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Lucia Caterina

YISHUMANUALE

DI STORIA DELL’ARTE CINESE

collaborazione di Chiara Visconti

appendice di Pietro De Laurentis

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Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: novembre 2006I ristampa aggiornata: febbraio 2007

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INDICE

Premessa 9 1. Il Neolitico 13

1.1 La Cultura di Yangshao 13 1.2 La Cultura di Hongshan 19 1.3 Le culture della costa orientale 20 1.4 La giada 25

2. La Dinastia Shang 27

2.1 Il bronzo 27 2.2 La fase di Erlitou 29 2.3 Gli ossi oracolari 32 2.4 La fase di Erligang 33 2.5 La fase di Anyang 36 2.6 La tomba di Fu Hao 39 2.7 Sanxingdui 43 2.8 Principali tipi di vasi rituali di bronzo ed evoluzione del taotie

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3. La Dinastia Zhou 49

3.1 Zhou Occidentali 49 3.2 Zhou Orientali 54 3.3 La lacca 60 3.4 Gli Stati Combattenti 62 3.5 La tomba del Marchese Yi di Zeng 66 3.6 La necropoli di Zhongshan 74 3.7 La Cultura di Dian 78

4. La Dinastia Qin 85

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5. La Dinastia Han 95 5.1 L�arte funeraria 98 5.2 I mattoni decorati 105 5.3 Gli specchi di bronzo 108 5.4 La scultura di pietra 109 5.5 La ceramica 111 5.6 La giada 117 5.7 La tomba del Re di Nanyue 118 5.8 Le tombe di Mawangdui 119 5.9 Le tombe di Mancheng 124

6. Le Sei Dinastie 131

6.1 La pittura 135 6.2 Gu Kaizhi 136

7. Il Buddhismo 141

7.1 Iconografia 142 7.2 La pagoda 146 7.3 La scultura buddhista 147 7.4 Il complesso di Yungang 154 7.5 Il complesso di Longmen 159 7.6 Il complesso di Dunhuang 165

8. La Dinastia Sui 173 9. La Dinastia Tang 177

9.1 Le due capitali 179 9.2 L�architettura 183 9.3 Le pagode 184 9.4 Il tempio Famen 188 9.5 La ceramica 191 9.6 La lavorazione dei metalli 198 9.7 La pittura funeraria 199 9.8 Sepolture della famiglia imperiale 204 9.9 La pittura di corte 209 9.10 La nascita della pittura di paesaggio

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10. Le Cinque Dinastie e i Liao 215 10.1 La ceramica 219 10.2 La pittura 220

11. La Dinastia Song 227

11.1 La pittura dei Song Settentrionali 228 11.2 La pittura dei Song Meridionali 236 11.3 La pittura chan 241 11.4 La ceramica 244 11.5 La scultura 251

12. La DinastiaYuan 255

12.1 La pittura 258 12.2 La ceramica 266

13. La Dinastia Ming 271 13.1 La pittura 274 13.2 La scuola Zhe 275 13.3 La scuola Wu 279 13.4 La ceramica 287

14. La Dinastia Qing 291 14.1 L�architettura 294 14.2 La pittura 297 14.3 I pittori ortodossi 300 14.4 I pittori individualisti 308 14.5 I pittori di Yangzhou 319 14.6 La porcellana 322

15. Jingdezhen 329

16. Il cloisonné 335

17. L�arte per l�esportazione 341

Appendice � La calligrafia cinese 351

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Carta della Cina 361

Cronologia delle dinastie cinesi 363

Glossario 367

Bibliografia 379

Tavole 385

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PREMESSA

La stesura di un manuale sull�arte della Cina nasce come esigenza didattica per offrire agli studenti una breve guida aggiornata sugli studi e sulle scoperte archeologiche più recenti.

Nella realizzazione del manuale il problema maggiore è stato quello di selezionare e ridurre la grande quantità di materiale esistente decidendo di prendere in esame solo i ritrovamenti più importanti, in modo da esemplificare le tematiche principali, relative all�archeologia e alla storia dell�arte cinese.

In Cina, due sono le grandi aree in cui nascono e si sviluppano le più antiche culture, una settentrionale comprendente il bacino del Fiume Giallo, e una meridionale identificabile nella valle del Fiume Azzurro. In queste zone nasce la civiltà cinese, dalle più antiche culture neolitiche alla fondazione dell�Impero e alla successiva grande espansione territoriale dei periodi Han e Tang. In questo lungo arco di tempo si avvicendano importanti culture neolitiche, espressione di una vita di aggregazione, di una struttura a clan, di rituali di sepoltura dai quali non sono estranee credenze nell�aldilà.

Il vasellame ceramico, ritrovato in abbondanza nelle numerose necropoli, mostra forme, che diventano più elaborate soprattutto quando inizia l�uso del tornio, e decori collegati con le attività produttive delle popolazioni primitive, quali la caccia e la pesca. Accanto al vasellame ceramico, vi sono importanti ritrovamenti di beni di prestigio rappresentati da oggetti di giada, la cui lavorazione pur se estremamente difficile, per la durezza della pietra, raggiunge, già in epoca neolitica, risultati eccezionali.

La grande capacità dei Cinesi nelle arti del fuoco e nell�utilizzare materiali che cuociono a temperature elevate permette loro di realizzare, dalla fine del secondo millennio a. C., la fusione del bronzo. Ha così inizio l�Età del Bronzo, caratterizzata da un�imponente produzione di manufatti di notevole pregio, le cui forme rappresenteranno un punto di riferimento costante nel repertorio vascolare cinese. La scoperta più importante è, comunque, relativa alla

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loro fabbricazione. Il complesso e raffinato decoro riesce ad essere realizzato con un procedimento a matrici composite in argilla refrattaria. La tecnica a stampi è solo successivamente affiancata da quella della cera persa che permette di ottenere sui bronzi una decorazione ancora più dettagliata, simile talvolta ai delicati lavori di filigrana.

Rilevanti scoperte archeologiche che, a ritmo incessante, continuano a susseguirsi sul territorio cinese, contribuiscono a modificare le nostre conoscenze sulla storia della Cina, in particolare per quel che riguarda il periodo arcaico, incasellato finora in un�apparente omogeneità, in una cultura di tipo centralizzato e monolitico che lascia pochissimo spazio ad altre e diverse realtà che interagiscono in un territorio estremamente vasto. Un cambiamento decisivo per ribaltare una concezione di questo genere si è avuto solo recentemente, quando l�attività archeologica ha iniziato a prendere in esame aree del paese sempre più vaste. Realtà, prima considerate soltanto �periferiche�, sono entrate a pieno titolo a far parte della variegata fisionomia del continente Cina. Datazioni al radiocarbonio 14 hanno permesso di classificare con esattezza reperti archeologici, stabilire un�attendibile cronologia, identificare le più antiche culture cinesi le cui denominazioni sono quasi sempre relative al sito in cui sono avvenuti i primi ritrovamenti. E� stato, così, possibile avere un quadro preciso e aggiornato del complesso mosaico cinese e interpretare in modo più corretto l�enorme quantità di dati fornita dai reperti archeologici.

Di particolare interesse è, a questo proposito, il periodo dei Zhou Orientali, soprattutto l�epoca nota come Stati Combattenti, in cui diverse realtà in aree distanti del paese, venute alla luce da recenti campagne archeologiche, illustrano la ricchezza e la raffinatezza artistica raggiunta in alcuni degli stati al potere. Di grande rilevanza è la presenza culturale dello stato di Chu la cui influenza si farà sentire in tutto il continente cinese e saprà permeare le espressioni artistiche degli altri stati.

Importanti ritrovamenti e innovazioni tecnologiche precoci consentono alla produzione ceramica di raggiungere livelli qualitativi elevati fin dalle epoche più antiche. L�utilizzazione del caolino, la scoperta dell�invetriatura, il perfezionamento del disegno dei forni, la

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lavorazione di argille che cuociono a temperature elevate portano ben presto ad una produzione estremamente sofisticata.

L�eccezionale ritrovamento del famoso esercito di terracotta del Primo Imperatore della Cina ha fornito dati preziosi sull�importanza della dinastia Qin nell�ambito della cultura cinese, sulla sua funzione di cerniera tra un passato dalle molteplici realtà regionali e una omologazione culturale operata a livello centrale da un forte potere aggregante. Queste saranno le premesse sulle quali si formerà il successivo e lungo regno della dinastia Han caratterizzato da un variegato mosaico espressivo.

La grande espansione dell�Impero Han contribuisce alla penetrazione in Cina di influenze ed idee straniere, prima fra tutte il buddhismo, la cui diffusione sarà di vitale importanza per la Cina e per gli altri paesi dell�Estremo Oriente. Straordinarie scoperte archeologiche hanno messo in luce l�esistenza, già in quest�epoca, di rotoli di seta dipinti, di abiti funebri di giada e di complicati e sempre più perfezionati rituali funerari che presentano talvolta varianti regionali.

La nascita di una trattatistica sulla pittura ha definito, dal periodo delle Sei Dinastie in avanti, quali siano i principi fondamentali cui si richiamano la creazione artistica e l�opera del pittore.

La presenza del buddhismo è testimoniata da una serie di imponenti complessi rupestri conservatisi soprattutto lungo la Via della Seta, nella Cina Settentrionale, con la presenza di repertori iconografici che, gradualmente, si allontanano da una matrice centroasiatica per diventare sempre più cinesi. La scultura e la pittura buddhiste sono, ancora oggi, le sole espressioni artistiche originali conservatesi in Cina.

La grande fioritura del periodo Tang offre un vasto repertorio artistico, in cui è possibile cogliere aneliti d�internazionalismo caratteristici di quest�epoca.

La pittura e le arti del letterato permeano i secoli successivi con espressioni artistiche di grande raffinatezza a cui guarderanno affascinati anche gli Occidentali, quando la Cina, in particolare nel Settecento, rappresenterà un modello da imitare. I magnifici dipinti di paesaggio, la pittura decorativa di fiori e uccelli e di bambù, la

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calligrafia, tracciano un affascinante itinerario per la conoscenza dell�arte delle dinastie Song, Yuan, Ming e Qing.

La presenza, in Cina, degli Occidentali, con l�apertura di fiorenti ed intensi scambi commerciali e di innumerevoli committenze, costituisce un importante capitolo dell�arte per l�esportazione. Porcellane, lacche, smalti, avori, cloisonnès, carte dipinte, giade, bronzi raggiungono i mercati occidentali e ne influenzano la produzione artistica.

Sintetizzare e illustrare tutto ciò in un numero limitato di pagine comporta qualche rischio, ma spero di essere riuscita a delineare, in modo sintetico ed essenziale, un percorso storico dell�arte e dell�archeologia della Cina, con una particolare attenzione alle recenti e spesso spettacolari scoperte archeologiche. Talvolta l�importanza dei ritrovamenti non è sottolineata solo dalla magnificenza dei reperti, ma soprattutto dall�abbandono di consolidate e vecchie teorie, crollate di fronte a nuove e inconfutabili prove archeologiche.

Il presente lavoro ha come punto di partenza i corsi di Archeologia e Storia dell�arte cinese, tenuti presso l�Università degli Studi di Napoli �L�Orientale� e nasce come risposta ai tanti problemi e quesiti posti dagli studenti nel corso degli anni.

Un ringraziamento affettuoso va a Chiara Visconti, che ha collaborato, con grande perizia e pazienza, all�impaginazione del testo e delle immagini, e a Pietro De Laurentis che ha contribuito con un saggio, in appendice, sulla calligrafia cinese.

Napoli, 5 settembre 2006

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IL NEOLITICO Il passaggio da uno stadio nomadico ad uno sedentario ed agricolo,

con la domesticazione di piante e animali, segna l�inizio del periodo Neolitico. In Cina tale periodo si può far risalire a circa il 7000 a.C. ed è caratterizzato da colture diverse, quali il miglio a nord e il riso a sud, determinate da enormi differenze climatiche, e dal comune alleva-mento del maiale, principale animale domestico ed elemento fonda-mentale nell�alimentazione cinese. Scavi recenti hanno permesso di far luce su culture neolitiche più antiche di quelle finora note e soprattutto di offrire un quadro più articolato della società cinese in epoche così remote (tab. 1). C�è da dire, innanzi tutto, che due sono le aree in cui è sorta e si è sviluppata la civiltà cinese, una centro-settentrionale, la Pianura Centrale corrispondente al bacino dello Huanghe �� o Fiume Giallo e al Fiume Wei �, e una meridionale che, per semplificare, si può far corrispondere al bacino dello Yangzijiang ��� o Fiume Azzurro. Nella prima predomina la col-tura del miglio, nella seconda quella del riso, pressappoco coeve e databili al V millennio a.C. Le culture neolitiche più antiche sono quelle note come Cishan-Peiligang��� (ca. 7000-5000 a.C.) i cui ritrovamenti tra le province di Hebei � e Henan �� sono stati caratterizzati dalla produzione di vasellame di terracotta di colore rosso o marrone, fatto a cercine e cotto a basse temperature, non deco-rato o con piccole cavità impresse, le cui forme hu �, guan � e ding� sono di uso rituale.

1.1 La Cultura di Yangshao La cultura neolitica più famosa è quella di Yangshao �� (ca.

5000-3000 a.C.), la cui area di distribuzione è molto estesa, dalla provincia di Shaanxi �� a quella di Gansu ��. Questa cultura è di-stinta in varie fasi e caratterizzata da una �ceramica rossa� fatta a cer-cine e decorata con motivi dipinti in ossido di ferro diventato nero in

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Capitolo I 14

Tabella 1. Cronologia delle culture neolitiche.

NORD Cishan-Peiligang ��� (ca. 7000-5000 a.C.)

Yangshao �� (ca. 5000-3000 a.C.)

Banpo �� (ca. 5000-2500 a.C.)

Miaodigou ��� (ca. 3900 a.C.)

Majiayao ��� (ca. 3300-2050 a.C.)

Banshan � (ca.2800-2500 a.C.)

Machang � (ca. 2500-2200 a.C.)

Hongshan ! (ca. 3500-2500 a.C.) EST

Dawenkou "#$ (ca. 4500-2500 a.C.)

Longshan % (ca. 2500-1700 a.C.) SUD

Hemudu �&' (ca. 5000-3500 a.C.)

Liangzhu () (ca. 3500-2500 a.C.) una cottura di tipo ossidante, cioè lasciando penetrare ossigeno nel forno (fig. 1 e tav. I a).

La prima fase è quella di Banpo �� (ca. 5000-2500 a.C.) dal nome del villaggio nei dintorni dell�attuale Xi�an �* il cui scavo, risalente agli anni Sessanta, è stato musealizzato. L�insediamento di forma ellittica è circondato da un fossato. Restano tracce di basamenti di capanne di forma circolare o quadrangolare (fig. 2), sia seminterrate sia a livello del suolo e con il focolare nella parte centrale. Al centro del villaggio campeggia una capanna quadrangolare più grande delle altre, la cui presenza rimanda ad una struttura clanare e, quindi, ad una società già bene organizzata. Sono state ritrovate anche due piccole strutture rettangolari, utilizzate probabilmente come recinti per custo-dire animali (maiali, cani, polli) e portate alla luce circa duecento fos-se per l�immagazzinamento di derrate, all�interno delle quali vi erano resti di miglio.

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Il Neolitico

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Figura 1 � Ceramiche della Cultura di Yangshao

L�organizzazione sociale è rintracciabile anche nelle aree esterne al villaggio, con sei fornaci per la ceramica ad est (fig. 3) e con la necro-poli a nord, nella quale si distinguono sepolture singole, doppie e multiple. Un tipo di sepoltura particolare era riservata, invece, ai bam-bini, i quali erano deposti in giare funerarie interrate all�esterno delle capanne e, quindi, nell�area abitata. Di estremo interesse è il vasel-lame dipinto con volti umani mescolati a pesci, con reti da pesca, con motivi geometrici che si stagliano in nero su un fondo rosso ben levi-gato (fig. 4).

Particolari sono alcune ciotole dal fondo concavo utilizzate probabilmente come coperchi per le urne funerarie. Queste ciotole sono talvolta dotate di un foro attraverso cui doveva presumibilmente fuoriuscire l�anima del defunto. È, di conseguenza, molto probabile che il vasellame dalla fattura accurata e dalla decorazione con volti umani e pesci fosse adoperato in rituali praticati da queste popolazioni neolitiche che hanno già sviluppato una qualche credenza nell�aldilà.

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Capitolo I 16

Figura 2 � Ricostruzione delle capanne di Banpo

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Il Neolitico 17

La Cultura di Yangshao si estende verso occidente, in Gansu, con

la fase di Majiayao ��� (ca. 3300-2050 a.C.), caratterizzata da un vasellame dipinto in nero con spirali e linee. Dalla Cultura di Majia-yao deriva quella di Banshan �� (ca. 2800-2500 a.C.) in Qinghai �� orientale. Nella zona del Fiume Wei, in Henan, la Cultura di Yangshao è, invece, seguita dalla fase di Miaodigou � (ca. 3900 a.C.), durante la quale si produceva un vasellame dipinto con motivi a forma di arco, e da culture che utilizzavano versioni locali della ceramica non dipinta e con forme lobate, derivata da modelli delle zone orientali (fig. 5). È possibile che queste ceramiche fossero giunte nella valle del Wei, area della ceramica dipinta, sia attraverso migrazioni di popolazioni provenienti da est sia come bottino di guerra o attraverso scambi commerciali.

Figura 3 � Fornaci neolitiche

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Capitolo I 18

Figura 4 � Motivi decorativi sul vasellame di Banpo

Figura 5 � Vasellame della Cultura di Miaodigou

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Il Neolitico 19

1.2 La Cultura di Hongshan Nel nord-est, intanto, e precisamente in Liaoning � , si sviluppa

l�interessante Cultura di Hongshan �� (ca. 3500-2500 a.C.), le cui campagne di scavo hanno portato alla luce resti di edifici e tombe, al cui interno sono stati trovati ornamenti di giada (fig. 6), sculture zoo-morfe (tartarughe, uccelli, rettili) e piccole figure femminili (6 cm) in argilla di donne gravide raffiguranti la �fertilità� (fig. 7). Frammenti di figure più grandi, alte circa un metro, rappresentano persone sedute.

I siti di Dongshanzui ��� e Niuheliang ��� hanno rivela-to l�esistenza di un tempio dedi-cato ad una dea, lungo 22 metri e largo 9; i vari edifici rettangolari e circolari dalle strutture in pietra sono raggruppati intorno ad un altare centrale e allineati simme-tricamente lungo l�asse nord-sud. La ceramica funeraria è rappre-sentata da recipienti privi di fon-do a testimoniarne la funzione esclusivamente rituale. In alcune tombe di dimensioni maggiori sono state rinvenute giade scol-pite semplicemente, sempre in numero piuttosto esiguo che non supera mai i venti pezzi. È, quin-di, possibile che le popolazioni Hongshan abbiano avuto credenze religiose di qualche tipo, una forma iniziale di culto degli antenati e una classe di sacerdoti che fungevano da intermediari. Sembra, anzi, nell�ipotesi di alcuni studiosi, che Hongshan possa essere stata la culla della civiltà cinese e il punto di collegamento tra le prime civiltà della Cina Settentrionale e Centrale.

Figura 6 � Giada della Cultura di Hongshan

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Capitolo I 20

1.3 Le culture della costa orientale Solitamente le più antiche culture della costa orientale vanno sotto

il nome di Dawenkou ��� (ca. 4500-2500 a.C.). Questa cultura, sviluppatasi nelle province di Shandong �� e Jiangsu ��, è carat-terizzata da elaborate ceramiche nere e bianche a pareti sottili di forma ding, gui � e dou � (fig. 8), la cui lavorazione, nell�ultimo periodo, avviene al tornio. Sono state ritrovate urne zun � con pittogrammi incisi e anche alcune giade e manufatti in osso.

Notevoli differenze sociali sono emerse dal rinvenimento di sepol-ture molto diverse tra loro, alcune più ricche e altre meno, alcune sin-gole, altre a coppie e con bambini, mentre la struttura a gradini er-cengtai ��� di alcune anticipa le tombe a pozzo della dinastia Shang (ca. 1500-1050 a.C.). In queste sepolture sono presenti sacrifici di maiali preferiti ai cani, ritrovati nei siti più antichi.

La Cultura di Dawenkou è sostituita da quella di Longshan �� (ca. 2500-1700 a.C.), detta anche della �ceramica nera� per la presenza di vasellame dalle pareti sottili e dalle forme elaborate (vasi e tazze lo-bate, piatti a stelo), realizzato al tornio e cotto ad alte temperature in

Figura 7 � Statuina di donna incinta della Cultura di Hongshan

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atmosfera riducente, eliminando l�ossigeno con la chiusura del forno e lasciando che la fuliggine ricopra le superfici dei recipienti in modo che il ferro presente nel corpo si possa deossidare e diventare nero; successivamente il vasellame è lucidato (fig. 9).

Alla fine del terzo millennio risale il sito di Taosi ! nel sud della provincia di Shanxi �" che ha messo in luce tracce di abitazioni, pozzi e forni e un�importante necropoli con migliaia di sepolture, a testimonianza di un�area densamente popolata e in uso per lungo tempo. Le tombe sono di varie misure a secondo del grado del defunto. Quelle piccole non hanno corredo funebre; quelle medie contengono bare di legno e una varietà di oggetti funerari, quali ceramiche dipinte con motivi spiraliformi, giade, ornamenti personali, recipienti di legno laccato; quelle grandi (2 metri di lunghezza x 2 o 3 metri di larghezza) presentano ricchi corredi sepolcrali di circa 200 esemplari tra cerami-che, giade, legno, pietra, osso. Gli oggetti rituali di giada includono di-schi bi #, asce, coltelli. Sono stati ritrovati anche tamburi di legno con pelli di coccodrillo e un cembalo di pietra lungo 80 centimetri.

Figura 8 � Vasellame della Cultura di Dawenkou

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Capitolo I 22

La più antica cultura neolitica della costa centro-meridionale, svi-luppatasi vicino l�odierna città di Hangzhou $% nella provincia di Zhejiang &� , è quella di Hemudu �'( (ca. 5000-3500 a.C.). Questa cultura è caratterizzata dalla coltivazione del riso, dall�alleva-mento di maiali, bufali d�acqua e cani e dalla presenza di case di legno costruite su pali in aree acquitrinose. Il vasellame ceramico è fatto a mano e cotto a basse temperature, decorato con figure incise di anima-li e uccelli. Si produce anche vasellame cotto a temperature più eleva-te, circa 1000° C, con un decoro di tipo naturalistico. Si registrano anche ritrovamenti di oggetti di osso.

Nella stessa zona si sviluppa successivamente la Cultura di Liang-zhu �) (ca. 3500-2500 a.C.) che prende il nome da un piccolo villaggio vicino ad Hangzhou e si estende anche in Jiangsu Meridio-nale, in Zhejiang Settentrionale e intorno all�odierna Shanghai )�. L�economia di Liangzhu è soprattutto agricola, si coltiva il riso, ma si basa pure su caccia, pesca e allevamento. Le case seminterrate, dai pavimenti in terra pressata e paglia e dai tetti in graticcio, poggiano su pilastri di legno e si trovano lungo i fiumi per la facilità dei trasporti e

Figura 9 � Coppa a stelo della Cultura di Longshan

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per l�approvvigionamento dell�acqua. La lavorazione della pietra, in cui sono realizzati gli strumenti agricoli, è tecnicamente molto avan-zata. La ceramica è fatta al tornio e presenta forme elaborate che tal-volta adoperano decori forati, pareti sottili e superfici levigate. Per lo più è nera e decorata con sottili incisioni, ma talora ha motivi dipinti.

La Cultura di Liangzhu è famosa soprattutto per la produzione di magnifiche giade che rappresentano il 90% del corredo funebre e il cui uso sembra sia stato quasi esclusivamente cerimoniale, come lasce-rebbe supporre anche la loro distribuzione all�interno delle sepolture. Nei siti di Fanshan +� e Yaoshan ,�, nella parte settentrionale di Zhejiang, sono state ritrovate, intorno alla testa del defunto, piastre e perline, asce vicino al corpo, dischi bi intorno alla metà inferiore del corpo e tubi cong - vicino al torace e all�addome. Alcune tombe han-no una doppia bara con oggetti disposti tra l�una e l�altra. Talune gia-de sono ornamentali, altre quali cong e bi, hanno sicuramente valenze simboliche, non ancora del tutto chiarite. La forma del bi, un anello di giada con un foro centrale di dimensioni variabili, sembrerebbe al-ludere ad una raffigurazione del cielo, che per i Cinesi è circolare, mentre lo cong rappresenterebbe la terra, di forma quadrata. Il tubo cong (tav. I b), un parallelepipedo al cui interno s�inserisce un cilindro, può essere di varie dimensioni ed è decorato con maschere del tipo uomo-animale (figg. 10 e 11), caratterizzate da grandi occhi, naso e bocca, e un curioso ed elaborato copricapo, il cui significato è ab-bastanza oscuro e la cui iconografia è forse riconducibile a riti scia-manici. Maschere di questo tipo saranno in seguito note col nome di taotie ./.

Le giade di Liangzhu hanno forme complesse ed elaborate superfici decorate. Locali fonti di nefrite sono esistite nelle zone di questa cul-tura, ma è probabile che si siano esaurite già in epoche antiche. Certa-mente quella di Liangzhu è una società stratificata con un�élite che si serve di un gran numero di artigiani specializzati per la lavorazione di un materiale così prezioso. Antecedenti di tali giade si trovano nella Cultura di Majiabang ��0 (V millennio a.C.) sviluppatasi anch�essa in Zhejiang.

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Capitolo I 24

Figura 10 � Decoro su cong della Cultura di Liangzhu

Figura 11 � Maschera di giada della Cultura di Liangzhu

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1.4 La giada Con il nome di giada s�indicano di solito la nefrite yu 1, un silicato

di calcio e magnesio, e la giadeite feicui 23, un silicato di sodio e alluminio. La nefrite si trova in Turkestan Orientale, nelle vicinanze di Khotan e Yarkand, e in Siberia, nella zona del Lago Baikal. La giadeite, invece, proviene dalla Birmania e giunge in Cina, attraverso le province di Yunnan 45 e Guangdong 6�, solo nella seconda metà del XVIII secolo. Perciò tutto la giada antica è esclusivamente nefrite.

La giada è un minerale di grande durezza, la cui lavorazione avviene a smeriglio per mezzo di abrasivi. È soggetta a decolorazione e decomposizione, ha la proprietà di riscaldarsi rapidamente e di essere sonora. La vasta gamma di colori è da attribuire alla presenza di vari ossidi metallici, soprattutto ferro, cromo e manganese, di solito in piccole quantità. Le variazioni di colore sono molteplici, dal verde al bianco lattiginoso, dal marrone al grigio scuro, dal giallo al nero. La nefrite di tipo siberiano è di colore verde scuro punteggiata da piccole macchie nere, mentre la giadeite è di colore più puro e più vivo per la presenza di cromo. Originariamente molti pezzi erano ricoperti da uno strato di ocra rossa (cinabro), una sostanza che pare avesse capacità curative.

Sembra che in Cina i giacimenti siano stati sfruttati fin dal Neoli-tico ed oggetti di giada, già di notevole livello tecnico ed artistico, tra cui ciondoli huang 7, anelli jue 8, asce-pugnali ge 9, tubi cong, asce yue :, sono stati ritrovati in molte zone del paese.

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LA DINASTIA SHANG

2.1 Il bronzo Il bronzo è una lega di rame e stagno la cui tecnica di fusione si

basa sin dalle origini su matrici a sezioni, realizzate in argilla re-frattaria, come risulta anche da ritrovamenti effettuati ad Erlitou (v. par. 2.2). All�inizio non si adopera un modello preliminare dell�og-getto da fondere, soprattutto se le forme sono abbastanza semplici. Si costruiscono le sezioni per lo stampo, sulle quali si incide la deco-razione. Questo metodo offre la possibilità al fonditore di controllare le superfici interne delle sezioni prima di versare il bronzo. Suc-cessivamente si realizza un modello del recipiente da fondere sul quale si applica l�argilla, rimossa poi a sezioni sui cui bordi si inseri-scono tenoni e mortase per rendere più agevole il riassemblaggio. Si riduce poi il modello e lo spessore dello strato asportato rappresenta quello della parete del vaso fuso e si aprono i canali di colata e gli sfiati. Gli stampi si riassemblano intorno ad un�anima o nucleo e, spesso, per evitare che questo si sposti e tocchi le pareti dello stampo, sono inseriti dei pezzetti di metallo che restano poi incorporati nel pezzo fuso. Infine si versa il bronzo liquido e, dopo che si è solidificato, si leva la matrice di terracotta (fig. 12). Le analisi effet-tuate su stampi e nucleo hanno rivelato che il materiale utilizzato è simile al loess, la terra gialla della Cina Settentrionale, composto da minuti cristalli di quarzo, feldspato e mica con piccole quantità di ar-gilla, molto adatto a scolpire o imprimere ornamenti estremamente dettagliati e che è, inoltre, resistente al fuoco.

Il possesso e la gestione dei minerali necessari alla composizione del bronzo sono talmente importanti da risultare prerogativa esclusiva della dinastia al potere. Inoltre si racconta che l�Imperatore Yu ; il Grande, fondatore della dinastia Xia < (ca. XXI-XVI secolo), avesse diviso il paese e ordinato che fossero fusi nove tripodi, ornati con rappresentazioni caratteristiche di ogni regione e portati, quindi, come tributo da ciascuna provincia. Si riteneva che questi tripodi avessero

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poteri magici, allontanassero le cattive influenze e cuocessero il cibo senza fuoco. I nove tripodi sono diventati, perciò, il simbolo stesso della dinastia e sono stati trasmessi da una dinastia all�altra, almeno fino a quando il bronzo ha rappresentato un emblema di potere. Il fre-quente cambiamento di capitale, verificatosi durante l�Età del Bronzo, potrebbe essere associato all�esaurirsi delle risorse minerarie ne-cessarie per la produzione del bronzo. La dinastia Xia ha avuto nove capitali, la dinastia Shang almeno sei, la dinastia dei Zhou Occidentali sicuramente cinque, anche se la capitale sacra restava sempre una sola.

Figura 12 � Tecnica di fusione del bronzo con matrici composite

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2.2 La fase di Erlitou La più antica cultura del bronzo nota è quella di Erlitou �=> (ca.

1700-1500 a.C.), rinvenuta nella provincia di Henan, a Yanshi ?@, vicino Luoyang AB, databile alla prima metà del II millennio a.C. I ritrovamenti portati alla luce, provenienti dai resti di edifici e da una necropoli, comprendono terrecotte con motivi a nuvole e spirali, scul-ture fittili, manufatti di giada di buona qualità e soprattutto recipienti rituali di bronzo. Tre sono le forme del vasellame di bronzo i cui ante-cedenti si possono trovare nelle culture neolitiche della costa orientale: jue C (fig. 13), una coppa da vino (bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione e distillazione dei cereali) con bocca a versatoio e tre sottili gambe, jia D, una coppa da vino tripode dalla bocca circolare con aggiunta di elementi di sostegno e he E, un recipiente trilobato con versatoio. Il decoro sui bronzi è molto semplice con borchie e strisce a rilievo.

Figura 13 � Jue di bronzo della Cultura di Erlitou

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Particolare è una placca di bronzo con intarsi di turchese (14.2 x 9.8 cm) ritrovata in una tomba di Yanshi al centro del corpo del de-funto ( tav. I c). Sia la forma sia l�intarsio di turchesi sembrano sug-gerire un volto mostruoso con occhi circolari, naso piccolo e orecchie o corna molto elaborate, la cui parentela più prossima è la maschera taotie comune sui bronzi della dinastia Shang. Placche simili sono sta-te ritrovate anche in altre tombe di Erlitou, appartenenti senza dubbio a influenti personaggi dell�epoca (fig. 14). A Erlitou già esistono labo-ratori specializzati per la lavorazione del bronzo, della ceramica e dell�osso che testimoniano la presenza di professionalità ben definite. Sul vasellame ceramico sono stati ritrovati segni e simboli che, però, per la scarsa considerazione sociale di cui godevano i vasai, non pos-sono certo essere interpretati come loro nomi, mentre è più probabile che siano i marchi dei laboratori in cui avveniva la produzione cera-mica. Le giade di Erlitou, piuttosto poche in verità, sono rappresentate da lame, coltelli e ornamenti decorati con linee incise o in rilievo o tal-volta, sugli spigoli, con volti caratterizzati da grandi occhi che sem-brano anticipare il motivo del taotie di epoca Shang. Sono stati ritro-

Figura 14 � Placche ornamentali di bronzo con intarsi di turchese

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vati pure numerosi oggetti di legno laccato, tra cui un frammento con un disegno di due occhi ovali sormontati da un ricciolo a C, anch�esso ricordo di una prima forma di taotie.

Sulla Cultura di Erlitou è in atto in Cina un vivace e appassionato dibattito tra gli archeologi per la possibile identificazione di tale cul-tura con la dinastia Xia, non ancora documentata storicamente. Siti della Cultura di Erlitou sono stati portati alla luce anche nelle zone meridionali delle province di Shanxi e Hebei; resti della capitale Bo F sono stati ritrovati nella città di Zhengzhou G%. Di tale cultura sono state identificate quattro fasi di sviluppo che coprono un arco tempo-rale che va all�incirca dal 1700 al 1500 a.C. Il sito principale è quello di Yanshi in cui sono stati ritrovati resti di due grandi edifici cerimo-niali poggianti su piattaforme di terra battuta hangtu HI e con co-lonne lignee per sostenere le travi orizzontali.

Altri rinvenimenti sono relativi a laboratori e tombe, mentre non vi sono tracce di mura di cinta. Secondo alcuni archeologi cinesi sarebbe possibile far corrispondere le prime due fasi della Cultura di Erlitou alla dinastia Xia e le altre due alla successiva dinastia Shang, mentre secondo altri tutte e quattro le fasi della Cultura di Erlitou corrispon-derebbero alla dinastia Xia. Non è possibile, almeno allo stato attuale delle ricerche, uscire dal campo delle ipotesi e dare una risposta defi-nitiva. Le forme di questi primi bronzi ricalcano quelle delle cera-miche neolitiche e presuppongono una continuità di funzioni. È perciò probabile che sacrifici di cibo e vino agli antenati siano già stati stabi-liti. Il vasellame rituale di bronzo, rappresentato di solito da gruppi di recipienti, è utilizzato nei riti funerari e successivamente deposto nelle tombe per permettere al defunto di compiere i sacrifici agli antenati.

Nel nord-est è stata scoperta la Cultura di Xiajiadian <�J che presenta molti elementi della Cultura di Erlitou e si sviluppa sul terri-torio della Cultura di Hongshan, dalla Mongolia Interna fino a rag-giungere le province di Hebei e Liaoning. Un sito importante è quello di Dadianzi �KL, in cui sono state portate alla luce la cinta muraria in terra battuta e un cimitero con oltre 800 tombe di varie dimensioni ben conservate, contenenti bronzi, ceramiche di forme gui e jiao M, boccali gu N di legno laccato e con sepolture sacrificali per cani e maiali. È possibile che Dadianzi fosse un punto d�incontro e di tran-

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sito di varie culture, con scambi fre-quenti tra nord e sud, testimoniati dai metalli dell�Eurasia portati a sud nei centri urbani Erlitou e dalla presenza di lacche importate dal sud. Inoltre i com-plessi motivi decorativi sulle ceramiche ricordano le lacche dipinte di Erlitou e sanciscono almeno allo stato attuale del-le conoscenze, uno stretto legame tra le due culture.

2.3 Gli ossi oracolari La prima dinastia cinese storicamente

documentata è quella Shang O (ca. 1500-1050 a.C.) caratterizzata soprattut-to da una magnifica produzione di reci-pienti di bronzo, il cui uso è esclusiva-mente rituale.

La storicità della dinastia Shang è stata provata per la prima volta attra-verso il ritrovamento di ossi oracolari jiaguwen PQR (fig. 15) avvenuto nella ultima capitale, Anyang SB. Si tratta di ossi di bovini, carapaci di tartaruga e altri ossi piatti raccolti, alla fine dell�Ot-tocento, dai contadini della zona e ven-duti come ossi di drago, utilizzati comu-nemente nella farmacopea cinese. Tali ossi, esposti al fuoco in riti divinatori,

portano incise delle iscrizioni in cui si formulano richieste di ogni tipo alla divinità o antenato supremo e su molti di essi sono indicati anche i nomi dei sovrani.

Alcuni di questi ossi finirono nelle mani di studiosi cinesi che ini-ziarono ad esaminarli attentamente rendendosi ben presto conto di

Figura 15 � Ossi oracolari

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essere entrati in possesso dell�archivio della casa reale Shang. Sono stati identificati circa 3000 caratteri, metà dei quali finora decifrati. La pratica della divinazione con ossi è molto antica e risale proba-bilmente al 4000-3000 a.C., ma solo durante il periodo Anyang gli os-si sono regolarmente iscritti. Ad Anyang, a partire dal 1928, hanno avuto inizio regolari scavi che hanno portato alla luce moltissime tom-be e un gran numero di bronzi.

2.4 La fase di Erligang Campagne di scavo più recenti (1952) hanno permesso di ritrovare

una più antica capitale Shang, Zhengzhou (Henan), costruita agli inizi della dinastia. Sono state portate alla luce massicce mura di cinta in terra battuta per una lunghezza di 7 km, grandi fondazioni di edifici, laboratori specializzati, ad indicare l�esistenza di una società ben organizzata e stratificata. Questo periodo è stato denominato dagli archeologi fase di Erligang ��� (ca. 1500-1300 a.C.) e certamente deve avere avuto un importante sviluppo dal momento che vasellame di bronzo prodotto in questa zona è stato ritrovato nelle province di Shaanxi, Hubei �� e Henan. Le forme del vasellame di bronzo della Cultura di Erligang sono molteplici: jue, jia, lei �, pan �, fangding , zun, gu, you �, ding (fig. 16). La decorazione risente della tecnica di fusione a stampi compositi privilegiando un ornato simme-trico, con motivi geometrici o zoomorfi, suddiviso in settori e utiliz-zando grandi flange per mascherare i punti di giuntura tra le varie se-zioni dello stampo. Molto rappresentato è il taotie, una maschera mostruosa priva di mandibola ma dai grandi occhi e marcati soprac-cigli, la cui iconografia, ancora avvolta nell�oscurità, rimanda ai volti misteriosi delle giade neolitiche (v. par. 1.3) e a quelli sulle placche di Erlitou. Verso la fine del periodo di Erligang ci sono importanti innovazioni tecniche nella produzione dei bronzi. La necessità di uti-lizzare motivi più complessi fa sì che il decoro sia inciso, non più sullo stampo, ma direttamente sul modello, permettendo così agli arti-giani di lavorare in positivo e di trasferire poi la decorazione sugli stampi. Anche le forme, divenute più complesse, hanno bisogno di un

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maggior numero di colate di metallo; le appendici dei recipienti sono realizzate con un procedimento di prefusione, per cui sono fuse prima e poi unite ad una delle sezioni in modo da restare incorporate, a fusione finita. Verso la fine del periodo Erligang, nella decorazione dei bronzi è introdotta una distinzione tra immagine e sfondo, con un decoro in rilievo e uno sfondo formato da linee fitte e sottili o da un meandro chiamato leiwen � , �motivo a fulmine�.

Un�altra città appartenente alla Cultura di Erligang è stata ritrovata a Panlongcheng ��� (ca. 1500-1400 a.C.) nella provincia di Hubei, vicino Wuhan ��.

Figura 16 � Ding di bronzo della Cultura di Erligang

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Si tratta probabilmente di una capitale regionale della quale sono state portate alla luce le mura di cinta, fondazioni di palazzi e tombe contenenti vasellame di bronzo, tra cui recipienti di tipo yan � per la cottura a vapore del riso, he per l�acqua necessaria a diluire il vino, you e gui, caratterizzati dalla presenza di manici.

Bronzi dalle forme e dai decori più complessi e raffinati proven-gono da molte altre località della Cina Settentrionale, Centrale e Meri-dionale e rappresentano una fase di transizione tra la Cultura di Erli-gang e quella di Anyang.

Le province meridionali mostrano un maggiore interesse per la rap-presentazione di figure animali con recipienti a forma di arieti, bufali, elefanti e per la realizzazione di campane (fig. 17).

Figura 17 � Campana di bronzo

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Capitolo II 36

2.5 La fase di Anyang Anyang (ca.1300-1050 a.C.) si trova nella parte settentrionale della

provincia di Henan ed è stata l�ultima capitale Shang, chiamata anche Yinxu ��. Gli scavi hanno rivelato l�esistenza di fondamenta di palazzi e templi in terra battuta, tombe reali e nobiliari, laboratori, de-positi, come quello contenente una grande quantità di ossi oracolari, ma non sono state ritrovate mura di cinta e ciò ha fatto supporre che potesse trattarsi di un centro rituale. I corredi tombali comprendono bronzi, giade, ceramiche, lacche, oggetti di osso. Le iscrizioni sul va-sellame di bronzo, che si trovano di solito all�interno del recipiente, sono molto brevi, con pochi caratteri che corrispondono al nome del clan di colui per il quale è stato fuso il pezzo o al nome di colui a cui è destinato il sacrificio rituale (fig. 18); raramente si precisa il nome del recipiente.

Verso la fine del periodo Anyang le iscrizioni diventano più lunghe, raggiungendo talvolta i 30-40 caratteri, e allora forniscono no-tizie più dettagliate sulla causa che ha determinato la fusione del recipiente, sul destinatario di tale rito e qualche volta contengono an-che una data.

Un�innovazione importante del periodo Shang riguarda la ceramica, in particolare il vasellame bianco e quello invetriato, di de-stinazione rituale, portati alla luce dallo scavo delle tombe reali. Il vasellame bianco (fig. 19) imita il bronzo sia nelle forme sia nelle

Figura 18 � Iscrizioni su bronzo: jia (clan) e zi Long (Principe Long)

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decorazioni profondamente incise, ma il dato più significativo è rappresentato dalla sua composizione caratterizzata dall�uso del cao-lino, un�argilla bianca primaria che, solo molti secoli dopo, darà luogo alla scoperta della porcellana. Sui recipienti Shang il caolino è puro, cotto a circa 1000° C, cioè 400° C in meno della porcellana, poco plastico e perciò abbastanza fragile ed è proprio per questo motivo che la produzione di vasellame bianco caolinico avrà vita breve. Una di-versa sorte hanno avuto, invece, le ceramiche invetriate, cotte ad alte temperature, circa 1200° C. Le prime invetriature sono casuali e si verificano in un forno alimentato a legna in seguito alla caduta di cenere il cui contenuto di silice si fonde con il corpo ceramico dando per l�appunto origine all�invetriatura denominata �a cenere�. Da una scoperta fortuita si passa poi all�uso deliberato di questo rivestimento vetroso che, non solo abbellisce l�oggetto, ma soprattutto lo rende im-permeabile e quindi adatto a contenere liquidi. Il primo vasellame con un�invetriatura giallo verdastra, sottile e diseguale, è stato ritrovato a Zhengzhou. Il vasellame Shang è invetriato sia esternamente sia internamente, ha forme simili a quelle del bronzo e un decoro inciso sotto coperta.

Le grandi tombe reali Shang, a pianta cruciforme e dalla struttura a gradini ercengtai, scavate a Xibeigang ���, a nord-ovest di An-yang, sono state tutte saccheggiate. Accompagnano il defunto ricchi corredi funebri, formati in prevalenza da serie di recipienti di bronzo, ma anche da sacrifici umani ed animali. Un banchetto rituale con of-ferte di cibo e vino è officiato da un sacerdote o sciamano che talvolta può essere lo stesso sovrano. Le bevande alcoliche di cui fa uso con-tribuiscono a far raggiungere allo sciamano uno stato di ebbrezza. Gli eccessi a cui spesso vanno incontro i sovrani Shang sono severamente deprecati e utilizzati, in seguito, per conferire legittimità alle popo-lazioni Zhou che detronizzano gli Shang, non più degni del �mandato celeste�.

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Figura 19 � Vaso di ceramica bianca proveniente da Anyang

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2.6 La tomba di Fu Hao Nel 1976 è stata ritrovata una piccola tomba, completamente in-

tatta, a Xiaotun ��: quella di Fu Hao ��, consorte del re Shang, Wuding �� (r. ca. 1200-1189 a.C.).

L�identificazione è stata possibile attraverso le numerose iscrizioni sugli ossi oracolari che trasmettono le preoccupazioni del re sullo stato di salute di sua moglie o la sua irritazione per i ruoli maschili che as-sume. Questo è ancora un periodo in cui la donna di un certo rango ha una posizione di potere, ricopre cariche militari e sociali importanti, come invece sarebbe successo sempre più raramente in seguito.

È possibile che la tomba non fosse stata violata sia perché costruita in una zona lontana dalla necropoli reale e sia perché nascosta succes-sivamente da altre costruzioni. La sepoltura è piccola, lunga 5.6 metri, larga 4 metri e profonda 6.2 metri. La camera funeraria era in legno, come pure la bara era in legno laccato, ma restano solo alcune tracce di legno e frammenti di decorazione dipinta. Il corredo funebre, ric-chissimo, è costituito da 460 oggetti di bronzo, 750 giade, 560 oggetti di osso, pietra, avorio, ceramica, ecc. I bronzi rappresentano il gruppo più importante con 109 recipienti che hanno iscritto il nome di Fu Hao e 200 vasi rituali distribuiti tra vasellame da vino (148), disposto intor-no alla bara, tra cui recipienti gu e jue (93), yi �, zun, lei, hu, jia, gong � zoomorfi, e vasellame da cibo (47), sistemato sulle piatta-forme esterne, tra cui recipienti yu � e fu �, fangding (fig. 20), fang-yi � di forma rettangolare, 4 asce rituali, 37 punte di freccia, 91 lame di alabarda, 23 piccole campane, 50 utensili di vario tipo e 4 specchi (fig. 21), questi ultimi senza dubbio i più antichi mai ritrovati e che anticipano di qualche secolo quelli finora noti.

Tra i bronzi assumono particolare importanza i recipienti rettan-golari come i fangding con gambe zoomorfe (tigri o draghi), i fangjia � a sezione quadrata (fig. 22), i fanghu , variante rettangolare della fiasca hu usata come contenitore per il vino.

Per la prima volta sono stati ritrovati recipienti zoomorfi per offrire il vino, noti come gong, di solito a forma di tigri o uccelli, forse di de-rivazione meridionale (tav. I d).

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Le asce cerimoniali yue (fig. 23) erano adoperate nei sacrifici ri-tuali di uomini ed animali, perché spesso le vittime sono state ritrovate decapitate. Da segnalare è anche un�arma di giada con l�impugnatura di bronzo completamente intarsiata di turchesi.

Le giade comprendono 175 oggetti rituali (dischi e anelli), 54 armi rituali, 83 attrezzi e utensili, 426 ornamenti e 17 oggetti di varia natura. Interessante è la grande quantità di placche e figurine sia umane sia animali (draghi, elefanti, tigri, pecore, bufali, uccelli, insetti ecc.), molto ben modellate e definite da incisioni nei minimi dettagli, dagli abiti alle acconciature (fig. 24). Particolare è un pendente a forma di uccello dalla testa piumata e dalla lunga coda che si può confrontare con decori ritrovati su alcuni bronzi scavati nella provincia di Hubei. Di grande bellezza è, infine, un oggetto singolare: un boccale di forma cilindrica in avorio, con manico zoomorfo ornato da maschere taotie ed elementi geometrici realizzati con intarsi di turchese (tav. II a).

Figura 20 � Fangding di bronzo

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Figura 21 � Specchio di bronzo

Figura 22 � Fangjia di bronzo

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Figura 23 � Asce yue

Figura 24 � Figurina di giada

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2.7 Sanxingdui Nella provincia di Sichuan !" campagne di scavo degli anni

Ottanta hanno portato alla luce a Sanxingdui #$%, nel distretto di Guanghan &�, capitale del popolo Shu ', a circa 40 km a nord di Chengdu (), potenti mura di cinta in terra battuta costruite durante la fase di Erligang e, fuori le mura, due importanti depositi rituali, databili al periodo Anyang, con una differenza temporale di alcune decadi. È probabile che i pozzi fossero destinati ad offerte sacrificali, con animali (maiali, pecore, buoi) che venivano poi bruciati, come pure erano bruciati, dopo essere stati ridotti in pezzi, bronzi, giade e altri oggetti votivi. Terminato il rito, tutto è stato seppellito (fig. 25).

Nel pozzo n. 1 sono stati ritrovati all�incirca 439 oggetti di oro, bronzo, giada, pietra e ceramica, maschere e teste di bronzo, figurine di bronzo in ginocchio, 13 zanne di elefante, conchiglie cauri e una gran quantità di ossi di animali combusti.

Figura 25 � Pozzo sacrificale

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Capitolo II 44

Figura 26 � Statua di bronzo

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La Dinastia Shang 45

Nel pozzo n.2 sono stati ritrovati più di 1164 pezzi, tra ossi di animali, giade, bronzi bruciati, maschere e teste di bronzo, una figura stante, alberi di bronzo di altezza variabile. Il ritrovamento più spettacolare è rappresentato da più di 50 teste di bronzo a grandezza naturale dal primo deposito e una grande statua di bronzo alta 262 cm dal secondo deposito (fig. 26). Tale scoperta lascia ancora aperti molti problemi sia sulla datazione e sul carattere sacrificale dei pozzi sia sugli eventuali collegamenti con la Cultura Shu, del I millennio a.C. Il ritrovamento di una notevole quantità di ossi di animali combusti e vari altri detriti possono fare anche pensare a pozzi di scarico, ma è invece più probabile che ci sia stato un rituale ben organizzato per la sepoltura degli oggetti.

Accanto ai due pozzi vi sono tre tumuli di terra distribuiti lungo uno stesso asse e contenenti oggetti databili al periodo Shang. È possibile che questi tumuli rappresentassero un tipo di altare, a conferma della natura sacrificale dei pozzi, collegati ad una cerimonia religiosa. I volti, sia delle maschere sia della statua, sono davvero singolari e addirittura �poco cinesi�, caratterizzati da grandi occhi, enormi orecchi e talvolta da elementi verticali a voluta (fig. 27 e tav. II b). Si resta nel campo delle ipotesi anche per quel che riguarda la funzione di simili oggetti. Le maschere potevano forse ornare colonne di palazzi, mentre la grande figura, dai lineamenti simili, ha mani spropositate che dovevano reggere qualcosa di molto importante, andato irrimediabilmente perduto. Il ritrovamento di molte altre sculture di argilla raffiguranti animali (maiale, tigre, topo pecora, cavallo, uccelli vari) denota l�abilità scultorea della Cultura di Shu e la grande padronanza della tecnologia del bronzo.

Importanti ritrovamenti di bronzi nella parte meridionale del paese testimoniano un esteso sviluppo delle culture dell�Età del Bronzo per tutta la Cina. Le culture meridionali adottano dagli Shang la tradizione dei recipienti rituali di bronzo, ma nello stesso tempo mostrano caratteristiche locali.

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Capitolo II 46

Figura 27 � Maschera di bronzo

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La Dinastia Shang 47

2.8 Principali tipi di vasi rituali di bronzo ed evoluzione del taotie

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Capitolo II 48

Il taotie dalla fase di Erligang ai Zhou Occidentali

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LA DINASTIA ZHOU

3.1 Zhou Occidentali Nel 1050 le popolazioni Zhou � dalla provincia di Shaanxi

invadono il territorio Shang e conquistano Anyang. Non si conosce con certezza la loro terra d�origine, anche se appare probabile che sia-no giunte dalle regioni occidentali. Le campagne di scavo non hanno finora contribuito a chiarire questo punto portando, invece, alla luce molti siti del periodo successivo alla conquista. Le due capitali Feng � e Hao � sono nell�area dell�attuale Xi�an, mentre più ad occidente, a Zhouyuan �� (attuali distretti di Qishan �� e Fufeng �), si trova il centro rituale e a Luoyi � (odierna Luoyang) una capitale ausiliaria. I Zhou controllano le province di Shaanxi, Shanxi, Henan, Hebei, Shandong, assegnando vasti territori ai parenti del re. Le vicen-de storiche della dinastia sono tramandate, oltre che dalle iscrizioni sui bronzi, anche da alcuni importanti testi, quali lo Shujing � (Clas-sico dei Documenti) e lo Shiji �� (Memorie di uno storico) di Sima Qian ���, compilato nel I secolo a.C. Le iscrizioni sul vasellame di bronzo, disposte quasi sempre lungo le ampie pareti interne di re-cipienti ding e gui, sono molto frequenti e particolarmente lunghe. Ne risulta, così, una documentazione preziosa sulla vita, sulle attività, sul-le cariche pubbliche della famiglia reale e della aristocrazia Zhou. È inoltre possibile anche analizzare il tipo di calligrafia e lo stile più o meno raffinato. La legittimazione del potere della dinastia Zhou avvie-ne attraverso la conquista del �mandato celeste� tianming �� , sottratto agli Shang dimostratisi indegni. È naturale che inizialmente ci sia un percorso di continuità le cui manifestazioni sono visibili nell�adeguarsi alle pratiche funerarie Shang, sia nel tipo di sepoltura a pozzo con gradinate, sia per quel che concerne il corredo funebre costituito da vasellame rituale e da carri e cavalli sepolti in fosse adia-centi alla tomba. L�aumento e la lunghezza delle iscrizioni sui recipienti di bronzo sono da collegare ad una maggiore importanza

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Capitolo III 50

conferita alla parola rispetto alle immagini e corrispondono anche ad una maggiore semplicità e sobrietà del vasellame (fig. 28).

Figura 28 � Pan di bronzo con iscrizione

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La Dinastia Zhou 51

Le dediche riflettono avvenimenti importanti nella vita del defunto e un profondo cambiamento nell�uso dei bronzi rituali che, poco alla volta, non fungono più da intermediari con la divinità, ma testimo-niano, invece, del successo in vita di colui che è sepolto. Nella deco-razione dei bronzi si adoperano motivi intrecciati con incroci di due animali affrontati, ad esempio due uccelli dalle creste poste l�una sull�altra o due draghi dai corpi sovrapposti. Alla fine del periodo dei Zhou Occidentali �� (875-771 a.C.) cominciano a perdere impor-tanza i recipienti da vino, indispensabili nei riti Shang, mentre di-ventano più numerosi i recipienti da cibo, in particolare ding, gui, you, zun, caratterizzati da dimensioni maggiori e da un ricco e continuo decoro orizzontale con costolature zoomorfe, fitti motivi di uccelli piumati dalle lunghe code, rappresentazione realistica di animali in rilievo, motivi astratti tra cui quello ad onda. Le forme quadrangolari, preferite in epoca Shang, sono sostituite da quelle vascolari (fig. 29).

Figura 29 � Vasellame di bronzo

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Capitolo III 52

L�insistenza sugli elementi zoomorfi deriva, con ogni probabilità, dai contatti dei Zhou con la zona dello Yangzi e con le aree meridio-nali dove è frequente, come abbiamo già avuto modo di vedere, la raffigurazione di animali sia reali sia fantastici. È, infatti, attraverso la provincia di Sichuan che alcune iconografie meridionali possono giun-gere in Shaanxi, come testimoniano i ritrovamenti di Baoji ��, dove sono state portate alla luce due piccole figure dalle mani enormi (fig. 30), molto simili a quelle di Guanghan in Sichuan (v. par. 2.7).

Cresce anche l�interesse per la produzione di campane di tipo zhong � usate nei banchetti rituali e la cui origine è senz�altro me-ridionale (fig. 31).

Figura 30 � Figurine di bronzo provenienti da Baoji

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La Dinastia Zhou 53

Da regioni periferiche giungono ai Zhou anche armi e accessori per carri. Le sepolture Zhou sono caratterizzate da serie di bronzi di gran-di dimensioni, soprattutto ding e gui, privilegiando cioè la ricchezza del corredo funebre piuttosto che la raffigurazione. I ding e i gui, i pri-mi in numero dispari e i secondi in numero pari e spesso disposti su basi quadrangolari, stavano ad indicare il grado del defunto. Fanno parte dei corredi sepolcrali anche giade ornate con uccelli, teste umane e motivi a intreccio, ceramiche cotte ad alte temperature e lacche giun-te a noi in cattivo stato. Per quel che concerne la ceramica, tra i secoli XI e VIII a.C. migliora la tecnica dell�invetriatura. Il vasellame di argilla caolinica bianco-grigia cuoce a circa 1200° C ed è ricoperto da una spessa invetriatura che varia di colore dal verde-grigiastro al mar-roncino a seconda delle percentuali di ossido di ferro. La produzione riguarda una vasta area, sia al nord sia al sud.

Figura 31 � Campane di bronzo

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Capitolo III 54

3.2 Zhou Orientali Nel 770 a.C. con la conquista della provincia di Shaanxi da parte di

popolazioni �barbare�, i Zhou sono costretti a fuggire verso est e a stabilirsi nell�odierna Luoyang. Ha così inizio la seconda parte della dinastia, chiamata dei Zhou Orientali �� la quale, a sua volta, si di-vide in due periodi detti Primavere e Autunni (770-475 a.C.) e Stati Combattenti (475-221 a.C.) i cui nomi derivano da testi storici coevi, Chunqiu �� e Zhanguoce ���, che descrivono il periodo in que-stione. Ormai il potere centrale si è frantumato e il controllo del paese è solo formale, mentre un gran numero di piccoli stati governano le varie zone del paese. Tra questi bisogna almeno ricordare lo stato di Jin � in Shaanxi e Chu � a sud, nella zona dello Yangzi, in Hubei e Hunan !.

Nonostante la divisione del paese e l�instabilità politica, è questo un periodo di grande sviluppo ed espansione economica. L�agricoltura ha una notevole accelerazione grazie soprattutto alla scoperta del ferro con cui vengono realizzati gli strumenti agricoli. Le città s�ingrandi-scono e i commerci diventano fiorenti.

Sorgono in questo periodo anche le più importanti scuole filosofiche cinesi che rivaleggiano tra loro e i cui principali esponenti sono Confucio (Kongzi "# ca. 551-479 a.C.), Mozi $# (attivo 479-438 a.C.), Zhuangzi %# (ca. 399-295 a.C.), Mencio (Mengzi &# ca. 390-305 a.C.), Xunzi '# (ca. 335-238 a.C.), Han Feizi ()# (ca. 280-233 a.C.).

Al momento della fuga verso est le famiglie influenti nascondono un gran numero di bronzi rituali Zhou seppellendoli. Pensano così di poterli conservare e recuperare poi in tempi migliori. Molti di questi recipienti sono stati ritrovati accatastati in depositi, soprattutto a Zhouyuan. Il loro ritrovamento ha permesso di ricostruire un�impor-tante sequenza cronologica sullo sviluppo del vasellame di bronzo e di verificare il cambiamento che avvenne agli inizi del IX secolo a.C. in tale tipo di produzione. Le cerimonie rituali, accompagnate di solito da musica, sono testimoniate dal ritrovamento di strumenti musicali, quali campane e pietre sonore.

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La Dinastia Zhou 55

I bronzi del periodo dei Zhou Orientali derivano direttamente da quelli dei Zhou Occidentali, raggruppati in serie simili formate da ding, gui, hu, fu (fig. 32) ma anche da forme nuove, quali fou *, un vaso a collo stretto con coperchio, il dui + (fig. 33), un recipiente a sezione circolare realizzato in due metà perfettamente simmetriche e utilizzabili indipendentemente l�una dall�altra, il jian , (fig. 34), un grande bacile. Grande importanza è attribuita alle campane.

Il decoro è rappresentato soprattutto da motivi zoomorfi intrecciati, derivati dal periodo precedente, ma diventati più astratti e simmetrici, caratterizzati da una tale concatenazione di corpi completamente an-nullati in un reticolo più o meno fitto, tanto da non lasciare più spazio ai precedenti registri. Diventa, perciò, difficile capire dove inizia e dove finisce il corpo di un animale e distinguerlo da quello di un altro. Un diverso tipo di decorazione, realizzato alla fine del VII secolo a.C., si basa, invece, sulla composizione a registri, ma il motivo zoomorfo (per esempio due draghi) è ripetuto all�infinito, quasi a comporre una specie di trama, una tessitura. Sempre in questo periodo si utilizza più frequentemente un decoro a traforo, già in uso in precedenza.

Figura 32 � Fu di bronzo

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Capitolo III 56

Le rivalità tra i numerosi regni contribuiscono ad una sempre mag-giore ostentazione di ricchezza da parte dei vari signori feudali, dando luogo anche ad un continuo scambio di oggetti di bronzo che favo-riscono così la circolazione di idee e motivi dalle aree metropolitane a quelle meridionali e viceversa. La diffusione e la dispersione dei bronzi su un territorio tanto vasto spiegano, perciò, il persistere di al-

Figura 33 � Dui di bronzo

Figura 34 � Jian di bronzo del Regno di Chu

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La Dinastia Zhou 57

cuni decori e tipologie in zone periferiche ma, soprattutto portano alla nascita di stili regionali dalle caratteristiche ben definite. Innovazioni tecniche e motivi decorativi circolano tra i vari stati e spesso non si è in grado di conoscere con esattezza il luogo d�origine e il percorso compiuto.

È questo il caso del cosiddetto �stile Huai�, denominazione di co-modo che fa riferimento al bacino del Fiume Huai -, ma di cui, a tutt�oggi si ignora l�origine. La sua diffusione, avvenuta tra i secoli VI e V, riguarda un vasto territorio che comprende gli stati di Chu, Wu ., Cai / e Zheng 0. Caratteristiche di questo stile sono la miriade di volute in rilievo, che fanno da sfondo a motivi zoomorfi completa-mente astratti, e la mancanza di registri divisori (fig. 34).

La produzione ceramica comprende vasellame cotto ad alte tem-perature e ricoperto da invetriature di colore verde-grigio, soprattutto nel sud-est del paese. Accanto a questo tipo di produzione continua ad esserci anche un vasellame non invetriato cotto a temperature elevate.

Le tombe sono arricchite anche da ceramica funeraria, adoperata per imitare il più costoso vasellame di bronzo.

Tra i secoli VII e VI a.C. avvengono importanti progressi tecnici, quali la scoperta del ferro, la fusione con il metodo della cera persa, la lavorazione ad agemina, la lavorazione dell�oro, dell�argento, il taglio e l�utilizzo di pietre dure.

La metallurgia del ferro apporta significativi miglioramenti tecnici in campo agricolo e nella realizzazione delle armi.

La fusione a cera persa, già utilizzata anticamente in Occidente, serve ad arricchire il repertorio decorativo dei bronzi poiché permette di ottenere decori molto più dettagliati, minuziosi, simili a lavori di fi-ligrana. Con questa tecnica il modello dell�oggetto da fondere si rea-lizza in cera ed è poi ricoperto di argilla; ultimata la cottura, la cera si scioglie lasciando una matrice di ceramica con una cavità estre-mamente precisa, necessaria per fondere una replica di bronzo dello originale modello di cera. Con questo sistema, però, l�artigiano non ha accesso alla superficie decorata, il cui risultato gli è noto solo a fu-sione ultimata.

Il gusto per i contrasti cromatici o per la contrapposizione di mate-riali porta allo sviluppo dell�intarsio ad agemina, la cui tecnica è molto

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Capitolo III 58

particolare. Prima della fusione, le placchette metalliche sono tenute contro la matrice per mezzo di sostegni appoggiati sul nucleo in modo tale da non venire ricoperte dal bronzo fuso sulla parte esterna e da trovarsi, quindi, incastonate nello spessore dell�oggetto (fig. 35).

All�inizio del V secolo, nello stato di Jin, si fa ricorso alle tecniche dell�agemina servendosi di fili d�oro, d�argento e di placchette di rame. Importanti ritrovamenti sono stati effettuati in Shaanxi, a Hou-ma 1�, capitale dello stato di Jin, dove sono state portate alla luce fonderie, databili tra il VI e il V secolo. Sono stati recuperati una gran-de quantità di frammenti di matrici e di modelli per la fusione del bronzo, rivelatisi estremamente utili per conoscere le tecniche di fusione e le tipologie decorative. Si è così potuto constatare che gli artigiani, invece di incidere singolarmente le sezioni, servendosi di un�unica matrice positiva, applicano direttamente sulla parete dello stampo il decoro impresso in negativo sull�argilla fresca. Questa te-cnica porta naturalmente ad un tipo di decorazione a registri in cui si ripetono motivi concatenati gli uni agli altri, al diritto e al rovescio. Il repertorio decorativo è caratterizzato dal classico drago che recupera la maschera taotie inserita, però, in fitti intrecci, motivi leiwen con-catenati ed altri elementi geometrici. Nei laboratori di Houma sono state ritrovate anche varie matrici per figurine a tutto tondo, animali

Figura 35 � Dou con decorazione ad agemina

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La Dinastia Zhou 59

fantastici e recipienti zoomorfi a testimonianza della grande perizia e dell�acuto spirito di osservazione degli scultori Jin. In pozzi sacrificali a sud-est della città è stato scoperto un numero incredibile di fram-menti di giada e pietra con iscrizioni in inchiostro rosso o nero che ci documentano su trattati, contratti e lotte politiche condotti dallo stato di Jin alla fine del periodo delle Primavere e Autunni.

