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ONTOLOGIA TRINITARIA E SOCIOLOGIA RELAZIONALE: DUE MONDI A CONFRONTO G. Maspero (PUSC, Roma) 1. INTRODUZIONE Citando la bella espressione di Paolo VI, contenuta nella Populorum Progressio 85, « il mondo soffre per mancanza di pensiero », Benedetto XVI, al n. 53 della Caritas in Veritate, auspica un nuovo approfondimento intellettuale a livello antropologico e metafisico: “Un simile pensiero obbliga ad un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione . Si tratta di un impegno che non può essere svolto dalle sole scienze sociali, in quanto richiede l'apporto di saperi come la metafisica e la teologia, per cogliere in maniera illuminata la dignità trascendente dell'uomo.” Le espressioni del Sommo Pontefice possono essere lette come un invito e quasi come una provocazione rivolta agli uomini di pensiero del mondo di oggi a sviluppare “una visione metafisica della relazione tra le persone”, i cui fondamenti possono essere individuati grazie alla rivelazione cristiana. Il presente intervento è ispirato a queste parole del Sommo Pontefice, che nella sua ricerca teologica aveva già indicato la categoria della relazione come elemento di una nuova ontologia, di un nuovo piano dell'essere reso accessibile dalla rivelazione trinitaria 1 . Il termine ontologia trinitaria può essere ricondotto alle Thesen di K. Hemmerle, indirizzate sotto forma di lettera filosofica a H.U. von Balthasar 2 , ma esso indica attualmente un'ampia gamma di riflessioni 3 . Nel presente lavoro con questa espressione si intende proprio la metafisica della relazione che è stata sviluppata grazie alla rivelazione trinitaria. Lo sviluppo del dogma trinitario nel sec. IV può, infatti, essere riletto come la storia della nascita di una nuova ontologia della relazione, che andasse al di là della metafisica greca classica. Attualmente, la riflessione sull'ontologia della persona e della relazione è al centro di interessanti studi che cercano di analizzare il riflesso trinitario nella struttura dell'essere creato e nell'antropologia in particolare 4 . Si vedano, ad esempio, i lavori di J. Zizioulas 5 , di 1 Cfr. J. Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo, Brescia 1971, pp. 138-141. 2 Cfr. K. Hemmerle, Thesen zu einer trinitarischen Ontologie, Johannes Verlag, Einsiedeln 1976 (tr. it. Tesi di ontologia trinitaria, Città Nuova, Roma 1986). 3 Per una introduzione si veda: P. CODA, voce Ontologia trinitaria, in Y. Lacoste, Dizionario critico della teologiaBorla-Città Nuova, Roma 2005, p. 1412-1416; insieme a L. Žák, Premessa: Verso un'ontologia trinitaria, in P. Coda - L. Žák, Abitando la Trinità, Città Nuova, Roma 1998, pp. 5-25. 4 Per una sintesi si veda A. Cordovilla Pérez, The Trinitarian Concept of Person, in R. Wozniak – G. Maspero, Re-thinking Trinitarian Theology, Continuum, London 2011 (in stampa) 5 J.D. Zizioulas, Being as Communion, St Vladimir's Seminary Press, Crestwood 1997 and Communion & otherness: further studies in personhood and the church, T&T Clark,  London 2006. 1

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ONTOLOGIA TRINITARIA E SOCIOLOGIA RELAZIONALE: DUE MONDI A CONFRONTO

G. Maspero (PUSC, Roma)

1. INTRODUZIONE

Citando la bella espressione di Paolo VI, contenuta nella Populorum Progressio 85, il mondo soffre per mancanza di pensiero , Benedetto XVI, al n. 53 della Caritas in Veritate, auspica un nuovo approfondimento intellettuale a livello antropologico e metafisico: Un simile pensiero obbliga ad un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione. Si tratta di un impegno che non pu essere svolto dalle sole scienze sociali, in quanto richiede l'apporto di saperi come la metafisica e la teologia, per cogliere in maniera illuminata la dignit trascendente dell'uomo. Le espressioni del Sommo Pontefice possono essere lette come un invito e quasi come una provocazione rivolta agli uomini di pensiero del mondo di oggi a sviluppare una visione metafisica della relazione tra le persone, i cui fondamenti possono essere individuati grazie alla rivelazione cristiana.Il presente intervento ispirato a queste parole del Sommo Pontefice, che nella sua ricerca teologica aveva gi indicato la categoria della relazione come elemento di una nuova ontologia, di un nuovo piano dell'essere reso accessibile dalla rivelazione trinitaria1. Il termine ontologia trinitaria pu essere ricondotto alle Thesen di K. Hemmerle, indirizzate sotto forma di lettera filosofica a H.U. von Balthasar2, ma esso indica attualmente un'ampia gamma di riflessioni3. Nel presente lavoro con questa espressione si intende proprio la metafisica della relazione che stata sviluppata grazie alla rivelazione trinitaria. Lo sviluppo del dogma trinitario nel sec. IV pu, infatti, essere riletto come la storia della nascita di una nuova ontologia della relazione, che andasse al di l della metafisica greca classica. Attualmente, la riflessione sull'ontologia della persona e della relazione al centro di interessanti studi che cercano di analizzare il riflesso trinitario nella struttura dell'essere creato e nell'antropologia in particolare4. Si vedano, ad esempio, i lavori di J. Zizioulas5, di

1 Cfr.J.Ratzinger,IntroduzionealCristianesimo,Brescia1971,pp.138141.2 Cfr.K.Hemmerle, ThesenzueinertrinitarischenOntologie,JohannesVerlag,Einsiedeln1976(tr.it. Tesidi

ontologiatrinitaria,CittNuova,Roma1986).3 Perunaintroduzionesiveda:P.CODA,voceOntologiatrinitaria,inY.Lacoste,Dizionariocriticodellateologia,

BorlaCittNuova,Roma2005,p.14121416;insiemeaL.k,Premessa:Versoun'ontologiatrinitaria,inP.CodaL.k,AbitandolaTrinit,CittNuova,Roma1998,pp.525.

4 PerunasintesisivedaA.CordovillaPrez,TheTrinitarianConceptofPerson,inR.WozniakG.Maspero,RethinkingTrinitarianTheology,Continuum,London2011(instampa)

5 J.D. Zizioulas, Beingas Communion, StVladimir'sSeminaryPress, Crestwood1997and Communion&otherness:furtherstudiesinpersonhoodandthechurch,T&TClark,London2006.

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C. Gunton6 e di Ch. Schwbel7. Ovviamente questo tipo di studi deve confrontarsi con la patristica e con la riflessione dottrinale del sec. IV, la cui novit metafisica messa in particolare evidenza8.Questa linea di indagine interseca la riflessione fenomenologica conosciuta come sociologia relazionale: il riferimento principale in quanto ambito all'opera di Pierpaolo Donati, che ha recentemente pubblicato un libro estremamente interessante per la teologia e che fa direttamente appello ai teologi. Anche in questo caso si pu forse parlare di un invito e di una provocazione da parte di una persona che da anni riflette con rigore e competenza sulla fenomenologia del sociale. Il volume in questione La matrice teologica della societ.9

La tesi che si cercher di dimostrare che la ricerca sociologica di Pierpaolo Donati giunta a delle conclusioni che ricordano l'ontologia relazionale sviluppata dalla riflessione trinitaria del sec. IV e ne mettono in evidenza il valore. Concretamente, i fondamenti metafisici verso i quali punta Donati possono essere ritrovati nel pensiero di Gregorio di Nissa e nella nuova grammatica teologica sorta dalla discussioni con gli ariani. La riflessione di questo Padre della Chiesa del sec. IV ha il pregio di dare particolare rilievo proprio alla relazione, della quale svolge una profonda analisi metafisica sia per quanto riguarda Dio che per l'uomo. Per questo, la struttura della presente indagine composta di tre parti principali: 1) la presentazione degli elementi di maggior rilievo teologico della sociologia relazionale di P. Donati, in particolare attraverso un'analisi de La matrice teologica della societ; 2) a ci far seguito una ricostruzione dell'operazione metafisica connessa allo sviluppo della dottrina trinitaria del sec. IV, presentata dal punto di vista della relazione e del suo statuto ontologico; 3) in fine, si proporr un confronto tra questi due mondi cronologicamente cos lontani, ma che da una prospettiva trinitaria e relazionale sono pi vicini, forse al punto da incontrarsi. Si spera cos di mettere nello stesso tempo in evidenza la profondit radicale del dato fenomenologico e l'attualit della proposta patristica per l'uomo contemporaneo.Questo interesse per la relazione pu suscitare anche perplessit, come se si trattasse di una novit. Il punto che nella storia del pensiero umano si constata la tendenza a dare molto rilievo ad una determinata categoria proprio quando essa entra in crisi e quando tende ad offuscarsi nell'orizzonte vitale di quell'epoca. Cos oggi si parla molto di relazione proprio perch gli esiti della modernit rendono sempre pi difficili le relazioni. Siamo simili a internati in un campo di concentramento che parlano ossessivamente di quello che mangiano, e perfino si immaginano quello che mangeranno dopo la liberazione, proprio perch manca loro il cibo. Eppure, ogni crisi anche una opportunit e cos, allo stesso modo come di notte manca la luce, ma questo permette di vedere le stelle, anche oggi la crisi delle relazioni pu servire a penetrare maggiormente il dono inesauribile della rivelazione e a cogliere pi in profondit il tessuto dell'essere grazie ad una ontologia della relazione. Ci si spera possa essere d'aiuto nel superare la frammentazione dei saperi e l'incomunicabilit tra le diverse discipline che affliggono la cultura contemporanea, cos

6 C.E.Gunton, The Promise of Trinitarian Theology, T&T Clark, Edinburgh 1991.7 Ch.Schwbel, Gott in Beziehung, Mohr Siebeck, Tbingen 2002.8 Cfr.G.Greshake,DerdreieineGott,Herder,Freiburgi.Br.1997,p.454.9 P.Donati,Lamatriceteologicadellasociet,Rubettino,SoveriaMannelli(CZ)2010.

