Finelli_Il Disagio Della “Totalità” e i Marxismi Italiani Degli Anni ’70

10
critica$a'J'Pfsta c contrilmti pcr "ripcn.o;are la sinistru rivista bimestrale n. 6, novembre-dicembre 2014 Direttori: Aldo Tortorella e Aldo Zanardo Redattore capo: Guido Liguori Comitato editoriale: Fulvia Bandoli, Francesco Barbagallo, Riccardo Bellofiore, Maria Luisa Boccia, Gabriella Bonacchi, Gloria Buffo, Alberto Burgio, Giuseppe Cacciatore, Lorenzo Calabi, Valeria Calzolaio, Giuseppe Cantillo, Luciana Castellina, Luigi Cavallaro, Paolo Ciofi, Giorgio Cremaschi, Angelo d'Orsi, Piero Di Siena, Mario Dogliani, Ida Dominijanni, Marco Doria, Paolo Favilli, Gianni Ferrara, Roberto Finelli, Roberto Finzi, Elena Gagliasso, Francesco Garibaldo, Alfiero Grandi, Dino Greco, Antonino Infranca , Domenico Jervolino, Alberto Leiss, Maurizio Lichtner, Domenico Losurdo, Giorgio Lunghini, Vincenzo Magni, Giacomo Marramao, Renzo Martinelli, Giorgio Mele, Carlo Montaleone, Corrado Morgia, Marcello Musto, Claudio Natoli, Marina Paladini Musitelli, Letizia Paolozzi, Stefano Petrucciani, Giuseppe Presti pino, Luigi Punzo, Liliana Rampello, Gianni Rinaldini, Mario Sai, Cesare Salvi, Gian pasquale San tornassimo, Mario Santostasi, Grazia Zuffa. Pasquale Voza. Comitato di redazione: Roberto Ciccarelli, Cristina Corradi, Paolo Ercolani, Alessandro Errico Chiara Meta, Antonia Tomassini Corrispondenti esteri : Alastair Davidson (Australia), Marco A. Nogueira (Brasile), André Tosel (Francia), Donald Sassoon (Regno Unito), Joseph A. Buttigieg (Stati Uniti). Direttore responsabile: Aldo Tortorella Direzione e redazione: via sant'Ambrogio 4, 00186 Roma te!.: 06.68193174 Tutti i testi presentati alla rivista per la pubblicazione nella sezione «Laboratorio culturale" sono sottoposti a procedura di peer review. Internet: www.criticamarxista.net Informazioni abbonamenti: te!.: 080.5311413 Abbonamenti: ccp n. 11639705 intestato a Edizioni Dedalo. divisione della Dedalo litostampa srl Casella postale BA/19- 70132 Bari; bonifico bancario su: IT 45 P 01010 04015 1000000 15411; carta di credito (vedi seconda di copertina) abbonamento ordinario: 40,00 euro abbonamento estero: 80,00 euro abbonamento sostenitore: 100,00 euro un fascicolo: 8,00 euro- arretrato: 12,00 euro versione elettronica: 28,00 euro . registrazione al Tribunale di Roma n. 8975 del12-1-1963 Stampa: Dedalo litostampa srl - Bari Finito di stampare il 30 gennaio 2015 2 Editoriale a.t., Una svolta e una speranza 7 Osservatorio Eleonora Forenza, Dalla Grecia all'Europa: un cambio di paradigma è possibile Elena Marisol Brandolini, Spagna: la rappresentanza ai tempi della crisi La discussione Aldo Tortorella, Quale avvenire per la sinistra? f.}euro: un destino segnato? Giovanni Mazzetti, Non servono "moniti" se manca una bussola Paolo Pini e Roberto Romano, Europa sì, euro no? Le prospettive che abbiamo di fronte Interventi Nicola D'Angelo, Le forme del potere che cambia 45 Laboratorio culturale Roberto Finelli, Il disagio della "totalità" e i marxismi italiani degli anni '70 Piero Di Siena, Il progetto di «Laboratorio politico» Fabrizio Denunzio, Tempo del cinema e critica politica inBenjamin Sara Ferrari, Antropologia, marxismo e società dell'informazione Paolo Ciofi, La sinistra e il debito pubblico Schede critiche Gian Mario Bravo, L'intemazionalismo operaio tra Otto e Novecento Antonino Infranca, Una antologia dei «Quaderni» di Gramsci Fabio Vander, Partiti, democrazia, Costituzione 2 7 12 16 23 31 40 45 54 59 64 72 75 76 78

description

Finelli, Disagio, Critica Marxista

Transcript of Finelli_Il Disagio Della “Totalità” e i Marxismi Italiani Degli Anni ’70

