Flora del Parco Archeologico di Ripoli

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Biodiversità in Val Vibrata Studenti e Docenti del IISS "G. Peano - C. Rosa" di Nereto

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Istituto d’Istruzione Superiore Statale

“G.Peano – C. Rosa ”

Nereto

BIODIVERSITA’ IN VAL VIBRATA

Flora del Parco Archeologico di Ripoli

A.S. 2013/2014

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INDICE

Parte prima

Premessa

Il villaggio neolitico di Ripoli

Flora del parco archeologico di Ripoli

Studio di terra di fossa del neolitico

Parte seconda La Preistoria

Il passaggio al genere homo

Paleolitico

Mesolitico

Neolitico

Età del rame

Età del bronzo

Età del ferro

Bibliografia

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PREMESSA

Scavi di Ripoli, ceramiche figuline decorazioni a losanghe e triangoli

Scavi di Ripoli, ceramica figulina, decorazione a fasce con puntini

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Scavi di Ripoli, ceramica figulina, base di vaso Le immagini più delle parole raccontano la bellezza della nostra Valle, la Val Vibrata . Possiamo considerare la nostra Valle come uno splendido scrigno che, passando dal mare alla costa ai paesaggi collinari fino alle zone più elevate, contiene preziose gemme naturali generate nel corso dei millenni. Esiste uno stretto rapporto tra gli esseri viventi e l’ambiente che li ospita. Attraverso continue interazioni si esplica uno sviluppo evolutivo basato su adattamenti dinamici che delineano la morfologia di un territorio e determinano innumerevoli ecosistemi ricchi di Biodiversità. Anche l’uomo, partendo dalla gola di Olduvai ha seguito un cammino evolutivo unico e irripetibile che lo ha condotto alle attuali condizioni. Una fase cruciale dello sviluppo dell’umanità è stata la “rivoluzione neolitica” che ha

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favorito la nascita di comunità sedentarie e villaggi. La storia della Val Vibrata inizia in epoche lontane, in virtù della sua posizione nel medio Adriatico, la nostra Valle è stata appena sfiorata dalle glaciazioni e le frequentazioni dell’uomo risalgono ai primi periodi dell’età della pietra. La Val Vibrata nell’era della pietra levigata, il Neolitico, ha rivestito in Italia un ruolo molto importante. Pochi anni dopo l’Unità d’Italia, a Corropoli, è stato scoperto il villaggio neolitico di Ripoli (5200-4000 a.C.), che ha dato il nome ad una particolare cultura, la cultura di Ripoli , la cui influenza si è diffusa in buona parte dell’Italia centrale. Un’importante testimonianza di questa civiltà è un particolare tipo di ceramica fine. Le ceramiche figuline rinvenute durante gli scavi mostrano capacità artigianali raffinate, sono dipinte, decorate con disegni geometrici, linee e fasce con puntini. I reperti del villaggio di Ripoli paragonati con quelli della stessa epoca, rinvenuti in altre parti d’Italia, si distinguono per eleganza e bellezza, prova evidente che nei nostri antenati neolitici già esistevano quelle capacità operative e quella vena artistica che ora in Val Vibrata si ritrovano in tutto il loro sviluppo. Le tecniche ed i motivi decorativi di Ripoli sono stati trovati in diversi siti, nel Lazio, in Romagna a testimonianza dell'esistenza di traffici e di scambi non solo di prodotti e materie prime tra le varie comunità preistoriche, ma anche di idee e di modelli e quindi di culture. E’ stato entusiasmante visitare gli scavi archeologici e osservare i reperti direttamente in situ (Fig.1). Ammirare la bellezza dei vasi, la maestria nella realizzazione di punteruoli in osso, lame di ossidiana e utensìli vari, genera nei confronti dei nostri antenati sentimenti di stupore e orgoglio.

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Fig.1-Scavi di Ripoli, 10 agosto 2011

E’ emozionante pensare che la terra delle fosse del Neolitico conservi la memoria della vita vissuta migliaia di anni fa dai nostri progenitori. Camminando sul pianoro di Ripoli , si ha la sensazione di tornare indietro nel passato e con un po’ di immaginazione, nel silenzio si può sentire il pulsare della vita preistorica e scorgere le selve primigenie intorno al villaggio. Da sempre le piante hanno accompagnato il cammino dell’uomo. Anche i nostri antenati neolitici utilizzavano le piante a scopo alimentare, tessile, medicinale, per intrecciare cesti, stuoie, corde, per la costruzione di capanne ecc. Da studi paleobotanici sui semi rinvenuti nelle fosse neolitiche sono stati identificati gli stessi cereali che si coltivano ancora