Negli stati di Jin e Yan 2 si sviluppa anche la tecnica dell�agemina in metallo (rame e argento) in un repertorio iconografico con scene di caccia e di combattimento tra belve preso in prestito dal mondo noma-dico delle steppe. Dallo stesso ambiente deriva ai Cinesi la lavora-zione dell�oro, perfettamente padroneggiata dagli artigiani delle step-pe. C�è da dire, però, che tali influenze sono comunque interpretate alla maniera cinese e adattate al loro gusto.

Una serie di ritrovamenti fortuiti ha permesso d�individuare una vasta area nella provincia di Hubei con tracce di un antico sfrut-tamento minerario presso il Monte Tonglu 34, che si eleva sulla riva destra dello Yangzi, proprio nel cuore dello stato di Chu. Il Monte Tonglu è risultato completamente crivellato di pozzi, mentre una gran-de quantità di fornaci per la fusione del rame indicano antiche zone d�estrazione; i fianchi del monte sono coperti da parecchie tonnellate di scorie di fusione. Sembra che queste miniere siano state adoperate a partire dal periodo dei Zhou Occidentali con pozzi di estrazione che arrivano ad una profondità di 20-30 metri, anche se il momento di maggiore sfruttamento sia da collegarsi al periodo che va dalle Primavere ed Autunni agli Stati Combattenti, quando la bronzistica Chu raggiunge l�apice. I miglioramenti tecnici permettono di scavare pozzi profondi oltre 50 metri, di utilizzare non più strumenti di legno e di bronzo, ma efficienti attrezzi di ferro. Molto sofisticato si è rivelato il sistema di contenimento di pozzi e gallerie, interamente ricoperte da impalcature lignee con un complesso apparato di ventilazione, dre-naggio e illuminazione. I materiali estratti sono trattati sul posto; pri-ma frantumati e poi fusi in fornaci verticali alimentate a carbone di legna. Dalle analisi delle scorie di fusione si è potuto capire che il processo di fusione avveniva in atmosfera riducente, cioè con mancan-za di ossigeno nella camera di fusione. Con un tale accorgimento è stato possibile sfruttare al massimo il minerale con la minima perdita

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Capitolo III 60

di scorie. È, perciò, molto probabile che la materia prima dei raffinatissimi bronzi intarsiati in oro e pietre dure dello stato di Chu sia stata estratta dal Monte Tonglu.

Tra i secoli V e III a.C. l�opulenza dello stato di Chu domina tutta la valle dello Yangzi. La prosperità di Chu si manifesta soprattutto nella costruzione di grandiose sepolture dalle dimensioni variabili e dai ricchi corredi funebri. Le tombe hanno varie camere e i defunti sono seppelliti in più bare di legno laccato, l�una dentro l�altra. Le se-polture più grandi sono spesso coperte da un tumulo. I ricchi corredi funebri comprendono un certo numero di bronzi, una grande quantità di lacche, ceramiche che imitano i materiali pregiati.

I bronzi hanno ormai perduto la funzione rituale e sono diventati estremamente decorativi sia nell�uso dei materiali sia nella scelta del repertorio iconografico. Dalle numerose necropoli Chu sono state por-tate alla luce anche una grande quantità di armi pregiate sia di bronzo sia di ferro il cui uso, secondo parecchi studiosi, proprio da Chu si sarebbe diffuso nel nord del paese. Il corredo in lacca comprende va-sellame, oggetti di arredo spesso zoomorfi (fig. 36), strumenti musicali, ecc.

3.3 La lacca La lacca qi 5 è una resina proveniente dall�albero della lacca o

Rhus verniciflua o vernicifera che cresce, in particolare, nelle province centrali e meridionali della Cina. La lacca cola dolcemente da incisioni orizzontali praticate sulla scorza dell�albero ed è raccolta nei mesi estivi, di notte, in piccoli recipienti di legno. È di colore bianco, ma esposta all�aria diventa scura; le diverse tinte si ottengono co-lorando la lacca vergine: cinabro per il rosso, solfato di ferro e aceto per il nero, gomma-gutta per il giallo trasparente, polvere d�oro o rame per il giallo oro, polvere d�argento per il bianco argento. La lavorazione della lacca richiede una cura scrupolosa e un proce-dimento lungo. Per mezzo di un pennello si stende la lacca in sot-tilissimi strati; ogni strato si asciuga in ambiente umido poiché una delle proprietà della lacca è proprio quella di seccare con l�umidità. Una volta asciugato uno strato si passa all�applicazione di quello

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La Dinastia Zhou 61

successivo e così via fino ad ottenere lo spessore desiderato. Infine si lucida l�oggetto e lo si decora in vari modi (pittura, incisioni, rilievi, incrostazioni). La lacca si può applicare a diversi materiali, bronzo, cuoio, bambù, anche se il supporto più comune è il legno. I colori do-minanti sono il rosso e il nero e, in misura minore, il giallo, il bruno e l�oro. La lacca serve a impermeabilizzare, a protegge-re, a fissare, a incollare.

L�utilizzazione della lacca risale al Neolitico e anche nei testi più antichi si parla di decorazioni in lacca di stru-menti musicali. Gli antichi so-vrani adoperano vasellame ri-tuale di legno laccato in nero all�esterno e in rosso all�inter-no. Gli usi della lacca sono molteplici: su armi, finimenti, strumenti musicali. Le lacche più antiche provengono dalla Cultura di Hemudu nella pro-vincia di Zhejiang con il ritro-vamento di una ciotola di legno rivestita da un sottile strato di pittura rossa che, dall�analisi spettroscopica, è risultata simile agli esemplari di lacca. Tombe di epoca Shang e Zhou hanno restituito vasellame di lacca ma è, dal periodo degli Stati Combattenti, che si è sviluppato questo tipo di produzione, soprattutto nello stato di Chu.

Una tecnica particolare è quella della lacca secca jiazhu 67, in cui vari strati di tessuto (canapa) sono imbevuti di lacca e che richiede,

Figura 36 � Decori di legno laccato

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Capitolo III 62

nel caso di oggetti grandi o di statue, un�anima in legno o argilla. Que-sto procedimento, che si afferma dal IV secolo a.C. in poi, è utilizzato soprattutto per la fabbricazione di statue che risultano, così, abbastan-za leggere e facilmente trasportabili, anche se di grandi dimensioni.

3.4 Gli Stati Combattenti Nel periodo degli Stati Combattenti il processo di frammentazione

del paese si accentua e diverse entità statali affermano la propria autonomia sia politica sia culturale. Tale autonomia si manifesta in differenti stili regionali che, con l�intensificarsi delle scoperte archeo-logiche, si vanno delineando meglio e assumono contorni più definiti. Per semplificare al massimo, si può dire che il centro-sud è dominato dallo stato di Chu e il nord da quello di Qin 8.

Per quel che riguarda la produzione ceramica, in questo periodo, sono già ben definiti i forni yao 9 per la cottura del vasellame che, tranne piccole modifiche, resteranno invariati nel corso dei secoli. Due sono le tipologie principali, che si sviluppano al nord e al sud del paese.

Il forno mantou :; (fig. 37) è utilizzato soprattutto nella Cina Settentrionale ed è chiamato così per la copertura a cupola che ricorda la focaccia cinese mantou. È piuttosto piccolo (3-4 metri), alimentato a carbone, può avere uno o due camini e presenta una camera di cottura circolare con la fossa per il focolare sul davanti, ad un livello più basso.

Il forno longyao <9 �forno a drago� (fig. 38), così chiamato per la forma lunga e sinuosa (da 30 a 100 metri), è composto da una serie di camere di cottura che si snodano sul pendio di una collina e, quando è in funzione, sembra un drago dalle fauci fiammeggianti. È il forno usato più comunemente nella Cina Meridionale, ha grandi capacità produttive ed è alimentato a legna. Il focolare è alla base della collina mentre il camino è alla sommità. In forni simili è possibile cuocere in una sola volta una quantità incredibile di pezzi, anche di qualità di-versa, dal momento che la temperatura varia dalle zone alte a quelle basse. Lungo le varie camere di cottura, a intervalli regolari, vi sono

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La Dinastia Zhou 63

delle aperture che consentono di controllare la temperatura per tutta la lunghezza del forno.

Lo stato di Chu comprende una vasta area che include le odierne province di Henan Meridionale, Hubei, Hunan e Anhui => . La

Figura 37 � Forno mantou

Figura 38 � Forno longyao

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Capitolo III 64

cultura Chu emerge intorno al VI secolo a.C. e raggiunge la sua massima espansione a metà del IV secolo a.C. Si è già parlato delle grandiose sepolture Chu e si è accennato ad alcuni degli oggetti ritro-vati nei magnifici corredi funebri (v. par. 3.2). L�arte Chu è carat-terizzata da un decoro a giorno dall�intreccio complesso e dalle tema-tiche spesso associate allo sciamanesimo e al culto degli spiriti, evi-denziati da rappresentazioni di animali tipo gru con corna ramificate (fig. 36).

Il bronzo conosce uno sviluppo diverso con una produzione di vasellame d�uso (recipienti di vario tipo, lampade) abbellito da intarsi ad agemina con vari minerali e pietre dure, di campane che formano delle serie musicali e di specchi (fig. 39). La produzione di questi ulti-mi che, in epoche più antiche avveniva prevalentemente nelle regioni della Cina Settentrionale, s�incrementa ora nelle zone meridionali. Nello stato di Chu gli specchi sono oggetti sia funzionali che magico-rituali per il loro potere riflettente e perciò deposti accanto ai defunti. Il decoro è molto vario e, di solito, emerge su uno sfondo a volute, tipico dello �stile Huai�. La decorazione più frequente del periodo pre-senta il carattere cinese di montagna shan � ripetuto più volte in com-binazione con elementi zoomorfi e vegetali.

Figura 39 � Specchio di bronzo

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Anche la giada ha perduto il carattere rituale ed è diventata orna-mentale con i dischi bi decorati con grani e spirali. Si usa la giada per accessori di spade, per fermagli, fibbie, pendenti a forma di drago, ti-gre, uccello, pesci.

L�area di Chu produce lacca in abbondanza e lo testimonia nel V secolo la tomba del Marchese Yi di Zeng (v. par 3.5) con oggetti di uso, strumenti musicali, armi, oggetti funerari, carri ed elementi archi-tettonici. La lacca si applica sia sul legno sia sulla pelle e sul bronzo e la tavolozza dei colori, comprendente il rosso e il nero, si arricchisce anche del giallo e del bruno. Nei secoli VI e V a.C. si usa la tecnica della lacca secca per oggetti di lusso.

Figura 40 � Ding di bronzo

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Capitolo III 66

Una scoperta importante portata alla luce da tombe Chu riguarda le più antiche pitture su seta, databili tra il IV e il III secolo a.C. Si tratta di due drappi funerari ritrovati nei sobborghi di Changsha �� (Hu-nan). Il primo, scoperto nel 1949, rappresenta una donna vista di pro-filo, al di sopra della quale un trampoliere sembra affrontare un drago. Il secondo, ritrovato nel 1973, è incompleto nella parte inferiore, ma conserva ancora la sottile bacchetta attorno a cui si avvolgeva e la cordicella per sospenderlo. Raffigura un uomo stante che cavalca un drago tra le acque, come testimonia la presenza di un pesce. È senza dubbio il ritratto del defunto rappresentato nel suo viaggio verso l�al-dilà. Questi dipinti su seta, basati sulla linea di contorno nettamente definita, sono eseguiti con notevole abilità e un preciso senso delle proporzioni.

A Shouchun ��, che è stata l�ultima capitale Chu, sono state sco-perte tombe importanti appartenenti ai reali e alla nobiltà, tra cui quella del Marchese di Cai (518-491 a.C.), contenente più di 500 og-getti di bronzo (fig. 40), giada, osso e foglia d�oro, con iscrizioni che testimoniano lo stato di vassallaggio di Cai nei confronti di Chu.

3.5 La tomba del Marchese Yi di Zeng Al periodo dei Zhou Orientali, all�incirca al 433 a.C., si data la

tomba del Marchese Yi � dello stato di Zeng �, scoperta nel 1978 a Leigudun �, Suizhou ��, provincia di Hubei. La tomba occupa una superficie di 220 mq e comprende una struttura esterna in legno guo , di grandi dimensioni (19.7 x 15.7 x 3.5 m), protetta da stuoie, bambù, tessuti, argilla, blocchi di pietra, terra pressata, carbone di legna (fig. 41). Il guo è costituito da quattro camere di dimensioni varie, ma di uguale altezza (3.3 m). La distribuzione degli oggetti nelle camere suggerisce una corrispondenza alle sezioni del palazzo occupato dal marchese quand�era in vita. Il tentativo di modellare la sepoltura come un palazzo anticipa le tombe a più camere, comuni dagli Han Occidentali in poi.

La camera funeraria ad oriente rappresenta la stanza privata del marchese, il quale riposa in una doppia bara, una esterna di bronzo e

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legno (lunga 3.2 m; larga 2.1 m; alta 2.19 m) ricoperta da decori geometrici in lacca e una interna di legno laccato. L�iconografia di quest�ultima è abbastanza complessa e dal significato poco chiaro. La bara vuole simboleggiare una casa, come si evince dalla presenza, sui lati lunghi, di due porte dipinte fiancheggiate da due guardiani armati di alabarde, mentre sul lato breve compare una finestra. Su un fondo di lacca rossa sono dipinti in nero, giallo e bruno quattro uccelli, un drago, serpenti e una quantità di esseri compositi zoomorfi, di non facile identificazione. Un�apertura alla base di un lato della bara esterna, a cui si accoppiano piccole aperture sulle pareti lignee che dividono la camera, sono state interpretate come passaggi per per-mettere all�anima del marchese di vagare nel suo palazzo sotterraneo. La bara interna contiene seta e giade, distribuite in modo uniforme sullo scheletro del defunto, che porta in vita una cintura d�oro e su un lato un coltello di giada. La bara esterna è circondata da armi, da un carro con i suoi finimenti e da oggetti personali, quali casse per abiti ornate con scene mitologiche e cosmologiche, recipienti d�oro, oggetti di legno laccato (mobili, recipienti, cetre), scatole di vimini e la scul-tura di un cervo. È stato ritrovato un tavolo basso su cui sono presenti dischi per fusi con seta, ad indicare l�importanza del rifornimento di seta nell�altra vita del marchese.

Figura 41 � Tomba del Marchese Yi di Zeng durante lo scavo

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La camera centrale rappresenta la sala cerimoniale del palazzo dove si svolge il rito a cui fanno riferimento tanto il vasellame ceri-moniale che gli strumenti musicali ritrovati (fig. 42). Sulle pareti ovest e sud è collocato il grande carillon di 65 campane e su quella nord un carillon di pietre sonore e all�interno di questi tre lati si trovano altri strumenti musicali, quali qin � a dieci e a cinque corde, se � a ven-ticinque corde, sheng �, vari tamburi. La maggior parte dei recipienti rituali di bronzo è sistemata lungo la parete sud, mentre quelli più im-portanti sono disposti lungo la parete est, opposta al braccio lungo del carillon.

Figura 42 � Scavo del carillon di campane

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La camera settentrionale serve come armeria e deposito. Contiene più di 4000 armi (alabarde, lance, archi e frecce), armature e scudi di legno laccato, finimenti di carro, due grandi vasi di bronzo e strisce di bambù che elencano i partecipanti al funerale e gli oggetti posti nella tomba.

La camera occidentale, che forse corrisponde alle stanze della servitù, contiene pochi oggetti, le bare di tredici vittime sacrificali, probabilmente le musicanti, e alcuni dei loro oggetti personali, quali i pettini.

In questo periodo e in questa zona della Cina la musica ha un ruolo fondamentale nello svolgimento del rituale funebre, come testimonia proprio la tomba del Marchese Yi. Le iscrizioni su molti degli oggetti del corredo funebre consentono l�identificazione del defunto. Com-plessivamente sono stati ritrovati più di 7000 oggetti, il maggior nu-mero dei quali è rappresentato da strumenti musicali, tra cui merita un posto di rilievo l�imponente carillon di campane, che è stato oggetto di studi accurati sia per quel che riguarda la scoperta archeologica sia, soprattutto, per la possibilità di ricostruire la teoria musicale cinese e di conoscere la musica del tempo.

Il carillon bianzhong ��, a forma di L, è costituito da 64 campane di varia grandezza, più una grande campana. Le campane, sospese ad assi di legno dipinto, sono disposte su tre ordini lungo un lato corto e un lato lungo. Gli assi portanti di legno sono sostenuti da sei pilastrini di bronzo a foggia di guerriero con spada alla cintura e da otto co-lonnine, le cui estremità sono rinforzate da puntali di rame dorato or-nati con draghi sinuosi. Le 65 campane sono divise in otto gruppi, di-stinti per decoro, attacco e sistema di sospensione agli assi; i tre grup-pi dell�ordine superiore hanno un passante a U rovesciata fissato con un chiodo di fermo; i tre gruppi dell�ordine centrale sono formati da campane dal variato decoro in rilievo e da un attacco cilindrico sospe-so ad un uncino; l�ordine inferiore è costituito da dodici grandi cam-pane con motivi in rilievo e al centro da una sola grande campana bo-zhong �� con bordo inferiore piano e con gli attacchi ad anello con fermo a forma di tigre accucciata o di staffe gemelle. La più grande tra tutte le campane è alta 152.3 cm e pesa 203.6 kg, mentre la più piccola

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è alta 20.2 cm e pesa 2.4 kg. Il peso totale del gruppo di campane raggiunge 2.5 tonnellate!

La grande campana bozhong (fig. 43), alta 92.5 cm e pesante 134.8 kg, ha la sommità ricoperta da una deco-razione curvilinea di draghi, una coppia dei quali forma anche l�anello di sospensione. Nella fascia, ornata con figurine di draghi e piccoli scudi, la campana reca un�iscrizione che recita: �Hui Wang, Sovrano di Chu, donò per la tomba del Marchese Yi di Zeng nel 433�. La data è molto importante per stabilire l�epoca precisa della sepoltura.

Sulle campane compaiono iscri-zioni relative al temperamento e alla scala musicale, mentre la loro siste-mazione segue criteri di peso, estetica e funzionalità musicale. La deco-razione in rosso, nero e giallo sulle superfici lignee presenta personaggi, animali, motivi floreali e geo-metrici. Sulle campane, sugli assi portanti, sui fermi sono scritti ben 3755 caratteri, tra numeri, ideogrammi, segni fonetici, notazioni teo-riche sull�altezza dei suoni. Le iscrizioni sulle campane dell�ordine inferiore, tutte di cinque caratteri, individuano nel Marchese Yi di Zeng il committente e destinatario del carillon; quelle sulla campana centrale si riferiscono agli oggetti donati al Marchese Yi di Zeng dal Re di Chu. I caratteri fonetici indicano la posizione in cui appendere le campane, il punto in cui percuoterle e il nome della nota che si ottiene. Le notazioni tecniche descrivono i rapporti di corrispondenza tra toni e scale (ne sono citati ben 66!) nei vari Stati Combattenti, oltre a quel-lo di Zeng. Questa documentazione è particolarmente preziosa per la storia della teoria musicale cinese. Il carillon è uno strumento per-fettamente funzionante, ha registro ampio, serie tonale completa, tim-bro elegante. Da ogni campana si possono trarre due toni, per

Figura 43 � Campana bozhong

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percussione centrale o laterale. Insieme alle campane sono stati trovati sei martelli di legno dipinto e due bastoni, sempre di legno, a figure colorate. Dagli studi fatti sembra che per suonare il carillon occorressero cinque persone, tre per per-cuotere le campane dell�ordine centrale e superiore con un mar-tello in ciascuna mano e due per suonare quelle dell�ordine infe-riore con i bastoni.

Oltre al carillon sono stati trovati altri strumenti musicali, quali qin, se, flauti, tamburi. In-teressante è, a tale proposito, il rinvenimento di un poggia tam-buro di bronzo (143.5 x 41.4 cm) a forma di uccello dalle corna di cervo, recante l�iscri-zione �fatto per il Marchese Yi di Zeng� (fig. 44). Il tamburo doveva essere sospeso mediante tre anelli tra il becco dell�uc-cello e le estremità delle corna. Il poggia tamburo, arricchito da un decoro inciso e ageminato in oro e turchesi che forma un motivo astratto, è costituito da otto elementi assemblati me-diante tenoni e mortase. Un al-tro poggia tamburo è di legno laccato e raffigura un cervo (fig. 45). Il corredo funebre in-clude inoltre vasellame di lacca, oltre 200 pezzi, in ottimo stato

Figura 44 � Poggia tamburo di bronzo

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di conservazione. Nella tomba del Marchese Yi di

Zeng è stato ritrovato anche va-sellame rituale di bronzo (fig. 46). Da segnalare un doppio contenitore per rinfrescare il vino, composto da un bacile pan in cui era inserito un vaso zun, caratterizzato da un fittissimo ed elaborato decoro a traforo sull�orlo della bocca, ese-guito certamente con il metodo del-la cera persa. Le anse sono a forma di drago dalla lingua e coda ad uncino, mentre sul corpo com-paiono motivi zoomorfi e a spirale.

Fanno parte del corredo funebre circa 500 oggetti di giada, deposti in gran parte nella bara del mar-chese, comprendenti piccole scul-ture in miniatura di animali tra cui bufali, cani, anatre, pesci e maiali.

Tra gli oggetti d�oro vi sono una coppa con anse ad occhiello, corpo leggermente svasato e superficie priva di decoro, una coppa per vino pure con anse ad occhiello, poggiante su tre corte gambe a forma di testa di fenice, corpo ornato con motivi spiraliformi, zoomorfi, elementi intrecciati, al cui interno è stato ritrovato un cucchiaio ornato a traforo e dal manico squadrato.

La scoperta della sepoltura del Marchese Yi di Zeng offre la possibilità di conoscere più da vicino la vita e le abitudini di un aristocratico di un piccolo regno nel periodo degli Stati Combattenti, le sue relazioni politiche con gli altri regni, la dimostrazione di sfarzo e l�opulenza che vuole offrire la sua tomba. La prima cosa da notare è l�importanza della musica nelle cerimonie rituali, accompagnate ancora dall�usanza di immolare vittime sacrificali, sia umane sia animali. È interessante vedere anche il grado di amicizia e di dipendenza dello stato di Zeng dal potente regno di Chu, il cui re dona al marchese una grande campana del carillon. Sembra, però, che tra i

Figura 45 � Poggia tamburo di legno laccato

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vari stati Zeng registrati non ve ne sia stato nessuno nello Hubei e perciò Zeng potrebbe essere un nome alternativo per lo stato Sui �, posto nella regione di Suizhou, e uno dei principali rivali di Chu durante il VII secolo a.C., caduto poi nel VI secolo a.C. sotto il suo controllo. Anche la lista dei partecipanti al funerale del Marchese Yi, registrata su strisce di bambù, elenca solo personaggi dello stato di Chu e di un altro stato, ad indicare che Zeng ha perso la sua autonomia e dipende da Chu.

Il ricco corredo funebre del marchese mostra un vasto repertorio di oggetti eseguiti con grande raffinatezza e perizia in vari materiali e secondo le tecniche più in voga all�epoca: bronzi con parti realizzate per mezzo della tecnica della fusione a cera persa; lacche dal decoro complesso che si staglia su un fondo rosso; vasellame d�oro, rara-mente rinvenuto nelle tombe cinesi; una profusione di piccoli oggetti di giada a protezione del cadavere.

Figura 46 � Pan e zun di bronzo

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3.6 La necropoli di Zhongshan Le tombe dei sovrani dello stato di Zhongshan �� sono state

scavate nel 1974 a Pingshan ��, a sud-ovest di Pechino, nella pro-vincia di Hebei (fig. 47). La storia del regno di Zhongshan è simile a quella di tanti piccoli stati che in quel periodo si avvicendavano sul territorio cinese, caratterizzati da una vita più o meno breve e dalle incessanti e devastanti guerre.

La fondazione di questo stato avviene nel 414 a.C. ad opera dei discendenti dei barbari Baidi �� e come capitale è scelta Gu ; nel 409 a.C. Zhongshan subisce un attacco da parte dello stato di Wei �, che si trova ad oltre 200 km a sud, lungo il medio corso del Fiume Giallo. In seguito a tale attacco viene abbandonata la capitale Gu e ne viene fondata una nuova a Lingshou ��, 80 km a sud-ovest della prima; nel 369 a.C. è costruita una lunga fortificazione nel tentativo di scoraggiare i nemici. Nel 323 a.C. il signore di Zhongshan assume il titolo di wang � (re). Ormai i barbari Baidi sono completamente si-nizzati, ma il loro regno volge al termine: nel 296 a.C. le truppe dello stato di Yan invadono il loro territorio e lo distruggono. Le fonti sto-riche relative a questo regno sono scarse e perciò il ritrovamento delle sepolture reali riveste un�importanza particolare.

Figura 47 � Ricostruzione della necropoli reale di Zhongshan

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La tomba del quinto sovrano di Zhongshan, morto verso il 308 a.C., si trova ad ovest della capitale ed è fiancheggiata da quella della regina. La necropoli comprende sei sepolture, due ad est e quattro ad ovest, e varie fosse sacrificali. La tomba del re è costituita da una cavità rettangolare con due corridoi, uno a sud e l�altro a nord, per una lunghezza complessiva di 110 metri. È ricoperta da un grande tumulo a tre gradinate sulla cui sommità vi sono rovine di templi funerari. Un paio di fosse per carri e cavalli si trovano davanti alla sepoltura, una per ciascun lato, mentre sul lato occidentale un�altra fossa custodisce barche. La camera funeraria è stata saccheggiata, ma i depositi sono intatti. Tra gli oggetti più interessanti del corredo funebre vi è una lastra o placca di bronzo intarsiata in oro e argento che misura 94 x 48 cm, rinvenuta nella camera sepolcrale. La lastra rappresenta la pianta di una tomba; su un lato è raffigurata una coppia di battenti zoomorfi, mentre sull�altro vi è la mappa di cinque mausolei reali costruiti su un�alta piattaforma e circondati da mura. Si tratta della sepoltura del re fiancheggiata da quelle delle due regine e delle due consorti di primo grado; solo due delle cinque sepolture sono state costruite. È questo il più antico disegno architettonico noto in Cina, una mappa annotata. Ciascun tumulo rappresentato sulla pianta appare sormontato da una costruzione cerimoniale, pratica senza dubbio generalizzata all�epoca. Dai due depositi sono stati portati alla luce una grande quantità di bronzi, tre dei quali recano lunghe iscrizioni. Uno è un grande tripode con gambe di ferro e un�iscrizione di 469 caratteri; un altro è un recipiente quadrato fanghu decorato con draghi e un�iscrizione di 450 caratteri, entrambi realizzati nel 309 o nel 308 a.C. Un altro bronzo è un recipiente hu con un�iscrizione di 182 caratteri.

Tutte e tre le iscrizioni descrivono l�episodio in cui, in seguito all�abdicazione del re dello stato di Yan, regna il caos più totale e la capitale di Yan viene sottomessa dallo stato di Qi � . Di questa situazione ne approfitta lo stato di Zhongshan per attaccare Yan e occupare un vasto territorio. Le iscrizioni cantano le lodi di Zhou, primo ministro di Zhongshan e forniscono un�utile documentazione sulla storia di Zhongshan.

Da questa tomba sono stati portati alla luce molti oggetti di bronzo con incrostazioni d�oro e d�argento, dalle forme e dai decori vivaci, a testimonianza della straordinaria abilità nelle tecniche di fusione e

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della grande ricchezza del corredo funebre. Tra gli oggetti rinvenuti, molto particolare è un tavolo di bronzo, la cui base circolare è sostenuta da quattro piccoli daini, mentre quattro draghi e quattro fenici intrecciati si trovano sull�anello circolare. Le teste dei draghi reggono quattro blocchi, che a loro volta sostengono i quattro lati del tavolo ornato con motivi ageminati in oro e argento. Particolarmente importante è anche una lampada con quindici portalampade, alta 84.5 cm, composta di otto sezioni sui cui rami giocano scimmie con le quali scherzano due personaggi, raffigurati sulla base (fig. 48). Sono inoltre da segnalare la scultura in bronzo di una tigre che azzanna un daino, un animale fantastico, un recipiente da vino a forma di bue caratterizzato da un foro sul dorso, una lampada antropomorfa.

Notevole è anche la raffigurazione di un mostro alato di bronzo con agemina in argento; la bestia allunga il collo, la bocca ha denti ta-glienti e la lingua a forma di pala, le orecchie sono vigili e tese e gli occhi grifagni hanno uno sguardo terrifico, le narici sono dilatate. Il torace e la parte superiore del corpo sono pronunciati; ai lati, nella par-te mediana, sono inserite le ali che si estendono in fuori, come per li-brarsi in volo. Gli arti esprimono forza e gli artigli si distendono come uncini. Il contrasto creato dalla decorazione in agemina d�argento sul corpo accentua la ferocia e la potenza dell�animale. Altri quattro mo-stri alati con decoro in agemina d�argento sono stati trovati nella tomba del re di Zhongshan. Nell�antica tradizione cinese vi è l�imma-gine di un animale sacro, con le ali spiegate, dalle fattezze leonine, noto come bixie ��. Gli animali sacri del re di Zhongshan avevano lo scopo di allontanare le calamità naturali e i cattivi auspici e di pro-curare eterna felicità. All�entrata della tomba reale sono stati trovati cinque oggetti a guisa del carattere shan (�), con la parte superiore a forma di tridente e la base con un�immanicatura per un�asta, il tutto per un�altezza di 148 cm e una larghezza di 80 cm. Accanto ad essi vi sono i resti di una tenda di cuoio e gli elementi di bronzo necessari per montarla. È dunque probabile che oggetti di questo tipo siano stati usati come insegne di grado portate in processione, sistemate in ori-gine tutto intorno alla tenda del capo o sovrano.

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Figura 48 � Lampada di bronzo

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Capitolo III 78

Nella tomba sono stati trovati anche molti recipienti di ceramica nera, lavorata al tornio e cotta a bassa temperatura, nei quali il colore nero è ottenuto dal carbone prodotto dalle ceneri di legno resinoso che aderiscono alla superficie ceramica.

Nella necropoli vi sono anche sei tombe satelliti di personaggi associati al re, e inoltre due pozzi con cavalli e carri, un pozzo con pe-core e cavalli, un pozzo con tre barche collegate col fiume attraverso uno stretto canale sotterraneo.

La scoperta della necropoli reale ha permesso di colmare im-portanti lacune sulla storia e sulla cultura dello stato di Zhongshan. Sembra, infatti, che la coabitazione a Zhongshan di parecchie etnie ab-bia favorito una sintesi di elementi sia cinesi sia stranieri, derivati so-prattutto dall�influenza della vicina Asia delle steppe.

3.7 La Cultura di Dian La Cultura di Dian � si sviluppa nella zona del Lago Dian, nella

provincia di Yunnan, tra la fine del IV secolo e il 109 a.C., anno in cui il regno di Dian è sottomesso dall�impero Han che vi stabilisce una prefettura. Le ricchezze naturali del sottosuolo (rame, ferro, stagno, piombo, argento, oro) contribuiscono al continuo sviluppo di questa area, nella quale fioriscono pure l�agricoltura e l�allevamento.

Lo Shiji di Sima Qian, parlando dei barbari del sud-ovest, narra del regno indipendente di Dian, la cui popolazione vive di agricoltura e pastorizia e porta i capelli legati sul capo in una crocchia. Alla fine del IV secolo, un generale del regno di Chu entra nel territorio di Dian e sottomette la tribù. Sulla via del ritorno verso Chu, trovando la strada bloccata dalle armate vittoriose di Qin, decide di tornare indietro e di stabilirsi nello Yunnan. Diventa, così, un capo Dian e vive secondo le usanze di quelle genti.

Le circostanze che hanno determinato la nascita di questo regno e la sua particolare posizione geografica offrono numerosi spunti per un�analisi più approfondita e per una migliore comprensione delle caratteristiche dell�arte che si sviluppa in questa zona. Varie influenze hanno avuto un notevole riflesso sulle espressioni artistiche di Dian, dapprima assimilate e poi riconvertite in qualcosa di completamente

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diverso dal modello ereditato, oppure semplicemente trasmesse e utilizzate. Sono, così, molto palesi i prestiti artistici dallo stato di Chu, il centro culturalmente più vivace e attivo della Cina Centrale nel pe-riodo degli Stati Combattenti; come pure importanti sono i modelli che, attraverso la provincia di Sichuan, giungono dalla Cina Setten-trionale e dall�arte delle steppe dell�Asia Centrale; o, ancora, influenze culturali provengono da zone confinanti, quali il Vietnam a sud e l�India a ovest. Tutto ciò ha un notevole riflesso sulla produzione arti-stica di Dian, conferendole un carattere unico, almeno fino al 109 a.C., quando l�annessione all�impero Han, con la consegna del sigillo reale, ne cancella ogni peculiarità omologando la sua attività artistica a ciò che si produce nel resto dell�impero cinese.

Figura 49 � Contenitore per cauri

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Gli scavi effettuati a Shizhaishan !�, a partire dal 1956, hanno portato alla luce sepolture reali e nobiliari, databili dalla fine dei Zhou Orientali in poi. Tali tombe ci hanno fatto conoscere una società gerarchizzata, dominata da un�aristocrazia guerriera che detiene i beni di prestigio, tra cui i tamburi bronzei contenenti cauri, un tipo di con-chiglia adoperato come moneta (fig. 49).

I corredi funebri hanno rivelato più di 7000 oggetti, per la maggior parte di bronzo, la cui produzione così abbondante si può attribuire alla ricchezza dei depositi di rame nella provincia di Yunnan. Gli ar-tigiani di Dian conoscono bene i diversi processi di lavorazione del bronzo, realizzato sia per fusione con matrici a sezioni, sia per mezzo di un modello di cera, secondo il metodo della cera persa. Le varie parti degli oggetti di grandi dimensioni sono fuse singolarmente e poi saldate. I fonditori hanno una perfetta conoscenza dei materiali e del complicato rapporto di miscela delle leghe, per nulla casuale e atten-tamente dosato nelle percentuali di rame e stagno al fine di ottenere diversi livelli di durezza, a seconda che si realizzino armi oppure oggetti decorativi. Sono praticate anche altre tecniche quali la for-giatura, l�agemina, la doratura, l�incisione a freddo. La zona è anche ricca di pietre semipreziose (calcedonio, corniola, agata, nefrite, ma-lachite, turchese) che vengono incastonate nel bronzo.

Tra gli oggetti rinvenuti molte sono le armi: lance, giavellotti, spade, asce, alabarde, clave, martelli, balestre e punte di frecce, ado-perate sia per la guerra sia per la caccia, anche se un buon numero pre-senta decorazioni che tradiscono un uso cerimoniale . La presenza di molte armi e di elaborati articoli da guerra attestano un�eredità dell�arte delle steppe dell�Asia Centrale e testimoniano una società guerriera in lotta contro popolazioni dai capelli a treccia che potreb-bero essere i Kunming "#, pastori nomadi della parte occidentale della provincia di Yunnan.

L�alto livello tecnologico nella lavorazione del bronzo contribuisce allo sviluppo dell�agricoltura. Sono stati, infatti, trovati molti attrezzi agricoli: zappe, falci e pale, e sembra che questo tipo di attività a Dian sia stata una prerogativa femminile, mentre gli uomini si dedicavano alla caccia e all�allevamento del bestiame, in particolare a quello di bovini, ovini, cavalli e maiali (fig. 50). Alcuni strumenti agricoli,

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scoperti in tombe aristocratiche, presentano ricche decorazioni dal momento che erano utilizzati in rituali legati alla fecondità dei campi.

L�ossessiva rappresentazione dei bovini testimonia il ruolo centrale che essi ricoprono nei sacrifici rituali, raffigurati sotto molteplici aspetti: in lotta con fiere, come vittime sacrificali o come prede di guerra, in mandrie o semplicemente come elementi decorativi.

Molti sono gli splendidi esemplari di questa cultura degni di essere ricordati, tra cui un magnifico tavolo rituale formato da una tigre che azzanna la coda di un bovino (fig. 51) o un poggiatesta decorato con figure di bovini e felini (fig. 52), o ancora una serie di placche orna-mentali o da cintura, ornate con scene sacrificali, di combattimento tra bestie varie, di caccia o con composizioni di bovini (fig. 50).

L�insistenza su tematiche zoomorfe, in particolare sulla lotta tra animali, sembrerebbe derivare dall�arte delle steppe, giunta in Yunnan attraverso la provincia di Sichuan, in un lungo viaggio caratterizzato da inevitabili modifiche e da una progressiva perdita dei contrasti cromatici a favore di un realismo abbastanza crudo. La ricorrente pre-senza del bovino può inoltre far pensare anche ad influenze indiane o a contatti con culture del Sud Est Asiatico.

Figura 50 � Placca con scena di caccia

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Capitolo III 82

Figura 51 � Tavolo rituale di bronzo

Figura 52 � Poggiatesta di bronzo

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La Dinastia Zhou 83

Importanti nella società di Dian sono le feste, scandite da musica, danza e da sacrifici umani, come documentano in modo superbo al-cune placche da cintura (tav. III a) e numerosi strumenti musicali, dai tamburi agli organi da bocca di tipo sheng. I tamburi di bronzo collegano Dian con la Cultura di Dong-sõn nel Vietnam Settentrionale e, più in generale, con le più antiche manifestazioni della metal-lotecnica del Sud Est Asiatico. In tale contesto, certamente lo stato di Chu doveva svolgere un ruolo centrale, fungendo da intermediario tra la Cina Settentrionale e tali culture.

Tra i reperti di Dian, sono comuni pure i contenitori per conchiglie cauri, adoperate all�epoca come monete. Tali recipienti, dalla forma di tamburi, sono dotati di coperchi sui quali compaiono scene di guerra, sacrifici rituali, comunemente praticati anche con vittime umane, sce-ne di tessitura, attività questa prettamente femminile, scene di mercato. Molte di queste rappresentazioni sono estremamente ela-borate, con un numero incredibile di personaggi di minuscole di-mensioni ma perfettamente modellati in ogni minimo dettaglio, dalla foggia dell�abito alla pettinatura più o meno ricercata. Le figurine so-no fuse singolarmente e poi saldate sulla lastra del coperchio del re-cipiente. I riti rappresentati possono avere varie interpretazioni ma si riallacciano al ciclo agrario.

Frequente su molti oggetti è anche la combinazione di serpenti con vari animali, motivo questo caratteristico dell�arte di Chu, entrato a far parte del repertorio di Dian. Di grande bellezza è una placca con due musicanti danzatori sorretti da un serpente, nella quale sono dominanti un modellato naturalistico e un accentuato dinamismo (tav. III a).

A Dian si lavorano pure pietre semipreziose, ceramica, lacca e tessuti. Alle raffigurazioni di donne che tessono si accompagnano i ritrovamenti di agorai, scatole da cucito, aghi, rocchetti di filo, a te-stimonianza di un�attività molto praticata.

Le peculiarità dell�arte di Dian sono destinate a scomparire dopo la conquista Han e i reperti, provenienti da scavi di tombe relativi a que-sto periodo, documentano una produzione ormai completamente cine-se, sia nelle consuete forme del vasellame di bronzo sia nel carat-teristico repertorio comprendente specchi, monete, fibbie e sigilli.

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LA DINASTIA QIN Nel 221 a.C., dopo un lungo periodo di lotte e d�instabilità, con la

vittoria del regno di Qin � avviene l�unificazione del paese e la creazione dell�Impero Cinese ad opera di Qin Shi Huangdi ����, il Primo Augusto Imperatore. Una serie di provvedimenti portano ad unificare anche pesi, misure, monete, assi dei carri e scrittura, facilitando comunicazioni e comprensione in un paese dalle dimen-sioni tanto vaste. Per tenere lontani i �barbari� sono unite molte antiche fortificazioni, dando così origine a quel baluardo difensivo, conosciuto come Grande Muraglia changcheng ��, visibile ancora oggi in molte zone della Cina Settentrionale. Lo stesso nome Cina, utilizzato nelle lingue europee, deriva dalla dinastia Qin. I sovrani Qin adottano, per governare, i principi politici della scuola legista, la cui filosofia teorizza un regime totalitario come unico mezzo per la sal-vaguardia dello stato.

La costruzione del tumulo sepolcrale del Primo Imperatore cinese a Lintong � , nella provincia di Shaanxi, vicino Xi�an, è stata descritta dallo storico Sima Qian (148-86 a.C.) nello Shiji: �� Appena il Primo Imperatore divenne sovrano di Qin [nel 246 a.C.] ebbero inizio i lavori per costruire il suo mausoleo presso il Monte Li . Dopo la creazione dell�Impero [nel 221 a.C.] da ogni parte della Cina giunsero qui ben 700.000 persone per lavorare. Vennero scavati tre canali sotterranei per versare rame fuso all�esterno del sepolcro, mentre la camera mortuaria veniva riempita con modelli di palazzi, torri, edifici pubblici nonché utensili pregiati, pietre preziose e oggetti rari. Gli artigiani fissarono all�esterno alcune balestre automatiche capaci di uccidere sul colpo gli eventuali ladri di tombe. All�interno invece vennero fatti scorrere meccanicamente fiumi artificiali di mercurio ad imitazione del Fiume Giallo, dello Yangzi e persino dello stesso oceano. In alto venne dipinta la volta celeste con tutte le co-stellazioni, mentre in basso era raffigurata la terra. L�illuminazione era ottenuta mediante lampade alimentate con olio di balena e capaci di bruciare per lungo tempo. Il Secondo Imperatore [nel 210 a.C.]

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Capitolo IV

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decretò che le concubine di suo padre che non avevano avuto figli lo seguissero nella tomba. Quando poi esse ebbero la dovuta sepoltura, un alto dignitario pensò che gli artigiani che avevano inventato tutti questi artifici meccanici conoscessero troppe cose riguardo al sepolcro e che non si potesse essere sicuri della loro discrezione e perciò, non appena il Primo Imperatore venne deposto nella camera mortuaria, circondato dai suoi tesori, le porte interne e quelle esterne vennero sbarrate, imprigionando tutti coloro che vi avevano lavorato. Nessuno ne uscì. Più tardi sul mausoleo vennero piantati degli alberi e venne coltivato un prato, affinché la località assumesse l�aspetto di una normale collina��. Così in realtà si presenta oggi il Monte Li, anche se la tomba del Primo Imperatore ancora non è stata scavata.

Il sito si trova a 50 km da Xianyang �� ed è circondato da due cinta di mura. Nel 1974, a circa 2 km dal tumulo, che attualmente raggiunge l�altezza di circa 50 m, durante lavori di trivellazione per cercare una falda acquifera, a 4 metri di profondità sono venuti fuori la testa di una statua di terracotta e poi le mani e il corpo. È stato quello il primo guerriero di terracotta dei circa 7000 tra fanti, balestrieri, arcieri, aurighi e carri da guerra con tiro a quattro cavalli, venuti alla luce successivamente e quella è stata la prima delle quattro fosse attualmente scavate per un�area di 25.380 mq.

È stata questa una delle più spettacolari scoperte archeologiche del secolo scorso per la concezione e la grandiosità dell�opera, eretta a ricordo perenne del Primo Imperatore cinese. La vista del suo esercito, realizzato a grandezza di poco superiore a quella naturale, suscita una tale meraviglia da lasciare stupefatti. Si tratta, comunque, di mingqi �, cioè di �oggetti luminosi�o �oggetti dello spirito�, sistemati nelle tombe in sostituzione dei sacrifici umani, praticati nell�antichità. Sono, però, mingqi di proporzioni colossali, mai raggiunte in esemplari di questo tipo!

L�armata è stata schierata in formazione di battaglia e posta a difesa del lato est del tumulo sepolcrale (tav. III b). Allo scavo della fossa n. 1, che è la più grande, di forma rettangolare e contiene circa 6000 guerrieri, hanno fatto seguito altre campagne archeologiche che hanno permesso di portare alla luce tre nuove fosse.

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La fossa n. 2, di forma quadrata, si trova a nord-est e contiene circa 1400 statue di guerrieri, cavalli e carri da combattimento, mentre la n. 3 è la più piccola, si trova a nord-ovest e rappresenta il quartier generale dell�intera armata con un solo carro da combattimento, quattro cavalli e sessantotto soldati scelti. Infine, la fossa n. 4, di forma rettangolare, l�ultima in ordine di tempo ad essere stata scavata, è collocata tra le fosse n. 2 e n. 3, è vuota e sembra sia stata ab-bandonata prima di essere completata. Tutte e quattro le fosse sono state musealizzate e si visitano mentre, al loro interno, prosegue il la-voro archeologico e di restauro. Sono state formulate alcune ipotesi su ciò che le quattro fosse possano rappresentare. La n. 1 potrebbe simboleggiare l�esercito imperiale o la guardia imperiale Qin; la n. 2 l�armata di sinistra o le caserme dell�esercito; la n. 3 il comando o il quartier generale; la n. 4 l�armata centrale non completata oppure il campo di battaglia.

L�esercito, completo in ogni dettaglio, è costituito da 7000 soldati, 600 cavalli e 100 carri da combattimento, distribuiti in tre fosse. I soldati sono differenziati per grado e si trovano nella posizione che loro compete (figg. 53 e 54).

Figura 53 - Balestriere

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Figura 54 - Auriga

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Le statue sia dei guerrieri sia dei cavalli sono state fatte a stampo e poi rifinite a mano, in particolare nella realizzazione delle teste, delle mani e dei piedi, in modo da differenziarle le une dalle altre, nelle fisionomie, nelle acconciature (fig. 55), nel tipo di armatura e in vari altri dettagli, tutti caratterizzati da un notevole realismo.

Le parti principali del corpo sono eseguite separatamente, spesso a stampo, con argilla grigia grossolana, e poi assemblate. Quando la statua è essiccata si applicano strati di argilla più fine, nella quale vengono modellati e incisi i dettagli di capelli, volti, muscoli, abbi-gliamento e armature. Sono poi aggiunti elementi stampati a matrice come orecchi, naso, particolari delle armature (fig. 56).

Figura 55 � Particolare dell�acconciatura di un guerriero

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Sulle gambe e sui piedi dei guerrieri e sui corpi dei cavalli è applicato uno strato sottile di argilla che viene poi lucidato. Una volta asciutta, la statua viene cotta avendo cura di lasciare, in alcune parti, degli orifizi che fungono da sfiatatoi. La cottura avviene ad una tem-peratura tra i 960° e i 1025° C; successivamente le statue sono dipinte

Figura 56 � Tipi di armatura

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con pigmenti policromi, ormai quasi del tutto scomparsi. I colori minerali utilizzati sono verde, blu, giallo, viola, marrone, nero, una gamma di rossi e due bianchi. Durante il lavoro di restauro si è sco-perto che, in parti nascoste dei guerrieri e dei cavalli di terracotta, so-no stati incisi i nomi degli artigiani. Ne sono stati elencati ben 85 che si riferiscono, con ogni probabilità, ai mastri alle cui dipendenze la-voravano 18 aiutanti, per un totale, quindi, di 850 artigiani. La produzione dell�esercito di terracotta è avvenuta certamente in officine specializzate, gestite sia dal governo centrale sia da laboratori non governativi. La monumentalità dell�esercito è accentuata anche dalla scomparsa della policromia. I guerrieri, dai volti idealizzati, hanno facce squadrate, fronte larga, arcata sopraccigliare marcata, bocca grande sottolineata da baffi e da labbra spesse (fig. 57).

Accanto ai guerrieri sono state trovate anche armi di bronzo, ad ulteriore testimonianza di una ricerca di esasperato realismo per-seguita nella gigantesca opera di costruzione del mausoleo.

Ad est del muro esterno del complesso sono stati scoperti circa un centinaio di pozzi contenenti centinaia di scheletri di cavalli e figure di

Figura 57 � Particolare di un guerriero

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terracotta di palafrenieri. Le iscrizioni identificano questi pozzi come �stalle imperiali�. Diciannove tombe che si trovano vicino al tumulo conservano resti umani e potrebbe trattarsi di quelle dei funzionari e del seguito, che hanno accompagnato l�imperatore nella morte.

Nel 1978, entro il muro interno, nella zona ad ovest del tumulo sepolcrale di Qin Shi Huangdi, è stata individuata una fossa sacrificale a forma di tridente. Nel 1980, in uno degli ambienti di questa fossa, sono stati portati alla luce due carri di bronzo con decorazioni poli-crome, le cui dimensioni corrispondono a circa la metà dei modelli reali (fig. 58). I carri, destinati al trasporto dell�imperatore nell�aldilà, sono disposti l�uno dietro l�altro ed orientati ad ovest. I carri sono tirati da quattro cavalli, alti 72 cm, ed hanno una struttura ad asse unico con due ruote. Misurano 1 m di larghezza per 1.2 di lunghezza e sono stati realizzati in bronzo con alcuni elementi in oro e argento. Al momento del rinvenimento i due carri erano adagiati sul fianco verso nord e presentavano parecchi danni, soprattutto alla decorazione policroma. Del carro n. 2 sono stati trovati ben 1555 frammenti e la loro composizione ha richiesto più di due anni di restauro.

Figura 58 � Ritrovamento dei carri di bronzo

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Il carro n. 1 è quello anteriore, chiamato gaoche �� �carro alto� perché provvisto di un alto parasole che consentiva di viaggiare riparati in posizione eretta (fig. 59).

Il carro n. 2 è quello posteriore, chiamato anche �� �carro della tranquillità�, poiché permetteva di viaggiare seduti; è costituito da due ruote e da una singola stanga lunga 2.46 m, alla quale è fissato il giogo per il traino di quattro cavalli. La carrozza ha una forma trapezoidale e presenta una parte anteriore con un piccolo sedile per l�auriga e una parte posteriore con una cabina a quattro pareti, sulla cui parte ante-riore si apre una finestra con balaustra, mentre sul retro è raffigurata una porta. Altre due finestre compaiono su ciascun lato della cabina, che presenta una ricca decorazione policroma con motivi floreali e geometrici in blu, verde, rosso e bianco. I cavalli, dipinti in bianco, sono sontuosamente bardati e gli aurighi hanno gli abiti tipici degli ufficiali Qin di grado elevato.

Questo importante ritrovamento ha permesso, per la prima volta, di poter conoscere in modo dettagliato la struttura di due carri del perio-do Qin e di esaminare la raffinata fattura del decoro policromo. La bellezza dei due reperti e il contesto nel quale sono stati rinvenuti of-frono una preziosa testimonianza sulla tipologia del carro destinato a personaggi di grado elevato nell�epoca Qin.

Nella stessa fossa sono stati trovati grandi quantità di resti organici di fieno ad indicare che queste strutture rappresentano dei depositi.

Sempre sul lato ovest del tumulo, tra il muro esterno e quello in-terno, vi sono gruppi di piccole fosse contenenti modelli di argilla e resti di vari uccelli e animali. È probabile che queste fosse intendes-sero rappresentare i parchi e le foreste imperiali.

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Figura 59 � Carro di bronzo gaoche

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LA DINASTIA HAN Gli Han � prendono il potere nel 206 a.C. e stabiliscono la loro

capitale a Chang�an ��, nella provincia di Shaanxi. Dopo un periodo iniziale di disordini e riorganizzazione, l�impero è riunito da Wendi �� (179-157 a.C.) e il paese ritrova unità e pace. I primi imperatori Han sono impegnati in imprese belliche contro le popolazioni barbare Xiongnu ��, che hanno spinto gli Yuezhi �� ad invadere la Cina Settentrionale. L�Impero Han sviluppa una burocrazia centralizzata ereditata dagli stati di Chu e Qin per il cui reclutamento, nel 196 a.C., ha inizio il sistema degli esami. Il controllo imperiale è esteso ai mo-nopoli del sale e del ferro. Con l�imperatore Wudi �� (141-87 a.C.) l�impero raggiunge una superficie enorme, inglobando anche territori stranieri: a sud Nanyue �� e a nord-est la colonia di Lelang �� in Corea. Nel 138 a.C. un�ambasceria, guidata dal generale Zhang Qian ��, riceve l�incarico di convincere gli Yuezhi ad un�alleanza per combattere gli Xiongnu. L�azione diplomatica di Zhang Qian fallisce, ma i dodici anni da lui trascorsi nelle regioni occidentali, parte dei quali da prigioniero, sono estremamente proficui per conoscere usi e costumi di zone e popolazioni lontane e poco note. Gli Xiongnu sono sottomessi solo nel 52 a.C. e il Ferghana conquistato nel 42 a.C.

Il lungo viaggio di Zhang Qian aveva però stimolato l�immaginario cinese che, nel corso dei secoli, continuò a trarvi ispirazione per il soggetto di molti racconti meravigliosi. È così aperta la via commer-ciale per l�Occidente, quella che in futuro sarebbe stata chiamata Via della Seta, attraverso la quale giungono in Cina i celebri cavalli del Ferghana, tanto apprezzati dalla Corte imperiale, mentre seta e lacca prendono la strada verso l�Occidente, arrivando fino a Roma. Oltre all�intensificarsi di scambi commerciali, quest�arteria favorisce l�in-gresso in Cina di idee e influenze straniere, soprattutto l�arrivo del Buddhismo, che segnerà la vita cinese in ogni suo aspetto.

La capitale Chang�an (fig. 60) è una città cinta da mura in terra pressata hangtu, circondata da un fossato esterno e attraversata da do-

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dici porte, ciascuna formata da tre varchi larghi sei metri per permettere il passaggio di dodici carri affiancati.

Figura 60 � Pianta di Chang�an

I - Xianyang (Qin) E- An men 3 - Palazzo Changle II - Chang�an (Han) F - Xi�an men 4 - Palazzo Gui III - Chang�an (Tang) G - Zhang men 5 - Palazzo del Nord IV - Lago Kunming H - Zhicheng men 6 - Mercato dell�Ovest V - Fiume Wei J - Yong men 7 - Mercato dell�Est VI - Fiume Feng K - Heng men 8 - Palazzo Mingguang L - Chucheng men 9 - mingtang e biyong A - Xuanping men M - Luocheng men 10 - Canale B - Qingming men 11 - Insieme cultuale costruito da C - Bacheng men 1 - Palazzo Weiyang Wang Mang D - Fu�ang men 2 - Arsenale 12 - Palazzo Jianzhang

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La Dinastia Han 97

Le porte principali sono fiancheggiate esternamente da due torri que �. Ampi viali a tre corsie, di cui quella centrale riservata all�im-peratore, collegano alle porte della città i vari quartieri, molti dei quali residenziali, e con edifici anche a più piani lou �. Ogni quartiere è chiuso da un muro, con una porta su ciascun lato. Nella parte set-tentrionale si trovano gli edifici governativi, mentre la zona ovest e sud-ovest è occupata da un immenso parco, riserva naturale e luogo di caccia imperiale.

La storia della dinastia Han è raccontata in due testi fondamentali, il già citato Shiji di Sima Qian e lo Hanshu �� di Ban Gu �� (m. 92 d.C.), ma soprattutto nei numerosi reperti archeologici, che docu-mentano, su materiali vari, la vita quotidiana, le vicende storiche e quelle mitologiche.

Il periodo Han si divide in Han Occidentali �� (206 a. C.- 8 d.C.) e in Han Orientali � (25-220 d.C.), intervallato dal breve regno di Wang Mang � che dà vita alla dinastia Xin � (8-23 d.C.), e con-trassegnato dallo spostamento della capitale da Chang�an a Luoyang.

La Dinastia Han (206 a. C.- 220 d.C.) rimane, quindi, al potere per un lungo periodo, caratterizzato da guerre, da importanti conquiste territoriali e dal consolidarsi di un potente impero centralizzato. I Ci-nesi, ancora oggi, guardano con legittimo orgoglio a questa dinastia, tanto da chiamarsi �Han�. I quattro secoli del potere degli Han sono al centro di molti avvenimenti importanti, la cui influenza sulla vita e sull�attività artistica è di notevole rilievo. Si è già accennato alla apertura della Via della Seta che ha veicolato idee e religioni straniere, tra cui di particolare importanza è stato il Buddhismo. Ma il periodo Han favorisce al contempo il radicarsi delle concezioni daoiste con la diffusione di un appropriato repertorio iconografico. Fioriscono, così, le rappresentazioni legate alle isole degli immortali, alla Regina Ma-dre dell�Occidente, Xiwangmu � , che dimora sui Monti Kunlun ��, al Re dell�Oriente, Dongwanggong �, che abita sul Monte Penglai ��. Nel I secolo d.C. il culto degli Immortali xian �, di esseri cioè che non muoiono, si è diffuso in tutti gli ambienti sociali. È probabile che tale culto, descritto nel testo Shanhaijing ���, sia di origine meridionale e derivi dalla mitologia dello stato di Chu. Tema-

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tiche di questo genere, come pure quelle di impronta confuciana, han-no caratterizzato l�arte Han diversificandola negli stili e nei soggetti.

5.1 L�arte funeraria Nel II secolo a.C. vi sono cambiamenti anche nelle credenze sulla

morte con la trasformazione del rituale funerario. Si giunge ad una definitiva formulazione della concezione dualistica dell�anima, secon-do la quale ogni essere umano è dotato di due anime, una spirituale hun � e una terrena po �, la cui separazione avviene al momento della morte. L�anima hun ritorna in cielo dove ricopre un grado equi-valente a quello avuto dal defunto in vita e il suo viaggio verso il mon-do celeste deve essere agevolato, e ciò spiega la presenza, nelle tombe, di raffigurazioni di mappe celesti e di bandiere funerarie. L�anima po, invece, resta sulla terra e la sua sopravvivenza e le sue condizioni nel mondo degli inferi sono assicurate da una buona conservazione del corpo e dalle offerte sepolcrali, motivo per il quale si cerca di dotare la sepoltura di un ricco corredo, adeguato allo stile di vita e al grado del defunto.

In epoca Han si crede non solo alla separazione delle due anime dopo la morte ma anche alla possibilità di ottenere l�immortalità. La coesistenza di queste due credenze si riflette nella costruzione delle tombe e nella ricchezza dei corredi funebri. Si cerca in vari modi di proteggere il cadavere dalla decomposizione sia con l�inserimento del-le bare una dentro l�altra, isolate da strati di carbone e argilla, sia uti-lizzando otturatori e preziosi sudari di giada. Decori pittorici sulle ba-re e sulle pareti, dischi e scettri di giada, specchi di bronzo e statuine tombali di argilla o di legno contribuiscono ad allontanare influenze nefaste e a proteggere il defunto dall�assalto di demoni voraci.

L�arte funeraria Han rappresenta una sintesi e una coesistenza di elementi daoisti e confuciani. Le raffigurazioni sia pittoriche sia scul-toree hanno il compito di aiutare il difficile cammino delle due anime, come pure sono illustrati i concetti della pietà filiale, della brevità della vita e della caducità delle cose, della ricerca dell�immortalità, della conservazione del corpo.

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La Dinastia Han 99

Si passa da un culto incentrato sul tempio ancestrale che utilizza bronzi rituali ad un culto incentrato sulla tomba e basato sullo indi-viduo che viene celebrato con immagini sulle pareti e con offerte. Anche nella costruzione della sepoltura, si passa da quella a pozzo, adoperata fino agli Han Occidentali nella Cina Meridionale, a quella con varie camere rivestite di lastre di pietra o mattoni, in uso so-prattutto nella Cina Settentrionale.

A metà degli Han Occidentali le tombe sono ipogee, costruite in mattoni cavi oppure scavate entro una collina rocciosa. La pianta della sepoltura cerca di riprodurre l�abitazione del defunto, con una sala principale, una stanza da letto e camere laterali.

Davanti al tumulo sono poi costruiti santuari per offerte, in legno o in pietra. Un tempio ancestrale miao � è dedicato ad ogni imperatore morto e costruito accanto al suo mausoleo. Perciò non vi è più il tem-pio dedicato al singolo lignaggio, ma vi sono templi dedicati ai singoli imperatori.

Fino agli Han Orientali il tempio è costruito fuori del recinto sepolcrale ed è il luogo del sacrificio agli antenati. Alla fine del II secolo a.C. vi sono importanti cambiamenti nel rituale sepolcrale: la moglie è seppellita nella stessa tomba del marito e il rito funebre è ce-lebrato nella tomba e non più all�esterno. Questa trasformazione pre-suppone che la sepoltura sia costruita in modo tale da poter essere riaperta per ospitare il secondo defunto e il suo corredo funebre.

A metà del I secolo la tomba diventa il monumento più importante e il centro del culto degli antenati, favorendo enormemente lo svilup-po dell�arte funeraria. Le mutate dimensioni della tomba stimolano e arricchiscono il decoro murario e architettonico. Si privilegia la pianta assiale della sepoltura che diventa così simile alla dimora del defunto (fig. 61). A metà del II secolo d. C., per la prima volta, sono costruite tombe scavate nella roccia per poter assicurare allo scomparso una se-poltura durevole.

Molte tombe sono decorate con lastre di pietra incise con scene di vita quotidiana o con avvenimenti storici e mitologici. Comuni sono pure i mattoni di terracotta, sia cavi sia solidi, impressi o dipinti (fig. 62).

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Capitolo V 100

Esternamente la tomba è contraddistinta da un tumulo preceduto da

uno shendao �� �via degli spiriti�, fiancheggiato da statue di ani-mali e da pilastri in pietra que, simili alle torri che si trovano accanto alle porte delle città e dei palazzi.

Figura 61 � Tomba a pianta assiale, Luoyang

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La Dinastia Han 101

La tomba è preceduta da una stele bei �, sulla quale si illustrano i meriti del defunto e la sua genealogia.

Il corredo funebre è rappresentato soprattutto da vasellame di uso quotidiano e dai cosiddetti mingqi (fig. 63), oggetti destinati a sostituire, dal V secolo a. C. in poi, le vittime sacrificali rinvenute in gran numero nelle sepolture più antiche. Molte sono le statuette di misura variabile ed eseguite quasi sempre in terracotta dipinta nella Cina Settentrionale, talvolta in legno nelle regioni meridionali, il cui repertorio estremamente vario riflette il grado del defunto e la sua vita sia pubblica sia privata. Le statuette fittili sono realizzate a stampo e poi rifinite a mano e colorate.

Figura 62 � Mattone decorato con torri que

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Capitolo V 102

Interessanti e recenti ritrovamenti, databili tra il II e la prima metà del I secolo a. C., hanno permesso di portare alla luce, nella zona delle capitali, manichini di terracotta privi di braccia. Queste statuette fili-formi, alte più di 50 cm, dovevano essere rivestite con abiti in stoffe varie, come è testimoniato dal ritrovamento, accanto ad esse, di nu-merosi frammenti di tessuto. In particolare, nel 1990, a Yangling �� vicino Xi�an, sono state scoperte e parzialmente scavate ventiquattro fosse annesse alla tomba della moglie dell�Imperatore Jingdi � (188-141 a.C.), morta nel 126 a.C. Da tali fosse sono stati recuperati circa diecimila manichini! Queste figure stilizzate erano realizzate in vari stampi separati e successivamente uniti. Le braccia dovevano essere di stoffa come pure gli abiti e le armature, ma di tutto ciò non resta più nulla (fig. 64). La tradizione meridionale preferisce, invece, il legno che abbonda in quelle zone. Sono state ritrovate statuine con abiti sia dipinti sia realizzati in stoffa.

Figura 63 � Mingqi di ceramica raffigurante una casa

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Il corredo funebre è inoltre costituito da statuette di animali domestici, servitori, soldati, funzionari, musicanti, danzatori, acrobati, modellini di case (fig. 63), granai, torri, forni, porcili, pozzi, case, eseguiti in terracotta dipinta o invetriata. I ritrovamenti sono molto nu-merosi come pure varia è la qualità di questi mingqi. Alcuni sono di fattura piuttosto grossolana, altri rifiniti accuratamente; in alcuni gli artigiani sono riusciti a dare una senso di movimento, in altri a far trapelare un certo realismo, soprattutto nell�espressività dei lineamenti e del corpo. Ciò è soprattutto vero per le statuette, databili al II secolo, rinvenute nella provincia di Sichuan (fig. 65).

Nelle tombe vi sono anche corredi funebri costituiti da statuine di bronzo. Il ritrovamento più importante è avvenuto, a Leitai !" nella provincia di Gansu, nella tomba di un generale, databile al II secolo. Si tratta di una magnifica scultura raffigurante un cavallo al galoppo volante (fig. 66). L�artista, poiché certamente tale lo si può definire, ha saputo trovare un ingegnoso artificio per dare l�impressione che l�animale stia volando con le quattro zampe completamente sollevate,

Figura 64 � Corredo funebre del Mausoleo Yangling al momento dello scavo

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assicurandogli, nello stesso tempo, una perfetta stabilità. Uno degli zoccoli poggia su un uccello in volo, probabilmente una rondine o un falco, dando così un completo equilibrio alla scultura. Perfette sono pure la resa del volume, dello spazio e del movimento, sotto qualsi-voglia angolazione si osservi l�animale. L�assoluta padronanza della materia permette di ottenere una realizzazione estremamente realistica senza dover ricorrere a decori e abbellimenti di vario tipo.

Figura 65 � Tamburino di ceramica, Sichuan

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5.2 I mattoni decorati Alcune tombe appartenenti a funzionari di basso grado e a piccoli

proprietari terrieri sono decorate con mattoni impressi sui quali si rappresentano, in maniera abbastanza ingenua, architetture del perio-do, quali porte con torri que (fig. 62), carri, scene di caccia. Altre tombe appartenenti a personaggi di grado più elevato presentano mat-toni impressi e dipinti. La pittura è eseguita su un intonaco a base di calce e il repertorio iconografico comprende motivi geometrici, l�asce-sa dell�anima verso l�immortalità, la rappresentazione del cielo, ani-mali vari, gli Immortali.

