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FONDI STRUTTURALI 2014-2020 E FONDO EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI STRATEGICI Strategie concrete per la preparazione di progetti di successo www.FASI.biz Ottobre 2016 Con il supporto della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea Focus Magazine

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FONDI STRUTTURALI 2014-2020 E FONDO EUROPEO PER GLI

INVESTIMENTI STRATEGICI

Strategie concrete per la preparazione di progetti di successo

www.FASI.biz Ottobre 2016

Con il supporto della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea

Focus Magazine

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Indice

03. Piano Juncker: primi risultati del FEIS

06. Fondi europei – moltiplicare le risorse con gli strumenti finanziari

09. Partenariato Pubblico-Privato: istruzioni per l’uso

13. Strumenti finanziari: fondi Ue per l'innovazione delle imprese

16. Fondi europei - finanziamenti FESR a sostegno degli investimenti

19. Buone pratiche nell'uso dei finanziamenti FESR

> Rigenerazione urbana: Modena best practice per il Politecnico di Milano

> Ambiente ed Energia: un edificio “green” in Val di Non

> Cultura e Turismo: Venaria Reale, il più imponente progetto di ristrutturazione di un bene culturale

> Trasporti: il Sistema Terminalistico Integrato di Padova

> Innovazione, PMI e startup

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iano Juncker: primi risultati del FEIS

Un plafond in grado di mobilitare 315 miliardi di euro. Arrivato, nel giro di un anno, a raddoppiare il suo orizzonte, sia in termini di tempo che di risultati economici. Sono questi gli elementi cardine del Fondo europeo per gli investimenti strategici, il pilastro delle politiche per lo sviluppo della Commissione Juncker. E che in Italia ha già dato risultati importanti: i progetti finanziati fino ad oggi valgono 1,8 miliardi di euro, con picchi come le operazioni del gruppo Arvedi e di Trenitalia. Anche se resta un grande

nodo da sciogliere: come questo denaro si integrerà con gli altri programmi europei già disponibili.

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), in dettaglio, costituisce il nucleo del piano di investimenti per l'Europa, che rappresenta il vero pilastro dei programmi per la crescita della commissione Juncker. Il fondo mira, nella sostanza, a utilizzare finanziamenti pubblici, compresi finanziamenti già inseriti nel bilancio dell'Ue, per mobilitare investimenti privati. Il FEIS è un'entità distinta e trasparente, inserita in un conto separato, gestito dalla Banca europea per gli investimenti. È stato istituito da un regolamento, a luglio del 2015, insieme al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei.

I suoi obiettivi, secondo quanto spiega la Commissione europea nei suoi documenti ufficiali, sono due: fornire alle operazioni di investimento della BEI una capacità di rischio rafforzata e far fronte alle carenze del mercato e alle situazioni in cui l'attività di investimento è eccessivamente ridotta. In termini quantitativi, l’idea di Bruxelles è di contribuire a generare all'incirca 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi in tre anni, sfruttando l’effetto leva garantito dal fondo.

L’effetto moltiplicatore

Questi numeri fanno riferimento a un effetto moltiplicatore che, nel tempo, è diventato noto. Il Fondo, infatti, vale 21 miliardi di euro in totale, ma potrà innescare una leva di 1 a 15, generando così i circa 315 miliardi di euro in nuovi investimenti previsti. Questo, nella pratica, significa che il Fondo consente alla Banca europea per gli investimenti di prendere in prestito all'incirca tre volte tale importo, cioè circa 63 miliardi, per investimenti e per il finanziamento di progetti.

I 63 miliardi che saranno a disposizione per gli investimenti, poi, dovrebbero a loro volta attirare investimenti da parte di investitori privati, per un valore complessivo previsto di circa 315 miliardi. La stima di questo effetto moltiplicatore si basa sull'esperienza acquisita in passato dalla BEI e dalla Commissione europea grazie a progetti analoghi.

Due livelli di governance

Dal punto di vista operativo, la governance del Fondo europeo per gli investimenti strategici è strutturata in due livelli: un comitato direttivo e un comitato per gli investimenti. L'amministratore delegato è responsabile della gestione quotidiana del FEIS e presiede le riunioni del comitato per gli investimenti. Il comitato direttivo, invece, è composto da quattro membri: tre nominati dalla Commissione europea e uno dalla BEI. Questo ha, soprattutto, il compito di individuare qual è il profilo di rischio che il Fondo deve

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Jean-Claude Juncker -Photo Credit: European Commission

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tenere. Dal punto di vista pratico, il comitato per gli investimenti esamina i progetti e decide quali di essi possono ricorrere alla garanzia Ue. E’ composto da otto esperti del mercato indipendenti e dall’amministratore delegato. “Gli esperti – spiegano da Bruxelles - sono nominati dal comitato direttivo a seguito di una procedura di selezione aperta e trasparente, per un periodo massimo di tre anni rinnovabile una volta”.

La riserva per le Pmi

Un pezzo importante del fondo è riservato alle piccole e medie imprese. I progetti, infatti, devono riguardare lo sviluppo di infrastrutture, la ricerca e l’innovazione, la sanità, l’Ict e il settore energetico. Circa un quarto del fondo, però, va dedicato a progetti a sostegno delle piccole e medie imprese (PMI) e delle imprese a media capitalizzazione, considerando impresa a media capitalizzazione una società con un massimo di 3mila dipendenti.

Per essere ammissibili, i progetti devono essere economicamente e tecnicamente fattibili, sostenere gli obiettivi dell'Ue, avere un potenziale effetto leva su altre fonti di finanziamento, essere progetti non

attuabili attraverso altri strumenti esistenti. A monte, non sono previste limitazioni territoriali o settoriali.

Durata e fondi raddoppiati

Infine, per completare il quadro del funzionamento del fondo, bisogna fare un cenno alla questione della durata. Dato il successo riscosso nel primo anno di attività, la Commissione ha già deciso di allungare la vita del plafond, raddoppiandolo sia in termini di estensione che di capacità finanziaria. Nella sostanza, allora, arriverà a breve una proposta legislativa che porterà una proroga in grado di offrire in totale 630 miliardi di euro

di investimenti entro il 2022. Gli Stati membri, ovviamente, dovranno potenziare i loro contributi in maniera proporzionale.

Oltre alla proroga, la proposta prevede di apportare vari miglioramenti tecnici al FEIS e al polo europeo di consulenza sugli investimenti alla luce degli insegnamenti tratti nel primo anno di attuazione. Uno degli elementi fondamentali del nuovo pacchetto è l'ulteriore rafforzamento del concetto di “addizionalità”: dovranno essere scelti progetti che, senza i finanziamenti del FEIS, non sarebbero stati realizzati nello stesso momento e nella stessa misura.

I risultati in Italia

Passiamo ora ai risultati. Il primo anno di attività del FEIS ha portato complessivamente a mobilitare investimenti per un totale di 138,3 miliardi di euro in 27 Stati membri, a sostegno di circa 200mila piccole e medie imprese. In Italia, considerando soltanto il periodo fino al luglio 2016, sono stati licenziati 13 progetti per infrastrutture ma, soprattutto, 30 accordi quadro a beneficio delle Pmi.

