Fogli della Comunità O Re del Cielo - parrocchiapacedelmela.it · Anno III - Numero 31 pro...

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Anno III - Numero 31 pro manuscripto 11/94 Dicembre Fogli della Comunità v 1 IL NICODEMO ... O Re del Cielo “Caro, eletto, pargoletto”... - Quel fragile bimbo, è Dio - Fuori da questo atto di fede non c’è speranza di salvezza, se non, vana. di Giuseppe Capilli M i trovo a scrivere questi miei pensieri in una Domenica po- meriggio piovigginosa e un po’ malinconica: il camino è acceso ed emana insieme alla sua poesia antica, l’odore e il fruscio della legna che arde; da sottofondo, un po’ stonato ma abbastanza discreto, il televisore, prova inconfutabile, in questo caso, della neces- sità che nelle famiglie di mediare diversi interessi; scorrono i risultati della Dome- nica calcistica: Milan in crisi, Juve di nuo- vo signora, Parma da scudetto, quote popolari al totocalcio, i soliti gol da anto- logia, la solita violenza sugli spalti e fuo- ri, un allenatore, meglio non dire chi, in un’intervista parla già di lotta per la “sal- vezza”. La parola “salvezza” pronunziata dall’allenatore di calcio attira immediata- mente tutta la mia attenzione. Già, perché io proprio di “salvezza” pensavo di scrive- re e così mi è venuto in mente che noi il concetto di salvezza, lo usiamo con di- screta frequenza nel linguaggio comune. Lottano, ad esempio, per la salvezza le squadre che sono in serie “A”, che poi si salvano se alla fine del campionato resta- no in serie “A”; e il ragionamento vale an- che per quelle di “B”, di “C” ecc.... insomma, si salvano quelle che alla fine del campionato ven- gono a trovarsi più o meno nelle condizioni in cui erano all’inizio; si dice anche che ci si salva da un pericolo o da una malattia grave e qualcuno viene salvato dall’intervento miracoloso di un medico o si salva per fortuna e c’è chi salva la pelle e chi sal- va il posto di lavoro. A pensarci bene, ci accorgia- mo subito che quando parliamo di salvezza pen- siamo ad una situazione di conservazione, di man- tenimento di uno stato che è per noi di una qual- che gratificazione o co- munque di non sofferenza. Ma è solo in questa ac- cezione che noi usiamo la parola salvezza? Credo proprio di no. Quando noi usiamo espressioni del tipo “Dio salva gli uomini” oppure “la fede è salvezza”, avvertiamo chiaramente che la “salvezza” a cui pensiamo in questo caso non è esattamente la “salvezza” di cui parla l’allenatore di calcio. La salvezza dell’allenatore ha la sua radice nel verbo latino “servare” che vuol dire appunto conservare. La squadra di calcio che “con- serva” alla fine del campionato, la posi- zione iniziale è dunque salva; l’altra accezione di “salvezza” ha invece la sua radice nel verbo greco “Fæ.g4<” (sózein) che ha un significato più pregnante e da cui deriva il sostantivo “FTJZk” (sotér) che significa “salvatore” ed era attributo di Giove: salvezza e salvatore, nell’accezione greca, hanno dunque a che fare col divino. D’altra parte in un’espressione del tipo “salvezza di Dio”, avrebbe poco senso pensare soltanto ad una conservazione, al mantenimento di un certo stato, tanto più che l’esperienza della nostra vita di uomini ci insegna in ogni momento che per noi non vi sono “stati” che si conservano o si mantengo- no ma piuttosto mutamenti, dei quali l’ultimo, forse risolutivo, è il passaggio dalla vita alla morte. Insomma ci salvia- mo da molte cose ma, alla fine per tutti, traguardo obbligato è la morte; dalla mor- te non ci salviamo. Ma dunque qual è il senso che dobbia- mo dare alla salvezza, a quella salvezza che viene da Dio, un Dio che non a caso chiamiamo “Salvatore”. Quale salvezza Dio dà agli uomini, se niente di ciò che ad essi appartiene in qualche modo si con- serva, si “salva”? Alessandro Manzoni pensando a cosa è dell’uomo dopo la morte scrive che lo at- tendono “i floridi sentieri della speran- za... i campi eterni, il premio che i desideri avanza dov’è silenzio e tenebra la gloria che passò...” e parla di una gloria, della quale è difficile immaginarne una più grande, quella di Napoleone; eppure an- In questo numero: L’incarnazione e il destino dell’uomo..2 Uno storico evento............................3 Tutto chiaro davanti al presepio .........4 Babbo Natale... .................................5 Delirio di onnipotenza........................6 Uno sviluppo “sostenibile” ................7 Bambini: vi scrive il Papa ..................8 Solitudine... ......................................9 L’altruismo ........................................9 Solidarietà è sinonimo di.................10 Incostanza e ricerca spirituale .........10 Voglia di “valori” .............................11 Le storie degli uomini......................12 Viaggio in Inghilterra .......................13 Pallavolo: SS. Trinisi in C2 ..............14 Automobilismo: il ricordo di Ayrton .15 Softball ...........................................15 Parrocchia S. Maria della Visitazione Pace del Mela

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Anno III - Numero 31 pro manuscripto 11/94 Dicembre

Fogli della Comunità

v

1

IL NICODEMO

... O Re del Cielo“Caro, eletto, pargoletto”... - Quel fragile bimbo, è Dio - Fuori da questo atto di

fede non c’è speranza di salvezza, se non, vana.

di Giuseppe Capilli

Mi trovo a scrivere questi mieipensieri in una Domenica po-meriggio piovigginosa e unpo’ malinconica: il camino è

acceso ed emana insieme alla sua poesiaantica, l’odore e il fruscio della legna chearde; da sottofondo, un po’ stonato maabbastanza discreto, il televisore, provainconfutabile, in questo caso, della neces-sità che nelle famiglie di mediare diversiinteressi; scorrono i risultati della Dome-nica calcistica: Milan in crisi, Juve di nuo-vo signora, Parma da scudetto, quotepopolari al totocalcio, i soliti gol da anto-logia, la solita violenza sugli spalti e fuo-ri, un allenatore, meglio non dire chi, inun’intervista parla già di lotta per la “sal-vezza”.

La parola “salvezza” pronunziatadall’allenatore di calcio attira immediata-mente tutta la mia attenzione. Già, perchéio proprio di “salvezza” pensavo di scrive-re e così mi è venuto in mente che noi ilconcetto di salvezza, lo usiamo con di-screta frequenza nel linguaggio comune.Lottano, ad esempio, per la salvezza lesquadre che sono in serie “A”, che poi sisalvano se alla fine del campionato resta-no in serie “A”; e il ragionamento vale an-

che per quelle di “B”, di“C” ecc.... insomma, sisalvano quelle che allafine del campionato ven-gono a trovarsi più omeno nelle condizioni incui erano all’inizio; si diceanche che ci si salva da unpericolo o da una malattiagrave e qualcuno vienesalvato dall’interventomiracoloso di un medico osi salva per fortuna e c’èchi salva la pelle e chi sal-va il posto di lavoro. Apensarci bene, ci accorgia-mo subito che quandoparliamo di salvezza pen-siamo ad una situazionedi conservazione, di man-tenimento di uno statoche è per noi di una qual-che gratificazione o co-m u n q u e d i n o nsofferenza.

Ma è solo in questa ac-cezione che noi usiamo laparola salvezza? Credo proprio di no.Quando noi usiamo espressioni del tipo“Dio salva gli uomini” oppure “la fede èsalvezza”, avvertiamo chiaramente che la“salvezza” a cui pensiamo in questo casonon è esattamente la “salvezza” di cuiparla l’allenatore di calcio. La salvezzadell’allenatore ha la sua radice nel verbolatino “servare” che vuol dire appuntoconservare. La squadra di calcio che “con-serva” alla fine del campionato, la posi-zione iniziale è dunque salva; l’altraaccezione di “salvezza” ha invece la suaradice nel verbo greco “Fæ.g4<” (sózein)che ha un significato più pregnante e dacui deriva il sostantivo “FTJZk” (sotér)che significa “salvatore” ed era attributod i G i o v e : s a l v e z z a e s a l v a t o r e ,nell’accezione greca, hanno dunque a chefare co l d iv ino. D’a l t ra parte inun’espressione del tipo “salvezza di Dio”,avrebbe poco senso pensare soltanto aduna conservazione, al mantenimento diun certo stato, tanto più che l’esperienza

della nostra vita di uomini ci insegna inogni momento che per noi non vi sono“stati” che si conservano o si mantengo-no ma piuttosto mutamenti, dei qualil’ultimo, forse risolutivo, è il passaggiodalla vita alla morte. Insomma ci salvia-mo da molte cose ma, alla fine per tutti,traguardo obbligato è la morte; dalla mor-te non ci salviamo.

Ma dunque qual è il senso che dobbia-mo dare alla salvezza, a quella salvezzache viene da Dio, un Dio che non a casochiamiamo “Salvatore”. Quale salvezzaDio dà agli uomini, se niente di ciò che adessi appartiene in qualche modo si con-serva, si “salva”?

Alessandro Manzoni pensando a cosaè dell’uomo dopo la morte scrive che lo at-tendono “i floridi sentieri della speran-za... i campi eterni, il premio che i desideriavanza dov’è silenzio e tenebra la gloriache passò...” e parla di una gloria, dellaquale è difficile immaginarne una piùgrande, quella di Napoleone; eppure an-

In questo numero:L’incarnazione e il destino dell’uomo..2

Uno storico evento............................3

Tutto chiaro davanti al presepio .........4

Babbo Natale... .................................5

Delirio di onnipotenza........................6

Uno sviluppo “sostenibile” ................7

Bambini: vi scrive il Papa ..................8

Solitudine... ......................................9

L’altruismo........................................9

Solidarietà è sinonimo di... ..............10

Incostanza e ricerca spirituale .........10

Voglia di “valori” .............................11

Le storie degli uomini......................12

Viaggio in Inghilterra .......................13

Pallavolo: SS. Trinisi in C2 ..............14

Automobilismo: il ricordo di Ayrton .15

Softball...........................................15

ParrocchiaS. Maria

della VisitazionePace del Mela

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Il Nicodemo - Dicembre '94

che quella gloria, di fronte al premio cheattende l’uomo, ogni uomo, è soltanto te-nebra e silenzio. Pensiamo dunque quan-to è grande il premio e quanto sia lontanodai modi comuni di pensare di noi uomi-ni. Proviamo a pensare a Dio come Amoree forse riusciremo anche a capirlo un po’.Se lo pensiamo secondo i nostri limiti ecioè “umanamente”, finiamo col caderein errore e restiamo disorientati. Quel fra-gile bimbo che rappresentiamo nei nostripresepi è Dio, è uomo-Dio, è Dio fattouomo. Quel fragile bimbo è lo stesso chepoi trasformerà l’acqua in vino e dirà alparalitico “alzati e cammina” e moriràsulla croce - morte vera di un vero-uomo

che muore - e vincerà la morte con la re-surrezione che può soltanto il vero-Dio.Eccola, dunque, la “salvezza” di Dio perl’uomo. Dio non ci conserva ma cire-suscita, passandoci da una condizione,quella della vita umana, a una condizioneassai più bella, infinitamente più bellatanto che non riusciamo neanche ad ipo-tizzarla, che supera ogni nostra aspettati-va, e “i desideri avanza”.

