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FOTOGRAFA IL QUARTIERE S0ciolab al Public Design Festival

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FOTOGRAFA IL QUARTIERE

S0ciolab al Public Design Festival

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Un progetto pilota per esplorare la visione sociale dello spazio pubblico p. 1

L’area della ricerca: “il quartiere” p. 2

Il disegno della ricerca p. 3

La selezione dei partecipanti p. 4

Gli abitanti-fotografi p. 6

Guardare il quartiere attraverso un obiettivo p. 8

Dalle immagini alle esperienze dei luoghi e ai significati dello spazio: le interviste p. 11

Costruire la mappa del quartiere a partire dai propri luoghi e percorsi p. 13

Il quartiere dentro e fuori: caratteristiche e confini p. 15

Definire lo spazio pubblico#1 (i partecipanti) p. 17

L’installazione di Sociolab al Public Design Festival (13 – 18 aprile 2010) p. 21

Definire lo spazio pubblico#2 (i visitatori del festival) p. 23

Le passeggiate di quartiere p. 24

Lo sviluppo del lavoro e le prospettive di ricerca p. 26

Sociolab ringrazia… p. 27

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Un progetto pilota per esplorare la visione sociale dello spazio pubblico

A cura di

In occasione del Public Design Festival 2010 (Milano 13-18 aprile 2010), esterni ha promosso e messo in mostra

proposte, soluzioni e interventi per “migliorare la qualità della vita urbana e arrivare alla città possibile” con

l’obiettivo di recuperare gli spazi pubblici come spazi collettivi. A tal fine ha organizzato un concorso di idee per

designer e architetti che per mezzo di installazioni facessero emergere una nuova “lettura” degli spazi pubblici. In

questo contesto Sociolab si è proposto di sperimentare l’integrazione dello sguardo dei tecnici e dei “creativi” con

quello degli abitanti della zona su cui il Festival è intervenuto: zona Stazione Porta Genova – via Vigevano.

È così che Sociolab, in collaborazione con esterni, ha sviluppato, condotto e, in occasione del Festival, presentato i

primi risultati di “Fotografa il quartiere”, un progetto di ricerca sulla visione sociale dello spazio pubblico

condotto nel mese di marzo nella zona di Porta Genova.

La ricerca ha previsto un lavoro sul campo che ha coinvolto quindici abitanti della zona (residenti o lavoratori) in

un progetto di sociologia urbana visuale: a ciascuno di loro è stato chiesto di scattare delle foto nel quartiere e poi

di parlarne in un’intervista in profondità, per far emergere significati, esplorare osservazioni, stimolare

immaginazioni e disegnare una “mappa” a partire dai propri punti di riferimento.

Riportiamo di seguito la descrizione del progetto e della ricerca sul campo, alcune considerazioni metodologiche e

iniziali spunti di analisi.

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A cura di

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L’area della ricerca: “il quartiere”

Per contestualizzare la ricerca nell’area di interesse del Public

Design Festival abbiamo delimitato un’area per la selezione

dei partecipanti che avesse al suo centro la Stazione di Porta

Genova, dunque a cavallo della ferrovia e comprendente sia il

lato Savona-Tortona che quello di via Vigevano-Naviglio.

Per esigenze di rilevazione, abbiamo esteso l’area oggetto

dell’intervento di esterni, cercando sia di mantenere una certa

omogeneità a livello funzionale e urbanistico e

particolarmente di includere elementi chiave associati

tradizionalmente alla dimensione territoriale del quartiere.

Intorno all’iniziale “zona verde” di maggiore pertinenza,

abbiamo così individuato un’area oggetto della ricerca

tratteggiata in rosso (vedi fig.1).

A seguito della consultazione con alcuni abitanti, abbiamo scelto come confini le barriere fisiche e architettoniche che ci

sembravano più evidenti: da un lato quella del traffico automobilistico rappresentata dai viali in cui vanno a confluire le

strade più strette di zona Savona-Tortona e dall’area verde del parco, dall’altro quella dell’acqua rappresentata dalla

Darsena e dal Naviglio.

L’area rossa selezionata non costituisce quindi di per sé un quartiere ma abbiamo scelto di utilizzare questo termine, in

quanto direttamente associabile all’esperienza urbana, quindi facilmente intellegibile e riconducibile ai vissuti personali.

Ai partecipanti abbiamo chiesto di scattare fotografie della “loro zona”, mantenendosi all’interno della zona tratteggiata

ma non dovendola necessariamente coprire per intero.

Fig. 1

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Il disegno della ricerca

A cura di

Il progetto si presenta come una ricerca pilota, per far esprimere, comunicare e analizzare lo sguardo su luoghi e spazi

del quartiere che ha chi nel quartiere vive, lavora, studia, fa acquisti, cioè passa il proprio tempo.

Alla base di questa ricerca vi è infatti la definizione di spazio sociale1, composto di tre diverse dimensioni:

• La dimensione dello spazio vissuto, come pratica dello spazio nella vita quotidiana;

• La dimensione dello spazio percepito, come spazio rappresentato da simboli e immagini;

• La dimensione dello spazio concepito, come rappresentazione dello spazio pensato e progettato.