I casi Arvedi e Trenitalia

I 13 progetti hanno ottenuto un finanziamento di 1,8 miliardi di euro e dovrebbero mobilitare risorse per 5,7 miliardi, creando circa 3.800 posti di lavoro. Tra questi spicca l’ammodernamento degli impianti siderurgici del gruppo Arvedi, che ha recuperato risorse per 100 milioni di euro. E l’acquisizione di un finanziamento da parte di Trenitalia, nel quadro di un progetto da 617 milioni di euro per il rinnovo del materiale ferroviario. In ballo ci sono anche operazioni sul trasporto autostradale, sulla sicurezza

Photo Credit: European Commission

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ambientale e sui materiali innovativi. La parte relativa alla Pmi, invece, dovrebbe portare a circa 8 miliardi di investimenti.

L’advisory hub

Dal punto di vista operativo, assumono un ruolo strategico alcuni strumenti messi a disposizione dalla Commissione. Come l’advisory hub voluto dalla Commissione. L’idea di Bruxelles è che un pacchetto così eterogeneo di strumenti a sostegno delle imprese vada puntellato con un meccanismo di supporto informativo. In sostanza, soprattutto le Pmi hanno bisogno di uno sportello al quale rivolgersi per orientarsi tra le opportunità che l’Ue oggi gli offre, a valle del nuovo piano di investimenti e del fondo FEIS.

La piattaforma, allora, “offre un punto di accesso unico sull’offerta a 360 gradi di assistenza e servizi tecnici di supporto”. E si compone di tre pilastri. Il primo è dedicato all’assistenza, fornita da esperti di alto livello, che hanno il compito di fornire consigli a investitori, sia privati che pubblici. Il secondo è dedicato alla cooperazione: i soggetti che accedono alla piattaforma potranno condividere tra di loro informazioni e progetti. Il terzo è dedicato alle nuove necessità delle imprese: nel caso in cui siano individuati dei nuovi settori ai quali rivolgersi, l’offerta dell’hub sarà ampliata.

Il Portale dei progetti di investimento

Un’operazione in qualche modo complementare a questa è il Portale dei progetti di investimento europei (PPIE). Si tratta di una piattaforma che intende rendere più visibili le opportunità di investimento esistenti nell’Ue, offrendo un punto di accesso centralizzato di promozione dei progetti europei, attraverso un formato armonizzato e strutturato.

I problemi operativi

Non tutto, comunque, finora è stato positivo. Resta, soprattutto, da migliorare l’integrazione tra il FEIS e i fondi strutturali di investimento europei, nelle loro diverse forme. L'idea è che queste risorse possano essere complementari. Nonostante ci siano grande possibilità di integrazione, però, non tutte le autorità locali e regionali degli Stati membri ne sono al corrente.

I fondi SIE possono infatti essere utilizzati per migliorare le condizioni di accesso al credito delle imprese, per l'aggiornamento delle competenze dei lavoratori, per progetti infrastrutturali, e in generale per costruire quella serie di condizioni necessarie a fare del contesto europeo un ambiente favorevole all'innovazione e agli investimenti. Le sinergie tra i diversi strumenti finanziari rispondono anche alle raccomandazioni per una maggiore concentrazione delle risorse Ue, in modo da accrescere l'efficacia della spesa comunitaria. Un punto sul quale bisognerà lavorare in futuro.

LINK E APPROFONDIMENTI

Piano Juncker

EFSI

European Investment Advisory Hub

Portale dei progetti di investimento europei (PPIE)

ESIF and EFSI complementarities: Ensuring coordination, synergies and complementarity

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ondi europei - moltiplicare le risorse con gli Strumenti finanziari

Il quadro normativo 2014-2020 incoraggia il ricorso agli strumenti finanziari per potenziare l'impatto dei fondi europei.

Secondo la Commissione europea, e non solo, rappresentano uno dei canali più promettenti per aumentare impatto ed efficacia dei fondi europei. Nella pratica, però, le potenzialità degli strumenti finanziari non vengono ancora sfruttate, a danno del sistema economico che potrebbe beneficiare di maggiori finanziamenti pubblici e privati. Complici regole burocratiche da semplificare, ma anche la cattiva abitudine di creare strumenti sovradimensionati rispetto alle esigenze del mercato per parcheggiare risorse a rischio disimpegno.

I vantaggi degli strumenti finanziari

Prestiti, garanzie, investimenti azionari e quasi azionari. Sono alcune delle forme in cui possono darsi gli strumenti finanziari, sempre più raccomandati per potenziare l'impatto dei fondi europei rispetto alle tradizionali sovvenzioni in un contesto di rigore di bilancio e di risorse limitate.

Gli strumenti finanziari possono infatti conferire ai fondi un effetto moltiplicatore, mobilitando ulteriori risorse, pubbliche e private, a integrazione dei finanziamenti iniziali. In più, grazie al carattere rotativo della dotazione di capitale assegnata, le risorse gestite mediante strumenti finanziari possono essere utilizzate più volte. E, almeno in linea teorica, il fatto che i prestiti vadano rimborsati e le garanzie svincolate può determinare un migliore impiego dei fondi da parte dei beneficiari finali.

I fondi strutturali possono finanziare tre tipologie di strumenti finanziari, quelli istituiti a livello Ue, a gestione diretta oppure indiretta, quelli istituiti a livello nazionale, regionale, transnazionale o transfrontaliero e i fondi che si occupano unicamente di erogare prestiti o prestare garanzie.

Nel primo caso, i contributi che un Programma operativo riserva agli strumenti finanziari, che siano gestiti dalla Commissione, dalla BEI o dal FEI, vengono limitati agli investimenti del fondo nelle Regioni e nelle azioni previste da quel PO. Nel secondo caso le Autorità di gestione possono destinare parte delle risorse dei PO a strumenti nuovi o già esistenti o a strumenti standardizzati (off-the-shelf) strutturati dalla Commissione e pronti all'uso. Nell'ultima opzione, le Autorità di gestione possono attuare direttamente dei fondi e ottenere i rimborsi in base ai prestiti erogati o alle garanzie impegnate.

I settori di intervento possono spaziare dal sostegno alla ricerca e all'innovazione agli investimenti infrastrutturali, mentre la gestione viene generalmente affidata a intermediari finanziari selezionati che operano per conto dell’Autorità di gestione. Per ottenere supporto le Autorità di gestione possono fare riferimento alla piattaforma fi-compass che fornisce servizi di advisory sugli strumenti finanziari a valere sui fondi strutturali e di investimento europei e sul microcredito nell'ambito del Programma per l'occupazione e l'inclusione sociale (EaSI).

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Photo Credit: FuFuWolf

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Nel contesto del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020, i pagamenti attesi a favore dei beneficiari di strumenti finanziari a gestione indiretta, principalmente sotto la responsabilità della Banca europea degli investimenti e composti da prestiti, strumenti azionari, garanzie e meccanismi di condivisione del rischio, sono quasi raddoppiati rispetto al QFP 2007-2013, passando da 3,8 miliardi a 7,4 miliardi di euro.

La vera sfida, però, riguarda gli strumenti a gestione concorrente, quelli attuati in collaborazione con gli Stati membri. Dalla loro introduzione nel periodo di programmazione 1994-1999 l'utilizzo degli strumenti finanziari a valere sui fondi strutturali è cresciuto, soprattutto nell'ambito del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), ma a fine 2014 risultavano inutilizzati circa 6,8 miliardi di euro, con cinque Stati membri responsabili dell'80% dei fondi non spesi e l'Italia maglia nera, responsabile da sola del 45% del totale dei fondi non utilizzati (3 miliardi di euro). Una situazione, quella dell'Italia, comunque migliorata un anno dopo, con il totale versato ai destinatari salito di circa 1,2 miliardi a fine 2015.

