FILOSOFI RINASCIMENTALI Niccolò di Bernardo dei Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze, 21...

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FILOSOFI RINASCIMENTALI Fu scrittore, politico e filosofo. È considerato il fondatore della scienza politica moderna. I suo studi iniziarono nel 1476 Niccolò col latino. Opere in questa lingua esistevano nella biblioteca paterna: la I Deca di Tito Livio, opere di Cicerone, Macrobio, Prisciano e Giustino. Da adulto, studierà anche Lucrezio, e la Historia persecutionis vandalicae di Vittore Uticense. Non conobbe invece il greco antico, ma poté leggere le traduzioni latine di alcuni Niccolò di Bernardo dei Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze, 21 giugno 1527)

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FILOSOFI RINASCIMENTALI

Fu scrittore, politico e filosofo. È considerato il fondatore della scienza politica moderna.

I suo studi iniziarono nel 1476 Niccolò col latino. Opere in questa lingua esistevano nella biblioteca paterna: la I Deca di Tito Livio, opere di Cicerone, Macrobio, Prisciano e Giustino. Da adulto, studierà anche Lucrezio, e la Historia persecutionis vandalicae di Vittore Uticense.

Non conobbe invece il greco antico, ma poté leggere le traduzioni latine di alcuni degli storici più importanti, soprattutto Tucidide, Polibio e Plutarco, da cui trasse importantissimi spunti per la sua riflessione sulla storia.

Niccolò di Bernardo dei Machiavelli(Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze, 21 giugno 1527)

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Il 28 maggio del 1498 Machiavelli fu designato ed eletto il 15 giugno dal Consiglio degli Ottanta Segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina, elezione ratificata dal Consiglio maggiore il 19 giugno 1498.

I compiti della seconda Cancelleria, presto unificati con quelli della Cancelleria dei Dieci di libertà e pace, consistevano nel tenere i rapporti con gli ambasciatori della Repubblica, cosicché, essendogli stata affidata, il 14 luglio, anche questa ulteriore responsabilità, Machiavelli finì per doversi occupare di una tale somma di compiti da essere storicamente considerato, senza ulteriori distinzioni, il «Segretario fiorentino».

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Nel 1513, dopo diverse disavventure, si ritirò a vita privata nel suo podere dell'Albergaccio, a Sant'Andrea in Percussina, tra Firenze e San Casciano in Val di Pesa.

Qui, tra le giornate rese lunghe dall'ozio forzato, cominciò a scrivere i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio che, forse nel luglio 1513, interruppe per metter mano al suo libro più famoso, il De Principatibus, dal solenne titolo latino, ma scritto in volgare e perciò divenuto ben più noto come Il Principe. Lo dedicò dapprima a Giuliano de' Medici e, dopo la morte di questi nel 1516, a Lorenzo de' Medici, figlio di Piero; ma il libro uscì solo postumo, nel 1532.

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Nel 1516 o 1517 si diede a frequentare gli «Orti Oricellari», giardini del Palazzo di Cosimo Rucellai, dove si riunivano letterati, giuristi ed eruditi.

Al 1518 risale il suo capolavoro letterario, la commedia La Mandragola, potente satira sulla corruttibilità della società italiana dell'epoca.

Intorno a quest'anno vanno collocate la traduzione dell'Andria di Terenzio e la stesura della novella di Belfagor arcidiavolo o Novella del demonio che pigliò moglie, ambientata al tempo di Carlo d'Angiò re di Napoli, si presenta come una sagace satira contro i costumi della Firenze di quegli anni e s'inserisce nella tradizione antifemministica, popolare e morale dell'epoca, il cui tema di fondo è la visione pessimistica dei rapporti che legano gli esseri umani, tutti intesi al proprio interesse a danno, se necessario, di quello di ciascun altro.

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Opere principali ■Discorso fatto al magistrato de' Dieci sopra le cose di Pisa, (1499) ■Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il

Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini, (1503) ■Ritratto delle cose di Francia (1510) ■Ritratto delle cose della Magna (1512) ■Il Principe, (1513) ■Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, (1513 –1519) ■Dell'arte della guerra, (1516 – 1520) ■La vita di Castruccio Castracani da Lucca, (1520) ■Istorie Fiorentine, (1520 – 1525) ■Decennali■La Mandragola, (1513) ■Belfagor arcidiavolo■Epistolario (1497 – 1527) ■L'asino (poemetto incompiuto)

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La concezione - laica - della storia

Per Machiavelli la storia, in particolare quella della Roma repubblicana, è il punto di riferimento verso il quale il politico deve sempre orientare la propria azione. Essa fornisce i dati oggettivi su cui basarsi, i modelli da imitare, ma indica anche le strade da non ripercorrere.