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pesantemente in crisi nel suo rapporto con la dimensione veritativa.

2. SOCIOLOGIA RELAZIONALE

2.1 Sociologia e teologia

Il primo capitolo de La matrice teologica della societ paradigmatico a questo proposito: inizia proprio dalla costatazione delle difficolt di rapporto tra sociologi e teologi. L'approccio dialettico ha portato le rispettive discipline ad una separazione assoluta, che al pi ammette un unico superficiale punto di contatto quando si parla di religione. In questo modo, sociologia e teologia non avrebbero nulla da imparare l'una dall'altra. La tesi dell'autore, invece, che si pu individuare un quadro di riferimento pi ampio che permette un rapporto sinergico tra le due discipline, le quali potrebbero trarre mutuo giovamento l'una dall'altra. Questo quadro di riferimento sarebbe costituito proprio dalla relazione, intesa come categoria sia logica che sociale, che per natura propria si propone come terreno di confronto reciproco10.Ma perch questo avvenga occorre che sociologia e teologia si riconoscano reciprocamente come scienze, cio occorre una epistemologia che possa abbracciare entrambe, unendo senza confondere e distinguendo senza separare. La proposta di Donati di ricorrere ad un'epistemologia relazionale, cio un'epistemologia che legga i suoi oggetti come relazioni. Chiaramente l'umano ed il divino non possono essere equiparati, per cui anche in questo contesto teologia e sociologia rimarrebbero in parte separate. Ma questa separazione non sarebbe assoluta e ci sarebbe lo spazio per una relazione fra le due discipline in quanto la relazione trinitaria e la relazione sociale non sono estranee l'una all'altra mi si richiamano vicendevolmente11. Questa relazione sarebbe entrata in crisi a causa del rovesciamento moderno del pensiero cristiano, consistito essenzialmente nella reinterpretazione in chiave di tesi, antitesi e sintesi della concezione trinitaria. La sintesi sarebbe solo un prodotto della contrapposizione di tesi e antitesi, cio un factum che li supera entrambi. La prospettiva relazionale, invece, presenta il terzo come relazione che unisce senza confondere i primi due elementi che sono a loro volta relazioni. Si ha cos una reciprocit totale per la quale il terzo termine non supera n elimina i termini da cui sorge, ma li porta ad unit assumendone i caratteri sia universali che specifici. Il terzo non sta dopo il primi due termini, come una sintesi superatrice, ma tra di essi. In questo modo, dice Donati, possibile universalizzare solo se si pensa l'universale come relazione12.Questo approccio essenziale per il sociologo, che, se esclude a priori la Trinit in nome di un ateismo metodologico, rischia di perdere l'elemento pi fondante del fenomeno da lui studiato. Allo stesso modo, il teologo, se non tiene conto della relazione sociale in base ad una presupposta autonomia ed anteriorit della sua disciplina, perde la capacit di sviluppare una buona teologia del mondo, diventando cos incapace di comprendere la

10 Cfr.ibidem,pp.89.11 Cfr.ibidem,p.14.12 Cfr.ibidem,p.20.

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dimensione propriamente laicale. Le espressioni di Donati sono nette: la teologia non ha ancora compreso il senso dell'autonomia contenuta nella relazione sociale come realt secolare13. Si tratta di un compito essenziale per la ricezione del Concilio Vaticano II. In questo modo l'incontro tra teologia e sociologia sul terreno dell'epistemologia relazionale permetterebbe ad entrambe le discipline di essere maggiormente s stesse, cio di essere fedeli alla propria identit. Infatti, senza reciproco riconoscimento dell'identit dell'altro non ci pu essere autentica comunicazione, perch uno dei due termini tende ad inglobare l'altro. Invece, quando la differenza trattata come relazione e non come dicotomia si pu giungere ad una comprensione pi profonda di entrambi gli elementi della relazione. Ci pu spiegare perch la concezione antitrascendente della sociologia contemporanea venga messa in scacco dalla costatazione fenomenologica che le dimensioni economica, politica ed etica continuino a stare in relazione con la religione.

2.2 Trascendenza ed immanenza

Dietro tutto questo, secondo Donati, si trova l'importanza cruciale della distinzione tra immanenza e trascendenza, distinzione che base della dimensione religiosa e che funziona correttamente solo quando intesa in senso relazionale. Infatti, se la sociologia nega questa distinzione finisce per non poter pi articolare in un modo corretto il rapporto tra societ ed individuo, in quanto o sceglie l'insieme contro l'individuo o fa il contrario. In ogni caso non pu ammettere che possa darsi contemporaneamente che la societ trascenda l'individuo, ma anche che sia immanente ad esso, cio che la persona umana possa trascendere la societ stessa ed essere irriducibile ad essa14. Cos, il minimo di religione necessaria perch la societ civile sia tale, secondo l'auspicio di Tocqueville, consisterebbe per Donati proprio nel presupposto della relazione sociale, cio nella concezione relazionale della distinzione tra immanenza e trascendenza, piuttosto che come opposizione dialettica o binaria. La caratteristica unica di questa distinzione consiste nel fatto che essa non solamente richiede sempre di eccedersi, ma consiste di questa eccedenza.15 Si tratta della realt paradossale di una distanza infinita che unisce al posto di separare e che per questo distingue. Ci fonda la possibilit stessa del dono, che sorge dalla sproporzione, ma che rende possibile la relazione, anzi la crea.La situazione contemporanea presentata da Donati come esito ineluttabile della riforma protestante, che ha reciso la relazione tra trascendenza ed immanenza, e quindi tra Dio e mondo, avendo eliminato la Chiesa come forma di mediazione tra i due termini della relazione16. Da qui sorgerebbe la crisi contemporanea, che porta Donati a dire: All'inizio del ventunesimo secolo sembra esserci un bisogno disperato di una nuova rappresentazione di Dio come essere relazionale. Vorrei ipotizzare che questa sia la

13 Ibidem,pp.2122.14 Cfr.ibidem,p.32.15 Ibidem,p.37.16 Cfr.ibidem,p.5051.

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matrice teologica del dopomoderno.17

La concezione relazionale del rapporto tra immanenza e trascendenza implicherebbe la sfida di sviluppare una nuova comprensione della laicit che sia postprotestante, nel senso che l'autonomia del creato e dell'individuo non sono intese in modo dialettico rispetto al Divino e alla Chiesa, ma in senso relazionale. Si tratta di una concezione di laicit fondata sulla filiazione, in quanto Dio vuole figli e non schiavi, immagini di suo Figlio che genitum e non factum. Proprio il riferimento alla filiazione diventa essenziale, in quanto il Dio cristiano trinitario, cio un Padre assolutamente trascendente che cos grande da potersi abbassare, cio da entrare nella storia con l'invio di Suo Figlio. La trascendenza non intesa, dunque, semplicemente come uno stare oltre, al di l di ogni possibilit di rapporto, ma la trascendenza qui intesa anche come scendere tra. Una tale trascendenza diventa sorgente di relazioni, perch essa la relazione verticale fondante che rende possibili le relazioni orizzontali tra gli uomini, i quali sono in grado di andare incontro l'uno all'altro accettando le differenze, proprio perch l'Assoluto si fa garante della dignit delle parti.Posto che ogni societ, secondo l'analisi di Donati, si organizza almeno implicitamente in base alla domanda su Dove Dio, la comprensione relazionale del rapporto tra trascendenza ed immanenza si traduce nel superamento dell'antitesi tra loro, senza nessun rischio di confonderle.

