Fiabe, favole e altri racconti di Savina Trapani

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La suddivisione di questa raccolta, come cita il titolo Fiabe, Favole e altri racconti, non vuole rappresentare una semplice catalogazione di generi, ma un contenitore all’interno del quale tanto i più piccoli quanto i grandi possono dar sfogo alla propria capacità di fantasticare e quindi d’immaginare. Inoltre, le prime sette fiabe sono illustrate dalla pittrice Monica Candrilli che, con grande maestria e abilità, accompagna ulteriormente il lettore nel vivo del racconto fantastico.

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SAVINA TRAPANI

Fiabe, Favole e altri racconti

ISBN eBook 978-88-6660-009-1

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Copyright © 2011 CIESSE Edizioni Design di copertina © 2011 CIESSE Edizioni Disegni fiabe da 1 a 7 © Monica Candrilli Fiabe, Favole e altri racconti di Savina Trapani Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni ri-produzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l’utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere inviate a: CIESSE Edizioni Servizi editoriali Via Conselvana 151/E 35020 Maserà di Padova (PD) Telefono 049 7897910 | Fax 049 2108830 E-Mail [email protected] | P.E.C. [email protected] ISBN eBook 978-88-6660-009-1 Collana RAINBOW http://www.ciessedizioni.it

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Alla mia mamma, filatrice di sogni e tessitrice di forza

e determinazione.

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BIOGRAFIA DELL’AUTRICEE SAVINA TRAPANI è nata a Catania il

24.08.1970. Nel 1989 ottiene la Maturità Classi-

ca, presso l’Istituto “Sacro Cuore di Gesù” a Ca-

tania e nel 1998 il Diploma di Specializzazione

in Giornalismo presso l’Istituto “Superiore di

Giornalismo” ad Acireale con il massimo dei vo-

ti: 110 con lode. Collabora con numerose riviste

e periodici come giornalista e scrive poesie, rac-

colte di fiabe e libri fantasy. Una scrittrice ma-

tura e completa, i suoi testi sono sempre colmi

di una genuinità considerevole.

BIBLIOGRAFIA 1997 racconto per ragazzi: “Accadde in In-dia”, Joppolo Editore 2003 nell’antologia “Le più belle poesie del

premio letterario Olympia Città di Montegrot-

to Terme 2003” AA.VV., collana “Le schegge

d’oro”, la poesia “Quel lungo viale dagli alti

cipressi”

2003 nell’Antologia del premio letterario “Il

Club dei Poeti 2003” AA.VV., collana “Le

schegge d’oro”, la poesia “La sassifraga”, edi-

zioni Montedit

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2005 Presso il catalogo annuale

dell’Associazione Accademica Catanese “Elio-

doro” di Arte, Lettere e Scienze, pubblica la po-

esie “Ceneri di castagne” per la XXIX Rasse-

gna Nazionale D’Arte

2006 raccolta di fiabe “La Regina dei ghiacci

incantati e altre fiabe”, Casa Editrice La

Prova D’Autore

2010 con CIESSE Edizioni ha pubblicato “Il

racconto dei boschi” (fantasy) e “Il giardi-

no fatato e altre fiabe”

2011 con la Casa Editrice Edizioni R.E.I. ha

pubblicato il racconto, in formato eBook,

“L’evocatore di ideogrammi e i frutti

dell’immortalità”

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1.

L’inverno che non voleva finire mai

Mastro Fano consegna all’Inverno il meda-

glione ritrovato Moltissimi anni or sono, in un’epoca ormai

immemorabile, esistevano tre villaggi non mol-to distanti l’uno dall’altro: uno si chiamava Fossacque l’altro Fossombroso e l’ultimo Fos-solevante, ma per quanto fossero vicini, in o-gnuno di essi le abitudini, così come gli stili di

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vita, erano ben diversi e gli abitanti un po’ schi-vi a interagire gli uni con gli altri.

I tre villaggi conservavano però un’abitudine comune: tenevano un registro degli eventi, all’interno del quale venivano narrati gli avve-nimenti più significativi, quelli meritevoli di es-sere tramandati.

