Alessandro Mavilio

Fumare esme�ere

Considerazioni.

Questo è un MICROBOOK.

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Quest’opera è prote�a dalla legge sul diri�o d’autore. Prima edizione digitale: 2019 Ul�ma revisione: 03/01/2020 - Versione 1

Immagine di coper�na: Brunel Johnson

© 2019 MAVILIO Sapporo Japan

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Questo libro può essere le�o a schermo sul Web, stampato su cartaoppure salvato in PDF.

I microbook di Alessandro Mavilio sono una strategia espressiva che sipone a metà strada tra il post del blog e l'ar�colo le�erario. La forma diun breve libro di massimo dieci brevi capitoli è stata pensata per fornireun contenuto più stru�urato e gradevole, per imporre sia la giustaconcisione, durante il processo di scri�ura, che maggior soddisfazione alle�ore durante la le�ura.

Un microbook è comunque un'opera vola�le, aperta a revisioni emigliorie.

Non una guida per sme�eredi fumare ma solo la

ricostruzione del percorsopersonale nel labirinto di untemibile vizio - tra i fantasmi

del passato, presente efuturo.

SommarioDedica

Epigramma

Prefazione

Introduzione

1. Il pretesto

2. Le prime sigare�e

3. Nico�na e TAR

4. Fumare in Giappone

5. Nico & Tina

6. Credo di non amar� più

7. Il roman�co riduzionismo del tu�o

8. L'unico modo per sme�ere

Conclusione

Alla mia famiglia, e in suo nome.

La sigare�a è il piacere perfe�o. Squisita, lascia insoddisfa�.

Oscar Wilde

PrefazioneMezzo mondo non ha mai fumato. Mezzo mondonon ha fumato ancora. Mezzo mondo non fumeràmai, cascasse il mondo.

Mezzo mondo fuma solo ogni tanto. Mezzomondo fuma come una ciminiera.

Mezzo mondo vorrebbe sme�ere di fumare.Mezzo mondo ha smesso e ci è ricascato. Mezzomondo ha smesso facilmente, mezzo mondo conestrema difficoltà.

Mezzo mondo ha smesso e non ha mai piùfumato.

Mezzo mondo ci è morto. Mezzo mondo ci morirà.Mezzo mondo si salverà.

Mezzo mondo fuma e non si fa alcun problema.Mezzo mondo non fuma e pone un sacco diproblemi ai fumatori.

Poi c'è un'altra metà mondo che al riguardo delfumare non ha alcuna opinione. Ed è lì che voglioandare a parare. E' di quel club che voglio entrarea far parte.

IntroduzioneQuesto libricino è un tra�ato breve e certamenteincompleto e di parte sul vizio del fumo, ed èfru�o di un percorso recente ma non breve, eancora non ufficialmente concluso, che però sentodi voler condividere.

Mi auguro che questo libro capi� nelle mani diun… aspirante non fumatore.

Mi auguro che la le�ura sarà ispirante.

L’obbie�vo è so�rarsi alla cospirazione globale(!),espirare – e per sempre – tu�o ciò che abbiamoaccumulato in anni di fumo e tornare così arespirare come avremmo sempre dovuto fare.

Per eventualmente spirare, senza prefissi, c’ètempo.

C’è tempo.

E se stai leggendo questo libro da fumatore macon il pensiero di sme�ere di fumare, alloraprepara� a uno tsunami di tempo dal primo minutoche non fumerai.

Non posso offrire soluzioni pronte, temo proprioche non ve ne siano quando si ha a che fare conintossicazioni effe�ve e personali distorsioni dellarealtà. Ma sono confidente che alcune parole,alcune immagini, forse quelle che io stesso meno

mi aspe�erei, potranno invece servire da manigliedi salvezza per qualcun altro.

Il fumatore che vuole sme�ere cerca aiuto rapidoma sa anche che cerca umanità emutuacomprensione.

Spero che il non fumatore, che abbia interesse perla condizione dei fumatori, potrà rendersi conto diquanto sia stato semplicemente fortunato a nonessere mai entrato a far parte del più grande clubdel mondo dopo quello dei mor�.

1. Il pretestoAi tempi delle prime sigare�e, spesso qualcuno michiedeva perché fumassi. Io – che ho sempreavuto un’indole da teatrante – mi disponevo inscena e per gius�ficare quella che sapevo essereuna scelta narcisista, ritardataria e scellerata,rispondevo recitando quanto segue.

Beh, vedi, io fumo fondamentalmente per tre mo�vi:

1. Perché sono malede�amente bello con lasigare�a. 2. Perché spero segretamente in una morteprematura… 3. Per ripris�nare una coscienza intervallare inquesta società che – lo amme�erai anche tu – èsempre più adiastema�ca!

Il punto 1 è probabilmente il retaggio del lavaggiodel cervello (e delle re�ne) che la mia generazioneha ricevuto a�raverso il cinema in televisione,guardando vecchi film che rendevano le sigare�edei so�li ogge� del desiderio di emancipazione.

Il punto 2 è una riga del testo di “What she said”,una canzone degli Smiths, gruppo inglese cheascoltavo da giovane, ben prima di diventarefumatore.

Il punto 3 serviva a chiudere in bellezza, inmaniera intelle�uale e ammiccante l’arringadifensiva per il mio vizio.

Dopo ven�cinque anni, qualche sera fa,nonostante avessi maturato la decisione (ancorasolo teorica) di sme�ere di fumare, alla domanda“perché fumi?” il mio script da cabaret è par�to arazzo, mai davvero sopito, stupendo anche mestesso per la sua prontezza e longevità.

Ho serbato in seno, nutrito inavver�tamente unprogramma testuale, leggero, porta�le, cheincorpora cinema, musica e filosofia… Tre pun�scherzosi pensa� per sdramma�zzare e far ridere,ma che possono anche rivelarsi neri come la pecee che, a pensarci bene – effe�o cabaret a parte –in tu�a onestà intelle�uale - razionalmente -so�oscriverei ancora oggi. Forse ne cambiereil’ordine ma direi che “narcisismo, autodistruzionee cri�ca sociale” incarnano perfe�amente, omeglio, disincarnano perfe�amente la miapersona nell'ogge�o di consumo - ogge�vo esogge�vo - che per me è stata la sigare�a.