Chiedendo agli abitanti del quartiere di raccontare i propri spazi scattando fotografie ai luoghi che ritenevano più

significativi e di esplorarne i significati, individuali e collettivi. Atraverso l’intervista si è voluto dunque indagare sulle

prime due dimensioni dello spazio che fanno parte dell’esperienza quotidiana dell’abitare, nella prospettiva di

relazionarle alla terza, fornita dai tecnici e dai professionisti della creatività.

.

1 Lefebvre H., 1976, La produzione dello spazio, Moizzi editore, Milano

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La selezione dei partecipanti

A cura di

Secondo alcune linee guida della metodologia di lavoro dell’approccio etnografico, come primo passo abbiamo attivato

una rete di contatti per cercare qualche primo punto di accesso al campo, persone che ci permettessero cioè di “entrare”

nel quartiere e di conoscere alcuni abitanti cui parlare del progetto di ricerca, facilitando e accelerando i meccanismi di

neutralizzazione delle barriere della diffidenza e, in alcuni casi, facilitando direttamente la creazione di rapporti di

fiducia e confidenza.

La complessità, almeno apparente, del progetto, ha infatti reso necessario privilegiare canali di contatto che fungessero

da “mediatori”- piuttosto che contattare direttamente degli abitanti - in modo da avere la possibilità di spiegare con

maggiore tranquillità e cura l’obiettivo e gli strumenti della ricerca, in particolare rassicurando i potenziali partecipanti

sul tipo di impegno in termini di tempo che era loro richiesto e sulle finalità del lavoro.

In questa operazione è stata essenziale la collaborazione di esterni che nel corso della festa di quartiere organizzata

sabato 13 febbraio per “preparare” gli abitanti e i commercianti di via Vigevano al Public Design Festival ci ha presentato

alcuni commercianti molto attivi e disponibili che non solo hanno accettato di partecipare ma ci hanno anche

presentato a loro volta altri abitanti.

Altrettanto importante è stata la disponibilità dimostrata da un sacerdote della chiesa di Santa Maria delle Grazie che ha

diffuso il nostro progetto e la nostra richiesta di collaborazione tra i frequentatori dell’oratorio permettendoci così di

entrare in contatto con alcune tipi di abitanti - ragazzi molto giovani e anziani - che altrimenti sarebbe stato molto

difficile raggiungere.

Nella selezione dei partecipanti abbiamo prestato attenzione a mantenere il gruppo quanto più possibile eterogeneo dal

punto di vista del genere, dell’età, della professione e delle abitudini di vita, cercando di includere sia chi nel quartiere

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La selezione dei partecipanti

A cura di

abita che chi invece ci lavora solamente, al fine di guardare il più possibile il quartiere attraverso “occhi differenti”, pur

nel rispetto delle caratteristiche socio-demografiche della popolazione della zona.

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Gli abitanti-fotografi

A cura di

Adel 52 anni egiziano vive a Milano dal 29 luglio 1985 single, perché “meglio solo che male accompagnato” ha un’attività di fabbro in via Vigevano dal 1996

Amira 36 anni argentina, vive a Milano da 4 anni abita a Baggio con Daniele e i due figli ha un negozio di gioielli e abbigliamento artigianali in via Vigevano

Ari designer finlandese 43 anni, a Milano dal 1990 insegna design e crea accessori di moda convive con la sua compagna in via Savona davanti al suo negozio

Beatrice 53 anni sposata e madre di tre figli: una ragazza di 25 anni, un ragazzo di 23 e un bambino di otto vive nella casa dove è nata e insegna nella scuola dove ha frequentato le elementari

Chiara architetto, 37 anni, milanese sposata e madre di due bambine vive nel quartiere da 9 anni “per caso”

Daniela 36 anni ha un cane (Camilla) vive a Sesto San Giovanni “per scelta” con il fidanzato lavora da dieci anni in un negozio di arredamento in via Vigevano

Giorgia 22 anni studia grafica alla Nuova Accademia delle belle arti svizzera, vive a Milano dal 2006 convive con due coinquilini

Giovanni sociologo urbano 28 anni, viene da Sondrio convive con la sua ragazza abita in via Corsico da due anni e mezzo, è contento del quartiere e della vita di condominio

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Gli abitanti-fotografi

A cura di

Giuseppe, alias Pippo 25 anni pugliese grafico e web designer vive sul naviglio da cinque anni con un coinquilino e un cane

Luca 27 anni milanese, ha vissuto in zona Fiera con la famiglia convive con la sua ragazza a Cesano Boscone da quattro mesi Lavora in zona Porta Genova in un’agenzia di relazioni pubbliche

Luisa 55 anni vive a Milano dal 1994, sempre in compagnia di un gatto. da anni si occupa di carta e di origami e ha uno studio in via Sartirana

Mario 77 anni vive da sempre nel quartiere

Massimiliano, alias Max quasi 35 anni, di Portici, Napoli fidanzato-convivente, con una bella bambina proprietario di un bar in via Savona

Odeya 26 anni nata a Milano da genitori stranieri lavora in un’agenzia di comunicazione vive da sola da circa un anno nel quartiere, dove ha sempre pensato di venire ad abitare

Simone e gli amici 4 amici tra i 14 e i 16 anni vivono nel quartiere e frequentano l’oratorio.

