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520 FONDAZIONE E RIUSO DEI LUOGHI FORTI NELLA TRANSGIORDANIA CROCIATA LA MESSA A PUNTO DI UN SISTEMA TERRITORIALE DI CONTROLLO DELLA VALLE DI PETRA di GUIDO VANNINI, MICHELE NUCCIOTTI 1. ARCHEOLOGIA DI UNA SOCIETÀ FEUDALE D’OLTREMARE (GV) La missione archeologica italiana dell’Università di Fi- renze – nel quadro di un programma condotto dall’Insegna- mento di Archeologia Medievale del Dipartimento di Sto- ria su aree campione e che si propone di contribuire allo studio della società feudale mediterranea nei suoi aspetti strutturali, dalle modalità di insediamento sul territorio alla ricostruzione dei “generi di vita” – è impegnata dal 1986 in un progetto di indagini stratigrafiche teso ad analizzare con- notati e forme dell’incastellamento crociato nei territori corrispondenti alla Signoria di Transgiordania nel secolo XII, anche in rapporto con il modello insediativo Ayyubide. L’indagine si propone di documentare i “caratteri origi- nari” materiali della prima fase di occupazione crociata della Terrasanta, dove questi sono meglio conservati e stratigrafi- camente leggibili: la Signoria di Transgiordania. L’intero si- stema di fortificazioni della zona – messo in opera in un tem- po incredibilmente breve (entro il primo ventennio del sec. XII) – e tutta la regione, infatti, vennero completamente e definitivamente abbandonati dai Crociati all’indomani del- la battaglia di Hattin (1187) – dove l’esercito del Regno La- tino di Gerusalemme fu sconfitto da Salah al-Din – che oltre- tutto, salvo specifiche eccezioni e che si configurano esplici- tamente come tali, non furono più rioccupate. La missione ha basato la conduzione della ricerca sull’uso strategico del- l’“archeologia leggera”, che prevede sperimentalmente l’im- piego integrato su base informatica delle procedure proprie dell’“archeologia del paesaggio” e “del costruito” (VANNINI, NICCOLUCCI et al. 2000). Lo scopo è offrire un contributo ori- ginale alla storia della Transgiordania fondato sulla docu- mentazione materiale, come chiave di lettura per una rico- struzione storica dei caratteri, dei tempi e delle dinamiche del popolamento della regione in relazione ai profondi muta- menti introdotti dagli Europei nei secoli XII e XIII. Il programma delle indagini, sulla base dagli stessi risul- tati raggiunti in itinere, ha progressivamente spostato il rag- gio d’azione proprio della prima fase, condotta tramite rico- gnizioni preliminari a largo raggio e rilevamenti topografici ed archeologici di superficie fra la Siria ed il golfo di Aqaba allo scopo di valutare tempi, scelte operative e motivazioni dell’insediamento occidentale nel territorio dell’Oultre Jourdan e di scegliere uno dei grandi siti fortificati della re- gione – Shawbak e Kerak su tutti, si riteneva sulla base di quanto noto in letteratura – come “osservatorio stratigrafico” dell’intera regione. Quindi, con la sorprendente identifica- zione del rinnovato, seppure effimero, ruolo centrale di Petra nell’assetto territoriale della Transgiordania, dopo un’eclissi di quasi mezzo millennio, è venuto emergendo un vero, arti- colato sistema classico d’incastellamento feudale dell’intera valle, con i castelli od i punti forti di al-Habis, Jabal Atuff, al- Wu‘ayra, al-Bayda, al-Shawbak. Un ruolo, quello rivestito nel sec. XII, che la valle di Petra perderà nuovamente con l’abbandono crociato dell’intera valle del Giordano, alla fine del secolo; tuttavia la regione transgiordana non tornerà alla collocazione periferica in cui si trovava all’arrivo degli euro- pei, acquisendo un’identità ben rappresentata dalla continui- tà di funzione sia amministrativa che militare, mantenuta dagli ayyubidi e non più perduta, ai due centri egemoni di Shawbak e della stessa antica città di Karak con il suo grande castello, il Crac de Moab. In tale quadro il sito di Wu’ayra (la Li Vaux Moises del- le fonti franche) – noto da tempo semplicemente per la pre- senza di un piccolo castello crociato (SAVIGNAC 1903) – si è dimostrato una delle aree archeologiche più interessanti e peculiari, che permette già di collocare il castello crociato al centro di un complesso sistema di sorveglianza e prote- zione degli accessi principali a Petra; una collocazione che, come già indica una serie di evidenze documentarie acqui- site, ne ha reso importante l’occupazione fino dall’età prenabatea. L’analisi archeologica, la lettura topografica della valle di Petra medievale hanno perciò delineato una vera, insospettata facies crociata nell’area. La dimensione ed il ruolo territoriale degli insediamenti indagati nell’area di Petra ne collocano funzioni e la stessa ragione d’essere – fino dalla loro costituzione da parte direttamente (e quasi sempre addirittura personalmente) della corona del Regno latino di Gerusalemme – al centro dell’intera terra di Trans- giordania, sia dal punto di vista strategico e di direzione territoriale che, con qualche aggiustamento intervenuto nel secondo terzo del secolo XII, politico. La stessa fondazione regia del Crac de Montreal (Shawbak), successiva di un paio di lustri e sostanzialmen- te contestuale, risulta acquisire un preciso significato stra- tegico-territoriale come parte integrante del sistema ester- no di raccordo fra la base logistico-militare acquisita nel primo decennio del secolo nella valle di Petra, appunto, ed il sistema stradale regionale di decisiva importanza strate- gica riferibile all’asse stradale Nord-Sud (la biblica “Strada dei Re”, fra Siria ed Egitto) nei pressi delle principali dira- mazioni delle piste dirette verso l’Hijiaz e l’interno della penisola arabica (KENNEDY 1994). In secondo luogo, in stretta connessione con l’assetto dell’organizzazione territoriale accennata, si staglia il carat- tere di organizzazione a sistema fortemente integrato del com- plesso degli insediamenti scelti dagli occidentali – e succes- sivamente abbandonati nuovamente dagli ayyubidi, sostan- zialmente senza eccezioni – nella regione e nella stessa valle di Petra; un carattere la cui intenzionalità progettuale è an- ch’essa emersa con chiarezza nel corso delle analisi di ar- cheologia del paesaggio da noi condotte nell’area petrana. Il controllo del fondo- valle e dei suoi sistemi di accesso risulta così il reale obbiettivo dello stesso stabilirsi dei crociati in un’area abbandonata da secoli dall’insediamento stabile. Innanzitutto il castello di Li Vaux Moises (Wu’ayra), il punto principale di appoggio dell’insediamento occidentale a Petra ed il sito forte che garantiva il controllo degli accessi principali all’interno della valle. Immediatamente esterno a questa, le indagini stratigrafiche profonde ne hanno già indi- cato la funzione storica fondamentale per ogni presenza inte- ressata al suo controllo. Al momento si presentano centrali, nella sequenza stratigrafica del sito, almeno tre distinte fasi insediative lungo il “secolo breve” crociato, fra le comples- sive 11 individuate. Le scelte insediative tengono quindi conto di esperienze pregresse, utilizzando ancora una volta la favo- revole morfologia del sito di al-Wu’ayra a scopo difensivo, ad esempio sbarrando e costipando gli wadi nord e sud, già sfruttati in età nabatea, per costituire terrazzamenti, dando luogo ad una notevole e complessa organizzazione planime- trica, che la ricerca ha permesso di documentare nei dettagli. Il sistema fortificato castellano si compone di un doppia li- nea di difesa di cui la più esterna sfrutta le pareti degli wadi circostanti dove sorgevano ben 14 torri quadrangolari a pro- tezione delle aree aperte nord, est e sud. All’interno di questo sistema, il cassero – nucleo centrale dell’impianto e nel qua- le si è identificata e scavata la chiesa fortificata – sorge in posizione eccentrica verso est, presso la linea di difesa ester- na e significativamente in corrispondenza dell’unico, monu- mentale accesso all’intero insediamento. Caratteri diversi, in qualche modo complementari, presenta il castello di al-Habis – per il quale è stata fin qui condotta,