  • --------------------------------------~--------------~,~~~

    critica$a'J'Pfsta ~lnCilisi c contrilmti pcr "ripcn.o;are la sinistru

    rivista bimestrale n. 6, novembre-dicembre 2014

    Direttori: Aldo Tortorella e Aldo Zanardo

    Redattore capo: Guido Liguori

    Comitato editoriale: Fulvia Bandoli,

    Francesco Barbagallo, Riccardo Bellofiore, Maria Luisa Boccia, Gabriella Bonacchi,

    Gloria Buffo, Alberto Burgio, Giuseppe Cacciatore, Lorenzo Calabi, Valeria Calzolaio, Giuseppe Cantillo, Luciana Castellina, Luigi Cavallaro,

    Paolo Ciofi, Giorgio Cremaschi, Angelo d'Orsi, Piero Di Siena, Mario Dogliani,

    Ida Dominijanni, Marco Doria, Paolo Favilli, Gianni Ferrara, Roberto Finelli, Roberto Finzi, Elena Gagliasso,

    Francesco Garibaldo, Alfiero Grandi, Dino Greco, Antonino Infranca, Domenico

    Jervolino, Alberto Leiss, Maurizio Lichtner, Domenico Losurdo, Giorgio Lunghini, Vincenzo Magni, Giacomo Marramao,

    Renzo Martinelli, Giorgio Mele, Carlo Montaleone, Corrado Morgia,

    Marcello Musto, Claudio Natoli, Marina Paladini Musitelli,

    Letizia Paolozzi , Stefano Petrucciani, Giuseppe Presti pino, Luigi Punzo,

    Liliana Rampello, Gianni Rinaldini , Mario Sai, Cesare Salvi,

    Gian pasquale San tornassimo, Mario Santostasi, Grazia Zuffa.

    Pasquale Voza. Comitato di redazione:

    Roberto Ciccarelli, Cristina Corradi, Paolo Ercolani, Alessandro Errico Chiara Meta, Antonia Tomassini

    Corrispondenti esteri: Alastair Davidson (Australia),

    Marco A. Nogueira (Brasile), Andr Tosel (Francia),

    Donald Sassoon (Regno Unito), Joseph A. Buttigieg (Stati Uniti).

    Direttore responsabile: Aldo Tortorella

    Direzione e redazione: via sant'Ambrogio 4, 00186 Roma

    te!.: 06.68193174 Tutti i testi presentati alla rivista per la pubblicazione nella sezione Laboratorio

    culturale" sono sottoposti a procedura di peer review.

    Internet: www.criticamarxista.net Informazioni abbonamenti:

    te!.: 080.5311413 Abbonamenti:

    ccp n. 11639705 intestato a Edizioni Dedalo. divisione della Dedalo litostampa srl Casella postale BA/19- 70132 Bari;

    bonifico bancario su: IT 45 P 01010 04015 1000000 15411;

    carta di credito (vedi seconda di copertina) abbonamento ordinario: 40,00 euro

    abbonamento estero: 80,00 euro abbonamento sostenitore: 100,00 euro

    un fascicolo: 8,00 euro- arretrato: 12,00 euro versione elettronica: 28,00 euro

    . registrazione al Tribunale di Roma n. 8975 del12-1-1963

    Stampa: Dedalo litostampa srl - Bari Finito di stampare il 30 gennaio 2015

    2 Editoriale

    a.t., Una svolta e una speranza

    7 Osservatorio

    Eleonora Forenza, Dalla Grecia all'Europa: un cambio di paradigma possibile

    Elena Marisol Brandolini, Spagna: la rappresentanza ai tempi della crisi

    La discussione Aldo Tortorella, Quale avvenire per la sinistra?

    f.}euro: un destino segnato? Giovanni Mazzetti, Non servono "moniti" se manca

    una bussola Paolo Pini e Roberto Romano, Europa s, euro no?

    Le prospettive che abbiamo di fronte

    Interventi Nicola D'Angelo, Le forme del potere che cambia

    45 Laboratorio culturale

    Roberto Finelli, Il disagio della "totalit" e i marxismi italiani degli anni '70

    Piero Di Siena, Il progetto di Laboratorio politico Fabrizio Denunzio, Tempo del cinema e critica politica

    inBenjamin Sara Ferrari, Antropologia, marxismo e societ

    dell'informazione Paolo Ciofi, La sinistra e il debito pubblico

    Schede critiche Gian Mario Bravo, L'intemazionalismo operaio

    tra Otto e Novecento Antonino Infranca, Una antologia dei Quaderni

    di Gramsci Fabio Vander, Partiti, democrazia, Costituzione

    2

    7

    12

    16

    23

    31

    40

    45 54

    59

    64 72

    75

    76 78

  • laboratorio culturale

    IL DISAGIO DELLA "TOTALIT" E I MARXISMI ITALIANI DEGLI ANNI '70

    Roberto Finelli

    La rivoluzione passiva dell'ultimo quarantennio e il mancato incontro tra comunismo del Novecento e cultura del riconoscimento del S.