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Guardare il quartiere attraverso un obiettivo

A cura di

La realizzazione delle fotografie ha

rappresentato il primo passo della

ricerca.

Dopo un primo colloquio con i

partecipanti, durante il quale abbiamo

spiegato lo scopo della ricerca e illustrato

il contesto in cui si inseriva, abbiamo

infatti richiesto loro di tenere in tasca

una macchina fotografica digitale per una

settimana e di scattare fotografie durante

i loro percorsi quotidiani. Avrebbero poi

dovuto selezionare e consegnarci i 20

scatti che ritenevano più significativi.

Per svolgere questo “compito” abbiamo

fornito solo una serie di suggerimenti

(vedi box 1) e di indicazioni (vedi box 2).

Sebbene inizialmente l’utilizzo della

macchina fotografica abbia destato

qualche preoccupazione in alcuni dei

partecipanti, che dichiaravano o

• scatta le foto nell’ultima settimana di febbraio, in modo da poter poi

fissare l’intervista con noi nella prima settimana di marzo; • seleziona tra i tuoi scatti 15-20 foto che ci dovrai consegnare; • puoi realizzare i tuoi scatti in qualsiasi momento del giorno o della notte; • puoi fotografare gli spazi nella loro interezza o anche concentrarti su dei

particolari; • evita primi piani, specialmente di bambini e cerca di fare in modo che le

persone presenti nella foto siano di contesto e non soggetto della foto stessa (a tutela dei minori e della privacy in generale);

• orientati su scatti di esterni e non di interni anche qualora tu scelga di fotografare un locale pubblico, come un bar, un ristorante, una biblioteca, un cinema;

• ricorda che le foto non verranno in alcun modo valutate sotto il profilo tecnico o artistico, né verranno espressi giudizi sulle tue scelte: cerca di offrire con naturalezza la tua immagine del quartiere;

• mantieniti, quanto più possibile, nel perimetro della figura con i lati tratteggiati in rosso e con un lato in verde, indicato nella piantina in allegato (vedi figura pag.1).

Box 2_INDICAZIONI

• immagina che le foto che scatterai servano a presentare il quartiere a una

persona che non lo conosce; • pensa ai percorsi che ti sono più familiari, a cui sei più legato, che ritieni

più importante mostrare e che più associ al quartiere; • concentrati sui luoghi e gli spazi che vedi camminando, che attraversi,

dove vivi, lavori, studi o passi il tuo tempo libero.

box 1_SUGGERIMENTI

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Guardare il quartiere attraverso un obiettivo

A cura di

mostravano di non sentirsi all’altezza del compito, la possibilità di aprire il percorso di indagine con le immagini ha

permesso di:

- lasciare liberi i partecipanti di trovare una chiave di lettura personale attraverso cui raccontare il quartiere;

- iniziare l’intervista in profondità dalla narrazione delle fotografie scattate e quindi attraverso il racconto del proprio

vissuto quotidiano, stabilendo un piacevole clima di conversazione;

- portare i partecipanti a riflettere sul significato dello spazio pubblico, e dunque a darne una definizione, partendo da

esperienze note e familiari.

Le potenzialità dello strumento sono state confermate dal materiale raccolto: le “visioni” del quartiere sono risultate

molto diverse l’una dall’altra, così come il modo di vivere lo spazio pubblico di ogni partecipante, emerso dalle

fotografie.

Chiara e Amira, ad esempio, hanno fotografato le tappe dei loro, pur diversi, “percorsi di mamme”; Luca le sue soste

durante la pausa pranzo; Adel, il fabbro di via Vigevano, gli spostamenti e le “tracce” del suo lavoro. Odeya, Giorgia e

Giuseppe si sono concentrati nel mostrare quei particolari che forse sfuggono a chi è solo di passaggio ma che diventano

PERCEZIONE

I propri spazi

ESPRESSIONE

La propria esperienza

nello spazio

Fotografare

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FOTOGRAFA IL QUARTIERE

Guardare il quartiere attraverso un obiettivo

A cura di

quotidianità per chi nel quartiere ci vive. Daniela ha cercato di immortalare la dimensione romantica della zona,

catturando con l’obiettivo luci, riflessi e “presenze”. Luisa ha dipinto il volto e le stranezze di Porta Genova attraverso i

cartelli stradali. Beatrice e Mario, abitanti “da sempre”, hanno mostrato “quello che un tempo c’era e oggi non c’è più”,

illustrando la trasformazione che ha interessato profondamente questa zona della città. Anche Max ha dato la sua

interpretazione del cambiamento, dalla prospettiva privilegiata della vetrina del suo locale in via Savona. Giovanni ha

inquadrato gli spazi del quartiere attraverso un grandangolo con una visione d’insieme che l’occhio naturalmente non

può cogliere influenzata anche dalle sue competenze professionali. Ari, Simone e i suoi amici hanno raccontato i propri

spostamenti quotidiani dimostrando di poter percorrere l’isolato ad occhi chiusi!