2.3 Identit e relazione

Questo apre lo spazio per un'etica pubblica, perch la possibilit di comprendersi fondata proprio su questa trascendenza che capace di distinguere e di unire stando dentro la storia, cio stando in relazione, ma rimandando oltre la storia stessa. Ogni relazione , cos, letta, a livello di analisi fenomenologica, come triadica, perch essa non pu sussistere veramente a prescindere da un tertium che apre verso l'esterno gli interlocutori e fa da sicura nei riguardi della loro differenza. In sintesi, perch siano possibili autentiche relazioni orizzontali e quindi si possa giungere ad un'etica pubblica, serve una trascendenza intesa come relazione e per questo capace di unire l'oltre ed il dentro della societ.Ci impedisce che la relazionalit possa essere intesa come relativismo, atteggiamento che in verit elimina la differenze e pone ogni cosa sullo stesso piano, conducendo di fatto al nichilismo. L'approccio di Donati, invece, legge il rapporto stesso con la verit come relazione, in quanto la Verit stessa relazione, relazione di dono, e non dialettica.Ci pu offrire una via di uscita dal paradosso contemporaneo, che esalta al massimo le differenze culturali e nello stesso tempo toglie valore proprio alle differenze, perch le mette tutte sullo stesso piano, riducendo ogni cosa ad un minimo comun denominatore che non significa altro che una massima comun povert. Ne risulta una societ che esalta la differenza ma produce indifferenza. Cos, nell'epoca che teorizza le differenze

17 Ibidem,p.55.

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culturali, le differenze culturali scompaiono18. Ci dovuto al fatto che non si pu trovare pi nulla tra le differenze, nulla che le connetta e le ponga in relazione. Secondo Donati la causa di ci va ricondotta alla matrice teologica della societ attuale, matrice che priva di relazionalit. Il recupero della matrice autenticamente cattolica, e quindi trinitaria, permetterebbe di evitare nello stesso tempo l'indifferentismo e lo scontro di civilt. Solo a partire da una trascendenza intesa in senso relazionale si pu fondare una autentica libert perch quest'ultima si rivela sempre pi come un fenomeno relazionale, come interazione fra19.Ma non pu esserci libert se il soggetto non pu conservare la propria identit, non pu essere s stesso. E l'identit distinzione, differenza. La vita stessa fondata sulla distinzione ed il cessare del processo di distinzione avviene solo con la morte o con una mutazione radicale dell'essere vivente in un'altra forma.20

Occorre quindi individuare una semantica che permetta la distinzione. Donati ne indica tre tipi fondamentali:

1) le semantiche dialettiche, che concepiscono le differenze come inconciliabili e intendono il rapporto tra le diverse identit solo sotto forma di contratti nelle zone di confine tra di esse, secondo l'approccio di Habermas;

2) le semantiche binarie, che procedono per dicotomie e concepiscono l'identit come doppia negazione, cio come negazione di tutto ci che non l'identit stessa. In questo modo le altre identit sono viste solo come rumore (noise);

3) le semantiche relazionali, che concepiscono la differenza come relazione. Ma ci possibile solo in presenza di una autentica trascendenza, che sia relazione fondante per entrambi gli elementi della relazione, i quali in questo modo si presuppongono l'un l'altro, sono s stessi nel rapporto con l'altro.

Radice di queste diverse semantiche il modo di concepire l'identit, che Donati distingue in tre schemi fondamentali:

1) quello della filosofia antica, che si muove in un mondo non complesso, e che fonda l'identit sulla formula A = A. Da questa prospettiva uno s stesso immediatamente, da solo;

2) altro schema quello moderno e polare, che fonda l'identit dialetticamente nella negazione di tutto ci che non il soggetto: A = -(-A);

3) infine, secondo lo schema relazionale, per il quale l'identit fondata nella relazione con l'altro: A = R(A, -A). Cio il soggetto s stesso nella relazione con chi altro da lui.

In base a questa classificazione, la risposta alla domanda sulla differenza specifica del cristiano pu riceve una risposta pi completa rispetto all'enunciazione di un articolo di fede che distingue opponendo rispetto a coloro che non professano quell'articolo. Allo stesso modo nessuna risposta in termini di accettazione di determinati valori pu essere sufficiente a qualificare la differenza, nemmeno il ricorso al concetto di persona. La proposta di Donati rimanda alla dimensione trinitaria, perch propone come differenza

18 Ibidem,p.208.19 Ibidem,p.158.20 Cfr.ibidem,p.211.

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specifica il ricorso ad una semantica relazionale della differenza. Questa deve essere fondata su una concezione relazionale della trascendenza, che non si opponga all'immanenza, ma la richiami nella dimensione del dono. Fondamento di ci proprio la possibilit rivelata di pensare il Cristo in due nature e quindi come totalmente trascendente e totalmente immanente, Figlio incarnato .

3. ONTOLOGIA TRINITARIA

3.1 Logos greco e Logos cristiano

Dopo aver sommariamente esposto gli elementi della sociologia relazionale di Donati che pi direttamente fanno appello al pensiero teologico, ci si pu chiedere quando un simile concetto di relazione sia entrato nella storia del pensiero umano? Dove si possano rintracciare una tale concezione del rapporto trascendenza-immanenza e una simile semantica della differenza e dell'identit? La risposta possibile sembra possa ricondurre alla riflessione trinitaria del sec. IV ed in particolare alla dottrina di Gregorio di Nissa. Ovviamente, l'attenzione si focalizza in modo naturale sul rapporto tra trascendenza ed immanenza e sulla nozione di relazione che emerge dall'analisi della fenomenologia sociale.Per questo pu essere interessante prendere l'avvio da una riflessione di J. Ratzinger. Egli afferma che la differenza essenziale tra politeismo e monoteismo non consiste nel fatto che il primo adora molti di, mentre il secondo ne riconosce solo uno. Infatti anche nella diverse forme di politeismo, lAssoluto considerato unico, esattamente come nel monoteismo. Elemento essenziale del politeismo , invece, che questo Assoluto, spesso identificato con il Dio del Cielo, vertice della gerarchia divina, non appellabile (ansprechbar), cio non pu entrare in relazione con luomo. In questo contesto, luomo pu solo rivolgersi ai riflessi finiti dellAssoluto, cio agli di che rappresentano i gradi ontologici intermedi che connettono in modo continuo l'Assoluto ed il mondo21.Cifra comune dell'antichit classica questo schema di teologia graduata che riconosceva un continuum ontologico tra i diversi gradi dell'essere22. La chiarezza della distinzione tra trascendenza ed immanenza qui offuscata, perch esiste una connessione necessaria tra il primo principio ed il mondo. La radicalit dell'oltre dell'Assoluto , cos, fondata sull'assenza di relazioni, mentre i diversi gradi intermedi svolgono la funzione relazionale nei confronti dell'uomo e sono tanto pi accessibili quanto pi sono distanti dal primo principio.In questa visione tutto retto dalla necessit ed il logos, al di l delle differenze tra le diverse visioni filosofiche, rappresenta il rapporto fisso che unisce i diversi gradi dell'essere, la ratio tra i diversi cieli ed i diversi motori in una visione platonico-aristotelica.

21 Cfr.J.Ratzinger,IlDiodellafedeeilDiodeifilosofi,MarcianunPress,Venezia2007,pp.414322 Cfr. G. Sfameni Gasparro, Monoteismo pagano nella Antichit tardiva? Una questione di tipologia storico

religiosa,inL''Uno'ei'molti'.RappresentazionideldivinonellaTardaAntichit,AttidellaGiornatadistudio,9dicembre2003,AnnalidiScienzereligiose8(2003),pp.97127.