Le lezioni della programmazione 2007-2013

Nel periodo 2007-2013 tutti gli Stati membri, ad eccezione di Croazia, Irlanda e Lussemburgo, si sono avvalsi degli strumenti finanziari per generare maggiore impatto a valere sulle risorse Ue. In totale sono stati creati 972 strumenti finanziari nel quadro del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e 53 strumenti a titolo del Fondo sociale europeo (FSE). A fine 2014 le risorse versate in questi strumenti come contributi dei Programmi operativi FESR e FSE ammontavano a circa 16 miliardi di euro, in netto aumento rispetto alla programmazione 2000-2006 (circa 1,3 miliardi di euro) e al periodo 1994-1999 (0,6 miliardi di euro).

L'impegno di risorse non è però garanzia di efficacia. In base a un'indagine che la Corte dei conti europea ha condotto su tutti i 1025 strumenti finanziari istituiti, uno dei principali problemi che hanno limitato l’efficienza di questi meccanismi di esecuzione del bilancio Ue nel periodo di programmazione 2007-2013 è stato il sovradimensionamento di fondi che poi hanno rivelato un esborso effettivo molto

limitato.

Nella sua relazione sull'esecuzione del bilancio dell'Unione nell'esercizio finanziario 2015, la Corte spiega che a fine 2014 in media era stato usato circa il 57% della dotazione di capitale complessiva versata dai Programmi Operativi (PO) agli strumenti finanziari e risultavano inutilizzati circa 6,8 miliardi di euro.

L'80 per cento delle risorse non spese si dovevano a cinque Paesi Ue, con l’Italia responsabile da sola del 45% del totale dei fondi non utilizzati (3 miliardi di euro), seguita da Spagna e Grecia (entrambe con fondi inutilizzati per 0,9 miliardi di euro, il

13% del totale), Regno Unito (0,5 miliardi di euro, il 7%) e Germania (0,3 miliardi di euro, il 4%), mentre agli altri Stati membri si doveva complessivamente il 18% residuo (1,2 miliardi di euro).

Nel dettaglio, su 4 miliardi e 538 milioni di contributi impegnati dai PO, di cui 4 miliardi e 460 milioni effettivamente assegnati agli strumenti finanziari, l'Italia aveva versato ai destinatari finali solo un miliardo e 427 milioni di euro, cioè il 32% dell'importo assegnato e il 31% dell'importo versato. La situazione è migliorata alla fine del 2015: a distanza di un anno, infatti, su impegni per 4 miliardi e 997 milioni, di cui 4 miliardi e 939,7 milioni effettivamente assegnati agli strumenti finanziari, la somma versata dall'Italia ai destinatari finali ha raggiunto quota 2 miliardi e 605 milioni di euro.

Secondo la Corte, a contribuire alle sovracapitalizzazioni iniziali è stato l’intento degli Stati membri di evitare i disimpegni, anche perché la base giuridica per il periodo di programmazione 2007-2013

Photo Credit: European Parliament

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consentiva agli Stati membri, mediante il ricorso a strumenti finanziari, di assorbire a monte il contributo dell’Ue ai PO del FESR e del FSE.

L'esigenza di evitare il rischio disimpegno non rappresenta però l'unica ragione della scarsa efficienza degli strumenti finanziari. Nella programmazione 2007-2013, infatti, la valutazione delle esigenze di mercato non era obbligatoria. Un tema che non è sfuggito all'attenzione di Bruxelles nel ciclo 2014-2020.

Gli strumenti finanziari nel ciclo 2014-2020

Il quadro politico e giuridico dei fondi europei 2014-2020 incoraggia l'utilizzo degli strumenti finanziari attraverso diverse novità.

Innanzitutto, nella nuova programmazione gli strumenti finanziari possono essere impiegati anche per il Fondo di coesione (FC), oltre che per il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE).

In più, la Commissione ha previsto maggiore flessibilità per gli Stati membri e le Regioni, che possono utilizzare gli strumenti finanziari in relazione a tutti gli obiettivi tematici previsti dai Programmi operativi (PO) e a tutti i fondi, anche in sinergia con le tradizionali sovvenzioni.

In base al Regolamento n. 1303 del 2013, che contiene le disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei, i destinatari finali di un sostegno fornito mediante uno strumento finanziario a valere su fondi SIE possono anche ricevere assistenza a titolo di un'altra priorità o un altro Programma o da un altro strumento finanziato dal bilancio dell'Unione, purché si rispettino le norme dell'Unione in materia di aiuti di Stato e si mantengano registrazioni separate per ciascuna fonte di assistenza.

Inoltre, le norme per il ciclo 2014-2020 permettono di continuare a utilizzare gli strumenti finanziari nel periodo di programmazione successivo, anziché dover procedere alla loro liquidazione e sostituzione con nuovi strumenti. Ciò consente di risparmiare tempo e denaro, dal momento che gli strumenti finanziari sono pronti e operativi all’inizio del periodo di programmazione e la dotazione dello strumento può essere accresciuta sulla base della valutazione ex ante delle necessità.

Sempre in tema di flessibilità, per attrarre maggiori capitali privati, le Autorità di gestione possono valutare la possibilità di riutilizzare parte delle risorse rimborsate nel corso del periodo di ammissibilità per fornire una remunerazione preferenziale degli investitori privati o degli investitori pubblici operanti secondo il principio dell'economia di mercato. Una novità guardata con favore anche dalla Corte dei conti europea, che però raccomanda alla Commissione di fornire orientamenti agli Stati membri circa il modo migliore di usare il trattamento preferenziale per attrarre maggiori capitali privati, senza assegnare un rischio eccessivo ai finanziatori pubblici che contribuiscono alla dotazione degli strumenti.

Infine, problemi come i rischi di mancata corrispondenza con le esigenze di mercato vengono significativamente ridotti attraverso la progettazione in base a una valutazione ex ante, che deve tenere conto dei fallimenti del mercato, dell'esigenza di investimenti pubblici, del valore aggiunto del ricorso a determinate tipologie di strumenti finanziari e delle lezioni tratte dall'impiego di strumenti analoghi. Anche in questo caso si tratta di un'innovazione considerata da molti necessaria, anche se il Gruppo ad alto livello sulla semplificazione per facilitare l'accesso delle imprese ai fondi SIE, guardando al quadro post 2020, ha già raccomandato alcune modifiche.

Photo Credit: Janitors

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Secondo gli esperti, in generale, la predisposizione degli strumenti finanziari rallenta troppo l'operato delle Autorità di gestione, che si trovano alle prese con regole adatte per alcuni strumenti ma poco aderenti alle caratteristiche di altri.

Soprattutto, però, serve maggiore proporzionalità tra gli strumenti finanziari di grandi dimensioni e i piccoli fondi, così come tra normali sovvenzioni e strumenti finanziari. Le regole per la costituzione di strumenti finanziari di piccole dimensioni dovrebbero essere semplificate, ad esempio riducendo la documentazione richiesta, in modo da incoraggiare le Autorità di gestione con minore esperienza a farvi ricorso. E per i beneficiari finali l'accesso agli strumenti finanziari dovrebbe essere più semplice che ricevere una normale sovvenzione, soprattutto nel caso delle Pmi.

artenariato Pubblico-Privato:

istruzioni per l’uso Integrare risorse pubbliche e private nella realizzazione di opere e servizi. E’ questo, in estrema sintesi, il partenariato pubblico privato.