Uno di questi eventi merita proprio di essere raccontato, poiché modificò drasticamente i rapporti fra i tre villaggi.

Dovete sapere, infatti, che Fossacque si tro-vava in prossimità di fiumi e corsi d’acqua; era un villaggio ridente e attorniato da estesi spazi verdi, con giardini, boschetti e radure. La gente che vi abitava era semplice, gioviale e dedita al-la pesca; tant’è che il principale mezzo di sussi-stenza era proprio il pesce di fiume o di laghet-to.

Inoltre, i fossacquini erano eccellenti nuota-tori.

Fossombroso, invece si trovava in collina, un po’ più sopra di Fossacque e la gente non era particolarmente gioviale, i suoi abitanti si mo-stravano immusoniti, diffidenti e per lo più e-rano dediti al pascolo; la zona era poco ridente e spesso, per gran parte del giorno, il sole non vi faceva capolino.

I fossombrosini erano dei velocissimi corri-dori.

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Fossolevante invece si trovava in montagna, un po’ più in alto di Fossombroso, la gente era sempre con la testa fra le nuvole, sbadata, di lo-ro si diceva che fossero dei pigroni e vivevano essenzialmente di cacciagione; ma erano dei grandi sognatori e si raccontava che i fossole-vantini riuscivano a vedere ben più in là rispet-to agli altri, in quanto possedevano una vista acutissima.

Tutto sommato erano dei villaggi tranquilli, che interagivano fra loro solo negli scambi commerciali; per il resto, difficilmente stringe-vano amicizie durature ma questo era dovuto alla diversità dei loro modi di condurre l’esistenza.

A ciò bisogna aggiungere che gli abitanti di tutti e tre i villaggi godevano di una straordina-ria longevità.

Un’altra caratteristica comune era che ai pie-di di ciascun villaggio, vi era un fossato che du-rante i periodi di copiosa pioggia, tendeva a in-grossarsi, con il pericolo di allagare le zone cir-costanti; e neanche a specificarlo, era proprio la presenza dei fossati a dare il nome ai tre vil-laggi.

La vita sarebbe andata avanti così, se non si fosse verificato qualcosa di veramente strano, un evento insolito che scombussolò non solo le

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loro abitudini, ma anche il corso delle loro esi-stenze.

Accadde infatti che su Fossombroso l’inverno, una volta giunto, non volle più andar via, protraendosi sul villaggio oltre il periodo stabilito, senza che gli abitanti fossero in grado di comprenderne la motivazione.

Il passo che collegava Fossacque con Fos-sombroso e Fossolevante venne invaso e bloc-cato dai ghiacci invernali, mentre le altre sta-gioni faticavano ad alternarsi sugli altri due vil-laggi, condizionate com’erano dalla perenne presenza dell’inverno su Fossombroso. E per quanto i tre villaggi avessero climi essenzial-mente diversi, le stagioni fino ad allora si erano susseguite ed alternate con regolarità, senza mostrare particolari stravaganze.

Questo problema non fu di facile soluzione, al punto che si protrasse per anni, non contri-buendo affatto al buon umore dei fossombrosi-ni che furenti per quanto accadeva, comincia-rono ad accusare i fossacquini e i fossolevanti-ni, ritenendoli responsabili.

Un giorno la Massima Autorità di Fossom-broso riunì i suoi fossombrosini dicendo:

“Cari compaesani, la situazione è difficile poi-ché qualcuno, ma può anche darsi qualcosa, ci ha rubato le stagioni, lasciandoci solo l’inverno. Tutto ciò è terribilmente grave in quanto non

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riusciamo più a far nulla, addirittura neppure le greggi possiamo portare al pascolo. Abbiamo bisogno di aiuto.”

Tutti i presenti si guardarono perplessi. Chi avrebbe potuto aiutarli? E come visto che erano completamente isolati a causa delle intemperie invernali, che su di loro si erano abbattute sen-za concedere alcuna tregua. Il vento soffiava con furente violenza, la neve e il ghiaccio copri-vano tutto e la pioggia scrosciava sui tetti a più non posso.

