Flaminia

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Flaminia Uno strumento open source per la progettazione e la valutazione di caratteri per segnaletica

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Flaminia. Un progetto opensource per la progettazione e la valutazione di caratteri per segnaletica.Flaminia. An opensource project for the design and evaluation of fonts for signage.

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FlaminiaUno strumento

open source

per la progettazione

e la valutazione

di caratteri

per segnaletica

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Politecnico di Milano, Facoltà del Design Anno Accademico 2007–2008 Laurea Specialistica in Design della Comunicazione

Tesi di laurea di Andrea Bergamini Relatore Stefano Mandato Correlatori Luciano Perondi & Luigi Farrauto

Testo composto in Fedra Serif e Stag

Stampato su carta Fedrigoni Splendorgel Extra White (115 gr/m2) Stampato presso pixart.it

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Mañana

habrá que trazar unos signos,

dibujar un paisaje, tejer una trama

sobre la doble página

del papel y del día.

Mañana habrá que inventar,

de nuevo,

la realidad de este mundo.

— Octavio Paz, Primero de Enero

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Premessa xi

Introduzione xiii

01. Breve storia della segnaletica 15

L ☞ a segnaletica agli albori 17I miliari 1 → 7Il → tci 20Il → tube 25

S ☞ egnaletica e progetto 25Le strad → e inglesi 27Le → Interstate 33Il Burea → u Mijksenaar 36

P ☞ aese che vai, carattere che trovi… o quasi 39

S ☞ egnaletica e sicurezza stradale in italia 45Il sistem → a produttivo 46Le ricerche di → 3m 46

02. Indicare la strada 57

I ☞ l segnale 59I messaggi 5 → 9I contenuti 6 → 2Tipografia 6 → 2Freccia 6 → 4Pittogramma 6 → 7Forma 7 → 0Colore 7 → 1

I ☞ l wayfinding design 73

I ☞ requisiti di una buona segnaletica 74

v ☞ ariabili tecniche, umane ed ambientali coinvolte 74La riflessione 7 → 5Il colore 7 → 5I sistemi catadiottrici 7 → 7Le tecniche 7 → 9visibilit → à e leggibilità 81I movimenti oculari 8 → 1L’ipovisione 8 → 2Il fattore ambientale 8 → 5

03. Type–design per segnaletica 89

Re–design di un carattere per segnaletica ☞ 91Interviste 9 → 1

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indice | vii

A ☞ nalisi dei casi studio 99Transport 9 → 9mol 10 → 1Clearview → hwy 102anwb 10 → 6Grover 10 → 8Optica 10 → 9

04. Il progetto Flaminia 111

R ☞ iprogettare l’Alfabeto 113Necessit → à del re–design 113L'analis → i del Codice 114

u ☞ n sistema di variabili 117Le variabili di controllo 11 → 7La Multiple Master 11 → 7Il caratter → e di partenza 118La rotondità 11 → 8La larghezza 12 → 0L'altezza della → x 121Lo spessore 12 → 1Le frecce 12 → 2L'apertura 12 → 2Lo spessore 12 → 3L'altezza della → x 124I glifi alternativi 12 → 4Il risultato: → F. Sans 125Il risultato: → F. Arrows 126La → ii fase 130Flaminia Rounded 13 → 0Flaminia Serif 13 → 2Flaminia Irregular 13 → 4

05. Conclusioni 137

P ☞ roprio la persona che cercavo! 139

L ☞ a condivisione della conoscenza 140

Fonti 142

Ringraziamenti 147

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Premessa

Segua le indicazioni, non può sbagliare… Se questa è la risposta della persona a cui abbiamo chiesto la strada, pos-siamo già rassegnarci all’idea che, a meno di non trovare un’altra indicazione più precisa, ci perderemo sicuramente.

Purtroppo funziona così la segnaletica in Italia, o meglio, non funziona così: solo per fare un esempio il 6,91% degli incidenti in Italia nel 2005 sarebbero stati da attribuirsi, secondo l’istat, ad episodi riguardanti il mancato rispetto del segnale di stop. La Ricerca sullo stato della segnaletica stra-dale realizzata da 3m ha poi evidenziato che in nessuno dei casi analizzati questo tipo di intersezione ha riportato una segnaletica orizzontale e verticale contemporaneamente a norma.

I dati che dimostrano le deficienze troppo spesso ingiusti-ficate del nostro sistema segnaletico non mancano (la prima ricerca di 3m risale già al 1998), ma il problema rimane drammaticamente visibile ogni giorno sulle nostre strade. Segnali vecchi che convivono con i nuovi, indicazioni che, quando non sono completamente ‘divorate’ dalla natura circostante risultano consumate dalla ruggine, mal collo-cate o, più semplicemente, non collocate affatto; e se poi è vero che il sistema di segnaletica stradale di un paese ne costituisce uno dei primi biglietti da visita per i turisti che lo visitano, ahinoi!

uno dei principali problemi della segnaletica italiana sembrerebbe essere l’assenza di un organo istituzionale che si occupi di censirla, testarla e sanzionare e rimuovere i casi che non risultino effettivamente a norma. Il lavoro di 3m,infatti, pur costituendo il principale riferimento delle inefficienze del nostro sistema segnaletico, porta il nome dell’azienda leader mondiale nella produzione della ‘fac-cia’, la pellicola che ricopre il ferro o l’alluminio andando a formare il segnale.

verrebbe quindi abbastanza spontaneo pensare al con-flitto di interessi con una facile diffidenza nei confronti dei dati forniti da 3m, salvo poi salire in macchina e, magari, perdere la strada dopo qualche chilometro…

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Introduzione

La progettazione di un carattere tipografico richiede il costante riferimento al contesto di utilizzo, oltre a verifiche continue del proprio lavoro atte ad individuare le giuste proporzioni anatomiche e a bilanciare correttamente gli spessori e i contropunzoni.

Nel type design per segnaletica stradale questo comporta che la teoria e i casi studio, pur potendo offrire spunti e soluzioni interessanti, debbano continuamente essere con-frontati con la verifica ‘sul campo’.

Per questo motivo i segnali–prototipo diventano un im-prescindibile strumento per confrontare le forme progettate con le problematiche fisiche e umane note; essi porteranno non ad una soluzione definitiva, ma a una delle possibili soluzioni, da rimettere continuamente in discussione per assicurarsi dell'attualità e della validità delle proprie scelte.

Questa introduzione appare doverosa dal momento in cui le pagine che seguiranno si concentreranno su un ampio studio dell'ambito progettuale da cui scaturiranno alcu-ni fattori determinanti nella leggibilità dei caratteri per segnaletica: il fine ultimo del progetto è, infatti, quello di definire alcune variabili di controllo per uno studio più ap-profondito sul tema della leggibilità in un campo complesso come quello del wayfinding.

Dopo una breve analisi storica dell'ambito progettuale l'attenzione è stata rivolta alle problematiche semiotiche, tecniche e umane della segnaletica stradale odierna, oltre che ad un campione di caratteri ritenuti interessanti per gli spunti e i metodi utilizzati.

Solo in seguito a questa analisi è stato impostato un pro-getto che tenesse conto del percorso svolto ed affrontasse la sperimentabilità del design come tema fondante.

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01 Breve storia della segnaletica

« In 1963, while still a student, I read an article in a design magazine about a highway signage system being designed in England by J. Kinneir. For the first time I realized that roadway signs were actually designed by a designer — and it really opened my eyes ».

— Paul Mijksenaar

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la segnaletica agli albori

Appare doveroso introdurre questa analisi storica della segnaletica stradale citandone uno dei primissimi esempi, che datano quasi come le strade stesse e di cui ancora per-mangono numerosi esemplari: le pietre miliari.

Chiamate anche con il nome di ‘cippi miliari’ o sempli-cemente ‘miliari’, questi elementi di segnalazione vennero posizionati sulle principali arterie stradali romane a partire dal 123 a.C. circa a seguito di una proposta del tribuno della plebe Gaio Gracco; inizialmente collocate ogni mille passi (da qui il termine miliare) a partire dalle mura serviane di Roma fino alle più remote province romane, esse segnalava-no la distanza dalla capitale o dalle principali città.

L’utilità di questi strumenti di comunicazione fu tale che, molto tempo dopo la fine dell’Impero Romano, e più pre-cisamente nel 1773 in Gran Bretagna, il General Turnpike Act impose ai vari consorzi di imprese di erigere delle guide ad intervalli di un miglio, con lo scopo di avere uno strumento per l’addebito dei pedaggi.

I miliari

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Il Primo Miliare romano →

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La Gran Bretagna non è tuttavia l’unico paese in cui questo modello comunicativo sopravvive: anche in altri paesi eu-ropei come la Francia o il Portogallo, o addirittura in paesi dell’Estremo Oriente come il Giappone si possono tuttora trovare indicazioni fornite su pannelli o cippi più o meno moderni, ma che conservano la struttura a tre elementi di nome della strada–distanza–destinazione (☞ imm. in basso).

una ulteriore dimostrazione dell’importanza dei miliari romani può inoltre essere trovata nel lessico italiano, dove una ‘pietra miliare’ è, in senso figurato, un avvenimento, un’opera o un personaggio talmente importanti da poter essere considerati una tappa fondamentale nello sviluppo di un processo storico, scientifico, etnico o culturale.

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Fino alla fine del 1800 in Italia (e sostanzialmente anche nel resto d’Europa) non fu avvertita quindi la necessità di nes-sun altro tipo di indicazione stradale, se non il nome della strada su cui ci si trovava e la distanza da un altro punto prefissato.

Ciò è anche comprensibile alla luce del fatto che gli unici mezzi a disposizione fino ad allora per gli spostamenti urba-ni ed extra–urbani erano stati cavalli o carrozze;

solo l’avvento della bicicletta prima e dell’automobile ✎poi, porteranno a una vera e propria rivoluzione della via-bilità, sia per lo sviluppo di nuove infrastrutture, sia per l’aumento della velocità negli spostamenti.

Questa rivoluzione dei trasporti ha come conseguenza una messa in discussione dei sistemi di segnalazione esistenti, che sempre più si dimostrarono inadeguati alla nuova velo-cità dei veicoli.

Nella seduta di Consiglio del Touring Club Ciclistico Italiano dell’ottobre 1895, L.V. Bertarelli, dopo aver rilevato che il viceconsole di Senigallia aveva di sua iniziativa fatto collocare, lungo circa 40 km della via Flaminia, targhe, po-sizionate su pali, con le distanze chilometriche, asserì che:

una somma importante avrebbe dovuto essere posta in bilancio per dare a questo servizio un certo sviluppo in tutta l’Italia.

Il tci

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In effetti appariva evidente quanto fosse importante dotarsi di un sistema di segnali indicatori. Sulle strade di campa-gna, infatti, erano presenti bivii ed incroci senza alcun tipo di segnalazione e la situazione non era migliore per ciò che riguardava la sicurezza stradale: mancavano totalmente le indicazioni concernenti la ripidità delle discese, la pericolo-sità delle curve o la presenza di passaggi a livello che inter-rompevano il percorso.

Seguendo il modello del Touring Club Francese, che pre-vedeva una sottoscrizione dei soci per coprire le spese di collocamento dei segnali, il tci fece fissare una cifra di 25 lire per ogni palo segnalatore. Quei segnali erano costituiti da un’asta di ferro molto robusta, a forma di Y, alta circa 3 metri. Su quest’asta era attaccato un cartello di ghisa fusa su cui si trovava in alto la dicitura Touring Club Italiano e in basso il nome del ‘donatore’. Il contenuto si trovava nella parte centrale, che recava le indicazioni sul tipo di pericolo e sulla distanza da esso.

Nel 1898 si tenne a Lussemburgo il Secondo Congresso Inter-nazionale, a cui parteciparono 17 Associazioni turistiche; in questa sede fu approvato uno statuto di quindici articoli, il primo dei quali dichiarava costituita una Ligue Internationale des Associations Touristes.

Oltre al Touring Club, anche le altre associazioni aderenti alla liat sentivano la necessità di dotare le strade dei propri paesi di sistemi di segnaletica. Fu proprio in questo Con-gresso, quindi, che si delinearono due principi imprescindi-bili: l’adozione di simboli in sostituzione delle scritte (per permettere la lettura delle segnalazioni anche agli stranieri) e l’uniformità delle segnalazioni da paese a paese.

Nel 1903 venne creata dal Touring Club una Commissione Permanente per le Segnalazioni Stradali, che stabilì che dovevano essere chiaramente indicate

le distanze, la prossimità dei passaggi a livello, di svol-te, di ripidezze insidiose, le direzioni ai bivi.

La Commissione propose inoltre di iniziare la segnalazione organica della Milano–Lecco–Sondrio–Stelvio dando impulso alla propaganda presso gli uffici Tecnici delle Provincie e dei maggiori Comuni affinchè dedicassero la massima attenzio-ne non solo alla posa dei cartelli, ma anche alla loro manu-tenzione,

Si andava così svolgendo un complesso lavoro di organiz-zazione con lo scopo di offrire un servizio esteso ed effica-ce; a tale lavoro di organizzazione delle risorse prese parte anche l’Automobile Club Italiano, che aveva in quel periodo costituito una Commissione analoga.

La Commissione aci/tci intuì la necessità per l’Italia di

↑ Un segnale del 1903

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allinearsi con ciò che in questo campo era fatto negli altri paesi, dove le indicazioni stradali venivano installate con piani coerenti.

Fu proprio per questo motivo che nacque una prima divisione in tre categorie, segnali di direzione, di rallenta-mento e di pericolo: in questo modo le indicazioni poteva-no essere utili non solo agli automobilisti o ai ciclisti, ma anche ai conducenti di carri oltre che ai pedoni stessi. L’uti-lità di una segnaletica ben progettata cominciava quindi ad apparire evidente.

In un numero del 1907 la rivista The car aveva rilevato che la categoria di persone più indifferente alle segnalazioni era quella degli agricoltori: essi infatti, abituati com’erano a percorrere sempre le stesse strade, non ne avevano bisogno, ma vedevano anzi di cattivo occhio le segnalazioni collocate da altri: questo perché prima dei segnali l’automobilista che non conosceva la strada era costretto a domandare (e a pa-gare sempre generosamente) le informazioni che riceveva; i cartelli eliminavano quindi questa fonte di lucro, portando i contadini a danneggiarli o addirittura rimuoverli.

La partecipazione del Touring Club a livello internazionale avvenne molte volte senza una vera collaborazione da parte dello Stato Italiano, come nel caso del Primo Congresso Interna-zionale della Strada, tenutosi a Parigi nell’Ottobre del 1908. Fu proprio durante tale congresso che fu stabilita una forma circolare per i cartelli indicatori di ostacoli, ridotti a quat-tro: passaggio a livello, curva pericolosa, cunetta e incrocio pericoloso.

Il biennio tra il 1913 e il 1914 vide la nascita di meticoloso progetto di catalogazione di tutte le segnalazioni esistenti, oltre alla ricerca di nuovi materiali atti a rendere più resi-stenti i cartelli.