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Ratio qui intesa nell'accezione dalla quale sorgono i numeri razionali e la concezione del logos si sovrappone a quella di legge necessaria. Nell'ambito neoplatonico, particolarmente rilevante per la dottrina trinitaria, in quanto milieu culturale nel quale essa fu forgiata, la scala ontologica era stata reinterpretata in termini di emanazione e di decadimento a partire dall'Uno, in modo tale che il logos era concepito come legge di proporzione fissa che regolava questo decadimento dall'Uno al molteplice23. Si trattava, dunque, di un logos necessario e necessitante che segnava la relazione ad esso connessa con la cifra dell'imperfezione.La dimensione tragica del pensiero greco riflette proprio la percezione di questa dimensione necessitante del logos, che non riesce a fare giustizia alle legittime aspirazioni del singolo, come nel caso di Antigone e di Socrate. L'io deve sottomettersi al Fato, alla legge necessaria. Ma la grandezza imperitura dell'umanesimo greco sta nella piet con la quale il singolo viene guardato. L'uomo non pu sfuggire all'eterno ritorno ed il suo destino simile a quello delle foglie d'autunno24, ma l'uomo pu compatire colui il cui destino si infrange di fronte all'inesorabile legge del Fato. Pu compatire e ricordare. Come mostrano i casi di Antigone e di Socrate, una simile concezione del logos richiesta perch l'identit e la societ possano essere preservate. La polis si regge sulla legge e la violazione di essa metterebbe in pericolo l'esistenza stessa del mondo greco. Si tratta di quella nozione di identit espressa dalla formula A = A, nella presentazione del pensiero di Donati. In questa concezione la molteplicit e quindi la differenza non possono che essere ricondotte al decadimento e all'imperfezione. Quindi il logos greco unisce, in quanto raccorda i diversi livelli ontologici, ma nello stesso tempo collegato alla molteplicit e quindi alla lontananza dal primo principio. Per questo esso definito , cio vincolo che tiene insieme ogni cosa, come mediatore tra i diversi gradi ontologici 25. Il suo ruolo simile a quello dell'Eros platonico, che nel Simposio descritto come vincolo dell'universo per la sua natura intermedia nella scala metafisica26. Sempre nell'ambito platonico il logos legato al concetto fondamentale di immagine, che ancora unisce ma implica decadimento ontologico per la materialit e per l'imperfezione rispetto all'archetipo.Questa visione ha segnato anche gli esordi della riflessione trinitaria, in particolare per quanto riguarda la concezione personale. Per i Padri apologisti, infatti, il Logos era considerato inferiore al Padre proprio perch era persona, e quindi proprio perch entrava in relazione con il mondo. Paradossalmente il Figlio era persona mentre il Padre no27.

23 Sembra che Filone ed il neopitagorismo abbiano svolto un ruolo fondamentale nel passaggio daldualismoplatonicoadunautenticomonismo:cfr.G.Maspero, Logoseontologiatrinitaria:ilpercorsodi GregoriodiNissa,inR.RadiceA.Valvo,DalLogosdeigreciedeiromanialLogosdiDio,VitaePensiero,Milano2010,pp.317337.

24 Nesonounesempioiversiomerici:Qualedellefoglie,|talelastirpedegliumani.Ilvento|brumallespargeaterra,elericrea|lagermoglianteselvaaprimavera.(Omero, Iliade, VI,1803,tr.VincenzoMonti))

25 SivedalacitazionediCrisippoinFilone,Defugaetinventione,112,13eleespressionifilonianeinQuis rerumdivinarumheressit?,205.1206.4eDePlantatione,8,29,4.

26 Cfr.Platone, Simposio,202e,17.SivedailbelcommentoinG.Reale, Erosdmonemediatore,Bompiani,Milano2005,pp.246253.

27 Cfr.J.Danilou,LanotiondepersonnechezlesPresgrecs,BulletindesAmisduCard.Danilou19(1983)

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Il subordinazionismo nasce da questa difficolt: lo sviluppo dottrinale del sec. II e III ricorse alla teologia del Logos per riallacciarsi alla ricerca della verit del pensiero classico e per unire la storia dell'uomo prima e dopo la rivelazione. Tuttavia questa operazione, ispirata dallo stesso dato neotestamentario del Prologo di Giovanni, richiedeva un prezzo da pagare , perch rendeva difficile comprendere la perfetta identit di natura del Padre e del Figlio e presentava le tre Persone divine in una gradazione ontologica troppo prossima alle tre ipostasi neoplatoniche. Il Logos, infatti, era pensato in rapporto al mondo e, per quanto eterno, la sua esistenza non poteva essere pensata indipendentemente dalla creazione.Ci port Atanasio a sviluppare la teologia delle nature, cio ad esprimere la differenza tra il Creatore e la creatura in termini di natura, identificando la Trinit con l'unica natura eterna ed increata. Cos la rivelazione richiedeva che la scala ontologica fosse spezzata in nome dell'intervento libero e volontario di Dio, che crea e che salva. Ma questo significava un radicale cambiamento a livello ontologico, perch il Logos di cui parlava Giovanni non poteva pi essere concepito come mediatore, ma doveva essere inserito nell'arch divino.

3.2 Ontologia della Filiazione

La comprensione teologica della Filiazione divina aveva, perci, una ineludibile valenza metafisica. Cristo ha domandato ai suoi apostoli Ma voi, chi dite che io sia? (Lc 9, 20) ed stato crocifisso proprio per essersi definito Figlio di Dio in un senso nuovo ed esclusivo rispetto alla concezione di filiazione del popolo ebreo nellAntico Testamento. Teologicamente lo scandalo che port alla morte di croce si tradusse proprio nella difficolt di affermare lUnit e la Trinit di Dio28. In particolare il pensiero umano stato continuamente esposto alla tentazione di ridurre la Trinit all'Unit, affermando che il Padre, il Figlio e lo Spirito fossero solo apparenze, maschere di un unico Dio; oppure di ridurre lUnit alla Trinit subordinando le tre Persone divine, secondo lo schema del neoplatonismo con la sua trinit di principi gerarchicamente subordinati, vertice di quella scala ontologica che collegava necessariamente il mondo e la divinit. La Croce cos da subito connessa alla impossibilit di pensare l'essere in modo trinitario, il che equivale all'impossibilit di comprendere il reale. La posta in gioco evidentemente l'ontologia.Le dispute trinitarie del secolo IV possono essere viste come confronto tra due opposti modi di interpretare il Prologo stesso29. Infatti, al subordinazionismo, che leggeva il testo giovanneo a partire dalla filosofia neoplatonica, si oppose una nuova teologia della filiazione, che partiva dall'affermazione che Dio Padre da sempre e che quindi Cristo il

310.28 G.Greshakespiegacomequestadifficoltsiaconnessaallaconcezionedellarelazione:"Quantopiuna

cosaunaequantopitaleunitvienescoperta,tantopisipensavasipartecipavaaldivino,all'unooriginario,chestapienamenteinsestesso,nonnascondeinsalterit,edesistecompletamenteperseins. Viceversapossiedetantomenorealt tuttoci chehaachefareconlarelazione.Larelazionecomportainfattinecessariamentelamolteplicit,comportaperlomenodueelementichestannofraloroinrelazione.L'essereveroerealeescludepertantolarelazione;l'essereveroerealeperilpensieroanticol'essereinsel'esserepers"(G.Greshake,LafedenelDiotrinitario,Queriniana,Brescia2007,p.27).

29 Cfr.P.Coda,PerunaletturatrinitariadelprologodiGiovanni,Bompiani,Milano2007,pp.8594.

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Figlio eterno incarnato. Dio inteso come relazione eterna e distinto nettamente dalla creazione: logos qui viene inteso come relatio, cio come relazione con il Padre, in quanto pensiero e conoscenza di Lui, che l'Essere. Per questo il logos divino, e quindi Dio, dato che nella concezione cristiana, a differenza che nel mondo greco, l'essere divino coincide con l'essere Dio, non essendoci nessuna scala dell'essere che colleghi il mondo e il Primo Principio.Il sorgere di un'ontologia autenticamente trinitaria pu essere individuato proprio in questo passaggio dal logos come proporzione al logos come relazione. A partire dalla Persona di Cristo, allora, tutta la realt viene trasfigurata e letta nella sua autentica profondit: cade il velo della necessit ed emerge la libert nello sguardo di Cristo che conduce al Padre.Elemento essenziale di questa operazione fu proprio la distinzione tra trascendenza ed immanenza, cio tra Dio, ora trino, ed il mondo. La teologia delle nature di Atanasio permise qui una netta separazione, che ebbe come conseguenza di fondare l'affermazione della bont del mondo stesso, in quanto la creazione a partire dal nulla garantiva che tutto era opera della volont divina. La libert diventava la chiave interpretativa della nuova ontologia, che dovette affiancare la volont al pensiero nella concezione metafisica.L'abisso ontologico apertosi tra l'unica natura del Dio unitrino e le nature create obblig a trasformare la nozione di Logos purificandola da ogni elemento di imperfezione per leggerlo come pura relazione. Ma questo spingeva a rileggere in senso relazionale anche la prima Persona divina.Cos, per Atanasio ed i Cappadoci, il Figlio della stessa natura del Padre, cio Dio, eterno come Colui dal quale procede: ma ci implica che il Padre Padre da sempre e proprio perch eternamente genera il Figlio. Padre e Figlio non possono essere se non nella reciproca relazione: il Padre Dio nel donare eternamente s stesso al Figlio. La rivoluzione radicale, in quanto il dare s stesso il dono diventa prerogativa divina, e lAssoluto esige di essere letto a partire dalla relazione. Di pi, visto dalla prospettiva del Figlio, si osserva che lessere da, il procedere da qualcuno viene riconosciuto come divino.Laffermazione della Filiazione divina e quella della bont della creazione sono fra loro collegate: se Dio eternamente un Padre che genera un Figlio, donandogli la propria eternit, il proprio potere e la propria essenza, in un modo cos perfetto che nulla li separa, allora anche la creazione pu essere letta nella prospettiva del dono, in quanto partecipazione al Bene che Dio effonde fuori di s. Proprio perch in Dio si d la relazione di procedenza, allora anche la creazione, che sottoposta ad una radicale relazione di dipendenza rispetto a Dio, pu essere considerata buona, in quanto la relazione non implica pi in modo necessario negativit. Anzi, il Figlio stesso riconosciuto come senso di tutto il creato, secondo la teologia paolina (cfr. Col 1, 15-20): il mondo buono in quanto il suo senso il Figlio ed in quanto esso dono del Padre al Figlio stesso. Se lessere da in Dio, allora, anche lessere da Dio posto fuori di Dio deve essere considerato buono, poich ha il suo fondamento proprio nelleterno essere da intradivino30. La dipendenza creaturale

30 P.Codahascritto:"Pertanto,sel'ontologiadell'esserecreatogiun'ontologiatrinitariainsensoaurorale,in quanto un'ontologia dell'essere cheviene per amoreda Dio (exitus) ed chiamato a compiersinell'amoreinDio(reditus),l'ontologiadell'esserericreatoperCristonelloSpiritoun'ontologiatrinitaria

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non vista, allora, come mera passivit e negativit se letta alla luce della filiazione, che cos diventa il fondamento di una nuova ontologia.

