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FESTIVAL JACQUES OFFENBACH E LA PARIGI DELLA MUSICA LEGGERA DAL 29 SETTEMBRE AL 28 OTTOBRE 2018 Mi permette questo valzer? Philippe Hattat, pianoforte Palazzetto Bru Zane – venerdì 12 ottobre, ore 19.30

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FESTIVALJACQUES OFFENBACH E LA PARIGI DELLA MUSICA LEGGERADAL 29 SETTEMBRE AL 28 OTTOBRE 2018

Mi permette questo valzer?

Philippe Hattat, pianoforte

Palazzetto Bru Zane – venerdì 12 ottobre, ore 19.30

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Contributi musicologiciPalazzetto Bru Zane

TraduzioniArianna Ghilardotti, Paolo Vettore

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La nuova stagione del Palazzetto Bru Zane fornisce l’occasione per celebrare il bicentenario della nascita di Jacques Offenbach, maestro dell’operetta e dei fasti del Secondo Impero. Questo compositore, nato nel 1819, ci ha lasciato un catalogo molto più vario di quanto si creda. L’équipe del Palazzetto Bru Zane si è impegnata a dissotterrare tesori sepolti: la delirante “spagnoleria” Maître Péronilla, una Périchole i cui colori saranno ravvivati da Marc Minkowski per mezzo di strumenti d’epoca, Madame Favart (in coproduzione con l’Opéra Comique), o ancora Les deux aveugles – una bouffonnerie giovanile già piena d’inventiva – sono integrate da un ciclo di concerti veneziani su generi lirici leggeri dell’epoca di Offenbach, da un’incisione di arie virtuosistiche inedite affidate al talento di Jodie Devos (in coproduzione con Alpha Classics) e da un convegno internazionale.

La nouvelle saison du Palazzetto Bru Zane est l'occasion de célébrer le bicentenaire de la naissance de Jacques Offenbach, maître de l'opérette et des fastes du Second Empire. Né en 1819, ce compositeur laisse un catalogue d'œuvres bien plus varié qu'il n'y paraît. L'équipe du Palazzetto Bru Zane s'est employée à ressusciter des trésors enfouis : la délirante espagnolade Maître Péronilla, une Périchole aux couleurs ravivées par Marc Minkowski sur instruments historiques, une cabotine Madame Favart (en coproduction avec l'Opéra Comique) ou encore Les Deux Aveugles, scène burlesque de jeunesse déjà pleine d'inventivité, sont complétés par un cycle de concerts vénitiens autour des genres lyriques légers au temps d'Offenbach, par un enregistrement d'airs virtuoses inédits confiés au talent de Jodie Devos (en coproduction avec Alpha Classics) et par un colloque international.

Archivio Leduc

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Un-due-tre, un-due-tre. Il valzer, importato da oltre il Reno, diventa il ballo più in voga nell’Europa romantica: dapprima riservato ai salotti altolocati (quelli in cui Berlioz colloca il secondo movimento della sua Sinfonia fantastica), nella seconda metà del XIX secolo conquista le sale da ballo popolari. È a Chopin che si deve la composizione di valzer non più destinati a essere danzati; i suoi valzer sono brani stilizzati che evocano l’eleganza delle feste dell’alta società e al contempo esprimono la nostalgia di un musicista che non rivedrà più la sua Polonia natia. Alla svolta del secolo, gli autori francesi che compongono valzer per pianoforte seguono questa linea e sembrano cantare il tempo sospeso di un passato idealizzato, in un mondo che va sempre più veloce.

Un deux trois, un deux trois. La valse, importée d’outre-Rhin, devint la danse la plus pratiquée dans l’Europe romantique : d’abord cantonnée aux salons guindés (ceux où Berlioz place le deuxième mouvement de sa Symphonie fantastique), elle a conquis les bals populaires dans la seconde partie du XIXe siècle. C’est à Chopin que l’on doit la composition de valses n’ayant plus pour vocation d’être dansées. Stylisées, elles évoquent l’élégance des fêtes de la haute société tout en exprimant la nostalgie d’un compositeur qui ne reverra plus sa Pologne natale. Au tournant du siècle, les auteurs français qui composent des valses pour piano suivent cette ligne et semblent, au cœur d’un monde allant de plus en plus vite, chanter le temps suspendu d’un passé idéalisé.

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Durata del concerto / Durée du concert1h ca. / 1h environ

Claude DebussyValse romantique

Gabriel PiernéViennoise op. 49b

Benjamin GodardValse no 5 dite « chromatique » op. 88

Gabriel FauréValses-Caprices : No 4 en la bémol majeur op. 62

Frédéric ChopinTrois Valses op. 34 : N° 1 Vivace – N° 2 Lento – N° 3 Vivace

Théodore DuboisValses intimes : 1. Modéré – 2. Un peu plus vite – 3. Modéré – 4. Pas vite, et un peu à l’aise – 5. Vif – 6. Mouvement modéré

Marie-Joseph-Alexandre Déodat de SéveracPippermint-Get

Camille Saint-SaënsÉtude en forme de valse

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Claude DebussyValse romantiqueValse romantique : si Debussy avait titré ainsi une pièce de sa maturité, il l’aurait indéniablement accompagnée de sous-entendus ironiques. Mais en 1890, date de cette danse qui se réfère peut-être aux Valses romantiques pour deux pianos de Chabrier (1883), le musicien d’à peine trente ans ressent encore le besoin d’assimiler la tradition romantique et de s’inscrire dans la sociabilité mondaine du salon. Après avoir composé une Danse bohémienne en 1880 (sa première pièce pour piano connue), il avait délaissé le clavier pendant dix ans, privilégiant alors le genre de la mélodie. C’est dans le domaine vocal qu’il invente des couleurs harmoniques et des textures instrumentales dont bénéficie ensuite le piano solo, comme en témoignent les morceaux du début des années 1890, aux titres parfois hérités de Chopin : Rêverie, Tarentelle styrienne, Ballade slave, Mazurka, Deux Arabesques, Nocturne et Valse romantique. Debussy céda les droits de sa valse à Choudens, dans un contrat signé le 31 janvier 1891. Il la fit rééditer par Fromont en 1903, preuve qu’il devait tenir à cette pièce de sa première période. Fondée sur un chant intense, la musique est portée par des élans passionnés et se termine sur une péroraison imposante. Les caractéristiques du style de la maturité se profilent néanmoins, perceptibles dans certains enchaînements harmoniques peu conventionnels (les premières mesures, par exemple), la légèreté et la transparence des textures. On notera aussi les volutes aériennes qui, dans la première partie du morceau, ponctuent les phrases mélodiques et introduisent une dissymétrie dans les carrures.

