Firenze Architettura, 2004, Eventi

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Castelli medievali a Petra e nel vicino oriente tra rilievo e archeologia  E       V       E       N       T       I architettura F I R E N Z E 2004 Periodico semestrale Anno VIII suppl. n.1 Euro 3 Spedizione in abbonamento postale 70% Firenze

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presentazione

prima sessione

seconda sessione

terza sessione

Il rilievo per l’archeologia e i castelli crociati in mediorienteMarco Bini 

 Archeologia ‘leggera’ e rilievo nell’esperienza della missione archeologicadell’Università di Firenze in TerrasantaGuido Vannini 

I castelli di Wu’ayra, Habis e Shawbak: misurare il passatoStefano Bertocci 

La cittadella di Amman: dal rilievo al restauro Antonio Almagro

Hagia Sofia a Costantinopoli, nuovi studi e ricercheMario Docci 

Il castello di Shayzar e l’evoluzione dell’architettura militare nella grande Siria musulmanaCristina Tonghini 

Caratteri tipologici delle fortificazioni crociate in territorio israeliano Adrian Boas, Carmit Horev 

Castelli medievali in territorio libaneseLorenzo Bianchini 

Petra ‘medievale’:un caso-studio per lo sviluppo di metodologie archeologiche non invasiveMichele Nucciotti 

Il castello di Wu’ayra: letture archeologiche Andrea Vanni Desideri 

Il progetto per la gestione dei dati del rilievoFrancesco Tioli, Giorgio Verdiani

Il contributo di Lawrence allo studio dei castelli mediorientaliPaola Puma

Permanenze e variazioni tra oriente e occidente: alcuni esempiCecilia Maria Roberta Luschi 

Salvare Wu’ayra: problematiche della conservazionePietro Ruschi 

Il castello di Harim in Siria: rilievo e diagnosticaNicola Santopuoli 

L’“opus gallicum” nei castelli del vicino orienteLuigi Marino

Dal rilievo al progetto attraverso le problematiche attuali della conservazione: il caso di uncastello normannoCesare Cundari, Laura Carnevali 

Progettare nel deserto di pietra. Visitor Centre a Wadi MousaCarlo Mocenni 

Paesaggio, Archeologia, Progetto contemporaneoGiacomo Pirazzoli 

forum UNESCO

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architetturaF I R E N Z E

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In copertina: Antiporta del castello di Wu’ayrafoto Marco Bini

Periodico semestrale* del Dipartimento di Progettazione dell’Architetturaviale Gramsci, 42 Firenze tel. 055/20007222 fax. 055/20007236

 Anno VIII suppl. n. 1 - 1° semestre 2004 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 4725 del 25.09.1997Prezzo di un numero Euro 7 numero doppio Euro 10 suppl. Euro 3

Direttore - Marco BiniCoordinamento comitato scientifico e redazione - Maria Grazia EccheliComitato scientifico - Maria Teresa Bartoli, Roberto Berardi, Giancarlo Cataldi, Loris Macci, Adolfo Natalini, Paolo ZermaniCapo redattore - Fabrizio Rossi Prodi,Redazione - Fabrizio Arrigoni, Valerio Barberis, Fabio Capanni, Francesco Collotti, Fabio Fabbrizzi, Giorgio Verdiani, Andrea Volpe, Claudio ZaniratoInfo-grafica e Dtp - Massimo BattistaSegretaria di redazione e amministrazione - Gioi Gonnella tel. 055/20007222 E-mail: [email protected].

Proprietà Università degli Studi di FirenzeProgetto Grafico e Realizzazione - Centro di Editoria Dipartimento di Progettazione dell’ArchitetturaFotolito Saffe, Calenzano (FI) Finito di stampare febbraio 2004 da Arti Grafiche Giorgi & Gambi, viale Corsica, 41r Firenze*consultabile su Internet http://www.unifi.it/unifi/progarch/fa/fa-home.htm

Università degli Studi di Firenze

Dipartimento di Progettazione dell’Architettura

Comune di Firenze

Convegno Internazionale

Castelli medievali a Petrae nel vicino oriente tra rilievo e archeologia

Firenze - Palazzo Vecchio - Salone de’ Dugento

6-7 febbraio 2004

Patrocini 

Comune di Firenze

Regione Toscana

Università degli Studi di Firenze

Facoltà di Architettura

forum Unesco/University and Heritage

Comitato scientifico

Stefano Bertocci, Marco Bini, Pietro Ruschi, Guido Vannini

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Da alcuni anni il Dipartimento di Proget-

tazione dell’Architettura dell’Università

degli Studi di Firenze, unitamente al Di-

partimento di Studi Storici e Geografici,

sta occupandosi dei temi legati allo stu-

dio, alla documentazione, al recupero

ed alla valorizzazione dei siti di interesse

architettonico e storico-archeologico.

Nello specifico si stanno conducendo

campagne di rilievi ed indagini su alcu-

ni dei maggiori siti dell’area Mediorien-

tale, interessandosi particolarmente ailuoghi fortificati di epoca crociata del-

l’area di Petra in Giordania, dove è atti-

va da diversi anni una nostra missione

archeologica.

Il rilievo dell’architettura e dell’ambiente

urbano, oltre che del territorio in senso

lato, si propone come fondamentale

strumento di indagine per la registrazio-

ne, la lettura e la discretizzazione di tut-

to un universo di dati e segni prodotti

dalla storia e dalla cultura in una parti-

colare area geografica. Operazioni di ri-

levazione attenta costituiscono la base

conoscitiva fondamentale per l’eserci-

zio di attività critiche ed interpretative

legate alla formazione ed allo sviluppo

di un determinato sito, insediamento o

città, oltre che per la previsione dei ne-

cessari interventi di conservazione, re-

stauro e valorizzazione del sito stesso.

Le esperienze condotte hanno consen-

tito la messa a punto di metodologie

operative per indagini finalizzate alla

corretta comprensione delle architettu-

re, dei complessi di interesse storico-

archeologico, degli ambienti urbani e

dei contesti storici, culturali ed am-

bientali rilevati, fornendo strumenti es-

senziali per la lettura critica e la valuta-

zione attenta degli interventi di conser-

vazione e restauro.

Marco Bini 

Il rilievo per l’archeologia e i castelli crociati in medioriente

La conservazione di un sito, in partico-

lare di un’area archeologica all’aperto,

sottoposta ad un continuo stress dovu-

to all’apertura al pubblico, non pone

solo le problematiche relative agli inter-

venti di restauro conservativo da realiz-

zarsi successivamente allo scavo ed

allo studio della stessa, ma, se il fine è

quello della musealizzazione e della

fruibilità da parte del pubblico, pone

notevoli problemi legati da un lato alla

valorizzazione per una corretta fruizio-ne e dell’altro alla realizzazione di un

congruo programma gestionale per gli

inevitabili interventi di manutenzione or-

dinaria e straordinaria da effettuarsi nel

corso del tempo onde garantire l’otti-

male conservazione del sito stesso.

La ricerca relativa allo studio degli in-

sediamenti crociati in Transgiordania,

condotta dal gruppo di lavoro che fa

capo al Dipartimento di Progettazione,

in particolare nel settore del rilievo e

della rappresentazione dei manufatti

architettonici a carattere prevalente-

mente archeologico, oltre ad affrontare

le problematiche a livello generale rela-

tive al contributo specifico del nostro

settore disciplinare alla ricerca archeo-

logica, è giunta a sperimentare operati-

vamente varie metodologie di analisi e

di lettura in un contesto di grande inte-

resse come gli insediamenti crociati

nell’area di Petra in Giordania. Tale

esperienza è stata condotta dalla no-

stra equipe all’interno di un gruppo di

ricerca interdisciplinare ed è stata svol-

ta parallelamente alle campagne di

scavo condotte dal Prof. Guido Vannini

del Dipartimento di Studi Storici e Geo-

grafici dell’Università di Firenze.

Fino dai tempi più remoti il territorio

della attuale Giordania ha svolto un

ruolo di rilievo negli scambi culturali e

commerciali tra Asia, Africa e Mediter-

raneo. Nel corso dei secoli la realizza-

zione di grandiose aree urbanizzate e

l’avvicendarsi, all’interno di questo ter-

ritorio, di differenti popolazioni e cultu-

re, hanno reso la zona, sotto il profilo

storico ed archeologico, una delle zone

di maggior interesse del bacino medi-

terraneo. Particolare rilievo, all’interno

di questo quadro territoriale, assume

l’area occupata della città di Petra.Le indagini hanno preso l’avvio dal-

l’area archeologica di Wu’ayra posta

all’ingresso della valle di Petra. Sono

stati indagati inoltre, in via preliminare

altri due siti nel territorio di Petra con

interessanti resti di epoca crociata: la

fortezza di Al Habis, ubicata sul’acro-

poli dell’antica area urbana di Petra,

costruita probabilmente su preesisten-

ze nabatee e bizantine, e il castello di

Shobak posto sull’antico limes arabi-

cus, al margine dell’area fertile petrea

con il deserto arabico.

Poiché l’architettura è un fenomeno

complesso, che non coinvolge soltanto

l’arte del costruire, prima di entrare in

merito all’operatività specifica che il

tema del convegno sottende, credo sia

necessario porre l’attenzione su alcuni

aspetti di carattere generale che chiari-

scano a monte il problema del rapporto

fra archeologia e rilevazione.

Per conservare occorre conoscere e

studiare a fondo ciò che ci è stato tra-

mandato e su cui si è chiamati ad inter-

venire. Questa conoscenza non può

che avvenire attraverso lo studio delle

fonti, lo studio diretto dei manufatti tra-

mandatici nei secoli, lo scavo archeo-

logico, quando questo sia possibile.

Premesso che la conoscenza diretta di

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un manufatto, in particolare quando si

tratta di un edificio a carattere archeo-

logico, non può essere surrogata da al-

cun disegno né da modellazioni virtua-

li, uno dei problemi che maggiormente

preoccupa è la conservazione e la tra-

smissione dei dati emersi dal rilievo.

Il disegno di rilievo fissa immagini che,

riviste, richiamano alla memoria luoghi,

spazi, tecnologie, materiali, colori,

eventi e sensazioni.

Nel loro fermare il tempo ad un istantepreciso delle trasformazioni urbane ed

edilizie, i disegni raccontano del pas-

sato delle cose filtrato attraverso la

sensibilità, le conoscenze, l’attenzione

dell’esecutore che pur volendo docu-

mentare con precisione l’evento, non

può che trasmetterci una immagine

parziale che pur sempre rappresenta

un frammento di memoria.

Molte informazioni possono trarsi da

una attenta analisi del documento car-

taceo su cui il rilevatore ha tentato di

riprodurre una realtà che solo lui ha vi-

sto e toccato con mano.

Come gli oggetti costituiscono l’ele-

mento portante e strutturante della

memoria, così lo spazio è il luogo ove

possono trovare collocazione i riferi-

menti della memoria stessa.

Per entrare in questa dimensione di let-

tura, dobbiamo vedere l’edificio come il

prodotto di un lavoro collettivo, esegui-

to in base a tecniche che variano nel,

tempo e nello spazio.

In altre parole spazio ed oggetti posso-

no trovare nel disegno la loro relazione

formale, dimensionale, materiale, evo-

cando accadimenti di un tempo passa-

to, ma anche procedure e intendimenti

di un tempo futuro, in altro modo diffi-

cilmente ‘materializzabili’.

Soltanto approcci diversificati e com-

plementari relativi alla composizione

dei muri, alle tecniche esecutive, ai tipi

di copertura, alle soluzioni decorative,

offrono un quadro integrale del manu-

fatto nel suo sviluppo storico.

 Anche il rilievo archeologico, attraver-

so la sua restituzione grafica, docu-

mentando manufatti ed eventi, è quindi

indispensabile strumento per evocare

forme, funzioni ed accadimenti lontani

nel tempo. La redazione della rilevazio-ne e della rappresentazione grafica di

un manufatto assume le caratteristiche

di una operazione diretta ad indagare

gli aspetti morfologici e dimensionali

del manufatto stesso, non solo per po-

terne trarre informazioni che permetta-

no di relazionare fra loro accadimenti

più o meno remoti, ma soprattutto per

la conoscenza del processo formativo

e delle vicende costruttive che si sono

nel tempo stratificate.

 A seconda della finalità dello studio,

quindi, il ricercatore deve scegliere

strumenti di approfondimento diversi,

cosciente della particolare posizione

intermedia che il rilievo assume nel

rapporto conoscitivo dell’oggetto.

La restituzione grafica del rilevato, in-

fatti, seppure non vuole essere

espressione di una mera opinione sul

monumento indagato, non deve tutta-

via essere asettica registrazione del

manufatto; il rilievo è pur sempre una

lettura ed è proprio questo suo carat-

tere a legittimarlo anche nella attuale

compresenza di nuove tecniche mec-

caniche ed informatiche.

Risulta quindi evidente la fondamenta-

le esigenza di intimo raccordo fra il ri-

lievo e la ricerca archeologica per evi-

tare il rischio che il disegno di rilievo  2

Pagina precedente:

1

La grande facciata scolpita nella roccia

del complesso detto il “Tesoro” come appare

 all’arrivo dal “Siq” 

2

Imponente torre del castello di Shawbak 

 riferibile al periodo mamelucco

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costituisca ‘monumento’ a sé, rispetto

alle piste percorse dal ricercatore che

opera sul monumento stesso.