I mattoni sono numerati per poter seguire un ordine prestabilito; i contorni sono di solito in nero e il decoro è eseguito con colori bruno, ocra, azzurro, viola e talvolta giallo e verde chiaro. È un tipo di pittura

Figura 66 � Cavallo di bronzo

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lineare in cui si cerca anche di rendere il movimento. La prospettiva, di tipo gerarchico, attribuisce proporzioni maggiori a personaggi più importanti; le figure sono rappresentate in modo idealizzato, secondo un codice prestabilito. Il repertorio iconografico si richiama alla vita del defunto con tematiche confuciane o morali, gli animali delle quattro direzioni, guardie armate, simboli celesti, figure mitologiche quali Xiwangmu, Dongwanggong, Fuxi #$ , Nüwa %& , oggetti augurali, aneddoti storici o leggendari.

Nelle sepolture di Nanyang '� in Henan, il decoro su pietra è in leggero rilievo su un fondo striato e i dettagli sono evidenziati da linee incise o dal colore. Sono rappresentate soprattutto scene di combat-timento.

In Sichuan, invece, si adoperano mattoni impressi o stampati a matrice, talvolta dipinti, e lastre di pietre arenarie incise. I mattoni impressi, quadrati o rettangolari, presentano motivi geometrici, scene di vita quotidiana, lavoro nei campi, Xiwangmu (fig. 67) e gli Im-mortali. In alcune tombe i mattoni sono adoperati contempora-neamente alle lastre di pietra con processione di carri, scene di banchetto, animali delle quattro direzioni, in uno stile molto vicino a quello di Nanyang.

Nelle tombe della provincia di Sichuan si avverte una maggiore plasticità, un definito senso della scultura, una resa tridimensionale con grande rilievo conferito al movimento. Le varie scene sono spesso inserite in una cornice paesaggistica (fig. 68).

Nella provincia di Shandong si adoperano tecniche diverse, quali l�incisione su sfondo uniforme, il bassorilievo piatto su sfondo striato, un leggero rilievo su sfondo nudo oppure la linea incisa. Famose sono le camere da offerta della famiglia Wu (, con la raffigurazione di una scena di banchetto funebre eseguita a bassorilievo piatto con le figure campite da incisioni. L�ornato è fitto, la sovrapposizione dei piani rie-sce a dare un effetto di profondità, le figure sono rappresentate di profilo e il movimento è limitato alla parte superiore del corpo. All�interno di un catalogo codificato vi è un repertorio di immagini tra le quali il committente può scegliere.

Altre tombe decorate con lastre incise sono state trovate in diverse regioni, tra cui Jiangsu, Shaanxi, Liaoning, Mongolia Interna.

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Un�interessante e precoce testimonianza è relativa ad immagini di Buddha, associato a Xiwangmu ed altre divinità protettrici, rinvenute in tombe rupestri della provincia di Sichuan, databili al II secolo.

Figura 67 � Mattone raffigurante Xiwangmu

Figura 68 � Mattone con scena paesaggistica

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5.3 Gli specchi di bronzo Una caratteristica produzione in bronzo del periodo Han è

rappresentata dagli specchi ritrovati numerosi nelle tombe (fig. 69). Agli specchi si attribuiscono poteri magici e sono considerati come talismani. Tale produzione continua una tradizione sviluppata a Luo-yang e Shouzhou )* durante gli Stati Combattenti. In epoca Han la decorazione diventa più complessa ed affollata su uno sfondo spesso tratteggiato. Il repertorio iconografico comprende simboli cosmologici ed esseri mitici raffigurati soprattutto sugli specchi denominati TLV, poiché parte del decoro è inserito in bande che hanno la forma delle lettere sopra citate, disposte intorno ad una borchia centrale che rap-presenta la terra, a sua volta circondata da un pannello quadrangolare. Altri motivi raffigurati sono quelli collegati all�universo daoista con Xiwangmu, Dongwanggong, i Re Celesti tianwang +.

Figura 69 � Specchio di bronzo decorato con il carattere shan

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5.4 La scultura di pietra Molto diverso è stato il risultato della scultura monumentale in

pietra, in gran parte scomparsa. Restano animali di pietra allineati lungo gli shendao. Lo sviluppo di queste figure sembra sia da collegare al cambiamento nel rituale funebre che avviene nel I secolo a.C. Agli inizi degli Han i sacrifici per il defunto sono celebrati in pic-coli templi vicino alla tomba, mentre le cerimonie funerarie più importanti si officiano nei templi per gli antenati nel palazzo o in città. Nel 58 d.C. l�imperatore abolisce i sacrifici nel tempio e li trasferisce nelle tombe. Perciò l�area sepolcrale diventa il punto centrale del rito e ciò comporta un cambiamento nella struttura delle tombe, essendo ne-cessaria la costruzione di una sala per le cerimonie, inizialmente rea-lizzata esternamente in asse con la sepoltura. Lo spazio che congiunge la tomba con la sala sacrificale è così riempito da statue di pietra che assicurano la longevità dell�opera. All�inizio dello shendao vi sono due torri di pietra ad imitazione di quelle lignee che fiancheggiavano gli edifici più importanti.

Tra le sculture ritrovate, sono particolarmente famosi i sedici animali che si trovavano intorno alla tomba del generale Huo Qubing ,-. (140-117 a.C.), probabilmente su quello che doveva essere il tumulo. Il generale aveva brillantemente combattuto contro gli Xiong-nu e, infatti, la scultura più riuscita raffigura un cavallo che calpesta un barbaro, mentre tutte le altre sono piuttosto rozze, poco plastiche, troppo ancorate alla forma della pietra che sembra appena sbozzata (fig. 70). Con gli Han Orientali il modellato si sviluppa e le sculture acquistano volume e dinamismo, in particolare quelle rappresentanti leoni, animali fantastici bixie, che �allontanano le influenze nefaste�, dai corpi vigorosi, inarcati, in procinto di muoversi o di prendere slancio (fig. 71). Le teste sono ben modellate, i corpi allungati, le zam-pe possenti riescono a conferire alle statue un preciso senso di movi-mento. Tali sculture, databili tra la metà del II e gli inizi del III secolo, sono state ritrovate in varie province, da Shandong a Sichuan, da He-nan a Shaanxi.

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Figura 70 � Sculture dalla tomba di Huo Qubing

Figura 71 � Bixie

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5.5 La ceramica Frequenti sono stati i ritrovamenti di ceramiche nelle tombe del

periodo Han. La ceramica diventa spesso un sostituto economico di materiali pregiati, quali lacca e bronzo. Si tratta di una terracotta grigia, dura, cotta in atmosfera riducente a temperature di circa 900°-1000° C in forni ereditati dal periodo degli Stati Combattenti. Il vasellame ceramico, di destinazione prevalentemente funeraria, pre-senta decori che imitano la lacca e il bronzo, eseguiti con pigmenti policromi di colore rosso, bruno, giallo, verde, blu. La decorazione comprende elementi geometrici e vegetali, animali fantastici, animali delle quattro direzioni quali la tigre ad indicare l�Ovest, il drago l�Est, la fenice il Sud e il guerriero nero, cioè la tartaruga e il serpente at-torcigliati, il Nord. Le forme sono quelle del vasellame d�uso quo-tidiano con vasi di tipo hu (fig. 72), elaborate lampade a forma di albero, raffiguranti il mondo degli Immortali con un piedistallo a gui-sa di montagna dove si aggirano uomini ed animali, mentre sui numerosi rami si trovano uccelli ed esseri fantastici (fig. 73).

L�innovazione più importante è rappresentata dall�introduzione dell�invetriatura al piombo a base di ossidi metallici, quali l�ossido di rame per il verde e l�ossido di ferro per il marrone. Il pezzo è cotto in un ambiente ossidante ad una temperatura di circa 800° C. Si produce prima il vasellame con invetriatura di colore bruno dalle varie sfumature e successivamente quello con invetriatura verde, che è però la più diffusa. Le due invetriature sono adoperate separatamente, raramente su uno stesso esemplare e, quando ciò avviene, su quella marrone si applica la verde che, per la sua natura instabile, è destinata a cadere. Di solito l�invetriatura verde ha una superficie iridescente grigio argento, risultato della sua decomposizione durante la sepoltura. È più difficile, invece, che il vasellame marrone abbia una superficie a lustro, probabilmente per la presenza di ferro nell�invetriatura. Le zone di produzione si trovano in Shaanxi e Henan e con gli Han Occidentali, si estendono anche a Hunan, Jiangxi /�, Gansu e Shan-dong. L�origine dell�invetriatura al piombo è piuttosto controversa ed è stata, più volte, considerata come una tecnica importata dal mondo mediterraneo attraverso l�Asia Centrale, ma finora non esistono prove sicure di tale derivazione. I Cinesi, infatti, già conoscevano e utiliz-

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zavano il piombo come fondente nella fusione dei bronzi rituali e avevano prodotto, dalla fine dei Zhou Occidentali, piccoli oggetti di vetro, quali perline e ornamenti nella cui composizione vi erano il bario e il piombo. Contemporaneamente oggetti simili sono pure im-portati dal Vicino Oriente. Il vetro, durante gli Han, diventa un sostituto economico della giada ed è utilizzato anche per sudari fatti con placchette di vetro. La fabbricazione del vasellame con invetria-tura al piombo, di destinazione funeraria, ha uno sviluppo enorme e una durata di circa tre secoli.

Figura 72 � Vaso hu

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Durante gli Han Orientali, nella Cina Meridionale si producono, nella regione di Yuezhou �� in Zhejiang, grandi quantità di gres ricoperto da invetriatura a ceneri vegetali, ottenuta da un misto di cenere, feldspato e calce. Questo tipo di vasellame, denominato Yue �, si realizza anche in altre province (Jiangsu, Guangxi ��, Hunan, Guangdong). Le fornaci principali sono quelle di Ningbo �� e Shangyu � in Zhejiang e Yixing� in Jiangsu. L�invetriatura può essere più o meno trasparente e lucida, o traslucida e le diverse tonalità sono dovute a variazioni nel ciclo di cottura. Temperature diverse (1260°-1310° C) in atmosfera riducente producono colori che variano da un verde oliva ad un verde chiaro. La coperta è applicata per immersione e ricopre di solito la metà superiore del recipiente. Si realizza pure un�invetriatura di colore nero a base di calce con ossido di ferro (4-5%) che, applicato su un corpo che contiene molto ferro, produce una coperta di un colore che varia dal bruno-verde al nero. L�invetriatura, che non ricopre la parte inferiore del recipiente, pre-senta uno spessore non uniforme, colature e ispessimenti vari sulla superficie ed è cotta in atmosfera riducente tra 1200° e 1240° C. Le forme imitano quelle dei bronzi: vasi hu, giare pou�, adoperate come contenitori di cibo. I decori sono semplici, ad andamento circolare con motivi di onde e nuvole e maschere zoomorfe sui manici; dal II secolo a.C. l�ornato presenta una banda a rilievo e registri con motivi incisi di spirali, volute, animali fantastici, uccelli in volo e linee ondulate eseguite al pettine lungo il collo dei recipienti.

I forni sono del tipo �a drago� longyao (v. par. 3.4), con più camere comunicanti che si snodano lungo i pendii delle colline e che possono cuocere contemporaneamente una gran quantità di vasellame a tem-perature elevate.

Tra i reperti più particolari del periodo degli Han Orientali vi sono gli �alberi dei soldi�, chiamati così per la presenza di monete sui loro rami (fig. 74). È una produzione caratteristica della Cina Sud-Occidentale alla fine degli Han. La base di pietra o argilla si è quasi sempre conservata, mentre la parte superiore, raffigurante i rami dell�albero, composta da un fragile lavoro a giorno eseguito in bronzo, è andata spesso perduta. Sono, perciò, pochi gli esemplari trovati completi. Il piedistallo intende rappresentare una montagna popolata

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da varie creature e animali fantastici. Dalla base si dipartono cinque coppie di rami di bronzo ornati con uccelli, monete, personaggi vari, gli animali delle quattro direzioni, Xiwangmu - la Regina Madre dell�Occidente � e una miriade di simboli legati all�universo daoista e alla ricerca dell�immortalità (la lepre che pesta la droga dell�immor-talità, il fungo sacro lingzhi � che dona l�immortalità).

Altra forma caratteristica del periodo Han, realizzata sia in ceramica sia in bronzo, è quella dell�incensiere boshanlu ��� a forma di montagna, che prende appunto il nome dal Monte Bo (Boshan ��), la �montagna universale� (fig. 84). L�interesse nella rappresentazione della montagna è legato alla credenza in un mondo soprannaturale, sviluppatasi tra il periodo degli Stati Combattenti e gli inizi dell�epoca Han. Secondo tale credenza l�Imperatore Giallo, signore del mondo spirituale, governa sulle cinque montagne sacre, compreso il Monte Tai. In epoca Han, l�imperatore Wudi offre un grande sacrificio al Monte Tai e alle divinità associate con esso. La raffigurazione delle montagne non può quindi prescindere dalla grande devozione e rispetto tributati alle cinque montagne sacre, oltre ad un interesse particolare per il Monte Tai �� e per l�Imperatore Giallo. Altre montagne venerate sono quelle dove risiedono gli Im-mortali, il Penglai ad est e il Kunlun ad ovest. Le montagne mistiche sono collegate con il vapore qi � e le nuvole poiché l�incenso, contenuto nell�incensiere, al pari del vapore qi, fuoriesce attraverso i fori praticati sulla montagna. Negli incensieri boshanlu compaiono creature diverse, animali selvaggi, guerrieri. La montagna può avere come sostegno figure muscolose o poggiare direttamente su un piatto che funge da Mare Orientale, luogo mitico che gli imperatori Qin e Han hanno tentato invano di raggiungere. L�incensiere boshanlu presenta un�iconografia religioso-daoista in cui è palese il gusto per il paesaggio selvaggio popolato da animali in fuga e da cacciatori a cavallo, di probabile derivazione nomadico barbarica, dal mondo delle steppe. Non si tratta, però, di un oggetto esclusivamente religioso, poiché è utilizzato anche all�interno dei palazzi.

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Figura 73 � Lampada a forma di albero

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Figura 74 � Albero dei soldi

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5.6 La giada La lavorazione della giada ha un notevole incremento durante gli

Han in seguito all�espansione dell�impero in Asia Centrale e, quindi, alla maggiore facilità nel procurarsi la giada da Khotan. La giada è adoperata soprattutto nel contesto tombale, sia per sigillare i nove orifizi del corpo del defunto, sia per ricoprire completamente il cada-vere con abiti di giada (fig. 75), nel tentativo di evitare la decom-posizione del corpo e assicurare al defunto l�immortalità.

Gli abiti di giada, ne sono stati trovati circa quaranta, sono costosissimi e richiedono molti anni di lavoro � sembra addirittura dieci! � motivo per cui questa pratica è bandita alla fine del periodo Han. La produzione in giada comprende inoltre scatole da toilette, coppe, figure di animali a tutto tondo, dischi bi ornati con spirali in rilievo e, talvolta, con un bordo a traforo, utilizzati in cerimonie rituali, deposti sul defunto o donati in particolari ed importanti oc-casioni. La lavorazione della giada raggiunge livelli di grande vir-tuosismo tecnico e diventa la delizia dei letterati cinesi.

Figura 75 � Abito di giada

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5.7 La tomba del Re di Nanyue Una scoperta di notevole interesse è quella della tomba del Re di

Nanyue, rinvenuta a Xianggang ��, Canton (fig. 76). È questo un piccolo stato fondato nel 203 a.C. da Zhao Tuo �� (r. 203-137 a.C.), nominato Re di Nanyue dall�imperatore Han Gaozu �� nel 196 a.C. La tomba identificata è quella del secondo sovrano, Zhao Mei �� (r. 137-122 a.C.), figlio di Zhao Tuo. La sepoltura, rivestita con lastre di pietra, è scavata in una collina. Ha una pianta simile a quella dei palazzi imperiali, con uno stretto passaggio di accesso, una zona di deposito che conduce alla camera centrale, fiancheggiata da camere laterali adibite a depositi. La grande camera posteriore è divisa in tre parti: una camera centrale con un piccolo deposito sul retro che contie-ne la bara e due camere laterali che contengono i corpi di attendenti e servitori.

Figura 76 � Assonometria della tomba del Re di Nanyue

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Originariamente la camera era dipinta, ma ora restano solo poche tracce della decorazione. Il corredo funebre è costituito da vasellame, strumenti musicali, zanne di elefante e minerali utilizzati nelle ricerche alchemiche. Il re è ricoperto da un abito di giada e giace nella camera centrale in una doppia bara con accanto alla testa e ai piedi giade, una scatola d�argento e altri oggetti. Nella camera orientale si trovano i corpi di quattro donne, con specchi e pettorali di giada, mentre in quella occidentale si conservano i resti di animali sacrificati e corpi di individui che potrebbero essere gli attendenti del re. È probabile che le giade ritrovate nella tomba del Re di Nanyue siano state importate da Chu o da altri stati del nord.

Sono state scoperte altre tombe scavate nella roccia: a Xuzhou �� (Jiangsu), capitale del regno Han di Chu; a Qufu �� (Shandong), capitale del regno di Lu �; a Yongcheng ! (Henan), nel regno di Liang ".

5.8 Le tombe di Mawangdui Nel 1972, nella regione di Changsha (Hunan), a Mawangdui #$%,

è stata fatta una delle più importanti scoperte archeologiche cinesi. Durante la costruzione di nuove case su una collina è stato individuato un tumulo funerario alto circa 20 m e con un diametro di 50 m. La tomba è a pozzo (fig. 77) e la camera funeraria, ritrovata a circa 15 m di profondità, ha la forma di una grande scatola di legno che ne racchiude altre tre (fig. 78).

Le quattro bare, poste al centro della sepoltura, sono circondate da scomparti utilizzati per il ricco corredo funebre, costituito da 120 manufatti di seta, tra cui 50 capi di vestiario e 50 di corredo, 180 stoviglie di lacca nera e rossa, 59 contenitori di ceramica, strumenti musicali e centinaia di figurine dipinte rappresentanti servitori e in-servienti, decine di casse di bambù contenenti stuoie, cibarie, spezie, frutta e monete. Sui sigilli che chiudono le casse e sul fondo del va-sellame di lacca è inciso: «Maestro di casa del Marchese di Dai» e «Bene della famiglia del Marchese di Dai». La defunta è dunque la Marchesa di Dai &, moglie di uno dei più potenti e facoltosi membri

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Capitolo V 120

della Corte Han, governatore e signore di Changsha. La sepoltura risale al periodo degli Han Occidentali, poiché la morte della mar-chesa è avvenuta dopo il 168 a.C.

Figura 77 � Scavo della tomba n.1

Figura 78 � Guo della tomba n.1

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La Dinastia Han 121

La parte centrale della camera contiene quattro bare inserite una dentro all�altra; la seconda e la terza sono ornate con pitture. Il corpo della defunta è avvolto in una seta ricamata, mentre sul coperchio della bara poggia uno stendardo di seta dipinta (fig. 79), usato proba-bilmente in una cerimonia rituale prima di essere deposto nella tomba. Tale stendardo è costituito da tre pezzi di seta cuciti a T per una lunghezza di 2.05 m e una larghezza di 0.92 m. Il bordo superiore è arrotolato su una bacchetta di bambù e munito di cordicella per po-terlo sospendere e portare in processione durante il corteo funebre. La pittura rappresenta il viaggio dell�anima hun verso l�aldilà ed è suddi-visa in tre parti. Nella parte inferiore è rappresentato il mondo sotterraneo, in quella centrale il mondo terreno e in quella superiore il mondo celeste. Il mondo sotterraneo ha un�iconografia complessa con grandi pesci e due draghi simmetrici che, passando attraverso un bi di giada, s�intrecciano e continuano la loro ascesa trasportando l�anima hun verso l�immortalità. Una figura muscolosa sostiene la prima piattaforma sulla quale poggia il mondo terreno. Sette uomini si trovano ai due lati del corpo della defunta, avvolto nella seta e sistemato su un giaciglio. I recipienti che si vedono in primo piano e sulla tavola dello sfondo ricordano il sacrificio offerto dalla famiglia in onore della defunta. Sulla seconda piattaforma compare la defunta davanti alla quale si inginocchiano in modo rispettoso due uomini, mentre tre donne la seguono. La scena evoca il rito del richiamo della anima, invocata dai parenti a tornare nella sua vecchia dimora. Tale rappresentazione è dominata da un baldacchino al di sopra del quale si trova una porta attraverso cui si accede al mondo celeste. La porta è custodita da due guardiani o messaggeri celesti assisi, venuti ad ac-cogliere l�anima. La parte alta dello stendardo, di forma orizzontale, presenta un�iconografia legata all�universo daoista. A sinistra è dipinta una falce di luna con la lepre o rospo che prepara la droga dell�immor-talità; a destra vi sono i nove soli con il corvo. Nella parte centrale è rappresentata una figura dal corpo umano e dalla coda di serpente identificata forse con Nüwa, creatrice e progenitrice dell�umanità, op-pure con l�anima della defunta alla fine del viaggio celeste.

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Capitolo V 122

Si tratta della più antica e completa pittura su seta ritrovata in Cina. La seta, prima di essere dipinta, è stata ricoperta di colore ocra che col tempo si è scurito diventando bruno. Il disegno è delineato ad in-chiostro e i colori adoperati sono vermiglio, cinabro, ocra, polvere di argento per le ombreggiature, talvolta per i contorni e per conferire lucentezza agli altri colori, quali indaco, giallo e bianco. I colori sono sia stesi in modo uniforme sia sovrapposti per ombreggiare o produrre effetti di rilievo, profondità o trasparenza. Tali effetti si ottengono pu-

Figura 79 � Stendardo di seta della Marchesa di Dai

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La Dinastia Han 123

re diversificando la pennellata e utilizzando tratti più sottili o più spes-si a seconda che si tratti di disegnare figure, animali o oggetti vari. I colori risaltano sul fondo scuro.

Sulle bare di legno laccato sono dipinte figure mitologiche e animali fantastici. Compaiono così, tra motivi spiraliformi, draghi, leopardi, serpenti, demoni, gli Immortali a cavallo, cervi, tigri, fenici (fig. 80).

Il corpo della marchesa è stato ritrovato pressoché intatto, avvolto in un sudario di seta composto da venti strati di tessuto finissimo. Dalle analisi effettuate si è potuto sapere che la nobildonna era morta a circa 50 anni e che soffriva di cuore poiché nella tomba sono state trovate spezie adoperate per problemi cardiaci. È probabile, come ha rivelato la necroscopia, che la marchesa sia morta per un infarto causato da una scorpacciata di melone che aveva reso problematica la digestione.

Figura 80 � Disegno dei lati della bara interna della Marchesa di Dai

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Capitolo V 124

5.9 Le tombe di Mancheng Nel 1968 a Mancheng '! nella provincia di Hebei sono state

scoperte le tombe di Liu Sheng (), Principe Jing * di Zhongshan (154-113 a.C.), figlio dell�Imperatore Jingdi e fratello dell�Imperatore Wudi e, non lontano, quella di sua moglie Dou Wan +,, morta tra il 113 e il 104 a.C. Le due tombe, scavate nella roccia alla fine di lunghi tunnel che portano nella montagna, sono state costruite contempo-raneamente anche se la sepoltura dei defunti è avvenuta in tempi diversi. Entrambe presentano una pianta cruciforme (figg. 81 e 82) con un lungo corridoio che conduce ad una vasta anticamera sulla quale si aprono due ambienti adibiti a custodire una parte del corredo funebre, tra cui sei carri e dodici cavalli, undici carri e decine di vasi e bottiglie con cibarie e vino.

Dall�anticamera si accede alla sala centrale, dove veniva celebrato il rituale e nella quale sono stati trovati recipienti di lacca, ceramica, bronzo e una gran quantità di mingqi di pietra e terracotta raffiguranti servitori, musici e giocolieri.

Il ritrovamento di numerosi frammenti di tessuto lascia supporre che quelle sale un tempo dovessero essere sontuosamente tappezzate con stoffe, probabilmente ad imitazione di tende. All�estremità della sala centrale una porta di pietra chiude l�accesso alla camera funeraria nella quale, oltre al corredo più prezioso, si trovano su un lato il sarcofago e sull�altro una piccola stanza di pietra, per i servi. La came-ra funeraria è rivestita con lastre di pietra. Le due sepolture, ritrovate intatte, presentano lievi varianti e misurano l�una 51.7 m di lunghezza (Dou Wan) e l�altra 49.7 m (Liu Sheng). Entrambi i defunti sono se-polti nella camera posteriore e collocati in magnifici sudari di giada. In totale nelle due tombe sono stati ritrovati 4200 oggetti. Tra i reperti più preziosi vi è una stupenda lampada di bronzo dorato (alta 48 cm), la cui forma è quella di una inserviente inginocchiata nell�atto di reg-gere, nella mano sinistra, un lume (fig. 83). Il braccio destro è sol-levato sopra la spalla e la manica dell�abito copre la parte superiore della lampada fungendo da cappa. La lampada ha una base circolare mobile con un perno al centro per la candela e un manico sporgente che permette di controllare e regolare la direzione e l�intensità della

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luce. Le numerose iscrizioni incise sull�oggetto con datazioni diverse consentono di seguirne la storia, i vari spostamenti e di conoscerne i proprietari, l�ultimo dei quali è stata proprio Dou Wan. Si tratta di un esemplare unico dalla fattura estremamente raffinata.

Figura 81 � Tomba di Liu Sheng

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Capitolo V 126

Sono stati ritrovati anche numerosi bronzi intarsiati tra cui un prezioso incensiere boshanlu (alto 26 cm; v. par. 5.5) con intarsi d�oro, fuso col metodo della cera persa, portato alla luce nella tomba di Liu Sheng (fig. 84). L�incensiere raffigura l�Isola degli Immortali Daoisti, rappresentata con una sommità conica e numerosi picchi, mentre la coppa sta ad indicare il Mare Orientale, le cui onde sono intarsiate in oro. Sui picchi aguzzi a forma di dita sono visibili sei fi-gure, tigri e altri animali. Un altro incensiere di bronzo di tipo boshan-lu, ancora più elaborato, è stato ritrovato nella tomba di Dou Wan. Il coperchio, lavorato a giorno, è configurato a montagna popolata di or-si, guerrieri in lotta contro animali selvaggi, una tigre, una capra e altre bestie. Su una banda, alla base del coperchio, sono raffigurati gli animali delle quattro direzioni. L�incensiere è sorretto da una figura muscolosa, dall�aspetto straniero che, seduta sul dorso di una creatura alata tipo drago, poggia su un piatto circolare necessario a trattenere le particelle roventi del carbone.

Sempre nella tomba di Liu Sheng è stato ritrovato un vaso hu di bronzo intarsiato in oro e argento, ornato con una forma stilizzata di scrittura detta �ad uccello�, distribuita su tre ampi registri orizzontali.

La scoperta più importante nelle due sepolture è stata quella dei sudari di giada che ricoprono il corpo dei defunti. Questi abiti sono

Figura 82 � Ricostruzione della tomba di Liu Sheng

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formati da una moltitudine di tessere di giada forate ai quattro angoli e cucite su un panno rosso con un filo d�oro. Per l�abito di Liu Sheng sono servite 2498 placchette, 2196 per quello di Dou Wan. Spesso le placchette sono costituite da giada già utilizzata, poiché su molte di esse vi sono resti di iscrizioni. Recentemente si è scoperto che il materiale adoperato per l�abito è una pietra grigio verde più soffice della vera giada o nefrite. L�abito è composto da varie sezioni, com-plessivamente dodici, così suddivise: due per la testa, due per il tronco, due per le braccia, due per le mani, due per le gambe e due per i piedi. Un disco di tipo bi riempie la sommità del cranio e lascia un�apertura in cima. Per cucire le placchette di giada si possono ado-perare fili d�oro, d�argento o di bronzo a seconda del grado del defunto ma, come accade quasi sempre in Cina, queste rigide prescri-zioni non sono rispettate.

Certamente l�utilizzo della giada per un sudario deve essere collegato alla conservazione del corpo e alle credenze sull�immor-talità. Oltre all�abito di giada anche gli orifizi del corpo dei defunti sono sigillati con otturatori, mentre le teste poggiano su un cuscino costituito da placche di giada magnificamente scolpite e inserite in una cornice di bronzo dorato terminante con elementi zoomorfi. Altre gia-de circondano le bare. Nelle sepolture del periodo Han sono stati fino ad oggi ritrovati più di quaranta abiti di giada sia completi sia fram-mentari. Gli eccessivi costi di questi sudari, lamentati in parecchi me-moriali alla Corte, sono determinanti per la loro abolizione alla caduta della dinastia.

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Figura 83 � Lampada di bronzo dorato

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Figura 84 � Boshanlu di bronzo con decorazione ad agemina

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LE SEI DINASTIE Con il crollo della dinastia Han, la Cina attraversa un periodo di

caos politico e il paese, ancora una volta, è suddiviso in molteplici regni. Al nord vi sono le dinastie �barbare� e al sud quelle cinesi. Come era già accaduto precedentemente, un periodo di frammen-tazione politica e di disordine si rivela, da un punto di vista culturale, molto vivace. E� questa un�epoca di grandi fermenti, di scoperte e innovazioni destinate a cambiare profondamente non solo la storia della Cina, ma quella dell�intera umanità. Un elenco dettagliato sa-rebbe troppo lungo, ma non si può non ricordare la scoperta della polvere da sparo, della bussola, del mulino ad acqua, del contamiglia, ecc.

L�arco di tempo compreso tra il III e il VI secolo è ricordato con diverse denominazioni a testimonianza della breve durata di una serie di regni effimeri che si susseguono sia al nord sia al sud della Cina, ma comunemente è chiamato il periodo dei Tre Regni e delle Sei Dinastie.

Nel nord si avvicendano una dozzina di dinastie straniere, finché i Tuoba ��, una tribù turca, non riesce ad impadronirsi di tutta la Cina Settentrionale e a governare con il nome di Wei Settentrionali �� (386-534). Essi stabiliscono la loro capitale a Datong �� nella parte settentrionale della provincia di Shanxi, abbandonano la vita nomade, adottano abiti cinesi, iniziando così il loro processo di sinizzazione. Successivamente si dividono in Wei Occidentali �� (535-557) e Wei Orientali � (534-550), seguiti i primi dai Zhou Settentrionali � (557-581) e i secondi dai Qi Settentrionali �� (550-577).

Al sud, invece, governano dinastie cinesi, tra cui i Jin Occidentali �� (265-317), i Jin Orientali � (317-420), i Song (420-479), i Qi Meridionali �� (479-502), i Liang � (502-557 e i Chen � (557-589). Questa situazione d�instabilità termina nel 581 con l�unifica-zione ad opera dei Sui � (581-618).

Da un punto di vista artistico, il periodo delle Sei Dinastie vede il sorgere dell�arte buddhista, che partendo da modelli centroasiatici,

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Capitolo VI

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acquisirà una fisionomia cinese. E� anche il periodo della nascita della pittura, della critica d�arte e della conoscenza delle prime personalità artistiche cui la tradizione attribuisce i più antichi dipinti sopravvis-suti, pur se copie realizzate in epoca successiva.

Nella zona di Nanchino e nei suoi dintorni sono state ritrovate imponenti sculture di pietra davanti a mausolei imperiali e tombe ari-stocratiche. Nanchino è stata, fin dall�epoca dei Tre Regni, capitale di numerose dinastie della Cina Meridionale e ciò spiega la presenza di importanti necropoli in quest�area. I mausolei imperiali sono preceduti, lungo lo shendao, da coppie di animali, di colonne orna-mentali, di stele (fig. 85). Gli animali hanno una forma simile diffe-renziandosi solo per la presenza di due corna, se si trovano sul lato sinistro dello shendao e di uno soltanto, se invece sono su quello destro. Il repertorio iconografico è rappresentato soprattutto da esseri fantastici denominati qilin �� (fig. 86), da tianlu �� o cervi celesti e da bixie, che sta a significare �coloro che respingono gli spiriti mal-vagi�. Nella maggior parte dei mausolei imperiali di solito rimane una coppia di animali, talvolta uno solo. Dalla presenza o meno di animali fantastici (qilin, tianlu, bixie) si distingue la sepoltura imperiale da quella principesca o aristocratica in genere, di solito preceduta da una coppia di comuni leoni.

Gli animali mitologici, infatti, sembra che appaiono in compagnia di uomini superiori e perciò la loro raffigurazione è riservata ai mau-solei imperiali, mentre il leone, re degli animali, sottolinea il grado elevato del defunto rispettando così una gerarchia feudale ormai da tempo consolidata.

Le colonne hanno forma cilindrica e sono divise in tre sezioni: inferiore, mediana e superiore. Quella inferiore è un plinto di pie-distallo con due draghi intrecciati, ciascuno con due corna, una perla nelle fauci e una lunga coda che si congiunge con quella dell�altro ani-male. La sezione mediana presenta ventiquattro o talvolta ventotto profonde scanalature, mentre la parte superiore mostra una tavoletta rettangolare con caratteri scolpiti, limitata in basso e in alto da deco-razioni in rilievo con draghi intrecciati, impressioni a corda e figure di guerrieri. La parte terminale della colonna ha una copertura rotonda a forma di loto, simile a quello dei piedistalli buddhisti, sulla cui som-

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mità è raffigurato un animale come quelli che si trovano davanti alle tombe.

La stele, derivata invece dall�arte Han, ha la forma di una lastra (gui � ) alla cui sommità rotonda sono rappresentati due draghi intrecciati, mentre nella parte terminale è visibile un foro. La zona frontale è decorata con una scultura a rilievo raffigurante una coppia di draghi balzanti, al di sotto dei quali è scolpito un lungo epitaffio che riporta anche il nome di chi ha eretto la stele. La base è a forma di

Figura 85 � Shendao

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tartaruga dal collo allungato nello sforzo di trascinare un così gran peso.

Queste sculture delle dinastie meridionali, pur inserendosi nel solco della tradizione artistica Han, segnano un momento di transizione da un�arte abbastanza rozza e primitiva a una fase più evoluta e matura. E� possibile, tra le varie sculture esistenti, seguire l�evoluzione stilistica da una maggiore semplicità e pesantezza, collegate allo stile Han, all�incredibile vitalità ed eleganza delle sculture dei mausolei delle dinastie Qi, Liang e Chen. Un�altra caratteristica delle sculture meridionali è il rigoroso rispetto della simmetria, sia nella collocazione sia nella posizione degli animali e addirittura nella lettura dei caratteri incisi sulle colonne.

Figura 86 � Qilin

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6.1 La pittura Le prime manifestazioni pittoriche in Cina risalgono ad epoche an-

tiche, ma purtroppo di quei periodi non resta quasi nulla, ad eccezione delle pitture murali in un gran numero di tombe e sulle pareti delle grotte buddhiste, queste ultime, però, di carattere religioso.

Per quel che riguarda, invece, la pittura su seta l�unico, eccezionale esemplare antico è la famosa bandiera di seta rinvenuta nella tomba della Marchesa di Dai, di cui si è già discusso. La scomparsa di tutta l�architettura antica, costruita esclusivamente in legno, ha pratica-mente cancellato ogni traccia dei magnifici dipinti che, nel corso dei secoli, hanno abbellito palazzi e templi, e ha portato alla distruzione d�importanti collezioni di pittura ivi custodite.

Gli artisti cinesi dipingono inizialmente su seta e successivamente su carta nei formati che sono loro più congeniali, il rotolo verticale zhou � la cui visione e fruizione sono immediate al pari di un nostro quadro, e il rotolo orizzontale juan � che ha, invece, una fruizione graduale derivata da una visione parziale del dipinto, limitata alla osservazione di una piccola superficie che si presenta all�occhio dell�osservatore svolgendo lentamente con una mano il rotolo dipinto e riavvolgendolo con l�altra.

Le dinastie meridionali sono vivaci centri culturali in cui nascono e si formano le prime scuole pittoriche. Sfortunatamente nulla resta della antica pittura su seta.

Il periodo delle Sei Dinastie è anche l�epoca dei primi critici ed esteti, dei primi pittori e calligrafi, della creazione del giardino cinese e dei primi grandi collezionisti.

Il più importante tra i critici vissuti in questo periodo è Xie He ��, un pittore attivo a Nanchino intorno al 500. Le sue teorie estetiche hanno avuto un grande successo e si sono tramandate nei secoli. La sua opera Guhua pin lu ���� (Registrazione classificata delle antiche pitture) suddivide quarantatre pittori dei tempi passati in sei classi e formula i sei principi liufa � per giudicare dipinti e artisti. Questi sei principi hanno avuto un�incredibile fortuna e sono stati presi a modello da tutti i pittori cinesi. Essi sono:

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1) qiyun shengdong !"#$, animazione attraverso la consonanza dello spirito; 2) gufa yongbi % &', metodo strutturale nell�uso del pennello; 3) yingwu xiangxing ()*+, fedeltà all�oggetto nel ritrarre le forme; 4) suilei fucai �,-., conformità al genere nell�applicare i colori; 5) jingying weizhi /012, progettazione adatta nella sistemazione degli elementi; 6) zhuanyi moxie 3456, trasmissione dell�esperienza del passato nel fare le copie.

Il primo principio è intenzionalmente vago e si può prestare a varie interpretazioni. Il pittore deve curare il qi, lo spirito vitale di ogni cosa cercando di mettere in risalto il carattere essenziale del soggetto da rappresentare; solo così otterrà il movimento vitale, l�animazione shengdong. Gli altri cinque principi sono tutti relativi all�esecuzione della pittura e riguardano procedure tecniche. Il secondo principio afferma l�importanza della pennellata nello stabilire la forma, dal mo-mento che la singola pennellata non può mai essere ritoccata o rico-perta e, perciò, un cattivo uso del pennello produce una pennellata non significativa ed essenziale nella struttura del dipinto. Il terzo principio si può interpretare come un buon disegno in cui gli oggetti siano riconoscibili. Il quarto principio si riferisce al colore e all�uso dei co-lori adatti. Il quinto principio stabilisce che una buona pittura deve es-sere correttamente progettata e composta. Il sesto principio afferma che bisogna studiare e copiare gli antichi maestri e che l�esperienza del passato è di valore inestimabile e che, per imparare, bisogna co-piare i vecchi maestri. Solo un lungo tirocinio può permettere al pit-tore di carpire lo stile e il metodo di un antico maestro ed elaborare, così, un proprio stile.

6.2 Gu Kaizhi Durante il periodo delle Sei Dinastie, alla Corte di Nanchino dei Jin

Orientali (317-420), vive ed opera Gu Kaizhi 789 (ca. 344-406), il solo artista dell�antichità dei cui dipinti esistono copie posteriori. Egli, in una sua opera Lunhua :� (Saggio sulla pittura), discute sui pittori

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del III e IV secolo e adopera l�espressione chuanshen ; < �trasmettere lo spirito�, precisando, così, uno degli obiettivi della sua ritrattistica, capace di trasmettere il carattere e le emozioni dei soggetti dipinti. A Gu Kaizhi sono attribuiti due rotoli orizzontali, Ammo-nimenti dell�istitutrice alle dame di corte e La dea del fiume Luo.

Nel primo, di carattere confuciano, scene separate, l�una diversa dalle altre, illustrano un testo didattico di tarda epoca Jin, in cui un�istitutrice consiglia le dame di corte sul comportamento da tenere in diverse circostanze. Alti precetti morali sono rappresentati mediante un tipo di pittura basata sulla linea di contorno e con figure, viste di profilo o di tre quarti, che, pur senza alcuno sfondo, riescono a comu-nicare dinamismo e sentimenti diversi (fig. 87). Le figure femminili sono tratteggiate con linee sottili come fili di seta, scivolano senza sforzo lungo il rotolo, quasi fossero sospese dal suolo, eleganti, sottili, fluttuanti come nastri e sciarpe. Alcuni elementi di arredo (uno spec-chio, un letto a baldacchino) contribuiscono a caratterizzare le scene e a determinare una precisa ambientazione. Ciascun dipinto è ac-compagnato da una frase scritta il cui contenuto è illustrato nella scena.

Figura 87 � Ammonimenti dell�istitutrice alle dame di corte (particolare)

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Nel secondo rotolo, La dea del fiume Luo (fig. 88), copia del XII secolo, è, invece, raccontata una storia tratta dal poemetto in stile fu - di Cao Zhi => (192-232), figlio minore di Cao Cao.=?

Lo stile illustrativo è diverso, la narrazione è continua con ripetute apparizioni degli stessi personaggi e dei luoghi in cui si svolge la storia. In queste illustrazioni vi è una resa semplicissima del pae-saggio, costituito da rocce, colline, alberi sistemati in primo piano o disposti in modo da creare �celle spaziali� entro cui si svolge il rac-conto. Le proporzioni di tali elementi paesaggistici sono del tutto erra-te, essendo l�artista concentrato sulla rappresentazione delle figure, piuttosto grandi e d�interesse predominante, mentre il paesaggio è limitato all�essenziale (fig. 89). Nonostante l�ingenuità delle propor-

Figura 88 � La dea del fiume Luo

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zioni e la generalizzazione della natura, la composizione risulta ben equilibrata e ben illustrata. Si narra la storia di un poeta che, dalla ca-pitale, ritorna alle proprie terre. Durante una sosta in riva al Fiume Luo @ gli appare una bellissima donna, la dea del fiume (fig. 90). Il poeta, preso da repentino amore e desiderio, corteggia la donna. Le apparizioni della dea sono accompagnate da una serie di prodigi che avvengono sulle acque del fiume. Alla fine la donna piangendo rivela al poeta che tra uomini e divinità non ci può essere amore. La dea scompare e il poeta disperato tenta d�inseguirla in barca, ma senza successo; dopo una notte insonne, alle prime luci del mattino, scon-solato riprende il viaggio.

Figura 89 � La dea del fiume Luo (particolare)

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Figura 90 � La dea del fiume Luo (particolare)

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IL BUDDHISMO L�introduzione del Buddhismo in Cina avviene agli inizi della

nostra era, durante la Dinastia degli Han Orientali (25-220). Si narra che l�Imperatore Mingdi AB (58-75) degli Han, nel 64, sognando un uomo d�oro in volo sul suo palazzo, abbia immaginato che dovesse trattarsi di Buddha. Al di là delle leggende, frutto probabilmente della fantasia dei monaci cinesi, una prima testimonianza è registrata nello Hou Hanshu CDE (Storia degli Han Posteriori) in cui si racconta che nel 65 d.C. esisteva già una piccola comunità di monaci. Le fonti cinesi riferiscono pure che il primo monaco straniero a giungere a Luoyang nel 148 sia stato An Shigao FGH , un Parto di nobile discendenza con cui ha inizio un�intensa attività di traduzione di testi buddhisti. Sembra che An Shigao sia stato preceduto da altri monaci su cui non si hanno registrazioni, ma è molto probabile che siano arrivati dall�Asia Centrale.

La penetrazione e la diffusione del Buddhismo in Cina coincidono con il travagliato periodo politico seguito alla caduta della Dinastia Han. In un tempo di acuta crisi sociale e di estrema incertezza, in un impero frazionato sia al nord sia al sud in una moltitudine di piccoli stati, trova terreno fertile una religione consolatrice e soprattutto stra-niera. Missionari centroasiatici, iranici e indiani si recano in Cina e si dedicano alla traduzione degli scritti buddhisti; nello stesso tempo pel-legrini cinesi vanno in Asia Centrale e in India alla ricerca di testi sacri e in visita ai luoghi santi. Si racconta che, intorno al 300, nelle città di Chang�an (odierna Xi�an) e Luoyang ci siano già 180 monasteri e circa 3700 monaci. Tra i più famosi missionari indiani si ricordano Dharmarakśa (265-308), di cui restano 72 traduzioni delle 211 che fece tra il 266 e il 308, e Kumarājiva (344-413), un Indiano di Kucha che fonda un grande ufficio di traduzioni a Chang�an e resta in Cina dal 383 al 413. Inizialmente il vocabolario del Buddhismo indiano attinge alla terminologia confuciana e daoista, più familiare ai Cinesi; successivamente, proprio con il monaco Kumarājiva si raggiunge una completa indipendenza. All�opera di questi traduttori è

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Capitolo VII

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legata sia la diffusione di alcuni testi sacri (sūtra) sia la loro fortuna iconografica.

7.1 Iconografia In Cina si diffonde il Buddhismo Mahayana o del Grande Veicolo

per il quale la salvezza, cioè la fine del doloroso ciclo di morti e rein-carnazioni, è alla portata di tutti e non riservata solo a coloro capaci di vivere l�ascesi monastica; una funzione essenziale è quella della figura del bodhisattva, cioè di colui che, pur avendo raggiunto la buddhità, vi rinuncia per aiutare gli altri uomini a proseguire sul retto cammino. Come già sappiamo, le innumerevoli vite del Buddha, precedenti al compimento della sua missione terrena, si succedono in una catena continua di nascite e morti sotto varie forme, sia progredendo nel bene sia regredendo nel male. Nasce così tutto un mondo di leggende legate alle vite passate del Buddha, (jātaka) o agli episodi fantastici della sua esistenza storica (avadana), che entrano a far parte del repertorio illustrativo cinese.

Figura 91 � Sopra: Buddha indiani; sotto: versioni cinesi

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Il Buddhismo

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Da un punto di vista iconografico il Buddha è rappresentato vestito come un monaco e caratterizzato da alcuni segni distintivi o laks�ana: la protuberanza cranica us �nīs�a, reminiscenza del turbante portato dagli Indiani, l�allungamento dei lobi dell�orecchio a testimonianza della abitudine dei principi indiani di portare pesanti orecchini, e il famoso �terzo occhio� ūrnā ovvero una peluria presente tra i due occhi ad in-dicare l�onniscienza del Buddha (fig. 91).

Il bodhisattva, cioè colui che ha rinunciato al nirvana per aiutare gli uomini a divenire Buddha, è raffigurato con le stesse caratteristiche fisiche del Buddha, ma con un aspetto mondano, esemplificato dalla presenza di gioielli, corone, diademi.

Le posizioni delle mani di entrambe le immagini sono denominate mudrā (fig. 92) e quelle dei piedi āsana.

Oltre a rappresentazioni di vari Buddha e bodhisattva, non sempre di facile identificazione, il pantheon buddhista comprende i discepoli del Buddha, rappresentati come monaci, arhat (luohan ID), asceti buddhisti; apsarā, figure celestiali volteggianti su soffitti di grotte o su baldacchini di nicchie; lokapāla �re celesti� (tianwang) rappresentati come guerrieri dall�aspetto minaccioso e dalla funzione protettiva.

Fonti iconografiche sono pure alcuni sūtra, i testi sacri che diventano particolarmente popolari in Cina. Sūtra come Saddharma-pundarīka (in cinese Miaofa lianhuajing J KL/ o Loto della vera Legge), più noto come Sūtra del Loto, scritto all�incirca nel I secolo e tradotto cinque volte prima del 406 (la migliore versione è quella di Kumarājiva), in cui Śākyamuni, il Buddha storico, dal Picco dell�Avvoltoio, predica il messaggio della salvezza mahayana mo-strandone con parabole la superiorità sugli altri strumenti di salvezza. Egli predice che molte persone presenti diventeranno Buddha (miracolo dei Mille Buddha) e compie un prodigio richiamando in vita Prabhūtaratna, un Buddha del passato. Insieme i due conversano sul tumulo sepolcrale (stūpa) di Prabhūtaratna sospeso in cielo, mentre moltitudini di Buddha giungono dalle dieci direzioni dello spazio per adorarli. In questo sūtra compaiono anche Avalokiteśvara, il bodhi-sattva della compassione e il Buddha Amitābha preposto al Paradiso Occidentale Sukhāvatī, luogo di delizie senza fine con giardini, fiori, palazzi, padiglioni e alberi, che producono gioielli, fiori e frutti, cigni, pavoni e con le anime dei fedeli che sono rinate e spuntano dai calici

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dei fiori di loto. Un altro sūtra molto popolare nel V e VI secolo è il Vimalakīrti nirdeśa (Weimojie suoshuojing MNOPQ/ o Inse-gnamento di Vimalakīrti), in cui si narra di un ricco e potente signore, Vimalakīrti, che giace a letto ammalato chiedendo se Śākyamuni s�informerà sulla sua salute. Śākyamuni, che legge il suo pensiero, invia Mañjuśri (Wenshu RS), il bodhisattva della sapienza, e ha così inizio una memorabile disputa alla quale partecipa pure il discepolo Sariputra (Shiluo TI ). Quest�ultimo pone una serie di puerili obiezioni a cui Vimalakīrti risponde operando magie e sciogliendo i dubbi dell�interlocutore.

Ma il Buddha più popolare in Cina, dal V secolo in poi, è Amitābha che presiede il Paradiso Occidentale, il Sukhāvatī, e il cui culto è collegato alla scuola della Terra Pura (jingtu UV). La sua fortuna ico-nografica coincide con la diffusione e popolarità del Sūtra del loto e di quello della Meditazione su Amitābha, in cui Śākyamuni dal Picco dell�Avvoltoio annunzia a monaci e bodhisattva riuniti la presenza del Buddha Amitābha in Occidente, nella Terra Pura. Śākyamuni predica il Sūtra della Meditazione su Amitābha e mostra agli uomini la via della Terra Pura. Il Paradiso Occidentale, così come è descritto nel

Figura 92 � Esempi di mudrā. Dall�alto a sinistra in senso orario: abhayamudrā; dhyānamudrā; dharmacakramudrā; varadamudrā

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Sukhāvatī vyūha, è un giardino chiuso, meraviglioso, a cui può accedere solo il puro di cuore; per potervi rinascere bisogna ottenere l�illuminazione (bodhi) meditando su sedici temi e incoraggiando gli altri a percorrere lo stesso cammino. Amitābha, al tramonto, appare al morente e lo conduce nel suo paradiso dove crescono alberi e fiori preziosi, dove scorrono acque che cantano e dove i fedeli rinascono nel cuore di un fiore di loto. L�enorme successo della scuola della Terra Pura è da attribuire alla facilità e semplicità del metodo: bastava recitare ripetutamente il nome di Amitābha per assicurarsi una piacevole e fortunata rinascita nella prossima vita. L�iconografia della Terra Pura diventa ben presto uno dei temi pittorici preferiti raggiungendo il suo sviluppo completo a metà del VII secolo. Nella decorazione delle pareti delle grotte di Dunhuang, nell�VIII secolo, la raffigurazione dei paradisi occidentali è quella più comune (tav. IV a). Forse l�opera più rappresentativa della scuola della Terra Pura dalla fine della dinastia Tang � (618-907) all�epoca Song (960-1279) è il sito di Dazu �� vicino Chengdu nel Sichuan (v. par. 11.5).

Durante il regno di Xuanzong �� (712-756) entra in Cina, ad opera di Vajrabodhi (671-751) e Amoghavajra (705-774), il bud-dhismo esoterico che riceve il sostegno della Corte, ma della cui pro-duzione in Cina resta ben poco. Più numerose sono le sue tracce in Giappone.

Popolare in Cina è anche il buddhismo della scuola chan � , fondata dal patriarca Bodhidharma (ca. prima metà VI secolo), ma la cui diffusione avviene solo agli inizi della dinastia Tang con il quinto patriarca Hongren � (602-675). E�, però, con Huineng � (638-713) che la scuola chan acquista la sua reale fisionomia promuovendo la dottrina dell�illuminazione improvvisa. La sua iconografia si basa soprattutto su immagini di arhat e patriarchi.

Il fedele buddhista acquisisce meriti facendo realizzare statue, nic-chie, aprendo grotte, naturalmente secondo le sue disponibilità. La committenza può essere imperiale e allora si hanno realizzazioni imponenti e costose oppure può essere frutto di un gruppo di persone che insieme decidono di commissionare un�immagine, una nicchia, una stele, facendo anche incidere un�iscrizione che motiva la scelta e fornisce i nomi dei donatori.

Un altro modo per mostrarsi pietosi e compassionevoli è quello di moltiplicare un numero di testi sacri o sacre immagini da far circolare.

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Ciò ha portato all�invenzione della stampa e il primo testo a stampa, ritrovato a Dunhuang (v. par. 7.6) nella famosa biblioteca murata, datato 868, è il Sūtra del Diamante, relativo alla scuola della Terra Pura.

7.2 La pagoda La pagoda (ta �) è la versione cinese del reliquiario buddhista

indiano stūpa, che è un tumulo a calotta semisferica. In Cina lo stūpa prende la forma delle costruzioni del periodo Han, in particolare delle torri di vedetta que diventando un edificio a vari piani decrescenti verso l�alto (fig. 93). Nel corso dei secoli la pagoda subisce una costante evoluzione, essendo costruita dapprima in legno (II-III secolo), successivamente in mattoni o muratura e perfino in ferro, durante la Dinastia Song. Sembra che nel IV secolo fosse a tre piani e che in epoca Liang esistessero parecchie pagode a cinque piani.

Generalmente la pagoda è di forma tetragonale fino al periodo Tang; diventa poi ottagonale, decagonale e con un numero variabile di piani, la cui altezza di solito decresce regolarmente dalla base alla sommità, ma può anche restare fissa (X secolo).

Dalle fonti letterarie risulta che i Wei costruiscono le pagode più grandi, quale per esempio quella degli inizi del VI secolo a Luoyang nel tempio Yongning �� che sembra avesse nove piani e fosse alta 120 metri.

Pagode del tipo più semplice, quello derivato dall�India, sono molto spesso raffigurate sui rilievi e sulle pitture murali delle principali grotte buddhiste.

Figura 93 � Stadi evolutivi dallo stūpa alla pagoda

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Durante il periodo delle Sei Dinastie la pagoda ha forma quadrata e presenta parecchi piani. La più antica si trova nel tempio Songyue ��� (Henan) ed è costruita in mattoni dai Wei Settentrionali tra il 520 e il 530 su modello indiano. Ha pianta dodecagonale su alto plinto, un piano nobile con colonne agli angoli e per il resto presenta una successione di spioventi a mensola che vanno rimpicciolendosi formando un�elegante curva. La sommità termina con i consueti dischi e con un pilastro centrale. Molto più piccola è la pagoda Simen ���, in pietra, posta nel tempio Shentong ��� sul Monte Tai, in Shandong. Un�iscrizione alquanto dubbia ne fissa la costruzione al 544; è comunque un edificio databile agli inizi del VI secolo e resta il più antico in pietra. Realizzata in blocchi di arenaria, presenta una forma quasi cubica, con una porta su ciascun lato, tetto a cupola formato da mensole di pietra e un�elaborata sommità derivata dall�ombrello cerimoniale indiano. Fra gli altri edifici antichi conservati ci sono la pagoda sepolcrale di Fading �� nel tempio Lingyan ��� a due ordini di spioventi a mensola e quella a due piani esagonali, in mattoni, scoperta nel tempio Foguang ��� sul Monte Wutai ���, in Shanxi.

7.3 La scultura buddhista Mercanti e monaci che tornano in Cina dalle terre occidentali

portano immagini che esercitano una grande influenza sulle prime espressioni artistiche buddhiste. L�arte indiana, sia quella del Gandhāra che quella di Mathurā, giunge in Cina attraverso la mediazione centroasiatica lungo la Via della Seta e s�innesta su una tradizione artistica locale già ben sviluppata (fig. 94). Purtroppo è oggi piuttosto complicato fornire un quadro preciso di tale percorso per la scomparsa sia di alcune culture centroasiatiche sia per la scarsezza di reperti disponibili. Nella Cina Meridionale, i modelli artistici possono anche essere entrati attraverso il Sud-Est Asiatico e le vie marittime. Le prime opere cinesi, databili all�incirca al IV secolo, tradiscono nei lineamenti non cinesi una indubbia matrice indiana.

La prima immagine del Buddha giunta in Cina è avvolta nella leggenda ed è nota come �immagine di Udayana�, cioè un ritratto in

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legno di sandalo di Śākyamuni ordinato da Udayana, re di Kauśambhi, mentre il Buddha si trova nel Paradiso Tus ��ita a predicare alla madre. Uno o più artigiani trasportati miracolosamente nel paradiso Tus �ita riescono a ritrarre il Buddha; l�immagine è poi sistemata nel monastero di Jetavana a Śrāvasti. Si racconta che tale immagine improvvisamente sia volata via dall�India e giunta a Kucha, da dove poi Kumārajīva l�avrebbe portata in Cina nel 405. Da Chang�an l�icona si sposta prima a Changsha, poi a Jiangdu � e infine a Kaifeng !". Qui la vede il prete giapponese Chonen, che nel 985 ne fa fare una copia da portare in Giappone dove ancora oggi si può ammirare nel tempio Seiryō di Kyoto.

Primi esempi di sculture buddhiste risalgono al periodo Han e si trovano nelle regioni di Jiangsu e Sichuan, ma ancora non è possibile avere un quadro completo della situazione nei primi secoli dell�era. Inoltre immagini del Buddha in rilievo compaiono su alcuni specchi della fine della dinastia Han (III secolo) come talismani di buona fortuna; templi e statue cominciano a sorgere all�epoca dei Tre Regni (220-265) a Luoyang, capitale del regno Wei e a Nanchino, capitale del regno Wu. Con i Jin Occidentali (266-316) a Luoyang ci sono 42 templi.

Figura 94 � Immagini di Buddha. Da sinistra: Gandhāra; Mathurā; Gandhāra modificato da Mathurā; immagine di Udayana

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Con la dinastia dei Wei Settentrionali (385-534), i turchi Tuoba, il Buddhismo diventa religione di stato ed è la stessa famiglia impe-riale a promuovere la co-struzione di alcuni tra i più famosi complessi rupestri cinesi: a Yungang (v. par. 7.4) e Longmen (v. par. 7.5). Anche il tempio grotta scavato nella roccia è di origine indiana e giunge in Cina attraverso l�Afghani-stan e l�Asia Centrale.

Il periodo di fraziona-mento del vasto impero ci-nese, seguito alla caduta degli Han e terminato nel 581 con la riunificazione ad opera dei Sui, è particolar-mente fecondo per lo svi-luppo dell�arte buddhista che si diffonde su tutto il territorio. Le fonti cinesi registrano un�abbondante produzione di immagini buddhiste realizzate in tutti i tipi di materiali e ne descrivono anche gli scopi rituali e i poteri magici.

Purtroppo l�arte buddhista del IV secolo è rappresentata da poche immagini di bronzo e di pietra, mentre, dal V secolo, i numerosi templi rupestri della Cina Settentrionale, t-estimoniano una rapida fioritura artistica.

Nasce, così, una scultura buddhista dalla forma puramente cinese la cui evoluzione vedrà il sorgere di vari stili. Una delle principali caratteristiche della scultura buddhista cinese è proprio la coesistenza e l�interazione di stili regionali con uno stile metropolitano i cui risultati raggiungono spesso livelli qualitativi eccellenti. I modelli

Figura 95 � Śākyamuni di bronzo

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stranieri, giunti sia a nord sia a sud, sono differentemente interpretati e assimilati; sembra, infatti, che il sud sviluppi più rapidamente un pro-prio stile sinizzato E� probabile, perciò, che l�arte buddhista creata dalle dinastie meridionali possa aver influenzato l�opera dei Wei Set-tentrionali alla fine del V e agli inizi del VI secolo, nel periodo in cui l�arte settentrionale raggiunge una forma completamente sinizzata.

Come primi esempi di antica scultura buddhista in bronzo dorato, restano una statuetta di Śākyamuni seduto nella posa della medita-zione (dhyānamudrā), datata 338, appartenente alla collezione Avery Brundage del De Young Memorial Museum di San Francisco (fig. 95), ancora strettamente legata ai prototipi indiani, e un�immagine stante di Maitreya, il Buddha del futuro, scavata nella provincia di Shaanxi, databile ai primi decenni del IV secolo, conservata nel museo Fuji Yurinkan di Kyoto.

La scultura meridionale adopera prevalentemente il legno ed è perciò in gran parte scomparsa. Dalle fonti letterarie si sa che alla fine del periodo Jin (345-418), nella capitale Jiankang #$ (attuale Nanchino), sono attivi nel dipingere e scolpire figure buddhiste due grandi personalità artistiche come Gu Kaizhi (v. par. 6.2) e Dai Kui %& (ca. 326-396).

Figura 96 � Complesso buddhista di Maijishan, Gansu

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Le prime grotte cinesi sono scavate, dal IV secolo in avanti, a Binglingsi '��, Maijishan ()� (fig. 96) e Dunhuang nella provincia occidentale di Gansu, lungo la Via della Seta. Per la sua posizione strategica, il Gansu è un importante nodo di scambi commerciali e di influenze culturali tra la Cina Settentrionale e Meridionale e l�Asia Centrale.

Il primo stile della scultura buddhista è legato alla dinastia dei Wei Settentrionali, i turchi Tuoba (fig. 97). Dopo un periodo iniziale, determinato da una scultura ancora basata su modelli centroasiatici, nasce il primo stile cinese, con imma-gini esili, dai volti allungati, dalle spalle cadenti, illuminate dal famoso �sorriso arcaico� e caratterizzate soprattutto da un fluente panneggio che termina a �coda di rondine� e copre completamente i corpi e spesso anche i piedistalli.

Uno stile diverso, talvolta denominato �colonnare�, caratterizza le due dinastie che succedono ai Wei, i Qi Settentrionali e i Zhou Settentrionali. Con i Qi Settentrionali, nelle vicinanze della capitale Ye * (attuale Linzhang +,) nella provincia di Hebei, sono aperte le grotte di Xiangtangshan -.� la cui scultura pone in risalto la massa fisica e le forme cilindriche, mentre le pieghe degli abiti sono realizzate con maggiore semplicità. I Buddha hanno teste rotonde, volti sereni, abiti sottili aderenti al corpo in cui è visibile l�influenza indiana Gupta. Spesso la statuaria di epoca Qi, sia quella monumen-tale sia quella di piccole dimensioni, è realizzata in marmo bianco micaceo, per la presenza di numerose cave e centri di produzione nella provincia di Hebei, tra cui i più noti sono Dingzhou �/, Quyang 01 e Baoding 2�. Un esempio notevole di scultura del periodo Qi,

Figura 97 � Stele dei Wei Settentrionali

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databile al 585 è il grande Buddha stante, Amitābha, conservato nel British Museum di Londra, proveniente dai dintorni di Dingzhou.

L�altra importante dinastia settentrionale è quella dei Zhou che hanno come capitale Chang�an. La loro conquista di una parte del Sichuan, compresa Chengdu, conferisce alla scultura buddhista caratteristiche peculiari alla tradizione meridionale. Le immagini Zhou sono scolpite di solito in una pietra gialla chiazzata, hanno volti quadrati e una profusione di gioielli. La scultura del Sichuan, in are-naria rossa, è nota attraverso i recenti scavi a Wanfosi 3�� a Chengdu che hanno portato alla luce, tra gli altri ritrovamenti, una statua molto elaborata del Buddha Śākyamuni datata 529. Negli esemplari rinvenuti è evidente un marcato interesse nell�anatomia del corpo allungato che risulta ben modellato e ricoperto da una quantità di gioielli. Altro centro regionale per la produzione buddhista è la pro-vincia di Shandong con i complessi di Tuoshan 4� vicino Yidu 5 e le recenti scoperte delle sculture di Qingzhou 6/.

Si tratta, in tutti questi casi, di uno stadio di transizione ancora legato a differenze regionali e che precede lo stile Sui-Tang. L�unifi-cazione stilistica si ha alla fine del VII secolo e si conserva fino alla ribellione di An Lushan 78� (755-786). E� il periodo in cui la cul-tura metropolitana di Chang�an e Luoyang si diffonde in tutta la Cina e crea uno stile unificato.

Con i Sui le figure sono severe, maestose, hanno ancora forme ci-lindriche, massicce, ricoperte da un drappeggio piatto (fig. 98). L�enfasi maggiore è riservata soprattutto alla parte superiore del corpo, in particolare alla testa.

Con i Tang, invece, la scultura diventa a tutto tondo con figure dai corpi ben modellati in cui sono evidenziati gli eleganti dettagli descrittivi, il volume delle forme umane, la posa indiana del tribhanga e soprattutto una fisionomia realistica. Tali caratteristiche si ritrovano tutte nelle grotte di Tianlongshan 9:�, vicino Taiyuan ;< nella provincia di Shanxi. Le immagini di queste grotte sono molto naturali e umane, con corpi e teste dalla pronunciata inclinazione laterale.

Importante è pure, dalla seconda metà del V secolo, la stele votiva il cui sviluppo stilistico è parallelo alla scultura in grotte. La stele, col-locata nel cortile del tempio o in altre zone, è spesso accompagnata da iscrizioni con date e nome dei donatori, estremamente utili per seguire l�evoluzione stilistica e conoscere le motivazioni dei committenti. Può

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avere due diverse forme: una tradizionale cinese, sviluppatasi com-pletamente a fine Han (fine II-inizi III secolo), è una lastra rettangolare su base piatta e sommità arrotondata scolpita con draghi intrecciati e le cui superfici anteriori e posteriori sono suddivise in registri; l�altra diffusasi con il buddhismo, presenta un singolo Buddha o una trinità che si stagliano in altorilievo su un grande nimbo a forma di foglia (fig. 97). La costruzione di una stele, così come quella delle statue nei complessi rupestri, è considerata un atto pio per assicurare un tranquillo riposo ai propri cari defunti o per chiedere grazie di vario tipo. Le stele più antiche presentano nella parte anteriore un Buddha assiso e in quella posteriore scene della vita del Buddha e delle sue vi-te precedenti o jātaka. Nel VI secolo il formato preferito è una triade stante, incorniciata da una mandorla ellittica che funge da nicchia per l�immagine e sul retro varie scene tratte dalla vita del Buddha.

