Francesco Schianchi - Il Marketing Mediterraneo - Introd. e Cap. 1

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Francesco Schianchi Il management mediterraneo

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Il Mediterraneo è un pluriverso, un insieme di storia e storie, linguaggi, civiltà, incontri, scambi, culture, sapori, estetiche . Il Mediterraneo non ha solo una connotazione geografica, ma culturale: è un territorio, uno spazio, un contesto, un luogo della mente e del progetto:Per queste ragioni è anche un luogo dell’impresa e delle organizzazioni complesse che possono trarre dal genius loci, dalla spirito del luogo, dei territori e delle sue sedimentazioni ed espressioni culturali, la possibilità di costruire il proprio differenziale competitivo.”Utilizzare” la ricchezza, la specificità e l’orginalità della cultura mediterranea significa anche cercare di costruire un modello “alternativo” di management, rispetto ai modelli consolidati (e insegnati) di derivazione da una cultura anglosassone e da una lettura dell’impresa, riduttiva, economicista e parziale. Non in contrapposizione, ma come proposta culturale originale e ”radicata” emerge una specie di identikit possibile del “nuovo manager meditteraneo” caratterizzato dall’essere: una persona che prende l’iniziativa, crea reti, gestisce se stesso e la propria vita personale e professionale in modo proattivo, lavora in gruppo, esprime leadership e saggezza organizzativa , è convincente, in sintesi è mediterraneo, ossia ha una capacità di visione, di progetto, che gli permette di costruire sempre un ponte tra passato e futuro, valorizzando il senso dei legami, delle comunità, dei luoghi, guidato da un’etica profonda della responsabilità. Questo libro è un contributo di “viaggio” per costruire un autentico management mediterraneo.

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Francesco Schianchi

Il management mediterraneo

Il Mediterraneo è un pluriverso, un insieme di storia e storie, lin-guaggi, civiltà, incontri, scambi, culture, sapori, estetiche . IlMediterraneo non ha solo una connotazione geografica, ma cultu-rale: è un territorio, uno spazio, un contesto, un luogo della mentee del progetto. Per queste ragioni è anche un luogo dell’impresae delle organizzazioni complesse che possono trarre dal geniusloci, dalla spirito del luogo, dei territori e delle sue sedimentazio-ni ed espressioni culturali, la possibilità di costruire il proprio dif-ferenziale competitivo.”Utilizzare” la ricchezza, la specificità el’orginalità della cultura mediterranea significa anche cercare dicostruire un modello “alternativo” di management, rispetto aimodelli consolidati (e insegnati) di derivazione da una culturaanglosassone e da una lettura dell’impresa, riduttiva, economicistae parziale. Non in contrapposizione, ma come proposta culturaleorginale e ”radicata” emerge una specie di identikit possibile del“nuovo manager meditteraneo” caratterizzato dall’essere: unapersona che prende l’iniziativa, crea reti, gestisce se stesso e lapropria vita personale e professionale in modo proattivo, lavora ingruppo, esprime leadership e saggezza organizzativa , è convin-cente, in sintesi è mediterraneo, ossia ha una capacità di visione,di progetto, che gli permette di costruire sempre un ponte tra pas-sato e futuro, valorizzando il senso dei legami, delle comunità, deiluoghi, guidato da un’etica profonda della responsabilità.Questolibro è un contributo di “viaggio” per costruire un autenticomanagement mediterraneo.

Francesco Schianchi, laureato in Storia Contemporanea, svolge da anniattività di docenza, consulenza e formazione per imprese pubbliche e pri-vate nelle aree della comunicazione e della cultura d’impresa. Tra i primirealizzatori del Bilancio Sociale (1996) e del Bilancio degli Intangibili(2001) ha espresso la sua ricerca sull’innovazione manageriale in vari arti-coli e libri: tra gli altri, L’impresa di comunicare l’impresa (1999) e 70 volte7: nei sentieri del comunicare,(2004) Arcipelago Edizioni, Milano. Ha inse-gnato, tra gli altri, allo IULM (Marketing e Relazioni Pubbliche), alPolitecnico di Milano (Disegno Industriale), al MIP di Milano e ha direttol’Istituto Europeo di Design di Roma (2003-2006) .

Francesco Schianchi

Il management mediterraneo

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Francesco Schianchi

Il management mediterraneo

Il Mediterraneo è un pluriverso, un insieme di storia e storie, linguaggi, civiltà, incontri, scambi, culture, sapori, estetiche. Il Mediterraneo non ha solo una conno-tazione geografica, ma culturale: è un territorio, uno spazio, un contesto, un luogo della mente e del progetto. Per queste ragioni è anche un luogo dell’impresa e delle organizzazioni complesse che possono trarre dal genius loci, dalla spirito del luo-go, dei territori e delle sue sedimentazioni ed espressioni culturali, la possibilità di costruire il proprio differenziale competitivo. “Utilizzare” la ricchezza, la specifici-tà e l’originalità della cultura mediterranea significa anche cercare di costruire un modello “alternativo” di management, rispetto ai modelli consolidati (e insegnati) di derivazione da una cultura anglosassone e da una lettura dell’impresa, ridutti-va, economicista e parziale. Non in contrapposizione, ma come proposta culturale originale e “radicata” emerge una specie di identikit possibile del “nuovo manager mediterraneo” caratterizzato dall’essere: una persona che prende l’iniziativa, crea reti, gestisce se stesso e la propria vita personale e professionale in modo proattivo, lavora in gruppo, esprime leadership e saggezza organizzativa, è convincente, in sintesi è mediterraneo, ossia ha una capacità di visione, di progetto, che gli permette di co-struire sempre un ponte tra passato e futuro, valorizzando il senso dei legami, delle comunità, dei luoghi, guidato da un’etica profonda della responsabilità. Questo libro è un contributo di “viaggio” per costruire un autentico management mediterraneo.

Francesco Schianchi, laureato in Storia Contemporanea, svolge da anni attività di docenza, consulenza e formazione per imprese pubbliche e private nelle aree della comunicazione e della cultura d’impresa. Tra i primi realizzatori del Bilancio sociale (1996) e del Bilancio degli Asset Intangibili (2001) è da vari anni impegnato nella ricerca sull’innovazione ma-nageriale. Ha insegnato allo IULM di Milano (Marketing e Relazioni Pubbliche) (1979-1990), al MIP di Milano (1998-2004) alla Scuola Superiore dell’Economia e Finanze. Ha diretto l’Istituto Europeo di Design di Roma (2003-2006). Docente al Politecnico di Milano (Disegno Industriale), autore di vari articoli e libri sulla comunicazione d’impresa e la cul-tura del progetto: tra gli altri, L’impresa di comunicare l’impresa (1999) e 70 volte 7: nei sentieri del comunicare, (2004) in Arcipelago Edizioni, Milano.

progetto di copertina: Sonia Schianchi

€ 14,00 (iva assolta a cura dell’editore) 9547717888769

ISBN 978-88-7695-477-1

Francesco Schianchi Il managem

ent mediterraneo

Francesco Schianchi

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Francesco schianchi

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Milano 2012

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© 2012 Arcipelago EdizioniVia G. B. Pergolesi, 12

20090 Trezzano sul Naviglio (MI)[email protected]

Prima edizione: ottobre 2012

ISBN 978-88-7695-477-1Tutti i diritti riservati

Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 02016 2015 2014 2013 2012

è vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

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A Camilla e Yani, il futuro

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INdIcE

Prefazione di Bernard cova . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.Il management medIterraneo è medIterraneo . . . . . . . . . . . 27

Un quadro di riferimento, pensando a Pollock . . . . . . . . . . . . 27

2.Il management medIterraneo è management: . . . . . . . . . . . . 43

L’impresa come soggetto economico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44Gli stakeholder . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45L’impresa come soggetto ambientale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56L’impresa come soggetto sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

3.l’Impresa è un soggetto culturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

Cultura d’impresa: la dimensione desiderativa . . . . . . . . . . . . 67La visione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67La missione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

Cultura d’impresa: la dimensione valoriale . . . . . . . . . . . . . . 73Cultura d’impresa: la dimensione mercatistica . . . . . . . . . . . . 79

Elementi del marketing mediterraneo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 904.cultura d’Impresa: una dImensIone operatIva . . . . . . . . . . . . 101

Cultura d’impresa: la dimensione relazionale . . . . . . . . . . . . 106Cultura d’impresa: la dimensione psicosociale . . . . . . . . . . . . 121

5.l’Impresa è un soggetto ImmaterIale: InsIeme dI asset IntagIbIlI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

L’impresa è un soggetto comunicazionale . . . . . . . . . . . . . . . . 138La comunicazione con l’esterno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143La comunicazione con l’interno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145La comunicazione nei gruppi interni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

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6.elementI dI polItIca dI brand . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161

7.Il manager medIterraneo è un cantastorIe . . . . . . . . . . . . . . 167

8.Il manager medIterraneo è un attore del terrItorIo . . . 173

9.Il manager medIterraneo

è un operatore culturale rI-moderno . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185

10.Il manager medIterraneo è competente . . . . . . . . . . . . . . . . . 193

11.la competenza comunIcatIva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203

12.Il manager medIterraneo è un leader . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213

In conclusIone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225

appendIce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

1. Un’organizzazione mediterranea: Slow food . . . . . . . . . . . 2292. Social Business Manifesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 234

Le 59 tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2343. Una nuova realtà mediterranes

L’Accademia del Rinascimento Mediteerraneo . . . . . . . . . . 240

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253

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PReFAzIone

Al termine del suo interessante saggio, Francesco Schianchipropone le coordinate per un possibile identikit del managermediterraneo: “ha una capacità di visione, di progetto, che glipermette di costruire sempre un ponte tra passato e futuro,valorizzando il senso dei legami, delle comunità, dei luoghi,guidato da un’etica profonda delle responsabilità”.