Se la definizione dello strumento è semplice, sono molte le riforme che, negli ultimi anni, hanno cambiato i connotati del partenariato pubblico privato: il Dlgs n. 50 del 2016, il nuovo Codice appalti, è solo l’ultimo esempio di un cantiere ormai aperto da tempo. E non sono da sottovalutare neppure gli accorgimenti tecnici che, a livello europeo, hanno rivisto il perimetro nel quale gli operatori possono muoversi. L’ultimo esempio è costituito dalla guida Eurostat per la costruzione dei contratti, che punta ad evitare errori di classificazione molto consueti. Ma va anche ricordata la matrice dei rischi dell’Anac, una tabella che permette di individuare in maniera semplice quali rischi vanno attribuiti alla Pa e quali alle imprese. Senza contare il fronte della programmazione finanziaria europea, altrettanto strategico.

In generale, il PPP è un contratto tra un'amministrazione pubblica e un'impresa a cui viene concesso di realizzare un'opera o un servizio a fronte del pagamento di un canone o dell'incasso di tariffe. Ne esistono quattro tipologie principali: concessione di costruzione e gestione, concessione di servizi, sponsorizzazione, locazione finanziaria. A queste si aggiungono anche partenariati dedicati alla realizzazione di opere di urbanizzazione e insediamenti turistici, nonché alla concessione di beni immobili per la loro valorizzazione a fini economici.

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LINK E APPROFONDIMENTI

L’esecuzione del bilancio UE tramite gli strumenti finanziari: insegnamenti utili del periodo di programmazione 2007-2013

Relazione annuale della Corte dei Conti europea sull’esecuzione del bilancio per l’esercizio finanziario 2015

Rapporto Gruppo Alto livello sulla semplificazione degli strumenti finanziari

Summary of data on the progress made in financing and implementing financial engineering instruments

Fi-Compass

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Le novità del Codice appalti

Per valutare in pieno il suo potenziale e strutturare un contratto efficace, nel sistema italiano, bisogna soprattutto analizzare le norme del Codice, andato in vigore lo scorso aprile. Il pezzo principale della riforma riguarda il rischio di costruzione e gestione dell’opera. Questo, in base alle nuove direttive, va completamente trasferito ai privati. Secondo il Codice questo rischio andrà trasferito “nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione”. Quindi, le variazioni su costi e ricavi dovranno “incidere significativamente sul valore attuale netto dell'insieme degli investimenti”.

Le indicazioni dell’Anac

Sui rischi bisogna ricordare che le linee guida dell’Anac hanno di recente richiesto l’introduzione di una matrice dei rischi. Si tratta di una tabella che evidenzia tutti i rischi legati all’esecuzione di un contratto, indicando quante probabilità ci sono che un evento si verifichi e come quel rischio deve essere ripartito tra pubblica amministrazione e soggetto privato. In sostanza, si tratta del documento chiave “sia per prevenire il contenzioso che per evitare un'allocazione solo formale dei rischi al privato, che i rischi connessi alla costruzione e gestione dell'opera o del servizio oggetto del contratto di PPP siano chiaramente identificati, valutati e posti in capo al soggetto più in grado di farsene carico, fermo restando che l'operatore economico ne dovrà sopportare la maggioranza”.

Altro punto importantissimo riguarda la differenza, introdotta dal Codice, tra concessione e PPP in senso stretto. La prima ha per oggetto opere con rischio mercato, mentre per il PPP in senso stretto c’è una prevalenza dell’utilizzo del canone. Anche se, in alcuni passaggi delle norme, questa differenza è solo accennata. Il Dlgs 50/2016 parla anche del contributo pubblico. E’ stato, infatti, introdotto un tetto massimo del 30%, non presente nel vecchio ordinamento. Un limite che metterebbe a rischio molte opere oggi finanziate. E va considerato, in sede di costruzione dei contratti, anche una norma sui closing molto rigida. L’accordo con le banche deve arrivare entro 12 mesi dal contratto di concessione. Non c’è, poi, più il diritto del concessionario ad ottenere modifiche del piano economico finanziario in caso di cambiamenti chiesti dalla Pa o di modifiche normative intervenute in corsa.

Le regole sull’in-house

Andrà, poi, considerata la norma sull’in-house. I concessionari, infatti, “sono obbligati ad affidare una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150mila euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità”. Questa norma, che entrerà in vigore dopo due anni dall’entrata in vigore del Codice, fissa un limite molto vincolante all’utilizzo di società controllate dalle concessionarie per lo svolgimento dei contratti.

Raffaele Cantone - Photo Credit: MIUR

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Il ruolo delle pubbliche amministrazioni

Nella fase di sottoscrizione dei contratti, comunque, pesa in maniera decisiva anche l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Queste, infatti, dovrebbero assumere un ruolo di promotore che non sono sempre in grado di svolgere. Le grandi stazioni appaltanti non devono rinunciare ad avvalersi della

propria capacità progettuale e di programmazione del territorio per affidarsi passivamente alla promozione privata. Del resto, la promozione privata può e deve essere usata in modo intelligente, senza anticipare le scelte programmatiche e procedurali delle amministrazioni aggiudicatici, cui deve rimanere la regia dell’iniziativa.

In questo ambito occorre allora ricordare che fra le criticità maggiori del mercato italiano rientra il fatto che i piani strategici territoriali siano stati spesso ridotti alla programmazione di opere non aderenti a una logica di sistema locale di sviluppo e che non siano supportati da un’analisi finanziaria seria ed efficace. Questa

condizione rende necessario un processo di rinnovamento istituzionale, in grado di declinare funzioni, competenze e programmi, e che vada di pari passo con il rilancio sistematico di un partenariato pubblico privato capace di intercettare un’efficace pianificazione dello sviluppo territoriale.

La guida Eurostat sulla classificazione dei PPP

Dal punto di vista tecnico, poi, un riferimento importante è costituito dalla guida realizzata da Eurostat (l'istituto statistico della Commissione europea) e dal Centro europeo di consulenza per i partenariati pubblico privato (Epec) della Bei. La decisione del settore pubblico di appaltare i lavori mediante PPP, infatti, viene spesso influenzata da considerazioni circa il loro trattamento statistico. Questo impatta in maniera forte sul disavanzo pubblico e sul debito pubblico e rappresenta, quindi, un momento molto delicato. La fase di inquadramento statistico, allora, può creare difficoltà e comportare ritardi nelle varie fasi di preparazione e attuazione dei progetti di investimento.

Nel merito la guida non modifica le norme applicate da Eurostat per classificare i PPP, ma analizza le caratteristiche più comuni dei contratti che vengono utilizzati di solito e ne chiarisce il potenziale impatto sulle finanze pubbliche. Grazie a questo strumento, gli Stati membri e le altre parti interessate potranno comprendere meglio l'impatto delle caratteristiche dei contratti di PPP sui bilanci delle amministrazioni pubbliche, prendendo decisioni più consapevoli in fase di definizione delle clausole.

Le strutture di assistenza tecnica come il Polo europeo di consulenza sugli investimenti istituito dalla Bei e dalla Commissione faranno ricorso alla guida per fornire assistenza in risposta a qualunque richiesta. Facendone - spiega Bruxelles - “uno strumento utile a fornire chiare informazioni ai promotori pubblici e privati nel contesto del piano di investimenti e a rimuovere gli ostacoli che si ritiene si frappongano agli investimenti”.

