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Guide dell’accademia Urbense

Gavi

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Memorie dell’Accademia Urbense (nuova serie) n° 54Collana diretta da Alessandro Laguzzi

Impaginazione di Simona Vaga e Alessandro LaguzziFotolito DRP - AlessandriaSegreteria: Giacomo GastaldoLe foto originali, salvo diversa indicazione, sono dell’autore

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Guide dell’Accademia Urbense

RobeRto benso

GAVINELLA STORIA E NELL’ARTE

Provincia di Alessandria

Accademia Urbense - Ovada

2004

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1 - ORAtORIO DeI tURChInI

2 - ORAtORIO DeI BIAnChI

3 - PORtInO, AntICA PORtA DI BAGnACAVALLO

4 - PALAzzO DI CIttà

5 - SAn GIACOMO MAGGIORe

6 - ORAtORIO DeI ROSSI

7 - FORte

8 - COnVentO DI VALLe

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5GAVI

soMMaRio

pResentazione

Gavi pag. 7

La stoRia pag. 13

iL boRGo MedievaLe pag. 27

Chiesa di san GiaCoMo MaGGioRe pag. 41

daL CentRo aLLa peRifeRia pag. 53

suLLe CoLLine deL Gavi pag. 73

bibLioGRafia essenziaLe pag. 96

Con questa guida l’AccademiaUrbense di Ovada prosegue nel pro-gramma di divulgazione della realtàstorico-artistica dell’Oltregiogo,impegno che iniziato nel 1999 con lapubblicazione della Guida di Ovadaè poi proseguito con quelle diLerma, Casaleggio, Mornese,Montaldeo, S. Cristoforo, ParodiLigure, Carrosio, Bosio e Voltag-gio.

L’iniziativa ha per scopo di farconoscere ai visitatori, anzi ai “fore-sti”, che grazie alla tradizione delluogo, non sono mai stati guardaticon diffidenza, ma sempre accolticon cordialità, il patrimonio storicoe artistico di questa zona. Soprattut-to però, la guida è rivolta agli abi-tanti del luogo, - in questo caso iGaviesi - perché attraverso questepagine possano guardare con occhiodiverso le cose che ogni giornohanno a portata di mano, imparando

ad apprezzare il lascito dei loro vec-chi, requisito indispensabile perchéquesto sia difeso e conservato conamore, come da sempre ha fatto l’a-mico Carletto Bersaglio.

Da parte nostra siamo grati all’Amministrazione Provinciale che,con la sua committenza, ci ha con-sentito di pubblicare questo lavorodi Roberto Benso, agile nella forma,come si addice ad una guida, madenso di contenuti come è propriodi uno studio. All’autore che, dopoaver dato numerose ed apprezzateprove del suo valore di studioso suipaesi circonvicini, anche in questocaso, si rivela un attento ed appas-sionato conoscitore del patrimonioartistico dell’ importante centrodella Valle del Lemme, va il più sen-tito grazie del nostro sodalizio.

Alla pubblicazione che abbiamofra le mani l’augurio di essere laprima di una lunga serie di riedizioni.

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Ubicato nella media valle delLemme, sulla destra orograficadel torrente, lungo la statale dellaBocchetta. Altitudine media 233m; superficie del territorio comu-nale 51,69 kmq; provincia di Ales-sandria. Il comune include le fra-zioni di Àlice, Monterotondo, Pra-tolungo, Rovereto, Sottovalle,nonché minori nuclei quali Neb-bioli, Sermoria, Zerbetta e nume-rosi cascinali e case sparse. Nelcapoluogo e nelle cinque frazionisono istituite parrocchie chedipendono dall’Archidiocesi diGenova. Popolazione del comune,4.515 abitanti (1999). Distanze

chilometriche: da Genova 55 kmca.; da Alessandria 35 km ca.; daMilano 100 km ca.; da Torino 120km ca. Casello autostradale,Vignole Borbera; stazione ferro-viaria, Arquata Scrivia.

uno sGuaRdo veLoCe

La strada provinciale 160 cheraggiunge da sud il territorio diGavi, incide il terrazzamento sullasponda occidentale del Lemmesino al ponte che segna la con-fluenza con il rio Ardana. Dopo ilponte, l’itinerario prosegue sulladestra orografica del torrente.

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Gavi

Nella pag. a lato, veduta aerea diGavi;sopra, case medievali lungo il

Lemme in un disegno di Pasqua-le Domenico Cambiaso (metà delXIX secolo)

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Superata la galleria - aperta nel1998 - che, a levante, conduce allastrada per Serravalle e, subitodopo, la minore diramazione cheattraversa il quartiere della Madda-lena, il percorso si sviluppa lungoun breve tratto pianeggiante, lasciaa sinistra il guado per Bosio e Paro-di, sale alla Via Voltaggio ed entranell’abitato.

La città sorge sullo scoglio delLemme, all’ombra della formidabi-le rocca che da secoli guarda lavalle. Il vecchio centro storico èscompartito in rioni, che partecipa-vano con propri delegati al governo

della Comunità. Il suo sistemaurbanistico ‹‹a fuso›› si delinealungo un percorso centrale affian-cato a nord dalla contrada di Mon-serito e a sud ovest da quella diBorgonuovo. Le contrade sonodefinite da reticoli viari che, attra-verso i quartieri di Mezzo superio-re e inferiore, raggiungevano leantiche porte, già esistenti intornoal 1260. Le porte erano coronate datorri, e segnavano le sole aperturedella compatta cerchia di mura,che, nelle raffigurazioni del XVIIsecolo, si sviluppava dai baluardidi Monte Moro. A oriente scendeva

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alla porta del Pedaggio o di Geno-va; si collegava alle case fortificatesul versante sud lungo lo scogliodel Lemme; proseguiva sino allaporta di Borgonuovo o di Parodi erisaliva alla porta di Bagnacavallo,unica sopravvissuta. Dalla porta diBagnacavallo, indicata nella topo-nomastica locale come Portino, lemura raggiungevano, in prossimitàdell’attuale Piazza Marconi, laporta della Chiappa o di novi,denominata, fino al XVII secolo,porta di Capriata. Da quest’ultimovarco la recinzione chiudeva l’abi-tato ricongiungendosi ai bastionioccidentali del castello. Alla roccasi accedeva percorrendo una mulat-tiera fortemente acclive, che inizia-va a margine della contrada diMonserito.

La linea delle mura, in alcuni

tratti ancora sufficientemente leg-gibile, fornisce un’immagineaustera, ferrigna, medievale, del-l’aggregato urbano. Ma nelle strut-ture edilizie che trapelano sotto l’a-bito moderno, Gavi conserva lecaratteristiche della città ricca edominante, che fu capitale dell’Ol-tregiogo prima dell’espansione deldominio della Repubblica sino anovi. nelle contrade maggiori, ipalazzi aristocratici a facciatadipinta secondo il costume genove-se, le logge murate ma percepibili,i portali a bugnato e a punta di dia-mante ornati dall’immancabilemonogramma o dall’effigie dellaMadonna, restituiscono la memoriaserena ed assorta di un borgo rina-scimentale. Il contesto urbano nonmanca peraltro di tracce visibilidella campagna che si raccoglie in

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Nella pag. a lato, la murata meri-dionale degli edifici lungo la rivadel Lemme;in basso, un tratto della recinzio-ne muraria sul versante occiden-

tale del nucleo urbano.Alla pag. seguente, la duecente-sca Porta di Borgonuovo, in undisegno di Pasquale DomenicoCambiaso (1848)

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città e ne continua la vita, neglispazi chiusi dei grandi cortili inter-ni, nelle cantine, nei fondaci.

Da Gavi si diramano numerosestrade, che hanno contribuito a faredell’insediamento il più importante

centro demogra-fico ed econo-mico della valle.nelle zonep e r i u r b a n e ,soprattutto nelquartiere dellaMaddalena, piùprossimo al cen-tro cittadino, maanche oltre ilponte di Borgo-nuovo e nell’a-rea che da Vallegiunge al sob-borgo delle Fab-

briche, l’intensa urbanizzazione haprogressivamente ridotto gli spaziagricoli, mentre i superstiti edificirurali hanno spesso mutato destina-zione d’uso. Al contrario, l’ampiosegmento di territorio che si adagiasulla bassa e media collina, si con-nota di caratteri arcaici sia nellearee rurali, sia nei piccoli nucleicontadini dispersi all’ombra dellepievi e dei cenobi. Il silenzio deiboschi che incoronano Sottovalle,la Mesma e la Lomellina; gli eremirustici dei casolari disseminati amezza costa lungo il colle dellaGuardia; le superstiti aree a ceduodi Monterotondo e di Pratolungo,segnano la traccia visibile di unambiente umanizzato e insiemeconservativo, dove alcuni toponi-mi, ancora di uso comune, traman-dano la memoria dell’originaria

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facies naturale (zerbe e zerbette,Ronchetti, Rovereto).

Si tratta comunque di un’areafortemente antropizzata, che pre-senta le peculiari colture della valledel Lemme (prodotti ortofrutticoli,cereali, patate, mais e, introdotti direcente, i girasoli), ma è caratteriz-zata principalmente dai vigneti,ampiamente diffusi sui colli colti-vati a cavalcapoggio e, nelle aree dipiù accentuata pendenza, a rittochi-no. Vigneti di opulenza imponentee di geometria suggestiva tra fatto-rie e cascinali che affondano neisecoli le loro origini, oggi indiriz-zati pressoché esclusivamente allaproduzione del ‹‹Gavi›› che, conl’introduzione di sofisticate attrez-

zature enologiche, la meccanizza-zione completa delle operazioni divinificazione, la capillare organiz-zazione commerciale, si segnalacome la più significativa attivitàeconomica del territorio.

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A lato, grappolo di «Cortese diGavi»;in basso, i vitigni del «Gavi».Alla pag. precedente, in basso,bottiglia del rinomato prodotto

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Le oRiGini

Un’ascia neolitica in ossidiananera assegnabile al terzo millennioa. C., e le tracce di pali di fondazio-ne di strutture lignee, emersecasualmente a seguito di lavori edi-lizi presso il campo sporti-vo, forniscono i più anti-chi riscontri archeologicisulla presenza di unafacies arcaica a marginedell’acrocoro che si elevasul greto del Lemme, dovesorgerà in seguito l’inse-diamento urbano di Gavi.Dopo queste prime testi-monianze documentate,l’architetto Riccardo Ber -gaglio rileva, per le epo-che storiche, l’isorienta-mento della maggior partedei tessuti fondiari dellearee prossime alla città,che si ripetono con costan-za modulare e di misurapari a sottomultipli dellacenturia. Un reticolo che,in funzione della legge diinerzia del paesaggio agrario, sug-gerisce l’ipotesi di un collegamentocon il frazionamento d’epoca roma-na della Frascheta novese e tortone-se. Ipotesi integrata dalla constata-zione che dall’impianto itinerario

del vecchio borgo (in particolarenella zona inclusa tra Piazza Dante,Via Mameli e Via Mazzini), sembraemergere l’impronta di un sistemastrutturale preordinato e pianifica-to.

Un riferimento all’epoca ro -mana viene suggeritoanche per l’origine deltoponimo ‹‹Ga vi››, con laproblematica congetturad’una derivazione dalnome personale Gavius,molto diffuso nell’antro-ponimia latina. Altre ipote-si fanno invece riferimentoalla voce gava, che inalcuni dialetti dell’Italiasettentrionale ha il signifi-cato di valle torrentiziaprofonda; o ancora alvocabolo germanico gawiinteso come villaggio,contrada. Quest’ultimacongettura si collega allapresenza di relitti di topo-nomastica ‹‹barbarica››testimoniati nella media

valle del Lemme, quali erbano(Haribann) a Carrosio; Scolca eFara, nei pressi di tassarolo, e, traGavi e San Cristoforo, Sgambararae Gambarena (dal germanicogamahal, membro di una consorte-

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La stoRia

A lato, l’antica Porta di Bagna-cavallo, detta “il Portino”;In alto , asce neolitiche risalenti

III millenio a.C.; alla pag.seguente, in alto, il più anticodocumento in cui è citata Gavi

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ria), ritenuti indizi di possibili stan-ziamenti longobardi nel territorio.Così come labili indizi delle scor-rerie saracene nel X secolo potreb-bero essere forniti dall’oronimoMonte Moro e dalla leggenda dipresenze diaboliche alla pieve diSanta Maria in Lemoris. né mancauna presunta prova archeologica diqueste scorrerie, recuperata da

Cornelio Desimoni su un’anticacronaca, nella quale si riferiscedella scoperta, a Pratolungo, di unsepolcro in embrici contenente duescheletri di armati, che la tradizio-ne attribuiva a Saraceni cadutinegli scontri con le popolazionidella zona.

Gavi MaRChionaLe

Il primo riferimento a Gavi,contenuto in un documento d’ar-chivio del 972, menziona il sitocome locus, ovvero un ambitorurale con un primitivo nucleo dipopolazione agricola. nel 1006alcune terre dell’area gaviese risul-tano in possesso del vescovo diGenova, e altri fondi rurali vengo-no donati nel 1033 dal marchese

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Nella pag. a lato, veduta del cen-tro di Gavi e della sua fortezza.In basso, stemmi di antiche fami-glie gaviesi (sec. XIII-XIV).

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Adalberto II, capostipite degliAdalbertini di Gavi, Parodi eMassa, al monastero di SantaMaria di Castiglione Parmense.Ancora come locus la località èindicata in un documento del 1172che formalizza i patti stipulati nellachiesa di San Giacomo tra il comu-ne di Alessandria e i marchesi diGavi. Ma in questo caso il locus sicompone di un castrum, residenzadei feudatari, e di un burgus, dovegli abitanti, i burgenses, si stannoorganizzando in Comune, cometestimonia una fonte del 1197, incui compare l’esplicita notazione‹‹salva pactione Marchionum deGavio et Communis de Gavio››.

I Signori di Gavi, vassalli in ori-gine dei vescovi-conti di tortona,

si ritengono generalmente di stirpeobertenga, ma nel documento del1172 il marchese Alberto dichiaradi professare la legge salica, men-tre gli obertenghi professavano lalegge longobarda. I loro possedi-menti, all’inizio del XII secolo,includevano l’alta e media valle delLemme, con appendici nelle valliScrivia, Staffora e Borbera. Il ver-sante orientale era controllato dauna serie di castelli, tutti scompar-si, di cui restano tracce documenta-li e, in qualche caso, toponomasti-che: tassara lungo la via di Monte-rotondo; Montecucco sull’alturadella Crenna; Gatorba, Giugnano eMontecapraro sul confine di Serra-valle; Monte Reale presso Ronco;Aimero e Montaldo, sulla displu-

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viale Lemme-Scrivia.Malgrado un dominio

non molto esteso, i Signoridi Gavi, unitamente ai mar-chesi di Parodi loro consor-ti, bloccavano sui valichidell’Appennino gli itinerariche univano i grandi centridell’interno all’approdogenovese. Ma il comune diGenova, al quale eranonecessarie vie sicure a sal-vaguardia del proprio com-mercio, mal tollerava l’in-gombro dei pedaggi impostidai feudatari e, meno anco-ra, le insidie e le angheriedella declinante nobiltà delcontado. In effetti, in otticagenovese, il problema diGavi si inserisce nella piùampia strategia di consoli-damento dell’hinterland diterraferma, che non potràessere rafforzato e ampliato

a nord, se non con la defi-nitiva obliterazione dellasignoria marchionale,come puntualmente si veri-fica tra i primi decenni delXII secolo e gli inizi delXIII.

nella lotta senza treguatra gli antichi feudatari e ilcomune marittimo, ladisperata resistenza oppo-sta dai marchesi, che non

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A lato, porta d’accesso alcastello;in basso, Chiesa di SanGiacomo Maggiore, fac-ciata (1165)

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possedevano strumenti militariadeguati alla potenza della Super-ba, si protrae per circa ottant’anni.nella prima fase, tra il 1121 e il1141, Genova acquisisce con learmi, con i negoziati, con il denaro,Fiacone, Voltaggio, Montaldo eAimero. tra la Repubblica e i mar-chesi si instaura un singolare rap-porto, che alterna trattative diplo-matiche, fasi di contrasto armato e,in qualche caso, precarie alleanze.Ma Genova ha intenti ben precisi, esoltanto il rapporto privilegiato deifeudatari con Federico I (la mogliedell’imperatore Beatrice e il figlioenrico furono forse ospiti delcastello nel 1177), costituisce undeterrente alle mire espansionisti-che della Superba.

Genova infatti riprende l’avan-zata a settentrione soltanto dopo lamorte del Barbarossa, e nel 1191

ottiene dall’imperatore enrico VI,nomine feudi, il castello di Gavi.tra il 1197 e il 1198 il marcheseGuido tenta di recuperare il fortili-zio con le armi. Sconfitto, si rifugianel castello di tassara, espugnato edistrutto dai genovesi. tuttavia lalunga lotta, attraverso una continuaalternanza di scontri armati e ditrattative diplomatiche, nelle qualinessuna della parti è sinceramentedisposta ad osservare la pace e letregue giurate, si conclude soltantoil 25 settembre del 1202, con laconvenzione in cui i marchesiAlberto, Rainero e Guglielmo con-cedono a Genova i loro ultimidomini territoriali.

I marchesi giurano la Compa-gna e si impegnano ad abitare aGenova, ma conservano una por-zione degli originari diritti dipedaggio. Meno di due anni dopo

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(12 aprile 1204) anche gli uominidi Gavi prestano giuramento difedeltà alla Repubblica. I feudatariescono definitivamente di scenanel 1211, dopo un ultimo tentativodel marchese Alberto di rioccupareil castello con le armi. Sconfitto ecatturato, viene condannato a diecianni di carcere e a pene pecuniarie.

podesteRia deLLa RepubbLiCa

Con infRaMMettenze LoMbaRde

Con l’obliterazione del poteremarchionale, Gavi diventa la capi-tale dell’Oltregiogo genovese, etale resterà per molti secoli. Ilcastellano di Gavi sovraintendeanche sulle castellanie di Ovada edi novi. Quest’ultima localitàassume preminenza istituzionalesoltanto nel 1606, con la creazione

del Capitaneato, a cui vienedemandata l’autorità amministrati-va e giurisdizionale sull’area. Gaviconserva peraltro fondamentalerilevanza strategica, per la presen-za di un fortilizio sostanzialmenteinespugnabile, e rimane il centroreligioso più importante del territo-rio, che, originariamente inclusonella diocesi di tortona, sarà tra-sferito alla diocesi di Genova nel1248.

Dopo il passaggio dai marchesial comune di Genova, gli accadi-menti politici e militari di Gavirispecchiano le vicende della cittàegemone, che si intersecano e sisovrappongono agli eventi di carat-tere locale. I castellani designatidalla Repubblica appartengono afamiglie nobili e consortili delcapoluogo o delle Riviere; devono

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Alla pag. precedente, particolaredel fronte meridionale del Fortecon rampa d’accesso; sono visibi-li tracce dell’apparato lapideomedievale

In basso la contrada di Borgo-nuovo.Alla pag. seguente Gavi nel Sei-cento in una Topografia dell’Ar-chivio di Stato di Genova

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risiedere nella fortezza; vengonoavvicendati annualmente e svolgo-no funzioni militari, civili e giudi-ziarie. Queste ultime saranno inseguito attribuite al podestà geno-vese, menzionato per la primavolta nel 1225.

