLIOS, Trasferi-menti immobiliari nella separazione consensuale tra coniugi, cit., p. 422 ss.), soprattutto di estrazione notarile, e dalla giurisprudenza di merito (Trib. Firenze, 29 settembre 1989, in Riv. not., 1992, p. 595), concernono in particolare l’ido-neità dell’atto pubblico redatto dal cancelliere a produrre effetti reali, nel rispetto delle attribuzioni dei vari organi dello Stato.

Quanto alla trascrivibilità dei trasferimenti immobiliari o delle altre regola-mentazioni realizzate in sede di separazione o di divorzio su domanda con-

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384 GAZZETTA NOTARILE giunta, la giurisprudenza di merito in più occasioni ha negato la possibilità che il verbale di udienza potesse contenere accordi di natura obbligatoria o reale, escludendo che l’autorità giudiziaria possa esercitare un «potere certificativo ed attributivo della pubblica fede circa le dichiarazioni negoziali delle parti da lei raccolte» (Trib. Firenze, 7 febbario 1992, in Dir. fam. pers., 1992, p. 731), di esclusiva competenza dei notai e di determinati uffici della p.a.

L’impossibilità di trascrivere il verbale di udienza contenente l’accordo tra-slativo viene anche giustificata sulla base della natura processuale e non nego-ziale dell’atto di trasferimento, a prescindere dalla qualificazione in termini di atto pubblico. L’atto negoziale di trasferimento sarebbe di esclusiva competenza notarile e l’unico idoneo alla trascrizione (A. BRIENZA, Una questione sempre più controversa: le attribuzioni immobiliari nella separazione consensuale, in Riv. not., 1994, p. 564 ss.).

Gli orientamenti più recenti del Tribunale di Bari condividono tale posizione dottrinale, già seguita in precedenza anche da altra giurisprudenza di merito, e giungono ad escludere la ricevibilità nel verbale di separazione di accordi aventi efficacia traslativa immediata, perché al giudice non compete il potere di certifi-care ed attribuire pubblica fede alle dichiarazioni negoziali delle parti, potendo egli ricevere solo accordi ad effetti obbligatori (contra E. CAPOBIANCO, I trasfe-rimenti patrimoniali nella crisi familiare, cit., p. 388).

In tale direzione, si individua la soluzione binaria nel sistema «patri-matri-moniale», quale soluzione «incentrata sulla collaborazione tra giurisdizione e amministrazione» (R. CARAVAGLIOS, Trasferimenti immobiliari nella separa-zione consensuale tra coniugi, cit., p. 428 s.), mutuata dall’ordinamento fran-cese, e condivisa non soltanto dalla dottrina, ma anche dalla giurisprudenza di merito (Trib. Napoli, 16 aprile 1997, in Fam. dir., 1997, p. 417 ss.), in base alla quale il notaio presta la sua collaborazione in tutte le fasi dei procedimenti di separazione e di divorzio, comprese quelle antecedenti e successive.

A tale tesi si obietta che attraverso la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. si producono gli effetti di un contratto definitivo non concluso, quindi non risulta di esclusiva competenza notarile l’attribuzione di pubblica fede alle dichiara-zioni negoziali. Inoltre, le domande giudiziali dirette ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre e la sentenza ex art. 2932 c.c. costitui-scono anche titoli idonei per la trascrizione (art. 2652, comma 1, n. 2 c.c.).

In realtà, come statuito in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità, il processo verbale redatto dal cancelliere fa pubblica fede per quanto concerne le dichiarazioni dei coniugi di vivere separati, nonché per i negozi traslativi diretti di beni immobili, in virtù di un’autorizzazione all’esercizio di tale funzione ri-conosciuta dalla legge anche al cancelliere in qualità di pubblico ufficiale (arg. ex art. 2699 c.c., 57, 126, 130 c.p.c. e art. 44 disp. att. c.p.c.), malgrado la com-petenza generale spetti unicamente ai notai.

Il verbale di udienza verrà trasfuso nel decreto di omologazione, una volta superato il vaglio del presidente sulla validità delle condizioni della separa-

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CONTRIBUTI DI STUDIO 385

zione; pertanto, l’omologazione determina il momento perfezionativo della fat-tispecie a formazione progressiva e conferisce al verbale contenente l’accordo l’idoneità del titolo per la trascrizione.

Per quanto concerne il trattamento fiscale, l’art. 8, lett. f, della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 6 aprile 1986, n. 131, individua tra gli atti soggetti a registrazione a tassa fissa, «gli atti dell’autorità giudiziaria aventi ad oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e la separa-zione personale, ancorché recanti condanne al pagamento di assegni o attribu-zioni di beni patrimoniali» (T.V. RUSSO, I trasferimenti patrimoniali tra coniugi nella separazione e nel divorzio, cit., p. 223 ss.).

L’art. 19, l. 6 marzo 1987, n. 74, a seguito dell’intervento della Consulta (Corte cost., 10 maggio 1999, n. 154, in Fam. dir., 1999, p. 539 ss., con nota di R. CARAVAGLIOS, La consulta parifica definitivamente il trattamento degli atti relativi ai procedimenti di separazione e di divorzio), applicabile anche in caso di separazione personale dei coniugi, esenta dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al proce-dimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La normativa fiscale rappresenta in questa materia l’unica disciplina speci-fica, mentre da un punto di vista civilistico l’assenza di una disciplina propria va letta in chiave di ampia espressione dell’autonomia negoziale, superando quindi la ricerca affannosa di una tipizzazione contrattuale degli accordi di natura pa-trimoniale tra coniugi in sede di crisi matrimoniale.

Valeria Corriero