Fu proprio questa ricerca a portare all’utilizzo di cartelli in lamiera stampata, più veloci da realizzare e più resistenti agli agenti atmosferici e agli atti vandalici.

Nel primo dopoguerra, in seguito all’unione di fiat e Pirelli ai lavori, i progetti ripresero con grande fervore: fu stabilita una definitiva distinzione dei cartelli in tre categorie con forme specifiche. Fu deciso, infatti, di assegnare una forma a freccia agli indicatori di direzione, a triangolo per quelli di pericolo e circolare per quelli di prescrizione o obbligo.

La forma rettangolare fu conservata per i cartelli di loca-lità, ai margini degli abitati o per i nomi di corsi d’acqua, i monumenti e pochi altri casi.

Queste innovazioni della forma, che il Touring Club fu il primo ad adottare, ottennero un riconoscimento internazio-nale alla Conferenza di Ginevra del 1931.

Sempre di questo periodo è anche l’intuizione di apporre dei

↑ Un segnale del 1931

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minuscoli apparecchi catarifrangenti nel corpo delle lette-re e lungo il tracciato dei simboli. Essi non erano altro che delle gemme di vetro bianco o colorato, con una forte argen-tatura nel rovescio, che riflettevano la luce proveniente dai fari dell’autoveicolo che veniva loro incontro.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale gran parte del materiale segnaletico era stato messo fuori uso. Chiunque circolasse in Italia poteva constatare come la maggior parte dei segnali era scomparsa o danneggiata (in molti casi era stata fatta sparire proprio dai belligeranti per disorientare l’avversario) e il Touring dovette riprendere molto del lavoro svolto in precedenza.

Date le ingenti proporzioni del compito, nel 1948 tci e aci unirono i loro sforzi per la ricostruzione e l’aggiornamento delle segnalazioni stradali.

Negli anni ’50, inoltre, cominciò a svilupparsi anche un certo interesse nei confronti della segnaletica orizzontale, che cercava di venire incontro alle esigenze degli automobi-listi, concentrati a guardare la strada di fronte a sè.

Dal 1959 tutta la materia relativa all’attrezzatura segnaleti-ca in Italia è stata disciplinata dal nuovo Testo unico delle norme sulla circolazione stradale, sulla base del Protocollo di Ginevra del 1949.

Nel 1973, con la seguente motivazione, fu decisa la chiusura del servizio di segnaletica:

Il Servizio Segnalazioni Stradali ha svolto la consueta apprez-zata opera di assistenza, consulenza e fornitura in mate-ria di cartelli indicatori alle amministrazioni e agli enti che hanno il controllo della segnaletica. Il settore ha peraltro ormai assunto un così ampio sviluppo, sia per l’esperienza acquisita dagli Enti, sia perché sono sorte numerose imprese bene attrezzate in grado di provvede-re a forniture soddisfacenti, che il Touring ha ritenuto sia ormai venuta meno la sua funzione, in altri tempi pioneristica, in questo campo.

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↑ Edward Johnston

Underground sans →

Gill sans →

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segnaletica e progetto

uno dei primi esempi di type design per segnaletica è il pro-getto di Edward Johnston: il calligrafo britannico ottenne da Frank Pick, direttore della London Transport l’incarico di progettare un carattere maiuscolo per l’immagine coordina-ta della metropolitana di Londra.

Oltre a trattarsi di un progetto di immagine coordinata che è ancora valido ed efficace dopo quasi un secolo, secondo Giovanni Lussu può essere considerato parte del

primo progetto di segnaletica moderna per un servizio pubblico.

Il carattere fu terminato da Johnston ed Eric Gill, il suo assi-stente, nel 1916. vale la pena di menzionare questo proget-to, nonostante non sia un carattere per segnaletica stradale, perché costituisce un punto di riferimento per il design dello spostamento nelle grandi città e perché il suo tratto, geometrico ma elegante, ha influenzato molti caratteri non graziati del tempo, tra cui, per esempio, il Gill Sans del 1927 (☞ imm. a sinistra).

Il tube

↓ Underground sans

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La versione minuscola del carattere fu disegnata più tardi per gli avvisi e quell’alfabeto fu una delle caratteristiche più identificative del progetto per l’identità del tube londinese.Jock Kinneir descrive così le possibili influenze del lavoro di colui che fu maestro del suo maestro:

It is interesting to note that Johston was a teacher of calligraphy, and recommended a method of proportio-ning letters similar to that practised by Arab calligra-phers. Both were based on the diamond dot produced by a quill or reed pen held at an angle, but there is no trace in Johnston’s published notebooks that he was aware of the work of Muhammad ibn Muqhah, who formulated the rules of letter design still followed by Arab calligra-phers.

It is ironic that while Muqhah’s work laid the founda-tion of a shift from the primitive Kufic style to the following Naskh, Johnston’s study of medieval calligra-phy should have been the basis of his ‘essential letters’, which one can see as a setting aside of five hunderd years of letter development and a return to first princi-ples. It was indeed typical of his questing nature that this should be so; he was a seeker of perfection, alike in his lettering and his writing. Two details of the un-derground Sans can probably be attributed to his chief preoccupation and lifelong study: the diamond dot over the i and the toe he gave to the lower case L.

His station lettering still functions superbly and bears witness to two influences: the 10th century Winchester hand, which he admired above all others and which was in turn derived from the Carolingian script, and the early Caslon, derived through Soane’s architectural titling from Roman republican inscriptions.

↑ Bozzetto di Johnston

Tipi in legno della fontdi Johnston →

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Nel 1957, mentre l’autostrada London–Yorkshire era in fase di costruzione, il governo istituì un comitato consultivo presieduto da Colin Anderson per analizzare i problemi della segnaletica di questa nuova classe stradale; il Road Rese-arch Laboratory di Slough fu incaricato di condurre delle ricerche pratiche e la tangenziale di Preston fu utilizzata per la segnaletica di prova.

Il progetto grafico fu affidato a Jock Kinneir, che, con la collaborazione della sua assistente Margaret Calvert ebbe il merito di modernizzare la segnaletica stradale inglese creando inoltre un modello di riferimento per molti paesi europei ed extra–europei.

Il Comitato raccomandava un sistema che fosse principal-mente alfabetico (senza quindi, alcun elemento di tipo pittografico) e che permettesse una lettura delle informa-zioni da 183 metri; gli incroci dovevano essere segnalati tre volte in successione, con rappresentazioni simili ma che rappresentavano la situazione dal generale al particolare avvicinandosi al luogo segnalato.

Il colore American Standard Interstate Blue (☞ imm. in alto) ven-ne scelto tenendo conto sia dell’impatto estetico, che della rifrangenza e del costo dei materiali.

Guardando al resto d’Europa e agli Stati uniti, il comitato si orientò verso l’utilizzo delle lettere maiuscole e minuscole

Le stradeinglesi

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del din, il carattere utilizzato sulle strade tedesche (☞ imm. a destra), ma Kinneir lo rifiutò stabilendo che il carattere avrebbe dovuto avere occhielli aperti e forme chiare.

Resosi conto che tale carattere ancora non esisteva, proget-tò insieme a Margaret Calvert una delle font più fortunate della storia della segnaletica mondiale, utilizzata in più di dieci paesi (pur con alcune modifiche) e all’origine del carattere utilizzato sulla maggior parte della segnaletica italiana, non solo stradale.

Consideratone il successo, nel 1963 il Parlamento costituì un altro comitato, questa volta presieduto da Sir Walter Wor-boys, con lo scopo di studiare la segnaletica per la rete non autostradale: Kinneir e Calvert furono di nuovo incaricati dell’aspetto grafico e definirono due tipi di segnali differen-ti: quelli adibiti alla regolamentazione della circolazione e quelli informativi (come quelli di direzione).

Il Protocollo di Ginevra del 1949, ratificato dalle Nazioni ✎unite, forniva indicazioni sulla segnaletica stradale, ma non comprendeva sufficienti riferimenti ai segnali indica-tori di direzione, ragione per cui ancora oggi ad una stan-dardizzazione europea dei segnali di ‘obbligo’, ‘pericolo’ e ‘prescrizione’, corrisponde una notevole differenziazione per ciò che riguarda la segnaletica direzionale.

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↖ ↑ Il sistema di preselezione di Kinneir

↓ din 1451 Mittelschrift

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Kinneir si avvalse quindi di alcune delle linee guida pre-cedentemente individuate per la segnaletica autostradale occupandosi di definire nuove combinazioni cromatiche e spessori, che, nei segnali a mappa, variano a seconda dell’importanza delle strade.

Questa tipologia di segnali ha lo sfondo verde, i carat-teri bianchi e i numeri di strada gialli. L’utilizzo dei colori all’interno dei segnali si limita all’essenziale, ma al tem-po stesso l’impatto visivo rappresenta un capovolgimento rispetto ai segnali stradali del periodo precedente.

Il tipo di carattere utilizzato per le autostrade venne leggermente modificato e ridisegnato in due pesi, medio per i caratteri bianchi o gialli su sfondo scuro, e spesso per i caratteri neri su fondo chiaro.

Oltre ai segnali a mappa e a quelli con elementi sovrapposti agli incroci venivano usati segnali più semplici e rapidi da decodificare (☞ imm. in basso): il messaggio veniva raffor-zato dalla forma a freccia dei segnali, i quali riportavano un’ulteriore freccia disegnata all’interno, ad accentuare ulteriormente la direzione.

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La collaborazione con lo studio di Kinneir cessò con la pubblicazione del rapporto, ma anche la realizzazione dei pannelli più piccoli non era stata affidata allo studio.

Nel 1965, anno di pubblicazione del Traffic sign manual, erano già state apportate numerose modifiche al progetto di Kin-neir, tra cui la modalità di visualizzazione dei numeri delle strade sulla rete stradale secondaria: nelle proposte origina-li i nomi dei luoghi e le strade erano semplicemente indicati in nero e non necessitavano di ulteriori spiegazioni.

Fin dalla prima applicazione dei segnali vennero tuttavia evidenziati i numeri aggiungendo un pannello colorato che indicava le strade principali.

una normativa del 1994 introdusse inoltre un ulteriore metodo per indicare le classi di strade, che oltre ad essere cromaticamente più complesso (i nomi delle strade princi-pali vengono differenziati dal fondo bianco con campi verdi in cui è inserito testo bianco o giallo), vede sparire il dia-gramma che illustra la presenza di un incrocio, vanificando l’obiettivo del segnale.

un’altra caratteristica non prevista dal progetto di Kinneir è l’utilizzo di fondi colorati in cui inserire i segnali di direzio-ne, che raramente può produrre risultati efficaci.

Nel caso illustrato nella figura di destra, per esempio, il colore giallo produce un effetto di confusione rispetto al contenuto del segnale.

← ↓ Le modifiche al progetto

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Correva l’anno 1956 quando il presidente Eisenhower an-nunciò la sua intenzione di espandere il sistema autostra-dale statunitense e gli ingegneri si trovarono a dover stabi-lire quale carattere utilizzare sui segnali che prima erano verniciati a mano: fu così che nacque il Highway Gothic (che negli anni venne modificato cinque volte, dando vita ad altrettante series), le cui forme derivavano dall’arrotonda-mento delle lettere dipinte manualmente.

Come accadde anche al Transport di Kinneir, anche que-sto carattere si sviluppò non solo in tutto il Nord America, ma anche in alcuni paesi dell’America Latina e addirittura in paesi di quasi tutti gli altri continenti.

Le Interstate

← ↓ Varianti del Highway Gothicin Australia, Paesi Bassi e Messico

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All’inizio degli anni ’90 fu Don Meeker, un grafico statuni-tense, a mettere in discussione l’efficacia di questo carat-tere. Alle prese con un progetto per lo stato dell’Oregon, che richiedeva l’inserimento di un numero maggiore di informazioni sui cartelli stradali (senza però aumentarne le dimensioni), Meeker si rese conto di un fenomeno per il quale, illuminate dai fari delle auto, le lettere del Highway Gothic tendono ad esplodere diventando macchie bianche difficilmente distinguibili, sopratutto per persone con disa-bilità visive.

Il problema poteva avere diverse soluzioni, tra cui, pro-babilmente, quella di ingrandire il corpo del carattere del 20%, come suggerito dagli ingegneri governativi; lettere più grandi avrebbero però comportato una maggiore di-mensione dei segnali oltre che strutture più robuste che li sostenessero, con costi che potevano arrivare anche a diversi miliardi di dollari.

Meeker stabilì che la soluzione migliore doveva conside-rare una riprogettazione del carattere utilizzato sui cartelli e, dopo lo studio dei diversi caratteri utilizzati nel resto del mondo, abbozzò una prima versione del Clearview e la mostrò a James Montalbano, un type designer già famoso per aver progettato caratteri custom per diverse riviste come vanity Fair e Glamour.

Fu proprio lui a rifinire le forme del carattere di Meeker aprendone le controforme e alzandone l’occhio medio per aumentarne la leggibilità.

Dopo un decennio di test e correzioni il carattere (che ha mi-gliorato del 29% la riconoscibilità delle parole scritte su se-gnali catarifrangenti) è stato approvato dalla Federal Highway Administration nel 2004, e dovrebbe coprire tutta la superficie delle Interstate in meno di una decina d’anni.

È importante evidenziare come il progetto di Meeker e Montalbano si sia concentrato anche sulla spaziatura tra le lettere e sui margini, dimostrando come anche questi due elementi concorrono a migliorare la leggibilità e la ricono-scibilità delle parole.

↑ Prima e dopo il progetto

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↓ Segnali in ClearviewHwy

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In questa sintetica storia della segnaletica non può non essere menzionato lo studio fondato nel 1986 ad Amster-dam da Paul Mijksenaar, che si occupa di information design e progetti di segnaletica. Lo studio si è negli anni ingrandito, aprendo nel 1999 una sede a New York e potendo contare, ad oggi, su circa quaranta persone in entrambe le sedi.

La principale peculiarità dello studio, che gli ha permesso, tra l’altro, di ritagliarsi una fetta di mercato in cui è tra i leader nel mondo, è l’approccio estremamente rigoroso al visual information design, che permette di risolvere pro-blemi infografici e di wayfinding, ma anche di analizzare problematiche di mobilità come la gestione dei flussi di traffico; come a dire che solo una corretta rappresentazione del problema consente di analizzarlo a fondo per trovarne le soluzioni, anche nell’ambito della segnaletica stradale.

Tra i più famosi progetti dello studio figurano il sistema di wayfinding dell’aeroporto di Amsterdam Schiphol, ormai un punto di riferimento per gli aeroporti di tutto il mondo, quello della rete ferroviaria olandese ed altri aeroporti tra cui quelli di New York, Abu Dhabi e Francoforte.

Tali progetti vengono affrontati da gruppi di lavoro formati, tra l’altro, da psicologi e architetti e vengono costantemen-te testati per correggerne le imperfezioni e valutare il livello di soddisfazione da parte degli utenti.

Il BureauMijksenaar

Schiphol Airport ↓

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paese che vai, carattere che trovi… o quasi

Osservando le immagini e la mappa che seguono, è interes-sante notare come in moltissimi paesi si siano principal-mente diffusi i due caratteri ‘anglosassoni’, il Transport di Kinneir e l’Highway Gothic di Forbes.