Claude DebussyValse romantiqueValzer romantico: se Debussy avesse dato un titolo del genere a un’opera della sua maturità, lo avrebbe sicuramente fatto con sottintesi ironici. Ma nel 1890 – data di questo brano, che forse fa riferimento alle Valses romantiques per due pianoforti di Chabrier (1883) – il compositore appena trentenne sente ancora il bisogno di assimilare la tradizione romantica e di inserirsi nella socievolezza mondana dei salotti. Dopo aver composto nel 1880 una Danse bohémienne (il suo primo pezzo per pianoforte che si conosca), egli aveva lasciato da parte la tastiera per dieci anni, privilegiando il genere della mélodie. È nell’ambito vocale che inventa colori armonici e tessiture strumentali di cui in seguito si avvantaggerà il pianoforte solista, come attestano i suoi lavori dei primi anni Novanta dell’Ottocento, dai titoli talvolta ereditati da Chopin: Rêverie, Tarentelle styrienne, Ballade slave, Mazurka, Deux Arabesques, Nocturne e Valse romantique. Debussy cedette i diritti del valzer a Choudens, in un contratto firmato il 31 gennaio 1891; nel 1903 lo fece ripubblicare da Fromont, il che dimostra che questo suo brano giovanile doveva stargli a cuore. Basata su un’intensa linea cantabile, la musica è animata da slanci appassionati e si conclude con un’imponente perorazione. Tuttavia, vi si delineano già le caratteristiche dello stile della maturità, percettibili in certe concatenazioni armoniche poco convenzionali (per esempio nelle prime battute), nella leggerezza e nella trasparenza delle tessiture. Si noteranno anche le aeree volute che, nella prima parte del brano, sottolineano le frasi melodiche, introducendo una dissimmetria nelle quadrature.

Le opereLes œuvres

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Gabriel PiernéViennoise op. 49b Sottotitolato “Suite de Valses et Cortège-Blues”, questo brano proviene dai Divertissements sur un thème pastoral op. 49, una partitura per orchestra eseguita con successo per la prima volta il 7 febbraio 1932. “Non si sa se ammirare più l’equilibrio o la fantasia di un lavoro come questo, così logico e imprevisto, così leggero e così forte”, ne scrisse Alfred Bruneau in “Le Matin”. La versione originale consisteva di una serie di variazioni su un tema che cambia completamente carattere passando da un episodio all’altro. All’inizio della seconda metà dei Divertissements, una delle variazioni si cala nella metrica di un valzer, seguito dal Cortège-Blues. Nel 1935, Pierné trasformò la sua musica da concerto in un balletto intitolato Images. Per aumentarne la durata, sviluppò la seconda parte della partitura; il valzer divenne così una serie di brevi danze eleganti e sensuali, in cui il tema dei Divertissements non è quasi più riconoscibile. Unitamente al Cortège-Blues, fu pubblicato indipendentemente con il numero d’opus 49b, nella versione sinfonica e nella trascrizione per pianoforte. La seconda parte del dittico, da eseguire “in movimento di marcia vivace”, evoca i caffè chic di Montparnasse, più che i fumosi club di Harlem: non possiede la ritmica elasticità della musica afro-americana, né i suoi colori melodici e armonici. Tuttavia, abbinare un blues (seppure lontano dal modello canonico) a un valzer significava passare dal romanticismo alla modernità del periodo tra le due guerre e avviare un dialogo tra la vecchia Europa e il nuovo mondo.

Gabriel PiernéViennoise op. 49bSous-titrée « Suite de Valses et Cortège-Blues », cette pièce provient des Divertissements sur un thème pastoral op. 49, une partition pour orchestre créée avec succès le 7 février 1932. « On ne sait ce qu’il faut admirer davantage de l’équilibre ou de la fantaisie d’une telle œuvre, si logique et imprévue, si légère et si forte », écrivit Alfred Bruneau dans Le Matin. La mouture d’origine consistait en une série de variations, sur un thème qui change totalement de caractère au fil des épisodes. Au début de la seconde moitié des Divertissements, l’une des variations se coule dans la métrique d’une valse suivie du « Cortège-Blues ». En 1935, Pierné convertit sa musique de concert en un ballet titré Images. Afin d’augmenter la durée de la partition, il en développa la seconde moitié. La valse devint une série de brèves danses élégantes et sensuelles, où le thème des Divertissements n’est plus guère identifiable. Associée au « Cortège-Blues », elle fut publiée indépendamment sous le numéro d’opus 49b, dans sa version symphonique et dans une transcription pour piano. Le second volet du diptyque, à jouer dans le « mouvement d’une marche alerte », évoque les cafés chics de Montparnasse plus que les clubs enfumés de Harlem : il n’a pas l’élasticité rythmique de la musique afro-américaine, ni ses couleurs mélodiques et harmoniques. Mais accoler un blues (même éloigné du modèle) à une valse, c’était passer du romantisme à la modernité de l’entre-deux-guerres, et amorcer un dialogue entre la vieille Europe et le Nouveau Monde.

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Benjamin GodardValse n. 5 detta “cromatica” op. 88 Nel corso della sua vita, Benjamin Godard compose numerosi valzer per pianoforte, che pubblicò in raccolte di danze e pezzi di genere, oppure singolarmente, come nel caso della Valse n. 5 op. 88. Non datato, questo brano risale probabilmente al 1883 o al 1884, a giudicare dai numeri d’opus della Symphonie orientale op. 84 (1883) e della Sonata per pianoforte n. 2 op. 94 (1884). Come indica il sottotitolo, esso esplora le risorse del cromatismo, che, tuttavia, quasi non tocca l’armonia e resta sostanzialmente di natura melodica (vengono in mente precedenti illustri come per esempio l’Étude op. 10 n. 2 di Chopin o l’Étude “La leggierezza” di Liszt). Nell’ambito di una struttura rapsodica, si succedono diversi elementi tematici: può trattarsi di eleganti volute alla mano destra, ma anche di motivi più vigorosi eseguiti in ottave. Brillante ma senza ostentazione, il brano non manca di tocchi spiritosi, come l’attacco esitante che procede per aggiunte progressive di suoni (Beethoven aveva adottato un procedimento simile all’inizio del finale della sua Prima Sinfonia). La Valse n. 5 riscosse innegabilmente un certo successo, dato che nei giornali parigini si trovano regolarmente citate sue esecuzioni nei salotti e in concerto fino alla Prima guerra mondiale. Louis Diémer, amico di Godard e dedicatario dello spartito, incise il brano nel 1904 (permettendosi modifiche sostanziali…). La sua fama peraltro attraversò l’Atlantico, dato che il coreografo George Balanchine nel 1935 la incluse nel suo balletto Reminiscence.