3.3 Ontologia della relazione

L'esempio della teologia di Gregorio di Nissa mette ben in luce la novit di questa ontologia. La sua dottrina si appoggia a quella di Atanasio e la perfeziona. Questi concepiva il rapporto tra lo Spirito ed il Figlio in modo simile a quello tra il Figlio ed il Padre, come evidente dal parallelismo della struttura della I lettera a Serapione, dedicata al Figlio, e della III, dedicata allo Spirito. Atanasio scrive: troveremo che quella propriet che conosciamo per il Figlio nei confronti del Padre la stessa che lo Spirito ha nei confronti del Figlio31. Questa concezione simmetrica non riusciva ad esprimere in modo compiuto la differenza tra le due processioni e rimaneva esposta alla critica dei tropici, i quali dicevano che, se cos fosse stato, il Padre sarebbe stato il nonno dello Spirito32. Per Atanasio il Figlio era mezzo proporzionale tra il Padre e lo Spirito, secondo un'accezione del termine logos ancora troppo vicina alla concezione greca: il Padre starebbe al Figlio, cio al Logos, come il Figlio, ancora il Logos, sta allo Spirito. La risposta agli ariani chiara, perch le tre Persone divine sono concepite in modo relazionale e il Padre Padre solo in quanto ha un Figlio, in modo tale che non pu esserci un tempo nel quale il Figlio non esisteva. Ma le discussioni che seguirono Nicea obbligarono ad un approfondimento. Il linguaggio derivativo utilizzato nel simbolo, infatti, era letto da parte ariana e neoariana in senso subordinazionista: Dio da Dio e Luce da Luce implicavano l'inferiorit dal Figlio rispetto al Padre proprio per l'inserimento della preposizione da, cio per la relazione che sorgeva dalla processione. Gregorio per questo approfond la riflessione sull'ontologia relazionale, negando esplicitamente che l'essere relazionale potesse escludere l'essere assoluto.Uno dei testi pi chiari in proposito al centro del cap. 8 del Contra Eunomium III, opera della maturit dogmatica di Gregorio. Eunomio ragiona nello schema della scala ontologica, sostenendo una corrispondenza necessaria tra i nomi e le nature, cio i diversi gradini della scala stessa. Per questo l'essere generato del Figlio escluderebbe la possibilit che la sua natura fosse la stessa del Padre, che detto ingenito e quindi ha un nome diverso. In termini scolastici si direbbe che il valore nozionale di questo attributo non ancora stato riconosciuto come distinto da quello essenziale. Nel testo33 in questione si risponde all'obiezione eunomiana che il Figlio non pu essere in senso assoluto, proprio perch procede, cio perch dal Padre. Il ragionamento scritturistico e si svolge nel

insensoprolettico,cioperanticipazionereale:giun'ontologiadell'esserecreatoinseritoperCristonelloSpiritoneldinamismodellavitatrinitariadell'Amore(fattasalvaladistinzionetracreatoedIncreato);manonancoraun'ontologiatrinitariainsensodefinitivamentecompiuto,oescatologico,perchl'esserecreatoericreatosicompirinquantoperfettaimmaginedell'Azionetrinitaria,nellaTrinit,solonell'schaton."(P.CODA,EventoPasquale.Trinitestoria,CittNuova,Roma1984,p.176)

31 (ibidem, III, 1, 2)

32 Cfr.Atanasio,LettereaSerapione,I,15,12eIV,1,4.33 Cfr.GregoriodiNissa,ContraEunomiumIII,8,39,641,6:GNOII,253,12254,11.

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seguente modo:1. in primo luogo Gregorio accetta la possibilit che solo l'essere senza relazione

() sia assoluto.2. Ma anche cos il Figlio sarebbe Dio, perch Giovanni non solo dice che il Figlio

Logos del Padre e che nel seno del Padre, ma afferma anche che Egli Dio, senza aggiungere altro. Allo stesso modo gli attribuisce assolutamente l'essere Luce e Vita (cfr. Gv, 1, 1-4).

3. Ma se fosse vero che l'essere nella relazione esclude l'essere in modo assoluto, nemmeno il Padre sarebbe in modo assoluto, perch Gv 14, 10 dice che Egli nel Figlio.

Il risultato che essere in relazione ed essere in modo assoluto non si escludono. Siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione ontologica, che viene richiesta dall'ermeneutica ortodossa di Nicea34. Cos la nuova metafisica sviluppata a partire dalla rivelazione trinitaria mette le preposizioni all'essere per esprimere attraverso di esse proprio le relazioni. Radice di questo il testo evangelico dove non solo si dice che il Figlio nel Padre, ma anche che il Padre nel Figlio. Gregorio, come Atanasio, ha inserito il Logos nell'arch divino, dicendo che il Figlio nell'arch e che per natura si identifica con questo arch35. Cos il Figlio Immagine del Padre, ma in un senso nuovo rispetto al platonismo, perch l'essere immagine ora esclude ogni tipo di inferiorit36.Ma il Padre ed il Figlio sono reciprocamente l'uno nell'altro al punto che non solo si dice che il Figlio possiede quanto possiede il Padre, ma si afferma che il Figlio possiede il Padre stesso37. Il patrimonio del Figlio il Padre. Per questo il nome di Padre non indica solo una persona, ma due, perch rimanda anche al Figlio, e non in senso meramente logico, ma ontologico. Se per assurdo si dicesse che il Figlio non esiste, ne seguirebbe necessariamente anche la non esistenza del Padre ( ).38 Dunque, non si pu pensare il Padre senza pensare il Figlio, perch i due sono una cosa sola, una unica natura che si identifica con il loro essere in relazione39. Quest'ultima categoria cos purificata dai limiti creaturali e riletta in diviniis.Gregorio deve negare la connessione necessaria tra i nomi e le nature, affermando l'apofatismo, cio l'impossibilit di definire non solo la natura di Dio che infinita, ma anche ogni natura creata40, pur piccola come una formica, come con sferzante ironia scrive ad Eunomio41. L'estremo realismo e la netta scissura della scala ontologica che in ambito greco univa il mondo a Dio spingono a negare in modo radicale che il linguaggio umano possa esprimere l'essenza di alcunch.

34 InfattiGregorio,inquestostessocontesto,usainmodoestesoillinguaggioderivativoedinparticolarelaformulaVitadaVita(cfr.ibidem,8,57,158,3:GNOII,260,1222):sitrattadiformulecheerano...

35 Cfr.GregoriodiNissa,ContraEunomiumIII,GNOII,193,2326.36 Cfr.J.Danilou,Platonismeetthologiemystique,Aubier,Paris1944,p.48.37 Cfr.GregoriodiNissa,Contra EunomiumII,GNOI288,1923.38 Cfr.GregoriodiNissa,Contra Eunomium III,GNOII,203,2123.39 Cfr.GregoriodiNissa,Contra Eunomium II,GNOI,208,1114eIII,GNOII,81,34.40 Cfr. Contra Eunomium II, GNO I, 250, 3-6.41 Cfr.Contra Eunomium III, GNO II, 238,19 - 239-21.