2. Le prime sigare�eLa prima sigare�a in assoluto l'ho fumata percuriosità forse a�orno ai tredici anni. Mia madrefumava e un giorno che ero rimasto solo in casanotai che un pacche�o di Marlboro rossecampeggiava in cucina. Ricordo di averne accesauna con molta curiosità e ricordo chiaramente chenon ero guidato da alcun desiderio di precocematurità; ricordo che la accesi senza volerdimostrare nulla a nessuno, non mi sfiorava l'ideadi me�ermi a fumare. Fu solo un a�o infan�le diimitazione degli adul�, come mol� altri a� dellamia infanzia. Ricordo che la spensi dopo due �ri,ridendo disgustato. E finì tu�o lì.

Successivamente, verso i quindici anni maneggiaiuna sigare�a durante le ore di laboratorio dicalcografia all'Is�tuto d'Arte. Stavo operando a untavolo luminoso e la professoressa M. avevalasciato lì le sue Merit. Il mio amico Antonio J. e io,sfilammo una sigare�a ciascuno dal pacche�odella professoressa e con nonchalance io latenevo tra le labbra e Antonio se la misesull'orecchio a mo' di salumiere. Speravamo che laprofessoressa se ne accorgesse per ridere insieme.C'era un rapporto molto amichevole con iprofessori e spesso si escogitava qualcosa permovimentare un po' le lunghe ore di laboratorio,ma a quanto ricordi non accadde nulla e lesigare�e ritornarono nel pacche�o così come vierano uscite.

Io ero un salu�sta naturale, specialmente separagonato alla gioventù anni O�anta che micircondava. Anche nella mia classe - devo dire -eravamo tu� molto "per bene". Per qualchemo�vo tu� sembravamo indugiarecoscientemente in una sacca ancora infan�le dellavita. Il mio amico Armando B., che apparteneva aun'altra classe, lanciò la moda delle sigare�e dicioccolata. Il mo�o era "diamoci un tono da durianche noi - ma facciamolo in modo dolce eirresis�bile". E così fu, per un po' di tempo, con lesigare�e di Gay Odin comprate a Chiaia.

Non avrei minimamente pensato alle sigare�e finoal secondo anno di Università.

La mia fidanzata dell'epoca fumava ma con questonon gliene faccio nessuna colpa. Avevo avuto, delresto, altre fidanza�ne fumatrici e ne ero uscitoindenne. All'Università però tu� fumavano,perfino in classe durante le lezioni. Fumavano glistuden� e fumavano i docen�.

A ben ricordare fumava in classe anche la miamaestra alla scuola elementare. E fumavano, comeaccennato, i professori all'Is�tuto d'Arte. Sifumava in treno e in aereo. Mezzo mondo fumava.A pensarci bene è stato un miracolo scansare lesigare�e, negli anni delica� dell'adolescenza, purfrequentando ambien� così saturi e vizia� dalfumo.

Ma volendo ricostruire la mia carriera di fumatoredevo richiamare alla memoria il corso di lingua

indonesiana che seguivo all'Università. Eravamoufficialmente solo tre studen� a seguire questocorso e gli altri due spesso non si presentavano,dunque restavo io da solo con il professor Z.,accanito fumatore di Marlboro di contrabbando.Facevamo lezione in un'aule�a minuscola al terzopiano di Palazzo Corigliano, a Napoli, e accantoalla sedia del docente c'era un ingombranteposacenere a colonna, nero. Il professore fumavatranquillamente durante le lezioni ma devoamme�ere che a me, il fumo, non ha mai - dicomai - dato fas�dio, nè mai mi ha a�ra�o.

Tu�avia qualcosa è sca�ato durante il corso diindonesiano e i primi anni di Università.

Ricordo che a lezione parlando in indonesiano,forse ingolfa�ci in un discorso senza piùargomen�, il professore mi chiese se volevofumare. Io risposi che non fumavo. Lui tu�ocontento di potermi fare altre domande, perresuscitare la conversazione che languiva, michiese il mo�vo. Io risposi che non mi piaceva ilsapore delle sigare�e. E lui fu d'accordo con me. Emi disse che in realtà lui amava le sigare�eindonesiane e che fumava le Marlboro per ladifficoltà di trovare quelle del suo Paese.

- Di Indonesia ada rokok kretek! - In Indonesia cisono le sigare�e Kretek. Si chiamano così perchéquando bruciano eme�ono proprio questorumore "kretek-kretek".

- Ah sì? Curioso!

- Sì! Quelle che piacciono a me si chiamanoGudang Garam. Ma in Indonesia fumavo anche leSampoerna! Non contengono tabacco ma chiodidi garofano, sono profuma�ssime e se le fumi chehai mal di den� il dolore si lenisce! E poi sonosigare�e gen�li perché � aspe�ano! Una solasigare�a dura anche quaranta minu�! E poi hannolo zucchero sul filtro! Ah, che nostalgia!

Devo amme�ere che questo racconto eso�co disigare�e aliene allertò qualcosa in me. Del restose mi trovavo all'Università Orientale a studiarelingua e cultura giapponese e indonesiana eraovvio che cercassi nuove storie, piccole scoperteper arricchire il mio mondo. Sognavo di andare inIndonesia, si parlava perfino di embeddare alcunidi noi studen� su una nave della marina militareindonesiana e in quanto studiosi, e non turis�,dovevamo essere pron� a una serie di sfideculturali. In certe circostanze, saper bere, reggeregli alcolici, mangiare cose assurde e, sì, anchesaper fumare può fare la differenza.

Forse, inconsciamente, avevo deciso di volerimparare a fumare. Nulla di male, lo penso ancoraoggi. E sarebbe stato certamente più interessanteimparare a farlo con le rokok kretek.

Dopo qualche tempo il professore mi portò alcunipacche� di Gudang Garam e Sampoerna, cheaveva o�enuto da un diploma�co pressol'Ambasciata indonesiana a Roma. Quelle sigare�efurono una piccola rivelazione, una piccola

preziosa scoperta ma che temo mi abbianospalancato il portone del vizio.

3. Nico�na e TARFini� i pacche� avu� dal professore Z. arrivaronole vacanze es�ve. Non ci volle molto a realizzare diaver contra�o una vera e propria dipendenza dafumo. Avevo voglia di fumare e in poco tempo mitrovai giù dal tabaccaio so�o casa a comprare ilmio primo pacche�o. Amelia, la tabaccaia, mi videincerto e mi chiese per chi dovevo comprare lesigare�e. Quando le risposi che erano per me - manon sapevo quali fumare - lei mi tra�ò malissimo:- E da quando fumi? Che cos'è questa novità?Tornatene a casa. Va�enne!