In questo modo, Schianchi propone una alternativa mediter-ranea, come è stata descritta da cassano e Zolo1, al manage-ment convenzionale ereditato dal pensiero neo-liberale dimatrice nord-americana. Questa alternativa mediterranea, fon-data su un sistema di pensiero del Sud, un pensiero definitomeridiano da Franco cassano, cerca di contrapporsi al fonda-mentalismo del mercato che considera i legami sociali un resi-duo del passato, sia per le modalità di produrre ricchezza sia peri modi di consumarla. Questa alternativa, scrive Schianchi,“conduce allora a mettere in pratica non più il marketing che siconcentra sull’attore individuale, ma il ‘societing’, che pone lasocietà al centro della sua analisi”. In questo modo, il suoapproccio si riallaccia e si unisce alla proposta formulata daricercatori latini che hanno individuato il “societing” comealternativa responsabile al marketing tradizionale2.

1 cassano, F. e Zolo, d., a cura di. (2007), L’alternativa mediterra-nea, Feltrinelli, Milano.

Badot, O., Bucci, A. e cova, B. (2007), “Beyond Marketing Panaceas:In Praise of Societing”, in Saren, M., MacLaran, P., Goulding, c., Elliott,R., Shankar, A. e catterall, M. (a cura di), Critical Marketing: Designingthe Field, Butterworth-Heinemann, Oxford, pp. 85-98.

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Ma il saggio di Schianchi ci spinge ancora più lontanoquando descrive il manager mediterraneo come un “cantasto-rie”, cioè una persona che, raccontando storie, è in grado diricostruire legami sociali all’interno del mercato. In terminimetaforici, questo è il ruolo che il Mediterraneo potrebbe gio-care a livello mondiale: raccontare storie in grado di aiutare inostri contemporanei a vivere insieme. E’ il mondo intero cheha terribilmente bisogno di storie radicate nel passato, un pas-sato spesso millenario. con l’abbandono ormai evidente delmito moderno del progresso, l’immaginario nord-americanoperde sempre di più la sua capacità attrattiva e le persone sonosempre più alla ricerca di immaginari alternativi fortementeorientati verso le radici, le origini. Per molti, le origini, illuogo dove tutto è iniziato, sono il Mediterraneo. Quando laretorica della modernità fa registrare ricorrenti e pesanti falli-menti e quando la nostra visione del futuro si declina in post-moderno, surmoderno o ipermoderno, il Mediterraneo si libe-ra da una configurazione esclusivamente negativa e cominciaa cambiare significato: non coincide più con gli orrori dellapre-modernità da cui è necessario fuggire, ma diventa altro,un diverso repertorio di valori e significati che agiscono insie-me in modo creativo, in sintonia con la contemporaneità ecreano nuovamente un immaginario attraente.

A questo punto, l’immagine del Mediterraneo appare capo-volta : « sentirsi mediterraneo », « avere un atteggiamentomediterraneo », per noi contemporanei (e sicuramente nonsolo gli abitanti del Mediterraneo,) è oggi un modo percostruire e consolidare una identità messa in discussione dallaglobalizzazione. Il management mediterraneo può quindidiventare un approccio, nel contempo, attrattivo per i consu-matori ed efficace per le imprese. Per questa ragione è neces-sario uscire dal folklorismo per tornare alle radici, alla sor-gente dei valori che differenziano il management mediterra-neo. Bisogna dunque staccarsi dai cliché e dagli stereotipicomunemente attribuiti al Mediterraneo: splendidi panorami,

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vestigia e altri luoghi pieni di storia, colline con uliveti che sigettano nel mare, spiagge per le vacanze, etc. Il Mediterraneoha altre risorse molto più importanti. Queste risorse sono statea lungo percepite, nell’ottica di un cosiddetto sviluppo moder-no, come freni, limiti e anche come vizi: la lentezza tipica delSud che penalizza ogni sforzo produttivo, l’importanza dellerelazioni sociali che porta spesso le azioni ai limiti della lega-lità, il moltiplicarsi di iniziative su scala locale che produco-no inerzia dei sistemi. Ma in un mondo globalizzato chemostra tutti i propri limiti, nel quale le persone non credonopiù in un futuro radioso e vivono la mobilità e l’urgenza chele circonda come fonte di precarietà, il management mediter-raneo possiede energie, risorse inattese e insospettabili.Indichiamo, alla rinfusa, la famiglia, il clan, un vivere insie-me fatto di convivialità, la capacità di muoversi in un conte-sto disorganizzato, la capacità di adattamento, una certa tem-poralità vicina alla lentezza, etc.

Oggi le tre risorse più interessanti del management medi-terraneo sono:

➛ La convivialità dello stile di vita mediterraneo che èdiventata una « merce » ricercata in un’epoca di crisigeneralizzata dei legami sociali;

➛ Il senso della misura inteso non solo come capacità dicomprendere l’altro, la sua diversità, ma soprattuttocome disponibilità ad apprendere dall’altro, dalla sueesperienze e dalla sue impressioni;

➛ La lentezza, o meglio la riscoperta della lentezza comevettore della comprensione profonda delle cose, unatematica oggi importante, come dimostra il successomondiale del movimento Slow Food nel campo del-l’alimentazione.

Queste risorse sono messe in gioco da diverse impresemediterranee. Ma, attenzione, per trovare tracce di casi sor-prendenti, non bisogna guardare verso i gruppi con un mana-

PREFAZIONE 11

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gement internazionalizzato, né verso i famosi distretti sotto-posti alla dura concorrenza cinese. I nuovi « champions » delmanagement mediterraneo, come direbbero i giornali anglo-sassoni, sono aziende di medie dimensioni, come camper inSpagna e ducati in Italia. creano storie sui loro paesi, sullaloro regione, sui loro prodotti, sui loro lavoratori, sui loroclienti. Non una storia, ma storie, piene di ambiguità e dimisteri. Storie che è bello raccontare e tramandare, e che rap-presentano il sale dei legami sociali.

Bernard cova(Professore Euromed Marseille

e Visiting Professore Università Bocconi Milano)

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InTRoDUzIone

Che cos’è il Mediterraneo?Il Mediterraneo é mille coseinsieme. non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi, nonun mare, ma un susseguirsi di mari. non una civiltà, ma unaserie di civiltà accatastate le une sulle altre… Viaggiare nelMediterraneo significa immergersi nell’arcaismo dei mondiinsulari e nello stesso tempo stupire di fronte all’estremagiovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i venti dellacultura e del profitto e che da secoli sorvegliano e consu-mano il mare” (F. Braudel)1

Il Mediterraneo è un pluriverso irriducibile che non silascia ridurre ad un solo verso, che il suo valore sta proprioin questa irriducibile molteplicità di voci, nessuna dellequali può soffocare l’altra. Il significato più alto delMediterraneo sta proprio nella sua capacità di trasformarela nostra limitatezza in un vantaggio comune, una memoriatragica nella lotta contro tutti i fondamentalismi. (F.cassano)2

Il contenuto semantico del predicato “mediterraneo” si èarricchito sino a denotare lo stile di vita,l’estetica,la voca-zione comunitaria e cooperativa delle genti del Mediter -raneo occidentale, al di là della eterogenea pluralità delletradizioni culturali, politiche, religiose. “Quiete, armonia,sensualità” scrive Racionero Grau, sono le caratteristichedel paesaggio mediterraneo che si riverbera sull’antropolo-gia dei suoi abitanti e si oppongono all’industrialesimo e almodernismo tecnologico dei “barbari del nord”. IlMediter raneo è la “riserva morale” dell’occidente, il baci-no ecologico del suo umanesimo. (d. Zolo)3

F. Braudel, Il Mediterraneo, Milano, Bompiani, 1987, p. 7. 1

F. cassano, Il pensiero meridiano, Bari, Laterza,2005, p. XXIV. 2

d. Zolo: in, L’alternativa mediterrranea, a cura di d. Zolo/F.3

cassano, Milano, Feltrinelli, 2007, pp. 13-14.