Ma la comunità di Gavi, nellagestione dell’ordinamento interno,conserva una sfera di autonomiasancita dagli antichi Statuti, enomina, per l’amministrazionedegli affari locali, propri rappre-sentanti. I rappresentanti, designatidalle assemblee plenarie convocatenella chiesa parrocchiale, sono trat-ti in parte dai residenti nelle quattrocontrade e in parte dall’aristocra-zia. In questi primi organismi delpotere locale confluivano quindiesponenti della minore nobiltà feu-dale, possessori agiati, mercanti,notai, che spesso dividevano il loroimpegno fra il borgo d’origine e leattività economiche, politiche e

culturali della Superba. e ricordia-mo, tra gli altri, Fra’ Ottone diGavi, precettore dei CavalieriGerosolimitani di Marsiglia nel1248; enrico di Gavi, continuatoredegli Annali di Caffaro dal 1264 al1265; Andrea Benegassi, diploma-tico, ambasciatore della Repubbli-ca di Genova presso il ducato diSavoia e il regno d’Aragona; Leo-nardo Montaldo, doge di Genova,di antica famiglia gaviese, discen-dente dai consignori del castelloomonimo. Alla fine del XIII seco-lo, è anche testimoniata la presenzadi due mercanti del borgo nellecolonie genovesi della tauride:Oberto di Gavi a trebisonda eGiorgio di Gavi a Caffa.

tra XIV e XV secolo Gavi ècoinvolto nelle turbolenze e neicontrasti che oppongono le dinastieegemoni della Repubblica, e checonducono all’intervento di poten-ze esterne. nel dominio della loca-

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lità si susseguono e si alternano isignori di Milano e il re di Francia;Facino Cane e i Fregoso, stirpedogale genovese a cui peraltro ilborgo viene concesso, a titolo feu-dale, dai duchi di Milano. nel1478, probabilmente per acquistoda Antoniotto Fregoso, subentranel possesso del paese AntonioGuasco patrizio alessandrino, e iGuasco ne conserveranno, noncontinuativamente, la sovranità,per circa mezzo secolo. nel 1528cedono infatti le loro prerogativealla Repubblica di Genova per uncorrispettivo di ‹‹mille luoghi››(quote del Banco di San Giorgio).L’atto che formalizza la transazio-ne specifica, tra l’altro, che la loca-lità di Bisio è inclusa nel territorio

di Gavi.

Gavi Genovese

Da questo momento, Gaviriprende uno stretto rapporto con laDominante, e ne seguirà le sorti.nodo viario fondamentale per itraffici terrestri, assicura a Genovail controllo degli itinerari che sidiramano in Piemonte e in Lom-bardia. Il percorso della Crenna,che raggiunge Serravalle e lo Statodi Milano, ormai soggetto al domi-nio spagnolo; la via per Montero-tondo e novi, tortuosa e difficile,che verrà più tardi abbandonatacon l’apertura della strada dellaMolarola; infine la via che perCapriata tende ad Alessandria,anch’essa dominata dalla Spagna.

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In basso, 1648, G. B. Massarotti,Carta dei Confini fra il territoriodi Gavi e quello di Serravalle,(particolare rappresentante ilForte)

Nella pag. a lato, Gavi nel Sette-cento, nell’Atlante Ligustico diFrancesco Maria Accinelli

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La preminenza itineraria e quindicommerciale trova ulteriore con-forto in quella militare. nell’ambi-to del territorio genovese, Gavioffre, con la sua fortezza che sovra-sta la valle, la struttura difensiva dipiù alta affidabilità (con la solaeccezione forse del Priamar diSavona). Il forte di Gavi non fuespugnato dalle truppe del duca diSavoia durante l’invasione del1625, né dagli Austro-Piemontesinel 1745, e resterà l’unica fortifica-zione non occupata dagli Imperialidopo la battaglia di novi del 15agosto 1799.

Lo sviluppo di Gavi ‹‹genove-se›› è leggibile anche nell’evoluzio-ne delle strutture urbane, rinnovate,ampliate o ricostruite sulle origina-rie architetture medievali. edificiche ripetono, in misura più sobriama non meno ammirabile, le carat-

teristiche del palazzo cittadino; ric-chi di quello splendore riservato esegreto che esprime ancor oggi unapeculiare caratteristica del centrourbano. Qui sostarono il ponteficeInnocenzo IV nel 1251; il re diFrancia Francesco I ospite nel 1520della famiglia Scribanis, e l’impera-tore Carlo V, che soggiornò in casaBorlasca nel 1529.

nella seconda metà del XVIsecolo, alla podesteria di Gavi face-vano capo le ‹‹ville››, cioè i piccoliinsediamenti rurali, di Pratolungo,Sottovalle, Rigoroso e Monteroton-do. Già esistevano, o iniziavano asorgere, enti assistenziali e caritate-voli: una Mansione dei CavalieriGerosolimitani con funzioni ospita-liere e, amministrati dalle confrater-nite, il Monte del grano, che antici-pava le sementi ai contadini poveri;l’Ospedale; il Monte dei pegni, che

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concedeva prestiti ai diseredatisenza percepire interesse. Il creditofeneratizio era invece gestito da trefratelli israeliti - Angelo, Lazzaro eAnselmo nantua - ‹‹con molta sod-disfazione della terra e massimedei poveri››, come precisa una rela-zione del podestà locale. tra glistranieri abitanti a Gavi è anchericordato il ‹‹mastro da muroDomenico armeno››, i cui discen-denti sono ancora testimoniati allafine del XVIII secolo. In un censi-mento del 1798 risulta infatti resi-dente in Borgonuovo Giulio Arme-no, e dal patronimico emerge pale-semente che la terra di origine eraormai diventata il cognome dellafamiglia.

Le vicende interne, negli ultimisecoli di presenza genovese, pre-valgono decisamente nella storiadella città, ove si escludano glieventi militari collegati all’invasio-ne sabauda del 1625 e all’occupa-zione austriaca del 1747. nel 1623Gavi conta ‹‹fuochi 570 anime2464››. Fra il 1610 e il 1702 ilponte di Borgonuovo viene dan-neggiato quattro volte dalle pienedel Lemme, ed altrettante voltericostruito. Lavori pubblici straor-dinari sono testimoniati fra il 1612e il 1730, con, fra le altre, massicceopere di manutenzione alla stradaper Serravalle; alla ‹‹strada romeanominata La Valegia›› e alla

‹‹Mansione di San Lazzaro›› deicavalieri gerosolimitani.

A queste iniziative, gestite inambito locale, si aggiunge laristrutturazione della fortezza deli-berata dal governo della Repubbli-ca e realizzata nel 1628 da fra’ Vin-cenzo Maculano da Fiorenzuola, ilquale si avvalse della collaborazio-ne di Bartolomeo Bianco e Seba-stiano Ponsello. nel rifacimentovennero parzialmente conservatealcune strutture originarie, fra lequali due torri quadrangolari forseesistenti già nel XII secolo, e unaterza, tondeggiante, presumibil-mente posteriore.

Sul declinare del XVIII secolo(1781), per ragioni di sicurezza,lungo la strada tra Gavi e noviviene stanziato un distaccamentomilitare al ‹‹pozzo de’ Fontanari››.Ma più urgenti problemi incombo-no. Con i successi militari dell’ar-mata di napoleone, già dal 1796 ilterritorio è percorso da Austriaci,tedeschi, Russi, Francesi, con tuttoun susseguirsi di scontri, saccheg-gi, reazioni popolari, recrudescen-ze di brigantaggio. L’anno succes-sivo, allorché nasce la RepubblicaLigure, i delegati di Gavi portanola loro adesione al governo rivolu-zionario.

Con il nuovo ordinamento lacittà, che conta 4.464 abitanti,diventa capoluogo di Cantone, a

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Nella pag. a lato, Gavi nell’Otto-cento nella raffigurazione di unanonimo paesaggista

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cui fanno capo le minori ‹‹ville›› diRigoroso e Pratolungo, e ha un pro-prio rappresentante nel Senatodella Repubblica Ligure: l’avvoca-to Francesco Gaetano Olivieri. Aseguito del decreto di soppressionedelle congregazioni religiose, ilconvento di Valle passa al demaniopubblico, e tornerà ai francescanisoltanto dopo la restaurazione. Ilconvento del Carmine viene ven-duto ai privati.

L’annessione aL pieMonte

nel 1805 Gavi è aggregatoall’impero francese. nel 1815,dopo la caduta di napoleone, èassegnato con la Repubblica Ligu-re al Piemonte sabaudo, per deci-sione del Congresso di Vienna. Lacittà viene in seguito inclusa nel-l’effimera provincia di novi nel-l’ambito della divisione di Genova

sino al 1859, allorché entra a farparte della provincia di Alessan-dria.

Dalla seconda metà del XIXsecolo, vari progetti per la costru-zione d’una linea ferroviaria Geno-va - Gavi - novi con stazione pre-vista tra il Pedaggio e la Bettola; o,più modestamente, d’una tramviaelettrica Gavi - novi, restano sullacarta. Una notiziola del 1889 ciinforma che le piazze principalidella città si denominavano: dellaChiesa, del Peso Pubblico, nuova,e le vie più importanti Maestra, delCarmine, dell’Ospedale, dellaMagione, di Borgo nuovo, di Stra-mazzone, delle Cricche, di Monse-rito, del Forte, del Pedaggio.

All’epoca Gavi conta, con lefrazioni, 6.838 abitanti. nel capo-luogo vi sono la Pretura, l’Ospeda-le, il teatro, l’Asilo Infantile, le

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Scuole elementari e sette Operepie. Fra le attività professionali, 3avvocati-notai, 3 medici, 2 ufficitecnici, 1 levatrice. Il terziario èrappresentato da 2 Banche, 2 Com-pagnie di Assicurazione e un’im-presa di trasporti; l’industria da unafabbrica di fiammiferi e da una dimaglierie. Le attività artigianalisommano 5 sartorie, 5 fabbri ferrai,4 calzolerie, 3 falegnami, 3 parruc-chieri, 2 confettieri, 1 orologiaio, 1cappellaio. Vi erano inoltre 2 far-macie e numerose attività commer-ciali: 11 tra forni e commestibili, 8bar - osterie, 6 tra alberghi ristoran-ti e trattorie, 6 mercerie, 3 macelle-rie, 2 privative.

nel 1909 a Gavi si pubblica unsettimanale, L’Ascaro, dove trova-no ampio spazio i contrasti tra ilmarchese emilio Spinola di SanLuca, proprietario dell’aziendavinicola la Giustiniana nonché sin-daco della città, e il conte CarloRaggio, proprietario della villaLomellina. nei primi anni Venti delnovecento (5.930 abitanti), a Gavisono presenti alcune attività indu-striali, soprattutto nel compartotessile, ma nel territorio inizia adassumere importanza, ad un livellonon soltanto artigianale, la produ-zione del ‹‹Cortese››.

Il vitigno era stato introdotto,intorno al 1870, dal marcheseCambiaso nelle tenute Centuriona

e toledana, ben presto imitato daaltri proprietari terrieri della zona.Ai primi del novecento l’arearisultava intensamente dedicataalla nuova coltivazione, anche se letradizionali uve nere, Dolcetto eBarbera, conservavano una notevo-le importanza. La prima iniziativadi commercializzazione all’esterodel Cortese è legata al nome diGiacomo traverso detto il Moro,sindaco di Gavi nel 1896, anno del-l’edizione degli Annali di CornelioDesimoni. Dal 1924, i vini ottenutida uve Cortese vengono definiti‹‹bianchi tipo Gavi››, e nel secondodopoguerra si costituisce la Coope-rativa Cantina Produttori del Gavi.

Ma il vero salto di qualità, dalpunto di vista tecnico e commer-ciale, si è avuto a partire dalla metàdegli anni Settanta, a seguito del

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In basso, particolare del Monu-mento ai caduti della PrimaGuerra Mondiale di G.B. Bassa-no (1920)

Nella pag. a lato, Gavi e il suoForte alla fine dell’Ottocento inuna foto della Soprintendenza.

In basso, lo stemma della città

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riconoscimento, con la DOC e ilconseguente disciplinare di produ-zione, delle particolarità distintivedel Cortese. L’area di coltivazionesanzionata dal disciplinare com-prende totalmente i comuni diGavi, Bosio, Parodi Ligure, SanCristoforo, Carrosio; e, parzial-mente, i comuni di tassarolo(75%), Francavilla Bisio (40%),Pasturana (20%), Serravalle Scri-via (15%), novi Ligure (10%),Capriata d’Orba (10%), per untotale di circa 160 kmq.

L’esigenza di acquisire nuovenicchie di mercato trova riscontro,in anni recenti, nella quota sempremaggiore del Gavi destinato allaspumantizzazione. Attualmente,quasi una quarta parte del vinoviene esportato; circa la metà negliStati Uniti; il resto nei paesi europei,prevalentemente in Germania,

Inghilterra, Svizzera, Belgio. La dif-fusa notorietà del prodotto introdu-ce un effetto sinergico tra ‹‹ilGavi››, inteso come vino, e Gavi,inteso come il centro più importantedella valle del Lemme, storicamen-te meta di flussi turistici dalle zonelimitrofe, soprattutto dal genovesa-to, in conformità a una tradizioneche permane, nel mutare dellevicende amministrative.

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via CavaLieRi di vittoRio

veneto e QuaRtieRe

deLLa MaddaLena

La visita a Gavi inizia, da sud,dove la strada si divide in due seg-menti: Via Voltaggio, che segue ilcorso del Lemme, e Via Cavalieridi Vittorio Veneto, che attraversa ilquartiere della Maddalena. Lalocalità prende nome dalla ‹‹chie-setta della Beata Maddalena››, cheesisteva prima del 1641 ed è anco-ra evidenziata su una mappa Vin-zoniana del 1785.

Via Cavalieri di Vittorio Venetosi estende lungo un declivio colli-nare, oggi fittamente urbanizzato,ma a vocazione agricola sino aglianni Sessanta del novecento. L’iti-nerario ricalca l’antica ‹‹Stradapubblica chiamata delPedaggio››, che iniziava ‹‹invicinanza dell’osteria dellaMaddalena››, come precisaun documento del 1780.

L’osteria era situata allabiforcazione con la stradadel Lemme, dove un edificiorurale conserva tracce delleoriginarie strutture secente-sche. Un’altra osteria èricordata nel 1761 alle Bet-tole, lungo il segmento fina-

le del percorso, che raggiungeva laCrosa del Pedaggio di Porta Geno-va, a margine dell’abitato. In que-st’area esisteva, nel 1454, una chie-setta dedicata a San nicolò.

A metà circa di Via Cavalieri diVittorio Veneto, sulla destra, è ubi-cata la sede della Cantina SocialeProduttori del Gavi, al limite di unbreve tratto di strada dedicato aPietro nattino (Gavi 1867 - 1941).esploratore, Ufficiale dei Bersa-glieri, Pietro nattino venne feritoin combattimento ad Adua nel1896 e decorato di medaglia d’ar-gento al V.M.

Poco più avanti, prospetta suVia Cavalieri di Vittorio Veneto ilcivico n. 9, dove il Maestro AngeloFrancesco Lavagnino visse neglianni della seconda guerra mondia-

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iL boRGo MedievaLe

Nella pag. accanto, il Forte e lecase lungo il Lemme visti dal gretodel torrente (foto di Andrea Repet-

Sopra, scorcio di Via Cavalieri diVittorio Veneto

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le, e in cui continuò a torna-re durante le vacanze estive,perché, come lui stessoebbe occasione di scrivere,‹‹dopo gli inverni romani,a Gavi [si sentiva] in para-diso››. nel frontale dellacostruzione sono collocatireperti archeologici medievali ealcuni proiettili da bombarda utiliz-zati dalle artiglierie della fortezza.Al termine del percorso, l’incrociotra Via Cavalieri di Vittorio Veneto,Via Roma e Viale della Rimem-branza è segnato da un piccolosacrario.

iL MOLINO SUPeRIORe

e La MeMoRia stoRiCa deL

MonasteRo

di sant’eusebio

Riprendendo l’itinerario lungoVia Voltaggio, si lascia sulla sini-stra, in prossimità del guado perBosio, l’edificio del mulino dellaMaddalena, che da tempo ha muta-to destinazione d’uso. L’opificio,già ricordato nel 1421 come‹‹Molino superiore presso la chie-

sa di S. eusebio››, era alimentatodall’acqua del Lemme tramite unaroggia che correva a margine dellaprovinciale; roggia interrata neiprimi anni Sessanta del novecentoa seguito dell’ampliamento dellasede stradale.

Il riferimento a Sant’eusebionella fonte quattrocentesca, è unatra le numerose testimonianze d’ar-chivio relative al monastero omo-nimo, che sorgeva solitario nell’a-rea occidentale della Maddalena.Sant’eusebio è ricordato tra il 1127e il 1462 come dipendente dall’Ab-bazia Benedettina di Santa Mariadi Castiglione Parmense, ma dal1433 risulta officiato dai Carmeli-tani. nel 1200 i delegati di Genovae tortona vi sottoscrissero un trat-tato fra i due Comuni. nel 1464,per ragioni di sicurezza e di mag-giore comodità dei fedeli, i monacichiedono al pontefice Paolo II dipoter costruire un nuovo conventocon chiesa annessa entro le mura diGavi, in un’area donata da tomma-so Borlasca nel quartiere di Mezzosuperiore. nel 1530 il vecchio

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A lato, la casa dove visseil Maestro Angelo Fran-cesco Lavagnino

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monastero viene abbandonato eprogressivamente scompare: nel1641 è definito oratorio campestre;nel 1818 un accumulo di pietramene segna le rovine.

nella zona in cui sorgeva San-t’eusebio fu edificata una fornace,già ricordata nel 1454 (‹‹una terrasita alla Bettola o Fornacinuove››) e ancora esistente nel1914. Il monastero possedevaanche l’intera area della Maddale-na, passata ai Lomellini nel XVIIIsecolo e in seguito lottizzata eceduta in enfiteusi a famigliegaviesi. Alla fine dell’Ottocento,durante l’aratura dei campi, furonorinvenuti nella località ‹‹i resti diun magnifico sepolcro››, che Cor-nelio Desimoni riferisce, ipotetica-mente, all’arca funeraria di Spinet-

ta Fregoso, morto a Gavi nel 1470e sepolto forse nel monastero. Del-l’istituzione resta oggi una labiletraccia toponomastica nella titola-zione di Via Sant’eusebio, cioè deltratto di strada che da Via Cavalie-ri di Vittorio Veneto si immette inVia Voltaggio all’altezza del guadoper Bosio.

da via voLtaGGio

a piazza dante

Via Voltaggio, che costituiscel’itinerario consueto per chi rag-giunge Gavi da sud, proseguelungo un tratto pianeggiante erasenta, sulla sinistra, il camposportivo, dedicato a Franco Pede-monte, giovane atleta gaviese, par-tigiano, fucilato a Voltaggio nell’a-prile del 1944. Di fronte al camposportivo, sull’altro lato della strada,

sorge unc e n t r oartigia-nale, giàsede, tragli anniVenti eSessantad e ln o v e -c e n t o ,del cal-z i f i c i oMoras -so. Di

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Nella pag. a lato, in basso, lalocalità in cui sorgeva il Mona-stero di Sant’eusebio

In basso, scorcio di Piazza Dante

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qui la strada, dopo un breve trattoin salita, raggiunge Piazza Dante,tradizionalmente denominata Piaz-za nuova.