I rilievi e gli studi documentari relativi al

cantiere di scavo vanno arricchiti con

notazioni relative alle tecnologie edili-

zie ed ai materiali impiegati così da ap-

profondire la conoscenza del manufat-

to storico, non solo per un possibile re-

stauro, ma per una completezza della

documentazione ai fini della compren-

sione del susseguirsi degli eventi chehanno interessato ciò che oggi rimane

come testimonianza di accadimenti.

 Appare evidente come sia di f onda-

mentale importanza, per il corretto

svolgimento delle operazioni di ricerca,

la recente tendenza alla formazione di

gruppi di lavoro nei quali collaborano

professionalità necessarie per la corret-

ta comprensione dell’oggetto indagato.

In questo senso, particolare interesse ri-

sulta quindi assumere, nel cantiere di

scavo, la figura dell’architetto, in parti-

colare per il contributo specifico relativo

alla conoscenza delle trasformazioni dei

manufatti edilizi, nonché alla progetta-

zione e alla conduzione di interventi nel

campo della tutela e del restauro.

L’apprezzamento stilistico e morfologi-

co praticato dalla storia dell’architettu-

ra però non è sufficiente a percepire

l’enorme quantità di informazioni con-

tenute nel sopravvissuto, che di regola

è intensamente trasformato, dove ogni

segno di trasformazione è relativo ad

un mutamento tecnologico o sociolo-

gico, che costituisce documento da re-

cuperare. Ciò che conta, allora, non è

solamente la “ ricostruzione”  dello stato

originario del monumento, ma la rilet-

tura di ogni sua trasformazione.

 La gestione di una mole considerevo-

le di dati risulta sempre difficile ed è

pertanto fondamentale l’applicazione

di una prassi operativa che tenga con-

to, in primo luogo, della certezza del-

l’informazione, ma anche della sua

collocazione spazio temporale nella

sequenza continua di processi che in-

teressano il manufatto.

La creazione di un ‘sistema informativo’

che raccolga i numerosissimi dati delle

rilevazioni permette di avere molte noti-

zie, peraltro aggiornabili in tempo reale,relazionate con i dati storico-archivistici

e con quanto altro occorra per una co-

noscenza appropriata dell’oggetto.

Fatte queste brevi considerazioni di

carattere generale e metodologico,

esemplificare con esperienze concre-

te, sul campo, quanto è stato fatto o si

sta facendo, può risultare estrema-

mente utile. In particolare per verifica-

re esiti di procedure e approcci diversi,

legati a tecnologie e procedure che,

col trascorrere degli anni, si sono mo-

dificate e arricchite di possibilità, for-

mando indicazioni sempre più puntuali

per una lettura critica dei manufatti.

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3

Veduta della porta o dell’antiporta dalla

feritoia della torre a difesa dell’accesso del 

castello di Wu’ayra

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Ciò che rimane della navata centrale della

chiesa di Shawbak, vista dal portale

 principale, in direzione dell’abside oggi 

completamente scomparso

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Il grande arco artificiale in pietra si mimetizza

 nell’affascinante paesaggio roccioso della

valle di Petra

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Quando la ricerca archeologica si trovaad operare ‘in missione’ geograficamen-te e culturalmente ‘lontana’, oltre a contri-buti originali di conoscenze specifiche oproposizione di modelli innovativi nel set-tore affrontato, si propone magari di con-tribuire, anche settorialmente, ad avanza-menti della stessa metodologia, comeuna messa a punto di peculiari tecnichedi rilevamento, gestione e diffusione deidati scientifici e documentari prodotti.Meno frequente ed osservata, vi è un’al-tra forma di ‘produttività’, quando nuovifiloni di ricerca si distaccano dal ‘tronco’della missione originaria e danno luogo anuove missioni operanti nella stessa areae su tematiche connesse. È questo ilcaso della Missione diretta dalla Cattedradi Archeologia Medievale dell’Università

di Firenze Petra ‘medievale’. Archeologiadegli insediamenti di epoca crociato-

 ayyubide in Transgiordania che dal 1986ha potuto produrre nuove letture dei ‘ca-ratteri originari’ dell’insediamento dellafeudalità crociata in Terrasanta, ma an-che la costruzione di un’‘architettura’ me-todologica della ricerca con alcuni speci-fici connotati innovativi soprattutto sulpiano dell’archeologia territoriale e del-l’archeoinformatica dedicata; ma ha an-che potuto dar luogo a vere e proprienuove missioni tematicamente connota-te in modo autonomo e specifico. Sequindi ciascuno di questi casi ha trovatouna sua peculiare collocazione (dal per-seguire finalità diverse, al mantenimentodi forme condivise di obbiettivi scientifici),un caso specifico è quello del gruppo dilavoro di Marco Bini che concerne le mo-dalità di rappresentazione delle emergen-ze architettoniche, su scala territoriale,con una impostazione che prevede solosuccessivamente una fase di ‘dialogo’con le letture archeologico-stratigrafiche.L’interpretazione archeologica, infatti, sipresenta complessa; i ‘testi’ analizzati(territorio ed elevati) si sono dimostratimolto produttivi se interrogati con l’ar-cheologia ‘leggera’ (impiego integrato in-novativo su base informatica delle pro-cedure proprie dell’‘archeologia del pae-

Guido Vannini

 Archeologia ‘leggera’ e rilievo architettoniconell’esperienza della missione archeologicadell’Università di Firenze in Terrasanta

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI STUDI STORICI E GEOGRAFICI

saggio’ e ‘del costruito’): la sorprendenteidentificazione del rinnovato, seppure ef-fimero, ruolo centrale di Petra nell’asset-to territoriale della Transgiordania con unvero, articolato sistema classico d’inca-stellamento feudale dell’intera valle (al-Habis, Jabal Atuff, Wu’ayra, al-Kubtah,Shawbak); il ruolo strategico del castellodi Wu’ayra ( Li Vaux Moises ), una chiavedi lettura, storica ed archeologica, di tut-to il sistema insediativo di Petra, con un-dici fasi fra età protostorica ed ottomana;l’‘acropoli’ di al-Habis, con almeno duefasi crociate impostate su strutture pre-cedenti di grande interesse anche terri-toriale. Estensione dal 1999 del pro-gramma al Crac de Montréal  (Shawbak),baricentro del sistema petrano e dell’in-tera Transgiordania, fino all’istituzione

della Signoria (1142) a Kerak, con serratasuccessione di fasi fino ad età contem-poranea e identificazione di un impiantoantico, archeologicamente riconosciutoper la prima volta. Dal 1998 prima rico-gnizione, basata sull’uso strategico del-l’archeologia ‘leggera’, lungo la frontieracrociato-musulmana dell’Oronte in Siria.Sia per la facies crociata di Petra che aShawbak, infine, si è messo a punto unprogramma di conservazione delle areearcheologico-monumentali, fra restauronon ricostruttivo in scala territoriale e‘comunicazione’ a più livelli collegata alnuovo museo di Petra.Un quadro che si presenta maturo per in-terpretazioni complessive di ordine stori-co, potenziale frutto di ‘interazione’ fraanalisi archeologico-stratigrafica e archi-tettonica. Una collaborazione interdisci-plinare che muova dalle rispettive com-petenze ‘centrali’ e di quelle ‘periferiche’con i diversi altri settori disciplinari pre-senti nella missione: in questo caso unalettura strettamente architettonica, ma ingrado di confrontarsi con i quanto pro-dotto da un’analisi archeologica ‘leggera’- dal territorio agli elevati - che a sua voltasta producendo certo dati, ma anchemodelli interpretativi e magari ipotesi dilavoro, ma documentariamente fondate ecriticamente costruite.

1Valle di Petra. Analisi di un itinerario per la

valorizzazione della facies medievale della città

 portata alla luce dalle indagini archeologichedell’Università di Firenze

2Valle di Petra. Vista a volo di uccello del sito e

 localizzazione degli insediamenti di epoca

crociata a controllo della valle

3Castello di Shawbak. Calcolo delle curve di 

 livello interne all’area del sito attraverso un

 rilevamento di punti quotati con tecnologia

D-GPS RTK, uno dei metodi di rilievo e

 posizionamento utilizzati e sviluppati nel corso

delle campagne di ‘Archeologia leggera’ del 

 progetto archeologico “Petra Medievale ...” 

4Veduta della torre nord della cortina con

feritoie del castello di Wu’ayra

5Strada interna del castello di Shawbak 

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Gli insediamenti crociati in Terrasanta,pur essendo stati fondati in periodi di-

versi dell’occupazione, in base ad esi-genze e strategie dipendenti dalle va-rie fasi del rafforzamento del dominiooccidentale, costituivano un coerentesistema di difesa di quella stretta fa-scia di territorio compresa fra il mareMediterraneo ed il deserto arabico.Nella zona costiera a nord di Gerusa-lemme sorsero nel primo quarto del XIIsecolo numerose fortezze, erette in re-lazione al consolidamento della primafase dell’occupazione occidentale,mentre nel secondo quarto dello stes-so secolo sorsero numerose fortifica-zioni a sud del regno crociato per im-pedire l’espansione degli emirati egi-ziani. Le fortezze a sud del Mar Morto

e del Wadi Araba, protese verso lo Hi-giaz ed il cammino verso l’Egitto e LaMecca, testimoniano infine la volontàespansionistica dei principi della Tran-sgiordania, che consolidarono l’antico

 limes a rabicus  per ottenere frontieresufficientemente sicure per prevenire ilpericolo di concentrazioni nemiche aiconfini con il deserto e mantenere divi-si territorialmente i due principali centridel potere musulmano, l’emirato diDamasco a nord est ed il califatod’Egitto a sud-ovest.La realizzazione dei complessi fortifica-ti che difendevano la frontiera sud-orientale del Regno latino di Gerusa-lemme venne completata con un gran-de sforzo costruttivo nel giro dipochissimi anni, registrando un mag-giore impegno principalmente fra il1115 ed il 1116. I punti forti di tutto ilsistema furono in un primo tempo i ca-stelli dell’area dell’antica Petra, Wu’Ajra(Li Vaux Moise), Al Habis, Sela e Sho-bak (Montreal) a circa 20 chilometri dal-la antica città, oltre Ajala (Aquaba) e Ilede Graie (Gerizet ci Faroun) sul MarRosso; la città fortificata ed il castello diKerak (Crac de Montreal) vennero edifi-cati successivamente, a partire dal1142, sul sito dell’antica capitale del re-gno di Moab, lungo l’antica via dei re.

Stefano Bertocci

I castelli di Wu’Ajra, Habis e Shawbak:misurare il passato

1Veduta generale del castello di Shawbak 

2Torre nord del castello di Wu’ayra. Il 

 paramento murario a filaretto è costruito a

 strapiombo su un profondo “wadi” 

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA 

Il progetto di ricerca per la conoscenzae le valorizzazione del sistema crociato

delle difese realizzate nell’area dell’an-tico sito di Petra, in Giordania, si basasull’indagine archeologica condottadall’Università di Firenze, finalizzata al-l’individuazione dei ‘caratteri originari’dell’insediamento occidentale in Terra-santa. In particolare le accurate campa-gne di rilevamento, condotte dal 1992al 2000, sia in supporto alle campagnedi scavo sia in indagini di superficie fi-nalizzate alla definizione della topogra-fia generale dei siti e delle murature inelevato hanno prodotto rilevanti risultatied hanno contribuito alla definizione ditipi edilizi ed alla analisi di tecnologie etipologie delle apparecchiature mura-rie. In particolare sono stati analizzati gli

esempi delle fortezze dell’area di Petra- Al Habis, Wu’Ayra e Shawbak, giun-gendo alla redazione di piante e sezionialla scala architettonica con analisispinte ad un maggiore dettaglio delleemergenze monumentali degli stessiinsediamenti.

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La cittadella di Amman è un sito storico

di notevole valore che ha visto crescere

strutture fin dalle epoche più antiche.

Per questo gli elementi architettonici

attualmente più visibili risalgono, nella

maggior parte, al periodo medievale,

anche se molti di essi sono caratteriz-

zati da resti anteriori, soprattutto risa-

lenti al periodo romano.

Il momento di massimo splendore della

cittadella nel medioevo, corrisponde

alla prima metà del secolo VIII, quando

la dinastia ommayade realizza una vera

e propria città palatina, quasi sicura-

mente sopra quelli che erano i resti di

edifici e monumenti dell’epoca bizanti-

na e romana, probabilmente distrutti

dall’invasione sassanide del secolo VII.

Gli spostamenti di terra realizzati nella

parte orientale e occidentale della Cit-tadella alla fine degli anni novanta del

secolo scorso, per mano del Diparti-

mento di Antichità, hanno lasciato per-

fettamente visibile il perimetro della cit-

tà in epoca ommaiade, e hanno sottoli-

neato che questi confini rimasero

sicuramente quelli di epoca romana, al-

meno per quanto riguarda l’estremità

nord, anche se la città si estendeva su

un’area considerevolmente maggiore,

fino ad occupare la zone più basse del-

la collina. La cittadella ommaiade, che

senza dubbio convisse, forse come cit-

tà abitata dall’elite musulmana, con una

città bassa, che apparentemente conti-

nuò ad avere una importante attività, fu

oggetto di profonde modifiche, da una

parte grazie alla realizzazione di un

chiaro perimetro mediante mura, e dal-

l’altra grazie a una ristrutturazione ur-

bana che anche se solo in parte ereditò

disposizioni anteriori.