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adesso in Val Vibrata. Le piante infatti attraverso i semi possono viaggiare nel tempo e si può pensare che le piante spontanee del Parco Archeologico di Ripoli appartengano alle stesse specie presenti nel passato. Il progetto “Biodiversita’ in Val Vibrata - Flora del Parco Archeologico di Ripoli” si colloca nell’ambito dell’Educazione Ambientale del nostro Istituto e riguarda la Flora del Parco Archeologico e una ricerca sulla preistoria e sull’evoluzione dell’uomo. E’ importante rendere gli alunni più consapevoli del ruolo svolto dalle piante ed è essenziale lo studio delle varie ere preistoriche, in particolar modo del Neolitico poichè, attraverso una retrospettiva temporale, è possibile ricostruire l’evoluzione culturale che ha portato allo sviluppo della nostra Valle e suscitare negli alunni un vivo interesse per ampliare la conoscenza del territorio. Grazie all’associazione Italico Onlus è stato possibile raccogliere e fotografare le piante spontanee all’interno del Parco Archeologico di Ripoli. L’erbario , realizzato con gli esemplari vegetali raccolti e identificati dalla classe VA del Liceo Scientifico, annovera numerose specie. Le attività sperimentali e le ricerche svolte, sono state raccolte in questo opuscolo realizzato dagli alunni con la collaborazione nella revisione della Prof.ssa Simonetta Ranalli. La Prof.ssa Sandria Di Monte ha curato la grafica delle copertine e la Prof.ssa Daniela Vannicola l’aspetto digitale. Un particolare ringraziamento al Dirigente Scolastico, Prof.ssa Maria Rosa Fracassa per la disponibilità e la sensibilità mostrate nei confronti dei progetti volti a migliorare la conoscenza del territorio. Prof.ssa Marilena Bruni

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VILLAGGIO NEOLITICO DI RIPOLI

Dall'antica fortezza borbonica di Civitella del Tronto si può ammirare un panorama bellissimo e suggestivo. Se si osserva attentamente la verde distesa fino all'Adriatico, si nota un'ampia valle attraversata dal Vibrata. La Val Vibrata costituisce uno dei "santuari" della preistoria italiana , diversi sono infatti gli archeologi che hanno trovato in Val Vibrata numerosi reperti risalenti all'età della pietra. Le prime testimonianze della presenza dell’uomo nel territorio vibratiano risalgono al primo periodo della preistoria, al Paleolitico (età della pietra antica). A Corropoli si trova il villaggio neolitico di Ripoli (5200-4000 a.C.), scoperto nel 1867 dal medico condotto di Corropoli Concezio Rosa che fece eseguire numerosi scavi in vari luoghi raccogliendo moltissimi oggetti (lo stesso Concezio Rosa che denomina insieme a Giuseppe Peano il nostro Istituto). Gli abitanti del villaggio di Ripoli erano dediti all’agricoltura e all’allevamento, ma il villaggio era circondato da ambienti forestali in cui praticavano anche la caccia; sono infatti numerosi i resti ossei di fauna allevata e di prede cacciate come cervidi (Fig.2). La produzione di ceramica era assai sviluppata, sono state riconosciute numerose forme di vasi, statuine stilizzate e diversi impasti della ceramica: a volte a grana grossolana, di colore rosso-bruno, con granuli calcarei, a volte depurati di argilla figulina giallo-chiara o nerastra con superfici spesso lucidate o rossastra. Molto raffinate appaiono le ceramiche figuline con bellissime decorazioni geometriche, a fasce con puntini, a losanghe, a triangoli. I colori sono molto eleganti , per il bruno è stato utilizzato il ferro e il manganese per le tonalità tendenti al rosso. Per quanto riguarda l'industria litica troviamo cuspidi di freccia, punteruoli, anelloni, teste di mazza, lisciatoi, macine in pietra usate per macinare le

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cariossidi dei cereali (Fig.8), pesi di telaio ed anche oggetti di incerta classificazione. L'industria ossea era fiorente: infatti, sono stati trovati punteruoli, spatole, falcetti, pendagli, ecc.. . I ripolni erano soliti importare materie prime, come l’ossidiana e la selce, utilizzate per utensìli e armi da taglio, per poi esportarle una volta lavorate. L’ossidiana non si trova nelle nostre aree, la presenza di ossidiana proveniente da Lipari (Isole Eolie) dimostra un grande movimento di uomini già in età preistorica. Gli scavi archeologici si sono sviluppati all’incirca dal 1870 al 1970, e dopo un lungo periodo di interruzione sono stati ripresi nel 2011, diretti dal Dott. Andrea Pessina. Durante la campagna di scavo del 1914 si scoprì il sepolcreto di Ripoli. In una delle sepolture fu trovato lo scheletro di una donna rannicchiata e, ai suoi piedi, quello di un cane a dimostrazione che nel villaggio il cane era già domesticato. Oggi la tomba della “donna con cane” (Fig.22) è in deposito nel Museo Nazionale di Chieti. Nei primi anni dell’Unità d'Italia in Abruzzo ci fu un grande fervore di ricerche e gli archeologi effettuarono numerose scoperte preistoriche in diversi siti. Il Rosa scoprì anche stazioni del Paleolitico come la grotta di Sant’Angelo, cavità naturale della Montagna dei Fiori. La zona di Ripoli era frequentata da uomini dell’età della pietra già nel 7000-8000 a.C. nel Mesolitico, periodo precedente al Neolitico. Questa presenza mesolitica è vastissima: è una paleo-superficie abbastanza rara, su cui sono presenti, in lenti di ghiaia (Fig.19-livello 30), resti di faune macellate e uno strato continuo di gusci di conchiglie (Fig.3), molluschi che consumavano come alimento. I cacciatori del Mesolitico hanno frequentato questa zona per la presenza del corso d’acqua e sono rimaste le tracce di questi accampamenti stagionali perché le inondazioni le hanno sigillate ricoprendole con depositi alluvionali. Arianna Fanì, Ilaria Sciarroni

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Fig.2- Resti di fauna del neolitico

Fig.3- Paleo-superficie mesolitica, conchiglie e resti di fauna

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FLORA DEL PARCO ARCHEOLOGICO DI RIPOLI

La vegetazione spontanea della zona archeologica vanta un numero ragguardevole di piante; la presenza di maggiore Biodiversità si riscontra nella vegetazione ripariale di un piccolo corso d’acqua che si può pensare conservi ancora le specie presenti nel passato, considerando la scarsa antropizzazione e la difficoltà nella coltivazione di queste aree. Tra le piante si annoverano il nasturzio (Nasturtium officinale), la Cicuta (Conium maculatum), famosa per le sue proprietà velenose (l’infuso ricavato da questa pianta diede la morte al filosofo greco Socrate), il Cardo dei lanaioli (Dipsacus fullonum), che produce infiorescenze spinose che venivano usate in passato, anche nel periodo neolitico , per cardare la lana . Quest’ultimo è stato molto importante per il villaggio di Ripoli data la grande quantità di strumenti per la tessitura trovati nel sito archeologico, quali i pesi di telai (Fig.4).