Benjamin GodardValse no 5 dite « chromatique » op. 88Tout au long de sa vie, Benjamin Godard composa de nombreuses valses pour le piano. Il les publia dans des recueils de danses et de pièces de genre, ou bien de façon isolée, situation de la Valse no 5 op. 88. Non datée, cette pièce a probablement été écrite en 1883 ou 1884, si l’on en croit les numéros d’opus de la Symphonie orientale op. 84 (1883) et de la Sonate pour piano no 2 op. 94 (1884). Comme l’indique son sous-titre, elle exploite les ressources du chromatisme qui, cependant, n’affecte guère l’harmonie et reste essentiellement de nature mélodique (on songe à d’illustres précédents, par exemple l’Étude op. 10 no 2 de Chopin ou l’Étude « La leggierezza » de Liszt). Au sein d’une structure rhapsodique, plusieurs éléments thématiques se succèdent. Il peut s’agir d’élégantes volutes à la main droite, mais aussi de motifs plus vigoureux joués en octaves. Brillante sans ostentation, la pièce n’exclut pas une touche d’humour, comme son amorce hésitante, procédant par ajout progressif de sons (Beethoven avait procédé de semblable manière au début du finale de sa Symphonie no 1). Elle remporta indéniablement un certain succès, puisque les journaux parisiens mentionnent régulièrement son exécution dans les salons et les concerts jusqu’à la Première Guerre mondiale. Louis Diémer, ami de Godard et dédicataire de la partition, l’enregistra en 1904 (en s’autorisant de substantielles modifications…). Sa renommée franchit par ailleurs l’Atlantique, puisque George Balanchine la chorégraphia en 1935 pour l’inclure dans son ballet Reminiscence.

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Gabriel FauréValses-Caprices (estratto):N. 4 in la bemolle maggiore op. 62Composti nell’arco di una decina d’anni, rispettivamente nel 1882, 1884, 1893 e 1893-1894, le Valses-Caprices non costituiscono un ciclo e neanche una raccolta. Vi si coglie l’evoluzione dell’autore, le cui armonie si fanno sempre più originali e raffinate, con piena soddisfazione degli interpreti che cercano al contempo le prodezze delle dita e la singolarità del linguaggio. Quando si presentò per la prima volta al cospetto di Fauré, la giovane Marguerite Long gli suonò la Valse-Caprice n. 3. Intorno al 1905-08, il compositore stesso incise i quattro brani su rulli per la ditta Hupfeld. Il titolo, preso da Liszt, sembra preannunciare una musica brillante e fantasiosa. In effetti, poche opere di Fauré osano un tono così estroverso. L’interprete dovrà tuttavia evitare un ostentato virtuosismo che ricerchi l’effetto per l’effetto, ammonisce il compositore in una lettera al pianista Robert Lortat (primo interprete del Quintetto per archi e pianoforte n. 2 e dedicatario del Nocturne n. 12): “Posso chiederLe – sono ben noiosi questi autori! – movimenti molto più moderati per i temi iniziali di ognuna delle Valses-Caprices? Quello che, nella mia mente, giustifica il titolo Valses-Caprices è appunto la varietà nei movimenti. Vengono sempre suonati troppo velocemente e in un movimento uniformemente rapido. O pianisti, pianisti, pianisti, quando consentirete a reprimere il vostro implacabile virtuosismo!!!”.

Gabriel FauréValses-Caprices (extrait) :No 4 en la bémol majeur op. 62Composées sur une dizaine d’années, respectivement en 1882, 1884, 1893 et 1893-1894, les Valses-Caprices ne constituent pas un cycle, ni même un recueil. On y perçoit l’évolution de leur auteur, à l’harmonie de plus en plus originale et raffinée : de quoi combler les interprètes qui cherchent à la fois l’éclat digital et la singularité du langage. Lorsque la jeune Marguerite Long se présenta pour la première fois devant Fauré, elle lui joua la Valse-Caprice no 3. Vers 1905-1908, le compositeur grava lui-même ses quatre morceaux sur des rouleaux, pour la firme Hupfeld. Leur titre, emprunté à Liszt, semble annoncer une musique brillante et fantasque. Effectivement, peu d’œuvres de Fauré osent un ton si extériorisé. L’interprète doit pourtant se garder d’une virtuosité ostentatoire qui chercherait l’effet pour lui-même, avertit le compositeur dans une lettre au pianiste Robert Lortat (créateur du Quintette pour cordes et piano no 2 et dédicataire du Nocturne no 12) : « Puis-je vous demander – ces auteurs sont rasants ! – des mouvements beaucoup plus modérés pour les thèmes de début de chacune des Valses-Caprices ? Ce qui en fait, dans mon esprit, la justification du titre : Valses-Caprices, c’est la variété dans les mouvements. On les joue toujours trop vite et trop dans un mouvement uniformément rapide. Ô pianistes, pianistes, pianistes, quand consentirez-vous à réprimer votre implacable virtuosité !!!! »

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Le numerose indicazioni di tempo che costellano i pezzi segnalano la plasticità dell’agogica auspicata da Fauré. Tale mobilità va di pari passo con l’abbondanza di motivi tematici e i numerosi cambiamenti di stile nella scrittura.

Frédéric ChopinTrois Valses op. 34N. 1 in la bemolle maggiore (Vivace) – N. 2 in la minore (Lento) – N. 3 in fa maggiore (Vivace)Pubblicati alla fine del 1838 e dedicati rispettivamente da Chopin a tre sue allieve (Josefine von Thun-Hohenstein, la baronessa d’Ivry e la baronessa di Eichtal), questi tre valzer furono composti in periodi molto diversi, ricchi di eventi professionali e affettivi. La Valse n. 2, la più antica, dovrebbe risalire al 1834 circa. Chopin scrisse la Valse n. 1 nel settembre 1835, qualche mese dopo che i due concerti da lui tenuti in aprile lo avevano indotto a prendere le distanze dalla dimensione pubblica. Nel corso dell’estate di quello stesso anno, Chopin rivide i suoi genitori a Karlsbad e prese in considerazione la possibilità di ritornare in Polonia. Allorché scrisse la Valse n. 3, nel 1838, era diventato l’amante di George Sand (dopo aver tentato invano di ottenere la mano di Maria Wodzinska). Schumann scoprì l’op. 34 con entusiasmo, come attesta la sua recensione del 19 novembre 1839 nella “Neue Zeitschrift für Musik”: “I tre valzer, in particolare, piaceranno molto, per come suonano diversi dai soliti valzer, in un modo che può riuscire soltanto a Chopin, quando osserva

Les nombreuses indications de tempo qui jalonnent les pièces signalent la plasticité de l’agogique défendue par Fauré. Cette mobilité va de pair avec l’abondance des motifs thématiques et les nombreux changements d’écriture.