L’estremità nord del Yabal al-Qal’a, una

grande struttura romana interpretabile

come un témenos, servì come perimetro

di difesa a un palazzo o residenza aùlica.

Nel resto della cittadina si costruirono

importanti mura dotate di torri massicce

dalla scarsa protezione esteriore.

Queste mura, nonostante gli importanti

rinforzi posteriori, sono state fatte risali-

 Antonio Almagro

La cittadella di Amman: dal rilievo al restauro

1

Veduta aerea della cittadella di Amman

2

Resti di edifici venuti alla luce a seguito degli 

 scavi in un’immagine del 1998

3

Muraglia orientale ommaiade

ESQUELA  DE ESTUDIOS A RABES

C.S.I.C. DI GRANADA 

re con sicurezza all’epoca ommaiade.

La cittadella contava tre porte. Quella

occidentale situata proprio a sud del té-

 menos romano, è senza dubbio con-

temporanea alle mura ommaiadi nono-

stante sul suo lato nord ci sia la torre

romana del témenos. Anche la torre del

lato sud della porta è di fattura simile

alle altre che appartengono alle mura

che continuano fino a sud, ed è pertan-

to sua contemporanea.

L’altra porta che inizialmente dava ac-

cesso al témenos del tempio di Ercole,

serviva probabilmente da comunicazio-

ne principale con la città bassa, e da lì

partiva una delle principali strade della

cittadina. Un altro accesso, che non è

assolutamente evidente dal momento

che non sono ancora stati terminati gli

scavi, si suppone esistesse nell’angolosud est. Queste tre porte e gli elementi

architettonici frapposti costituiscono la

base con la quale si organizzò la strut-

tura urbana. Le ultime due porte men-

zionate sembrano essere preesistenti.

Da loro partono strade che si dirigono

fino a nord, nella direzione del témenos

romano settentrionale e più direttamen-

te al vestibolo dell’alcazar.

Dopo il terremoto dell’anno 749 che

rase a terra la maggior parte delle strut-

ture esistenti nella cittadella, si produs-

se un serio degrado dell’insieme. Il pa-

lazzo fu rioccupato anche se non più

con la stessa funzione. I grandi patii fu-

rono stravolti ( o violati) da costruzioni

popolari di bassa qualità e da resti pro-

venienti da altre parti. L’edificio d’ac-

cesso al palazzo fu radicalmente tra-

sformato: venne chiusa la porta nord, la

scala d’accesso alla terrazza fu trasfor-

mata in cisterna e si realizzò un acces-

so sostitutivo proprio di fronte alla porta

sud. Tutte queste modifiche convertiro-

no quello che era stato un magnifico

edificio d’accesso destinato ai proto-

colli e agli atti rappresentativi, in una

piccola fortezza isolata dal resto del

palazzo del quale prima era l’ingesso.

Tutto l’insieme è stato oggetto di inda-

gini da parte di una spedizione archeo-

logica spagnola che, dall’anno 1974

nel quale iniziarono i primi lavori di do-

cumentazione, ha via via realizzato

scavi e restauri. I lavori di documenta-

zione hanno avuto una importanza

speciale e si sono realizzati durante

tutto il periodo di svolgimento delle at-

tività. L’analisi fatta mette in evidenza

come l’evoluzione delle tecniche e de-

gli strumenti (sia con strumentazione

fotografica che con altro), in questi ul-

timi venticinque anni abbia favorito e

migliorato le possibilità di applicazione

delle distinte tecniche sia nel campo

dell’archeologia che nel rilievo, mo-

strando inoltre la progressiva semplifi-

cazione dei metodi e degli strumenti.

Traduzione di Eleonora Spaziani 

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1716

I grandi progetti si propongono sempredi raggiungere più obiettivi, anche la re-

alizzazione di Hagia Sofia non fa ecce-zione a questa regola; quando nel feb-braio del 532 d. C. l’imperatore Giusti-niano decise di dare inizio ai lavori diquesto grande monumento, egli fu spin-to certamente dalla fede nella nuova re-ligione, ma fu anche sostenuto dalla ne-cessità di rendere esplicito il suo poterepolitico attraverso una opera che susci-tasse grande stupore. Cinque anni piùtardi esattamente il 27 Dicembre del537 quando egli poté inaugurare la suechiesa insieme al Patriarca gridò: Gloria

 a Dio, che mi ritenuto meritevole di po-

ter terminare quest’opera. O Salomone

così ti ho superato.1

In questa frase si coglie la sue fede ma

anche il suo desiderio di essere ricorda-to per questa sua straordinaria opera.Non vi è dubbio che l’imperatore Giusti-niano pose nella realizzazione di questomonumento enormi risorse ed energiepersonali, che vanno da una oculatascelta del progettista, individuata in

 Antemio di Trallesmatematico e archi-tetto greco, con cui collaborerà comeassistente Isidoro di Mileto il Vecchio.Il progetto di Hagia Sofia è basato su ungrande quadrato di circa 62 metri dilato, al centro del quale viene collocatoun altro quadrato di circa 31 metri dilato, quest’ultimo costituisce la basesulla quale poggia la grande cupolacentrale. Il quadrato centrale ha ai suoiangoli quattro grandi pilastri che sor-reggono la cupola centrale, il passag-gio dalla pianta quadrata alla forma cir-colare della cupola è risolto con l’inseri-mento di quattro pennacchi sferici, cheraccordano i quattro pilastri angolaricon la base circolare della cupola.In questo straordinario spazio architet-tonico, si fondono molti temi, da quellobasilicale a quello centrale, ma vi sonoanche presenze tipiche della spazialitàarchitettonica romana, come ad esem-pio i riferimenti al cosiddetto tempio diMinerva medica negli orti Liciani aRoma ed anche agli edifici termali, con

Mario Docci

Hagia Sofia a Costantinopoli, nuovi studi e ricerche

1Veduta d’insieme di Hagia Sofia

2Modelli per curve di livello dell’intradosso

della cupola: restituzione fotogrammetrica

del 1990 (K. Hida, T. Sato, 1990); sezioni 

orizzontali del modello 3D da scansione laser 

particolare riferimento alle Terme diDiocleziano a Roma oltre ad edifici coe-

vi come il San Lorenzo a Milano.Il volume interno di Hagia Sofia è uniconel suo genere, esso determina nel frui-tore una sensazione di uno spazio avvol-gente con le sue superfici curve che sisnodano lungo il suo asse principale e sidilatano in altezza nel vano centrale. Suifianchi della grande sala ma separata daessa da una serie di colonne, vi sonodue navate laterali più piccole, copertecon volte che sorreggono i matronei cheavvolgono tutto lo spazio centrale.Va ricordato che la Cupola subì un primocrollo nel 558 d.C. e fu ricostruita intera-mente nel 563, le notizie storiche ci dico-no che in questa occasione fu realizzatauna cupola con una diversa curvatura

della precedente che era più ribassata dicirca sei metri. Poiché da quanto è datoda sapere il piano di imposta non ha su-bito variazioni, ed oggi la Cupola risultauna forma prossima ad una emisferica,con il centro del raggio posto circa 1,5ml più basso rispetto al piano di impo-sta, è probabile che la precedente Cu-pola, fosse anch’essa emisferica macon centro di curvatura posto ancora piùin basso di quello attuale. Il diversocomportamento tra le due cupole se-condo Mario Salvadori, è da valutarsi inuna minore spinta pari a circa il 30% del-la seconda rispetto alla prima, ciò deter-mina un diverso grado di sicurezza.2

La conoscenza dei fenomeni di defor-mazione presenti oggi nel monumentoè indispensabile per comprendere loregioni che le hanno indotte e quindiper comprendere lo stato del monu-mento e per poter mettere in atto inter-venti, volti alla sua messa in sicurezza.Lo stato degli studi fin qui compiuti sulmonumento non è dei più esaltanti poi-ché manca di uno studio sistematicogenerale. Anche per quanto riguarda laforma attuale delle strutture disponia-mo di un buon rilevamento realizzatoda R. L. Van Nice nel lontano 1963 contecniche tradizionali.3

Questo stato di cose ci ha indotto ha ef-

fettuare un parziale rilevamento delle su-perfici interne mediante laser scanner 3

D, per analizzare in modo puntuale logeometria delle superfici della cupola edegli arconi in modo da poterla confron-tare con le superfici teoriche di progetto.L’intervento si propone di illustrare i rile-vamenti effettuati e le letture sullo statodelle deformazioni soprattutto perquanto concerne il vano centrale co-perto a Cupola.In conclusione possiamo dire che il rile-vamento con il laser scanner delle su-perfici interne di Hagia Sofia, come evi-denziano le analisi da noi eseguite, han-no fornito nuove e più accurateinformazioni rispetto a quanto era statofatto in passato, evidenziando in modoaccurato le deformazioni e le anomalie.

Questi risultati pur di per se molto signi-ficativi, non consentono da soli di avan-zare nuove ipotesi sulle cause che han-no determinato le deformazioni struttu-rali, ma essi già fanno intravedere ciòche potrebbe evidenziare un rilevamen-to complessivo dell’intera opera, sia del-le superfici interne che esterne con lestrumentazioni laser. Ci auguriamo per-tanto, di poter portare a compimentoquesto lavoro, in modo da poter mostra-re i risultati in modo organico. Tuttaviadai dati da noi fin qui raccolti, consento-no di orientare meglio le indagini che sidovranno ancora effettuare per arrivarea alla conoscenza profonda di questomonumento, che consentirà di delineareun intervento di consolidamento e di re-stauro conservativo tale da assicurareancora una lunga vita al monumento piùsignificativo del grande Giustiniano.

1  Il riferimento al Tempio di Salomone a Gerusa-lemme distrutto dai Romani, aveva segnato persecoli tutto il mondo orientale con la sua fama diTempio dell’Ebraismo.2 Mario Salvadori, Perché gli edifici stanno in piedi?

(Cfr. pag. 294)3 I rilevamenti e gli studi di R. L. Van Nice seno statipubblicati: The Structure of St. Sophia, in Architec-tural Forum, Maggio 1963. Lo stesso autore hapubblicato un altro saggio su St. Sophia in Instam-

 bul. An Architectural Survey, Washington, 1965.

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UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI ROMA  L A  S APIENZA 

DIPARTIMENTO DI RILIEVO, A NALISI E DISEGNO DELL’A MBIENTE E DELL’A RCHITETTURA 

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1918

Il Progetto Shayzar nasce nel 2001 emuove dalla constatazione che la ricer-

ca storica ed archeologica sull’insedia-mento fortificato nella regione si è so-prattutto concentrata sulle fortificazionicontrollate dai Crociati, mentre ancorarelativamente sconosciute rimangonoquelle delle aree musulmane. Inoltre, siè potuto osservare che il complessorapporto fra Crociati e Musulmani inquelle regioni del Levante in cui si tro-varono a coabitare presenta ancoraampi settori che necessitano di piùpuntuali indagini. In particolare, nel-l’ambito dell’architettura militare anco-ra devono essere delineate le specifici-tà dell’ambiente tecnico locale con cuile maestranze occidentali si confronta-rono al loro arrivo nel Levante.

Con il Progetto Shayzar  si sono concen-trate le ricerche su un unico sito cam-pione, un castello esclusivamente mu-sulmano, mai conquistato dai Crociati.Il castello di Shayzar, nella Siria cen-trale, rappresenta il prototipo dell’inse-diamento fortificato in quella regionefra X e XV secolo, ma con fasi prece-denti che potrebbero arrivare fino al-l’età classica.Nella scelta si sono considerati anchealtri aspetti. Ad esempio, esiste un’ab-bondante documentazione scritta suquesto sito, che rende particolarmentestimolante il confronto fra fonte scritta efonte archeologica; uno dei membridella famiglia signorile che visse nel ca-stello di Shayzar fra XI e XII secolo, iBanu Munqidh, ha lasciato una tracciascritta in forma di cronache che è potu-ta arrivare sino a noi, offrendoci un af-fresco straordinario dei rapporti fraCrociati e signori locali nella regione.Inoltre, sono conservate ancora  in situ

alcune iscrizioni datate che permettonodi dare una collocazione cronologicaassoluta ad alcune fasi costruttive.Infine, molte delle strutture del castellodi Shayzar sono sopravvissute in uneccellente stato di conservazione, taleda consentire indagini sistematiche al-tamente produttive.

