FIABE SI O FIABE NO? -...

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FIABE SI O FIABE NO? Tratto dalla rivista Psicologia Contemporanea n ° 202, Luglio/Agosto 2007 Fiabe sì o Fiabe no? - Guido Petter Il significato della narrazione di fiabe classiche e moderne ai bambini è oggetto,ormai da 2 anni, di forti pareri contrastanti e di polemiche che mettono in dubbio la vera importanza e il giusto spazio che devono occupare nel mondo psico- logico del bambino. Guido Petter, psicologo dello sviluppo, ritiene che la fiaba, in ogni sua forma, debba essere considerata un elemento indiscutibilmente essenziale che va di pari passo con la crescita di ogni bambino, per cinque buone ragioni : La prima riguarda l’importanza e l’interesse che la fiaba suscita nel bambino. Infatti, già a partire dai 2 anni, c’è un profondo coinvolgimento emotivo nel bambino che ascol- ta, attraverso la voce di un adulto, o legge da solo, una fiaba; un coinvolgimento infat- ti alimentato dal pensiero, definito da Bruner, “narrativo” che svolge funzione di mediazione tra l’esperienza e colui che la narra e si propone come un punto di vista sulla realtà esperita e ricreata ma soprattutto risponde al bisogno di entrare in intera- zione con gli altri, di condividere esperienze, narrazioni ed interpretazioni della realtà. La seconda buona ragione, che per Petter prevale sulle altre, fa riferimento all’essenziale contributo che le fiabe danno a due componenti fondamen- tali dello sviluppo cognitivo del bambino, la fantasia e la razionalità (realtà), funzioni che si attivano ascoltando e leggendo una favola, in maniera simultanea ed in collaborazione, e che si fondono in pensiero terziario (Freud), quando la fiaba viene costruita dal bambino stesso. La terza ragione è relativa all’apporto che la fiaba letta dà allo sviluppo del linguaggio, sia a livello morfologico sia a livello sintattico. Il bambino infatti ascolta e com- prende vocaboli nuovi che vanno ad arricchire il suo repertorio lessicale. La quarta ragione riguarda lo sviluppo emotivo ed affettivo del bambino attraverso il suo coinvolgi- mento durante l’ascolto e la lettura di una fiaba. Il bambino s’immedesima con i personaggi, fantasti- ca sui loro avvenimenti interpretando le motivazio- ni e gli obiettivi delle loro azioni. C’è una certa dif- fidenza verso le fiabe di paura ma, secondo lo stu- dioso Bettelheim, predispongono il piccolo ad affrontare meglio le grandi paure della vita reale. Infatti, la morale nella fiaba , sempre implicita, consi- ste “nella vittoria delle semplici virtù dei personaggi buoni e nel castigo delle altrettanto semplici ed assolute perver- Agosto 2007

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FIABE SI O FIABE NO?Tratto dalla rivista Psicologia Contemporanea n° 202, Luglio/Agosto 2007Fiabe sì o Fiabe no? - Guido Petter

Il significato della narrazione di fiabe classiche e moderne ai bambini èoggetto,ormai da 2 anni, di forti pareri contrastanti e di polemiche che mettono indubbio la vera importanza e il giusto spazio che devono occupare nel mondo psico-logico del bambino.Guido Petter, psicologo dello sviluppo, ritiene che la fiaba, in ogni sua forma, debbaessere considerata un elemento indiscutibilmente essenziale che va di pari passocon la crescita di ogni bambino, per cinque buone ragioni : La prima riguarda l’importanza e l’interesse che la fiaba suscita nel bambino. Infatti,già a partire dai 2 anni, c’è un profondo coinvolgimento emotivo nel bambino che ascol-ta, attraverso la voce di un adulto, o legge da solo, una fiaba; un coinvolgimento infat-ti alimentato dal pensiero, definito da Bruner, “narrativo” che svolge funzione dimediazione tra l’esperienza e colui che la narra e si propone come un punto di vistasulla realtà esperita e ricreata ma soprattutto risponde al bisogno di entrare in intera-zione con gli altri, di condividere esperienze, narrazioni ed interpretazioni della realtà.La seconda buona ragione, che per Petter prevale sulle altre, fa riferimentoall’essenziale contributo che le fiabe danno a due componenti fondamen-tali dello sviluppo cognitivo del bambino, la fantasia e la razionalità(realtà), funzioni che si attivano ascoltando e leggendo una favola, inmaniera simultanea ed in collaborazione, e che si fondono inpensiero terziario (Freud), quando la fiaba viene costruita dalbambino stesso.La terza ragione è relativa all’apporto che la fiaba letta dàallo sviluppo del linguaggio, sia a livello morfologicosia a livello sintattico. Il bambino infatti ascolta e com-prende vocaboli nuovi che vanno ad arricchire il suorepertorio lessicale.La quarta ragione riguarda lo sviluppo emotivo edaffettivo del bambino attraverso il suo coinvolgi-mento durante l’ascolto e la lettura di una fiaba. Ilbambino s’immedesima con i personaggi, fantasti-ca sui loro avvenimenti interpretando le motivazio-ni e gli obiettivi delle loro azioni. C’è una certa dif-fidenza verso le fiabe di paura ma, secondo lo stu-dioso Bettelheim, predispongono il piccolo adaffrontare meglio le grandi paure della vita reale. Infatti, la morale nella fiaba , sempre implicita, consi-ste “nella vittoria delle semplici virtù dei personaggi buonie nel castigo delle altrettanto semplici ed assolute perver-

Agosto 2007

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sità dei malvagi” e quasi mai vi si insiste in forma platealmente pedagogica o senten-ziosa. La sua funzione morale consiste piuttosto nell’istituzione stessa della fiaba,non già nei suoi contenuti, poiché “affascinando l’ascoltatore con la sua arcana mera-viglia, la fiaba preserva dal commettere peccati”.Per concludere è quindi indispensabile considerare la funzione terapeutica e peda-gogica della fiaba: aiuta il bambino a trovare il significato dell’esistenza, arricchisceil suo mondo immaginativo ed intellettivo, gli fa scoprire le sue risorse interiori e glifornisce validi strumenti per una maggiore comprensione di sé e degli altri.

A cura diFrancesca D’Amico