Frédéric ChopinTrois Valses op. 34No 1 en la bémol majeur (Vivace) – No 2 en la mineur (Lento) – No 3 en fa majeur (Vivace)Publiées à la fin de l’année 1838, dédiées chacune à une élève (Josefine von Thun-Hohenstein, la baronne d’Ivry et la baronne d’Eichtal), ces trois valses furent composées à des périodes sensiblement différentes, riches en événements professionnels et affectifs. La Danse no 2, la plus ancienne, daterait de 1834 environ. Chopin composa la Valse no 1 en septembre 1835, quelques mois après que ses deux concerts d’avril l’avaient incité à prendre ses distances avec la sphère publique. Durant l’été de cette même année, Chopin revit ses parents à Karlsbad et s’interrogea sur la possibilité de son retour en Pologne. Lorsqu’il écrivit la Valse no 3, en 1838, il était devenu l’amant de George Sand (après avoir brigué en vain la main de Maria Wodzinska). Schumann découvrit l’opus 34 avec enthousiasme, comme en témoigne sa recension du 19 novembre 1839 dans la Neue Zeitschrift für Musik : « Les trois valses, surtout, plairont, tant elles sonnent différemment des valses ordinaires, dans un genre que seul Chopin maîtrise, quand il observe les danseurs avec des

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i danzatori con occhi d’artista, trascinandoli con il suo modo di suonare, e pensa a cose diverse da ciò che viene danzato. In essi scorre una vita così prorompente che sembra proprio che siano stati improvvisati in sala”. Come suggerisce Schumann, si tratta di danze immaginarie, dato che i brani (in particolare gli ultimi due) non si prestano a reali evoluzioni coreografiche. Il valzer centrale, malinconico canto di violoncello in modo minore, si scosta troppo dai canoni dell’epoca, non fosse altro che per il suo tempo lento. Non si può immaginare un contrasto più sorprendente con il terzo valzer, vorticoso a perdifiato.

Théodore DuboisValses intimes1. Modéré – 2. Un peu plus vite – 3. Modéré – 4. Pas vite, et un peu à l’aise – 5. Vif – 6. Mouvement modéréContrariamente ad altri compositori, Théodore Dubois non abusò del valzer: qualche brano sparso qua e là nelle sue partiture, una manciata di raccolte in cui si cimenta nella danza emblematica del romanticismo. Pubblicate nel 1909 e dedicate al pianista Georges de Lausnay e a sua moglie, le sue Valses intimes devono sicuramente tale aggettivo alla loro brevità, alla limpidezza di una scrittura che rifiuta il virtuosismo e alla delicata eleganza che le contraddistingue. Tuttavia, anche se l’ultimo brano si dilegua in punta di piedi, in triplo pianissimo, esse non si limitano a esprimere intimità: si pensi, in particolare, agli slanci cromatici del n. 2, al ritmo febbrile del n. 3, agli accordi che sottolineano

yeux d’artiste, les entraînant par son jeu tout en pensant à autre chose. Une telle vie s’écoule en elles qu’elles semblent véritablement avoir été improvisées dans le salon. » Comme le suggère Schumann, il s’agit de danses rêvées, aucun des morceaux (en particulier les deux derniers) ne se prêtant à de réelles évolutions chorégraphiques. La valse centrale, mélancolique chant de violoncelle en mode mineur, s’écarte trop des canons de l’époque, ne serait-ce que par son tempo lent. On ne peut imaginer contraste plus saisissant avec la troisième valse, qui tourbillonne jusqu’à perdre haleine.

Théodore DuboisValses intimes1. Modéré – 2. Un peu plus vite – 3. Modéré – 4. Pas vite, et un peu à l’aise – 5. Vif – 6. Mouvement modéréContrairement à d’autres compositeurs, Théodore Dubois n’abusa point de la valse : une pièce distillée çà et là dans ses partitions, une modeste poignée de recueils cultivant la danse emblématique du romantisme. Éditées en 1909, dédiées au pianiste Georges de Lausnay et à son épouse, ses Valses intimes doivent sans doute leur qualificatif à leur brièveté, à la clarté d’une écriture refusant la virtuosité et à la délicate élégance de leur ton. Toutefois, même si la dernière pièce s’efface sur la pointe des pieds, triple piano, elles ne se limitent pas à l’expression de l’intimité. On songera notamment aux emportements chromatiques de la no 2, à la fièvre de la no 3, aux accords qui ponctuent la fin des phrases de la no 5. Par

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la fine delle frasi del n. 5. Peraltro, è possibile che Dubois abbia concepito questa sua catena di danze come un ciclo: lo suggerisce il percorso tonale. L’opera attacca in la bemolle maggiore e si conclude nella stessa tonalità. Al centro della partitura, le tonalità si succedono per intervalli di terza maggiore o delle tonalità relative (mi maggiore per il n. 2, do diesis minore per il n. 3 – solo brano in modo minore –, la maggiore e re bemolle maggiore per i nn. 4 e 5). Perdipiù, occorre sottolineare l’omogeneità dei tempi (tra 60 e 69 battiti del metronomo per battuta); solo il penultimo si concede una velocità leggermente superiore (78 battiti per ogni minima puntata). L’abbondanza di emioli (sovrapposizioni tra il ritmo binario e quello ternario) svolge qui una funzione unificante, rafforzata da alcuni motivi che passano quasi impercettibilmente da un brano all’altro: per esempio, l’anacrusi dell’ultimo valzer ha origine nel brano precedente.