I differenti punti di vista degli abitanti-fotografi si sono incontrati nell’indicazione condivisa di alcuni luoghi che -

semplicemente con la loro presenza, o per l’offerta di spazi di aggregazione – rappresentano dei punti di riferimento: la

stazione di Porta Genova (fig. 2), il ponte sulla ferrovia (fig. 3), il ponte di pietra sul Naviglio (fig. 4), il “palazzo rosso” in

zona Tortona (fig. 5) sono i principali, ma anche Parco Solari, “La Vineria”, “Il Libraccio”.

Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5

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Dalle immagini alle esperienze dei luoghi e ai significati dello spazio: le interviste

A cura di

Dopo aver chiesto ai partecipanti alla

ricerca di selezionare le 20 foto che

ritenevano maggiormente significative,

li abbiamo incontrati per condurre delle

interviste in profondità.

Le interviste sono state strutturate in tre momenti principali: nella prima fase si è chiesto ai partecipanti di

raccontare liberamente i propri scatti facendoli scorrere in tempo reale sullo schermo di un pc. In questa fase le

intervistatrici non hanno posto domande ai partecipanti ma hanno ascoltato i racconti, generalmente fluidi e

intensi, rilanciando solo, se necessario, con alcuni input (vedi box 3) che mantenessero le narrazioni su una traccia

comune.

Al termine di questa prima fase ai partecipanti sono stati consegnati un foglio bianco ed alcuni pennarelli per “” la

mappa del quartiere. Il disegno è stato spontaneamente verbalizzato dai partecipanti che, mentre localizzavano i

propri scatti e tracciavano i propri percorsi, hanno fornito ulteriori dettagli relativi al proprio modo di vivere e

muoversi nel quartiere, evidenziandone elementi diversi con colori assegnati (vedi box 4).

• Dove si trova? • Quando e come lo frequenti? • Perché hai scelto di fotografarlo? • Ha un particolare significato per te? • Hai una storia o un episodio legato a questo luogo da raccontarmi?

box 3_IL RACCONTO DEI PROPRI SCATTI

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Dalle immagini alle esperienze dei luoghi e ai significati dello spazio: le interviste

A cura di

Per concludere, nell’ultima fase dell’intervista, a tutti i partecipanti sono state poste 5 domande strutturate:

1. La zona che hai fotografato è diversa da altri luoghi del quartiere? In cosa?

2. La zona che hai fotografato è diversa da altri luoghi della città? In cosa?

3. Gli spazi che hai disegnato sono proprio “di tutti”? Ci sono tipi di persone che in questa zona non vedi mai?

4. Secondo te, quando uno spazio è veramente pubblico?

5. Come si potrebbe migliorare questo spazio da te indicato come pubblico?

Mentre le prime due domande sono state utili a indagare quali confini i partecipanti attribuiscono al quartiere e

come collocano quest’ultimo all’interno della città, le ultime sono state necessarie per uscire dalla dimensione del

racconto individuale e far riflettere i partecipanti su come gli spazi vengono vissuti dalla collettività portando

quindi al Public Design Festival il contributo degli abitanti alla domanda posta in questa sua seconda edizione:

“Come si può trasformare il modo di progettare, pensare e vivere gli spazi di tutti?”

RIFLESSIONE

Il racconto dei propri

spazi

PERCEZIONE

I propri spazi

ESPRESSIONE

La propria esperienza

nello spazio

Fotografare Raccontare

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Costruire la mappa del quartiere a partire dai propri luoghi e percorsi

A cura di

L’utilizzo come strumento di rilevazione di mappe della

zona disegnate direttamente dei partecipanti trae

spunto dal lavoro di Kevin Lynch2, considerato un

pilastro nello studio della dimensione urbana:

“La città non è soltanto oggetto di percezione (e forse di godimento) per milioni di persone profondamente diverse per carattere e categoria sociale, ma è anche il prodotto di innumerevoli operatori che per motivi specifici ne mutano costantemente la struttura”.

La sua ricerca, proprio tramite interviste agli abitanti e la realizzazione di disegni, ha sviluppato la riflessione sulla

percezione che gli abitanti hanno della loro città, sulle loro “immagini ambientali”, evidenziando l’importanza delle

esigenze delle persone, al fine di rintracciare la forma migliore per questa “casa della società”.

.

2 Lynch K., 2006, L’immagine della città, Marsilio Editore, Padova

Abbiamo dato ai partecipanti “carta bianca” e 5 colori per collocare sul foglio:

• i riferimenti spaziali • gli scatti effettuati • i luoghi affettivi • i percorsi abituali • lo spazio pubblico

box 4_DISEGNARE LA MAPPA

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FOTOGRAFA IL QUARTIERE

Costruire la mappa del quartiere a partire dai propri luoghi e percorsi

A cura di

Come per la ricerca di Lynch,

anche nel caso delle mappe

realizzate dagli abitanti–

fotografi, siamo in presenza di

immagini percepite che variano

in base alle persone, alle loro

sensibilità e abitudini. Possono dunque essere molto diverse per scelte stilistiche, individuazione dei confini, per la

valutazione delle distanze, la scelta di riferimenti, nodi e percorsi, come mostrano le due riproduzioni (fig. 6 e 7),

ma una lettura mirata permette comunque di decifrare alcune linee guida ed elementi distintivi ricorrenti

dell’immagine della zona.