Lo so, molti, giunti a questo punto di-cono: “Credere, in fondo, è un po’ sciocco,troppo consolatorio”. Potrebbe essere giu-sto e forse lo è per quelli che “non hannovisto né sentito”. Noi invece “abbiamo vi-sto e abbiamo sentito”. E dunque ancora

più sciocco non credere.Abbiamo visto e sentito del “Cristo ri-

sorto”. Questa è la “prova della nostrasalvezza”, che però non è automatica;dobbiamo riconoscerla e cercarla con unascelta che è e rimane nostra. Egli è venutonell’umiltà e noi dobbiamo riconoscerlo,Dio, re del cielo... Egli ha fatto il cielo e laterra e noi, no. Il suo esempio ci richiedeumiltà ma non quella “umiliante” di chiha bisogno di toni dimessi per nascondereincapacità ed insufficienze, ma l’umiltà

che fa grandi, quella consapevole, che,anche quando gli altri crocifiggono, fadire, “non sanno quello che fanno”. r

L’INCARNAZIONE E IL “DESTINO” DELL’UOMOdi Franco Biviano

Devo confessare che non mi pia-ce molto il termine “Natale”;preferisco la parola “Incarna-zione”.

“Natale” mi fa pensare ad una ricor-renza, alla nascita di un qualsiasi perso-naggio famoso al quale si possonodedicare francobolli e monumenti, maquesto non è certo il caso della celebrazio-ne del Natale del Signore. Se si trattassedi commemorare la nascita del Gesù nonsapremmo neanche in quale giornodell’anno collocarla: il 25 Dicembre comefacciamo per tradizione, il 6 Gennaiocome fanno i greco-ortodossi oppure, inestate, come vorrebbero i Testimoni di Ge-ova basandosi sul fatto che i pastori per-nottavano all’aperto?

Quello che noi vogliamo celebrare nonè un semplice fatto biografico, ma il piùgrande mistero di tutta la storia, quellodavanti al quale bisogna fare una sceltaprecisa: o credere o non credere. Noi vo-gliamo celebrare l’Incarnazione di Dio.

Per millenni Dio aveva parlato agli uo-mini, “molte volte e in diversi modi” comeafferma il prologo della “Lettera agliEbrei”. Dio ha cercato di comunicare agliuomini se stesso ed il progetto preparatoper loro, quello di ammetterli a godere ineterno della Sua presenza, e per molti se-coli gli uomini hanno dovuto crederGlisulla “Parola”. Poi, ad una data già pre-stabilita prima della creazione del mon-do, Dio dà agli uomini un pegno del lorodestino finale: uno di loro sarà ammessoanzitempo alla Sua presenza. Ma comepotrà un uomo sopportare la visione diDio senza essere annientato? “Nessunopuò vedere Dio senza morire” (Es. 33,20)aveva risposto Dio stesso a Mosè che ave-va chiesto un simile privilegio.

Con l’Incarnazione si realizza un dop-

pio evento: Dio si rende visibile ai nostriocchi mortali (“Chi ha visto me, ha visto ilPadre”, Gv. 14,9) e al tempo stesso innal-za la corporeità umana al proprio livelloliberandola dalla schiavitù del peccatooriginale.

Il bambino nato a Betlemme venti se-coli fa è un uomo in tutto e per tutto (fuor-ché nel peccato), dalla cima dei capellialle unghie dei piedi.

Ma allo stesso tempo Egli è Dio cheviene a vivere insieme a noi, a condivide-re il nostro destino. Questo stesso Bambi-no, uomo al cento per cento, dopo 33 annidi vita terrena “fu crocifisso”, “è risuscita-to, è salito al cielo e siede alla destra delPadre”.

Questa non è una bella favola da rac-contare ai nipotini; questa è la più grandedelle verità in cui noi cristiani crediamo.Ed è anche il pegno del nostro destino fu-turo. Se Gesù, nostro fratello, è salito alcielo, anche noi un giorno, purificati dalpeccato, “saremo rapiti sulle nubi in cielo

verso il Signore” (I Tess. 4,17).Questo bambino che Maria avvolge in

fasce e depone in una mangiatoia sarà ilprimo essere umano ammesso alla visio-ne diretta di Dio, primizia di tutti i giusti.Adesso noi non crediamo più soltantosulle promesse di Dio, crediamo sullabase di “anticipazioni”.

Umiliatosi fino al punto di subire lamorte sulla croce, Gesù è uno di noi chegià gode in eterno della presenza del Pa-dre. Forti di questo, siamo sicuri che an-che a noi, se ci facciamo discepoli diCristo crocifisso e risorto, è riservata lastessa sorte.

Era necessario che Dio-Parola diven-tasse Dio in carne ed ossa affinché noi po-tessimo acquisire la certezza che comeGesù con il suo corpo risorto e gloriosovive eternamente alla presenza di Dio Pa-dre, così anche noi, quando saremo risortie trasformati, godremo corporalmentedella visione di Dio. Questo stesso corpoumano che non può vedere Dio senza mo-rire, una volta morto e risorto sarà abili-tato a “vedere” Dio e a “nutrirsi” di Dioper l’eternità senza tempo.

Questo è il fine ultimo per cui siamostati creati. Questo è il “succo” del cristia-nesimo. Se non crediamo in questo, nonpossiamo definirci cristiani. Come affer-ma S. Paolo, “Se Cristo non è risorto, èvana la nostra fede” (I Cor. 15,14).

Ma Cristo è potuto risorgere in quantoDio-Uomo e quindi in quanto “nato dadonna”.

Il mistero dell’Incarnazione è moltogrande e supera sia le capacità della no-stra mente sia le capacità espressive diqualsiasi lingua terrena. Solo da risorti,quando il nostro corpo e la nostra mentesaranno “trasformati”, potremo capirlopienamente. r

“La Luce brilla nelle tenebre”(Gv. 1,5)

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Il Nicodemo - Dicembre '94

UNO STORICO EVENTO“Il cristianesimo si distingue dalle altre religioni del mondo anche per il suo

carattere storico... la Palestina conquistata da Pompeo nel 63 aC., faceva partedell’Impero Romano come provincia e... grazie allo spirito di tolleranza dei

romani, gli ebrei avevano potuto conservare le proprie istituzioni religiose, lapropria lingua... però avevano l’obbligo di obbedire al governatore romano che

risiedeva a Gerusalemme”.

di Micaela Parisi

«Ora, in quei giorni uscìun editto di Cesare Au-gusto che ordinava ilcensimento di tutta la

terra abitata. Questo primo censimentofu fatto quando era governatore della Si-ria Quirino. Andavano tutti a farsi regi-strare, ciascuno nella sua città » (Luca2,1-3).

Comincia così la storia dell’Uomo cheha cambiato il mondo egli uomini, Gesù Cristo.Non è difficile inserirequesta vicenda umana ereligiosa in un quadrostorico ben preciso, per-ché il cristianesimo si di-s t i n g u e d a l l e a l t r ereligioni del mondo an-che per il suo caratterestorico.

Partendo infatti dalcensimento prima citato,ci si può riferire ad unprovvedimento imperialedi Ottaviano Augusto,imperatore di Roma dal30 aC. al 14 dC., ordinatoper censire tutti gli abi-tanti dell’Impero Roma-no in vista della ripartizione delleimposte.

E’ verosimile che questo censimentoabbia avuto luogo verso l’8-6 aC. e che siastato organizzato in Palestina da Quiri-nio, governatore incaricato da Roma.

Appare quindi evidente che l’"era Cri-stiana" fissata da Dionigi il Piccolo sia ba-sata su un calcolo errato, in quanto Gesùsembra essere nato certamente prima del-la morte di Erode (4 aC.), forse addiritturatra l’8 ed il 6 aC.

Tra l’altro, proprio per cercare di capi-re quanto questi calcoli rispondano a ve-rità o siano soltanto un “pretesto storico”da fornire alla vicenda religiosa, il Vange-lo nel corso dei secoli è stato sottopostoad esami particolareggiati da parte dimolti esperti, con lo scopo di approfondirele ricerche riguardanti la parte storica deiracconti in esso contenuti. Così, grazie ariscontri documentali molto precisi ed a

numerosi ritrovamenti archeologici, si èpotuto dimostrare che non esistono obie-zioni “tecniche” contro la veridicità deiVangeli, anzi tutto trova un riscontroscientifico quasi impossibile da immagi-narsi a priori.

E’ proprio il Vangelo di Luca quelloche si riferisce maggiormente a nomi e di-sposizioni imperiali, perché destinatoalla lettura dei Romani; leggendolo pos-

siamo confrontare le nostre conoscenzestoriche riguardo a quel particolare perio-do: sappiamo infatti che la Palestina, con-quistata da Pompeo nel 63 aC., facevaparte dell’Impero Romano come provinciae che, grazie allo spirito di tolleranza deiRomani, gli Ebrei avevano potuto conser-vare le proprie istituzioni religiose, la pro-pria lingua, persino i loro piccoli sovranilocali che però avevano l’obbligo di obbe-dire al Governatore Romano che risiedevaa Gerusalemme, capitale della Palestina.

In questa terra, nel piccolo paese diBetlemme, a pochi chilometri da Gerusa-lemme, dove Giuseppe e Maria si eranorecati per il censimento ordinato da Au-gusto, nasce Gesù di Nazareth, e nel Suonome si incontrano la storia ed il cristia-nesimo.

La Sua nascita, comune a quella diqualsiasi altro essere umano, viene eleva-ta nelle Scritture Sacre ad altissima digni-tà; questo “farsi uno di noi” nell’umiltà

della carne viene però quasi ignorato dal-la storiografia profana, che gli dedica sol-tanto fuggevoli, anche se significativicenni.

Uno di questi è riscontrato negli«Annali » di Tacito, composti tra il 115 edil 120: in essi lo storico fa esplicito riferi-mento a Cristo: « suppliziato ad opera delprocuratore Ponzio Pilato sotto l’imperodi Tiberio ».

Di rilievo, a riprova dellarapida diffusione del cri-stianesimo ancorata ai mu-tamenti politici e sociali diRoma, è pure la testimo-nianza di Plinio il Giovane,governatore della Bitinia, ilq u a l e r i f e r i s c eall’imperatore Traiano, trail 111 ed il 113, che un grannumero di persone solevanoraccogliersi « in un giornostabilito, prima dell’alba,per cantare alternatamenteun inno a Cristo come a unDio ».

Al contrario, nei Vangelio l t r e n a t u r a l m e n t el’insegnamento religioso,come abbiamo già detto, la

storia viene rappresentata nella sua real-tà e, per esempio , nel Vangelo di Luca,nel proemio che ha il compito di situarenel tempo e nei luoghi l’inizio della predi-cazione di Gesù, il testo enumera ben set-te distinti capi religiosi e politici, tutti coni loro nomi ed i loro titoli trovati rigorosa-mente esatti: « Nell’anno decimoquintodell’impero di Tiberio Cesare, mentre Pon-zio Pilato era governatore della Giudea,Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suofratello, tetrarca dell’Iturea e della Traco-nitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene.......» (Lc. 3,1).

Quindi tutto questo per farci capireche il disegno di Dio non era solo quello dimandare il Suo Figlio tra gli uomini perredimerli, ma anche e soprattutto quellodi farLo uno di noi, inserito come un qual-siasi uomo nella storia del suo tempo; unUomo che ha cambiato la storia propriograzie all’umiltà delle sue opere. r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

TUTTO CHIARO DAVANTI AL PRESEPIO“Senza Dio tutto è notte, e con Lui la luce stessa diventa inutile" (E.M. Cioran)

di Emanuela Fiore

Natale. Festa della gioia, festadella pace, ma soprattutto festadell’Amore, quello di Dio pertutti gli uomini. L’attesa di que-

sto giorno, di questo lieto evento, ci haresi trepidanti, ci siamo guardati dentro eci siamo stupiti per aver meritato tanto.

E intanto allo scorrere inesorabile del-le ore un dubbio ci ha assaliti. Siamo ve-ramente pronti? Sembrerebbe di si.Eppure l’uomo si concentra ad esplicitarela sua gioia nel modo più arido possibile.Il suo vero sentimento si cela dietro losfarzo che egli stesso propone al suo cuo-

re, per cogliere l’essenza del Natale. Saràvera essenza? Rimango allibita nel vede-re città riccamente addobbate, tradizioniincessanti che rispecchiano la magia diquesto periodo natalizio.