Cristina Tonghini, Nadia Montevecchi

Il castello di Shayzar e l’evoluzione dell’architetturamilitare nella Grande Siria musulmana

1Torrione sud-ovest del castello di Shayzar 

2Veduta panoramica da nord-est 

3Veduta del castello da nord-est 

4Veduta della torre sud-est del castello

UNIVERSITÀ  C A ’ FOSCARI DI VENEZIA 

DIPARTIMENTO DI STUDI EURASIATICI

Il Progetto Shayzar si propone di acqui-sire una documentazione dettagliata del

castello di Shayzar sulla base della qua-le sia possibile comprendere il fenome-no dell’incastellamento nella regione edillustrare l’evoluzione dell’architetturamilitare nel Levante musulmano.In una prima fase, il lavoro sul campoprevede l’acquisizione di una cono-scenza dettagliata del sito, e compren-de la realizzazione di un accurato rilievotopografico, architettonico e fotografi-co e l’analisi architettonica ed archeo-logica delle emergenze conservate fuo-ri terra. Sono anche previste limitateoperazioni di scavo stratigrafico.Gli obiettivi di queste operazioni sonoquelle di documentare le dinamiche in-sediative dell’intero sito e lo sviluppo

delle tecniche costruttive impiegate. Lericerche sono anche integrate da inda-gini sulle fonti scritte ed epigrafiche.La documentazione raccolta costitui-sce inoltre il necessario punto di par-tenza per sviluppare un più ampio pro-gramma di intervento finalizzato allasalvaguardia e valorizzazione del sitoarcheologico; a tale fine stanno ancheprendendo il via indagini diagnostichespecifiche sui materiali lapidei, sui pa-rametri paleoambientali e indagini diverifica strutturale.Verranno qui presentati in sintesi i risul-tati conseguiti nell’ambito delle primecampagne di attività di ricerca sul sitodi Shayzar. Le indagini si sono concen-trate sui due maggiori complessi archi-tettonici del castello: il complesso CA1,che comprende anche strutture signori-li residenziali e fortificate; il complessoCA2 che comprende il sistema difensi-vo del principale accesso al castello.L’analisi stratigrafica ha consentito di ri-comporre la sequenza costruttiva deidue complessi e di documentare la ti-pologia costruttiva impiegata in se-quenza cronologica. Sulla base di que-sti risultati cominciano a delinearsi i ca-ratteri evolutivo dell’architettura militaredella regione fra i secoli XI e XIV.

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2120

Questa indagine include soltanto unnumero limitato di siti Franchi, oggetto

di scavi, indagini e studi. Essi illustranocomunque tutti gli aspetti architettoni-ci dell’esperienza delle Crociate, du-rante i due secoli di dominio dei Fran-chi in Terra Santa.

 Architettura Ecclesiastica

Motivati dalla necessità di sostituire lenumerose chiese distrutte all’inizio del-l’XI sec, i Crociati hanno costruito circa400 chiese, di cui metà approssimati-vamente ancora esistenti benché,spesse volte, in uno stato di rovina. LaChiesa del Santo Sepolcro è stata com-pletamente ricostruita nel XII sec daiFranchi, i quali scelsero la forma diChiesa di Pellegrinaggio Romanico fa-

cendo a meno della parte occidentaledella basilica e realizzando il transettodirettamente sulla Rotonda. La chiesadi S. Anna, parte di un monastero Be-nedettino è una tipica basilica Francatriabsidale, eccezionale soltanto inquanto include un transetto iscritto,che non è comune nelle chiese Crocia-te. Un’altra chiesa inusuale è quellasotterranea della Tomba della Vergine:nel periodo delle Crociate, era costitui-ta da due chiese sovrapposte, unachiesa superiore, che è stata distruttadal Saladino, e una chiesa inferiore an-cora oggi esistente ovvero la criptacontenente l’ aedicule. Nel villaggio di

 Abu-Gosh c’è una chiesa ben conser-vata nel sito erroneamente identificatonel XII sec come Emmaus. Tra molti altriesempi di chiese Crociate sono le basi-liche di Gaza, Ramla, Lydda, Nablus,Saphoria, la chiesa di S. Pietro a Cesa-rea e le due chiese Gotiche a Atlit.

 Architettura Militare

 Anche se molti dei più grandi e com-plessi castelli Crociati sono situati fuoridal Regno di Gerusalemme, all’internodel territorio di Israele ci sono circa 100castelli, dalle torri secondarie ai castelliveri e propri. Montfort faceva eccezionefra i castelli Crociati in quanto la sua po-

 Adrian Boas, Carmit Horev

Caratteri tipologici delle fortificazioni crociate interritorio israeliano

1Veduta del castello di Atlit 

2Veduta aerea del castello di Belvoir 

H AIFA  UNIVERSITY ISRAELE

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

sizione era stata scelta non per proteg-gere una frontiera, una strada o una

zona popolata, ma piuttosto perché erain un luogo isolato. L’ordine Teutonicoha cercato una posizione isolata e bendifesa per i propri quartier generali am-ministrativi. Il castello di Atlit includeuna doppia cinta muraria, un fossato,una chiesa ed un impianto termale. Laparte Crociata di Cesarea include muri,torri, tallus e fossato. La città portualedi Arsuf ha fornito la prova evidente del-la distruzione del castello, compresistrati di cenere e palle di mangonel . Loscavo al castello di Belvoir ha una strut-tura notevole, con doppia cinta murariaed è uno dei soli due castelli di questotipo costruiti nell’Est Latino. Come altricastelli costruiti dagli ordini militari, la

parte interna serviva sia come casseroche come convento fortificato.Betgibelin, un piccolo castello Hospi-talliere con una chiesa annessa era ori-ginariamente un semplice tipico castel-lo di “cintura”. Esso è stato costruitocome componente dell’accerchiamen-to di Fatimid Ascalon e poi è stato tra-sformato in un castello concentrico peraffrontare la minaccia crescente del Sa-ladino. Il castello Templare, Vadum Ja-cob, che difendeva un importante gua-do sul Fiume Giordano, è stato espu-gnato e distrutto dal Saladino 11 mesidopo la sua costruzione. Gli scavi han-no portato alla luce la prova evidente dientrambi gli aspetti della storia del ca-stello, sia come luogo di battaglia checome luogo in costruzione.Scavi sono ora in corso nel più grandecastello nel Regno di Gerusalemme, ilcastello Templare di Safed.

Complessi Urbani 

Lo scavo di più larga scala degli annirecenti è quello del complesso degliHospitallieri realizzato nella città Cro-ciata di Acre, principale porto e cittàmercantile dell’Est Franco, che è statarecentemente inserita tra i siti protettidall’UNESCO. Gli edifici del complessoincludono quelli amministrativi, magaz-

zini, refettorio, appartamenti privati,chiesa, ospedale e una prigione. Il

grande palazzo dell’ordine Templare in Acre fu demolito nel XVIII sec; qui unnotevole tunnel sotterraneo è stato por-tato alla luce, e dava ai Templari acces-so dalla porta occidentale della cittàcorrendo al di sotto della stessa fino alporto, nella parte orientale.

Edilizia Privata

Un campo non ancora oggetto di studiadeguato è quello dell’edilizia privata.Comunque un discreto numero di casein contesto sia urbano che rurale sonovenuti alla luce ai città come Acre, Ce-sarea, Yoqne’am ed Arsuf, e fattorie ededifici rurali sono stati scavati e studiati.I villaggi Franchi realizzati secondo lo

schema di quelli costruiti lungo le stra-de nell’Europa Medioevale come Al-Qubeibeh e Parva Mahumeria hannomolto in comune con i modelli occiden-tali e differiscono principalmente perl’uso della pietra nella costruzione e perle relative tecniche.

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2322

Ci sono architetture che rappresentanoin pieno lo spirito di una terra e quello

dei suoi abitanti. Il caso dei castelli cro-ciati in territorio libanese risulta un casoesemplare per i suoi rapporti tra stratifi-cazione storica, uso attuale e comples-sità architettonica.Queste costruzioni, sorte sia per scopimilitari che per il controllo del territorio,non hanno mai finito di svolgere unruolo di primo piano nelle complessevicende storiche libanesi. Nelle suc-cessioni di potere e sotto le varie domi-nazioni esse hanno sempre conservatoquel connotato strategico che chi lecostruì seppe con grande maestria fis-sare con l’architettura. Anche per que-sta ragione, il delicato equilibrio che hapermesso ad alcuni di questi castelli di

giungere fino a noi, se da una parte nonha cancellato totalmente l’identità ditali manufatti, dall’altra ne ha necessa-riamente alterato le forme. Queste mo-dificazioni talora sono state generateda necessità impellenti, talaltra sonostate il frutto della volontà dei vincitoridi imprimere alle costruzioni un’imma-gine più aderente alla propria culturama, senza dubbio, risultano il fattore diinnesco di un processo di degrado cheattualmente risulta in un notevole statodi avanzamento. Allo stato attuale lamaggior parte dei castelli in territorio li-banese risulta ancora priva di adeguatistudi. Fatta eccezione per alcuni casiparticolari le ricerce più approfonditeeseguite sono rappresentate dalle

opere di Paul Deschamps, T. S. R. Boa-se, E. G. Rey e di Camille Enlart e lasituazione che si presenta oggi al ricer-catore non è molto dissimile a quella diquesti primi studi. All’epoca della mag-gior espansione crociata in Terra Santasul territorio libanese erano sicuramen-te presenti moltissimi insediamenti cro-ciati: alcuni ricavati su preesistenze, al-tri fondati ex-novo. Deschamps, nellesue pubblicazioni, ha anche affrontatola catalogazione dei resti di tali costru-zioni attraverso il censimento dei ma-nufatti secondo il loro stato di conser-

Lorenzo Bianchini

Castelli medievali in territorio libanese

1 Attacco della volta al pilastro poliforme della

chiesa del castello di Saida

2Paramento murario del castello di Tripoli 

danneggiato da un eveno bellico

3Castello di Boufort 

4Castello di Mashaila

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA 

vazione. Se il ricorso a tale parametropuò sembrare improprio per tracciare

un primo quadro del fenomeno dell’in-castellamento del territorio libanese oper affrontare una ricerca tipologica, leragioni di questa scelta possono esse-re comprese e se ne possono, oggi,valutare le ragioni, se prendiamo inconsiderazione che alla data dello stu-dio la maggior parte dei siti era ancoranon scavata e la relativa documenta-zione molto frammentata. Attualmentequesta catalogazione, oltre a riportarepreziosissime informazioni, può ancherappresentare un elenco di priorità dielementi da conservare e una tracciasu cui iniziare a ragionare per effettuarericerche ulteriori. Visto che le condizio-ni attuali non consentono per il mo-

mento di intraprendere operazioni discavo intensive ed in ragione del-l’acuirsi dei fenomeni di degrado deisiti presenti, emerge la necessità di po-ter effettuare dei rilievi dell’esistentecosì da conservare il più possibile unamemoria dello stato attuale di questecostruzioni in attesa che i tempi possa-no essere maturi per l’esecuzione distudi particolari.

 A tal fine una prima indagine della realtàdei castelli in territorio libanese è statada noi intrapresa con il fine di preparareil terreno per futuri studi. È stato cosìrealizzato un rilievo fotografico delleprincipali architetture crociate ed unacatalogazione sulla base del censimen-to eseguito da Deschamps. Tale docu-

mentazione, corredata di elaborati gra-fici delle emergenze e, per i casi princi-pali, anche di campionature diparamenti murari ottenuti con metodispeditivi di rilievo fotogrammetrico, ri-sulta un primo passo per una ricercapiù mirata che già da questo primo ap-proccio fa intravedere, allo stato attua-le, la possibilità di comprendere il feno-meno dell’incastellamento crociato in-traprendendone lo studio attraverso ilrilievo e la lettura delle varietà e delle ti-pologie architettoniche presenti sul ter-ritorio del Libano.

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2524

Lo studio di un territorio dal punto divista archeologico pone costantemen-

te il ricercatore nella necessità di ope-rare scelte di carattere metodologicoin relazione agli obbiettivi generali eparticolari dell’indagine da condurre.È quindi necessario elaborare unastrategia di ricerca il più possibile coe-rente con le risorse disponibili e in pri-mo luogo con il tempo dedicato speci-ficamente allo studio.Il lavoro della missione archeologicadell’Università di Firenze in Giordaniava quindi collocato in tale contesto, icui tratti principali sono costituiti dalladistanza tra la sede della ricerca e i sitiindagati e dal carattere territoriale del-l’area indagata. Per tale ragione lo stu-dio dell’insediamento crociato in Gior-

dania, in un’area chiave per la com-prensione del controllo dei territorioccidentali durante la prima metà delXII secolo, ha costituito (e ancora co-stituisce) un caso-studio limite in cui lanecessità di produrre una complessadocumentazione si scontra con quelladi operare sul campo in tempi relative-mente brevi. È stato quindi elaboratoun programma di interventi basato sul-l’impiego di aggiornate metodologiearcheologiche a carattere prevalente-mente non distruttivo, un insieme dipratiche di indagine che va sotto ilnome di “Archeologia leggera”. Si trat-ta di un campo di ricerca molto ampioche spazia dall’archeologia del pae-saggio, all’utilizzo di prospezioni geofi-

siche (i metodi ‘classici’ di tale approc-cio), fino all’archeologia dell’ediliziastorica, allo sviluppo di applicazionimirate per il rilievo satellitare di preci-sione (con tecnologia RTK D-GPS), oper la gestione dei dati archeologici suun architettura GIS completamente tri-dimensionale. Un ampio spettro di pro-cedure, e quindi di prodotti, che hareso necessaria la realizzazione diun’infrastruttura di gestione coordinatadei vari tipi di dati: il PETRA data. In taleambito l’archeologia dell’edilizia stori-ca offre la possibilità di studiare ar-

Michele Nucciotti

Petra ‘medievale’: un caso-studio per lo sviluppodi metodologie archeologiche non invasive

1Castello di Shawbak, chiesa superiore (CF 10).