VISUALIZZAZIONE

come si collocano i propri

spazi all’interno del quartiere

RIFLESSIONE

Il racconto dei propri

spazi

PERCEZIONE

I propri spazi

ESPRESSIONE

La propria esperienza

nello spazio

Fotografare Raccontare Disegnare la mappa

Fig. 6 Fig. 7

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A cura di

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Il quartiere dentro e fuori: caratteristiche e confini

Gli abitanti-fotografi hanno ricostruito, scatto dopo scatto, quella che

percepiscono come la “propria” zona all’interno dell’area interessata dalla

ricerca mostrando che esistono di fatto due diversi quartieri, separati tra loro

dalla ferrovia: la zona di via Vigevano-Naviglio e quella di via Tortona - via

Savona.

Il ponte sulla ferrovia, la cui immagine ricorre nelle selezioni di molti dei

partecipanti, assume di conseguenza una funzione centrale sia concreta che a livello di immaginario. Questa

divisione si è evidenziata attraverso le mappe: solo in pochi infatti hanno tracciato percorsi trasversali rispetto alle

due zone. La maggior parte dei partecipanti, e in particolare chi ci abita da più tempo, si è concentrato solo su una

zona definendo l’altra come “estranea” o “diversa”.

Nelle risposte alle prime domande strutturate, i partecipanti hanno invece descritto le caratteristiche del loro

quartiere. La zona di via Vigevano – Naviglio è fortemente associata in primo luogo dalla presenza dell’acqua che lo

rende “cangiante e mutevole”, ai negozietti e ai locali di via Vigevano e alla passeggiata sul Naviglio - in cui la

circolazione del traffico è permessa solo ai residenti. Questa è la zona dove “si vive”, frequentata a tutte le ore del

giorno e della notte: la gente si sposta a piedi o in bicicletta, ci sono molti locali e ristoranti ma, al tempo stesso, è

anche una zona di abitazioni, con una dimensione consona alle esigenze degli abitanti - con la scuola, il forno dove

le commesse salutano i clienti per nome e l’oratorio. La zona di via Savona – via Tortona invece viene ricondotta

principalmente alla presenza di showroom, studi fotografici, agenzie di moda – che hanno occupato i capannoni

lasciati vuoti dalle grandi industrie cittadine dismesse in un processo di repentina riconversione avvenuto nello

scorso decennio: gli intervistati la collegano agli eventi importanti ed esclusivi che ospita durante il Salone del

Mobile e la Settimana della Moda ed è percepita maggiormente come zona lavorativa di passaggio.

La zona che hai fotografato è

diversa da altri luoghi del

quartiere? In cosa?

La zona che hai fotografato è

diversa da altri luoghi della

città? In cosa?

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Il quartiere dentro e fuori: caratteristiche e confini

Secondo i partecipanti alla ricerca, entrambe le zone si distinguono tuttavia dal resto di Milano per la dimensione

di “villaggio dentro la città” che nasce dalle relazioni umane coi vicini e coi negozianti che “quando passi ti

salutano”, dall’atmosfera più rilassata rispetto al caos della “città-città”, dalla presenza di strade piccole e di case a

ringhiera, dalla possibilità di muoversi a piedi e in bicicletta e dalla presenza di locali e luoghi di ritrovo – sia per gli

abitanti del quartiere sia per chi vive in altre zone della città.

“Questa zona è come se fosse la testa di tutto il quartiere che è il corpo. È densa di elementi: l’acqua, la vita notturna, il cibo ad ogni ora…”

“La parte del naviglio è quella dove si vive, mentre zona Tortona è dove si lavora. Ma secondo me è tutto un unico quartiere perché con il ponte si passa facilmente da una parte all’altra.”

“Di là dal ponte è tutto diverso, è molto più commerciale, più antico. Qua invece c’è un clima più bohemien. Porta Genova c’è sempre stata e prima il ponte sulla ferrovia era una barriera. Di qua c’erano solo le fabbriche e le case popolari.”

“Questa zona è cresciuta in fretta, da industriale a modaiola con la trasformazione avvenuta in questi ultimi anni dei capannoni industriali e artigianali in showroom e studi fotografici.”

“La presenza del naviglio ne fa qualcosa di diverso. Il naviglio è acqua e l’acqua è vita: come primo aspetto questo quartiere è vivo. È una questione di luce e di spazi.”

Spazio pubblico

Via Savona – zona Tortona

Via Vigevano- Naviglio

Ponte ferrovia

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Definire lo spazio pubblico#1 (i partecipanti)

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Nella percezione degli abitanti – fotografi nel quartiere si possono incontrare

tutti i tipi di persone, anche se questa zona della città risulta essere

frequentata prevalentemente dai giovani mentre difficilmente vi si possono

incontrare la “la signora bene” e “l’uomo in carriera”. Il quartiere è dunque

ritenuto accessibile a tutti anche se, per alcuni, non è tale la sua offerta

commerciale e ricreativa giudicata troppo costosa.

Come spazi pubblici del quartiere vengono indicati principalmente la stazione

di Porta Genova con il piazzale antistante, le fermate dei mezzi di trasporto e

il ponte sulla ferrovia; come zone di servizio e di collegamento; il parco Solari

e i giardini pubblici di recente costruzione che si affacciano sulla Ripa, cioè sull’altro lato del Naviglio, in quanto

uniche aree verdi disponibili; la passeggiata sull’Alzaia Naviglio Grande; il mercato comunale di Porta Ticinese,

come spazi di acquisto e di ritrovo.