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FONDAZIONE E RIUSO DEI LUOGHI FORTINELLA TRANSGIORDANIA CROCIATA

LA MESSA A PUNTO DI UN SISTEMATERRITORIALE DI CONTROLLO

DELLA VALLE DI PETRA

diGUIDO VANNINI, MICHELE NUCCIOTTI

1. ARCHEOLOGIA DI UNA SOCIETÀ FEUDALED’OLTREMARE (GV)

La missione archeologica italiana dell’Università di Fi-renze – nel quadro di un programma condotto dall’Insegna-mento di Archeologia Medievale del Dipartimento di Sto-ria su aree campione e che si propone di contribuire allostudio della società feudale mediterranea nei suoi aspettistrutturali, dalle modalità di insediamento sul territorio allaricostruzione dei “generi di vita” – è impegnata dal 1986 inun progetto di indagini stratigrafiche teso ad analizzare con-notati e forme dell’incastellamento crociato nei territoricorrispondenti alla Signoria di Transgiordania nelsecolo XII, anche in rapporto con il modello insediativoAyyubide.

L’indagine si propone di documentare i “caratteri origi-nari” materiali della prima fase di occupazione crociata dellaTerrasanta, dove questi sono meglio conservati e stratigrafi-camente leggibili: la Signoria di Transgiordania. L’intero si-stema di fortificazioni della zona – messo in opera in un tem-po incredibilmente breve (entro il primo ventennio delsec. XII) – e tutta la regione, infatti, vennero completamentee definitivamente abbandonati dai Crociati all’indomani del-la battaglia di Hattin (1187) – dove l’esercito del Regno La-tino di Gerusalemme fu sconfitto da Salah al-Din – che oltre-tutto, salvo specifiche eccezioni e che si configurano esplici-tamente come tali, non furono più rioccupate. La missioneha basato la conduzione della ricerca sull’uso strategico del-l’“archeologia leggera”, che prevede sperimentalmente l’im-piego integrato su base informatica delle procedure propriedell’“archeologia del paesaggio” e “del costruito” (VANNINI,NICCOLUCCI et al. 2000). Lo scopo è offrire un contributo ori-ginale alla storia della Transgiordania fondato sulla docu-mentazione materiale, come chiave di lettura per una rico-struzione storica dei caratteri, dei tempi e delle dinamichedel popolamento della regione in relazione ai profondi muta-menti introdotti dagli Europei nei secoli XII e XIII.

