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fotografia “Un’immagine vale più di mille parole”. A quanto pare lo diceva già Confucio. Per Olivier Vigerie è difficile dare una descrizione di sé stesso e per questo si nasconde dietro le sue fotografie, delega le splendide immagini scattate in giro per il mondo a parlare di sé, di questo fotografo glamour, stella emergente nel mondo dei servizi di moda e appassionato di repor- tage di viaggio, viaggi che vive a modo suo, mettendoci non poco di quell’atmo- sfera del fashion world che le passerelle e i vari composing delle riviste patinate sono soliti proporre. Contadini dello Yunnan cinese ritratti con l’allure di top model, con quell’aura irraggiungibile ricreata ad hoc da luci e scelte cromatiche perfette. Passanti a Pechino come protagoniste di catwalking e angoli di periferia immor- talati come studiati still life. “Posso dire di essere diventato fotografo, o almeno di aver deciso di esserlo, a Benares, la città indiana che per tutti i viaggiatori è Olivier Vigerie Un elfo nel regno del possibile 46 Life club primavera 2009

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“ “Un’immagine vale più di mille parole”. A quanto pare lo diceva già Confucio. Per Olivier Vigerie è difficile dare una descrizione di sé stesso

e per questo si nasconde dietro le sue fotografie, delega le splendide immagini scattate in giro per il mondo a parlare di sé, di questo fotografo

glamour, stella emergente nel mondo dei servizi di moda e appassionato di repor-tage di viaggio, viaggi che vive a modo suo, mettendoci non poco di quell’atmo-sfera del fashion world che le passerelle e i vari composing delle riviste patinate sono soliti proporre. Contadini dello Yunnan cinese ritratti con l’allure di top model, con quell’aura irraggiungibile ricreata ad hoc da luci e scelte cromatiche perfette. Passanti a Pechino come protagoniste di catwalking e angoli di periferia immor-talati come studiati still life. “Posso dire di essere diventato fotografo, o almeno di aver deciso di esserlo, a Benares, la città indiana che per tutti i viaggiatori è

Olivier Vigerie Un elfo nel regno del possibile

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sinonimo di spiritualità, di nirvana dell’anima. Credo di poter affermare che anch’io qui ho avuto una rivelazione. Munito di una Pentax 300, che tuttora conservo gelosamente, ho ritratto due bimbi di strada mentre davano da mangiare a una capretta. L’attimo ruba-to di una quotidianità insolita e un’emozione provata che è ancora viva dentro di me....questo ha rappresentato la scintilla che mi ha motivato a scegliere definitivamente que-sto mestiere.” Ma questa mania del ritratto fashion non viene solo dal mondo delle passerelle in cui ormai Olivier è un habitué, ma anche e soprattutto dal cinema. “Essere fotografo di talenti, non è stata per me una vocazione, ma un’ opportunità colta fortunatamente al momento giusto. Mi recai al festival di Can-nes nel 2001 per ritrarre una delle capore-dattrici di CanalPlus con la quale collabora-vo all’epoca. Samantha Longoni conduceva un programma tv sulla rassegna festivaliera,

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la tentazione di fotografare gli invitati sul pla-teau fu davvero forte. E così mi intrufolai per giorni fra le quinte della trasmissione, fino al momento in cui qualcuno si premurò di chiedermi che diavolo ci facessi lì”. A detta di Vigerie, Cannes è il regno del possibile. Qualcosa di simile accadde al Festival di Roma nell’anno in cui Martin Scorsese pre-sentò il film The departed, che fece ottenere al maestro l’oscar per la miglior regia. “Dopo cinque ore di attesa io e il fotografo france-se Xavier Lambours riuscimmo finalmente a incrociare Scorsese nell’atrio dell’hotel Has-sler. Lambours estrasse dalla borsa un libro realizzato vent’anni prima in cui figurava un

“I miei servizi di viaggio sono ricchi di ritratti perché mi concentro sull’umanità che incontro, sulla condition humaine...”

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Eva Morletto

ritratto del regista. Propose di realizza-re ora la stessa foto. Scorsese accettò, e io, nel ruolo dell’infiltrato esattamen-te come i protagonisti del suo film, mi ritrovai cinque ore e una giornata più tardi a ritrarre in bianco e nero il grande maestro di Taxi driver”. Un esordio av-venturoso, dunque. Ma che ha sicuramente dato i suoi frutti. Oltre ai ritratti, alla moda e alla “presse people”, ciò che da noi viene definito generalmente gossip, Vigerie ha sempre un debole per la fotografia di viaggio. L’animo inquieto del repor-ter è un concetto per niente estraneo. “Voglio vedere di più, scoprire, capi-re, amare l’altro nella sua differenza. Il viaggio è un invito all’apertura dei sensi, una condizione che ci pone in uno stato di fragilità e di vulnerabili-tà ma al tempo stesso di esaltazione, propizia allo scambio. Ogni viaggio è una lezione di umiltà. I miei servizi di viaggio sono ricchi di ritratti perché mi concentro sull’umanità che incontro, sulla condition humaine...”. Già, proprio quella Condition humaine cara ad André Malraux, lo stesso che diceva “l’homme ne se construit qu’un pour-suivant ce qui le dépasse”. L’uomo non si costruisce che inseguendo ciò che lo supera, ciò che è più grande di lui. Un buon aforisma, per un tipo ambizioso come Olivier Vigerie.