Fig.4- Scavi di Ripoli, peso di telaio

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Studi paleobotanici sulle cariossidi trovate nelle fosse neolitiche (Fig.5) hanno messo in evidenza che nel villaggio di Ripoli si coltivavano:

• Farro , Triticum dicoccum • Farro grano, Triticum monococco (è una delle

prime forme coltivate di grano ) • Grano Tenero , Triticum aestivum • Orzo , Hordeum vulgare/distichum

Fig. 5 - Scavi di Ripoli, ricerca delle cariossidi di cereali

Fig. 6- Scavi di Ripoli, frammento di macina

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Il progetto “Biodiversità in Val Vibrata - Flora del Parco Archeologico di Ripoli”, prevede la raccolta e successiva identificazione delle piante spontanee del Parco archeologico di Ripoli. Le piante raccolte sono state essiccate e attaccate su cartoncini. Ciascuna tavola d'erbario presenta scritto in basso a destra il nome della specie e la relativa famiglia, il nome comune, la località e la data di raccolta (22 aprile 2012), l'altezza sul livello del mare e infine il nome del raccoglitore, preceduto dalla parola Legit (raccolse). Le tavole d’erbario attualmente sono esposte nell’atrio del Liceo Scientifico. Di seguito sono elencati i nomi delle famiglie delle piante identificate e il nome scientifico delle specie preceduto dal nome comune .

ALISMATACEAE Alisma acquatica, Alisma plantago-aquatica (Fig.7)

Fig. 7- Alisma acquatica, Alisma plantago-aquatica

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ARACEAE Gigaro, Arum italicum

ASPARAGACEAE

Latte di gallina, Ornithogalum umbellatum (Fig.8)

ASTERACEAE Margheritina , Bellis perennis

Cardo mariano, Silybum mariano Lattuga velenosa, Lactuca virosa

Artemisia, Artemisia vulgaris Camomilla, Matricaria camomilla (Fig.9)

Cicoria selvatica Cicorium intybus Tarassaco, Taraxacum officinale

Crespigno dei campi, Sonchus oleraceus

BORAGINACEAE Borragine, Borrago officinalis

Consolida maggiore, Symphytum officinale

Fig. 8- Latte di gallina Fig. 9- Camomilla, Matricaria camomilla

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CAPRIFOLIACEAE Sambuco comune, Sambucus nigra

Cardo dei lanaioli, Dipsacus fullonum (Fig.10)

CONVOLVULACEAE Vilucchio bianco, Calystegia sepium

Vilucchio, Convolvulus arvensis

Fig. 10- Cardo dei lanaioli, Dipsacus fullonum

CORNACEAE Sanguinella, Cornus sanguinea

CRUCIFERAE

Alliara , Alliaria petiolata Borsa di pastore, Capsella bursa pastoris Crescione, Nasturtium officinale (Fig.11)

Erba di Santa Barbara, Barbarea vulgaris

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CUCURBITACEAE Brionia , Bryonia dioica

EQUISETACEAE

Coda di cavallo, Equisetum arvense

EUPHORBIACEAE Erba calenzuola, Euphorbia celioscopia

FABACEAE

Sulla, Hedysarum coronarium Veccia, vicia sativa

FAGACEAE

Roverella, Quercus pubescens

GERANIACEAE Geranio, Geranium dissectum

Erba Roberta, Geranium robertianum

LABIATE Salvia selvatica, Salvia pratensis

Matricale , Stachys sylvatica

LAURACEAE Alloro , Laurus nobilis

MALVACEAE

Malva, Malva sylvestris

ORCHIDACEAE Orchidea maggiore, Orchis purpurea (Fig.12)

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Fig. 11- Crescione Fig. 12- Orchidea maggiore OXALIDACEAE

Acetosella, Oxalis articulata

POLIGONACEAE Romice, Rumex crispus

PLANTAGINACEAE

Piantaggine, Plantago lanceolata

RANUNCULACEAE Clematide, Clematis vitalba

Ranuncolo, Ranunculus acris

ROSACEAE Cinquefoglio, Potentilla reptans

Biancospino, Crataegus monogyna Bibinella salvastrella, Sanguisorba minor

Rovo, Rubus ulmifolius

SCROPHULARIACEAE Occhi della Madonna, Veronica persica

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Veronica acquatica, Veronica anagallis (Fig.13) Linaria , Linaria vulgaris