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Queste citazioni iniziali intendono essere alcune coordina-te di un territorio di riflessione culturale, incentrata sulla sfidadi passare dalla consapevolezza, importanza di un ricentrag-gio sul Mediterraneo come “pluriverso” e come “cultura pos-sibile del futuro”, alla definizione di elementi che possonostare alla base di una nuova disciplina, il management medi-terraneo. Si tratta evidentemente di almeno un duplice pas-saggio: da un lato “portare alle logiche conseguenze” un per-corso culturale di riflessione, ripensamento, ma anche di pro-posta sulla nuova prospettiva mediterranea, non tanto in ter-mini storici o geopolitici, quanto in termini valoriali e cultu-rali; dall’altro lato tradurre questa nuova consapevolezza inelementi disciplinari specifici, ossia proporre gli aspetti costi-tutivi, o almeno alcuni, di un management mediterraneo,capaci di connotare una “necessaria” nuova classe manageria-le. Non si tratta di un punto di vista che compete con altripunti di vista, alla ricerca di una legittimazione dell’indistin-to, né tanto meno di un nuovo fondamentalismo teorico, basa-to sulla contrapposizione, nel nostro caso, tra un modellomanageriale anglosassone e un modello di management medi-terraneo, ma di un’altra visione che si propone alla riflessio-ne, che tenta quindi di riflettere, ri-specchiare le specificitàdei luoghi, delle culture, delle sensibilità, degli artefatti, delleimprese. Non sfugge a nessuno tuttavia che sul territorio diesplorazione-costruzione che abbiamo scelto, la cultura delmanagement, esistano ormai da anni consolidati, codificatiuna serie di concetti, approcci, modalità e valori che ricondu-cono ad una “tradizionale” cultura d’impresa, espressione delsistema capitalistico americano, tradotta, trasferita in Italia edEuropa sia nelle/dalle business school di management, sia esoprattutto nelle imprese. Se “il viaggio, come ci ricordaProust, non è raggiungere nuove mete, ma avere nuovi occhi”,il percorso concettuale che qui viene sinteticamente indicatoha questo intento di proposta, di suggerimento. Per questo findall’inizio ci sembra decisivo affrontare alcuni snodi concet-

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INTROdUZIONE 15

tuali che spesso vengono dati per scontati, acquisiti, espri-mendo una acquiescenza, un appiattimento che rischia di pre-figurare e banalizzare ogni interpretazione. Possiamo quindiaffermare che il manager mediterraneo ha una specifica, pre-cisa concezione dell’elemento centrale, basilare per qualsiasiriflessione sulla impresa, sulla sua cultura e sui suoi compor-tamenti: il mercato.

“Qualche migliaio di anni fa c’era un mercato. Non importadove. I commercianti tornavano dai mari lontani con spezie,sete, pietre preziose e magiche. carovane arrivavano attra-verso deserti infuocati per portare datteri e fichi, serpenti,pappagalli, scimmie, strane musiche, ancor più strani rac-conti. Il mercato era il cuore della città, il nocciolo, il perno,la parte centrale. come il passato e il futuro era ad ogniincrocio. La gente si alzava presto e ci andava per prenderecaffè, verdure, uova e vino, pentole e tappeti, anelli e colla-ne, giochi e dolci, per trovare l’amore, ma anche corde, sapo-ne, vagoni e carrette, pecore belanti e cammelli irascibili. ciandavano per vedere e ascoltare, meravigliarsi, per compra-re, per divertirsi, ma soprattutto ci andavano per incontrarsi.E parlare.” (c. Locke)4

Questa citazione è un pre-testo per affrontare il tema “radi-cale” del mercato, la sua concezione da cui discendono acascata una molteplicità di scelte e comportamenti.

“Il mercato è il luogo nel quale si incontrano compratori evenditori potenziali per concludere delle vendite e operazionisimilari” si legge nei testi di Economia: per questo il teoricodel marketing anglosassone P. Kotler definisce il mercato“come arena degli scambi”.

da questa definizione limitata passiamo ad una più ampia eintendere come mercato non solo il luogo ove si svolgono gliscambi, commerci, ma il fatto stesso di svolgerli. è necessarioribadire che, di fronte ad una trasformazione radicale del nostro

R. Levine/c. Locke/d. Searls/d. Weinberger: Cluetrain Manifesto,4

Roma, Fazi Editore, 2001, pp. 60-61.

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modo di pensare, di produrre, di comunicare, di vivere, sia indi-spensabile realizzare una trasformazione profonda, a partire dalnostro modo di interpretare ciò che ci circonda. Se il mercato èil luogo, il territorio, lo spazio, il tempo nel quale siamo chia-mati ad incamminarci come persone, come organizzazioni, lecopernicane trasformazioni che la tecnologia, l’innovazione, leculture e le sensibilità hanno prodotto dovrebbero fungere danuove “chiavi interpretative”. Troppo spesso vengono utilizza-te “vecchie chiavi”, vecchi schemi, modelli che avevano fun-zionato in passato e ai quali molti sono “affezionati”: non sirendono conto che nella attuale trasformazione accelerata dellarealtà, uno dei fenomeni costanti è il “cambio necessario” dellechiavi, dato che in questi ultimi anni più volte sono state “sosti-tuite tutte le porte e relative serrature”: con questi utensili “tra-dizionali” non è possibile aprire le “nuove porte” della realtà.ci ricordano Ridderstrale-Nordstrom:

Primo elemento alla base dello sviluppo di questo mondodell’abbondanza e dell’accesso è la crescita dei mercati. Nonci sono stati mai tanti mercati. Mercati nei quali vengonoscambiati tanti beni che sono ormai diffusi in gran parte delmondo. La deregolamentazione e la liberalizzazione delcommercio hanno scatenato la forza del libero mercato: sipuò dire è che oggi non esiste attività umana che non sidebba confrontare con le sue leggi... In questo pazzo mondoc’è mercato quasi per ogni cosa. Mercato di capitali a mer-cato di merci. Mercato di protesi corporee, mercato delsesso-senza limiti d’immaginazione. Mercato di componentiindustriali – senza limiti di azione – e mercato dei servizi-senza limiti di prestazione. ci sono mercati delle scommesse– la logica dei future applicata al mondo dello sport, e mer-cati dell’alcol – la logica dei future applicato alle bevande,come accade in un locale notturno olandese. ci sono merca-ti della conoscenza e mercati del talento... tutto ha un prezzo.I mercati comandano5.

Ridderstrale-Nordstrom, Funky business, Roma, Fazi editore, 2000,5

pp. 94-95.

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Questa dimensione di mercatomania, di mercatizzazione diogni cosa che ci circonda, ma anche che di ciò che possiamopensare, immaginare, desiderare ci “costringe” ad una rifles-sione importante sul “senso” del mercato, non soltanto sul suosvolgimento, sui suoi territori. 1. In primo luogo la “definizione” iniziale di mercato ci con-

duce ad una quotidianità diversa, ad una autenticità cheprogressivamente si va perdendo nelle nostre relazioni coni luoghi, gli oggetti, i gesti, le persone: forse rappresenta,contro ogni rigidità, formalismo della scienza economica edel marketing tradizionale, il riemergere del fattore “per-sona”, della vita vissuta.

2. In secondo luogo ci richiama ad una riflessione vera,profonda sulla motivazione, su ciò che spinge le persone almercato, seppellendo, se ce ne fosse ancora bisogno, lavisione restrittiva dell’homo oeconomicus, teso esclusiva-mente a massimizzare i propri guadagni e interessi, peraprirsi ad una descrizione della semplice complessità emo-zionale del vivere contemporaneo. Non siamo infatti difronte ad una nostalgica citazione del tempo passato, ma aduna descrizione di una attualità sorprendente: basta pensa-re ai centri commerciali che abitualmente frequentiamo (inon-luoghi di Marc Augè) per ritrovare in essi tutti gli ele-menti qui riportati (e molti altri).