Figura 98 � Altare buddhista di bronzo, Dinastia Sui

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Dopo la rivolta di An Lushan, inizia il declino della dinastia Tang. L�arte buddhista non è più in grado di conservare uno stile metro-politano unificato; ormai non riflette più il gusto raffinato delle classi al potere, ma quello della gente comune. A fine Tang ciascuna regione favorisce lo sviluppo di uno stile locale. La feroce persecuzione degli anni 844-845, motivata dalle difficoltà economiche della Corte Tang, dà un fiero colpo al buddhismo che sopravvive solo come culto popolare.

7.4 Il complesso di Yungang Un avvenimento rilevante da un punto di vista artistico è la

conquista, nel 439, della regione di Dunhuang (Gansu) da parte dei Tuoba Wei che deportano circa trentamila famiglie di artigiani nei loro territori settentrionali e le utilizzano nella costruzione delle grotte scavate nell�arenaria di Yungang => nelle vicinanze della capitale Pingcheng ?@ (odierna Datong), nella provincia di Shanxi. Il com-plesso consta di quaranta grotte, tra cui le più importanti sono le prime

Figura 99 � Complesso buddhista di Yungang, Shanxi

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venti realizzate dal 460 al 494, mentre le restanti venti sono per lo più nicchie costruite tra il 500 e il 535, quando ormai i Wei hanno abbandonato la zona e trasferito la loro capitale a Luoyang (fig. 99).

Le prime cinque grotte, aperte per ordine dell�imperatore Wencheng ABC, in seguito alle pressioni del monaco Tan YaoDE, come un atto di espiazione per la feroce persecuzione attuata dallo imperatore Taiwu ;FC, recano la numerazione dal 16 al 20 e sono dedicate ai primi cinque imperatori Wei. Contengono immagini di Buddha e bodhisattva colossali, forse ispirate a quelle di Bamiyan in Afghanistan, alte dagli otto ai tredici metri. Queste prime immagini sono gigantesche, imponenti, in origine policrome, con volti non cinesi, quali per esempio, il monumentale Buddha Śākyamuni della grotta n. 20 (fig.100), alto 13.46 metri, seduto a gambe incrociate in posa di meditazione (dhyānamudrā) e fiancheggiato da un�immagine di dimensioni più ridotte di Maitreya stante, nel gesto della rassi-curazione (abhayamudrā). Le sculture sono all�aperto per il crollo del tetto e della parete frontale della grotta, dedicata al padre dello imperatore costretto a suicidarsi nel 451. L�immagine di Śākyamuni è ben proporzionata, potente, dai contorni netti, più vicina per ispi-razione alle sculture centroasiatiche che a quelle indiane. Tali in-fluenze potrebbero essere giunte a Yungang attraverso artigiani pro-venienti dalla regione di Dunhuang, in Gansu. La grotta n. 19 è dedicata all�Imperatore Taiwu, autore della feroce persecuzione antibuddhista, e contiene un Buddha assiso, alto 16.48 metri. Il Buddha stante della grotta n. 18 é alto 15.6 metri e un altro Buddha stante della grotta n. 16, dedicata al fondatore della dinastia, è alto 1 metro.

Queste grotte furono completare tra il 460 e il 475, come pure la n. 7 e la n. 8: la prima, realizzata in otto anni, è dedicata all�Imperatore Xiaowen GAC e a sua madre; la seconda all�Imperatore Wencheng. Immediatamente dopo sono aperte le grotte n. 9 (fig. 101) e n. 10 in memoria di Xianwendi HAC e della moglie cinese. Nelle ultime quattro grotte, contemporanee alle prime cinque imperiali, le pareti interne presentano nicchie divise da pilastri decorati: le nicchie sono incorniciate da travi collegate da festoni e drappeggi scolpiti in pietra (tav. IV b). Nelle nicchie più grandi sono raffigurati Buddha seduti o bodhisattva seduti all�occidentale e con le caviglie incrociate, inven-zione iconografica cinese della rappresentazione di Maitreya, il

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Buddha del futuro, derivata con ogni probabilità dai ritratti reali iranici pur se assimilati allo stile cinese.

Figura 100 � Yungang, grotta n. 20

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Le grotte della parte centrale, la n. 5 la n. 6, completate verso il 480, sono aperte durante la minore età di Xiaowendi dal reggente Wenming AI in onore di suo padre e di sua madre. Nella grotta n. 5 è raffigurato un Buddha colossale, mentre la grotta n. 6 presenta una magnifica decorazione floreale e vegetale che non lascia spazi vuoti. Lo stile cambia e si nota un processo di assimilazione nell�espressione dei volti completamente cinesi, nell�abito monastico indiano, divenuto cinese e caratterizzato dal pesante panneggio dell�abito che nasconde completamente il corpo.

Quasi contemporanee sono le grotte n. 1 e n. 2, aperte da Shundi JC, rifugiatosi presso i Wei dalla Corte dei Song di Nanchino e dedi-cate ai suoi imperiali genitori. Le grotte n. 1 e n. 2, analoghe ma più piccole, mostrano uno stile decisamente cinese sia nella sistemazione dello spazio inteso in modo più razionale sia nelle strutture architet-toniche, sia soprattutto nel modellato delle figure, caratterizzate dallo andamento circolare degli abiti voluminosi, con un fitto panneggio ter-minante ad S che conferisce un senso di movimento.

Queste quattro grotte (nn. 5, 6, 1, 2) sono a camera singola, quasi quadrata, a cui si accede da una stretta apertura; al centro hanno un grande pilastro quadrato scolpito a imitazione di uno stūpa dalla som-mità arrotondata e dalla base rettangolare o quadrilobata. L�interno è scolpito con nicchie contenenti Buddha seduti.

Le grotte scolpite dopo il 490 mostrano una nuova maniera, riscontrabile anche nelle successive grotte di Longmen. Sono presenti motivi del Gandhāra, con palmette e dettagli architettonici filtrati at-traverso l�Asia Centrale. Tali elementi diventano completamente cine-si nelle ultime grotte, in particolare nella decorazione di strutture architettoniche con travi, mensole, pagode e nella fantasiosa raffi-gurazione di draghi, mostri e musicanti.

Il repertorio iconografico comprende il Buddha Śākyamuni, gli epi-sodi più salienti della sua vita e delle vite precedenti, Maitreya rap-presentato sia come Buddha sia come bodhisattva, e soprattutto scene che illustrano i sūtra più popolari in Cina. Il Buddha raffigurato è Śākyamuni, stante o assiso, solo o fiancheggiato da coppie di atten-denti; un�immagine comune, tratta dal Sūtra del Loto, è quella di Śā-kyamuni seduto accanto al Buddha del passato Prabhūtaratna che compare in cielo nel suo stūpa per ascoltare la spiegazione della legge (dharma) tenuta da Śākyamuni. I volti angolari sono addolciti dal fa-

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moso �sorriso arcaico�, mentre l�abito monastico di tipo indiano cade pesantemente in pieghe parallele i cui orli terminano in angoli acuti fino a ricoprire tutto il piedistallo.

Le grotte di Yungang sono state studiate, documentate e fotografate da studiosi giapponesi dell�università di Kyoto. Il governo cinese ha poi creato un Istituto per la conservazione delle grotte di Yungang, che già nel 1955 ha ripristinato le strutture di legno per consentire la circolazione tra le grotte; successivamente, negli anni 1959-61, sono state restaurate le grotte nelle estremità orientali ed occidentali. Infine, dal 1972 al 1975, varie campagne di scavo hanno portato alla luce interessanti reperti e liberato nuove grotte che per secoli erano rimaste invase da sabbia, terra e pietre. Al di sopra della grotta n. 3 è apparsa una cavità con una statua di Maitreya: sembra che sia proprio questo il luogo dove il monaco Tan Yao, fondatore del complesso, si sarebbe chiuso in meditazione.

Figura 101 � Yungang, grotta n. 9

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7.5 Il complesso di Longmen Lo spostamento della capitale dei Wei da Datong nella provincia di

Shanxi a Luoyang in Henan, avvenuto nel 494 all�epoca dello Impera-tore Xiaowen, segna l�inizio della costruzione delle grotte di Longmen :� lungo le rive del Fiume Yi K (fig. 102). La roccia è un calcare grigio adatto ad essere modellato fin nei più minuti dettagli. L�attività scultorea continua a Longmen per oltre due secoli e mezzo e termina in epoca Tang, al tempo della ribellione di An Lushan, a metà dell�VIII secolo.

La maggior parte delle grotte, in particolare quelle più antiche, si trova sulla sponda settentrionale del fiume. Le grotte del complesso di Longmen non sono numerate e hanno, invece, delle denominazioni.

Lo stile Wei raggiunge la piena maturità nelle prime due grotte, la Guyang L1M del 493 e la Binyang N1M del 505 in cui una scul-tura lineare e calligrafica, che ricorda la pittura cinese su rotolo, è fa-vorita anche dal calcare locale adatto per la rappresentazione dei più minuti dettagli (fig.103). I corpi e i volti si assottigliano, mentre le pieghe dei voluminosi abiti in stile cinese si espandono a cascata sul piedistallo. Il fitto e voluminoso drappeggio degli abiti a bande piatte definite da linee parallele incise nettamente, conferisce al corpo un an-damento lineare e schematico.

La grotta Guyang, dedicata a Śākyamuni e Maitreya, presenta la figura principale su un trono a pedana con ai lati, su un livello più bas-so, i bodhisattva; lungo le pareti compaiono, distribuite su tre registri,

Figura 102 � Complesso buddhista di Longmen, Henan

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numerose nicchie contenenti, nella parte superiore Buddha assisi nella posa della meditazione, nella parte centrale bodhisattva assisi e bodhi-sattva seduti all�occidentale e a caviglie incrociate, simili a quelli di Yungang, e nella parte inferiore, altri due bodhisattva assisi, immagini complete e nicchie vuote. L�iconografia, tipica degli inizi del VI seco-lo, è ricavata dal Sūtra del Loto e rappresenta in particolare il benve-nuto di Śākyamuni al Buddha del passato Prabhūtaratna e i bodhi-sattva, Avalokiteśvara e Sāmantabhadra.

La grotta Binyang (fig.103), di circa 8 x 6 metri, iniziata nel 505 dall�Imperatore Xuanwu OFC, presenta nella zona principale cinque figure con un colossale Buddha seduto al centro, fiancheggiato da bodhisattva e dai due discepoli Ananda e Kāśyapa. Sulle pareti compaiono trinità con Buddha stanti e bodhisattva laterali; sul soffitto una moltitudine di apsarā (figure svolazzanti), fiori e musicanti in volo. La decorazione, in particolare nei dettagli architettonici, nelle cornici delle nicchie e nella raffigurazione di teste di draghi, leoni, mostri, volute, nani, ecc. è una continuazione diretta di quella di Yungang, mentre le figure diventano sempre più stilizzate e astratte, illuminate dal famoso sorriso �arcaico�, caratteristico della scultura Wei. Sul registro inferiore dei rilievi della parete d�ingresso è rappresentata una processione imperiale, per la consacrazione della grotta, con figure a grandezza naturale dell�imperatore, dell�impe-ratrice e dei cortigiani (quello con l�imperatrice attualmente si trova nel Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City). Tali rilievi offrono un effetto di profondità e di movimento nell�incedere maestoso e solenne del corteo, con una resa quasi pittorica, vicina ai dipinti murali delle tombe dell�epoca. Nel registro centrale e in quello superiore vi sono scene tratte dai jātaka o storie delle vite passate del Buddha. Sia queste rappresentazioni laiche sia le scene tratte dai jātaka mostrano naturalezza e senso dello spazio e appaiono prive della staticità e del formalismo che caratterizzano in genere la scultura sacra, legata a schemi prestabiliti. E� probabile che la scultura Wei fosse influenzata dalla Corte meridionale dei Song, il cui centro era Nanchino, e si volgesse ad uno stile più lineare e analitico, già iniziato a Yungang verso il 470 e passato poi a Longmen dopo il 500.

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Figura 103 � Longmen, grotta Binyang

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Spesso sulla parete di fondo delle grotte è raffigurato un gruppo con cinque statue, di cui quella centrale è Śākyamuni, fiancheggiato da discepoli e bodhisattva. Frequente è anche l�immagine di Maitreya, il Buddha del futuro che presiede il paradiso Tus ita e il cui culto si dif-fonde in Cina soprattutto durante le dinastie settentrionali e meridio-nali, in particolare nel VI secolo, quando profezie millenaristiche ne predicono la venuta. Maitreya è raffigurato spesso seduto a gambe incrociate e �all�europea� in bhadrāsana con la mano sinistra poggiata sul ginocchio e la destra in abhayamudrā. A fine Tang, Maitreya è identificato con il monaco Budai ��, grasso e sorridente e con gros-so sacco accanto.

Attraverso le grotte di Longmen è possibile seguire l�evoluzione stilistica della scultura buddhista. Nella grotta Lianhua ���, iniziata nel 520, è già visibile nelle immagini dei Buddha e bodhisattva sia stanti sia assisi il cosiddetto stile colonnare con forme cilindriche e panneggio degli abiti semplificato. La grotta è famosa per il soffitto dai grandi loti circondati da apsarā recanti doni.

La grotta Yaofang ���, del 570, ha uno stile che risente dei modelli indiani, soprattutto nel realismo dell�anatomia delle figure dei guardiani ai lati della porta. Anche la figura principale è abbastanza realistica e preannuncia la scultura della dinastia Tang ereditata poi da scultori coreani e giapponesi, mentre i bodhisattva ingioiellati antici-pano quelli dell�epoca Sui.

La grotta Huijian � del 673 presenta un Buddha assiso dal corpo massiccio di reminiscenza Sui, ma dal modellato più morbido e rotondo e dal volto cordiale, mentre ancora più rilassati nella triplice flessione del tribhanga sono i bodhisattva e i monaci che gli fanno contorno.

Modelli indiani sono pure rintracciabili nelle figure della grotta Kanjing ���, costruita dal 684 in avanti, e rappresentati come saggi dal fisico grottesco e dall�accentuata muscolatura di volti e braccia.

Il Tempio Fengxian �� (fig. 104), realizzato dal 672 in poi, su commissione imperiale di Gaozong �� (650-683) e Wu Zetian ��� (690-705), presenta colossali immagini allo scoperto. La realiz-zazione di questo tempio, ad opera dei sovrani Tang, rappresenta il momento più alto della religione e della scultura buddhista in Cina.

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La figura centrale di Buddha Rocana, alta dai 10 ai 15 metri (se si include o meno l�aureola) è terminata nel 675 (fig. 105). E� un Buddha supremo, simbolo di un principio universale nel sistema dei cinque Buddha trascendentali, il cui culto è introdotto proprio in quell�epoca; è rappresentato seduto su un trono a forma di loto dai mille petali sim-boleggianti ciascuno un universo con il suo Buddha. La figura, che ha perso la rigidezza dello stile colonnare, si è notevolmente ammorbidita sia nel drappeggio della veste sia nel modellato del volto rotondo e pieno. Fanno corona al Buddha due monaci, due bodhisattva, due Vajrapāni e due Lokapāla, per un totale di nove immagini. Le figure dei bodhisattva mostrano arti leggermente flessi, quasi a voler sug-gerire un accenno, pur se impercettibile e non pienamente riuscito, della posa del tribhanga, con una gamba che sopporta tutto il peso del corpo. Più nuove ed interessanti sono le coppie di Vajrapāni e di Lokapāla dalla muscolatura molto realistica e dall�atteggiamento poco tradizionale.

Figura 104 � Longmen, grotta Fengxian

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Figura 105 � Particolare della grotta Fengxian

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7.6 Il complesso di Dunhuang

Il distretto di Dunhuang � � , nella provincia di Gansu,, all�estremo confine occidentale dell�impero, è fondato dall�Imperatore Wudi degli Han alla fine del II secolo a.C. Gode di una posizione strategica lungo la Via della Seta, punto terminale dell�itinerario settentrionale attraverso l�Asia Centrale e ingresso in Cina. E� meta di mercanti, viaggiatori, pellegrini che qui sostano prima della partenza verso le terre della Asia Centrale o al rientro da viaggi lunghi e pericolosi. E� un centro cosmopolitico, ma nello stesso tempo è un baluardo strategico, l�avamposto più occidentale dell�Impero, sede di una guarnigione fin dai primi secoli della nostra era.

La prima registrazione relativa all�esistenza delle Grotte di Mogao ���� o Grotte dei Mille Buddha patrocinate inizialmente dal monaco Lezun �� e successivamente dal monaco Faliang ��, risa-le al 366 (fig. 106). Da allora in poi, la comunità buddhista prospera e le grotte si moltiplicano fino a diventare circa 500, grazie a donazioni di mercanti e proprietari terrieri che sperano così di guadagnarsi feli-cità e benessere in vita e l�accesso alle terre del Buddha dopo la morte. L�isolamento e la lontananza di Dunhuang dal centro del potere, ga-rantendole una certa indipendenza, hanno preservato questi monumen-ti dalle periodiche persecuzioni antibuddhiste, mentre l�aridità del suo clima ha favorito la conservazione delle pitture che ornano le pareti delle grotte.

Figura 106 � Complesso buddhista di Dunhuang, Gansu

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Nel 781 Dunhuang cade in mano ai Tibetani, la cui occupazione dura fino allo 848, quando torna di nuovo sotto i clan cinesi. Nel cor-so dei secoli subisce una al-tra dominazione, quella dei Xi Xia �� nell�XI e XII secolo, ma ormai è già iniziato il declino.

Al principio del secolo scorso a Dunhuang esiste-vano tre piccoli templi, due buddhisti e uno daoista. Proprio allora giungevano in Occidente notizie su Dunhuang e sulla sua famo-sa Biblioteca Murata. Nel 1900 un ex generale dive-nuto monaco daoista, Wang Yuanlu !" , risiede a Dunhuang e ha alle sue di-pendenze un impiegato lo-cale adibito alla trascrizione

di testi daoisti. Costui, sistematosi in un passaggio che conduce alla grotta n. 16, ha la brutta abitudine di riempire i buchi della parete dietro di lui con tabacco bruciato ed è così che nota un�apertura mura-ta nella parete. Wang Yuanlu fa buttar giù il muro e si trova in una cappella di pietra contenente un eccezionale tesoro: rotoli di sūtra buddhisti, manoscritti, tessuti e dipinti, murati probabilmente fin dalla fine del X secolo, all�epoca dei Song Settentrionali. Il governo è messo al corrente della scoperta, ma non sembra eccessivamente in-teressato, trattenendo solo alcuni documenti. Nel 1907 giunge sul pos-to Sir Aurel Stein, al servizio dei governi britannico e indiano. Dopo una lunga trattativa col monaco, offrendo un sostanziale contributo per i lavori di restauro, riesce a vedere e ad acquistare 7000 manoscritti e più di 500 pitture, che sono depositati al British Museum di Londra e all�Indian National Museum di Nuova Delhi. L�anno successivo,

Figura 107 � Paul Pelliot nella biblioteca murata

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arriva il francese Paul Pelliot e acquista nello stesso modo più di 6000 manoscritti e molte pitture per conto del Museo Guimet di Parigi (fig. 107). Queste vendite suscitano negli ambienti cinesi numerose prote-ste e finalmente il governo Qing # nel 1910 decide di trasferire a Pe-chino i manoscritti. Purtroppo solo una parte di essi raggiunge la capitale, il resto scompare dai furgoni. Il monaco ne conserva circa 300 e li rivende qualche anno dopo ai Giapponesi, mentre Pelliot rie-sce a recuperare un buon numero di pezzi spariti durante il trasporto a Pechino. Si conosce però l�esistenza di altri manoscritti portati in Rus-sia da Oldenberg nel 1914 e poi pubblicati nel 1963, come pure è noto che statue e frammenti di dipinti murali sono venduti all�americano Langdon Warner nel 1923 e nel 1925.

La Biblioteca Murata di Dunhuang ha fornito oltre 40.000 mano-scritti di valore inestimabile per lo studio della linguistica, delle reli-gioni, dell�arte. Si tratta per lo più di copie di testi canonici buddhisti, daoisti e confuciani, ma anche di libri storici, poemi, romanzi, annali geografici, racconti popolari, registri di censimento, calendari, contratti, lettere, documenti ufficiali, tutti databili dal VII al X secolo.

Nel 1944 viene fondato l�Istituto di Ricerche di Dunhuang, che però comincia ad operare attivamente solo dopo la ristrutturazione del 1951, ripristinando le grotte rimaste, sterrando quelle insabbiate, col-legando con passerelle, come avveniva anticamente, quelle scavate a livelli differenti ed eseguendo importanti lavori di protezione e conso-lidamento.

Le prime grotte, quelle la cui apertura risale alla seconda metà del IV secolo, non esistono più. Le 32 grotte superstiti più antiche risal-gono al V secolo e sono attribuibili ai Liang Settentrionali $% (397-439), ai Wei Settentrionali, ai Wei Occidentali e ai Zhou Setten-trionali. Durante le dinastie Sui e Tang il paese conosce un periodo di pace e benessere economico, il buddhismo prospera, protetto dai go-vernanti, e un gran numero di grotte è scavato a Dunhuang. In epoca Tang si costruiscono 213 grotte; la costruzione continua sotto i Song e i Xia Occidentali (1032-1227) per terminare con gli Yuan & (1271-1368). Oggi restano 492 grotte sulle circa mille costruite pressappoco in un millennio.

La roccia di Dunhuang non è adatta a essere scolpita come quella di Yungang e Longmen ed è per questo che i fedeli sono costretti a ornare le grotte con dipinti murali e statue modellate in argilla. Attual-

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mente sono conservati 45.000 metri quadrati di pitture e 2400 statue, di cui 1415 nelle condizioni originali. Le pitture si possono dividere in due categorie, quelle tratte da testi buddhisti e quelle che raffigurano le divinità. Nei periodi più antichi i dipinti, disposti in registri oriz-zontali, sono soprattutto volti ad illustrare i jātaka (fig. 108).

Nelle epoche Sui e Tang sono preferite le illustrazioni dai sūtra più popolari in Cina. Frequenti sono quelle tratte dal Sūtra del Loto, con enormi e affollate rappresentazioni del paradiso buddhista noto come �Terra Pura� (jingtu), fra cui 125 mostrano il Paradiso Occidentale del Buddha Amitābha (tav. IV a), 64 il Paradiso Orientale del Buddha Bhaisajyaguru, e 64 il Paradiso della Terra Pura di Maitreya, il Buddha del futuro. La composizione è pressappoco la stessa, con Buddha al centro seduto su un trono a forma di loto riccamente ornato, assistito da due bodhisattva; tutt�intorno vi sono arhat (monaci) e guerrieri con vajra (fulmini). Nella parte superiore compaiono divinità in volo apsarā; in primo piano vi sono danzatori e orchestre, mentre padiglioni e palazzi ornano il restante spazio.

Un altro sūtra molto rappresentato è l�Insegnamento di Vimalakīrti (fig. 109), in cui il saggio Vimalakīrti è inizialmente raffigurato ema-ciato e malaticcio; successivamente, in epoca Tang, assume un aspetto virile e un portamento altero nella famosa disputa con Mañjuśrī. A

Figura 108 � Dunhuang, grotta n. 428: illustrazione di un jātaka

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Il Buddhismo 169

Dunhuang si trovano anche dipinti con donatori, disposti nella parte inferiore del muro o sulle pareti dei corridoi. Il repertorio è vario (imperatori, sovrani, nobili, funzionari, cortigiani, servitori), come pure varia è la loro provenienza: cinese, tibetana o centroasiatica. Sui dipinti Sui e Tang compare un�importante innovazione, l�aratro a stanga ricurva.

Figura 109 � Dunhuang, grotta n. 103: Vimalakīrti

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Capitolo VII 170

Inizialmente la pittura di Dunhuang, nelle grotte dei Wei Settentrionali, mostra un proprio stile, formato da una mescolanza di influenze occidentali e di tradizione indigena. Nelle epoche Sui e Tang domina invece uno stile cinese, che raggiunge la piena maturità nei secoli VII e VIII. Spesso il paesaggio con file di picchi multicolori fa da sfondo al racconto, come per esempio nelle illustrazioni del Sūtra del Loto, mentre le figure diventano più umane, perdendo il loro aspetto ieratico, e più realistici sono i ritratti dei donatori. Dalla fine dello VIII secolo, per la situazione politica creatasi nella zona, i contatti con la cultura cinese e con la Cina metropolitana diventano più labili: predomina così uno stile �locale� con influenze tibetane e centroasiatiche.

Le superfici delle grotte sono dipinte su uno spesso strato d�argilla che copre il friabile conglomerato della roccia. Purtroppo i colori hanno perduto la luminosità e lo splendore originari e inoltre l�ossidazione del bianco di piombo, che costituisce la base dei colori adoperati, per l�annerimento della carnagione e dei contorni determina un effetto alquanto bizzarro. Le composizioni sono asimmetriche e spesso i corpi e i volti, secondo una tecnica centroasiatica, sono sfumati per accentuare l�effetto plastico della muscolatura e dei lineamenti.

Le statue, modellate in argilla su un�anima di legno e dipinte a co-lori vivaci, formavano un tempo gruppi composti da Buddha e da due bodhisattva assistenti posti in nicchie o su piattaforme di altari. Inizialmente le figure sono piuttosto rozze e robuste, assottigliandosi e divenendo più eleganti alla fine dell�epoca Wei. Sotto i Sui e i Tang compaiono gruppi con sette o nove statue il cui repertorio comprende bodhisattva dall�aspetto benevolo e grazioso, arhat particolarmente espressivi e individualizzati (fig. 110). Le opere, sebbene molto re-staurate e ridipinte, conservano ancora la finezza del modellato e mos-trano l�evoluzione dello stile scultoreo dai Wei ai Tang degli inizi dell�VIII secolo, quando il rilievo è addolcito dall�uso dell�argilla, che conferisce maggiore espressività e movimento alle figure.

Altro tema frequente sui dipinti murali di Dunhuang è quello del paradiso orientale del Buddha della medicina, Bhaisajyaguru, il cui sūtra ha successo in Cina solo nel VII secolo, dopo la traduzione che ne fa Xuanzang '( (602-664). Bhaisajyaguru, sia se raffigurato stan-te sia seduto, ha sempre in mano una bottiglia di medicinali con cui

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cura e salva l�umanità sofferente. Il suo culto dalla Cina dei Tang pas-sa in Giappone dove è venerato con il nome di Yakushi.

Figura 110 � Dunhuang, grotta n. 45

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LA DINASTIA SUI Finalmente, nel 581, dopo quattro secoli di frammentazione, con la

capitolazione dell�impero Chen, ultimo baluardo delle Sei Dinastie, la Cina è unificata da Yang Jian )*, un abile generale dei Zhou Set-tentrionali, divenuto poi l�Imperatore Wen +, (581-604). Chang�an e Luoyang diventano la capitale occidentale e orientale dell�impero e riacquistano l�antico prestigio.

L�imperatore si dimostra abile sia come condottiero sia come am-ministratore, mentre il suo successore, il figlio Yang -, (605-617) porta rapidamente la giovane dinastia alla rovina. La sua politica si basa sulla costruzione di grandiose opere pubbliche, quali per esempio il lungo tratto del Grande Canale che collega il sud al nord partendo da Hangzhou (Zhejiang) e arrivando a Pechino per un percorso di circa 1300 km, la ricostruzione della Grande Muraglia e la proget-tazione del ponte di pietra di Zhaozhou ./ sul Fiume Xiao 0 in Hebei, lungo 50.82 m, largo 9.6 e in un�unica arcata con una luce di 37.37 m. Il sovrano sviluppa inoltre l�espansione marittima, con disastrose spedizioni militari in Corea e innumerevoli sperperi, provo-cando ben presto crescenti malcontenti e sollevazioni da parte dei sud-diti. All�insurrezione si unisce anche l�aristocratico Li Yuan 12, che, alleatosi con i Turchi, marcia vittorioso su Chang�an e fonda la nuova dinastia Tang.

L�impero Sui, pur avendo avuto vita così breve, assume nel conte-sto storico cinese una particolare importanza, sia per aver unificato il paese dopo secoli di disordini, sia per aver preparato la via al lungo e pacifico governo dei Tang. Il periodo di stabilità e benessere dei Tang, basato su un�efficiente amministrazione centrale, su fiorenti scambi commerciali con i paesi asiatici e soprattutto su tranquille relazioni in-terne, si conclude bruscamente nel 756, quando le capitali sono occu-pate e saccheggiate dai ribelli di An Lushan. Da questo momento ini-zia il declino dell�impero: il governo centrale perde potere, mentre si rafforzano i governatori militari nelle province, in particolare nel nord-est.

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Capitolo VIII 174

Varie campagne archeologi-che hanno portato alla luce tombe di epoca Sui, per esempio ad Anyang (Henan), per la maggior parte ben conservate e senza tracce di precedenti spo-liazioni. Si tratta di tombe ipogee con camere funerarie poste a nord, a cui si accede da sud attra-verso un passaggio, rappresen-tato spesso da un corridoio. Per lo più queste sepolture hanno tet-ti a volta, raramente a cupola. Nella camera funeraria è collo-cata, su una piattaforma di fango, la bara che è quasi sempre di legno. Il corredo funebre com-prende statuette di terracotta, va-sellame ceramico, anelli d�oro, oggetti di bronzo e ferro, monete

e tavolette con iscrizioni. La diversa combinazione nella disposizione delle suppellettili che accompagnano il defunto nel suo ultimo viaggio riflettono la differente posizione sociale dell�occupante, che può es-sere un proprietario terriero o una persona comune. Anche le lievi dif-ferenze strutturali delle sepolture testimoniano diversi periodi di co-struzione durante il corso della dinastia. La presenza nelle tombe di oggetti di ceramica attesta che nella zona vicina ad Anyang una tale produzione doveva essere sviluppata e fiorente. Inoltre la documen-tazione di una così grande quantità di vasellame ceramico in sepolture, spesso datate, aiuta a chiarire lo sviluppo di tale produzione in questo periodo.

La dinastia Sui si presenta come un momento di transizione, sia nel continuare la produzione dell�epoca precedente, sia nel preannunciare quella successiva della dinastia Tang.

Nel Zhejiang si fabbrica ancora vasellame ceramico del tipo Yue, mentre nel nord appare un tipo bianco di gres porcellanoso dal corpo biancastro che prelude alla porcellana (fig. 111). Sono state iden-tificate alcune fornaci, tra cui quelle di Gongxian 34 e Hebi 56 in

Figura 111 � Vaso Yue

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La Dinastia Sui 175

Henan operanti in epoca Sui. La scoperta di fornaci in varie regioni (Zhejiang, Anhui, Sichuan) documenta la manifattura di gres in-vetriato in verde e cotto a temperature elevate; anche in Hebei e Henan si preferisce la ceramica bianca. Il vasellame proveniente dallo scavo del-le tombe e delle fornaci si presenta in un numero limitato di forme, per lo più coppe ad alto piede e tazze da tè, frutto evidente della diffusione di tale bevanda, divenuta di moda in quell�epoca. Reperti comuni nelle tombe Sui sono i mingqi (fig. 112), i famosi oggetti sostitutivi degli anti-chi sacrifici umani dell�Età del Bronzo. In que-sto periodo sono prodotti esclusivamente in una terracotta dal corpo di colore chiaro, sia inve-triati e con dettagli eseguiti in pigmenti colorati, sia ricoperti da una sottile invetriatura al piombo color paglia; nel modellato hanno uno stile già più realistico, che preannuncia quello dell�epoca Tang.

Figura 112 � Mingqi

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LA DINASTIA TANG In epoca Tang � (618-906) la Cina ha un impero di proporzioni

vastissime che si estende dalla Corea al Vietnam e, attraverso l�Asia Centrale, fino alla Siberia Meridionale. L�annessione all�Impero delle città oasi del bacino del Tarim dà al paese il controllo della Via della Seta, attraverso la quale merci esotiche e articoli di lusso provenienti dall�Asia Centrale possono arrivare alla Corte cinese. Nello stesso tempo giungono in Cina influenze iraniche o più generalmente occi-dentali.

I Tang controllano con gli eserciti stanziati nelle città oasi i tre potenti imperi che circondano l�Asia Centrale: il califfato arabo ad ovest; l�impero tibetano a sud; e gli imperi turchi e uiguri a nord. Lungo le città oasi fiorisce il commercio di metalli, pietre semi-preziose, cibi esotici, tessuti, pellicce, animali e soprattutto cavalli, ammirati e desiderati dagli imperatori Tang. Abiti e acconciature pro-vengono dalle regioni occidentali, come pure da Kucha e da altre oasi giungono alla corte Tang strumenti musicali (strumenti a percussione, cembali, nacchere, una piccola arpa), musica e danze. I Cinesi esportano via terra seta e via mare ceramica diretta verso il Sud Est asiatico, l�India e l�Asia Occidentale. Ancora oggi, a testimoniare la ricchezza artistica delle città oasi, restano numerose grotte buddhiste disseminate lungo il percorso della Via della Seta.

I sovrani Tang hanno antenati turchi e le città e la cultura Tang, in particolare nella prima parte della dinastia, sono cosmopolitiche ed aperte alle influenze esterne. Genti di tutte le razze e religioni giun-gono alla capitale Chang�an (odierna Xi�an): mercanti da paesi lon-tani, seguaci di religioni perseguitate (cristiani nestoriani, zoroastriani, manichei). Questi ultimi fanno molti proseliti tra gli Uiguri di Luoyang.

Il governo Tang è centralizzato e basato su un complesso sistema di leggi amministrative, molte delle quali ereditate dalla precedente di-nastia Sui. Gradualmente l�influenza dell�aristocrazia comincia a de-clinare e il suo posto nel governo è preso da burocrati professionisti

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Capitolo IX 178

reclutati attraverso il sistema degli esami governativi. Ciò inevi-tabilmente porta all�allargamento della base sociale della classe dirigente e consente l�accesso a persone di nascita non aristocratica.

In epoca Tang le donne godono di una relativa libertà: cavalcano, giocano a polo con gli uomini, vanno a caccia (fig. 113). Lo sviluppo della stampa, avvenuto a fine Tang, offre maggiori opportunità di istruzione anche alle donne. Il miglioramento della tecnologia della seta induce le donne a lavorare in questo campo contribuendo così alle entrate familiari e migliorandone lo status. Parte della maggiore libertà loro accordata è da attribuire alle origini non cinesi di molti dei grandi clan che dominano la vita di corte, incluso quello imperiale.

Figura 113 � Mingqi raffigurante una dama a cavallo

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Il regno dell�Imperatore Xuanzong (712-756) è il periodo di mag-gior splendore della dinastia. L�imperatore è patrono delle arti, poesia, musica e danza, è letterato e conoscitore del Buddhismo esoterico e del Daoismo. La capitale diventa un punto d�incontro per le arti e i let-terati. La grande influenza a corte della favorita Yang Guifei ��� e di un nutrito gruppo di suoi parenti porta nel 755 alla rivolta di An Lushan e alla fuga della Corte in Sichuan. Ed è proprio in questo momento di estrema incertezza che molti tesori, per essere salvati, sono seppelliti prima che i loro proprietari si diano alla fuga. I ribelli sono sconfitti con l�aiuto degli Uiguri, ma la dinastia non ritrova più il prestigio che aveva precedentemente. Nei secoli VIII e IX gran parte della popolazione si trasferisce al sud per evitare tasse troppo esose e per cercare nuove terre.

9.1 Le due capitali In epoca Han la città di Chang�an conta già 250.000 abitanti, 50

templi e 5 palazzi; successivamente, fino agli inizi dei Sui, conosce un periodo di declino, terminato però alla fine del VI secolo. Sotto i Tang, e in particolare nella prima metà dell�VIII secolo, la città ha cir-ca un milione di abitanti, 64 monasteri buddhisti per monaci e 27 per monache, 10 monasteri daoisti per monaci e 6 per monache, più altri templi per le religioni straniere presenti in Cina.

Chang�an ha una pianta rettangolare a scacchiera, con un lato di 18 li � (un li equivale a 500 m) da est ad ovest e di 15 li da nord a sud (fig. 114). Il recinto imperiale, al cui interno si trovano gli uffici am-ministrativi e il Palazzo Gongcheng �� , occupa la parte setten-trionale, mentre subito fuori le mura, a nord-est, vi è la residenza im-periale nota come Daminggong �. Due mercati, uno orientale frequentato dalle classi più elevate, e l�altro occidentale, marcano le due differenti zone in cui si divide la città. La parte meridionale è poco popolata e comprende invece campi, templi e giardini.

L�internazionalismo di Chang�an, animata da migliaia di stranieri, sia diplomatici sia mercanti provenienti dalle regioni occidentali e dall�Asia Centrale, termina alla fine dell�VIII secolo in seguito alla

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Capitolo IX 180

ribellione di An Lushan. Il declino dell�impero Tang corrisponde a quello della sua capitale.

Le indagini archeologiche si sono concentrate sulle mura costruite nel 662, nell�area nord orientale della città, che comprendeva trenta

Figura 114 � Pianta di Chang�an

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strutture, un grande lago artificiale ed ampi giardini. Gli scavi, iniziati nel 1957, hanno seguito il tracciato delle mura e hanno messo in luce le fondazioni di alcune grandi sale coperte da pochi centimetri di terra. La metà settentrionale irregolare aveva una doppia cinta di mura sui tre lati, formando così spazi intermedi in cui alloggiavano le guardie. I lati della metà meridionale confinavano con i giardini imperiali e pre-sentavano una sola cinta. Sono state localizzate dieci delle porte del Palazzo Daming, ma ne sono state scavate solo quattro nella parte settentrionale. Gli scavi hanno rivelato due importanti sale del Pa-lazzo: Lingde �� (fig. 115) e Hanyuan �. È stato portato alla luce anche il luogo dove sorgeva il Mercato Occidentale, ritrovando indicazioni di negozi e depositi in cui sono stati recuperati frammenti di coppe, piatti, gioielli e ornamenti vari. Purtroppo l�attività archeologica a Xi�an è enormemente limitata dallo sviluppo della città moderna e la ricostruzione delle strutture portate alla luce dai recenti scavi è basata soprattutto sulla ricca documentazione letteraria.

Figura 115 � Ricostruzione della Sala Linde

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Dal 1959 sono state effettuate campagne archeologiche anche a Luoyang, la capitale orientale dei Tang, seguendo il tracciato delle mura, lunghe 7.3 km nella parte orientale e in quella meridionale, 6.2 in quella settentrionale e 6.7 in quella occidentale. Sono stati indivi-duati il Palazzo Imperiale e varie zone della città, che hanno reso pos-sibile una ricostruzione della pianta. Nella zona occidentale del Palaz-zo Imperiale è stato portato alla luce un padiglione ottagonale, il cui viale di accesso era pavimentato con mattoni quadrati ornati con loti.

Fin dall�antichità in Cina sono note le riserve di grano conservate durante il Neolitico in silos a fosse profonde a forma di pera. Le ri-serve di cereali permettevano di far fronte in tempo di carestia alle esi-genze della popolazione. Nella zona compresa tra le due capitali sono stati individuati circa 259 depositi sotterranei di cereali; tra il 1969 e il 1971 sono stati portati alla luce a Luoyang i resti del granaio Hanjia �, una costruzione iniziata sotto i Sui (la cui attività nel campo dei la-vori pubblici fu davvero intensa) e divenuta nell�epoca successiva uno dei principali granai Tang. L�intero complesso, circondato da un muro, è situato nella parte nord orientale del Palazzo, comprende 400 depositi di forma circolare e può contenere 5.600.000 dan � di cereali (1 dan corrisponde a 1 ettolitro). I depositi hanno un diametro che varia dai 6 ai 18 metri e una profondità dai 5 ai 10 metri; internamente sono rivestiti da assi di legno, come pure ligneo è il pavimento, costituito da tavole disposte a raggio intorno ad un tronco centrale. Resti di fori di colonne sul fondo testimoniano la presenza di un tetto, probabilmente vegetale, sorretto da un�impalcatura centrale. I depositi presentano anche mattoni sui quali sono registrati la quantità di grano immagazzinato, la posizione, la data e il nome del magazziniere. In altre campagne di scavo, sempre a Luoyang, sono stati scoperti altri granai.

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La Dinastia Tang 183

9.2 L�architettura La più grande costruzione lignea risalente all�epoca Tang è il

padiglione principale del tempio Foguangsi (fig. 116) sul monte Wutai (Shaanxi). È stato eretto nell�850 e consacrato nell�857; ha dimensioni robuste e ricorda un disegno scolpito sull�architrave della Grande Pa-goda dell�Oca di Xi�an (vedi oltre). È un edificio molto simile al kondo del tempio Toshodaiji di Nara, in Giappone, dove si sono con-servate molte strutture architettoniche ormai scomparse in Cina. Il pa-diglione è a un solo piano, con un altare su una piattaforma ornata di grandi statue. Sulla facciata vi sono cinque vani delle porte, due muri protettivi e due file di finestre a traforo; tutt�intorno il padiglione è re-cintato da spesse mura La caduta del tetto a spigoli è quasi rettilinea; sotto il cornicione il sistema di mensole a tre ordini si combina con il doppio ordine di travetti inclinati del tetto. Su ciascun lato del colmo del tetto ci sono cinque arcarecci (travi di sostegno) che, tranne per l�ultimo sotto il cornicione, poggiano direttamente sull�estremità delle travi.

Figura 116 � Il padiglione principale del Foguangsi

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Una delle caratteristiche dell�architettura cinese è per l�appunto la curvatura del tetto, inizialmente poco pronunciata. Tale curva è inerente alla capriata del tetto, rappresentata da una cornice di travi orizzontali che si reggono su monaci (travi verticali) sormontati da ar-carecci, a cui sono fissati i travetti inclinati del tetto. Variando l�altez-za dei monaci si ottiene la curvatura desiderata. In epoca Tang il siste-ma delle mensole diventa più complesso; esse si estendono fuori e so-pra il corpo dell�edificio per sorreggere due travi a sbalzo inclinate (chiamate ang �), le cui estremità interne sono fissate a una trave trasversale.

9.3 Le pagode Le pagode Tang ancora esistenti sono in muratura e a pianta

quadrata; la pianta ottagonale si affermerà dal X secolo. La base è rap-presentata da un cubo con semplici cornici a mensola su cui s�innesta una struttura di tipo piramidale coronata da una specie di guglia. La costruzione si adegua ai criteri generali dell�edilizia cinese: la fun-zione portante è affidata esclusivamente ai pilastri, mentre i muri hanno in prevalenza compiti di chiusura e protezione. Il tetto, impo-stato su una successione di gradini salienti, segue un profilo curvi-lineo, che assicura doti di elasticità indispensabili in un territorio af-flitto da fenomeni sismici. Parecchi sono gli esempi possibili; in que-sta sede ci limiteremo ad analizzare quelli più noti e in particolare quelli che sono stati oggetto d�indagine archeologica. Le due pagode Tang più famose si trovano a Xi�an e sono denominate Grande Pagoda dell�Oca e Piccola Pagoda dell�Oca o, per meglio dire, Dayanta �� e Xiaoyanta ���.

La Dayanta (fig. 117) eretta in mattoni nel 652 per il monastero Ciensi ��� all�epoca in cui era abate il famoso pellegrino Xuanzang, di ritorno da un viaggio di sedici anni in India, si presenta come una torre a sette piani digradanti. Spioventi a mensole e muri divisi da lesene formano nove intercolumni al piano terreno e cinque all�ultimo piano, mentre la combinazione di finte travi a sostegno de-

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gli intercolumni e dei capitelli è una forma semplificata delle costruzioni lignee.

Figura 117 � Grande Pagoda dell�Oca

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L�edificio originale, quello di Xuanzang, aveva cinque piani ed era alto 53 metri; successivamente, per interventi di restauro nel 701-705, raggiunse i sette piani e l�altezza di 58 metri.

La Xiaoyanta (fig. 118) appartiene al tempio Da Xianfu ��� ed è posta nel recinto meridionale. La sua costruzione risale agli inizi dell�VIII secolo e ha tutte le caratteristiche di semplicità e chiarezza dei primi edifici Tang, influenzati dalle costruzioni in legno. Origi-nariamente aveva quindici spioventi ma, con la caduta degli ultimi due, raggiunge ora l�altezza di 40 m. Si erge su una piattaforma qua-drata con due aperture a nord e sud.

Figura 118 � Piccola Pagoda dell�Oca

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La Dinastia Tang 187

Sempre a Xi�an, nella parte meri-dionale, si trova una grande torre in mattoni costruita tra la fine del VII secolo e gli inizi dell�VIII. È la pa-goda del tempio Xiangjisi ���, simile alla Piccola Pagoda della Oca, con un piano separato tra cia-scuna coppia di spioventi, eviden-ziato dai rivestimenti a pannelli del-le pareti, e con finti capitelli delle colonne poste a intervalli regolari sotto ogni spiovente, a ricordo degli edifici lignei. La pagoda presenta a uguali distanze sei piani e poi altri quattro ad altezze ridotte. I pilastri piatti sui muri superiori dividono la facciata in sette pannelli di varia larghezza, le cui ampie rientranze centrali contengono aperture ad arco. Il profilo della torre è retti-lineo, mentre la base, attualmente nuda, ha una porta su ciascun lato, nel più rigido rispetto dell�orienta-mento cinese: tali porte sono alte e arcuate a nord e sud; strette, basse e rettilinee a est e ovest. L�interno è vuoto e la sommità è spezzata.

La pagoda sepolcrale di Xuanzang (fig. 119), seppellito nel 669, si trova nel recinto del tempio Xingjiao ��� a sud di Xi�an. È palese l�imitazione di un precedente edificio in legno, la torre lou di epoca Han: cornici separano i cinque piani, su ciascuno dei quali vi sono tre rientranze; finti pilastri ottagonali dividono i muri verticalmente con proporzioni vicine ai modelli lignei; una finta mensola e una finta estremità di trave modanata e tagliata obliquamente sormontano ciascun capitello.

Figura 119 � La pagoda sepolcrale di Xuanzang

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9.4 Il tempio Famen Nel 1987, durante i lavori di ripulitura delle fondamenta della

pagoda del tempio Famen ���, a Fufeng (Shaanxi), a circa 100 km ad ovest della città di Xi�an, c�è stato un importante ritrovamento di oggetti d�arte della fine della dinastia Tang. Infatti, durante la rico-struzione della pagoda, è stata scoperta una cripta intatta, ricca di te-sori, rappresentati da offerte votive donate dai sovrani Tang, in par-ticolare da Yizong ! (860-874) e da Xizong "! (874-888).

La preziosità dei materiali ritrovati è legata alle donazioni effettuate dalla famiglia imperiale e dall�importanza del tempio che custodiva una reliquia (sarira) del Buddha storico, cioè un osso del dito di Śākyamuni (fig. 120). La costruzione della cripta era avvenuta in epoca Tang proprio per custodire la preziosa reliquia. Su di essa era stato eretto uno stūpa di legno di quattro piani. Il tempio aveva goduto di grande prosperità soprattutto durante la dinastia Tang, ampliandosi in un monastero con ventiquattro edifici. Proprio durante l�epoca Tang c�era l�abitudine, in varie occasioni, di trasportare al palazzo imperiale la reliquia del Buddha, e poi riportarla al tempio, accompagnata da molti e preziosi doni. Tutti questi tesori, a partire dall�874 in avanti, sono rimasti per secoli indisturbati nella cripta del tempio. Durante le successive dinastie il monastero, visitato frequentemente da monaci e pellegrini, è stato oggetto di varie riparazioni ed ampliamenti. Nel periodo Ming (1368-1644), nel 1519, avviene il crollo della

struttura lignea dello stūpa, che nell�era di regno Wanli #$ (1573-1619) si decide di ri-costruire in forma ottago-nale con tredici piani per un�altezza di 47 metri.

La reliquia del Buddha è stata ritrovata custodita nel più piccolo degli otto reliquiari a forma di pa-goda contenuti, come le Figura 120 � Reliquiario con la falange del

dito del Buddha

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scatole cinesi, gli uni negli altri e realizzati in oro e argento. Queste otto scatole si trovavano al centro della parete nord della cripta. Il reliquiario contenente il prezioso dito è realizzato in oro e ha la forma di una pagoda a quattro porte ornate da incisioni con nuvole che si stagliano su uno sfondo geometrico del tipo a uova di pesce. La pagoda si erge su una piattaforma decorata con petali di loto. Il peso complessivo del reliquiario è di 184 grammi. Altri reliquiari rinvenuti contengono frammenti di ossa del dito del Buddha.

Nel tempio Famen sono stati recuperati 121 esemplari d�oro e d�argento realizzati durante l�era Xiantong %& (860-874). Si tratta di oggetti di eccellente qualità e dalle forme molto particolari. Un esemplare unico è rappresentato dall�immagine di un bodhisattva (fig. 121) che sostiene con entrambe le mani un vassoio a forma di foglia contenente un pezzo d�oro sul quale è incisa un�iscrizione di 65 caratteri relativa alla committenza imperiale per la realizzazione di tale oggetto, destinato a contenere la reliquia. Il bodhisattva è alto 21 cm, mentre l�altezza totale è di 38.5 cm e il peso di 1926 grammi.

Il tesoro del tempio è rappresentato da un gran numero di oggetti in oro e argento utilizzati nella liturgia buddhista. Tra questi sono da segnalare uno scettro ruyi '(, una scatola a forma di tartaruga, due bastoni buddhisti con dodici anelli, un�immagine del Buddha, tre coppe, una ciotola per offerte, due incensieri, una bottiglia, un cesto.

La cripta del tempio Famen contiene anche vasellame di porcellana, talvolta impreziosito da guarniture in argento. Le porcellane presentano un�invetriatura di color verde di tipo mise )* �colore segreto�, prodotte a Yuezhou e adoperate nei palazzi impe-riali. È la prima volta che vengono recuperati esemplari con inve-triature mise, molto lodate nelle fonti cinesi ma estremamente rare.

È stata recuperata pure una notevole quantità di vasellame di vetro, rappresentato sia da alcuni pezzi d�importazione dal Vicino Oriente che da altri prodotti in Cina. Tra gli esemplari rinvenuti vi sono tazze, piatti e coppe.

Nella cripta del Famensi sono stati ritrovati pure settecento tipi di tessuti di seta e oltre quattrocento pezzi tra giade e gioielli.

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Capitolo IX 190

Figura 121 � Bodhisattva d�argento dorato

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9.5 La ceramica In epoca Tang si comincia ad apprezzare la ceramica come una

forma d�arte. Molte sono le tipologie e le aree di produzione sia al nord sia al sud del paese. Caratteristica del periodo sono le invetriature al piombo note come sancai +, �tre colori� che rivestono sia vasel-lame d�uso o cerimoniale sia molti mingqi o oggetti sostitutivi ritrovati in grandi quantità nelle tombe Tang (fig. 122 e tav. V a). Le statuette fittili presentano un repertorio molto ricco e vario con figure umane, animali, architetture, figure fantastiche, ecc. che possono essere sia ri-coperte da invetriature sancai che rivestite da pigmenti colorati. Molto importante in questo periodo è la produzione di magnifici esemplari di porcellana bianca, come pure tipiche sono alcune forme derivate dal mondo ellenistico, dal mondo iranico e dall�Asia Centrale.

È possibile oggi, sulla base di scavi eseguiti in complessi sepolcrali e in alcuni dei più importanti centri di produzione dell�epoca, deli-neare una storia della ceramica del periodo Tang e conoscerne le tecniche, le tipologie e lo sviluppo.

Figura 122 � Gruppo sancai di musicanti a cavallo

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Capitolo IX 192

I vasai Tang, nel solco delle sperimentazioni del VI secolo, si dedi-cano soprattutto alla produzione di vasellame bianco porcellanoso che li porterà allo sviluppo della vera e propria porcellana. La maggior parte del materiale ceramico proveniente da scavi è una semplice ter-racotta non invetriata e dipinta a freddo; la qualità è mediocre, la ese-cuzione è rapida e la destinazione è quella funeraria. Accanto a questo tipo di materiale sono stati ritrovati pezzi con invetriatura monocroma al piombo, verde o bruna, di reminiscenza Han ma che, con il miglio-ramento dei forni nel periodo Tang e la conseguente riduzione della percentuale di ferro nelle terre utilizzate, hanno uno sviluppo note-vole.

Il vasellame bianco si produce nel nord del paese già dalla fine delle Dinastie Settentrionali e raggiunge il pieno sviluppo nei periodi Sui e Tang. Fornaci che producono questo tipo di vasellame sono state identificate in Hebei (Lincheng -. e Quyang), Henan (Gongxian /0 , Mixian )0 , Dengfeng 12 , Jiaxian 30 , Xinyang 45 , Anyang), Shanxi (Hunyuan 67, Pingding 89), Shaanxi (Yaozhou :;). Scavi più recenti hanno contribuito a far conoscere materiale del periodo Tang con una decorazione sotto coperta, attribuita finora ai Song e più precisamente ai forni di Cizhou <;. L�attività archeo-logica ha interessato la zona di Changsha in Hunan, in particolare le fornaci di Tongguan =>. Quest�area è stata identificata come la culla della ceramica con decoro dipinto sotto coperta; i forni, noti come �forni a drago�, si succedono in serie per circa sei km lungo un corso d�acqua, hanno dimensioni diverse e la loro produzione risale alla prima metà del IX secolo.

Un�altra importante scoperta, relativa agli ultimi anni della dinastia, è avvenuta nei forni di Gongxian (Henan), in cui sono state ritrovate caselle, cioè contenitori di argilla refrattaria. Nelle caselle si sistemava il vasellame per proteggerlo, durante la cottura, dai cambiamenti troppo bruschi di temperatura, nonché dal fumo e dalle altre impurità che si sviluppavano nel forno. Da questo momento in poi tale pratica non sarà più abbandonata, anzi notevolmente incrementata.

Il vasellame Tang ha forme che riflettono il cosmopolitismo dell�epoca, con numerosi prestiti esterni (fig. 123) e un decoro su cui è visibile un�influenza della lavorazione dei metalli (fig. 124). Brocche,

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anfore (fig. 125), coppe a stelo, piatti lobati, fiasche ricordano i prodotti del Vicino Oriente (fig. 126). I fiorenti scambi commerciali sono testimoniati anche dal ritrovamento di materiale Tang sulle rovi-ne di Samarra sul Tigri, la città abbaside residenza estiva dei califfi dall�836 all�883.

Figura 123 � Fiasca kụn�dikā sancai

Figura 124 � Coppa con decori applicati

Figura 125 � Anfora con anse zoomorfe

Figura 126 � Brocca a testa di fenice

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Capitolo IX 194

Come si è già visto, una pratica molto comune, dal periodo Han in poi, è quella di porre nelle sepolture un certo numero di mingqi, fi-gurine tombali destinate a �sostituire� tutto ciò che ha accompagnato il defunto in vita. La maggiore diffusione di questi mingqi e, soprat-tutto, la loro crescente presenza nelle tombe Tang determinano la nascita e lo sviluppo di una ceramica prevalentemente di uso fune-rario: il sancai o �tre colori�. Tale prodotto si ottiene da un�argilla bianca molto pura e ha bisogno di due cotture, la prima da 1000° a 1100° C per il biscotto e la seconda, dopo il raffreddamento, a 900° C per l�invetriatura piombifera a tre colori (verde, marrone, bianco e blu), che cuoce in atmosfera ossidante, lasciando cioè penetrare aria nel forno. Spesso, quando la pasta non è molto bianca, si ricopre il pezzo con un ingobbio bianco, su cui talvolta si passa un�invetriatura trasparente. Nella maggior parte dei casi le statuette sono fatte a stam-po, in sezioni separate, e poi rifinite a mano. I volti non sono invetriati o hanno una mano biancastra mentre i dettagli di occhi, labbra e guan-ce sono dipinti con pigmenti a freddo.

I primi mingqi invetriati presentano una coperta piombifera mo-nocroma, per esempio di colore verde sulle figurine ritrovate nella tomba datata 485 (dinastia Wei Settentrionali), appartenente a Sima Jinlong ���� e scavata a Datong (Shanxi) nel 1965. Sono queste statuette, insieme a quelle ritrovate in tombe Sui e degli inizi dei Tang, gli antenati dei sancai. I primi veri sancai compaiono nella tomba scavata nel 1973 a Fuping �� (Shaanxi), appartenente a Li Feng �, quindicesimo figlio dell�Imperatore Gaozu, morto nel 675.

Particolarmente ricche di materiale sancai sono parecchie tombe dell�VIII secolo, mentre dalla seconda metà del secolo i sancai diven-tano più rari. Scompaiono dalla capitale, anche se la loro produzione continua nel nord sotto la dinastia Liao (916-1125).

Il repertorio iconografico delle statuette è molto ricco: dame di corte, cavalieri, palafrenieri, cavalli, animali fantastici, cammelli, guardiani di tombe, funzionari, guerrieri. Attraverso queste figurine, modellate spesso con grande maestria dagli artigiani dell�epoca, è possibile, in un certo qual modo, rivivere l�atmosfera della Corte Tang e seguirne le mode. Le dame di corte hanno inizialmente un aspetto sottile e delicato, acquistando poi nell�VIII secolo la rotondità e

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La Dinastia Tang 195

l�opulenza che caratte-rizzano l�ideale di bel-lezza femminile ispirato alla famosa favorita im-periale, Yang Guifei (fig. 127) .

La presenza di molti stranieri dalle folte barba, nasi pronunciati e grandi occhi, testimonia il co-smopolitismo di una corte e di una città in cui vive-vano, a quanto pare, circa 250.000 forestieri prove-nienti dal Sud Est asia-tico, dall�Asia Centrale, dal Vicino Oriente (fig. 128). Grandi cammelli battriani trasportano or-chestre spesso formate da stranieri (tav. V a); esseri umani con teste di diffe-renti animali rappre-sentano i dodici simboli dello zodiaco cinese (to-po, bue, tigre, coniglio, drago, serpente, cavallo, capra, scimmia, gallo, ca-ne, maiale) secondo il ciclo sessagesimale per la combinazione dei dieci simboli denominati �rami celesti� e dei dodici �rami terrestri� (fig. 129). La raffigurazione di un tale tipo di statuine ha inizio in epoca Sui.

In ogni tomba c�è poi una coppia di qitou �� e fangxiang �, creature dall�aspetto mostruoso che allontanano gli spiriti malvagi, le prime con facce semiumane o simili a leoni con zanne e corpi animali, le seconde (chiamate anche �re celesti�) in guisa di esseri favolosi che

Figura 127 � Dama sancai

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Capitolo IX 196

di solito schiacciano un nano o un animale, talvolta in abiti militari, molto vicine comunque all�iconografia buddhista (fig. 130). Un editto fissa anche il numero e le dimensioni delle statuette a secondo del grado del defunto, ma non sempre tali prescrizioni sono osservate. I pezzi più grandi sono i cavalli, i cammelli, i guerrieri, i funzio-nari e gli stessi qitou e fang-xiang che abbiamo appena de-scritto.

Figura 128 � Mercante straniero

Figura 129 � I dodici segni zodiacali

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Figura 130 � Qitou

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Capitolo IX 198

9.6 La lavorazione dei metalli In epoca Tang l�arte della lavorazione dell�oro e dell�argento rag-

giunge l�apice. All�inizio della dinastia i lavori mostrano segni ine-quivocabili di influenze straniere sia nelle forme sia nei decori. Anche le tecniche di manifattura sono differenti da quelle tradizionali cinesi. Gli studiosi hanno sempre ritenuto che la lavorazione dell�argento Tang sia stata influenzata dall�Iran sasanide dal momento che, agli inizi della dinastia, molti artigiani sono giunti a Chang�an, diret-tamente dall�Iran. Studi più recenti alla luce di nuove e importanti scoperte archeologiche portano invece a riconsiderare il ruolo svolto dall�Asia Centrale. Sembra che alcune delle forme e dei motivi derivino dai prototipi greco-romani piuttosto che iranici. Una carat-teristica dell�argento Tang è l�uso di parziali dorature per ravvivare la decorazione (fig. 131). Sono prodotti tipici del periodo coppe, tazze, piatti, oggetti liturgici, specchi, ecc.

Figura 131 � Piatto d�argento dorato

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9.7 La pittura funeraria Lo scavo di numerose tombe di epoca Tang, concentrate soprattutto

nella zona di Xi�an, ha permesso il recupero di un gran numero di materiali preziosi, utili per una conoscenza più approfondita della attività artistica del periodo, nota per lo più solo attraverso le fonti let-terarie. Molto importanti sono sei bassorilievi del 650, raffiguranti cavalli con palafrenieri, ritrovati nel Zhaoling ��, il recinto sepol-crale dell�imperatore Taizong �� (627-649), situato a nord-ovest di Xianyang (Shaanxi). Quattro di queste sculture sono attualmente nel museo di Xi�an e le altre due nel Museum of Art di Filadelfia negli Stati Uniti d�America. Tradizionalmente si dice che siano state eseguite su disegno del grande pittore e architetto di corte Yan Liben ���; si tratta comunque di opere notevoli, con caratteristiche indi-viduali ben evidenziate che documentano efficacemente il realismo Tang (fig. 132).

Figura 132 � Lastra tombale dal mausoleo dell�Imperatore Taizong

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Nonostante la maggior parte delle sepolture Tang sia stata oggetto di sistematici saccheggi già in passato, i reperti portati alla luce hanno un�importanza particolare per colmare, almeno in parte, il grande vuoto sulla pittura Tang �metropolitana� e confermare le testimo-nianze letterarie. Della grande quantità di mingqi trovati nelle tombe si è già detto; ciò che resta da esaminare ora sono i dipinti murali restituitici in numero notevole.

La pittura Tang è ben documentata su due famosi testi del IX secolo: Lidai minghuaji ����� (Registrazione di pittori famosi delle dinastie passate) di Zhang Yanyuan ��� e il Tangchao minghualu ���� (Pittori celebri della dinastia Tang) di Zhu Jingxuan !"#, scritti entrambi al tempo della grande persecuzione dell�845 contro tutte le religioni straniere. In queste opere rivivono la raffinatezza della Corte Tang, lo splendore delle sue capitali Chang�an e Luoyang, i cui templi, padiglioni e palazzi erano magnificamente ornati con dipinti degli artisti più famosi dell�epoca. Le uniche testimonianze originali del periodo sono quelle conservate nelle grotte buddhiste di Dunhuang, nella remota provincia di Gansu, espressione comunque di un�arte religiosa, realizzata alla periferia dell�Impero: ma di ciò si è già parlato. Altra documentazione originale proviene dallo scavo di numerose tombe.

Già in sepolture reali di epoca Shang si sono trovate tracce di dipinti in rosso, giallo, nero o bianco, con motivi stilizzati simili a quelli raffigurati sui bronzi coevi. Tale pratica diventa più frequente nel periodo Han, i cui dipinti tombali, molto somiglianti ai contem-poranei rilievi e incisioni su pietra, offrono rappresentazioni di vita e attività quotidiane eseguite in rosso e ocra, con le figure viste di pro-filo e inserite in scomparti. L�epoca Tang, nella sua fase iniziale, si collega alla tradizione precedente, con una composizione pittorica co-stituita da molti pannelli con scene di caccia e di vita quotidiana del defunto. In una fase successiva, corrispondente al regno di Gaozong (650-684), le differenti scene di un�intera pittura sono poste in un singolo pannello in una sequenza continua di eventi. In una terza fase, relativa ai primi tre decenni dell�VIII secolo, lo schema compositivo è simile, ma con uno spazio maggiore dedicato alle scene d�interni. Nell�ultimo periodo, corrispondente alla seconda metà dell�VIII

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secolo, compaiono invece i ritratti del defunto, con figure femminili e maschili; nello stadio finale, che va dagli inizi del IX secolo alla prima parte del X secolo, tali figure sono sostituite da quelle di uccelli e animali.

Le tombe Tang presentano quasi sempre al loro interno iscrizioni su lastre di pietra, estremamente preziose per datare le sepolture e identificarne gli occupanti. Si tratta, in quest�ultimo caso, di rap-presentanti della classe dirigente dell�epoca, sia membri della famiglia imperiale sia importanti funzionari e loro familiari.

La tomba tipo di questo periodo è a tumulo, orientata a sud e preceduta dallo shendao �via degli spiriti�. Ha la struttura di un palazzo sotterraneo, con una galleria di ingresso mudao $%, vari corridoi di passaggio guodong &', con relativi �pozzi� tianjing () e nicchie laterali xiaokan *+ in numero variabile a seconda delle dimensioni della tomba, camere funerarie mushi $, alle quali si accede da una galleria interna yongdao -% (fig. 133). La tomba può dividersi in due parti: la prima, in terra battuta e in pendenza, comprende la galleria d�ingresso, i �pozzi� e i corridoi di passaggio coperti con un tetto a volta; la seconda parte, in mattoni, a livello orizzontale, comprende i corridoi interni e le camere funerarie, quella anteriore e quella posteriore. Di solito il defunto è posto in una bara di legno inserita in un imponente sarcofago di pietra che troneggia nella camera funeraria posteriore, quando le camere sono due.