    I marxismi senza Capitale di Gramsci e Della Volpe. Dalla dialettica tedesca alla differenza francese.

    L' operaismo italiano tra Gentile e Heidegger.

    Alla fine degli anni '70 del secolo scorso gli intellettuali italiani hanno abbandonato, in massa e in modo defini-tivo, il marxismo. Il fenomeno non stato solo italiano, ma in Italia, per il radicamento e la lunga storia che il marxismo, nelle sue varie accezioni, aveva avuto, quel congedo significava la conclusione e la disgregazione di un mondo, di una comunanza di idee, di linguaggio, di confronti e di scontri.

  • Roberto Finelli

    temporanea, al di l dei mille infantilismi ed estremi-smi, era stara- a mio avviso -la denuncia dei limiti di un'antropologia comunista troppo univocamente consegnata ai soli valori dell'eguaglianza e della soli-dariet. La celebrazione e la diffusione della critica antiautoritaria significava infatti la messa in campo, accanto e oltre il tema tradizionale dell'eguaglianza, del diritto d'ognuno, di accedere, coll'esposizione al minor grado possibile di repressione, alla realizzazio-ne del pi proprio e personale progetto di vita. Ma ci che, poi, venuta storicamente a mancare, a partire dal '68 e per tutto il decennio degli anni '70, stata la mediazione e la fecondazione reciproca del vecchio pa-radigma di una socializzazione attraverso eguaglian-za con il nuovo paradigma possibile di un'individua-zione antiautoritaria. La cultura del comunismo del-la prima met del Novecento, per diverse ragioni, non s' incontrata con la cultura del desiderio e del rico-noscimento del S della seconda met del Novecento. Ma appunto tale fallimento storico stato il principio della rivoluzione passiva che n' conseguita e del pro-cesso paradossale per il quale, a muovere dagli anni '80 e da quel dilagare dell'americanismo che in Italia ha coinciso con il craxismo-berlusconismo, gli ideali dell'individuazione emancipatrice e rivoluzionaria, sono divenuti, assunti e tradotti nel linguaggio delle classi dominanti, i valori della gestione imprendito-riale e quantitativo-concorrenziale del proprio S. Esito paradossale che connota strutturalmente una rivoluzione passiva e a cui, nella vicenda italiana, si aggiunge l'ulteriore paradosso storico di essere stato proprio il gruppo dirigente della tradizione comuni-sta dell'eguaglianza a trasformarsi nel ceto politico, che entrato in concorrenza con il craxismo-berlusco-nismo, ha programmato e curato il transito alla pra-tica e alla cultura dell'amministrazione americano-calcolante del proprio S.

    Dunque quello che s'ha veramente da compren-dere l'assenza d'incontro, a muovere dal '68 e duran-te gli anni '70, tra il marxismo della tradizione e le fi-losofie della liberazione individualizzante. N ella ne-cessit d'intendere perch quegli anni che si sono vo-luti interpretare come egemonici della cultura della sinistra, tanto da essere suffragati in tal senso dai

    ---- ---

    46

    successi elettorali del maggior partito comunista d'Occidente, siano stati invece segnati e deformati da una radicale insufficienza, da un deficit teorico che ha impedito che si generasse una reale egemonia: tale da cedere poi la scena necessariamente e da rovesciarsi in una rivoluzione passiva. Perch come ha insegna-to Gramsci, nel suo riflettere su egemonie e ideologie, non da supposto pensatore democratico come taluni ancora vorrebbero, ma da sistematico e persistente intellettuale rivoluzionario, una ideologia che aspira a esercitare egemonia deve essere : cio deve proporre una visione e un'interpretazione del mondo capaci di un elevato grado di universalizzazio-ne e di coerenza. Di universalizzazione, in quanto l'i-deologia egemonica deve implicare e riflettere dentro di s la totalit della struttura economica con la sua logica contraddittoria. Di coerenza e di unitariet in quanto l'ideologia che tende all'egemonia deve esser capace della , cio in grado di superare, nel gruppo sociale in questione, la compresenza di forme disparate ed eteroclite di rappresentazione e di sape-re, che testimoniano della presenza colonizzante e su-bordinante, in quella coscienza sociale, di visioni del mondo estranee e proprie di altre classi sociali.