Photo Credit: @Romaapiedi

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Concretamente, la guida è strutturata in quattro capitoli. Nel primo vengono spiegati ai tecnici i dettagli necessari a comprendere in linea generale il trattamento statistico del partenariato pubblico privato. Qui viene data una spiegazione di massima dello sviluppo delle regole in materia. Nel secondo capitolo si passa alla distinzione tra i PPP e altre tipologie di accordi a lungo termine utilizzati da soggetti pubblici per il finanziamento di infrastrutture. Solo nel primo caso si applicano le regole statistiche di Eurostat.

Il terzo capitolo è l’elemento chiave della guida. Qui viene spiegato nel dettaglio come vanno inquadrati i partenariati dal punto di vista statistico. Nello specifico vengono, allora, analizzati sedici contratti tipici e vengono sottolineati tutti quegli elementi che hanno un influenza sull’inquadramento statistico del partenariato. Addirittura, ogni intervento possibile viene classificato a seconda del livello di impatto che può avere sui conti pubblici dei Paesi. Infine, c’è il capitolo quattro che sintetizza le conclusioni raggiunte da quelli precedenti.

Il PPP e la programmazione europea

Bisogna ricordare, infine, che il PPP riveste una grande importanza nella programmazione dei fondi europei 2014-2020, che attraverso la nuova regolamentazione propone uno sviluppo locale di tipo partecipativo con il coinvolgimento degli stakeholder che rappresentano degli interessi socio-economici del territorio.

La Commissione europea, nel corso degli ultimi mesi, ha lanciato messaggi molto chiari che individuano nei PPP la strategia vincente per lo sviluppo. Del resto, anche i programmi a gestione diretta della stessa Commissione, come Horizon 2020, prevedono linee specifiche di aiuto a forme di partenariato pubblico privato nell’ambito del pilastro “Industrial leadership”. Nella sinergia tra Commissione europea, Stati membri e settore privato sta il segreto per l’ottimizzazione di risultati altrimenti difficili da raggiungere. In tale ambito si muove anche la Project bond iniziative, lanciata nel 2012 da Commissione europea e BEI per attrarre, attraverso il mercato dei capitali, finanziamenti privati addizionali per grandi progetti infrastrutturali. Il rilancio del partenariato pubblico privato associato alla tecnica del Project financing può, in sostanza, costituire un’efficace strategia per uscire dalla crisi socio-economica che da anni imperversa nell’eurozona.

LINK E APPROFONDIMENTI

Codice appalti (Dlgs 50/2016)

Il partenariato Pubblico – Privato: normativa, implementazione metodologica e buone prassi nel mercato italiano

Guida al Partenariato Pubblico Privato – PPP

Guida allo studio di fattibilità nei Partenariati Pubblico Privati – PPP

A Guide to the Statistical Treatment of PPPs

Photo Credit: kenteegardin

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trumenti finanziari: fondi Ue per l'innovazione delle imprese

Il Regolamento (Ue) 1303/2013 contempla la possibilità di utilizzare fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) per sostenere la creazione e/o il mantenimento di

strumenti finanziari nell'ambito di un determinato programma operativo. Ciò a condizione che, prima dell'erogazione di tali fondi da parte dell'Autorità di gestione, la Commissione europea abbia approvato la valutazione ex ante comprovante l'effettiva necessità di procedere in tal senso.

Nel caso specifico dei POR FESR 2014-2020, le Regioni del Sud hanno previsto, tra le altre finalità, l'utilizzo di strumenti finanziari anche per promuovere interventi in ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione (Asse I) e per il sostegno alla competitività delle imprese (Asse III).

Strumenti finanziari per le start up: cosa prevedono i POR FESR delle Regioni del Sud

Qualora gli strumenti finanziari sostengano il finanziamento delle imprese, come nel caso dell'Asse III, tale sostegno – si legge sul Regolamento (Ue) 1303/2013 - è finalizzato alla creazione di start up, alla messa a disposizione di capitale nella fase iniziale, vale a dire capitale di costituzione e capitale di avviamento, di capitale di espansione, di capitale per il rafforzamento delle attività generali di un'impresa o per la realizzazione di nuovi progetti, la penetrazione di nuovi mercati o nuovi sviluppi da parte di imprese esistenti, fatte salve le norme dell'Unione applicabili in materia di aiuti di Stato e conformemente alle norme specifiche di ciascun fondo.

Per quanto riguarda la prospettiva di ricorrere a strumenti di ingegneria finanziaria nell'ambito dell'Asse III dei POR FESR, tra le Regioni meno sviluppate solamente la Basilicata si limita a dire che l'uso programmato di tali strumenti verrà attuato “in coerenza on l’art. 37 del Regolamento 1303/2013, sulla base di valutazioni ex-ante”. Le altre Regioni del Mezzogiorno danno, invece, già nei testi dei programmi operativi, elementi più specifici sugli interventi che intendono avviare.

La Regione Calabria spiega, ad esempio, che, in continuità con gli strumenti già avviati nella programmazione 2007-2013, tutte le azioni rientranti nell'Asse III “verranno sostenute attraverso il rafforzamento del Fondo regionale di ingegneria finanziaria, l’istituzione di strumenti ad hoc per la concessione di garanzie, prestiti e altre forme concedibili con gli strumenti finanziari, gestiti con il supporto di Confidi regionali vigilati e/o la compartecipazione a Fondi gestiti da Intermediari finanziari specializzati, anche per quanto riguarda gli strumenti di equity”. Gli strumenti, si legge ancora nel POR FESR della Calabria, saranno orientati prevalentemente a “garantire l’accessibilità delle risorse finanziarie alle micro e piccole imprese, che trovano maggiori difficoltà nel ricorrere al credito”. Per le PMI non afferenti alle aree di innovazione della Smart Specialization Strategy, infine, è previsto solamente un supporto orizzontale e generico attraverso gli strumenti di ingegneria finanziaria.

Nell'ambito dell'analogo Asse, la Regione Campania spiega, invece che il ricorso a “specifici strumenti di ingegneria finanziaria” sarà effettuato “anche sulla scorta di esperienze già attivate”, come il Fondo microcredito piccoli comuni campani PICO.

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La Regione Puglia, poi, a sostegno delle azioni comprese nell'Asse III prevede due iniziative. La prima iniziativa riguarda la creazione di uno strumento di ingegneria finanziaria finalizzato a mettere a disposizione delle PMI pugliesi garanzie per sostenere l’accesso al credito bancario valorizzando le esperienze positive già condotte relativamente alla valorizzazione del ruolo dei Confidi regionali. Il secondo intervento prevede, invece, la creazione di un fondo finanziario destinato a sostenere la partecipazione diretta di operatori finanziari specializzati, all’interno del capitale delle imprese con l’obiettivo di sostenere sia la creazione di nuove imprese, sia il consolidamento e lo sviluppo delle attività imprenditoriali operative.

Sempre a sostegno della competitività del sistema produttivo regionale (Asse III del POR FESR 2014-2020), la Regione Sicilia, infine, spiega che, anche alla luce del fatto che “le difficoltà nell’ottenere finanziamenti dal sistema bancario e la crisi di liquidità sono spesso i principali fattori che inducono molti imprenditori a cadere nella trappola della criminalità”, è prevista la possibilità di attivare “strumenti finanziari basati sull’offerta di capitale di rischio o di prestiti per le start up”. Inoltre, nell’ambito dello stesso Asse, l'Amministrazione intende promuovere “l’uso di specifici strumenti finanziari che saranno adoperati per conseguire l’obiettivo di favorire la crescita dimensionale delle imprese e la loro patrimonializzazione”. L’Autorità di gestione, si legge ancora nel POR, “valuterà inoltre l’opportunità di contribuire agli strumenti finanziari congiunti di garanzia illimitata e cartolarizzazione a favore delle PMI, applicati dalla BEI, aderendo ad esempio all’Iniziativa PMI”.