Avrei dovuto seguire il suo consiglio/ordine einvece qualcosa mi infas�dì molto. Come osavauna negoziante che vende sigare�e interferire conla mia scelta di comprare sigare�e? Temo che quelgiorno la parte più pigra e stupida del mio essereadulto abbia preso il sopravvento facendomireagire come un cane, stupido, sui binari dellaferrovia, che all'arrivo ina�eso del treno invece discappare cerca di azzannarlo.

Credo di aver comprato un pacche�o di Barclay,semplicemente a�ra�o dal nome eso�co e daldesign del pacche�o. E forse anche perconcludere velocemente l'imbarazzantetransazione.

Certamente, con questo primo acquistoconsapevole ho ufficialmente apposto la mia firmasul contra�o da dipendente - a tempo

indeterminato - col fumo.

Ma ovviamente le sigare�e occidentali nonavevano nulla a che vedere con quelleindonesiane. Ero scontento ma con�nuavo afumarle. Che assurdità.

Poi decisi che avrei imparato a rollare le sigare�eper poter ricreare un'esperienza simile a quelladelle Gudang Garam. Allora trovai un negozio dicoloniali e decisi di comprare dei chiodi digarofano, che avrei poi tritato e arrotolato incar�ne. Quando feci la mia richiesta al negoziantelui mi chiese quan� ne volevo. Io non sapendocosa dire chiesi prima il prezzo. Il prezzo al chiloera irrisorio. Allora ne chiesi un chilo. Il negoziantetrasalì e mi chiese se avessi idea di quantomateriale fosse "un chilo di chiodi di garofano". Non ne avevo idea. Me ne fece allora una bus�na,leggerissima, grande quanto un pacche�o di caffè.E per un periodo fumai così.

Un giorno, in un parco, un �pico perdigiornomeridionale mi vide armeggiare con le miesigare�e speciali, evidentemente annusò nell'ariaun profumo insieme invitante e sospe�o e michiese cosa stessi fumando. Io riposi: - Chiodi digarofano! E lui mi chiese: - Ma sballano?

Ma rollare sigare�e non era per me. Ancora oggipenso che l'ogge�o industriale "sigare�a" sia unodegli ogge� meglio concepi� al mondo. Sonocerto che una importan�ssima parte delladipendenza che le sigare�e generano possa

essere fa�a risalire alla loro forma, al loro peso,alla maturità del loro design industriale.

Poi par�i per una Inter-Rail es�va. Passando per laSvizzera notai che lì si potevano acquistare leGudang Garam! La Svizzera aveva delle leggi sulfumo e accordi di importazione diversi dall'Italia equindi le sigare�e indonesiane erano disponibili.Poi avrei scoperto che erano comprensibilmentedisponibili anche in Olanda, Paese che man�enespeciali relazioni con l'Indonesia per via dei lorotrascorsi storici.

Non aspe�ai un minuto in più e a un prezzoproibi�vo comprai il mio pacche�o di GudangGaram in Svizzera. Ero esta�co ma feci subitoun'amara scoperta.

Sul pacche�o originale indonesiano non vi eraalcuna informazione circa il contenuto di Nico�nae TAR. Su quello svizzero, certamente perques�oni legali più avanzate, tali informazionicampeggiavano chiaramente. Rimasi scioccato.

Nico�na: 8 TAR: 35.5

Non ci potevo credere perché sapevo che per unavolgare Marlboro rossa, considerata la sigare�apiù pesante tra quelle popolari nel mondo, i valoricorrisponden� erano 1 e 12...

Se era vero che la nico�na causasse dipendenza efumare facesse generalmente male, beh, le mie

prime sigare�e non erano certamente state... lievicon me.

Razionalmente, decisi di non fumare più. Lesigare�e che mi piacevano erano troppo pesan� edi difficile approvvigionamento. Le altre sigare�eoccidentali proprio non mi piacevano. Rollarmi dasolo quelle con i chiodi di garofano trita� nonfaceva per me; era stato divertente provarci ma lapreparazione aggiungeva una dimensione manuale- industriale! - che non mi interessava alimentareo aggiungere alle mie altre rou�ne.

Per qualche mo�vo - che cercherò di indagare nelleprossime pagine - ho con�nuato a fumare per altriven�cinque anni.

Ven�cinque anni trascorsi a fare ciò cherazionalmente non mi interessava fare.

4. Fumare in GiapponeIn Italia fumano le tazze di tè, i vulcani, leciminiere industriali e, molto anonimamente, ifumatori, che sono tali se espellono fumo.

Nella lingua giapponese lo stesso conce�o (suonoe ideogramma) esprime invece una viva fisicità,una vera e propria carnalità, suggerisce una vera epropria relazione amorosa.

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すう [吸う、喫う] - Pron.: Suu Verbo godan, verbo transi�vo

1. Fumare, inalare 2. Succhiare, sorseggiare, leccare 3. Assorbire 4. Baciare

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Quando vivevo in Italia un paio di volte hopensato di sme�ere di fumare. Ricordo di averciprovato una sola volta, ma senza alcunaconvinzione e il tenta�vo durò forse solo mezzagiornata.

Il mio trasferimento in Giappone ha aggravato la

mia posizione di fumatore, in un certo senso haritardato qualunque azione volta a sme�ere.

Il Giappone è un Paese estremamente tolleranteverso i fumatori, anche se negli ul�missimi anni,con un decennio di ritardo rispe�o all'altroOccidente, le maglie si stanno stringendo anchequi. Ma sempre con la �pica e paziente cortesiagiapponese.

Ancora oggi è possibile fumare in mol� localipubblici, bar, tra�orie, caffè, fast-food. Quelli ages�one più globale o nazionale, appartenen� acatene molto diffuse sul territorio hanno datempo implementato zone fumatori bencircoscri�e e ben areate, o stanno riconvertendoin locali per soli non fumatori. Dunque anche inGiappone il vento sta cambiando, sebbene i ven�giapponesi siano sempre molto... interpretabili.

Probabilmente, per ancora qualche anno, se ilfumo di tabacco non sarà totalmente banditocome misura mondiale (e certamente non lo sarà)in Giappone potrebbe restare possibile fumare inlocali semi-pubblici / semi-priva� (piccoletra�orie, snack bar, cigar club) che non sianotroppo ampi e la cui entrata sia in qualche modofiltrata. Cioè, l'a�o adulto del fumare potrebbeessere accoppiato a una �pologia di locali ai qualipotrebbe essere richiesto di conver�rsi in"member club".

In Giappone negli anni Novanta imperava Utada

Hikaru, una brava e giovane cantante. Le canzoniche più spesso si ascoltavano alla radio o nei localierano "It's automa�c" e "First Love".