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Ma, in modo parallelo a come a livello metafisico l'affermazione della distanza infinita tra il Creatore e la creatura aveva permesso di riconoscere la bont del mondo, l'affermazione a livello gnoseologico del limite del linguaggio rispetto all'ambito dell'essenza permette l'apertura ad un altra dimensione. Gregorio scrive: essere in modo ingenerato uno degli attributi di Colui che , ma la definizione dell'essere una cosa, mentre un'altra la definizione del modo di essere ( )42. Si tratta proprio della distinzione tra il senso nozionale e quello essenziale dell'attributo. Il Vangelo e la rivelazione della Filiazione divina di Ges esige il passaggio ad un nuovo livello dell'essere che quello della relazione. Ancora, l'essere dal Padre non implica il non essere in modo assoluto, che per Eunomio era equivalente ad essere ingenerato. Questo livello dell'essere espresso dalle relazioni, cio dall'aristotelico , qui reinterpretato dalla nuova ontologia in senso non pi accidentale. Per questo Gregorio scrive, ad esempio: Questo Logos distinto da Colui del quale Logos: in certo modo anch'esso appartiene all'ambito della relazione ( ), poich assolutamente necessario intendere con il Logos anche il Padre del Logos: non sarebbe infatti Logos, se non fosse Logos di qualcuno.43La chiarezza e la forza di queste affermazioni sono permesse a Gregorio dall'approfondimento pneumatologico, suo contributo pi significativo ed originale al perfezionamento della risposta ortodossa all'eresia ariana44.Limite di Atanasio era proprio l'insufficiente distinzione tra le due processioni. Gregorio, nel rispondere ad Eunomio e agli pneumatomachi, deve estendere la correlativit del rapporto tra il Padre ed il Figlio anche al loro rapporto con lo Spirito, non pi per nel modo derivativo di Atanasio. La soluzione sar quella di inserire lo Spirito tra il Padre ed il Figlio, senza mutare l'ordine intratrinitario, ma presentando la terza Persona come il vincolo tre le prime due. Ovviamente in questo modo la divinit dello Spirito era perfettamente difesa di fronte agli pneumatomachi, che accettavano la divinit del Figlio. Nello stesso tempo, per, questa operazione ottenne come risultato che lo Spirito stesso fu presentato come Persona-relazione, fondamento della reciproca immanenza delle due prime Persone divine.Con un progresso decisivo rispetto a Basilio, infatti, Gregorio fonda la ragione del fatto che il Figlio immagine perfetta del Padre, in un senso radicalmente nuovo rispetto all'ontologia platonica, proprio nello Spirito. Scrive: Se, dunque, il Padre Re e l'Unigenito Re e lo Spirito Santo il Regno, assolutamente unica la ragione del Regno nella Trinit.45 La terza Persona riletta in termini correlativi rispetto alle prime due, come Regno comunicato perfettamente dal Padre al Figlio che rende quest'ultimo Re come la prima Persona, anzi Re nella prima Persona. Base esegetica di Gregorio una variante lucana del

42 Cfr. Contra Eunomium III, GNO II, 182,11-13.43 Gregorio de Nissa, Oratio Cathechetica Magna, 1, 73-77: Srawley, p. 11, 8-12. 44 Fa fede di ci il ruolo dal lui svolto nel Concilio di Costantinopoli del 381, che ha spinto alcuni autori

perfino ad vedere in lui l'autore della parte pneumatologica del simbolo: cfr. J. Danilou, Bulletin d'histoire des origines chrtiennes, RSR 55 (1967) 116 e W. Jaeger, Gregor von Nyssa's Lehre vom Heiligen Geist. (H. DRRIE Ed.), Leiden 1966, pp. 51-77.

45 Adversos Macedonianos, GNO III/1, 102, 29-31.

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testo del Padre Nostro, di origine presumibilmente siriaca, che accosta al Venga il tuo Regno l'invocazione Che il tuo Spirito venga su di noi e ci purifichi in Lc 11, 246. In questo modo sorge naturalmente l'identificazione tra lo Spirito ed il Regno.Questa rilettura relazionale dello Spirito, posto tra il Padre ed il Figlio confermata dalla teologia della gloria sviluppata da Gregorio. Infatti, progressivamente nel corso della sua opera, egli identifica sempre pi chiaramente la terza Persona con la gloria che eternamente si scambiano le prime due Persone. Cos, nel commentare il testo Perch tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola di Gv 17, 21, scrive: Ma il vincolo di questa unit la gloria ( ). Ma nessuna persona prudente potrebbe opporsi al fatto che si chiami lo Spirito Santo gloria, se considera le parole del Signore. Infatti, Egli dice: La gloria che tu hai dato a me, io lho data a loro (Gv 17, 22). Diede, difatti, davvero tale gloria ai discepoli, dicendo loro Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20, 22).47

Il vincolo dell'unit del Padre e del Figlio lo Spirito, il cui identificato con lessere in modo da costituire un tutto48 ( ), rispetto all'essere in modo ingenito del Padre () ed al modo unigenito del Figlio ()49.La generazione eterna cos riletta, alla luce della caratteristica personale propria dello Spirito come perfetto dono di s del Padre, dono che costituisce il Figlio, il quale immagine del Padre proprio nel restituire a Lui tutta la Gloria ed il Regno, che da Lui ha ricevuto. Lo Spirito del Padre lo Spirito del Figlio come Dono che la prima Persona consegna interamente alla seconda e che la seconda ridona al Padre. La Filiazione qui presentata come un eterno ridonare il Dono, Dono che lo Spirito stesso. Il Figlio genitum, non factum, perch non riceve qualcosa dal Padre, ma riceve lo Spirito del Padre stesso ed Figlio proprio nel ridonare il suo Spirito al Padre. Dal logos greco inteso come , come proporzione fissa e asimmetrica, si passa al Logos Figlio, che una cosa con il Padre nella relazione con Lui, cio grazie che Spirito. Cos, senza intaccare il primato monarchico del Padre, le tre Persone sono rilette come relazioni libere e assolute secondo una ontologia ed una logica perfettamente triadica, nelle quali nessuno se stesso se non nell'altro ed attraverso l'altro.

3.4 Conseguenze per l'uomo

Secondo questa ontologia trinitaria il Logos nasce dall'Amore e non per necessit, in quanto il Figlio di Dio Figlio dell'Amore del Padre ( ) 50. Ci ricorda la bella affermazione di Benedetto XVI che il Logos, la ragione primordiale al contempo un

46 Cfr. M. Alexandre, La variante de Lc 11, 2 dans la Troisme Homlie sur l'Oraison Dominicale de Grgoire de Nysse et la controverse avec les pneumatomaques, in M. Cassin (et al.), Grgoire de Nysse: La Bible dans la construction de son discours. Actes du colloque de Paris, 9-10 fvrier 2007, tudes augustiniennes, Paris 2008, pp. 163-189.

47 In Canticum, GNO VI, 467, 5-10.48 Cfr.A.BAILLY,DictionnaireGrecFranais,Paris1950,p.1370.49 Cfr.ContraEunomiumI,GNOI,108,7109,5.50 Cfr. In Canticum, GNO VI, 213, 15-17

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amante con tutta la passione di un vero amore51. Il Logos, la Ragione ultima di ogni cosa, non un Dio solitario, ma il Figlio dell'Amore del Padre. Dalla concezione ontologica greca, che presentava il logos come rapporto necessario che univa i diversi gradi dell'essere, si passa al Logos Figlio, che S stesso solo nella relazione con il Padre e lo Spirito, cio che assolutamente perch in comunione, perch in relazione. La domanda che si impone cosa significhi ci per la metafisica delle realt create, in quanto la rottura della scala ontologica ha distinto la metafisica dell'unica natura eterna che la Trinit da quella delle nature create. Il dato biblico implica tuttavia che la distinzione non possa diventare separazione, perch la teologia dell'immagine e la dottrina della creazione pongono la sorgente di ogni cosa nella volont di Dio che rivela s stesso nel suo agire. Sicuramente si deve partire dall'affermazione che la relazione non pu pi essere considerata segno di inferiorit a livello creato, come prima avveniva nel mondo greco. Di pi, il rapporto stesso tra immanenza e trascendenza deve essere inteso in senso relazionale, in modo tale che la metafisica eterna e quella del mondo devono essere distinte ma considerate in relazione.Infatti, come evidenziato anche dal commento nisseno a Gv 17, 21 appena citato, l'uomo comprensibile solo a partire da questa comunione eterna che il Dio unitrino. L'uomo avverte il bisogno della relazione non perch imperfetto, ma proprio perch immagine dell'Immagine ( )52, cio figlio nel Figlio. Il Primo Principio non un Dio solitario ma comunione di Persone, nell'eterno scambio d'Amore che la vita divina del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Con parole magistrali di J. Danilou scritte a proposito del Mistero del Dio Uno e Trino: "Tocchiamo cos il fondo dell'ontologia trinitaria cristiana. Uno dei punti in cui il mistero trinitario illumina meglio le situazioni umane. Ci indica che il fondo stesso dell'esistenza, il fondo della realt, la forma di tutto perch ne l'origine, l'amore, nel senso della comunit interpersonale. Il fondo dell'essere comunit di persone. Chi dice che il fondo dell'essere la materia, chi lo spirito, chi l'uno: hanno tutti torto. Il fondo dell'essere la comunione"53.Questa nuova ontologia si riflette in una nuova comprensione dell'essere e della vita dell'uomo in ogni ambito. Come esemplificazione, dal pensiero di Gregorio di Nissa si possono trarre tre esempi:

1) la concezione apofatica della conoscenza e del linguaggio dell'uomo;2) la dimensione sociale e storica della natura umana; 3) una nuova comprensione del valore del mondo materiale e della vita terrena.