Marie-Joseph-Alexandre Déodat de SéveracPippermint-GetPer chi conosce il gusto per il sublime e i colori armonici spagnoleggianti di Déodat de Séverac, questo Pippermint-Get ha di che sorprendere. Il brano, sottotitolato «valzer brillante da concerto» per pianoforte solo e scritto nel 1907, esprime tutta la frivolezza e la spensieratezza della Belle Époque e richiama sia la produzione pianistica di Benjamin Godard, sia le musiche composte per i primi film comici muti (per esempio quelli di Max Linder). Scorrendo la corrispondenza del compositore, si

ailleurs, Dubois pourrait avoir conçu sa chaîne de danses comme un cycle, ce que suggère en particulier le parcours tonal. Entamée en la bémol majeur, l’œuvre boucle dans cette même tonalité. Au centre de la partition, les tonalités se succèdent par relation de tierce majeure ou de ton relatif (mi majeur pour la no 2, ut dièse mineur pour la no 3 – seul morceau en mode mineur –, la majeur et ré bémol majeur pour les nos 4 et 5). De surcroît, il faut souligner l’homogénéité des tempos (entre 60 et 69 à la mesure), l’avant-dernière valse s’autorisant seule une vitesse un peu supérieure (78 à la blanche pointée). L’abondance des hémioles (accentuation des temps par deux alors que la mesure est à trois temps) joue ici un rôle unificateur, renforcé par certains motifs qui passent presque imperceptiblement d’un morceau à un autre : l’anacrouse de la dernière valse est par exemple issue de la pièce précédente.

Marie-Joseph-Alexandre Déodat de SéveracPippermint-GetPour qui connaît le goût pour le sublime et les couleurs harmoniques hispanisantes de Déodat de Séverac, ce Pippermint-Get a de quoi étonner. Cette œuvre pour piano seul, sous-titrée « valse brillante de concert » et écrite en 1907, exprime toute la frivolité et l’insouciance de la Belle Époque et rappelle aussi bien la production pianistique d’un Benjamin Godard que les musiques composés pour les premiers films comiques muets (par exemple pour Max Linder). En parcourant la

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scoprono anche alcune chiavi che permettono di comprendere l’enigmatica dedica dell’opera: «Al caro GODCIPAC, tolosano onorario». Sotto tale pseudonimo si cela il pianista Cipa Godebski, amico del compositore, il quale gli scrive nel gennaio 1908: «Dunque, eccomi qui pronto a chiacchierare come un Toulousaing (che ti dispiace di non essere, heing ?) […] Sto per mandarti una copia del Valzer dedicato a Godcipac. Purtroppo lo stampatore mi fatto lo scherzo di metterci il mio nome… Tanto peggio! Bisogna avere il coraggio dei propri peccati!». Lo scherzo «regionalista» tra i due amici dà senso al titolo stesso del brano: il Pippermint Get (un liquore oggi noto col nome di Get 27) veniva allora prodotto non lontano da Tolosa, nella città di Revel. Déodat de Séverac voleva davvero pubblicare l’opera anonimamente? In ogni caso, se ne godette il successo, come dimostra la richiesta che fece a Carlos de Castéra all’inizio dell’estate del 1909: «Se ti ricordi, domanda a Rouart di passare al più presto l’orchestrazione militare di Pippermint valse all’editore in questione. Me la richiedono da tutte le parti per i concerti estivi». In effetti, prima della Prima guerra mondiale furono pubblicate due orchestrazioni di questo valzer, di cui una per fiati.

Camille Saint-SaënsÉtude en forme de valseVirtuoso del pianoforte, al quale la prozia lo aveva iniziato a due anni e mezzo, Camille Saint-Saëns compose molto per il suo strumento, e in particolare tre raccolte di

correspondance du compositeur, on découvre également quelques clefs pour comprendre la dédicace énigmatique de l’œuvre : « Au cher GODCIPAC, Toulousain d’Honneur. » Sous ce pseudonyme se cache le pianiste Cipa Godebski, ami du compositeur, auquel ce dernier écrit en janvier 1908 : « Donc me voici prêt à bavarder comme un Toulousaing (que tu regrettes de ne pas être, heing ?) […] Je vais t’envoyer un exemplaire de la Valse dédiée à Godcipac. Malheureusement le graveur m’a joué le tour d’y mettre mon nom… Tant pis ! Il faut avoir le courage de ses péchés ! » La blague régionaliste entre les deux amis donne un sens au titre même de la pièce : le Pippermint-Get (alcool que nous connaissons aujourd’hui sous le nom de Get-27) était alors fabriqué non loin de Toulouse, dans la ville de Revel. Déodat de Séverac voulait-il réellement publier cette œuvre de manière anonyme ? Il goûtera néanmoins son succès, demandant à Carlos de Castéra au début de l’été 1909 : « Si tu y penses, demande à Rouart de faire passer au plus tôt l’orchestration militaire de Pippermint valse à l’éditeur en question. On me la réclame de toutes parts pour les concerts d’été. » Deux orchestrations de cette valse (dont une pour harmonie) paraîtront en effet avant la Première Guerre mondiale.

Camille Saint-SaënsÉtude en forme de valseVirtuose du clavier sur lequel sa grand-tante lui fit poser les doigts à deux ans et demi, Camille Saint-Saëns a beaucoup composé pour son instrument et notamment

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Sei studi: op. 52 (1877), op. 111 (1909) e op. 135 per la mano sinistra (1912). Lo Studio in forma di valzer, sicuramente il più noto della prima raccolta, vanta un finale brillante, disinvolto e gioioso. Composto dopo un impressionante Preludio e un curioso studio per l’indipendenza delle dita e dopo due neoclassici Preludi e Fughe in fa minore e in la maggiore inframmezzati da uno Studio ritmico deliziosamente sottile, questo pezzo pirotecnico attinge al valzer – che non ha una forma rigorosamente stabilita, una libera successione di ritornelli e di couplets – lo slancio e le civetterie offerti dalla vivace misura in tre tempi; ma così come non fa concessioni a dita non use allo jeu perlé, non si potrebbe provare a danzarlo senza rompersi il collo. Fatale? Senza dubbio, poiché, guardando da una parte all’Invitation à la valse di Weber – stessa tonalità di re bemolle maggiore, adatta al virtuosismo, stessa sensibilità armonica – e dall’altra ai tratti, alle sospensioni, ai ghigni del Mephisto-Walzer di Liszt, questa pagina ammicca ai sottintesi fantastico-erotici a lungo connessi a questa danza strettamente di coppia: “Che il valzer ci trascini, fino a perdere il fiato, fino a morire”, cantano i cori nella kermesse del Faust; e la Danza macabra è un valzer.