“A chi ci possiamo rivolgere?” Cominciarono a interrogarsi fra loro i Fossombrosini.

“Chi ci aiuterà?” Si domandavano i presenti. Nessuno sembrava saper rispondere alle do-

mande che di volta in volta si ponevano, fino a che, dal fondo della sala in cui si erano riuniti i fossombrosini, non si levò una voce calma e pacata:

“Io penso di sapere cosa sia successo.” Disse Mastro Tac, il calzolaio del villaggio, il quale, pur essendo una persona umile, era tenuto in gran conto, poiché, nella sua semplicità, era sempre stato capace di mostrare idee assennate e, all’occorrenza, brillanti.

“Cosa ne puoi sapere tu, Mastro Tac?” Chiese uno dei presenti.

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“Sei il solo che può ancora lavorare, dato che la tua opera si svolge al chiuso.” Fece coro un altro.

Gli ombrosi fossombrosini cominciavano a scaldarsi, così, quando stavano per litigare, la Massima Autorità disse:

“Ascoltiamo cosa ha da dire Mastro Tac, che riesce sempre a dare validi consigli… Buoni!” Cominciò a urlare per farsi ascoltare. “Sentia-mo cos’ha da dirci.”

“È vero che siamo in una situazione grave ma nella sua tragicità, in effetti, è meno grave di quel che può sembrare. Dovete sapere che alla mia veneranda età di quasi 122 anni, non mi è sfuggito il fatto che l’inverno già un’altra volta si è dilungato su Fossombroso.”

“Quando, Mastro Tac? Quando è successo? Il registro degli eventi non riporta nulla sul fatto e personalmente non ricordo niente del gene-re.” Affermò la Massima Autorità.

“Si, quando?” Fecero eco i presenti. “Non tutti possono ricordare poiché questa

storia mi veniva raccontata, in gioventù, da mio nonno… ed è passato davvero molto tempo. Mio nonno mi disse che a un certo punto, men-tre i fossacquini si crogiolavano al sole e i fos-solevantini si godevano il tiepido venticello, su Fossombroso l’inverno giunse e non se ne andò più. Così i fossombrosini cominciarono a pen-

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sare che gli abitanti del villaggio soprastante il nostro e di quello sottostante avessero rubato la bella stagione.

Ma altre motivazioni stavano alla base del fatto alquanto strano: si venne a sapere, infatti, che l’inverno aveva litigato con le altre stagioni e trovandosi a passare da Fossombroso, decise di fermarvisi stabilmente solo per far dispetto alle altre.”

Nella sala si creò un gran vociferare e tutti e-rano sbigottiti: come era possibile? Com’era potuto accadere?

“Zitti, state zitti!” Iniziò a gridare la Massima Autorità. “Silenzio, vi prego, ascoltiamo la fine del racconto di Mastro Tac e poi trarremo le conclusioni. Prego, Mastro Tac, continui.”

“A quel tempo i villaggi di Fossacque, Fosso-levante e Fossombroso erano molto più uniti di quanto non lo siano oggi, ma l’avvenimento ebbe un gran peso e condizionò i rapporti futu-ri. Fossombroso, credendo i fossacquini e i fos-solevantini colpevoli di aver rubato la bella sta-gione cominciò a lanciare accuse ingiuste fino a quando non si scoprì la verità.”

“Sì.” Disse la Massima Autorità. “Ma in che modo si capì che l’inverno aveva litigato con le altre stagioni?”

“Questo è un problema… ”, rispose Mastro Tac, “poiché non ne ho la più pallida idea. Mio

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nonno, giunti a un certo punto della storia, non riusciva a ricordarne la fine.”

“A posto.” Disse la Massima Autorità. “Siamo di nuovo al punto di partenza.”