Quali possibili interventi migliorativi gli abitanti – fotografi suggeriscono: una maggiore cura del Naviglio e della

Darsena - ritenuti un’importante risorsa per l’immagine e la socialità del quartiere – che versano in condizioni di

sporcizia e degrado; una maggiore attenzione all’arredo urbano con l’installazione di elementi, come panchine e

pensiline, che rendano confortevoli e, quindi, più fruibili gli spazi pubblici e di aggregazione; ulteriori limitazioni al

traffico veicolare e una maggiore regolamentazione dei parcheggi; la promozione di iniziative culturali e ricreative

all’aperto con il coinvolgimento attivo di abitanti e commercianti che siano in grado di far godere tutti i cittadini

della “dimensione d’uomo” di questa zona della città; la creazione e il mantenimento delle aree verdi, sebbene

queste siano già state incrementate rispetto al passato.

Gli spazi che hai

fotografato/disegnato sono

proprio di tutti?

Quando uno spazio è

veramente pubblico?

Secondo te come si potrebbe

migliorare questo spazio?

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Definire lo spazio pubblico#1 (i partecipanti)

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Tradizionalmente, lo spazio pubblico è stato definito, in contrapposizione allo spazio privato, come luogo dove

ogni cittadino ha il diritto di circolare liberamente. L’approccio sociologico ne ha poi proposto una visione

relazionale, come sostanzialmente “luogo delle relazioni”.

Nel panorama complesso dei territori urbani contemporanei, con la crisi dei momenti aggregativi e lo sviluppo di

modalità di incontro virtuale nella rete web, si è però assistito a una sorta di “svuotamento” del concetto la cui

definizione diventa ancora più difficile.

Da questa riflessione, ha origine la nostra scelta di formulare la domanda relativa allo spazio pubblico non nei

termini della richiesta di una possibile definizione (“cosa è uno spazio pubblico?”), che potesse suggerire l’idea

dell’esistenza di una risposta valida e univoca, ma nei termini dell’individuazione di elementi caratterizzanti legati a

esperienze e sensibilità personali e direttamente riconducibili alla localizzazione di spazi pubblici sulla mappa.

Nella totalità dei casi, la risposta ha seguito lo stesso percorso di elaborazione: è infatti nata “spontaneamente” a

seguito della nostra richiesta, durante la fase di disegno della mappa del quartiere, di individuare i luoghi percepiti

DEFINIZIONE:

Lo spazio pubblico a partire

dall’esperienza quotidiana

VISUALIZZAZIONE

come si collocano i propri spazi

all’interno del quartiere

RIFLESSIONE

Il racconto dei propri spazi

PERCEZIONE

I propri spazi

ESPRESSIONE

La propria esperienza nello

spazio

Disegnare la mappa Fotografare Raccontare Passare dallo spazio proprio allo spazio di tutti

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FOTOGRAFA IL QUARTIERE

Definire lo spazio pubblico#1 (i partecipanti)

A cura di

come spazi pubblici, a cui seguiva la reazione verbale degli intervistati “ma cosa intendi per spazio pubblico?” e

quindi la nostra domanda diretta: “quando per te uno spazio è veramente pubblico?”.

Come evidenziato, dai brani di intervista, l’elemento che sembra maggiormente caratterizzare le risposte fornite dai

partecipanti alla ricerca è quello della libertà.

Lo spazio è da tutti individuato come un luogo fisico in cui libertà, intesa anche come pari opportunità, di accesso,

fruizione e di interpretazione risultano requisiti fondamentali.

Non emerge in modo netto la contrapposizione tra spazio pubblico come spazio collettivo, della comunità, e spazio

privato, come spazio individuale e personale, quanto piuttosto quella con lo spazio commerciale, specie da parte di

coloro che hanno del quartiere una memoria storica del cambiamento o che vivono personalmente il disagio

prodotto da certe barriere economiche o generazionali.

Gli abitanti, che pur riconoscono la forte identità della zona e, quasi all’unanimità, la apprezzano, ne denunciano

però le carenze nella capacità di rispondere a bisogni basilari, come nel caso della mancanza di spazi di libera e

comoda sosta.

La natura specifica della zona, legata alla moda, al design e alla vita notturna, non viene disconosciuta dagli

intervistati ma posta in relazione come dimensione rilevante con altre espressioni di una realtà sociale più

articolata, in cui ad esempio si dovrebbe mantenere il valore della creatività ma non a discapito di priorità quali

accoglienza, pulizia o sicurezza.

Lo spazio pubblico non viene quindi semplicemente individuato come spazio aperto al pubblico ma come spazio

gratuito, in cui si possono mescolare con pari diritti usi e comportamenti differenti.

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FOTOGRAFA IL QUARTIERE

Definire lo spazio pubblico#1 (i partecipanti)

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Fin da questa prima analisi, pare prevalere una sorta di definizione “ibrida”, in cui la sfera privata può essere

coltivata come tale nello spazio pubblico, non sempre strettamente associato alla natura pubblica della proprietà, e

di cui non prevale una nozione identificata solo con una vocazione funzionale o di servizio: uno spazio pubblico “in

bianco” da disegnare – per l’appunto - a misura delle esigenze e dei desideri degli abitanti, spesso diversi da quelli

che lo sguardo esterno identifica come prioritari.