Stratigrafia degli elevati e macrostratigrafia del 

cantiere crociato. Modalità di avanzamento

dei fronti costruttivi in pianta (A) e sul 

 prospetto sud esterno (B)

2Castello di Shawbak, planimetria delle fasi 

costruttive precrociate individuate attraverso

 la lettura stratigrafica degli elevati nel settore

 sud del sito (I, II e III cinta muraria crociata)

3Chiesa superiore di Shawbak: paramento

 murario del prospetto sud e archi delle

 navate laterali 

4Chiesa superiore di Shawbak: resti della

facciata principale

cheologicamente i resti delle strutturefuori terra in assenza di operazioni di

scavo. Un procedimento di indagineche, attraverso strumenti (di rilievo erestituzione grafica) analoghi a quellidello studio storico-architettonico, sidifferenzia da esso per l’approcciosquisitamente archeologico e strati-grafico delle letture. L’emergenza strut-turale viene infatti considerata, al di làdei caratteri stilistico formali, come il ri-sultato di un processo di stratificazio-ne, con fasi di accumulo (es. sopraele-vazioni e ampliamenti) e fasi di sottra-zione (crolli, demolizioni volontarieecc.), in perfetta analogia con i caratte-ri di un comune accumulo di scavo.

 Anche le serie tipologiche che consen-tono comparazioni a carattere locale

(sito) o territoriale, nel caso specifico:la tipologia delle murature (ovvero unatlante esaustivo dei tipi di apparec-chiatura), la tipologia delle finiture (incui vengono analizzate le tracce deglistrumenti di lavorazione e finitura deimateriali da costruzione), quella deglielementi architettonici e, in elaborazio-ne, la tipologia dei reperti epigrafici;sono tutte ancorate alla stratigrafiapiuttosto che dipendenti da caratteristilistico formali. Le procedure di anali-si sono tuttavia per l’archeologo ‘solo’gli strumenti necessari alla struttura-zione di un documento materiale cheha bisogno, al pari di un documentoarchivistico, di essere interpretato at-traverso modelli storiografici.

La conduzione di indagini storico-ar-cheologiche va quindi ben al di là del‘semplice’ riconoscimento della strati-ficazione di un manufatto e necessitadi competenze di carattere esegetico(es. paleografico-diplomatistico, stori-co artistico ecc.) o di merito (es. la sto-riografia, la storia istituzionale e socia-le del medioevo ecc.) difficilmentepossedute da non-archeologici.

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI STUDI STORICI E GEOGRAFICI

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Nell’assetto della Transgiordania cro-ciata, da Ahamant ad Ayla, il comples-

so di fortificazioni della valle di Petra,di cui è stato possibile dimostrare ilruolo di punto di appoggio strategico,gravita intorno al castello di Li Vaux 

Moises, isolato sugli aspri rilievi di al-Wu’ayra e dominante gli accessi al-l’antica valle. Qui si è condotta una let-tura e documentazione sistematica deidati archeologici di superficie, sonostati avviati saggi stratigrafici e con-dotte analisi stratigrafiche degli elevatifinalizzati alla comprensione del sito,della sua formazione e del suo assettotopografico fino alle scelte urbanisti-che, logistiche e residenziali.La più antica consiste in una necropolid’età protostorica e nabatea organiz-

zata in recinti funerari, composti di v anisepolcrali tagliati nei fianchi dei piccoliwadi settentrionali e dotati di sistemi dichiusura. L’intera area viene poi occu-pata da un impianto, probabilmente bi-zantino e forse già a carattere militare,cui è da riferire la prima fase delle mu-rature difensive sul versante est, analo-gamente a quanto documentato - si-gnificativamente - nei castelli di al-Ha-bis e di Shawbak. Le ricerche in corsoconsentono così di integrare i dati giànoti sull’organizzazione difensiva tar-doantica della regione cominciando adelineare una più complessa articola-zione dell’area in età bizantina.Le indagini hanno permesso di metterea punto consistenti elementi di cono-

scenza e di interpretazione sulle strut-ture fondamentali dell’insediamentonei loro aspetti materiali e nelle loro se-quenze cronostratigrafiche (verticali eorizzontali) come, ad esempio, l’appa-rato di comunicazione interna (percor-si, passaggi, camminamenti di ronda,rampe, postierle, ponti mobili); il siste-ma idrico di raccolta, conservazione,distribuzione delle acque meteoriche;l’articolazione urbanistica dello stessocassero; area forte e monumentale,con le diverse modalità di collegamen-to con l’area difesa circostante.

 Andrea Vanni Desideri

Il castello di Wu’ayra: letture archeologiche

1 Al Wu’ayra. Modello digitale del terreno

elaborato con tecnologia D-GPS RTK.

L’area del cassero con estrusione in falsi volumi 

dei corpi di fabbrica identificati e rilevati 

2 Al Wu’ayra. Cimitero post-crociato.

Ortofotopiano omografico dell’area di scavo

 individuata grazie alle prospezioni geoelettriche

3 Al Wu’ayra.

Ortofotopiano parametrico del castello.

Riprese aeree a bassa quota georiferite con

tecnologia D-GPS e mosaicate

4Veduta del castello di Wu’ayra: sulla sinistra la

torre nord, a destra in alto i resti della chiesa

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI STUDI STORICI E GEOGRAFICI

Il sistema fortificato si compone di undoppia linea di difesa di cui la più

esterna sfrutta le pareti degli wadi  cir-costanti dove sorgevano ben 14 torriquadrangolari a protezione delle areeaperte nord, est e sud. All’interno diquesto sistema, il cassero, nucleocentrale dell’impianto, sorge in posi-zione eccentrica verso est, presso la li-nea di difesa esterna e significativa-mente in corrispondenza dell’unicoaccesso all’intero complesso; questoè articolato lungo una stretta rampa agradoni, difeso internamente da un si-stema di cortine e torri di guardia eprotetto all’esterno da un’imponenteantiporta isolata sul wadi Wu’ayra, chesfrutta una precedente struttura data-bile almeno ad età bizantina, ed è do-

tata di ponti mobili su entrambi i lati.Il complesso della chiesa fortificata,cui si accede sul lato sud, alla sommitàdi una rampa dove si è rinvenuta l’areacimiteriale crociata, è aggettante sul-l’angolo di nord-ovest del cassero eprotegge l’accesso alla principale ci-sterna d’acqua dell’intero insediamen-to. Presso la chiesa due ulteriori ac-cessi, a nord ed ovest, mettono in co-municazione il cassero con l’area piùesterna della fortificazione.

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La mole di dati raccolti ed elaborati nelcorso delle campagne di rilevamento ef-

fettuate nell’area di Petra ha richiesto losviluppo di uno specifico sistema di ge-stione in grado di garantire una rapidaed efficace accessibilità ai dati stessi; lanecessità di disporre di un archivio delrilievo diventa altresì pressante nel mo-mento della programmazione di ogninuova missione vista l’articolazione dellaricerca ed i ridotti tempi di permanenzanei siti oggetto dell’indagine. Il progettodell’archivio informatico (nello specificoun database) nasce con l’intenzione dirispondere ad una serie di esigenze, in-dividuate dal gruppo di lavoro che studiai castelli crociati in Transgiordania, tra lequali la principale consiste nella sempli-cità di utilizzo dell’archivio stesso, sia in

fase di ricerca che di compilazione. Ilproblema di produrre un archivio di facilecompilazione e di snella e rapida consul-tabilità ha portato a scegliere una solu-zione basata sulla scomposizione del-l’archivio con la sua suddivisione in unaserie di archivi minori, differenziati a se-conda delle caratteristiche del genere dielaborato che doveva essere cataloga-to; lo strumento realizzato è quindi com-posto da sei database diversi per tipolo-gia di dati in essi archiviati: uno per le fo-tografie, uno per le basi testuali, uno pergli eidotipi, uno per le restituzioni grafi-che eseguite dai componenti del gruppodi lavoro, uno per le restituzioni graficheeseguite da terzi. A coordinare e porre inrelazione tra loro i vari database è stato

realizzato il database degli operatori checontiene i campi identificativi delle com-petenze, campi che costituiscono la re-lazione con gli altri archivi.I database sono posti in relazione traloro secondo una semplice rete di inter-dipendenze, che permettono di automa-tizzare parti significative delle operazionidi inserimento dei dati e riducono glieventuali errori che l’operatore potrebbeindurre accidentalmente. Tutti i databa-se redatti non solo presentano campi te-stuali e molteplici modalità di visualizza-zione del dato archiviato, ma prevedono

Francesco Tioli, Giorgio Verdiani

Il progetto per la gestione dei dati del rilievo

1Feritoia del castello di Habis

2Lacerti medievali del castello di Shawbak 

3Resti di una possente torre a Jabel Hatuf 

4Camminamento di ronda lungo i margini del 

 borgo di Wu’ayra

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DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA 

l’inclusione di anteprime grafiche a bas-sa risoluzione di quanto archiviato, in

modo da permettere una più celere esemplice operazione di individuazione evalutazione del materiale ricercato. Altempo stesso il sistema di database pro-gettato prevede una logica aperta, inte-grabile con altri strumenti ed ampliabilenella ricchezza dei campi di archiviazio-ne senza compromettere in alcun modole caratteristiche dei dati già archiviati.Per potenziare la praticità della fruizionee per la creazione di uno strumento par-ticolarmente potente sia per la pianifica-zione delle nuove campagne di rilievoche per la definizione di ulteriori ricerchesu quanto già raccolto e prodotto, il pro-getto dello strumento di gestione preve-de anche la realizzazione di un sistema

informativo territoriale (GIS), direttamen-te collegato al database, che permette lageoreferenziazione e la fruizione più “vi-siva” dei dati; nella struttura realizzata ildatabase ed il GIS dialogano sfruttandocomponenti comuni della stessa base didati, prerogativa questa che permette diottenere l’aggiornamento automaticodel GIS (ovvero del database) semplice-mente intervenendo sul database (ovve-ro sul GIS), tutto il meccanismo di inter-relazioni è basato su componenti basedel sistema operativo, in questa manieraè possibile ipotizzare l’eventuale aggiun-ta di ulteriori database a questo mecca-nismo di archiviazione dei dati, databaseche potrebbero essere anche stati svi-luppati con altri software rispetto a quel-

lo da noi impiegato.Il sistema realizzato costituisce uno stru-mento estremamente flessibile, il cuicampo di applicazione può riguardare idiversi ambiti operativi del rilievo, e lasua palese utilità induce a prevedernel’utilizzo per le ricerche già concluse odin corso d’opera; la necessità di gestirein maniera semplice ed immediata le in-formazioni raccolte durante l’esecuzio-ne di ogni ricerca, induce altresì a consi-derare l’archivio dei dati del rilievo comeelemento indispensabile sin dalla fase diprogrammazione delle operazioni.

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Il contributo che segue riguarda l’ana-lisi critica di un testo poco diffuso, pro-

dotto da un autore sicuramente piùnoto per le altre vicende che lo videroprotagonista negli anni trenta del no-vecento che come archeologo.Eppure il contributo dato da Lawrenced’Arabia alla archeologia non fu deltutto secondario, in quanto a moderni-tà della metodologia di indagine e adoriginalità degli esiti di suoi studi.Il viaggio che Lawrence intraprendenell’estate del 1909 parte da Beirut escende a sud fino al lago di Tiberiadeper poi risalire a nord fino ad Edessa:- nel primo periodo copre un itinerariocomprendente l’interno prima e la co-sta poi tra Beirut ed il monte Carmel:dal 9 al 31 luglio percorre la tratta nel-

l’interno da Beirut a Galilea e il ritornocosteggiando il mare fino a Tripoli- dal 6 agosto al 6 settembre copre ilpercorso, sempre seguendo la costa,tra Tripoli e Aleppo passando da La-takia e Antiochia- dal 7 al 22 settembre l’archeologo ecopre l’andata ed il ritorno da Aleppoad Edessa.I riferimenti storico critici che Lawren-ce ha disponibili all’inizio del suo lavo-ro comprendono non pochi testi fon-damentali: Rey, L’architecture militare

des Croisés en Syrie, del 1871; Vilolletle Duc, Military architecture, del 1879;

 Allcroft, Earthworks of England , del1908; e soprattutto The art of war in

the middle ages, di C. W. C. Oman.

Dai primi due testi Lawrence recepiscesoprattutto documentazione graficainerente i castelli orientali o quelli fran-cesi, che solo in parte riuscirà a verifi-care sul campo durante il suo viaggio;il terzo gli mette a disposizione moltodel materiale di base che sarà di ap-poggio durante il tour, mentre Omangli fornisce le premesse teoriche e cul-turali più diffuse e consolidate rispettoall’argomento ai primi del novecento.Gli occidentali furono a lungo imitatori 

e copisti degli architetti crociati : que-sto lo slogan che riassume lo stato

Paola Puma

Il contributo di Lawrence allo studio dei castellimediorientali

1Lawrence, disegno della porta di accesso al 

castello di Kala’at Y’ahmur (Tratto da

“Crusaders castles”)

2Lawrence, disegno della torre del castello di 

Chalusset (Tratto da “Crusaders castles”)

3Chiesa superiore del castello di Shawbak:

veduta dell’accesso alla navata laterale

 sinistra

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DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA 

dell’arte all’inizio del novecento circa irapporti tra architettura militare occi-

dentale ed orientale in epoca crociata.Lo scopo che Lawrence si prefigge èuna verifica documentata e non teoricadell’assunto di Oman e affronta la que-stione, per la prima volta, nei terminiscientifici dell’indagine su larghi nume-ri: l’individuazione delle reciproche in-fluenze tra occidente e medio orienteviene indagata, infatti, attraverso lostudio comparato delle varie architet-ture militari -quella europea prima dellecrociate, quella coeva bizantina, quellacrociata in Siria e quella europea postcrociata- analizzate in caratteristichefisiche, formali e funzionali.In secondo luogo Lawrence effettua lapropria ricerca documentandola sul

campo: la sua critica verso l’uso diesprimere giudizi non documentati ebasati su idee preconcette costituisceforse la motivazione primaria ad effet-tuare le prime campagne di studio inEuropa, prima, e la vasta esplorazionemediorientale, poi, che lo portò a visi-tare circa 40 castelli.Tutti i siti furono visitati, fotografati emolti analizzati graficamente in appun-ti rapidi ma precisi, perlopiù orientati equotati seppure sommariamente.Molte delle mappe e delle planimetriesono reperite da Allcroft, per le fortifi-cazioni inglesi, da Rey e Pirie-Gordon(all’epoca inedito) per le costruzioniarabe, debito esplicitamente dichiara-to dall’autore in apertura del volume.