Il manuale pubblicato da Kinneir/Calvert fu acquistato infatti da molte altre nazioni e le sue indicazioni sono così reperibili nelle segnaletiche di tutto il mondo. In alcune (tra cui l’Italia) è stato adottato, oltre al carattere, anche il disegno di base degli indicatori di direzione ed in certi casi è stata addirittura studiata una versione non latina dell’alfa-beto del Transport.

La versione ufficiale del carattere però non è mai stata commercialmente disponibile (a parte l’uso sui fogli Letra-set negli anni Sessanta e Settanta), quindi tutti i caratteri presente fuori dalla Gran Bretagna devono considerarsi delle rivisitazioni, più o meno fedeli all’originale.

Anche il carattere statunitense ha conosciuto una notevo-le diffusione, nonostante l’assenza di test che ne confer-massero la leggibilità; proprio per la sua scarsa efficacia il carattere è stato già sostituito in due paesi (tra cui gli Stati uniti, dove era stato progettato alla fine degli anni Quaran-ta) e, digitalizzato nel 1993–4 da Tobias Frere–Jones è reso commercialmente disponibile da Font Bureau con il nome di Interstate (☞ Cap. 3–b). I grafici di tutto il mondo oggi lo utilizzando perciò per scopi di gran lunga diversi rispetto a quelli iniziali.

Alcune interessanti eccezioni a questa predominanza dei caratteri da segnaletica anglosassoni sono, per esempio, lo svizzero astra Frutiger e il carattere belga snv (☞ pag. seg.), nelle sue versioni regular e condensed; il primo disegnato a partire dai disegni dell’omonimo carattere (progettato per la segnaletica dell’aeroporto di Parigi Charles de Gaulle), ma ottimizzato per la lettura in velocità, il secondo progettato da verein Schweizer nel 1972 ed utilizzato ancor oggi sulle strade belghe e, in alcuni casi, anche in Svizzera.

È interessante tra l’altro osservare come l’snv ricordi in certi tratti lo spirito industriale del din tedesco, nonostante quest’ultimo sia più aperto nelle terminazioni.

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← snv Regulare astra Frutiger

Transport in Italiae in Grecia ↓ →

↑ Transport in Cinaed Emirati Arabi

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Nota:Lungi dal voler essere esaustiva, questa mappa traccia i percorsi dei due principali caratteri per segnaletica, dalle origini note fino ai paesi in cui se ne può riscontrare la presenza, nelle forme originarie o derivate.

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Origine e diffusione dei due principali caratteri da segnaletica

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segnaletica e sicurezza stradale in italia

Come affermato in precedenza l’Italia è stato un paese decisamente all’avanguardia dal momento in cui il Touring Club si è fatto carico di dotarla di uno dei primi sistemi di segnaletica stradale al mondo (il primo a suggerire forme diverse dei segnali per contenuti diversi) che divenne poi uno standard europeo alla Conferenza di Ginevra del 1931.

Purtroppo però quello che al giorno d’oggi dovrebbe essere ormai un settore di grande ricerca e progettualità, grafica e non, non è tale nel nostro paese.

Lo dimostrano, da una parte, due ricerche di 3m sullo stato della segnaletica in Italia, che evidenziano molteplici carenze dal punto di vista del posizionamento e della manu-tenzione dei segnali.

Ma lo dimostra anche il nostro sistema segnaletico così come viene descritto dal documento che lo regola, il Codice della Strada: oltre a presentare gravi incoerenze al suo inter-no (tre tipi diversi di freccia, due tipi diversi di carattere), presenta infatti grosse problematiche legate all’aspetto ti-pografico, con spessori troppo accentuati e controforme che tendono a sparire una volta che il segnale viene illuminato dalla luce dei fari.

Sicuramente se i nostri segnali fossero sottoposti a spe- ✎cifici studi sulla leggibilità, faticherebbero a prendere un voto sufficiente; in un campo in cui l’eccellenza, o quasi, dovrebbe essere un obbligo!

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Il sistema della segnaletica italiana vede la presenza di rela-tivamente pochi attori: oltre alla municipalità infatti, che avrebbe il compito di vigilare sia sulla sicurezza stradale, sia sulla corretta posa della segnaletica, esistono pochi produt-tori di pellicola (tre sono le principali aziende di riferimen-to), altrettanti produttori di ‘grezzo’ e circa cinquecento produttori di segnali.

I clienti sono per lo più aziende private, e per molti pro-duttori la segnaletica stradale non costituisce la principale attività produttiva.

Dal 1998 è da segnalare l’impegno di 3m nell’evidenziare le gravi mancanze italiane in ambito segnaletico.

La prima e la seconda Ricerca sullo stato della segnaletica stra-dale in Italia (rispettivamente del 1998 e del 2007) forniscono una fotografia piuttosto inquietante sull’inefficacia e sullo stato di degrado in cui versano moltissimi segnali.

una irregolarità nel campione di segnali censiti del 45,8% ed un ulteriore 18% di pellicole scadute, sono dati significativi, che consentono di quantificare nel solo 36,2% la segnaletica certamente a norma e per la quale è garantita la qualità della pellicola.

L’analisi strumentale, eseguita nel campione ridotto di 709 segnali, conferma quest’indicazione quantifican-do nel solo 35,1% la segnaletica verticale verificata e conforme. un’analoga rilevazione strumentale ese-guita sulla segnaletica orizzontale ha trovato poco più del 3% di segnaletica conforme. L’analisi di un caso particolare e pericoloso, quale l’intersezione regolata da stop, non ha trovato nessuna intersezione nella quale la segnaletica verticale ed orizzontale siano risultate entrambe a norma.

[…] La Ricerca aveva l’obiettivo finale di monitorare la situazione attuale e di confrontarla con la precedente Ricerca del 1998. I dati evidenziano il peggioramento, ma gli stessi dati possono offrire anche strumenti per cercare le cause di questa situazione che non possono essere sintetizzate nella generica mancanza di risorse economiche degli Enti locali. La segnaletica riveste un’importanza fondamentale nella sicurezza stradale e i costi sociali degli incidenti giustificano investimenti che sono spesso contenuti e in molti casi non sarebbero a carico delle Amministrazioni pubbliche.

[…] una segnaletica programmata, censita, mantenuta nel rispetto della normativa vigente potrebbe contribu-ire ad ottenere quei risultati immediati in termini di costo sociale che il paese si è impegnato a raggiungere nei prossimi anni.

Il sistemaproduttivo

Le ricerche di 3m

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È tuttavia necessario porre l’attenzione sul fatto che 3m, oltre ad essere autore dell’unica ricerca sullo stato della segnaletica effettuata sul territorio italiano, è anche tra i principali produttori della ‘faccia’, la pellicola che ricopre l’alluminio o il ferro andando a costituire il segnale vero e proprio, e non può essere quindi considerata un giudice assolutamente imparziale.

Ad ogni modo le immagini delle prossime pagine dimostra-no le gravissime carenze sia nel posizionamento che nella manutenzione del nostro sistema segnaletico.

64,9%

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Non a normaA norma

Verificati sperimentalmente

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Lo stato della segnaletica in Italia

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02 Indicare la strada

« Sempre più gente si sta rendendo conto di quanto dipendiamo dalle funzioni visive: dalle classiche istruzioni per l'uso degli oggetti fino alle segnaletiche, che altro non sono che istruzioni sul funzionamento di uno spazio: dettano un comportamento, svelano misteri, applaudono alle tue scoperte ».

— Luigi Farrauto

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il segnale

Per affrontare uno studio dei problemi legati alla progetta-zione di caratteri da segnaletica, può essere utile fare riferi-mento alla definizione e ad alcune considerazioni riguardo alle funzioni comunicative dei segnali: secondo il Dizionario De Mauro, un ‘segnale’ è

un’indicazione, visiva o acustica, stabilita soprattutto convenzionalmente, con cui si fornisce una notizia, un messaggio o un ordine.

Anche se nel wayfinding design un cartello rappresenta in effetti solamente il punto di arrivo di un processo di analisi più ampio, possiamo concentrarci proprio su questo ‘tra-guardo’, scomponendolo nei suoi elementi fondamentali ed utilizzandoli come strumento di analisi e di progetto.

Per i semiotici i cartelli sono insiemi di segni che non han-no, però, solamente una funzione comunicativa o informa-tiva passiva: data la loro natura di veicolo di un’istruzione, essi hanno lo scopo di suscitare una reazione immediata nei loro osservatori. Questo è il motivo per cui, invece di mi-metizzarsi e scomparire nell’ambiente in cui sono inseriti, devono imporsi nel campo visivo dell’osservatore, chiara-mente identificabili e leggibili.

Dato il modello emittente–ricevente per la trasmissione dei messaggi, il semiologo francese Pierre Guiraud suggerisce tre differenti modalità di comunicazione: l’indicazione, la

I messaggi

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rappresentazione e l’ingiunzione: esse trattano rispettiva-mente dell’essere, del conoscere e dell’agire.

Per Mollerup afferma quindi che, per definire una ‘teoria del wayfinding’, le tre categorie di Guiraud possono essere rinominate in identificazione, spiegazione e istruzione.

Il segnale di località è quindi un esempio di identificazio-ne, perché identifica il luogo in cui ci si trova. Associando una freccia ad un luogo avremo invece una spiegazione, nella fattispecie una spiegazione direzionale. L’ultimo caso è l’esempio di un’istruzione: il ‘divieto di sosta’ rientra in questa categoria di messaggio proprio perché istruisce il lettore su cosa può o non può fare (☞ imm. a destra).

Il totem segnaletico dell’immagine è un particolare caso in cui le tre categorie sono contemporaneamente presenti e può sintetizzare efficacemente quanto detto finora.

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← Le categorie di Guiraud

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volendo a questo punto elencare i principali ‘componenti’ dei segnali, ci si stupirà osservando come un’indicazione come quella in figura sia costituita da ben cinque messag-gi, tre di tipo grafico ed altre due che potremmo definire di tipo morfo–semantico: tipografia, freccia, pittogramma si aggiungono infatti le già citate forma e colore.

L’evoluzione delle tecnologie per la scrittura sui segnali ha portato a una netta distinzione tra lettering, termine da riferire ad una produzione di pezzi unici (in ambito segna-letico) che si adattano al supporto su cui e per cui vengono prodotti, e carattere tipografico, un prodotto industriale suscettibile di riproduzione seriale ed automazione, il più delle volte progettato e realizzato in un contesto diverso da quello su cui sarà utilizzato.

La progettazione di caratteri per segnaletica deve tenere ✎in considerazione moltissime variabili che vanno dal materiale utilizzato per la produzione, alla distanza di let-tura, ai possibili deficit visivi degli utilizzatori finali.

Nell’ambito della segnaletica la tipografia diventa tipogra-fia in tre dimensioni e secondo Smitshuijzen

i progetti di segnaletica mirano a raggiungere il mag-gior numero di utilizzatori di qualsiasi altro progetto tipografico, e nella maggior parte dei casi probabilmen-te oltre qualsiasi realistica aspettativa.

Sono state effettuate molte ricerche per riuscire a compren-dere quali caratteri siano più leggibili di altri, ma tutte hanno portato a conclusioni che hanno semplicemente con-

I contenuti

Tipografia

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fermato ciò che già i tipografi avevano insegnato: abbiamo una maggiore facilità a leggere ciò che assomiglia maggior-mente a quello che già conosciamo, perché leggere è un’at-tività che impariamo e che diventa frutto dell’abitudine, ma non abbiamo nessuna qualità innata che ci permetta di distinguere forme o lettere.

Citando ancora Smitshuijzen, nel suo Signage Design Manual egli afferma che:

I caratteri sans serif, più volte raccomandati nei progetti di segnaletica, non sono, in realtà, caratteri più adatti dei caratteri graziati.

[…] è vero però che le grazie aiutano a guidare gli occhi sulle linee di testo, quindi i caratteri graziati tendono a comportarsi meglio dei caratteri non graziati nella lettura di testi lunghi.

Quando i caratteri sono molto piccoli, o osservati a una distanza molto alta, i dettagli tendono a diventare meno percettibili o addirittura a sparire. I caratteri dovrebbero essere studiati per essere il più possibile semplici, perciò i caratteri sans serif hanno più possibilità di essere più adatti in queste circostanze.

una dimostrazione a questa affermazione consiste nel fatto che il carattere Rawlinson (☞ imm. in basso), progettato da Montalbano per la segnaletica del u.S. National Park Service ha risposto molto bene ai test effettuati andando a sostituire con successo il carattere precedentemente in uso, il Clarendon.

← La font Rawlinson

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Per ciò che riguarda il contrasto delle lettere, invece, si può affermare che lettere con una minore differenza nello spes-sore delle aste si comportano meglio in condizioni estreme come quelle della ricerca/lettura dei segnali.

Oltre che alla forma dei glifi, inoltre, la progettazione dovrà anche tenere conto della spaziatura tra le lettere e dei margi-ni che saranno adottati nei segnali.

La segnaletica può quindi essere considerata una appli- ✎cazione estrema della progettazione di caratteri, e neces-sita di conoscenze molto approfondite, oltre che di un grandissimo numero di verifiche sperimentali per ottenere la forma e le proporzioni ottimali.

Nel suo testo Segni e simboli, Adrian Frutiger afferma che:

Quando due linee oblique si incontrano a formare un an-golo, l’immagine di un movimento o di una direzione viene in qualche modo prodotta.[…] Nel segno conven-zionale della freccia le aree interne dell’angolo risultano ingrandite e raddoppiate dal tratto divisorio.

Questo segno, tra i più antichi utilizzati dagli esseri uma-ni (uno dei primi utilizzo della freccia metaforica sarebbe

Freccia

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attribuibile all’astronomo greco Ipparco intorno al 150 a.C.), riscontrò un grande successo nel mondo occidentale dopo che alla fine dell’Ottocento, a Londra, fu proposto di elimi-nare le scritte che indicavano una direzione per sostituirle con un simbolo che avesse un valore universale.

Nei primi cartelli stradali italiani, come già osservato nel primo capitolo, una freccia ricurva indicava una svolta peri-colosa ed una orizzontale indicava la direzione di marcia.

Da allora si sono susseguiti molti esperimenti e diverse normative che riguardano gli usi ed i significati di frecce diverse; un curioso esperimento del 1962 (Gwyneth de la Marc & Walker) ha per la prima volta studiato la leggibili-tà di varie forme di freccia, dimostrando che era maggiore nell’indicatore con una punta piena, la forma di V rovesciata e una coda piuttosto sottile.

Nonostante molti caratteri non comprendano alcun glifo ‘freccia’, esso dovrebbe essere considerato tale e quale alla componente alfabetica di una font: sovente, infatti, i pro-getti di segnaletica sono richiesti come parte di immagini coordinate e la possibilità di utilizzare frecce perfettamente integrate con le lettere può dare un forte valore aggiunto al proprio progetto.

Smitshuijzen a questo proposito afferma che ogni font dovrebbe comprendere un set di frecce diverse, che vanno da un numero minimo di quattro (↑, ↓, ←, →), cui si posso-no aggiungere eventualmente anche le direzioni diagonali (↖, ↗, ↘, ↙).