Il caso della Sardegna: Fondo di capitale di rischio per le imprese

Un caso italiano di strumento finanziario già attivato a sostegno delle imprese innovative, è il Fondo di Capitale di Rischio per le start up, gestito da SFIRS S.p.A nell'ambito del POR FESR 2014-2020 della Regione Autonoma Sardegna.

Con uno stanziamento di 10 milioni di euro, il Fondo sostiene l’avvio e il primo sviluppo di start up innovative con un valido progetto di sviluppo e prospettive di crescita sia dimensionale che reddituale.

Lo strumento, operativo dal 27 aprile 2016, agisce attraverso co-investimenti in operazioni di equity selezionate da investitori privati indipendenti inseriti in un apposito elenco. La partecipazione diretta dell’investitore privato e del Fondo, acquisita mediante sottoscrizione di aumento di capitale, non può superare complessivamente il 49% del capitale sociale dell’impresa beneficiaria, per un importo minimo di 150mila euro e massimo di un milione di euro, ed è temporanea, poiché deve essere smobilizzata dopo un massimo di 5 anni dalla data dell'assunzione.

Le imprese beneficiarie sono le piccole e medie start up innovative iscritte nell’apposita sezione del registro delle imprese, che al momento del versamento delle risorse per l’acquisizione della partecipazione abbiano sede operativa in Sardegna e che necessitino di investimenti di seed capital e start-up capital.

Il caso di InnovFin: prodotti finanziari per imprese innovative europee

Un altro caso di sostegno alle imprese innovative tramite strumenti di ingegneria finanziaria, stavolta gestito direttamente dalla Commissione europea insieme al Gruppo Banca europea per gli investimenti (BEI e FEI), è InnovFin.

Photo Credit: NASA's Marshall Space Flight Center

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Lanciato a giugno 2014 nell’ambito del Programma Ue per la ricerca Horizon 2020, alla luce dell'esperienza positiva del Meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi (Risk Sharing Finance Facility, RSFF) sviluppato durante il Settimo programma quadro (7PQ), InnovFin prevede una serie di strumenti finanziari e servizi di consulenza volti ad agevolare l'accesso ai finanziamenti da parte delle aziende innovative europee di tutte le dimensioni.

Attraverso i prodotti finanziari InnovFin Commissione, BEI e FEI intendono mettere

a disposizione di imprese e promotori di progetti per infrastrutture di ricerca oltre 24 miliardi di euro da investire in R&I (ricerca e innovazione), nell'ottica di mobilitare finanziamenti per 48 miliardi di euro.

Sono 5 gli strumenti finanziari targati InnovFin:

1. prodotto InnovFin per grandi progetti, che offre prestiti compresi tra 25 milioni e 300 milioni di euro per progetti di R&I avviati da grandi imprese, università e istituti di ricerca pubblici, infrastrutture di R&I, partenariati pubblico-privato, o società veicolo;

2. prodotto InnovFin per la crescita delle midcap, che offre prestiti privilegiati, subordinati e mezzanini di un valore compreso tra 7,5 milioni e 25 milioni di euro alle midcap di maggiori dimensioni (fino a 3mila dipendenti), ma anche a PMI e a piccole midcap;

3. prodotto InnovFin di garanzia per le midcap, che offre garanzie e controgaranzie sul finanziamento con capitale di debito fino a 50 milioni di euro per migliorare l'accesso al credito per le midcap innovative (fino a 3mila dipendenti) che non rientrano nel prodotto InnovFin di garanzia per le PMI;

4. prodotto InnovFin di garanzia per le PMI, che fornisce garanzie e controgaranzie sul finanziamento con capitale di debito compreso tra 25mila euro e 7,5 milioni di euro, al fine di migliorare l'accesso al credito per le piccole e medie imprese innovative e per le midcap di piccole dimensioni (fino a 499 dipendenti);

5. prodotto InnovFin per i servizi di consulenza, che punta a migliorare l'attrattiva finanziaria e la disponibilità a investire in grandi progetti che richiedono ingenti investimenti a lungo termine.

LINK E APPROFONDIMENTI

Regolamento (Ue) 1303/2013

Programmi Operativi Regionali

Fondo Microcredito Piccoli Comuni Campani – PICO

SFIRS – Fondo di Capitale di Rischio

InnovFin – EU Finance for innovators

Photo Credit: ESA

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ondi europei - finanziamenti FESR a sostegno degli investimenti

Rigenerazione urbana, ambiente ed energia, trasporti, cultura e turismo nei POR FESR delle Regioni italiane del Sud.

Tramite il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) 2014-2020 la Commissione Ue intende pro-seguire il suo impegno nel promuovere la coesione economica e sociale dell'Unione correggendo gli squi-libri fra le Regioni europee.

Nelle Regioni italiane, e in particolare in quelle meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), i POR FESR svolgono un ruolo centrale nel perseguimento degli obiettivi previsti dalla strate-gia Europa 2020, finanziando investimenti in ambiti che spaziano dalla rigenerazione urbana alla tutela ambientale e in diversi settori, dall'energia ai trasporti, fino alla cultura e al turismo.

Rigenerazione urbana

La rigenerazione urbana interessa diversi campi dei POR FESR delle Regioni meno sviluppate, dall’ICT all’energia, passando per l’inclusione sociale.

Per quanto riguarda le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ad esempio, in Basili-cata, Calabria e Campania sono previste azioni volte a promuovere la digitalizzazione e soluzioni inte-grate per le smart cities and communities.

Tutte le cinque Regioni promuovono inoltre interventi a sostegno dell'uso delle fonti rinnovabili nelle in-frastrutture pubbliche e nel settore dell'edilizia abitativa, insieme ad azioni volte a ridurre i consumi di energia primaria e ad interventi specifici per l’illuminazione pubblica.

La rigenerazione urbana interessa anche il campo dell’inclusione sociale, con interventi di potenziamento del patrimonio pubblico esistente e di recupero di alloggi di proprietà pubblica volti ad incrementare la disponibilità di alloggi sociali e servizi abitativi per categorie fragili. Non mancano, infine, azioni per il riuso e la rifunzionalizzazione dei beni confiscati alle mafie, soprattutto in Campania e Sicilia.

Case study: Emilia Romagna, riqualificazione energetica degli edifici pubblici

Per avere un’idea del tipo di interventi che si possono attivare nel campo della rigenerazione urbana, si prende ad esempio il bando per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici e dell'edilizia residen-ziale pubblica, finanziato dal POR FESR dell’Emilia Romagna, Asse 4, priorità d’investimento c), Azione 4.1.1 e Azione 4.1.2.

Il bando, con un budget di 28 milioni di euro, intende sostenere gli enti pubblici affinché vengano conse-guiti obiettivi di risparmio energetico, valorizzazione delle fonti rinnovabili, riduzione delle emissioni di gas serra, con particolare riferimento allo sviluppo di misure di miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici pubblici e nell’edilizia residenziale pubblica.