Figura 133 � Assonometria della tomba del Principe Yide

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Le pitture occupano tutta la superficie disponibile delle pareti, incorniciate spesso da elementi architettonici dipinti che contribui-scono ad aumentare l�illusione della dimora sotterranea e nello stesso tempo a dare un effetto spaziale. Le figure sono a grandezza naturale, orientate in modo da essere viste dall�interno; i dipinti si articolano per rappresentare la parte interna ed esterna del �palazzo�: le scene di esterni sono raffigurate sulle pareti della galleria d�ingresso e dei corridoi di passaggio; quelle d�interni compaiono sulle pareti delle gallerie interne e su quelle delle camere funerarie.

Il repertorio iconografico è, tranne qualche importante eccezione di cui si parlerà, piuttosto ripetitivo. Le zone �esterne� sono ornate con guardie d�onore davanti a rastrelliere con alabarde e cavalieri allineati per sottolineare in questo modo il grado del defunto. Infatti, in epoca Tang, era pratica comune sia per gli uomini sia per le donne esporre davanti alla casa delle alabarde, il cui numero differiva secondo il gra-do e l�importanza del personaggio. Altro soggetto raffigurato per gli �esterni� è quello degli animali delle quattro direzioni: drago a est, tigre a ovest, fenice a sud, tartaruga e serpente a nord; ma talvolta sono dipinti solo il drago e la tigre, le cui proporzioni, talvolta enormi, sembrano conferire a tali animali una funzione protettiva nei riguardi del defunto. Frequenti sono pure le rappresentazioni di dame di corte e servitori, il cui abbigliamento e le cui pettinature riflettono la moda del tempo, particolarmente sensibile alle influenze persiane e cen-troasiatiche. L�analogia più immediata è con le statuette funerarie di terracotta rinvenute nelle stesse tombe. Le scene di aratura, semina e caccia, che ornano le pareti �esterne�, sono nel solco della tradizione Han, mentre per la prima volta compaiono scene che illustrano la vita di corte e gli svaghi della nobiltà Tang, come il gioco del polo, i nobili invitati cinesi e stranieri venuti a porgere le condoglianze, i domatori di ghepardi, i falconieri.

Più convenzionali sono invece i dipinti nella zona �interna�, con un gran numero di dame di corte ed inservienti con in mano, di solito, vari oggetti destinati a simboleggiare i compiti cui erano adibiti nella conduzione della casa o talvolta con raffigurazioni di musicanti e danzatrici. I soffitti delle camere funerarie presentano sempre la mappa celeste e quelli dei corridoi motivi floreali oppure gru e nuvole (fig. 134).

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La tecnica adoperata è la stessa sia che si tratti di una parete in terra battuta sia di una in mattoni: si prepara il muro coprendolo prima con uno strato di fibre a base di fango e paglia e poi con un altro di terra mista a fibre di cotone e, quando entrambi sono asciutti, si passa una mano finale d�intonaco aggiungendovi una sostanza adesiva per rendere la superficie liscia e assorbente. I dipinti sono delineati in inchiostro nero e poi riempiti di vari colori a pigmenti vegetali, la cui attenta combinazione di chiari e scuri produce effetti contrastanti di particolare fascino.

Figura 134 � Soffitto della tomba del Principe Yide

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9.8 Sepolture della famiglia imperiale Troppo lungo sarebbe un elenco aggiornato e completo di tutte le

tombe scavate finora: un campione che contenga elementi tradizionali e che nello stesso tempo presenti alcune delle importanti novità rela-tive all�arte funeraria del periodo, può esaurientemente limitarsi allo esame di tre importanti sepolture del 706, la cui storia comune degli occupanti ne fa un gruppo omogeneo. Sono le tombe dei principi ereditari Zhanghuai ./ e Yide 01 e della Principessa Yongtai 23, che si trovano nel Qianling 4�, il recinto sepolcrale dell�Imperatore Gaozong e dell�Imperatrice Wu Zetian, a circa 85 km da Xi�an (Shaanxi). La �via degli spiriti� che conduce al mausoleo è preceduta da sculture a tutto tondo di cavalli, leoni e funzionari dal modellato piuttosto pesante, ad eccezione di un cavallo alato. Nel 705, alla morte di Wu Zetian, il mausoleo imperiale è stato riaperto e ridipinto; lo shendao ampliato arricchidendolo di nuove statue, allineate su en-trambi i lati, quali torri di vedetta que, obelischi, cavalli alati, fenici, cavalli con palafrenieri, funzionari, stele e leoni.

Le tombe di Zhanghuai e Yide sono state scavate nel 1971, quella di Yongtai nel 1960. Gli occupanti sono tre membri della famiglia imperiale, morti in giovane età e tragicamente, sembra per ordine dell�Imperatrice Wu, contro la quale erano stati accusati di aver ordito un complotto, almeno secondo la versione fornitaci dalla storiografia ufficiale. Li Xian �5 (650-684), Principe ereditario Zhanghuai, era figlio dello stesso Imperatore Gaozong e dell�Imperatrice Wu Zetian: Li Zhongrun �67 (682-701), Principe ereditario Yide, e sua sorella Li Xianhui �89 (684-701), Principessa Yongtai, erano figli dell�Imperatore Zhongzong :� (r. 705-712) e nipoti di Wu Zetian. Nel 706 avvengono le fastose risepolture volute dall�Imperatore Zhongzong per suo fratello e i suoi due figli nell�opera di riabili-tazione intrapresa dopo la morte di Wu Zetian. In tale occasione sono conferiti ai tre principi anche i titoli postumi, quelli con cui sono pas-sati alla storia. Tali vicende biografiche, collegate strettamente al tra-vagliato periodo politico che attraversava il paese, spiegano la monu-mentalità delle tombe e la ricchezza del corredo. Basti pensare che nella sepoltura di Zhanghuai sono state trovate circa 600 statuette

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funerarie, in quella di Yide 905 e in quella di Yongtai 878, per non parlare degli almeno 800 metri quadri di pitture! La più grande delle tre tombe è quella di Yide, lunga complessivamente 100.8 metri, seguita da quella di Yongtai con una lunghezza totale di 87.5 metri e, infine, da quella di Zhanghuai, lunga 71 metri. Tutte e tre sono state saccheggiate nel periodo delle Cinque Dinastie (906-960) da scavatori clandestini, le cui aperture hanno, nelle zone corrispondenti, dan-neggiato gravemente alcuni dipinti.

La tomba di Yongtai presenta sulle pareti della galleria d�ingresso pitture piuttosto rovinate, di cui restano gruppi con guardie d�onore, un drago verde e una tigre bianca, una torre di vedetta, mura di cinta con paesaggio sullo sfondo, altre guardie d�onore e due palafrenieri con cavalli davanti a rastrelliere con alabarde. Il soffitto dei corridoi e della galleria interna è dipinto a scacchiera con motivi floreali, nuvole e gru (fig. 134); sulle pareti del corridoio corrispondente al quarto �pozzo� sono raffigurate dame entro finte strutture architettoniche e su quelle della quinta sala appare un gruppo con nove persone. I dipinti in migliore stato di conservazione si trovano nella camera funeraria anteriore, sulle cui pareti compaiono attendenti e dame di corte in gruppi più o meno numerosi, mentre sul soffitto è rappresentata la mappa celeste con il sole, la luna, la Via Lattea e le montagne. Nuvole e gru ornano il soffitto del corridoio interno posteriore; motivi floreali, colline e figure umane si trovano invece sulle pareti. La camera fune-raria posteriore presenta dipinti di qualità inferiore e anche molto danneggiati, raffiguranti dame e servitori su tre pareti, mentre la quarta è occupata dal grande sarcofago di pietra; il soffitto ha la stessa decorazione di quello dell�altra camera sepolcrale.

Nella tomba di Yide le pitture murali sono una quarantina su un superficie di 400 metri quadri. Sulle pareti della galleria d�ingresso compaiono il drago verde e la tigre bianca, quattro torri di vedetta sul-lo sfondo di paesaggi e un corteo di guardie d�onore con 196 unità tra fanti, cavalieri e funzionari. Altre 24 guardie d�onore davanti a ra-strelliere con alabarde sono raffigurate sulle pareti dei corridoi cor-rispondenti al primo e al secondo �pozzo�. I soffitti delle gallerie in-terne e dei corridoi ripetono la decorazione già presente nella tomba di Yongtai, mentre sulle pareti sono raffigurati quattro servitori e un attendente che tengono al guinzaglio ghepardi, provenienti proba-

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bilmente da Samarcanda e addomesticati per la caccia all�antilope, falconieri e dame di corte con inservienti. Altre dame di corte con in mano vari oggetti, separate le une dalle altre da alberi, fiori e bambù, ornano le pareti della galleria interna anteriore. Nella prima camera funeraria si ripete l�iconografia della tomba di Yongtai, anche se i di-pinti con gruppi di dame di corte non hanno la stessa raffinatezza. La seconda camera sepolcrale presenta pure dame di corte con in mano vari oggetti, sul soffitto la mappa celeste, con sole, luna, stelle e Via Lattea, e sul lato occidentale il sarcofago di pietra (fig. 135).

I dipinti murali della tomba di Zhanghuai sono circa una cin-quantina su una superficie pressappoco di 400 metri quadri e hanno caratteristiche abbastanza diverse dalle altre due sepolture. Tale di-versità è certamente da attribuire alla riapertura della tomba, avvenuta nel 711, per accogliere le spoglie della moglie di Zhanghuai e do-cumentata dalle iscrizioni rinvenute. Nell�occasione alcune zone furo-

Figura 135 � Corteo di dame dalla tomba del Principe Yide

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no ridipinte con nuovi elementi iconografici volti a sottolineare la vita privata dell�illustre defunto. Sulla parete est della galleria di ingresso si susseguono una scena con la partenza per la caccia (fig. 136) con più di cinquanta cavalieri alle cui selle sono legati animali, due cam-melli carichi di utensili e vettovaglie sullo sfondo di un paesaggio con alberi e colline, una scena di ambasciatori, tre cinesi e tre stranieri, venuti a porgere le condoglianze (fig. 137), e infine un gruppo di dieci guardie d�onore e un drago verde. Sulla parete ovest sono raffigurate una scena di una partita di polo, con una decina di cavalieri di due squadre diverse che galoppano inseguendo la palla (fig. 138), due sce-ne simmetriche con nobili invitati e guardie d�onore, e infine una tigre bianca. Le pareti delle sale di passaggio, dei corridoi e delle camere funerarie presentano oltre 130 raffigurazioni di dame di corte e atten-denti inseriti in strutture architettoniche.

Graziose scenette di genere ornano le pareti della camera funeraria an-teriore, mentre il soffitto presenta la solita decora-zione con la mappa cele-ste; i soggetti di tali sce-nette comprendono alcune dame di corte, rappresen-tate a piccoli gruppi di due o tre in composizioni ar-moniose, talvolta con stru-menti musicali accanto a un albero, oppure mentre osservano un uccello e cercano di afferrare un in-setto, o ancora accanto a un nano e una nana (tav. V b).

Figura 136 � Scena di caccia dalla tomba del Principe Zhanghuai

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Figura 137 � Scena con ambasciatori e funzionari cinesi dalla tomba del Principe Zhanghuai

Figura 138 � Scena di polo dalla tomba del Principe Zhanghuai

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9.9 La pittura di corte Appartengono a questo genere di pittura, prevalentemente

figurativo, sia i dipinti murali che decoravano le pareti dei palazzi Tang sia i rotoli di seta dipinta. Purtroppo nulla resta di originale e perciò la conoscenza dei dipinti dell�epoca e delle più interessanti per-sonalità artistiche deriva unicamente dalle fonti letterarie e dalle copie dei dipinti, realizzate, come di consueto, in periodi successivi.

Un�importante famiglia di pittori è quella di Yan Liben (m. 673), che lavora alla Corte di Taizong, ricoprendo anche prestigiosi in-carichi governativi. Come si è già detto, sembra che a lui si debbano i disegni per le lastre tombali dell�imperatore e a lui è attribuito un roto-lo orizzontale raffigurante i tredici imperatori, copia del periodo Song, attualmente custodito nel Museum of Fine Arts di Boston (fig. 139).

Figura 139 � Yan Liben, I tredici imperatori (particolare)

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Gli imperatori indossano fastosi abiti cerimoniali e sono rappre-sentati con il loro seguito, senz�alcuno elemento di sfondo. Eppure il dipinto trasmette un effetto di maestosità e di grande dignità. Le figure non sono più così esili, come quelle di Gu Kaizhi (v. par. 6.2), anzi il pesante panneggio degli abiti e un certo uso del chiaroscuro con-feriscono loro un senso di volume. Gli imperatori hanno dimensioni maggiori degli altri personaggi rappresentati, secondo il criterio della prospettiva gerarchica, adottato comunemente anche nelle iconografie religiose. Il senso dello spazio è suggerito da alcuni elementi di ar-redo, dalla disposizione delle figure, sia isolate sia in gruppo. Questo rotolo si può confrontare con la scena degli ambasciatori che porgono le condoglianze, dipinta sulle pareti della tomba del Principe ereditario Tang, Zhanghuai.

Altri importanti pittori di corte sono Zhou Fang �� e Zhang Xuan ��, vissuti nell�VIII secolo, dei quali restano copie di dipinti che illustrano la vita e gli svaghi della nobiltà. Uno di questi dipinti, Le dame di corte che preparano la seta (fig. 140) è una copia attribuita all�atelier dell�Imperatore Huizong �� (r. 1101-1125). La scena presenta, senza alcuno sfondo, vari gruppi di dame di corte nell�atto di battere, filare e cucire la seta; le figure femminili sono diventate più corpose e seguono l�ideale estetico in voga all�epoca e che rispecchia il fisico opulento della favorita imperiale, Yang Guifei.

Gli imperatori Tang hanno una grande passione per i cavalli, soprattutto per quelli che provengono dalle regioni occidentali, e sem-bra che le stalle imperiali ne contengono più di 40.000. Naturale, perciò, che questo sia uno dei soggetti favoriti, frequentemente com-missionato agli artisti di corte. L�artista più rappresentativo in questo campo è Han Gan �� (attivo 740-760) al quale è attribuito il dipinto di uno dei cavalli preferiti dell�Imperatore Xuanzong (fig. 141).

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Figura 140 � Zhang Xuan, Le dame di corte preparano la seta (particolare)

Figura 141 � Han Gan, Cavallo

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9.10 La nascita della pittura di paesaggio Già durante il periodo delle Sei Dinastie alcuni elementi pae-

saggistici compaiono sui dipinti, anche se in posizione subordinata rispetto alle figure, sulle quali si concentra l�attenzione degli artisti.

In epoca Tang, invece, il paesaggio diventa il soggetto dominante del dipinto e la figura umana è completamente annullata nella natura. Secondo alcuni critici e storici della fine del periodo Ming, in Cina si possono classificare due principali scuole di paesaggio, la cui nascita avviene proprio durante la dinastia Tang.

La prima, che presenta un paesaggio colorato, particolareggiato, nettamente delineato, ricco di figure, flora e fauna, accuratamente e minuziosamente disegnate, ha come capostipite i pittori di corte Li Sixun � (attivo 705-719) e suo figlio Li Zhaodao � , noti anche come il �grande Li� e il �piccolo Li�. È chiamata �scuola settentrionale� e rappresenta la pittura di artisti di corte professionisti. I colori sono vivaci con predominanza di azzurro e verde, le rocce talvolta delineate in oro e le nuvole in un bianco luminoso (fig. 142).

La seconda, con un paesaggio monocromo ad inchiostro, ha come caposcuola il famoso poeta Wang Wei �� (ca. 699-760) che per primo adopera la tecnica pomo �� �inchiostro spezzato�, dalle lar-ghe pennellate eseguite in modo libero per dare un senso alla forma. Tali pennellate, eseguite all�interno di un contorno o del profilo di una forma (montagne, colline, rocce ecc.) sono dette cun � �grinza�, ad indicare la struttura morfologica della forma rappresentata. Questo tipo di paesaggio, definito �scuola meridionale�, è l�espressione dei letterati e dei conoscitori. Wang Wei è famoso per paesaggi innevati e per la raffigurazione della sua casa di campagna, Wangchuan ��, fuori Chang�an.

Tale suddivisione della pittura di paesaggio, creata, come si è detto, alla fine della dinastia Ming, risente dello spirito dell�epoca in cui è sorta privilegiando, perciò, la pittura del letterato, considerata supe-riore a quella dei pittori professionisti. Wang Wei rappresenta il tipo ideale di uomo, letterato, poeta, musicista, abile nell�adoperare il pen-nello sia per scrivere sia per dipingere.

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Nulla più esiste dei dipinti di questi artisti, tramandatici unicamente dalle fonti e da alcune copie tarde che possono restituirci solo qual-cosa dello stile di questa prima pittura di paesaggio.

Nel campo della pittura vengono, poi, definiti tre stili: lineare, senza ossa e pittorico. Lo stile lineare è ben rappresentato da Gu Kaizhi, i cui dipinti si basano su nette linee di contorno di vario spessore riempite con mani di colore. Nello stile senza ossa, invece, il colore è applicato in varie mani, con poco o nessun contorno. Lo stile pittorico combina una linea calligrafica con tocchi d�inchiostro allo interno, in modo da ottenere una ricca struttura. Lo stile pittorico sarà utilizzato nelle epoche successive soprattutto nella pittura di paesaggio ad inchiostro; lo stile lineare resterà la caratteristica dominante della pittura accademica dei pittori professionisti; lo stile senza ossa com-parirà di tanto in tanto nella pittura di paesaggio e in quella di fiori e uccelli.

La pittura di paesaggio si svilupperà soprattutto nei secoli suc-cessivi enfatizzando in tal modo il rapporto intenso che l�artista cinese ha sempre avuto con la natura in cui spesso si è completamente annullato.

Figura 142 � Anonimo VIII secolo, Viaggio

dell�Imperatore Minghuang al Sud

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LE CINQUE DINASTIE E I LIAO Con il crollo della dinastia Tang, la Cina è di nuovo frammentata. Il

periodo viene generalmente definito Cinque Dinastie �� (907-960), ma in realtà sono molte di più quelle che si avvicendano a nord e a sud del paese per periodi piuttosto brevi. A Kaifeng si stabiliscono i Liang Posteriori �� (907-923), i Tang Posteriori �� (923-936), i Jin Posteriori �� (936-947), gli Han Posteriori �� (947-950), i Zhou Posteriori �� (951-960), mentre a sud e ad ovest si formano i Dieci Regni. Tre sono le dinastie �barbariche� stanziate al nord: Liao (916-1125); Xi Xia (1038-1227); Jin � (1115-1234). Da un punto di vista artistico, la più importante è quella dei Liao, i nomadi Qidan (Kitan) �� stanziati lungo il corso del fiume Liao, in Manciuria, dai quali deriva il nome Catai, adoperato da Marco Polo per indicare la Cina.

Durante il periodo delle Cinque Dinastie il sud conosce un enorme sviluppo, mentre le grandi città del nord, Chang�an e Luoyang ap-paiono in declino. Le numerose corti, nonostante la brevità delle dina-stie, diventano importanti centri culturali e artistici, in particolare al sud dove fiorisce la grande pittura paesaggistica cinese shanshui hua � !.

Le sepolture del periodo delle Cinque Dinastie testimoniano la ric-chezza e la raffinatezza dell�aristocrazia dell�epoca. Ne segnaliamo al-cune, scavate in periodi recenti.

Di particolare interesse è la tomba di un alto funzionario dei Zhou Posteriori, Feng Hui "# , scoperta nel 1992, nella provincia di Shaanxi, e datata dall�epitaffio al 958. E� composta da un ingresso, un corridoio, un�anticamera e camere laterali, per una lunghezza totale di 45 m. Le pareti sono rivestite da mattoni di terracotta, di forme variabili, rettangolari, quadrati, triangolari, dipinti con personaggi. Sulle pareti del corridoio sono presenti bassorilievi di terracotta, 14 su ciascun lato, dipinti con musicanti, danzatori o attori. Ciascuna raf-figurazione è costituita da due mattoni, uno sull�altro, per un totale di 54, decorati con figure femminili di musicanti, danzatori o attori sulla parete ovest e maschili sulla parete est (fig. 143). I cortei sono pre-

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ceduti da un personaggio giovane dipinto sul muro est e da uno anziano su quello ovest. Il corredo funebre della tomba di Feng Hui è ricco di oggetti di ceramica, bronzo dorato, giada, pietra, ferro.

Un�altra sepoltura di notevole pregio è quella appartenente a Yelü Yuzhi $%&' (890-941), ministro dell�antico regno di Bohai () nel Liaoning. La tomba è costruita in mattoni e pietra per una lun-ghezza totale di 32.5 m; presenta una rampa d�accesso, un ingresso, una porta, un corridoio sul quale si aprono due camere laterali e una

Figura 143 � Mattoni dalla tomba di Feng Hui

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Le Cinque Dinastie e i Liao 217

camera funeraria contenente due letti funebri in mattoni di-pinti, sistemati uno a nord e l�altro a est. Il prezioso corredo funebre presenta oggetti d�oro e di argento dorato tra cui coppe, piatti, vasi, tazzine, scatole accanto a fiasche di ceramica (fig. 144).

Nella Mongolia Interna è stata scoperta la tomba della principessa Chen *, morta a 17 anni, nel 1018, e sepolta con il principe consorte. La sepoltura in mattoni, che ha una lunghez-za totale di 16 m, è preceduta da una rampa d�accesso che conduce ad un ingresso e ad una porta che si apre su una anticamera rettangolare dalla quale si accede, su ciascun lato, a due camere laterali di forma circolare (fig. 145). Tale forma caratterizza anche la camera fu-neraria dalle pareti rivestite di legno e dalla presenza sul fon-do di un letto funebre sul quale erano adagiati i due principi. Il sontuoso abbigliamento dei defunti è costituito da un abito a maglie d�argento, da un copricapo di argento dorato, da una maschera d�oro (fig. 146), da una collana di perle d�ambra, da cintura, da stivali di argento con decoro dorato.

Figura 144 � Coppa d�oro dalla tomba di Yelü Yuzhi

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Capitolo X 218

Figura 145 � Sezione e pianta della tomba della Principessa Chen

Figura 146 � Maschera funeraria d�oro dalla tomba della Principessa Chen

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Le Cinque Dinastie e i Liao 219

10.1 La ceramica La ceramica Liao segue la

tradizione Tang delle inve-triature al piombo, sia mono-crome sia di tipo sancai �tre colori�. La peculiarità è affi-data a forme nuove che ri-mandano alle usanze delle po-polazioni nomadi. Si realiz-zano, quindi, in ceramica fia-sche da pellegrino derivate da modelli metallici o in pelle, caratterizzate da corpi appiat-titi a sezione ovale, con versa-toio cilindrico verticale, con e senza coperchio, e ansa forata o tubolare (fig. 147). Il decoro di tipo floreale è inciso, più o meno profondamente, mentre l�invetriatura al piombo è pre-valentemente monocroma, dai colori che variano dal verde, al bruno, al crema. Si produ-cono anche bottiglie dal lungo collo con scanalature o anelli, terminanti a testa di fenice, sormontata da un copricapo lobato. Talvolta le bottiglie sono caratterizzate da un collo alto e sottile e una bocca a forma di coppa. Tipiche sono anche brocche dalle forme naturalistiche con piccoli versatoi e anse intrec-ciate, ricoperte da invetriature trasparenti su ingobbio bianco. La pro-duzione Liao è rappresentata anche da brocche e vasi dai corpi lobati, da piatti quadrati, da vassoi lobati di chiara derivazione metallica.

Nella tavolozza ceramica a �tre colori� sono realizzate eleganti sculture di ambito buddhista, quali ad esempio quelle di asceti o arhat, rese con tratti individuali e umani, da sembrare veri ritratti di monaci.

Figura 147 � Fiasca

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Capitolo X 220

10.2 La pittura Nel periodo delle Cinque Dinastie si afferma la grande pittura di

paesaggio di cui restano le prime importanti testimonianze. L�artista più influente e rappresentativo, anche per i pittori delle

epoche successive, è Jing Hao +, (ca. 855-915?). Scarse, come per quasi tutti i maestri cinesi, sono le notizie biografiche. Trascorre una vita ritirata e semplice nella provincia dello Henan, coltivando la terra e vagabondando tra le montagne. La sua concezione della pittura è tra-mandata da un saggio, Bifaji -./ (Note sul pennello), in cui si afferma che l�arte del pittore consiste nell�afferrare la realtà ultima. Elenca quelle che sono, in pittura, le sei cose essenziali: lo spirito qi 0; il tono e l�atmosfera yun 1; il pensiero si ; la scena jing 2; il lavoro del pennello bi -; il lavoro dell�inchiostro mo �. Chiarisce, inoltre, che esiste un�apparenza esteriore che non può essere scam-biata con la realtà autentica zhen 3, altrimenti si potrà eseguire uni-camente una copia, ma non cogliere la vera essenza. La copia, infatti, rappresenta solo la forma di una cosa, non lo spirito qi, mentre la realtà zhen è ciò che si ottiene riuscendo a rendere la forma e a co-gliere lo spirito, poiché senza lo spirito, la forma è morta. Suddivide i dipinti in quattro classi: shen 4, magistrale; miao 5, meraviglioso; qi 6, interessante; qiao 7, abile. Dipingere senza sforzo apparente, co-gliere con naturalezza le forme: questo è magistrale. Saper penetrare tutto, comprendere la natura di tutte le cose, fare tutto nel modo giusto per quanto riguarda la forma e lo stile: questo è meraviglioso. Essere imprevedibile, sia deviando dal vero, sia deformando le cose: questo è interessante. Una pittura di questo tipo dimostra un buon controllo del pennello, ma è debole nell�elemento pensiero. Infine gli artisti abili possono fare cose graziose, fingendo di conoscere i principi essenziali; tentano di elaborare, giustificare e spiegare, per sembrare più di quello che sono. Molto fumo e poca sostanza, insomma. Sottolinea, inoltre, la forza del pennello e dell�inchiostro e distingue, nelle linee tracciate dal pennello, quattro qualità di movimento: tendini, carne, ossatura, forza e vigore. Dove le linee si spezzano e tuttavia restano connesse e continuano nello spazio, vi sono i tendini. Dove i movimenti iniziano e finiscono, compiuti e ben formati, vi è la carne. Dove la linea è forte

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e diritta, vi sono le ossa. Dove le linee non sono deboli, si ha forza e spirito. Ecco perché troppo inchiostro rovina la forma; ombreggiature pallide, insufficienti, tolgono vigore; tendini morti guastano la carne; linee sconnesse mancano di tendini; quelle semplicemente aggraziate mancano di ossatura. Anche i difetti in cui può incorrere il pittore so-no di due tipi, visibili e invisibili. Difetti visibili sono, ad esempio, fio-ri fuori stagione, case troppo piccole rispetto alle figure umane, alberi più alti delle montagne, ponti non connessi nel modo giusto con un argine. Sono questi errori di misura che si possono correggere. Difetti invisibili sono, invece, la mancanza di tono e atmosfera o la totale distorsione delle forme. L�uso dell�inchiostro può essere molto ela-borato, ma gli oggetti non hanno vita. Errori di questo tipo non si pos-sono correggere. Le forme del paesaggio sono il risultato di una varie-tà di forze: cime appuntite, piatte e arrotondate, catene di montagne, valichi, pareti rocciose, dirupi, valli con sentieri, terreni accidentati e senza strade che li attraversano, fiumi, gole. Le cime delle alture pos-sono avere forme diverse, ma la catena principale segue una linea con-tinua. Foreste e sorgenti sono nascoste, appena suggerite, qua e là. Sarebbe un errore dipingere un paesaggio senza questi elementi, o di-pingere l�acqua con linee disordinate, o come fili interrotti, o senza in-dicazioni di creste e onde. Nubi e nebbie sono leggere o pesanti a se-conda del momento, e si muovono col muoversi dell�aria, non hanno forma fissa. Bisogna saper cogliere il movimento generale e non in-dulgere ad un�elaborazione eccessiva. Queste sono le prime cose da conoscere e da evitare. Solo successivamente si può passare allo apprendimento della pennellata.

La sola opera attribuita a Jing Hao è una monumentale pittura di paesaggio Il monte Kuanglu sulla quale compaiono iscrizioni e sigilli, certamente aggiunti in epoca successiva (fig. 148). La rappre-sentazione della montagna è incombente, quasi minacciosa, le cime torreggianti e stratificate ottenute con brevi ed irregolari pennellate d�inchiostro, tracciate in modo deciso. Il colore è assente e la pro-fondità è suggerita dal sovrapporsi delle forme, mentre sentieri sco-scesi e corsi d�acqua lasciano immaginare più di quanto possa rappre-sentare il dipinto e soprattutto hanno la funzione di collegare aree di-verse in cui compaiono edifici e figure umane, immerse totalmente nella natura.

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Capitolo X 222

Figura 148 � Jing Hao, Il monte Kuanglu

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Le Cinque Dinastie e i Liao 223

Molto vicino allo stile di Jing Hao è il suo allievo Guan Tong 89 (X sec.), nato a Chang�an e vissuto sotto la dinastia dei Liang (907-923), tanto da essere entrambi ricordati come �Jing-Guan�.

Guan Tong ha un tem-peramento solitario e dipin-ge in uno stile rapido e diversificato paesaggi che riflettono le diverse stagio-ni dello anno e che sono rappresentati da rocce so-lide, alberi dal fogliame lussureggiante, corsi d�ac-qua impetuosi in primo piano e cascate che si get-tano ripide da notevoli al-tezze montuose. Un dipinto a lui attribuito In attesa del traghetto esemplifica le li-nee essenziali della sua arte (fig. 149).

Rappresentanti illustri di una diversa tradizione pittorica del paesaggio sono Dong Yuan :; (ca. 900-962) e Juran <= (ca. 940-1000), anch�essi ricordati come �Dong-Ju�.

Dong Yuan, artista molto versatile, è attivo alla corte dei Tang Meridionali (937-975). E� famoso come pittore di paesaggi di grande calma e naturalezza, dalle vette montuose che appaiono e scompaiono nascoste e svelate da nubi e nebbie, da alberi fitti con tronchi e rami vigorosi, da torrenti e ponti, da piccoli laghi e isole illuminate da luce mutevole. Il paesaggio è diventato più dolce, più ameno, aperto, con colline dai profili arrotondati per mezzo di morbide pennellate di

Figura 149 � Guan Tong, In attesa del traghetto

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inchiostro umido e un maggiore senso dello spazio che tutto avvolge e unifica (fig. 150).

Juran, originario di Nanchino, è allievo di Dong Yuan. Diventa monaco buddhista e trascorre la vita in un monastero. In pittura segue la tradizione del suo maestro dipingendo paesaggi ispirati alla regione dello Yangzi, in una visione calma e grandiosa con fiumi e colline arrotondate, disegnate in uno stile ampio e disteso, ottenuto con morbide pennellate e molti puntini. Tali accorgimenti addolciscono le forme e delineano le montagne, mentre foglie umide caratterizzano alberi in lontananza e rive sabbiose sono popolate da canne. Juran adopera morbidi e pallidi toni d�inchiostro per definire in modo chiaro le tre diverse distanze: il primo piano, il piano intermedio e lo sfondo, utilizzando una tecnica che privilegia un uso ruvido e aspro di un inchiostro scuro, vellutato con campiture di colore per rappresentare superfici accidentate alla base dei massicci rocciosi. Riesce, così, ad ottenere una visione coerente del paesaggio e una perfetta unità di spazio (fig. 151).

Figura 150 � Dong Yuan, Tempo sereno nella valle (particolare)

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Le Cinque Dinastie e i Liao 225

Li Cheng >� (919-967) nato nello Shandong, vive a Kaifeng. Proviene da una famiglia di funzionari ed ha, perciò, una formazione classica; versato in calligrafia e musica, amante di libagioni e grande paesaggista. Nella sua pittura si richiama sia al paesaggio monumentale di Jing Hao e Guan Dong, sia a quello più dolce di Dong Yuan e Juran. Raggiunge poi un suo stile molto personale e rappresenta la mas-sima espressione della pittura cinese di paesaggio. Il dipinto Un tempio romito tra vette spoglie, custodito nel museo ameri-cano di Kansas City (The Nelson-Atkins Museum of Art) esemplifica in modo superbo la sua arte (fig. 152). E� la raffi-gurazione di un paesaggio invernale con una montagna incombente che occupa completamente la parte superiore della pittura e che assume massa e volume tra-mite una decisa linea di contorno e tocchi impercettibili di inchiostro steso a strati, mentre sullo sfondo si ergono altri picchi. Nella parte centrale, ai piedi del monte, è rappresentato un tempio con una torre esa-gonale, e in primo piano vi sono gruppi di capanne e due padiglioni costruiti sulla acqua, verso i quali si dirigono alcuni vian-danti. Le costruzioni e le figure sono di-pinte con grande minuzia tanto da poterle distinguere perfettamente all�interno degli edifici. La superficie rocciosa è costituita da una serie di cun di forme diverse, alcuni a macchie triangolari, ottenuti con la punta del pennello, oppure da tratti più lunghi, a �goccia di pioggia�, eseguiti trascinando il pennello, mentre per i rami degli alberi sono utilizzati cun a �chela di granchio�.

Figura 151 � Juran, Eremo buddhista

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Capitolo X 226

Figura 152 � Li Cheng, Un tempio romito tra vette spoglie

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LA DINASTIA SONG Con la sconfitta, nel 959, dell�ultimo imperatore dei Zhou

Posteriori, il generale Zhao Kuangyin ��� noto col nome postumo di Taizu �� (r. 960-976) sale al trono e fonda a Kaifeng la dinastia Song (960-1279). Il nord resta in mano ai �barbari� ai quali vengono versati regolari tributi annui in modo da garantire la sicurezza delle frontiere settentrionali. Successivamente, sempre nel tentativo di riconquistare i territori occupati dai Liao, l�Imperatore Huizong si allea con i Tungusi Nüzhen � accelerando così la catastrofe. I Nü-zhen sconfiggono i Liao, ma si sostituiscono ad essi prendendo il nome dinastico di Jin (1125-1234), conquistano la capitale Song, Kaifeng e fanno prigioniero l�imperatore. La corte nel 1127 si rifugia nelle regioni meridionali stabilendosi prima a Nanchino e poi ad Hangzhou; la vita culturale si sposta, quindi, nelle regioni meridionali.

Le città Song, prima Kaifeng e poi Hangzhou sono vivaci centri culturali e di svago. Gli imperatori Song, uomini colti e raffinati, sono anche i primi collezionisti di opere d�arte: ceramiche, bronzi, dipinti, giade. L�economia prospera, si guarda alla tradizione classica, sono ri-pristinati gli esami di stato ed emerge la figura del letterato, un intel-lettuale che disprezza le attività fisiche e coltiva nel tempo libero le �arti canoniche�, cioè poesia, pittura, calligrafia e musica. La sua im-magine diventa il soggetto di molti dipinti. La diffusione della stampa favorisce la pubblicazione di molte opere, come pure, la passione per l�antichità vede nascere l�archeologia con i primi ritrovamenti di bron-zi e giade arcaiche, studiati, classificati e pubblicati. Si sviluppano an-che gli studi epigrafi e numismatici.

L�epoca Song è uno dei periodi più fiorenti dell�arte cinese, in par-ticolare nel campo della pittura e della ceramica. Prosperano i com-merci nei porti meridionali del Zhejiang e del Guangdong. L�Accade-mia di pittura riunisce molti degli artisti più famosi dell�epoca, i cui vari titoli corrispondono al diverso grado ottenuto attraverso appositi esami. Il grande catalogo della collezione dell�Imperatore Huizong, Xuanhe huapu �� (Catalogo dei dipinti nella collezione Xuan-

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Capitolo XI 228

he), la cui prefazione è del 1120, classifica i dipinti in 10 gruppi, dando priorità alla pittura religiosa e a quella didattica. Ciò nonostante circa la metà dei dipinti rientra nella categoria dei �fiori e uccelli� e dei paesaggi, generi pittorici che in epoca Song conoscono grande fortuna.

11.1 La pittura dei Song Settentrionali Uno dei più grandi pittori della dinastia Song è Fan Kuan ��,

attivo tra il 990 e il 1030, molto apprezzato e lodato dai critici delle generazioni successive, attraverso i quali giungono pure le scarse noti-zie biografiche. Vive tra i monti dello Shaanxi, lontano dall�Acca-demia di Corte. La collezione imperiale possedeva, però, ben 58 suoi dipinti e nel relativo catalogo è descritto come un uomo severo e all�antica, trascurato, amante del vino e incurante delle convenzioni. Studia molto le opere di Li Cheng per poi giungere alla conclusione che è più giusto apprendere dalle cose stesse e dalla propria sensibilità. Nel Museo Nazionale di Taibei è custodito un famoso dipinto, a lui attribuito, Viaggiatori tra montagne e fiumi (fig. 153). La pittura rappresenta una montagna grandiosa e incombente resa in modo sem-plice con cun a �goccia di pioggia�. Le vette dello strapiombo roccio-so sono ricoperte da vegetazione ottenuta con una serie di puntini e li-nee di forma irregolare. Lo spettacolare massiccio montuoso, che do-mina il rotolo, sembra venir fuori da bruma provocata dall�acqua che, sulla destra, lo attraversa. Da una gola profonda, scavata da un corso d�acqua, scaturisce una cascata che taglia in modo netto la massa rocciosa e ne accentua la verticalità. A media distanza, sul lato esterno di una collina boscosa, è raffigurato un tempio rivolto verso la cascata, mentre in primo piano il corso d�acqua, diventato impetuoso e gorgogliante, è attraversato da un ponticello. Masse rocciose costeg-giano il fiume con alberi dai tronchi contorti e cespugli che ricoprono una collina che si erge sul lato sinistro. In primo piano, sul lato opposto, vi sono viaggiatori con muli, minuscole figurine completa-mente annullate nella maestosità del paesaggio.

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Figura 153 � Fan Kuan, Viaggiatori tra montagne e fiumi

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Capitolo XI 230

Un altro grande pittore Song, nella tradizione paesaggistica che si richiama a Li Cheng, è Guo Xi �� (1000-1090) che lavora presso l�Accademia. E� autore di un saggio sul paesaggio in cui espone le sue teorie su questo tipo di pittura. Un buon dipinto può essere di grandi dimensioni ma non deve apparire troppo grande, oppure di misure ridotte e tuttavia non apparire troppo piccolo. Le montagne e le acque sono elementi di straordinaria grandiosità ed è necessario guardarle da lontano per cogliere la disposizione generale della scena. Una monta-gna al centro del paesaggio domina maestosamente le vette minori con foreste e dirupi raggruppati intorno ad essa e rappresenta un punto di riferimento per tutto ciò che lo sguardo riesce ad abbracciare. Una montagna si caratterizza per aspetti diversi, a seconda che la si guardi da vicino o da una certa distanza e la sua forma cambia quanto più l�osservatore si allontana. L�aspetto è mutevole a seconda delle stagio-ni e delle diverse ore del giorno. Guo Xi ritiene, dunque, che ogni montagna contenga in sé gli aspetti di altre centinaia di montagne e che le formazioni rocciose costituiscano l� �ossatura� dell�universo, mentre l�acqua ne rappresenta il �sangue�. Aggiunge, inoltre, che tre sono le prospettive delle montagne: in altezza guardandole dal basso verso l�alto; in profondità guardando da un punto elevato al loro inter-no; orizzontale guardando in distanza. Tutto appare chiaro e luminoso se la prospettiva è in altezza; scuro e greve se è in profondità; con contrasti di luce ed ombra se orizzontale. La prima prospettiva rivela la grande altezza, la seconda il complesso sovrapporsi di strati, la terza una visione remota, dai contorni e dai colori delicati, che si dissolve in distanza. Nella prima, le figure umane appaiono chiare, nella seconda, contorte e spezzate, nella terza, ammorbidite e vaghe. Ciò che è lumi-noso e chiaro non deve essere piccolo, ciò che è contorto e spezzato non deve essere alto, e le figure dai contorni ammorbiditi e vaghi non devono essere di grandi dimensioni. E� anche necessario che vi siano misure diverse di modo tale che la montagna sia più grande degli al-beri e che gli alberi siano più grandi degli uomini, in modo da poter stabilire esattamente i rapporti tra montagne, alberi e uomini

Le teorie di Guo Xi trovano conferma in un suo famoso dipinto del 1072, Inizio di primavera, l�unica pittura cinese firmata e datata, custodita nel Museo Nazionale di Taibei (fig. 154). Osservando il ro-tolo si avverte la necessità di dover entrare nel paesaggio, di potervi

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vagabondare, completamente immersi nella natura. La bruma avvolge le masse rocciose le cui cime sono coperte da vegetazione, il tutto ot-tenuto con differenti tonalità d�inchiostro e tratti di pennello lunghi, umidi e complessi. Sul lato destro del dipinto scorre una cascata che costeggia un gruppo di edifici e termina in un corso d�acqua che, as-sieme a masse erose sulle quali si ergono alberi nodosi dai rami con-torti, occupa il primo piano della pittura. Qui l�inchiostro è diventato più scuro e sottolinea un maggior realismo. Il dipinto presenta nu-merosi piccoli dettagli che vanno evidenziandosi mano a mano che lo si attraversa.

Figura 154 � Guo Xi, Inizio di primavera

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Capitolo XI 232

Mi Fu � � (1052-1107), di origine sogdiana, è una forte personalità, un grande calligrafo, cono-scitore, critico d�arte, col-lezionista, uomo eccentri-co e dal carattere difficile. Si narra che fosse fissato per la pulizia e che vestis-se abiti del periodo Tang. Rappresenta l�ideale del pittore gentiluomo. Rompe con la tradizione e crea un nuovo genere di pittura. Nella sua opera Huashi �� (Storia della pittura)

parla di vari artisti, di pro-blemi tecnici e offre consi-

gli sulla conservazione di antiche pitture. I dipinti di Mi Fu sono piut-tosto rari, ma sul suo stile si hanno molte informazioni. Le sue monta-gne sono velate da banchi di nebbia, gli alberi indicati da gocce di inchiostro umido. L�effetto complessivo è quello di una vegetazione intrisa di umidità. Nei suoi dipinti non vi è quasi disegno, la pittura è immediata, con effetti coloristici d�inchiostro. Tutto è di tipo impres-sionistico, è la rappresentazione di uno stato d�animo reso in uno stile intimo e personale. Le scene sono abbozzate in modo libero, quasi tra-scurato, con dolci colline ricoperte da bassa vegetazione resa con so-vrapposizione di successivi strati di diversi toni d�inchiostro. Le pen-nellate sono orizzontali, parallele, con un uso sapiente dell�inchiostro differenziato, in modo tale che in molte parti del dipinto si lascia tra-pelare la carta. Le sfumature dei toni d�inchiostro creano anche giochi di luce e d�aria e un senso di movimento (fig. 155).

Mi Youren ��� (1072-1151), figlio di Mi Fu, segue lo stile del padre. La sua pittura è di tipo impressionistico con colline cosparse di puntini e tronchi d�albero resi con pennellate prive di linee di contorno. L�abbondante uso di puntini nel paesaggio e nel fogliame, con le linee

Figura 155 � Mi Fu, Paesaggio

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che lumeggiano la parte interna delle nuvole, prelude ai futuri sviluppi della pittura dei letterati in cui si vedranno prevalere le qualità del pennello e dell�inchiostro sulle suggestioni visive indotte dalla natura (fig. 156).

Il più famoso pittore di figure del periodo Song è Li Gonglin ��� (1049-1106), noto anche come Li Longmian ���. Viene da una ricca famiglia di funzionari letterati e, fin da giovane, si diletta di poesia, calligrafia, pittura oltre ad essere anche un autorevole esperto di antichità. Frequenta gli ambienti intellettuali della sua epoca e intraprende la carriera burocratica. Studia e copia i maestri del passato per apprenderne la tecnica, individuare i punti di forza del loro stile e crearne, così, uno personale. Li Gonglin dipinge figure umane e cavalli secondo lo stile baimiao �� �semplice disegno� o �dipinto su bianco�, la cui definizione si riferisce alla carta bianca dello sfondo che resta scoperta. Nella realizzazione degli abiti dei personaggi raf-figurati le campiture di colore sono assenti; i cavalli sono identificati da un�iscrizione e trattenuti da palafrenieri che indossano abiti re-

Figura 156 � Mi Youren, Montagne nuvolose (particolare)

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gionali diversi. Lo stile baimiao rende in modo nitido l�individualità del cavallo e del palafreniere con poche linee e tenui campiture di colore. Li Gonglin riesce a cogliere l�espressività individuale del sog-getto utilizzando una linea che varia, da morbida ad angolosa, spessa, sottile, scura, chiara. Nel rotolo I cinque cavalli prende a modello Han Gan, pittore di cavalli di epoca Tang. Usa l�inchiostro in modo parco e le figure, sia i cavalli sia i palafrenieri, sono definite da linee sottili e dipinte con molto realismo, tanto da sembrare dei ritratti (fig. 157).

Nella pittura di bambù il più importante è Wen Tong �� (1019-1079), pittore, poeta e calligrafo. Nasce in una famiglia colta e riceve una buona educazione. La pittura di bambù è espressione degli ideali del funzionario-letterato. Wen Tong studia le piante in tutti i parti-colari per poterne coglierne l�essenza, soprattutto il bambù che ama dipingere più di ogni altro e che simboleggia resistenza e forza spi-rituale (fig. 158). Mostra una grande capacità nell�uso del pennello acquisita attraverso molti anni di pratica di calligrafia. La sua pennel-lata, spessa e tesa, crea energia. Il rotolo, custodito nel Museo Nazio-nale di Taibei, raffigura un ramo di bambù curvato come un arco e le cui foglie sono appuntite come lame di spade. La pennellata è decisa e le tonalità contrastanti dell�inchiostro conferiscono al ramo movimen-to, spessore e luminosità.

Figura 157 � Li Gonglin, I cinque cavalli (particolare)

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Figura 158 � Wen Tong, Bambù ad inchiostro

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Un artista importante, nell�ambito della pittura accademica, è l�ultimo imperatore della dinastia dei Song Settentrionali, Huizong ! (1082-1135), grande mecenate, collezionista, intenditore, calligrafo. Crea una scuola di pittura che affianca l�Accademia Imperiale, destinata a preparare gli artisti attraverso appositi esami. Talvolta è lo stesso imperatore che si dedica a questo progetto istruendo e cor-reggendo gli allievi. Esige che i pittori dipingano gli oggetti così come esistono, fedeli alle forme e ai colori. Trascura il governo del paese per dedicarsi alla sua passione per l�arte; ciò favorisce l�avanzata dei barbari, la sua cattura e la fine della dinastia dei Song Settentrionali. Huizong pratica la pittura di �fiori e uccelli� con grande realismo e precisa resa dei soggetti dipinti dando, così, luogo ad uno stile deco-rativo di tipo accademico che continuerà ad essere praticato fino in epoca moderna. Il tratto di pennello è finissimo e la sensibilità croma-tica notevole. L�opera di Huizong rappresenta la massima sintesi della pittura accademica in Cina. Alla sua mano si devono anche ripro-duzioni di pitture del periodo Tang, tra cui quella di Zhang Xuan, Le dame di corte preparano la seta (fig. 140). Alcuni rotoli di fiori e uccelli sono associati al suo nome, tra cui il più noto è Parrocchetto a cinque colori, elegante ed armonioso dipinto con una resa minuziosa e precisa del piumaggio dell�uccello e dei petali dei fiori, alla ricerca di un esasperato realismo (tav. VI a).

11.2 La pittura dei Song Meridionali Il maggior esponente dell�Accademia dei Song Meridionali è il

pittore Li Tang �" (ca. 1050-1130), un artista di grande originalità. Entra a far parte dell�Accademia di Huizong; fugge poi al sud, riam-messo all�Accademia, gode di particolari onori, influenzando con il suo stile i pittori delle generazioni successive. Li Tang è un pittore versatile che dipinge una grande varietà di soggetti, dai paesaggi ric-camente colorati o eseguiti con semplice inchiostro, ai ritratti di per-sonaggi storici, alle architetture, alla rappresentazione di bufali e pastori. Il suo arcaismo nei primi dipinti corrisponde al gusto per l�antiquariato del periodo Song.

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Figura 159 � Li Tang, Mormorio del vento tra i pini montani

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Li Tang eccelle nella resa del-

lo spazio, aperto in modo sempli-ce e diretto. Preferisce la pennel-lata obliqua �a fendente d�ascia� che conferisce alla roccia un a-spetto accidentato ed è caratteriz-zata da intensità e asprezza, men-tre, se applicata su ampie su-perfici, è, invece, più semplice, simile ad una campitura, con dia-gonali incrociate che si contrap-pongono alla massa principale dal caratteristico sviluppo verti-cale. Un suo dipinto del 1124, Mormorio del vento tra i pini montani, custodito nel Museo Nazionale di Taibei, rappresenta un paesaggio lirico e intimo (fig. 159). Il disegno è immediato con forti contrasti di luce e ombra, nuvole bianche, picchi simili a guglie che occupano la parte superiore della pittura, mentre piccole cascate, acque gorgo-glianti e impetuose, alberi nodo-si dalle radici ramificate riempiono completamente la restante parte del dipinto. Le pennellate sono eseguite ad ampie velature con cun a �grossi colpi� e con tratti morbidi e fluidi nella rappresentazione degli alberi.

Tra i pittori dell�Accademia, famoso come pittore di bambini, vale la pena ricordare Su Hanchen #$% (metà XII secolo), che ci ha lasciato deliziosi dipinti, tra cui Bambini che giocano in un giardino o Il venditore di giocattoli nei quali rappresenta il mondo magico e spensierato della vita di corte, riprodotto attraverso i giochi infantili (fig. 160 e tav. VI b). Dipinge piccole scene di genere che offrono uno scorcio intimo ed idilliaco dell�esistenza delle classi privilegiate.

Figura 160 � Su Hanchen, Bambini che giocano in un giardino

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I più famosi paesaggisti dell�Accademia dei Song Meridionali sono ricordati come �scuola Ma-Xia�. La loro pittura è di completa rottura con le tradizioni delle Cinque Dinastie e dei Song Settentrionali e prende, invece, a modello Li Tang. Le loro composizioni sono for-temente asimmetriche, denominate �ad un solo angolo� per la siste-mazione in un angolo dei vari elementi compositivi e per il contrasto dei pieni e dei vuoti sia della carta sia della seta. Privilegiano linee angolose nella rappresentazione di tronchi e rami degli alberi, mentre le montagne sono frastagliate, angolose, sfaccettate con contorni nettamente tracciati con pennellate rapide e con cun a �fendente d�ascia� di dimensioni variabili, grandi, piccoli o lunghi e sottili. La gamma dei toni d�inchiostro è semplificata e si abbandonano le ve-lature accuratamente sfumate e le pennellate sovrapposte. La loro pittura è ellittica e frammentaria; l�artista isola un elemento significativo e lo colloca in posizione dominante, in contrasto con una ampia zona di vuoto. Per i pittori della �scuola Ma-Xia� è importante cogliere l�istante, sia nel soggetto sia nell�esecuzione: l�uomo non è più un essere minuscolo annullato nella natura, ma occupa, invece, il primo piano, spettatore e testimone della natura stessa, rappresentato in un preciso momento del quale riesce a trasmettere l�emozione fugace.

Ma Yuan & ' (XII-XIII secolo) è un pittore accademico proveniente da una famiglia di artisti. I suoi dipinti, dallo stile molto personale, suggeriscono un�idea di transitorietà, di natura in costante mutamento. Le sue composizioni, eseguite con un disegno nitido, vi-vace e preciso, presentano forti linee diagonali e un senso di ariosità e di spazio. Ma Yuan si concentra su elementi essenziali che sug-geriscono la comunione dell�uomo con la natura. Spesso cime e basi di montagne e massi rocciosi sono fuori campo poiché tutto è con-centrato in un angolo e il resto della pittura è assolutamente vuoto. Dipinge rami lunghi e contorti con un uso sapiente delle campiture di colore e una scelta di pochi essenziali elementi collocati in un angolo. Nel foglio d�album, Lungo un sentiero montano in primavera il soggetto della composizione occupa l�angolo sinistro. dominato dal tronco angoloso di un albero i cui rami spogli si protendono ad arco nel riparare la figura del letterato che contempla due uccelli in volo, mentre un assistente gli porta uno strumento musicale qin (fig. 161).

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Ma Lin &� (attivo agli inizi del XIII secolo) è figlio di Ma Yuan e segue la tradizione paterna. Nel dipinto, In attesa degli ospiti alla luce di una lampada illustra una scena d�intrattenimento che si svolge in un padiglione all�interno di un giardino con alberi di prugni in fiore dai tronchi angolosi, sullo sfondo di montagne. La scena avviene al chiarore della luna e di candele che illuminano il sentiero che conduce al padiglione entro il quale il padrone di casa è in attesa dei suoi ospiti. Il tratto del pennello è nitido, deciso, vigoroso (fig. 162).

L�altro pittore della stessa scuola è Xia Gui () (attivo agli inizi del XIII secolo), membro dell�Accademia, specializzato in paesaggi, spesso su rotolo orizzontale. Adopera la stessa tecnica di Ma Yuan, con una resa, però, più dolce e lirica. Fa uso di estese velature sfumate d�inchiostro diluito per creare un�atmosfera serena e umida. Il pae-saggio è definito con precisione nel dettaglio e le figure hanno con-torni dai tratti netti. In una sezione del rotolo orizzontale, Corsi d�acqua e montagne lontane è rappresentata una tranquilla distesa d�acqua con montagne sullo sfondo suggerite da velature d�inchiostro. In primo piano, sul lato destro, domina un nudo sperone roccioso sor-

Figura 161 � Ma Yuan, Lungo un sentiero montano in primavera

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montato da alberi con tronchi angolosi, mentre nella parte centrale è dipinto un ponticello attraversato da un viandante (fig. 163). Xia Gui, utilizzando pochi essenziali elementi tracciati con linee decise in uno stile estremamente semplice, riesce a comunicare un senso di serenità e di spazio, accentuato dalla superficie della carta lasciata scoperta.

Figura 162 � Ma Lin, In attesa degli ospiti alla luce di una lampada

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11.3 La pittura chan Si tratta di una pittura particolare, ispirata al Buddhismo chan, la

cui influenza sulla successiva evoluzione pittorica cinese è tuttavia piuttosto limitata. La pittura chan è, in Cina, un fenomeno marginale che ha un certo peso, nei secoli successivi, solo su alcuni individualisti delle epoche Ming e Qing, mentre gode di grande fortuna in Giap-pone. E� una scuola di pensiero in cui si afferma che la verità non si raggiunge attraverso lo studio dei testi classici, cioè con un percorso intellettuale, ma, al contrario, solo con un�intuizione totale, istantanea e immediata, cioè attraverso l�illuminazione. Condizione per tale rag-giungimento è una ascesi fisica e spirituale per cogliere, nelle cose più

Figura 163 � Xia Gui, Corsi d�acqua e montagne lontane (particolare)

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umili ed insignificanti, l�assoluto. Le opere degli artisti chan sono il frutto di un�esecuzione istantanea, dal momento che il pittore lavora in una specie di estasi in cui l�intuizione della mano precede ogni controllo razionale. Questa libera esplosione della creazione artistica si ottiene solo al termine di un lungo e severo apprendistato dell�inchiostro e del pennello e si basa su un�intensa disciplina di tutte le energie coscienti. Le opere chan rappresentano una sintesi della pittura istantanea in cui il frammento rimanda alla totalità del reale e il virtuosismo tecnico è completamente al servizio di una visione spirituale. Requisiti essenziali del pittore chan sono la brevità, la chiarezza della visione mentale e l�intensità della realiz-zazione. La tecnica monocroma ad inchiostro in cui il pennello può muoversi con la rapidità del pen-siero esprime a pieno questo tipo di pittura.

Un importante artista di questa scuola è Liang Kai �� (XIII secolo), che inizialmente lavora presso l�Accademia, successiva-

mente abbandonata per stabilirsi in un monastero e dedicarsi alla tra-dizione chan. Famoso è il suo di-

pinto, Ritratto di Li Bai conservato nel Museo Nazionale di Tokyo (fig. 164). Il poeta è rappresentato mentre passeggia e declama, ese-guito semplicemente con una dozzina di pennellate in puro stile chan

Figura 164 � Liang Kai, Ritratto di Li Bai

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caratterizzato da spontaneità, freschezza di ispirazione, limpidità d�espressione e semplicità di esecuzione. I dettagli sono assenti e la concisione raggiunge l�apice.

Altro grande artista chan è il monaco Muqi ��, attivo nella prima metà del XIII secolo. La maggior parte delle sue pitture sono conservate in monasteri e in collezioni giapponesi. Il piccolo dipinto a inchiostro su carta, Sei cachi è il risultato di un lampo istantaneo d�ispirazione e registra, con spruzzi d�inchiostro, una visione momen-tanea (fig. 165). Muqi esegue anche rotoli di soggetto buddhista e paesaggi con la stessa fugace e lieve instabilità.

Figura 165 � Muqi, Sei cachi

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11.4 La ceramica Con la dinastia Song la ceramica raggiunge in Cina una perfezione

assoluta e un fascino ineguagliabile con una completa fusione tra cor-po e invetriatura. La decorazione è quasi del tutto assente e la bellezza degli oggetti dipende unicamente dalla incredibile varietà di forme e dalle splendide invetriature monocrome. I forni si perfezionano e si specializzano in una particolare tipologia: al nord si utilizza il forno mantou e al sud il longyao.

Fino al XII secolo il vasellame del nord, per le tecniche più avan-zate e la maggiore inventiva dei vasai influenzerà enormemente la produzione meridionale. Ben presto, però, le costanti minacce di invasioni straniere ai confini settentrionali, ostacolando lo sviluppo del commercio marittimo e l�industrializzazione della produzione, eclissano il predominio del nord e favoriscono la ripresa del sud.

Le ceramiche Song prendono il nome dal luogo di produzione e si suddividono, come abbiamo già detto, tra settentrionali e meridionali. Un�ulteriore classificazione identifica alcune fornaci: Ding, Ru, Jun, Guan, Ge, come �imperiali�, con una produzione, in parte, destinata alla corte. In realtà, nelle fonti ufficiali cinesi sono menzionate solo Ding, Ru e Guan e non si parla affatto di Jun e Ge.

Il vasellame di tipo Ding � è prodotto in alcune località della prefettura di Ding nello Hebei dalla fine della dinastia Tang agli ultimi anni del XIII secolo. E� una porcellana bianca, di pasta fine che in trasparenza assume una tonalità arancione, ricoperta da un�invetriatura che può essere avorio trasparente, nera, scura, marrone scuro o più raramente rossa. E� un vasellame rivolto ad una clientela prevalen-temente privata, ma commissionato anche per la corte. Il numero piuttosto limitato delle forme (coppe, piatti, bacini) ha consentito una migliore qualità dei pezzi e una più lunga sopravvivenza dei forni. Nel X secolo il carbone sostituisce la legna adoperata fino ad allora come combustibile e, una cottura in atmosfera ossidante tra i 1300º C e i 1340º C, produce la caratteristica e raffinata invetriatura color avorio. Il vasellame è cotto in forni il cui diametro non supera i due o tre me-tri sia per la scarsa lunghezza della fiamma del carbone che per le temperature molto elevate da raggiungere. Il materiale è sistemato nel forno in un nuovo tipo di casella o contenitore di argilla refrattaria,

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con struttura interna a gradini in cui coppe e piatti cuociono con la tecnica fushao ��, cioè capovolti, uno sull�altro poggiando sugli orli per evitare che si deformino. L�orlo resta così privo d�invetriatura ed è perciò successivamente rivestito in metallo, rame o talvolta argento. Le caselle sono poi impilate nella camera di cottura e i lati delle pile sigillati con strisce di argilla. All�inizio del XII secolo è introdotta la decorazione a stampo ottenuta premendo l�argilla indurita su una ma-trice già scolpita con un decoro affollato ed elaborato. Tale tecnica semplifica e rende più celere il processo decorativo poiché la matrice può essere usata più volte. Naturalmente questo procedimento può es-sere utilizzato solo per la parte interna di forme aperte. Talvolta i pez-zi presentano iscrizioni eseguite dopo la cottura. Gli esemplari di migliore qualità sono quelli dell�XI secolo quando il corpo è estre-mamente sottile, la decorazione è incisa con motivi floreali, vegetali e zoomorfi e le forme più comuni sono quelle lobate, derivate dai metalli. L�invetriatura, applicata per immersione, ha la tendenza a scorrere formando piccole gocce. Il vasellame Ding più tardo è di fattura piuttosto grossolana e spesso presenta all�interno delle coppe un anello non invetriato, dovuto alla cottura dei pezzi l�uno sull�altro.

Un�importante scoperta, avvenuta nel 1987, è stata l�identificazione delle fornaci Ru a Qingliangsi �� nella provincia dello Henan. Prima di tale ritrovamento, infatti, si conoscevano solo una quarantina di pezzi del tipo Ru, per lo più in collezioni occidentali, prodotti nella prima metà del XII secolo, di fattura raffinata, dalle forme semplici con una spessa ed uniforme invetriatura di colore blu grigio, e con la presenza di piccoli sostegni sulla base (tav. VII a). Ma il ritrovamento più interessante è stato quello di una miniera di agata nelle vicinanze di Qingliangsi a conferma della tesi, sostenuta in alcune fonti cinesi, sulla esistenza di agata nell�invetriatura della porcellana Ru. Nello stesso tempo gli scavi hanno rivelato che il vasellame destinato alla corte rappresentava solo una piccola parte della produzione, mentre per lo più si produceva ceramica nera, sancai, nero su bianco, verde su bianco e pezzi con decoro inciso e scolpito di qualità inferiore. E� sta-to anche possibile ricostruire l�evoluzione stilistica del tipo Ru, dal materiale molto semplice degli inizi della dinastia Song, a quello più elaborato, sia per forma sia per invetriatura, della metà dell�XI secolo.

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Il fitto craquelé (il termine italiano è �cavillatura�) artifi-ciale della spessa invetriatura, ad imitazione del ghiaccio, è dovuto al differente coefficien-te di dilatazione del corpo e della coperta, mentre il magni-fico colore blu grigio deriva dal ferro cotto in riduzione.

Il vasellame Jun si produce a Linru �� nella pro-vincia dello Henan. E� un tipo di ceramica pesante, dalle for-me varie, non menzionato nelle fonti cinesi se non in epoca Ming, quando è considerato vasellame imperiale. I prodotti di qualità migliore sono sotto-posti a due cotture, una prima volta, non invetriati ad una temperatura piuttosto bassa, ricoperti poi da ingobbio fer-

ruginoso e parecchi strati d�invetriatura, ricca di silicati; una seconda volta, ad una temperatura più elevata. Durante la cottura, l�aria sfug-gita dalla coperta produce sulla superficie minuscole bolle che fanno assumere ai pezzi un aspetto punteggiato; talvolta, possono essere presenti anche striature rosse provocate dalle pennellate di rame pas-sate sulla superficie prima dell�invetriatura. Il colore bluastro della co-perta è prodotto dalla presenza di piccole quantità di ossido di ferro nell�invetriatura, cotta in atmosfera riducente. I pezzi possono, quindi, variare di colore, l�uno dall�altro (tav. VII b).

Il vasellame guan � di cui parlano le fonti cinesi si produce per la corte ad Hangzhou, capitale dei Song meridionali dove sono state sca-vate le fornaci di Jiaotan ��. Presenta un corpo marrone con una spessa invetriatura di un colore che oscilla dal grigio verde al blu verde con un craquelé molto evidente a maglie più o meno larghe,

Figura 166 � Vaso guan

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spesso ottenuto deliberatamente (fig. 166). Le variazioni nel craquelé e nell�invetriatura sono prodotte da cambiamenti avvenuti durante la fase di cottura, variando cioè la temperatura alla quale ha inizio il ci-clo di riduzione. Per le enormi richieste della corte è probabile che il vasellame guan si realizzi anche a Longquan nel Zhejiang (vedi oltre). Spesso non è facile distinguere le due produzioni poiché l�unica dif-ferenza è determinata della presenza, sul vasellame guan di Jiaotan, di sostegni sulla base, assenti, invece, sulle imitazioni di Longquan.

Sul vasellame di tipo ge � c�è molta confusione non essendo ancora state scoperte le fornaci. E� un vasellame simile al guan con un�invetriatura color avorio dal craquelé molto più accentuato (fig. 167). E� probabile che il centro di produzione sia nel Zhejiang o nel Jiangxi. Di fornaci ge (fratello maggiore) e di � (fratello minore) si parla solo in testi di epoca Yuan ed è perciò verosimile che gli esem-plari noti siano databili a quel periodo.

Figura 167 � Vasellame ge

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Accanto alla cosiddetta porcellana �imperiale� esiste una vasta e diversificata produzione di vasellame d�uso quotidiano, realizzato spesso nelle stesse fornaci �imperiali�.