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Definire lo spazio pubblico#1 (i partecipanti)

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“Tutti gli spazi sono pubblici, li rendi privati perché metti un’etichetta”

Adel

“Lo spazio pubblico io d’istinto lo collego al servizio pubblico ma forse, a pensarci meglio, direi che è una zona che può essere di tutti, non perché non c’è la polizia che ti dice di non andare, ma perché più o meno è accessibile a tutti”.

Luca

“Uno spazio è pubblico quando la gente ci si ferma piacevolmente, per stare in compagnia”

Luisa

“Lo spazio pubblico qui per me è l’oratorio e basta. Non c’è niente altro”

Mario

“Uno spazio pubblico è uno spazio accessibile a tutti, anche il negozio potrebbe esserlo”

Amira

“Lo spazio pubblico per me è all’aperto, perché così non ci sono limiti e tutti possono entrare... forse qui manca, perché ovunque è richiesta la tessera o la consumazione”

Ari

“Penso che uno spazio pubblico per essere tale deve essere accogliente, deve fare sentire la gente a proprio agio sia per le caratteristiche ambientali che per chi li frequenta, disponibile all’accoglienza e alla tolleranza”

Beatrice

“Secondo me, uno spazio è pubblico quando riesci a starci senza avere uno scopo preciso: lo spazio in cui godi dello spazio in sé”

Chiara

“Uno spazio è pubblico quando ti puoi sedere, non per terra, senza pagare: è quello che paghi con le tasse”

Daniela

“Uno spazio è pubblico quando puoi starci tranquillamente, quando il luogo in sé ti fa sentire che sei libero di stare lì”

Giorgia

“Uno spazio è pubblico quando non ha barriere di accesso e c’è un motivo per cui andarci. Può generarsi pubblico, cioè diventarlo perché viene utilizzato come tale, oppure lo è, in senso più politico, perché ha una funzione di servizi al cittadino”

Giovanni

“Uno spazio è pubblico quando ognuno è libero di starci. Secondo me, tutto lo spazio è pubblico, di privato c’è veramente pochissimo: la mia casa è privata ma è anche pubblica, perché io sono contento se la gente entra”

Giuseppe

“Uno spazio è pubblico se tutti possono accedere senza problemi … anche senza pagare: il parco ma anche le strade”

Massimiliano

“Io intendo lo spazio pubblico come lo spazio dove ’tu puoi’, nel senso che non devi essere vestito in un certo modo, puoi ascoltare la tua musica, è all’aperto: nel suo essere circoscritto è molto libero”

Odeya

“Per noi lo spazio pubblico è lo spazio dove c’è tanta gente e dove ci possono stare tutti.”

Simone e gli amici

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L’installazione di Sociolab al Public Design Festival (13 – 18 aprile 2010)

Le “storie per immagini” raccontate dagli abitanti-fotografi del quartiere sono state

presentate al Festival con 15 grandi pannelli illustrati (fig. 8), uno per ogni partecipante,

che attraverso una breve presentazione dell’autore, le sue fotografie e i suoi racconti hanno

mostrato come ognuno degli abitanti - fotografi che hanno partecipato alla ricerca vede e

fa vedere il quartiere.

Al centro dei pannelli è stata messa in evidenza la frase

usata dai partecipanti per rispondere alla domanda

“quando uno spazio è veramente pubblico?” e la mappa

da loro disegnata, al cui interno sono stati evidenziati e

visualizzati alcuni tra gli scatti più rappresentativi, i percorsi

abituali, gli spazi percepiti come pubblici e i luoghi sentiti

come propri.

L’installazione è stata collocata proprio sotto il

ponte della ferrovia, luogo centrale per il

passaggio nei giorni del Festival come nella

quotidianità di quasi tutti i partecipanti alla

ricerca, come evidenziato dalle mappe e nelle interviste.Fig. 8

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L’installazione di Sociolab al Public Design Festival (13 – 18 aprile 2010)

Nelle ultime due giornate del Festival, sabato 17 e domenica 18 aprile, le

ricercatrici di Sociolab hanno animato l’installazione di “Fotografa il quartiere”

invitando i visitatori a prendere parte attivamente alla ricerca.

Oltre a raccontare l’esperienza condotta e a illustrare i pannelli, abbiamo chiesto

ai visitatori di rispondere alla domanda “Quando uno spazio è veramente

pubblico?”. Le definizioni raccolte (67) sono state elaborate attraverso il software

di analisi del testo wordle.com che ha permesso di elaborare graficamente i testi

inseriti, generando una “nuvole di parole” in cui hanno maggior risalto i termini

che ricorrono più frequentemente nelle definizioni (fig. 9).

Domenica pomeriggio, sono state poi organizzate tre passeggiate di quartiere, guidate dagli

stessi abitanti-fotografi che hanno condotto i visitatori del Festival alla scoperta del quartiere e

della sua storia attraverso i propri percorsi quotidiani e i propri luoghi.