3. In terzo luogo ci sottolinea un elemento centrale: l’espe-rienza della relazione, il piacere, l’interesse, questo sìprofondo, dello scambio, del guardare, del toccare, del-l’annusare, dello sprigionamento dei sensi che i “turisticontemporanei” con un misto di fascino e repulsione anco-ra oggi sperimentano in molti mercati dell’Oriente. Per uti-lizzare un termine di uso ormai corrente, una esperienzapolisensoriale, che unisce nel suo srotolarsi quotidiano, ilcuore e la mente, il desiderio, il sogno, lo stupore, trasfor-mandosi in esperienza conoscitiva: si esce dal mercato (maanche dal centro commerciale) arricchiti di nuove cono-

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scenze, passando davanti ai banchi stracolmi di merci, dioggetti, di segnali, di catalizzatori estetici o dopo aver per-corso un numero infinito di vetrine, nuovi schermi “iperte-levisivi” nei quali le merci ci parlano, si rapportano connoi, con il nostro sguardo, ma ancor più con il nostromondo interiore. Siamo ormai in contatto costante con ilmondo, con l’innovazione, con il globale rincorrersi deglioggetti, spettatori sempre più passivi, silenziosi, spessosommersi dalla stupore suscitato, dal gadget che sollecita ilnostro io infantile e crea un scarto incolmabile tra il futuroipotizzato e il nostro spasmodico desiderio/ imperativo diessere al passo con la trasformazione incessante di tutti ipaesaggi culturali, estetici, tecnologici, emotivi, comunica-zionali nei quali siamo chiamati a vivere, non solo asopravvivere.

4. In quarto luogo è il luogo, il territorio di svolgimento chediventa un riferimento non solo toponomastico (quantecittà italiane e non solo hanno la piazza del mercato, spes-so al centro della città), ma archetipico della vita colletti-va, un riferimento sociale, culturale, estetico, come i teatri.Nel mercato vanno in scena le merci, le persone, gli odori,i sapori e gli stupori in un rincorrersi delle rappresentazio-ni scandite dalle date, dalle occasioni, dagli eventi.

5. In quinto luogo viene sottolineato il fattore più importante,il comportamento decisivo della vita tra le persone: la con-versazioni, lo scambio delle parole. Il dialogo, dià logos ingreco, la parola che passa attraverso, che si dona e si rice-ve, che crea un legame, un incontro rappresenta il modostraordinario che gli uomini (quando lo esercitano) di crea-re la socialità, la comprensione, lo scambio, l’arricchimen-to personale e dell’altro. I vari capitoli che compongono questo libro tendono a

essere una precisa illustrazione, interpretazione, concretizza-zione degli elementi che sinteticamente abbiamo individuatoin questo brano iniziale sul mercato, attraverso il filtro, la

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“lente di ingrandimento” del Mediterraneo. In essi infatti èpossibile individuare aspetti storici, esperienze, elementi geo-grafici, di geografia dei luoghi, dato che geografein, in grecosignifica “scrivere la terra”, da cui le carte geografiche; maanche una geografia mentale, capace di mettere insieme tempidiversi, sguardi, esperienze, sensazioni e sapori. Si tratta deglistessi viaggi di ritorno delle carovane dei mercanti per ali-mentare il mercato, il ricordo, la meraviglia, il gioco dellacontrattazione e dello scambio: i vari capitoli, mi auguro,sono fatti degli stessi ingredienti, della stessa materia narrati-va. Molti dei concetti, delle visioni espresse erano già conte-nute nel libro-spartiacque, pubblicato nel 1999, cluentrainManifesto nel quale, Levine, Locke, Searls,Weinberger, attra-verso la sintesi di 95 Tesi (chiaro riferimento a Lutero) da unlato ri-definiscono lo scenario, i contenuti, i comportamenti,gli aspetti culturali e comportamentali della rivoluzione infor-matica e dall’altro propongono alla cultura contemporaneauna miniera inesauribile di sollecitazioni e di spunti diapprofondimento che hanno “nutrito” almeno il primo decen-nio di questo secolo. dalle 95 Tesi:

1. I mercati sono conversazioni. 2. I mercati sono fatti di essere umani, non di segmenti

demografici.3. Le conversazioni tra esseri umani hanno un suono

umano. Si svolgono con una voce umana.4. Sia che comunichi informazioni, opinioni,prospetti-

ve,dissenso o un’osservazione salace,la voce umana èaperta, naturale, non artificiosa.

5. Le persone si riconoscono come tali dal suono di que-sta voce.

6. Internet da agli esseri umani la possibilità di conver-sare in modo che era semplicemente impossibile nel-l’era dei mass media.

7. I link ipertestuali sovvertono le gerarchie.

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8. Sia nei mercati connessi via internet sia tra i i dipen-denti collegati sulle intranet, le persone si parlano inmodo nuovo,molto più efficace.

9. Queste conversazioni in rete stanno facendo nascerenuove forme di organizzazione sociale, nuovi scambidi conoscenze.

10. Il risultato è che consumatori stanno diventando piùintelligenti, per informati, più organizzati. Diventarepartecipanti attivi di un mercato in Rete cambiaprofondamente le persone.

11. Le persone che formano questi nuovi mercati in retehanno capito che possono ottenere più informazioni esostegno parlando tra di loro, piuttosto che con chivende. Tanti saluti alla retorica aziendale per pro-muovere e” aggiungere valore” ai prodotti.

12. non ci sono segreti. Il mercato on line conosce i pro-dotti meglio delle aziende stesse..... Le grandi aziendenon parlano con la stessa voce che caratterizza que-sta nuova conversazione in rete. Vogliano rivolgersi aun pubblico on line ma la loro voce suona vuota, piat-ta, letteralmente inumana (14). Le aziende che noncapiscono che i loro mercati sono ormai una rete trasingoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti,stanno perdendo la loro migliore occasione (18)6.

Una rivoluzione copernicana, una vera trasformazioneepocale, nel senso che rappresenta un cambiamento d’epoca,in quanto ridefinisce “il paradigma di riferimento”. In essopossiamo sottolineare sinteticamente alcuni aspetti che cihanno accompagnato e ci accompagnano nella incessante tra-sformazione del nostro scenario esistenziale, non solo profes-sionale, contemporaneo.

R. Levine/c. Locke/d. Searls/d. Weinberger, op.cit. pp. 28-40.6

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1. La “materia di scambio” del mercato è rappresentatadall’incontro, dal scambio, dal dialogo,tra persone: lediverse “tipologie di ruoli” espressi dalla persone(clienti, collaboratori, fornitori, media,ecc.) sono partedi una rete (internet) che supporta e favorisce le lororelazioni.

2. I mercati sono “fatti” di persone e dalle loro relazioni,non di segmenti, da target,da aree di business7;

3. La voce umana (e l’immagine corrispondente) diven-ta il comune denominatore del conversare, dello scam-biarsi (quasi tutto, dai progetti ai pensieri, ai sogni, aidesideri):attraverso la voce le persone si conoscono esi ri-conoscono;

4. La voce umana è aperta, flessibile,naturale al di làdegli argomenti che tratta, esprime: è la sua autenti-cità,contro l’artificiale-artificioso che fa la differenza;

5. La comunicazione tra persone diventa più vera, auten-tica, significativa in quanto esprime compiutamente ilsenso semantico del termine: comunicare come “met-tere in comune, come condividere, come condurreassieme”.

6. la “grande conversazione” che sta diventando unmodo decisivo dei vivere ed esprimersi del pianeta,

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. “Monsignor Vasaro, presidente della caritas in Madagascar,7

racconta questa storia che appare esternamente significativa nel contesto diri-lettura del mercato, non solo come arena degli scambi, ma luogo,esperienza, evento. In un giorno di mercato, un contadino povero arrivaall’alba con cinque pomodori, due pesci e un chilo di patate dolci.Passa dilì uno straniero che vuole comparargli subito tutta la merce ed un prezzogiusto. dopo un momento di silenzio, il vecchio risponde negativamente:Sono venuto soprattutto per avere notizie degli amici,dei parenti. Se prendoi tuoi soldi ora, non potrò restare al mercato per godermi la giornata con glialtri. Ridere con loro permette di dimenticare la miseria. Bisognaassaporare il dono del tempo, perché è un dono del cielo.” In Latouche S.,Decolonizzare l’immaginario, Bologna, Editrice Missionaria Italiana,2004, p. 114.

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non è solo una “modalità tecnologica”, ma è soprat-tutto una produzione di nuove forme di organizzazio-ne sociale, nuovi scambi di conoscenze: Wikipedia, isocial network, Google, Innocentive, Facebook,Twitter, ecc. sono realtà concrete.

7. Il contesto culturale è profondamente mutato e di con-seguenza il contesto di mercato: siamo dentro il Web2.0,8 che ha inesorabilmente trasformato in nostro sce-nario di riferimento esistenziali e relazionali: produr-re, distribuire, consumare (prodotti, servizi, conoscen-ze) nelle loro modalità, nelle loro logiche, nei loro lin-guaggi sono cambiati radicalmente e sono inconfron-tabili con le “rassicuranti logiche del passato” (ossiadel dominio, della imposizione,della verticalità).