trois recueils de Six Études : opus 52 (1877), opus 111 (1909) et opus 135 pour la main gauche (1912). L’Étude en forme de valse, la plus connue sans doute du premier recueil, a toutes les qualités d’un final brillant, désinvolte et joyeux. Venant après un impressionnant Prélude et une curieuse étude pour l’indépendance des doigts, après deux Prélude et Fugue en fa mineur et la majeur néoclassiques encadrant une Étude de rythme délicieusement subtile, ce bouquet pyrotechnique emprunte à la valse, qui n’a pas de forme bien arrêtée, sa libre succession de refrains et de couplets, l’élan et les coquetteries rythmiques qu’offre l’inscription dans la mesure à trois temps vifs. Mais pas plus qu’elle n’est indulgente aux doigts rebelles au jeu perlé, on ne saurait tenter de la danser sans se rompre le cou. Fatale ? Sans doute car, tendant une main à L’Invitation à la valse de Weber – même tonalité de ré bémol majeur, favorable à la virtuosité, même sensibilité harmonique — et l’autre main aux traits, aux suspensions, aux ricanements des Mephisto-Walzer de Liszt, cette page lutine les arrière-plans fantastico-érotiques longtemps attachés à cette danse de couple fermée : « Que la valse nous entraine, jusqu’à perdre haleine, jusqu’à mourir », chantent les chœurs dans la kermesse de Faust ; et la Danse macabre est une valse.

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Frédéric Chopin (1810-1849)Anche se Chopin è innegabilmente il più grande ambasciatore dello spirito polacco nell’Ottocento, il suo attaccamento alla Francia non è per questo meno reale e profondo. Il padre, precettore nella regione di Varsavia, è egli stesso originario della Lorena. Mente illuminata, provvede a che il giovane riceva una solida cultura generale senza ostacolare le sue aspirazioni artistiche. Iniziato al pianoforte dalla madre, Frédéric è in seguito affidato a Wojciech Zywny prima di accedere, nel 1826, alle classi di Würfel (pianoforte) e Elsner (composizione) presso il Conservatorio di Varsavia. Enfant prodige, si guadagnerà presto la fama di “Mozart polacco”, riconoscimento tanto più significativo in quanto il suo paese, allora sotto il dominio russo, aspira all’indipendenza. In questo frangente storico, Chopin sceglie di lasciare la Polonia alla fine degli studi nel 1829: è a Vienna quando apprende la notizia che l’insurrezione del 1830-1831 è stata soffocata. A Parigi, dove giunge poco dopo, si tuffa in un’intensa vita mondana, facendo brillare fino all’eccesso il suo straordinario talento di virtuoso e d’improvvisatore nei salotti. Si lega in quegli anni a un buon numero di artisti, dal violoncellista Franchomme al pittore Delacroix, senza dimenticare George Sand, con la quale intrattiene una relazione tempestosa dal 1838 al 1847. Genio folgorato dalla malattia, straziato dal martirio della patria, Chopin sembra predestinato a entrare nel grande pantheon romantico. Rivolta quasi esclusivamente al pianoforte, la sua opera, al tempo stesso sensibile e rivoluzionaria, segnerà numerosi artisti francesi, e questo fino a Fauré, Debussy e Ravel.

Frédéric Chopin (1810-1849)Si Chopin est sans conteste le plus grand ambassadeur de l’âme polonaise au XIXe siècle, son attachement à la France n’en fut pas moins réel et profond. Son père, précepteur dans la région de Varsovie, est lui-même originaire de Lorraine. Esprit éclairé, il veille à ce que le jeune garçon reçoive une solide culture générale, sans entraver ses aspirations artistiques. Initié au piano par sa mère, Frédéric est confié par la suite à Wojciech Zywny avant d’intégrer, en 1826, les classes de Würfel (piano) et Elsner (composition) au Conservatoire de Varsovie. Enfant prodige, il ne tarde guère à se forger une réputation de « Mozart polonais », reconnaissance d’autant plus significative que son pays, alors sous domination russe, aspire à l’indépendance. Dans ce contexte troublé, il choisit de partir à la fin de ses études en 1829 : c’est à Vienne qu’il devait apprendre la nouvelle de l’écrasement de l’insurrection de 1830-1831. À Paris, où il arrive peu après, il se plonge dans une vie mondaine intense, faisant briller jusqu’à l’excès son extraordinaire talent de virtuose et d’improvisateur dans les salons. Il se lie alors avec bon nombre d’artistes, du violoncelliste Franchomme au peintre Delacroix, sans oublier George Sand, avec qui il entretient une liaison tumultueuse de 1838 à 1847. Génie foudroyé par la maladie, déchiré par le martyr de sa patrie, Chopin semblait destiné à intégrer le grand panthéon romantique. Tournée presque exclusivement vers le piano, son œuvre, à la fois sensible et révolutionnaire, marquera de nombreux artistes français, et ce jusqu’à Fauré, Debussy et Ravel.

I compositoriLes compositeurs

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Claude Debussy (1862-1918)Nato in un ambiente modesto, Debussy ricevette una prima educazione alquanto sommaria. I suoi studi musicali iniziarono verso il 1870, sotto la guida di Jean Cerutti e poi di Antoinette Mauté. Accortisi rapidamente delle sue capacità, lo iscrissero al Conservatorio nel 1872. Debussy seguì con alterna fortuna le classi di Marmontel (pianoforte), Durand (armonia) e Guiraud (composizione), prima di ottenere un primo prix de Rome nel 1884. Tre anni dopo lo ritroviamo assiduo frequentatore dei salotti e degli ambienti simbolisti. Scopre allora Bayreuth, i gamelan giavanesi, Musorgskij e Maeterlinck, ed elabora il proprio stile così particolare, fondato su una libertà formale e tecnica, una supremazia dei sensi sulla regola (nel rifiuto di qualunque gratuito accademismo) e un’assoluta padronanza della scrittura e dell’orchestra. A poco a poco la fama procuratagli da opere come il Prélude à l’après-midi d’un faune (1891-1894) o i Nocturnes per orchestra (1897-1899) gli conferisce lo statuto di capofila dell’avanguardia, posizione confermata nel 1902 dalla prima esecuzione dell’opera Pelléas et Mélisande. Personaggio chiave della storia della musica moderna, Debussy è autore di un catalogo ricco di centocinquanta opere che includono pressoché tutti gli organici. Tra i suoi contributi fondamentali citiamo la Suite bergamasque, i Préludes e le Images per pianoforte, La Mer, Jeux e le Images per orchestra, nonché vari lavori cameristici (tra cui un quartetto e tre sonate) e vocali (Proses lyriques, Chansons de Bilitis).