1) Conoscenza. Per quanto riguarda la conoscenza, quanto detto implica che il logos umano si approssima di pi al vero quando in relazione di quando pensa per s. Da qui emerge la valenza metafisica e gnoseologica dell'atto di fede, con il primato della prima virt

51 BenedettoXVI,DeusCaritasest,n.11.52 GregoriodiNissa,DePerfectioneChristiana,GNOVIII/1,196,12.53 J.Danilou,LaTrinitetlemystredel'existence(DescledeBrouwer,Paris1968);tr.it.LaTrinitedilmistero

dellesistenza(Queriniana,Brescia1989,p.37).

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teologale nell'atto conoscitivo. La fede conoscenza autentica ma che si realizza solo mediante la relazione con un Altro. Mentre per la filosofia greca la fede aveva un valore positivo ma sempre subordinato alla scienza, per il pensiero cristiano il conoscere relazionale ha il primato. Cos solo nella Tradizione e nella Chiesa si pu attingere il vero. Questo il nucleo dell'epistemologia che Gregorio di Nissa oppone ad Eunomio. Si pu conoscere solo in comunione perch il fondo stesso dell'essere comunione. L'autentico pensiero o relazionale o non . L'apofatismo serve proprio a proteggere questa dimensione, presentandosi come il riflesso gnoseologico dell'ontologia trinitaria. Di pi, mentre la teoria dei nomi di Eunomio faceva collassare su un unico livello gnoseologia ed ontologia, perch al nome corrispondeva necessariamente un livello ontologico, con la dottrina trinitaria gnoseologia ed ontologia vengono distinte e poste in relazione reciproca. L'apofatismo interdice la possibilit di comprendere le nature e le essenze, ma non mina il valore conoscitivo del linguaggio umano, perch apre nello stesso tempo alla dimensione relazionale e personale.

2) Natura umana. Ma la nuova ontologia trinitaria doveva avere conseguenze anche a livello di immagine creata. Infatti, se il fondo dell'essere relazionale, anche la natura dell'uomo, che ne immagine, deve venir letta in termini relazionali. Cos, Gregorio individua un duplice aspetto nella umana: un aspetto intensivo ed un aspetto estensivo54. L'uomo non solo l'individuo della specie umana. N l'umanit la mera somma degli individui, ma la natura umana contemporaneamente la comunione di tutti gli uomini di tutti i tempi ed il singolo uomo. Si tratta di una sintesi della sostanza prima e della sostanza seconda aristoteliche, che vengono unificate in un unico concetto per esprimere il dato rivelato. Mentre in Dio, infatti, questi due aspetti coincidono perfettamente, nell'uomo essi sono distinti, ma nello stesso tempo non possono essere separati.Per questo Gregorio dedica il trattato Ad Ablabium ad una questione che sarebbe stata precedentemente inconcepibile. Si domanda, infatti, perch si dice che il Padre, il Figlio e lo Spirito sono tre Persone ed un unico Dio, mentre per Pietro, Gioacomo e Giovanni diciamo che sono tre persone, ma tre uomini, usando il plurale, e non il singolare uomo, come avviene per Dio. L'aver predicato sia di Dio che dell'uomo i termini persona, natura e sostanza obbliga a prendere sul serio la socialit dell'uomo come immagine della Trinit ed a chiarire le differenze. Addirittura Gregorio distingue le due creazioni di Gn, affermando che nella prima stato creato tutto l'uomo55, come insieme degli individui presente in modo intenzionale nella mente divina56. L'uomo viene riconosciuto come immagine di Dio non solo nella sua individualit, ma anche come comunione di persone e

54 Cfr. J. Zachhuber, Human Nature in Gregory of Nyssa: Philosophical Background and Theological Significance, Brill, Leiden 2000, p. 74.

55 Cfr.GregoriodiNissa,Deopificio hominis, PG 44, 185BC.56 Cfr. J. Danilou, Le IVe sicle. Grgoire de Nysse et son milieu, Paris 1964, p. 62.Gregorioesclude

esplictamentechesitrattidellapreesistenzadelleanimecomeinvecesostieneOrigene(cfr.DeAnima, PG 46, 113BC).SivedaG.Maspero,articoloAntropologia,inL.F.MateoSecoeG.Maspero,GregoriodiNissa. Dizionario,CittNuova,Roma2007,pp.7988.

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quindi nelle sue stesse relazioni. Il passo fondamentale ed ha conseguenze immediate anche a livello pratico, in quanto Gregorio il primo Padre della Chiesa che condanna esplicitamente e senza mezzi termini la schiavit57.

3) Mondo materiale. Gregorio fedele alla teologia giovannea ed interpreta sempre la Croce in relazione alla gloria. La preoccupazione essenziale mostrare che Cristo non morto perch nato, come gli uomini segnati dal peccato, ma nato al fine di morire liberamente e per scelta, e cos salvarci. Per questi nella morte rivela la sua gloria, la sua sovranit. Il Mistero Pasquale rivela il Dio Trino che cos grande da potersi abbassare. Gregorio si domanda arditamente perch Dio ha scelto per morire proprio la Croce, dato che ogni particolare della sua esistenza stato voluto e quindi scelto. La risposta proposta si rif all'autorit di Ireneo e consiste nell'affermazione della dimensione cosmica della Croce a partire dalla quattro dimensioni proposte da S. Paolo in Ef 3, 18: Cristo ha scelto questo strumento di morte perch le sue quattro dimensioni, cio lampiezza, la lunghezza, laltezza e la profondit, significano il potere dell'Altissimo che si estende dagli inferi fino al pi alto dei Cieli (asse verticale) e da oriente fino ad occidente (asse orizzontale)58. E la gloria di Dio si espande ora su tutto il creato. Per questo Gregorio arditamente definisce la Croce teologo per eccellenza, in quanto essa rivela la Filiazione eterna del Cristo ed il suo potere divino59.La purezza del pensiero trinitario permette di trarre le conseguenze dalla relazionalit dell'Assoluto, sviluppando una concezione della trascendenza proprio come capacit di scendere tra. L'entrare in relazione non solo non pi visto come contraddittorio rispetto all'essere il Primo Principio, ma anzi presentato proprio come prova di esso. Ne un esempio magnifico anche la progressiva reinterpretazione nissena del mito della caverna di Platone. Nelle prime opere l'immagine viene utilizzata per indicare la condizione umana dopo il peccato. In questo modo Gregorio si distingue nettamente dalla posizione platonica secondo la quale l'oscurit non era dovuta al peccato e quindi ad una scelta libera dell'uomo, ma alla materialit, cio alla necessit ontologica. Dopo il 382, anno in cui Gregorio si rec a Gerusalemme e vide la grotta di Betlemme, l'interpretazione cambi: Cristo il sole che entrato nella grotta, nella caverna della vita umana, per cui non si tratta pi di fuggire da essa, poich le tenebre sono scomparse60.

4. I DUE MONDI A CONFRONTO

Ripercorrendo l'analisi sociologica di Donati a partire dallo sviluppo del pensiero trinitario

57 Cfr. P. Garnsey, Ideas of Slavery from Aristotle to Augustine, Cambridge 1996, 243. Si veda anche M.M. Bergad, La condamnation de lesclavage dans lHomlie IV, in S.G. Hall (Ed.), Gregory of Nyssa: Homilies on Ecclesiastes, New York 1993, 185-196

58 Cfr.GregoriodiNissa,Detridui spatio, GNO IX/1, 298, 20 303, 2 eContraEunomium, GNO II, 121, 21 122, 5.

59 Cfr.ibidem,GNO IX, 303, 2-1260 Cfr. W. Blum, Eine Verbindung der zwei Hhlengleichnisse der heidnischen Antike bei Gregor von Nyssa, VigChr

28 (1974) 43-49; J. Danilou, Le Symbole de la caverne chez Grgoire de Nysse, in A. STUIBER A. HERMANN, Mullus. Festschrift Theodor Klauser, Mnster 1964, 43-51.

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alla fine del sec. IV, sembra di poter scorgere una corrispondenza fra loro a livello del rapporto tra trascendenza ed immanenza e del suo fondamento filiale e relazionale. I risultati di Donati possono essere letti come la denuncia di un deficit metafisico, similmente a ci che avviene oggi anche in altri settori. Ma la domanda quale metafisica possa venire incontro a tale richiesta. Le esigenze presentate sembrano combaciare con ci che il pensiero trinitario ha da offrire e che, oggi pi che mai, appare necessario per la vita dell'uomo. Il confronto si rivela, quindi, un incontro.In concreto, si possono evidenziare schematicamente sei punti di contatto tra i due mondi analizzati:

1. Epistemologia. L'apofatismo pu essere letto come fondamento di quella epistemologia relazionale auspicata da Donati per un dialogo tra teologia e le altre discipline. Infatti, l'apofatismo del sec. IV ha obbligato il passaggio ad una scienza che legge i suoi oggetti come relazioni. Ci si manifesta nell'interdizione della comprensione dell'essenza, per rimandare invece il linguaggio e la conoscenza al livello del e del .