G li architetti crociati furono a l ungo

 imitatori e copisti di quelli occidentali :con questa affermazione conclusivaLawrence capovolge l’assunto inizialedel suo lavoro e sintetizza un’opinionecostruita su dati obiettivi, s olidamentedocumentata e già da un approccioche, sviluppato tecnicamente, comin-ciava già ad essere patrimonio di tuttala cultura archeologica internazionale.

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 Ampia è la letteratura di merito riguardola tipologia dei castelli crociati; molti

studiosi hanno meticolosamente va-gliato le reciproche influenze fra i mo-delli occidentali e quelli orientali cer-cando il verso della contaminazioneculturale. Il fenomeno delle crociateche investe un periodo di più di due-cento anni, ha confuso le tracce; oggipossiamo solo dire che da un certo mo-mento in poi è cambiato qualcosa nelmodo di concepire l’organismo edilizio“castello” e numerosi sono i documentidi pietra che lo dimostrano. Difficoltosoè invece individuare il percorso evoluti-vo e dimostrare le intuizioni, per altroragionevoli, di coloro che vedono cam-biare sotto i loro occhi un mondo.Un piccolo passo in questa direzione

può essere comunque fatto, conside-rando proprio i castelli della Transgior-dania in particolare Shawbak eWu’Ayra, due capisaldi del regno cri-stiano insediatosi sull’antico  limes ro-

 mano. La sede reale di Montreal-Shaw-bak, è particolarmente interessante. Ladatazione della fondazione su cui con-vergono gli studiosi si aggira intorno al1116/1118, anche se personalmentesarei propensa ad anticipare la datasino almeno al 1111, relativamente al-l’intervento cristiano crociato. Sta difatto che questo castello è il baluardocristiano sul confine arabo dove nonsono da sottovalutare le presenze delRe Baldovino I e degli ordini Monasticocavallereschi che qui soggiornarono.

La morfologia non si discosta ad unprimo sguardo dai castelli che occupa-no la sommità dei cacumini e su cuispiccano, in successione di quota, lecinte murarie frammezzate da torrirompitratta estroflesse e da torrioni an-golari. Ma è proprio la struttura delletorri che inizia ad essere interessantesoprattutto per le dimensioni che il ri-lievo metrico ha evidenziato tramite latrasformazione del dato numerico nel-l’unità di misura antica. L’apparecchia-tura muraria mostra inoltre conci a “L”,spia di una tecnologia costruttiva che

Cecilia Maria Roberta Luschi

Permanenze e variazioni tra oriente e occidente:alcuni esempi

1Shawbak, chiesa di Santa Maria, mensola di 

 spicco del costolone della navata laterale

2Shawbak, cappella di San Giovanni,

 abside a catino, sormontato da un occhio e

fiancheggiato da pastofori 

3Shawbak, percorso coperto;

 anche se parzialmente ricostruito, si possono

 ancora distinguere le parti originali 

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA 

ritroviamo in alcuni edifici di conclama-ta paternità costruttiva, riconducibili

alle maestranze degli ordini MonasticoCavallereschi. Altro elemento molto in-teressante che ritroviamo a Shawbak èsenza dubbio il percorso coperto diconnessione fra le torri di cui rimaneampia testimonianza sul lato Ovest delcastello e che obbedisce ad un siste-ma di scarico delle forze secondo ilprincipio dei contrafforti producendouna sezione ad arco acuto leggermen-te rampante che ritroviamo nelle stesseforme in alcune abbazie cistercensi.Questo dato significherebbe una sortadi esportazione di alcuni modelli edilizisperimentati nell’architettura ecclesia-stica e successivamente proposti inquella militare per ragioni di velocità di

esecuzione, robustezza e funzionalità.L’implementazione di siti fortificati do-veva essere di fatto essenziale e rapi-da, con protocolli costruttivi ben chiarie sicuri e con poche manovalanze spe-cializzate che potevano informarequelle locali con semplicità.In ultimo la presenza delle due chiesel’una all’interno della prima cinta mura-ria ancor oggi visibile, la Cappella diSan Giovanni, l’altra la Chiesa di SantaMaria. L’una costituita da un’aula mo-noabsidata con pastofori ed un’interes-sante presenza di simboli incisi sul pa-ramento murario contenente la porta diaccesso principale; l’altra, un vero eproprio gioiello di “gotico arcaico”, unainteressantissima successione di pila-

stri quadrangolari con costoloni chedalla parte delle navate laterali spicca-no da una quota di circa due metri. Lamensola di raccordo fra il costolone edil pilastro è particolarmente interessan-te, potrebbe essere l’archetipo di quellepiù eleganti, presenti nelle abbazie ci-stercensi disseminate per tutta Europa.

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Per quasi tutto il Medioevo, le fortifica-zioni costruite dai crociati nel corso delle

loro spedizioni per la conquista della Ter-ra Santa rappresentarono degli exempla

di assoluto rilievo per il futuro sviluppodell’architettura militare d’Occidente.

 Al riguar do, la Transgior dania offrespunti particolari, in quanto fu la pene-trazione più meridionale dell’occupa-zione crociata. Ciò comportò, a partiredalla prima crociata, sia la costruzionedi avamposti legati a esigenze di presi-dio, tempestivamente realizzati sfrut-tando le caratteristiche del terreno, dicui resta un esempio il castello diWu’ayra e l’intero sistema fortificatodella valle di Petra, sia di fortificazioni dicontrollo viario, come la fortezza di Al-Tafilah, sia di potenti roccaforti, come

quella di Shawbak, di fondazione regia,o quella si Kerak, divenuta ben prestosede di una sorta di feudo. Diverso fuanche il destino di questi castelli. Alcunidi essi, perse le loro funzioni strategi-che, come Wu’ayra, caddero in abban-dono, altri furono conservati e ampliati,come Kerak, occupato dagli arabi findal XIII secolo e divenuto poi, sotto ladominazione turca, un popoloso inse-diamento, o come Shawbak, trasfor-mato e ampliato dai Mamelucchi nelXIV secolo. Tutto ciò ha determinato si-tuazioni profondamente diverse traloro, ponendo problematiche comples-se dal punto di vista del restauro.Tali problematiche nascono dall’esigen-za dell’identificazione delle diverse fasi

costruttive di tali castelli, ponendosi instretta connessione con la ricerca ar-cheologica, come, del resto, fin dal1931, raccomandava la Carta d’Atene.Identificazione abbastanza agevole neicasi d’immediato e totale abbandono(Wu’ayra), ma ben più complessa inpresenza di una presenza insediativacontinua (Kerak), se non, addirittura, dipreesistenze (Shawbak). È evidentecome tutto ciò ampli il campo operativo,che si estende dalla conservazione delrudere al restauro architettonico, dal re-stauro urbano fino a quello territoriale,

Pietro Ruschi

Salvare Wu’ayra: problematiche della conservazione

1Il sistema di accesso al castello di Wu’ayra

2Progetto di restauro per la chiesa e la torre

ovest del castello di Wu’ayra

3L’area sacra a fianco della chiesa di Wu’ayra

 a seguito dei restauri effettuati dalla Direzione

delle Antichità Giordane

4Tombe crociate scavate nella roccia in

 prossimità dell’accesso alla chiesa di Wu’ayra

ponendo questioni sostanzialmente di-verse sia sotto il profilo critico che sotto

quello metodologico.Nell’ambito dell’attività di ricerca svoltanell’area della Transgiordania, una pri-ma fase di lavoro ha riguardato il castel-lo di Wu’ayra, per il cui restauro, dopouna fase di rilevazione diretta e sullabase delle indagini archeologiche, èstato messo a punto un progetto dimassima. Tale progetto ha affrontatotre livelli d’intervento. Il primo riguardala conservazione del testo architettoni-co che, come detto, si presenta ogginello stato di rudere. Di conseguenzagli interventi previsti vengono ad assu-mere il prevalente carattere di consoli-damenti murari e fondali, da attuarsi siacon sistemi tradizionali sia con tecniche

moderne. Minime le proposte integrati-ve, circoscritte alla riproposizione, conmateriale diverso, del portale d’acces-so alla cerchia muraria, per il quale siconservano indizi sufficienti a livello difondazione e d’imposta dell’arco, e allaparziale ricostruzione, tramite anastilo-si, del catino absidale della chiesa in-tramurale. Diffuso, infine, l’intervento direstauro dei paramenti lapidei, partico-larmente complesso a causa dell’in-consistenza dei leganti argillosi. Al se-condo livello progettuale, relativo aipercorsi interni ed esterni del castello,pertiene il compito assai delicato di of-frire, tramite opportuni angoli di visualee utili supporti informativi, la percezionedell’impianto fortificato originario, l’ap-

prezzamento delle sue funzioni strate-giche e del suo rapporto con il territoriocircostante e con il sistema fortificatopetrense. Il terzo livello, cui sarà dedi-cato un apposito contributo, concerneinvece lo studio per l’edificazione di unvisitors centre, situato a margine delcomplesso fortificato. Esso dovrà svol-gere compiti sia ricettivi che didattici,tramite documentate informazioni sto-riche, modelli e ricostruzioni virtuali delcastello di Wu’ayra.

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UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI UDINE

DIPARTIMENTO DI STORIA  E TUTELA  DEI BENI CULTURALI

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Il castello di Harim si trova nel nord del-la Siria, nell’alta vallata dell’Oronte ai

confini con la Turchia. La sua posizionestrategica sulla sommità di un tell , unacollina artificiale dovuta alla sovrappo-sizione nei millenni di più insediamentiumani, e prospiciente a nord la piana di

 Amuq, lo ha reso teatro di numerosecontese fra crociati e saraceni.Il tell , circondato dall’abitato di Harimcon le caratteristiche case coloratecon tonalità blu, si trova a circa 20 kmdal punto di attraversamento del-l’Oronte lungo l’asse Aleppo – Antio-chia. Le sue pareti nord, est ed ovestsono rivestite da un monumentale gla-

cis, una massicciata medievale in pie-tra, ed è in parte isolato dal villaggiocircostante da un largo fossato par-

zialmente scavato nella roccia.I crociati riusciranno a espugnare la for-tezza nel 1157 che, poi, verrà ripersanel 1164, per mano di Nour ed Din (di-nastia zengide) A questo periodo risal-gono i resti di una cinta muraria con tor-ri in cui sono inseriti numerosi pezzi direcupero bizantini, sempre al di sotto distrutture ayubbidi. È sotto gli Ayubbidi,infatti, che il castello assume le sem-bianze attuali, grazie alla costruzionedella seconda cinta muraria, dell’attua-le porta d’ingresso tra due torri e delcorridoio, originariamente coperto, cheda essa diparte e conduce ad un ridot-to fortificato sul versante opposto dellacollina. Da questo passaggio si dirama-no cunicoli che portano ad un hammam

(bagno) e ad una piccola moschea.Sempre di questo periodo è la ristruttu-razione del centro residenziale.Negli anni ottanta il castello fu parzialmentescavato, eliminando la documentazione dellefasi del castello mamelucca (XIV-XV sec.) edottomana, epoca in cui il sito subì un progres-sivo abbandono fino al formarsi di un villag-gio, che ne riutilizzava parzialmente le rovine.Nel 1998 è nato il Progetto Harim, fruttodi una collaborazione italo-siriana, conil proponimento di indagare, studiare evalorizzare il complesso fortificato.Le parti del castello medievale giunte

Nicola Santopuoli

Il castello di Harim in Siria: rilievo e diagnostica

1Saggi di restauro sulle strutture murarie

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Paramento murario a grossi blocchi con

evidenti interventi recenti 

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Resti delle strutture murarie dell’hammam

(terme), risalenti all’occupazione saracena

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Veduta panoramica del castello collocato

 sulla sommità del Tell 

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Lacerti di paramenti murari parzialmente

 interessati da crolli 

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FERRARA 

NUB L AB

sino a noi non s ono in buone condizio-ni di conservazione. Le campagne di

scavo del 1999 e del 2000 hanno inte-ressato la porta principale, il corridoiod’accesso, l’ hammam  e lo stesso ri-dotto fortificato di sommità. Lo scopodi questi primi lavori era la ricostruzio-ne dei processi insediativi sul sito finoai nostri giorni e lo studio degli inter-venti architettonici del castello, al finedi datarne le varie fasi. L’indagine èstata estesa anche ai materiali, allostato conservativo delle strutture, alterritorio circostante ed ai suoi insedia-menti medievali.Fino a questo momento è stata effet-tuata una campagna di indagini preli-minari, caratterizzata da rilievi, osser-vazioni e saggi che hanno consentito

l’individuazione dei materiali e del lorostato conservativo. Tali studi hannopermesso l’individuazione delle zone incui effettuare gli approfondimenti sullacaratterizzazione dei materiali e dellefiniture della struttura muraria e lo stu-dio della situazione statica (in corri-spondenza di parti pericolanti).Il complesso fortificato, comprendenumerosi ambienti, adibiti a diversefunzioni fra cui quelle militari e quelleresidenziali, oltre a una moschea. Lemurature originali sono in conci di pie-tra calcarea legati da malta di calce:blocchi regolari per le strutture portan-ti, squadrati nel caso della cortina mu-raria esterna, irregolari per le opere diriempimento.