Mastro Tac aggiunse: “Probabilmente però, qualcuno dei fossac-

quini o dei fossolevantini ricorda come fecero i nostri antenati a risolvere l’enigma. Basterà in-viare un messaggero ai villaggi vicini, per riu-scire a trovare chi, come me ricorda. Sfruttan-do la velocità nel correre che ci contraddistin-gue costui riuscirà a raggiungere i villaggi e troverà qualcuno che rammenti questa storia. Non penso di essere il solo.”

In effetti, tutti cominciarono a riflettere e su-bito apparve chiaro come non vi era nessuno, almeno a Fossombroso, che conoscesse o fosse in grado di ricordare questa bizzarra storia dell’inverno che aveva litigato con le altre sta-gioni. L’accaduto, inoltre risaliva a troppo tem-po prima e a ciò bisogna aggiungere che la lon-gevità di cui godevano gli abitanti rendeva l’evento ancor più remoto.

“Va bene.” Disse la Massima Autorità. “Fa-remo come dice Mastro Tac, invieremo un messo ai vicini villaggi, nella speranza di trova-re chi ancora ricordi come un tempo si poté ri-solvere un evento tanto inusuale.”

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Nel frattempo, a Fossacque venne convocata un’assemblea, per valutare i problemi che invo-lontariamente i fossombrosini stavano causan-do al villaggio sottostante; infatti, le continue piogge dovute al perenne inverno che imper-versava su Fossombroso, stavano riversando su Fossacque un’eccessiva quantità d’acqua, con il conseguente pericolo di far tracimare il fosso sottostante.

“Fossombroso sta diventando quasi una ca-lamità naturale, possiamo dire.” Cominciò a parlare il primo cittadino di Fossacque. “Ri-schiamo di finire allagati, con tutta quell’acqua che scende dalla collina. Perché diavolo hanno deciso di avere l’inverno per tutto l’anno. Da sempre mostrano un comportamento alquanto inconsueto… ma questo è troppo! Come avran-no fatto? Ci hanno privati di una stagione. Bi-sogna provvedere.”

Una voce proveniente dalla folla che si accal-cava per ascoltare disse:

“Allora inviamo qualcuno a chiedere spiega-zioni. È vero che hanno un carattere particola-re, ma qualcosa dovranno pur dirci. Si pone poi un ulteriore problema, come se ne avessimo pochi: non si vede nessuno giungere dal villag-gio, perché tutto quel ghiaccio ha chiuso il pas-so.”

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Così, anche i fossacquini cominciarono a va-lutare i vari problemi, che rischiavano di di-ventare tragedie se il fossato si fosse eccessi-vamente riempito d’acqua.

E a Fossolevante le cose non andavano me-glio; infatti, ci si lamentava dell’aria che aveva cominciato a rinfrescarsi in piena estate a cau-sa del vento freddo proveniente da Fossombro-so e del passo ghiacciato che non permetteva di effettuare alcuno spostamento.

“Cosa possiamo fare? Tutto ciò sta diventan-do un problema serio, siamo rimasti isolati dal-la gente bassa.1 L’inverno sembra non voler abbandonare i fossombrosini; dobbiamo neces-sariamente inviare qualcuno che si faccia dare delle valide spiegazioni e possibilmente anche delle soluzioni per superare l’inconveniente.” Disse l’uomo più in vista di Fossolevante.

Ma gli abitanti dei tre villaggi, così come la maggior parte della gente comune, non pote-vano sapere che la stagione fredda non giunge-va mai da sola. In qualunque posto andasse in-fatti, l’inverno era sempre seguito dal Custode delle Stagioni, il quale controllava il regolare svolgersi e susseguirsi delle stagioni più forti. Era, cioè, colui che costantemente seguiva l’inverno e l’estate; invece l’autunno e la prima- 1 La “gente bassa” erano gli abitanti che vivevano nella parte bassa del

villaggio, al di sotto di Fossolevante.

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vera, essendo più miti, difficilmente andavano fuori di testa e per questo non avevano necessi-tà di un custode.