Il programma delle indagini, sulla base dagli stessi risul-tati raggiunti in itinere, ha progressivamente spostato il rag-gio d’azione proprio della prima fase, condotta tramite rico-gnizioni preliminari a largo raggio e rilevamenti topograficied archeologici di superficie fra la Siria ed il golfo di Aqabaallo scopo di valutare tempi, scelte operative e motivazionidell’insediamento occidentale nel territorio dell’OultreJourdan e di scegliere uno dei grandi siti fortificati della re-gione – Shawbak e Kerak su tutti, si riteneva sulla base diquanto noto in letteratura – come “osservatorio stratigrafico”dell’intera regione. Quindi, con la sorprendente identifica-zione del rinnovato, seppure effimero, ruolo centrale di Petranell’assetto territoriale della Transgiordania, dopo un’eclissidi quasi mezzo millennio, è venuto emergendo un vero, arti-colato sistema classico d’incastellamento feudale dell’interavalle, con i castelli od i punti forti di al-Habis, Jabal Atuff, al-Wu‘ayra, al-Bayda, al-Shawbak. Un ruolo, quello rivestitonel sec. XII, che la valle di Petra perderà nuovamente conl’abbandono crociato dell’intera valle del Giordano, alla finedel secolo; tuttavia la regione transgiordana non tornerà allacollocazione periferica in cui si trovava all’arrivo degli euro-pei, acquisendo un’identità ben rappresentata dalla continui-tà di funzione sia amministrativa che militare, mantenuta dagliayyubidi e non più perduta, ai due centri egemoni di Shawbak

e della stessa antica città di Karak con il suo grande castello,il Crac de Moab.

In tale quadro il sito di Wu’ayra (la Li Vaux Moises del-le fonti franche) – noto da tempo semplicemente per la pre-senza di un piccolo castello crociato (SAVIGNAC 1903) – si èdimostrato una delle aree archeologiche più interessanti epeculiari, che permette già di collocare il castello crociatoal centro di un complesso sistema di sorveglianza e prote-zione degli accessi principali a Petra; una collocazione che,come già indica una serie di evidenze documentarie acqui-site, ne ha reso importante l’occupazione fino dall’etàprenabatea. L’analisi archeologica, la lettura topograficadella valle di Petra medievale hanno perciò delineato unavera, insospettata facies crociata nell’area. La dimensioneed il ruolo territoriale degli insediamenti indagati nell’areadi Petra ne collocano funzioni e la stessa ragione d’essere –fino dalla loro costituzione da parte direttamente (e quasisempre addirittura personalmente) della corona del Regnolatino di Gerusalemme – al centro dell’intera terra di Trans-giordania, sia dal punto di vista strategico e di direzioneterritoriale che, con qualche aggiustamento intervenuto nelsecondo terzo del secolo XII, politico.

La stessa fondazione regia del Crac de Montreal(Shawbak), successiva di un paio di lustri e sostanzialmen-te contestuale, risulta acquisire un preciso significato stra-tegico-territoriale come parte integrante del sistema ester-no di raccordo fra la base logistico-militare acquisita nelprimo decennio del secolo nella valle di Petra, appunto, edil sistema stradale regionale di decisiva importanza strate-gica riferibile all’asse stradale Nord-Sud (la biblica “Stradadei Re”, fra Siria ed Egitto) nei pressi delle principali dira-mazioni delle piste dirette verso l’Hijiaz e l’interno dellapenisola arabica (KENNEDY 1994).

In secondo luogo, in stretta connessione con l’assettodell’organizzazione territoriale accennata, si staglia il carat-tere di organizzazione a sistema fortemente integrato del com-plesso degli insediamenti scelti dagli occidentali – e succes-sivamente abbandonati nuovamente dagli ayyubidi, sostan-zialmente senza eccezioni – nella regione e nella stessa valledi Petra; un carattere la cui intenzionalità progettuale è an-ch’essa emersa con chiarezza nel corso delle analisi di ar-cheologia del paesaggio da noi condotte nell’area petrana. Ilcontrollo del fondo-valle e dei suoi sistemi di accesso risultacosì il reale obbiettivo dello stesso stabilirsi dei crociati inun’area abbandonata da secoli dall’insediamento stabile.

Innanzitutto il castello di Li Vaux Moises (Wu’ayra), ilpunto principale di appoggio dell’insediamento occidentalea Petra ed il sito forte che garantiva il controllo degli accessiprincipali all’interno della valle. Immediatamente esterno aquesta, le indagini stratigrafiche profonde ne hanno già indi-cato la funzione storica fondamentale per ogni presenza inte-ressata al suo controllo. Al momento si presentano centrali,nella sequenza stratigrafica del sito, almeno tre distinte fasiinsediative lungo il “secolo breve” crociato, fra le comples-sive 11 individuate. Le scelte insediative tengono quindi contodi esperienze pregresse, utilizzando ancora una volta la favo-revole morfologia del sito di al-Wu’ayra a scopo difensivo,ad esempio sbarrando e costipando gli wadi nord e sud, giàsfruttati in età nabatea, per costituire terrazzamenti, dandoluogo ad una notevole e complessa organizzazione planime-trica, che la ricerca ha permesso di documentare nei dettagli.Il sistema fortificato castellano si compone di un doppia li-nea di difesa di cui la più esterna sfrutta le pareti degli wadicircostanti dove sorgevano ben 14 torri quadrangolari a pro-tezione delle aree aperte nord, est e sud. All’interno di questosistema, il cassero – nucleo centrale dell’impianto e nel qua-le si è identificata e scavata la chiesa fortificata – sorge inposizione eccentrica verso est, presso la linea di difesa ester-na e significativamente in corrispondenza dell’unico, monu-mentale accesso all’intero insediamento.

Caratteri diversi, in qualche modo complementari, presentail castello di al-Habis – per il quale è stata fin qui condotta,

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dopo la pioneristica (ma utilissima) indagine effettuata da PhilipHammond una trentina di anni fa’ (HAMMOND 1970), una pri-ma intensa ricognizione archeologica “pesante” di superficie– che domina l’interno della valle e, nel contempo, ne chiudegli accessi, a sistema con i castelli di Wu’ayra e, probabilmen-te, di Jabal Atuff. Si tratta di un sito fortificato di complessitàed articolazione assai maggiore di quanto fin qui supposto,con vocazione ed apprestamenti strettamente militari e confunzioni residenziali, invece, pressoché irrilevanti; occupa unaintera formazione rocciosa che domina a picco, tramite unaserie di sproni e terrazzamenti naturali rocciosi disposti a raggie-ra attorno alla vetta, il sottostante fondovalle dal suo puntoestremo verso nord, il solo dal quale si può controllare con lamassima efficacia il Wadi Mahata d’ingresso a Petra, a suavolta chiuso, a vista, esternamente da Wu’ayra.