Claude Debussy (1862-1918)Issu d’un milieu modeste, Debussy reçut une première éducation assez sommaire. Ses études musicales commencèrent vers 1870, sous la direction de Jean Cerutti puis d’Antoinette Mauté. Très vite conscients de ses capacités, ils l’inscrivirent au Conservatoire en 1872. Debussy suivit avec plus ou moins de bonheur les classes de Marmontel (piano), Durand (harmonie) et Guiraud (composition), avant d’obtenir un premier prix de Rome en 1884. Trois ans plus tard, on le retrouve fréquentant avec assiduité les salons et les milieux symbolistes. Il découvre alors Bayreuth, les gamelans javanais, Moussorgski ou Maeterlinck, et élabore son style si particulier, fondé sur une liberté formelle et technique, une primauté des sens sur la règle (dans un refus de tout académisme gratuit), et une maîtrise sans faille de l’écriture et de l’orchestre. Peu à peu, la réputation que lui valent des ouvrages comme le Prélude à l’après-midi d’un faune (1891-1894) ou les Nocturnes pour orchestre (1897-1899) lui confère le statut de chef de file de l’avant-garde, position que confirme, en 1902, la création de l’opéra Pelléas et Mélisande. Personnage-clef de l’histoire de la musique moderne, Debussy est l’auteur d’un catalogue riche de 150 œuvres touchant à presque toutes les formations. Parmi ses contributions majeures, citons la Suite bergamasque, les Préludes et les Images pour piano, La Mer, Jeux et les Images pour orchestre, ainsi que diverses pièces de musique de chambre (dont un quatuor et trois sonates) et de musique vocale (Proses lyriques, Chansons de Bilitis).

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Marie-Joseph-Alexandre Déodat de Séverac (1872-1921)Nato in una famiglia del Languedoc le cui origini note risalgono all’Undicesimo secolo, Déodat de Séverac apprende la musica con il padre, pittore di talento, e con Louis Amiel, organista della sua città natale nella Haute-Garonne. Pur intraprendendo studi giuridici, Séverac perfeziona la propria formazione musicale al conservatorio di Tolosa e, dal 1896 in poi, alla Schola Cantorum di Parigi, dove è allievo di d’Indy, Bordes, Guilmant e Magnard. Frequenta allora Albéniz, Selva, Dukas, Ravel, Fargue e Picasso. Già in quegli anni Séverac s’impegna in favore di una musica che guardi al folklore delle province francese, unico modo secondo lui per sfuggire all’influsso germanico. La sua musica s’ispira alla sua regione natale, per la quale lascia definitivamente Parigi nel 1907: ne sono testimonianza En Languedoc (1904), Baigneuses au soleil (1908), Cerdaña (1911) e Sous les lauriers roses (1919), pezzi per pianoforte che formano il nucleo della sua produzione. Il catalogo di Séverac annovera anche numerose mélodies, pezzi per organo, alcuni poemi sinfonici, musiche di scena e varie opere sceniche, le più importanti delle quali sono Le Cœur du moulin (1908) e Héliogabale (1910), rappresentato di fronte a tredicimila persone nell'arena di Béziers. La fama di Séverac ha molto probabilmente risentito della sua scelta di vivere nel sud della Francia – e forse di una scrittura che non ricerca minimamente il favore dei virtuosi. Cugina di quella di Debussy (senza la sua componente elitaria), erede di d’Indy (ma rifuggente dal suo austero rigore), la sua musica esalta la luce, i sentori, le terre e le popolazioni mediterranee.

Marie-Joseph-Alexandre Déodat de Séverac(1872-1921)Issu d’une famille du Languedoc dont les origines connues remontent au XIe siècle, Déodat de Séverac apprend la musique avec son père, peintre talentueux, et Louis Amiel, l’organiste de sa ville natale de Haute-Garonne. Tout en poursuivant des études de droit, il perfectionne sa formation au conservatoire de Toulouse puis, à partir de 1896, à la Schola Cantorum de Paris, où il est l’élève de d’Indy, Bordes, Guilmant et Magnard. Il fréquente alors Albéniz, Selva, Dukas, Ravel, Fargue et Picasso. Séverac milite dès cette époque pour une musique tournée vers le folklore des provinces françaises, seule manière selon lui d’échapper à l’influence germanique. Sa production s’inspire de sa région natale, pour laquelle il quitte définitivement Paris en 1907 : en témoignent En Languedoc (1904), Baigneuses au soleil (1908), Cerdaña (1911) et Sous les lauriers roses (1919), pièces pour piano qui forment le cœur de sa production. Le catalogue de Séverac compte également de nombreuses mélodies, des pièces d’orgue, quelques poèmes symphoniques, de la musique de scène et plusieurs ouvrages scéniques dont les plus importants sont Le Cœur du moulin (1908) et Héliogabale (1910), créé devant treize mille personnes dans les arènes de Béziers. La renommée de Séverac a très probablement souffert de son choix de vivre dans le sud de la France – et peut-être d’une écriture ne convoitant nullement les faveurs des virtuoses. Cousine de celle de Debussy (sans son penchant élitiste), héritière de d’Indy (mais fuyant son austère rigueur), sa musique exalte la lumière, les senteurs, les terres et les populations méditerranéennes.

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Théodore Dubois (1837-1924)Allievo dotato, Théodore Dubois compì brillanti studi al Conservatorio di Parigi ottenendo molteplici riconoscimenti nelle classi di Marmontel (pianoforte), Benoist (organo), Bazin (armonia) e Thomas (composizione), tra cui un primo grand prix de Rome nel 1861. Tornato in Francia dopo aver abbreviato il soggiorno in Italia, intraprese una carriera in costante ascesa. Professore di armonia al Conservatorio dal 1871, divenne dieci anni dopo professore di composizione e quindi direttore dal 1896 fino alle dimissioni nel 1905. Parallelamente a queste attività, ricoprì diversi incarichi musicali al servizio della Chiesa, in particolare come organista alla Madeleine (1877-1896). A questo titolo, a lui si deve un’importante produzione religiosa, il cui esempio più significativo, l’oratorio Les Sept Paroles du Christ (1867), riscosse un notevole successo. Onorato dagli ambienti ufficiali, membro dell’Institut de France dal 1894, Dubois ebbe a patire, dopo la morte, di questa sua posizione privilegiata. Significativo, a questo proposito, è il diffuso malinteso relativo al suo ritiro dal Conservatorio: poiché coincise con lo scandalo dell’ultimo fallimento di Ravel al prix de Rome, fu per molto tempo considerato una sferzante sconfitta degli ambienti accademici. Eppure, pur mantenendosi fedele ai propri ideali di chiarezza e di rispetto della tradizione, Dubois era sensibile all’evoluzione del suo tempo, come attesta la sua adesione alla Société nationale de musique. D’ispirazione eclettica, la sua opera ampia e variegata, che include tutti i generi, si rifà tanto a Franck quanto a Schumann, Brahms o Saint-Saëns.