8 I “consumatori” hanno cessato di essere semplicidestinatari,ma diventano protagonisti, rivendicano siail ruolo attivo e coinvolgente di prosumer (sintesi di“producer” e “consumer”), ma sempre più “produ-ser”,ossia attori diretti, espressione di ricerca, innova-zione creatività, “produzione di contenuti”, da condi-videre.

9. Emerge con evidenza “la distanza”, la separazione, ilritardo da parte delle imprese non soltanto di capire,ascoltare,”mettersi al servizio” della realtà in trasfor-mazione (perdendo un ruolo di guida e indirizzo che

“Web 2.0” è il termine coniato nel settembre 2005 dal guru8

americano Tim O’Reilly. Si riferisce ad una piattaforma partecipativa chetrasforma il Web da una estensione del sistema dei mass media (basato sulbroadcasting dei contenuti) a uno spazio basato su un nuovo ruolodell’utente: dalla semplice lettura alla possibilità di contribuire popolandoil Web e alimentandolo con propri contenuti. Il Web 2.0 è “architettura dellapartecipazione e intelligenza collettiva”, ovvero “quel comportamentocollettivo di tipo cognitivo che prende forma attraverso le tecnologie checonsentono l’aggregazione dell’intelligenza distribuita in diversi individuie gruppi sociali” (Bennato, 2011).

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non viene più riconosciuto acriticamente), ma anchedi confrontarsi con i modelli organizzativi, sociali, coni progetti, le aspirazioni dei loro diversi stakeholders.

come era scritto nel 2004 nella Premessa del Manifestodell’Humanistic Management: “I paradigmi imprenditorialiclassici, via via affermatisi negli ultimi cento anni, si mostra-no sempre più inadatti a offrire sia interpretazioni convincen-ti dell’impresa, sia strumenti operativi efficaci per la suagestione. I limiti attuali dello scientific management e dei suoiderivati sotto il profilo tecnico, psicosociale e politico sonostati posti in luce da molti autorevoli studiosi. In questa sede,ci interessa sottolineare che le condizioni di permanenteincertezza e di bassa prevedibilità della maggior parte dellevariabili strategiche impongono alle aziende, oggi più chemai, la necessità di trasformarsi in tempi rapidi. Il cambia-mento non può più essere considerato una fase dell’evoluzio-ne aziendale, essendo divenuto il normale stato delle organiz-zazioni contemporanee, chiamate ad essere continuamente“mutanti”. Il capitale intellettuale diventa così un imprescin-dibile generatore di valore aggiunto. E siccome, a differenzadella catena di montaggio la “fabbrica delle idee” si fondasulla creatività, sulla imprevedibilità, sulla sorpresa e sull’e-mozione, vengono meno i presupposti di un mondo dove iruoli sono precisi, le professionalità definite, le competenzeomogenee. La realtà non è più tracciabile attraverso linee retteche congiungono i singoli punti: essa viene, al contrario, rap-presentata da infiniti possibili percorsi, ciascuno dei qualimeriterebbe di essere esplorato”.9

Senza indulgenze con il passato e con il presente i varicapitoli-concetti stanno semplicemente qui in un “banco spe-ciale”, un libro per essere letti, usati, annusati, toccati, soprat-tutto per suscitare viaggi, riflessioni che in essi non sono con-

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M. Minghetti-L. cutrano (a cura): Le nuove frontiere della cultura9

d’ impresa: manifesto dello Humanistic management, Etas, Milano, 2004.

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tenuti: l’immateriale, il sogno, il desiderio prendono ilsopravvento sulla materiale, sulla fisicità. In essi emerge unprofondo, autentico bisogno/desiderio di “regalare storie” ciòche costituisce da sempre l’elemento chiave dell’esistenzadell’uomo, essa stessa un unico, irripetibile racconto che ognigiorni siamo chiamati a tessere.

“Emerge poi desiderio delle persone di rielaborare continua-mente la propria esperienza e di non considerare il passatocome serbatoio di ricordi, ma anche come un terreno dariscoprire felicemente, in termini di stimolazione, l’ispirazio-ne, creatività. Attraverso l’immaginazione e la rielaborazio-ne vitale della memoria e di un passato che dura, il consu-matore può facilmente abituarsi all’idea di mutamento.Brand e prodotti che hanno una storia da raccontare, unamemoria da condividere e che si dimostrano in grado di crea-re un ponte tra la memoria etnica e quella estetica: una con-vergenza tra i fenomeni di vintage e dell’abbigliamento equella di fusion dell’alimentazione. (F. Morace)10

dentro a questo quadro si inserisce questo libro checomunque si confronta sul terreno letterario, della narrazione,della proposta di dialogo attraverso le parole e la loro capacitàdescrittiva, evocativa, onomatopeica, immaginifica e sidovrebbe connotare per il senso profondo che esso desideraesprimere: mette in gioco l’autore, il suo ruolo, la sua “imma-gine”, non tanto le sue motivazioni Una ridefinizione delruolo del manager contemporaneo, ed in particolare del mana-ger mediterraneo, appare a questo punto doverosa.

“comunicare una visione non solo richiede l’abilità diripetere continuamente un messaggio accuratamente pre-parato, ma richiede anche la capacità di saper raccontareuna vera e propria storia. I veri leader sono capi cantasto-rie… il linguaggio con le sue metafora è uno strumentoincredibilmente potente. Il linguaggio dà continuamenteforma al mondo che ci circonda… la narrazione di storie

Morace F., Società felici, Milano, Scheiwiller, 2003, p. 35.10

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mitiche sviluppa una tensione che aiuta le persone a calar-si nei mondi descritti, assicurando la trasmissione di mes-saggi.” (J.Ridderstrale/K. Nordstrom)11

diventare cantastorie così come la nostra tradizione oraleci ha tramandato e come il Mediterraneo in tutto il suo dispie-garsi di culture, coste, viaggi, incontri, letterature ci ricorda e“riempie”, rappresenta la nuova sfida del management con-temporaneo: un impegno sia verso l’interno, verso i collabo-ratori, sia verso l’esterno, i diversi interlocutori del mercato,gli snodi delle relazioni, che si debbono nutrire di risposte aisogni, bisogni, aspettative e desideri: in una parola di “rac-conti” veri, virtuali, unici, significanti, sensati. Si tratta di ri-definire un nuovo ruolo, un nuovo comportamento manage-riale, con una impronta, una caratterizzazione mediterranea,nel quale le conoscenze e le competenze professionali, disci-plinari si completano con la competenza emotiva, con l’eticadella responsabilità, con la creatività e lo stupore, attraversouna leadership esplicita, coinvolgente, capace di ispirare lepersone, non tanto guidarle e incasellarle. Questo libro è unapasso in questa direzione: una reale consapevolezza di comeoggi svolgere un’attività manageriale non può prescindere dalfornire una risposta ad una chiara sollecitazione di AlbertoAlessi: “Le persone hanno un bisogno estremo di arte e poe-sia, un bisogno che le aziende ignorano”12. Non vuole dare“risposte”, ma proporre riflessioni, derivate anche da unalunga attività di formazione e consulenza, nutrita da un eleva-tissimo numero di sollecitazioni, suggerimenti, soprattuttopersone. Non vuole, o meglio non potrebbe neppure essere unriferimento esaustivo dei molteplici aspetti, argomenti tratta-ti: per ciascuno di essi esiste ormai un produzione di idee, ditesti e di proposte che sarebbe impensabile riprodurre anchesinteticamente. Per questo sono state, per ogni tema, fatte non

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Ridderstrale-Nordstrom, op.cit. p. 278.11

. citato in Funky Business, op.cit. p. 272.12

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solo selezioni, scelte, ma si è teso a privilegiare la produzio-ne culturale che più corrispondesse ad un preciso modo diaffrontare la realtà, o meglio le realtà. Questo libro vorrebbeessere una esperienza di lettura, di riflessione, proprio nellaaccezione semantica del termine: esperienza viene dal grecoem-peirìa che vuol dire “intraprendere un viaggio” e dal lati-no ex perior che significa “passare attraverso le strettoie dellaprova” (in questo caso mi auguro non troppo onerosa o peri-colosa). Buona lettura e buone riflessioni.

AnnoTAzIone.

Questo libro è particolarmente “debitore” dei contributiculturali di Franco cassano, sociologo teorizzatore delPensiero meridiano, dell’Homo civicus, della valorizzazionedi una cultura mediterranea della finitezza, delle diversità, deibeni comuni, della tolleranza, delle nuove identità; della intel-ligenza e sensibilità di un gruppo di docenti e ricercatori, tra iquale è doveroso ricordare, tra i molti, cova, Morace, Guillot,Badot, Bucci, Visconti, carù, elaboratori di un vero marketingmediterraneo e realizzatori di importanti ricerche sui “tessuticulturali e comportamentali” dell’area mediterranea; del“lavoro culturale” sulla evoluzione di contesti competitivi edella cultura sociale ed imprenditoriale svolto in questi annida Aldo Bonomi, Enzo Rullani, Giulio Sapelli, domenico deMasi; della “cultura del progetto” realizzata, teorizza da EzioManzini e Francesco Zurlo.