    Ed proprio da qui, dal paradigma gramsciano dell'ideologia e dalla possibile mancanza di soddisfaci-mento del suo criterio totalitaristico di realizzazione, che necessario partire, per spiegare il perch '68 e anni '70 hanno rappresentato un'occasione mancata di egemonia e di rivoluzione sociale. Con l'obbligo d'ini-ziare a tal fine con un rapido quanto indispensabile re-sum della storia teorica e filosofica del marxismo ita-liano che precede il '68 e che pu essere sintetizzata, a mio avviso, sia nella versione del marxismo storicisti-co che nella versione del marxismo scientista, attraver-so la formula sintetica di un marxismo senza capitale. Perch tali sono stati, a mio avviso, sia il marxismo gramsciano-togliattiano da un lato che il marxismo dellavolpiano-collettiano dall'altro: entrambi espres-sioni, proprio perch -ovviamente se-condo rilevanza storica e piani di gioco profondamen-te diversi - di una strutturale insufficienza quanto a un reale progetto di egemonia sociale e culturale.

  • 47 laboratorio culturale

    Marxismi senza Capitale

    Il marxismo di Antonio Gramsci, per quello che s' ap-pena detto, stato attraversato da una potentissima passione per la totalit, che non ha esitato a coniu-garsi come una pratica, che io definirei psicoanaliti-ca, di formazione di una soggettivit collettiva. La prassi per eccellenza della filosofia della prassi di Gramsci, della sua teoria della storia, com' noto, non infatti quella della produzione economica, secondo la lezione dei classici del marxismo, bens quella eti-co-politica di conduzione all'egemonia di una sogget-tivit collettiva4 . La storia, prima che succedersi di modi di produzione, per Gramsci alternarsi di ege-monie e di soggettivit collettive. E funzione fonda-mentale del darsi di un'egemonia la produzione di una coscienza ideologica omogenea e totalitaria5 che possa diffondersi come un nuovo conformismo in tutto il complesso sociale. In tal senso l'ideologia deve essere formazione di coscienza adeguata e distruzio-ne di falsa coscienza: deve cio elaborare l'inconscio del proprio gruppo sociale, quale deposito di coloniz-zazione simbolica derivato dalle classi dominanti, trasformandolo da inconscio a coscienza autonoma e critica. E deve avere la funzione gnoseologico-conosci-tiva e insieme etico-politica, di tradurre la necessit naturalistica e passiva della vita economica e del si-stema dei bisogni materiali sotto la quale gli indivi-dui vengono atomisticamente sussunti, nella coscien-za attiva e collettiva di una progettualit storico-so-ciale. Per Gramsci non esistono concezioni individua-li del mondo. Si sempre partecipi di coscienze collet-tive. Ma la questione appunto quello del modo in cui

    4) Mi permetto di rinviare ai miei due saggi, Antonio Labriola e Antonio Gramsci: variazioni sul tema della prassi, in A. Burgio (a cura di), Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuo va Italia, Macerata, Quodlibet, 2005, pp. 329-341; Antonio Gram sci. La rifondazione di un marxismo Senza corpo, in P. P. Poggio (a cura di), L'altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico, Milano, Jaca Book, 2010, vol. l, pp. 321-334.

    5)

  • Roberto Finelli 48

    ricchezza astratta nonch di produzione delle forme della coscienza collettiva, questa mancanza di una so-ciologia critica del processo lavorativo - insomma un'appartenenza a un marxismo iscritto ancora nel mito positivistico del progresso come sviluppo delle forze produttive - che il gramscismo consegna al to-gliattismo. Di qui, si potrebbe aggiungere en passant, la genesi teorica, per contrapposizione e per riempi-mento di quel vuoto teorico, del marxismo dei Qua-derni Rossi, volti, soprattutto con Panzieri, a ricosti-tuire appunto una sociologia critica dei processi di la-voro adeguati all'industrializzazione e alle innovazio-ni produttive del nostro paese.