T., la mia fidanzata dell'epoca mi aveva regalatoquesto CD di Utada Hikaru, forse in affe�uosarisposta all'altro mio CD regalatole, "Dead bees ona cake", di David Sylvian.

Un passo di First Love:

最後のキスは、たばこのフレーバーがした 苦くて切ない⾹り Il tuo ul�mo bacio sapeva di sigare�a Un odore amaro e forte.

Ho sempre pensato, e lo penso ancora oggi, chequesto passo della canzone - che pone il fumo, lasigare�a, l'odore e il sapore di un bacio tra dueaman� - fosse par�colarmente... potente,brillante. Non intendo brillante, in senso per forzaposi�vo, ma ho la ne�a sensazione che questopasso della canzone abbia ritardato lo s�gmagiapponese verso il fumo, specialmente tra lecoppie giovani.

Se la beniamina della Hit Parade giapponesedescriveva un bacio al sapore amaro e forte disigare�a ciò voleva dire che un fidanzatofumatore era possibile, passabile se nonaddiri�ura desiderabile.

La mia fidanzata T. non fumava ed era disturbata

dal mio vizio del fumo, ma era come se acce�assequesto mio vizio in quanto preroga�va maschile,fas�diosa ma descri�va e irrinunciabile del mioessere maschio, al pari forse di altri vizi anchemolto diffusi in Giappone, quali la birra, lesbronze, il gioco dei cavalli, il pachinko, ecc...

A volte ho pensato che nel caso della nostracoppia il fumo donasse alla controparte nonfumatrice un mo�vo per odiare so�lmente unpartner troppo amato. Ed era come se,paradossalmente proprio grazie al fumo, larelazione trovasse così un suo equilibrio.

Mi rendo conto di dovere a T. delle scuse. Unano�e afosissima di agosto con 39 gradi e il 99% diumidità, entrambi stesi sui futon zuppi nella suastanze�a, era impossibile dormire, pur con l'ariacondizionata al massimo. Io mi accesi unasigare�a nella stanza, al buio, come se fosse lacosa più naturale del mondo. Lo avrei fa�o altrevolte in altre stanze, in altri le�, in alberghi perbene e alberghi meno per bene... Invece, quellano�e, la sensazione di aver fa�o qualcosa diinammissibile mi assalì subito, e mi perseguitaancora oggi. Non era la mia stanza, non era la miasola aria quella già fa�cosamente respirabile. Ilricircolo dell'aria condizionata trasformò i mieifumi in qualcosa di insopportabile che appestòtu�o per giorni.

Perché non ero uscito fuori a fumare? Perché fuorinonostante la no�e era l'inferno in Terra.

Perché non ho rinunciato a fumare quellasigare�a?

Io ho sempre visto il fumo come qualcosa difemminile e invece temo, oggi, che fumare inGiappone mi abbia subdolamente reso un maschiomaschilista, contro la mia stessa volontà,intenzione e coscienza. Come tale ero percepito ecome tale ho finito per comportarmi. Quellasigare�a nella stanza di T. fu una feroce,incontrollabile, inconsapevole imposizione del mioessere maschio giapponese in Giappone. Lo avreicapito dopo anni.

Nei caffè, nei kissaten e nei fast-food giapponesidegli anni Novanta non c'erano zone fumatoricome le intendiamo oggi. Cominciavano acomparire i pos� per fumatori e quelli nonfumatori. Ma la cosa incredibile era che se il miotavolino era segnalato come per fumatori magariquello accanto, a un solo palmo di distanza, era"non fumatori". Ed era ovvio che si tra�asse si unadivisione solo nominale. Il mio fumo arrivavadire�amente ai non fumatori sedu� subitoaccanto. Io spesso me ne scusavo ma ricevevosolo rassicurazioni, del �po: - Non si preoccupi,noi siamo nella zona non fumatori!

Questa assurda disposizione dei tavoli è andataavan� per anni, modificandosi len�ssimamente,dapprima con la comparsa di separatori inplexiglas poggia� sui tavoli e al� quanto unabo�glia(!), poi con la ristru�urazione vera e

propria dei locali e la costruzione di muriseparatori ancora troppo bassi e aper� pergaran�re una giusta separazione tra le due aree.Poi con gli anni l'altezza dei muri e dei vetri diseparazione è aumentata ma sempre lasciando unpalmo aperto in alto a tu�o, come a non volersigillare del tu�o i due ambien�. E finalmente - maci sono volu� ben dieci anni - le zone fumatorisono state del tu�o chiuse, separate dal resto.

Quando i locali pubblici avevano ancora areefumatori della stessa ampiezza di quelle nonfumatori, io mi sen�vo ancora coccolato, prote�oe gius�ficato nel mio vizio, tanto da imporrespesso ai miei amici non fumatori di sederci doveio avrei potuto fumare.

Me ne scuso qui pubblicamente e in par�colare miscuso con il mio amico E. che più di altri, pur distare con me, mi ha sempre accontentato elasciato indugiare in questa abitudine.

Ora è in a�o la distruzione o la riduzione ai minimitermini delle aree fumatori. Oggi, perfino mol�locali di livello rionale, a conduzione familiare,hanno proibito il fumo ai loro clien�.

Per qualche tempo ho vissuto questa tendenzacome un alto tradimento. Ma adesso comincio acapire.

Ad ogni modo il fumatore è un meschino, unoschiaffeggiato statale, si sa. Lo Stato anche inGiappone con�nua a vendere le sigare�e e

ricavare i suoi introi�. Ha dato il via libera a PhilipMorris e Bri�sh American Tobacco dicommercializzare i nuovi disposi�vi perassunzione di nico�na a�raverso il riscaldamentodi s�ck di tabacco - e non più combus�one. Lastrada è pra�camente sbarrata ai disposi�vi per ilcosidde�o "svapo". I pochi negozi esisten� disigare�e ele�roniche non possono vendereprodo� a base di nico�na, come invece accade inaltri Paesi.

Tu�o ciò frammenta l'esperienza del fumo inalmeno una triplice dipendenza: dipendenza danico�na e combus�one, dipendenza da nico�naper riscaldamento, dipendenza da gestualità einalazione.

Non mi interessa approfondire troppo lemo�vazioni e le interconnessioni tra queste tremodalità del fumo, e non mi interessa troppoformulare ipotesi sul disegno strategico di stato emul�nazionali. Molte azioni intraprese dallo Statosi fondano su visioni fasulle, nominali, malconcepite, che si ispirano a qualche legge nonancora promulgata, o magari si basano su unsondaggio superficiale, sia esso nazionale ointrapreso troppo localmente.