Grazie. (Settembre 2012)

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IL MANAGEMENT MEdITERRANEO è MEdITERRANEO.

Un qUadro di riferimento, PenSAnDo A PoLLoCk.

“è difficile intendere il pensiero meridiano senza scorgereche in esso si incrociano due dimensioni, quello della scis-sione e quello della mediazione. da un lato il bisogno di ungesto di rottura e di rivendicazione dell’autonomia del sud, lalacerazione della falsa neutralità ed universalità della rappre-sentazione dominante e, dall’altro la difesa della molteplicitàe della varietà culturale, la convinzione eccettuate la ragionedel futuro sarà plurale o non sarà... Nel pensiero meridianoviene proposto un criterio largo, ma preciso di confrontabi-lità, una nozione di “misura” come punto di equilibrio tra idue fondamentalismi di segno opposto, quello della terra equello del mare. Se la terra illustra il terreno dell’identità,delle appartenenze comuni e del legame sociale, il mare illu-stra invece la partenza, la fissazione della prora sulla rottaliberamente decisa, l’avventura della libertà individuale.” (F.cassano)1

Le connotazioni caratterizzanti il management mediterra-neo, non solo impronta culturale e concettuale, ma ancheinsieme comportamentale e relazionale che “rivendica” leradici e tende ad esprimerle intensamente, ha come riferimen-

1 F. cassano, Il pensiero meridiano, Bari, Laterza,2005, p.VII.

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to principale, anche se non esaustivo, la ricerca e le riflessio-ni del prof. Franco cassano che per primo ha teorizzato il“pensiero meridiano” Si tratta di un pensiero che riflette sulsud, non come imperfezione in riferimento ad un nord, cheesprime una propria, autonoma dignità di approccio, di rifles-sione di “somiglianza” e di ponte tra i sud del mondo, nonsolo quello italiano.

“Il pensiero meridiano non è uno stupido esclusivismo(quanti settentrionali lo hanno incontrato!) ne è seduto su unacomoda rendita territoriale. Il pensiero meridiano è un pen-siero della costa, opposto sia al pensiero di terra che a quel-lo di mare (oceano), un pensiero che non nega nè il radica-mento né lo sradicamento, ma che al contrario possiede lacapacità di preservare e di legare insieme le differenze.” (F.cassano)2

Per cassano è un pensiero della costa che si oppone ad unpensiero della terra e ad un pensiero del mare (Oceano), senzamettere in discussione gli specifici “punti di vita”, intesi comeapproccio globale alla vita, alla cultura (compresa quella delconsumo) e alle relazioni, candidandosi, per molti aspetti, adessere “ponte”, collegamento, confronto delle differenze. L.Graillot e O. Badot, partendo dalle ricerche di Bernard cova,hanno identificato diverse “parole chiave” che caratterizzanoil pensiero del mare e quello della terra.

“Pensiero del mare: Sradicamento, mobilità, libertà, moder-nità, liberazione da ogni patria, comunità, navigatore, deli-rio economico, pratiche di marketing eccessive e smisurate.

Pensiero della terra: Radicamento, immobilismo, tradizione,forte attrazione del domestico o del familiare, mercati, pae-sano, oscurantismo, attitudine anti marketing”.3

2 F. cassano, op.cit. p. 9. 3 L. Graillot/O. Badot: “Marketing merditerraneo: tra metafora e ter-

ritorio”, in Marketing Mediterraneo a cura di A. carù e B. cova Milano,Egea, 2006, p. 45.

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A questi due “pensieri” è necessario inserire un terzo pen-siero, quello dell’Oceano, metafora decisiva della globalizza-zione o meglio del mercato-territorio totalizzante caratteriz-zato dalle parole chiave: dismisura, iperrealtà, conquista,potere sopranazionale, velocità, postmodernità, individuali-smo, fondamentalismi.

In questa dialettica che caratterizza il nostro territorio quo-tidiano si inserisce il “pensiero della costa”, caratterizzato dalsenso di:

diversità comunità legami incontro tolleranza lentezza mercato conviviale viaggio rispetto liquiescenza.

“Il Mediterraneo non è solo luogo geografico, di memoria edi storia dei popoli del mondo, ma luogo di esperienza, diqualità alimentare, artigianale, relazionale, conviviale, cheviene ancora vissuta giorno per giorno e troppo spessodimenticata sotto la montagna di problemi e conflitti da cuiil Mediterraneo viene attraversato. Il vero problema per ilMediterraneo non è la mancanza di una memoria del passa-to, che viene sollecitata in ogni scuola e in ogni museo, mala completa mancanza di una memoria del presente, di unacapacità di osservazione e meditazione che parte dalla vitaquotidiana e dalla straordinaria capacità mediterranea disopravvivere a se stessa, di garantire una qualità dell’espe-rienza che affonda implicitamente le radici nel proprio pas-

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sato, reagendo nello stesso tempo agli eventi del presente.(Future concept Lab)4

La mediterraneità rappresenta il “contenuto-contenitore”del management mediterraneo: è bene ribadire che non ci siriferisce soltanto ad un luogo fisico, ad un territorio corri-spondente al bacino geografico mediterraneo: è soprattuttouna metafora epistemologica, rappresenta un luogo simbolicoche supera la dimensione geografica, senza negarla, senzamisconoscere il legame che esiste con la storia, con la culturamateriale, con la cultura simbolica, con le esperienze relazio-nali e spirituali. La mediterraneità è prioritariamente un terri-torio della mente e del cuore, una estetica, nella accezionegreca della sua origine come “esercizio delle sensazioni”,delle emozioni, un insieme culturale complesso che si propo-ne all’attenzione del mondo, riprendendo la straordinariafrase scritta a cabo de Roca, in Portogallo: “Da qui animatedalla Fede e dallo spirito di avventura salparono le caravel-le portoghesi, per dare nuovi mondi al mondo”.Nel primorapporto su trend del Mediterraneo elaborato da Future Labviene riportata questa riflessione dello Studio Azzurro, straor-dinario gruppo di ricerca e realizzazioni artistiche, utilizzan-do creativamente le potenzialità tecnologiche della comunica-zione visiva e che rappresentano a pieno un “prodotto cultu-rale mediterraneo”:

“Un punto di partenza può essere senza dubbio il senso diun’appartenenza che travalica i dati anagrafici, i luoghi diresidenza, e si basa sulla percezione di un territorio comune,sulla capacità condivisa di riconoscere sentire propri certisapori (l’olio d’oliva, vino) e certi profumi e certi odori(mirto, le spezie), la frequenza di diversi suoni o rumori(risonanza di un flauto, le voci di un mercato) ma anche ilsorgere o svanire di una certa luce. Sensazione che senti sullapelle, che penetrano oltre le barriere della ragione in un con-

4 Ansa Med Mediterranean trend, Future concept Lab, 2005, p. 10.

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vincimento più profondo di qualsiasi differenza di lingua,religione, nazione. Attraverso di esse si impara ad apprezza-re la vicinanza, il dialogo, l’innesto. così come si impara, sevivi sul Mediterraneo, a osservare e rispettare il mare, il ter-ritorio, le memorie che sono depositate in loro o nella sapien-za della persona; si diventa attenti alle direzione del vento,aicolori bruciati dalle terre, al sorriso di un anziano , o al suosguardo da cui traspare la sua saggezza. Si impara a seguireil volo di un insetto che di fiore in fiore impollina le diffe-renze.” (Studio Azzurro)5

Il ricentraggio sul Mediterraneo, per tradurlo in una con-notazione distintiva significa considerare centrale l’ aspettoculturale, di attenzione, rispetto delle radici, della storia spe-cifica, dei riti e dei miti che ci rendono parte di un territoriofluido, complesso, unico. La mediterraneità a cui ci si rappor-ta non si limita quindi ad essere una “espressione geografica”,ma viene intesa, affrontata, valorizzata come insieme com-plesso/come espressione di:

Paesaggio di senso e di sensi Luogo mentale e progettuale Territorio culturale Spazio relazionale e comunitario Ambiente di saperi, sapori e stili Rete di reti ispaniche, italiche, francofone, islamiche.