La piazza, adibita a parcheggioe racchiusa in un’area totalmenteurbanizzata verso cui si è spostatoil centro commerciale, ha costitui-to, sino ai primi decenni del nove-cento, un’appendice periurbanadella città. Sull’ampia area delimi-tata da ippocastani si affacciavanosoltanto un’antica fornace a est, nelsito oggi occupato da un anonimocondominio, e le scuole elementaria ovest. L’edificio che ospita lescuole, porticato sul frontale, èdedicato a Leopoldo e GaetanoRomano, illustri cittadini gaviesiche ne finanziarono la costruzionenella seconda metà del XIX secolo.I busti marmorei dei fratelli Roma-no, collocati nell’androne d’ingres-so del fabbricato, sono opera di

Luigi Montecucco (Gavi 1805 -1877), allievo di Bartolomeo Car-rea, che realizzò soprattutto statuelignee a soggetto religioso. Siricordano, tra le altre, la Madonnadel Rosario, eseguita nel 1854 perla chiesa di San Giacomo; iltransi to di San Giuseppe della par-rocchiale di Rossiglione; l’Assuntanell’oratorio di Rocca Grimalda, ela monolitica cassa processionaledel Battesimo di Cristo, commis-sionata dalla confraternita deiRossi di Serravalle.

Sulla murata meridionale dellescuole, che si affaccia sulla conti-gua Piazza Roma, è collocato ilmonumento ai Caduti della primaguerra mondiale, opera di Giovan-ni Battista Bassano (Gavi 1874 -Pieve Ligure 1951). L’opera, ese-guita nel 1920 (vedi pag. 24), costi-tuisce un riferimento paradigmati-co all’arte dello scultore gaviese,

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caratterizzata da una precoce ade-sione al simbolismo e da una ten-denza linearista di matrice liberty.Giovanni Battista Bassano vennenominato Accademico di meritodella Ligustica nel 1932. Fra i suoilavori più significativi si ricordanole decorazioni a bassorilievo ese-guite nel salone consigliare delComune di Genova, e i complessifunerari realizzati a Staglieno e allaCastagna di Sampierdarena.

tra Piazza Dante e PiazzaRoma si dipartono, verso occiden-te, quattro percorsi che immettononel centro storico. In alto, a margi-ne della collina dominata dal Forte,la Via di Circonvallazione (cheancora alla fine del XVIII secolonon figura nella topografia cittadi-na) e la Via Monserito; in posizio-ne centrale Via Garibaldi e a sudVia Mameli, che racchiudono ilnucleo urbano di maggiore interes-se.

via GaRibaLdi

È la vecchia Contrada del Car-mine, incuneata nel quartiere diMezzo superiore, e oggi unico‹‹sfogo›› per la circolazione auto-mobilistica di attraversamento delcentro storico in direzione ovest.Stradina angusta fra compattemurate di case e vicoli altrettantoangusti: Vico Rose, Via Mazzini,Via Rastelli. nel 1798 nella contra-

da esisteva uno dei due forni pub-blici di Gavi. L’altro era ubicato inVia Maestra, attuale Via Mameli.

A metà percorso di Via Garibal-di uno slargo si apre sull’edificiodel ‹‹cinema vecchio››, ristruttura-to in anni recenti, che ospita unasala convegni e la biblioteca comu-nale dedicata al Barnabita padreGiuseppe Boffito (Gavi 1869 -Firenze 1944). Letterato e storicodelle scienze, padre Boffito fu unodei maggiori bibliofili italiani traOttocento e novecento. Autore dioltre 200 pubblicazioni, fece partedi numerosi istituti culturali, tra cuil’Accademia Pontificia, l’Accade-mia dei Lincei e l’Accademia dellaCrusca. Firenze gli ha intitolato laBiblioteca del Collegio delle Quer-

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Nella pag. a lato, scorcio di Piaz-za Roma

In basso, portale datato 1564, inVia GaribaldiAlla pag. seguente, in alto, scor-cio di Via Garibaldi. A sinistral’edificio dell’antico ospedale

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ce, di cui fu direttore. Gavi lo haricordato dedicandogli anche unastrada e una targa sulla sua casanatale, al civico n. 13 di via Mame-li.

nell’area del cinema vecchiosorgeva il convento di Santa Mariadell’Annunziata, edificato nellaseconda metà del XVI secolo e incui si trasferirono i Carmelitanidopo l’abbandono del monastero diSant’eusebio alla Maddalena. nel1582 vi erano sei altari; nel 1798 fuespropriato dalla Repubblica Ligu-re, e ‹‹l’ampio fabbricato con lenumerose sepolture delle migliorifamiglie gaviesi venne abbando-nato all’incuria e alla studiatavolontà di distruzione›› (Desimo-ni). Una rilevazione cartograficadel 1897 evidenzia nel sito dell’an-tico convento soltanto qualcheframmento di muro. Fra le opered’arte conservate nel monastero, sirecuperarono un Crocefisso ligneosettecentesco, alcune statue e l’al-

tare marmoreo dellacappella Sertorio,acquistati da Mon-signor AntonioReggio e donatiall’oratorio deiBianchi. MonsignorReggio fece ancheedificare, a marginedell’area in cui sor-geva la scomparsaistituzione monasti-

ca, una piccola cappella, tuttoraesistente, dedicata a Santa Mariadel Carmine. L’organo della chiesaconventuale fu acquistato dallaCompagnia del Rosario e donatoalla parrocchiale di San Giacomo.

Poco più avanti, sulla sinistra,sorge l’antico ospedale, oggi CasaProtetta e sede dell’Unità SanitariaLocale. Secondo la tradizione l’o-spedale venne innalzato su una pre-cedente costruzione in cui eranostati ospitati, all’inizio del XIIIsecolo, un gruppo di ‹‹battuti›› o‹‹flagellanti›› che provenivano dallaFrancia meridionale. L’edificio,titolato in origine a San Cristoforo,fu ricostruito nel XVI secolo con lamutata dedicazione ai Santi Giaco-mo e Cristoforo, come risulta dallenote del visitatore apostolico del1582, in cui si dispone, tra l’altro, diseparare le camere da letto delledonne: ‹‹In Hospital. SS. Iacobi etChristophori cubicola saparatim

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fiant in quibus recipianturmulieres››. L’ospedale era gestitodalla confraternita dei Santi Gia-como e Filippo che ha sede pocodistante. e anche dopo la riformadelle istituzioni assistenzialiintorno alla metà del XIX secolo,un esponente della confraternitaha sempre fatto parte del consigliodi amministrazione dell’ente.

L’oRatoRio dei bianChi

e L’ATeLIeR dei MonteCuCCo

L’oratorio della confraternita

dei Santi Giacomo e Filippo (o‹‹della morte et oratione››), sorgetra Via Garibaldi e Via dell’Ospe-dale, e viene comunemente indica-to come oratorio dei Bianchi, dalcolore della sopraveste rituale degli

aggregati. Secondole testimonianzelocali, si tratta dellaconfraternita gavie-se di maggiore anti-chità, anche se ilriferimento all’an-no 1399, desuntoda una genericanotazione di Corne-lio Desimoni, è deltutto indiziario. L’i-stituzione figurainvece nel 1582 traquelle elencate dalvisitatore apostoli-co della diocesi diGenova, che decre-ta fra l’altro unasingolare prescri-zione, vietando dimangiare nell’ora-torio sia il GiovedìSanto sia in qualun-

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A lato, Oratorio dei Bianchi,facciataIn basso, Oratorio dei Bianchi,Giudizio Universale, affrescodi G.B. Carlone (circa 1660)

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que altra circostanza (‹‹In oratorioS.ti Iacobi feria quinta in cenadomini vel quovis alio temporequicquam comedi interdicitur››).

I capitoli che disciplinavanol’ordinamento della confraternitafurono redatti nel 1723 e conferma-ti nel 1736. tra i compiti dell’isti-tuzione, oltre agli adempimenti dicarattere liturgico, erano indicati lasepoltura dei defunti meno abbien-ti e dei prigionieri del Forte, non-ché la gestione dell’ospedale e delMonte del grano, che anticipava lasemente ai contadini poveri. nel1725 la congregazione si unì all’ar-ciconfraternita romana della‹‹morte et oratione››. Da quelmomento gli associati iniziarono avestire la cappa nera in alternativaalla bianca nelle cerimonie funebri.

La chiesa, restaurata nel 1975,presenta una struttura assai sempli-ce, con il tetto a doppio spiovente eil paramento esterno ornato da pit-ture che raffigurano, al centro, il

simbolo dell’arciconfraternita diappartenenza e sui due lati i Santicontitolari Giacomo e Filippo. Ilportale denuncia stilemi di gustorinascimentale, con colonne dori-che che sostengono una trabeazio-ne corredata da un fregio a moda-nature geometriche. L’interno, aunica navata, venne decorato congli episodi delle storie della Passio-ne da Giovanni Agostino Ridolfialla fine del XVI secolo, cometestimoniava un’iscrizione sullaparete di fondo, ancora leggibilenella seconda metà dell’Ottocento:‹‹Io. Augustinus Ridolfi pinxit -1595››. Le pitture murali sonoscomparse a seguito della posa inopera dei due altari laterali e delpregevole organo realizzato daCarlo Serrassi nel 1827. È inveceancora perfettamente leggibile, emostra la sua alta qualità, l’affrescodel Giudizio Universale, dipintosulla volta del presbiterio, intornoalla metà del XVII secolo, da Gio-

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vanni Battista Carlone.tra gli oggetti d’arte della chie-

sa si notano, provenienti dalloscomparso monastero dei Carmeli-tani, un crocifisso processionaleattribuito a Gerolamo del Canto ele statue barocche dell’Immacola-ta, di San Rocco e di Santa Limba-nia. nell’oratorio si conservaanche una pala d’altare del serra-vallese Bernardo Montessoro cheraffigura la Vergine col Bambinotra i SS. Gottardo e Rocco, firmatae datata 1608. Il dipinto era collo-cato in origine nella chiesetta diSan Gottardo, ancora annotata da

MatteoVinzonin e l1 7 7 3 ,che sor-g e v aall’esterno delle mura lungo la stra-da per Francavilla. nella secondametà del XIX secolo il quadro diBernardo Montessoro fu integratoinserendo una lunetta con figure diangeli nel quadrante superiore.L’integrazione venne realizzata daFrancesco Montecucco (Gavi 1810- 1890?), pittore di cultura accade-mica e di enfasi neoclassica che si

dedicò soprattutto al ritratto eall’affresco.

Il Maestro apparteneva a unadinastia di artisti che avevanoabitazione e studio in un edificiopoco distante, nel quartiere diMonserito. La casa, tuttora diproprietà della famiglia, è ornatasul frontale da fregi, festoni efigure umane ormai poco leggi-bili. All’interno, la sensibilitàdegli eredi ha mantenuto intattala bottega ottocentesca in cuioperarono: Francesco Montecuc-co con il fratello Luigi, scultore;un figlio di Luigi, norberto,anch’egli scultore; Santo Bertel-li, illustre esponente della scuoladei Grigi, che aveva sposatoAngela Montecucco, e il lorofiglio tito, pittore. nello studio

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Nella pag. a lato, i “Bianchi” inprocessione con la sopravvesterituale; a lato, crocifisso di epocabarocca; in basso, lo studio deiFratelli Montecucco in un dipin-to di Santo Bertelli (1872)

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sono conservati bozzetti, cartoni diaffreschi, calchi in gesso, studi pre-paratori, schizzi a carboncino suimuri, realizzati con una spontanei-tà e una vivacità di tratto, chemostra come negli artisti autenticil’accademia possa coniugarsiall’inventiva e all’originalità dellostile.

L’oRatoRio dei tuRChini

nel punto in cui confluiscono inVia Garibaldi Via Monserito danord e Via dell’Ospedale da sud est,sorge l’oratorio dei turchini, chederivano la denominazione dalcolore azzurro della sopravesterituale. L’oratorio è officiato dallaconfraternita di n. S. Assunta, inorigine denominata Compagnia deidisciplinati di Santa Maria. La con-fraternita, testimoniata nel 1582,gestiva il Monte di Pietà, che conce-deva prestiti alle famiglie poveresenza praticare interesse. Funzionesociale che i turchini hanno adem-piuto sino ai primi decenni delnovecento.

All’esterno dell’oratorio si puòancora leggere la scritta MontePio, recuperata dal restauro, chericorda il servizio praticato dallaconfraternita. La rudimentale cassain legno rafforzata da centinemetalliche, dove venivano conser-vati i pegni a garanzia dei prestitierogati dal Monte, è oggi collocata

nella sala consigliare del Comunedi Gavi. Le suppellettili di maggiorvalore del corredo liturgico dellacongregazione, che includevaoggetti d’argento di manifatturagenovese marchiati torretta, furo-no requisite dalla Repubblica Ligu-re alla fine del XVIII secolo e inparte riscattate con il contributodegli associati. L’istituzione posse-deva anche ampie proprietà terrieresul colle dove sorge il Santuariodella Madonna della Guardia,ancora denominato, nella tradizio-ne locale, Colle dei turchini.

La chiesa presenta una strutturaesterna assai semplice, con la con-sueta architettura a capanna ravvi-vata dallo slancio del campanile.L’interno, a unica navata con voltaa botte, conserva alcune pregevoliopere d’arte. Si segnalano, tra le

Nella pagina a lato, i Turchinisfilano in processione portando ipesanti e decoratissimi crocifissisettecenteschi

In basso, Oratorio dei Turchini

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altre, lungo le pareti laterali, unastatuina lignea policroma dellaMadonna Immacolata, attribuita ascuola napoletana del XVII secolo,e il gonfalone in tessuto operatocon ricami a fili d’argento, decora-to da un diligente anonimo manie-rista neoclassico, che ha raffiguratosul recto dello stendardo la Madon-na Assunta e sul verso San Giovan-ni evangelista. In occasione delleprocessioni, sul supporto che reggeil gonfalone viene inserita unacroce astile in argento di manifattu-ra francese, riferibile ai primi annidel Settecento. Su una mensolapresso l’altare destro è esposta unapiccola statua di Sant’AntonioAbate, proveniente dalla sconsa-crata cappelletta del Paraso, inPiazza Marconi. Presso l’altaremaggiore, è conservata una grade-

vole statua lignea policroma dellaMadonna Assunta, opera egregia diBartolomeo Carrea, illustre sculto-re neoclassico nato alla Centurionadi Gavi e attivo soprattutto a Geno-va. nelle nicchie del coro, sette-centesco, sono collocate, a destra,una statua lignea barocca di SantaLucia, e a sinistra una statua mar-morea della Madonna delle Grazie,da assegnare al secondo decenniodel XVII secolo. nella tradizionelocale si tramanda che la scultura,di un arcaismo stilizzato ed essen-ziale, sia pervenuta dalla Spagna.L’organo sull’ambone della canto-ria, posto in opera nel 1824, vennerealizzato dall’artigiano paveseGiovanni Battista Lingiardi.

seGMento est di via MaMeLi

Riprendendo la visita da PiazzaRoma, sipercorre ViaM a m e l i ,l’antica ViaMaestra, cheprocede, conandamentoad arco dicerchio, tradue compat-te murate diedifici, ani-mati untempo dauna serie di

A laro, Oratorio dei Turchini,statua lignea dell’Assunta di Bar-tolomeo Carrea (1798)In basso, Immacolata, statualignea di scuola napoletana (sec.

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porticati ancora qua e là individua-bili. nel 1798 in Via Maestra esi-steva uno dei due forni pubblici diGavi, ubicato ‹‹nel Palazzo di Gio-vanni Battista Marenco, annessoad altri edifici per mezzo di cortile,con giardino e quattro botteghe››.

nell’impianto della più impor-tante direttrice di attraversamentodel centro urbano, i fabbricati sor-gono a margine della strada, men-tre ampio spazio è lasciato ai corti-li retrostanti e ai giardini interni. Iprospetti di alcune costruzioni con-servano tracce di pitture murali,conformemente all’uso genovese.

tra le emergenze architettoni-che più significative del primo trat-to di strada, che raggiunge la chiesadi San Giacomo, si ricordano letracce medievali nel paramento set-tecentesco del civico n. 12, e la casaMontaldo (civico n. 22), che conser-va il portale rinascimentale e capi-telli di più alta epoca all’interno del-l’androne. L’edificio fu costruitodalla nobile famiglia gaviese a cuiapparteneva Leonardo Montaldo,giurista e ghibellino; una delle figu-re di rilievo della società genovesedella seconda metà del XIV secolo,doge nel 1383.

Al civico n. 31 si segnala ilpalazzo edificato, su strutture pree-sistenti, dalla famiglia Scribanis,che ospitò Francesco Gonzagaduca di Mantova e, nel 1520, Fran-

cesco I re di Francia. Al fabbricato,che includeva una cappella gentili-zia, erano annesse minori costru-zioni ad uso di scuderie e magazzi-ni. nel XVIII secolo figura tra leproprietà di Agostino Ayroli padredi Giambattista, doge di Genovadal 1783 al 1785. L’edificio, pesan-temente modificato nel secoloXIX, conserva labili tracce di colo-razione dell’intonaco sul prospettoesterno.

Sull’altro lato della strada, difronte alla chiesa di San Giacomo,sorge la costruzione ricordata in uncensimento edilizio del 1798 come‹‹Palazzo di Giovanni BattistaCambiaso, a tre piani, con cappel-la privata, rustico, cantina e stalla,che si trova sulla piazza››. Il palaz-zo, edificato nel Seicento daiLomellini, passato in seguito aiBorlasca, venne ricostruito exnovo, e non è rimasto che lo scalo-ne di pietra a testimoniare le primi-tive strutture.

A lato, particolare di Crocifissoprocessionale dell’Oratorio deiTurchini.

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Per chi percorre Via Mameliscendendo da Piazza Roma (o perchi risale da Borgonuovo lungo ViaXX Settembre), la collocazione disbieco della chiesa di San Giacomogenera i caratteristici punti di vistaad angolo, secondo un’impostazio-ne urbanistica abbastanza frequen-te nel Medio evo.