Possono accedere ai contributi Comuni, Province, città metropolitane, Unioni di Comuni, soggetti pub-blici, amministrazioni pubbliche e società a capitale interamente detenuto, direttamente o tramite so-cietà aventi le medesime caratteristiche, da Comuni e Unioni di Comuni.

I progetti sono finanziati sotto forma di contributo in conto capitale. La percentuale di contribuzione massima non può superare il 30% e l'importo non essere superiore a 300mila euro, IVA esclusa per ogni domanda.

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Il primo sportello per la presentazione delle domande si è chiuso il 5 agosto scorso. Il secondo sportello apre alle ore 10 del 15 novembre 2016, con chiusura alle ore 17 del 28 febbraio 2017.

Ambiente ed Energia

La promozione dell’efficienza energetica e l’uso delle fonti rinnovabili sono alcune delle priorità d’investimento che Basili-cata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia hanno inserito nei rispettivi POR FESR con riferimento al tema ‘ambiente ed energia’. Tali priorità sono state declinate in varie azioni, che prevedono la realizzazione di reti intelligenti di distribuzione dell’energia (smart grids) e l’installazione di sistemi di produzione di energia da fonte rinnovabile.

In Campania e in Puglia è prevista anche l’introduzione di incentivi finalizzati alla ri-duzione dei consumi energetici e delle emissioni di gas delle imprese e delle aree produttive. Nel POR FESR della Sicilia, invece, è presente un intervento specifico per la realizzazione di impianti di trattamento, sistemi di stoccaggio, piattaforme logistiche e reti per la raccolta da filiera corta delle biomasse.

Case study: Piemonte, incentivi per energia solare

Con riferimento alla promozione delle fonti rinnovabili un valido esempio è il bando per l’incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonte solare su discariche esaurite ed in fase di gestione post-ope-rativa, a valere sul POR FESR 2007-2013 del Piemonte (Asse II, Misura 3, Attività II. 1.1).

Il bando, chiuso a gennaio 2015 e coordinato da Finpiemonte Spa, ha messo a disposizione 10 milioni di euro per investimenti destinati ad avviare o potenziare la produzione di energia elettrica da fonte solare utilizzando le superfici dei siti adibiti a discarica esaurita ed in fase di gestione post-operativa.

Enti locali, imprese e consorzi, in qualità di proprietari o titolari di altro diritto reale o di godimento ri-spetto all’area oggetto dell'intervento, hanno avuto accesso a finanziamenti agevolati a copertura del 100% dei costi ammissibili, integrati da contributi in conto capitale.

Cultura e Turismo

Nei POR FESR di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia il tema ‘cultura e turismo’ riguarda so-prattutto interventi volti a conservare, promuovere e sviluppare il patrimonio naturale e culturale.

Nelle cinque Regioni, infatti, sono previste apposite azioni per sostenere la diffusione della conoscenza e la fruizione del patrimonio naturale e culturale, con un occhio di riguardo per le destinazioni turistiche, attraverso la creazione di servizi innovativi e l’utilizzo di tecnologie avanzate.

Presente anche il tema dell’e-culture, con interventi destinati a valorizzare il patrimonio culturale grazie all’applicazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Case study: Toscana, Fondo di garanzia turismo e commercio

Si incontrano esempi di sostegno alla filiera culturale e alla valorizzazione del patrimonio culturale anche nei POR FESR della scorsa programmazione, come nel caso della Toscana, dove è stato rinnovato per

Photo Credit: Caveman Chuck Coker

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ben due volte il bando relativo al Fondo di garanzia turismo e commercio, in attuazione della linea di intervento 1. 4 b 3) del POR FESR 2007-2013.

Gestito dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese Toscana Muove, il Fondo ha for-nito garanzie dirette sui finanziamenti concessi a fronte di due tipologie di pro-grammi di investimento delle imprese: svi-luppo aziendale e acquisizione di attivi di uno stabilimento, se connessi all’attua-zione di un piano di crescita dell’attività dell’impresa.

Il primo bando, aperto a gennaio 2015, si è concluso il 30 settembre 2015. Il secondo bando, invece, si è avviato il 1° ottobre 2015 e concluso il 30 giugno 2016.

Micro, piccole e medie imprese attive nei settori del turismo e del commercio hanno avuto accesso a garanzie non superiori all'80% dell'importo di ciascun finanziamento, fino a un massimo garantito di 1,2 milioni di euro per singola impresa e di 1,8 mi-lioni di euro per gruppi di imprese.

Trasporti

Il tema ‘trasporti’ interessa diverse priorità d’investimento nelle Regioni meno sviluppate, che spaziano dal miglioramento della mobilità regionale, compresi inodi multimodali, al potenziamento delle infra-strutture e attrezzature portuali e interportuali.

In Basilicata e Calabria, ad esempio, è prevista un’azione per la realizzazione di infrastrutture e nodi di interscambio finalizzati all’incremento della mobilità collettiva, mentre in Sicilia è presente un’azione per lo sviluppo delle infrastrutture a basso impatto ambientale.

Per il trasporto ferroviario sono previsti vari interventi destinati sia potenziare i servizi di trasporto pub-blico regionale ed interregionale su tratte ad alta frequentazione, che a completare le infrastrutture stra-tegiche relative agli archi e ai nodi della rete centrale europea, con particolare attenzione alle 4 direttrici prioritarie che attraversano l’Italia, individuate dallo schema Ue TEN-T.

Case study: Lombardia, interventi per il trasporto ferroviario

A titolo di esempio per il tema trasporti, si ricorda che nel quadro del POR FESR 2007-2013 la Lombardia ha stanziato 127 milioni di euro per i bandi relativi a 4 linee di intervento dell’Asse 3 Mobilità Sostenibile:

linea d'intervento 3.1.1.1 - Accessibilità e integrazione urbana delle stazioni per lo sviluppo del trasporto ferroviario e dell'intermodalità passeggeri (45 milioni di euro);

linea d'intervento 3.1.1.2 - Interventi integrati per la riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla mobilità urbana ed interurbana (7 milioni di euro);

linea d'intervento 3.1.2.1 - Interventi infrastrutturali per lo sviluppo dell'intermodalità merci (40 milioni di euro);

linea d'intervento 3.1.2.2 - Potenziamento delle reti stradali secondarie, mediante il migliora-mento del collegamento con le reti di trasporto primarie - TEN-T (35 milioni di euro).

Photo credit: Moyan_Brenn

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Lo stanziamento più consistente è stato assegnato al bando relativo alla linea d'intervento 3.1.1.1, desti-nato ad enti locali, Rete Ferroviaria Italiana Spa e FerrovieNord Spa per la realizzazione di nuove fermate, stazioni del servizio ferroviario regionale e aree di interscambio (aree di sosta, parcheggi, fermate TPL) e per la riqualificazione di quelle esistenti.

Nell'ambito del bando sono stati assegnati contributi fino al 50% del costo totale ammissibile, per un massimo di 5 milioni di euro a progetto.

uone pratiche nell'uso dei finanziamenti FESR

Dal restauro de La Venaria Reale a una piattaforma che riunisce pubblico, privato e consumatori per promuovere la crescita economica sostenibile. Una rassegna di best practices nell'utilizzo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2007-2013 e 2014-2020.

Rigenerazione urbana: Modena best practice per il Politecnico di Milano

Ad indicare la città emiliana come una delle migliori realtà nazionali cui ispirarsi in merito alla gestione dei finanziamenti dell'Unione europea è l’Osservatorio eGovernment della School of management del Politecnico di Milano.