    Ma s'iscrive nella cornice teorica di un marxi-smo senza Capitale quel cosiddetto marxismo della scienza, di Galvano della Volpe e, tra gli altri, Lucio Colletti, che s' contrapposto per tutti gli anni '50 e '60 al cosiddetto marxismo della storia, e la cui consi-derazione non pu essere evitata per una compren-sione adeguata delle ideologie degli anni '70. Marxi-smo senza Capitale anche qui, s' detto, perch, a ben vedere, anche tale marxismo che ha preteso di oppor-re la concretezza dei fatti empirici e di un procedimen-to scientifico, purificato da ogni contraddizione, alle astruserie della tradizione dialettica, si occupato as-sai poco del Capitale e della modernizzazione capita-listica. Ossessionato dallo scopo di espungere la dia-lettica dalla dignit del pensare, la sostanza di quel marxismo si infatti risolta nella necessit costante di ricondurre il Marx del Capitale ai manoscritti del giovane Marx e alloro sedicente superamento critico della filosofia di Hegel. Gli studiosi dellavolpiani e Colletti in primis -inadeguati a comprendere quan-to la vicenda del primo materialismo marxiano na-scondessero implicazioni di comunitarismo essenzia-listico e spiritualistico, e quanto l'intera vicenda del-lo Junghegelianismus si attestasse un livello teorico assai meno elevato della capacit hegeliana di porre problemi e soluzioni - hanno voluto leggere le strut-ture e le legalit del capitale alla luce di una catego-ria ancora pesantemente antropocentrica come quel-la di , senza riuscire anch'essi di met-tere a tema un'analisi dei processi di astrazione capi-talistica sottratta a presupposti antropomorfi e capa-

    ci di essere all'altezza dell'astrazione impersonale di ricchezza che si pone oggi al centro dell'accumulazio-ne contemporanea. Salvo accorgersi solo alla fine che l'intero discorso di Marx si collocava, non all'interno di un orizzonte scientifico-empiristico bens di totaliz-zazione dialettica: con la conseguenza, a quel punto, di dichiarare il pensiero di Marx e l'intero marxismo al di fuori di ogni possibile pretesa di legittimit scientifica e di verit. Senza alcuna possibilit d'in-tendere come la dialettica marxiana del Capitale, co-struita sul dualismo ontologico di astratto e concreto, sia, s prossima nell'analogia, ma lontanissima nella sostanza da una dialettica come quella hegeliana co-struita invece sulle categorie arcaiche della metafisi-ca come Essere e Nulla.

    Ma ci che qui preme maggiormente sottolinea-re non tanto lo scarso controllo concettuale di quel-la apostasia che ebbe comunque l'effetto di espellere definitivamente il marxismo dall'ambito della tradi-zione e dei progetti di studio accademico-universita-ri. Quanto il fatto che per buona parte dei quadri in-tellettuali dell'estrema sinistra, critici del togliatti-smo gramsciano del Pci e gi destinati a essere i fu-turi quadri del '68, il dellavolpismo e sempre pi il pensiero di Lucio Colletti abbia costituito l'interpre-tazione del marxismo, la disamina teoretica, pi ori-ginale, da accogliere e da valorizzare, in senso radi-cale-rivoluzionario, di contro all'accettazione di fondo del modo capitalistico di produrre e di consumare.

    In tal modo l'influenza culturale pi significati-va, nel senso negativo, che ebbe la scuola dellavolpia-na e Colletti in particolare fu quella di scindere buo-na parte dell'intellettualit pi attiva e impegnata nei movimenti di contestazione del '68 e degli anni '70 da una consuetudine di studio e di riflessione sulle te-matizzazioni dialettiche della totalit e delle sue me-diazioni- specificamente sul nesso dialettica-totalit nel verso hegelo-marxiano - e in tal modo di conse-gnare quella generazione, sul piano della filosofia e di una generale visione del inondo, verso altre ispirazio-ni e verso altre scuole. Si potrebbe dire, per semplifi-care, un'operazione di culturaantidialettica che, cer-to inconsapevolmente e senza intenzione, concorreva in modo determinante a spostare la sensibilit filoso-

  • 49

    fica dall'area di cultura tedesca all'area di cultura francese.

