Franco Berardi Bifo - La fabbrica dell'infelicità - introduzione

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Franco Berardi (Bifo)La fabbrica dellinfelicitNew economy e movimento del cognitariato

Il testoQuesto libro indaga con agilit di scrittura e acutezza danalisi un tema attualissimo: le complesse, e spesso drammatiche, ricadute sociali della new economy.La diffusione delle tecnologie informatiche e biotecniche ha determinato uninnovazione reale e irreversibile nella produzione sociale. Coloro che lavorano nei cicli ad alta tecnologia, coloro che producono innovazione, i lavoratori cognitivi sono appagati e felici, e dunque complici dellopera di sfruttamento e di esclusione che inerente alla globalizzazione capitalistica? Oppure il ciclo di produzione virtuale produce infelicit anche e prima di tutto per i suoi attori, e dunque possibile cercare proprio nel ciclo del lavoro cognitivo le energie per un cambiamento profondo?Queste e altre domande cruciali si intrecciano a unappassionata ma rigorosa disamina del nuovo movimento internazionale di contestazione che ha avuto il suo battesimo a Seattle, nel novembre 1999. In questo movimento, nella sua intelligenza e nelle sue lotte che denunciano le ineguaglianze economiche e le violenze sociali legate alla globalizzazione Berardi intravede la possibilit di controvertire la tendenza al collasso generalizzato del pianeta e la costruzione di una radicale alternativa di governo economico e sociale.Introduzione