Di certo, se fossi uno "svapatore" non tollererei didover fumare in un box dove qualcun altro stafumando una sigare�a tradizionale. Lo stessopenserei se avessi fa�o la scelta di passare altabacco riscaldato, più salutare. Aver diviso ifumatori in tre club diversi, spesso promiscui, che

comunque presto verranno alle mani, mi pare unrisultato... geniale, diabolico.

Val la pena sme�ere di fumare anche solo per nonpartecipare a questa messinscena.

5. Nico & TinaIl rapporto con la nico�na è una con�nua ba�agliainteriore che si manifesta esteriormente conmanifestazioni di pace. In un certo senso si fumaun calumet con sé stessi ogni ven� minu� circa.

Dal momento che ho cominciato a fumare è comese avessi ro�o un equilibrio psicologico efarmacologico originale ed è come se ora ospitassidue personalità diverse in me. La cosa nondovrebbe apparire par�colarmente strana se siinquadra la nico�na per ciò che è di fa�o: unasostanza naturale, vegetale, intossicante e percer� verso psicotropa. Peccato solo che essa nonsia una sostanza psichedelica. Alla fin fine non èaltro che un inse�cida la cui funzione èproteggere la pianta originale di tabacco.

Eppure, una volta ingerita, la nico�na generadipendenza e sopra�u�o genera queste duebellicose personalità.

Nel gioco intelle�uale dell'analisi della miadipendenza ho deciso di scomporre la parola"nico�na" in due nomi propri di persona, di unuomo e una donna, Nico e Tina.

Vediamo chi sono costoro.

Nico è un uomo dal cara�ere solido e con unapproccio eccessivamente razionale a tu�e lecose. Sì, per cer� versi è molto noioso e crede di

essere tu�o d'un pezzo. Quando qualcosa non vaper il verso giusto, Nico tende a trascendere. E' uno�mo e temu�ssimo procras�natore.

Tina è una donna estremamente emozionale, chevive tu�o nell'esclusivo ambito dei suoisen�men�. Se qualcosa non va come dice lei, Tinatende ad avere tremolii. Ma come tu�e le donnequando serve è categorica ed esecu�va.

Entrambi sono in qualche misura corresponsabilidella nostra dipendenza.

Nico lo è perché crede di poter controllare noi e ilnostro ambiente a�raverso la sua estremacapacità di razionalizzazione. Le sue frasiricorren� e �piche sono: - Che vuoi che sia un�ro? Puoi sme�ere quando vuoi. Solo una dopocena. - E via elencando, le �piche frasi...

Tina invece parla molto meno. I suoi silenziammiccan� sono però altre�anto colpevoli. Leiannuisce, invita, conferma, normalmente senzapropriamente esprimersi ma accomodandosi inquei golfi della nostra anima che noi stessi nonabbiamo il coraggio di esplorare, rivisitare,raccontare. Ma la prima sigare�a ce l'ha fa�afumare lei. E anche l'ul�ma, a dire il vero.

L'uno è imba�bile nel descrivere inu�lmente inostri pieni, l'altra nel colmare i nostri vuo�.

Entrambi sono colpevoli, e tra loro non vi è veracompe�zione. Essi agiscono come fossero un

ga�o e una volpe, l'angelo e il diavole�o. Entrambihanno alla fin fine ragione ed entrambi ciappaiono irresis�bili, credibili, sopra�u�o moltoumani e familiari. Quando tu�o va bene il lorochiacchiericcio è di compagnia.

Ma è tu�a una intossicazione di origine vegetale...Nulla di più an�co e semplice.

La nostra capacità di intendere le cose è stataindebolita sin dalla loro prima inges�one, e unso�lissimo e paradossale meccanismo didipendenza, accentuato dalle nostre debolezze(vizi, vezzi, rou�ne, senso di solitudine ocompagnia, stress o relax) si appoggia su questaduplice capacità di Nico e Tina di ges�re le nostreintenzioni alla radice. Questa coppia li�ga spessoper conto proprio, talvolta ci chiede opinioni manon ci ascoltano mai, talvolta vanno d'amore ed'accordo e tu�o filo come al solito.

Farmacologicamente parlando, un duo geniale,uno spe�acolo infinito!

Nico si occupa di diro�are e distrarre la nostra piùsana razionalità. Tina reinterpreta e occupa ilnostro subconscio.

Oggi credo che tra i due Tina sia la vera causadella prima sigare�a. Ma Tina è colei che, senzaparlare, ci indica che la gabbia dove crediamo diessere rinchiusi è da sempre aperta. Che lei e ilsuo logorroico compagno hanno sì una qualchean�ca responsabilità ma la vera torre di prigionia

(di valori, abitudini e ripe�zioni) è tu�a nostra,principalmente opera nostra.

Basta percorrere il tragi�o dei nostri ul�mi anniall'inverso e capire che abbiamo acce�atorazionalmente ciò che sapevamo benissimo essereun vizio, e lo abbiamo fa�o a causa di un vuotoemo�vo lasciato incustodito.

Il vizio del fumo è diventato parte della nostra vitacertamente a causa di imponderabili e precisiallineamen� esterni (opportunità, amicizie,pressione media�ca, il senso giovanile di sfida) maanche e sopra�u�o perché qualcosa che avevamorimosso - sono certo che si tra� per tu� di unasofferenza dell'infanzia - è esplosa a scoppioritardato coagulandosi nel contra�o diautodistruzione che comunque da tempo pulsavae montava in noi.

Sono certo che i non fumatori sono tali perché permo�vi altre�anto imponderabili hanno esorcizzatoo risolto tale immancabile pulsione autodistru�vain modo diverso o più conclusivo. Il fa�o che oggiqueste persone non siano fumatori o fumatricinon vuol dire che non abbiano tentato diautodistruggersi con altri mezzi o che non los�ano facendo tu�ora secondo modalità arcane aipiù e a loro stessi.

6. Credo di non amar�più

- Devi capire che non rinnego tu�a la nostrastoria. Ho solo bei ricordi di te e me insieme. Masento di essere cambiato, mi capisci?

Come suo solito, in ques� casi di crisi, non mirisponde... Io sento di dover profi�are di questaopportunità. Se non sarà un dialogo, sarà almenoun mio monologo. E rincaro la dose.