L’approccio “mediterraneo” esclude l’aggressività e la“conquista” per focalizzarsi sul dialogo, sulle convergenze,sui legami, sulla convivialità, sul senso della comunità, sulvalore della identità: esprime un atteggiamento ed un com-portamento “carezzevole”, “soffice”, con tutti i rimandi evo-cativi di queste parole. La classe manageriale mediterranea,

5 Studio Azzurro, citato in Ansa Med, Mediterranean trends, Futureconcept Lab, 2006, p. 10.

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perché capace di intervenire negli snodi fluidi del pensieromeridiano, del pensiero della costa, dell’approdo e del viag-gio, è capace di essere un player vincente in un “paesaggio”globale di riferimento. Il management mediterraneo non devesolo possedere, valorizzare la memoria mediterranea del pas-sato, ma deve esprimere una “memoria del presente”, unacapacità di osservazione e meditazione che parte sia dalleradici del proprio passato/identità, sia dalla vita quotidiana edalla straordinaria capacità mediterranea di sopravvivere a sestessa, reagendo agli eventi del presente. Il managementmediterraneo deve soprattutto esprimere una “memoria delfuturo”, la capacità di progettare, di comunicare, di relazio-narsi ad un contesto glocale, come cittadino responsabile delmondo e contemporaneamente cittadino mediterraneo. Ilmanagement mediterraneo trova una sua connotazione distin-tiva mettendo alla base del suo modello concettuale l’incontrotra la mediterraneità e l’italicità.

Italicità: la cultura italiana deve essere ri-letta attraverso lesue variabili connotative che rimandano a specifici modelli divita, riferimenti sociali, sensibilità e produzioni estetiche,dimensione personale.

“L’italicità diventa uno strumento per coniugare il locali-smo con la globalità, non per perdere la propria identità, maper affrontare con apertura e volontà costruttiva i granditemi e le grandi contraddizioni del mondo contemporaneo.”(P. Bassetti)6

Italicità: identità costruita su valori, “sentimenti” e storie,non come appartenenza etnico-linguistica e/o giuridica (ele-menti connotativi della italianità) “un valore diffuso che va aldi là dei confini e del territorio e che può diventare una gran-de risorsa per affrontare le sfide globali”.

6 P. Bassetti, citato in Morace F. estetiche italiane Milano, Schei -willer, 2003, p. 162.

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Il modello Italia nasce dal modo di vivere italiano fondato suuno stile di pensiero “estetico” ossia basato sulle sensazionie sull’intuizione del bello, su una filosofia di vita e non suuno stile di vita e che per questo non può essere ridotto asistema, può giocare un ruolo dirompente e innovativo, e purnel solco della propria tradizione, che parte dal basso, dal ter-ritorio, dai distretti e dalla tipica creatività ricreativa caratte-rizza il genius loci italiano e suoi distretti (F. Morace).7

L’incontro tra le specificità mediterranee e quelle dell’ita-licità rappresenta una sfida culturale di grande rilevanza e difuturi imprevedibili: trasferire la identità italica nella forma-zione/creazione di una nuova classe manageriale può rappre-sentare un tratto distintivo, espressione di unicità e diversità,interpretata come ricchezza, arricchimento del contesto mana-geriale e culturale globale. L. Graillot e O. Badot ci ricordanoche

“Secondo cova il Mediterraneo deve essere percepito comeuna risorsa, il repertorio di una moltitudine di sensi che inte-ragiscono insieme come un luogo più libero, dentro il qualela creatività e l’immaginazione si possono manifestare inpiena libertà. La rivalutazione del Mediterraneo stimola ascoprire l’autenticità connessa al localismo, il ritorno delquale è causato dalla globalizzazione osservata nella nostrasocietà (si parla ora di “glocalizzazione”)…La tradizione,che costituisce un valore mediterraneo, può così diventareuna fonte di stimoli autentici.”8

Si tratta quindi di adottare un approccio che promuove l’i-dentità mediterranea (meridiana) e cerca di produrre “un sen-timento di comunità, di appartenenza, di autenticità” (cova).In questi elementi ritroviamo “l’anima autentica” del mana-gement mediterraneo che si contrappone decisamente a tutti i“valori oceanici” del mercato, delle imprese, delle nazioni,dei fondamentalismi: su questi aspetti connotativi si snoda un

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7 F. Morace, estetiche italiane Milano, Scheiwiller, 2003, p. 11.8 L. Graillot/O. Badot, op.cit. p. 47.

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pensiero del rispetto, della tolleranza, della misura, dell’ugua-glianza, della libertà, della fratellanza, della felicità comediritto. Sinteticamente ricordiamo alcuni aspetti, dei contenu-ti specifici della mediterraneità, non tanto per confrontarlacon i valori della prima modernità e del post moderno, ma perindividuare gli aspetti distintivi, originali, specifici. Le ricer-che attuate da Future Lab sui trends mediterranei in questiultimi anni, rappresentano un importante “serbatoio” di rifles-sioni e sono direttamente funzionali a definire un sistema con-cettuale, valoriale, estetico, materico, sensoriali di riferimen-to. Scrive Morace all’inizio del report sulle tendenze mediter-ranee (2006) che continua a mantenere la sua pregnanza edimportanza”

Troppa storia, troppa cultura materiale, troppo ricchezza distimoli, troppo passato da difendere per potere essere davve-ro “visionari”. La soluzione allora non è certo abdicare ad unmodello che al Mediterraneo non appartiene, ma riappro-priarsi di quel “pensiero meridiano” che esprime, delineaprofondamente il suo carattere e la sua identità, senza rinun-ciare ad una spinta visionaria che non riguarda l’eccesso o ilpiù grande, ma piuttosto l’accesso al bello e all’emozionevitale…. Il Mediterraneo non sarà mai capace di pensare glo-balmente e agire localmente: per tradizione, per cultura, percarattere, il Mediterraneo continuerà a pensare localmente.9

Forniamo una serie di “pensieri locali, meridiani” che purnella loro sinteticità rendono evidente il senso del viaggio,della scoperta, il senso del pensiero delle costa, del confine,tra la “terra ferma e la terra fluida”, che poi significa, abban-donare le certezze, le rassicurazioni, gli schemi consolidati,gli stereotipi per lasciarsi coinvolgere in una esperienza tota-lizzante.

ciò che del Mediterraneo è oggi rilevante è proprio il suo sta-tuto di confine, di interfaccia, di mediazione tra i popoli…

9 Ansa Med, Mediterranean trend, Future concept Lab, 2006, p. 9.

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Oggi il Mediterraneo vuol dire mettere al centro il confine, lalinea di divisione e di contatto tra gli uomini e le civiltà. Essonon illustra la nostalgia di una vecchia gioventù, di una“grandezza” che produce sempre esiti tragici, ma il compi-mento della maturità, il momento in cui si acquista compiu-tamente coscienza della finitezza…Sul Mediterraneo non siva a cercare la pienezza di un’origine, ma a sperimentare lapropria contingenza. (F. cassano)10

Il Mediterraneo è: Ambiente di incontro, convivenza, crocevia, evidenza

di “mondi lontanissimi” nel tempo, negli spazi, nei ter-ritori, dal mondo romano in Libano, alla preistoria inSardegna, alle città greche in Sicilia, agli arabi inSpagna, all’Islam turco in croazia.Una vera impollina-zione compiuta in un tempo lunghissimo: oltre 4000anni di stratificazioni, di contaminazioni, influenzamen-ti nella cultura materiale e spirituale: una grammatica euna sintassi di beni culturali che esprimono una identitàdiffusa ed un “patrimonio spendibile”.

Luogo delle origini della comunicazione, l’alfabetofenicio come codice flessibile di comunicazione, degliscambi, degli incontri. “l’alfabeto,con la sua influenzasul modo di pensare, parlare e scrivere, ha plasmato ildestino stesso dell’area mediterranea, orientando losviluppo dei beni culturali, il contenuto dello spettaco-lo, lo scambio di conoscenze e di beni legati ai com-merci.” (Future Lab)11

Luogo della coltivazione della natura e delle persone: apartire dalla triade ulivo/vite/grano, per aprirsi alle

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10 F. cassano, op.cit., pp. XXIII-XXIV.11 Future concept Lab, in Ansa Med, cit., p.63

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“contaminazioni materiali” di altri paesi e altre coltu-re/culture. Una esperienza millenaria del “trattamento”e nella trasformazione delle materie prime, in tutte leproduzioni: una cultura artigiana, una invenzione che“maieuticamente” ha attraversato e coinvolto anche l’e-voluzione industriale e post-industriale del sistema eco-nomico e produttivo.

Esperienza multipla della precarietà: le catastrofi natu-rali (eruzioni, terremoti, carestie) e le dominazioni stra-niere, hanno “esorcizzato” i popoli del Mediterraneo,spingendoli ad apprezzare la vita e a cogliere “l’attimofuggente”

Esperienza espressiva delle estetiche: una orchestrazio-ne delle sensazioni che accomuna sensorialità, sensibi-lità, creatività ed innovazioni, dall’artigianato, alleindustrie, alla cucina, alla ritualità, alle arti,alla musica.