Tasso barbasso, Verbascum thapsus

TAMARICACEAE Tamerice comune, Tamarix gallica

POACEAE Canna comune, Arundo donax

PAPAVERACEAE

Papavero, Papaver rhoeas

UMBELLIFERAE Carota selvatica, Daucus carota

Cicuta, Conium maculatum (Fig.14) Sedano d’acqua, Apium nodiflorum

URTICACEAE

Ortica , Urtica dioica

ULMACEAE Olmo, Ulmus minor

Fig. 13- Veronica acquatica Fig. 14- Cicuta, Conium maculatum

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STUDIO DI TERRA DI FOSSA DEL NEOLITICO Durante l’anno scolastico 2011/2012 è stato iniziato un progetto sulla biodiversità in Val Vibrata, da parte della classe III A, che si è protratto fino all’anno scolastico 2012/2013. Il progetto prevedeva l’ identificazione delle erbe spontanee del Parco del sito di Ripoli e l’analisi di un campione di terra di fossa del Neolitico, setacciata durante gli scavi e messa a disposizione dall’équipe degli archeologi. Gli alunni della classe, divisi in gruppi, hanno analizzato porzioni di terra e hanno rinvenuto vari reperti: piccole conchiglie di molluschi (Fig.15), resti di fauna come frammenti di ossa (Fig.16), elementi fittili, ossia piccole schegge di vasellame. E’stato inoltre osservato del materiale vegetale (Fig. 16), ma si tratta probabilmente di radici di piante recenti, in quanto le sostanze organiche deperibili difficilmente si conservano. I frammenti raccolti sono stati posti su vetrini e osservati al microscopio ottico per un'analisi più dettagliata. Dei resti delle radici è stato osservato il tessuto conduttore formato da cellule disposte in fila, che formano piccoli tubicini, i vasi conduttori; il vetrino del tessuto osseo ha messo in evidenza la tipica struttura lamellare e le cellule, gli osteociti, alloggiati nelle cavità della matrice ossea. E’stato molto interessante effettuare queste ricerche, il contatto diretto con la terra di di fossa del Neolitico, che ancora custodisce la testimonianza di vita vissuta tantissimi anni fa, ci ha emotivamente avvicinati ai nostri antenati. Questo viaggio nel passato ha ampliato le nostre conoscenze su questa cultura primitiva che già mostrava propensioni artistiche e sviluppate abilità manuali nella realizzazione di ceramiche e utensìli. E’ incredibile come la cultura di Ripoli, che identifica il periodo neolitico dell’Italia centrale, sia poco

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conosciuta e valorizzata. Ci auguriamo che questo progetto possa rappresentare uno strumento per migliorare la conoscenza del nostro territorio e uno spunto di riflessione sulle origini culturali e commerciali della nostra Valle.

Lorenzo Bortolusi

Fig. 25- Conchiglie di molluschi

Fig. 16- Frammento osseo e materiale vegetale

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LA PREISTORIA L’archeologia preistorica è la scienza che studia la cultura materiale dell'uomo preistorico attraverso l'analisi dei reperti materiali quali utensìli in pietra, osso, legno o corno e tutte le manifestazioni artistiche riscontrabili nei periodi preistorici più recenti. La preistoria è il periodo della storia umana che precede convenzionalmente la scrittura, quindi la storia documentata . La lunghissima fase della storia dell'uomo antecedente all'invenzione della scrittura dovrebbe iniziare circa 200 000 anni fa quando in Africa appare un tipo umano, l'Homo sapiens che dal punto di vista anatomo-morfologico risulta in tutto identico all'uomo attuale. Tuttavia circa 2,5 milioni di anni fa, l’Homo habilis, a cui appartengono le prime testimonianze di cultura materiale, sempre in Africa, inizia ad utilizzare per la prima volta degli utensìli di pietra (chopper) dando inizio alla storia della tecnica e si può ipotizzare una possibile contemporanea origine del pensiero, che darà a sua volta inizio alla religione, all'arte, alla filosofia ed alla scienza . La preistoria viene convenzionalmente suddivisa, in prima approssimazione in diverse fasi:

Età della pietra (Paleolitico, Mesolitico, Neolitico)

Età del rame

Età del bronzo (Fig.17)

Età del ferro

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Fig.17- Ripoli, fusione del bronzo e produzione di lame (ricostruzione)

Fig.18- Ripoli, forno e vasi neolitici 28/04/13 (ricostruzione)

Fig.19- Armi neolitiche (ricostruzione) Scavi archeologici di Ripoli (8/10/2011)

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IL PASSAGGIO AL GENERE HOMO

Nel 1925 Raymond Dart, un brillante paleoantropologo dell'epoca, fece una scoperta eccezionale a Taung in Sud Africa: un cranio infantile datato circa 2 milioni di anni fa. Chiamò il reperto "Australopiteco": un termine composito derivato dal latino "australe" (del Sud) e dal greco "pithecus" (scimmia), nome che avrebbe poi avuto un grande successo e che identificherà gran parte dei reperti Ominidi africani datati dai 4 ai 2 milioni di anni fa. Il genere Australopithecus precede e accompagna la comparsa del genere Homo. Gli australopiteci sembrano aver avuto un numero di specie molto elevato, segno di un notevole successo adattativo, vengono per questo divisi in quattro-cinque gruppi più importanti. Tutti gli australopiteci si sono estinti entro 1 milione di anni fa a causa della modificazione degli habitat e in conseguenza del cambiamento climatico globale che andava verso un generale raffreddamento. Molti autori distinguono gli Australopiteci in forme "gracili" (afarensis, africanus, anamensis) e forme "robuste" (boisei, robustus, aethiopicus) in base alle differenze di costituzione ossea. Generalmente gli australopiteci sono costituiti da un mosaico di caratteristiche morfologiche umane e appartenenti alle scimmie antropomorfe: risultano infatti bipedi, pur conservando residue capacità di arrampicamento sugli alberi, presentano un cervello piccolo, un notevole prognatismo sotto-nasale e mandibole molto robuste che contengono denti grandi a smalto spesso. La loro dimora è stata esclusivamente l'Africa: Orientale per gli anamensis, afarensis, aethiopicus e boisei; Meridionale per gli africanus e robustus; in base a tutti i dati precedentemente citati è evidente che l’ Australopithecus non è mai giunto nella penisola italiana.