Sono insomma già disponibili dati precisi e di primamano circa la dislocazione e le relative funzioni dell’interoimpianto strutturale nel suo complesso, delle singole solu-zioni architettoniche adottate dai suoi costruttori e dallemodifiche di redazione e di dettaglio intervenute nel corsodel secolo di vita della fase di occupazione crociata (e, peruna parte di Wu’ayra, ayyubide).

2. LA SPEDIZIONE IN TRANSGIORDANIA DI BALDO-VINO I DEL 1101 (GV)

Le informazioni più puntuali sull’area della ricerca desu-mibili dalle fonti storiche sono sicuramente quelle provvisteda Fulcherio di Chartres, cappellano di Baldovino I re di Geru-salemme, nella sua Historia Hierosolymitana (cronaca deglianni 1095-1127). Nella prima parte della Historia vengononarrati i fatti dal 1095 al 1105, fino alla sconfitta dell’emiro diAscalona Giamal Almolk presso Ramle e alla fuga della flottaegiziana presso Giaffa. I Capitoli 4 e 5 del secondo libro con-tengono invece la narrazione di una interessante spedizione diBaldovino in “Arabia” del 1101 (DE SANDOLI v. 1, pp. 119-122),la stessa regione che sarà in seguito conosciuta come Trans-giordania. Si tratta di un racconto estremamente interessante,soprattutto alla luce dei risultati delle ricerche archeologichecondotte dalla missione dell’Università di Firenze, per chiari-re le modalità di occupazione crociate del cuore dell’anticaArabia Tertia Petraea (VANNINI, VANNI DESIDERI 1995; VANNI-NI, TONGHINI 1997). Baldovino parte infatti con il suo seguitoda Gerusalemme in direzione del Mar Morto, che aggira dasud, risalendo poi dalla profonda depressione fino alla Trans-giordania centrale. Per i primi due giorni di viaggio il cronistanarra di una terra desolata, dove le popolazioni locali abban-donano i propri villaggi all’arrivo degli europei e dove il con-voglio è costretto ad accamparsi in grotte e caverne per tra-scorrere la notte. Nel pomeriggio inoltrato del secondo giornoperò, le guide locali al seguito del re conducono la spedizionealla valle di Mosè; dove il profeta fece scaturire una limpidasorgente da una roccia percuotendola con una verga: l’attualeWadi Musa, alle porte dell’antica Petra. Nelle parole diFulcherio la valle è descritta come «de frugibus terrae cunctisuberrimam», dove l’antica sorgente scorre ancora in modo dafar girare mulini per macinare. Quest’ultimo passaggio è piut-tosto ambiguo. Nel racconto di Fulcherio sembra infatti chequesti mulini possano esser stati effettivamente presenti all’ar-rivo dei Franchi («Qui nunc nihilominus quam tunc fluit, adeout molendini ex eius rivuli cursu volubiles ad molendum fiant»),mentre una seconda versione della narrazione del viaggio diBaldovino in Transgiordania, di autore anonimo (DE SANDOLIv. 1, pp. 160-163), legge «[...] ubi etiam nunc fons liquidissimusemanans, homines et iumenta totius regionis adaquare potest:molendini quoque, si adessent, de torrentis fontis volverepossent». L’autore anonimo delle Gesta Francorumexpugnantium Iherusalem, pone quindi la questione dei mu-lini come una nota a margine del testo, come comparazioneper consentire ai propri lettori di valutare la portata del torren-te della valle di Mosè riferendosi a parametri noti ai Franchi,quali appunto i mulini ad acqua.

I testi tramandati non consentono quindi di dirimerecompletamente questo passo, lasciando in ombra le formedi insediamento dell’area prima dell’intervento franco e lafondazione dei castelli crociati. È invece certo che la spedi-zione di Baldovino fosse diretta proprio qui, alla valle diMosè, e non genericamente “in Arabia”, tanto che il re diGerusalemme e il suo seguito sostano per ben tre giorninell’area dell’antica capitale nabatea, compiendo anche unpellegrinaggio all’attuale Jebel Harun (il monte di Aronne)per visitare il «monasterium Sancti Aaron» (che diventa un«oratorium» nella versione anonima), prima di ripartire alsuono del corno reale alla volta del Mar Morto e di Gerusa-lemme, dove giungono il giorno del solstizio d’inverno del1101 (Anonimo in DE SANDOLI v. 1, pp. 120-121).

Ai fini della ricerca archeologica, come già si accenna-va, entrambe le narrazioni sono comunque molto interessan-ti poiché dimostrano come la regione di Petra fosse centralenella prima occupazione franca della Transgiordania. Riepi-logando brevemente i fatti Baldovino, salito al trono Geroso-limitano nel novembre 1100, intraprende una serie di viagginel territorio del regno e in questo ambito i cronisti dannogrande rilevanza proprio al cosiddetto “viaggio in Arabia”,che condusse il re con la sua scorta (di cui faceva parteFulcherio ma, sembra, non l’autore anonimo delle GestaFrancorum) dal Mar Morto fino alla valle di Mosè. In en-trambi i racconti gli scenari di desolazione dei primi due giornidi viaggio cedono a questo punto il passo ad una descrizioneminuziosa ed entusiasta di quella che sembra quasi una valledell’Eden. Raccogliendo le informazioni proposte siamo cosìinformati di una situazione ambientale, nel senso sia fisicoche antropico, che ci permette di comprendere bene ancheuna parte centrale delle motivazioni che hanno poi spinto,negli anni immediatamente seguenti, i crociati non solo adinsediarsi nella zona ma a sceglierla come fulcro di un siste-ma insediativo territoriale che, significativamente, vide nel“classico” (in senso feudale) incastellamento della valle diPetra il fulcro di tutto il sistema.