La costruzione, che rappresentail più insigne monumento di archi-tettura religiosa dell’Oltregiogogenovese per compiutezza d’e-spressione e per ricchezza decorati-va, fu edificata durante la signoriadei marchesi di Gavi, in un periodoprecedente il 1172, anno in cuirisulta citata per la prima voltanelle fonti. Il tempio, significativa-mente dedicato a San GiacomoMaggiore, conserva forse memoriadi un precedente ospizio per pelle-grini sulla via di Campostella. Ori-ginariamente incluso nell’ambitodella diocesi di tortona, San Gia-como venne assegnato alla diocesidi Genova nel 1248, con altre isti-tuzioni religiose della valle delLemme. nello stesso anno sonoattestati i canonici delle chiesa, cheevidentemente all’epoca avevatitolo di collegiata, e fruiva dibenefici territoriali che col trascor-rere dei secoli ‹‹si perdettero nonsi sa come›› (Desimoni). A San

Giacomo furono trasferite, succes-sivamente al 1385, le funzionivicariali esercitate in origine dallaPieve di Santa Maria in Lemoris,con giurisdizione su numerose par-rocchie della zona (Bosio, Capria-ta, Castelletto, Monterotondo,Parodi, Pasturana, tassarolo, tra-montana, mentre la chiesa di Prato-lungo era inclusa nel vicariato diVoltaggio).

L’edificio viene spesso assegna-to alla facies lombarda del romani-co, anche se non mancano autore-voli letture che ne rilevano ‹‹unastruttura architettonica completa-

Chiesa di san GiaCoMo

MaGGioRe

A lato, Chiesa parrocchiale diSan Giacomo, Portale della fac-

Sopra, San Giacomo, arcone delportale con figurazioni di arpie

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mente genovese››. Il paramentovenne realizzato in conci dellalocale arenaria, tratti probabilmen-te dalla cava della Chiappa, cheincideva il fianco occidentale dellacollina su cui sorge la fortezza, inprossimità del torrente neirone. Adogni navata corrispondeva un’absi-de semicircolare, delle quali è oggivisibile dall’esterno soltanto quelladi sinistra, con monofora e tetto aventaglio, restaurata nel 1961. Amargine dell’abside, un portalinomurato, di impianto assai sobrio, èsormontato da una raffigurazionein rilievo che rappresenta una fieracavalcata da una figura virile. Ilportale laterale che segna l’accesso

alla navata è corredato da unalunetta adorna di un affresco, riferi-bile alla seconda metà del XVIsecolo, che rappresenta la Madon-na col Bambino tra i Santi Giaco-mo e Giorgio. L’abside destra, nonvisibile all’esterno, è stata recupe-rata da un restauro effettuato neiprimi anni Settanta del novecento.Quella centrale è invece scomparsain seguito all’ampliamento del coroe all’arretramento dell’altare mag-giore. La chiesa venne infatti rima-neggiata tra la fine del Seicento e ilprincipio del Settecento, con larimozione delle originarie capriatelignee, la costruzione delle volte ela sopraelevazione della torre cam-

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In basso, Ultima cena (1165circa), S. Giacomo, lunetta earchitrave del portale della faccia-taA pag. 44, in alto, architrave elunetta del portalino a margine

Nella pag. a lato, in alto: Chiesadi S. Giacomo, la facciata primadel restauroIn basso, S. Giacomo, capitellodell’interno, con raffigurazionizoomorfe

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panaria. Conseguenza di questariforma strutturale fu il rialzamentodei muri di fiancata; la scalpellatu-ra degli archetti di pietra che soste-nevano la cornice di gronda; l’a-pertura di finestroni barocchi sullefiancate.

La facciata è la parte maggior-mente integra dell’edificio origina-rio. La compostezza architettonicaesalta lo straordinario interessedelle sculture, che si ipotizza sianostate realizzate, intorno al 1165, daartefici che nel decennio preceden-te avevano lavorato nel Duomo diGenova, ai portali di San Damianoe di San Gottardo. Il monumentaleingresso centrale, propone la tipo-logia del portale strombato coninquadramento in avancorpo e pro-tiro su colonne e archi semicircola-ri. L’ingresso è sormontato da un

rosone, che presenta la caratteristi-ca anomalia dell’interruzione dellaghiera. Al di sopra del rosone unabifora, con colonnina centrale direstauro, sporge dal filo della fac-ciata e aumenta l’effetto chiaroscu-

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rale del paramento, prospettica-mente accentuato dal succedersicontinuo delle modanature rien-tranti del portale, secondo i piùaffermati canoni dell’architetturaromanica.

Le sculture sono trattate consicurezza ma senza particolareattenzione nella resa delle figure.L’architrave sull’accesso è decora-to da un altorilievo che rappresentala Coena Domini con al centro ilCristo. L’effigie del Salvatore,classicamente paludata, sovrastai dodici Apostoli disposti simme-tricamente, sei per parte, dietrola prospettiva della tavolaimbandita con sei piatti, conte-nenti un pesce ciascuno. La figu-ra rovesciata che sta sotto i piedidel Cristo va letta forse comeuna rappresentazione simbolicadel Coelus, dominato dalCosmocrator signore dell’uni-verso. Al di sopra del Cristo sonorappresentati con mirabile sensodistributivo degli spazi, dueangeli in volo ad ali spiegate e, alcentro, la colomba dello Spirito

Santo. Alcolmo del tim-pano del porta-le, coperto daun padiglionci-no cupulifor-me, è scolpito,a tutto tondo,

Sansone che cavalca una fiera.Riferimento Cristologico alla lottacontro le potenze del male, similenella concezione al Sansone delprotiro di Santo Stefano di Viennae a quello sul tetto della cappella diSanta Fe, di maestro esteban, aSantiago di Campostella. Gliarchetti di coronamento della fac-ciata poggiano su mensole conimmagini antropomorfe, di proba-bile significato apotropaico.

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In basso, ilportico del latodestro su cuisvetta il cam-panile ottago-nale

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Soltanto dueripiani della torrenolare, che presentauna struttura a otta-gono non equilatero,appartengono allacostruzione medie-vale, mentre gli altrisono di epoca baroc-ca. L’orologio èinscritto in un tipicoocchio romanico,che sussiste intattosul lato meridionale.La campana mag-giore fu posta inopera nel 1352, erecava l’improntadel simbolo araldicodei Visconti, all’e-poca signori di Gavi.

Sempre all’ester-no, il fianco destrodella chiesa, cheprospetta sull’ansadel Lemme, ha perduto in granparte l’antica configurazione aseguito dei rifacimenti settecente-schi, leggibili nel porticato convolte a cupola ribassata su pilastri;nell’edificio della canonica cheavvolge l’abside; nei finestronisemicircolari aperti al colmo dellafiancata. nel paramento del porti-cato sono conservate lapidi recupe-rate presumibilmente dall’areaantistante, in cui si apriva il primi-

tivo cimitero medievale, spostatoalla Crosa del Pedaggio nel 1811.Alcuni conci della murata recanoincise labili tracce di graffiti cruci-formi, ritenuti indizi del passaggiodei battuti o flagellanti, che rag-giunsero Gavi intorno al 1260 esuscitarono le prime iniziative dicostituzione delle confraternite.

All’interno, gli interventi diristrutturazione, realizzati intornoal 1705, risultano meglio leggibiliche non all’esterno nel rialzamento

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A lato, interno dellaChiesa di S. Giaco-mo

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In basso, Gandolfino da Roreto,Madonna con Bambino fra isanti Giacomo e Giovanni Batti-sta (fine del XV secolo), paladella Chiesa di S. Giacomo

nella lunetta: Natività

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delle fiancate, per dare spazio allevolte barocche che hanno sostituitole capriate; nelle aumentate dimen-sioni del presbiterio; nel percepibi-le spostamento di asse di alcunipilastri provocato della sopraeleva-zione del campanile. L’impiantobasilicale, con l’uso di colonne e lasoluzione del tiburio a torre sull’in-crocio del transetto con la navatamaggiore, ricorda i modelli geno-vesi di San Fruttuoso di Capodi-monte e di San Donato. Ma lostraordinario coronamento sculto-reo dei capitelli e una non menosorprendente fantasia di composi-zione, con figurazioni bestiarie eumane frammiste a quelle fitomor-fe, confermano la presenza di lapi-cidi di cultura lombarda. I capitellifigurati che sovrastano le colonnemonolitiche, si alternano a quellicorinzi secondo una precisa caden-za; il penultimo e l’ultimo del latosinistro sono il risultato di unassemblaggio del secolo XVIII.

Con il trascorrere del tempoanche l’essenziale sobrietà romani-ca dell’arredo venne modificata, elungo le pareti, decorate di affre-schi nel XIV - XV secolo, e suc-cessivamente intonacate, furonocostruiti una serie di altari. neglianni Ottanta del Cinquecento sonotestimoniati undici sacrari, inclusol’altare maggiore. A partire dal1957 ripetuti interventi di restauro

hanno parzialmente recuperato lelinee originali dell’interno, in cui siconserva un rilevante patrimoniod’arte, sedimentato nei secoli.

Al fondo della navata destra, unpiccolo dipinto murale tardogoticoa lato dell’ingresso raffigura iSanti Sebastiano e Rocco. L’affre-sco venne scoperto nel 1967 sottol’intonaco e ampiamente risarcitodal restauro. Il reperto testimoniaforse l’impegno di un anonimo col-laboratore della bottega tortonesedei Boxilio, presente a Gavi allor-ché venne assemblato il polittico diSan Giacomo, commissionato aManfredino Boxilio dal MarcheseAntonio Guasco e realizzato nel1478. Il monumentale polittico, fir-mato e datato dal Maestro, sovra-stava in origine l’altare maggiore,

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In basso, Parrocchiale di S. Gia-como, San Sebastiano e SanRocco, dipinto murale tardogoti-co

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ma venne rimosso in epoca impre-cisata e nel 1855 Santo Varni loriscoprì, smembrato, in un riposti-glio. nel 1862 fu venduto all’Ac-cademia Ligustica di Genova, doveoggi è conservato in una problema-tica ricomposizione (una riprodu-zione dell’opera in dimensioniridotte di un terzo è esposta nellanavata sinistra della chiesa).

Seguono, dal fondo della navatadestra, i dipinti che raffigurano ilSogno di San Giuseppe, di Gio-vanni Battista Paggi (Genova 1554- 1627), posto originariamente nel-l’ultimo altare della navata, patro-nato della confraternita dei Rossi;la Risurrezione di Lazzaro, del pit-tore serravallese Bernardo Montes-

soro, attivo nella prima metà delXVII secolo, e una piccola sug-gestiva statua marmorea dellaMadonna col Bambino, realiz-zata da Francesco Maria Schiaf-fino (Genova 1688 - 1763). Alato della statua è collocata lapala della Madonna col Bambi-no tra i SS. Giacomo e Giovan-ni Battista, sovrastata dallalunetta in cui è raffigurata laNatività. Il dipinto su tavola,opera di Gandolfino da Roreto(attivo in Piemonte tra il 1493 eil 1510), era posto originaria-mente sul primo altare dellanavata sinistra, patronato dellaconfraternita dei turchini. Gliultimi due quadri esposti nella

navata destra risultano di dubbiaattribuzione. La tela che raffiguraSan Pietro Apostolo sovrastava inorigine il quinto altare della navata,patronato della famiglia Franzoni,ed è riferibile alla scuola genovesedella prima metà del XVIII secolo.Vicina alla maniera di BernardoCastello appare invece la pala con iSanti Sebastiano, Giacomo Mag-giore e Defendente, collocata inprecedenza nel quarto altare dellanavata destra, patronato del Comu-ne di Gavi. L’abside, recuperata dalrestauro, è ornata da una statua inbronzo di San Giuseppe, eseguitanei primi anni Sessanta del secoloscorso.

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A lato, Parrocchiale di S. Gia-como, Resurrezione di Lazzarodi Bernardo Montessoro (inizi del XVII secolo)

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nel presbiterio sono collocati:sulla parete destra il dipinto di Gio-vanni Battista Carlone (Genova1603 - Parodi Ligure? circa 1684)che raffigura la Trinità e i SS.Girolamo e Francesco da Paola;al centro del Coro, San Giacomoche scaccia i Mori, di GiovanniRaffaele Badaracco (Genova 1648- 1726); sulla parete sinistra la teladella Madonna col Bambino e SanGaetano, assegnabile a manieristagenovese della prima metà delXVIII secolo. L’opera era colloca- ta, originariamente, sul quarto alta-

re della navata settentrionale,patronato della famiglia Guasco diBisio. Le due pitture murali nellelunette di volta dell’abside rappre-sentano episodi della vita di SanGiacomo Maggiore, e furono rea-lizzate dall’artista gaviese France-sco Montecucco.

In navata sinistra, scendendoverso l’ingresso, è collocato ildipinto che raffigura il Battesimodi Cristo, di Lazzaro Calvi (Geno-va, 1502? - 1605). La tela, firmatae datata 1591, era posta originaria-mente nella cappelletta della fami-glia Baciocchi di Groppello. Segueun altare barocco, contornato dallepitture su tondo dei quindici miste-ri del Rosario che la tradizionelocale riferisce a scuola romana delXVIII secolo. L’altare è sormonta-to da una statua marmorea dellaVergine col Bambino, attribuitaallo scultore toscano Carlo Caccia-

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In basso, Altare del Rosario, Ver-gine con Bambino, statua diCarlo Cacciatori (seconda metàsec. XVIII); A lato, Madonna del Rosario diLuigi Montecucco (1854)

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tori (Carrara, intorno al 1730 -Genova, fine XVIII secolo), allievoe collaboratore di FrancescoSchiaffino. Il segmento finale dellaparete è decorato da un affrescodella Madonna della Misericor-dia, assegnabile agli ultimi decennidel XIV secolo. Questo dipinto,obliterato sotto lo scialbo dei seco-li barocchi e parzialmente recupe-rato nei primi anni Settanta delnovecento, fornisce la traccia resi-dua della originaria decorazione diSan Giacomo. L’opera sembra con-fermare una presenza nel territorio,prima dell’avvento della culturapittorica lombarda, della corrente

alpina occidentale ligure-piemontese. Alla stessaepoca, ma non alla stessamano, appartengono gli esi-gui lacerti con frammenti difigure angeliche, ancora leg-gibili sui pilastri del presbi-terio. Al fondo della navata,si conserva la statua ligneapolicroma della Madonnadel Rosario, eseguita nel1854 dallo scultore gavieseLuigi Montecucco. Il vicinobattistero è decorato da unaffresco che raffigura il Bat-tesimo di Cristo. La pitturamurale, secentesca, è stataridipinta nel 1967.

Sulla controfacciata disinistra della chiesa è leggi-

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A lato, Chiesa di S. Giaco-mo, Madonna con Bambi-no di Francesco MariaSchiaffino (sec. XVIII);in basso, capitello con

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bile un’iscrizione in caratterigotici, datata 1336, che ricor-da la sepoltura di BarnabaMontaldo, esponente dellanobile stirpe gaviese cheacquisì posizioni di rilievo nelgoverno della Repubblica:hIC JACet nOBILIS VIRDOMInUS BARnABAS DeMOntALDO QUI OBItMCCCXXXVI CUJUSAnIMA ReQUIeSCAt InPACe. La lapide era collocataprobabilmente nella cappella-nia della famiglia, istituita daAchille Montaldo all’altare diSan Bernardo e in seguito tra-sferita all’altare maggiore.Sulla controfacciata dellanavata sinistra era anche col-locato, sino a pochi anni or sono, ilsepolcro di Antonio Guasco Mar-

chese di Gavi. Un’arca adorna dipregevoli pannelli marmorei scol-piti a bassorilievo e corredata daun’iscrizione che correva lungo labase del monumento: M° D Ant°GUASChO GAVII [DOMInO]et GI[S]MUnDIne -B[eR]nARDInUS et nICO-LAUS PARe[n]tIBUSPIIS[SIMIS] - POSUeRe 1497DIe 22 nOVe[M]BRIS. Il sarco-fago è stato distrutto nel 1999. Ilmodulo frontale e i due lateralivennero riutilizzati come ornamen-to del nuovo altare maggiore alcentro del presbiterio.

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A lato, S. Giacomo scaccia iMori, di Giovanni RaffaeleBadaracco (fine XVII sec.).In basso, Madonna dellaMisericordia, affresco(secolo XIV)

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deviazione su

via XX setteMbRe. L’oRatoRio

dei Rossi in boRGonuovo

Di fronte all’ingresso centraledella chiesa di San Giacomo, unadeviazione in Via XX Settembre(denominata, nel 1780, StradaComune) conduce nella contrada diBorgonuovo. Dopo qualche decinadi metri, sulla destra, alla confluen-za di Vico Chiuso Bassani, sorgel’oratorio della confraternita dellaSS. trinità, testimoniata dallaseconda metà del XVI secolo eaggregata all’arciconfraternita del -la SS. trinità di Roma nel 1609. Latradizionale denominazione ‹‹deiRossi›› è riferita al colore dellasopraveste rituale dei confratelli.Alla congregazione facevano capoanche gli abitanti di un’ampia areaextraurbana, che raggiungeva lecase sparse di Valle a est e, sinoalla seconda metà dell’Ottocento,àlice e zerbetta a sud. La confra-ternita gestiva il Monte del Grano(con amministrazione autonoma eseparata dall’analoga istituzionedei Bianchi), e un forno costruitonel 1670 con casa, cascina e nego-zio annesso, affittato a privati conl’obbligo di vendere il pane e igeneri alimentari a basso prezzo.

In precedenza, la chiesetta deiRossi era ubicata in un’area agrico-la oltre la porta di Borgonuovo,all’inizio della strada per Bosio,quasi in riva al Lemme. Ricordatanel 1582 come ‹‹Cappella parvaS.te Trinitatis prope Gavium››, ètestimoniata sino al XVIII secolocome cappella campestre, e alcuniruderi erano ancora in sito neiprimi anni del novecento. Il nuovooratorio, edificato intorno alla metàdel XVII secolo, presenta la coper-tura di colmo a doppia falda, ilcampanile barocco e un prospettolineare, in cui i trompe l’oeil delleillusorie paraste, disegnate sulla

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daL CentRo aLLa peRifeRia

Nella pag. a lato, Oratorio deiRossi, gruppo ligneo della Trinitàdi Norberto Montecucco (1899)

Sopra, scorcio di via XX Settem-bre

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parete levigata, esaltano lo slanciodel frontale. Il dubitevole affrescoal centro della facciata dichiara unavolenterosa ridipintura. Il portonedi accesso fu ampliato a fine Otto-cento per consentire il trasportoprocessionale del monolitico grup-po ligneo della trinità. L’opera,realizzata dallo scultore norbertoMontecucco (Gavi 1864-1944),venne inaugurata il 29 maggio1899 alla presenza dell’arcivesco-vo di Genova tommaso Reggio.

L’interno, a navata unica convolta a botte, conserva un organocostruito nel 1879 dall’artigianoCamillo Guglielmo Bianchi (Lodi1821 - novi Ligure 1890) e nume-rosi pregevoli reperti d’arte. Sul-l’arco del presbiterio, una pitturamurale raffigura i priori della con-fraternita, nell’atto di chiedere apapa Paolo V l’aggregazioneall’arciconfraternita della SS. tri-nità di Roma. Il dipinto è opera di

Giovanni tito Bertelli (Genova1879 - 1946), artista di stirpegaviese (la madre era Angela Mon-tecucco) che acquisì i primi inse-gnamenti dal padre, Santo Bertelli,e fu allievo, all’Accademia Ligu-stica, di Cesare Viazzi, di cuidivenne in seguito collaboratore.Accademico di merito nel 1922,insegnante di disegno e figura nel1934, fu direttore interinale dell’I-stituto genovese dal 1935 al 1936 evicedirettore effettivo sino al 1941.Autore di paesaggi, nature morte escene di genere; ritrattista minuzio-so e incisivo, realizzò anche nume-rosi dipinti a soggetto sacro, fra iquali alcuni affreschi nelle chiesedi San Pietro e Sant’Andrea a noviLigure e nelle parrocchiali diArquata e Sottovalle.