Il vasellame Cizhou �� è prodotto a Cizhou nello Hebei e in altri centri dello Shanxi. E� una ceramica, abbastanza rozza, dalle forme robuste e dalla vistosa decorazione, prodotta in molte fornaci della Cina Settentrionale dall�epoca Song fino ai nostri giorni. E� un gres che cuoce ad oltre 1200º C con un corpo che varia sia per colore (grigio, bianco sporco, bruno, marrone scuro) che per struttura, rico-perto da un�invetriatura di solito trasparente oppure verde o turchese. Quest�ultima risale al XIII secolo e si applica sempre sul corpo rico-perto da ingobbio. La caratteristica principale del vasellame Cizhou è un decoro eseguito in ingobbio bianco o nero sotto una invetriatura trasparente (fig. 168). Numerose sono le possibilità esplorate dai vasai di Cizhou, da un ornato dipinto ad uno inciso, alla tecnica dello sgraf-fiato in cui applicando sul pezzo due diversi strati d�ingobbio si ot-

Figura 168 � Poggiatesta Cizhou

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tiene il disegno in colori contrastanti sgraffiando parte dell�ingobbio superiore. Vi sono pure esemplari la cui decorazione dipinta è rico-perta da un�invetriatura al piombo di colore verde. Successivamente nei secoli XIII e XIV nuove tecniche portano all�utilizzo di una invetriatura color turchese proveniente dal Medio Oriente e a una decorazione ottenuta tagliando la spessa invetriatura, di solito di co-lore nero, e lasciando scoperto il corpo.

Forme caratteristiche e ricorrenti sono i poggiatesta e i vasi meiping �� �vasi per fiore di prugno�, dalla caratteristica forma a spalla alta e bombata, rastremati alla base e dal collo breve e stretto, così chia-mati, in epoche successive, quando hanno ormai perduto il coperchio e sono utilizzati come recipienti per fiori.

Le fornaci Cizhou introducono anche la pittura a smalto sopra co-perta utilizzando per la decorazione del vasellame smalti rosso ferro, giallo ferro e verde rame .

I celadon del nord sono prodotti a Yaozhou �� nello Shaanxi. So-no gres dal corpo grigio con invetriatura verde oliva o marrone oliva trasparente, con motivi decorativi scolpiti profondamente, e una cottu-ra in riduzione a circa 1300º C. Nelle fornaci di Yaozhou nel XII secolo sono introdotti gli stampi, utilizzati anche sulla porcellana Ding.

Nella Cina Meridionale sono attive dal X secolo le fornaci di Long-quan �� nel Zhejiang la cui produzione di vasellame dalla caratte-ristica invetriatura verde smeraldo è molto famosa in Occidente, con il nome di celadon, termine che poi è stato esteso ai diversi tipi di vasel-lame con invetriatura dalle varie sfumature di verde. Presenta un cor-po grigio, spessa invetriatura di colore verde su cui talvolta si staglia-no macchie in marrone ferro. La cottura avviene a temperature elevate in atmosfera riducente. L�invetriatura è applicata in diversi strati gli uni sugli altri e oscilla da un colore verde oliva, al verde giallastro, a toni marroncini; è opaca e non copre la base. Le forme sono semplici e spesso imitano i bronzi arcaici. Il decoro, che può essere stampato, in-ciso o applicato, privilegia il repertorio floreale o zoomorfo (tav. VII c). Le fornaci di Longquan sono enormi, del tipo �a drago� longyao, lunghe circa 60 m e possono cuocere in una sola volta decine di mi-gliaia di pezzi.

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Il nome celadon, con cui è noto in Occidente, risale ad un periodo successivo, attribuito dai Francesi, per la somiglianza del colore delle ceramiche verdi che arrivavano dalla Cina, con i nastri delle vesti del pastore Celadon, protagonista del romanzo L�Astrée di Honoré d�Urfé (1568-1626).

Il vasellame nero è prodotto nello Henan, nel Jiangxi e nel Fujian��. Il corpo varia da un materiale porcellanoso ad un gres di grana fine bruno e grigio con un�invetriatura spessa, feldspatica il cui contenuto di ferro (fino al 10%) produce un colore bruno giallastro o scuro e nero. I vasai riescono ad ottenere effetti particolari quali il famoso �pelo di lepre� cospargendo sul pezzo, in alcuni punti, so-luzioni alcaline contenenti varie quantità di ossido di ferro, oppure l�effetto a �macchie d�olio� in cui le gocce orlate d�argento sono otte-nute dalla velocità nel raffreddamento del forno (tav. VIII a). Un tipo che ha riscosso molto successo in Giappone e, ancora oggi è ricordato col nome attribuitogli dai Giapponesi, è il vasellame temmoku (lettura giapponese del nome del Monte Tianmu �� che sovrasta Hangzhou, località dove si acquistava tale vasellame). Sono di solito coppe da tè decorate in modo vario e originale. In uno dei più attraenti, sul fondo della coppa compare una foglia vera; si dipinge poi la coppa con una soluzione feldspatica che in cottura diventa giallo ocra. Successi-vamente si applica l�invetriatura, levando la foglia prima che il pezzo si sia completamente asciugato: resta, così, al posto della foglia una parte libera dall�invetriatura (tav. VIII b). Oppure si possono ricoprire le coppe con una invetriatura e dipingerne alcune parti con un�altra in modo da ottenere due colori diversi, per esempio giallo su bruno.

Un tipo particolare di porcellana la cui produzione ha inizio in epoca Song e che sembra abbia dato origine successivamente al �bianco e blu� è lo yingqing ! o qingbai !" (blu ombra o bianco bluastro). E� una porcellana bianca leggermente bluastra prodotta nella Cina Meridionale fino in epoca Yuan (tav. VII d). Su questa ter-minologia ci sono controversie fra gli studiosi occidentali, mentre per i Cinesi si tratta semplicemente di porcellana �bianco e blu�. E� quindi più opportuno parlare di una porcellana dal corpo bianco, sottile e traslucido con invetriatura brillante bianca bluastra. In epoca Song la decorazione è a motivi floreali o zoomorfi incisi su un fondo a linee

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tratteggiate o a vortice di onde; dal XII secolo in poi il vasellame ha un decoro spesso in rilievo, è di qualità mediocre e largamente espor-tato nel Sud-Est asiatico, nelle Filippine e nel Vicino Oriente.

11.5 La scultura La scultura buddhista nell�epoca Song è presente soprattutto nella

provincia del Sichuan, in cui è possibile ammirare un�arte puramente cinese, sia nello stile sia nei contenuti, mentre le regioni settentrionali, conquistate dai barbari, esprimono un�arte diversa.

Un esempio importante è il complesso buddhista di Dazu #$, comprendente le grotte di Beishan %& e Baodingshan '(&. Bei-shan è una collina fortificata dominata dalla grotta 136, datata 1142-1146, chiamata Grotta della Ruota della Legge. Sul suo perimetro e sul muro posteriore, sono rappresentati i rilievi con Śākyamuni, i discepoli Kāśyapa e Ananda, i bodhisattva Mañjuśri e Samantabhadra, cinque manifestazioni di Guanyin, immagini di lokapāla e donatori. La peculiarità della grotta 136 sono le immagini femminili dei bodhi-sattva e la ricchezza iconografica dei dettagli dei loro ornamenti. Ne è un esempio la statua di Guanyin con in mano il rosario, alta circa 2 m, stante su un piedistallo a fiore di loto. La divinità è avvolta in un ampio soprabito dal panneggio schematico ad andamento angoloso, dalle linee ondeggianti. Ha un aspetto femminile, volto largo e diadema sontuoso, decorato con motivi floreali e gioielli. Ricchi orna-menti coprono pure il collo, le braccia e si protendono fino alle gi-nocchia. In questa stessa grotta vi è anche una scultura di Samanta-bhadra (in cinese Puxian )*) sull�elefante, per un�altezza totale di oltre 2 m (fig. 169). Lo stile decorativo è simile: l�immagine ha la testa lievemente inclinata per il peso di una elaborata corona circon-data da un elegante nimbo. La grazia e la bellezza del bodhisattva fan-no da contrasto alla rozzezza del personaggio addetto all�elefante. La rappresentazione di Samantabhadra è legata alla sua particolare ve-nerazione, nel Sichuan, poiché si credeva che tale bodhisattva risie-desse sul locale Monte Emei +,&, una delle cinque montagne sacre dei Cinesi.

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La Dinastia Song 253

Figura 169 � Dazu, Beishan. Grotta 136: Samantabhadra

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Capitolo XI 254

Nella seconda metà del XII secolo la scultura monumentale subisce una radicale trasformazione, non solo perché gli scultori creano imma-gini colossali ma anche perchè le collegano ad un percorso dottrinale. L�esempio più rilevante è rappresentato da Baodingshan (La Mon-tagna dei Tesori), nel complesso di Dazu, a metà strada tra Chongqing -. e Chengdu. L�iconografia, scolpita su una roccia a picco a forma di ferro di cavallo, lunga 500 m, si basa su storie edificanti, sia buddhiste sia confuciane (fig. 170). I rilievi includono episodi impor-tanti delle maggiori scuole buddhiste e delle dottrine del neo-confu-cianesimo con 31 immagini colossali, le cui dimensioni variano da 15 m di altezza a 45 m di larghezza. Tra le scene più importanti sono da ricordare quelle che raffigurano le punizioni infernali, i tribunali, i rac-conti relativi alla scuola chan, episodi della vita di Śākyamuni, imma-gini della Terra Pura di Amitābha, Guanyin. Accanto alle figure colos-sali ve ne sono numerose altre di dimensioni più ridotte. I rilievi sono accompagnati da iscrizioni, rivolte a pellegrini e visitatori, con un evi-dente scopo didattico. Tali scene mostrano una sottile connessione di valori religiosi e sociali, diffusi, in Sichuan, sia tra le élites sia tra la gente comune. La realizzazione del complesso avviene in un periodo compreso tra il 1175 e il 1250, al tempo dei Song Meridionali.

Figura 170 � Dazu, Baodingshan

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LA DINASTIAYUAN I conquistatori mongoli sconfiggono nel 1234 il regno Jin e nel

1279 quello Song. Con il nome dinastico di Yuan / (1279-1368) re-gnano su un territorio vastissimo, favorendo le attività artistiche e in-tensificando gli scambi commerciali resi più agevoli da confini ampi e sicuri. E questa la Cina descritta nel Milione di Marco Polo, i cui racconti, un tempo considerati fantastici, sono stati in parte, proprio recentemente, confermati da campagne archeologiche condotte a Pechino.

La città diventa capitale per la prima volta sotto i Liao che la chia-mano Nanjing 01 o Yanjing 21, poi con i Jin che la denominano Zhongdu 34 e infine con i Mongoli che costruiscono una nuova città, a nord-est della vecchia, conferendole il nome di Dadu #4. Preziosa e attuale è la descrizione che ne fa Marco Polo, denomi-nandola Cambaluc: «Questa città è grande in giro da ventiquattro miglia, cioè sei miglia per ogni canto: è tutta quadra, che non è più dall�uno lato che dall�altro .Questa città è murata di terra, e sono gros-se le mura dieci passi e alte venti; ma non sono così grosse di sopra come di sotto, anzi vengono grosse di sopra tre passi. E sono tutte merlate e bianche; e quivi ha dieci porte, e in su ciascuna porta hae un gran palagio [�].Ancora in ciascun quadro di questo muro hae un grande palagio, ove istanno gli uomeni che guardano la terra. E sap-piate che le rughe della città sono sì ritte, che l�una porta vede l�altra: e di tutte quante incontra così. Nella terra ha molti palagi; e nel mezzo n�hae uno, ov�è suso una campana molto grande che suona la sera tre volte».

Gli scavi della Dadu mongola, costruita nel 1267, iniziano nel 1964 e si protraggono per circa una decina d�anni. Durante tale periodo so-no portate alla luce le mura, le strade, le fondamenta di vari edifici, tracce di fiumi e laghi. Le mura esterne di Dadu sono in terra battuta, larghe alla base 24 m, mentre la città ha forma rettangolare con una lunghezza di 28 km da nord a sud. Ci sono undici porte, quattro delle quali rimaste in uso fino all�ultima dinastia. La Città Proibita si trova a

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Capitolo XII 256

sud del centro, il cui asse prin-cipale corre da nord a sud e la attraversa. Dadu ha una pianta regolare a scacchiera con le strade principali che da nord a sud incrociano, a distanze re-golari, strade più piccole che vanno da est a ovest.

Campagne archeologiche sono state condotte anche a Shangdu 54 , la Xanadu di Marco Polo, capitale estiva de-gli Yuan, situata nella Mon-golia Interna. I resti di tale città sono rappresentati da mura di terra battuta, talvolta ricoperte con pietre, tracce di strade e fondazioni in pietra di alcuni edifici. Il perimetro esterno è

un quadrato, il cui angolo sud-est è occupato dal rettangolo della Città Imperiale; allo interno di questa sono collocati importanti edifici, in particolare alcuni templi. All�estremità settentrionale del recinto imperiale, sull�asse nord-sud, si trova il Palazzo Imperiale; il muro che lo circonda è rivestito con pietre e presenta torri ai quattro lati.

Notevoli sono alcune sculture di pietra, conservate in perfette con-dizioni, sulle pareti del tempio Juyongguan 678 sulla strada che da Pechino conduce a Shangdu, al confine tra la Cina e la Mongolia Interna. La loro realizzazione ha inizio prima del 1343 e, con ogni probabilità, termina alla fine del secolo: sul soffitto della porta sono rappresentati i mandala dei cinque grandi Buddha, al di sotto dei quali compaiono file di immagini uniformi dei Buddha delle Dieci Dire-zioni. Di particolare vigore sono i rilievi dei guardiani delle Quattro Direzioni, la cui raffinata esecuzione suggerisce uno stretto legame con la decorazione presente su altri materiali della stessa epoca (fig. 171).

Figura 171 � Juyongguan, Guardiano del Nord

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La Dinastia Yuan 257

Nel campo pittorico soprav-vivono importanti dipinti murali Yuan nel Palazzo Yonglegong ��� nello Shanxi. La tradizione vuole che questo complesso sia stato in origine la casa del maestro daoista Lu Dongbin � � � trasformata poi in un tempio, in epoca Tang. In epoche successive diventa un monastero daoista guan � , ricostruito nel 1262 dopo un incendio. I quattro edifici più anti-chi sono: Wujimen �, San-qingdian � � , Chunyangdian ��� e Chongyangdian ���, tutti con pitture murali degli inizi del periodo Yuan raffiguranti il pantheon daoista (fig. 172). La costruzione principale è il Sanqingdian con sette intercolumni sulla facciata e con dipinti che coprono le quattro pareti mostrando 280 im-magini di divinità e servitori. Le pareti del Chunyangdian illustrano la vita di Lu Dongbin in 52 scene incorniciate, mentre quelle del Chong-yangdian sono ornate con 49 scene continue della carriera del discepolo daoista Wang Chongyang ���, da cui il nome del pa-diglione, e dei suoi seguaci. I colori adoperati sono il verde, il blu, il rosso e il marrone: i volti maschili sono ombreggiati in marrone, quelli femminili eseguiti in bianco. Molto ben definiti e rappresentati sono i dettagli degli abiti e degli ornamenti, la cui varietà e accuratezza di trattamento ricorda la pittura Tang dell�VIII secolo. Frequenti sono pure le raffigurazioni di architetture e paesaggi con rocce, alberi, edi-fici, nuvole e montagne, in cui sono inserite le figure e che spesso ricordano le illustrazioni dei romanzi e dei drammi coevi.

Figura 172 � Yonglegong, dipinto murale

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Capitolo XII 258

12.1 La pittura La conquista mongola crea una situazione di disagio tra gli artisti

che rifiutano di servire una dinastia straniera, restano leali alla dinastia sconfitta e si definiscono yimin �� �coloro che restano�. Molti pit-tori, quindi, decidono di ritirarsi a vita privata e dipingere per diletto personale con un impegno profuso in problemi di tecnica e forma espressiva piuttosto che nella ricerca di creazioni originali. E� elabo-rata una nuova estetica che avrà un�influenza determinante soprattutto durante le dinastie Ming e Qing. Gli artisti Yuan rompono con i loro immediati predecessori e, per reazione, guardano soprattutto ai pittori Song dei secoli X e XI cercando di cogliere lo spirito delle loro creazioni e ispirandosi al modo di dipingere di Dong Yuan e Juran. Preferiscono abbandonare le velature d�inchiostro o farne un uso parco; talvolta anche eliminando il contorno esterno. Adoperano poco l�inchiostro bagnato e fluido privilegiando un inchiostro secco che rende più chiara la pennellata e produce un effetto luminoso. La pittura Yuan, discreta e altera, trova linfa vitale nel concetto di dan � �insapore� e riesce a comunicare con mezzi poveri, scarni e nudi. Talvolta i dipinti sono pieni, ricchi di particolari, realizzati con un disegno molto variato. Gli artisti danno la preferenza a composizioni alte e strette in cui gli elementi grandi sono posti in primo piano in basso enfatizzando la resa verticale del paesaggio. La pittura è intimamente collegata alla calligrafia e molti pittori sono eccellenti calligrafi: sono letterati che si dilettano di pittura e dipingono per un pubblico ristretto. Questo genere di pittura è stata definita wenren hua ���, la �pittura del letterato�, il cui sviluppo è legato soprattutto ai secoli successivi.

Tra gli artisti più importanti dell�epoca Yuan vi sono anche grandi pittori che scelgono di mettersi al servizio degli stranieri. Il più famo-so, tra questi, è Zhao Mengfu ��� (1254-1322), discendente della casa imperiale Song e appartenente ad una famiglia di pittori, aspra-mente criticato per aver collaborato con i Mongoli. E� un grande cal-ligrafo, estremamente versato in tutti gli stili e un artista raffinato che dipinge soggetti diversi, tra cui cavalli, figure, paesaggi, fiori e

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La Dinastia Yuan 259

bambù, in una grande varietà stilistica. E� noto soprattutto come pittore di cavalli, tema caro ai Mongoli.

Zhao Mengfu ritiene che ciò che conta in un dipinto sia lo spirito antico, poiché un�esecuzione perfetta è priva di valore se esso manca. Aggiunge inoltre che le sue pitture sono realizzate in modo semplice, ma fedele agli antichi modelli.

Tra i pochi dipinti di paesaggi sopravvissuti il più significativo è Colori autunnali sui monti Qiao e Hua, realizzato, dopo un viaggio nel 1296, per illustrare ad un amico collezionista i luoghi natali che non aveva mai visitato (tav. IX a). Sulla parte sinistra del rotolo il monte Qiao � appare come un rialzo di terra, lontano sull�orizzonte, mentre lo spazio maggiore è riservato alla lunga e piatta distesa lacu-stre animata da edifici, alberi e canne. Anche il monte Hua �, di forma conica, si erge all�orizzonte, lasciando in primo piano, a lambi-re la superficie del lago, lingue di terra popolate di alberi e di vege-tazione lacustre. Gli alberi sono di tipi diversi, caratterizzati da tronchi e fogliame, disegnati con pennellate decise. Il dipinto di Zhao Mengfu è un�opera intellettuale, di raffinata esecuzione che si richiama ai maestri dei Song Settentrionali, in particolare a Dong Yuan e Juran, evocati nell�organizzazione dello spazio, nella giustapposizione delle immagini in scala diversa, nel trattamento lineare della struttura del terreno, dei banchi di sabbia e della vegetazione. Lo studio attento degli antichi maestri conduce Zhao Mengfu a creare qualcosa di com-pletamente nuovo, di grande realismo e di estrema vitalità.

Un altro pittore che accetta l�occupazione mongola e presta servi-zio come funzionario governativo di grado inferiore è Ren Renfa !" (1255-1328). Dipinge cavalli nella tradizione della pittura Tang con uno stile meticoloso, caratterizzato dal tratto sottile e da un ricco cro-matismo. Nella pittura Tre cavalli e quattro palafrenieri descrive i ca-valli in modo particolareggiato, sottolineandone le caratteristiche fisi-che ed esemplificando con puntini le forme geometriche degli animali e degli umani (tav. IX b).

Tra gli artisti che hanno operato durante gli ultimi anni dei Song Meridionali e rifiutano di servire il governo mongolo vi è Qian Xuan #$ (1235-1290) di Wuxing %& nel Zhejiang. Si guadagna da vivere dipingendo in un vasto repertorio che comprende figure, paesaggi,

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piante, uccelli e fiori. Lavora nel solco del realismo accademico con-servando l�alto livello della pittura di corte di epoca Song e ripercorrendo la tradizione Tang nella realizzazione di eleganti figure eseguite con disegno leggero e fluido e con linee curve. Diventa molto famoso come pittore di fiori e uccelli, disegnati con molta precisione e colorati metico-losamente con una tecnica che privi-legia il colore e non adopera la linea di contorno. I suoi dipinti appaiono lievi e mostrano in modo esemplare la delicata e fuggevole realtà.

Specializzato nella rappresenta-zione di bambù, simbolo per eccel-lenza del letterato, è Li Kan '( (1245-1320) di Suzhou )*. Come il suo predecessore Wen Tong, al quale s�ispira, mostra nella sua pittura una profonda conoscenza della pianta, di-segnata con estrema facilità e sponta-neità e con un sapiente uso di varie tonalità d�inchiostro. Il suo bambù è funzionale e privo di qualsiasi pen-nellata inutile. Li Kan ha lasciato an-che un manuale sulla pittura di bam-bù che è diventato un modello per gli artisti successivi (fig. 173).

I pittori più innovativi del periodo mongolo sono considerati i �quattro maestri Yuan�: Huang Gongwang, Ni Zan, Wu Zhen e Wang Meng. Il loro rifiuto ad una collaborazione con la dinastia straniera ne fa degli isolati Figura 173 � Li Kan, Bambù

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La Dinastia Yuan 261

ma, nello stesso tempo, dei modelli da imitare, nelle epoche successive, quando gli artisti si troveranno a rivivere una situazione simile.

Huang Gongwang +,- (1269-1354) è un uomo colto, dedito alla musica, alla poesia e alla pittura. Vive nella zona di Suzhou e Hang-zhou e si guadagna da vivere facendo l�indovino e l�insegnante. Negli ultimi anni della sua vita si ritira dal mondo e diventa eremita daoista, in stretto contatto con la natura in modo da coglierne la vera essenza. Riesce, così, a penetrare nei misteri della natura e a trasmetterli nella sua pittura.

I suoi dipinti sono rari e, tra quelli conservati, il più noto è Dimora sui monti Fuchun a cui lavora dal 1347 al 1350 (fig. 174). Questo rotolo ha avuto diversi proprietari tra cui un nipote di Huang Gong-wang che riesce a salvarlo dal fuoco dove è stato gettato per ordine dello zio sul letto di morte. La pittura contiene la sintesi dei suoi prin-cipi pittorici, per cui dipingere non è la mera rappresentazione di luoghi o avvenimenti, ma un insieme armonico di pennellate, toni di inchiostro e composizione. Solo così Huang Gongwang è in grado di ricreare la natura in modo libero e spontaneo e di raggiungere un per-

Figura 174 � Huang Gongwang, Dimora sui monti Fuchun

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fetto equilibrio tra pennello, inchiostro e carta. Le forme rocciose sono il risultato di una conoscenza approfondita, realizzate, quasi come ap-pena abbozzate, con toni d�inchiostro molto secco, stesi sulla carta o addensati su aree scure di notevole intensità. Pennellate brevi, oriz-zontali, in nero rappresentano il fogliame e i rami degli alberi mentre edifici dalle forme semplici sono identificati da linee di contorno. Il tratto è deciso, impressionistico, volto a documentare la natura per mezzo di pennellate ed inchiostro. Huang Gongwang costruisce il suo dipinto progressivamente, pennellata su pennellata, prima con un in-chiostro pallido per passare poi ad uno più scuro e ad un pennello sempre più secco.

Wu Zhen ./ (1280-1354), poeta e calligrafo, ardente daoista, vive isolato facendosi chiamare meihua daoren 012� �daoista dei fiori di prugno�. Incarna l�ideale del letterato che dipinge per diletto donando le proprie opere a chi sa apprezzarle. Crea una pittura im-mediata, spontanea, talvolta ricercata, caratterizzata da una composi-zione originale e un apparente disprezzo per le finezze dell�arte del disegno. Esegue paesaggi, studi di alberi, rocce corrose dalle intempe-rie, bambù. Nella rappresentazione del paesaggio segue lo stile tra-dizionale di Juran con una resa accurata degli alberi in un�atmosfera serena, dipinta in maniera realistica con delicate velature d�inchiostro e un uso copioso di puntini per la vegetazione.

Figura 175 � Wu Zhen, Pescatori alla maniera di Jing Hao

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La Dinastia Yuan 263

Nel dipinto Pescatori alla maniera di Jing Hao del 1352 sono raf-figurati gruppi di rocce arrotondate, caratterizzate da lunghi colpi di pennello secco, velature d�inchiostro sfumate, puntini, alberi contorti con radici simili ad artigli e fogliame abbondante e scuro. Lascia trasparire ampie zone di carta su cui si stagliano unicamente barche con pescatori e calligrafie di suo pugno (fig. 175). E� probabile che il riferimento a Jing Hao sia relativo più al soggetto che non alla tecnica.

Il più originale tra i maestri Yuan è certamente Ni Zan 34 (1301-1374). Nasce in una famiglia agiata e vive a Wuxi .5, sul Grande Canale, a nord-ovest di Suzhou. Trascorre la prima parte della sua vita, con moglie e figli, in un ambiente raffinato tra collezioni di di-pinti antichi e libri rari. Si racconta che Ni Zan fosse un personaggio eccentrico, meticoloso, maniaco per la pulizia, tanto da far lavare quo-tidianamente gli alberi del suo giardino. Nella seconda parte della vita si libera dei suoi beni e conduce una vita molto semplice. Diventa daoista e vive con la moglie su un battello vagando tra fiumi e laghi della regione del Jiangnan 67. Dopo la morte della moglie, ritorna nella vecchia casa. Ni Zan è uno spirito libero e puro, l�esempio dell�uomo ideale. Inizia a dipingere tardi, durante le sue peregri-nazioni, facendo dono delle sue pitture a chi glielo chiede. Esegue di-pinti di piccolo formato, realizzati in uno stile intimo e molto perso-nale: si tratta di composizioni semplici, prive di vette dominanti e di fragorose cascate, senza grandi alberi contorti, vegetazione lussu-reggiante e colline intrise di nebbia. Al contrario, nelle sue pitture compaiono solo pochi alberi brulli, esili, con poco fogliame, abbarbi-cati a terreni rocciosi, e, in lontananza, distese di laghi e colline basse e aride. Talvolta sono rappresentati radi boschetti di bambù in una atmosfera chiara e tersa, come in una giornata fredda e grigia. Ni Zan adopera una gamma limitata di leggeri toni argentei di un inchiostro molto secco, steso in modo delicato e, attraverso il quale, traspare la carta. La calligrafia è una parte importante della composizione pitto-rica. Le sue pitture si rassomigliano nel trasmettere un profondo senso di solitudine rappresentando paesaggi severi e solitari, assolutamente privi di presenza umana. Utilizza pochi e semplici elementi per una precisa disposizione con un disegno sciolto che sembra appena ab-bozzato, mentre è, invece, il risultato di un lungo tirocinio e di una fer-

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Capitolo XII 264

rea autodisciplina. Lo scopo di Ni Zan è quello di dipin-gere non ciò che vedono i nostri occhi, quanto di mo-strare la sua idea di ciò che deve essere un paesaggio perfetto.

Tra i suoi dipinti, sempre molto apprezzati dai colle-zionisti, vale la pena di se-gnalare Lo studio Rongxi del 1372, raffinato esempio di una opera della maturità, so-bria e austera (fig. 176). E� eseguita con estrema econo-mia nell�uso del pennello e dell�inchiostro, priva di es-seri umani, come quasi tutte le opere di Ni Zan. Il dipinto è costituito da due parti, net-tamente separate da un di-stesa d�acqua: in primo pia-no compaiono alberi brulli che fuoriescono da massi rocciosi e un padiglione completamente vuoto; sulla altra riva vi sono montagne ricoperte da rada vegeta-zione, chiuse in alto da una calligrafia che diventa, così, parte integrante della pittura. Ni Zan utilizza un pennello

secco in modo tale da produrre contorni netti e aspri, in contrasto con le ricche campiture di colore e le pennellate di Wu Zhen, che pro-ducono, invece, contorni morbidi e smussati. Le sue pennellate sono date in modo tale da conferire forma e volume agli elementi del pae-

Figura 176 � Ni Zan, Lo studio Rongxi

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saggio; mentre i toni uniformi e misurati dell�inchiostro trasmettono un�unità estetica dell�immagine.

L�ultimo dei �quattro maestri Yuan� è Wang Meng �8 (1308-1385), nipote di Zhao Mengfu. Vive a lungo ma, coinvolto in disav-venture politiche, muore in prigione. E� un pittore di paesaggio molto versatile, abile nel dipingere in diversi stili con pennellate dense e spesse e un uso abbondante di cun dalle forme contorte e aggro-vigliate. Il suo interesse è rivolto allo spazio e alle masse, sia per ri-produrre fedelmente il mondo esteriore, che per rivelare quello inte-riore. Rappresenta grandi massicci montuosi, frantumati e sparsi in numerosi massi tondeggianti e in blocchi più piccoli. Per ingrandire la massa incombente delle montagne e accentuarne il volume e il peso, molte sue pitture presentano formati alti e stretti in cui un solo enorme massiccio montuoso, che s�innalza dalla base fino alla sommità, riesce a trasmettere una visione potente, irrequieta e tumultuosa. Le linee tortuose e contorte, le forme inquiete e spezzate enfatizzano la varietà e l�irregolarità della natura con l�utilizzo di cun lunghi, ondulati a �fibra di canapa�, oppure brevi, spezzati, ricurvi, stesi leggermente o con addensamenti in alcuni punti e innumerevoli puntini che accrescono l�intensità. Lunghe pennellate, di vario spessore, sono adoperate per stabilire le forme principali della montagna, interrotta da numerose forre, affioramenti, pendii, mentre la varietà dei toni d�inchiostro secco evita la monotonia. Wang Meng si richiama ai pae-saggisti Song, in particolare a Dong Yuan per l�accuratezza del foglia-me e a Guo Xi per la rappresentazione delle masse rocciose fitte e aggrovigliate.

Tra le sue opere vale la pena di segnalare La grotta nella foresta di Juqu in cui la parete rocciosa è rappresentata da fitte masse strati-ficate, l�una sull�altra, interrotte da alcuni edifici e da gole profonde attraversate da acque. I padiglioni, all�interno dei quali sono perfet-tamente riconoscibili, sia coloro che vi abitano, sia gli oggetti di arredo, sono circondati da alberi ad alto fusto che li isolano dai mas-sicci rocciosi incombenti. Il fiume scorre impetuoso passando attra-verso una stretta gola, si allarga in basso a sinistra costeggiando rocce erose e modellate. Le creste delle onde sono ben definite da pennellate triangolari, mentre macchie dai colori rosso, verde e arancio sono

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Capitolo XII 266

sparse su tutta la superficie pittorica, quasi a voler accentuare la complessità della composizione (tav. IX c).

12.2 La ceramica Durante la dinastia Yuan la città di Jingdezhen 9:/ nella

provincia del Jiangxi (v. cap. XV) si afferma come il maggiore centro di produzione del paese. I mongoli stabiliscono nel 1278 l�Ufficio di Porcellana di Fuliang ;<, destinato inizialmente ad occuparsi solo della produzione per la corte; nel 1295 l�Ufficio s�ingrandisce enor-memente e la produzione copre un ambito molto più ampio; nello ultimo periodo di vita della dinastia, cioè dal 1338 al 1352, si produce sia per la corte che per il mercato interno ed esterno. Grandi quantità di porcellana qingbai sono state ritrovate in molti paesi del Sud-Est asiatico, in particolare nelle Filippine e in Indonesia.

Un�importante scoperta è avvenuta negli anni 1976-1977 con il recupero di una nave cinese affondata al largo delle coste coreane, in prossimità di Sinan. Sembra che tale nave fosse diretta in Giappone e che sia naufragata nella prima metà del XIV secolo, all�incirca tra il 1310 e il 1325, come testimoniano alcune monete ritrovate e la cui data più recente è appunto il 1310-11. Il carico era composto quasi esclusivamente da porcellane per un totale di circa 6500 pezzi, recu-perati in due volte. Il materiale è costituito da 3400 celadon, 2280 porcellane bianche di Jingdezhen, in prevalenza di tipo qingbai e shufu =>, e da 770 esemplari sia con decoro nero provenienti da Jizhou?* e Jian @, sia di tipo Jun e da altri pezzi con invetriatura marrone scuro, marrone giallastro e nera, prodotti in fornaci minori. Un dato estremamente importante è l�assoluta mancanza di porcellana �bianco e blu� a conferma della scarsa diffusione di questo tipo in quegli anni.

La produzione qingbai del periodo Yuan presenta alcune importanti novità, quali ad esempio l�aggiunta, nella decorazione, di macchie e punti in ossido di ferro; un ornato in rilievo con uccelli, rami di pru-gno, volute floreali; l�uso di elementi perlati; la comparsa di immagini buddhiste, in particolare Guanyin, di dimensioni varie (fig. 177). La

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crescente domanda di que-sto tipo di vasellame porta all�utilizzazione di forni sa-telliti tra cui quelli di De-hua :A nel Fujian e Ji-zhou nel Jiangxi. Agli inizi del XIV secolo si produce per il dipartimento gover-nativo denominato Shumi-yuan =BC, il tipo shufu �consiglio privato�, così chiamato per i due caratteri scritti sul pezzo. E� un va-sellame con decoro a stam-po e un�invetriatura bianco opaca o luanbai D E �bianco d�uovo�, ottenuta adoperando meno cenere di legno nella composizione dell�invetriatura e riducen-do il contenuto di ossido di calcio del tipo qingbai. Il tipo shufu è prodotto princi-palmente per la corte con forme che privilegiano cio-tole, coppe a stelo e piatti, spesso adoperati in cerimonie rituali. Esiste pure un vasellame di tipo commerciale destinato anche all�esporta-zione nel Sud-Est asiatico.

La grande sperimentazione di epoca Yuan sono i decori in blu cobalto e rosso rame sotto coperta (fig. 178). Ceramica dipinta sia in ingobbio che in ossido di ferro sotto coperta era stata già prodotta con i Tang a Changsha e con i Song a Cizhou e Jizhou.

Sull�origine del �bianco e blu� o qinghua F1 non c�è accordo tra gli studiosi cinesi e occidentali. I primi, parlano di tarda epoca Tang per l�inizio della decorazione in blu cobalto sotto coperta. I secondi, invece, non completamente convinti dalle scarse testimonianze esi-

Figura 177 � Guanyin qingbai

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stenti e in mancanza di maggiori dati e di analisi scientifiche con-trollate, continuano a sostenere che l�introduzione del �bianco e blu� sia avvenuta durante la dinastia Yuan.

Il primo �bianco e blu� deriva dal qingbai ed è probabile che sia stato prodotto nelle prime decadi del XIV secolo utilizzando il cobalto importato dall�Iran (fig. 179). All�inizio il cobalto arriva in Cina via mare dal Golfo Persico (da cui il nome sumali o sumani) fino al porto di Quanzhou G*, nel Fujian. L�ossido di cobalto è impastato con materiale feldspatico, macinato, mescolato con acqua e dipinto diret-tamente sul corpo non cotto che tende quindi ad assorbire il colore fissandolo ed evitando che coli. Si applica poi un�invetriatura feldspa-tica che, cuocendo a temperature tra i 1280º C e i 1300º C in atmo-sfera riducente, limitando cioè l�aria nel forno, forma un tutto unico col corpo. Il colore del blu dipende dalla purezza del cobalto: da un materiale con impurità di ferro o manganese si ottiene un colore grigiastro o nerastro. Inizialmente in Cina si adopera cobalto importa-to, libero da manganese ma contenente ferro che produce un colore in-

Figura 178 � Vasi con decori sotto coperta

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tenso e scuro; se non diluito bene fuoriesce dalla superficie invetriata e ossida in nero o marrone rossastro. Nella prima metà del XIV secolo si comincia ad usare cobalto locale proveniente dalla provincia dello Yunnan ma lo si mescola al cobalto importato. Il cobalto cinese, in-fatti, contenendo grandi quantità di manganese, produce un blu grigiastro.

Figura 179 � Vaso meiping �bianco e blu�

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Il �bianco e blu� è fin dagli inizi un vasellame prodotto per l�esportazione, prima nel Vicino Oriente, nel Sud-Est asiatico e nelle Filippine e successivamente in Europa, in quanto poco apprezzato dai Cinesi ancora legati alla tradizione Song di una porcellana dalle forme pure e dalle invetriature per lo più monocrome. Il decoro in blu co-balto sotto coperta sembra, infatti, ai Cinesi eccessivamente chiassoso e �volgare�, destinato, quindi, prevalentemente al mercato estero. All�inizio l�esportazione è diretta soprattutto al mondo musulmano do-ve ancora oggi esistono le due più grandi raccolte di �bianco e blu�, l�una nel Topkapi Sarayi di Istanbul e l�altra nel Museo Iran Bastan di Teheran con materiale proveniente dal mausoleo di Ardebil a cui fu donato nel 1611 dallo Shah Abbas il Grande.

E� documentata, però, anche una produzione di �bianco e blu� per il mercato interno ritrovata in sepolture e in complessi buddhisti di fine Yuan.

Talvolta il rosso rame è associato al �bianco e blu�; l�estrema difficoltà nel controllare l�ossido di rame, il cui risultato è un colore marroncino o grigiastro, porta ben presto all�abbandono di questa tecnica che sarà ripresa solo nei secoli successivi con risultati sod-disfacenti.

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LA DINASTIA MING Nel 1368 ritorna al potere una dinastia cinese, quella dei Ming H

(1368-1644), la cui sovranità sul paese durerà tre secoli. Durante tale periodo sono costruiti molti templi, riparati vecchi edifici, restaurata la Grande Muraglia e intensificati gli scambi commerciali. Tra il 1405 e il 1433 le giunche cinesi, al comando dell�eunuco Zheng He IJ, si spingono fin sulle coste dell�Africa Orientale in sette famose spe-dizioni che accrescono il prestigio della Corte Ming e aumentano i tri-buti dei paesi stranieri. All�inizio del XVI secolo arrivano in Cina gli Europei, prima i Portoghesi, poi gli Olandesi, interessati a gestire i lucrosi traffici commerciali con la Cina.

Negli ultimi anni sono state scavate parecchie tombe Ming ap-partenenti alle élites. Le sepolture più importanti sono quelle dei tre-dici imperatori che si trovano a nord-ovest di Pechino, nel distretto di Chanping KL (Hebei) (fig. 180). Vi si accede attraverso un quintuplo arco pailou MN da cui ha inizio lo shendao o �via degli spiriti�. Il pailou, costruito nel 1540 dall�Imperatore Jiajing OP (1522-1566) per commemorare la fondazione della dinastia, presenta sei colonne quadrate scolpite in un unico blocco di marmo; l�arco centrale è leg-germente più alto degli altri. Da tale arco si giunge al Changling QR, cioè al mausoleo sepolcrale dell�Imperatore Yongle �� (1403-1424), oltrepassando la Porta Dahong ST� a triplice apertura, co-struita nel 1425. Il defunto passava dall�arcata centrale, mentre l�imperatore regnante adoperava quella di sinistra. Accanto al pailou vi è il Padiglione della Stele, a pianta quadrata e con aperture sui quattro lati, che custodisce appunto una stele posta sul dorso di una tartaruga; due colonne di marmo scolpite con figure di qilin, animali fantastici, affiancano l�edificio. Da qui ha inizio il famoso shendao che presenta, lungo tutto il percorso, imponenti statue in marmo raf-figuranti animali, sia stanti sia inginocchiati, e sei coppie di statue di guerrieri e funzionari. Gli animali rappresentati sono leoni, i mitici bixie, cammelli, elefanti, qilin, cavalli.

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I mausolei sepolcrali hanno una struttura simile, con una serie di porte e cortili rivolti a sud verso il tumulo protetto da mura merlate; le tombe più grandi hanno tre cortili, quelle più piccole due. La dimora sotterranea dell�illustre defunto riproduce la pianta del Palazzo con dimensioni e proporzioni diverse a seconda dell�importanza della sepoltura.

Dei tredici mausolei quelli in migliore stato di conservazione sono il Changling dell�Imperatore Yongle, il Zhaoling UR dell�Imperatore Longqing VW (1567-1572) e lo Yongling �R dell�Imperatore Jiajing.

La tomba di Wanli XY (1573-1620), nel mausoleo Dingling ZR, è stata scavata nel 1957-58. E� costituita da un�anticamera, da una stanza per le offerte attraverso cui si accede a due camere laterali e, in fondo, dalla camera funebre, per una lunghezza totale di 97 m. Le stanze sono costruite in pietra, hanno volte a botte, pavimenti in marmo e porte di pietra, finemente scolpite. Sono stati trovati oltre 3000 oggetti funebri, tra cui vasellame d�oro e d�argento, porcellane,

Figura 180 � Shendao delle tombe Ming

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giade, abiti, sete, la corona d�oro dell�imperatore e il diadema della imperatrice, a forma di fenice, intarsiato con più di 5000 perle e oltre 100 pietre preziose, due autentici capolavori d�oreficeria.

Sono, inoltre, da segnalare altre due tombe scavate nel 1970. La prima si trova ai piedi del monte Jiulong ��� nella provincia dello Shandong. E� la sepoltura di Zhu Tan ��, Principe di Lu, decimo fi-glio di Zhu Yuanzhang ���, primo imperatore Ming, morto nel 1389 a soli 19 anni. La tomba è costituita da due camere e un corri-doio sotterraneo, per una lunghezza totale di circa 100 m. Il corridoio precede la prima camera, che è perpendicolare alla sala principale: le due camere misurano più di 20 m, sono costruite in grandi mattoni e hanno una porta di pietra laccata in rosso. Del corredo funebre, in buo-no stato di conservazione, sono stati recuperati circa un migliaio di og-getti tra cui la corona del principe, un copricapo di pelle e di garza nera, abiti di seta e cotone di vari tipi, molti mobili di lacca, un raro recipiente di lacca intarsiato in oro, statuine funerarie, una cetra ri-salente al 1164, scacchiera e scacchi, dipinti, rotoli di calligrafia, pen-nelli, inchiostro, carta, recipienti d�oro, d�argento, di bronzo e di porcellana. Le statuine funerarie comprendono due carri in miniatura, 380 figure umane e 24 cavalli; alcune delle figurine portano spade, lance, alabarde, asce e altre armi, mentre altre ancora reggono ventagli, baldacchini, suonano tamburi o altri strumenti. Tra i reperti più im-portanti vi sono 300 libri stampati in epoca Yuan, quattro rotoli di calligrafia e dipinti delle dinastie Song e Yuan tra cui uno con un ibisco fiorito e farfalle recante un�iscrizione dell�Imperatore Gaozong (1107-1187) dei Song Meridionali e un altro con un loto bianco di-pinto da Qian Xuan della dinastia Yuan.

La seconda tomba si trova a Chengdu nella provincia del Sichuan ed è quella del figlio maggiore del Principe di Shu, sepolto nel 1410. E� una grande costruzione in pietra e mattoni con tre volte a botte in mattoni; lunga 33 m; è costituita da una porta anteriore, un cortile an-teriore, una seconda porta principale, un cortile intermedio, una sala circolare e una sala posteriore con due camere laterali su ciascun lato. Le porte, le sale, i corridoi e le camere laterali sono costruite con gran-di pietre e mattonelle invetriate. Il corredo funebre, privato degli og-getti più preziosi, poiché la tomba è stata saccheggiata, comprende

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circa 500 statuine di terracotta invetriata, alte 31-32 cm, raffiguranti guardie d�onore allineate davanti alle camere laterali, guerrieri armati, attendenti con armi e bandiere, musicanti con vari strumenti e carri reali, tutti modellati con grande accuratezza e abilità.

13.1 La pittura I pittori Ming guardano alla tradizione Song per la perfezione della

rappresentazione oggettiva e a quella Yuan per la libertà dell�espres-sione soggettiva. Le due tradizioni confluiscono, agli inizi della di-nastia, nelle due principali scuole che si richiamano alle tradizioni Song e Yuan: la scuola Zhe (dalla regione del Zhejiang) e la scuola Wu (da Wuxian �,nella zona di Suzhou nel Jiangsu).

Con il primo Imperatore Hongwu � (1368-1398), gli intellettuali sono perseguitati e si rifugiano soprattutto nell�Anhui. Notevole è, in questo periodo, lo sviluppo del sud, in particolare della città di Nan-chino, che diventa capitale agli inizi della dinastia, mentre con l�Imperatore Yongle, la capitale è trasferita a Pechino.

Il periodo Ming è un�epoca in cui si formano grandi collezioni e si sviluppano speculazioni estetiche e critica d�arte e, per la prima volta nella storia della pittura cinese, domina l�eclettismo.

Esistono due tipi di pittori professionisti: quelli che si dedicano alla pittura occupando posizioni ufficiali all�interno dell�Accademia o ri-coprendo altre cariche governative, ottenute per meriti artistici, e quel-li che sono unicamente artigiani di talento con regolari botteghe o stu-di, in grado di eseguire, su commissione, dipinti di qualsiasi stile, pa-raventi, pitture decorative e riproduzioni di artisti celebri.

Coloro non compresi in queste due categorie sono considerati artisti dilettanti, rappresentati dai pittori della scuola Wu e dagli innu-merevoli funzionari governativi che si dilettano di pittura, quale prin-cipale svago del letterato.

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13.2 La scuola Zhe La scuola Zhe, che raggiunge l�apogeo nel XV secolo, mostra il

gusto conservatore della corte e si richiama ai maestri dell�Accademia Song. Tra i pittori che si dedicano al genere fiori e uccelli sono da ricordare Bian Wenjin (1354 ca.-1428) e Lü Ji (fine XV- inizi XVI secolo).

Bian Wenjin ���, originario del Fujian, si specializza nella pit-tura di fiori e uccelli realizzati in una ricca policromia che rimanda all�Accademia dell�Imperatore Huizong della dinastia Song (fig. 181).

L�artista più famoso in questo genere è Lü Ji ��, autore di dipinti di grande formato destinati a decorare le sale dei palazzi dell�élites. Rielabora lo stile di Bian Wenjin in composizioni più complesse, varie e monumentali, con una maggiore profondità del primo piano accen-tuata da voli di uccelli, dal corso sinuoso di una sorgente o da un ban-

Figura 181 � Bian Wenjin, I tre amici e cento uccelli (particolare)

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co di bruma. Nelle sue composizioni asimmetriche unisce la pittura ad inchio-stro, derivata dalla �scuola Ma-Xia�, a colori brillanti, applicati con grande atten-zione.

Nel dipinto Anatre ac-canto ad una sponda nevo-sa, custodito nel Museo Na-zionale di Taibei, anatre e uccelli sono dipinti con grande realismo in una ese-cuzione impeccabile domi-nata da un tronco di albero innevato (fig. 182).

Nella pittura accademica di paesaggio i modelli sono gli artisti dei Song Meridio-nali, ma il realismo è mag-giore e la pennellata più sciolta.

Il fondatore della scuola Zhe è Dai Jin �� (1388-1452), attivo nella prima metà del XV secolo. Non riscuote successo a corte, lascia, quindi, Nanchino e si ritira ad Hangzhou, nella

sua provincia natia, il Zhejiang, dedicandosi esclusivamente alla pittura. Muore in povertà, non essendo considerato dai suoi contem-poranei un grande artista; solo dopo la morte diventa famoso ed è imitato da molti pittori.

Dai Jin, nei suoi dipinti, mostra la società del tempo, privilegiando la rappresentazione di un mondo semplice e sobrio, popolato da contadini, pescatori, letterati poveri e stanchi, inservienti solitari e tor-mentati, funzionari a riposo, e così via. Illustra le preoccupazioni uma-

Figura 182 � Lü Ji, Anatre accanto ad una sponda nevosa

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ne con grande partecipazione e solo raramente dipinge la vita delle élites. Inizialmente il suo stile si basa sui pittori accademici dei Song Meridionali per poi svilupparsi in una maniera molto personale, audace e impressio-nistica. Molti sono i dettagli narra-tivi evidenziati dall�uso di cun a �fendente d�ascia�, e da ampie velature d�inchiostro.

Esemplificativo in tal senso è il dipinto Spingendosi al di là del ponte, appartenente al Museo Na-zionale di Taibei (fig. 183).

Allievo di Dai Jin è Wu Wei � (1459-1508), pittore di corte, ammirato per la pennellata vigo-rosa ed estremamente attento a creare un equilibrio tra ciò che è visibile e ciò che non lo è. Uno slancio particolare della pennel-lata è riconoscibile nella realizza-zione degli alberi, mentre linee nervose e calligrafiche sono ado-perate nell�esecuzione degli abiti, come, ad esempio, nel dipinto Da-ma con �pipa�, conservato nello Indianapolis Museum of Art (fig. 184).

Un tardo esponente della scuola Zhe è il pittore Lan Ying �� (1578-1660) che ne fa rivivere l�arte elegante ed eclettica. Si spe-cializza nella pittura di paesaggio che esegue ispirandosi allo stile degli artisti del passato, come nel rotolo Paesaggio nello stile di Huang Gongwang, custodito nel Museo Nazionale di Taibei (fig. 185).

Figura 183 � Dai Jin, Spingendosi al di là del ponte

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Figura 184 � Wu Wei, Dama con �pipa�

Figura 185 � Lan Ying, Paesaggio nello stile di Huang

Gongwang

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13.3 La scuola Wu A Wuxian, nell�odierna regione di Suzhou sul delta dello Yangzi,

vive un gruppo di pittori, attivi alla fine del XV secolo. Si tratta di per-sonaggi colti, versati in tutte quelle che sono le arti del letterato. Molti provengono da famiglie agiate e intraprendono la carriera burocratica, dedicandosi allo studio e alla pittura che considerano come una forma d�espressione intima e personale, in contrapposizione al realismo ro-mantico della scuola Zhe. Dipingono per diletto, in stili diversi alla maniera dei maestri Yuan e tale tendenza all�eclettismo è la naturale conseguenza di un profondo interesse per la tecnica della pennellata. Sono spesso, perciò, abili calligrafi e amano accompagnare le loro pit-ture con poesie attraverso cui esprimono il loro stato d�animo.

Il fondatore della scuola Wu è Shen Zhou �� (1427-1509). Proviene da una famiglia di letterati e pittori. Sceglie di vivere in modo tranquillo in una casetta con giardino, vicino Suzhou, dedi-candosi alla letteratura e alla pittura. Vive a lungo dipingendo un gran numero di rotoli e fogli d�album, di cui rimangono, ancora oggi, molti esemplari. La sua influenza, nei secoli successivi, sarà enorme.

E� possibile analizzare l�evoluzione della sua arte, per la frequente presenza sui suoi dipinti, di iscrizioni, sigilli e date. Shen Zhou studia la pittura attraverso le opere degli antichi maestri, imitandone gli stili, con una particolare attenzione ai pittori della dinastia Yuan, Wang Meng , Ni Zan e Wu Zhen. In alcune opere esprime un forte elemento realistico, soprattutto negli effetti atmosferici a distanza. Si serve dei colori tipici della scuola Wu, dalle pallide velature trasparenti di az-zurro, al grigio verde e marrone rossastro, sempre, comunque, subor-dinati ai tratti del pennello e ai toni dell�inchiostro. La pennellata è ampia e carica di un inchiostro dai toni argentei o bagnato e brillante, risultato di singole pennellate unite da velature d�inchiostro sfumate. Adopera una grande quantità di puntini di varie dimensioni, sia per la vegetazione sia per sottolineare alcuni elementi, oppure utilizza brevi tocchi verticali. Il contorno delle forme è realizzato con tratti ampi, ir-regolari, ottenuti spesso con la parte laterale del pennello. Fa uso di cun a �fibra di canapa�, lunghi e ondulati, o corti e irregolari con velature, che adoperate per vette distanti, mostrano tonalità grigie o azzurro pallido. Il disegno è sciolto, forte e sicuro e utilizza il bianco

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della carta per l�acqua e le nuvole, mentre, spesso nelle sue com-posizioni, estensioni di terreno pianeggianti appaiono come zone vuo-te, talvolta con una lieve inclinazione.

Nell�album Dodici vedute della collina della Tigre illustra questa famosa località, nelle vicinanze di Suzhou, in dodici momenti diversi, mostrando episodi di vita quotidiana, come ad esempio, la scena in cui un servitore sta rientrando nel monastero dopo aver attinto l�acqua al pozzo che si trova accanto alla porta del tempio (fig. 186). In questo piccolo foglio d�album, Shen Zhou riesce a cogliere, con grande rea-lismo e apparente semplicità, un momento della vita del monastero mostrando ciò che accade all�interno e all�esterno del muro di cinta.

Allievo di Shen Zhou è Wen Zhengming ��� (1470-1559) che rappresenta l�ideale del pittore letterato. Proviene da una famiglia di funzionari e, dopo vari tentativi falliti di superare gli esami di stato,

Figura 186 � Shen Zhou, Dodici vedute della collina della Tigre ( un foglio da un album di dodici)

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riesce ad entrare all�Accademia, dalla quale si dimette pochi anni dopo. Trascorre, quindi, la sua vita frequentando i circoli intellettuali di Suzhou, dedicandosi alla poesia, alla calligrafia e alla pittura. All�inizio è molto influenzato da Shen Zhou e solo successivamente sviluppa un proprio stile pittorico. Adopera un inchiostro ricco e vario ed una pennellata, sia energica e strutturale, sia leggera e scorrevole. In tarda età guarda ai maestri Yuan prediligendo, nei suoi dipinti, la rappresentazione di vecchi alberi nodosi, contorti, piegati, a volte isolati, a volte in masse aggrovigliate in cui sono messi in risalto tron-chi vetusti abbarbicati al suolo per mezzo di radici ramificate. Nelle sue opere, tra cui Pini verdeggianti e limpide sorgenti, le figure occu-pano uno spazio chiuso e ambiguo, circondate da un ambiente che rischia di esplodere o disgregarsi e che diventa, così carico di tensioni, una metafora sociale. Il paesaggio, brullo e pietroso, è sottolineato unicamente da poche rocce o da una rupe, una cascata, un corso d�acqua, eseguiti con un disegno immediato e un inchiostro che varia, sia per qualità sia per tonalità, dal nero al grigio umido, a volte molto secco, steso lievemente sopra la carta (fig. 187). La grande diffusione e popolarità dei dipinti e delle calligrafie di Wen Zhengming hanno dato luogo ad un fiorente mercato di copie e di falsi, quando ancora l�artista era in vita.

Due importanti pittori, attivi nella prima metà del XVI secolo, non possono essere classificati né nella scuola Zhe, né in quella Wu: Tang Yin e Qiu Ying.

Tang Yin �� (1470-1523), pittore sensibile ed equilibrato, domina la scena artistica di Suzhou nel primo quarto del XVI secolo. Coinvolto in uno scandalo per frode durante un esame per un concorso pubblico e privato del grado, trascorre lunghi periodi tra bettole e case di piacere per poi ritirarsi in monasteri buddhisti. Per sopravvivere, dipinge in vari stili paesaggi, figure, fiori e bambù, influenzato, nella pittura di paesaggio, dagli artisti dei Song Settentrionali nella rap-presentazione di paesaggi imponenti con cascate fragorose, vette dalla forte spinta verticale, gole profonde e una grande ricchezza di par-ticolari. Nello stesso tempo le sue pitture sono realistiche, senza effetti atmosferici presenti, invece, nei dipinti della scuola Zhe che li ha ere-ditati dall�Accademia dei Song Meridionali. Gli alberi in primo piano del paesaggio Primavera precoce del Museo Nazionale di Taibei sono

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disegnati in modo accurato, come pure il massiccio montuoso e le vette minori che occupano la parte alta della pittura e adoperano cun che sono una combinazione delle pennellate usate da Li Tang oppure del tipo a �goccia di pioggia� e a �fava spaccata�, caratteristici di Fan Kuan. Il modulo tonale presenta forti contrasti tra accenti scuri e aree chiare (fig. 188). Il disegno accurato e particolareggiato degli alberi e delle figure, oltre alla sua amicizia per Wen Zhengming lo avvicinano alla scuola Wu, mentre la qualità dell�inchiostro lo assimila ai maestri Yuan.

Figura 187 � Wen Zhengming, Pini verdeggianti e limpide sorgenti (particolare)

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Figura 188 � Tang Yin, Primavera precoce

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Un esperto pittore professionista ad Hangzhou è Qiu Ying �� (1585-1664). Sulla sua vita si hanno scarse notizie; si sa solo che è di umili origini e che trova protezione in un mecenate che ne intuisce il talento. Si specializza nel dipingere paesaggi in modo eclettico ispi-randosi ai grandi artisti del passato, pur trasformando i loro stili in qualcosa di diverso e personale. Realizza lunghi rotoli, in cui rappre-senta importanti avvenimenti storici, definiti da dettagli minuziosi, da un disegno accurato e da colori vivaci. Nel delizioso foglio d�album Godendo di cose antiche nel giardino dei bambù conservato nel Museo del Palazzo Imperiale di Pechino, la scena rappresentata è ani-mata da numerosi personaggi (tav. X a). I letterati, protetti da para-venti, osservano attentamente oggetti antichi, quali bronzi arcaici, ro-toli dipinti e fogli d�album, che vengono recati loro da inservienti, mentre dame e altri servitori preparano ed offrono il tè. Sullo sfondo è dipinto un boschetto di bambù in cui si muovono altri inservienti. Altri letterati sono, invece, raffigurati in conversazione all�interno di un pa-diglione mentre i loro servitori si accingono a preparare il tè nel par-ticolare di un rotolo Il boschetto orientale che si trova nel Museo Nazionale di Taibei (tav. X b).

Qiu Ying è considerato l�ultimo grande pittore ad utilizzare il famoso stile �azzurro e verde�, minuzioso e colorato, creato dai pittori della dinastia Tang. Nei suoi paesaggi dai colori vivaci utilizza una pennellata forte e sciolta per delineare le rocce e le piante e tratti cal-ligrafici per eseguire gli abiti dei personaggi rappresentati. Talvolta il suo stile è più equilibrato e richiama i pittori della scuola Wu che, a loro volta, si sono ispirati ai maestri Yuan. Copie e falsi di Qiu Ying sono molto numerosi.

Un artista importante della fine del periodo Ming è Dong Qichang � ! (1555-1636), letterato, funzionario, dedito a poesia, calligrafia e pittura (fig. 189). Ricopre vari e importanti posti pubblici. E� consi-derato il più grande esperto d�arte del suo tempo; viaggia molto e riesce a vedere tutti i dipinti esistenti alla sua epoca. Le teorie este-tiche di Dong Qichang hanno avuto una grande influenza anche nei periodi successivi. Egli considera la pittura di paesaggio un mezzo attraverso cui l�uomo di cultura esprime il suo spirito e la sua per-cezione della natura. La pittura non deve competere con il paesaggio

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reale poiché possiede, una propria bellezza rappresentata dalle capacità del pennello e dell�inchiostro, mezzi attraverso cui l�artista è in grado di comunicare l�intima realtà. Colui che ha qualcosa da esprimere è il letterato che, con uno studio intenso delle tecniche, riesce ad elaborare teorie complesse sul pennello e sull�inchiostro. E� necessario studiare le pitture an-tiche, le peculiarità degli cun, la composizione del dipinto. Solo così si possono ottenere risultati notevoli, cogliere l�essenza dello stile degli antichi maestri e com-prendere il loro successo. Sono degni di emulazione solo gli artisti i cui risultati corrispondono agli ideali del pittore letterato. Dong Qichang elabora la famosa suddivisione delle scuole pittoriche settentrionali e meridionali richiamandosi alla scissione avvenuta, alla fine del VII secolo, nella scuola del buddhismo chan. I pittori che dipingono solo l�aspetto esteriore delle cose, quello mondano e decorativo, sono collegati alla scuola del chan settentrionale o della illuminazione graduale. Coloro che cercano la realtà interiore ed esprimono la loro intima natura fanno parte della scuola meridionale o dell�illuminazione improvvisa. Come abbiamo già detto, il fondatore della tradizione meridionale è Wang Wei e i fondatori della tradizione settentrionale sono Li Sixun e Li Zhaodao. Tutti i grandi paesaggisti delle Cinque Dinastie e dei Song Settentrionali sono inseriti nella scuola meridionale, come pure i quattro maestri Yuan e i pittori della scuola Wu. Nella scuola settentrionale sono, invece, classificati Li Tang, la �scuola Ma-Xia�, i pittori della scuola Zhe e Qiu Ying.

Figura 189 � Dong Qichang, Paesaggio

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Un artista che vive nel periodo di transizione tra le dinastie, Ming e Qing, è Chen Hongshou "�# (1598-1652). Studia a Hangzhou con Lan Ying, tenta la carriera burocratica ma rifiuta l�incarico di pittore di corte. E� un pittore di figure che rappresenta in modo strano ed ec-centrico, con uno stile molto personale. Adopera la linea a �filo di

ferro� dei pittori di fi-gure del periodo Tang, come Zhou Fang e dei Song settentrionali, co-me Li Gonglin. Vive sotto i Ming per la maggior parte della sua vita e, con l�arrivo dei Mancesi, si ritira in un monastero buddhista. Esegue dipinti di magi-ci personaggi daoisti e di strane figure femmi-nili dai volti lunghi e dai corpi esili Nel roto-lo L�artista con suo ni-pote, conservato nel Museo Nazionale di Taibei, i due perso-naggi sono inseriti in un paesaggio fantastico dalle acque prosciugate e rocce stratificate, do-minato da alti alberi di pino dai tronchi nodosi e dai rami folti. Il dise-gno nitido e i colori vi-vaci accentuano l�ec-centricità dell� ambien-te (fig. 190).

Figura 190 � Chen Hongshou, L�artista con suo nipote

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13.4 La ceramica Con la dinastia Ming a Jingdezhen nel 1369 è stabilita una mani-

fattura imperiale a Zhushan �� (Collina delle perle). In seguito a la-vori stradali e di ordinaria manutenzione nel 1979 vengono alla luce resti di fornaci: è questo il capitolo iniziale della scoperta delle fornaci imperiali di epoca Ming e di numerose campagne di scavo nella zona di Zhushan che hanno portato alla luce vasellame delle ere di regno Hongwu, Yongle e Xuande $% (1426-1435).

Il materiale dell�era di regno Hongwu, rispecchiando i gusti dello imperatore, è realizzato preferibilmente in rosso rame sotto coperta con motivi floreali, soprattutto crisantemi, oppure presenta coppe mo-nocrome, sempre in rosso, decorate con draghi.

Nell�era di regno Yongle la produzione si concentra sui monocromi bianchi, sul �bianco e blu�, sul rosso rame di qualità non eccellente e su una combinazione di due colori, quali il rosso e blu o il bianco e rosso; sono stati ritrovati, pure, esemplari con decori policromi del ti-po wucai &' �cinque colori� (tav. XI a), di solito attribuiti alla suc-cessiva era Chenghua () (1465-1487).

Il �bianco e blu� comincia ad essere apprezzato anche dalla corte e a presentare una marca di regno, quasi a voler sancire la sua destinazione �ufficiale�.

Le ere di regno Xuande e Chenghua rappresentano il momento più alto della produzione del �bianco e blu� e dei monocromi rosso rame, caratterizzati da un bel rosso scuro e da una superficie lievemente ma-culata che li distingue dalle successive imitazioni di epoca Qing. Nelle ultime campagne archeologiche è stato portato alla luce vasellame di era Xuande di tipo doucai *' �colori contrastanti� in cui i contorni dei motivi decorativi sono delineati in blu cobalto sotto coperta, men-tre il decoro è con smalti policromi sopra coperta, quali il rosso, il verde, il giallo e il bruno porpora (tav. XI b). La raffinatezza e la bellezza della porcellana di questi due periodi è tale da rappresentare, per i secoli successivi, un modello da imitare nelle forme, nelle in-vetriature e soprattutto nelle marche di regno con l�intento, non di fal-sificare, ma di valorizzare il pezzo attribuendolo ad un�epoca con-siderata �classica�

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Agli inizi del XV secolo comincia ad essere usato anche il cobalto cinese che spesso, però, è mescolato a quello importato dall�Iran; agli inizi del XVI secolo si scopre cobalto di migliore qualità nella pro-vincia del Jiangxi e si riesce ad ottenere un blu scuro intenso, mentre successivamente i vasai cinesi sono in grado di purificare il cobalto che proviene anche dalle regioni del Zhejiang e Guangdong e di ot-tenere così un blu luminoso e brillante.

Il repertorio di forme si arricchisce di prestiti esterni con forme metalliche sia islamiche che tibetane, queste ultime esemplificate da un boccale a �cappuccio di monaco� sengmao hu +,- (fig. 191), mentre continua la riproposta delle forme derivate dagli antichi bronzi rituali. Motivi decorativi dominanti sono il drago e la fenice, la coppia di draghi all�inseguimento della perla fiammeggiante, volute di loto, tralci di peonie, onde, nuvole, ecc.

Fig. 191 � Brocca sengmao hu

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Il �bianco e blu� d�esportazione della fine dell�epoca Ming è rap-presentato dalla kraakporselein la cui denominazione deriva dalla dizione olandese della parola portoghese �caracca�. Nel 1602 e nel 1604 sono infatti catturate, al largo di S. Elena e nello stretto di Ma-lacca, due caracche portoghesi, cariche appunto di vasellame �bianco e blu� del tipo che sarà poi chiamato kraak. Si tratta di una porcellana sottile, leggera, decorata con motivi floreali, uccelli, simboli, piante e figure, inseriti in pannelli di dimensioni variabili disposti radialmente a suddividere la superficie del pezzo stagliandosi talvolta in riserva su fondi geometrici (fig. 192). La qualità del materiale del corpo, della invetriatura e del colore è varia, mentre le forme, spesso eseguite su commissione europea, sono limitate quasi esclusivamente al vasellame da tavola. Porcellana di questo tipo è prodotta dalla metà del XVI secolo fino alla fine del secolo successivo ed è esportata in grandi quantità in Europa dove riscuote un grande successo fin dalla prima vendita all�asta svoltasi in Olanda agli inizi del XVII secolo, dopo la cattura delle due caracche portoghesi. La popolarità di questo tipo di porcellana e la sua diffusione è testimoniata da una serie di ritrova-menti, sia sulla costa orientale dell�Africa sia su quella americana nella baia di Drake presso San Francisco. Vasellame cinese di tipo kraak è frequentemente raffigurato nei secoli XVII e XVIII su dipinti fiamminghi, soprattutto su nature morte.