La T.V. non smette di sottolineare comesi concepisca la nascita di Gesù, sulla ter-ra: Parigi ne è l’esempio, è uno degli spet-tacoli più vivi di colori e di suoni, la lucedei suoi grandi viali rischiara il buio dellaNotte e la gente si affretta estasiata, pro-tagonista di magnifici effetti. Si lascia ab-bagliare da una luce falsa e non riesce arendersi conto che dietro quella luce esi-ste l’oscurità che dà brividi di smarrimen-to, quella che ci rende ciechi dinanzi allapovertà, al bimbo affamato che piangeper la fame, all’uomo emarginato chechiede aiuto...

Siamo stati resi incapaci di ascoltare,di guardare la Luce vera, quella che ri-schiara con tutta la forza che la vivifica,la notte del mondo.

Gesù nasce per noi, è il più grande “ro-manzo d’amore” fra Dio e l’uomo, è la più

straordinaria delle meraviglie, un eventounico nella storia del mondo.

Davanti a questo siamo disarmati, cirendiamo conto di quanto sia triste il pec-cato, quello con il quale colpiamo Dio econtinuiamo a colpirlo, come sia gelidoun Natale senza Natale del cuore.

Ricordo era la vigilia del Natale ‘92.Entrai in chiesa e mi confusi tra la gente.Era la S. Messa di mezzanotte e le campa-ne suonavano a festa. Quella sera mi sen-tivo davvero felice nella chiesa, piena diluci e di gente. La messa fu molto commo-vente e sentita. In quel mentre pensavo:

“Se gli uomini si mostrassero sempre cosìbuoni e gentili come in questa ricorrenza,ci sarebbero meno male e sofferenze nelmondo”.

Questo pensai in quella notte santamentre guardavo sull’altare maggiore, inuna nuvola di velo bianco, deposto in uncestello di vimini, il Bambino Gesù, con lebraccia protese, come ad abbracciare tuttinel Suo amore. Non chiesi altro a GesùBambino quella notte che un po’ di pace eun po’ di comprensione da parte del pros-simo. Tutt’intorno si spandeva una musi-ca dolcissima, la ninna nanna di Natale.Si, lo posso ben dire, è proprio questo ilNatale da vivere, significa volgersiall’altro come Dio si è rivolto a noi, ritma-re gli accenti di una preghiera sommessae più che mai devota per gli altri.

Ma come possiamo distogliere i nostripensieri dalle mille cose futili e prenderecoscienza del nostro vero vivere il Natale?Guardando il presepio. Sì, perché tutto ciriporta in una notte quieta, illuminata dapiccole gemme dell’universo, le stelle. Mala luce cresce fino allo splendore più lu-

cente, nel suo punto più alto... Gesù Bam-bino.

Gli Angeli cantano, annunciano la na-scita del Signore del mondo, la pace agliuomini che Dio ama. Ci fermiamo e avver-tiamo davvero la pace.

E mentre la mia mente si ferma a me-ditare, scorgo fra i miei ricordi come mianonna, nella ricorrenza del Natale visita-va i vari presepi, che ammirava e decanta-va, perché simboli di pace. Lei davanti alpresepio diventava quasi bambina: viva-ce, sorridente, felice, lo sguardo lumino-sissimo, il volto più acceso, il sorrisoraggiante, fremeva d’allegrezza e nel con-tempo diceva che il presepio è il modellopiù sacro per ogni famiglia.

E’ proprio questo ciò che accade quan-do si è davanti al presepio: siamo contentidi ciò che siamo, commossi nelle fibre piùrecondite del cuore, stiamo bene con noistessi ed esultiamo perché capiamo quan-to siamo amati. Il tempo? Sembra si siafermato; intorno a noi aleggia un’aura diinfinito. Sarà l’incanto del presepio, ma èanche la voce dell’anima che sorride.

Comprendiamo finalmente che il pre-sepio è la metafora del camminodell’umanità, un cammino tra colpa egrazia, è segno della bontà di Dio per noi.

E’ importante così gioire con lo sguar-do rivolto a Gesù portando a Lui il dono ditutte le nostre opere. Così il presepio ci in-dica anche la meta da raggiungere, le vir-tù per raggiungere Dio senza mai colpirlo:la purezza degli angeli, l’attenzione deipastori, la gioia luminosa della cometa, lasperanza dei Magi, la docilità delle peco-relle, l’umiltà del bue e dell’asinello, lasantità di Maria e Giuseppe e soprattuttol’amore di Gesù, quello stesso che portaun uomo ad amare l’altro come se stesso.Davanti al presepio tutto è chiaro. Il pre-sepio è proposta essenziale non inutile,ma uno stile di vita vero, semplice, unapromessa di giustizia...

E’ inno alla vita, un inno che ruota at-torno a una culla dove Gesù si è presenta-to alla terra senza panni, vestito soltantodell’Amore per noi.

Il presepio è esplicitazione delle aspi-razioni più profonde, più ardenti , bramadi serenità, gioia di vivere, certezza diperdono, bisogno di dire “Gloria in excel-sis Deo”.

L’ l’augurio che rivolgo a tutti i carissi-mi lettori: che manifestiate la gioia di vi-vere il Natale, come in un vero presepio.r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

BABBO NATALETRA FANSASIA, SOGNO e realtà

di Sonia Parisi

Il 25 dicembre del 1986 fu per meuna data memorabile. Avevo 10anni e mi accadde un evento straor-dinario. Erano circa le 22.00, gioca-

vamo tutti a carte, quando persi i mieisoldi, decisi di riposarmi un po’ nellamia stanza, attendendo la mezzanotte.Mi sembrò un Natale come gli altri, maquando una forte raffica di vento aprì lafinestra della mia stanza, chiuse di colpola porta e lasciò entrare un’intensa lucebianca costituita da tanti fotoni racchiu-si in particelle sferiche, fui improvvisa-mente investita da questa luce, sentiiuno strano dolore, ma terminatol’effetto mi ritrovai con due grandi ali,simili a quelle dipinte sugli angeli neiquadri.

Mi sembrava tutto così reale, infattigrazie all’energia sprigionata dai fotoniriuscivo ad elevarmi in aria e battendo leali iniziai ad avviarmi verso l’esternodella mia stanza. Provai sensazioni inde-scrivibili nel sentirmi libera come un uc-

cello. Ad un tratto mi fermai dinnanzialla finestra di una casa e cercai di capirecosa accadesse all’interno.

Ammirai la presenza dell’albero diNatale carico di addobbi, del presepe edi un’ampia tavola che sosteneva porta-te di ogni genere. In un lato vi era ungrande camino acceso dove a sinistra vierano i nonni che coccolavano i loro ni-potini e a destra gli adulti che giocavanoa carte. Rimasi stupita per l’assenza diregali sotto l’albero e decisi di attenderela mezzanotte. Scoccata l’ora tanto atte-sa vidi un uomo vestito di rosso bussarealla porta e trascinare una sacca piena diregali, dedussi subito che fosse BabboNatale.

I bambini esultarono dalla gioia e siavvicinarono a quell’uomo per ricevere i

loro doni. Non credereste, se vi dico che apochi passi da me un altro uomo vestitodi rosso atterra con la sua slitta, carica diregali, trascinata da dieci renne sul tettodi quella casa. Ma che delusione, appenafu pronto a scendere dal camino per en-trare in casa (nella tipica maniera di Bab-bo Natale) sentì i bambini ridere escambiarsi i pareri sui loro regali.

Così, deluso, Babbo Natale salì sullasua slitta per tentare l’impresa inun’altra casa. Io decisi di parlargli e lo in-seguî. Stavolta Babbo Natale riuscì adanticipare l’ “impostore” di prima, escendendo velocemente dal camino pro-vocò un tale trambusto da stordire persi-no me che mi trovavo all’esterno.Ricompostosi suonò la sua campanella,ma si accorse che nessuno dei presentiaveva avvertito la sua presenza, tranne ibambini che -riconoscendolo- iniziaro-no a ridere e a gridare il suo nome, e ad-dirittura i genitori cercavano di calmarli,dicendo loro che Babbo Natale doveva

ancora arrivare ma che mancava comun-que poco al suo arrivo.

Allora Babbo Natale, umiliato pernon essere stato neanche riconosciuto,prese la sua sacca e risalì il camino. Sba-lordita dalla scena pensai che fosse ilmomento giusto per presentarmi e do-mandargli alcune cose. Intimidita lochiamai ed egli, contento perché lo ave-vo notato e riconosciuto, mi abbracciòsupplicandomi di ripetere il suo nome.Gli chiesi di narrarmi la sua storia. Cosìegli mi raccontò di appartenere ad unmondo diverso dal nostro, dominatosolo dalla pace, dall’armonia e dalla sere-nità.

Egli mi raccontò di essere abitantedella sfera della fantasia purtroppo mol-

to distante dalla terra a causa della diffi-denza dell’uomo nei suoi confronti.

Infatti, l’uomo oggi non fa altro cherinnegare i propri sogni ideali, a causa diuna società troppo fredda, meccanica,che richiede per il suo sviluppo degli au-tomi e degli uomini incapaci di pensarese non alla guerra, alla vendetta, al pote-re e alla ricchezza, che lo rendono nonsolo avido, ma anche scettico.

Che tristezza, mentre prima al pas-saggio della slitta tutti i bambini insiemeagli adulti avvertivano il tintinnio dellacampanella ora tutto ciò non avvienepiù. L’uomo pensa di poter concretizzareogni suo sogno, scartando quelli irrealiz-zabili e considerati assurdi, così elimi-nando anche quello di Babbo Natale,pensa di poterlo sostituire imitandologoffamente.

Ma quello che io ho visto e conosciu-to è diverso dal nostro Babbo Natale; ècome uno spirito che vive sempre accan-to a noi e nel suo sacco racchiude tutti inostri sogni pronti a concretizzarsi, in-sieme alla sua persona, il giorno di Nata-le.

Mi aveva spiegato, infatti, che solo ibambini, ingenui ed innocenti, poteva-no avvertire la sua presenza, maanch’essi superata la fase adolescenzialefinivano per essere assorbiti in questomondo e pian piano il tintinnio del suocampanello tendeva a svanire per loro.

Babbo Natale proseguì, poi, il suo la-voro mentre io mi affrettai a ritornare acasa, poiché mi accorsi che l’energia deifotoni stava terminando. Mi risvegliainel mio letto e mi accorsi che mancavaancora un’ora alla mezzanotte. Tutto ciòmi sembrò molto strano. Avvertii la sen-sazione che il mio viaggio notturno fossestato effettivamente reale, e non soltan-to un sogno. r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

E’ polemica dopo l’«offerta» di un centro fiorentinodi predeterminare le caratteristiche del figlio

SIAMO ALLA SELEZIONE DELLA RAZZA:

DELIRIO DI ONNIPOTENZAdi Nino Ragusa

Procreazione: argomento più voltetrattato su questi fogli. Una voltasarebbe sembrato scontato par-larne, c’era una semplice Legge di

Dio che recitava:Art. 1 - “L’uomo lascerà suo padre e

sua madre e si unirà alla sua donna e sa-ranno una sola carne” (Gn. 2, 24):

Art. 2 - “Crescete e moltiplicatevi”.Purtroppo non tutti hanno il dono di

procreare, a questo forse non si era pen-sato, così l’uomo ha risolto il problema

mettendo delle postille che di fatto riget-tano la legge divina sull’unione inviolabi-le dell’uomo e della donna. Oggi,chiunque voglia avere un figlio, può com-prare ovuli, seme e finanche l’utero per lagestazione.

Ripeto, ancora, più volte ne abbiamoparlato, stavolta però lo faremo in manie-ra particolare perché particolare è il moti-vo che ci spinge a farlo.