Riguardo all’elemento freccia vale inoltre la pena di citare un brano del libro Wayfinding, di Craig M. Berger, in cui il tema della freccia è trattato da un punto di vista molto pra-tico, con delle direttive precise sull’ordine in cui andrebbero posizionate le indicazioni direzionali:

«In Europe there has been great creativity in developing arrow designs for signs, including arrows that form the shape of signs (Paris), triangular arrows and chevrons (Italy), and fat lines with cutouts (u.K.). In North Ame-rica signs have used Federal Highway arrows for some time. Ironically, this arrow form was found to be not highly legible in tests by the Pennsylvania Transporta-tion Institute, with Meeker and Associates and Terminal Design, except when designed with a very long tail. Many urban sign designers today use the Montreal Expo arrow head. This arrow, designed for the 1967 Montreal Expo, has a long thin tail and a wide, narrowline head, and has tested very well for legibility.

The position and placement of arrows on signs is another key area in which extensive testing has been carried out. various studies have shown that the eye tends to follow

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the direction of the arrow at high speeds, indicating that a left arrow be placed to the left of the message on the signs and a right arrow to the right of the mes-sage. However, this becomes very difficult in urban situations; signs are often forced to compromise, with arrows placed below messages instead of immediately to the left or right.

Another arrow placement issue that affects legibility is the hierarchy of arrows. A consistent rhythm of arrows is just as important for legibility as arrow placement. Most designers use the system recommended by John Follis in Architectural Signing and Graphics by which desti-nations that are straight ahead are placed at the top of the sign, followed by destinations on the left, and then destinations on the right. Once the driver understands this hierarchy, it is easier for them to read the signs ».

È importante quindi tenere in considerazione il fatto ✎che la freccia è parte del segnale tanto quanto il testo e che la coerenza di un sistema segnaletico può venire meno nel momento in cui, come prescritto dal Codice della Strada, vengono previsti addirittura tre differenti tipi di indicatori di direzione.

ñ Testo

ò Testo

Testo î

La gerarchiadelle frecce →

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Pittogramma In alcune decine di anni si è verificato un generale cambia-mento delle abitudini di lettura che ha portato alla quasi impossibilità di comunicare alcune informazioni senza l’utilizzo di un certo numero di pittogrammi.

I primi pittogrammi, però, datano molto indietro nel tempo perché i primi sistemi di scrittura, come quello egizio o quello dei Maya erano pittografici. Anche l’alfabeto cinese ha un’origine figurativa e si è andato via via semplificando ed astraendo per assumere la forma che conosciamo.

Migliaia di anni dopo la scrittura egizia o quella Maya, e più precisamente nel 1936, fu un sociologo ed economista austriaco, Otto Neurath, a porre le basi per un approccio progettuale all’utilizzo dei pittogrammi. Egli, infatti, fu profondamente convinto della possibilità di sviluppare un linguaggio visivo internazionale, partendo dal presupposto che, mentre la parola divide, l’immagine unisce.

La potenzialità che Neurath ebbe il grande merito di intu-ire fu la capacità dei pittogrammi di essere concisi e com-presi, se non proprio in maniera universale, da un’utenza piuttosto vasta e superando barriere linguistiche (non culturali) altrimenti di difficile abbattimento.

↑ Un esempio di coerenza tra font e pittogramma (Köln–Bonn Airport — Ruedi Baur)

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Giovanni Lussu, tuttavia, mette in guardia sulla ‘febbre pittogrammatica’ che porterebbe a credere che

sia più facile decodificare un segno che non una scrit-tura in chiaro, nonostante non ci sia alcun segno che abbia in sé significati certi: […] il pittogramma dev’essere prima appreso, il che significa convertito nel sistema mentale di riferimento che sovrintende alla propria lingua.

[…] È quello di cui ci si è resi conto nel progettare le interfacce per il computer: la tendenza attuale, assai ra-gionevole, è che si accompagni sempre il pittogramma con la scritta in chiaro.

[…] Piaccia o non piaccia, il linguaggio visivo universale del nostro pianeta (fin quando non venisse sostituito dal cinese o da altri a venire) è oggi l’inglese scritto sem-plificato, e con questo bisogna fare i conti. un corretto uso dei pittogrammi in campo progettuale può essere valutato solo con una corretta cultura della scrittura.

Frutiger, d’altro canto, distingue tre differenti modi per rappresentare informazioni pittografiche:

il primo comprende quei segni che in quanto figure realistiche, generalmente in forma di silhouette, non lasciano alcun dubbio sul significato, a prescindere dalla lingua e dal modo di vivere di chi li vede. una sigaretta sbarrata e il ricevitore del telefono sono informazioni divenute universalmente comprensibili. Non c’è bisogno di un particolare addestramento per

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comprendere questi segni, che danno informazioni immediate.

Il secondo tipo comprende diagrammi il cui significato non è comprensibile al primo sguardo e richiede un certo lavoro mentale. Questo è il caso di segnali stradali come quelli per ‘priorità’ e per ‘traffico nei due sensi’. In questo gruppo ci sono molti esempi di segni il cui significato rimane dubbio a molte persone anche dopo molti anni di uso. Ad esempio segnali formati da una combinazione di diversi elementi astratti, come nel caso del quadrato con un’apertura da un lato, una stanza e una porta, con la freccia che indica il senso di marcia. Questo segnale richiede un tempo di riflessione molto più lungo del tempo di decisione di cui dispone il pas-sante che si sta avvicinando alla porta in questione. un segno di questo genere non servirà mai al suo scopo in modo soddisfacente, perché è stato concepito in modo da risultare inadatto sia al riconoscimento visivo imme-diato che a un processo elementare di apprendimento. Nel caso esaminato, noi preferiremmo l’informazione verbale: ‘dentro’ o ‘fuori’.

Il terzo gruppo comprende indicatori che non derivano da rappresentazioni figurative ma da segni astratti, e che quindi richiedono un adeguato tempo di apprendi-mento. una volta assorbiti nel subconscio, come i segni dell’alfabeto, essi vengono compresi immediatamente. I più chiari esempi di questa categoria sonoi segnali di ‘strada a senso unico’ e di ‘direzione vietata’, ora usati perfino sulle strade pedonali, conosciuti universalmen-te e rispettati.

Problemi complessi di progettazione pittografica si presentano quando si tratta di servizi più che di specifici oggetti: ad esempio ‘dogana’, ‘oggetti smarriti’, ‘self-service’, ‘sala d’attesa’. Il problema di indicare la toilette non sarà probabilmente mai risolto se non con indica-zioni verbali, perché la distinzione tra uomini e donne, rappresentata in Occidente con pantaloni e gonna, non funziona ovunque.

A questo proposito è interessante notare come il sistema segnaletico statunitense sia prevalentemente testuale, al contrario di quello europeo, basato più sulla componente pittografico–diagrammatica: una motivazione di tale scelta può essere facilmente individuata considerando che nel primo caso, nonostante un territorio vastissimo, le Intersta-te si snodano su migliaia di chilometri in cui è presente una uniformità linguistica, mentre nel caso europeo è vero tutto il contrario, e a poche centinaia di chilometri di distanza il guidatore può trovarsi in paesi la cui lingua ufficiale è completamente diversa. In questo caso un sistema basato su convenzioni grafiche diventa una necessità.

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Il Codice della Strada prevede l’utilizzo di un certo ✎numero di pittogrammi, che dovrebbero essere sempre accompagnati da una spiegazione testuale; questo precet-to, fondamentale alla luce delle precedenti considerazioni, è però troppe volte disatteso.

La classificazione di Mollerup (☞ pag. 60) trova conferma nei segnali previsti dal Codice della Strada, che hanno tre principali funzioni: fornire informazioni (nomi di località, vie o monumenti storici), indicare direzioni oppure istruire con obblighi, divieti e pericoli.

Con l’evoluzione della velocità degli spostamenti, la quan-tità di tempo necessaria al riconoscimento di un pericolo e il successivo tempo di reazione sono diventati di gran lunga superiori alla capacità di reazione umana, imponendo una strutturazione precisa basata su forme, colori e, in alcuni casi, anche di pittogrammi.

Facendo ancora una volta riferimento a Segni e simboli di Fru-tiger, è lui ad individuare nell’origine dell’attuale forma e colore dei segnali una necessità dettata proprio dal tentativo di distinguerli dall’ambiente circostante.

In una città moderna prevalgono infatti forme rettango-lari o squadrate (per esempio case, grattacieli o autobus e treni), perciò i segnali di pericolo o proibizione, che devono catturare maggiormente lo sguardo, hanno una forma rom-boidale, triangolare o circolare: le linee che delineano tali forme contrastano infatti in maniera molto più marcata con l’ambiente urbano circostante.

Forma

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Colore

Frutiger inoltre osserva come un triangolo con il vertice rivolto verso l’alto richiami, come una sorta di archetipo innato, la forma familiare dell’abitato, con i tetti spioventi e gli apici in alto; sarebbe forse per questo motivo che a tale tipo di triangolo è stato associato il valore di avvertimen-to, mentre un triangolo rovesciato o un cerchio avrebbero il significato di un comando.

Per ciò che riguarda il colore, invece, il rosso sarebbe stato scelto come più adatto a rappresentare proibizioni, istruzioni o avvertimenti di pericolo perché poco presente in natura. Il verde, invece molto presente, dovrebbe essere evitato, mentre l’azzurro è utilizzato solamente per i segnali di invito o di direzione.

Come già osservato nel primo capitolo, il sistema utilizzato in Europa in maniera quasi standardizzata, deriva par-zialmente da quello introdotto dal Touring Club nel 1931 e consiste principalmente in una categorizzazione basata su quattro forme specifiche e su colori che variano a seconda del contenuto del segnale.

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Negli Stati uniti, invece, per un motivo poco condivisibile, la forma prevalente è quella romboidale, di colore giallo (☞ imm. a sinistra): oltre, quindi, alla presenza del limite precedentemente descritto per le persone che non parlano la lingua, questo sistema può risultare poco efficace dal punto di vista dei tempi di reazione a causa della conseguente irri-conoscibilità dei segnali dalla distanza.

Se la complessità del segnale costituisce un notevo- ✎le problema di interpretazione per il wayfinder anche davanti ad un solo segnale, diventa di importanza ancora maggiore nel momento in cui egli debba decodificare più segnali vicini, siano essi impilati oppure affiancati. In questo caso si dovrà tenere conto che il numero di elemen-ti da scomporre per ottenere l’istruzione necessaria sarà cinque volte il numero dei segnali!

Può quindi risultare molto di aiuto all’utente un progetto che limiti il più possibile il numero di queste istruzioni, ragguppando i messaggi appartenenti alla stessa catego-ria ed utilizzando per esempio un unico simbolo di freccia per i segnali indicanti la stessa direzione, scelta peraltro adottata con grande successo dal Bureau Mijksenaar per la segnaletica dell’aeroporto di Schiphol (☞ Cap.1).

↓ Non raggruppare segnali simili può generare confusione visiva

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il wayfinding design

I segnali sono istruzioni visive strettamente connesse con alcuni bisogni fondamentali dell’uomo: essi permettono di muoversi efficacemente in uno spazio sconosciuto, di evita-re pericoli, ed infine di ritrovare la strada di casa.

Appare quindi evidente come la segnaletica sia un ambito che coinvolge tutti noi, sia che ci occupiamo di progettarla, sia che semplicemente diamo informazioni su come rag-giungere un determinato luogo.

Questo complesso ambito progettuale vede la presenza di quattro attori principali: l’ambiente, i wayfinding desi-gner, le istruzioni spaziali (che possono essere progettate sotto forma di mappe o di segnali visivi, sonori o tattili) e gli utilizzatori finali, i wayfinder.

Il primo, insieme alle istruzioni spaziali, costituisce il bagaglio di informazioni che devono essere manipolate dal designer per giungere correttamente al fruitore.

↑ Wayfinding per un edificio pubblico (Umeda Hospital — Kenya Hara)

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Per questo motivo è sbagliato pensare banalmente al wayfinding ✎design come al semplice progetto di segnaletica: la segnaletica è, piuttosto, il punto di arrivo di un processo molto più ampio, che deve essere portato avanti da gruppi di lavoro interdisciplinari composti da semiotici, psicologi, architetti e designer in un’ottica di progettazione centrata sull’utente e in cui la progettazione grafica costituisce appun-to una esigua percentuale del totale.

i requisiti di una buona segnaletica

volendo delineare in breve le caratteristiche di un buon progetto di segnaletica, è possibile fare riferimento al prontuario presentato da Paul Mijksenaar al Politecnico di Milano durante la sua lezione Show complexity but make it navigable del 29 Novembre 2006, nel quale si individuano dieci semplici linee guida che ogni design dovrebbe soddisfare:

Each individual design is recognisably distinctive1.

Each design is comfortably legible2.

Each design shows a clear information hierarchy3.

Each design follows the 54. Cs of being Comprehensive, Clear, Consi-stent, Conspicous and in Contextual harmony

Each design is unambiguous5.

Each design is visually sustainable6.

Each design is independent of its environment7.

Each design portrays what it means8.

Each design is aesthetically attractive9.

Each design has no unnecessary additives10.

variabili tecniche, umane ed ambientali coinvolte

Prima di affrontare una analisi delle principali tecniche produttive in questo settore può risultare utile una breve precisazione sulle grandezze fisiche coinvolte e sulle loro definizioni.

visibilità * : è la proprietà di un oggetto di distinguersi dall’ambiente circostante

Luce * : è una radiazione elettromagnetica capace di produrre una sensazione visiva direttamente.

Non esistono limiti precisi all’intervallo spettrale della radiazione visibi-le poichè dipendono dal flusso energetico che raggiunge la retina e dalla sensibilità dell’osservatore. Lo spetto visibile è generalmente posto tra i 360-400nm e i 760-830nm (☞ imm. in basso).

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Oltre alle radiazioni elettromagnetiche luminose l’occhio è anche in grado di percepire il colore: esso è una caratteristi-ca psicofisica soggettiva, cioè esiste solo negli occhi e nel cervello umano

Non trattandosi di una caratteristica propria degli oggetti, si è sentita la necessità di trovare delle grandezze che potes-sero esprimerlo in maniera univoca e tale scopo si è mossa la cie (Commission Internationale de l’Eclairage), definendo tre curve spettrali dalle quali è possibile ricavare altrettanti valori che indicano un punto di colore.

La sensazione del colore dipende dalla ripartizione delle radiazioni monocromatiche che compongono i colori ed è misurabile tramite una analisi colorimetrica oppure spet-trofotometrica, due sistemi che permettono entrambi di ottenere, con metodi diversi, le coordinate x, y e z delle tre funzioni colorimetriche cie.

Per definire un colore è inoltre necessario, oltre alle coor-dinate tricromatiche, fissare anche il grado di luminanza, espresso nel fattore di luminanza, il rapporto tra la lumi-nanza del campione e quella di una superficie bianca perfet-tamente diffondente.