 Attualmente la maggior parte del para-mento della cinta muraria si trova in unostato di avanzato degrado superficiale,che interessa la totalità dei fronti, conzone localizzate di dissesto statico.Inoltre, viene segnalato il forte degra-do ambientale che presenta il largofossato, scavato nella roccia, che cir-conda parzialmente il tell , attualmenteutilizzato come discarica a cielo aper-to; di conseguenza, esso richiede unadeguato intervento di bonifica e di ri-sanamento.

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Il  murus gallicus  è un singolare appa-recchio murario descritto da Cesare a

proposito dell’assedio di Avaricum nel52 a.C. La presenza di molti manufattiapparecchiati con barre di legno postetrasversalmente e longitudinalmenteallo spessore nelle murature è stata og-getto di osservazioni e analisi dallametà del XIX secolo (de Caumont a Ver-tault; Castagné nello scavo dell’oppi-dum di Murcens, de la Noë e, ancoraprima, Rondelet) ma soltanto dopo laseconda guerra mondiale sembra averricevuto un’attenzione adeguata (Whe-eler, Richardson, Cotton, Dechelette,de Boüard, Wilcox) con l’estensionedelle indagini e delle scoperte anche aldi fuori della Francia.La costruzione di bastioni in terra e le-

gno, di epoca celtica e gallica, si basa sudue modelli principali: il bastione a scar-pata massiccia (tipo Fécamp) e il bastio-ne a struttura lignea interna (di questi ul-timi sono conosciute diverse varianti).La disposizione di elementi lignei nontrova concordi gli studiosi sull’effettivocontributo statico che può fornire allestrutture murarie. Lo sfalsamento deglielementi lignei e la struttura a telai so-vrapposti garantiscono, comunque, unabuona omogeneizzazione con la massainterna e una sufficiente elasticità di tut-to il sistema capace, nella pratica, di di-stribuire meglio i carichi verticali (pesoproprio del muro e delle sovrastrutture),di ammortizzare le sollecitazioni verticali(colpi di ariete) e di contenere eventuali

traslazioni di parti a causa di escavazionial piede (lavori di mina). La funzione de-gli elementi lignei riguarda il  presidio

temporaneo in corso di costruzione e il rinforzo permanente per le strutture.L’opus gallicum sarà impiegato, sia purecon modalità relativamente diverse, nelMedioevo per la costruzione di operefortificate temporanee o stabili in terra elegno ma anche per quella di muraturelapidee a secco o legate con malta esarà esteso, non di rado, anche a edificicivili. Un grande impiego sarà riservatoalla costruzione di opere che prevedono

Luigi Marino

L’opus gallicum nei castelli del vicino oriente

1Le strutture del porto crociato di Beirut 

 presentano rinforzi con spezzoni di colonne

2Colonne monolitiche impiegate con funzione

di collegamento (a intervalli regolari,

 sovrapposti e incrociati) tra le due cortine nelle

 strutture crociate del castello di Cesarea

3L’impiego di colonne nelle murature della

fortificazione di Aleppo

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI RESTAURO E CONSERVAZIONE DEI BENI A RCHITETTONICI

vasti movimenti di materiali, basati pre-valentemente su un riporto di terra (  ag-

 ger  ) e una palizzata (  pastophorium ) nellestrutture in terra costipata (come le mot-te) e in alcune opere nell’epoca di pas-saggio verso fortificazioni in pietra. L’im-piego di elementi lignei nelle murature,però, verrà riproposto con una certa fre-quenza anche in apparecchi murari to-talmente in pietrame legato con malta.Di particolare interesse sarà l’adozionedi soluzioni costruttive nelle muraturemedievali basate sull’impiego di barrelapidee (esempi particolarmente signifi-cativi saranno presenti nell’altopianodell’Houran, tra Giordania e Siria in epo-ca bizantina nelle cosidette strutture “allstone” dove elementi lapidei di basaltosaranno impiegati come collegamento

tra i due paramenti dei muri) ma anche inalcune opere fortificate del limes roma-no-bizantino (qasr al-Hallabat, peresempio e Azraq). Nella costruzione del-le opere fortificate di epoca crociata inTerra Santa verranno impiegati fusti dicolonne di epoca romano-erodiana, dicui l’area abbondava, apparecchiati sulivelli diversi con risultati strutturali digrande efficacia (si pensi a Cesarea,

 Ascalon e Sidone dove fusti di colonnesono reimpiegati con sistematicità op-pure a Kerak o Betlemme dove sporadi-che colonne sono state utilizzate comecollegamento tra cortine contrappostedello stesso muro). La stessa soluzioneè stata adottata nel castello delle 40 co-lonne a Paphos (Cipro) e in alcune opere

fortificate dopo la riconquista musulma-na (Aleppo, Bosra, Palmira, Amman …)con funzioni e comportamenti strutturalifondamentalmente molto simili a quellidell’opus gallicum. L’attenzione riserva-ta alla soluzione costruttiva è testimo-niata dalla cura con cui sono apparec-chiate le murature in corrispondenzadelle testate delle colonne e, indiretta-mente dal cronista Maqrizi quando, aproposito della presa di Cesarea da par-te di Beibars (1265), osserva come lemurature armate abbiano ben resistito ailavori di demolizione.

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La cittadina di Carinola, nell’Alto Ca-sertano, è caratterizzata da preziose

testimonianze architettoniche non an-cora sufficientemente indagate. Lemaggiori di esse attengono al periodod’influenza catalana – coincidente,ovviamente, con il dominio aragonese– ma vi sono presenti anche episodiarchitettonici d’epoca precedente diindubbio interesse per la storia dell’ar-te. Il ricco patrimonio culturale dell’in-tero territorio comunale è stato ogget-to di una attenta campagna di docu-mentazione rivolta agli edifici dimaggiore interesse oltre che di unprogramma di valorizzazione che, re-datto ormai da diversi anni, solo re-centemente ha visto concludersi il pri-mo degli interventi previsti, il restauro

del palazzo Novelli (già Petrucci) de-stinato a sede del “Museo della città edel territorio”. Tra gli interventi princi-pali che il programma prevede v’è an-che il restauro ed il recupero funziona-le del Castello baronale che vede lasua origine in età normanna, e che eracaratterizzato da torri angolari, cam-mini di ronda ed un maschio a piantaquadrangolare; era stato realizzatomolto probabilmente utilizzando pree-sistenti strutture difensive ed oggi sipresenta fortemente mutilo ancora perle conseguenze del già lontano secon-do conflitto mondiale.Tuttavia, pur con le sue demolizioni, sileggono con tutta evidenza le sue particaratterizzanti così come sono perfet-

tamente deducibili, dalla tessitura deiparamenti murari, i caratteri costruttividelle parti distrutte; insomma, si può ri-tenere che, sulla base di un accorto in-tervento – così come è avvenuto nelcaso del Palazzo Novelli – sia perfetta-mente recuperabile a nuove funzionitutta l’antica struttura pur se con alcuneintegrazioni da realizzare, in ogni caso,evitando accuratamente il rischio di fal-sificazione. Peraltro la configurazionedel Castello può essere anche desuntadall’“Apprezzo” di Carinola redatto nel1692, in cui viene descritto con un im-

Cesare Cundari, Laura Carnevali

Dal rilievo al progetto attraverso le problematicheattuali della conservazione:il caso di un castello normanno

1L’immagine mostra il sistema costruttivo delle

volte che caratterizza l’antico edificio

2Veduta laterale con la torre quadrangolare e il 

corpo antistante

3Veduta della corte interna prima delle

distruzioni belliche

4Veduta della parte principale del Castello

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI ROMA  L A  S APIENZA 

DIPARTIMENTO DI RILIEVO, A NALISI E DISEGNO DELL’A MBIENTE E DELL’A RCHITETTURA 

pianto pseudo-triangolare, con unacorte centrale con cisterna, una torre

detta la “Castellina” e stanze dislocatesu due livelli con una ampia scala lapi-dea che consentiva di raggiungere ilpiano superiore. L’antico organismo sisviluppava addossato alla cinta murariainglobando una delle torri di guardia; siarticolava molto probabilmente almenocon un livello interrato (possibile per ilforte dislivello superato dalla cinta mu-raria); ne restano oggi la possente torrequadrangolare, la struttura murariaesterna sulla quale si leggono chiara-mente le tracce della sequenza di voltea crociera che coprivano i due livelli;l’impianto murario planimetrico è na-scosto in un masso di cemento che, al-l’inizio della seconda metà del secolo

scorso, fu realizzato per proteggerlo inattesa di un intervento di restauro sem-pre auspicato ma mai realizzato.Nel quadro del programma di valoriz-zazione è stato predisposto un proget-to di restauro – per il quale s i attende ilnecessario finanziamento – per il com-pleto recupero dell’edificio; sarà pos-sibile, così, recuperare dell’antico ericco patrimonio architettonico una si-gnificativa testimonianza di architettu-ra fortificata che si potrà affiancare aquelle già funzionanti di tipo religioso(la Cattedrale) e civile (palazzo Novelli).È utile segnalare, infatti, l’interesse cheun programma di valorizzazione con-templi il recupero di beni anche di dif-ferente carattere e quindi suscettibili,

nella rifunzionalizzazione, di destina-zione d’uso complementari; questo èun aspetto di particolare importanza inuna epoca in cui le risorse economichenon sono certo inesauribili.

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Le ricerche archeologiche, lo studio e ilrilievo delle testimonianze architettoni-

che, le prime ipotesi di restauro, hannoconsentito di predisporre un progetto,che si colloca a conclusione, ma instretta connessione con le ricerche fi-nora svolte, si sviluppa su due piani:uno, di carattere territoriale, riguarda ilrecupero e la valorizzazione degli anti-chi percorsi interni al sistema fortificatopetrense, e, in particolare, al castello diWu’ayra che, di quel sistema, costituivala principale roccaforte; l’altro, di carat-tere architettonico, concerne la realiz-zazione di un Visitors Centre.

Il primo piano, come accennato, mira arivitalizzare gli antichi percorsi, renden-do i castelli della valle più agevolmenteaccessibili (al-Habis, Jabal Atuff, Jabalal Kubtha), collegandoli fra loro e, risa-lendo i canaloni rocciosi naturali, con ilsoprastante castello di Wu’ayra, per ilquale sono stati individuati tre percorsiinterni con relativi punti di sosta e os-servazione. Al riguardo, il progetto si èsviluppato sia a livello di fattibilità, conl’individuazione degli itinerari, da per-correre in parte a cavallo, in parte a pie-di, sia a livello di progettazione di strut-ture leggere, per consentire la percor-renza e il superamento di terrenidisagevoli o delle aree archeologiche,senza interferire con esse. A tal fine si èprovveduto a ideare una passerella me-tallica a moduli componibili con appog-gi a terra telescopici registrabili, in gra-do di consentire l’adattamento ai note-

voli dislivelli presenti nel percorso. Al secondo piano, relativo alla realizza-zione del Visitors Centre, sono affidaticompiti specifici non solo per quantoriguarda l’accoglienza e il ristoro dei vi-sitatori impegnati negli itinerari a diver-sa scala (il castello di Wu’ayra, il siste-ma fortificato di Petra, l’antica via deiRe), ma anche la creazione di uno spa-zio museale fornito di supporti didatti-ci, sia documentari che informatici (retiinternet e intranet per l’uso di palmari),utili alla comprensione della storia edelle testimonianze archeologiche e ar-

Carlo Mocenni

Progettare nel deserto di pietra:Visitors Centre a Wadi Mousa

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA 

chitettoniche dell’area.Il progetto del Visitors Centre ha avuto

come principali parametri l’ubicazionetenuto conto della viabilità e il vicinocastello di Wu’ayra, la forma esteriorein rapporto con le singolari valenzeambientali e architettoniche del sito, leesigenze di carattere distributivo, fun-zionale e impiantistico in funzione del-la realtà locale. Realizzato in partescavando un anfiteatro roccioso natu-rale sito fra il castello e la strada, ilnuovo edificio, sfruttando l’inclinazio-ne del terreno, non supererà la quotadi quest’ultima e rimarrà quasi invisibi-le dal castello. Esso si comporrà so-stanzialmente di due fulcri, posti a di-versi livelli: una “piazza”, accessibiledalla via e destinata a un piccolo mer-cato etnico e una “corte” interna, dovesono ubicati servizi igienici, bar, risto-rante,  shops, biglietteria, e, infine, diun piano intermedio, ove si trovano ilmuseo, l’auditorium, con annesse sa-lette multimediali, gli uffici.