In primo luogo, la sorgente di Mosè viene subito percepitacome se non l’unica di notevole portata, certo la principale, asua volta di un sito, la valle di Petra, con una significativa pre-senza di acqua sorgiva (ad esempio, come la sorgente “diMosè”, è tuttora viva quella dello wadi Mu’aysra, nei pressidel secondo castello di Petra, al-Habis) per un amplissimo rag-gio; una sorgente che, infatti, poteva dissetare gli uomini e lebestie «totius regionis». In secondo luogo, benché non sia pos-sibile chiarire con certezza la presenza di mulini nella valle – ecomunque, a quanto tuttora percepibile nonostante una evi-dente perdita di portata per l’attuale sviluppo dell’abitato e dellasua economia, si tratterebbe di una presenza compatibile conla forza e la portata consentita da una sorgente che, per la suaubicazione di altura, dispone di una notevole energia potenzia-le –, è tuttavia certo che vi fossero forme di insediamento stan-ziale, poiché vi si trovano cereali e frutti (la valle è detta«frugibus et fructibus opulentissima» nel racconto dell’anoni-mo). Peraltro un fatto che è possibile non solo confermare confonti di poco successive (Gugliemo di Tiro citato in VANNINI,TONGHINI 1997), ma anche alla luce delle prime letture condot-te sui papiri del sec. VI, rinvenuti dalla missione giordano-americana dell’ACOR nel complesso della grande chiesa bi-zantina recentemente scavata (Petra Church 2001), ove emer-ge un ambiente intensamente coltivato e connotato non solodalla presenza del villaggio ancora di cultura greco-araba, mada una diffusa proprietà fondiaria ad economia agricola e do-tata di strutture molitorie, che presuppone una disponibilitàd’acqua significativa sia per irrigazione che, sembrerebbe, comeenergia. Quindi, alcune strutture “antiche” erano ancora rico-noscibili e parzialmente in funzione, come il monastero diAronne, scavato recentemente da una missione finlandese e lecui strutture sono databili al quinto secolo, con successivi am-pliamenti e restauri di VI e VII secolo e labilissime tracce dioccupazione successiva (FIEMA 2002, pp. 202-203). Infine, cosìcome la valle di Mosè era separata da due giorni di cammino

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Fig. 1 – Rappresentazione schematica dell’insediamen-to crociato in Transgiordania in pieno XII secolo. Nelriquadro a destra la distribuzione dei castelli crociatinell’area urbana dell’antica Petra (in retinatura).

Fig. 2 – Planimetria dell’area archeologica di Petra (da FIEMA 2002, p. 194).In evidenza le cinte murarie di epoca bizantina (12, 30) e il sito di al-Habis(29). Tra le principali testimonianze di epoca bizantina si ricordano inoltre laprobabile cattedrale di V secolo (14), la “Ridge Church” (13), l’area dellebotteghe romano/bizantine lungo la via colonnata (20), la torre nord (ConwayTower) delle fortificazioni esterne della città (9).

Fig. 3 – Al-Habis. Pianta generale del sito (in alto) con ingrandi-mento dell’area sommitale (cinte 1 e 2) in cui sono concentrati iresti delle fortificazioni bizantine (UT 1). Sono evidenziate: A) ca-naletta di adduzione della cisterna crociata UT 19; B) canaletta diadduzione della cisterna bizantina UT 13; C) localizzazione del-l’epigrafe bizantina frammentaria riutilizzata come materiale dacostruzione per la cisterna di epoca crociata UT 19.

in terre aride e impervie verso nord, l’anonimo scrive che «ul-tra vallem illam terra omnino deserta et incultibilis est usquein finibus Babyloniae» (DE SANDOLI v. 1, p. 162).

In conclusione la spedizione di Baldovino in Transgior-dania all’alba del XII secolo potrebbe quindi configurarsicome una vera e propria ricognizione pre-insediativa inun’area strategica per il controllo di risorse vitali nell’interaregione predesertica: acqua e terre coltivabili; almeno comeesito della spedizione stessa. A ciò si aggiunga che Petra po-teva ancora a quell’epoca controllare un importantissimo nodoviario, relativo all’asse romano dell’antica via Traiana novae del fascio di strade e diverticoli che a quest’ultima faceva-

no riferimento per assicurare le comunicazioni tra Siria e MarRosso e tra Mar Rosso e Palestina (GRAF 1995). Sembra quindipossibile affermare, anche e soprattutto in seguito alle ricer-che archeologiche condotte sui castelli crociati della Petra“medievale”, che l’occupazione di questa regione costituì findall’inizio del regno di Baldovino I una priorità per assicura-re agli europei il controllo dell’intera Transgiordania. Un’ana-lisi, questa condotta a pochi mesi (!) dalla presa di Gerusa-lemme stessa, quindi programmata con precisi intenti geo-politico-economici e d’altronde largamente confermata da-gli esiti positivi della conquista dei territori compresi traShawbak e Aqaba (sul Mar Rosso) completata da BaldovinoI stesso entro la fine del proprio regno nel 1118.