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L’ Homo habilis è considerato il primo rappresentante del genere Homo, anche se non mancano contestazioni che associano questa specie al genere Australopithecus. Fino a pochi decenni fa, l'evoluzione della forma umana vedeva il susseguirsi di habilis, erectus, neanderthal e sapiens, ma le crescenti scoperte hanno indotto a riconoscere la presenza contemporanea di più specie appartenute al genere Homo. Il genere Homo è stato suddiviso in alcune sottospecie: Homo rudolfensis, Homo heidelbergensis, forma evoluta europea di Homo erectus, Homo ergaster. La scoperta di nuovi fossili molto particolari, ha recentemente portato alcuni paleoantropologi ad escludere il genere Australopithecus dalla nostra ascendenza. Tuttavia questo non basta per fare chiarezza sulla nostra origine . Le nuove scoperte, oltre ad imporre il riordino di una parte dei fossili, influenzeranno il modo in cui sarà ridisegnato il "cespuglio evolutivo" che ha condotto all’ Homo sapiens.

Cristian Ardente , Riccardo D’Antonio, Enrico Monti

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IL PALEOLITICO

Incredibile pensare come in un pianeta così giovane e piccolo si sia concentrata tutta la vita del Sistema Solare. La linfa vitale, scorrendo in ogni angolo, ha costellato di vita il globo. Il processo evolutivo ha prodotto una grande varietà di organismi ed ha visto l’ affermazione del genere Homo. Il Paleolitico (dal greco " età della pietra antica") fu il primo periodo in cui si sviluppò la tecnologia umana con l'introduzione dei primi strumenti in pietra da parte di diverse specie di ominidi (circa 2,5 milioni di anni fa), e che termina con l'introduzione dell'agricoltura con il passaggio al Mesolitico. Tra le ere geologiche corrisponde a quella del Pleistocene (da 2,58 milioni a 10000 anni fa). Durante il paleolitico si sono verificate varie glaciazioni, durante le quali i ghiacci avevano coperto gran parte dell'Europa settentrionale e centrale, spingendosi fin quasi sulle coste del Mar Mediterraneo e provocando l'abbassamento del livello del mare di oltre 100 metri. Sulla catena alpina e in misura minore sugli Appennini, enormi lingue glaciali scendevano fino a ricoprire le vallate pedemontane. Il periodo che va da circa 2,5 milioni di anni fa a circa 120.000 anni fa, corrisponde al Pleistocene inferiore e medio e alle glaciazioni di Günz, Mindel e Riss con i periodi interglaciali intermedi. In questo periodo si diffondono l'Homo habilis e l'Homo erectus. In Italia a Pirro Nord nei pressi di Foggia è stata rinvenuta la più antica testimonianza della presenza del genere Homo in Europa con datazione attribuibile tra 1.300.000 e 1.700.000 anni fa: resti di vertebrati fossili associati a manufatti litici, in particolare schegge lavorate di selce. In Molise a pochi passi da Isernia è stato trovato un paleosuolo che documenta resti di un accampamento di cacciatori vissuti più di 700.000 anni fa. Fra crani di bisonte, mandibole di rinoceronte e zanne di

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elefante, sono emersi manufatti in selce e calcare segno evidente della presenza dell’Homo Aeserniensis (Uomo di Isernia). Durante il Pleistocene superiore, da circa 120.000 a circa 36.000 anni fa, comprendente il periodo interglaciale di Riss-Würm e parte del periodo glaciale di Würm , si diffonde in Europa l'Homo neanderthalensis ; in Italia sono numerosi i ritrovamenti di resti ossei dei neandertaliani rinvenuti nel Lazio, in Liguria e in Abruzzo. L’Homo sapiens ha avuto origine in Africa circa 200.000 anni fa, ma i primi resti di questa specie in Europa compaiono attorno ai 30.000 anni fa, con i famosi scheletri detti di Cro-Magnon dalla località del sud della Francia dove furono ritrovati per la prima volta. I Cro-Magnon, presenti anche in Italia, erano essenzialmente uomini come noi, capaci di fabbricare arnesi sempre più raffinati e complessi e di espressioni artistiche quali , ad esempio, le pitture rupestri in ocra rossa e i graffiti rinvenuti nella grotta di Paglicci nel Gargano (Fig.20-Fig.21). Con la fine dell'ultima glaciazione, tra 15000 e 10000 anni fa, e il conseguente aumento delle temperature, i ghiacciai ripresero a sciogliersi, e il livello dei mari si rialzò nuovamente. I gruppi umani, prevalentemente nomadi o a sedentarizzazione periodica, erano caratterizzati da un'economia di caccia e raccolta che si andò evolvendo con lo sviluppo di forme di caccia specializzata e con l'apparizione della pesca. Le abitazioni erano inizialmente semplici ripari naturali, a cui si aggiunsero capanne costruite con pelli di animali. In questo periodo si iniziò a controllare il fuoco e poi ad accenderlo. Negli ultimi anni si è rafforzata la teoria che vede la specie sapiens evolvere in maniera indipendente dall’uomo di Neanderthal. L’uomo di Cro-Magnon, ovvero ascrivibile all'uomo moderno, sostituisce in Europa l'uomo di Neanderthal