La “Gift fertility service - Divisionebanca del seme” di Firenze ha lanciato unnuovo messaggio: «volete un maschiettocon i capelli scuri e gli occhi azzurri, op-pure una femminuccia, bionda con gli oc-chi nocciola? Telefonateci, ed al massimoin 3 giorni, vi manderemo comodamentea casa o dal vostro medico curante il seme“corrispondente” alle caratteristiche scel-te. Unico fastidio: scongelare primadell’uso». Come avrete capito, oggi tutto è

possibile! Sarà poi etico, cioè umano? Ra-gioniamoci!

Cosa direbbe lei della donazione delseme?

Come vorrei avere un figlio, esseremamma è bellissimo, ma come posso miomarito non può avere figli, non è giustoche per colpa sua anch’io non possa averefigli. Ho deciso: comprerò del seme edavrò un figlio, sarà solo mio! Non stomica tradendo mio marito con un altro,anche se in fondo nel mio ventre ci sarà

un figlio frutto non del nostro amore, madel mio egoismo. Che colpa ho io se luinon può avere figli. Sì, non sarà figlio dimio marito, sarà di un altro uomo. Speroche lui mi capirà, io non riuscirò a capirelui per sempre. Io voglio un figlio!

Cosa direbbe lui della donazionedell’ovulo?

Ma mia moglie perché non riesce adavere figli? Non poteva dirmi di non es-serne capace? Cosa credeva, che bastasseuna fede al dito per essere felici? Io voglioun figlio: quella è la cosa importante. Diodice “crescete e moltiplicatevi”, ma quellaè incapace. Telefono a qualche centro spe-cializzato, compro l’ovulo, affitto l’uteroe mi faccio un figlio; poi, se a mia mogliepiace, bene, altrimenti se ne può tornareda sua madre. La colpa è sua che non puòavere figli. Non l’ho mica tradita, volevoun figlio, lei era incapace ed io ho risolto

il problema.Credo che entrambi i ragionamenti

trovino molti consensi. Si dice: ognunodeve soddisfare le proprie esigenze, il rap-porto di coppia è bene finché non crea deilimiti alla nostra libertà di scelta.

Sì unirsi, amarsi, quando si è giovanipiace, ma non deve essere una cappa. Ilmatrimonio deve essere visto solo comeun atto legale, un’esperienza da fare spes-so drammatica, ma da fare.

Che vi sembra di tutto questo? Credetesia frutto di pessimistica fantasia delloscrittore o sia solo la realtà? Forse faccia-mo finta di non saperlo, ma il matrimonioin quanto tale ha perso molto della suaimportanza, con esso qualsiasi rapportodi coppia; tutto è visto come passeggero,transitorio, con frenetica fuga dai proble-mi di coppia, antipatici ma quasi fisiolo-gici.

E’ da qui che nasce la catechesipre-matrimoniale, in essa si cerca di ri-scoprire i valori che nel matrimonio si an-nidano e crescono, in esso si spiegal’importanza dell’unione divina non comesemplice cerimonia ma come alleanza conDio: «l’uomo non divida ciò che Dio haunito».

Ma tutti questi sono argomenti ripetu-ti fino alla nausea, per questo rifuggiti, ea riscoprirli -ironia della sorte- sono i di-vorziati che, riflettendo sul matrimoniosbagliato, si chiedono se l’errore era neipartner non compatibili o nel loro mododi vedersi come coppia.

Da qui, dal fallimento del matrimonio,oggi si è arrivati ai blasfemi metodi diconcepimento artificiale che nei modi enella sostanza annullano il matrimonio, eil rapporto uomo-donna diventa nullo.r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

Uno sviluppo “sostenibile”“La rapida crescita demografica può essere causa di seri problemi economici,

ambientali e politici per i Paesi in via di sviluppo... risulterebbe “insostenibile”per l’ambiente... il perseguimento del benessere socio-economico per tutti, senzacontemporeaneamente avviare una modifica degli attuali ritmi di crescita della

popolaazione nel Sud del mondo...”Appare assolutamente necessaria una politica di educazione.

di Lino Andaloro

Centosettantaquattro governi ditutto il mondo hanno raggiuntoun accordo alla Conferenza delleNazioni Unite su popolazione e

sviluppo che si è tenuta Al Cairo in set-tembre.

Si trattava, tra l’altro, di decidere inche modo frenare la crescita demograficadel genere umano. A tale proposito sonotre gli scenari più probabili elaborati dagliesperti dell’ONU: l’ipotesi più favorevoleprevede che la tendenza alla riduzionedella natalità, già in atto, prosegua fino astabilizzarsi su una media di 1,7 bambiniper donna (dai 3,2 attuali), che portereb-be comunque nel 2025 la popolazionemondiale a 7,6 miliardi di esseri umani(nel 2050 sarebbero 7,8 miliardi e solonel 2150 scenderebbe nuovamente attor-no ai 5,5 miliardi di persone).

Meno favorevole è la proiezione conun tasso di natalità di 2,5 figli in mediaper donna. In questo caso, tutt’altro cheimprobabile, 9,4 miliardi di persone abi-terebbero il pianeta nel 2025, 12,5 nel2050, mentre il 2150 registrerebbe la ci-fra colossale di 28 miliardi. L’ipotesi ametà strada fra le due prevede uno stabi-lizzarsi della natalità intorno al valore delricambio generazionale: 2,1 figli per don-na, pari a 8,5 miliardi di persone nel 2025e 10 nel 2050.

È la conseguenza di quello che si chia-ma il «tempo non comprimibile» dellanormalizzazione demografica. Se 40.000anni fa per arrivare al raddoppio della po-polazione occorrevano almeno 4.000anni, la crescita in atto ne richiede appe-na 40.

Per la prima volta, si è potuto registra-re il sostanziale assenso degli oltre 170Paesi partecipanti su un enunciato basi-lare: la rapida crescita demografica puòessere causa di seri problemi economici,ambientali e politici per i Paesi in via disviluppo.

Ciò non toglie che tempi e modi deiprogrammi di intervento per il controllodemografico siano stati oggetto di asprediscussioni. Al di là della ben nota pole-mica sull’aborto, infatti, anche le questio-ni di principio riguardanti i diritti delle

donne e la contrapposizione tra svilupposostenibile e sviluppo sostenuto hannovisto schieramenti irrimediabilmentecontrapposti.

Nella capitale egiziana erano a con-fronto il pragmatismo dei Paesi più ricchie le preoccupazioni d’ordine religioso del-le nazioni islamiche e della Chiesa cattoli-ca: l’accordo generale è stato possibilequando si è stabilito che ciascun Paese re-sterà libero di “conciliare” le raccoman-dazioni dell’ONU con le proprie leggi, lareligione, i valori etici, la priorità dellosviluppo economico, la cultura e le tradi-zioni.

Premesso dunque che ci sarà questasorta di filtro nazionale, è stato decisoche ovunque si farà luogo a una politicadi “pianificazione familiare” basata sucampagne di educazione demografica chespiegherebbero alle masse i vari metodi dicontraccezione, artificiali e naturali, maescluderanno l’aborto. Anche il Vaticano,pur facendo mettere a verbale una quanti-tà di riserve, ha firmato.

Gli esperti dell’ONU hanno inoltre evi-denziato il profondo legame che unisce lacrescita della popolazione mondiale allacrisi mondiale delle risorse ambientali,sostenendo che la maggiore responsabili-tà nel degrado complessivo delle risorseambientali è a carico dei Paesi più ricchi.

Infatti è evidente che più alti consumidi energia comportano maggiore produ-zione di anidride carbonica (il principaleresponsabile dell’effetto serra). Lo stesso

dicasi per il confronto tra “stili di vita”(ricchezza, abitudini al consumo, dispo-nibilità di beni di prima necessità e non,servizi sociali, ecc.), in termini di produ-zione di rifiuti, di scarichi fognari e con-sumi di acqua, e quindi in termini dispreco delle risorse ambientali e di inqui-namento.

Guardando al futuro, ciò che risulte-rebbe “insostenibile” per l’ambiente è ilperseguimento dell’auspicabile obiettivodel benessere socioeconomico per tutti,senza contemporaneamente avviare unamodifica degli attuali ritmi di crescita de-mografica del Sud del mondo e degli at-tuali “stili di vita” del Nord.

I dati dimostrano inoltre che è neces-sario adottare da subito strategie di svi-l u p p o “ s o s t e n i b i l e ” r i s p e t t o s edell’ambiente e adeguate alla sua salva-guardia sia per il Nord che per il Sud delmondo.

In questo quadro vanno inserite politi-che socioeconomiche e culturali che pro-muovano anche al Sud l’autocontrollodelle nascite, così come è già avvenutonei Paesi più ricchi grazie al miglioramen-to delle condizioni economiche e del ruolosociale delle donne. Infatti è statistica-mente dimostrato che in ciascun Paese ladiffusione della pianificazione familiare èdirettamente associata al livello di istru-zione.

In conclusione, l’investimento con ilmigliore rapporto tra costi e benefici sa-rebbe la scuola. r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

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Bambini: vi scrive il Papa...Vi scrivo pensando a quando anch’io molti anni fa ero bambino come voi.

Allora anch’io vivevo l’atmosfera serena del Natale e quando brillava la stella diBetlemme andavo in fretta al presepe... anche voi, nei giorni di Natale, visitate i

presepi fermandovi a guardare il Bambino deposto sulla paglia.

Abbiamo visto, in ogni parte delmondo, il Papa accarezzare, ba-ciare, prendere in braccio bam-bini di ogni colore e di ogni

lingua e perciò ci sembra particolarmentebello che vi scriva ora, in quest’anno de-dicato alla famiglia.

Voi bambini siete i benvoluti da Gio-vanni Paolo II.

Ricco di anni, di esperienze, di incon-

tri con voi, egli ha voluto dedicarvi unalettera, tutta per voi. Avremmo volutodarvene una copia, chissà in futuro..., perora vi presentiamo le parti che ci sonosembrate più importanti.

L’occasione della lettera è il Natale chein questi giorni stiamo vivendo.

“Cari bambini - così incomincia la let-tera - nasce Gesù. Il Natale è la festa di unBambino, di un Neonato. È perciò la vostrafesta! Voi l’attendete con impazienza e adessa vi preparate con gioia contando i gior-ni e quasi le ore che mancano alla SantaNotte di Betlemme.

... Nei giorni di Natale, visitate i presepifermandovi a guardare il bambino depostosulla paglia. Fissate sua Madre, S. Giusep-pe, custode del Redentore. Contemplandola Santa Famiglia, pensate alla vostra fa-

miglia, quella in cui siete venuti al mondo.Pensate alla vostra mamma che vi ha datoalla luce, e al vostro papà. Essi si prendonocura del mantenimento della famiglia e del-la vostra educazione. Compito dei genitoriinfatti non è soltanto quello di generare i fi-gli, ma anche di educarli sin dalla loro na-scita.

Cari bambini, vi scrivo pensando aquando anch’io molti anni fa ero bambino

c o m e v o i . A l l o r a a n c h ’ i o v i v e v ol’atmosfera serena del Natale, e quandobrillava la stella di Betlemme andavo infretta al presepe insieme con i miei coeta-nei, per rivivere ciò che avvenne duemilaanni fa in Palestina. Noi bambini esprime-vamo la nostra gioia prima di tutto col can-to. Quanto sono belli e commoventi i cantinatalizi, che nella tradizione di ogni popolosi intrecciano intorno al presepe! Qualipensieri profondi vi sono contenuti, e so-prattutto quale gioia e quale tenerezza essiesprimono verso il divino Bambino venutoal mondo nella Notte Santa!

... Già nei primi giorni della vita diGesù, risuona l’annuncio della Passione,alla quale un giorno sarà associata anchela mamma, Maria: il Venerdì Santo ellastarà silenziosa sotto la croce del Figlio.