In una produzione che potremmo definire �popolare� minyao �� in quanto non destinata alla corte, ma utilizzata in strutture archi-tettoniche e in contesti religiosi, si ha, dalla dinastia Ming in poi, una ripresa delle invetriature al piombo sancai di epoca Tang, applicate sul corpo già cotto, cioè sul biscotto.

Un�altra tipologia, prodotta al nord nello Shanxi e al sud a Jing-dezhen, è il fahua �� versione ceramica del cloisonné, rappresentata da vasellame con una vistosa decorazione in invetriature alcaline di colore blu scuro, turchese, porpora, giallo, verde e bianco, separate le une dalle altre da listelli di ingobbio bianco, come nella tecnica dello smalto cloisonné (v. cap. XVI). Talvolta, specialmente al sud, la sepa-razione tra i diversi colori avviene con incisioni. La tipologia del fahua è rappresentata da grandi pezzi, come ad esempio recipienti, se-

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dili per giardino, vasi meiping, tegole per tetti, immagini religiose (tav. XI c).

Figura 192 � Piatto �bianco e blu� di tipo kraak

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LA DINASTIA QING Ai Ming succede un�altra dinastia straniera, i Mancesi, che pren-

dono il nome dinastico di Qing � (1644-1911) e governano il paese con tre grandi imperatori, letterati, mecenati e collezionisti: Kangxi �� (1662-1722), Yongzheng (1723-1735) e Qianlong �� (1736-1795). La capitale, Pechino, assume l�aspetto che ancora in parte conserva, con gli edifici simmetrici e ben spaziati lungo l�asse centrale. Tale asse inizia alla porta Yongding ��, che si apre sul muro me-ridionale della città esterna ed è fiancheggiata ad ovest dal Tempio dell�Agricoltura e ad est da quello del Cielo. L�asse corre in direzione nord verso la Torre della Campana nei pressi del muro settentrionale della città esterna. Raggiunge dapprima la Qianmen ��, la porta che collega la città esterna a quella interna, e successivamente la Tian�anmen ���, che rappresenta l�ingresso alla Città Proibita (fig. 193).

Figura 193 � Pechino, Città Proibita

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Con il consolidarsi del potere mancese, all�incirca verso il 1680 nell�era di regno Kangxi, è lo stesso imperatore a dare impulso all�arte promuovendo, all�interno del Palazzo Imperiale, la creazione di una serie di manifatture zaobanchu ���, alle dirette dipendenze dello Ufficio per gli Affari di Corte neiwufu ���, per la produzione di oggetti d�arte in laboratori attrezzati per lacca, porcellana, vetro, smalto, mobili, giada, destinati soprattutto alle esigenze del Palazzo.

Le manifatture imperiali rappresentano la novità della dinastia Qing e nello stesso tempo sono anche espressione di un�arte di corte e di un gusto imperiale. I loro prodotti giungono per la prima volta in Oc-cidente solo dopo il saccheggio, compiuto nel 1860 da truppe francesi e inglesi, dello Yuamingyuan ���, il Palazzo d�Estate di Pechino. L�Europa fino ad allora aveva conosciuto solo oggetti creati per l�esportazione, spesso eseguiti su commissione occidentale, con un gusto che cercava di armonizzare entrambe le culture, pur restando il manufatto decisamente cinese. Durante la dinastia Qing, accanto alle manifatture imperiali patrocinate e gestite dalla corte, continuano ad esistere ed operare altre manifatture, distribuite in varie parti del paese, per rifornire sia il mercato interno sia quello estero.

L�odio dei cinesi nei confronti di una dinastia straniera comincia in parte ad attenuarsi per l�atteggiamento di ammirazione e rispetto, as-sunto dall�Imperatore Kangxi, per la tradizione culturale cinese. Kang-xi riorganizza gli esami ufficiali per l�accesso alla carriera burocratica e compie sacrifici sulle tombe degli imperatori della dinastia Ming. Il paese si appresta a vivere un lungo periodo di prosperità e di pace che naturalmente favorisce ogni attività artistica. Nonostante l�impulso creativo dato dall�imperatore con le manifatture imperiali per i vari tipi di artigianato, all�interno della stessa residenza imperiale, è però il sud della Cina, come era già avvenuto in altre epoche storiche, ad essere la parte culturalmente più vivace e più vitale del paese. In particolare, la zona in cui si svolge la vita artistica, intellettuale e commerciale, è quella denominata Jiangnan, a �sud del fiume�, situata tra il fiume Yangzi e la provincia del Zhejiang e che comprende quattro grandi città: Yangzhou ��, Suzhou, Hangzhou e Nanchino. Si tratta di località ricche, famose per la bellezza delle case e dei giardini e per il clima mite, dove trovano rifugio funzionari a riposo,

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artisti e letterati che desiderano essere lontani dalla corte e godersi la vita dedicandosi ai loro passatempi favoriti. C�è grande richiesta di manufatti artistici soprattutto da parte dei mercanti di sale e dei ricchi commercianti che diventano collezionisti e mecenati. E� anche un�epoca d�antiquariato in cui si guarda al passato, alla ricerca di oggetti antichi che diventano di moda e sono riprodotti in vari materiali. I �nuovi ricchi� si danno ad ogni sorta di stravaganza ed eccentricità condizionando spesso il gusto del periodo e rivelando, col passare del tempo, l�irrimediabile decadenza e corruzione di una società ormai asfittica.

Collezionisti e mecenati sono anche i tre grandi imperatori Qing, in particolare Qianlong che porta la collezione imperiale a superare di gran lunga quella dell�Imperatore Huizong della dinastia Song. Il declino artistico comincia già a manifestarsi nella prima parte del regno di Qianlong per poi accentuarsi nel XIX secolo. Ormai la corte non è più patrona delle arti e gli Imperatori Jiaqing �� (1796-1820) e Daoguang ! (1821-1850) s�interessano molto poco ai manufatti artistici. La situazione degenera ulteriormente e, nel secolo successivo, con l�Imperatrice vedova Cixi "# (1838-1908) il cattivo gusto della corte influenza negativamente l�attività creativa.

Ma, accanto all�ostentazione e all�eccentricità di una classe emer-gente, resta pur sempre intatta la tradizionale riservatezza della classe dei letterati che, anzi, vivono ancora di più in un loro mondo, in un isolamento che ne garantisce la sopravvivenza e ne perpetua gli ideali. Il letterato-gentiluomo-funzionario, molto spesso collezionista e cono-scitore, ama la semplicità, la raffinatezza, l�eleganza in tutto ciò che lo circonda e di cui si serve; ama dividere i suoi piaceri estetici con amici e conoscitori che provano diletto ed emozione alla sua stessa maniera.

Nel campo artistico, l�arredamento della casa, per esempio, deve essere sobrio e discreto e gli oggetti in armonia reciproca: il vasto ambiente della sala di ricevimento avrà solo un tavolo su cui è preferibile sistemare un pezzo unico e al di sopra del quale si appen-deranno un grande rotolo dipinto tanghua $% e due calligrafie. La scelta sia del tanghua e delle calligrafie che dell�oggetto sul tavolo richiede una cura particolare per l�intima armonia che deve regnare tra i vari pezzi esposti, la cui rotazione stagionale è un�altra delle

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caratteristiche più importanti. L�arredamento essenziale della sala di ricevimento può essere completato da qualche grande vaso, di bronzo in inverno e di ceramica in estate, destinato a contenere rami di pru-gno. Alla vastità e solennità di tale sala si contrappone l�intimità delle altre stanze, dove tutto è in proporzioni ridotte. Così nello studio o biblioteca ci saranno soltanto due armadi per i libri e per tutto ciò che serve al letterato, i suoi �tesori� (carta, pennello, inchiostro, pietra da inchiostro, ecc.), un tavolo stretto e lungo per poter esaminare i rotoli di pittura, qualche sedia o una poltrona di bambù, un incensiere, un fornellino per preparare il tè: un ordine perfetto e una pulizia rigorosa sono di regola. Anche la disposizione delle finestre è curata con particolare attenzione per poter godere dell�inquadratura più suggestiva del giardino il cui angolo visuale può cambiare con l�inserimento, davanti alla finestra, di una tenda di seta. In fondo al giardino spesso vi sono padiglioni dai nomi romantici, in cui il letterato, lontano dalla corte e dalla convulsa vita della città, si dedica ai piaceri dell�amicizia e alle raffinatezze dello spirito, sia in solitudine dipingendo, componendo poesie, suonando nel silenzio della natura, che intrattenendosi festosamente con gli amici in banchetti, gare poetiche, apprezzamento d�opere d�arte, ecc. Trascorre una vita meditativa nella tradizione del dao o del buddhismo chan o più semplicemente si gode la vita in tutti i suoi aspetti piacevoli.

14.1 L�architettura L�attuale Palazzo Imperiale Gugong &' , iniziato in epoca Ming,

è stato in gran parte ricostruito e restaurato durante la dinastia Qing. La Città Proibita si presenta come un immenso rettangolo di quasi un chilometro di lunghezza, sull�asse sud-nord, e 760 m di larghezza, sull�asse est-ovest, cinto da mura e circondato da un fossato. Il muro è interrotto da quattro porte, ciascuna a tre aperture, sormontata da un padiglione. La parte ufficiale del Palazzo comprende tre grandi edifici d�onore, costruiti su un vasto terrazzo a tre gradini: Taihedian ()* la Sala della Suprema Armonia, Zhonghedian +)*, la Sala della Perfetta Armonia e infine Baohedian ,)* , la Sala della Con-

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servazione dell�Armonia. Nella parte privata del Palazzo o cortile in-terno, verso nord, vi sono altre tre grandi sale che corrispondono a tre sale ufficiali della corte interna. Su ciascun lato sono disposti, nei cortili, numerosi padiglioni che corrispondono agli appartamenti della famiglia imperiale, delle concubine e degli eunuchi. L�angolo nord-ovest del Palazzo è occupato da un vasto parco, suddiviso in un gran numero di cortili e di recinti, chiusi da mura. Anche i colori adoperati sottolineano l�imponenza degli edifici: il bianco del marmo per terrazze, scalinate e balaustre; il giallo per le tegole dei tetti; il rosso scuro per le mura e gli elementi di legno e i colori brillanti sotto gli spioventi dei tetti (fig. 194).

Un altro importante edificio pubblico di Pechino è il Tempio del Cielo, Tiantan �-, che si trova a sud. Il complesso attuale risale alla dinastia Qing, anche se la sua costruzione ebbe inizio nel XV secolo e subì numerosi restauri nel corso del tempo. La struttura, circondata da una doppia cinta muraria, si divide in due parti con funzioni distinte: al sud l�altare circolare; al nord il tempio propriamente detto dove l�imperatore chiedeva al Cielo buoni raccolti. Le due parti sono col-legate da un viale mediano, largo 30 m (fig. 195).

Figura 194 � Città Proibita, Sala della Suprema Armonia

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Figura 195 � Pechino, Tempio del Cielo

Figura 196 � Pechino, Yuanmingyuan

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A nord-ovest di Pechino, l�Imperatore Kangxi promuove la costru-zione di un Palazzo d�Estate, chiamato Yuanmingyuan. Il complesso è allargato sotto Yongzheng e nuovamente con Qianlong che vi fa ag-giungere alcuni padiglioni disegnati dal pittore di corte, il gesuita italiano, Giuseppe Castiglione (1688-1766) o Lang Shining ./0, in una versione cinese, derivata dal rococò italiano del XVIII secolo. Gli edifici sono abbelliti con fontane e giochi d�acqua, progettati dal ge-suita francese, Padre Benoit, ad imitazione della reggia di Versailles. Anche gli interni sono arricchiti con specchiere, tappezzerie, mobili in stile occidentale, in un curioso ibrido che piace ai Cinesi e caratterizza l�arte del Settecento (fig. 196).

14.2 La pittura La pittura Qing, che si ramifica in varie scuole, spesso collegate a

centri regionali di attività artistica, si può schematicamente dividere in due correnti principali: quella �ortodossa� e quella �individualista�.

La prima, che opera nell�ambito della corte, è rappresentata dai �sei maestri ortodossi�, cioè i �quattro Wang�, di cui ci occuperemo più dettagliatamente in seguito, e da Wu Li 12 (1632-1718) e Yun Shouping 345 (1633-1690). Si tratta di artisti che operano nel solco della tradizione, su ispirazione diretta delle teorie di Dong Qichang, dipingendo soprattutto paesaggi, fatta eccezione per Yun Shouping che si dedica alla pittura di fiori

La seconda corrente comprende artisti innovatori, dalla forte personalità ma pur sempre consapevoli dell�autorità del passato, rag-gruppati di solito sotto varie denominazioni: i lealisti Ming, yimin �uomini lasciati�; i �quattro monaci�, cioè Hongren, Kuncan, Shitao e Bada Shanren � (v. par. 14.4) e gli �eccentrici di Yangzhou� (v. par. 14.5).

L�aspetto più rilevante è rappresentato dal rifiuto, da parte di un gran numero di artisti, di porsi al servizio di una dinastia straniera preferendo piuttosto una vita monastica o un isolamento totale. Resta comune, invece, l�atteggiamento di rispetto e venerazione verso la tra-dizione del passato e lo studio delle opere degli antichi maestri. Solo

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così, infatti, il pittore giunge ad impadronirsi della tecnica e a cogliere lo �spirito vitale�, riuscendo a realizzare qualcosa di originale. In tal senso è determinante l�influenza di Dong Qichang, le cui teorie este-tiche, con il richiamo al passato fanggu 67, allo studio degli antichi maestri, alla consacrazione della pittura del letterato wenrenhua, hanno, direttamente o indirettamente, una profonda influenza sulla pit-tura Qing e costituiscono un punto di riferimento obbligatorio. A tale tradizione aderiscono incondizionatamente i pittori �ortodossi� le cui composizioni, nel solco tracciato da Dong Qichang, mostrano soprat-tutto preoccupazioni legate a fattori tecnici, dal tipo di pennellata all�organizzazione delle forme, dalla soluzione spaziale al raggiungi-mento del ritmo interno. La tradizione paesaggistica �ortodossa�, documentata dai �quattro Wang� e dalla loro scuola, prende a modello i �quattro maestri Yuan�, in particolare Huang Gongwang e Ni Zan, ai quali si guarda anche per situazioni storiche simili. Una dinastia straniera al potere crea uno stato di disagio tra gli artisti, molti dei quali preferiscono isolarsi, diventando spesso monaci buddhisti. Pro-prio tra questi yimin, nasce un nuovo tipo di pittura, non più legata a regole e schemi fissi, ma che, di volta in volta, si rinnova e si trasforma. Il bisogno di creatività porta questi pittori a respingere le continue imitazioni del passato, a criticare e superare le teorie di Dong Qichang, nella ricerca di un loro metodo.

Un�altra delle caratteristiche principali della pittura di quest�epoca concerne la formazione di una quantità di �scuole� che spesso in co-mune hanno solo la distribuzione geografica. Talvolta, però, quando esistono le stesse matrici, le affinità sono più profonde e i risultati più originali.

In questo periodo si studiano le tecniche e le infinite possibilità offerte dal pennello e dall�inchiostro, la cui eccezionale varietà di cun contribuisce a creare forme, strutture e moduli tonali. Tutto ciò porta inevitabilmente a precise e rigide classificazioni su come dipingere i vari elementi rappresentativi del paesaggio, cioè montagne, rocce, al-beri, cespugli, acque, ecc., sui vari tipi di cun da usare e su ciascun soggetto del repertorio della pittura del letterato. Tali classificazioni sono codificate in appositi manuali, tra cui i due più famosi e più utilizzati dagli artisti sono il Manuale di pittura e calligrafia dello Studio dei Dieci Bambù, del 1633, e il Manuale di pittura del giardino

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grande come un seme di mostarda, pubblicato nel 1679. L�istruzione del pittore segue un itinerario prestabilito in cui gradualmente egli impara a padroneggiare le varie tecniche sia calligrafiche che pitto-riche, dalla scrittura base kaishu 89 a quella più elaborata caoshu :9, dal metodo pittorico di estrema precisione gongbi ;< a quello più astratto xieyi =>.

Anche il formato delle opere pittoriche può spaziare, da quello classico del rotolo orizzontale o verticale di dimensioni variabili a quello molto più piccolo, quadrato, circolare, a ventaglio, spesso inse-rito in album che diventano di moda proprio in quest�epoca.

Ci sono, però, anche pittori professionisti, cioè quelli che vivono della loro arte, ma non sempre è così netta la divisione tra le due cate-gorie che spesso, invece, si sovrappongono. E� frequente, infatti, che pittori letterati, costretti da necessità economiche a vendere le loro opere, diventino pittori professionisti.

Gli artisti al servizio della corte possono essere sia funzionari che veri e propri pittori di corte. I primi, che hanno sostenuto regolari esa-mi per entrare nella carriera burocratica, svolgono prioritariamente il loro lavoro di funzionari e solo occasionalmente dipingono su com-missione imperiale; i secondi, invece, sono chiamati per il loro talento artistico, di solito per interessamento personale dell�imperatore o at-traverso esami speciali. Molti pittori di corte fanno parte dell�Acca-demia Hanlin ?@ e del Nanshufang A9B, in origine studio privato di Kangxi, che, nel 1677, diventa Ufficio di funzionari di alto grado, molti dei quali sono già membri dell�Accademia Hanlin. I membri di tale studio, il cui numero non è fissato, sono alle dirette dipendenze dell�imperatore, per lavori artistici e letterari. In era Qianlong, nel 1736, è stabilito lo Ruyiyuan CDE, una sorta di accademia d�arte di cui fanno parte anche i pittori, reclutati per la loro abilità artistica o per personale interessamento dell�imperatore, ai quali è assegnato un salario ed è concesso il titolo gongfeng FG, a meno che non si tratti di funzionari che naturalmente conservano i loro titoli precedenti. Quasi sempre la firma sui dipinti destinati alla corte è preceduta dal carattere chen H, �servitore�. C�è un rigido controllo da parte dello imperatore che esamina di persona l�attività dei pittori alle sue dipen-denze, approva gli schizzi che gli vengono presentati prima della

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esecuzione di ciascuna opera e nomina gli artisti per i lavori in col-laborazione affidando anche le varie parti. L�Imperatore Qianlong è un avido collezionista che ama contrassegnare i dipinti della sua rac-colta con iscrizioni, commenti e sigilli che spesso deturpano le opere coprendone parti molto significative. Il pittore di corte ha vari compiti, dalla decorazione parietale dei palazzi a quella dei ventagli, delle stampe, delle ceramiche, dei molti tesori richiesti dall�imperatore. I soggetti a cui si dedicano i pittori di corte comprendono il paesaggio, i ritratti, le campagne militari, i temi religiosi, i manuali di pittura, le attività della vita di corte quali caccia, viaggi, banchetti ufficiali, i temi storici, i costumi delle minoranze, le copie degli antichi dipinti, ecc. Il paesaggio è, comunque, il soggetto più popolare, eseguito in una varietà di stili e di formati, da quelli enormi della prima parte della dinastia a quelli più piccoli della fase successiva.

14.3 I pittori ortodossi I principali rappresentanti del paesaggio �ortodosso� sono i

�quattro Wang�: Wang Shimin, Wang Jian, Wang Hui e Wang Yuanqi. Wang Shimin IJK (1592-1680), nato a Taicang (L nella

provincia del Jiangsu da una famiglia di funzionari letterati con im-portanti incarichi governativi, vive nel periodo di transizione dalla dinastia Ming a quella Qing. Studia pittura con Dong Qichang eserci-tandosi a copiare le opere degli antichi maestri Song e Yuan, presenti nella ricca collezione paterna. Con l�arrivo dei Mancesi, abbandona la carriera burocratica e si ritira a vita contemplativa dedicandosi in particolare alla pittura e alla calligrafia (fig. 197). Per il prestigio e la ricchezza della sua famiglia e per la sua amicizia con Dong Qichang, con l�aiuto del quale accresce enormemente la raccolta familiare, ricopre un ruolo importante nel trasmettere lo stile ortodosso e gli ideali del pittore letterato. Wang Shimin elegge a suo modello Huang Gongwang dallo stile complesso e di difficile realizzazione, dedican-dosi, per circa la metà della sua produzione, allo studio e alla ripro-duzione delle sue opere. Egli considera Huang Gongwang come il pittore Yuan che esprime meglio lo stile di Dong Yuan e Juran e cerca, con gli stessi accorgimenti tecnici nel modo di eseguire gli alberi e gli

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innumerevoli puntini, nell�uso del colore, di perpetuarne la tra-dizione paesaggistica. Il paesag-gio si snoda, lungo una valle aperta o un fiume, in modo da non risultare eccessivamente af-follato; le montagne, raffigurate alla maniera di Juran come una serie di massi grandi e piccoli, sono riempite da leggere pen-nellate cun del tipo a �fibra di canapa� e punteggiate da mac-chie scure di fogliame, il cui contrasto è volutamente accen-tuato, come pure caratteristico è il modo di rendere gli alberi, dai tronchi e dai rami bianchi, che si stagliano, a gruppi, sull�oscu-rità della vegetazione.

Wang Shimin, sulle orme di Dong Qichang, ritiene che solo una perfetta conoscenza degli antichi stili possa condurre ad un�espressione individuale. In realtà le sue copie, che spesso si distinguono poco dagli originali, finiscono con l�essere monotone e ripetitive, nella continua ricerca degli attributi essenziali degli antichi.

Nativo di Taicang è anche il secondo dei �quattro Wang�, Wang Jian IM (1598-1677), amico e allievo di Wang Shimin. Entrambi sono, infatti, considerati come i fondatori della �scuola Loudong� NO, il cui nome �ad est del fiume Lou�, si riferisce a Taicang nel Jiangsu, la città da cui provengono (fig. 198). Wang Jian, come Wang Shimin, condivide gli ideali pittorici di Dong Qichang e prende a mo-dello gli stessi artisti del passato: Dong Yuan, Juran e i �quattro mae-stri Yuan�. Tra questi ultimi è, però, maggiormente influenzato da Wang Meng di cui, secondo Wang Shimin, è addirittura la rein-

Figura 197 � Wang Shimin, Paesaggio alla maniera di Huang Gongwang

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carnazione. La versione di epoca Qing della pittura di Wang Meng ne esaspera alcuni elementi, quali la presenza in primo piano di grandi pini dalla sommità piatta e la struttura piena e ripetuta di montagne, alberi e rocce. Nelle imitazioni, la montagna isolata, incombente in primo piano a bloccare il cielo e a tagliare l�orizzonte, è invece in una posizione meno dominante lasciando maggiore spazio per il cielo, l�acqua e gli altri elementi del paesaggio, animato quasi sempre da figure umane. Al pittore Qing interessa soprattutto la tecnica della pennellata, ora lunga a �fibra di canapa�, ora breve a �pelo di bue�. Un�altra caratteristica, instaurata da Dong Qichang, e comune sia a Wang Jian che a molti pittori Qing, è la creazione di album di dieci o dodici fogli, ciascuno eseguito alla maniera di un differente pittore del passato. In tal modo l�artista può mostrare la propria versatilità nel �cogliere lo spirito� degli antichi maestri, a cui resta fedele per le cose essenziali, ma che cerca di interpretare in modo personale, realizzando, solo così, un�opera riuscita.

Figura 198 � Wang Jian, Paesaggio

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Dotato di grande talento è Wang HuiIP (1632-1717), nato in un villaggio nelle vicinanze di Changshu QR nella provincia del Jiangsu, patria del grande pittore Yuan, Huang Gongwang. Proviene da una famiglia di pittori che, però, non avendo grandi mezzi, non riesce a farlo studiare adeguatamente e sviluppare, così, le sue doti naturali. L�incontro di Wang Hui, allora ventenne, con Wang Jian, avvenuto durante una visita di quest�ultimo a Changshu, cambia la sua vita. Wang Jian, riconoscendo le capacità espressive del giovane, gli propone di tornare con lui a Taicang e diventare suo allievo. Sotto la sua guida, Wang Hui studia pittura e calligrafia facendo rapidi pro-gressi. Conosce successivamente Wang Shimin che, ammirato dal suo talento, gli mette a disposizione la sua magnifica raccolta di dipinti an-tichi e lo porta con sé in giro nei dintorni dai suoi amici collezionisti. Wang Hui ha così, per circa venti anni, la possibilità di perfezionarsi studiando e copiando molte delle opere dei maestri del passato. La sua abilità è tale che un certo numero di pitture Yuan sembra siano entrate a far parte, come originali, della collezione imperiale. Per la sua fama è chiamato, nel 1691, alla Corte di Pechino per eseguire, insieme ad altri artisti, un dipinto sul viaggio al sud del paese, compiuto dallo Imperatore Kangxi. Wang Hui è il coordinatore di questa importante opera in dodici grandi rotoli orizzontali, destinata a glorificare il regno dell�imperatore sottolineando i momenti più significativi del suo viaggio nella Cina Meridionale. Egli stesso dipinge, nello stile dei Song Settentrionali, la maggior parte dei paesaggi lasciando ai suoi assistenti le figure e le architetture (fig. 199). Nonostante il risultato soddisfacente e i ripetuti inviti per restare a lavorare a corte, Wang Hui preferisce ritornare nella sua casa natia dove resterà fino alla morte. Il motivo dominante nella ricerca pittorica di quest�artista, estremamente versatile tecnicamente, è la creazione di una �grande sintesi�, dacheng ST, necessaria per armonizzare le varie tendenze divergenti. Secondo lui, un paesaggio raggiunge la perfezione solo quando è una sintesi formata dal vigore delle pennellate Yuan, da una delicata composizione Song e dalla vitalità Tang. E� decisamente con-trario alla suddivisione in varie scuole, la cui competizione indebo-lisce la pittura e limita l�artista che deve, invece, potersi impadronire di tutti gli stili. Si racconta che Wang Hui abbia goduto di grande

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stima e ammirazione da parte dei suoi contemporanei, prodighi di apprezzamenti favorevoli nei suoi confronti. Wang Shimin si consi-dera fortunato per aver avuto l�opportunità di conoscerlo e rimpiange che Dong Qichang non possa aver avuto lo stesso privilegio; Wang Jian dichiara che l�allievo ha superato con successo il maestro; Yun Shouping, originariamente pittore di paesaggi, pensa di dedicarsi alla pittura di fiori dopo averlo conosciuto. L�evoluzione pittorica di Wang Hui passa attraverso varie fasi, da quella iniziale nello stile di Huang Gongwang con una superficie ricca, segnata da cun calligrafici a �fi-bra di canapa�, necessari per esprimere la �forza vitale� qishi UV del

Figura 199 � Wang Hui, Viaggio dell�Imperatore Kangxi a Sud (particolare)

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dipinto, alla successiva �grande sintesi� in cui assimila i differenti stili, da quello calligrafico astratto a quello descrittivo decorativo. In tale fase imita Li Cheng (X secolo), affascinato dalle sue formazioni roc-ciose, ma mentre nelle sue opere il movimento è ottenuto con cun calligrafici a �fibra di canapa�, in quelle di Li Cheng è dato dalla linea descrittiva delle rocce e degli alberi. Giunge, così, a realizzare una nuova forma compositiva longmo ��, �vene o arterie del drago�, che produce un lento ondulato movimento. Wang Hui perfeziona, in un dipinto del 1672 su modello di Juran, le �vene del drago� creando con pennellate calligrafiche circolari, eseguite in astratti archi, cerchi e punti, una pesante forma montuosa simile ad un drago, libera da dettagli descrittivi. Questa formula calligrafica gli consente di inter-pretare anche altri stili derivati da Juran, quali quelli di Huang Gong-wang, Wu Zhen e Wang Meng; alla maniera di quest�ultimo esegue, negli ultimi anni, oltre quaranta dipinti. Uno dei formati favoriti, in cui Wang Hui può mostrare la sua �grande sintesi�, è quello dell�album con vari fogli, eseguiti in un�ampia gamma di stili pittorici, dal cal-ligrafico al descrittivo e al decorativo. A questa fase creativa, che risa-le agli anni 1680-1690, segue, dopo la parentesi come pittore di corte a Pechino, il declino finale con le ultime opere in cui finisce con l�imitare se stesso.

L�ultimo e il più originale dei �quattro Wang� è Wang Yuanqi��� (1642-1715), nato a Taicang e nipote di Wang Shimin. Studia pittu-ra con suo nonno e sulla ricca collezione di famiglia; a trenta anni è già così esperto da superare sia Wang Shimin che Wang Jian. Diventa, come tutti i membri della sua famiglia, funzionario e ricopre, con suc-cesso, vari incarichi. E� chiamato alla capitale e, dal 1700, riceve la nomina di consigliere artistico dell�imperatore. Entra a far parte della Accademia Hanlin di cui successivamente diventa cancelliere. Come pittore di corte partecipa, nel 1713, alla supervisione della compo-sizione del lungo rotolo orizzontale per celebrare il sessantesimo com-pleanno dell�Imperatore Kangxi. In tale dipinto sono raffigurate circa cinquanta scene che commemorano l�avvenimento, collegate da una processione che, dal giardino Changchunyuan �� a nord-ovest di Pechino si snoda, per un percorso di circa nove chilometri, fino alla Città Proibita. Naturalmente un�opera di questa importanza, creata

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all�interno delle attività artistiche della corte, è preventivamente sottoposta in schizzi al giudizio del sovrano; l�esecuzione su carta è terminata nel 1714 e una copia su seta è completata nel 1716, dopo la morte di Wang Yuanqi, da suo cugino che gli succede nella direzione dei lavori dell�ufficio speciale, creato per la preparazione dei materiali per festeggiare il compleanno dell�imperatore. Nel 1716-1717 è stampata in 148 xilografie, preparata e supervisionata da Wang Yuanqi. Famosa è pure un�altra opera di Wang Yuanqi, completata nel 1711, La villa di Wangquan, basata su una copia del XVII secolo del rotolo orizzontale del pittore Tang, Wang Wei, noto solo attraverso copie tarde, da cui era stata ricavata, nel 1617, un�incisione su pietra. La schematica composizione dell�VIII secolo, simile ad una mappa, facilita gli intenti antinaturalistici di Wang Yuanqi sia nella divisione del dipinto che nelle relazioni tra lontano e vicino e nel trattamento astratto dello spazio. Le rocce sono raffigurate alla maniera di Huang Gongwang nell�interpretazione di Dong Qichang; l�artista deve cogliere lo �spirito vitale� qishi e poi distribuire i vari elementi del dipinto in uno schema stabilito. Le opere di Wang Yuanqi, dalla appa-renza semplice, sono in realtà piuttosto complesse; le forme, delineate con tocchi leggeri, rapidi, spezzettati, presentano internamente intri-cate pennellate asciutte e umide. E� interessante anche l�uso del colore con un gioco di toni caldi e freddi oppure smorti o vivaci e la vasta gamma di tonalità d�inchiostro; ampie zone di bianco, rappresentate da laghi e nubi, sono parte integrante della composizione. Wang Yuanqi è ossessionato dalla forma e le sue montagne e rocce angolari sono creazioni intellettuali astratte. Uno dei suoi modelli favoriti è Ni Zan, uno dei �quattro maestri Yuan� che dipinge paesaggi austeri e solitari con pochi alberi brulli dalle scarse foglie o addirittura senza, cresciuti su un terreno roccioso e con in lontananza una distesa d�acqua e colline. Il senso di solitudine, comunicato dai suoi dipinti, è acuito dalla mancanza di persone; l�esecuzione avviene adoperando inchiostro molto secco in una gamma limitata di tonalità. La perfetta distribuzione spaziale dei pochi e semplici elementi e la grande precisione del disegno rendono la sua pittura di qualità superiore (fig. 200).

La pittura �ortodossa�, i cui esponenti di maggior prestigio sono i �quattro Wang�, rappresenta solo un aspetto, e neppure quello più im-

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portante, della pittura Qing. Il grande controllo esercitato sugli artisti dalla corte, il costante richiamo al passato, l�eccessiva attenzione a pro-blemi tecnici sono tutte limi-tazioni a cui deve sottostare colui che lavora nel solco più rigido della tradizione. Tranne che in casi eccezionali, spesso si soffo-ca lo slancio creativo e la personalità del pittore non riesce ad emergere o ne è, comunque, molto ridimen-sionata.

La molteplicità di scuole, in cui si è soliti incasellare i pittori Qing, è una signi-ficativa testimonianza delle differenti soluzioni adottate, di volta in volta, dagli artisti. Alla �grande sintesi� di Wang Hui e alla singola tra-dizione stilistica proposta da Wang Yuanqi, si oppone, come vedremo meglio in se-guito, la soluzione molto più radicale di Shitao con una rinuncia a tradizioni e a me-todi pittorici stabiliti per una ricerca individuale. Del resto, anche la realtà del paese è diversa da zona a zona e, soprattutto nel sud, come si è già accennato, c�è un grande fervore culturale, favorito da una prospera situazione eco-nomica.

Figura 200 � Wang Yuanqi, Paesaggio alla maniera di Ni Zan

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14.4 I pittori individualisti Un gruppo di cui fanno parte pittori che potrebbero essere

considerati �individualisti� è quello della �scuola dell�Anhui� o �scuola di Xin�an��, dal nome della località in cui operano in questa regione, situata a sud-est delle province del Jiangsu e del Zhejiang. Un�attività artistica inizia, in questa zona, solo alla fine della dinastia Ming contemporaneamente ad un intenso sviluppo mercantile. In tale periodo, nella parte meridionale dell�Anhui, si pro-ducono carta, inchiostro, pietre da inchiostro, pennelli e alcune tra le migliori stampe dell�epoca. Negli anni di transizione dalla dinastia Ming a quella Qing si forma e rapidamente si espande e fiorisce una scuola di pittura.

Una fioritura artistica parallela avviene anche a Songjiang � nella provincia del Jiangsu, città situata a metà strada tra Suzhou e Shanghai. In tale realtà opera il famoso critico d�arte Dong Qichang, la cui influenza sugli artisti Qing è stata determinante, come abbiamo già avuto modo di vedere. Alcuni suoi paesaggi, eseguiti alla maniera di Ni Zan con inchiostro secco e pochi essenziali elementi narrativi, diventano molto popolari a Songjiang e anche tra i pittori delle zone limitrofe che cominciano ad imitarli.

Molti sono i fattori che contribuiscono alla creazione e soprattutto all�evoluzione di una scuola indipendente di pittura della provincia dell�Anhui. Uno dei più importanti è lo sviluppo della locale industria xilografica, che si avvale dell�opera degli artisti del posto, sia per le illustrazioni sui libri che per quelle sulle tavolette d�inchiostro; i loro disegni sono successivamente trasferiti su matrici di legno e riprodotti in serie. Un altro fattore è rappresentato dalla spettacolare bellezza delle Montagne Gialle, Huangshan ��, fonte continua e inesauribile d�ispirazione per il pittore cinese. Gli elementi caratterizzanti di questa scuola si ritrovano in una particolare resa paesaggistica in cui ci si limita all�essenziale, e nella produzione xilografica come mate-riale illustrativo per i romanzi popolari, a cui collaborano molti artisti. Tale collaborazione e le relative restrizioni del mezzo xilografico provocano una diretta influenza sulla pittura con l�adozione della ma-niera lineare delle forme del paesaggio, il cui risultato è una costru-

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zione solida e formale. Lo stile dell�Anhui, che a prima vista appare freddo e poco attraente, rivela, invece, in una fase successiva, una forza sottile nella convincente resa dello spazio e delle masse mon-tuose che suggeriscono strutture naturali e conoscenza di formazioni geologiche. Ne risulta uno stile elegante, estremamente raffinato, rea-lizzato di preferenza su rotoli verticali di carta; spesso, però, gli artisti lavorano su piccoli formati, su rotoli orizzontali, album, ventagli, e dipingono anche su seta.

Lo sviluppo pittorico della �scuola dell�Anhui� attraversa tre fasi: una iniziale, che si può collocare tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo; una intermedia, nella seconda metà del XVII secolo; una finale, al termine del XVII secolo.

Inizialmente c�è l�accettazione delle teorie ortodosse di Dong Qichang sul pittore letterato, ma tale influenza sarà determinante soprattutto, come si è visto, per la �scuola ortodossa�. Nella seconda metà del secolo, i primi artisti dell�Anhui teorizzano l�importanza degli antichi maestri, in particolare quella del maestro di epoca Yuan, Ni Zan, per la semplicità ed essenzialità delle sue opere. Nell�ultima fase continua l�accettazione della pittura dei letterati, ma con un punto di vista regionale, ed è sempre Ni Zan il modello preferito. La mag-giore consapevolezza degli artisti di partecipare ad un movimento re-gionale, produce stili diversi che subiscono influenze da altre scuole pittoriche. Ne derivano nuovi schemi e nuovi usi del pennello in una ristretta gamma compositiva, caratteristica della �scuola dell�Anhui�. Lo smisurato orgoglio regionale alimenta la conservazione dello stile anche in artisti che si allontanano per decenni dalla zona. Oppure tale stile condiziona pittori, provenienti da altre parti del paese, che sog-giornano nella regione, attratti dalla bellezza del monte Huang. E� questo il caso di Shitao, sul quale ci soffermeremo più a lungo in seguito, che vive nell�Anhui per qualche tempo e dipinge in questo stile regionale dal 1670 al 1680 e anche successivamente, poiché in un album del 1695, rievocando la sua prima visita alle Huangshan, ado-pera la maniera pittorica degli artisti del posto. La �scuola� non esiste già più nel XVIII secolo se non, in sporadiche occasioni, come omaggio al passato, da parte di alcuni pittori locali.

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L�esponente di maggior rilievo di questa scuola è Hongren �� (1610-1663), nato a Shexian �� nell�Anhui non lontano dai famosi picchi del Huangshan, da una famiglia piuttosto povera. Dopo la morte del padre, è costretto a fare una serie di lavori manuali per poter mantenere la madre. Entrato nel servizio governativo alla fine della di-nastia Ming, lo lascia con l�avvento dei Mancesi e si ritira nella pro-vincia del Fujian, diventando così un lealista Ming, yimin. E� proba-bile che abbia partecipato anche ai moti popolari di resistenza contro i Qing e abbia aderito al governo dei Ming Meridionali. Dopo la caduta di Nanchino nel 1645, diventa monaco buddhista e trascorre il resto della sua vita a Shexian e nella zona dei monti Huang, allontanandosi, solo per brevi viaggi, con soste ad Hangzhou, Yangzhou e Nanchino. La sua prima opera pittorica datata è una sezione di un rotolo oriz-zontale a cui collabora nel 1639. Il principale modello di Hongren è, come per molti artisti dell�Anhui, Ni Zan da cui eredita un uso moderato di inchiostro secco, alberi spogli, una linea di contorno sem-plice ed elegante, ampi spazi vuoti e un grande senso di solitudine. Tali elementi, caratteristici della pittura di Ni Zan, presentano una di-versa interpretazione in composizioni più complete e con rapporti tra forme e masse rocciose più complicati. Esprime la sua serenità di spirito attraverso paesaggi fragili, desolati, asciutti, eppure dotati di un�incredibile solidità e monumentalità. La sua pennellata è sottile, leggera, lineare, asciutta, l�uso del colore è minimo; nella parte interna delle rocce c�è poco disegno e lungo i contorni non compare alcuna vegetazione. Le caratteristiche dei paesaggi di Hongren, che sembrano astratti, sono rappresentate dalla particolare costruzione delle monta-gne con ripetizione di unità geometriche, le cui masse sono separate da un sentiero a zigzag che le attraversa, e dalle colline di forme arrotondate. La resa geometrica degli elementi del paesaggio, com-binati con linee di contorno semplificate e tratti cun quasi inesistenti, evita l�eccessivo affollamento della superficie pittorica. L�uso ridotto del colore, che varia da un blu freddo ad un caldo arancio, serve a definire le relazioni spaziali tra le forme delle montagne e le unità più piccole di cui sono composte. Altre influenze gli derivano, in alcuni fogli d�album dipinti a Nanchino nel 1657, anche da Fan Guan nella realizzazione di cime montuose appuntite, coperte da fitto fogliame.

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Durante la sua visita a Nanchino entra in contatto con un gruppo di artisti che lavorano alla maniera dei Song Settentrionali in un mo-vimento di rinascita di tale stile nel XVII secolo. Oltre ad adottare sia il paesaggio monumentale dei Song Settentrionali che le soluzioni pit-toriche dei maestri Yuan, subisce l�influenza della stampa xilografica e dell�ambiente geografico dell�Anhui Meridionale. L�ispiratrice prin-cipale della sua pittura è la natura stessa.

La sua opera più famosa è L�arrivo dell�autunno custodito nella Honolulu Academy of Arts, simile per schema compositivo ad altri paesaggi eseguiti tra il 1658 e il 1661 (fig. 201). In primo piano, al di là della banchina su cui crescono alti pini e alberi più piccoli, si er-gono tre formazioni rocciose appiattite in cima, disposte in succes-sione crescente. Il dipinto raggiunge un effetto di monumentalità e un ordine ideale, caratteristiche essenziali dei canoni estetici della pittura dell�Anhui. La pennellata è tipica, secca, sottile, angolare; le lievi ma-ni di colore conferiscono un senso di volume e di profondità alle rocce, rafforzato anche dall�appiattimento delle cime. Hongren adopera pic-cole unità a blocchi lungo i contorni per creare spazio tra le creste, in un disegno astratto del paesaggio da cui traspare solitudine e austerità. E� un�opera ben equilibrata, eseguita negli anni della maturità del pittore, in cui sono evidenziate molte delle sue caratteristiche arti-stiche, derivate dallo studio dei maestri dei Song Settentrionali e degli Yuan. La massiccia roccia rettangolare è unita alla superficie della carta, che emerge come la realtà della forma montuosa, dalle sue di-mensioni dominanti e dalle rocce laterali che sembrano indietreggiare nello spazio. Hongren modifica la teoria di Dong Qichang �della non concretezza all�interno della concretezza� poiché le sue forme pos-siedono una maggiore solidità proprio nella minore concretezza, otte-nuta con pennellate non troppo dense. Raggiunge l�ambiguità spaziale e un forte conflitto tra lo spazio, come mezzo dello scenario naturale, e la superficie della carta, come mezzo della costruzione formale. Il dipinto è una potente struttura spaziale in cui la superficie della carta è vista come il solo mezzo attraverso cui lo spazio può venir fuori. Hongren è anche un calligrafo e un poeta, ma di solito nei suoi scritti descrive stati d�animo e sentimenti personali piuttosto che formulare e discutere teorie artistiche. Spesso firma le sue opere con nomi di templi o picchi del monte Huang, quasi a suggellare la profonda iden-

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tità che lo lega a questa montagna. Raramente cita pittori del passato e unicamente in connessione con problemi di carattere personale; un esempio è il riferimento a Ni Zan più come yimin che come pittore. Lavora in un raggio stilistico abbastanza ristretto, probabilmente de-terminato dalla limitata cerchia di amici e mecenati.

Figura 201 � Hongren, L�arrivo dell�autunno

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Kuncan �� o Shiqi �� (attivo ca. 1657-1674), nasce nello Hunan, diventa monaco buddhista da giovane e trascor-re tutta la vita in un monastero. Negli ultimi anni vive a Nan-chino come abate di un tempio. Molti suoi dipinti raffigurano il monte Huang che visita nel 1659-60. I suoi paesaggi han-no un�atmosfera triste, pur es-sendo molto pieni e movi-mentati, con montagne spez-zettate in numerose vette, val-late e affioramenti, banchi di bianche nuvole e alberi piegati e contorti con rami frastagliati. La pennellata è complessa e il modulo tonale presenta forti contrasti su tutta la superficie. Esemplifica il suo stile il roto-lo, Corso d�acqua presso la sommità della Cittadella Ce-leste, del 1660, ora presso l�Hong Kong Museum of Art (fig. 202).

Gong Xian �� (1619-1689), è un importante pittore del gruppo di Nanchino. E� un solitario ed elabora uno stile molto personale nel disegno, nella pennellata, nell�uso dello inchiostro e nelle tematiche rappresentate. Lavora solo su alcuni aspetti pittorici dipin-gendo ad inchiostro su seta e

Figura 202 � Kuncan, Corso d�acqua presso la sommità della

Cittadella Celeste

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carta. Ha un uso particolare dell�inchiostro riuscendo ad ottenere moduli tonali dalle numerose sfumature, dal grigio argenteo al nero morbido e intenso. Usa il bianco della carta o la seta per tessere intricati motivi che si ripetono con moto incessante per tutta la composizione. Sembra quasi di avvertire l�aria umida che proviene dai rami del folto fogliame. Modella le forme delle rocce con tocchi brevi d�inchiostro asciutto su cui interviene con un inchiostro, umido e nero; poi modella ancora le forme e le fa risaltare con una grande abbon-danza di puntini per ottenere un morbido effetto della nebbia. Ripete più volte le sue composizioni creando un paesaggio maledetto con vette sconvolte, cascate impetuose e nubi squarciate, il più delle volte senza presenza umana. Un esempio efficace è il dipinto, Centinaia di picchi e migliaia di burroni, della collezione Dronowatz nel Museo Rietberg di Zurigo (fig. 203).

Un altro dei centri, nel sud del paese, di maggiore sviluppo nel XVIII secolo è la città di Yangzhou nella provincia del Jiangsu situata alla confluenza tra il fiume Yangzi e il Grande Canale, la costruzione del quale risale alla dinastia Sui per collegare il nord al sud, cioè

Figura 203 � Gong Xian, Centinaia di picchi e migliaia di burroni

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Pechino ad Hangzhou. Agli inizi della dinastia Qing, Yangzhou, per la felice posizione strategica e la facilità dei trasporti sul Grande Canale, diventa la sede ufficiale della distribuzione del sale. Il commercio del sale, monopolio statale, arricchisce un gran numero di mercanti e rende prospera la città. La fortunata situazione economica e il me-cenatismo dei ricchi mercanti di sale favoriscono l�afflusso di artisti da ogni parte del paese, in particolare dopo il massacro del 1645. Questo terribile episodio, ricordato come i �dieci giorni di Yangzhou�, si riferisce all�eccidio, compiuto dai Mancesi, in seguito alla strenua resistenza opposta dalla popolazione. La necessità, negli anni suc-cessivi, di ripopolare la città, incoraggia l�emigrazione dalle zone li-mitrofe del Jiangsu e anche dalla provincia dell�Anhui, con il trasse-rimento di un gran numero di artisti, attratti dal patronato offerto loro dai mercanti di sale. L�eterogeneità della gente di Yangzhou si riflette naturalmente anche nell�espressione artistica, che conserva carat-teristiche individuali. Un fattore unificante della pittura di Yangzhou è la popolarità del tema dei fiori e degli uccelli, eseguiti alla maniera xieyi, �disegnare l�idea�, in cui si cerca di catturare lo spirito del sog-getto piuttosto che la forma esteriore, pur dando la dovuta importanza alla forma.

Un altro elemento unificante è rappresentato dalla pittura del grande Shitao �� o Daoji �� (1642-1708) a cui si ispirano molti artisti dell�epoca. Le scelte pittoriche di Shitao, monaco buddhista chan vissuto in varie zone della Cina prima di stabilirsi negli ultimi anni a Yangzhou, sono il risultato degli stretti contatti che egli ha con le maggiori scuole paesaggistiche del periodo, quali quelle dell�Anhui e di Nanchino, e anche di un suo breve soggiorno nella capitale. Tali contatti e influenze portano il suo temperamento artistico individuale a superare, una volta assimilati, tutte le scuole e gli stili. Usa il suo metodo, quello della singola pennellata o tratto unico yihua �� , codificato nel suo saggio Huayu lu ��� (Note sulla pittura), mentre rifiuta categoricamente il metodo delle imitazioni fang , adottato universalmente. Egli dice: «[�] Tutta la pittura ha origine nello spirito che comprende. Se dunque l�artista non comprende la legge interiore e coglie solo i gesti esteriori nella delicata complessità delle colline e dei corsi d�acqua e delle figure umane, solo l�esteriore natura

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degli uccelli e degli altri animali e della vegetazione, solo le di-mensioni visibili di stagni e padiglioni e torri, ciò accade perché non ha afferrato il principio soggiacente della pennellata unica. Come chi fa un lungo viaggio comincia con un solo passo, così questa pennellata unica racchiude in sé l�universo e ciò che sta di là da esso; migliaia e miriadi di pennellate e tratti d�inchiostro cominciano e finiscono tutti qui, aspettando soltanto che qualcuno ne sappia trarre profitto. Un uomo dovrebbe saper mostrare l�universo in una pennellata sola, ese-guita alla perfezione, così da esprimere chiaramente la sua idea. Ma se il polso non risponde bene, la pittura non è buona; se la pittura non è buona, ciò accade perché il polso non risponde alla volontà dell�artista. Date vita e vivacità alla pennellata con curve improvvise e movimenti circolari; datele spaziosità con interruzioni del movimento. Essa si espande e si ritrae, può essere quadrata o rotonda, diritta o ondulante; può scendere e salire, andare a destra e a sinistra. Così s�innalza e precipita in ondulazioni improvvise, prende la fuga o interseca se stes-sa, cadendo verso il basso come acqua o salendo verso l�alto come una fiamma, naturalmente e senza sforzo. In questo modo penetra la natura interiore di tutte le cose, dà forma a tutte le espressioni, senza mai sco-starsi dal metodo; e a tutto dà vita. Una pennellata sciolta, naturale, in cui non si avverte lo sforzo, ed ecco che montagne e corsi d�acqua e vegetazione e abitazioni umane prendono forma e vita; prendono for-ma e vita una scena ed il sentimento che essa suscita. La gente non sa come nasca una tale pittura; ma l�atto del dipingere ha sempre origine nell�intelligenza, nella mente che sa comprendere l�intima legge delle cose [�]».

Nei suoi dipinti Shitao esprime la sua individualità e originalità pienamente consapevole delle risorse del pennello e dell�inchiostro, che sa padroneggiare con estrema abilità nelle combinazioni più sva-riate d�inchiostro e colore. Rende in modo realistico gli effetti atmo-sferici del paesaggio con sapienti pennellate di vario tipo, sempre fun-zionali e coerenti con ciò che vuole rappresentare (figg. 204 e 205). Nelle sue ultime opere, però, questo non-metodo porta, anche per motivi di salute e per eccesso di lavoro, ad uno scadimento della qualità con schizzi, eseguiti in uno stile libero e spontaneo.

Ancora un�altra importante fonte d�ispirazione, per molti artisti di Yangzhou è la pittura di Bada Shanren !"�" o Zhu Da #$

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(ca.1625-1705). Nato a Nanchang %& nella provincia del Jiangsu da una fa-miglia che discende dal fondatore della dinastia Ming, all�arrivo dei Mancesi fugge nella provincia del Fujian e diventa monaco buddhista. La sua vita è avvolta nella leggenda e si racconta che, dopo la morte del padre, sia diventato muto e sia impazzito. Nei primi paesaggi imita Dong Qichang e, nella rappresentazione di fiori e uccelli, Xu Wei '( (1521-1593), il pittore eccentrico del periodo Ming. Raggiunge in età matura un proprio stile personale ed originale, men-tre la maggiore creatività la ottiene a sessanta anni. Dipinge, con la tecnica xieyi, fiori, uccelli, pesci, paesaggi, alberi e pietre in uno stile a schizzi e con pen-nellate piene, vigorose o appena accenna-te con cui taglia lo spazio vuoto che è parte integrante del dipinto. La compo-sizione è asimmetrica, ma perfettamente equilibrata e ben costruita, pur se sembra ottenuta con grande facilità. La sem-plicità che traspare dalle sue opere è solo apparente, frutto di una tecnica raffinata e abile. Con pochi tratti di pennello disegna uccelli appollaiati su rocce in un�infinità di spazio riuscendo a cogliere pienamente la vera essenza di ciò che rappresenta (fig. 206). Singolari sono i suoi paesaggi, dipinti ad inchiostro, tal-volta lumeggiato con colori chiari, in cui le formazioni rocciose, gli alberi e i tronchi dalle foglie grandi e circolari, sono resi con pochi tratti irregolari e

Figura 204 � Shitao, Osservando la cascata del

Monte Lu

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angolosi, mentre la profondità è data dal sovrapporsi di diversi piani nello spazio.

Figura 205 � Shitao, Paeasaggio

Figura 206 � Bada Shanren, Due uccelli su un ramo

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14.5 I pittori diYangzhou Il messaggio di Shitao e le suggestioni pittoriche di Bada Shanren

sono raccolti e portati avanti dai pittori di Yangzhou, in particolare dal gruppo denominato �otto eccentrici di Yangzhou� o più templi-cemente �scuola di Yangzhou�, dal momento che il loro numero varia da otto a quindici.

Questi artisti, che si esprimono in modo non convenzionale, liberi dai principi ortodossi della pittura, scelgono soggetti diversi dal paesaggio, che non ricopre più un ruolo così dominante. Il gruppo include, tra gli altri, Li Shan )* (1686-1762), Hua Yan +� (1682-1755), Jin Nong ,- (1687-1763), Huang Shen �. (1687-post 1768), Zheng Xie, Luo Ping /0 (1733-1799), Gao Fenghan 123 (1683-1743). Dipingono fiori, uccelli, insetti, animali, figure e paesaggi, ma per lo più si dedicano al tema dei fiori e degli uccelli, spesso anche con specializzazioni più ristrette.

Così, ad esempio, Jin Nong dipinge bambù e fiori di prugno; Zheng Xie, di cui ci occuperemo, è specializzato in bambù e orchidee. Il soggetto preferito è quello dei �quattro gentiluomini�, cioè prugno, orchidea, crisantemo e bambù, emblemi delle virtù del letterato. Tali motivi, sviluppati nelle epoche Song e Yuan, sono reinterpretati in modo non convenzionale, in chiave più intimista e spontanea con pennellate calligrafiche. Ciò che rende diversi questi dipinti non è il soggetto, ma il trattamento innovatore di temi tradizionali.

Zheng Xie 45 (1693-1765) è un pittore inserito nel gruppo degli �eccentrici di Yangzhou�. Noto più comunemente come Banqiao 67, nasce a Xinghua 89 nella provincia del Jiangsu da una famiglia di funzionari governativi. Da bambino perde la madre ed è allevato prima da una governante e successivamente dalla matrigna. Studia con ottimi risultati pittura, calligrafia e poesia. Dopo la morte del padre, costretto a cercarsi un lavoro, vive stentatamente a Yangzhou ven-dendo i suoi dipinti. Nel 1732 supera gli esami governativi ed è no-minato magistrato nella provincia dello Shandong. Svolge il suo lavoro con grande impegno e nel 1746 è trasferito nel distretto di Wei :� . Per combattere una grande carestia che colpisce la zona, poco dopo il suo arrivo apre alla popolazione affamata i granai pubblici.

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Questo suo gesto umanitario gli guadagna il rispetto e l�ammira-zione della gente comune, ma gli aliena le simpatie dei mercanti e dei superiori costringendolo, nel 1753, a ritirarsi con il pretesto di salute malferma. Nel 1748, men-tre è ancora funzionario a Wei, in-contra sul monte Tai l�Imperatore Qianlong in visita nel distretto che gli conferisce il titolo di shuhua-shi ;�< �pittore e calligrafo ufficiale�. Ritornato a Yangzhou, vive vendendo le sue compo-sizioni letterarie, le calligrafie e i dipinti. Frequenta gli altri artisti e i letterati della città e partecipa alle riunioni letterarie. E� noto soprattutto come pittore dei �quat-tro gentiluomini� (fig. 207). Sulla sua porta è affissa una lista dei prezzi la cui conclusione suona presso a poco così: «Doni e cibo non sono così belli come l�argento [il denaro]. Non è detto che i vostri onorevoli doni mi siano propizi. Se mi date denaro con-tante sarò completamente soddi-sfatto e i miei dipinti e calligrafie

saranno eccellenti; i regali sono solo un fastidio. Coloro che comprano a credito spesso non pagano; sono vecchio e mi stanco facilmente e non posso intavolare inutili discussioni con ciascuno. Dipingere bambù costa più del vero bambù [�] Che si dibatta e si discuta pure sul prezzo, è vento autunnale che mi sfiora le orecchie»

Zheng Xie è, come tutti gli �eccentrici� guai =, una persona stra-vagante, dal carattere schietto e dalla lingua tagliente. Dipinge in

Figura 207 � Zheng Xie, Rocce e bambù

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modo molto personale e spesso abbozzato, quasi astratto; poesia, cal-ligrafia e pittura sono collegate come parte di un tutto e incorporate nello schema dell�intera composizione, collocate talvolta all�interno del contorno di una roccia o tra i rami di una pianta. Sviluppa, in cia-scuna di queste tre arti, un proprio stile, non convenzionale e spon-taneo, ma di grande forza espressiva. Tutto è disposto in modo tale da rendere la composizione ben equilibrata e sia il suo linguaggio che la sua pittura sono vivaci e informali. Lavorando in un raggio limitato di tematiche, raggiunge un�estrema specializzazione. Il bambù, che da sempre è stato uno dei soggetti preferiti dai letterati, assume, nei dipinti di Zheng Xie, un senso di movimento e di profondità, ottenuti con una ricca gamma di luci e ombre e con forti contrasti tonali di inchiostro. Dipingere bambù richiede grande abilità calligrafica e una notevole maturità. Particolarmente belle sono anche le sue foglie di orchidee, eseguite con un pennello secco nella tecnica della scrittura ad erba caoshu. Fonti d�ispirazione per Zheng Xie sono Shitao, cui lo lega una grande ammirazione, Xu Wei, pittore eccentrico di epoca Ming, e Gao Qipei ��� (1672-17349), un artista che dipinge con le dita, dai quali assimila i luminosi passaggi d�inchiostro (fig. 208).

Figura 208 � Gao Qipei, Paesaggio

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14.6 La porcellana L�arrivo in Europa, dalla seconda metà dell�Ottocento, di materiale

proveniente dalle spoliazioni dei Palazzi Imperiali di Pechino, diverso da quello fino ad allora esportato, fa conoscere un tipo di porcellana impropriamente detta �imperiale� ma che sarebbe più corretto chia-mare di �gusto imperiale�.

La manifattura di Jingdezhen lavora con ritmi sempre più di ca-rattere industriale, mentre il contributo del vasaio è sempre meno personale (v. cap. XV). Si realizzano prodotti raffinati, invetriature monocrome famose per la vasta tavolozza di colori, perfette repliche in porcellana di altri materiali quali il bronzo, la lacca, il cloisonné, il vetro, il legno, ecc., in una ricerca di virtuosismo che spesso annulla la creatività e l�inventiva.

La vastità dell�argomento e l�abbondante letteratura sulla por-cellana della dinastia Qing obbligano a limitare l�esame unicamente alle principali manifatture .

Una suddivisione va fatta tra porcellane monocrome e porcellane policrome: le invetriature monocrome si dividono in quelle cotte ad alte e a basse temperature.

Tra le invetriature ad alte temperature vi sono quelle rosse, derivate dall�ossido di rame cotto in atmosfera riducente con una forte os-sidazione finale, tra cui le famose langyao �� o �sangue di bue� di un bel rosso intenso e brillante (tav. XII). Sembra che i pezzi più belli, di solito grandi vasi sia bombati che slanciati o a forma di bottiglia a collo alto, oppure incensieri o tripodi, siano stati prodotti tra il 1705 e il 1712 al tempo in cui la famiglia Lang � controllava la manifattura imperiale di Jingdezhen. Un altro rosso rame è l�invetriatura �fiore di pesco�, di un colore rosso-rosa chiaro con numerose macchie verdi (tav. XII); ottenuta verso la fine dell�era di regno Kangxi e adoperata quasi esclusivamente per oggetti piccoli, destinati allo studio del letterato. Un terzo rosso rame, contenente però piombo, è una inve-triatura flambè (in cinese yaobian ��, �trasformazione nella forna-ce�, ovvero un cambiamento di colore nel forno) con striature simili a fiamme o colature di differenti colori, che variano dal blu al grigio, dal cremisi al marrone o verde e che ricordano quelle del vasellame Jun di

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epoca Song, prodotte nel periodo iniziale, alla fine dell�era Kangxi, accidentalmente e poi deliberatamente provocando, ad un certo momento della cottura, una forte ossidazione.

Questo tipo d�invetriatura è usata nei secoli XIX e XX sui gres di Shiwan �, una località nei dintorni di Canton, nella provincia del Guangdong.

L�invetriatura verde celadon della dinastia Qing, prodotta a Jing-dezhen, proviene da una cottura in atmosfera riducente di una in-vetriatura che contiene ossido di ferro. All�inizio del XVIII secolo la coperta è trasparente, di colore verde chiaro, talvolta con una deco-razione incisa sotto coperta; successivamente si imitano tutte le in-vetriature Song prodotte a Longquan, in particolare quelle craquelés dei tipi Ru e Guan.

Altra produzione ad alte temperature è un�invetriatura bianca, liscia e traslucida, spesso valorizzata da una decorazione incisa, stampata o applicata. Il colore varia da un bianco avorio, ad imitazione del va-sellame Ding di epoca Song, ottenuto in ossidazione, ad un bianco azzurrognolo derivato da una cottura in atmosfera riducente. Le forme riproducono i bronzi arcaici dei tipi ding, gu, zun e altri vasi sacrificali.

Dall�ossido di cobalto derivano varie invetriature blu, come ad esempio un blu chiaro chiamato �chiaro di luna�, in una tonalità che ricorda il tipo Song, qingbai, adoperato di solito per pezzi destinati all�uso dei Palazzi Imperiali. Un altro blu è il �blu polvere�, ottenuto soffiando, attraverso un tubo di bambù chiuso all�estremità da una sot-tile garza, il cobalto polverizzato sul corpo ancora umido dell�oggetto. Per ottenere un colore uniforme è necessario ripetere più volte la ope-razione; infine si ricopre il pezzo con un�invetriatura chiara e lo si cuoce. Il �blu polvere� può essere adoperato come monocromo, lu-meggiato talvolta da motivi in oro sopra coperta o in combinazione con riserve decorate con smalti del tipo �famiglia verde� (Tav. XIII a).

Le invetriature monocrome a fuoco medio si applicano, in seconda cottura, a corpi di porcellana già cotti, sistemando il vasellame in quelle zone del forno dove la temperatura non è così elevata. Tra queste troviamo il blu turchese, derivato dall�ossido di rame, talvolta combinato con il sodio; la decorazione spesso è incisa sotto coperta. Il colore ha una tonalità profonda in era Kangxi, si addolcisce nella suc-cessiva era Yongzheng e diventa più scuro alla fine del XVIII secolo e

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nel XIX secolo. Nel XVIII secolo sono prodotte varie invetriature opache turchesi, colorate con rame e rese opache dall�arsenico, la più nota delle quali è quella denominata �uovo di pettirosso�.

Dal rame deriva pure il verde, usato come monocromo, solo dal XVI secolo e applicato sopra un�invetriatura trasparente ad alta temperatura. C�è tutta una gamma di verdi, dal verde scuro al verde acqua, dal verde mela al verde chiaro, al verde foglia di camelia; l�intensità del colore dipende dalla durata della cottura. Il verde mela si ottiene applicando una mano d�invetriatura verde smeraldo, cotta a bassa temperatura, su una coperta già �cotta e craquelé�, come il tipo guan di epoca Song. Le forme hanno talvolta un sapore arcaico riproducendo antichi bronzi e giade o più comunemente vasellame della dinastia Ming.

Il giallo è il colore imperiale ed è probabile, perciò, che il vasellame di questo colore sia riservato alla Corte. Si può ottenere sia dall�ossido di ferro che da quello d�antimonio, o da una miscela di entrambi. Le forme sono limitate a coppe di vario tipo, vasi per templi e giare con coperchi, con decoro inciso sotto coperta, spesso con draghi tra nuvole che inseguono la perla sacra, simboli buddhisti, ecc.

Il porpora melanzana, colore noto dalla dinastia Ming in avanti, deriva dall�ossido di manganese; è di tonalità marrone chiaro nell�era di regno Kangxi, mentre diventa porpora scuro nel XIX secolo.

Tra gli esemplari policromi troviamo il tipo doucai (colori contrastanti) di epoca Ming (XV secolo) riprodotto, soprattutto in era Yongzheng, su pezzi molto raffinati. I motivi decorativi, che hanno i contorni dipinti in blu cobalto sotto coperta, sono riempiti con smalti policromi sopra coperta; a fine Kangxi il vasellame è di piccole dimensioni e di fattura eccellente, mentre alla fine della dinastia diventa più massiccio e di qualità variabile.

Continua la produzione del �Ming sancai� (tre colori) con una combinazione di tre colori tra il giallo, verde, porpora melanzana, rosso e turchese. Gli smalti sono dipinti direttamente sul corpo della porcellana già cotto e non invetriato, oppure ricoperto da una sottile invetriatura. In era Kangxi si tenta, e con successo, di utilizzare il rosso rame sotto coperta, introdotto in epoca Yuan e prodotto fino agli inizi del XV secolo con risultati non sempre soddisfacenti.