 All’interno, la struttura offre ampi spazifra loro collegati e permeabili, graziealla presenza di strutture portanti pun-tiformi (pilastri a forma di albero) e allaluce diffusa e filtrata, così da offrire alvisitatore la percezione immediata del-le sue svariate funzioni. All’esterno ildisegno elementare, una sorta di pa-rallelepipedo regolare, pressoché pri-vo di aperture laterali e rivestito con ri-corsi di pietra locale, svela la sua im-mediata identità e il suo ruolo, senza

cedere a imitazioni, analogie o interfe-renze con il contesto, anche grazie allasua ubicazione. Solo sul prospettoovest, verso la valle di Petra, l’architet-tura è caratterizzata da una grande gri-glia modulare costituita da lamine me-talliche componibili, disposte a forma-re un disegno geometrico a maglialarga, di gusto orientaleggiante, confunzioni di frangisole.

La grande terrazza sommitale consen-te, infine, la vista panoramica dei luo-ghi e dell’antistante castello crociatodi Wu’ayra.

1Planimetria del castello di Wu’ayra con

 individuazione dei percorsi di accesso e di 

 servizio al Visitor Centre

2 - 3Prospetto e sezioni del Visitor Centre

4I resti del castello di Wu’ayra inseriti nel 

 paesaggio

5Piazzale antistante il castello di Wu’ayra

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Il lavoro che qui presentiamo è statosviluppato nell’ambito del programma

CNR-Agenzia 2000 Identità mediterra- nea: unità e fratture fra antico e moder-

 no con il titolo: Il caso dell’insediamen-

to agricolo romano dell’Acquarella in

 lucchesia: museificazione o integrazio-

 ne nel territorio?

La ricerca muove da una occasione rea-le, neanche troppo rara in Italia, il rinve-nimento di resti archeologici – parte diuna fattoria romana – emersi a seguitodi un intervento di edificazione privata,la classica casetta di lottizzazione. Laparticolarità del lavoro – che ha incon-trato la disponibilità del Comune di Ca-maiore e della Soprintendenza per iBeni Archeologici della Toscana – è for-se nell’aver assunto in estrema ipotesicome dati progettuali sia i resti archeo-logici che i resti – di nessun pregio – del-l’edificio che era in corso di realizzazio-ne. Una situazione di paradossale com-presenza è quella che viene esploratacon gli strumenti del progetto contem-poraneo, cercando di individuarne e for-zarne i limiti ed i contorni; così la pubbli-cazione che ne abbiamo cavato – unasorta di album, più che un libro – portal’altisonante titolo “Paesaggio, archeo-logia, progetto contemporaneo”, conun più calibrato sottotitolo, specificatoall’interno: “Un sistema museale attor-no al sito dell’Acquarella”.Tutto il lavoro è costruito come un per-corso, in omaggio a quella idea di siste-

 ma  che ormai da un decennio stiamo

praticando in diverse occasioni profes-sionali, di ricerca e didattiche. Dalmare, attraverso i canali, ripercorrendola vicenda storica della regimazionedelle acque e della bonifica, una vera epropria  narrazi one del paesag gio  èquella che cerchiamo di mettere in ope-ra risalendo verso monte: con un siste-ma di traguardi ottici e capisaldi che ri-mandano ai luoghi notevoli del territo-rio, induttivamente proposti e pensatiquasi come opere d’arte mutuati dallalingua e dal percorso di alcuni impor-tanti artisti contemporanei, viene ri-co-

Giacomo Pirazzoli

Paesaggio, Archeologia, Progetto contemporaneo

1Progetto di sistemazione dei ruderi alla fattoria

 romana dell’Acquarella, Camaiore (LU)

2Canalizzazioni di bonifica nella zona di 

Camaiore (foto Andrea Volpe)

3Francesco Collotti, Giacomo Pirazzoli,

Valentina Fantin,

Messa in evidenza delle rovine della Forte zza

 k.u.k. di Pozzacchio, Trentino 1998-2001

Tutte le immagine sono tratte da:

Giacomo Pirazzoli, Paesaggio, archeologia,

 progetto contemporaneo, a cura di Lisa Ariani 

e Caterina Bini, Edizioni All’Insegna del Giglio,

Firenze 2003

UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA 

struita una trama possibile. Un’idea di presente continuo soprintende in qual-

che modo a questo ragionamentoCon questa premessa, i manufatti del-l’Acquarella – sia quello archeologicoche quello attuale – non vengono dun-que più letti come punti   isolati da mu-sealizzare separatamente e indipen-dentemente dal contesto , quantopiuttosto come occasioni per la valo-rizzazione nell’ambito di un più vastoe complesso itinerario. In questa logi-ca il frammento di manufatto contem-poraneo incompiuto “evidentementebrutto”, viene conservato e trasforma-to fino a diventare uno strumento perl’osservazione dello scavo archeologi-co “evidentemente bello”. Quei quattrolacerti di muro di calcestruzzo, fattisenza cura né misura, divengono quasiun object trouvèe, ricompresi all’inter-no del sistema a scala territoriale, ac-cettati quale testimonianza di un pre-

 sente un po’ così . Non per mancatoesercizio di scelta o per indifferenteconservazione: non tutto deve essereconservato, è chiaro; tuttavia, per con-verso, nemmeno tutto deve essere de-molito. Piuttosto, molte cose possonoessere trasformate con gli strumentidel progetto: così quel che resta di unacasa improbabile diviene parte di unpercorso; e non esiste più in quantoframmento in sé, ma entra a far partedi un ordine diverso, e diverso,  altro,diviene il suo significato rispetto allepresenze archeologiche. Chiaramente

il lavoro, pur intendendo offrire una vi-sione operativa, non ha carattere di

 progetto esecutivo – anzi rinuncia inmodo programmatico alla definizionecostruttiva dei singoli elementi, prefe-rendo, come nello specifico delle co-perture per lo scavo, riferirsi ad uncaso di musealizzazione di un sitopseudo-archeologico affrontato e rea-lizzato al Forte di Pozzacchio, in Tren-tino, dove il percorso di avvicinamen-to al manufatto è stato rafforzato daalcuni interventi di messa in evidenzadi rovine pertinenti.

L’intera ricerca è stata in effetti inter-pretata anche quale occasione per ri-

mettere in gioco, spesso utilizzandolicome indicazioni e riferimenti, progettie realizzazioni della comunità scientifi-ca che comprende, oltre l’Autore, Pao-lo Zermani, Maria Grazia Eccheli, Fa-brizio Rossi Prodi, Francesco Collotti eFabio Capanni, impegnati da oltre undecennio ormai in alcune riflessionioperative attorno a termini quali identi-

tà, carattere, migrazione e contamina-

 zione, memoria, adeguatezza etc.

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forumUNESCO

La sede del forum UNESCOdell’Università degli Studi di FirenzePresso la sede di S. Verdiana,piazza Ghiberti 27, 50121, FIRENZE

Da alcuni anni il Dipartimento di Progettazionedell’Architettura dell’Università degli Studi diFirenze, unitamente ad altri dipartimenti dellastessa università, sta occupandosi dei temi le-gati al recupero ed alla valorizzazione dei beniculturali ed in particolare dei beni architettoni-ci e dei siti di interesse archeologicoIl rilievo dell’architettura e dell’ambiente urba-no, oltre che del territorio in senso lato, si pro-pongono come formidabili strumenti di indagi-ne per la conoscenza, la registrazione, la lettura

e la discretizzazione di tutto un universo di datie segni prodotti dalla storia e dalla cultura inuna determinata area geografica. Operazioni dirilevazione attenta costituiscono altresì la baseconoscitiva fondamentale per l’esercizio di atti-vità critiche ed interpretative legate alla forma-zione ed allo sviluppo di un determinato sito,insediamento, città o territorio, oltre che per laprevisione dei necessari interventi di conserva-zione, restauro e volorizzazione del sito steso.Le esperienze condotte, in ambito scientifico,hanno consentito la messa a punto di metodo-logie operative per indagini finalizzate alla cor-retta comprensione delle architetture, dei com-plessi di interesse storico ed archeologico, de-gli ambienti urbani, del territorio e dei contestistorici, culturali ed ambientali rilevati, fornendostrumenti essenziali per la lettura critica e la va-lutazione attenta degli interventi di conserva-zione e restauro.La Facoltà di Architettura dell’Università degliStudi di Firenze aderisce al programma del-l’UNESCO che la vede da oggi sede del Forum.Il Forum UNESCO è un progetto di salvaguar-dia e tutela del Patrimonio Mondiale individua-to dagli elenchi UNESCO. Il programma preve-de nelle oltre cento attività, la conoscenza delpatrimonio locale e promuove studi, approfon-dimenti metodologici ed interventi per la suapreservazione attuando un catalogo specificodei beni in salvaguardia.Con la collaborazione delle sedi universitarie ditutto il mondo il Forum UNESCO si prefiggel’obbiettivo di sensibilizzare gli studenti allaconservazione del Patrimonio Culturale del-l’Umanità.Tramite Workshop universitari, meeting tematicicome già è stato fatto in questi ultimi quattroanni, si vogliono affrontare le tematiche per svi-luppare le professionalità adatte al recupero edalla salvaguardia dell’eredità storico artistica deidiversi paesi del mondo.

Il Forum UNESCO, vuole connettere due grandirealtà della cultura come il Patrimonio e le Uni-versità del mondo, tramite una rete interfaccia-ta in un network specifico, dove si possanoscambiare informazioni, cercare e trovare risor-se competenti, promuovere ed agevolare la dif-fusione delle ricerche in un ambito di coopera-zione internazionale che ha per oggetto sol o edesclusivamente la salvaguardia della cultura.Il futuro sono i giovani, e questi, condotti daipropri professori, avranno la responsabilitàsempre più grave di sostenere l’eredità del pas-sato con la sensibilità, l’attenzione ed il rispettoche oggi abbiamo il dovere di insegnargli.Scopo della sede è la promozione delle attivitàdidattiche istituzionali della Facoltà di Architet-

tura e dell’intera Università di Firenze, e lo svi-luppo di corsi, stages formativi, workshop spe-cifici, attività di ricerca, manifestazioni espositi-ve e pubblicazioni scientifiche legate ai temidella conoscenza, della conservazione e dellavalorizzazione del patrimonio culturale. Siti ar-cheologici come Petra, oggetto degli studi pre-sentati in questo volume, fanno parte deglispecifici interessi della nuova sede fiorentinadel Forum, oltre ai temi specifici della docu-mentazione e della conservazione dei centristorici e dei monumenti tutelati dall’UNESCO.Riferimentihttp://www.forumunesco.upv.es

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1Veduta aerea del Monastero di S. Teodosio

 nel deserto di Giuda

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UNIVERSITÀ  DEGLI STUDI DI FIRENZE - DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE DELL’A RCHITETTURA Direttore - Marco Bini - Sezione Architettura e Città - Gian Carlo Leoncilli Massi, Loris Macci, Piero Paoli, Ulisse Tramonti, Alberto Baratelli, Antonella Cortesi, Andrea Del Bono, Paolo Galli, Bruno Gemignani, Marco Jodice, Maria Gabriella Pinagli, M ario Preti, Antonio Capestro, EnzoCrestini, Renzo Marzocchi, Enrico Novelli, Valeria Orgera, Andrea Ricci - Sezione Architettura e Contesto - Adolfo Natalini, Giancarlo Cataldi,Pierfilippo Checchi, Stefano Chieffi, Benedetto Di Cristina, Gian Luigi Maffei, Guido Spezza, Virginia Stefanelli, Paolo Vaccaro, Fabrizio Arrigoni,Carlo Canepari, Gianni Cavallina, Piero Degl’Innocenti, Grazia Gobbi Sica, Carlo Mocenni, Paolo Puccetti -  Sezione Architettura e Disegno -Maria Teresa Bartoli, Marco Bini, Roberto Corazzi, Emma Mandelli, Stefano Bertocci, Marco Cardini, Marco Jaff, Barbara Aterini, AlessandroBellini, Gilberto Campani, Giovanni Pratesi, Enrico Puliti, Paola Puma, Marcello Scalzo, Marco Vannucchi - Sezione Architettura e Innovazione -Roberto Berardi, Alberto Breschi, Antonio D’Auria, Giulio Mezzetti, Marino Moretti, Mauro Mugnai, Laura Andreini, Lorenzino Cremonini, FlavianoMaria Lorusso, Vittorio Pannocchia, M arco Tamino - Sezione I luoghi dell’Architettura - Maria Grazia Eccheli, Fabrizio Rossi Prodi, Paolo Zermani,Fabio Capanni, Francesco Collotti, Giacomo Pirazzoli, Elisabetta Agostini - Laboratorio di rilievo - Mauro Giannini - Laboratorio fotografico -Edmondo Lisi - Centro di editoria - Massimo Battista - Centro di documentazione - Laura Maria Velatta - Centro web - Roberto Corona -

 Assistente Tecnico - Franco Bovo - Segretario Amministrativo - Manola Lucchesi - Amministrazione contabile - Carletta Scano, Debora Cambi- Segreteria - Gioi Gonnella - Segreteria studenti - Grazia Poli