Del resto, non dovrà trascorrere moltotempo dalla nascita prima che il piccoloGesù si trovi esposto ad un grave pericolo:il crudele re Erode ordinerà di uccidere ibambini al disotto dei due anni, e per que-sto Egli sarà costretto a fuggire in Egitto.

... Cari amici! Nelle vicende del Bimbodi Betlemme potete riconoscere le sorti deibambini di tutto il mondo. Se è vero che unbambino rappresenta la gioia non solo dei

genitori, ma della Chiesa e dell’intera so-cietà, è vero pure che ai nostri tempi moltibambini, purtroppo, in varie parti del mon-do soffrono e sono minacciati: patiscono lafame e la miseria, muoiono a causa dellemalattie e della denutrizione, cadono vitti-me delle guerre, vengono abbandonati daigenitori e condannati a rimanere senzacasa, privi del calore di una propria fami-glia, subiscono molte forme di violenza e diprepotenza da parte degli adulti.

Com’è possibile rimanere indifferentidi fronte alla sofferenza di molti bambini,specialmente quando è causata in qualchemodo dagli adulti?

... Questo Bambino, ora appena nato,una volta diventato grande, come Maestrodella verità divina, mostrerà uno straordi-nario affetto per i bambini. Dirà agli Apo-

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Il Nicodemo - Dicembre '94

Solitudine: ricerca di séed apertura agli altri

di Silvana e Patrizia Donato

Se, nel secolo scorso, l’isolamento,la solitudine, propri di una cultu-ra prettamente romantica, eranoconsiderati motivo di orgoglio e

mezzo per proclamare la propria indivi-dualità, il bagaglio socio-culturale del no-stro tempo ha sicuramente invertito taletendenza e, ormai, poco di quel concettodi solitudine è rimasto.

Tutto ciò, a causa di una massificazio-ne che ha uniformato le coscienze, impe-dendo un sano sviluppo individuale eallontanando l’uomo dai propri senti-menti e dalle proprie responsabilità.

Miti come il denaro, la fama e il potererivolgono l’uomo verso l’esterno, impe-dendogli di ricercare la vera felicità, che èquella legata al proprio mondo interioree, quindi, all’apertura verso gli altri.

Ciò, non significa certamente chel’individuo non abbia contatti umani,anzi, ai nostri giorni, è proprio modello daseguire il crearsi un gruppo da frequenta-re ma, difficilmente, i componenti riesco-no a conoscersi e a scambiare delle idee:tutto rimane ad un livello superficiale,che esclude totalmente la comprensionedel dolore altrui e la capacità di esternareil nostro. I rapporti scadono in una totalesterilità e in una chiusura interiore, checonduce al paradosso di un individuo che,

in mezzo ad una folla di persone, si sentesolo e non riesce ad uscire da se stesso edal proprio egoismo.

Nonostante questo, però, la ricerca delgruppo a cui uniformarsi diventa indi-spensabile, perché impedisce il confrontocon se stessi, vera base di una dimensio-ne positiva della solitudine.

Scegliersi di omologarsi alla massa erinunciare a se stessi, o scegliere di esserediversi, ma riuscire a sentirsi autentici?Forse in ambedue i casi si è soli, ma la se-conda soluzione può aprire vie di contattoumano che si basino su veri sentimentiideali, e allora la solitudine non sarà piùun momento di paura, ma una base da cuipartire per creare qualcosa di autentico eper dare qualcosa di noi stessi e riceverealtrettanto in cambio. r

L’altruismodi Domenico Pino

«Amore per il prossimo, dedizione per gli altri»: è questa la defini-zione di altruismo. C’è molta gente che si ritiene altruista, manon sa nemmeno il significato di questa parola. C’è da dire an-che che non bisogna fare atti eroici per definirsi altruista, ma

semplicemente cercare di aiutare qualsiasi altra persona che sia di pelle nera ogialla, che sia anziana, che sia handicappata, non importa.

Grandi casi di altruismo si sono verificati nei tempi passati e se ne verificano an-cora oggi. Tra i più recenti quello di Maria Cristina Luinetti, crocerossina uccisa asoli ventiquattro anni a Mogadiscio in Somalia mentre si prodigava a portare aiuto econforto ai fratelli bisognosi. C’è anche quello della famiglia Green, la famiglia di Ni-cholas, il bimbo ucciso sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria il 29 Settembrescorso, i cui organi furono donati per far vivere altre persone. Ci sono anche casi noneclatanti come quello di Gianna Beretta Molla, beatificata quest’anno dal Papa, mor-ta nel 1969 a Magenta per salvare la vita del bambino che portava in grembo.

Tutti noi dovremmo prendere esempio da questa gente. Certo non c’è bisogno diatti eroici, ma semplicemente nel nostro piccolo dobbiamo cercare di aiutare i più bi-sognosi.

È molto difficile trovare gente altruista, perché in questi periodi c’è una mentali-tà egoista e ne sono esempio le guerre nella ex-Jugoslavia e in Cecenia. r

stoli: “Lasciate che i bambini vengano ame e non glielo impedite”, e aggiungerà:“Perché a chi è come loro appartiene il re-gno di Dio”.

... Ed arrivo ad un punto importante diquesta mia lettera: al termine ormaidell’anno della famiglia, è alla vostra pre-ghiera cari piccoli amici che desidero affi-dare i problemi della vostra e di tutte lefamiglie del nostro mondo. E non soltantoquesto: ho ancora altre intenzioni da rac-comandarvi. Il Papa conta molto sulle vo-stre preghiere. Dobbiamo pregare insiemee molto, affinché l’umanità, formata da di-versi miliardi di esseri umani, diventi sem-pre più la famiglia di Dio, e possa viverenella pace. Ho ricordato all’inizio le indici-bili sofferenze che tanti bambini hanno spe-rimentato in questo secolo, e quelle chemolti di loro continuano a subire anche inquesto momento. Quanti, anche in questigiorni, cadono vittime dell’odio che imper-versa in diverse regioni della terra: neiBalcani, ad esempio, ed in alcuni Paesidell’Africa. Proprio meditando su questifatti, che colmano di dolore i nostri cuori,ho deciso di chiedere a voi, cari bambini eragazzi, di farvi carico della preghiera perla pace. Lo sapete bene: l’amore e la con-cordia costruiscono la pace, l’odio e la vio-lenza la distruggono. Voi r i fuggi teistintivamente dall’odio e siete attrattidall’amore: per questo il Papa è certo chenon respingerete la sua richiesta, ma viunirete alla sua preghiera per la pace nelmondo con lo stesso slancio con cui pregateper la pace e la concordia nelle vostre fami-glie.

... Lodate, fanciulli del Signore, lodateil nome del Signore. Mentre medito le paro-le di questo salmo, mi passano davanti agliocchi i volti dei bambini di tutto il mondo:dall’Oriente all’Occidente dal Settentrioneal Mezzogiorno. È a voi piccoli amici, sen-za differenza di lingua, razza o nazionalità,che dico: lodate il nome del Signore!

... Alza la tua manina, divino Bambino,e benedici questi tuoi piccoli amici, benedi-ci i bambini di tutta la terra!"

* * *Vi chiederete: tutta qui la lettera del

Papa? No, ve lo dicevo prima che abbiamoscelto alcune parti.

È da leggere tutta! Il Papa infatti, nellaparte che non trovate qui riportata, fa unavera e propria catechesi su Gesù di Naza-reth, ricorda il giorno della sua prima co-munione e pensa a voi che vi preparate adessa, parla anche ai ragazzi, ai preadole-scenti, indica a tutti, tanti bambini come -ad esempio - San Tarcisio, Sant’Agata oSanta Teresina, o ancora i fanciulli di Fa-tima, Lucia, Francesco e Giacinta, che sisono distinti per il loro amore a Gesù.

Che ne pensi? Il Papa ti ha scritto. Nonsarebbe bello che tu scrivessi al Papa? r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

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Solidarietà è sinonimo di Condivisionedi Anna Cavallaro

Nei giorni scorsi è stato siglatol’accordo tra i lavoratori dellaFIAT di Termoli e l’Azienda. Ènoto che il “caso” era esploso

allorquando i suddetti dipendenti, pur dinon rinunciare a 200-300 mila mensilipro-capite per compenso lavoro straordi-nario, hanno votato contro un progetto diriorganizzazione dei servizi che prevede-va l’introduzione del sabato e della dome-nica lavorativi, investimenti per 400miliardi per la fabbricazione del motorefire 16 valvole e l’assunzione di 400 gio-vani, con precedenza per i figli del perso-nale dell’Azienda stessa.

La TV, i giornali e l’opinione pubblicahanno aspramente criticato il rifiuto ini-zialmente opposto dai lavoratori abruzze-si. Il loro comportamento, consideratal’attuale situazione congiunturale e leprospettive per il Meridione, denotava, in-fatti, la mancanza di qualsiasi sensibilitànei confronti dei disoccupati, dei giovani,dei poveri.

Qualcuno in quella circostanza ha fat-to uso della parola “solidarietà”.

In un dizionario della lingua italiana,alla voce “solidarietà” si legge: “Il sentir-si moralmente unito e solidale con altri”,mentre, alla parola “solidale” viene attri-

buita il seguente significato: “che è obbli-gato in solido con gli altri, che assume laresponsabilità di un altro”.

Certamente per il cristiano le defini-zioni sopra esposte sono molto riduttive,ma, senza dubbio, indicative.

La Chiesa nella Gaudium et spes, n.1ribadisce che: “Le gioie e le speranze, letristezze e le angosce degli uomini d’oggi,dei poveri soprattutto e di tutti coloro chesoffrono, sono pure le gioie e le speranze,le tristezze e le angosce dei discepoli diCristo, e nulla vi è di genuinamente uma-no che non trovi eco nel loro cuore”.

Come siamo lontani da tutto questo!Quando si parla di lebbra, di AIDS, di dro-ga, di cancro, di immigrati,... noi ci sen-tiamo a posto con la coscienza quando“ f a c c i a m o l a c a r i t à ” , a n z i -ne l l ’ immag inare i l r i c co che dàl’elemosina all’indigente e/o all’invalido -ci sentiamo più buoni e generosi.

La fede cristiana, invece, lungidall’essere l’oppio dei popoli è principio diliberazione totale che abbraccia tutti etutto.

“Il più grande comandamento nellaLegge è amare Dio con tutto il cuore e ilprossimo come se stessi (Mt. 22, 37-40).Questo precetto verso il prossimo, Cristo

lo ha fatto proprio e lo ha arricchito di unnuovo significato avendo voluto identifi-care se stesso con i fratelli come oggettodella carità, dicendo: «Ogni volta che voiavete fatto queste cose ad uno solo diquesti miei fratelli più piccoli, l’avete fat-to a me» (Mt. 25, 40).

Nel malato, nell’ultimo, nello stranie-ro c’è, quindi, Cristo sofferente che ci in-terpella personalmente. Ecco perchédobbiamo rimanere in Cristo per non al-lontanarci dagli uomini e, contempora-neamente, dobbiamo restare tra gliuomini per non allontanarci da Cristo:Essere veramente responsabili gli uni de-gli altri, impegnandoci concretamente peril bene di tutti e di ciascuno. Questo non èsemplice: “Occorre superare pregiudizi,ristrettezze di visione, provincialismi cul-turali e sociali, educarsi alla pace nel sen-so integrale dello ”shalòm" biblico: pacecon Dio, con se stessi, con la natura. Dob-biamo acquisire uno stile di vita più so-brio, più ricco di condivisione e diconvivialità" (ETC, 42).

Solidarietà è, quindi, sinonimo di con-divisione. Il Signore è venuto per evange-lizzare i poveri e noi dobbiamo realizzarenon solo una evangelizzazione dei poveri,ma che ci deve fare poveri.

INCOSTANZA E RICERCA SPIRITUALEdi M.T.