Così, mentre i tre villaggi si organizzavano, ognuno impegnato nel tentativo di trovare va-lide soluzioni, a Fossombroso si fece strada fra i ghiacci una figura un po’ singolare e misterio-sa, mossa dal desiderio d’incontrare la Massi-ma Autorità, per poter con ella conferire:

“Chi siete e cosa volete? Questo non è un buon momento per ricevere.” Disse la Massima Autorità, rivolgendosi allo sconosciuto.

L’ometto che si presentò all’Autorità era piut-tosto basso, non superava il metro d’altezza; aveva grandi piedi scalzi, che erano in contra-sto con la figura esile e minuta; una folta e lun-ga barba scendeva dal mento, conferendogli un aspetto serioso e degli occhialini tondi tondi poggiavano sulla punta del suo naso.

“Io, caro signore sono il Custode delle Sta-gioni e sono giunto fin qui per avere delle spie-gazioni. Infatti, potrei sapere perché avete de-ciso di trattenere l’inverno?” Chiese con fare nervoso.

“Cosa abbiamo fatto?” Cominciò a gridare la Massima Autorità. “Non dica sciocchezze! Voi piuttosto, visto che siete l’esperto, cosa ci pote-te dire? Noi siamo disperati, l’inverno non ci ha più lasciati.”

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“Come? Non siete stati voi a confinare quassù l’inverno?” Domandò esterrefatto il custode, con sguardo incuriosito e perplesso.

Cosa era potuto accadere? Non si era mai ve-rificato un fatto simile almeno che lui ricordas-se; la stagione fredda non aveva mai disobbedi-to agli ordini ricevuti, né tanto meno era stato così a lungo senza dare notizie.

Infatti, l’inverno comunicava con il Custode delle Stagioni utilizzando un medaglione che portava sempre al collo, ma da più di un anno non dava notizie di sé.

Il Custode delle Stagioni era arrivato a Fos-sombroso seguendo le dicerie di coloro che rac-contavano di un paesino dove l’inverno sostava permanentemente.

Mentre i presenti si disperavano e la Massima Autorità gridava contro il mondo intero (per-ché, se neanche il Custode delle Stagioni sape-va cosa fare figuriamoci lui, semplice garante dell’ordine), tornarono i messaggeri inviati a Fossacque e Fossolevante nel tentativo di repe-rire notizie su come in un passato oramai trop-po remoto, si era riusciti a mandare via l’inverno quando, giunto a Fossombroso, non se ne voleva più andare.

Ma i messaggeri non portarono buone notizie poiché né a Fossacque né a Fossolevante la gente aveva conservato il ricordo di questo in-

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solito episodio; per di più, riferirono che i fos-sacquini e i fossolevantini erano infuriati in quanto, il protrarsi dell’inverno, stava creando loro gravi problemi, se pur di riflesso.

“Certo, mi sembra giusto.” Cominciò a urlare la Massima Autorità. “Noi ci disperiamo per l’inconveniente e loro, invece di venire ad aiu-tarci, che fanno? Si lamentano per i danni che stanno subendo. Certo, certo!”

A un tratto il Custode delle Stagioni trasalì dallo spavento per ciò che ricordò e solo dopo essersi ripreso rese partecipi i presenti, dicen-do:

“È vero, avete ragione un tempo l’inverno si protrasse più del dovuto a Fossombroso. Ora ricordo, allora ero tanto giovane e avevo assun-to l’incarico da poco. Avevo completamente dimenticato l’episodio.”

“Oh, finalmente. Allora cosa dobbiamo fare?” Domandò la Massima Autorità, rischiarandosi in volto per la bella notizia. “Cosa ci suggeri-sce?”

“Sarà un po’ complicato, ma nella sua com-plessità è molto più semplice di quel che pos-siate immaginare. Ho bisogno d’incontrare il padre dell’ultimo nato qui al villaggio, il quale dovrà fare ciò che io gli dirò.”

“Che sciocchezze sono queste? Perché il pa-dre dell’ultimo nato? Posso farlo benissimo

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anch’io. Mi offro volontario.” Disse la Massima Autorità.