    Non perch i marxismi degli anni '70 non abbia-no guardato e tratto alimento, com' ben noto, anche dagli autori della Scuola di Francoforte, soprattutto per il rilievo che trovavano alla tematiche dell'antiau-toritarismo: basti pensare in tal senso alla diffusione di un pensatore come il Marcuse di Eros e civilt. Ma anche qui, va aggiunto, frequentando pensatori che certo non avevano rinunziato a pensare secondo l'o-rizzonte della totalit e della dialettica, ma tra i qua-li pure stentava a darsi, per non dire che di fondo era assente, la definizione di un vettore di totalizzazione e integrazione che valesse ad esplicare organicamen-te la complessit della vita sociale all'altezza dei ter-mini richiesti dalla contemporaneit capitalistica. Giacch i vari autori francofortesi hanno messo a tema la dialettica della merce e del denaro, i rovescia-menti del feticismo, la totalizzazione pubblicitaria e mass-mediatica, il dominio di una societ pervasiva e totalmente amministrata fin nelle scelte e nelle psi-cologie individuali. Ma sono rimasti nel loro comples-so sempre limitati alla rappresentazione di una so-ciet pi monetaria e mercantile che non propriamen-te capitalistica, rinunciando anche loro in tal modo ad un'analisi del variare delle composizioni organiche e delle trasformazioni tecnologiche che ne derivano, os-sia ogni volta a quello studio, propriamente marxia-no, delle innovazioni di quel sistema inscindibile co-stituito dal nesso sistematico macchina-forza-lavoro, che potesse valere come principio direttivo e prima-rio di un'analisi sociale estensibile dal piano delle strutture a quello delle sovrastrutture.

    Dalla dialettica tedesca alla differenza francese

    stata dunque l'estenuazione progressiva del marxi-smo teorico, sia di tradizione storicistica che di tradi-zione scientistico-empirica, a muovere dal suo origi-nario vulnus di non pensare il Capitale come sogget-to sistemico della modernit e di non porre, di conse-guenza, all'ordine del giorno la totalizzazione dell'es-

    laboratorio culturale

    sere sociale che il capitalismo, anche in Italia, veniva gradualmente realizzando - a dissodare il campo per-ch la cultura dell'emancipazione radicale degli anni '70 si volgesse dall'area d'ispirazione tedesca a quel-la d'ispirazione francese. La conseguenza fu che il marxismo filosofico, abbandonati sia i paradigmi sto-ricistici che quelli dell'empirismo scientifico dell'alie-nazione, non potesse che cedere all'accoglimento del-l'althusserismo: a un teorizzare cio che, senza mez-ze misure, dislocava il pensiero di Marx dalla cornice dialettica nella quale era nato, e nella quale anche se polemicamente s'era sempre trattenuto, ad una cor-nice concettuale profondamente diversa- vera e pro-pria f.Umf.{3am &l aO yivo- quale quella COStituita dallo strutturalismo (con condimento lacaniano), quale visione del mondo istituita non pi sulla filoso-fia ma sulla linguistica. Con la conseguenza prima-ria, per quel che ci riguarda, che lo strutturalismo althusseriano segnava, malgrado le dichiarazioni in contrario, una radicale e definitiva rinuncia alla pro-spettiva della quale chiave di volta di ogni prospettiva di ontologia ed epistemologia storica.

    Se totalit nella prospettiva del marxismo di frequentazione dialettica aveva significato la possibi-lit di pensare la molteplicit dei piani del reale nel loro rimando strutturale a un dominante vettore di sintesi e di unificazione, se cio la migliore tradizione dialettica aveva significato poter pensare la

  • Roberto Finelli

    mento delle problematiche dialettiche dell'uno e dei molti, del nesso dei distinti e degli opposti, della con-nessione e dissimulazione di essenza ed apparenza, in una generalizzata e semplificata teoria della com-presenza e della reciprocit.

    Del resto non a caso tale strutturale insensibi-lit del pensiero di Althusser verso il valore della sin-tesi, e di ogni vertice teorico prominente e determinan-te, si riproponeva quando aveva da riflettere sulla na-tura e la funzione della soggettivit individuale. Per-ch anche qui il soggetto, con il meccanismo dello specchio preso a prestito da Lacan, veniva teorizzato come impossibilit strutturale di ogni riconoscimen-to autonomo ed identitaria, in quanto in effetti solo relazione all'altro ed esteriorit a se stesso: ossia di-pendenza dall'Altro che lo riconosce solo in quanto lo pervade e lo assoggetta con la sua legge e il suo dispo-sitivo simbolico. Cosicch gli

  • della psicoanalisi freudiana, o meglio a quel passag-gio di vertice teorico da Vienna a Parigi, che non poco ha contribuito poi a fare di quel dandy8 surrealista della psicoanalisi e impareggiabile sofista, che sta-to Jacques Lacan, l'unico supposto teorico in grado di coniugare psicoanalisi e innovazione teorica, incon-scio e apparati sociali e simbolici.