Mi ha incuriosita enormemen-te, lo scorso mese, l’articolodi Irene: “Yoga, New Age, IKing...”, in cui veniva affron-

tato un argomento abbastanza scono-sciuto per me e, soprattutto, una tematicapoco in linea con l’indirizzo del Nicode-mo, che così ha dimostrato concretamen-te quanto possa essere aperto al dialogo.

L’esperienza di Irene è comune a nu-merosi ragazzi, forse molto più disponibi-li ed interessati a dialogare ed a dibattererispetto a quei loro coetanei che, invece,vivono apaticamente il rapporto con ciòche li circonda e con sè stessi.

Un po’ tutti gli adolescenti avvertono lanecessità di vivere e di comunicarel’esigenza interiore di spiritualità e qualcu-no tenta di seguire la via che ritiene più con-sona per fare questo: c’è chi è uno scout, chifa parte dell’Azione Cattolica, chi si impegnanel volontariato e si potrebbero riportare si-curamente miriadi di esempi simili.

Molti giovani, infatti, sono costantemen-te alla ricerca di una propria definizione in-

teriore e spirituale che tentano ma che nonriescono ad attuare perché si sentono troppovittime dei tempi in cui vivono. Il profondosmarrimento che li accompagna è evidente.

Migliorare e vivere meglio questo aspettodella vita quotidiana è compito arduo e nonsi può mai dire di esserci riusciti pienamen-te: è facile entusiasmarsi per l’esperienza diun campo scuola o per l’essere entrati incontatto con nuove culture e pratiche reli-giose. E’ difficile, invece, discernere la serie-tà delle proprie scelte e le reali motivazioniche possono spingere ad abbandonare a vol-te parte della propria tradizione culturale (dicui si conosce poco e male) per andare, at-traverso nuovi “parametri di conoscenze”,alla ricerca di non si sa bene cosa...

Non cerco di condannare l’avvicinarsi adaltre religioni, ma il farlo convenzionalmen-te: cioè interessarsi a dottrine sconosciutesenza convinzione e poco coscienziosamen-te per il semplice motivo che si è visto unfilm o si è letto un libro...

Il profondo travaglio interiore, che spessologora, stenta, quindi, a trovare una soluzio-

ne e, rimanendo insoluto, diviene una delletante cause di apatia e di passività, tanto co-muni alla nostra generazione.

Ricordo, un paio di anni fa, la mia parte-cipazione agli incontri giovanili del sabato incanonica: nulla di impegnativo, vedersi congli amici, discutere animatamente su qual-siasi argomento, divertirsi, annoiarsi, ascol-tare, caratterizzavano il pomeriggio di quelgiorno della settimana. Per un anno intero hofrequentato assiduamente quegli incontri edanche qualche campo-scuola, entusiasman-domi a volte o rimanendo delusa altre. Gli in-contri che, però, andavano avanti sempre astento, non ebbero molta durata el’incostanza di molti (anche mia), il poco spi-rito di iniziativa, l’assenza di una volontà de-c isa che ci facesse da guida, nedeterminarono la fine.

Noi giovani siamo tutto questo: giorniche non concludiamo niente, attimi, invece,che abbiamo il morale alle stelle e ci sentia-mo di fare qualsiasi cosa. E viviamo in que-sto modo ogni cosa. r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

Il Natale ci insegna che se non ci fac-ciamo poveri, non possiamo dialogarecon Dio e con gli altri. Probabilmente dob-biamo essere più docili all’azione delloSpirito Santo per potere agire con più in-cisiva forza profetica.

Nella quotidianità il Signore ci chiamaalla condivisione e la famiglia è il luogonaturale per l’iniziazione dell’essereumano alla solidarietà ed alla responsa-bilità comunitaria.

La solidarietà deve prioritariamenteagganciarsi e coinvolgere la realtà parroc-chiale, perché è la comunità nel suo insie-

me che esprime se stessa anche nelleforme di carità cristiana. Bisogna evitareogni forma di proselitismo, abolire ogniforma di assistenza paternalistica, e ri-cercare i valori di cui sono portatori i di-sabili, gli immigrati, gli emarginati..., perstabilire un vero dialogo, per potere ap-prezzare ciò che di buono c’è nelle perso-ne sofferenti, ciò che ogni uomo ha incomune con la visione cristiana dellavita. I servizi che i cristiani promuovono afavore degli “ultimi”, oltre ad assicurareloro un sostegno morale e materiale, in-tendono offrire l’immagine di una Chiesa

che è aperta nei confronti di tutti, che ac-coglie, ospita, e si prende cura dell’uomoperché uomo.

Maria è la credente che invita coloroche rifiutano di disperdere nel nulla lapropria vita, a cercare Dio che libera in-nalzando gli umili e rovesciando i forti.

Speriamo che la memoria della Nativi-tà ci faccia riflettere che nella comunionedei Santi “nessuno vive solo per se stessoe nessuno muore per se stesso” dato cheCristo “da ricco che era, si è fatto poveroper noi, perché noi divenissimo ricchi permezzo della sua povertà” (2 Cor. 8,9). r

VOGLIA DI “VALORI”Qual è la via maestra per districarsi nel labirinto di questi anni difficili?

di Carmelo Pagano

Il Censis, nel suo 28° rapporto sullasituazione sociale del Paese, ci hafornito un’immagine altalenante econtraddittoria del momento attuale

della Nazione.Siamo ancora in piena fase di transi-

zione e la seconda repubblica non c’è an-cora né come strutture istituzionali nécome nuovo e rinnovato modello di vita.

E’ un periodo di torpore della ragione edi confusione, tipico di colui che risentedei postumi di una sbornia colossale ed ilcui fegato non funziona ancora a dovere.

Forse una tale situazione è inevitabilein una passaggio non traumatico da unsistema all’altro ma il periodo è irto di ri-schi e trabocchetti.

Il tentativo in atto di scardinare lo Sta-to sociale rischia di abbattere uno dei pi-lastri della vita democratica del Paese;altra e ben più proficua cosa sarebbe losmantellare le degenerazioni assistenzia-listiche e parassitarie che sono derivateda un cattivo uso dello Stato sociale.

Il liberismo sfrenato tende ad esaltare,invece, il cieco individualismo e la finedella solidarietà. La crescente divarica-zione tra le classi, inoltre, tende a far di-ventare il sistema sempre più simile allerepubbliche della banane del Sudamericadove è completamente inesistente la clas-se media.

La disoccupazione e l’ansia per il futu-ro sono in testa alle preoccupazioni degliitaliani ma la sbornia ci ha per la veritàlasciato degli elementi immediatamentepositivi quali un incipiente bisogno di ef-ficienza nei servizi anche se ci manca an-cora l ’educaz ione ad usufr u i rnecorrettamente senza cagionare danni epreclusioni per gli altri e, soprattutto, lariscoperta di tutta una serie di valori pro-fondi che migliorano la qualità e danno

un senso alla vita come la famiglia,l’amicizia, i sentimenti.

Il carrierismo ed il denaro non sem-brano essere più i pilastri della vita ed au-spichiamo che ciò sia dovuto a fattoristrutturali e non meramente contingenti.

Tuttavia, siamo ancora pieni di insicu-rezze che si riflettono sui giovani, da quile loro proteste, la loro paura del precaria-to, la loro voglia di avere delle rispostechiare e non nebulose sul futuro occupa-zionale.

Abbiamo riscoperto il risparmio ab-bandonando le spese folli ed edonistichee ricercando maggiormente la qualità an-che nei prodotti da acquistare ma vi sonotutta una serie di attacchi alla solidarietàsoprattutto verso il Sud che, anzi, è indi-cato da più parti come uno dei capriespiatori dei mali del Paese e per questodemonizzato ad arte. Vi è ancora unoscarso impegno sociale e poca disposizio-ne al servizio anche se proliferano le as-sociazioni di volontariato.

La società italiana, inoltre, sta invec-chiando sempre di più, tanto che fra unaquindicina di anni la popolazione attivaproduttrice di reddito sarà minore di quel-la da assistere. Ciò comporterà tutta unaserie di problematiche da affrontare e ri-vedere, prima fra tutte la formazione del-la professionalità delle forze lavorative. Illavoro non specializzato tenderà a scom-parire e le opportunità di un inserimentoattivo non potranno più prescindere daun continuo aggiornamento.

Potrebbe essere però la fine della civil-tà dell’apparire ed il ritorno dell’essere edel merito.

La scuola in questa trasformazioneavrà un compito fondamentale dovendoabituare ed indirizzare i ragazzi verso lascelta delle professioni a loro più conge-

niali. Al punto in cui ci troviamo, infatti,n o n s i p u ò p i ù p r e s c i n d e r edall’entusiasmo dei giovani anche perchéla nostra è una crisi che non si risolveproprio perché manca la fantasia e la vo-glia di innovare e ricominciare su basi ve-ramente nuove.

Basi che non possono non derivare daivalori cristiani della carità e della solida-rietà ed è richiamandosi a questi valoriche Papa Giovanni Paolo II° ha richiamatotutti i cristiani al dovere di indicare la viamaestra per districarsi nel labirinto diquesti anni difficili.

Si sente l’esigenza, andando al di làdelle già vecchie distinzioni e classifica-zioni, di riscoprire la cultura sociale e po-litica ispirata ai valori cristiani assoluti.

La paura di perdere i privilegi conqui-stati ci rende però esitanti ed incerti sullastrada da intraprendere anche se sappia-mo bene quali siano i segnali da seguireper avvicinare le varie anime del Paeseche stanno scollandosi sempre di più.

Le parole del Papa sono un appello edun richiamo forte a lasciarsi guidare, intutti i campi in cui operiamo, dai senti-menti e non dal puro profitto. Nelle con-traddizioni e nella confusione tipichedella fasi di transizione, i valori cristianinon possono che essere la guida più sicu-ra non soltanto nel campo sociale ma an-che e soprattutto in quelli economico epolitico.

E’ ovvio però che tali valori potrannoattecchire e diffondersi nel macrocosmodel Paese solo se riusciranno ad affermar-si attraverso il dialogo ed il confronto neivari microcosmi quali sono le entità loca-li. Per intenderci meglio, la crescitadell’intero Paese non può che essere la lo-gica conseguenza della crescita delle sueunità territoriali di base. r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

Le storie degli uomini... la Storia di un annodi Nino Caminiti

“ La storia siamo noi” can-ta il poeta, “la storia sia-mo noi...nessuno sisenta offeso”.

La Storia, l’evolversi quotidiano diazioni, di pensieri, di idee, dell’incessanteinteragire delle passioni, dei desideri, del-le paure, delle speranze,...della vita diogni donna e di ogni uomo.

La Storia, questa storia che parte dallesingole vicende umane, dalla mia perso-nale come da quella del mio vicino dicasa, o come quella dell’emigrante, com-pagno di viaggio, già dal volto segnatodal pensiero di lunghe notti lontano dalsuo sole: vicende individuali, prima, e

collettive poi, che sommate hanno dato inpassato, e continuano a dare, forma allastoria di ogni paese, di ogni popolo, diogni nazione.

Ogni giorno scriviamo parte della no-stra storia, e così, giorno dopo giorno,mese dopo mese, giungiamo alla fine diun altro anno, alla fine di un capitolo: periniziarne uno nuovo!

C’è chi, verso la fine, pone lo sguardoindietro a rileggere, per così dire, quantocontenuto nel capitolo che si sta conclu-dendo, abbozzando un bilancio e valutan-do quegli aspetti positivi e negativi che lohanno caratterizzato. Così io, ad esempio,posso considerare tra gli aspetti positiviquello di essere diventato quasi un“uomo di mondo”, nel senso decurtisianodel termine; infatti, così come Totò, che loè diventato per i suoi famosi tre anni dimilitare a Cuneo, io ne ho confezionatiuno e mezzo di anni nella stessa città ezone limitrofe, da insegnante però, maforse è la stessa cosa.