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Definire lo spazio pubblico #2 (i visitatori del festival)

Fig. 9

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FOTOGRAFA IL QUARTIERE

Le passeggiate di quartiere

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A conclusione del lavoro, abbiamo infatti organizzato tre passeggiate di quartiere per coinvolgere i visitatori del Festival

nel progetto e dare vita a un momento di restituzione della ricerca che vedesse i partecipanti protagonisti in prima

persona.

Le passeggiate sono state infatti guidate da tre degli abitanti - fotografi, selezionati secondo un criterio che permettesse

di scegliere persone con relazioni diverse con la zona (residente a pieno di lungo periodo, neo-residente, lavoratrice),

così come con differenti abitudini di vita e modalità di fruizione e che avessero offerto interpretazioni originali e

complementari del proprio lavoro fotografico (memoria storica e ricordi personali, immaginazione e natura, descrizione

e spunti urbanistici).

Si è trattato di tre percorsi, complementari rispetto alla “copertura” della zona oggetto della ricerca, costruiti e illustrati

durante il cammino dalle “guide” stesse sulla base dei loro scatti, degli spunti emersi nel corso dell’intervista, della

mappa disegnata e di ogni integrazione ritenessero opportuna.

Visita il quartiere con…

… Daniela

Daniela ha condotto la sua passeggiata di quartiere all’insegna di una romantica

nostalgia per una zona che in soli dieci anni è molto cambiata, rivendicando la necessità

di recuperare il senso e il desiderio dello spazio pubblico, oltre la cura del privato, oltre

la crescente paura del diverso e del cambiamento. Ha accompagnato i visitatori alla

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Le passeggiate di quartiere

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ricerca dei particolari rubati alla natura con i suoi scatti nella zona tra il piazzale di Porta Genova, via Savona e parco

Solari, invitandoli a “prendersi tempo” e a riscoprire il piacere della presenza di spazi di aggregazione.

… Giovanni

Giovanni ha guidato i visitatori tra l’Alzaia Naviglio grande, la Darsena e viale Coni

Zugna con la curiosità di chi nel quartiere risiede da un tempo relativamente breve e

ne è per questo ancora alla scoperta ma anche con l’attenzione professionale di chi

lavora sui temi dell’urbanistica. Ha evidenziato sia la capacità del quartiere di mutare

aspetto e popolazione nelle diverse ore del giorno e le criticità in termini di traffico e

carovita che si legano a una certa “immagine” della zona, sia il ruolo giocato da certi

elementi fisici e architettonici e dai mezzi pubblici nel definirne i confini.

… Beatrice

Beatrice, da esperta insegnante, ha accompagnato la sua attenta “classe” di visitatori

nel suo percorso biografico di quartiere tra via Vigevano e il Naviglio, scegliendo

come tappe scuole, abitazioni, locali, negozi, laboratori artigianali: una memoria

storica vivace e attenta di una zona in cui spesso l’antico si mescola al “tipico

ricostruito”. Ha illustrato dettagli, fornito spiegazioni storiche, raccontato aneddoti,

riferito piccoli “gossip” di un “quartiere-paese all’interno della città” e ha poi fatto scoprire la realtà dell’oratorio:

impegno quotidiano per la creazione di uno spazio pubblico “contraddistinto dalla tolleranza”.

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Lo sviluppo del lavoro e le prospettive di ricerca

Prevediamo di sviluppare la ricerca tramite un lavoro di analisi del contenuto delle mappe e delle interviste, di elaborare un rapporto e di diffonderlo tramite il nostro sito e quello di esterni.

Riteniamo interessante la possibilità di mantenere in progres il lavoro, utilizzando strumenti web di consultazione e visualizzazione diretta, per rendere autonomo il progetto e continuare al tempo stesso a raccogliere informazioni al riguardo; così come prevederne la replicabilità in altri contesti urbani in chiave comparata.

La ricerca si offre innanzitutto come strumento di empowerment per i cittadini, per acquisire consapevolezza dell’esistenza e delle diverse visioni-funzioni dello spazio pubblico tramite la partecipazione e il confronto.

Inoltre, “Fotografa il quartiere” potrebbe, a nostro avviso, essere inserito nei processi decisionali, sia per attivare nel dialogo tra amministratori e professionisti del settore urbanistico la consapevolezza della presenza di un significato condiviso di spazio pubblico da parte degli abitanti ma anche per rilevarne le ragioni di diverse interpretazioni e considerare le soluzioni proposte in fase di valutazione di interventi di riqualificazione o di progettazione urbana.

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Sociolab ringrazia…

Sociolab ringrazia per la collaborazione e il supporto grafico nella realizzazione dell’installazione esterni; per la disponibilità e l’impegno i partecipanti alla ricerca: Adel, Amira, Ari, Beatrice, Chiara, Daniela, Giorgia, Giovanni, Giuseppe, Luca, Luisa, Mario, Massimiliano, Odeya, Simone e i suoi amici, tutti quanti hanno contribuito a coinvolgerli e Nicola per l’assistenza fotografica.

Sociolab è un centro di ricerca e consulenza in ambito politico sociale che sviluppa e realizza progetti di ricerca, di partecipazione e di comunicazione con particolare attenzione alla specificità dei contesti locali (www.sociolab.it).