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Fig.20-Paglicci, cavallo verticale Fig21-Paglicci, graffiti zoomorfi (che pare si estingua circa 28 000 anni fa) in un arco di tempo relativamente breve ma con una certa convivenza di alcune migliaia di anni, anche se non è ancora possibile stabilire che tipo di relazioni (collaborazione, indifferenza, guerra) si fossero stabilite tra i due gruppi umani. Pare indubbio, comunque, che le pulsioni artistiche furono comuni ad entrambe le specie. Il paleolitico è caratterizzato dalla realizzazione degli strumenti in pietra con la tecnica della pietra scheggiata. Nel paleolitico inferiore gli utensìli sono realizzati con ciottoli scheggiati o manufatti a forma di mandorla; nel paleolitico medio con la lavorazione delle schegge staccate da un nucleo e nel paleolitico superiore con la lavorazione delle lame. La presenza dell'uomo in Abruzzo è documentata fin dall'età paleolitica. In quell'epoca gli insediamenti umani erano numerosi e sparsi in tutta la regione.

Lorenzo Bortolusi, Lorenzo Traini, Federico Tosti

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MESOLITICO Il mesolitico o epipaleolitico è il periodo intermedio dell'età della pietra tra il Neolitico e il Paleolitico, è un breve periodo di transizione, durato circa 2000 anni. Ebbe inizio 10000 anni fa e fu caratterizzato da un miglioramento della tecnica di lavorazione della pietra dalla quale si ricavavano oggetti per la caccia e la raccolta dei vegetali. E’ caratterizzato dallo scioglimento dei ghiacciai, dal conseguente estendersi delle foreste temperate nell' Europa centrale e dal progressivo generale riscaldamento della Terra. La desertificazione di vaste aree della Terra, provocherà in seguito il diradarsi delle grandi mandrie di erbivori obbligando l'uomo a divenire stanziale, a passare dalla caccia in gruppo a prede di grande dimensioni, alla pesca e alla caccia di animali di piccola taglia. Non più soggetto a grandi spostamenti stagionali per predare, in crisi culturale ed alimentare, l'Uomo arriverà lentamente all'agricoltura e all'allevamento di animali domestici. Ci fu uno sviluppo delle armi da lancio come l’arco, i cacciatori-raccoglitori, in genere nomadi, di quest’era elaborano tecniche sofisticate di lavorazione della pietra, come quella detta "microlitica", nella quale piccole schegge di selce fissate a manici in legno o in osso sono utilizzate per costruire utensìli, conosciuti come microliti, per la caccia e la raccolta dei vegetali. Di questa epoca in Abruzzo sono stati fatti vari ritrovamenti anche in Val Vibrata. Luigi Consorti, Gianmarco Mercuri, Andrea Palmieri

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NEOLITICO Questo periodo, il cui nome deriva da un modo nuovo di lavorare la pietra, dal greco "neo" nuova e "litos" pietra, compare in Abruzzo circa 6.500-7000 anni fa. Si parla di “rivoluzione del Neolitico” in cui si verifica il passaggio da un'economia di caccia e raccolta a una di tipo produttivo, basata sulla domesticazione di piante e animali. Dopo un lungo periodo di "manipolazione" delle piante selvatiche, consistente nella loro raccolta e nell'immagazzinamento, si arrivò, intorno alla metà dell'VIII millennio a.C., alla domesticazione di cereali (soprattutto il farro, Triticum dicoccum) e leguminose, in una vasta area, denominata la “mezzaluna fertile”, compresa tra l'Anatolia orientale, l'Iraq settentrionale, la Palestina e l'Iran occidentale. Iniziò a diffondersi anche l’arte della ceramica. Lentamente l'uomo abbandonò lo stile di vita nomade delle culture dei cacciatori-agricoltori a favore di una vita seminomade. Le prime civiltà neolitiche iniziarono ad organizzarsi lungo i fiumi Nilo, Tigri ed Eufrate. Il passaggio da un'economia basata sulla caccia e sulla raccolta, che ha accompagnato l'uomo per la gran parte della sua storia, ad un'economia basata invece prevalentemente sulla coltivazione e sull'allevamento è stato certamente di estrema importanza per l’evoluzione umana. Accettato come centro di origine il Medio Oriente, ove certamente un aumento della piovosità favorì la diffusione delle graminacee, gli stadi successivi della transizione neolitica non sono ben delineati. Caccia e raccolta di frutti furono soppiantati dall'agricoltura e dall'allevamento del bestiame (capre, pecore, maiali). A questo periodo risalgono momenti cruciali nella storia dell'Uomo: l'invenzione della ruota, la ceramica, la

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tessitura. I trasporti attraverso il mare e le vie d'acqua consentirono lo scambio di prodotti tra popolazioni e quindi di cultura. In Italia gli stanziamenti abitativi resteranno concentrati in collina o in prossimità dei corsi d'acqua, essendo il fondo valle ancora occupato da vaste zone d'acqua. Il primo periodo di questa cultura stanziale prenderà il nome di "cultura della ceramica impressa", contraddistinta dal tipo di decorazione impressa sulla superficie cruda dell'argilla con semplici strumenti come bordi di conchiglia o bastoncini. Al periodo della ceramica impressa segue quello della "ceramica dipinta", in Abruzzo si ha un periodo neolitico con caratteristiche proprie, che lo distinguono dalle altre culture coeve e che prende il nome di "cultura di Ripoli" , dalla località dove si scoprirono i primi resti di un villaggio nel comune di Corropoli. La cultura di Ripoli abbraccia un lungo arco temporale e termina quando si conclude l'età della pietra ed inizia quella dei metalli. Pierpaolo Ferrovecchio, Bruno Maze