A parte la battuta, un anno è semprepieno di incontri e di esperienze, di falli-menti e/o di successi, di scelte, spessonon facili, che determinano la vita diognuno, la sua storia.

C’è anche chi di scelte non ne ha potu-

to fare ed ha dovuto subire scelte altrui!Ed ora si trova senza lavoro, a volte

senza quello stesso lavoro che non erastato neppure una scelta, perchè spessoscegliere non si può.

Ogni uomo la sua storia, tanti uominila Storia.

E in questo anno prossimo alla finequante storie hanno fatto la Storia

La storia delle donne e degli uominidella Bosnia e della loro attesa per unapace che non arriva, umiliati, oltre cheviolentati, dalla imbarazzata vicinanzadei paesi della “civile” Europa.

La storia degli orfani e dei superstiti inRwanda, scampati ai tagli del “machete”,

ma non a quelli più pro-fondi dell’orrore.

La storia di chi ha po-tuto vedere, in Sud Africa,un presidente con lo stes-so colore della propriapelle, quel colore che pri-ma era causa di “aparthe-id”: ma anche la storia dichi è morto perchè ciò ac-cadesse.

La storia dei bambinipalestinesi che lanciava-no le pietre contro le auto-v e t t u r e d e i m i l i t a r iisraeliani che pattuglia-

vano le strade dei territori occupati. Maanche la storia del popolo di Israele, checon vari sforzi tende la mano verso il po-polo palestinese che prova a fare lo stes-so. Da qui il riconoscimento del Nobel perla pace a Perez ed Arafat.

La storia dei cattolici e dei protestantidell’Irlanda del nord, e di un’occupazioneterritoriale e culturale, dell’IRA e del go-verno Britannico: l’accordo per un’intesadi pace.

La storia degli abitanti di Haiti, a cuila forza delle armi aveva sottratto prima,ed un’altra forza sempre armata, ha rida-to poi, un presidente eletto democratica-mente: Aristide.

La storia delle popolazioni colpite dadisastri naturali, come gli alluvionati inPiemonte e in Lombardia. Ma anche quel-la di chi vive ancora oggi i disagi di scia-gure passate, come nella Valle del Beliceed in Irpinia.

Ma anche la storia di tanti uomini chevivono sotto scorta, giudici, questori,semplici operatori di polizia: la storia deimagistrati del “pool di mani pulite”, e deitangentisti e degli esiliati; quella di chi hasottratto denaro pubblico e di chi è colpe-vole solo per essere stato parte di un si-stema, anzi del sistema, pur non avendo

preso nulla per sè. La storia di Poggiolinie di De Lorenzo e di quanti hanno trattoguadagno sulla salute delle persone, maanche la storia di tutte le vittime dellamalasanità. E perchè no, anche quelladelle migliaia di persone in carcere in at-tesa di quel giudizio su una loro colpevo-lezza o innocenza.

La storia della scesa in campo di Ber-lusconi, del 27 marzo e della vittoria delPolo delle Libertà e del Buon Governo. Leuscite di Bossi e l’attuale crisi di governo.La speculazione in borsa da parte di “ope-ratori stranieri” e la caduta della lira afronte di una ripresa produttiva più altatra i paesi europei.

La storia di migliaia di persone chescendono in piazza a manifestare e quelladi migliaia di studenti che rivendicano illoro ruolo centrale nella scuola.

La storia dei bambini di tutto il mon-do, dei “niños de rua” in Brasile, uccisiperchè disturbano i clienti dei negozibene, di quelli che vivono nelle favelas onei campi occupati in Palestina, di quellisfruttati e privati della loro condizione diesseri umani, di quelli vittime della guer-ra. La storia anche di Giovanni Paolo II,attuale incarnazione della forza e dellasofferenza cristiana, che in un profondoatto di umiltà indirizza una lettera a loro,ai bambini, nella speranza che loro, gliuomini del futuro, abbiano la possibilitàdi scrivere pagine migliori di Storia. Lastoria di un rimpianto, quella del Papa edella gente di Sarajevo, per la mancata vi-sita in questa città simbolo dell’assurditàdella guerra, uomo slavo tra la gente sla-va sofferente.

In un anno quanti altri avvenimentisono accaduti, molti piacevoli: la nazio-nale di calcio è arrivata seconda al cam-pionato del mondo malgrado Sacchi;Tomba sta strabiliando con le sue vittorie;la palla a “nuoto” e a “volo”, pur guada-gnando poco, regala emozioni e vittorie(che sia qui il segreto?); altri meno: qualil’affondamento di una sfortunata ma an-che simbolica nave: l’Achille Lauro.

L’intenzione non era quella di ripercor-rere gli avvenimenti accaduti nell’anno amò di cronaca, ma semplicemente voltar-si e tentare di leggerli come la somma del-le storie individuali di ogni singolo uomo.Forse così non correremo il rischio di as-suefarci alle immagini di dolore che ilmezzo televisivo ci propina quotidiana-mente, confondendoci le menti, e scam-biando la finzione per realtà, e viceversa.

Serenamente poniamo la parola fineal capitolo dell’anno 1994. Con speranzainiziamo a scrivere il nuovo! r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

Viaggio in Inghilterradi Stefano De Gaetano

L‘amore ed il dolore da sempresono stati il fulcro di qual-siasi produzione cinemato-grafica, ma solamente poche

volte queste “grandi forze opposte” ave-vano avuto una rappresentazione chenon fosse anacronistica.

Questa volta qualsiasi giudizio pre-concetto è stato spazzato via: “Viaggio inInghilterra” non solo unisce perfettamen-te quei due grandi temi antitetici di cuiinizialmente avevo parlato, ma riesce an-che a fornire emozioni molto forti e strug-genti proprio come la poesia.

Tutto ruota intorno ad un maturo in-segnante di Oxford al quale una vita vis-suta senza impegni, nell’ozio e nellalettura, in una non troppo remota Inghil-terra lo aveva reso profeta di una sua mi-stica filosofia di vita.

Lui da essa aveva ricevuto tutto: lagloria, il successo ed una grande fama dioratore; infatti erano tante le persone cheaffascinate dalle sue parole applaudivanoalla sua immancabile conclusione: “Il do-lore è come uno scalpello nelle mani diDio atto a forgiare la nostra esistenza”.

Ma quella stessa vita di cui inizial-mente ho parlato, lo aveva esonerato daqualsiasi esperienza preservandolo dalprovare gli effetti di quel dolore che luitanto profetizzava.

Lui parlava, esaltando le divine origi-ni del dolore, lui ne professava le tauma-turgiche proprietà ma non riusciva acondividere con gli altri le reali conse-guenze di tutto ciò in cui lui per una vita

aveva creduto perché fino a quel momen-to lui non aveva mai subìto il pesante col-po di quello scalpello nelle mani di Dio.

Ma quando a lui sfuggiranno le redinidi quella programmatica vita che fino aquel momento aveva vissuto, si troveràsolo nel buio dal quale riuscirà ad intra-vedere solo immagini di dolore e di dispe-razione.

A fargli da guida, per risalire da quelterribile e profondo baratro nel quale eracaduto, sarà la luce dell’amore, quellostesso amore che lui aveva ripudiato e chelo aveva reso inerme alle quotidiane sfer-zate della vita.

Un amore dolce ed amaro, caduco edindistruttibile, passeggero ed eterno; unamore che resisterà anche alla morte gra-zie alla presenza del figlio.

Quando in lui sarà avvenuta questatrasformazione non esisterà più alcunabarriera tra mondo reale e mondo magico,quello che si nasconde nell’armadio die-tro gli abiti di sua madre, e tutto si intrec-cerà dando vita ad un caleidoscopio diluce abbagliante che sembrerà pervaderetutto il film.

È proprio in questo che si esplicita tut-ta la bravura del regista, Richard Atten-borough, che riuscirà a far accompagnaretutte le incantevoli immagini del film dasublimi melodie che danno il ritmo adogni singolo fotogramma.

Ed in questo contesto si staglia perfet-tamente la magistrale interpretazione diAnthony Hopkins che, come in ogni altrosuo film, si immedesimerà perfettamente

con il personaggio liberando emozionitanto forti da coinvolgere anche lo spetta-tore.

Tutto si renderà più evidente quandola donna alla quale lui aveva affidato tut-te le sue speranze morirà, lasciando nellasua vita un vuoto incolmabile: ora lui nonsarà più il sagace profeta, protagonista diimportanti e memorabili conferenze, saràsolo un uomo estraneo a qualsiasi catarsigenerata dal dolore, lontano da qualsiasisublimazione, ma soltanto sofferente perquella sempre pulsante ferita che lo scal-pello divino avrà lasciato nella sua ani-ma. r

Grande giornata del nostro cammino religioso

Giorno 4 Dicembre, noi ragazzidella scuola media statale “G.Marconi” di Pace del Mela, sia-mo partiti dalla stazione di

Giammoro per andare all’Istituto teologi-co San Tommaso di Messina.

Alla stazione di Messina ci aspettava-no due novizi salesiani che ci hanno con-dotti all’Istituto dove subito abbiamogiocato a pallone.

Dopo la partita ci siamo recati nellasala congressi, dove abbiamo visto ecommentato un istruttivo film sul vero si-gnificato del Natale.

Terminata la visione del film, abbiamoorganizzato dei giochi assieme ai ragazzidelle altre parrocchie. Dopo i giochi, sia-mo andati nella cappella, dove abbiamopartecipato alla celebrazione eucaristicae ci siamo confessati.

Terminato questo momento liturgicoci siamo recati nel campetto per consu-mare la colazione a sacco.

Abbiamo ancora giocato con il solitoentusiamo, dopodiché abbiamo visto undiapo-film sulla vita di Domenico Savio,fatto santo a 15 anni. Terminato il dia-po-film siamo tornati alla stazione, doveabbiamo preso il treno per Giammoro.

Questa istruttiva esperienza, ci ha fat-to divertire e allo stesso tempo abbiamoavuto l’opportunità di stare insieme fra-ternamente ad altri ragazzi.

Adesso speriamo che ognuno di noiabbia ricevuto il messaggio per poter cre-scere e maturare gli insegnamenti cheognuno di noi acquisisce nel cammino difede cristiana. Grazie alle nostre catechi-ste per il loro affettuoso impegno per noi.

Cannistrà FabrizioCerto FrancescoPania Fabio.

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Il Nicodemo - Dicembre '94

PALLAVOLO

S.S. TRINISI PACE DEL MELA IN C.2di Paolo Orifici

Grazie al terzo posto conseguitonello scorso campionato di se-rie D, la S.S. Trinisi Pace delMela ha conseguito il diritto a

disputare il torneo di serie C.2 .Si è trattato certamente di una grossa

soddisfazione sia per la dirigenza, guida-ta dal presidente Felice Trifiletti, che pergli atleti ed ovviamente per tutti coloro iquali l’hanno sempre seguita.

Di contro disputare un campionato diC.2 comporta degli oneri molto gravosi. Inprimo luogo poiché si tratta di un torneoche abbraccia l’intero territorio regionale,ed in particolar modo le province di Tra-pani e Palermo, comportando, come si po-t r à b e n c o m p r e n d e r e , d e i c o s t ielevatissimi.

Secondariamente anche da un puntodi vista prettamente tecnico vi sono dellenotevoli differenze con la serie D, soprat-tutto per quanto riguarda la qualità dellesquadre partecipanti.

I problemi che la dirigenza ha dovutoaffrontare sono stati quindi molteplici eprimo fra tutti predisporre un organico ingrado di reggere un campionato che impe-gna gli atleti dal 9 Novembre 94, data del-la prima giornata, sino al 3 Giugno 95dell’ultima.