3. INSEDIAMENTO CROCIATO E INSEDIAMENTOBIZANTINO (MN)

3.1 La “città”

Lo studio dell’insediamento bizantino in quella che sarà nelXII la Transgiordania crociata è purtroppo ancora ben lonta-no dall’essere completato. Ciò nonostante molti progetti ar-cheologici condotti nell’area di Petra hanno contribuito negliultimi 20 anni a chiarire alcune problematiche a tale riguardoed è oggi finalmente possibile delineare la fisionomia dellacittà e del territorio da essa dipendente, tra il IV secolo e laconquista araba (una prima sintesi in FIEMA 2002). Fino adora tuttavia non sono emersi riscontri di una rioccupazionein epoca crociata di siti fortificati bizantini mentre talvoltafrequentazioni di siti bizantini da parte degli europei di XIIsecolo, attestate dalle fonti scritte, non sono state confermateda resti materiali o depositi archeologici anche recentementeanalizzati (cfr. la visita di Baldovino I al monastero di JebelHarun – FIEMA 2002, p. 203).

Nuovi dati a riguardo provengono invece dallo studiodei siti fortificati crociati condotto nell’ambito del progettoPetra Medievale, dove in tutti e tre i castelli attualmentestudiati o in corso di studio (al-Wu’Ayra, al-Habis, Shawbak-Monreal) è emersa una fase di occupazione e fortificazionepre-crociata attribuibile all’età bizantina.

Per quanto riguarda la città il panorama che emerge daimolti scavi dell’area urbana sembrerebbe indicare che dal-la fine del VI secolo tracce di intensa occupazione siano ri-

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Fig. 4 – Epigrafe frammentaria murata all’esterno della parete N della cisterna di epoca crociata UT 19 (attualmente in corso di studio).

Fig. 5 – Pianta del cassero del castello crociato di al-Wu’ayra conevidenziati i resti delle strutture di epoca bizantina (in nero quelledella prima fase e in grigio quelle della facies tardo-bizantina).

Fig. 6 – Planimetria generale del castello di Shawbak con l’indi-cazione dei resti della cinta muraria bizantina.

scontrabili pressoché soltanto nell’area di Katute (Fig. 2,n. 27) a sud della via colonnata e dell’antico centro della cit-tà. Solo in questa zona infatti gli scavi hanno messo in lucestrutture abitative tardo bizantine, laddove nella stessa epocagli altri settori di Petra mostrano contesti stratificati di ab-bandono e strutture in crollo non restaurate (FIEMA 2002,p. 199). Da un punto di vista urbanistico la Petra di VI secoloè un insediamento fortificato. Due cortine murarie costitu-iscono infatti l’ultima difesa del centro urbano correndo piùo meno parallele a nord e a sud della via colonnata (cfr.Fig. 2). A nord della cinta bizantina persistono resti di unalinea di fortificazione più esterna e discontinua che pareesser stata costituita da una serie di punti forti non collegatitra loro (cfr. la cosiddetta Conway Tower – Fig. 2, n. 9 – cheFiema data tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.). Come benattestato in altre realtà mediorientali il tardo periodo bizan-tino sembra quindi caratterizzarsi anche a Petra per unadecisa contrazione demografica ed economica.

Dal punto di vista archeologico abbondano nei contestiattribuiti a quest’epoca le trincee di spoliazione per il recu-pero di materiali pregiati e da costruzione, provenienti daigrandi complessi monumentali di epoca nabateo-romana (es.il tempio dei leoni alati e il grande tempio). Gli stessi mate-riali che si trovano poi reimpiegati in paramenti murari di-somogenei dove (come nel caso delle botteghe lungo la viacolonnata) rocchi di colonna, frammenti di decorazione econci diversamente lavorati vengono utilizzati contestual-mente per erigere pareti ed edifici (FIEMA 2002, pp. 221 ss.).

La fase più antica delle fortificazioni del rilievo di al-Habis sembrerebbe ben collocarsi in questo quadro di rin-novata attenzione verso i (e bisogno di) dispositivi militari

di difesa della città. Si tratta della base di una piccola torrea pianta rettangolare edificata sulla sommità della collinarocciosa che domina l’antica area sacra e il tempio di Quasr-al-Bint. La muratura dell’edificio, che sfortunatamente si èconservato per 4-5 corsi al massimo, mostra infatti un usoestensivo di materiale lavorato di recupero impiegato per larealizzazione dei paramenti (caratteristica condivisa anchedalle murature di epoca crociata dello stesso sito), ma non

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la messa in opera a strati e “priva di sacco” che identifica lemurature di XII secolo individuate in tutti i siti fino ad oraanalizzati nell’area campione.

I resti di epoca bizantina di al-Habis comprendono inol-tre una cisterna (cfr. Fig. 3, UT 13), ricavata riadattandouna tomba a camera di epoca nabatea mediante un rivesti-mento di malta idraulica, e il rivus di adduzione B (Fig. 3).Nel XII secolo i nuovi arrivati mutarono parzialmente que-sto assetto costruendo la cisterna UT 19 con il nuovo cana-le di adduzione (A). Questa risistemazione coincise con l’ab-bandono del più antico invaso di epoca bizantina il cui rivusvenne sbarrato dal muro settentrionale del nuovo bacino.Nello stesso muro inoltre le maestranze del cantiere crocia-to reimpiegarono una epigrafe frammentaria (Fig. 3, C eFig. 4) la cui posa in opera, con alcuni elementi murati sot-tosopra, fa presumere che i nuovi costruttori non fossero ingrado di leggere il testo greco.

Tuttavia la posizione, in basso e al centro della muratu-ra, e la giustapposizione degli elementi, lascia pensare chela collocazione potesse rispondere a un qualche intento esembra probabile che l’epigrafe sia stata rinvenuta nei pressidell’area in cui fu costruita la cisterna UT 19.