"Unondata di euforia ha attraversato negli ultimi anni i mercati e dai mercati si diffusa ai media, e dai media invade limmaginario sociale dellOccidente. La terza era del capitale, quella che viene dopo lepoca classica delle ferriere e del vapore e dopo lepoca moderna del fordismo e della linea di montaggio, ha come territorio di espansione linfosfera, il luogo dove circolano segni-merce, flussi virali che attraversano la mente collettiva.Una promessa di felicit circola nella cultura di massa, nella pubblicit e nella stessa ideologia economica. Nel discorso comune la felicit non pi un optional, ma un must, il valore essenziale della merce che produciamo, compriamo, consumiamo. questa la filosofia della new economy che il discorso pubblicitario onnipresente veicola tanto pi efficacemente quanto pi nascostamente.Eppure, se abbiamo il coraggio di andare a vedere la realt della vita quotidiana, se riusciamo ad ascoltare la voce delle persone reali che incontriamo tutti i giorni, ci rendiamo conto facilmente del fatto che il semiocapitalismo, il sistema economico che fonda la sua dinamica sulla produzione di segni, una fabbrica di infelicit. Lenergia desiderante si tutta trasferita nel gioco competitivo delleconomia, non esiste pi relazione tra umani che non sia definibile come business (il cui significato allude allessere occupati, indisponibili). Non pi concepibile una relazione che sia motivata dal puro piacere del conoscersi. La solitudine e il cinismo hanno fatto il deserto nellanima. La societ planetaria divisa tra una classe virtuale che produce segni, e una underclass che produce merce materiale o semplicemente esclusa dalla produzione. Questa divisione genera naturalmente disperazione violenza e miseria per la maggioranza della popolazione mondiale.Ma questo non basta: il semiocapitalismo una fabbrica di infelicit anche per i vincenti, per coloro che sono coinvolti dalla net-economia, e corrono sempre pi veloci per tenere il ritmo, costretti a dedicare le loro energie a competere con tutti gli altri per un premio che non esiste. Vincere limperativo categorico del gioco economico. E dal momento che la comunicazione sta diventando sempre pi integrata con leconomia, vincere diviene anche limperativo categorico della comunicazione. Vincere limperativo categorico di ogni gesto, ogni pensiero, ogni sentimento. Eppure, come ha detto William Burroughs, il vincitore non vince niente. Mentre lo stereotipo pubblicitario mostra una societ pervasa dalla felicit consumista, nella vita reale si diffondono panico e depressione, malattie professionali di un ciclo di lavoro che mette tutti in competizione con tutti, e colpevolizza chi non riesce a fingersi felice.I cicli innovativi della produzione (la rete e la biotecnologia) non sono, come i cicli che dominavano lepoca industriale, produzione di merce per il corpo e per la mente, ma sono produzione diretta di corpo e di mente. La felicit non pi, dunque, un valore duso accessorio delle merci, ma la quintessenza della merce. Qualcuno dice che la new economy destinata a sgonfiarsi come un palloncino o forse a sciogliersi come neve al sole, perch basata su unillusione. Ma le illusioni sono il motore delleconomia capitalistica, sono la forza che muove il mondo. Leconomia sempre pi direttamente investimento di energia desiderante. Quella che lo storicismo idealista chiamava alienazione era lo scambio dellautenticit umana con il potere astratto del danaro. Noi non parliamo pi di alienazione, perch non crediamo che esista pi alcuna autenticit dellumano. Tuttavia, facciamo quotidiana esperienza di una diffusa infelicit, perch gli esseri umani investono quote sempre pi ingenti della loro esistenza immediata nella promessa sempre rinviata della merce virtuale. La devastazione capitalistica dellambiente naturale e la mediatizzazione della comunicazione riducono fin quasi a nulla limmediata godibilit dellesistenza. E lesistenza desensualizzata si consegna senza resistenze allinvestimento, che essenzialmente investimento emozionale, intellettuale, psichico.Come ha mostrato Freud, la societ borghese fondava la forza produttiva dellindustria su un depauperamento fisico e materiale e una repressione della libido che produceva nevrosi. Il prezzo della sicurezza psichica ed economica era la rinuncia alla libert. Nel suo libro ,Postmodernity and its Discontents, Zygmunt Bauman capovolge la diagnosi di Freud: i problemi e i malesseri pi comuni attualmente sono prodotti da uno scambio nel quale rinunciamo alla sicurezza per ottenere sempre pi libert. Ma di che libert stiamo parlando, dal momento che il nostro tempo e le nostre energie sono completamente assorbite dal business?Il passaggio postmoderno stato segnato da uno scatenamento della libido, da uno scambio nel quale abbiamo rinunciato a molta parte della sicurezza borghese in cambio di una libert che si concretizza sempre pi soltanto sul piano economico. La cosiddetta rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e Settanta non fu, o non fu soltanto, una maggiore quantit di corpi disponibili a fare sesso. Fu soprattutto un mutamento nella percezione del tempo vissuto. Il tempo della vita era tempo dellincontro di parole, di corpi, senza altra finalit oltre quella della gratuita della conoscenza.Non so se oggi si scopa di pi o di meno di quanto si faceva in quegli anni. Mi pare che si scopi molto meno, ma non questo il punto. Il punto che la sessualit non ha pi alcun rapporto con la conoscenza, nessun rapporto con la gratuit. scarico di energia rabbiosa, esibizione di uno status, e soprattutto consumo. La prostituzione non pi come nei tempi passati una dimensione marginale e viziosa, ma unattivit industriale regolarizzata, la principale valvola di sfogo dellaggressivit sessuale di una societ che non sa pi nulla della gratuit. La deregulation economica viene a compimento di un processo di deregulation esistenziale cui le culture antiautoritarie avevano dato lavvio. Ma per le culture antiautoritarie la libert era esercizio essenzialmente antieconomico e anticapitalistico. Ora la libert stata rinchiusa nel recinto delleconomica capitalistica e si riduce a non essere altro che libera competizione in un orizzonte obbligatorio.Quando alla libert viene sottratto il tempo per poter godere del proprio corpo e del corpo altrui, quando la godibilit dellambiente naturale e urbano viene distrutta, quando gli altri esseri umani sono concorrenti nemici o alleati infidi, la libert si riduce a essere un grigio deserto di infelicit. Non pi la nevrosi, ma il panico, la patologia dominante della societ post-borghese, in cui il desiderio investito sempre pi ossessivamente nellimpresa economica e nella competizione. E il panico diviene depressione non appena loggetto del desiderio si rivela per quel che , un fantasma privo di senso e di sensualit. La sofferenza, la miseria esistenziale, la solitudine, loceano di tristezza della metropoli postindustriale, la psicopatia. Ecco largomento del quale si occupa oggi la critica delleconomia politica del capitale."|