“No, voi non potete far nulla. Le istruzioni sul manuale d’intervento sono chiarissime e speci-ficano che solo il padre dell’ultimo nato può conferire con le stagioni.” Sostenne deciso, il Custode.

Allora, venne indetta un’assemblea straordi-naria durante la quale alla presenza degli abi-tanti del villaggio di Fossombroso, fu spiegato dal Custode delle Stagioni, al padre dell’ultimo nato, cosa avrebbe dovuto fare.

Sul registro degli eventi è riportato che nel periodo in cui avvennero questi accadimenti, il padre dell’ultimo nato fosse Mastro Fano, un modesto pastore dotato di un’intelligenza acu-ta, la cui migliore qualità era il saper ascoltare più di quanto non facessero gli altri.

“Quindi, silenzio, diamo la parola all’esperto, ossia al Custode delle Stagioni, che informerà Mastro Fano su cosa fare. Silenzio, silenzio! Ordine! Prego, dica.” Ordinò la Massima Auto-rità.

“Quindi lei è il padre dell’ultimo nato?” Chie-se il custode.

“Sì, di una femminuccia.” Rispose con soddi-sfazione Mastro Fano.

“Non ha importanza cosa sia, l’importante che sia l’ultimo, nel suo caso l’ultima. Allora,

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mi ascolti con attenzione perché non amo ripe-termi; lei dovrà salire in cima alla montagna, dove è abbarbicato Fossolevante dovrà oltre-passarlo, sino ad arrivare alla bocca centrale all’interno della quale troverà il Lago di Passo Inferiore.

Mi segue? A questo punto si siederà e attenderà l’arrivo

delle stagioni, le quali si riuniscono tutte le not-ti al lago più vicino al luogo in cui imperversa l’inverno e nel vostro caso è proprio quello che le ho indicato. Si riuniscono per conferire sui risultati della giornata, lo fanno sempre. A que-sto punto cercherà di farsi dare la parola, ma stia attento perché l’estate è prepotente, diffi-cilmente le permetterà di parlare. Ma con qual-che lusinga, forse… Quando la lasceranno par-lare si rivolgerà direttamente all’inverno e cer-cherà di ragionare con lui, facendosi dare vali-de spiegazioni sul suo comportamento.

Non si lasci trascinare dalle chiacchiere delle altre stagioni, altrimenti la svieranno, starà a lei trovare una soluzione poiché, sicuramente non le concederanno una seconda possibilità, non le permetteranno di ritornare lassù… Sape-te sono tutte un po’ bizzarre.”

“Coraggio, hai una grande responsabilità, Mastro Fano, non ci deludere. Torna con risul-

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tati validi e liberaci dal problema.” Sentenziò la Massima Autorità.

Mastro Fano, dopo aver baciato la figlioletta e abbracciato la moglie con il peso della respon-sabilità sulle spalle, s’incamminò verso la cima di Fossolevante per raggiungere il Lago di Pas-so Inferiore e in effetti, con non poche difficol-tà, solamente a notte fonda, vi arrivò.

Non fu costretto a sedersi, come gli aveva consigliato il custode in attesa delle stagioni, perché tutte e quattro erano già presenti, che confabulavano ad alta voce agitandosi un po’ troppo.

Il lago era illuminato dalla luna piena, men-tre la volta celeste era tempestata di stelle in una tranquilla notte in cui padroneggiava l’autunno che da poco, era giunto a Fossolevan-te.

Il povero Mastro Fano era impaurito, si sen-tiva piccino piccino, mentre dal basso osserva-va e ammirava l’imponenza e la maestosità del-le stagioni.

La primavera era molto carina, indossava una lunga toga rosata e drappeggiata che metteva in risalto un corpo esile e affusolato; i capelli, lun-ghissimi e biondi, erano trattenuti sul capo da una coroncina di fiorellini; l’estate faceva da padrona, era bellissima, tutta di rosso vestita, con i lunghi capelli bruni, sciolti e le messi che

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le incorniciavano il volto; l’autunno era un po’ cupo, dall’aspetto giovanile, indossava pellami di pecora, aveva i capelli neri scompigliati da un venticello che sempre gli agitava la folta chioma.