- Se penso a quanto tempo siamo sta� insieme, intu�a la mia vita non ci sono sta� eguali con altre.Questo lo sai, vero? Ma le cose cambiano. E' da unpo' che sento di essere cambiato. E non dirmi chenon ho fa�o in modo di fartelo capire. Ma tuniente, tu vai avan� con questo tuo modo di fareenigma�co, come se io fossi un ogge�o, immobile,senza diri�o di cambiare, di evolvere, come senemmeno avessi il diri�o di esprimere ciò chepenso, ciò che sento.

Ancora nessuna reazione.

- Io non � amo più e non è da me con�nuare unarelazione solo per abitudine. Quando mai l'hofa�o? Mica me lo ha de�o il do�ore di restareinsieme a te? Sì, ci siamo volu� bene, ma orabasta. Anzi, se vuoi sapere la verità è da un po' chepenso che tu sia semplicemente... asfissiante! Mitogli tu�e le energie e cosa mi dai in cambio?

Ques� silenzi del cazzo! Ecco, fa�elo dire. Sì, ognitanto un po' di compagnia, ma volendo esserefiscale che compagnia sarà mai? Trenta minu� algiorno? E le no� totalmente solitarie? A le�o seiuna frana. Anzi chi � vede più. Una volta ci venivia le�o con me e � poggiavi sulla mia pancia, salivie scendevi col mio respiro. Poi quando è stato chenon � ho vista più? Mica me lo ricordo.

Mi accorgo che ora, il suo silenzio è in realtàcommosso e nostalgico. E allora mi tornano inmente innumerevoli bellissimi ricordi della nostravita insieme.

Era in classe quando imparavo a leggere escrivere. Era presente quando tu� gli zii anziani siriunivano. Era lì quando i miei genitori ospitavanoqualche amico della loro giovinezza. Era lì quandomia madre mi faceva qualche carezza. C'eranell'aria anche al suo funerale. Era un saporedolcissimamente novello quando ho baciato per leprime volte. Era tra gli amici di mio fratello. Eraall'Università, era nei treni, si mescolava all'odoredi giornali freschi e profumo di donna quando dabambino ebbi il privilegio di volare, tante volte.Era con me in Norvegia, era con me quando alfreddo di dicembre mi prendevo una pausa fuori alvicole�o con gli altri camerieri brasiliani a Tokyo.Era con me negli ul�mi pos� indietro a tu�o neivecchi 747 Alitalia. Era con me in cabina quandoimparavo a pilotare nei turni di no�e, alsimulatore, a Fiumicino.

- E una volta faces� sca�are l'allarme incendio, te

lo ricordi? - le dico - e le mie paroleinavver�tamente la circondano come unabbraccio commosso.

- Non fui io. Fu il sigaro del comandante D'A�oli...- Mi risponde, offesa.

Poi glielo dico dire�amente.

- Eri con me nei momen� più belli...

E lei risponde, acida.

- Non erano i momen� più belli. Erano momen�qualunque, di una vita qualunque, di un uomoqualunque. Ed eri tu che consumavi me. Io midavo a te, tu�a. I primi tempi eravamo da soli, inuna stanza, magari alla finestra di casa di tua zia,con quello stupendo panorama sul golfo. Mitra�avi da principessa, mi sfilavi dal pacche�o concolpe� delica�ssimi. Io ero tu�a tua, solo tua. Poiin men che non si dica ero la tua schiava: tu miprendevi, mi baciavi, mi succhiavi senza troppagen�lezza, sai? E poi hai cominciato a farlodavan� a tu�. E quante volte, quando avevi finitodi fare i tuoi porci comodi, mi hai malede�a condisprezzo, menata a terra e calpestata. O peggio,non lo dimen�cherò mai, lasciata cadere - ancoraviva - in un tombino, come la peggiore dellezoccole, con quel tuo sguardo finto innocente,�po "io non fumo mica, chi la conosce a quella".

Mi rendevo conto che ciò che diceva era vero...

Tu�o vero...

Allora le chiedo, sommessamente e con un grandesenso di colpevolezza:

- Se ne soffrivi tanto perché non mi hai mai fa�ocapire tu�o ciò? Perché non mi hai richiamato intempo?

- Perché io sono solo un cilindro di cartaarrotolata. Io non penso, non parlo, non amo. Semi accendi io ardo, faccio fumo, faccio male. E sene ho voglia brucio palazzi e pinete. Faccio unmacello! Amoremio, te lo dico ora e mai più: tu haiqualche problema serio.

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Ecco cosa accade quando si porta avan� unarelazione tossica o, peggio ancora, una relazionedove il carico affe�vo è espresso esageratamentesolo da una delle due par�. Ho condiviso la miavita con una assassina, una piromane. Sono statoun pazzo io stesso.

Cosa rende difficile interrompere la relazione conla sigare�a, se è vero che tale relazione somigliaad altre relazioni più stre�amente umane?Incredibilmente, forse, è proprio la mancanza diumanità della sigare�a.

Una buona dose dell'energia e coraggio necessaria interrompere una relazione tossica -

stre�amente umana - è quanto so�le malepossiamo fare alla nostra controparte, quantoduraturo as�o potremo inie�are nell'altra parte. Ildispiacere, la delusione, tu�e le emozionistruggen� che pure ci portano a interrompere larelazione sembrano alimentare il coraggionecessario a rompere - se solo potessimo, in uncerto senso, andarcene sba�endo la porta;sapendo, intuendo, sperando, immaginando dilasciare l'altra parte in allibita amarezza. Del resto,lo capisco. Alla fine si tra�a di rinegoziare unnuovo equilibrio di valori.

Parlo della so�le gioia di far del male a chicrediamo ci abbia fa�o del male. Io mi riscoprocosì... Un uomo molto per bene in cerca di unaso�le vende�a, invisibile ma che bas� e duri.

Ma nel caso della sigare�a? Ebbene, la relazionenon solo è stata tossica ma anche assolutamenteunilaterale. Non c'è nessuno dall'altra parte se nonun rotolo di carta e tabacco. Non c'è nessuno chepotremo lasciare in una disperazione simile allanostra. La nostra rabbia, il nostro amore delusoperfino i nostri migliori ricordi, nulla di tu�o ciòpotremo lasciare in amara e dolorosa eredità allanostra amata e odiata compagnia di mezza vita.

La fine della relazione tossica con il fumoso�ntende un brusco doppio risveglio alla crudarealtà dei fa�.

Abbiamo amato ma non siamo sta� davveroama�.

Non c'era nessuno che pesando pochi grammi eprendendo allegramente fuoco avrebbe potutoamarci.