“La complicità della geografia e della storia delMediterraneo ha creato una frontiera intermedia dicoste e di isole, che ha permesso un pensiero meridia-no, della costa, della prossimità, su cui si fonda unaparticolare dinamica del paesaggio e dei paesaggi, unasorta di relativismo temperato, che si distingue sia dalpensiero eccessivo dell’oceano o dei grandi deserti, siadella radicazione eccessiva, tipica dei grandi imperiterrestri, per esempio in Asia”. (Future Lab)12

Espressione variegata di radici tribali, nomadi, dell’eso-do, espressa nella struttura patriarcale della famiglia,espressione di autorità, potere, tradizione: la casa espri-me specularmene questi “valori”: una dimensione diraccolta della famiglia, di protezione, di separazione dalmondo esterno e luogo della ospitalità. Anche la fami-glia contemporanea assume un ruolo centrale, decisivonelle relazioni mediterranee, con una funzione protetti-

12 Ivi, p.93.

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va, di collocamento, di “protesi abitativa” e di snodointergenerazionale ed un crescente “ruolo” della madre.Famiglia tradizionale nella casa e famiglia “sperimenta-le” nei luoghi del consumo.

Un insieme di “porti”, una rete di approdi e di luoghidella costa: tutto ciò implica una capacità relazionaleelevata, un atteggiamento di ascolto, di tolleranza, dimediazione, di comprensione “sensibile” delle differen-ze” “per elaborare strategie di traduzione o transazio-ne”.

Territorio “misurato”, che sa prendere le misure all’al-tro e contemporaneamente tende a valorizzare il sensodella misura, nella ricerca della felicità del vivere: ciòche è smisurato, eccessivo crea una dissonanza, unacontrapposizione non solo visiva, ma emotiva.

Territorio della creatività, più familiare che individuale,quotidiana, spontanea, costante, applicata dal micro almacro, in tutte le espressioni del vivere e del costruire:l’arte, la moda, il teatro, il design, la poesia evidenzia-no quella particolare sensibilità che lega,ad esempio ladanza alla metrica poetica, il corpo alla comunicazio-ne,al coinvolgimento dei sensi e delle sensazioni.

Luogo della alimentazione del cuore, della mente edella pancia: associare il gusto per il cibo con quelloper la parola e il pensiero creativo ad esempio non è inquesta prospettiva una operazione arbitraria (che nonsi dimentichi neppure che il verbo latino “sàpere”avere sapore, corrispondere al sapére): l’essere sapori-to e essere sapienti si identificano, elevando il concettostesso di gusto familiare, che diventa ricreativo ancheperché ricrea le condizioni della felicità ripetuta delquotidiano. (Future Lab.)13 Espressione di una cultura

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13 Ivi, p. 115.

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vitale in grado di unire creativamente l’esperienza delgusto, del piacere nella tavola, nel vestire, nell’intratte-nimento, nella festa,ecc. con la rigorosità, la misura, lasaggezza di un vivere quotidiano, espressione e tenden-za di felicità.

Esperienza degli incontri e degli innesti, derivata dallamancanza di una origine unica, e quindi terreno di unamolteplicità di relazioni, influenze e combinazioni lepiù svariate, trasforma questo elemento in valore positi-vo, attribuito alla mescolanza e all’impollinazione per-manente. Non si è si trattato di un comportamento ditolleranza (termine negativo, aristocratico, falsamentecorretto) quanto dell’espressione più vera, autenticadell’apertura, dell’ospitalità, dell’incontro, che ha fattodell’impollinazione, dell’ibridazione tra le diverse cul-ture, lingue, usi, suoni,materiali, ecc. il tratto più evi-dente, fruibile e riconoscibile in ogni angolo delMediterraneo.

Raccontare le storie e tramandare le tradizioni che inmolte altre società sono appannaggio esclusivo delmondo maschile, nel bacino mediterraneo appartengo-no invece direttamente al mondo femminile che incar-nano questo ruolo di trasmissione informale, non codi-ficato ritualmente. (Future Lab)14

Un paesaggio fragile, creato dall’uomo, unificato da unclima che “comprende e unisce” paesaggi e stili di vitae di pensiero, da rinnovare costantemente, si traduce inuna “amorosa coltura dei luoghi”, nel gioco costantedella sopravvivenza. Una domanda-bisogno di avere“riguardo” per i luoghi che come suggerisce F. cassanonon significa soltanto avere attenzione, cura, rispettoper il luoghi collettivi, i territori nei quali si snodano le

14 Ivi, p.123.

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esistenze quotidiane, in un processo di riappropriazione,di riattribuzione di senso ai luoghi, ma anche un ri-guar-do, un nuovo sguardo, una nuova sensibilità e responsa-bilità verso i “beni pubblici, che si contrappone allaminaccia sistematica della distruzione, dell’immiseri-mento, dell’ inquinamento, della inabitabilità.

Un palcoscenico collettivo sul quale vanno in scena,diverse e complementari forme di spettacolo che hannola capacità di contenere, esprimere, amalgamare luoghi,valori, modelli ideologici, culturali, sociali. I luoghidella storia che riprendono vita, i luoghi, le piazze chericatalizzano le espressioni di cultura, di partecipazione,reinventando l’agorà greca e il teatro delle memoria,delle cose, delle parole, delle emozioni. La relazione traimmaginario letterario, cinematografico, culturale chesi traduce in flusso turistico per rivivere le storie e i luo-ghi letti, visti, sognati è un esempio emblematico.

Territorio della gestualità e del corpo come “strumentoespressivo”.“In quest’area del mondo il linguaggio nonverbale ha sempre costituito un codice condiviso inalcuni casi spettacolarizzato, in forme che vanno dalteatro greco fino alla maschera veneziana.” (FutureLab)15 Una significativa esperienza collettiva teatraliz-zata, rappresentata che trova nelle danze tradizionaliche punteggiano tutte le aree del Mediterraneo unatrama espressiva dai forti contenuti antropologici e dirilevante impatto emotivo.

La sensorialità e l’amore per le piccole cose, spesso giàconosciute perché hanno le loro radici nella natura enella tradizione, sono un tramite diretto per affinare ilgusto, per aprire la strada a nuove esperienze commi-

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15 Ivi, p.151.

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natorie, nelle quali l’interpretazione del talento perso-nale acquista una rilevanza particolare. (Future Lab)16

Un crocevia espressivo di innesti culturali e comporta-mentali: un modo nuovo di “guardare al mondo” dalpunto di vista del Mediterraneo,17 da un lato, recupe-rando la tradizione, la sobrietà, il rispetto per la natura el’ambiente e dall’altro praticando la creatività, l’apertu-ra agli altri, la fantasia, l’immaginazione, la accoglien-za.

“Il marketing accademico continua ad occuparsi di etica deiprocessi, dovremmo invece piuttosto parlare di etica dei con-cetti, che significa fondamentalmente domandarsi cosa stia-mo facendo in realtà in relazione al mondo che ci circonda”Lorenzo Fuxia, fondatore di camper.”18

Alcune riflessioni indicate da Future Lab al termine delleloro ricerche sono particolarmente significative e “suffraga-no” l’importanza e l’urgenza di definire, formare, esprimenteun nuovo management mediterraneo.

“Per affrontare il mercato del presente e del futuro è neces-sario per il sistema mediterraneo creare un nuovo modello diimpresa, di attività commerciale, sempre più intrecciato conle caratteristiche familiare e le valenze culturali e spettacola-ri tipiche del Mediterraneo. Il nuovo modello deve rafforza-re le specificità dei paesi mediterranei: distintività, improv-visazione creativa, collaborazioni incrociate che segnano ilmondo mediterraneo come sistema di differenze comple-mentari. Il nuovo modello deve garantire anche una sistema-ticità (creazione di strutture formative) e una profondità(creazione di centri di sperimentazione) che l’intero bacinomediterraneo invece non ha mai avuto. Il Mediterraneo devediventare il nuovo laboratorio della creatività e dell’innova-zione, ma anche luogo esplicito e riconosciuto che alcuni

16 Ivi, p.163.17 Ivi, p. 167.18 L. Fuxia citato in Future concept Lab, cit., p.167.

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operatori del mondo dovranno guardare per “anticipare” letendenze …il Mediterraneo deve continuare ad esprimereuna capacità di stimolazione sul mercato, rivitalizzandolerelazioni con i propri interlocutori internazionali e posizio-nare in modo più chiaro la propria eccellenza in termini digusto e di competenza.” (Future Lab)19

19 Future concept Lab, cit, p. 203-205.

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