La riflessione è quel fenomeno fisico che permette la visibi-lità di un corpo che riflette una determinata quantità ed un determinato colore di luce.

A seconda della struttura del corpo essa può avvenire in tre modi: può essere cioè speculare, diffusa o catadiottrica (e nell’ultimo caso si parla anche di catarifrangenza).

Lo schema che segue illustra le differenze di riflessione tra diverse tipologie di superfici investite dalla luce.

Il colore

Lo spettro del visibile

La riflessione

Raggiγ

RaggiX

RaggiU.V.

Raggiinfrarossi

Micro-onde

Radioonde

Invisibile* misure in nanometri (nm) Visibile

���/���*���/���* ���/���*���/���*

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una superficie miscroscopicamente liscia comporterà in-fatti una riflessione di tipo speculare, caratterizzata da un angolo di riflessione di ampiezza uguale e contraria rispetto all’angolo di riflessione.

La riflessione diffusa sarà, invece, la conseguenza dell’ir-regolarità di una superficie e porterà il raggio incidente ad essere riflesso in ogni direzione e solo in minima parte nella direzione di provenienza, rendendo il materiale scarsamen-te visibile nell’oscurità, anche se colpito dal fascio di luce.

L’ultimo tipo di riflessione, quella catadiottrica (o catari-frangenza), è quella che interessa maggiormente questa ricerca.

Il principio di catarifrangenza, è quello per cui il raggio ✎incidente viene riflesso nella stessa direzione, ma con ver-so opposto da una superficie retroriflettente.

Nei passaggi da un mezzo all’altro, come per esempio da aria a vetro o viceversa interviene la rifrazione, ragione per cui i segnali illuminati possono mostrare l’arcobaleno, tipico di tale fenomeno (☞ imm. in basso).

βα

Speculare (α=β)

sup. liscia sup. irregolare sup. a microsfere

Diffusa Catadiottrica (o catarifrangenza)

Le differenze nella riflessione

← La rifrazione in un segnale illuminato

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Nella segnaletica stradale vengono utilizzati sistemi mono–componente o bi–componente, composti cioè o solamente da prismi triedri oppure da lenti sferiche combinate con specchi concavi (☞ imm. in alto).

Nel primo caso il fascio di luce colpisce la prima faccia del prisma triedro con un determinato angolo di incidenza; da questa viene poi riflessa per riflessione interna totale (tir) sulla seconda faccia e quindi per lo stesso fenomeno sulla terza, da cui viene rinviata verso la sorgente della luce.

Nel caso di un sistema bicomponente, invece, il fascio di luce subisce il fenomeno della rifrazione nell’attraversare la sfera, con valori legati agli indici di rifrazione del materiale costituente la sfera rispetto al mezzo da cui proviene.

Il fascio di luce rifratto è successivamente riflesso da un rivestimento speculare posizionato sul retro della sfera, riattraversa nuovamente la sfera e, dopo essere stato nuova-mente rifratto torna verso la sorgente di luce.

I sistemi catadiottrici

← Sistema rifrangente dell’inizio del ’900

Sist. monocomponente Sist. bicomponente

1

2 3

I sistemi catarifrangenti

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I primi segnali comparsi sulle strade, come già affermato, erano di lamiera verniciata, risultando quindi scarsamente visibili alla luce dei fari degli autoveicoli.

Negli anni Trenta si cominciarono a fabbricare sfere di vetro di piccolissimo diametro e ciò permise di sviluppare una nuova tecnica di preparazione dei segnali stradali: le microsfere, spruzzate sulla superficie bagnata dei cartelli verniciati di fresco, affondavano parzialmente nella vernice ancorandosi ad essa una volta essiccate.

Questo metodo pose le basi per la futura tecnologia di produzione di materiali rifrangenti, nonostante presen-tasse un numero di difetti maggiore al numero dei pregi (mancanza di uniformità nella distribuzione delle microsfe-re, impossibilità di distinguere i colori in catarifrangenza, ritenzione dello sporco, perdita di rifrangenza per pioggia, nebbia ecc.).

Nel 1939 la 3m sviluppò la prima pellicola ‘Scotchlite’ costitu-ita da microsfere di vetro depositate su un supporto plastico fornito di adesivo per una facile applicazione.

Dopo anni di ricerche e di sperimentazioni, verso la fine degli anni Settanta 3m ha iniziato a sperimentare su strada altre pellicole retroriflettenti ad altissima resa fotometrica (circa 1500 volte più brillanti di una superficie bianca perfet-tamente diffondente).

Queste pellicole raggiungono oggi un livello qualitativo tale da rispondere completamente alle esigenze attuali di sicurezza stradale in qualsiasi circostanza.

Il grafico che segue mostra le migliori performance dell’ultimo tipo di pellicola monocomponente sviluppato, la Diamond Grade, rispetto alle precedenti pellicole Scotchlite, la Engineer Grade e la High Intensity Grade, che la renderebbero, nonostante i costi decisamente più alti, molto più adatta all’utilizzo in condizioni di oscurità.

�� ��� ��*misure in cd·lux-�·m-�

� �

Anni

���

���

���

Val. fotometrici iniziali *

Durata delle pellicole

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Le tecniche attualmente utilizzate nella produzione di se-gnaletica stradale sono sostanzialmente due: la serigrafia e il taglio di pellicola.

La prima viene effettuata nel caso di interi segnali standar-dizzati (e, limitatamente a certi contesti, per i pittogram-mi), nel caso cioè sia possibile riutilizzare più volte la lastra precedentemente incisa ottimizzando quindi i costi.

Taglio in pellicola

Serigrafia

alluminio (o ferro)

pellicola rifrangente

pellicola verde (o blu)

pellicola nera (e colorata) *

alluminio (o ferro)

pellicola rifrangente

inchiostro serigrafico *

* in certi casi, per motivisquisitamente pratici, la serigrafia viene preferita al taglio in pellicola e viceversa.

inchiostro serigrafico *

Le tecniche

Le tecniche di produzione dei segnali

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↓ Il taglio di una pellicola nera a partire da un file vettoriale

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La pellicola, più cara dell’inchiostro, ma necessaria laddove il segnale sia un ‘pezzo unico’, viene utilizzata per la mag-gior parte degli indicatori di direzione, sovrapponendo allo strato bianco pellicole ritagliate verdi, blu o nere, seconda la normativa del caso.

Nella progettazione di un carattere o una segnaletica ‘leg-gibile’ si deve necessariamente affrontare un primo proble-ma, che riguarda proprio la definizione di leggibile: se negli anni Trenta il concetto di legibility è sinonimo di readability (anche se il ricercatore Miles Tinker preferisce il secondo termine perché più specifico), negli anni successivi si è infatti acceso un vivace dibattito, protrattosi fino ai giorni nostri.

Nel 1999 è Giovanni Lussu a dare una spiegazione con i termini italiani di visibilità e di leggibilità, individuando nella prima un prerequisito:

è l’insieme delle circostanze fisiche, fisiologiche e percettive (illuminazione, contrasto con il supporto, rapporti cromatici, distanza, definizione, discrimina-bilità tra i segni, presenza o meno di movimento, di fenomeni di disturbo…) che garantiscono che un testo possa essere letto.

La leggibilità sarebbe, invece, l’attitudine di un testo ad essere letto e dipenderebbe da

circostanze squisitamente culturali, quali il tipo e il grado di addestramento del lettore, la consuetudine alla lettura, la varietà delle forme conosciute, la circolazio-ne di documenti scritti nell’ambito di pertinenza del lettore ecc.

La struttura dell’occhio e il modo in cui esso si muove nel processo di lettura costituiscono un fondamentale bagaglio di conoscenze e spunti progettuali nello studio dei caratteri per segnaletica.

Facendo riferimento al progetto Parzialmente leggibile a cura del Progetto exp pubblicato su Progetto Grafico n° 8 è possibile ottenere un quadro abbastanza chiaro delle problematiche che entrano in gioco in un processo come quello della lettu-ra di un testo.

Secondo l’articolo, infatti, la quantità di materiale ela-borabile dal nostro sistema visivo all’interno dei dieci gradi della zona di massima acuità percettiva (span percettivo) si aggira intorno alle 18 lettere di un Simoncini Garamond in corpo 11 punti, ma solamente otto sarebbero le lettere che siamo in grado di percepire in maniera abbastanza dettagliata in una foveazione. L’area rimanente dello span è detta zona di parafoveazione, e può essere di altri sette caratteri a destra ed altri due a sinistra.

visibilitàe leggibilità

I movimenti oculari

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Durante l’esplorazione di una scena visiva, inoltre, l’occhio alterna movimenti chiamati saccadi a dei momenti in cui, quasi immobile, è in fase di fissazione.

L’attenzione a questi movimenti, fondamentale nel caso ✎dello studio di un carattere da testo, può essere di secon-daria importanza nello studio di caratteri per segnaletica, nel momento in cui la segnaletica rispetti il decimo princi-pio del ‘decalogo Mijksenaar’ e contenga, cioè, solamente le informazioni fondamentali: il tipo di lettura in gioco nel caso della ricerca e della decodificazione di segnaletica sarebbe infatti di tipo foveale.

È inoltre necessario tenere in considerazione due differenti tipi di lettura, quelli utilizzati anche da Montalbano per i suoi esperimenti sul ClearviewHwy: secondo gli studi del designer newyorkese, infatti, l’occhio si muoverebbe sfruttando due caratteristiche apparentemente simili, ma effettivamente diverse delle lettere, cioè la loro leggibilità e la loro riconoscibilità.

Nel primo caso l’occhio cerca infatti di decodificare un testo, mentre nel secondo cercherebbe all’interno di un segnale le informazioni che sta cercando.

Secondo i dati inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) ai 350 mila non vedenti pre-senti nel nostro paese si aggiungerebbero più di un milio-ne e mezzo di ipovedenti, cioè, che presentano un visus nell’occhio migliore inferiore a 3/10, ma superiore a 1/20, livello che identifica la cecità legale.

La lettura è un’attività che richiede un alto livello del visus per essere svolta normalmente e certi studi dimostrano che persone con un visus inferiore a 5/10 avrebbero una ridotta capacità di lettura di testi di dimensioni correnti.

Oltre al normale abbassamento della vista dovuto all’avan-zare dell’età, l’ipovisione può essere dovuta a diversi tipi di patologie che colpiscono gli occhi a qualsiasi età: le più conosciute sono la cataratta, che porta a una progressiva sfocatura dell’immagine percepita, la degenerazione ma-culare, che distorce il testo stampato e sembrano mancare

l’esplorazione di una scena visiva, inoltreFoveazione

Span percettivo

L’ipovisione

↑ Lo span percettivo

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l’esplorazione di una scena visiva, inoltreFoveazione

Span percettivo

segmenti di parole, il glaucoma che costringe alla perdita di visione periferica e a una progressiva riduzione del campo visivo ed infine la retinopatia diabetica, che porta a una distorsione e a una sfocatura dell’immagine, accompagnata da una riduzione del campo visivo.

Alcune possibili soluzioni ai problemi di lettura nei soggetti ipovedenti sono stati proposti con successo dal Progetto Lettu-ra Agevolata, un servizio avviato dal Comune di venezia nella primavera del 2000 con l’obiettivo di supportare il diritto di tutti i cittadini ad accedere alla cultura e all’informazione e con particolare attenzione ai cittadini con capacità visive ridotte o assenti.

Nel libro Questione di leggibilità (scaricabile in formato pdf dal sito del progetto) sono raccolte diverse informazioni sull’ipovisione in Italia e su come un corretto design possa aiutare a rendere la vita più facile alle persone ipovedenti.

I possibili interventi grafici riguardanti la segnaletica ✎sono: la dimensione del carattere, il contrasto testo/sfon-do, il tipo di carattere, l’utilizzo del testo tutto maiuscolo, la corretta spaziatura del testo.

La dimensione del testo è una variabile decisamente im-portante e complessa: sicuramente, come avevano proposto gli ingegneri americani per risolvere i problemi del High-way Gothic, aumentare il corpo di un carattere è un inter-vento semplice che permette di rendere più leggibile quasi ogni tipo di testo.

Invece però di essere una soluzione al problema, questa operazione comporterebbe, come già osservato, l’aumento della dimensione dei segnali e un maggiore consumo di pel-licola e metallo con la necessità di supporti più robusti per i nuovi segnali. Il tutto con costi davvero proibitivi.

Nell’ambito della segnaletica può essere importante, piuttosto, trovare soluzioni tipografiche che facciano rispar-miare spazio (sempre per limitare il consumo di materie prime utilizzate), mantenendo buoni risultati sia dal punto di vista della leggibilità, sia da quello della riconoscibilità.

Il contrasto, ossia la differenza di luminosità tra i caratteri e lo sfondo, è uno dei fattori che influenza maggiormente la fruibilità di un testo. La ricerca del dr. Lauren Scharff e dello studente Alyson L. Hill del dipartimento di psicologia dell’università di Austin, negli Stati uniti, pur essendo spe-cificatamente indirizzata verso lo studio del contrasto testo-sfondo in ambito web, avvalora comunque la teoria secondo la quale un’accuranta scelta della combinazione di colori per questi due elementi può risultare vincente in termini di leggibilità (☞ pag. succ.).

Oltre alle già affrontate questioni tipografiche, è necessario prestare una particolare attenzione ad alcune problematiche

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legate all’utilizzo dell’alfabeto latino: la prima riguarda la presenza nel nostro alfabeto di glifi potenzialmente ambi-gui. La lettera L minuscola, la i maiuscola e minuscola ed il numero 1 possono facilmente essere confusi nel momento in cui il disegno non presenti delle spiccate caratteristiche distintive. Anche la coppia r+n può facilmente essere confu-sa con una m dello stesso alfabeto, così come costituisce un grave errore progettuale l'utilizzo del Futura, un carattere geometrico, su una segnaletica ferroviaria: in questo caso, infatti, soprattutto con una lettura in velocità come quella dal treno, il glifo o non risulta abbastanza differenziato dal-la a, compromettendo la corretta decifrazione del segnale.

Per ciò che concerne l’utilizzo di un testo esclusivamente maiuscolo si pongono due problematiche: già nel 1950 in California e nel 1957 in Germania, due test scientifici hanno dimostrato che un testo composto esclusivamente con let-tere uppercase risulta meno leggibile di un testo composto in capital case. Ciò sarebbe da attribuire alla presenza, nel minuscolo, di tratti ascendenti e discendenti che contri-buiscono a differenziare le lettere tra di loro, fornendo una maggiore quantità di informazioni al lettore, che è in grado di decifrare il testo in un tempo inferiore.

un ulteriore difetto di un testo tutto maiuscolo è che la maggior parte delle font non sono state progettate per que-sto e presentano quindi spaziature errate tra le lettere.

Nella necessità di dover utilizzare un testo tutto maiusco-lo è preferibile ricorrere al maiuscoletto, studiato apposita-mente per questo scopo.