Tra gli esempi più recenti di utilizzo da parte del Comune di Modena delle risorse del FESR 2014-2020 figura il progetto di riqualificazione dell’edificio ex Aem, un tempo luogo destinato alla produzione di energia elettrica per l’alimentazione della rete tranviaria, destinato a trasformarsi in uno spazio pubblico per l’innovazione. L'intervento - che si inquadra in un più ampio progetto di rigenerazione dell’area dell’ex azienda municipalizzata Amcm, che sarà convertita per realizzare il Parco della Creatività, destinato ad ospitare spazi culturali, impianti sportivi e servizi - riguarda una superficie di 1.400 metri quadrati: previsti uno spazio di co-working, sale riunioni, ambienti Labspace e una sala conferenze. Sorgeranno tutti attorno a una galleria centrale, pensata come luogo di incontro e contaminazione.

Il primo stralcio dell’intervento, per un costo di 2 milioni e 400 mila euro, è finanziato per un milione e 800mila euro con il contributo del POR FESR e per 600mila euro dal Comune. Il Laboratorio sarà inaugurato entro la fine del prossimo anno e sarà operativo almeno fino al 2025.

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LINK E APPROFONDIMENTI

Basilicata - Programma Operativo Regionale - POR FESR 2014-2020

Calabria - Programma Operativo Regionale - POR FESR-FSE 2014-2020

Campania - Programma Operativo Regionale - POR FESR 2014-2020

Puglia - Programma Operativo Regionale - POR FESR e FSE 2014-2020

Sicilia - Programma Operativo Regionale - POR FESR 2014-2020

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Ambiente ed Energia: un edificio “green” in Val di Non

Premiato nel 2012 con la certificazione oro del LEED, il progetto “Un edificio high-tech e verde come punto di ritrovo per la comunità del paese di Dambel” rappresenta uno spazio ecocompatibile per la comunità in Provincia di Trento. Benché il Comune di Dambel conti poco più di 400 abitanti, si stima che circa 7mila persone l’anno usufruiranno della struttura.

L’edificio è attualmente sede del municipio (la cui sala principale è utilizzata per gli incontri organizzati dal Comune ed eventi pubblici), ospita l’ambulatorio, un asilo nido e spazi adibiti a magazzini. I telai principali dell’edificio rinnovato, aperto al pubblico a luglio 2012, sono stati realizzati utilizzando legname locale, e sul tetto è stato installato un sistema che consente di raccogliere l’acqua piovana, utilizzata per soddisfare il fabbisogno idrico della struttura e per irrigare i giardini circostanti. L’edificio è inoltre dotato di un avanzato sistema di domotica che permette di collegare gli impianti di illuminazione, riscaldamento e ventilazione a fonti rinnovabili e di avere un controllo centralizzato per massimizzare l’efficienza energetica della struttura.

L’investimento complessivo per il progetto ammonta a 2.983.009 euro, con un contributo del POR Competitività e occupazione FESR 2007-2013 della Provincia Autonoma di Trento superiore ai 624mila euro. Le risorse restanti, più di 2 milioni di euro, sono state messe a disposizione da Governo, Regione e Comune.

Cultura e Turismo: Venaria Reale, il più imponente progetto di ristrutturazione di un bene culturale

Un progetto che ha fatto rivivere lo splendore barocco della Reggia di Venaria, la residenza reale commissionata dal Duca Carlo Emanuele II di Savoia a metà del XVII secolo. Pur essendo dichiarato patrimonio dell’UNESCO, il palazzo era caduto in rovina a causa di secoli di incurie. Il completamento del restauro della Reggia e dei Giardini ha richiesto diversi anni e un investimento finanziario di oltre 200 milioni di euro. Nella sola programmazione del POR FESR 2007-2013 sono stati stanziati 18 milioni di euro a valere sull'Asse III Riqualificazione territoriale e 2 milioni e mezzo a valere sull'Asse II Sostenibilità ed efficienza energetica. Il recupero del complesso rappresenta il più imponente progetto europeo di restauro e valorizzazione di un bene culturale, che ha trasformato un “rudere” nella prima destinazione turistica del Piemonte.

La Reggia si propone come centro di produzione e luogo di svago culturale: non un museo, ma una “reggia per i contemporanei” in cui quasi ogni giorno si alternano concerti, spettacoli, esibizioni, attività culturali e di divertimento che coinvolgono ogni tipo di pubblico in uno spazio strepitoso che sembra amplificarsi con sorprese e rimandi continui.

Trasporti: il Sistema Terminalistico Integrato di Padova

Con 5 milioni e mezzo di euro provenienti dal FESR sono stati realizzati gli 81.500 metri quadrati che completano il Nuovo Grande Terminal di Interporto di Padova (un terzo dell’area preesistente) divenuto un punto di riferimento di livello europeo per lo scambio intermodale, in grado di rispondere alle esigenze di un territorio a vocazione industriale fortemente orientato all’export come il Veneto.

Un importante snodo per il trasporto e la distribuzione delle merci, la cui ricaduta è non solo di occupazione e filiera, ma soprattutto di servizio a beneficio delle imprese venete, all’insegna di una

Photo credit: GioBert

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mobilità sostenibile anche sul piano economico. Basti considerare che i circa 14 treni che settimanalmente arrivano o partono per il porto di Trieste spostano su rotaia l’equivalente di circa 560 camion. Il finanziamento FESR ha permesso di portare a compimento i binari raccordandoli al Fascio Base che conduce alla stazione merci potenziando di un terzo la capacità intermodale dell’Interporto.

Innovazione, PMI e startup

Oltre 39 milioni di euro investiti, di cui 22.178.564 dal FESR Puglia 2007-2013. Sono i numeri del progetto Apulian ICT Living Labs, che riunisce i soggetti interessati dei settori pubblico e privato e i consumatori per promuovere la crescita economica sostenibile.

Il progetto si propone di introdurre un sistema innovativo che consenta alle imprese locali di rispondere alle esigenze del settore pubblico attraverso l’innovazione tecnologica. Living Lab intende creare una comunità ad alta intensità di conoscenza con l'intento di ridurre il tempo che intercorre tra la nascita di un’idea innovativa e il relativo lancio sul mercato. Attraverso la promozione della raccolta di esigenze specifiche della collettività e l’organizzazione di una risposta tecnologica in un database online dedicato - il Catalogo dei Fabbisogni -, i principali soggetti interessati della Regione Puglia (autorità pubbliche, organizzazioni del terzo settore, associazioni di cittadini e consumatori...) hanno potuto pubblicare liberamente le proprie esigenze.

E' stato così realizzato una sorta di “censimento” dei potenziali utenti finali delle future prove delle applicazioni, che sono stati raccolti in un altro database online, il Catalogo Partner Living Labs. Al 2015 il Catalogo dei Fabbisogni ha raccolto più di 400 esigenze e il Catalogo Partner oltre 200 diversi enti. Sono state presentate complessivamente 79 proposte Living Lab da 202 PMI (25 PMI individuali e 56 network di imprese).

LINK E APPROFONDIMENTI

Emilia-Romagna: presentato il progetto Laboratorio aperto di Modena

Un edificio «verde» pluripremiato fornisce nuovi stimoli a una comunità montana

La Venaria Reale: il progetto di restauro

Regione Veneto: progetti realizzati

LivingLabs

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