7. Il roman�coriduzionismo del tu�o

Presto o tardi sopraggiunge un momento nellacarriera dei fumatori in cui essi realizzano diessere circonda�, rinchiusi, oggi anche ghe�zza�e maltra�a�.

Arriva il momento in cui in tu�a onestà si desideradi non aver mai cominciato. Quasi infan�lmente cisi paragona ai colleghi non fumatori e ovviamentese ne ricava un'immagine di individui perden�. Seuna volta noi avevamo quel qualcosa in più, unvezzo costoso e sofis�cato, oggi il nostro vezzo èun vizio, un fardello.

Lo s�gma è ormai mainstream.

Ma a pensarci bene, le situazioni di un fumatore eun non fumatore sono entrambe situazioni diprecario equilibrio.

Cascasse il mondo non fumerò mai. Cascasse ilmondo imparerò a fumare, perché devo, posso evoglio.

Cascasse lo stesso mondo non sme�erò, perché loscelsi e mi piace. Cascasse il mondo sme�erò,perché devo, posso e voglio.

Anche il non fumatore più integralista, date leopportune circostanze, può trasformarsi in un

fumatore. Viceversa, si sa di accani� fumatori chesme�ono senza fare troppe storie.

Focalizzando l'analisi sui fumatori, ad una pianaosservazione, questo è il fenomeno "clinico" esociale spesso osservabile: mol� sme�ono difumare.

A complicare inu�lmente una tale, facile,risoluzione interviene una serie di storie eleggende sul fumo, sulla dipendenza, sulladifficoltà di sme�ere, sulla libertà degli s�li di vita,sulla compiacenza al salu�smo, sulla puzza e ilprofumo, sul complo�o e la debolezza, suschiavitù, su schiavis� e schiavi, sul bene e sulmale; tu�e opinioni e posizioni generali - evecchie quanto il mondo - che si applicano altabagismo con la facilità che il pensiero e la parolagratuitamente consentono.

Ma io credo che le cose possano essere messe suun piano molto diverso, e certamente più rela�vo.

In un certo senso, ciò che vorrei qui dire ai nonfumatori - che cascasse il mondo non hanno laminima intenzione di fumare - è di stare invecemolto a�en�!

E ai fumatori - che vorrebbero sme�ere macredono di non poterci riuscire - di stare molto piùtranquilli di quanto non siano.

La mancanza di una "tranquilla a�enzione" a séstessi, una emo�vità compressa e lasciata troppo

libera di esprimersi, è ciò che ci ha permesso difumare dal primo momento, ciò che ha fa�ocominciare a fumare milioni di persone. Una voltache si è diventa� fumatori, la stessa mancanza ditranquilla a�enzione a sé stessi e una ugualesfrenata emo�vità impedisce di liberarsi del vizio.

Spero di poter suggerire e dimostrare nelleprossime pagine che il vizio del fumo non loimpone davvero la nico�na. E neanche la risaputadebolezza degli animali alle cosidde�e "abitudinidopan�", cioè all'a�accamento ai propri ritualiquo�diani.

Potrebbe essere facile affermare che... perdebolezza o indulgenza ci imponiamo da soli difumare. E potrebbe essere un modo veloce,seppur poco originale, per concludere questocapitolo.

Ma credo invece che il vizio responsabile deldisastro del tabagismo (e di tan� altri disastrisociali, con minore copertura e forse maggioreestensione) sia invece nel dilagante pensieroimperante di più bassa trama e qualità, una sortadi "riduzionismo roman�co del tu�o" di cui ilnostro mondo - fantasioso e ciarlante - èvanamente malato.

Ridurre roman�camente significa semplicementespostare su un piano roman�co la narrazione di unfenomeno che invece meriterebbe tu�'altrasoluzione.

I fumatori sono i primi a ridurre, in un certo senso,la loro condizione e spesso lo fanno con ba�uteroman�che e infelici in maniera tale daguadagnare principalmente tempo per indugiarenel loro vizio.

Ma i non fumatori - e peggio ancora i paladini del"non si fuma a tu� i cos�" - loro potrebberoescogitare una diversa strategia per comba�ere ilfumo e sopra�u�o per dialogare con i fumatori.

Questo dilagante "riduzionismo roman�co" èestremamente infe�vo per cui... credo che gliimperversan� discorsi di "inu�le e bassa lega" sulfumo siano molto più responsabili del vizio delfumo... del vizio del fumo stesso!

I discorsi razionali e più terroris�ci sul fumo anchesono responsabili, perché spostano l'a�enzione suun teatro di guerra al fumo dove c'è poco dacomba�ere, dove a ben vedere i solda� di ambo lepar� sono tu� d'accordo sull'assurdità dellaguerra - e se fosse per loro trasformerebbero letrincee in allegri barbecue.

La lega razionale di un discorso su un vizio, suun'abitudine, su una dipendenza proprio non legacon la lega stre�amente emo�va che ha generatoil problema e che lo �ene in vita.

In un certo senso, restando nella metaforaguerresca, il mondo che fuma o che vuolecomba�ere il fumo si trova invischiato in unperdurante episodio di fuoco amico, dove "l'amico

assassino" è lo stesso pensiero umano fuoricontrollo, con la sua capacità di intessere (interessipriva�) e ramificare (discorsi di pubblicità globale).

Al solito nella storia, mentre i solda� semplicicomba�ono, en�tà superiori e invisibili anne�ononuovi scacchieri al loro dominio.

8. L'unico modo persme�ere

Sì, tu� i fumatori desiderano segretamentesme�ere.

E su questo desiderio adagiano il desiderio dicon�nuare a fumare. E su ques� due desideri,ancora, quello di sme�ere ma noncompletamente, e con�nuare ma magari non persempre o non esageratamente.

La verità è che l'indugiare nel vizio del fumo hacome instaurato nel fumatore una diversapersona, che non potrà essere mai più quellaoriginale, quella che non aveva ancora maifumato. E il fumatore sa bene, lo sente, lopercepisce nel suo respiro, nell'avanzare dell'età enel perdere piccoli colpi in piccole cose, che nonpotrà mai essere più nemmeno ciò che è adessonel momento presente.

Essere fumatore - almeno così percepisco io -rimarca alcune piccole sorprese che l'avanzaredell'età impone un po' a tu�. Ma il fumo sembrarimarcarle: qualche ruga, meno generaledinamismo e altre piccolezze, ma tu�e benso�olineate.

Eppure nella vita si sme�e di fare tante cose chesono obbie�vamente difficili, ardue. Sme�ere di

fumare, invece, è davvero difficilissimo e ladifficoltà - oltre alla ovvia intossicazione danico�na e da abitudine - è tu�a nella beffardaleggerezza e impalpabilità del problema.