L’organico predisposto dalla dirigenza

si compone pertanto innanzitutto di quel-lo che a ragione può essere considerato ilnucleo storico della squadra, vale a dire ilcapitano Gianluca Aloi, Tindaro Malta,Paolo Orifici, Gianluca Marino, Fabio Se-ragusa, Rocco Sindoni, Maurizio Pandol-fo. Accanto a loro sono stati inseritielementi di sicuro affidamento prove-nienti dalla Nino Romano di Milazzo, mi-litante in C.1, quali Mauro Marcotta,

Maurilio Carbone, Grazio Maio, FrancescoDuello ed Alessandro Marotta, classe1977. E’ stato altresì acquistato dal DonBosco S.Agata il forte schiacciatore Sal-vatore Raffaele. L’organico è quindi com-pletato da Luigi Gitto, classe 1979 conenormi potenzialità, Antonio Materia eDomenico Smedile.

Il tutto è affidato alle sapienti mani diGianni La Malfa, di professione avvocato,con un grande passato di pallavolista edun presente come allenatore fra i più ca-paci. L’obiettivo minimo fissato ad iniziostagione era rappresentato dalla salvezzama, come hanno ampiamente dimostratole prime giornate, nessun obiettivo puòesser precluso a priori.

Tuttavia per affrontare un campionatodi serie C.2 non è sufficiente avere a di-sposizione un buon parco giocatori oltre

che un buon allenatore, occorre purtroppoanche una adeguata disponibilità di mez-zi finanziari necessari a coprire gli alti co-sti che un torneo simile comporta.

Di norma una società sportiva, checome tale è priva di fini di lucro, per copri-re le proprie spese fa affidamento su fi-nanziamenti comunali ed in alcuni casiregionali. La prassi tuttavia ci dice chequalsiasi contributo proveniente da entepubblico segue un iter ben determinato.Ciò comporta uno slittamento dei tempi dierogazione che necessariamente finiran-no con il non coincidere con il momentoiniziale della stagione agonistica. Fral’altro l’importi erogati non sono di per sésufficienti a coprire le spese che si soster-ranno.

E’ stato pertanto necessario far riferi-mento a quello che in economia si deno-mina capitale proprio e nella fattispecierappresentato dal capitale che un gruppodi cittadini di Pace del Mela ha pensato dimettere a disposizione della società, rite-nendo importante per Pace del Melaun’esperienza di questo genere.

E’ molto semplice osservare infatti chela pallavolo ha sempre rivestito un ruolomolto importante per Pace del Mela, bastisoltanto pensare al grade bagno di follache accompagna la disputa dei vari torneiestivi. Si può pertanto constatare la capa-cità dello sport in genere di veicolare mol-tissima gente.

E’ proprio questo l’ambizioso obietti-vo della S.S. Trinisi, quello cioè di rappre-sentare un riferimento costante pergiovani e meno giovani, riconoscendo so-prattutto l’importanza di un settore gio-vanile il quale assume significato nontanto in vista di particolari traguardi ago-nistici ma soprattutto quale strumentoformativo del carattere di un ragazzo.

In conclusione vorrei far riferimentoalla struttura che ospita la Trinisi, vale adire la Palestra Comunale di Giammoro.Tale struttura si presenta del tutto inade-guata sia per le dimensioni ridotte che perlo stato in cui versa.

Infatti, tralasciando l’aspetto fisicovero e proprio dell’impianto che risultadel tutto obsoleto, è dal punto di vistaigienico che le carenze sono maggiori, conparticolare riguardo agli spogliatoi, anziall’unico spogliatoio, ed ai servizi igieni-ci.

L’invito che mi permetto di rivolgere achi di competenza è quello di seguire mol-to da vicino le vicende dello sport “Pace-se”. L’entusiasmo non manca. r

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Il Nicodemo - Dicembre '94

L’ultima sfida con il ricordo di Ayrtondi Carmelo Fiore

Sembrava fosse una congiura bellae buona. Alla fine, però, il sognodi un passato non tanto recenteandava realizzandosi. Non si trat-

ta di una parabola conclusasi positiva-mente per il protagonista ma di uncampionato di Formula Uno che ha vistotrionfare per la prima volta un ragazzo te-desco: Michael Schumacher, un personag-gio semplice ed anche un po’ stravaganteche ha saputo, con la sua Benetton Ford,cogliere il più bel successo cui un pilota diquesto grande circo possa mai aspirare.

Certo è che una volta scomparso il mi-tico Ayrton Senna, si pensava che la ba-garre tra i piloti si sarebbe affievolita eche lo spettacolo avrebbe accusato uncalo tremendo, ma così non è stato.

Merito questo di Schumacher e di unc e r t o D a m o n H i l l , f i g l i odell’indimenticato Graham, capaci di arri-vare a giocarsi i l tutto per tuttonell’ultimo Gran Premio d’Australia,dopo che il prode tedesco aveva rischiatodi accaparrarsi tutto il bottino a metàcampionato.

Ma ahimè aveva commesso due erroriche gli avrebbero fatto perdere molta cre-dibilità: prima il mancato rientro ai box aseguito dell’esposizione della bandieranera per un mancato stop deciso dai com-missari di gara e poi la ormai famosasqualifica per una irregolarità al fondopiatto, ritenuto ad un controllo legger-mente più basso di un paio di millimetri

rispetto a quello delle altre monoposto.C o n s e g u e n z a d i t u t t o c i ò

l’annullamento dell’ultima vittoria e lasospensione dalle gare per due gran pre-mi.

Così l’inglese Hill, freddo calcolatore,nel frattempo riusciva a colmare lo svan-taggio venutosi a creare in precedenza,cercando di piazzare la zampata vincente.

Forse, ci sarebbe pure riuscito se nonfosse incappato in uno scontro non trop-po violento con Schumacher, nel qualeperò la sospensione della sua monopostorimaneva seriamente danneggiata.

Incredibili i momenti di tensione diHill ai box, durante i quali i vari meccani-ci tentavano di raddrizzare la stessa so-spensione: il suo fremito, la sua ansia,l’elevato stato emotivo si incrociavanocon l’accanimento di tutti i suoi appassio-nati e con la pietà che tutti i tifosi davantial televisore invocavano invano.

Il mondiale andava così al tedesco men-tre ad Hill non restava altro che il pianto diuna disperazione non indifferente.

Non dimentichiamoci che era in balloil trono che Senna aveva lasciato vacanteed il solo pensiero che il grande Ayrtondall’alto dei cieli aveva visto quella spet-tacolare lotta, non poteva far altro che in-coraggiare i suoi compagni terreni ariflettere e di conseguenza dire: ancheoggi è trascorso un altro giorno; a propo-sito grazie di tutto grande Ayrton, anche ate Buon Natale. r

Un nuovo sport

a Pace del Mela

di Patrizia Aricò

In un precedente numero de Il Nico-demo, è stata pubblicataun’inserzione in cui si invitavanotutti coloro che fossero interessati a

far parte della nascente squadra di sof-tball (cioè il baseball femminile). L’idea,nata dall’allenatore Josè Schepis, di for-mare una vera e propria squadra, haavuto successo infatti, da circa settemesi ha iniziato così a muovere i primipassi.

Anche la squadra di softball, comequella di baseball si chiama Blue Stars.All’inizio gli allenamenti si svolgevanoal campo sportivo ma, con l’arrivodell’inverno, dal campo ci si è trasferitinella palestra della scuola elementare,grazie all’ assenso della direttrice delcircolo didattico di S. Pier Niceto, la si-gnora Antonietta Sofia, e di quello delcomune di Pace del Mela.

Io per prima, ho aderito a questa ini-ziativa non solo per giocare, ma ancheper stare insieme ad altre persone, e farequindi nuove amicizie.

Sin dal primo giorno, tra noi ragaz-ze, è nata un’unione particolare che, cistimola ad imparare sempre di più.

Noi speriamo che, oltre alla squadradi softball, nascano altre squadre fem-minili riguardanti altri sport. r

Sua Maestà “Alberto”di Carmelo Fiore

Incredibile, fantastico, stupendo, mi-tico: sono alcuni degli aggettivi concui elogiare uno dei personaggi spor-tivi più in voga del momento, il no-

stro Alberto Tomba.Sono sicuro che il suo sarà un Natale

stupendo non solo per le due consecutivevittorie nello speciale in Austria e quellain gigante giovedì 22 u.s. in Alta Badia,ma anche perché ormai può ritenersi cosìforte da tentare di vincere la sua tantoamata e desiderata coppa del mondo.

Il suo eccezionale stato di forma, as-sieme alla tecnica di cui dispone, gli han-no f ino ra consen t i t o d i en t ra r enell’Olimpo dello sci mondiale e scriverecosì alcune entusiasmanti pagine di sto-ria il cui protagonista, questo ragazzonebolognese simpatico, testardo anche seun po’ spaccone, non finirà mai di stupirci

per quei “miracoli” che riesce a compieresu quella neve che ormai è diventata unacomponente essenziale della sua vita.

Il suo sciare ha del meraviglioso, lasua grinta immensa dovrebbe indirizzarciall’impegno nella vita, proprio allo stessosuo modo con la volontà che ha semprecontraddistinto l’uomo tenace, caparbio esicuro.

La sua presenza in una gara di sci al-pino, riesce così tanto ad infiammare isuoi tifosi che il fragore delle voci sembrafarci assistere ad una vera e propria parti-ta di calcio.

Il grande Tomba ci dà appuntamento adopo le feste, nel nuovo anno, per le suestrabilianti avventure e ci lascia sicuri delfatto di avere un grande patrimonio spor-tivo, un vero campione, un personaggiodiventato storia. r

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1994

Nascita di GesùLa Madunnuzza allura cuncipìu,lu figghiu di lu Patri onniputenti,e doppu novi misi u parturiu,scacciannucci la testa a lu sirpenti,intra na rutta aperta e picciriddasupra na manciatura, nta na stadda;nto celu, cumpariu na rossa stidda,chi tutta alluminau dda granni vadda.Dda, l’Ancili, facennu u vaiu e veni,cantavunu cu vuci bedda china,pareva chi ci fussiru i Sireni,nta li campagni, nta dda siritina.Si svigghiunu di u sonnu li pasturi,e sentunu ddu cantu mai intisu,s’affacciunu e dda vidunu i chianurialluminati tutti, un paradisu.Dda currunu, vistuti, nta la rutta,e ligna sicchi portunu cu fretta,ognunu d’iddi, lusu fasciu ammutta,tagghiati cu la runca e la sciunetta.E c’è cui porta simula e farina,furmaggio, tumazzeddi, e cui biscotta,o nparu di picciuni, o na iaddina,o na vascedda, china di ricotta,e mennuli, e nuciddi, e nuci avogghia;iadduzzi cu la cricchia, a chiù parigghia,li posunu dda avanti di la sogghia,luccuti tutti pri la maravigghia.

Supra la pagghia posa lu picciddu,nto menzu di lu boi e l’asineddu,chi lu riparunu di u forti friddu,a Gesù, a ddu Gigghiuzzu, iancu e beddu,cu dda facciuzza e ddi capiddi rizzi,cu dd’occhi vivi, e dda vuccuzza a risu,chi ci scippava a tutti li carizzi,dda facci, ianca e russa di narcisu.Dicevunu alluccuti li pasturi:“dda giuvinedda certu è so matri;lu fici nta sta rutta di squalluri,e chiddu vicchiareddu, è so patri.E’ Gesù, è lu Missia, lu Sarvaturi,chi scisi nta stu munnu, pri sarvari,lu povuru e mishinu piccaturi,ammenzu a li timpesti di lu mari".

Da “Lu Nazarenu”del Sac. Busà Carmelo del 1950

Buon Natale“... Piegò i cieli e discese...Certo, Tu sei la mia lampada, o Signore,è il Signore che illumina le mie tenebre.”

(2 Samuele 22, 10.29)

Sia sempre il Signore, per ognuno di noi,luce, splendore e guida.Questo è il Natale che auguriamo a tutti.

IL NICODEMO