Fra le altre opere custodite nel-l’oratorio, provenienti da acquisi-zioni e donazioni, si ricordano: lapala di Giuseppe Palmieri (Genova

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1674 - 1740) che raffigura la Vergi-ne col Bimbo e i Santi Agostino eAgata; un ecce Homo dipinto daLuciano Borzone (Genova 1590 -1645); un quadro di scuola spagno-la, il Martirio di San Sebastiano,collocabile nella prima metà delXVII secolo, e una gradevoleSacra Famiglia con San Giovan-nino, assai prossima agli stilemidel Paggi cambiasesco. nell’orato-rio si conserva anche un’interes-sante tela a soggetto profano, ese-guita da Giovanni Raffaele Bada-racco (Genova 1648 - 1726), cheraffigura la Continenza di Scipio-

ne.Accanto all’oratorio, in Vico

Chiuso Bassani, nella c.d. Cortedei Cassanello erano ubicate, nelSettecento, le scuole pubbliche diGavi. Sul frontale dell’edificio per-mangono tracce di un’antica meri-diana.

Dall’oratorio dei Rossi, Via XXSettembre prosegue sino alla Piaz-za delle Mura, all’incrocio con ViaCavour, indicata, nella toponoma-stica tradizionale, come Contradadelle Cricche, in cui era ubicato ilpiccolo ghetto ebraico di Gavi.Pochi metri avanti, la strada con-fluisce nel ponte di Borgonuovo,sul quale incombeva, sino alla finedel XIX secolo, la Porta di Parodi.

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Nella pag. a lato, Oratorio deiRossi, interno; In basso, I priorial cospetto del Papa, (Tito Bertel-li 1925). A lato, S. Sebastiano(prima metà XVII sec.)

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La prime notizie relative al ponte,probabilmente in legno, risalgonoal 1228. edificato successivamentein muratura, fu più volte distruttodalle piene del Lemme. Le testimo-nianze d’archivio segnalano quat-tro rifacimenti tra il 1610 e il 1702.Ma doveva trattarsi di ricostruzioniparziali, poiché tre arcate delmanufatto risultano a sesto pieno,mentre la penultima in direzione diBosio, probabilmente la più antica,conserva la struttura a sesto acuto.

Al centro del ponte, sulla mura-ta occidentale, era collocato un pic-colo sacrario, ancora raffigurato inun dipinto del 1845. Oggi esisteuna cappelletta a margine delmanufatto sul versante di Borgo-nuovo, ornata da un’elegante

dipinto murale della Madonnadella Guardia, eseguito intorno al1870 da Santo Bertelli (Arquata1840 - Genova 1892). Artista diantica famiglia gaviese, dopo uniniziale apprendistato nello studiodei fratelli Montecucco, Santo Ber-telli frequentò l’Accademia Ligu-stica, dove ebbe maestri GiuseppeIsola e Giuseppe Frascheri. Autore-vole esponente del movimento deiGrigi, pittore versatile dai toniveristi, è noto soprattutto per iritratti, gli acquerelli e le decora-zioni a soggetto religioso, eseguitein numerose chiese della Liguria,che restano i suoi lavori più signifi-cativi. Il dipinto al sacrario delponte di Borgonuovo è l’unicaopera del pittore pubblicamentefruibile a Gavi. Altre ne esistono,incluso un affresco, in abitazioni

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A lato, Vergine col Bambino ed iSS. Agostino e Agata di GiuseppePalmieri; sotto, Cappelletta alponte di Borgonuovo.Nella pag. a lato, Cortile internodi Palazzo Rocca

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private.

seGMento CentRaLe di

via MaMeLi. iL paLazzo RoCCa

seRtoRio, iL paLazzo di Città,L’inCRoCio Con via MaGione

tornati all’altezza della chiesadi San Giacomo, il percorso ripren-de in Via Mameli, iniziando dalcivico n. 39, che identifica il palaz-zo edificato da Pompeo Rocca nel1705, accorpando precedenti strut-ture. Un restauro ne ha recuperatol’intonaco dipinto alla genovese.nel 1798 l’edificio, indicato come‹‹casa di villeggiatura della vedo-va Geronima Rocca Sertorio››, eracontornato da un gruppo di piccoleunità edilizie che si affacciavanosulla piazza e sul retrostante sedi-me, che prospetta verso la confra-ternita dei Rossi. Le diverse unitàerano collegate da voltoni e spaziaperti, ancora parzialmente conser-

vati nell’area oggi complessiva-mente denominata Corte zerbo.Poco più avanti, alle fasce dellefinestre del civico n. 43, sono leg-gibili lesene e decorazioni tratteg-giate a tenui colori, con prevalentitoni di grigio e marrone.

Sul lato opposto della strada(civico n. 44), sorge il Palazzo diCittà, storica sede del Comune diGavi. edificio medievale in pietracalcarea da taglio, con portico adue fornici al piano terreno, defini-to da due archi a sesto acuto chescaricano la spinta su un massicciopilastro centrale. Al piano superio-re, mantenendo lo stesso asse disimmetria, vi erano probabilmentedue trifore. nella sua veste origina-ria la costruzione presentava unloggiato quadricellulare, aperto siasul prospetto principale che sullamurata laterale, dove probabilmen-te era localizzato l’accesso al piano

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superiore, e dove sono state rinve-nute tracce di un arco a sesto acuto.La presenza di una loggia è testi-moniata dalla seconda metà delXIII secolo, nel contesto di attinotarili redatti ‹‹sub porticu domuscomunis››. La costruzione dellevolte a crociera risale al 1589. Inseguito, il palazzo venne ristruttu-rato nel 1771 dall’architetto lom-bardo Andrea della Valle, consopraelevazione del tetto per otte-nere un piano ammezzato abitabile.Il frontale dell’edificio era ornatoda un’immagine della Madonna,dipinta da Francesco Montecucco

nel 1853.Con il Palazzo di

Città confina, a ovest,il fabbricato indicatonel 1798 come‹‹Casa di prete Giu-seppe Balestreri, atre piani, cortile,stalla e cascina››. Lacostruzione, segnatadai civici 46 - 48,conserva sulla faccia-ta tracce di pitturemurali e decorazionirococò, con ghirlandee tondi all’interno deiquali sono disegnatidei ritratti. Poco oltre,il civico n. 50 lasciatrapelare le originariestrutture di una casatorre, molto stretta in

facciata e allungata in alzato su ununico arco al piano terreno, a cuicorrispondono, al piano superiore,due bifore. L’edificio venne rimo-dellato nel Settecento, mantenendoinvariata la cellula originaria, conrifacimento della facciata, campitada architetture dipinte di gustobarocco.

Sulla murata meridionale di ViaMameli, che raggiunge Via Magio-ne, sorgono il palazzo Da Passanoe il palazzo Borlasca, tra i civici 63e 65. Il palazzo Da Passano èdescritto nel 1798 come ‹‹Palazzo

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a tre piani, di cui uno rustico nonabitabile, con stalla, cascina, tor-chio, cantina, giardino e duecasette annesse, una dentro ilgiardino e l’altra verso la stradapubblica››. nel 1823 era di pro-prietà dei marchesi Raggio, e ospi-tava le scuole elementari. Passò poia Leopoldo Romano, più volte sin-daco di Gavi nell’Ottocento, checon il fratello Gaetano finanziò lacostruzione del nuovo palazzodelle scuole in Piazza Dante. L’edi-ficio, successivamente pervenutoalla Congregazione delle Suore din. S. della Misericordia, presentaun portico a tre fornici, murato, conarchi a sesto acuto su colonnemonolitiche, riferibile alla fine del

XIII secolo.Il contiguo palazzo Borlasca

ripete il nome dalla dinastia gavie-se, infeudata del territorio omoni-mo e iscritta al libro d’oro dellaRepubblica nel 1528, che lo edificòforse nel XIV secolo. La famigliaannoverava diplomatici, scienziatie giuristi. Fra i suoi esponentioccupa una posizione di rilievo ilmusicista Bernardino Borlasca,autore di canti religiosi, sonate,fantasie, scherzi. nato nella secon-da metà del XVI secolo, probabil-mente a Gavi (egli stesso si defini-sce nobil de Gavio genovese), èricordato tra il 1610 e il 1628 come‹‹Musico›› del Duca di Baviera.

L’edificio, in cui sedimentano

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Nella pag. a lato, il Palazzo diCittà sede dell’Amministrazionecomunale (XIII secolo)

In basso, Via Magione, dove sor-geva la “Mansione” dei CavalieriGerosolimitani

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strutture medievali e rinascimenta-li inglobate nel rifacimento sette-centesco, ospitò l’imperatore CarloV nel 1529. nel 1798 risulta com-posto di ‹‹due appartamenti congiardino, cascina, stalla, portico ecantina interrata››.

Sullo stesso lato della strada,dove su Via Mameli confluisce ViaMagione, una lapide commemora-tiva ricorda il più illustre figlio diquesta città: lo storico CornelioDesimoni (Gavi 1813 - 1899).Avvocato, docente universitario,direttore dell’Archivio di Stato diGenova e autorevole esponentedella Società di Storia Patria, fustudioso soprattutto di Genova edella Liguria, delle Marche d’Ita-lia, di storia economica e finanzia-ria, ma dedicò anche ampio spazioalle grandi scoperte geografiche,

alla cartografia medievale, allanumismatica. nel 1890 venne desi-gnato come sovrintendente agliarchivi della Liguria. nella suabibliografia, che comprende oltrecento pubblicazioni, restano fonda-mentali, e non soltanto per chi sioccupa di storia dell’Oltregiogogenovese, gli Annali Storici dellaCittà di Gavi e delle sue famigliedal 972 al 1815, ultima opera dellostudioso, pubblicata a 83 anni, nel1896. Lavoro monolitico da cuitrapela, nel rigore scientifico, chesempre caratterizza gli scritti diCornelio Desimoni, l’amore del-l’autore per la sua terra natale.Gavi gli ha dedicato una strada el’edificio delle Scuole Medie.

nella zona di Via Magione,dove sino all’inizio del novecentoerano ubicate la Pretura e le carce-

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ri, sorgeva una mansione dei Cava-lieri Gerosolimitani, testimoniatadal 1206 e ancora ricordata, con ladedicazione a San Lazzaro, nel1780. L’istituzione monastica pos-sedeva a Gavi numerose aree agri-cole ed urbane in Bagnacavallo,Sant’eusebio, Vallegge, Cheirasca,Forneto, Valle, zerbetta. tra lealtre è ricordata, nel quartiere diMezzo inferiore, ‹‹domum unamcum curte, stalla et cassina intramuros oppidi Gavii existentem,dictam communiter la Mansio-ne››, come recita un documento del1490. ed è ipotizzabile che il topo-nimo la Mansione si sia conserva-to nella denominazione della stra-da, dove un’unità edilizia con vastocortile e pozzo centrale, reca anco-ra sull’ingresso lo stemma deiCavalieri di Malta, eredi dell’Ordi-ne Gerosolimitano.

Riprendendo, un po’ a ritroso,l’itinerario principale, al n. 64 diVia Mameli la casa all’incrocio conVia Rastelli presenta un’edicolaaffrescata con l’immagine dellaMadonna della Guardia (o dellaMisericordia), riferibile, per quantosi può decifrare, ad un periodocompreso tra gli anni finali del Set-tecento e l’inizio dell’Ottocento.Alla stessa epoca sembrano asse-gnabili le pitture murali dell’edifi-cio confinante, realizzate su unabase cromatica a prevalenza di

rossi, e definite nelle zone d’ango-lo da finti bugnati.

L’antiCa poRta di

baGnaCavaLLo (poRtino)

Il ‹‹Palazzo di Lorenzo Nassi››,ristrutturato nel 1641 e rilevato nel1798 come ‹‹Palazzo a tre pianicon bottega, cortile e cascina››, èposto all’incrocio tra Via Mameli eVico Portino. Il Vico prende nomedalla porta di Bagnacavallo, indi-cata come Portino nella toponoma-stica e nella consuetudine locale,che ancora esiste, in un breve slar-go, all’inizio della stradina checorre lungo un tratto parzialmenteconservato della recinzione mura-

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Nella pag. a lato, tracce di porti-cato medievale in via Mameli(XIII secolo)

In basso, l’antica Porta diBagnacavallo (Portino)

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ria. La porta presenta una piantarettangolare di tipo monodireziona-le, aperto, con il tetto, di restauro, aquattro falde. La bifora della fac-ciata, con colonnina e semplicecapitello corinzio stilizzato, unita-mente all’arco acuto del pianoterra, sembrano riferire la datazio-ne dell’opera agli inizi del Duecen-to.

A differenza di quanto è acca-duto alle altre porte demolite perconsentire l’ampliamento dellasede stradale lungo fondamentalivie di transito e di commercio, ilPortino è sopravvissuto in quanto‹‹dimenticato››. nel 1607 sonoancora documentate opere direstauro della struttura. In seguito,decaduta la sua funzione origina-ria, fu affittato a privati e utilizzatocome magazzino. In effetti, il per-corso che controllava noncostituiva un itinerarioconsueto di accesso alborgo, ma consentiva diraggiungere il sottostantemulino di Bagnacavallo.

L’opificio è indicatoanche come ‹‹mulino dimezzo›› nelle più antichefonti documentali, e anco-ra nel 1885 una nota d’ar-chivio rileva che ‹‹pressoil mulino di mezzo, siaddivenne alla costruzio-ne di una caserma per

alloggiare i soldati del presidio aguardia dei reclusi››. Il mulinoapparteneva originariamente aimarchesi di Gavi. nel 1239 vennericostruito in compartecipazione‹‹per la metà della Repubblica diGenova, per un quarto degli Ospe-dalieri di S. Giovanni e per ilrestante quarto della Comunità diGavi››. La costruzione esiste tutto-ra, a margine del greto del Lemme.Le strutture sono ovviamentemutate nel corso del tempo, ma lafunzione originaria del mulino si èconservata per secoli.

seGMento oCCidentaLe di

via MaMeLi. paLazzo seRRa

Al n. 69 di Via Mameli sorge ilPalazzo Raggio, in precedenzaantica saliera, poi proprietà dei

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In basso, prospetto di PalazzoSerra.Nella pag. a lato, particolare difrontale dipinto in Via Mameli

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Baciocchi Groppello, ramo pie-montese della famiglia originariadella Corsica e unita da vincoli diparentela con i Bonaparte. IBaciocchi Groppello erano titolaridi una cappellania in San Giacomo,e Giulio Stefano fu comandante delforte in epoca napoleonica. nel-l’Ottocento la costruzione passòalla famiglia Raggio.

Sul lato opposto della strada, alcivico n. 70, il Palazzo Serra, giàPinelli Gentile, rappresenta una frale più significative espressioni del-l’edilizia urbana gaviese del XVIIsecolo. L’edificio è il risultato del-l’accorpamento di strutture conaccesso indipendente. I due fabbri-cati che lo compongono, separatidal giardino interno, occupano unampio sedime tra Via Mameli a sude Via Garibaldi a nord. Da un cen-simento del 1798 le costruzionirisultano adibite anche a funzioniagricole, con ‹‹diverse case annes-se, in parte ad uso di granai e inparte dei manenti, con giardino,cortile, rimessa, stalla e cassina››.

Il prospetto del palazzo padro-nale, che emerge maestoso nel-l’ambito urbano, è caratterizzato daquattro finestre munite di inferriateche inquadrano l’androne d’ingres-so, a da affreschi di gusto rinasci-

mentale che disegnano un fintologgiato al piano superiore. Sullafacciata è riprodotto lo stemmadella famiglia Pinelli Gentile. Afianco l’emblema dei Serra che,entrati in possesso dell’edificio nel1813, ne rinnovarono la decorazio-ne e ne ampliarono il giardino aponente, con l’inserimento di sobripadiglioni impreziositi da vasche efontane. negli anni della secondaguerra mondiale, il palazzo fu sededell’istituto scolastico gestito dalleSuore Pietrine.

A conclusione del lungo percor-so di Via Mameli, si può ancoraosservare, sul frontale del civico n.91, una lapide dedicata al cardinaleGaetano Alimonda (Genova 1818 -1891) che fu spesso ospite di Gavi,e il frontale dipinto dei civici nn.94 e 96, databile agli inizi del Set-tecento. Al primo piano il disegnodella facciata è scandito da colonnebinate. Al secondo, sono rappre-sentate delle lesene con capitellodorico, affiancate da quadrature infinto marmo. tra i due moduli èdipinta una balaustra sostenuta dauna coppia di leoni e, nel tondocentrale, l’allegoria del cigno chenutre i piccoli. Raffinati intrecci difoglie d’acanto ornano il fascionedel sottotetto.

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iL paRaso

Via Mameli confluisce, all’e-strema periferia cittadina, nell’areadel Paraso (Piazza Marconi o, nellatradizione locale, Piazza del PesoPubblico), dove sorge la chiesettasconsacrata di Sant’Antonio. L’edi-ficio è stato costruito nel XIX seco-lo in sostituzione di un’altra cap-pelletta dedicata a San Raffaele,ancora segnata nell’Atlante di Mat-teo Vinzoni del 1773. La strutturapresenta una sopraelevazione del-l’alzato originario, leggibile nellamodifica della copertura di colmo,e semplici linee a capanna. nelprospetto si apre un piccolo rosonecentrale, e permangono tracce di

architetture dipinte: archetti pensi-li, formelle, stucchi decorativi.

Da Piazza Marconi la via attra-versa il quartiere della Chiappa,dove, nel 1642, è ricordata l’osteriadi Sant’Antonio. Un tempo vigilatodalla porta di Capriata, il percorsoraggiunge il ponte sul neirone, chegià esisteva, forse in legno, nel1205. La diramazione che prose-gue per Francavilla sfiora il mulinodi Generassi, al quale, secondo unafonte del 1760, poteva accedereanche la popolazione di novi. nelprimo tratto della strada, al biviodella Molarola, sorgeva la cappel-letta di San Gottardo, officiata daiBianchi nel XVIII secolo.

da via RoMa a via beRteLLi

Ritornati all’inizio di ViaMameli, si prosegue a est lungoVia Roma. L’edificio a forma poli-gonale sul versante del Lemme allaconfluenza di Via Voltaggio,potrebbe rappresentare, secondoun’ipotesi avanzata dall’ArchitettoRiccardo Bergaglio, una tracciaresidua dell’antica porta di Genovao del Pedaggio, che controllaval’entrata del paese da sud.