Il fumo è un vizio che si adagia nel respiro umano.Ci rendiamo conto di quanto sia diabolico, perfinopiù diabolico di qualunque altro vizio alimentare?Finché è vivo, non c'è un momento in cui un corponon respiri, dunque, non c'è un momento in cui -tecnicamente - una sigare�a non possa non farsifumare.

La mancanza di coscienza durante le ore di sonnoe l'impra�cabilità di altri momen� durante la vegliafiniscono per ridurre il numero di momen� ada�al fumo e a concentrarli e cara�erizzarli proprio inquelle fasi aperte e ripe��ve di ogni giornata:caffè, pranzi, cene, aperi�vi, pause lavora�ve, ecc.Ecco che la potenza della nico�na si sposa conabitudini e ricompense abbondantemente rodatenella vita di un individuo. Ecco che la sigare�adiventa di fa�o l'ombra del fumatore.

Sme�ere non è semplice, specialmente se si fumada mol� anni, non solo per l'effe�va dipendenzadalla sostanza ma sopra�u�o per la simbiosi che ilvizio ha instaurato con lo stesso nostro a�ofondamentale della respirazione.

Riuscire a sme�ere di fumare può accadere solose si dà a�o a una vera e propria rivoluzione.

Riuscirvi è un miracolo di forza di volontà -

certamente! - ma sopra�u�o di capacità di visionee immaginazione. In ciò consiste "la rivoluzione".

Ciò che a mio avviso fa fallire mol� tenta�vi disme�ere è nella mancanza di una visionerinnovata di sé che non sia una visione di sé stessipresa dal passato, da quel passato ormai mi�co incui si era non fumatori; e che non sia la visioneirrealis�ca di un presente in cui si sia già nonfumatori. Tale presente non esiste, va ricostruitome�endo insieme milioni di momen�, migliaia diore, cen�naia e cen�naia di giorni senza fumare.

La visione necessaria a sme�ere e che manca amol� (me compreso) è quella del tu�o originale espinta, spin�ssima, di un sé stesso - certamentenon fumatore - ben in là nel futuro, una personanuova cara�erizzata da mol� aspe� esteriori einteriori che siano assolutamente novelli rispe�oalla versione odierna di noi stessi.

L'adulto che voglia sme�ere di fumare dovrebbedapprima impegnarsi in se�mane, mesi, anni diconcentrata visualizzazione di sé nel futuroremoto. Dovrebbe tornare a fare come faceva dabambino, quando si immaginava grande, con figli osenza, felice o all'avventura; dovrebbe dare allapropria immaginazione di sé un potente ve�orenel futuro fino a generare una versione di sé chefunga da naturale a�ra�ore emozionale,quell'unica persona di cui ci si può fidare, in gradodi forgiare, nei giorni, se�mane, mesi cheverranno, un naturale non fumatore.

Di sicuro non si può restare sé stessi, come si èoggi e su tale base sme�ere di fumare. Sme�eredi fumare non è qualcosa che realis�camente sipuò aggiungere (o so�rarre) alla rice�a di sé.

La rivoluzione realista necessaria a sme�ere difumare è nella presa di coscienza che taleobbie�vo sarà raggiunto pienamente edefficacemente tra uno o più anni. Per quel tempomolto, se non tu�o, dovrà essere cambiato. Lanuova versione non fumatrice di noi farà bene aessere la naturale figlia di una versione che nelfuturo non potrà proprio fumare, perché tale lacara�erizzano nuovi asse� familiari, lavora�vi,sociali.

Tale versione di noi esiste nel futuro e in un certosenso potremmo cercare di pescarla alla lenza. Maoccorre bu�are l'esca molto lontano dalla pozzastagna del presente.

Il respiro ci accompagnerà fino alla morte: che siail respiro a ospitare questa pra�ca diimmaginazione di noi stessi, ad anelare, a portarci- assieme a tante altre cose - anche la versione dinoi che non fuma più.

Dal futuro può arrivare qualunque cosa.

Su questo vi è ragionevole certezza.

ConclusioneIn conclusione di questo percorso desideropuntualizzare qualcosa, forse proprio in risposta al"roman�co riduzionismo del tu�o" a cui hoaccennato nel libro.

La sigare�a - in quanto geniale strumento disomministrazione, il tabacco e altre erbecombus�bili e fumabili, e la nico�na - in quantocomponente chimico naturale e prote�vo dellapianta, non possono essere semplicis�camentecriminalizza� solo a causa dell'uso smodato chealcuni individui ne fanno, o per essere sta� messiso�o sfru�amento industriale, negli ul�mi centoanni da uomini e aziende senza scrupoli.

Volendo minimamente razionalizzare il discorso,da un punta di vista moderno e sempre umano,occorre rendersi conto che l'industria del tabacco(e il consumo industriale che mol� fumatori fannodel tabacco) sono il problema reale sul pia�orazionale.

Fumare di per sé - per quanto è chiaro che siaun'azione innaturale e da non industrializzare nelproprio quo�diano, tantomeno associandola acen�naia di addi�vi sinte�ci e velenosi - resta unmirabile esempio di ancestrale tecnologia umana,una tecnologia che non può essere ignorata o,peggio, criminalizzata.

Tale tecnologia si perde nella no�e dei tempi ed è

certamente aliena a qualunque idea disfru�amento economico. Come forse tu�e letecnologie originali essa è nata e si è perpetuataper elevare il genere umano, anch'essa è parte diun disegno planetario di emancipazioneanimalesca.

L'idea di u�lizzare il respiro per proporre -a�raverso i polmoni e la circolazione sanguigna -molecole aggiun�ve al cervello resta di inarrivabilegenialità, sopra�u�o se si �ene conto dei tempi incui fumare ha cominciato ad aver luogo.

Sono certo che come tante altre cose non proprioortodosse per la salute umana, fumare potrebbeessere ancora oggi un'a�vità acce�abile, adulta ematura, se solo la nostra civiltà non si fosseevoluta nella civiltà dei consumi che è, e se lastessa civiltà non avesse sviluppato la tendenza aindustrializzare, infan�lizzare e allo stesso tempoprofessionalizzare qualunque consumo.

A tal riguardo, credo che il fumo siasemplicemente un'altra tecnologia - tra le tante suquesto pianeta - i cui rischi di u�lizzo superanoormai la sua u�lità, e la cui originale ragione diesistere si sia persa per sempre.

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