1

2

3

4

5

6

0

����� ����������� �����I risultati della ricerca di Scharff →

↑ Il carattere Futura sui segnali delle fs

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l I i � rn mAmbiguità dei glifi

Maiuscolo & Minuscolo

Maiuscolo & Maiuscoletto

BOLOGNA

Il tema dell’interazione dell’uomo con lo spazio che lo cir-conda viene ampiamente trattato da Kevin Lynch nel libro L’immagine della città, che ancor oggi costituisce un indiscuti-bile punto di riferimento in buona parte della progettazione urbana:

Niente è sperimentato singolarmente, ma in relazione alle sue adiacenze, alle sequenze di eventi che portano ad esso, alla memoria delle precedenti esperienze.

[…] Gli elementi mobili, e particolarmente la gente e le sue attività, sono in una città altrettanto importanti che gli elementi fisici fissi.

Noi non siamo soltanto testimoni di questo spettacolo, ma siamo noi medesimi interpreti di esso, siamo sulla scena con gli altri attori. Spesso la nostra percezione del-la città non è distinta, ma piuttosto parziale, frammen-taria, mista ad altre sensazioni.

Praticamente ogni nostro senso è in gioco e l’immagine è l’aggregato di tutti gli stimoli.

[…] Benchè la chiarezza e la leggibilità non sia la sola proprietà importante in una bella città, essa acquista speciale importanza se l’ambiente è esaminato nelle dimensioni urbane di estensione, tempo e complessità. Per comprendere questo noi abbiamo considerato la città non come un oggetto a sé stante, ma nei modi in cui essa viene percepita dai suoi abitanti.

Il fattore ambientale

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Secondo la monografia A brightness inventory of contempo-rary signing materials for guide signs di W.P.Youngblood e H.L.Woltman, invece, la percezione dei segnali stradali dipende da quattro processi parziali: l’individuazione, cioè l’isolamento del segnale dal suo sfondo, l’identificazione, la determinazione del tipo di segnale, la discriminazione del simbolo specifico e la lettura dell’eventuale iscrizione. Citando il libretto di 3m Più sicuri nel buio, il meccanismo

scatta nella mente dell’automobilista nell’ordine sopra indicato e precede la presa delle decisioni e le conse-guenti azioni reattive.

Se le fasi di percezione non si svolgono in maniera corretta è molto probabile che il conducente venga a trovarsi in quell’area di pericolo, definita nelle indagi-ni istat di ‘guida distratta o andamento indeciso’, che causa circa un quinto degli incidenti stradali.

Infatti l’efficacia del segnale stradale in relazione alle sue funzioni di guida e controllo del traffico e quindi in relazione alla sicurezza dello stesso, è tanto maggiore quanto più grande è l’intervallo di tempo che il segnale concede all’automobilista per reagire agli stimoli che in esso si producono in corrispondenza delle fasi di perce-zione.

Se una o più di queste fasi manca o non avviene corret-tamente lo stimolo corrispondente non viene indotto e non si produce la conseguente presa di decisione da par-te del conducente. Inoltre va considerato che quanto più alta è la velocità di marcia, tanto più complesso risulta l’intervallo di tempo disponibile per la reazione.

Variabili della sicurezza sulle strade (dati ���)

Uomo

Veicolo Ambiente

57%

6%3%

3%

27%

1%3%

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6,95% – mancato rispetto del triangolo di precedenza

6,91% – mancato rispetto del segnale STOP

6,58% – mancato rispetto della precedenza

19,53% – andamento incerto o indeciso

60,03%

Principali cause di incidenti su strada (fonte �����)

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03 Type–design per segnaletica

« Per valutare la leggibilità di un carattere tipografico o di un testo (e tanto più per progettarli) è necessario avere conoscenze varie e approfondite ».

— Giovanni Lussu

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Interviste

re–design di un carattere per segnaletica

Dopo aver definito le problematiche storiche e tecniche dell’ambito progettuale, il passo successivo di questa ricerca è stato un’analisi metaprogettuale atta a definire un metodo di lavoro. Prima dell’analisi dei casi di studio si è ritenuto opportuno rivolgere alcune domande a due type–designer che in questo settore sono stati accomunati dall’incarico di progettare un’alternativa migliore per il Highway Gothic.

Come lasciano intuire gli stessi designer i due progetti hanno avuto input diversi, ma entrambi affermano che la propria soluzione è stata scelta perché risultata la più effica-ce delle versioni testate; inoltre i due designer concordano anche nell’affermare che la più grossa debolezza del siste-ma segnaletico italiano consiste nell’utilizzo dell’alfabeto esclusivamente maiuscolo, nonostante molti test abbiano dimostrato la migliore leggibilità di lettere minuscole con iniziali maiuscole.

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☞ james montalbano

La carriera di Montalbano è iniziata come insegnante di arte in una scuo-la pubblica di New York e, dopo avere incontrato il tipografo Ed Benguiat, si è orientata verso la tipografia e la progetta-zione di caratteri tipografici.

Fondando lo studio Terminal Design a New York nel 1990, James Montalbano ha con-tinuato ad interessarsi professionalmen-te al lettering e al type design, proget-tando, tra gli altri, caratteri originali per la International Typeface Corporation, Warner Music e Glamour.

Negli ultimi dieci anni ha lavorato al sistema di caratteri ad alta leggibilità Clearview, e il suo lavoro gli è valso articoli sul New York Times e Creative Review. Attualmente insegna alla Par-sons School of Design.

Nel 2001 ha inoltre completato una famiglia di caratteri per l’ente naziona-le dei parchi americano, lo u.S. Natio-nal Park Service, il carattere graziato Rawlinson che è andato a sostituire il Clarendon per questo tipo di segnali con ottimi risultati sperimentali.

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☞ gerard unger

Nato ad Arnhem (Paesi Bassi), nel 1942 unger ha studiato graphic design, tipo-grafia e type design dal ’63 al ’67 alla Gerrit Rietveld Academy.

Oltre alla attività di docente all’univer-sità di Reading e all’università di Leida egli è un designer freelance dal 1975 ed ha al suo attivo diversi progetti per francobolli, monete, riviste, quotidia-ni, libri ed immagini coordinate. Il suo libro Il gioco della lettura del 2006 è stato tradotto in inglese, italiano, e tedesco.

Durante questi anni di attività unger ha progettato anche numerosi carat-teri, molti dei quali hanno ricevuto riconoscimenti internazionali.

Quando nel 1997 è stato commissiona-to allo studio olandese npk il progetto di pali segnaletici stradali, unger ha ricevuto l’incarico di disegnare un nuovo carattere da applicare ai car-telli, andando a sostituire la variante dell’Highway Gothic precedentemente in uso nei Paesi Bassi.

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A typeface, just like any other project, needs to be approved by the client before it can be used. In your opinion how much of a chance is there that a typeface for road signa-ge may be influenced by the client objections or expectations?

☞ jm I don’t know how to answer this, since we had no client for the Clearview project: it was a self–directed project with private funds.

Once we proved our design was better than Highway Gothic it took many years to get the uS Federal Highway Administration to even consider our design.

☞ gu As I have already mentioned, the design was developed in close coop-eration with the client.

So there were no surprises, every-thing went very smoothly.

How much should the re–design resemble the new one, in order to avoid too big of a change between the old version of the font and the new one?

☞ jm It was important that our design not appear too ‘designed’ since there were no designers passing judgement on our work.

The people who make these decisions are highway engineers, most of whom have spent their entire careers getting to know one standard, and many of them are reluctant to change to any-thing new.

We were ultimately successful in get-ting our design approved by the Federal Government because the head traffic engineers of Texas and Pennsylvania made it clear to the Feds that they wanted to use our design since the re-search showed it was more effective.

☞ gu Part of the job was to make the new design to look exactly like the old one. Otherwise drivers might react in surprise and accidents could happen.

This condition, it turned out, could be stretched very far.

We would have had to make a serifed design to really get reader–driver reac-tions.

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What are the main variables to be taken in consideration when designing a typeface for road signage? Among those variables how much attention should be paid to the colors and materials that will be used in the production process?

☞ jm Openness of interior counters to minimize halation.

Proper letter spacing for the appropri-ate viewing distance. Most designs fail because the designer makes all deci-sions either on a computer screen, or on proofs viewed at reading distances. This goes back to the answer to ques-tion.

Positive Contrast (white letters on dark backgrounds) or Negative Con-trast (Black letters on light back-grounds) applications. Most designs err on the side of making the Positive Contrast too bold, and the Negative Contrast too light.

☞ gu Colour was not the problem in my case these were tested and ap-proved thirty years earlier and did not need to be changed.

Otherwise, legibility from a distance and economy (as many characters as possible per line) are most important.

As far as materials are concerned, that was the job of the industrial design-ers, who managed to reach a saving in energy of 60% in comparison with the old signs.

From your experience how much of the design process should deal with testing in real–life conditions when facing such critical issues?

☞ jm All design decisions should be tested under real‒life conditions. It is the only way to validate the design.

☞ gu Difficult to express in a percent-age, but considering the importance of such a design and its consequences, as well as the continuous feedback you need in discussions with the client, I would say 50% at least.

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Considering that the original design of the Highway Gothic was supposed to “maxi-mize legibility at a distance and at high speed”, why did it need do be re–designed? Did the way we read change so much in 60 years, or did the project just lack in consi-dering the scientific variables involved?

☞ jm I think that if you look carefully through the historical record, there was very little research behind the H. Gothic series.

These designs go back to a time when glass reflective buttons were placed in-side the stroke of the glyphs to enable them to be seen at night.

E–modified, which is the design used for high‒speed limited access roadways was a bolder variation (with a lower-case added) to the series E design. This bolding was done to fit the glass but-tons onto the glyph shapes.

We haven’t changed the way we read over the last 60 years, but we have changed the materials that we read from (on the road scape): previously, only the lettering on the signs reflected at night, now with modern retro‒re-flective sign materials, the entire sign reflects back legend and background.

This caused a problem with “overglow” or “halation” which caused the High-way Gothic designs to become illegible at night.

Clearview was not a “redesign” of Highway Gothic, but an attempt to solve the problems caused by the in-troduction of these modern materials that have been introduce in the last 20 years, by completely rethinking the design of the individual glyphs.

☞ gu The earlier design, introduced in The Netherlands in the early sixties, was a lousy copy of the American sans for motorway signs.

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What do you think are the weakest points of the Italian signage system?

☞ jm I have traveled in Italy and Sic-ily, and what strikes me about the signage is its over–reliance on all Up-percase forms.

Research has shown that upper and lowercase (or mixed case) legends per-form better than all uppercase.

That, and I think not enough attention is paid to proper letter space (it is usu-ally too tight).

And in many cases the background is too small for the size of the letterform. In conducting our work, we found that if you place the letters too close to the border of the sign, the legibility is af-fected.

But all this could be said about any number of national sign programs, not just Italy’s.

☞ gu It is definitely the usage of all caps and the indifferent design of the road signs.

What should be a ‘to–do list’ for any designer working on road signage?

☞ jm Make no assuptions. Never make any final decision without throughly testing it under real‒life con-ditions.

☞ gu Simplicity, extreme legibility and economy, good balance between all of these factors and size of charac-ters on the signs.

The character should be warm, not a neutral bureaucratic and techno one, like is used in Germany and Belgium.

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↓ Disegni tecnici del Transport Heavy

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analisi dei casi studio

Per riuscire ad individuare un sufficiente numero di varia-bili che intercorrono nel processo di lettura di caratteri da segnaletica si è cercato di fare riferimento a dei precedenti progettuali che affrontano e risolvono alcune difficoltà, legate soprattutto al contesto d’uso o ai materiali utilizzati.

Il primo caso analizzato non poteva che essere la font che ha costituito e tuttora costituisce un fondamentale riferimento per la progettazione di caratteri per segnaletica, il Transport di Jock Kinneir.

Il carattere, ancora oggi in uso sulle strade inglesi ed ispi-ratore di diverse ‘imitazioni’ presenti sulle strade di tutto il mondo, aveva forti somiglianze con un altro carattere molto in voga in quegli anni, l’Anzidenz Grotesk. I tratti diagona-li delle terminazioni di e, c e s confermano questa ipotesi, suggerendo che effettivamente

il gusto gioca un ruolo molto importante,

come affermato in alcune pagine del rapporto finale del comitato Anderson a supporto del progetto di Kinneir.

Nonostante questa osservazione, che potrebbe in realtà sminuire l’importanza scientifica del lavoro del progettista inglese, è possibile individuare in questo carattere diversi punti di forza ed intuizioni che si dimostrano ancora valide ed alla base di qualsiasi progetto di type design orientato alla segnaletica.

In primo luogo Kinneir e Calvert intuirono l’importanza dei test (per quanto rudimentali) del proprio lavoro, utili come verifica del lavoro svolto e per trovare i valori più adat-ti per spessori ed altezze.

Alla base del progetto c’era il bisogno di trovare for-me che non si addensassero quando erano osservate a distanza e con le luci dei fari. Per questa ragione gli oc-chielli … dovevano essere mantenuti aperti, impedendo la chiusura degli spazi vuoti.

Inoltre, come ha dimostrato la pittura puntinista, quando sono viste a distanza, le forme tendono a confondersi; questo indusse a sviluppare una spazia-tura tra le lettere più ampia di quella che si utilizzava correttamente nei testi continui.

Queste frasi di Kinneir contengono già moltissimi spunti di progetto, ma può essere utile fare riferimento anche all’af-fermazione del designer secondo il quale le grazie ed i tratti modulari dei caratteri graziati non sarebbero adatti per il materiale riflettente.

Gli output di questo progetto furono, alla fine, due va-rianti di un alfabeto piuttosto neutro per segnaletica strada-le, il Transport medium e heavy. Il medium era stato concepito

Transport

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per lettere bianche su fondo blu o verde, mentre l’heavy doveva essere utilizzato per lettere nere su sfondo bianco o giallo. In entrambi i casi, comunque, era stato previsto un utilizzo minuscolo con lettere iniziali maiuscole.

Il lavoro di Kinneir, infine, ha il merito di essere un progetto sistemi-co in cui il designer grafico ha un ruolo di regia fondamentale, sia per il numero dei segni e di soluzioni distinte a seconda dell’utilizzo, sia per il fatto di essere provvisto di prototipi che includono un sistema di spazia-ture tra le lettere fondato su un numero limitato di moduli, in modo tale che chiunque possa essere in grado di riprodurli.

I risultati raggiunti da questo progetto possono essere definiti unici per il tempo in cui è stato realizzato e sicuramente ancora più che validi al giorno d’oggi.

← Il sistema di spaziatura del Transport

Specimen del Transport Medium ↓

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Sono ancora una decina le stazioni della metropolitana di Amsterdam che portano sui propri segnali questo carattere di unger.

Nonostante non si tratti di un carattere per segnaletica stradale è stato presentato in questa ricerca per gli spunti interessanti che può suggerire.

Le forme aperte sono già state analizzate e considerate un beneficio per ciò che concerne la leggibilità, soprattut-to notturna, ma la caratteristica più unica del mol è un particolare arrotondamento dei terminali, che viene così motivato dal designer olandese:

as a fair proportion of the signs are illuminated from within, using fluorescent tubes, the principles of optics were taken as the basis for the design. Whatever form an opening has — triangular, square or polygonal — the light shining through it onto a surface always tends to form a circle. mol is rounded throughout as a device to make illuminated lettering more even and legible.