Fig.22- Scavi di Ripoli, “donna con cane”

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LA MUSICA NEL NEOLITICO

Vi sono varie ipotesi sull'origine della musica: non si sa se sia nata per imitare suoni e rumori naturali, ad esempio i rumori dell'acqua, del vento, o se il fenomeno musicale, come gran parte dei fenomeni umani, sia legato a scopi sociali ben precisi. I primi oggetti sonori compaiono nel Paleolitico superiore, parallelamente all’arte simbolica e figurativa. Pietre, conchiglie, terracotta, ossa e corna, sono i maggiori materiali utilizzati per la creazione di strumenti che, relativamente alla loro diversa struttura, possiedono differenti proprietà acustiche. Tra gli strumenti segnalati da vari studi, nell'età del Neolitico troviamo fischietti, flauti, corna, arpe e sonagliere , queste ultime formate da piccoli oggetti quali conchiglie, noci, semi, denti di animali e altro legati da una cordicella, ad anello o a grappolo, che scontrandosi tra loro producevano suoni particolari. I fischietti erano nella maggior parte dei casi in ossa di animali o in terracotta, oppure venivano ricavati dalle stalattiti delle carverne. Le ossa lunghe di grandi uccelli venivano impiegate come flauti, con i buchi per le dita. Il flauto di Isturitz di 38.000 anni fa viene indicato come il più antico. L'arpa di terra consisteva in una buca scavata nel terreno e ricoperta con corteccia d'albero. Su di essa si tendeva una corda legandola a un bastone infisso a terra e percuotendola o pizzicandola si otteneva una particolare risonanza. Molto probabilmente la musica nella preistoria veniva impiegata in cerimonie e rituali, ma non si può escludere l’uso per semplice diletto dell'uomo, che nonostante la limitatezza del materiale riusciva a ricavarne perfetti strumenti adatti alle sue necessità.

Luca Montelisciani

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ETÀ DEL RAME Verso la fine del III millennio a.C. inizia il periodo eneolitico, dove avviene lo sviluppo culturale, caratterizzato da influssi provenienti dall’ area Egeo-anatolica. L’età del Rame, periodo successivo al Neolitico, è caratterizzata da un’altra fondamentale innovazione, la metallurgia, con lo sviluppo della lavorazione del rame, metallo che si trova puro in giacimenti diffusi soprattutto lungo l’arco alpino, con il quale, attraverso la fusione, sono realizzati nuovi attrezzi e soprattutto armi. L’estrazione dei minerali di rame e la lavorazione del metallo comporta la nascita di artigiani specializzati e di nuove figure professionali all’interno dei villaggi con conseguente divisione del lavoro, mentre la richiesta degli oggetti in metallo, considerati beni di prestigio, favorisce lo sviluppo del commercio e le relazioni tra le varie comunità. La produzione di armi (pugnali e asce) indica anche l’insorgere di antagonismi tra le popolazioni, provocati dall’aumento dei beni da salvaguardare (materie prime, pascoli, animali) e dalla crescita del potere economico di alcune persone all’interno delle società. Il pugnale e l’ascia di rame rappresentano, oltre che oggetti polifunzionali, anche degli “status symbol” per le persone che li possiedono, capi e guerrieri. Si formano nuovi gruppi sociali, in particolare i guerrieri, personaggi eminenti che hanno il potere delle armi e che difendono i propri villaggi ed i propri beni, con conseguente trasformazione delle società in senso gerarchico. L’utilizzo e la lavorazione del rame non si diffondono contemporaneamente in ogni regione e molte comunità continuano la lavorazione della selce e delle pietre levigate che divengono anch’esse

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importanti merci di scambio. Innovazioni tecniche si hanno anche nell’agricoltura con l’introduzione dell’aratro a trazione animale che migliora notevolmente il lavoro nei campi. L’addomesticazione del cavallo, avvenuta in questo periodo, contribuisce a facilitare lo spostamento a lungo raggio, anche se limitatamente a poche persone di rango elevato. Le società eneolitiche sviluppano il culto dei morti con nuovi e complessi rituali e pratiche funerarie e creano all’esterno di molti insediamenti aree adibite esclusivamente alle sepolture e alle cerimonie (necropoli e aree di culto). Gli uomini di Ripoli subiscono l'influenza di popolazioni esterne che praticano la pastorizia e introducono strumenti in rame. E' un periodo di transizione che mostra grande mobilità e intensità di scambi "commerciali" e culturali. Ritrovamenti eneolitici sono stati rinvenuti nella grotta della Punta, nel Fucino e in una necropoli presso la grotta di Assergi (Aq). Federica Di Marco, Laura Iuvalò, Francesca Bianconi