    Con Michael Foucault, alla valorizzazione de-leuziana del moltiplicarsi vitale dei rizomi di contro ad ogni autoritarismo unitario, si assommata la messa in scena di una microfisica del potere che, at-traverso uno studio originale e inedito di universi di-sciplinari mai sufficientemente considerati, ha ulte-riormente radicalizzato un paradigma dissolutorio di ogni cornice di sintesi e di logica sistemica. Nel sol-co della svolta linguistica che ha connotato larga par-te del pensiero del Novecento e nell'orizzonte imme-diatamente futuro di un postmoderno pronto a risol-vere ogni livello dell'Essere nel linguaggio, Foucault ha rifiutato infatti ogni referente extralinguistico dei logoi, teorizzando che i discorsi n partono dalle in-tenzioni di esseri umani n rimandano a piani del si-gnificato altri dal segno linguistico: perch i logoi sono invece pratiche autosufficienti che producono esse medesime i propri oggetti e i propri significati, senza far ricorso ad alcuna causalit esterna, pre-suntivamente mossa o da un supposto soggetto uma-no, mai realmente esistito, o da presunti fattori eco-nomici e storico-sociali, assunti come fonte primarie. Perch muovendo dal principio che, come scrive in Le parole e le cose, >, Foucault assolutizzava l'unico paradigma della relazione oppositiva, secondo la quale ogni pratica di-scorsiva, ogni forma del sapere, attraversata e co-stituita da rapporti di potere, di affermazione del vero contro il falso, del superiore contro l'inferiore, di forze dominanti le contrarie. Concludendo che sape-re e potere sono intrinsecamente connessi e che le re-lazioni di forza che generano il sapere-potere sono di-

    8) Cfr. S. Benvenuto, A Leucci, Lacan, oggi, Milano, Mimesis, 2014, p. 28.

    51 laboratorio culturale

    stribuite localmente, secondo una microfisica che non mai riducibile ad una logica unitaria.

    Tecnica heideggeriana e tecnologia marxiana

    dunque il pensiero francese, da Althusser a Fou-cault, a spostare il vertice del pensare dalla dialetti-ca alla differenza, sottraendo centralit al concetto marxiano di prassi e moltiplicandone il senso in una congerie di pratiche eterogenee. Ed in tale radica-lizzarsi di una concettualizzazione antidialettica che si svolge l'ultimo episodio del marxismo italiano teo-rico-politico che qui vogliamo considerare, qual il traghettamento di buona parte dell'intellettualit italiana di massa alla metafisica della differenza an-tologica di Martin Heidegger, compiuta dagli enfan-tes terribles dell'operaismo italiano.

    A me sembra che l'ispirazione dell'operaismo italiano, fin dalla prima versione di Mario Tronti e Antonio Negri, sia sempre stata assai pi prossima alla filosofia dell'atto e della primazia del soggetto sull'oggetto di Giovanni Gentile che non alla dialetti-ca hegelo-marxiana della totalizzazione e del nesso essenza-apparenza. Tanto da concepire la modernit capitalistica come inaugurata e scandita, di volta in volta, dall'iniziativa della soggettivit operaia, cui il capitale avrebbe fatto sempre seguito, adattandovisi e rispondendo con le diverse fasi di razionalizzazione tecnologica e burocratico-politica: in una anticipazio-ne di prassi sovversiva e rivoluzionaria che esprime-rebbe il primato strutturale della composizione poli-tica di classe sulla composizione organica del capita-le. Ora quello che qui preme pi sottolineare, riguar-do al nostro tema, che da tale esaltazione ed estre-mizzazione fichtiana dell'Io sul Non-Io, lontana dalla lezione hegeliana della ragione dialettica come me-diazione di opposti, da tale irrazionalismo volto a va-lorizzare in modo univoco un estremo contro l'altro, da tale retorica e assolutizzazione della negazione,

    ,---- --

  • '

    Roberto Finelli 52

    era quasi obbligato che derivasse, in un proposito pi o meno inconscio di abbandonare qualsiasi dialogo con il marxismo delle tradizioni, una glorificazione del pensiero maledetto e negativo: cio di quei pensa-tori, primi fra tutti Heidegger, che il Lukacs ortodos-so e in obbligo di obbedienza al materialismo di Sta-to, il Lukacs della Distruzione della ragione aveva condannato, come pensatori dell'oscurantismo e del-l'irrazionale. Cos molti degli operaisti - Massimo Cacciari in primis come filosofo di spicco - e poi, tra gli altri, Agamben e altri - non hanno avuto troppe perplessit nel lasciare un Marx, forse mai troppo profondamente frequentato, per assumere il pensato-re della Foresta Nera come massimo interprete della modernit e come nuovo vertice teorico a cui fedel-mente ispirarsi per interpretare e trasformare auten-ticamente la realt. Qui non certamente il luogo per aprire un discorso su Heidegger e sull'arcaismo crip-toreligioso del suo filosofare legato alla riproposizio-ne di una categoria vieta e superata come quella di , perch la sua caratteristica quella di un