È possibile quindi che anche nel caso della segnaletica stra-dale, e quindi di segnali illuminati di fronte, si possa adot-tare un sistema di arrotondamenti simile a quello di unger?

mol

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un altro progetto che come il Transport costituisce un riferimento nella progettazione di caratteri per segnaletica è il ClearviewHwy, nonostante, al contario del primo, non presenti delle effettive novità nel suo progetto.

Le ricerche per questo progetto hanno contribuito allo sviluppo di diversi caratteri della serie Clearview, tutti incentrati sull’aumento della leggibilità, con attenzione anche verso le persone ipovedenti.

Oltre quindi ad essere un altro caso che dimostra l’impor-tanza della verifica sul campo dei propri risultati di progetto (come afferma lo stesso Montalbano nell’intervista all’ini-zio di questo capitolo), il ClearviewHwy si presenta come una famiglia di sei differenti pesi in due versioni diverse, una per il contrasto positivo e una per il contrasto negativo.

Come per il progetto inglese, anche in questo caso si è cercato di risolvere il problema degli aloni luminosi causati dai fari delle auto, per cui lettere chiuse ed occhielli ridotti rendono le lettere indistinguibili.

Gli aloni erano causati dall’eccessivo spessore delle lettere, inevitabile per riuscire ad inserire elementi catari-frangenti all’interno delle lettere con la tecnologia definita button copy (☞ pag. succ.).

Il risultato raggiunto è frutto di dieci anni di test realizza-ti con segnali di prova e ha tenuto in considerazione diverse variabili: il peso delle lettere, studiate sia per il contrasto positivo che negativo, la larghezza dei glifi, la spaziatura, la marginatura dal segnale e l’altezza della x, decisamente aumentata rispetto al carattere precedentemente in uso.

ClearviewHwy

Highway Gothic

Interstate Blue Highway

Clearview ��� �–�

I diversi derivati (ufficiali) del Highway Gothic ↓

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↑ ‘Button copy’ in Highway Gothic

← Test praticisul Clearview

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↑ Clearview

H.Gothic (sin.)e Cleaview →

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Quando lo studio olandese npk ricevette l’incarico di ripro-gettare la struttura dei cartelli presenti sulle strade, risultò utile sostituire anche il vecchio carattere che, solo quattro anni prima, aveva ispirato l’Interstate di Tobias Frere–Jones. La font in questione era quella presente anche sulle autostrade americane (o meglio, come ha osservato unger nell’intervista al paragrafo a di questo capitolo, una sua copia piuttosto scadente).

La richiesta dell’anwb, l’organizzazione che si occupadella posa e della manutenzione della segnaletica stradale era quella di una font che, pur occupando meno spazio del carattere allora in uso, potesse comunque risultare più leg-gibile senza discostarsi troppo dal disegno del precedente.

Ancora una volta lascio ‘la parola’ ad unger, che descrive così il proprio progetto:

Although this type is read very differently from most of my designs —from a large distance, rather than thirty or forty centimetres — it became apparent once again that enlarging the counters improved legibility. For the rest, the letter forms were narrowed and in effect com-pletely redesigned, but with minor references to the old letters.

anwb

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↑ ↓ Applicazioni e specimen del anwb di Unger

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Progettato da Sally Castle nell’ambito di un Master in Type-face Design all’università di Reading, in Gran Bretagna, il Grover presenta diverse caratteristiche ‘anatomiche’ piutto-sto interessanti oltre a dimostrare che il type design può ef-fettivamente risolvere dei problemi (o, almeno, attenuarne le cause) laddove nessun altra scienza è in grado di interve-nire in maniera efficace.

Questa famiglia di caratteri, tuttora in fase di sperimen-tazione, è stata progettata in tre diverse varianti (serif, sans serif e corsivo) per l’utilizzo a scopi didattici e sfrutta diversi accorgimenti per differenziare nettamente un glifo dall’al-tro: considerando che molti degli accorgimenti utilizzati sono forse di poca utilità in questa ricerca, sembra utile sof-fermarsi invece su una delle peculiarità di questo carattere, la differenziazione della m dalla coppia r+n.

I tre glifi infatti sono stati differenzati senza compro-mettere l’omogeneità del design, disegnando la n e la m con due simmetrie opposte e la r con un tratto leggermente inclinato nella parte superiore (caratteristica assente nelle altre due lettere).

Nella versione serif, inoltre, la m non presenta una gra-zia nell’asta centrale, elemento che costituisce un’ulteriore differenza.

Per quello che riguarda i numeri, invece, essi sono mi-nuscoli per aumentarne la leggibilità, ma è stata prevista anche una versione maiuscola per permettere l’uso in mate-matica e nelle tabelle.

Grover

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Optica è il carattere disegnato da un gruppo di studenti cile-ni, tra cui Miguel Hernandez, come progetto di laurea e par-te dall’ipotesi che alcune irregolarità nei tratti delle lettere possano aiutare la lettura invece che sfavorirla, correggendo gli errori percettivi dovuti alla distanza. L’ipotesi è suppor-tata da alcuni esperimenti, che, è importante ricordare, non sono effettivi test sul campo, ma delle simulazioni effettuate con delle sfocature controllate sulle lettere.

Il risultato è un carattere che, confrontato con il Clear-viewHwy di Montalbano (☞ imm. in basso) sembrerebbe in effetti presentare un maggior numero di punti in cui la forma della lettera risulta più distinguibile; pur essendo un risultato molto interessante dal punto di vista degli spun-ti spunti progettuali, esso non ha nessuna validità data da una prova scientifica, dato che, come abbiamo visto, è impossibile verificare il funzionamento di un carattere per segnaletica senza fare un costante riferimento alle condizio-ni di utilizzo e ai materiali di produzione.

Montalbano ha inoltre osservato a proposito di questo carattere, la presenza di un altro importante filtro per l’ap-provazione di scelte progettuali a volte poco gradevoli da un punto di vista estetico:

another thing to keep in mind when dealing with these sorts of fonts is their acceptability to the general highway engineering community. One of the reasons Clearview looks the way it does was it was designed to solve problems of legibility and readability without scaring the very conservative highway engineers with a radical designed solution.

Optica

*

*

* Clearview

*

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04Il progetto Flaminia

« All design decisions should be tested under real–life conditions: it is the only way to validate the design ».

— James Montalbano

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riprogettare l’alfabeto

Subito dopo l’inizio dell’attività segnaletica in Italia, la Rivi-sta mensile del Touring Club Italiano scriveva:

Se dall’alto delle Piramidi quaranta secoli di storia con-sigliavano i soldati di Napoleone, dall’alto del suo palo, di ferro o di legno, il cartello consiglierà i turisti che passano per la via.

Purtroppo, come abbiamo avuto modo di vedere finora, la segnaletica stradale italiana tutto fa, fuorchè consigliare sulla strada da seguire.

Analizzato l’ambito progettuale nei suoi aspetti storico, tecnico e metaprogettuale si è quindi cercato di portare una soluzione al problema, pur tenendo conto dei numerosi limiti presenti.

Come nel caso statunitense del passaggio dal Highway Gothic al ClearviewHwy, anche in Italia sarebbe fondamen-tale una riprogettazione tipografica prima ancora di una grafica.

Dato infatti che, come già affermato, il testo è proprio il nocciolo del wayfinding, è fondamentale che esso sia reso in un carattere che dia il meno possibile adito a confusioni o problemi di lettura, sia per persone che non hanno diffi-coltà di vista, che per persone con deficit visivi tali da non compromere però la capacità di guida (come gli anziani).

Necessitàdel re–design

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Per le cause citate negli scorsi capitoli, la grande diffusione che nel Secondo Dopoguerra ha interessato i due caratteri ‘anglosassoni’ non ha portato ad una effettiva standardiz-zazione dei sistemi di segnaletica, almeno per i paesi che ne facevano uso, ma ha piuttosto provocato la libera interpre-tazione dei due progetti da parte di ciascun ministero dei trasporti e usi sconsiderati delle due font.

una imitazione poco efficace e leggibile del Transport di Kinneir è proprio quella prescritta dal Codice della Strada (☞ imm. in alto e a destra), caratterizzata da spessori trop-po accentuati in tutte le sue versioni, dall'errato utilizzo di lettere esclusivamente maiuscole, e da un problema di co-erenza informativo‒visiva nel momento in cui su un gruppo di segnali compaiano sia la versione normale che la stretta.

L'analisidel Codice

↓ Alfabeto normale (dal Codice della Strada)

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La soluzione al problema della segnaletica stradale ✎italiana presenta diverse difficoltà, non ultime quelle di tipo burocratico, dato che manca un vero e proprio organo di riferimento istituzionale che possa concentrare al suo recupero tutte le proprie risorse; tale soluzione, inoltre, dovrebbe scaturire da un gruppo di lavoro multidisciplina-re, come ogni progetto di wayfinding e dovrebbe essere più volte testata su strada prima di essere approvata.

Il contributo che questa ricerca ha cercato comunque di dare al wayfinding stradale (italiano e non) è stato di tipo meta-progettuale, fornendo uno strumento basato su variabili di controllo che permetta l'analisi e la progettazione di caratte-ri per segnaletica.

↓ Alfabeto stretto (dal Codice della Strada)

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un sistema di variabili

Le variabili individuate sono scaturite principalmente dall'analisi dei casi studio e da quella delle problematiche produttive ed umane legate alla lettura dei segnali.

Esse sono, nell'ordine:

Rotondità del glifo *Larghezza del glifo *Altezza della x *Spessore delle aste *Presenza di glifi alternativi *Rotondità delle aste *Presenza di grazie *Irregolarità dei tratti *

Identificate le prime quattro come variabili primarie inter-polabili, esse sono successivamente state inserite in una Multiple Master di cui sono stati disegnati gli estremi (con x-height alta e bassa, extended e condensed, thin e bold, dalla forma quadrata o tonda): questa tecnica, utilizzata comunemente nella progettazione di caratteri, permette di disegnare diversi tracciati ‘mastro’ e, successivamente, di interpolarli tra loro generando un numero altissimo di font.

Le variabili di controllo

La Multiple Master

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Il caratteredi partenza

Il disegno delle mastro per il Flaminia Text è partito dal ‘ca-rattere zero’, cioè da quella forma che viene restituita nel momento in cui tutti gli assi sono posizionati sul valore zero di ogni variabile.

Il carattere in questione doveva quindi essere stretto, quadrato, con un x‒height e le aste sottili (si tenga però presente che la scelta è stata arbitraria e che il disegno degli estremi sarebbe potuto partire da qualsiasi altra versione).

In seguito al corretto proporzionamento delle aste orizzon-tali e verticali (dritte o curve), il processo si è rivolto verso la definizione del primo asse dell'interpolazione, con il dise-gno dell'altro estremo dell'interpolazione, il tondo.

Componendo una parola con i primi estremi dell'interpola-zione e con alcune delle versioni che si trovano tra queste è possibile cominciare ad osservare le prime potenzialità di questo sistema. Su una scala da -500 fino al massimo valore di 1500 sono infatti presenti ben 2000 valori estrapolabili.

x-h

eigh

t bas

sa

stretto

tratti squadrati

aste sottili

La rotondità

rotondità

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100

200

500

800

900

1000

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Come già abbiamo avuto modo di constatare in questa ricer-ca, la larghezza di una lettera è una delle variabili fonda-mentali nell'efficienza di un carattere per segnaletica: un carattere troppo stretto, come per esempio l'Alfabeto stretto (☞ imm. pag. 115) può risultare di difficile lettura a causa della scomparsa dei contropunzoni, ma un carattere troppo largo, d'altro canto, richiede un maggiore spazio e un conse-guente spreco di materiale segnaletico.

Dal momento che la Multiple Master si comporta come una matrice dipendente da due valori (i due estremi), all'au-mentare delle variabili il numero delle mastro da disegnare aumenta in maniera esponenziale. Saranno così quattro le mastro di un sistema a due assi, otto quelle dipendenti da tre variabili, sedici quelle che raggiungono il limite degli assi gestibili da Fontlab, cioè quattro.

Dati questi presupposti tecnici sarà chiaro il motivo per cui, una volta concluso il lavoro sul quarto asse, ci troveremo di fronte a ben sedici tracciati per ogni glifo.

La larghezza

larghezza

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Gli estremi di una ulteriore interpolazione sono stati dise-gnati, partendo da ciascuno di quelli già presenti, aumen-tando l'altezza della x dei glifi.

Anche questo procedimento permette di studiare un ulterio-re parametro confrontandolo con gli altri e individuando il valore ottimale per una buona leggibilità.

È comunemente noto come un'altezza piuttosto generosa dell'occhio medio costituisca una valore aggiunto in termini di leggibilità (si confrontino, per esempio il ClearviewHwy, o lo stesso Transport), ma questa importante variabile può essere ulteriormente analizzata tramite le diverse interpola-zioni di questo sistema.

L'ultima variabile inserita nella Multiple Master per essere interpolata è stata lo spessore delle aste: questo parametro è infatti fondamentale per studiare la differenza corretta tra gli spessori della font utilizzata nel caso di contrasto nega-tivo e quella per il contrasto positivo (differenza, peraltro, prevista anche dal Codice della Strada italiano).

Il disegno delle versioni spesse di ogni mastro ha dovuto tenere conto del fatto che un carattere per segnaletica diffi-cilmente comparirà nella sua versione black, ma piuttosto avrà spessori che si collocano tra medium e bold.

L'altezza della x

Lo spessore

altezza della x

spessore

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Come già affermato diverse volte in questo libro, durante la progettazione di un carattere per segnaletica è necessario contemplare la presenza dei glifi freccia, che dovranno ave-re spessori adeguati con il resto dell'alfabeto, ma avranno un diverso sistema di variabili nel momento della messa a sistema.

Ciò permette di ottenere frecce perfettamente integra-te con il resto del segnale (e che quindi abbiano la stessa importanza visiva del messaggio testuale) e, nell'ambito di questa ricerca, di avere un ulteriore strumento di analisi dei problemi della leggibilità nel wayfinding.

Con riferimento ad una ricerca del Pennsylvania Transpor-tation Institute sulla leggibilità delle frecce segnaletiche, sono state scelte cinque forme diverse da inserire nella se-conda Multiple Master: la scelta è avvenuta non in base alle prestazioni di ciascuna freccia, ma, piuttosto, dopo un'os-servazione delle peculiarità di ciascun disegno.

Le variabili interpolabili che hanno caratterizzato la proget-tazione delle frecce del Flaminia sono leggermente diverse da quelle che costituiscono la Multiple Master dell'alfabeto. Esse infatti sono solamente tre_

Apertura delle diagonali *Spessore delle aste *Altezza delle x *

Se la prima, tuttavia, è completamente indipendente dall'alfabeto del Flaminia, le ultime due sono strettamente collegate con gli stessi valori.

Questa è una variabile in un certo senso assimilabile all'apertura delle terminali delle lettere: con l'allargamento delle diagonali di una freccia, infatti, si crea un maggiore bianco interno, fenomeno che forse potrebbe influenzare la riconoscibilità di una freccia aperta rispetto ad una chiusa.