Poco più avanti, a sinistra, siapre il tratto di strada dedicato aPietro Barbieri. nato a Gavi nel1913, marinaio imbarcato sulla tor-pediniera Vega, Pietro Barbiericadde in combattimento nel canale

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In basso, la M.O. Zeffirino Ber-telli in un disegno di Ugo Mata-nia (Settembre 1941)

Nella pag. a lato il Forte di Gavi,dopo il restauro degli anni Ottan-ta del secolo scorso

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di Sicilia il 10 gennaio 1941. Allasua memoria venne concessa laMedaglia di Bronzo al V. M. e laCroce al Merito di Guerra.

A questo punto Via Roma pro-segue sulla destra, immettendosinella Crosa del Pedaggio o di SanRocco. A margine della strada, nel-l’area della Bocciofila, poco primadella confluenza con il Viale dellaRimembranza, era ubicato l’anticocimitero, in origine situato pressola chiesa di San Giacomo e trasfe-rito al Pedaggio nel 1811.

L’itinerario principale si svilup-pa invece lungo la via dedicata azeffirino Bertelli, nipote del pittoreSanto. nato a Genova nel 1917,Ufficiale della Divisione CorazzataAriete, zeffirino Bertelli cadde incombattimento a Ras el Medamur,

in Cirenaica, il 3 maggio 1941.Alla sua memoria venne conferitala Medaglia d’Oro al V. M., e al suonome furono intitolate le casermedi Sabaudia e di Pordenone. All’in-crocio tra Via Bertelli e Via Romasorgeva, sino al 1960, la chiesettadi San Rocco, costruita nel 1876 insostituzione di un preesistentesacrario, demolito a seguito diampliamenti e modifiche della sedestradale.

iL foRte

Via zeffirino Bertelli proseguelungo un tratto in salita. Al culminedell’acclività, sulla sinistra, si aprela strada che dalle pendici di MonteMoro raggiunge i baluardi delForte, da cui si può apprezzare, indirezione sud, il panorama della

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valle del Lemme, chiusa dal crina-le appenninico su cui emergono lamole massiccia del Leco e la cuspi-de ferrigna del tobbio.

Le ipotesi della presenza, sullarocca tra il Lemme e il neirone, diun castellaro dei Liguri Cavaturini,e di una fortificazione romana adifesa della bretella della Postumiache percorreva la valle, restano deltutto mitiche; ma nelle sue roccetagliate e perforate, la fortificazio-ne conserva forse la traccia diun’antichissima costruzione bizan-tina, ancorata su fondamenta piùremote. Il nucleo centrale dell’arceingloba memorie dell’antico castel-lo dei marchesi di Gavi: le rampedi accesso, le due torri quadrango-lari, il muro che sale al Bastionedello Stendardo. nel 1280 è testi-moniata nel castello la chiesa diSanta Maria, che con le trasforma-zioni del 1628 venne spostata nelcortile inferiore e dedicata a SantaBarbara. L’approvvigionamentoidrico era assicurato da due pozzi;esistevano inoltre una fucina-fon-deria per la manutenzione degliarmamenti, e un mulino a mano per

quelle che venivano definite‹‹munizioni da bocca››.

Durante la signoria dei marche-si di Gavi, una delle torri del castel-lo era di proprietà dell’imperatoreFederico I, che possedeva ancheuna casa nel borgo, dono di Rossodella Volta. Occupato dai Genovesiall’inizio del XIII secolo, e inseguito dai Milanesi, da FacinoCane, dai Fregoso e dai Guasco, ilcastello torna alla Repubblica nel1528. nel 1575, durante i contrastitra la nobiltà genovese del ‹‹Porti-co vecchio›› e del ‹‹Porticonuovo››, subisce un lungo assedio,ma non viene espugnato. nel 1625resiste agli attacchi delle miliziefranco sabaude che hanno invaso lavalle del Lemme. Lo stesso accadedurante l’assedio posto dagliaustriaci nel 1747. nel 1799, dopola sconfitta di novi, resta l’unicafortificazione occupata dai francesiin Italia. In seguito, esaurita la suafunzione militare, viene adibito,con varie modalità, a casa di rele-gazione: stabilimento penale dal1848; carcere mandamentale dal1891 al 1907; campo di prigionieri

nella prima e nella seconda guer-ra mondiale.

Venustà e potenza si congiun-gono in questo monumento cheper singolare destino l’Ottocentoe il novecento ci hanno traman-dato quasi incorrotto. Attorno al

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In basso, il Forte in una topogra-fia del XVII secolo

Nella pag. a lato, veduta aereadel Forte da Ovest con la cortinadi S. Barbara tra il baluardo di S.Bernardo e quello di S. Maria

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mastio massiccio, sulla vetta emi-nente, si sono sviluppati col tra-scorrere dei secoli i baluardi di pro-tezione. Quelli più vetusti vennerorealizzati nella prima metà delQuattrocento. nuove opere sotto ladirezione di Gio Maria Olgiatisono testimoniate tra il 1536 e il1540. nel 1628 i lavori di rafforza-mento, progettati da Fra’ Vincenzoda Fiorenzuola, hanno suggellatole inconfondibili peculiarità deicontrafforti audaci e possenti. Altriinterventi sulle strutture venneroeseguiti nel 1727 dall’architettomilitare Pietro Moretini, comericorda una lapide posta sul fronta-le della ridotta di Monte Moro.Ulteriori opere sono segnalate nel1745.

nell’andito entro la torre a fian-co della porta romanica, permanela traccia visibile della dominazio-

ne lombarda e della signoria dellaRepubblica: il biscione visconteoaccanto alla croce genovese. Il cor-tile superiore è chiuso dalle muratecompatte degli edifici che ricorda-no la casa di pena. Ma i bastioni ele ridotte presentano una monu-mentalità armoniosa. Il disegnoordinato degli arredi architettonici,la simmetria delle luci, i cammina-menti di ronda, i ponti levatoi erelative torri di rinfianco coronateda pinnacoli decorativi, conferisco-no al fortilizio un contenuto d’artedegno di un pacifico castello resi-denziale.

Convento di n. s. deLLe

GRazie di vaLLe

tornati in Via Bertelli, si prose-gue verso est. Poco oltre il nuovocimitero, appare, isolato sulladestra della strada, il convento

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dedicato a n. S. delle Grazie. nellalocalità, comunemente indicatacome Valle e ricordata per la primavolta nel 1260, sorgeva un’edicolaornata dall’effigie della Madonnacol Bambino, dove predicò SanBernardino tra il 1429 e il 1431.nel 1455, sul sacrario vennecostruita una cappelletta dedicataalla Vergine, e alla vecchia imma-gine della Madonna si aggiunseuna statua del Santo fatta erigere daSpinetta Fregoso, all’epoca signoredi Gavi. nel 1466 fu edificata unachiesa più ampia intitolata a SanBernardino, che nel 1582 avevaancora un solo altare. Accanto allachiesa sorgeva l’abitazione delcappellano: ‹‹domus contigua inqua cappellanus habitat››. Intornoal 1590 si gettarono le fondamentadel monastero di n. S delle Graziesotto la direzione di Gavino Ponte,‹‹sovrastante›› ai lavori per contodella Repubblica di Genova. tra lafine del XVII secolo e i primidecenni del successivo la chiesa furistrutturata ed ampliata. Il muro direcinzione del convento vennecompletato nel 1771. Alla fine delSettecento, durante la dominazionefrancese, il monastero fu trasferitoal demanio pubblico. L’istituzione,officiata in origine dagli Agostinia-ni, passò per breve tempo ai Car-melitani, e venne assegnata ai FratiMinori Osservanti nel 1599, come

attesta un documento d’archivioredatto dal notaio gaviese nicolòMontagna.

La costruzione, che sorge amargine di un piazzale ornato daippocastani, forma un quadrilaterodelimitato dalla chiesa ad ovest edall’edificio conventuale sugli altrilati, con chiostro, giardino e clau-sura. Il paramento esterno dellachiesa, di estrema semplicità manotevolmente sovradimensionatorispetto all’alzato dell’interno, pre-senta un coronamento a doppiospiovente e un frontale scandito dalesene a modesto aggetto. Sullafacciata sono inserite due apertureogivali a lato del portale, e una cen-trale quadrilobata. L’ingresso è sor-montato dall’affresco sbiadito diun fregio mariano, preservato nellaridipintura della facciata. Sul qua-drante superiore si aprono due fine-stre (quella di sinistra posticcia),mentre il campanile, collocato sulperimetro orientale del convento, èsormontato da un gugliotto tronco-

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Nella pag. a lato, Convento diValle, scorcio del chiostro (sec.XVI).Alla pag. successiva, Convento diValle, prospetto esterno

In basso, il Convento di Valle inuna carta della prima metà delSeicento

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conico. A margine dell’accesso allaclausura, quasi continuazioneesterna del chiostro, prospetta sulpiazzale il portico dei pellegrini,delimitato da tre arcate sostenuteda colonne e tetto in coppi.

L’interno della chiesa presentaun’architettura basilicale tributariadelle esperienze rinascimentali, purnella consapevole modestia espres-siva, con tre navate definite da pila-stri monolitici e volte a bottemediocremente decorate. La balau-stra del presbiterio fu realizzata daun magister Dominicus, scalpelli-no, nel 1641. L’altare maggiore inmarmo sostituì nel 1754 quello ori-ginario in muratura. Dal 1954 al disopra dell’altare è posta l’immagi-ne della Vergine delle Grazie, inprecedenza collocata al centro delcoro. Secondo la tradizione l’operaornava il pilastro dell’edicola sacrapresso cui predicò San Bernardinointorno al 1430. Peraltro l’icono-grafia e il ductus del dipinto costi-

tuiscono un calco puntuale dell’af-fresco, assegnabile alla fine del XVsecolo, che orna la parete di fondodella chiesa di Sant’Innocenzo diCastelletto d’Orba. In realtà, il qua-dro conservato nel convento diValle presenta anche, nel quadrantesuperiore, due figure di angeli. Masi tratta di una integrazione che tra-disce l’intervento di qualche volen-teroso dilettante del XVIII secolo.

L’altare maggiore è contornatoda sei sacrari, situati lungo i muriperimetrali delle navate laterali ededicati a San Francesco, allaMadonna delle Grazie, a San Pas-quale Baylon, a San Bovo, a San-t’Antonio da Padova e all’Immaco-lata Concezione. tutti gli altarifurono posti in opera tra il 1754 e il1755 in sostituzione di quelli pre-cedenti. L’altare dell’ImmacolataConcezione era, sino al 1891, con-sacrato a San Bernardino. Sull’al-tare di San Bovo è collocata unastatua lignea del titolare, riferibile

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al primo decennio del XVIII seco-lo. nella festività del Santo si tene-va sul sagrato una fiera di bestia-me.

Una statua in marmo, conserva-ta nel Convento, propone una inter-pretazione molto realistica dellafigura emaciata di San Bernardino.Il Santo regge con la mano destrauno scudo con trigramma, e con lasinistra un libro aperto su cui èscolpita in lettere capitali la frase‹‹Pater manifestavi nomen tuumcoram hominibus omnium››. Sulbasamento sono incisi la scritta‹‹1455 Fece fare il N° Spineta daCampofregoso›› e lo stemma delcommittente.

nel pavimento della chiesa

erano postenumerose lapi-di di sepolturesettecentesche,scomparse aseguito di varirifacimenti del-l ’ i m p i a n t i t orealizzati nelsecolo scorso. L’organo, opera del-l’artigiano Camillo GuglielmoBianchi, venne installato nel 1900.

Pur trattandosi di una costruzio-ne religiosa, il convento sviluppanel chiostro elementi comuni all’ar-chitettura civile rinascimentale, peril rilievo assegnato ai portici e allelogge. Il complesso risulta partico-larmente suggestivo nella scansionedei pilastri e dei voltoni a tutto sestodel piano terra; scansione che siripete, parzialmente, al primo piano,nelle otto arcate divise a due a dueda colonne su un loggiato apertoanche verso l’esterno.

Al fondo della galleria del chio-stro, una pittura murale databileintorno al quarto decennio dell’Ot-tocento raffigura l’Albero dellaSantità Francescana, mentre sullaparete di un’edicola nell’orto delconvento residuano tracce di unaffresco dell’Immacolata, eseguitonella seconda metà del XIX secoloda Francesco Montecucco, ma deltutto illeggibile nella grafia origi-naria.

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A lato, Convento di Valle, statuadi S. Bernardino (1455)

In basso, Convento di Valle,Madonna delle Grazie (sec. XV)

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L’area rurale del comune diGavi è molto ampia, punteggiatada insediamenti che conservanospesso vocazione agricola, fra cuiemergono le suggestive architettu-re delle ville rinascimentali ebarocche. Veri e propri palazziedificati tra gli appezzamenti colti-vi, oggi centri direzionali di azien-de di produzione del ‹‹Gavi›› e inqualche caso residenza dei pro-prietari. Le note che seguono pos-sono essere lette anche come uninvito a percorrere le agevoli colli-ne del territorio, utilizzando l’autosoltanto per gli spostamenti lungole principali vie di fondovalle.

La stRada deL LeMMe: Le viLLe

CentuRiona e toLedana e La

boRGata di seRMoRia

Percorrendo in direzione sud lastrada del Lemme (provinciale160), dopo il ponte alla con-fluenza con il rio Ardana,costruito in muratura nel1809, si transita in prossimitàdel vecchio Maglietto, che datempo ha abdicato all’origina-ria funzione. Sulle colline chesegnano l’alta destra orografi-ca del torrente emergono lacascina di Prete Gaetano e la

masseria Morgassi, già ricordatanell’anno 1006 come Mauregasi.

Sui rilievi appena accennati delversate opposto, dopo le cascineBorrone e Sant’Antonio si stagliala villa Centuriona, costruita daAdamo Centurione nel 1556 e pas-sata in seguito ai Cambiaso. L’ipo-tesi di una progettazione dell’edifi-cio da parte dell’ingegnere militareGio Maria Olgiati, che diresseinterventi di ristrutturazione delforte di Gavi, appare indiziaria enon documentata. Sicuramenteevocano architetture militari latorre sull’angolo esterno coronatadal cammino di ronda e, come cimostrano vecchi disegni ottocente-schi, le mura che racchiudevano lavilla, oggi eminente fra costruzionirustiche e case coloniche. I portalid’ingresso in pietra ripetono motivia bugnato e a punta di diamante,

Nella pag. a lato, colline e vignetidel «Gavi».Alla pag. seguente, la Centuriona

suLLe CoLLine deL «Gavi»

Sopra, la Centuriona in un dise-gno di Pasquale Domenico Cam-biaso (1848)

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consueti nelle decorazioni dellearchitetture civili di Gavi. Il porta-le esterno è sovrastato dallo stem-ma dei Centurione con l’indicazio-ne dell’anno 1556. nell’ambitodella villa esistevano due cappel-lette ricordate nel 1582 sotto il tito-lo di San Giovanni Battista e dellaSanta Croce. Una delle cappellettevenne ricostruita nell’Ottocento ededicata a nostra Signora delRosario. nell’aprile del 1814 fuospite della Centuriona il maggioreinglese Byrnstiel, che si insediò nelforte di Gavi dopo la resa del capi-tano Bernardino Poli, comandantedel presidio francese.

Da un famiglia di contadini,mezzadri dei marchesi Cambiaso,nacque alla Centuriona, nel 1764,Bartolomeo Carrea, insigne sculto-re neoclassico. Allievo a Genova dinicolò Stefano traverso e in segui-to collaboratore del Maestro, Bar-tolomeo Carrea fu Accademico dimerito e direttore della scuola discultura alla Ligustica. Le sueopere conservano, nella classicitàdelle forme, tutta la grazia della

maniera tardo settecentesca. Morì aGenova nel 1839. tra i suoi lavoriin marmo si ricordano, nel capo-luogo Ligure, il monumento fune-rario a Costanza De Fornari inSanta Maria del Prato, oggi smem-brato e in parte murato nel chio-stro; la Speranza sulla facciatadella chiesa di San Siro; il distruttobassorilievo la Commedia cheornava una delle metope del pro-nao del teatro Carlo Felice; ledecorazioni a stucco dello stessoteatro e quelle del salone consiglia-re di Palazzo tursi. tra le sculturelignee si segnalano, per la suggesti-va eleganza formale, l’Immacolatanella chiesa della Concezione aGenova e, quasi repliche di unidentico soggetto, le statue dell’As-sunta nell’oratorio dei Bianchi diGavi e di Serravalle, nell’oratoriodi San Carlo e nella chiesa parroc-chiale di Arquata Scrivia, nonchéquella dell’Immacolata nel conven-to dei Cappuccini di Voltaggio.

Dalla Centuriona si possonoraggiungere, percorrendo i duerami della strada interpoderale alla

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base della collinetta su cui sorgonole cascine Pizzi e Castelletto, lavilla toledana, che si scorge pocodistante, e la più lontana localitàPomarolo, testimoniata comePomariolo nell’anno 1006, in cuiresiduano pochi ruderi di un vetu-sto cascinale. nell’ampia area pia-neggiante tra le ville Centuriona etoledana, il 6 giugno 1798 unadivisione Sabauda sconfisse i gia-cobini che avevano costituito l’ef-fimera ‹‹Repubblica Democraticadi Carrosio››.

La toledana venne edificatadagli Imperiale intorno agli annicentrali del XVI secolo e passò inseguito ai Lercari e ai Cambiaso.L’edificio, ampio ma privo di ricer-catezze architettoniche, si caratte-rizza per le due torri asimmetricheche si ergono sugli angoli esterni.

Peraltro la villa è raffigurata menoampia e priva di torri in una rileva-zione topografica del 1648, e inuna mappa della seconda metà delXVIII secolo. Con due torri piùbasse delle attuali, e un solo piano,è rappresentata in un disegno del1819. Il secondo piano e la soprae-levazione delle torri vennero rea-lizzati alla fine dell’Ottocento. Sulportale d’accesso campeggia lo

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A lato, lo scultore BartolomeoCarrea, nato alla Centurionanel 1764

In basso, la Villa Toledana

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stemma marmoreo dei Cambiaso.Un campaniletto sul lato occidenta-le dell’edificio indica la presenzadi una cappella gentilizia, già ricor-data nel 1582 con la dedicazione aSanta Maria, e oggi titolata allaMadonna della Misericordia.

Alla villa appartenevano nume-rose masserie del territorio e ilmulino della Campagnola, posto avalle della cascina omonima, lungoil greto del Lemme. La roggia delmulino si alimentava, poco più asud, nell’ansa del torrente sovrasta-ta dalla borgata di Sermoria, cheprende nome dalla famiglia Sal-moira, testimoniata nella localitàdal XIII al XIV secolo.