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Ci sono poi, durante la dinastia Qing, varie combinazioni di due colori: rosso e blu, bianco e verde, blu e giallo, blu e verde, realizzate di solito con smalti brillanti e trasparenti, soprattutto su servizi di piat-ti decorati con draghi.

Il �bianco e blu�, che aveva monopolizzato la produzione del pe-riodo Ming, raggiunge una grande perfezione nell�era di regno Kangxi con un blu luminoso e brillante (fig. 209). Successivamente inizia un lento declino per un generale cambiamento di gusto che porta a pri-vilegiare la produzione policroma. Il �bianco e blu� ripete mec-canicamente forme e decori delle epoche precedenti.

Tra il vasellame policromo, due sono le novità tecniche del periodo, la prima è la produzione, ad iniziare dalla fine del XVII secolo, di vasellame del tipo �fa-miglia verde� in cui compare una tavolozza di smalti colorati sopra coperta di cui fanno parte il verde, il blu, il giallo, il por-pora melanzana derivato dal manganese, il rosso e il nero con una dominante del colore verde, da cui il nome del gruppo (tav. XIII a). Questo tipo di vasellame comincia ad essere esportato in Europa alla fine del XVII secolo e continua a giungervi per tutto il XVIII secolo. Il nome �famiglia verde� è coniato dal francese Albert Jacquemart nel 1862. I cinesi chiamano questi smalti yingcai � �colori duri� poiché non permettono molte gradazioni di colori; l�effetto di ombreg-giatura è ottenuto con linee ese-guite nel disegno preliminare, con smalti molto raffinati e puri Figura 209 � Vaso gu del tipo

�bianco e blu�

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per non dar luogo a macchie. Gli smalti della �famiglia verde� pos-sono essere dipinti direttamente sul corpo non invetriato nella tecnica nota come �smalto sul biscuit�, oppure dipinti su un�invetriatura trasparente cotta ad alte temperature su cui si stagliano brillanti e lu-minosi. In entrambi i casi la porcellana, che ha già subito una cottura ad alte temperature, ne subisce una seconda in un forno a muffola alle temperature più basse, richieste per fondere gli smalti. La tecnica dello �smalto sul biscuit� è particolarmente adatta per le statuine con-sentendo di ottenere un modellato più preciso, soprattutto negli abiti e nei lineamenti, mancando la spessa invetriatura preliminare. Il re-pertorio iconografico è molto vario e comprende sia scene figurate, sia fiori e uccelli, motivi tratti dal mondo daoista, paesaggi, scene da libri illustrati, da fonti letterarie o teatrali. Il periodo di maggior successo di questo vasellame policromo è l�era di regno Kangxi; successivamente perde popolarità per le preferenze rivolte alla �famiglia rosa�, pur continuando però ad essere prodotto regolarmente. Le porcellane della �famiglia verde� hanno anche un mercato interno, come testimonia un servizio di piatti con iscrizioni augurali lungo il bordo wanshou wu-jiang � �� �lunga vita senza limiti� che si dice sia stato realizzato per il sessantesimo compleanno dell�imperatore nel 1713.

La seconda sperimentazione è quella della �famiglia rosa�, svilup-patasi tra la fine dell�era Kangxi e gli inizi dell�era Yongzheng, in cui appare, in una tavolozza policroma, uno smalto rosa derivato dal clo-ruro d�oro e d�importazione europea (tav. XIII b). Recenti teorie sem-brano sostenere la diversità di preparazione del rosa cinese, nella cui composizione entra l�oro ma è carente lo stagno, quando non ad-dirittura inesistente. Da ricerche di laboratorio eseguite ad Oxford risulta che per entrambe le �famiglie� si può parlare di una deri-vazione dalla tecnologia del cloisonné, sia per lo smalto blu della �famiglia verde�, sia per quelli gialli e bianchi della �famiglia rosa�. Questa interazione ed osmosi tra le varie tecniche, da sempre presente nelle diverse forme artistiche della Cina, diventa ancora più frequente durante la dinastia Qing quando una serie di laboratori imperiali, isti-tuiti a Pechino nella Città Proibita, lavorano l�uno accanto all�altro in uno scambio proficuo di tecnologie e sperimentazioni che caratteriz-zano l�ultima stagione artistica cinese.

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La �famiglia rosa� è chiamata yangcai �� (colori stranieri) o ruancai �� (colori morbidi) o fencai �� (colori tenui), a seconda che si voglia sottolineare la provenienza o gli aspetti tecnici. Tale stile è perfettamente sviluppato nella terza decade del XVIII secolo.

Varie tonalità di bruno, derivanti dall�ossido di ferro, sono utiliz-zate come monocromi dall�era di regno Kangxi in poi. Tra queste il colore �ruggine�, il �café au lait�, e il �polvere di tè�. Quest�ultima coperta, destinata al vasellame imperiale, è di colore verde oliva o verde giallo, cosparsa di macchie più o meno scure. Imita coperte più antiche, quali il �pelo di lepre� di epoca Song, e il colore varia a se-conda dei differenti tipi di cottura, da un verde ottenuto con un proces-so di riduzione ad un giallo derivato invece da un processo di ossi-dazione.

Un nero profondo e brillante si ottiene con una combinazione di ossidi di ferro e manganese a cui si aggiungono piccole quantità di co-balto e rame; parecchi strati sono necessari per ottenere un colore pro-fondo. Spesso i pezzi sono decorati con motivi in polvere d�oro, pur-troppo quasi sempre scomparsi.

Spesso il vasellame cinese, dagli inizi del periodo Ming, è contras-segnato da marche che possono essere di vario tipo: Ci sono quelle co-siddette di regno composte da sei a quattro caratteri disposti su due o tre linee in cui si elenca il nome della dinastia, per esempio Da Qing �� il nianhao �� o titolo di regno dell�Imperatore Kangxi e infine nianzhi �� �prodotto nell�anno�. Perciò una marca di tale tipo si legge Da Qing Kangxi nianzhi �prodotto nell�era di regno Kangxi dei Grandi Qing�. Talvolta nelle marche di regno è eliminato il nome della dinastia e allora i caratteri diventano quattro Kangxi nianzhi (fig. 210). Di solito la marca è inserita in un doppio cerchio e dipinta in blu cobalto sotto coperta; dall�era Qianlong può essere dipinta in rosso, nero, oro o altri colori sopra coperta oppure vi possono essere marche incise, impresse o a rilievo. Le marche di regno adoperano caratteri di due tipi diversi, kaishu o scrittura regolare e zhuanshu �� o scrittura a sigillo, forma calligrafica stilizzata derivata dalle iscrizioni sui bronzi rituali sviluppata poi in calligrafia. E� piuttosto comune, durante la dinastia Qing, adoperare su vasellame ufficiale marche di regno della precedente epoca Ming, in particolare delle ere Xuande

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(1426-35), Chenghua (1465-87) e Jiajing (1522-66), periodi in cui la porcellana ha raggiunto livelli eccellenti cercando, così, di valorizzare il pezzo. Esistono molti altri tipi di marche, tra le quali quelle più comunemente adoperate sulle porcellane d�esportazione sono le �marche di sala�, così chiamate perché includono i caratteri tang � �sala�, zhai � �studio�, ting � �casa per l�estate�, oppure xian � �padiglione�. Ci sono inoltre �marche elogiative� in cui per l�appunto si tende a valorizzare il pezzo, �marche augurali� con caratteri come fu � �felicità�, shou � �lunga vita�, gui �ricchezza�, lu ! �onore�, ecc. oppure �marche simboliche� con simboli ovviamente di buon auspicio quali la lepre, la gru, il fungo sacro lingzhi, la foglia di artemisia, la pesca, ecc. Più rare sono, invece, le marche con nomi di vasai.

Figura 210 � Marca di regno Kangxi. A sinistra: scrittura kaishu; a destra: a sigillo

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JINGDEZHEN La maggior parte della porcellana cinese prodotta per l�esportazio-

ne proviene dalla manifattura di Jingdezhen "#$ , una cittadina situata nella Cina Meridionale, nella parte nord orientale della pro-vincia del Jiangxi, nella prefettura di Raozhou %& . L�attività di questo centro ceramico risale alla dinastia Han e fino al X secolo con-tinua a carattere stagionale nel periodo in cui i contadini non sono im-pegnati nelle occupazioni agricole. Nell�XI secolo la produzione ac-quista ritmi regolari e i vasai sono perfettamente in grado di ottenere una bella porcellana composta da caolino, un�argilla bianca refrattaria il cui nome deriva per l�appunto dai monti del distretto Gaoling �' ad oriente di Jingdezhen, e di petuntse o più correttamente baidunzi ()* �piccoli mattoni bianchi�, materiale feldspatico non plastico, fa-cilmente reperibile nella zona di Jingdezhen. Una giusta miscela di entrambi, chiamati dai cinesi le ossa (caolino) e la carne (petuntse) della porcellana, produce un materiale di buona qualità, mentre una maggior quantità di petuntse rispetto al caolino determina un peggio-ramento qualitativo. La produzione di buona porcellana con una inve-triatura bianco bluastra qingbai porterà poi alla realizzazione del �bianco e blu� qinghua durante la dinastia Yuan.

Il forte richiamo che la porcellana cinese esercita in Europa contri-buisce, nel XVI secolo, allo sviluppo commerciale di Jingdezhen. La città è favorita anche da un�invidiabile posizione geografica alla con-fluenza di due fiumi attraverso cui avviene il trasporto delle merci fino a Canton, unica città cinese in cui, dalla fine del XVII secolo, è permesso agli stranieri di risiedere, pur se confinati in speciali quartieri. Il soggiorno in Cina è sottoposto a numerose restrizioni e regole rigidissime. Contatti diretti con la popolazione cinese sono proibiti e le trattative commerciali avvengono esclusivamente attra-verso intermediari. Sono, infatti, gli stessi intermediari a recarsi a Jingdezhen, a circa 900 km di distanza, per trasmettere gli ordinativi ricevuti dai committenti europei, accompagnati spesso da modelli in legno o altro materiale, da incisioni o disegni affinché le riproduzioni,

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sia di forme sia di decori, siano il più fedele possibile. Sono così commissionati interi servizi da tavola con stemmi delle varie casate europee, completi di tutti i pezzi necessari, dalle zuppiere alle salsiere, dai piatti di portata alle mostardiere. Le trattative commerciali devono concludersi necessariamente entro la fine dell�anno e non oltre gen-naio per poter così sfruttare il monsone per il viaggio di ritorno

Il resoconto più dettagliato sulle varie attività della manifattura di Jingdezhen proviene da due lettere scritte, nel 1712 e nel 1722, da un missionario francese, il gesuita Padre d�Entrecolles al suo superiore a Parigi, Padre Orry. Il Padre d�Entrecolles, nato a Lione nel 1644, giunge in Cina nel 1698 nella provincia di Jiangxi, in una zona non lontana da Jingdezhen. Entra facilmente in contatto con alcuni vasai e riesce a recarsi a Jingdezhen e a visitare le fornaci, acquisendo, così, una conoscenza approfondita di tutte le fasi della lavorazione della porcellana, dal reperimento delle materie prime, alla modellatura, alla lavorazione dei pezzi, alle invetriature adoperate, al sistema di cottura, ecc. Racconta dell�eccessiva specializzazione tra i decoratori per cui uno traccia solo la linea sotto il bordo, un altro disegna i fiori, un altro dipinge e un altro ancora scrive la marca; in una specie di catena di montaggio per cui è verosimile che un esemplare possa passare anche attraverso settanta mani! Parla inoltre dei rischi della cottura e di come sia spesso possibile perdere l�intero contenuto del forno per calcoli sbagliati o per banali incidenti. Dalle sue parole, Jingdezhen ci appare come una tranquilla città senza mura, adagiata in una pianura cir-condata da alte montagne da cui nascono due fiumi che si riuniscono e formano un bel porto su cui talvolta si scorgono perfino tre file di barche. La città conta 18.000 famiglie, ha grandi mercati, oltre un milione di anime, e ogni giorno consuma più di mille carichi di riso e più di mille maiali. Si stende sul bordo di un fiume, con strade strette sistemate a scacchiera e, nell�attraversarla, sembra di essere nel bel mezzo di una fiera, animata dai continui richiami di coloro che si fanno largo trasportando le porcellane. Jingdezhen offre uno spettacolo insolito quando si entra nel porto poiché turbini di fiamme e fumo si levano da ogni parte, disegnandone così i contorni; soprattutto durante la notte sembra di scorgere un luogo in fiamme o, in alternativa, una grande fornace con numerosi sfiatatoi. L�ordine pubblico è impeccabile pur essendo il governo affidato ad un solo

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funzionario che incarica un poliziotto di sorvegliare tutte le strade, chiuse di notte da barriere. Dieci subalterni sono alle dirette dipen-denze del poliziotto e, ciascuno di loro, ha il compito di controllare dieci case.

Molto importante è anche la descrizione del processo di cottura e della sistemazione del vasellame nel forno. I forni sono a forma d�uovo, di grandi capacità, a camera unica, inclinati al suolo, con un�apertura alta e stretta sul davanti e un alto camino sul fondo che consente una maggiore ventilazione, minore tempo di cottura e un risparmio di combustibile. La parete del camino è molto sottile, isolata dal forno da un muro protettivo, necessario per rinforzare la struttura e per creare uno strato isolante. L�intercapedine forma uno spazio, di circa 30 cm, riempito con un miscuglio di sabbia, argilla e paglia. Il focolare si trova all�interno del forno e la porta, costruita in mattoni, presenta spioncini, essenziali per controllare le varie fasi di cottura. Il pavimento del forno è ricoperto da uno strato di circa 30 cm di sabbia quarzifera su cui si dispongono le caselle, cioè i contenitori di argilla refrattaria, al cui interno è sistemato il materiale da cuocere, sia un solo esemplare, se di grandi dimensioni, sia numerosi piccoli oggetti, separati da appositi distanziatori. Il fondo delle caselle è spruzzato di sabbia e caolino polverizzato per evitare che i pezzi vi possano aderire. Le caselle, non avendo un coperchio, sono impilate le une sulle altre, fino a riempire tutto il forno. Il combustibile adoperato è il legno di pino e il tempo di cottura varia a seconda delle dimensioni degli og-getti e delle tecniche adoperate (fig. 211).

Figura 211 � Forno zhenyao

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Agli inizi della dinastia Qing, la camera di cottura è lunga 7 m, larga 3.5 m e alta 3.5 m. In una sola infornata è possibile cuocere, per le diverse temperature e condizioni atmosferiche, differenti tipologie di porcellana. Vicino al focolare si sistemano i pezzi che necessitano di temperature più elevate, al centro quelli che hanno bisogno di fuoco medio e sul fondo quelli che cuociono a bassa temperatura.

Il forno ad uovo è in uso nelle manifatture private presso le quali è inviato anche il materiale di quelle imperiali, nelle quali si esegue, invece, solo la seconda cottura in piccoli forni a muffola.

Il periodo di massimo sviluppo di Jingdezhen corrisponde alle ere di regno dei tre grandi imperatori cinesi: Kangxi, Yongzheng e Qianlong. E� proprio per volontà di Kangxi che Jingdezhen risorge dopo la distruzione subita nel 1674 in seguito ai disordini politici che travagliano le province meridionali, dopo la caduta della dinastia Ming. Alla riorganizzazione dei forni e al ripristino delle attività, avvenute tra il 1680 e il 1683, contribuisce in modo determinante Zang Yingxuan +,- , il funzionario inviato da Pechino come soprintendente alle manifatture imperiali. Anche i suoi successori Nian Xiyao �./ e Tang Ying 01 saranno due grandi soprin-tendenti le cui sperimentazioni e scoperte nel campo ceramico porte-ranno la porcellana di Jingdezhen a raggiungere livelli qualitativi ec-cellenti, sia nella produzione dei monocromi sia in quella dei poli-cromi. Tra le realizzazioni più importanti possiamo ricordare le ma-gnifiche invetriature monocrome rosse del tipo �sangue di bue� e �fiore di pesco� ottenute dal rosso rame, quelle blu del tipo �blu polvere� e �chiaro di luna� derivate dall�ossido di cobalto, quelle bru-ne del tipo �café au lait� e �polvere di tè� ricavate dall�ossido di ferro e altre bellissime invetriature monocrome bianche, verdi, nere, gialle, turchesi, dalle incredibili sfumature. Anche nel campo dei policromi vi sono numerose innovazioni, dalle varie �famiglie� così denominate dal colore dominante che può essere il �verde�, il �rosa�, il �nero�, il �giallo�, al tipo doucai �colori contrastanti� in cui la raffinata de-corazione con smalti policromi ha contorni in blu cobalto sotto coperta, o ancora il tipo sancai �tre colori� con una combinazione di giallo, verde, porpora melanzana, rosso e turchese dipinti direttamente sulla porcellana già cotta ma non invetriata o ricoperta da una sottile

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invetriatura, o ancora varie combinazioni di due colori, quali il rosso e blu, il bianco e verde, il blu e giallo, il blu e verde (fig. 212).

A Jingdezhen si produce sia �vasellame ufficiale� guanyao 2� sia �vasellame popolare� minyao, il primo prodotto su richiesta della corte nelle manifatture imperiali, il secondo in fornaci private, spesso destinato al mercato estero (v. cap. XVII).

Le ordinazioni eseguite a Jingdezhen nella manifattura imperiale, raggiungono Pechino con un lungo viaggio per via fluviale. Agli inizi del XVIII secolo, talvolta si mandano a corte pezzi in bianco, pronti per essere smaltati nei laboratori imperiali di Pechino con un genere di decorazione derivato dalle tecniche dello smalto su rame; i primi gruppi di oggetti di questo tipo recano la marca di regno Kangxi yuzhi 345� (prodotto su comando imperiale di Kangxi) inserita in un doppio quadrato e dipinta in rosso, rosa o nero sopra coperta.

Figura 212 � Statuette raffiguranti Cani di Fo, porcellana policroma

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IL CLOISONNÉ Uno dei laboratori imperiali, creati durante l�era di regno Kangxi

all�interno della Città Proibita a Pechino, è dedicato alla fabbricazione di smalti cloisonnés. Gli imperatori Qing apprezzano particolarmente questo tipo di oggetti che commissionano in grandi quantità sia per l�arredo dei palazzi sia come vasellame rituale da offrire ai templi buddhisti. Basti pensare che, nonostante le spoliazioni subite dalla Cina, ancora oggi il Museo Nazionale di Taibei possiede una ricca collezione di cloisonnés.

I primi cloisonnés cinesi cominciano ad arrivare in Occidente, in-sieme a tutti gli oggetti provenienti dallo Yuanmingyuan, il Palazzo d�Estate di Pechino, dopo il saccheggio compiuto, nel 1860, dalle truppe inglesi e francesi e dopo la spedizione degli eserciti occidentali per reprimere la Rivolta dei Boxer, nel 1900. Tali oggetti suscitano una grande ammirazione ed esercitano una forte influenza sulle arti decorative occidentali.

La tecnica dello smalto cloisonné, praticata in Occidente fin dalle epoche più antiche, arriva in Cina da Bisanzio, dove ha raggiunto un notevole sviluppo già nei secoli X e XI. L�introduzione in Cina avviene nel XIV secolo, durante la dominazione mongola, attraverso intermediari musulmani. Nelle fonti cinesi, infatti, si parla di tazze da vino di rame decorate con colori a smalti da artigiani dello Yunnan che operano a Pechino; il cloisonné è chiamato dashi �6 (Arabia) o falang 78 denominazione derivata dal nome cinese di Bisanzio. Si può, quindi, supporre, anche in mancanza di materiali della dinastia Yuan, che già in questo periodo si produca il cloisonné sia a Pechino sia nello Yunnan.

Il cloisonné si ottiene saldando alla superficie metallica dello oggetto sottili filamenti metallici in modo da formare tante piccole celle o alveoli di dimensioni variabili in cui si dispongono gli smalti, sostanze vetrose, polverizzate e poi mescolate con acqua. La loro colorazione avviene con ossidi metallici, collocati nei rispettivi alveoli, cuocendo il pezzo al fuoco di muffola, ad una temperatura di 700º-

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800º C per una buona aderenza al corpo metallico (bronzo, ottone o rame). Per il restringimento a cui vanno soggette le paste vetrose, si ripete questa operazione più volte; infine si leviga e si lucida l�oggetto con polveri sempre più fini. Le parti metalliche visibili sono dorate dujin 9: o liujin ;:.

In epoca Ming i filamenti metallici sono sempre in bronzo, saldati al corpo dell�oggetto, mentre nella seconda metà del XVII secolo si preferisce utilizzare il rame e si adopera anche un adesivo vegetale; la superficie dei filamenti metallici e delle parti non ricoperte da smalto è dorata. Agli inizi del XVI secolo le basi fuse sono sostituite da fogli metallici, di solito di rame, martellati e saldati al pezzo. I difetti, presenti negli esemplari più antichi e cioè superficie rugosa e tracce di saldatura, derivati da imperfetta cottura, sono notevolmente ridotti nel XVIII secolo per mezzo di ripetute cotture e politure con pietra pomice.

Il cloisonné per tutto il periodo Ming, conosce uno sviluppo con-tinuo e presenta una tavolozza dal numero limitato di colori, che va-riano dal blu turchese, usato per il fondo, al rosso, al giallo, al bianco, al blu cobalto, al verde scuro quasi nero e talvolta al violetto opaco. Già alla fine del XV secolo si cominciano a sperimentare, in un solo alveolo, colori �misti�, tra cui il famoso �rosa Ming�, un miscuglio di bianco e rosso che non fonde in modo omogeneo ed è composto da sottili schegge di vetro rosso sospese in una sostanza vitrea bianca, oppure il verde chiaro, un miscuglio di verde e giallo e varie tonalità di melanzana, in parte tendente al nero. Agli inizi del XVI secolo, la gamma dei colori presenta un marrone traslucido composto da un misto di rosso e giallo, mentre il blu cobalto diventa più smorto, leggermente grigio. Nella seconda metà del XVI secolo, in un singolo alveolo, compaiono anche tre colori con paste vitree omogenee; nel XVII secolo si combinano perfino quattro colori diversi (tavv. XIV a e b). Dalla seconda decade del XVIII secolo, nella tavolozza dei colori è introdotto il colore rosa, derivato dall�oro colloidale, importato dallo Occidente e adoperato contemporaneamente anche sulla porcellana. Nel XVIII secolo, infine, gli smaltatori giungono ad utilizzare fino a ventiquattro colori, sia importati sia locali, ottenendo svariate grada-zioni, ma la fritta, opaca e omogenea, finisce col portare ad una certa sterilità (fig. 213).

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Figura 213 � Cloisonné dell�era di regno Qianlong

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Agli inizi dell�epoca Ming il cloisonné conosce una sorte simile a quella della porcellana �bianco e blu�: è poco apprezzato e lontano dal gusto della corte, proiettato, invece, verso la raffinata tradizione Song; ma dall�era di regno Xuande si ha il patrocinio imperiale e anche i primi pezzi datati le cui forme sono incensieri, piatti, vasi e scatole circolari. La stretta relazione tra cloisonné e ceramica è ancora più evidente alla fine del XV secolo nello sviluppo del tipo ceramico fahua �� in cui le diverse invetriature sono separate da sottili listelli d�ingobbio applicati alla superficie, ad imitazione dei filamenti metallici del cloisonné.

La migliore produzione del cloisonné è quella dell�era di regno Jingtai �� (1450-1456) forse per l�arrivo in Cina, dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 ad opera dei Turchi, di artigiani abili nella manifattura di cloisonnés bizantini; ancora oggi la denominazione Jingtailan ��� �blu Jingtai�, per la presenza di un blu turchese o lapislazzuli come colore di fondo, è sinonimo di cloisonné. Marche di regno Jingtai sono piuttosto comuni per l�uso frequente, come era già accaduto per alcune particolari marche di regno sulla porcellana, che se ne fa nei secoli successivi. Sembra che la marca fusa con il pezzo sia simbolo di autenticità, mentre quando è semplicemente incisa po-trebbe essere posteriore ed è necessaria, perciò, una maggiore cautela. Di solito le marche della dinastia Qing sono inserite in quadrati dai bordi in rilievo.

I colori dei cloisonnés della dinastia Qing sono diversi da quelli del periodo Ming per la presenza di un verde turchese piuttosto scuro, un verde giallo, un porpora, un blu cobalto, molti viola e poco rosa. An-che la luminosità è minore e la decorazione tende a coprire tutta la superficie dell�oggetto. Si adopera spesso, contemporaneamente o separatamente, la tecnica dello smalto champlevé in cui gli alveoli, per ricevere gli smalti, sono sia scavati al cesello sia fusi insieme al metallo. E� diffusa anche la tecnica repoussé in cui la decorazione si staglia a rilievo su un fondo di smalto.

Nell�era di regno Qianlong la produzione dei cloisonnés raggiunge l�apice con opere di qualità notevole, dal decoro ricco e dalla esecu-zione elaborata, in cui l�arcaismo ricopre una parte importante (fig. 214). Le forme sono molto varie, dagli oggetti d�arredo a quelli per lo

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Il cloisonné 339

scrittoio del letterato, dal vasellame agli strumenti rituali buddhisti, ai paraventi, agli ornamenti, ai gioielli. Sono introdotte pure piccole sculture zoomorfe, soggetti buddhisti e daoisti la cui popolarità aumenterà nei secoli XIX e XX.

Oltre alla manifattura imperiale esistono altri laboratori nella stessa Pechino, a Yangzhou, Canton e nella provincia dello Yunnan.

Figura 214 � Cinque vasi da altare in cloisonné

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L�ARTE PER L�ESPORTAZIONE Per l�Europa la conoscenza diretta dell�Oriente avviene nel Cinque-

cento ad opera dei Portoghesi, i primi Europei a navigare verso est e a stabilire una serie di avamposti (Hurmuz, Goa, Malacca) lungo le coste asiatiche. Giunti in Cina agli inizi del XVI secolo, nel 1557 rie-scono ad ottenere dal governo cinese, in cambio dell�aiuto fornito con-tro la pirateria, la concessione di Macao che diventa la loro roccaforte e da cui danno inizio a vantaggiosi scambi commerciali. Nel 1543 i Portoghesi arrivano in Giappone e per tutto il Cinquecento con-trolleranno i traffici commerciali con l�Oriente, portando in Europa soprattutto magnifiche porcellane cinesi decorate in blu cobalto sotto coperta e preziose lacche giapponesi, prodotti spesso realizzati su committenza portoghese. Giungono in Europa porcellane bianche e blu ornate con stemmi nobiliari e con iscrizioni in latino, sia di carat-tere religioso, sia come dedica per doni destinati a influenti personaggi portoghesi.

Un esempio da segnalare è una famosa coppa, conservata nel Museo Duca di Martina di Napoli, datata 1541, con dedica al go-vernatore di Malacca, Pedro de Faria e con lo stemma della famiglia portoghese degli Abreu (fig. 215).

Figura 215 � Coppa di tipo �bianco e blu� con dedica a Pedro de Faria

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Capitolo XVII 342

Il dominio dei Portoghesi sulla scena commerciale cinese termina bruscamente agli inizi del XVII secolo con la sconfitta inferta loro dagli Olandesi, desiderosi di stabilire contatti diretti con la Cina dopo la chiusura, nel 1584, alle loro navi del porto di Lisbona attraverso cui arrivavano ad Amsterdam le merci orientali. Agli Olandesi non è permesso risiedere in Cina e perciò le trattative commerciali con i Cinesi sono effettuate dai loro possedimenti in Giappone, Hirado e Deshima (nella baia di Nagasaki), e da Formosa che occupano nel 1624.

Una nuova fase nei commerci con l�Oriente è segnata dalla crea-zione delle Compagnie delle Indie Orientali, tra le quali una delle pri-me ad operare è quella olandese o V.O.C. (Vereenigde Oostindische Compagnie) con sede a Batavia, l�odierna Giacarta. La Compagnia autorizza i propri funzionari ad esercitare forme di governo, a sti-pulare contratti, a costruire fortezze, ad avere truppe, ecc. Quasi con-temporaneamente l�esempio degli Olandesi e degli Inglesi, i primi a creare una Compagnia delle Indie Orientali con sede a Bantam, è imi-tato anche da molti altri paesi europei che s�inseriscono nella avven-tura commerciale in Oriente.

Gli Inglesi riusciranno ad avere la supremazia sugli Olandesi solo nel XVIII secolo quando si intensifica la presenza straniera in Cina e Compagnie delle Indie Orientali danesi, francesi, tedesche, fiammin-ghe, svedesi partecipano direttamente ai traffici commerciali.

Le travagliate vicende politiche cinesi, verificatesi tra la fine della dinastia Ming e gli inizi della dinastia Qing, costringono gli Europei a cercare altri mercati per poter fronteggiare un flusso commerciale, or-mai di notevoli dimensioni. E� così che entra in scena, ad opera degli Olandesi, il Giappone che solo agli inizi del secolo XVII e in modo artigianale ha cominciato a produrre la porcellana. Nella fase iniziale gli stranieri si limitano ad ordinare porcellane in stile cinese di tipo �bianco e blu�, ma ben presto le manifatture giapponesi immettono sul mercato prodotti diversi, per lo più policromi, che riscuotono un tale successo da essere imitati in Europa. Giungono così le porcellane di tipo Imari, la cui tavolozza affianca al blu cobalto sotto coperta il rosso ferro, l�oro e, talvolta, lumeggiature di altri colori e quelle di tipo Kakiemon, caratterizzate dalla presenza di un rosso arancio kaki.

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L�arte per l�esportazione 343

Gli anni che vanno dal 1620 al 1680 sono deno-minati �periodo di transi-zione� e, nonostante i pro-blemi politici che affliggo-no il paese e che portano alla parziale chiusura delle fornaci ufficiali nella Cina Meridionale, danno luogo ad una produzione diversa, più libera e fantasiosa, non legata a precise commesse. Ciò nonostante, il com-mercio con l�Europa non si arresta, continuando, in-vece, attraverso canali pri-vati

Nel 1683, alla riaper-tura dei forni di Jingdezhen, gli Olandesi ritornano al più vantaggioso mercato cinese, meglio organizzato e più economico. Ma ormai, per l�arrivo in Europa di porcellana giapponese, si avverte un cambia-mento di gusto e si preferisce vasellame policromo. Perciò, nelle pri-me decadi del XVIII secolo, è commissionata in Cina porcellana ad imitazione del tipo Imari giapponese, che sarà chiamata �Imari cinese�, con una tavolozza di colori più essenziale e dalle tonalità leggermente diverse (fig. 216). Comincia ad essere esportata anche la porcellana a smalti policromi sopra coperta del tipo �famiglia verde�, a cui seguirà, agli inizi del XVIII secolo, quella della �famiglia rosa�, chiamata dai cinesi yangcai �colori stranieri� per la presenza del cloruro d�oro o porpora di Cassio scoperto nel 1670 dall�olandese Andreas Cassius di Leida.

La porcellana d�esportazione cinese non è destinata solo agli Europei, ma è rivolta anche ai mercati giapponesi, del Sud-Est asiatico e ai paesi islamici, con richieste, come avviene per l�Occidente, di for-me e decori particolari, relativi ai paesi cui sono destinati.

Le manifatture europee, quali quelle di Meissen, Saint-Cloud, Chantilly, Chelsea, Bow, Venezia, sono ormai in grado di fabbricare

Figura 216 � Piatto Imari cinese

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Capitolo XVII 344

porcellana e fanno a gara nell�imitare soprattutto il tipo giapponese Kakiemon.

Dalla fine del XVII secolo l�unico porto aperto agli Europei è quel-lo di Canton, nel sud della Cina, e da qui avvengono tutte le transa-zioni commerciali, soggette a incredibili limitazioni. Il soggiorno a Canton è sottoposto a regole precise che mirano soprattutto a evitare contatti con la popolazione locale e a confinare gli stranieri in una stretta fascia di terra, lungo il fiume delle Perle, dove sorgono gli sta-bilimenti delle Compagnie delle Indie Orientali. Gli unici Cinesi ammessi sono gli interpreti e gli intermediari per gli ordinativi dei prodotti da far realizzare nelle varie zone del paese. Le merci esportate sono soprattutto seta, tè, porcellana, ma i traffici commerciali delle Compagnie delle Indie Orientali sono molto più estesi e si svolgono prevalentemente in Oriente, coinvolgendo numerosi paesi asiatici in un elaborato sistema di compravendite che permette agli Europei di poter effettuare scambi proficui e ottenere i migliori prodotti di cia-scun territorio e alle migliori condizioni. Inoltre i membri delle varie Compagnie hanno anche la possibilità di esportare alcuni oggetti privatamente, esclusi quindi da tassazione, e di poterli poi vendere, a prezzi competitivi, al ritorno in patria. E� questo il canale attraverso cui giungono in Europa merci diverse, acquistate o spesso ordinate nei laboratori di Canton, dove è possibile, per gli Europei, seguire la ma-nifattura del prodotto e ottenere, quindi, qualcosa di utilizzabile nelle dimore europee (tav. XV a).

I principali centri di distribuzione delle merci orientali in Europa sono Amsterdam, Londra, Vienna e Bruxelles.

Già alla fine del XVI secolo i sovrani europei cominciano a collezionare porcellane cinesi che abbelliscono le loro dimore. Tra le raccolte più importanti si ricordano quelle di Filippo II di Spagna (1527-1598) e quella della regina Elisabetta I d�Inghilterra (1533-1603), quest�ultima proveniente dalla cattura di caracche spagnole sconfitte da Sir Francis Drake.

Con l�esportazione massiccia di porcellana cinese ad opera delle Compagnie delle Indie Orientali, i prezzi subiscono un notevole ribasso e anche la borghesia europea è in grado di acquistare vasellame cinese. Nel XVII secolo diventa di moda adoperare la porcellana, non solo come vasellame da tavola, ma anche per decorare

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L�arte per l�esportazione 345

�gabinetti cinesi� con oggetti stipati in appositi armadi o credenze, si-stemati in scaffalature lungo le pareti oppure inseriti nel soffitto come ornamento della volta.

La Cina diventa, nel Settecento, un riferimento obbligato nella scelta e nell�acquisto di oggetti destinati all�arredo delle dimore reali, nobiliari e borghesi e nella committenza di vasellame da tavola in por-cellana realizzato nelle varie tavolozze cinesi, sia in �bianco e blu� sia policrome. La preferenza per la Cina si spiega con molte ragioni: la grande capacità delle maestranze cinesi, la lavorazione di materiali di grande bellezza sconosciuti in Europa, in particolare porcellana e lac-ca, una produzione di tipo industriale fin da epoche antiche, il costo relativamente basso di prodotti molto raffinati che diventano ben presto di moda in Occidente, molto apprezzati in tutti gli ambienti sociali.

Un tipo di porcellana bianco crema traslucida, molto richiesta e popolare in Europa è il famoso blanc de Chine, prodotto nelle fornaci meridionali di Dehua, nella provincia del Fujian. Sembra che già in epoca Song si produca questo tipo di porcellana, destinato alla esportazione nel Sud-Est asiatico. In Occidente comincia ad arrivare alla fine della dinastia Ming e in grandi quantità nel XVIII secolo come testimoniano i cinquecento esemplari ancora conservati a Dresda nella collezione di Augusto il Forte. E� un vasellame di diffi-cile datazione poiché la produzione continua costante per diversi se-coli, utilizzando perfino gli stessi stampi. Si tratta per lo più di statuette di divinità o di animali, gruppi con stranieri, coppe, incensieri che sono imitati da molte manifatture europee e spesso dorati e smal-tati in Europa perché ritenuti troppo semplici (fig. 217).

Nel commercio con l�Oriente delle Compagnie delle Indie Orientali la porcellana rappresenta una percentuale minima, mentre diventa una voce importante in quello �privato� gestito dagli stessi funzionari delle Compagnie. L�apice del commercio con l�Europa è raggiunto durante la seconda metà del XVIII secolo.

Nel XIX secolo i traffici commerciali sono in declino poiché in Occidente prospera l�industria ceramica e anche per una nuova chiu-sura di Jingdezhen distrutta dai ribelli Taiping nel 1854 e riaperta nel 1863. Sono gli Americani che rivitalizzano gli scambi con la Cina nella prima metà del XIX secolo.

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Capitolo XVII 346

Oltre alle lacche giap-ponesi, di tipo maki-e �pit-tura cosparsa�, decorate in oro su fondo nero, giun-gono in Europa magnifici paraventi di lacca cinese, realizzati ad imitazione delle tecniche giapponesi che tanto successo riscuo-tono in Occidente. La pro-duzione avviene nelle re-gioni meridionali della Ci-na e a Canton. Si tratta, quasi sempre, di paraventi di grandi dimensioni, ese-guiti in lacca dipinta huaqi �� nello stile pittorico, cioè con un ornato in oro su fondo nero o talvolta rosso o bianco. L�ornato presenta il classico reperto-rio iconografico orientale caratterizzato da scene di vita cinese, fiori, uccelli, insetti, vasi da fiori, pae-

saggi con o senza figure, architetture e animali reali o fantastici. Una tecnica esclusivamente cinese è quella di una lacca incisa e colorata, conosciuta con il nome di Coromandel, dato dai Francesi nel XVIII secolo, e con la quale si realizzano soprattutto grandi paraventi (tav. XV b). Questa denominazione deriva dalla costa indiana del Coro-mandel dove hanno sede gli uffici della Compagnia Inglese delle Indie Orientali e da dove avvengono le esportazioni. Gli Inglesi, invece, chiamano questo tipo di lacca �lavoro di Bantam�, dal nome del porto giavanese, che è un�importante base commerciale, prima della Compagnia Inglese delle Indie Orientali e poi di quella Olandese. Per i Cinesi tale tipologia di lacca si chiama kuancai �colori incisi� e

Figura 217 � Statuetta di Guanyin, blanc de Chine

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L�arte per l�esportazione 347

si ottiene ricoprendo il legno con almeno tre applicazioni di argilla polverizzata su cui si passa un rivestimento di erbe fibrose in modo da ottenere un fondo unito che faccia da base alla lacca nera. Si applica poi la lacca in parecchi strati, dati a lunghi intervalli e succes-sivamente lucidati. Il decoro si realizza ricalcando il disegno sulla superficie laccata e incidendo i contorni, più o meno profondamente, secondo l�effetto da ottenere, talvolta fino al fondo argilloso. Le zone messe a nudo sono sia dorate sia dipinte con pigmenti colorati, nello stesso modo in cui avviene l�applicazione dello smalto cloisonné. Il fondo nero o marrone fa risaltare i magnifici colori che comprendono l�oro, il bianco, il melanzana, il blu turchese, il verde, il rosso e il giallo. La produzione, che ha inizio nel Seicento e raggiunge l�apice nella seconda metà del secolo, è destinata al mercato interno e solo successivamente sarà esportata. La fabbricazione avviene nelle province meridionali di Fujian, Zhejiang, Jiangsu e Anhui, dove comincia a emergere una classe di ricchi mercanti, interessati anche all�arte. Lo sviluppo della tecnica Coromandel è favorito sia dalla maggiore libertà di cui godono i laccatori alla fine della dinastia Ming, sia dagli alti costi dei paraventi con intarsi di madreperla realizzati nei laboratori imperiali per il mercato cinese. Molti dei grandi paraventi, arrivati poi in Occidente, sono realizzati in Cina come doni di compleanno, di pensionamento o di promozione per funzionari di alto grado e spesso recano, nella parte posteriore, iscrizioni che fanno rife-rimento alla loro destinazione e talvolta anche delle date, la più antica delle quali risale al 1637. I paraventi presentano un numero di ante pari (12, 8, 6, 4), hanno un�altezza che può superare i tre metri e di solito sono decorati su entrambi i lati, da una parte con una scena continua circondata da un ampio fregio e dall�altra con rappre-sentazioni diverse. Il repertorio decorativo comprende scene di pa-lazzo, scene dal mondo degli Immortali daoisti, scene di paesaggio, scene di caccia, rappresentazioni di fiori e uccelli, animali fantastici e vedute panoramiche, con una lettura dei soggetti da destra a sinistra e dall�alto verso il basso.

Un altro tra i prodotti d�esportazione, molto diffuso in Occidente, sono le carte cinesi dipinte, destinate a ricoprire, come parati, le stanze di molte dimore e a far parte di album riportati dall�Oriente come souvenir della Cina (tav. XVI). Le carte dipinte sono realizzate vero-

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Capitolo XVII 348

similmente a Canton, dove risiedono gli stranieri, che possono, così, dare direttive precise e supervisionare le merci ordinate. La lavo-razione avviene in laboratori artigianali secondo procedimenti seriali diversi, miranti ad un�esecuzione rapida ottenuta con tecniche già consolidate nel tempo e comunemente praticate. Gli artigiani si servono, perciò, di modelli, stampini, sagome, metodo xilografico e spesso queste tecniche si usano contemporaneamente, annullando e mortificando l�individualità del prodotto, così come è pratica abituale in Cina, dove solo la pittura e la calligrafia, appannaggio della classe dei letterati, sono considerate forme d�arte superiori, degne di tramandare nomi e personalità d�artisti. Nella fase finale i parati sono acquerellati a mano con colori vivi e brillanti entro i contorni a inchiostro, consentendo ai pittori di scegliere quelli che ritengono più adatti e, talvolta, d�inserire particolari insoliti, rendendo così diverse le serie uguali. E� probabile, comunque, che in questi laboratori ci siano anche anziani pittori con il compito di organizzare l�apparato deco-rativo e dare istruzioni agli artigiani su come e quando utilizzare le varie tecniche. Nelle raffigurazioni gli artisti adoperano, quasi sempre, un rimpicciolimento dei personaggi e degli edifici verso l�alto, dimostrando, così, di conoscere la prospettiva occidentale e di ado-perarla sui prodotti destinati all�esportazione. La tecnica pittorica uti-lizzata, derivata da quella cinese tradizionale, è denominata gongbi �pennello accurato�, così come il disegno che si snoda su piani pro-spettici in modo da dare l�illusione della profondità e consentire al pit-tore di avvicinare e ingrandire elementi posti su piani posteriori per offrire una descrizione più dettagliata e incisiva. Il repertorio icono-grafico delle carte si richiama a modelli consueti, rappresentati su tutti gli altri prodotti d�esportazione ripercorrendo filoni decorativi tradi-zionali con soggetti che possono raggrupparsi in alcune tipologie standard: fiori e uccelli, scene di vita cinese e le principali attività pro-duttive, dalla lavorazione della seta alla coltivazione del riso, da quella del tè alla manifattura della porcellana (fig. 218).

Nei laboratori artigianali si adoperano come modelli album stam-pati di immagini e disegni ricavati da opere di grandi artisti, manuali contenenti pitture e calligrafie, enciclopedie, libri commerciali di illu-strazioni tra cui quelli con le vedute più celebri delle diverse regioni cinesi, quelli di opere narrative e teatrali pubblicati in numerose edi-

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L�arte per l�esportazione 349

zioni e quelli realizzati per decorare le barrette d�inchiostro, cioè le fa-mose tavolette da sfregare sulla pietra da inchiostro e poi diluire nell�acqua, utilizzate da pittori e calligrafi (v. appendice).

Numerose �stanze cinesi�, ambienti cioè rivestiti con carte o sete cinesi, si trovano anche in Italia, in particolare, in Piemonte (tav. XVI), in dimore nobiliari e in castelli e, in Toscana, nella Villa Medicea di Poggio Imperiale a Firenze. Talvolta le carte dipinte cinesi, ricavate da rotoli per parati o da album, sono adattate a quadretti e utilizzate nell�arredo.

Nell�Ottocento, quando ormai la passione per la Cina si è affievolita, continuano a giungere in Occidente oggetti in avorio, ma-dreperla, smalto dipinto, lacca, realizzati a Canton, con un repertorio iconografico d�ispirazione cinese, ma spesso con forme eseguite su committenza straniera per essere utilizzate nelle dimore occidentali.

Figura 218 � Lavorazione della seta

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351

APPENDICE

LA CALLIGRAFIA CINESE

Pietro De Laurentis La calligrafia e la pittura rappresentano per i Cinesi le forme d�arte

più nobili. La calligrafia, in particolare, poiché legata indissolubilmen-te al testo scritto e quindi alla letteratura, è divenuta lo strumento d�espressione artistica per eccellenza del letterato wenren ��.

Per diversi secoli calligrafia e scrittura hanno seguito uno sviluppo comune. Il processo evolutivo che ha interessato i caratteri cinesi, per-tanto, costituisce non soltanto un percorso di trasformazione linguisti-ca, ma è soprattutto, il risultato dell�applicazione di valori etico-este-tici e di tensioni artistiche che funzionari, letterati e religiosi hanno sa-puto infondere nella scrittura.

Per questo motivo, il carattere per �scrittura� shu , fin dal II secolo, ha assunto in Cina anche il significato di �arte della scrittura�, separando nettamente l�atto di �calligrafare� da quello di �comporre� zhuan �. Nel cinese moderno, invece, si utilizza un composto, shufa � �regola, metodo dello shu�, che corrisponde al termine utilizzato in Giappone shodō, �via dello sho�.

Le forme La caratteristica più evidente della calligrafia cinese è la grandis-

sima varietà di configurazioni e stili, costituitisi nel corso dei secoli, con la trasformazione della scrittura. Dopo circa un millennio di modi-ficazioni, alla fine del IV secolo, la forma grafica dei caratteri cinesi si stabilizza in cinque sistemi principali (in cinese �corpi� ti � ), o �forme�, �codici�, ognuno con differenti regole di stesura e di confi-gurazione dei caratteri. Secondo l�ordine di apparizione nella storia della scrittura cinese, si hanno, la scrittura a sigillo zhuanshu � (X

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Appendice 352

sec. a.C.), la scrittura degli scrivani lishu � (III sec. a.C.), la scrittura corsiva caoshu � (II sec. a.C.), la scrittura regolare kaishu � (II sec. d.C.) e la scrittura corrente xingshu � (III sec. d.C.). All�interno di una stessa forma, tuttavia, è possibile trovare numerose varianti.

La forma zhuan è la più antica e quindi la più vicina alla pittografia. È caratterizzata da linee curve e diritte più che da tratti, mentre la forma lishu è più schiacciata e allungata in orizzontale. La scrittura corsiva caoshu è più verticale e sintetica, mentre quella regolare kaishu è rigorosa e ben salda. Una via di mezzo è rappresentata dalla scrittura corrente xingshu, che possiede la fluidità del corsivo unita alla chiarezza della scrittura regolare (figg. 219 e 220).

Figura 219 � Scrittura corrente xingshu

Figura 220 � Scrittura corsiva caoshu

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La calligrafia cinese 353

Le ragioni per cui la scrittura cinese ha raggiunto un tale livello di complessità e ricchezza grafica sono molteplici. Innanzitutto i criteri pittografici, che sono all�origine degli stessi caratteri, hanno indub-biamente spinto i Cinesi ad elaborare dei segni che prendessero spunto dalla natura e, quindi, a �catturare� la forma di oggetti e fenomeni naturali, nonché il moto degli animali e le attività umane. Succes-sivamente, con la necessità di esprimere sempre nuovi concetti, i Cinesi hanno dovuto mettere assieme, in uno stesso carattere, due o più diverse chiavi, semantiche o fonetiche che fossero. Di fronte, quindi, al problema di come distribuire graficamente tali segni nel singolo spazio di un carattere, i Cinesi hanno elaborato diverse solu-zioni grafiche, quali ad esempio i �radicali�, che compongono i carat-teri e che sono il prodotto più evidente di questa riorganizzazione dello spazio.

Gli strumenti I materiali utilizzati per la scrittura hanno avuto grande importanza

nello sviluppo della calligrafia (fig. 221). È dimostrato come, fin dall�antichità, i Cinesi adoperassero un pen-

nello, costituito da peli animali legati ad un bastoncino di legno o di bambù. Tale pennello veniva intinto nell�inchostro - ricavato dallo sfregamento di pigmenti e materiali vegetali - su una pietra, e poi utilizzato su supporti rigidi, quali legno o bambù. La morbidezza dei peli della punta produce linee molto curve, facendo del pennello ci-nese l�opposto del cuneo mesopotamico o dello stilo romano. La ne-cessità di organizzare nello spazio l�insieme di queste linee �tondeg-gianti� ha influito notevolmente sulla forma dei caratteri cinesi.

Nel corso dei secoli i Cinesi hanno modificato radicalmente i sup-porti su cui scrivere, ma non hanno sostituito il pennello. Come sup-porto scrittorio, prima dell�invenzione e diffusione della carta, avve-nuta nel III secolo, si sono serviti di materiali quali listelli di legno o bambù, facilmente reperibili ed economici. Diversi sono però i ma-teriali su cui hanno registrato testi di importanza politica o religiosa. Si tratta, ad esempio, in epoca Shang, di ossi animali, i cosiddetti jiaguwen, su cui incidere testi divinatori (v. par. 2.3) o, durante la

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Appendice 354

dinastia Zhou, di bronzi, su cui fondere dediche ed offerte sacrificali jinwen ��, oppure di stele di pietra beike ��, in auge soprattutto tra gli Han e i Tang, principale simbolo della scrittura e della calli-grafia prima del X secolo.

Figura 221 � Strumenti per la calligrafia

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La calligrafia cinese 355

I quattro tesori della stanza del letterato Con la diffusione della carta nel III secolo, gli strumenti scrittori

cinesi sono definitivamente stabiliti: il pennello bi �, l�inchiostro mo �, la carta zhi � e la pietra d�inchiostro yan .

Per l�importanza che tali strumenti hanno assunto nella vita cultu-rale, in cinese si è coniata l�espressione wenfang sibao ���, i �quattro tesori della stanza del letterato�.

Il pennello

La caratteristica principale di un pennello, oltre alla maneggevo-lezza del gambo, è rappresentata dalla consistenza della punta. Al giorno d�oggi si utilizzano due diversi tipi di punta: quella di pelo di pecora (in cinese yanghao �), molto morbida e di colore bianco, e quella di pelo di �lupo�, in realtà quasi sempre di altri animali (langhao ��), più scura e rigida. La regione dove si producono i pennelli più famosi della Cina è la zona di Huzhou ��, al confine settentrionale del Zhejiang.

Attualmente molti pennelli si fabbricano su scala industriale, aggiungendovi sulla punta grandi quantità di peli di nylon; quelli pro-dotti, invece, artigianalmente e per cui sono utilizzati solo peli animali, sono molto costosi e, quindi, poco diffusi. In genere, i pen-nelli con la punta dura, vengono impiegati soprattutto in pittura, poi-ché più adatti per una diversa miscela di colore ed acqua sulla carta (fig. 222).

Figura 222 � Pennello

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Appendice 356

L�inchiostro Due sono le tipologie dell�inchiostro: la prima è quella dello in-

chiostro tradizionale, a barretta, ottenuto con la lavorazione di cenere ed essenze naturali, sfregato poi sulla pietra d�inchiostro insieme alla acqua; la seconda, invece, è l�inchiostro liquido mozhi ��, ottenuto dalla lavorazione dell�inchiostro tradizionale, mescolando acqua ed altri agenti chimici. Il largo uso dell�inchiostro liquido è legato alla maggiore praticità, anche se esso non ha la brillantezza e la durata dell�inchiostro tradizionale (fig. 223).

La carta

La carta rappresenta, in calligrafia, un importante supporto scrit-torio. Numerosi sono i tipi di carta, a seconda della composizione e del processo produttivo. In generale, però, è possibile individuare nel colore bianco, nella morbidezza e nella porosità, le caratteristiche es-senziali della carta cinese, la quale richiede pertanto un accurato do-saggio di acqua ed inchiostro. Il luogo più famoso per la produzione della carta è la zona di Xuanzhou ��, nella provincia dell�Anhui, da cui deriva il composto xuanzhi �� , letteralmente �carta di Xuan (zhou)�, con cui attualmente s�indica la carta di riso. C�è però da dire che gli elevati costi di produzione fanno, di solito, preferire per eser-citarsi, una carta più ruvida e meno porosa, detta yuanshuzhi ���.

La pietra d�inchiostro

La pietra d�inchiostro rappresenta l�ultimo dei �quattro tesori�, ma è certamente lo strumento di maggior prestigio che il letterato pos-siede. Per prima cosa, da un punto di vista funzionale, è molto importante la qualità della superficie della pietra, per poter ottenere dallo sfregamento della barretta un inchiostro omogeneo. Da un punto di vista estetico, invece, la pietra d�inchiostro può essere un vero e proprio manufatto artistico, riccamente inciso con diversi motivi orna-mentali e con iscrizioni di poesie e frasi celebri.

Oltre alle pietre d�inchiostro, anche gli altri strumenti scrittori di-vengono essi stessi oggetti d�arte e opere da collezione che, talvolta, raggiungono quotazioni simili a quelle delle calligrafie: bastoncini d�inchiostro stagionato finemente decorati; pennelli, in pelo pregiato e

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La calligrafia cinese 357

gambi preziosi e finanche sete decorate in sostituzione della carta (fig. 223).

Le stele

Un riconoscimento particolare spetta alle incisioni epigrafiche o

stele bei, siano esse epitaffi, commemorazioni o trascrizioni di testi canonici, tra le quali si possono ritrovare numerose opere calligrafiche di grande importanza. Si tratta, in quest�ultimo caso, di iscrizioni di opere composte da personaggi di prestigio, dotati di una buona grafia, o copiate da eminenti calligrafi sulla base di testi scritti da altri. Le stele rappresentano delle vere e proprie opere d�arte, dalle quali è possibile ottenere calchi cartacei (in cinese tapian ��, rubbing in inglese; estampage in francese). I calchi cartacei, sono, in qualche modo, i primi esempi di stampe, spesso e volentieri possono addirit-tura divenire più importanti della stele originale, nel caso questa ul-tima sia stata danneggiata. Data l�importanza che l�epigrafia ha sem-pre avuto in Cina, sono diversi i musei che custodiscono stele, il più importante dei quali è la Foresta di stele di Xi�an, fondato alla fine dell�XI secolo.

Vista inoltre la deperibilità di altri supporti quali, ad esempio, la carta, le stele rappresentano la quasi totalità dei testi scritti nel periodo tra gli Han e i Tang.

Figura 223 � Pietra e barretta d�inchiostro

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Appendice 358

La pratica La pratica tradizionale della calligrafia cinese è un processo molto

lungo e faticoso, in primo luogo, perché legata all�apprendimento del-la lingua scritta e al riconoscimento e memorizzazione dei caratteri. Presuppone, quindi, la conoscenza della scrittura cinese ed è questo uno dei motivi principali per cui questa arte è rimasta un�arte d�élite. In secondo luogo, essendo i caratteri cinesi delle configurazioni astrat-te che non si richiamano direttamente alla natura come, invece, accade per la pittura, l�unico modo per praticare la calligrafia, è rappresentato dallo studio di opere precedenti. Con la guida di un maestro e attra-verso un processo di lettura critica dei modelli del passato e non di banale copia, come invece a volte si ritiene, lo studente viene educato e riesce ad �entrare nella disciplina� (in cinese, rumen ��) e potrà, così, scegliere lo studio dei modelli e degli stili che sono più consoni alla sua personalità. Terminato il lungo apprendistato, il calligrafo si riterrà �grande� quando sarà riuscito a sviluppare uno stile proprio.

Per quanto riguarda l�atto pratico del fare calligrafia è necessario innanzitutto imparare a conoscere i �quattro tesori della stanza del let-terato�, tra i quali soprattutto il pennello, che rappresenta uno stru-mento difficile da usare. Il primo ostacolo da superare è relativo alla impugnatura, che richiede una presa ben ferma, cioè �ad artiglio�. La trattatistica sulla calligrafia registra, in proposito, numerosi aneddoti e precetti e, uno dei più famosi, riguarda il più grande calligrafo cinese, Wang Xizhi ��� (303-361), ed il suo settimo figlio, l�altrettanto celebre calligrafo Wang Xianzhi ��� (344-386). Un giorno il piccolo Wang Xianzhi era intento a studiare la calligrafia, quando alle sue spalle sopraggiunse il padre cercando di strappargli il pennello, senza tuttavia riuscirvi, poiché il figlio l�aveva impugnato con molta forza. Al che Wang Xizhi sospirò dicendo: «La calligrafia di questo bambino in futuro raggiungerà grande fama». Nonostante l�episodio sia quasi certamente apocrifo, si può notare l�importanza riconosciuta ad un�impugnatura salda, indispensabile per ottenere il completo controllo della propria scrittura.

L�altra caratteristica che rende il pennello uno strumento scrittorio unico, è data dalla sua punta, affusolata e morbida che deve essere

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La calligrafia cinese 359

guidata dal calligrafo. Essendo, inoltre, i peli sensibili alla pressione, il calligrafo deve essere in grado di controllare a suo piacimento i movimenti della punta: solo attraverso la pressione, il sollevamento e la torsione della punta, infatti, egli potrà dare corpo alle svariate configurazioni dei tratti.

Uno dei parametri fondamentali per stabilire la bontà di una cal-ligrafia risiede nella �forza del tratto� bili ��, detta anche �ossatura� guli �� che i tratti devono possedere e che determina la vitalità e il vigore che permea il tratto stesso. A tale proposito, le fonti registrano un altro aneddoto che ha sempre come protagonista il calligrafo Wang Xizhi, del quale si narra che avrebbe scritto con il pennello su alcune tavole riuscendo a penetrare, per alcuni centimetri, nel legno Nono-stante l�evidente esagerazione, da un punto di vista estetico, sia la profondità del tratto rispetto al foglio sia il vigore che in esso si con-serva, rappresentano un criterio fondamentale nel giudicare la qualità di una calligrafia.

La completa padronanza del pennello richiede, dunque, una dedizione continua. A tal proposito si ricorda un altro aneddoto rela-tivo ad uno dei più grandi calligrafi di scrittura corsiva, Zhang Zhi ! (?-192), famoso perché «studiava la calligrafia stando vicino allo stagno, tanto che l�acqua diveniva piena di inchiostro».

Anche l�uso di carta e inchiostro necessitano di particolare atten-zione. Come abbiamo già visto, diversi sono i tipi di carta e varie le loro caratteristiche. Se si usa per scrivere una carta molto assorbente e morbida bisogna stare molto attenti al dosaggio dell�acqua nello inchiostro, mentre se ci si serve di una carta più dura è anche possibile diluire maggiormente l�inchiostro. Inoltre, l�utilizzo di un inchiostro diluito su una superficie meno assorbente consente la stesura di tratti relativamente corposi, anche senza una particolare tecnica, mentre un inchiostro corposo richiede una grande padronanza della punta del pennello. È possibile che, proprio per questo motivo, attualmente mol-ti scrivono con inchiostro diluito su una carta non molto assorbente, essendo, però, un�esecuzione relativamente facile, il calligrafo non potrà sviluppare la tecnica necessaria per confrontarsi anche con stili di maggiore difficoltà.

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Appendice 360

I personaggi e le opere Le cinque forme calligrafiche, sopra descritte, hanno continuato ad

essere praticate nel corso di tutta la storia cinese e, per alcune di esse, le opere tradizionalmente studiate risalgono ad epoche molto remote. Infatti, i capolavori in zhuanshu, lishu e kaishu si concentrano ri-spettivamente nel periodo pre-Han, durante l�epoca degli Han Orien-tali e tra i secoli IV e X. Per quanto riguarda le opere nella scrittura zhuan ed in quella degli scrivani lishu, a parte rari casi, si tratta di iscrizioni anonime. Numerose iscrizioni di epoca Tang recano invece il nome del calligrafo ed in molti casi anche quello del lapicida.

Un discorso a parte meritano le scritture per così dire più fluide, come il corsivo e la forma corrente. Per la possibilità di raggiungere un�espressione artistica più diretta, queste due forme sono diventate lo strumento di comunicazione calligrafica più usato dai letterati e spesso sono usate come colophon alle pitture. Nonostante le opere che fis-sano i modelli da studiare siano state prodotte tra i secoli IV e VIII, è dal X secolo in poi che famosi calligrafi eccellono soprattutto nella forma corrente o in quella corsiva.

Come conseguenza degli stravolgimenti socio-culturali avvenuti in Cina negli ultimi due secoli, la calligrafia e la scrittura hanno perduto attualmente gran parte dei valori di cui sono state depositarie nel corso del tempo. Inoltre, la diffusione della penna stilografica prima e della penna a sfera poi, ha relegato la scrittura con il pennello all�ambito più ristretto della pratica artistica. Infine, la riforma della scrittura attuata dal Partito Comunista negli anni Cinquanta del secolo scorso, ha modificato radicalmente la forma dei caratteri, impoverendoli da un punto di vista estetico. Tutto ciò, nonostante l�ampia diffusione, negli ultimi decenni, di opere editoriali sulla calligrafia, ha provocato una netta frattura con il mondo della calligrafia tradizionale, ad un punto tale che, se in passato il calligrafo era ritenuto innanzitutto uomo di lettere (wenren), al giorno d�oggi è considerato soprattutto un artista (yishujia "#$).

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361

CARTA DELLA CINA

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363

CRONOLOGIA DELLE DINASTIE CINESI

Xia %

XXI-XVI secolo a.C.

Shang &

ca. 1500-1050 a.C.

Zhou Occidentali '(

1050-771 a.C. Zhou ( Zhou Orientali

)( 770-221 a.C.

Qin *

221-206 a.C.

Han Occidentali '+

206 a.C.-8 d.C.

Xin ,

9 d.C.-25 d.C.

Han +

Han Orientali )+

25-220 d.C.

Wei -

220-265

Shu Han .+

221-263

Tre Regni /0

Wu 1

222-280

Jin Occidentali '2

265-317 Jin 2

Jin Orientali )2

317-420

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364

Song 3

420-479

Qi Meridionali 45

479-502

Liang 6

502-557

Dinastie del Sud 47

Chen 8

557-589

Wei Settentrionali 9-

386-534

Wei Orientali )-

534-550

Qi Settentrionali 95

550-577

Wei Occidentali '-

535-556

Sei Dinastie :7

Dinastie del Nord 97

Zhou Settentrionali 9(

557-581

Sui ;

581-618

Tang <

618-907

Liang Posteriori =6

907-923

Tang Posteriori =<

923-936

Cinque Dinastie >?

Jin Posteriori =2

936-947

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TAVOLA I

a � Vasellame della Cultura di Yangshao

b � Giada cong della Cultura di Liangzhu

c � Placca della Cultura di Erlitou d � Bronzo gong, tomba di Fu Hao

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TAVOLA II

a � Boccale d�avorio con intarsi in turchese, Tomba di Fu Hao

b � Maschera di bronzo dorato, Sanxingdui

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TAVOLA III

a � Placca di bronzo dorato, Cultura di Dian

b � Esercito di terracotta, Mausoleo dell�Imperatore Qin Shi Huangdi

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TAVOLA IV

a � Complesso di Mogao (Dunhuang), Paradiso Occidentale

b � Complesso di Yungang, particolare della decorazione della Grotta 10

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TAVOLA V

a � Cammello con musicanti, ceramica di tipo sancai

b � Dipinto murale con dame ed inserviente in un giardino, tomba

del Principe Zhanghuai

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TAVOLA VI

a � Huizong, Parrocchetto a cinque colori

b � Su Hanchen, Bambini che giocano in un giardino (particolare)

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TAVOLA VII

a � Vasellame Ru b � Vasellame Jun

d � Vasellame celadon d � Vasellame qingbai

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TAVOLA VIII

a � Vasellame nero �a macchie d�olio�

b � Vasellame nero decorato con foglia

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TAVOLA IX

a � Zhao Mengfu, Colori autunnali sui monti Qiao e Hua (particolare)

b � Ren Renfa, Tre cavalli e quattro palafrenieri (particolare)

c � Wang Meng, La grotta nella foresta di Jiuqu

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TAVOLA X

a � Qiu Ying, Godendo di cose antiche nel giardino di bambù (foglio

d�album)

b � Qiu Ying, Il boschetto orientale (particolare)

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TAVOLA XI

a � Scatola wucai

b � Vaso doucai c � Vaso meiping di tipo fahua

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TAVOLA XII

Vasellame con invetriatura in rosso rame sotto coperta. A sinistra: �sangue di bue�; a destra: �fiore di pesco�

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TAVOLA XIII

a � Vasellame �famiglia verde�

b � Vasellame �famiglia rosa�

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TAVOLA XIV

a � Fiasca di cloisonné

b � Vaso hu di cloisonné

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TAVOLA XV

a � Veduta del porto di Canton al tempo delle Compagnie delle Indie Orientali

b � Paravento Coromandel

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TAVOLA XVI

Castello di Guarene (Piemonte), stanza da letto con parati cinesi

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AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI

Area 01 – Scienze matematiche e informatiche

Area 02 – Scienze fisiche

Area 03 – Scienze chimiche

Area 04 – Scienze della terra

Area 05 – Scienze biologiche

Area 06 – Scienze mediche

Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie

Area 08 – Ingegneria civile e Architettura

Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione

Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche

Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

Area 12 – Scienze giuridiche

Area 13 – Scienze economiche e statistiche

Area 14 – Scienze politiche e sociali

Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su

www.aracneeditrice.it

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Finito di stampare nel mese di settembre del 2011dalla «Ermes. Servizi Editoriali Integrati S.r.l. »00040 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 15

per conto della «Aracne editrice S.r.l. » di Roma