Ma un inverno dall’aspetto disperato stava seduto al centro del lago, piangendo, con le mani che gli coprivano il volto e solo ogni tanto alzava il capo per intervenire in una discussio-ne concitata. Aveva i capelli bianchi come la neve e un cappotto di pelliccia, chiarissima e pesante che gli copriva il corpo. Ogni volta che una sua lacrima scivolava sulle terse acque del lago, questo gelava, facendo scintillare la su-perficie, lì dove la luna si specchiava.

“È inutile che piangi ancora…”, diceva l’estate, “così facendo non risolverai certo il problema e con le tue lacrime ghiaccerai anche i fossati dei villaggi, senza, comunque porre fi-ne a questo dilemma.”

“Coraggio…”, intervenne la primavera, “con-tinueremo a cercare, in qualche modo faremo.”

A un certo punto, intervenne bruscamente l’autunno:

“È tutto inutile abbiamo già cercato, non c’è, non si trova in nessun posto. Ma qui dobbiamo considerare un altro fatto: se fra due notti non risolviamo il problema, l’inverno rimarrà per sempre confinato a Fossombroso, modificando,

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anche se involontariamente il nostro naturale corso… Sarà la fine per noi.”

Mastro Fano non riusciva a trovare il mo-mento opportuno per intervenire, parlavano troppo velocemente e l’estate non finiva mai di dire la sua; fra l’altro era la più indispettita del-le quattro. Ma nel momento in cui le stagioni stavano riflettendo, silenziosamente, il povero pastore si fece coraggio e schiarendosi la voce con un colpetto di tosse disse:

“Scusate se m’intrometto… ” L’estate fu la prima a girarsi di scatto per os-

servare chi si fosse intromesso fra loro e chiese furente per la collera:

“E tu chi accidenti saresti? Come ti permetti a presentarti al nostro cospetto, senza alcun invi-to? E per giunta cercando di prendere la parola, in un momento tanto difficile.”

“Vi prego, pietà. Non infuriatevi con me sono Mastro Fano, un messaggero del villaggio di Fossombroso. Mi ha mandato quassù il Custo-de delle Stagioni.”

E l’inverno, a queste parole impallidì: “Ecco, lo sapevo, vedrete che punizione mi toccherà, è più di un anno che non mi metto in contatto con il Custode. Ma, senza il medaglione come potevo comunicare con lui?” Disse fra le lacri-me l’inverno.

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Intanto l’estate, l’autunno e la primavera ave-vano iniziato ad agitarsi un po’ troppo e nervo-samente volavano, colleriche intorno al lago. Ma Mastro Fano, ricordandosi della promessa fatta al villaggio, cioè che avrebbe trovato una valida soluzione dopo un grosso sospiro disse: “Vi prego, spiegatemi; forse nel mio piccolo posso aiutarvi. Raccontatemi cos’è successo all’inverno. Perché è tanto infelice?”

“Va bene…”, rispose l’autunno, “tanto, peggio di così non può andare. Dovete sapere, Mastro Fano, che l’inverno non si protrae a Fossom-broso per capriccio; un anno fa perse il suo medaglione strumento con il quale può regola-re l’intensità della propria opera e che per di più, dirige i suoi andamenti stagionali. Infatti, il medaglione gli indica i posti che deve rag-giungere di volta in volta, quando si conclude il suo periodo. Inoltre il medaglione è l’unico mezzo che gli permette di comunicare con il Custode delle Stagioni. Questo medaglione lo posseggono solo l’estate e l’inverno, io e la pri-mavera ci limitiamo a seguirli e ad alternarci ad essi. Purtroppo l’inverno non riesce più a tro-vare il medaglione, non ricorda dove può es-sergli caduto, con certezza sa solamente che stava sorvolando uno dei fossati, quando si rese conto di non averlo più con sé. Voi capirete, noi non possiamo immergerci per cercarlo, così