La presenza di strutture bizantine ad al-Habis sembre-rebbe quindi, sia per le tipologie delle realizzazioni (torre ecisterna), sia per la posizione rispetto alle fortificazioni diVI secolo della città (cfr. Fig. 2), altamente compatibile conuna funzione militare/difensiva del sito a quell’epoca. Il ri-lievo roccioso al centro di Petra, posto su un’altura suffi-cientemente elevata da consentire avvistamenti fino alla stra-da per Beida e Shawbak e contemporaneamente sufficien-temente bassa da permettere una rapida discesa dalla torrealla città in caso di bisogno, si colloca infatti all’intersezio-ne tra il wadi Siyyaqh e il wadi Nmeir, valli strette e pro-fondamente incassate percepite verosimilmente dai bizan-tini come naturali prosecuzioni delle due ali di mura dellacittà tarda.

3.2 Il territorio

Nei dintorni della città gli insediamenti di epoca bizan-tina compaiono più frequentemente nelle aree immediata-mente a sud e a est, lungo il Jebel Shara, una formazionemontagnosa che corre in direzione nord-sud ad est di Petra,tra Shawbak e Ras-en-Naqb, e raggiunge i 1700 m s.l.m.Immediatamente fuori dalla città antica alcuni insediamen-ti non fortificati sono stati individuati anche presso l’odier-na Wadi Musa e le ricerche archeologiche sul sito crociatodi al-Wu’Ayra (l’antico castello di Li Vaux Moyses) hannorecentemente condotto all’individuazione di un vasto im-pianto bizantino anche su quel rilievo. I caratteri di questoinsediamento sono profondamente diversi da quelli dellatorre di al-Habis, e sembra piuttosto di trovarsi in presenzadi una sorta di villaggio fortificato o di un importante capo-saldo militare a difesa della viabilità maggiore in accessoalla città. Le strutture comprendono infatti i resti di un am-pio circuito murario, coincidente, dove ancora emerge, conla cinta crociata del cassero del castrum, e forse dotato diuna torre angolare. La muratura si conserva generalmenteper soli uno o due corsi, ma nei pressi dell’accesso all’areafortificata se ne può riconoscere un tratto di ca. 5 m che sisviluppa in altezza per oltre 2m. I paramenti murari sonorealizzati in grandi blocchi di calcare, proveniente forse dagliaffioramenti visibili immediatamente ad est del castello, aldi là della strada. Essi presentano una lavorazione sbozzatae una forma sub rettangolare, talvolta piuttosto irregolare.

A questo tipo murario se ne affianca successivamenteun secondo, caratterizzato dalla messa in opera di blocchiriutilizzati, squadrati/sbozzati di arenaria proveniente daPetra, piuttosto simile a quello attestato nella torre “bizan-tina” di al-Habis. La presenza di questo secondo tipo è statariconosciuta ad al-Wu’ayra soltanto in interventi di restau-ro dell’accesso al castello e nel paramento di foderatura del-

l’antiporto scavato nella roccia. Se questa seconda fase po-trebbe essere databile per confronto al VI secolo, è più pro-blematico esprimere una datazione per le strutture del cir-cuito murario che sembrano ancora ispirarsi a modelli anti-chi (es. a una imitazione povera delle murature a grandiblocchi delle fortificazioni di Augustopolis/Udruh risalentialla fine del V-inizio VI secolo, cfr. FIEMA 2002, pp. 209-210).

Le ricerche degli ultimi due anni, che hanno ampliatol’area di indagine oltre la valle di Petra fino ad includere ilcastello regio di Shawbak (Mons Regalis nelle fonti diXII secolo), hanno infine permesso di individuare un cir-cuito murario simile a quello della prima fase di al-Wu’ayraanche in quest’ultimo sito. Sebbene in un peggiore stato diconservazione sono infatti riconoscibili anche a Shawbak iresti di una cinta in grandi blocchi di calcare su cui si impo-stano le difese della prima cinta fortificata crociata.

Quantunque nell’area intorno al castello l’insediamen-to bizantino fosse già stato individuato negli anni ’30 delXX secolo, con la localizzazione di due grandi siti (villag-gi?) non fortificati (FIEMA 2002, pp. 205-206), la scopertadi un circuito murario pre-crociato a Shawbak è molto inte-ressante, visto che proprio questo sito viene spesso additatocome esempio dei nuovi modelli insediativi (ma anche didistribuzione del popolamento) sperimentati dagli europeiin Transgiordania nel primo XII secolo. Il castello venneinfatti edificato nel 1115 per espressa volontà dello stessoBaldovino I, e i cronisti ne hanno lasciato ampia memorianei propri resoconti (es. Guglielmo di Tiro in DESANDOLI v. 1, pp. 44-47. Fulcherio di Chartres, Ibid., pp. 122-123). In nessuna descrizione si fa tuttavia menzione di for-tificazioni preesistenti e anzi, la fondazione del castello èdescritta in estremo dettaglio sia relativamente agli appre-stamenti tattici («oppidoque, muro turribus, antemurali etvallo, armis, victu et machinis diligenter communita» in Gu-glielmo di Tiro), sia alla popolazione ivi stanziata («in quo[nel castello] post operis consummationem tam equites quampedites, ampla illis conferens praedia habitatores locat») epresentata come una novità assoluta nell’articolazione giu-risdizionale della Transgiordania («totam adiacentemregionem suae vindicationis ditioni»).