  • versa identit assegnata nelle due diverse visioni al Grande Altro che governa e comanda l'umano -la ca-tegoria metafisica dell'Essere nel pensatore della Fo-resta Nera e il Capitale con la sua accumulazione nel-la concettualizzazione del Moro- ed stato, a mio av-viso, appunto lo slittamento dal paradigma della cri-tica marxiana della tecnologia capitalistica al para-digma heideggeriano sulla tecnica come invio desti-nale dell'Essere a valere come porta girevole, come commutatore teorico di maggior effetto nel produrre l'abbandono definitivo della visione di Marx del mo-derno come societ del Capitale strutturata su rela-zioni di classi e vederla invece come conseguenza ul-tima di un abissale oblio dell'Essere che avrebbe in-vestito l'umanit europea a partire dalla Grecia clas-sica di Socrate e Platone.

    53

    Ma era anche una nuova teorizzazione della to-talit che ora subentrava nella mente dell'intellettua-lit radicale tra la fine degli anni '70 e gli inizi degli anni '80 con la sovrapposizione e sostituzione della tecnica di Martin Heidegger alla critica della tecno-logia capitalistica di Karl Marx. Era infatti l'adozio-ne di un nuovo vertice teorico alla luce del quale ridi-segnare una nuova metafisica, una nuova e integra-le concezione della realt: con l'esito paradossale di aprire l'accesso alle nuove ideologie del postmoderno attraverso la riproposizione anacronistica di una ca-tegoria vieta ed arcaica come quella di Essere. Una totalizzazione del reale cio, definitivamente lontana dalle categorie e dalle opposizioni della dialettica, e fondata invece sulla differenza, sulla differenza abis-sale ed ontologica tra Essere ed Esserci, e sulla fon-dazione sfondata, senza fondamento dell'Essere, il cui sottrarsi ad ogni definizione identificante, consegna il reale al pensiero debole, a proporsi cio come un mondo di epifanie e segni da interpretare, in un'er-meneutica semiologica infinita, attraverso segni.

    La metafisica heideggeriana della tecnica appa-re cos configurare l'atto finale dell'autoestenuazione dei marxismi durante gli anni '70. A partire dalla tec-nica come Gestell infatti non si potr pi comprende-

    laboratorio culturale

    re adeguatamente la nuova era tecnologica del capi-talismo fondata sulla macchina informatica nel suo nesso con il lavoro mentale, n il passaggio epocale dalla tipologia rigida e fordista dell'accumulazione al-l'accumulazione flessibile e globalizzata. Ma in parti-colare non si potr per nulla mettere a tema e com-prendere la dialettica di essenza ed apparenza che co-stituir il cuore di questa nuova fase del capitalismo per la quale la subordinazione del lavoro mentale alla macchina dell'informazione, con la riduzione delle prestazioni lavorative a competenze solo linguistico-combinatorie, apparir alla superficie della vita so-ciale come esaltazione, invece, e valorizzazione di una presunta autonomia e creativit di un'umanit intel-lettiva e comunicativa, ormai affrancata dalla servit del lavoro manuale e capace, per tale affrancamento, di essere imprenditrice flessibile di se medesima.

    Per concludere, io vorrei dire che al totalitari-smo della vita sociale promossa e unificata dal capi-talismo globalizzato dei nostri giorni pu opporsi solo un'ideologia parimenti "totalitaria", nel senso gram-sciano di cui si diceva all'inizio. Aver disatteso quel-l'imperativo stata la mancanza pi grave delle ge-nerazioni, pure generose e radicali, degli anni '70 e in particolare dei loro maLtres penser. Ma la lezione della storia non concede mai remissioni o perdoni.

    Cos, se vero che alla fine degli anni '80 gli in-tellettuali italiani hanno preso definitivamente conge-do dal marxismo, la mutazione genetica che ne segui-ta andata assai pi verso un'antropologia dell'anaf-fettivit culturale e del vuoto esistenziale che non ver-so una rinnovata stagione delle passioni e delle idee.

    La rivoluzione passiva di cui quegli intellettua-li sono stati, prima per affetto suicidario e poi per ila-re e trasformistica compensazione, paradossalmente e insieme oggetto e soggetto, attende- ormai per este-nuazione di fronte alla forza dell'Universale Econo-mico che da ogni luogo ci pervade -o di produrre, a mio avviso, una nuova frequentazione degli universa-li dell'emancipazione, e, con essi, una rinnovata ideo-logia totalitaria.