2. Relazione. L'apofatismo non sarebbe altro che il riflesso gnoseologico dell'ontologia trinitaria, cio della concezione del primo Principio come Padre, Figlio e Spirito. Quest'ultimo, secondo concezione nissena, non semplicemente dopo le prime due Persone, ma tra di loro, in modo tale che ciascuna Persona s stessa nel suo essere relazione con le altre due che sono a loro volta relazioni. L'assoluto tre relazioni eterne e perfettamente reciproche, che, a partire dalla monarchia del Padre, sorgente di ogni cosa, costituiscono la generazione come atto eterno di dono di S della prima Persona al Figlio, il quale immagine del Padre proprio nel ridonare S Stesso al Padre nello Spirito, che il Regno e la Gloria eterni. Spirazione e generazione sono distinte ma inseparabilmente concepite in rapporto reciproco. L'ordine trinitario , cos, preservato grazie al passaggio al nuovo livello ontologico di questa relazione reciproca e libera, che supera radicalmente il rapporto necessario del logos greco, ed inaugura la nuova logica triadica reclamata nell'analisi fenomenologica da Donati.

3. Trascendenza-immanenza. Ma questo sviluppo permesso solo dalla nuova concezione del rapporto tra immanenza e trascendenza, cio dal superamento della teologia graduata che caratterizzava il pensiero pagano. La scala ontologica, che univa necessariamente il mondo al primo Principio, era stata spezzata dalla rivelazione giudaico-cristiana, in modo tale da creare una distanza infinita tra il Creatore e la creatura. Si tratta di una distanza che paradossalmente unisce, proprio per il suo essere relazione fondante che distingue senza separare. Ci aveva richiesto il riconoscimento del valore ontologico della volont di Dio, fondamento della bont e dell'autonomia di tutto il creato. Questo poteva essere letto in termini filiali, grazie al riferimento al ruolo del Figlio nella storia e nel mondo: proprio perch il Logos non pi mediatore di natura ontologica intermedia, ma inserito da sempre nell'arch, Egli pu rendersi presente nel mondo con un atto d'amore, cos da rivelare il Dio trinitario in tutta la sua assoluta e radicale distanza dal creato,

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ma nello stesso nella sua estrema vicinanza. Il Logos cristiano pu stare dentro la storia pienamente senza perdersi, proprio perch oltre la storia. Trascendenza ed immanenza non sono pi n confuse n opposte dialetticamente, ma sono in relazione libera e di dono.

4. Natura dell'uomo. Questa concezione del rapporto trascendenza-immanenza si riflette nella concezione dell'immagine di Dio nell'uomo, che non pi intesa in senso individuale, ma che diventa sociale. La stessa dell'uomo, con la sua dimensione storica e relazionale, immagine di Dio. Cos l'uomo e la societ sono mutualmente presenti l'uno nell'altro, tanto da non poter pi sacrificare l'individuo e la sua libert per nulla al mondo.

5. Condiscendenza. La trascendenza dunque intesa non solo come essere oltre (trans), ma anche come lo scendere tra61, di cui parla Donati. Il vero Dio quello che cos grande da poter scendere, da potersi mettere in relazione. Sta qui il fondamento ontologico dell'operazione teologica cappadoce, che, fedele alla dottrina giovannea a paolina, reinterpreta l'incarnazione e la croce come rivelazione della potenza infinita di Dio. La teologia della croce e la teologia della gloria non solo non si escludono, ma si richiamano l'un l'altra. Il Dio trinitario relazione e si rivela entrando in relazione con noi, donandoci suo Figlio. Questi non contraddice il suo essere nella kenosi, ma, come si riconosce nella contemplazione e nella profonda analisi teologica, rivela proprio cos il vero essere del Dio uno e trino. Per questo per Gregorio di Nissa la croce teologo per eccellenza e la caverna dell'esistenza umana non va pi fuggita, in quanto il sole eterno la illumina, come la grotta di Betlemme.

6. Logica trinitaria. In fine, sembra che la concezione relazionale dell'identit, richiamata da Donati come condizione per permettere un'etica pubblica, abbia il fondamento proprio nella logica trinitaria, dove identit e distinzione sono fondate nella nuova concezione di relazione e nella nuova ontologia elaborate grazie alla rivelazione. Al Logos necessario, che distingue solo nella subordinazione ontologica o nell'opposizione dialettica, si sostituito il Logos come relazione, il Logos Figlio dell'Amore del Padre. L'atomizzazione postmoderna pu essere ricondotta, quindi, all'assenza di un Logos che unisca fra loro gli individui, un Logos che sia relazione e non imposizione.

Alla luce di questi parallelismi sembra di poter concludere che la matrice teologica della societ auspicata da Donati debba essere riconosciuta nel pensiero trinitario formulato nel sec. IV, in quanto esso legge il primo Principio in termini relazionali secondo quella reciprocit totale resa possibile solo dallo Spirito come vincolo che unisce il Padre ed il Figlio. All'identit greca per la quale si s stessi senza mediazioni e che quindi deve spiegare la pluralit, con la distinzione e la relazione, in termini di inferiorit ontologica e quindi subordinazionisti, subentra la logica trinitaria, per la quale l'essenza si identifica con tre

61 Etimologicamente il gioco di parole buffo, perch trascendere deriva dalla composizione dei latini trans, cio oltre, e scndere, che significa salire. L'italiano scendere abbreviazione di de-scendere, dal latino de scndere.

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relazioni, per le quali il Padre ha la sua identit solo nella relazione con il Figlio e quindi grazie allo Spirito, che si trova tra loro due.Non si tratta di opporre dialetticamente essenza e relazioni o dimensione personale, come a volte Zizioulas sembra fare, ma di riconoscere che l'essenza si identifica con tre relazioni eterne, senza dialettica alcuna con la dimensione personale. Cos non si tratta di opporre la metafisica greca e la teologia, ma di mostrare come l'operazione dei Padri stata un'estensione dell'ontologia classica ad un nuovo ambito metafisico, reso accessibile solo dalla rivelazione trinitaria.

5. CONCLUSIONE

Per quanto visto, sembra che si possa concludere che la matrice teologica di cui parla Donati si costituita nella revisione ontologica sviluppata nel sec. IV per formulare compiutamente il dogma trinitario. Ci pu essere confermato dalle immediate conseguenze a livello di concezione sociale che si ebbero in quel secolo con la condanna della schiavit.La connessione tra ontologia trinitaria e sociologia relazionale merita di sicuro di essere ulteriormente approfondita e sorge spontanea la domanda sulla possibilit che questo compito possa fornire una nuova chiave di lettura per la ricezione del Concilio Vaticano II ed una maturazione nella comprensione teologica del ruolo del laicato e della legittima autonomia delle strutture secolari.Per concludere, pu essere significativo accostare l'affermazione che bisogna arrendersi di fronte all'impossibilit di pensare la Trinit per potersi aprire, secondo una bella espressione di P. Coda, a pensare nella Trinit62, alle seguenti parole di P. Donati: La luce non si vede, ma fa vedere: cos del mondo delle relazioni. Noi non vediamo la luce, ma con la luce: cos noi non vediamo le relazioni, ma con le relazioni63.Questo pensare nella Trinit, come pensare con le relazioni, pu sicuramente essere illuminato dal pensare in Maria64, approfondendo la sua ontologia ed il suo rapporto unico con ciascuna delle tre Persone divine attraverso l'Umanit Santissima di suo Figlio. La connessione tra il suo essere Madre di Cristo e Madre della Chiesa, cui ha recentemente fatto riferimento il S. Padre proprio a partire dal valore metafisico della relazione 65, rivela la sua pienezza ontologica nell'essere non in s, ma nella pura e perfetta triplice relazione come figlia di Dio Padre, madre di Dio Figlio, sposa di Dio Spirito Santo.

62 Cfr.P.Coda,Teologia,LateranUP,Roma2004,p.41063 P.Donati,Lamatriceteologicadellasociet,Rubettino,SoveriaMannelli(CZ)2010,p.189.64 Sei ricordi l'invito a philosophari in Maria di Giovannni Paolo II nella Fides et Ratio (n. 108).65 Cfr.BenedettoXVI, MeditazionedelS.PadrenelcorsodellaIcongregazionegeneraledelSinodoperilmedio

oriente,11ottobre2010.

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