Le frecce

L'apertura

Freccia 1 Freccia 2 Freccia 5Freccia 4Freccia 3

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Come già detto, tra l'altro, l'apertura delle diagonali è asso-lutamente indipendente dalle variabili della versione alfa-betica del Flaminia; aperture diverse possono quindi essere coerenti con la stessa versione del Flaminia testuale.

Lo spessore delle aste di una freccia è, come per quelle di un glifo, un importante elemento caratterizzante, oltre ad essere una caratteristica fondamentale nel riconoscerne l'appartenenza ad un determinato alfabeto.

apertura delle diagonali

Lo spessore

Freccia 1 Freccia 2 Freccia 5Freccia 4Freccia 3

spessore

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Quest'ultimo parametro dell'interpolazione tiene semplice-mente conto del variare dell'altezza della x dei glifi alfabeti-ci, adeguando quella delle frecce in modo da farle risultare sempre posizionate sul centro ottico.

Più che uno strumento per lo studio sulla leggibilità questa interpolazione serve quindi a mantenere la massima coe-renza possibile tra il testo e l'elemento indicatore.

In ciascuna mastro interpolabile sono state disegnate diver-se versioni di quelli che sono stati ritenuti glifi ambigui, e versioni stilistiche alternative per alcuni altri glifi. Questo perché, configurandosi il Flaminia non come un carattere per segnaletica, ma piuttosto come un sistema che per-mette di analizzare scientificamente i fattori che incidono sulla leggibilità di questo tipo di caratteri, si è dovuto tenere conto di possibili varianti di lettura derivate dalla forma del glifo, senza escluderne nessuna a priori.

I glifi alternativi

altezza della x

L'altezza della x

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Come già osservato, dato il numero limitato di estremi in-terpolabili che è possibile disegnare in Fontlab, le variabili sono state divise in variabili primarie e variabili secondarie.

Le prime, ottenute da sedici mastro inserite in una Multiple master, hanno fornito i primi caratteri che poi sono stati modificati da una seconda serie di variabili.

I quattro caratteri estrapolati dal sistema sono stati scelti per essere paragonati a coppie di due: essi verranno quindi chiamati FlaminiaSans 1.a e 1.b e FlaminiaSans 2.a e 2.b.

Ogni carattere, rispetto al proprio ‘simile’, ha valori diffe-renti soltanto per una variabile: in questo modo, infatti, è possibile studiare quanto effettivamente la variabile in questione influenzi il processo di lettura. I valori riportati corrispondono alle variabili di Larghezza, Rotondità, X-height e Spessore.

Il risultato: F. Sans

�: 100 100�: 900 100�: 400 400�: 900 900

FlaminiaSans 1.1 FlaminiaSans 1.2

FlaminiaSans 2.1

�: 300 300�: 900 900�: 700 700�: 800 900

FlaminiaSans 2.2

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Oltre al Flaminia per il testo, l'estrapolazione è stata effet-tuata anche sul Flaminia arrows, e ha prodotto due risultati che, coerentemente al testo, variano solamente nell'apertu-ra delle diagonali.

Anche questi segni sono stati catalogati con i nomi Flami-nia Arrows 1.1, 1.2, 2.1 e 2.2 e, insieme al testo, contribui-scono all'analisi di diverse problematiche:

Carpi2

Sans 1.1 Arrows 1.1

Sans 1.1Arrows 1.2

Sans 1.1Arrows 1.1

Sans 1.2Arrows 1.2

Il risultato: F. Arrows

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Questa prima operazione ha permesso di individuare dei buoni valori per sia per un carattere di forme quadrate, sia per uno tondo.

Inoltre sono stati individuati dei valori piuttosto efficaci per l'utilizzo del testo chiaro su fondo scuro e quello nero su fondo chiaro: le frecce utilizzate nelle immagini, inoltre, presentano differenze nelle diagonali e nelle terminazioni, che possono diventare ulteriori elementi di studio.

Carpi2

Sans 2.1 Arrows 2.1

Sans 2.1 Arrows 2.1

Sans 2.2Arrows 2.2

Sans 2.2Arrows 2.2

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La seconda fase di questo progetto si è concentrata sullo svi-luppo di caratteri che completassero il sistema di variabili premesso.

una volta estrapolati, quindi, i caratteri citati, si è scelto uno di essi su cui lavorare per ottenere un carattere rounded, uno serif ed uno irregolare.

La prima versione realizzata in questa seconda fase proget-tuale è stata ispirata dal carattere mol (☞ Cap. 3) di unger, ed è partita dalla considerazione che ciò che avviene su un materiale retroilluminato potrebbe funzionare anche su un segnale che, invece, viene illuminato di fronte.

Il disegno del Flaminia Rounded è partito dalla versione regolare 2.1 precedentemente ricavata dall'estrapolazione: questa versione ha infatti un buon valore per ciò che riguar-da l'altezza della x (700) ed è già di forma tendente al tondo, con un valore di rotondità di 900.

Queste caratteristiche potrebbero renderlo già un buon ca-rattere per segnaletica, ma questa seconda fase progettuale ha tentato di sperimentare ulteriormente nuove possibili forme per caratteri per segnaletica.

La ii fase

Flaminia Rounded

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il progetto flaminia | 131

Anche per queste ultime tre variabili, inoltre, la freccia è stata considerata un glifo del sistema, necessariamente coordinato al resto del carattere.

Nell'immagine sottostante è possibile confrontare le due versoni ed osservare come il passaggio da una versione re-golare ad una rounded non consista semplicemente nell'ar-rotondamento delle terminali, ma richieda, come nel caso della b, alcuni accorgimenti atti a rendere armonici i tratti.

Page 132: Flaminia

132 | flaminia

Come già affermato nel secondo capitolo, è opinione comu-ne che i caratteri sans serif meglio si adattino a progetti di segnaletica rispetto a quelli con grazie.

Ciò sarebbe dovuto a diversi fattori, non ultimo quello pratico e produttivo della realizzazione dei segnali, più sem-plice e precisa per caratteri lineari e ‘semplici’.

Il progetto Flaminia d'altro canto, cerca di affrontare il pro-blema senza alcun tipo di pregiudizio, fornendo anche due versioni slab serif del carattere (☞ imm. in basso).

Questo tipo di carattere graziato è stato scelto perché il suo comportamento è molto simile a quello dei caratteri sans serif, oltre a presentare un contrasto ridotto e grazie decise e robuste che potrebbero favorire una buona caratterizzazio-ne dei segni alfabetici.

È inoltre importante ricordare ancora una volta il progetto di James Montalbano per la segnaletica dei parchi statuni-tensi (☞ Cap. 2), un carattere graziato che è andato a sosti-tuire il Clarendon con ottimi risultati.

Nell'ambito della ricerca del Pennysilvania Transportation Institute citata all'inzio di questo capitolo, inoltre, è risul-tato che una freccia come quella disegnata per il Flaminia slab 1 (☞ imm. a sin.) è risultata la quinta freccia più perfor-mante tra le dodici testate.

Flaminia Serif

Flaminia slab 1 →

↑ Flaminia slab arrows

Flaminia slab 2 →

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Il terzo output di questa seconda fase progettuale è basato sull'esperimento di Miguel Hernandez, un type designer ci-leno che, con il suo Optica, ipotizza la possibilità che alcune irregolarità nei tratti dei glifi possano rendere una font più leggibile di una regolare.

Per verificare la validità di questa ipotesi è stata perciò disegnata anche una versione irregolare che si inserisce perfettamente nel sistema Flaminia e che, partendo dalla versione 2.1, aggiunge una ulteriore variabile di controllo e di studio.

Flaminia Irregular

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È importante ricordare che le variabili selezionate per il sistema Flami-nia possono essere rimesse completamente in discussione, attribuendo per esempio una maggiore importanza (e quindi sostituendo gli assi della Multiple Master) alla scalarità delle variabili che in questa ricerca sono state considerate secondarie, oppure aggiungendo altri parametri che, per diversi motivi, non sono stati presi in considerazione.

Certo è che, così come compare in questo progetto, il Flaminia considera ipotesi in alcuni casi estreme, ma che sicuramente possono costituire un valido punto di partenza per la progettazione scientifica di segnaletica stradale.

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05Conclusioni

« Certa gente è così stupida che sarebbe capace di appendere un’insegna alla rovescia e poi incolpare il pittore di aver scritto le lettere capovolte ».

— R. Narayan, Il pittore di insegne

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proprio la persona che cercavo!

Con queste parole lo scrittore indiano introduce il dialogo tra un giovane avvocato neodiplomato e un pittore, Raman, che dovrebbe preparare un’insegna per il suo negozio.

« Certamente, sono al suo servizio ».

« Sapevo che mi avrebbe aiutato », disse l’avvocato, « vo-glio che sia pronta prima delle undici di giovedì ».

« Impossibile », dichiarò Raman. « Ho bisogno di almeno cinque giorni–l’asciugatura richiede tempo… ».

L’avvocato propose: « Su, andiamo a prendere un caffè. Devo spiegarle tutto. Quanto vuole? ».

« Trenta rupie per un minimo di tre righe, una tavola da tre per uno e mezzo, compreso il montaggio ».

« Cerchi di venirmi incontro, la prego. Sono all’inizio della mia carriera… ».

« Solo i materiali mi costano circa diciotto rupie… », cominciò Raman.

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« A me piacciono le lettere un po’ inclinate », disse l’av-vocato.

“ Che tipo! Non ha neanche cominciato a lavorare e già ti parla della forma ”, pensò Raman. « Impossibile », strillò –aveva un’idea ben precisa della grafia adatta ad un avvocato. « Le lettere inclinate vanno bene solo per mercanti d’olio e venditori di sapone ».

Dopo un acceso botta e risposta tra l’artigiano e l’avvocato, quest’ultimo fa un’affermazione che, per certi versi, ben si adatta all’ambito del design della comunicazione.

« Sono io che pago, questa è l’unica logica che conti. Io lo voglio fatto così e le lettere inclinate devono essere sfumate: questo è tutto ».

Questo dialogo presenta, inoltre, diverse problematiche della progettazione di segnaletica, in Italia e non.

uno dei problemi evidenziati da questa ricerca è la mancan-za in Italia di un organo istituzionale che abbia come unica funzione quella di verificare lo stato della segnaletica e di ordinarne la sostituzione laddove essa contravvenisse alle norme imposte dal Codice della Strada.

Troppe volte, quindi, i produttori, i funzionari della poli-zia stradale o i clienti privati sono coloro che hanno l’ulti-ma parola in merito alla progettazione del segnale, dal suo disegno alla posa.

In un settore estremamente multidisciplinare come quello del wayfinding, però, ciò non è assolutamente possibile, e soprattuto in questo ambito è necessario che sia un proget-tista ad occuparsene.

la condivisione della conoscenza

Per comprendere a fondo la conclusione di questo progetto può risultare utile fare riferimento alla definizione di open source così come compare su Wikipedia, che introduce alcu-ne tematiche piuttosto interessanti:

In informatica, open source (termine inglese che signifi-ca sorgente aperto) indica un software rilasciato con un tipo di licenza per la quale il codice sorgente è lasciato alla disponibilità di eventuali sviluppatori, in modo che con la collaborazione (in genere libera e spontanea) il prodotto finale possa raggiungere una complessità maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo grup-po di programmazione

Lo scopo primario delle licenze open source non è la

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gratuità del software, ma la sua sopravvivenza ovvero la certezza che vi sia la possibilità per chiunque e in qualunque momento, anche futuro, di apportare mi-glioramenti o comunque modifiche al programma, e di installarlo senza alcuna limitazione.

L’ultima fase di questa ricerca si è concentrata sulle possibi-lità del Flaminia di essere in futuro sviluppato, modificato, o perfino adattato ad esigenze diverse da quelle della segna-letica stradale.

Questo progetto non costituisce, infatti, un punto di arrivo, ma, piuttosto, un punto di partenza di altre ricerche sulla leggibilità e sulla lettura.

Il file .vfb e tutti i caratteri .otf derivati da questo progetto verranno infatti distribuiti con licenza sia sul sito dell’auto-re mintea.org/flaminia, sia su progetto-exp.org, il sito del gruppo di ricerca fondato da Michele Patanè, Marco Kisic, Luciano Perondi e Stefano Minelli nel 2003.

Tutti questi file costituiranno quindi un progetto open source capace di essere corretto, modificato ed utilizzato (a scopo non commerciale) per future ricerche sulla leggibilità e sulla lettura.

Le variabili definite per questa versione del Flaminia potrebbero allora essere messe di nuovo in discussione per adattarsi a diverse condizioni di lettura o a diversi utenti.

Questa infatti può essere una conseguenza necessaria di un percorso che ha evidenziato l’imprescindibile analisi sul campo della progettazione di caratteri per segnaletica, e la possibilità di arricchire il gruppo di ricerca con progettisti provenienti da altri ambiti, come la psicologia, la fisica o la medicina.

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www.ufficiostrade.espero.it *

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Stefano Mandato * per tutti i suggerimenti ed il preziosissi-mo aiuto durante la stesura del libroLuciano Perondi * per avere provato ad insegnarmi a fare la pasta e a disegnare caratteriLuigi Farrauto * per avermi sempre fatto trovare la strada nei mesi olandesi e per avere avuto la pazienza di controllare tutte le ‘wayfinderie’ raccolte in questo libroEnrico Merlo * (dell’azienda Il Segnale) per la disponibilità, la pazienza nel farmi capire il mondo della segnaletica italiana e per il fondamentale aiuto nella realizzazione del progettoIvan Montanari * (dell’azienda Cartelli Segnalatori) per la meti-colosità nel raccontarmi ogni particolare sulle certificazioni e sulle normative in tema di segnaletica stradale

La mia famiglia * per avermi sopportato, essermi sempre stata vicina ed avermi permesso di arrivare qui oggiSara * per avermi sopportato ancora di più ossessionato da car-telli e lettere per tutti questi mesi

Franca * , Giorgio & Guido per il supporto morale, le revisioni, i consigli e le nottate insieme a lavorarePaoletta * , senza di te credo proprio che non ce l’avrei fatta!Ali * , Marta, Ske, Cami, Pietro, Code per le revisioni, i pran-zi e le serate insieme di questi cinque anni di universitàCode * (anche!) per le illustrazioni delle biografie del terzo capi-tolo e per tutti i consigliGio * , Fra, Aurora, Katia, Marco, Giulia D., Giulia C. per esserci sempre stati in tutti questi anniMarco Comastri * & Antonio Cavedoni per tutti i consigli, grafici e tipografici

Bureau Mijksenaar * for the great experience in Amsterdam and for the best farewell I could expectJames Montalbano * , Gerard unger, Erik Spiekermann for the interviews and all of the information provided to help me out with my researchRalf Herrmann * for a lot of the photos in this bookTypophiles * & Flickrers for huge amount of material and in-formation that all of you were so kind to provide

Il mio Powerbook g4 Ò che pure non è riuscito a vedere la fine di questo libro

Ringraziamenti

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• Finito di stampare nel mese di Luglio 2008 •