La borgata, inclusa nei confiniamministrativi del comune diGavi ma dipendente dalla par-rocchia di Carrosio, risultaoggi pressoché spopolata(circa 20 residenti nel 1999).nei primi decenni del secoloscorso contava un centinaio diabitanti e alcuni essenzialiesercizi commerciali: unarivendita di generi alimentarie di tabacchi, il forno, l’oste-ria. A margine della strada che

attraversa il piccolonucleo rurale sorge unacappelletta, già eviden-ziata in una mappa tardosettecentesca ma rico-struita nel 1911 e dedi-

cata alla Vergine del Carmine. Ledecorazioni sul frontale, eseguitenello stesso anno, e in cui eranoraffigurati San Rocco, San Giusep-pe e la Madonna col Bambino,sono state sostituite nel 1992 condipinti a tempera di analogo sog-getto. Sulla parete esterna dellacappelletta, lato est, è posta unalapide con la scritta ‹‹O passeggernon ti sia grave - chinare il capo erecitare un’Ave››.

suLLa via di àLiCe

Dopo il ponte di Borgonuovo, lastrada provinciale 170 raggiunge lafrazione di àlice. Un’ampia areaall’inizio del percorso, sulla destra,è occupata dal centro sportivo

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A lato, la borgata diSermoriaIn basso, vecchie casedi Alice; alla pag.seguente, S. Fermo,parrocchiale di Alice

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comunale, con piscina e strutturacoperta polivalente. In questo trattodell’itinerario sono testimoniatenella documentazione storica lachiesetta della trinità, officiata daiRossi prima della costruzione del-l’oratorio in Borgonuovo, e la cap-pelletta di San Sebastiano.

Il percorso raggiunge il sobbor-go di àlice addentrandosi nellavallecola del rio Ardana, su cuiprospettano, a levante, le cascineFrattacci, San Martino, del Ponte ezerba e, a ponente, le due Sorriva eCà da Bosio. Da àlice la provin-ciale prosegue per Bosio, mentreall’interno del nucleo urbano unaminore diramazione raggiunge lecascine Maruffo e Cantiga, e siinoltra verso zerbetta e Raineri,sfociando a Ca de’ Piaggio.

La località sorge sul ciglioneoccidentale del rio Ardana, ed ètestimoniata dagli inizi del XVIsecolo: nel 1508 la famiglia àlice,che ha derivato il nome dal villag-gio, partecipava all’amministrazio-

ne del comune di Gavi designandoun proprio rappresentante. In uncensimento del 1623 vengono asse-gnati ‹‹80 fuochi e 439 anime›› ainuclei di àlice, Sorbetta (zerbetta)e Rovereto, ma si tratta di un datoglobale, che non fornisce dettaglisulle singole unità demiche. nel1890 àlice contava 450 abitanti.nel 1999 risultano censiti circa 200residenti.

La chiesetta primitiva è ricorda-ta nel 1582 come oratorio dedicatoa Sant’Antonio: ‹‹Oratorium S.Antonij in villa Arzii››. All’iniziodel XVII secolo l’altare venneornato da una statua lignea delmartire veronese San Fermo, alquale nel 1671 fu titolata l’istitu-zione. Un secolo dopo, la chiesa èancora indicata come cappellarurale. L’edificio, che sorgeva nelsito dell’attuale parrocchia, al difuori del nucleo urbano, con l’in-gresso verso il torrente Ardana, fuampliato nel 1834 modificandonel’orientamento, e ricostruito nel

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1865. All’interno vennero posti inopera tre altari dedicati a SanFermo, alla Madonna e a Sant’An-tonio Abate. Decorata e dipintasotto il rettorato dell’alicese Mat-teo traverso tra il 1880 e il 1884, lachiesa, che dipendeva dalla prevo-stura di Gavi, fu eretta in parroc-chia nel 1936. L’altare maggiorevenne consacrato dal cardinaleGiuseppe Siri il 14 agosto 1971.

iL santuaRio deLLa Madonna

deLLa GuaRdia suL CoLLe dei

tuRChini ai nebbioLi

La provinciale 168 inizia all’u-scita del ponte di Borgonuovo esale verso i nebbioli. Dopo unbreve tratto, minori diramazionisulla sinistra conducono alle casci-ne Colombara, Costa, Bellora,Luciana, ernesto. Sulla destra siprofila l’altura di Forneto, dovevenne costruito intorno al 1760 un

sacrario, in cui fu collocata la sta-tua della Madonna col Bambinoche oggi sovrasta l’altare maggioredel Santuario della Guardia. nel1800 la cappelletta di Fornetovenne distrutta nel corso dellevicende belliche tra francesi eaustriaci, e la statua, riportata aGavi, fu custodita prima nella chie-sa dei Carmelitani, poi in una abi-tazione privata e infine presso l’o-ratorio della SS. trinità. I lavoriper la costruzione del Santuarioiniziarono nel 1847 su progetto diLuigi novaro, e furono completati,con il concorso della popolazionedi Gavi, nel 1861.

La chiesa si raggiunge deviandodalla provinciale lungo un tratto inforte pendenza, che volge netta-mente a nord a margine dell’abita-to di nebbioli. L’edificio sorge alculmine del Colle dei turchini,così denominato poiché anticamen-te era di proprietà della confraterni-

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ta. ed ancor oggi i turchini cele-brano nel mese di maggio la litur-gia della Croce sul piazzale delSantuario.

L’architettura esterna del tem-pio, di vago sapore neorinascimen-tale, si presenta imponente, concopertura terrazzata e frontone adue ordini, coronato da una cimasaa semicerchio in cui è effigiatoGesù in gloria tra gli angeli. Sullacornice mediana di separazione deidue ordini è posta la scritta in lette-re capitali: ‹‹Deiparae Virginihominum custodi sacrum››. Il pro-spetto è scandito da lesene chedefiniscono, a gruppi di tre, lenavate laterali. L’accesso centrale èsormontato da un piccolo fregiodipinto a racemi stilizzati che sisviluppano dal simbolo della croce,e da una monofora quadrilobata nelmodulo di secondo ordine. Luci dianalogo disegno, ma di minoridimensioni, si aprono sugli ingres-si delle navate laterali.

L’interno, di ampie dimensionicon pavimento in marmo rossoLevanto, è strutturato a croce grecasu pilastri massicci. L’altare mag-giore è sormontato dalla nicchiacon la settecentesca statua dellaVergine; i due altari laterali sonodedicati al Sacro Cuore e allo Spo-salizio di Maria. Il concerto diquattro campane fu posto in operanel 1880. nel 1941 il Santuariovenne affidato ai Padri della Con-gregazione dei Figli di Maria, che aGavi attivarono le prime scuolemedie.

Dal piazzale del convento sipuò apprezzare un notevole pano-rama: a nord la pianura padana e lalontana cerchia alpina, in cui sidistinguono, nelle giornate limpi-

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In questa pag. e in quella a latovedute esterne e interne del San-tuario della Madonna dellaGuardia, sul colle dei Turchini

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de, il Monviso, il Cervino e ilMonte Rosa. A ovest le colline delMonferrato Ovadese. A est Gavi trala ridotta di Monte Moro e l’ansadel Lemme. A sud il Monte tobbioe il contrafforte appenninico delgenovesato.

La pieve di santa MaRia

IN LeMORIS

Da Gavi si percorre la provin-ciale 177 che, superato il ponte allaconfluenza del neirone nelLemme, prosegue verso San Cri-stoforo lungo l’antica strada di Val-legge. L’itinerario lascia sulla sini-stra le cascine Berrelli, zamblea,Carmelitana, Sgambarara, Busaro-gna e sulla destra la cascinaMignona. A tre km circa da Gavi,sul versante del Lemme, incrocia

una carrareccia che conduce allacascina Pieve. Il rustico conservanella denominazione la tracciatoponomastica dell’antica istituzio-ne, la cui millenaria struttura èancora ben salda, anche se abban-donata al più totale degrado, al cul-mine del terrazzo roccioso cheincombe sull’ansa del torrente.

Ricordata come plebs Lemorisnel XII e nel XIII secolo, la chiesaè forse succeduta a una precedenteistituzione, come sembrano confer-

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mare le pietre scolpite testimoniateda un disegno di Santo Varni del1875, e il frammento di trecciaviminea reimpiegato in una lesenadell’abside, che indicano cronolo-gie indiziariamente riferibili al Xsecolo. La pieve figura nella ratio-nes decimarum della diocesi diGenova del 1387. nel 1582 le fun-zioni liturgiche dell’istituzionerisultano trasferite alla parrocchiadi San Giacomo di Gavi, e l’anticachiesa appare in condizioni assaiprecarie, come si rileva dalle notedel visitatore apostolico, che vieta,fra l’altro, di utilizzarla come fieni-le o deposito di attrezzi: ‹‹Ne reti-neatur in hac ecclesia fenum velquidvis alium prophanum››. neisecoli successivi, il crollo dellanavata sinistra, la trasformazionein casa d’abitazione della navatadestra, la destinazione agricola delcorpo principale, segneranno ilprogressivo impoverimento dellastruttura, decaduta da centro diculto a edificio rurale.

nell’architettura della pieve siriconoscono caratteri costruttivi e

stilistici che in maggiore o minoremisura richiamano aspetti comunialle chiese medievali dell’arealombarda. La muratura è prevalen-temente in ciottoli di fiume infram-mezzati da embrici d’argilla. Il pro-spetto evidenzia una struttura basi-licale con il modulo centralesopraelevato sulle navate laterali.L’abside ribassata presenta unadecorazione ad archetti binati spar-titi da sottili lesene, che si svilup-pano dal coronamento del tetto. Lostesso motivo si ripete sul frontale,secondo un disegno asimmetricocaratteristico del periodo più arcai-co dell’architettura medievale.Salvo che nell’ampio compartocentrale, contenente cinque archet-ti, ogni spazio compreso tra le lese-ne racchiude due archetti. La fac-ciata conserva, oltre il partito cen-trale abbastanza integro, parte diquello della navata laterale destra,e, ben visibile sull’altro lato, l’at-tacco della muratura frontale dellanavata sinistra. nel 1875 risultava-no ancora parzialmente leggibili

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In queste pagine, vedute dellaPieve del Lemme.In basso, la Pieve del Lemme :facciata e abside nei disegni diMarcello Remondini (1877)

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sul prospetto esterno due affreschi:i resti di una pittura murale che raf-figurava la Madonna con il Bambi-no a sinistra della porta, e un impo-nente San Cristoforo a destra,‹‹opere non tanto di antica data -annota Santo Varni - quanto dipoco valente autore››.

nell’interno sono visibili lecapriate lignee della copertura e learcate, ora murate, che comunica-vano con le navate laterali. La chie-sa era ornata da decorazioni pittori-che. Ancora Santo Varni rilevò nel1875 un’immagine della Madonnain trono e i resti di figure affiorantisul muro dell’abside, dove attual-mente residuano poche tracce leg-gibili: un’immagine di San Pietro,sufficientemente conservata, cheregge con la destra le chiavi delregno e con la sinistra il libro, intunica bigia e mantello giallo che siarrossa nelle ombre; e un altro per-sonaggio di cui resta il viso e laparte superiore della spada accantoalla testa. Quanto basta per ricono-scervi San Paolo. Le due pitture

presentano caratteri culturali e stili-stici non omogenei: la figura di SanPaolo sembra ispirarsi a modulimeno arcaici di quella di San Pie-tro, che, malgrado dichiari ancorala sua osservanza alle formule dellatarda maniera bizantina, è riferibilea un periodo non anteriore alla finedel XIV secolo.

L’edificio venne parzialmenterestaurato tra il 1978 e il 1979, conrifacimento dell’orditura lignea deltetto e copertura in coppi; fissazio-ne dell’apparato pittorico; ricostru-zione del semicatino crollato del-l’abside. Ma ‹‹solo la libera e con-trollata agibilità del monumento,la creazione di occasioni di frui-

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A lato, Pieve del Lemme, detta-glio della decorazione ad archettidella facciataIn basso interno della Pieve,lacerto di affresco rappresentanteS. Pietro (XIV sec.)

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zione e l’interessamento fattivodella popolazione potrannogarantirne la conservazione››,come sottolinea la nota redattadella Soprintendenza per i BeniArtistici e Storici del Piemonte.Fino ad oggi, il suggerimento èrimasto un auspicio.

da Gavi a RoveReto. La

viLLa Giustiniana

La via per Rovereto segue in unprimo tratto la provinciale 160sulla destra orografica del Lemme.All’inizio dell’itinerario, dopo lamasseria Quattro Pilastri, si incon-tra la Croce dei Bianchi nel sito diCampoghero (a valle dell’omoni-ma cascina), dove i membri dellaconfraternita dei SS. Giacomo eFilippo celebrano la liturgia dellabenedizione delle campagne. Pro-seguendo, si lascia sulla sinistra lacascina San Bartolomeo, sulladestra la Gambarena e la Monteso-

ra, e si giunge alla breve dirama-zione che conduce alla villa Giusti-niana, edificata dall’omonimafamiglia genovese negli ultimidecenni del Settecento. nella loca-lità sorgeva una grangia monasticadei Benedettini del Boschetto,ancora evidenziata in una cartatopografica del 1738. All’inizio delXIX secolo la villa era di proprietàdi Francesco Maria Brignole, figliodell’ultimo doge della Repubblicadi Genova.

I volumi monumentali dellacostruzione svettano al culmine diun’altura che si raggiunge dal vialealberato aperto ai margini dellastrada e vigilato da piccoli edificilaterali. Al termine della salita, unascalea a doppia rampa ornata distatue conduce alla villa, che pre-senta un prospetto leggermentemosso con elementi decorativi digusto eclettico: neoclassici nelparamento esterno; di tarda imita-zione dello stile impero nel portico

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terrazzato che contorna l’ingressocentrale. Al fondo del piazzale,sulla sinistra, sorge una chiesettacon affreschi interni, dedicata untempo all’Annunziata, che appog-gia su una piccola torre contigua,presumibilmente di epoca anteriorealla costruzione della villa.

In prossimità si scorge la mas-seria Aureliana e un poco più avan-ti sulla sinistra la cascina Gianfer-ra. Sull’altro lato della strada sidirama la provinciale 159 che sca-valca la dorsale in direzione nordest e si collega alla via dellaLomellina. Il percorso lascia sulladestra le cascine Gemmi e Merlia-na e raggiunge Rovereto, già ricor-dato nel 973 e nel 1033 fra le pro-

prietà dei marchesi di Gavi. nel1127 i marchesi donano il bosco diRovereto al monastero di tiglieto;donazione poi confermata dallaRepubblica di Genova nel 1207. Inseguito la località risulta assegnataai monaci di San Fruttuoso di Bisioche la vendono al comune di Gavinel 1343. Le terre di Rovereto,all’epoca pressoché totalmentecoperte di boschi, come ricorda iltoponimo, vennero concesse inenfiteusi alle comunità di tassaroloe di novi nel 1521, ma nel 1596erano in parte rivendicate dal mar-chese Massimiliano Spinola. Conla vendita ai privati deliberata dalcomune di Gavi nel 1682, si svi-luppò un’intensa opera di disbosca-mento e di messa a coltura dell’a-rea. Oggi Rovereto è un grossocentro agricolo di circa 300 abitan-ti. Dal punto di vista demografico,rappresenta il nucleo urbano piùimportante dopo il capoluogo.

La chiesa della frazione, in ori-gine cappella rurale dedicata anostra Signora Consolata, restòalle dipendenze di San Giacomo diGavi sino al 19 agosto 1927, allor-ché venne eretta in parrocchia dalcardinale Carlo Dalmazio Minoret-ti, arcivescovo di Genova.

Da Rovereto il percorso prose-gue sino a raggiungere Pessenti, inun’area fittamente coltivata avigneto, in cui sorgono, sulla sini-

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Alla pag. precedente, Villa laGiustiniana

In basso, Rovereto, Chiesa par-rocchiale.

Nella pag. a lato, Villa Lomellina

In basso, Crocifissione, affrescodel XVII secolo, presso la masse-ria Tagliacarne (Rovereto)

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stra della strada, la masseria Massi-miliana e la Cascina nuova, men-tre il versante orientale è punteg-giato dalle cascine Pedaggeri,Moncalvi, Piani e Livrera.

Deviando invece all’altezza delborgo lungo una stradina che correin direzione ovest, si giunge allamasseria tagliacarne, che derivala denominazione dall’omonimafamiglia testimoniata a Gavi nel1671. Sul muro di fondo di un por-ticato a margine dell’aia (probabil-mente quanto resta di un anticosacrario), è ancora sufficientemen-te leggibile un affresco che raffigu-ra la Crocifissione con le PieDonne e San Francesco. Opera dimaniera non priva di contenutid’arte, che sembra assegnabile a unpittore di cultura genovese e dienfasi barocca, attivo nei primidecenni del XVII secolo.

via deLLa MoLaRoLa

ALIAS LoMeLLina

Sino ai primi anni del Seicento,

la via della Molarola (attuale stradaprovinciale 158), saliva da Gavi alPosto dei Corsi, in cui era stanzia-to, con funzioni di vigilanza e dicontrollo, un piccolo nucleo dimilitari della Repubblica di Geno-va. Dal Posto dei Corsi la stradadeviava in direzione nord-ovest eraggiungeva tassarolo. L’itinerariovenne prolungato per un breve trat-to lungo il percorso attuale nel1613, in occasione della costruzio-

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ne della villa Lomellina, mentre ilcollegamento con novi fu realizza-to intorno agli anni trenta del Sei-cento.

All’inizio della strada sorgono,sulla destra, le cascine San Gottar-do, Monterosso, Piasina e la villaRaggio, alle falde del MonteMesma; sulla sinistra, la cascinaSan Bernardo, il cui toponimo con-serva forse la memoria dell’omoni-ma cappelletta, situata lungo lastrada della Molarola e ricordataall’inizio del XVII secolo. Risalen-do i tornanti si incontrano, ancorasulla sinistra, le diramazioni per lemasserie Fontanassa, Poggio e lepiù lontane Moschina, Scolca, Ber-gagli, Meirana. Sulla destra dellastrada, superata la cascina Sgaven-na, si giunge al Posto dei Corsi, dacui si apre il reticolo dei minori iti-nerari che conducono, verso est,alle cascine tabacchina, Bollina,Ronchetti e, verso ovest, alle casci-ne Fasciola e San Pietro.

Proseguendo lungo la provin-ciale 158 si giunge in vista dellavilla Lomellina, sul colle che flettea levante nell’avvallamento del rioGavulusso, dove si apre un laghet-to artificiale insinuato tra le cascineMonzella, Rocca superiore e Roccainferiore.