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ETÀ DEL BRONZO L’età del bronzo, che si afferma in Europa occidentale nel II millennio a.C., corrisponde al periodo in cui l'uomo riesce a produrre e a lavorare il bronzo, lega di rame e stagno. L'Italia di questo periodo presenta aspetti culturali peculiari nelle varie regioni, quali la "cultura delle palafitte" (nord Italia) "cultura appenninica" (lungo la penisola) e le "culture isolane" (in Sicilia). In questo periodo la caccia e la pesca riacquistano spazio rispetto all'agricoltura. In Abruzzo la prima età del bronzo inizia con la cultura protoappenninica, di cui sono pervenute due capanne ed una sepoltura contigua nei pressi di Torre de' Passeri (Pe). Tra i manufatti metallici sono importanti i pugnali triangolari ritrovati a Loreto Aprutino (Pe), le asce di Capestrano (Aq) e di Alanno (Pe). Segue poi la cultura appenninica, tipica delle popolazioni dedite alla pastorizia transumante lungo gli Appennini, soprattutto nella zona del Fucino. Sono state ritrovate numerose armi tra le quali pugnali, spade, coltelli, lance ed oggetti ornamentali, sempre in bronzo, come spilloni e fibule. La prima cultura appenninica in Abruzzo è databile tra il 1.400 e il 1.300 a.C.; ma non soppianta del tutto le culture preesistenti e, in alcuni casi, persistono enclave di culture neolitiche ed eneolitiche. E' caratterizzata da una prevalenza della pastorizia sull'agricoltura e dalla ceramica nera, abbastanza raffinata, con incisioni ed intagli prodotte sul vaso non ancora cotto. Un grande villaggio appartenente all’eta’ del bronzo, si trova a Madonna degli Angeli di Tocco Casauria. I resti di fauna testimoniano una significativa attività di caccia parallela ad un'attività di allevamento del bestiame, anche del cavallo; l’Abruzzo diverrà in seguito la fucina

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della cavalleria italico-romana. Con questa cultura si ritiene conclusa la Preistoria e si entra nella Protostoria, nell'età del ferro o "italica".

ETA’ DEL FERRO Corrisponde all'epoca in cui l'uomo riesce a lavorare e ad usare il ferro e si riscontra in Italia, a partire dalla prima metà del I millennio a.C. In Abruzzo, come in tutta Italia, i ritrovamenti dell'età del ferro sono più che altro funebri. Tutti i ritrovamenti confermano in genere l'esclusività quasi totale del rito dell'inumazione , a cui talvolta si alterna l'incinerazione. La tomba è una fossa rettangolare, a forma di cassone, senza fondo, in cui il cadavere è quasi sempre accompagnato dal suo corredo di vasi, armi, ornamenti. Vicino Sulmona (Aq) e Corfinio (Aq) numerose tombe sono invece a cripta, cioè a grotta artificiale. Nella necropoli di Campovalano (Te) sono state rinvenute le tombe a tumulo , testimonianze della cultura dei Piceni. Sempre in età del ferro sui Piceni cominciarono ad affermarsi popolazioni cosiddette italiche, di lingua ed origine indoeuropea, che penetrarono in Italia tra il II e il I millennio a.C. provenienti dal nord. La testimonianza più importante di questo periodo è la statua del "guerriero di Capestrano" , rinvenuta in località Capodacqua di Capestrano (Aq), una stele funeraria della seconda metà del VI secolo a.C., raffigurante un guerriero con armi da offesa e difesa conservata, insieme a moltissimi altri reperti, nel museo archeologico di Chieti. Giorgia Camaioni, Lorenza Di Felice, Fioretta Fiorà, Giorgia Gasparroni

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Bibliografia

- L’ITALIA E LA SUA STORIA ENCICLOPEDIA ITALIANA TRECCANI - ABRUZZO VERDE - ASPETTI E PROBLEMI DEL

PAESAGGIO VEGETALE E DELLA FLORA F. PRATESI, C. CONSORTE, A. FRATTAROLI, G. PIRONE

- IL GLOBO TERRESTRE E LA SUA EVOLUZIONE ELVIDIO LUPIA PALMIERI ZANICHELLI

- QUADERNI DELLA VAL VIBRATA CIRCOLO CULTURALE BORGOGNONI CORROPOLI 1992

- MONOGRAFIA DELLA PROVINCIA DI TERAMO

- MODULI DI BIOLOGIA VINCENZO BOCCARDI EDITRICE LA SCUOLA

- FLORA D’ABRUZZO MICHELE LASTORIA DELTAGRAFICA-TERAMO - L'AGENDA D'ABRUZZO 1987 EDITRICE ITALIA 35

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- LA MEDICINA DEI SEMPLICI IL MONASTERO DELLA CERTOSA DI PAVIA - LE ERBE FRATELLI FABBRI EDITORI - CONOSCERE LA NATURA D'ITALIA

IST.GEOG. DE AGOSTINI NOVARA

- STUDIO DELL’AMBIENTE GEOLOGICO GEOMORFOLOGICO ED IDROGEOLOGICO PROVINCIA DI TERAMO

LEO ADAMOLI - NATURALMENTE - GUIDA ALL'EDUCAZIONE AMBIENTALE PAOLO CHIGHIZOLA BRUNO MONDADORI - LE VALLI DELLA VIBRATA E DEL SALINELLO TERCAS - CONOSCI L'ABRUZZO GUIDA AI COMUNI EDIARS OGGI E DOMANI - ALBERI, ARBUSTI ED ERBE DELLA SARDEGNA RENATO BROTZU IL MAESTRALE - BIODIVERSITA' E PROTEZIONE DELLA NATURA

MINISTERO DELL'AMBIENTE

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La copertina fronte/retro è stata realizzata dalla Prof.ssa Sandria Di Monte con la collaborazione degli alunni della classe VA

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