Il divenire storico è concepito come ciclico : "Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi". E tuttavia quella sua non è una visione deterministica data l'importanza che egli attribuisce alla virtù, ovvero alla capacità dell'uomo di dominare il corso degli eventi, evitando gli errori compiuti nel passato e servendosi di tutti i mezzi e di tutte le occasioni per tenere saldo lo stato, facendo anche violenza, se necessario, alla legge morale. Tuttavia, a causa della fortuna, cioè di fatti imprevedibili, gli eventi possono portare alla rovina.

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Il realismo politico

La storia, dunque, è il prodotto dell'attività politica dell'uomo mirante al raggiungimento di finalità terrene esclusivamente pratiche.

Lo stato, oggetto di tale attività, nella situazione politica e nel pensiero del tempo si identifica con la persona del principe. Di conseguenza l'attività politica è riservata solo ai grandi protagonisti, ai pochi capaci di agire, non al "vulgo" incapace di decisione e di coraggio.

L'obiettivo è creare e/o conservare lo stato, una creazione individuale legata alle qualità e alla sorte del suo fondatore: la fine del principe può determinare la fine del suo stato, come capitò ad esempio a Cesare Borgia (1476-1507) che cadde in rovina dopo la morte del padre (1503).

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Il realismo politico

Machiavelli ha, dunque, una importanza fondamen-tale per la concezione della politica intesa come una particolare forma autonoma di attività umana, il cui studio rende possibile la comprensione delle leggi da cui è perennemente retta la storia.

Da questa concezione discende, come suo naturale fondamento, una vigorosa concezione della vita, incentrata sulla volontà e sulla responsabilità dell'uomo, pur nella consapevolezza degli imprevisti che possono rovesciare le sorti di sovrani e popoli.

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« quel grande che temprando lo scettro a' regnatori gli allor ne sfronda, ed alle genti svela di che lagrime grondi e di che sangue» (Ugo Foscolo, Dei sepolcri)

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Il Principe

Il Principe (titolo originale in lingua latina: De Principatibus, lett. " Sui Principati") è un trattato di dottrina politica scritto nel 1513, nel quale Machiavelli espone le caratteristiche dei Principati e dei metodi per mantenerli e conquistarli. Si tratta senza dubbio della sua opera più famosa, quella dalle cui massime (spesso superficialmente interpretate) sono nati il sostantivo "machiavellismo" e l'aggettivo "machiavellico".

L'opera non è ascrivibile ad alcun genere letterario particolare, in quanto non ha le caratteristiche di un vero e proprio trattato: si tratta di un libro di carattere divulgativo.

Il Principe si compone di una dedica e di ventisei capitoli di varia lunghezza; l'ultimo capitolo consiste nell'appello ai de' Medici ad accettare le tesi espresse nel testo.

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Il Principe

Per raggiungere il fine di conservare e potenziare lo Stato, viene attribuita a Machiavelli l'errata citazione il fine giustifica i mezzi. Questa espressione non è mai stata né detta, né scritta. Machiavelli, in riferimento al Principe, ha spiegato cosa sia la pazzia, smentendo qualsiasi collegamento con la falsa citazione:

"perché un principe che può fare quello che vuole è un pazzo; un popolo che può fare ciò che vuole non è savio." N. Machiavelli, Opere complete, Alcide Parenti, Editore-Libraio, Firenze, 1843, cit., p. 313.

Tutto, pertanto, deve essere orientato alla salvezza dello Stato, fine supremo. Perciò è necessario che essa venga anteposta alle personali convinzioni etiche del Principe e agli interessi particolari.

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FILOSOFI RINASCIMENTALI

Il Principe

Le qualità che, secondo Machiavelli, deve possedere un "principe" sono:

• disponibilità ad imitare il comportamento di grandi uomini a lui contemporanei o del passato, es. quelli dell'Antica Roma;

• capacità di mostrare la necessità di un governo per il benessere del popolo, es. illustrando le conseguenze di un'oclocrazia (governo della moltitudine);

• capacità di comando in guerra, per la sopravvivenza dello Stato;

• capacità di comprendere che la forza e la violenza possono essere essenziali per mantenere stabilità e potere;

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FILOSOFI RINASCIMENTALI

Il Principe •prudenza;

• saggezza nella ricerca, soltanto quando è necessario, di consigli;

• capacità di essere simulatore e gran dissimulatore;

• rilevante potere di controllo della fortuna attraverso la virtù (la metafora utilizzata accosta la fortuna ad un fiume, che deve essere contenuto dagli argini della virtù);

• capacità di essere leone, volpe e centauro (leone: forza – volpe: astuzia – centauro: capacità di usare la forza come gli animali e la ragione come l'uomo)

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