4. Insediarsi in Oriente (GV/MN)

Lo studio archeologico del primo insediamento crocia-to in Transgiordania ha concesso l’opportunità di valutarele scelte insediative operate dagli europei all’inizio del XIIsecolo per assicurarsi il controllo di una regione strategicaper le comunicazioni nord-sud, tra Egitto, Mar Rosso e Si-ria. In questo contesto sembra assumere una certa rilevanzail fenomeno della rioccupazione di siti fortificati bizantini,documentato archeologicamente per l’area attorno a Petra.Con tutta evidenza non si trattò comunque di una rinascitatout-court dell’insediamento bizantino nella regione. È in-fatti dimostrato – si vedano ora gli esiti degli scavi archeo-logici nell’area urbana di Petra condotti, in particolare dal-le missioni svizzere (Università di Basilea), americane(ACOR e Brown University), finlandesi (Università di Hel-sinki) – che i livelli insediativi di VI-VII secolo non furonoquasi mai seguiti da occupazioni ulteriori, se non occasio-nali. Ciò nonostante, sebbene in un contesto demograficoed economico assai più fragile di quello bizantino (o alme-no con premesse anche significative ma che non hanno poitrovato le condizioni soprattutto politiche per consolidar-si), le rioccupazioni selettive di siti fortificati sia nella val-le, l’antica città, (al-Habis e parzialmente al-Wu’ayra), sianel territorio (Shawbak), sembrano ugualmente funzionalial controllo delle risorse agricole e della viabilità (controllodegli spostamenti sia per fini militari che economici).

Seppure in condizioni diametralmente opposte quindi,laddove i bizantini rafforzavano le difese dell’Arabia Tertiacontro le incursioni persiane e arabe, mentre Baldovino I le

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utilizzava per gettare le basi dell’ampliamento a oriente delRegno Latino, crociati e bizantini si spingono a occuparegli stessi siti e con le stesse funzioni. Quasi una confermache le scelte ottimali per garantire il controllo di un territo-rio (“a Petra come nel Pratomagno”) comportano spessol’occupazione di specifiche posizioni che vengono ciclica-mente insediate e abbandonate con il rafforzarsi e l’indebo-lirsi delle necessità di difesa locali. Non va inoltre dimenti-cato il condizionamento “archeologico” subito dai crociatinelle situazioni più sopra accennate, dove sia ad al-Habis,sia a al-Wu’ayra che a Shawbak le nuove fortificazioni fu-rono edificate sulle creste dei muri in crollo delle (e in unprimo momento replicarono le) strutture più antiche.

Un condizionamento che si manifestò sia nella dimen-sione “tattica” – appunto la scelta di soluzioni funzionali,militari e strutturali, adattate alla natura fisica ed ambienta-le dei siti (MARINO 1997) – per rispondere ad esigenze disicurezza e di razionalità insediative non molto diverse daquelle affrontate dagli “antichi” romani e bizantini, sia “stra-tegica”; ciò che è ancora più interessante e suscettibile diconsiderazioni e possibili interpretazioni o reinterpretazio-ni non solo del radicamento “medievale” (la stessa com-prensione della logica insediativa del Limes, pur recente-mente oggetto di intense ricerche mirate: PARKER 1990) inquesta zona comincia ad esserne riproposta). In altri termi-ni lo stesso governo – amministrativo ed economico, nonmeno che militare – dell’intera regione transgiordana, al-meno fra mar Morto e Mar Rosso, pose problemi fino ad uncerto segno storicamente comparabili anche ai crociati. Certola difesa e la gestione di una frontiera nuovamenteripropostasi fra entità politiche, culturali ed economichediverse (si veda quanto già osservato da VANNINI, TONGHI-NI 1997, pp. 382-384), ma anche lo stesso inserimento ten-tato dagli europei – qui visibilmente almeno dalla secondagenerazione, ad esempio con la “scelta” di portare il centrodella neocostituita Signoria di Transgiordania nella città“storica” della regione, la già biblica Kerak – nella realtàculturale locale; e tuttavia il contesto entro cui collocaretali pur suggestive analogie, resta tutt’altro, e cioè lo stabi-lirsi di una tendenzialmente (ed infine realizzata, fino adesiti che saranno esiziali per lo stesso Regno Latino di Ge-rusalemme) autonoma “Signoria territoriale” di matrice feu-dale, che cerca quindi il proprio radicamento in loco e, sisarebbe detto nei luoghi d’origine, “nel contado”. Ma suquesti temi sarà prudente intervenire ancora.

AVVERTENZE

Il contributo, elaborato congiuntamente dagli autori, si valeanche degli apporti dell’intero staff della missione e, in partico-lare per temi e documenti trattati, da Marco Bini, Roberto Fran-

chi, Franco Niccolucci, Pietro Ruschi, Andrea Vanni Desideri,Cristina Tonghini, Eugenio Donato, Stefano Tuzzato, StefanoBertocci, Roberto Gabrielli, Paolo Mauriello, Dario Rose. Il so-stegno istituzionale del progetto è dell’Università di Firenze (dal2000, ‘Progetto Strategico d’Ateneo’) con la partecipazione deiDipartimenti di Scienze Storiche e Geografiche, Progettazionedell’architettura, Urbanistica; dell’ITABC (C.N.R., Montelibret-ti); del Centro C.N.R. di conservazione opere d’arte di Firenze;del Department of Antiquities of Jordan e del Petra RegionPlanning Council. Altre istituzioni associate sono le Universitàdi Udine, Urbino, Venezia, il MIUR (‘Programma di ricercascientifica di rilevante interesse nazionale’, dal 1988), il MAE(D.G. per le Relazioni Internazionali, dal 1999 ‘Progetto Pilo-ta’). Il progetto è inoltre parte dell’Italo-Jordanian cooperationagreement (dal 1991), dal 1998 ‘Affiliated Field Project’dell’American Center of Oriental Research, e dal 1994 ricono-sciuto dall’UNESCO.Web site: http://www.storia.unifi.it/PIM/AM/

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