La Lomellina, edificata dall’o-monima dinastia genovese neiprimi decenni del Seicento, ostentaun’architettura sobria ed elegantenella pianta regolare e nel volumecompatto che emerge al centro diun grande parco acclive, in cuisorge la chiesetta dedicata a n. S.del Rosario. nel maggio del 1815soggiornò nella villa il ponteficePio VII, ospite di Marco Lomellini.In seguito la proprietà passò aiconti Raggio e nel 1907 venne rea-lizzata la recinzione del parco che,sviluppata lungo un perimetro diotto chilometri, include anche lavilla Mesma. Alla tenuta facevanocapo 65 cascine e l’osteria della

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Lomellina, menzionata nel 1685 inun documento che registra il tra-sporto di un mulattiere ferito, ecensita in una rilevazione catastaledel 1798 come ‹‹casa composta dadue appartamenti, cascina e stal-la››. L’osteria della Lomellina esi-ste tuttora, poco più avanti dellavilla, in prossimità della cascinaColombara, sul margine destrodella strada che scende a novi.

a sottovaLLe LunGo

La stRada di piona

A levante del nucleo urbano diGavi si apre, sulla destra di ViaBertelli, dopo l’incrocio con ilViale della Rimembranza, la stradadi Piona, da cui si può raggiungereSottovalle lungo un itinerario colli-nare soltanto in parte percorribilealle auto (chi non vuole rinunciareall’auto, può salire a Sottovalle daRigoroso, in valle Scrivia, o daCarrosio, in val Lemme).

nel primo tratto di strada, dopola cascina Borghetto sulla sinistra ela cascina Marenco sulla destra, sigiunge alla Croce dei Rossi, chesegnala la località in cui la confra-ternita omonima celebra la liturgiadella benedizione delle campagne.La strada prosegue quindi solitariaper un lungo tratto sino alla displu-viale fra Pratolungo e Carrosio;lascia a levante la cascina delle

Vigne, a ponente le cascina Rebec-chi, e sfiora la masseria Ferrua. Diqui segue un itinerario di crinale,già evidenziato nel 1648 su unacarta di G. B. Massaroti come‹‹Strada che va da Settuala aGavi››, e scende alla cascina Val-massini, il cui toponimo suggerisceun riferimento alla località ValleMaxima, ricordata nell’anno 1006tra i possedimenti della curia geno-vese nell’alta valle del Lemme. Unmuro del rustico reca incisa la data1558 intercalata al centro dal tri-gramma e sovrastata dal simbolodella croce greca. In prossimitàdella cascina sorgeva la cappellettadedicata al S. Cuore di Maria.

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Nella pag. a lato, la Frazione diSottovalle

In basso, Chiesa di S. Nicolò diSottovalle, particolare del pro-spetto esterno

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Dai Val-massini siprosegue perla cascinaValle, allependici delBric delMonte, su cuiprospettano,dall’oppostoversante, lacappelletta dinostra Signo-ra del Soccor-so, e, in lonta-nanza, lacascina Ron-chi. Sottovalle si raggiunge per-correndo l’ultimo tratto della stradacomunale che sale da Carrosio ecosteggia, sulla destra, il Cascinot-to e la cascina San Martino. Indica-ta come Gaterico nell’anno 1006 ein seguito come Getuala, la borga-ta contava 317 abitanti nel 1771 e400 nel 1890. Oggi i residenti risul-tano circa 80. nel 1625 vennedevastata dalle truppe franco pie-montesi che avevano invaso l’Ol-tregiogo genovese. Il piccoloborgo, a vocazione agricola sinoalla metà del secolo scorso, siestende a nastro sul crinale delimi-tato, a sud est, dalla Costa Canina,e conserva nelle strutture urbanetracce consistenti delle originariearchitetture rustiche e spontanee.

Sul segmento inferiore dell’abi-tato sorge la chiesa Parrocchialededicata a San nicolò di Bari. Laprima testimonianza documentaledella chiesa risale al 1457, anno incui risulta annessa alla prevosturadi Rigoroso. nel 1588 è indicatacome parrocchia autonoma nel-l’ambito del vicariato di Voltaggio.nel tempio si conserva una statuatardo settecentesca della Madonnadel Rosario e un organo acquistatonel 1885 dalla chiesa di SantaCaterina in Genova. Gli affreschidel presbiterio furono realizzati datito Bertelli negli anni Venti delnovecento.

nei pressi della chiesa è testi-moniata nel 1876 la cappelletta diSan Rocco. Al centro dell’abitato siapre, in direzione ovest, una dira-

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mazione che conduce alle cascineCasotto e Campo del Grosso; que-st’ultima già proprietà degli Scorzadi Voltaggio e in seguito dei Duchidi Galliera. nella località sorgevaun sacrario privato, ricordato nel1771.

suLLe CoLLine di

MonteRotondo

Di fronte al convento di Valleinizia la provinciale 162 che con-duce a Monterotondo, tra collinetteintensamente coltivate e punteggia-te di cascinali e case sparse. Dopoil ponte sul rio neirone, le masserietassara superiore e inferiore, adestra della strada, conservano latraccia toponomastica, e forse indi-cano l’ubicazione, dell’anticocastello di tassara, eretto dai mar-chesi di Gavi e distrutto dai geno-

vesi alla fine del XII secolo. Alevante della strada si notano lecascine Montagnara, Castellaro eCascinotti, dalla denominazioneantonomastica; proseguendo, mi -nori diramazioni interpoderali con-ducono, a ponente, alla cascinaSorli e alla villa Mela.

Monterotondo conta oggi circa200 abitanti, e si presenta come unpiccolo agglomerato urbano accen-trato sui due lati della strada, che sisviluppa a settentrione su Ca’ Filip-po e sui nuclei del Fossato e dellezerbe. L’intera area è percorsa daun reticolo di itinerari che raggiun-gono le cascine Gagliana, Bosco,Poggio e Gattomorto a nord; Cap-pelletta, Valletta, Gionisi e Balaivia sud; e si espandono, a est, versole numerose case sparse che gravi-tano su Serravalle.

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Nella pag. a lato, Chiesa deiSanti Cosma e Damiano di Mon-terotondo.In basso, Frazione di Montero-tondo

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I primi riscontri documentali suMonterotondo risalgono al 1171, esono riferiti alla chiesa rurale deiSanti Cosma e Damiano. nel 1204e nel 1205 nella località vengonomenzionate le aree agricole Monti-cello e Valletta. nel 1499 è nuova-mente ricordata l’antica chiesa,ristrutturata per iniziativa dei Gua-sco signori di Gavi (e lo stemmadei feudatari è leggibile sull’edifi-cio, da tempo sconsacrato, cheancora esiste sul colle in prossimi-tà della villa Sparina). nel 1623 laborgata contava 40 fuochi e 215anime, ma nel 1647 la chiesa vienedefinita sine cura, cioè istituzionesenza obbligo di funzioni in un’a-rea scarsamente popolata. La chie-sa attuale fu eretta all’inizio delXVIII secolo con il contributo diCarlo Lomellini, e inaugurata il 30settembre del 1703 sotto il titolodell’Immacolata e dei Santi Cosmae Damiano. nel 1798 è ancoraricordata come cappella rurale. Larichiesta di elevare la chiesa a par-rocchia fu avanzata al papa Pio VIIda Marco Lomellini, che ospitò ilpontefice nella villa Lomellina il18 maggio 1815. Peraltro il titolo

parrocchiale fu riconosciuto soltan-to il 6 febbraio 1833. Un secolodopo la chiesa di Monterotondovenne designata quale prevosturadal cardinale Carlo DalmazioMinoretti.

daLLa CheiRasCa a

pRatoLunGo. Le CoLoMbaRe

e santa seRaffa

Procedendo in direzione estlungo la strada di Valle (provincia-le 161), si incontra, sulla destra, uncentro commerciale. A marginedell’insediamento, inizia una brevediramazione che tocca le cascineCheiraschetta, Orto e Fornace egiunge alla villa Cheirasca, edifica-ta nel XVII secolo dai Ricchini dinovi e passata intorno al 1870 aiRomanengo di Genova. La costru-zione, in parte adibita a filanda nel-l’Ottocento, presenta un’architettu-ra elaborata e complessa, svilup-pata su un quadrilatero esterno cheracchiude due cortili interni. Ilmodulo occidentale su tre pianicostituiva il segmento residenziale;il modulo di levante, caratterizzatoda un sottotetto aperto su una seriedi archi a tutto sesto sostenuti da

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colonne, testimonia la destinazionea rustico della struttura. Sulla fac-ciata, a lato del portale d’ingresso,è posta la chiesetta dedicata allaMadonna della Salute. Il frontaleesterno e quello che prospetta sulprimo cortile interno sono decoratida due meridiane affrescate.

tornati sull’itinerario della pro-vinciale 161, si raggiunge il pontesul torrente neirone, presso ilquale esisteva una cappelletta dedi-cata a San Giorgio. A margine delponte una deviazione sulla destra,segnata dalla cascina Ptuin, immet-te nella vellacola di Pratolungo.Sulla strada si aprono i percorsi checonducono, sul versante ovest, alCascinotto, alla masseria Piacenti-na (già evidenziata in una carta del1785), alla cascina Monfrei, e più

avanti ai zerbi e a Ca’ da Meo. Sulversante est si dirama la stradinaper la villa Colombare e il cascina-le Santa Seraffa, mentre una devia-zione a nord raggiunge la cascinaBughea.

La villa Colombare venne edifi-cata dagli Spinola probabilmenteall’inizio del XVII secolo. L’edifi-cio forma un grande recinto qua-drato, protetto dalle mura dei fab-bricati rustici e vigilato da torrilaterali, già rappresentate in unrilievo topografico del 1648. Ledue strutture sorgono ai lati oppostidi una costruzione rurale, sviluppa-ta in lunghezza su un solo piano,con finestre protette da inferriatealte da terra. Le torri sono a piantaquadrata, con scale d’accessoinglobate in corpi cilindrici esterni,

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Nella pag. a lato, Villa Cheirasca

In basso, Frazione di Pratolungo

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addossati alle murate che guardanoa levante e sovrastati da un insolitotetto conico. Il palazzo residenzialeoccupa il lato settentrionale dellamasseria, e prospetta su un giardi-no dove si conservano frammentimedievali forse provenienti dal-l’antico monastero di Santa Seraf-fa, che sorgeva poco distante.

La cella monastica cistercensedi Santa Seraffa è già documentata

nel 1191. nel 1228 ospitògli ambasciatori del comu-ne di Milano e i delegati diGenova e tortona a conclu-sione della guerra per ilpossesso di Arquata eCapriata. testimoniata indocumenti relativi alla ces-sione di aree rurali nel1260 e nel 1302, e in lette-re del duca di Milano del1369, è indicata come chie-sa e cascina nell’Atlantedel Massaroti del 1648, ecome cappella rurale nel1668. Il toponimo di SantaSeraffa si è conservatonella cascina omonima,forse sorta sulle rovine del-l’antico monastero. Ilcascinale sovrasta l’altura aest delle Colombare, lungoun antico percorso che rag-giungeva la valle Scrivia,poi emarginato dalla galle-ria che collega la strada di

Pratolungo con i Moriassi diArquata.

nell’area delle Colombare èmenzionata dalla documentazionestorica un’altra istituzione religio-sa: il cenobio femminile di SantaSabina, dipendente dal monasterobenedettino genovese di Sant’An-drea della Porta e ricordato tra il1231 e il 1268. nel XVII secolo leterre di Santa Sabina sono elencate

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A lato, una delle due torridelle Colombare vista dalcortile.Nella pag. a lato, in alto,Palazzo-fattoria detta leColombare

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tra le proprietà della famiglia Spi-nola. Oggi dell’antica istituzionenon resta che una vaga tracciatoponomastica nel c. d. campo diSavina, a nord ovest delle Colom-bare.

Proseguendo, si lascia a sinistrala masseria Camprese e più lonta-no, sulla costiera di Arquata, lamasseria Poggio, e si giunge all’i-nizio dell’abitato di Pratolungo,suddiviso nei due nuclei di Prato-lungo inferiore e superiore. Il paeseera incluso, sino al XIV secolo, trai possedimenti dell’abbazia di Pre-cipiano. nel 1623 contava, unita-

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In basso, Chiesa di Santa Mariaad Nives di Pratolungo.

A pagina 94, le «Fabbriche» diGavi

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mente a Sottovalle, 100 fuochi e521 anime. nel 1877 risultano cen-site, per la sola frazione di Prato-lungo, 600 presenze. nella borgatavivono oggi circa 150 abitanti.

Prima dell’ingresso in paese,sulla destra, sorge la cappelletta diSan Salvatore. Il sacrario conservala titolazione di una chiesa testimo-niata nel 1196 a Pratolungo subta-no tra le filiazioni del monastero diPrecipiano. nel 1410 l’istituzione èindicata come chiesetta campestre.nel 1457 l’‹‹ecclesia vacante etsine cura›› di Pratolungo inferioreviene assegnata unitamente a Sot-tovalle alla parrocchia di Rigoroso.nel 1631 risulta officiata comeoratorio. Danneggiata dalle pienedel neirone nel 1736 e nel 1771, lacappelletta venne ricostruita nel1876.

Da Pratolungo inferiore si pos-sono raggiungere, percorrendo sen-tieri e stradine che risalgono adovest, verso la dorsale della val

Lemme, le cascine Rovereto e Pun-tarola, la masseria torre e il nucleorurale Casanova. Sul versante diArquata prospettano invece lecascine Biasino, Gazzolo, Casalun-ga e Vignerese, in prossimità delSantuario della Madonna delleGrazie di Pratolungo superiore.Poco distante, in direzione nord,sorge la cascina Cuculo.

Il Santuario della Madonnadelle Grazie era in origine la chiesaparrocchiale del borgo, ricordatanel 1360 come Santa Maria adnives e dipendente dal vicariato diVoltaggio. La titolazione e le fun-zioni parrocchiali passarono suc-cessivamente all’attuale chiesa,costruita in posizione centrale tra idue nuclei abitati nel 1604. nellanuova parrocchiale si conserva unaltare maggiore con paliotto mar-moreo, acquistato nel 1808 dalconvento dei francescani di Capria-ta, e una statua lignea policromadella Madonna del Rosario, realiz-

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zata dallo scultore Luigi Monte-cucco. Il frontale è decorato da unaffresco della Vergine assegnabilealla seconda metà del XIX secolo.

L’edificio di fronte alla canoni-ca fu donato alla parrocchia da donGiovanni zerbo nel 1859 per ospi-tarvi le scuole elementari. nellostesso periodo deve essere ricorda-to un altro sacerdote del paese,Giuseppe zerbo, studioso e cultoredi archeologia, che identificò inCanneto, a Genova, la casa in cuiaveva soggiornato Santa Caterinada Siena nel 1376, e nella quale, il18 ottobre dello stesso anno, si eraincontrata con il papa Gregorio XI.

daLLe fabbRiChe a

san defendente, suL Confine

di seRRavaLLe

Proseguendo dal ponte sul nei-rone lungo la provinciale 161 indirezione est, si giunge al nucleoFabbriche, che prende nome da unvecchio stabilimento per la produ-zione di fiammiferi, testimoniatonella località alla fine del XIXsecolo, di cui esiste tuttora l’edifi-cio, isolato sulla destra della strada.Sulla collinetta di fronte alle Fab-briche è segnalata, nel XVII seco-lo, una chiesa dedicata a Sant’An-drea. nell’area, tra condomìni direcente costruzione, si aprono lediramazioni che conducono, aovest, alla cascina Valle e a nord,

dopo la Lungarola (già ricordata inun documento del 1205) proseguo-no toccando le cascine Ciapazzo,Careni, Gaviotti e Porte di Ferro.

La provinciale raggiunge inve-ce la cappelletta di San Defenden-te, che sorge sulla destra della stra-da. La costruzione, forse secente-sca, venne riedificata nel XIXsecolo, con il caratteristico avan-corpo formato dal prolungamentodei due pioventi del tetto, sorrettida pilastri laterali. Il ruscello chescorre presso la cappelletta, indica-to nel 1202 come Lavandara,segnava l’antico confine tra laRepubblica di Genova e lo Stato diMilano.

Di fronte al sacrario, sulla sini-stra della strada, si apre la valleco-la punteggiata dalle cascine Buon-tempo, Crenna, Franchi e dal pic-colo nucleo rurale di Montecucco,che conserva nel toponimo lamemoria del castello, edificato daimarchesi di Gavi sul confine con idomini tortonesi, e ancora ricorda-to nel 1352. Dalla cappelletta diSan Defendente, la provinciale 161raggiunge la galleria della Crenna escende a confluire nella statale 35,collegando il bacino del Lemmecon le aree industriali della mediavalle Scrivia.

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Per la storia di Gavi resta fonda-mentale l’opera di CORneLIO DeSI-MOnI, Annali Storici della città diGavi e delle sue famiglie dal 972 al1815, Alessandria 1896, che puòessere utilmente integrata dagli Attidei Convegni: Il Barbarossa e i suoialleati Liguri - Piemontesi, a cura diCARLettO BeRGAGLIO, Gavi 1987, eGavi, tredici secoli di storia in unaterra di frontiera, a cura di LAURA

BALLettO e GIGLIOLA SOLDI ROnDI-nInI, Gavi 2000. Per le architettureurbane, le ville rurali e le istituzionireligiose, con l’ormai classica operadi teOFILO OSSIAn De neGRI -CARLO CeSChI - nOeMI GABRIeLLI,Arquata e le vie dell’Oltregiogo,torino 1959, si ricordano gli articoli,molto puntuali e documentati anchesu specifici particolari di interesselocale, di Carletto Bergaglio e diRiccardo Bergaglio, pubblicati suinumeri unici della Pro Loco, Mille-nario di Gavi (1972); Ieri e oggi diGavi (1975) e Fatti e profili di Gavi(1983).

Sul Forte, che così profondamen-te ha influenzato la vita del borgo, siveda: VeRA COMOLI MAnDRACCI eAnnA MAROttA, Il Forte di Gavi inetà moderba e contemporanea,Alessandria, Cassa di Risparmio diAlessandria, 1994; FRAnCeSCO PeR-nICe, Il Forte di Gavi, torino, Celid,Soprintendenza per i beni ambientalie architettonici del Piemonte, 1997.

Sulla chiesa di San Giacomoun’analisi storico-architettonica è

fornita da VALentInA FILeMIO, LaChiesa di San Giacomo di Gavi, in«novinostra», n. 1, 2003.

Uno studio approfondito sullestrutture edilizie della città nel lorosviluppo cronologico è condotto daPAOLA BeRtOLInA nella monografia:Analisi del tessuto urbano dellacittà di Gavi, pubblicata su novino-stra, nn. 1-4, 1996. Per il patrimoniod’arte conservato nella località unriferimento essenziale è costituitodal lavoro di GIOVAnnI MeRIAnA –GIUSePPe MAnzIttI Le valli delLemme, dello Stura e dell’Olba,Genova 1975. Per gli oratori, conl’ampia monografia di Mons. GIU-SePPe GALBIAtI, Le tre confraternitedi Gavi Ligure. Benemerenze reli-giose, civili, sociali. Uomini illustri,Genova 1949, e lo studio di LORen-zO tACCheLLA, La visita apostolicadi Francesco Bossi alla Pievania diGavi, Gavi 1987, risulta di utile con-sultazione l’opuscolo: Le tre Con-fraternite di Gavi, Voltaggio 2000.

Un utile guida per la conoscenzadella cittadina e del suo territorio:AntOneLLA RAthSChüLLeR FRAnCe-SCO SAnI, Gavi e le colline del corte-se, Genova, Sagep. 1995

Ringrazio il dott. GianlucaAmeri per l’amichevole collabora-zione.

Per informazioni sulle altre pubbli-cazioni dell’Accademia Urbense siveda il sito:

[email protected]

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bibLioGRafia essenziaLe

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Questo volume, a cura dell’Accademia Urbense,

è stato impresso nel mese di Febbraio 2004

dalla tipografia E. Canepa s.a.s.

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