Théodore Dubois (1837-1924)Élève doué, Théodore Dubois fit de brillantes études au Conservatoire de Paris, remportant de multiples récompenses dans les classes de Marmontel (piano), Benoist (orgue), Bazin (harmonie) et Thomas (composition), dont un premier grand prix de Rome en 1861. De retour en France après un séjour en Italie abrégé, il entama sans attendre le cours naturel d’une régulière et patiente ascension. Professeur d’harmonie au Conservatoire dès 1871, il y devint dix ans plus tard professeur de composition, puis directeur de 1896 à sa retraite en 1905. Parallèlement à ces activités, il assura différentes fonctions musicales au service de l’Église, notamment à l’orgue de la Madeleine (1877-1896). À ce titre, on lui doit un important corpus religieux, dont l’exemple le plus marquant, l’oratorio Les Sept Paroles du Christ (1867), lui valut un franc succès. Honoré par les milieux officiels, membre de l’Institut depuis 1894, Dubois eut à souffrir après sa mort de cette position privilégiée. Le malentendu tenace concernant son départ du Conservatoire est, à cet égard, significatif : coïncidant avec le scandale du dernier échec de Ravel au prix de Rome, il fut longtemps considéré comme une cinglante défaite des milieux académiques. Et pourtant, tout en restant fidèle à ses idéaux de clarté et de respect de la tradition, Dubois était sensible aux avancées de son temps, comme en témoigne son adhésion à la Société nationale de musique. D’inspiration éclectique, son œuvre vaste et variée, qui touche à tous les genres, se réclame autant de Franck que de Schumann, Brahms ou Saint-Saëns.

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Gabriel Fauré (1845-1924)Figlio del direttore di un istituto magistrale, Fauré fu iscritto già all’età di nove anni alla Scuola di musica classica e sacra fondata nel 1853 da Louis Niedermeyer. Allievo di Loret (organo), Saint-Saëns (pianoforte) e Niedermeyer stesso (composizione), ricevette una formazione eccezionalmente ricca, che gli fece scoprire sia i maestri antichi sia quelli moderni. Non stupisce che alla fine degli studi nel 1865 intraprenda una carriera nella musica sacra, la quale lo porta in particolare alla chiesa della Madeleine come maestro di cappella (1877-1905) e successivamente organista (1896-1905). In parallelo, cominciò a frequentare i salotti brillando per il suo talento di pianista e improvvisatore. Nel 1896, grazie alla sua fama crescente, prende il posto di Massenet come professore di composizione al Conservatorio, prima di assumere la direzione dell’istituto tra il 1905 e il 1920. Mente libera e aperta (fu uno dei fondatori nel 1871 della Société nationale de musique), Fauré segnò profondamente i suoi allievi, tra i quali figurano Florent Schmitt, Charles Kœchlin, Nadia Boulanger e Maurice Ravel. Anche se è autore di un’ambiziosa tragédie lyrique (Prométhée, 1900), di una magnifica opera (Pénélope, 1913) e di un celebre Requiem (1877), fu innanzitutto nel mondo intimista e raffinato della musica da camera, del pianoforte e della mélodie che Fauré sviluppò gli aspetti più innovativi del suo stile. Melodista di primo piano, armonista di stupefacente intuito, fu uno dei grandi rappresentanti della musica francese tra Ottocento e Novecento, posizione che gli meritò nel 1909 un’elezione all’Institut de France.

Gabriel Fauré (1845-1924)Fils d’un directeur d’école normale, Fauré fut envoyé dès l’âge de neuf ans à l’École de musique classique et religieuse fondée en 1853 par Louis Niedermeyer. Élève de Loret (orgue), Saint-Saëns (piano) et Niedermeyer lui-même (composition), il y reçut une formation exceptionnellement riche, découvrant aussi bien les maîtres anciens que modernes. Sans surprise, il embrassa à la fin de ses études, en 1865, une carrière dans la musique religieuse, qui le conduisit notamment à l’église de la Madeleine comme maître de chapelle (1877-1905) puis organiste (1896-1905). Parallèlement, il se mit à fréquenter les salons, brillant par ses talents de pianiste et d’improvisateur. En 1896, sa réputation grandissant, il succède à Massenet comme professeur de composition au Conservatoire, avant de prendre la direction de l’établissement entre 1905 et 1920. Esprit libre et ouvert (il fut l’un des fondateurs, en 1871, de la Société nationale de musique), Fauré marqua profondément ses élèves, parmi lesquels Florent Schmitt, Charles Koechlin, Nadia Boulanger et Maurice Ravel. Même s’il fut l’auteur d’une ambitieuse tragédie lyrique (Prométhée, 1900), d’un magnifique opéra (Pénélope, 1913), et d’un célèbre Requiem (1877), c’est avant tout dans le monde intimiste et raffiné de la musique de chambre, du piano et de la mélodie que Fauré développa les aspects les plus novateurs de son style. Mélodiste de premier plan, harmoniste d’une stupéfiante intuition, il fut l’un des grands représentants de la musique française au tournant du siècle, position qui lui valut en 1909 une élection à l’Institut.

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Benjamin Godard (1849-1895)Enfant prodige del violino, allievo di Richard Hammer e di Henri Vieuxtemps, Benjamin Godard entra al Conservatorio parigino, ove studia Composizione con Henri Reber. Fallisce due volte il concorso per il prix de Rome, ma occupa nondimeno una parte importante nella vita musicale francese agli inizi della Terza Repubblica; suona con pari disinvoltura il violino e il pianoforte, ma è richiesto soprattutto come violista e molto apprezzato come tale dai quartetti d’archi che frequenta all’epoca. I suoi pezzi pianistici riscuotono sempre un sicuro successo nei salotti. In qualità di direttore d’orchestra, fonda nel 1884 la Société des Concerts modernes con gli strumentisti dei Concerts populaires de Pasdeloup (che era appena andato in pensione). A partire dal 1887 è docente al Conservatoire de Paris, ove è titolare della classe di ensemble strumentale. Il corpus dei suoi lavori comprende circa 150 opere e tocca tutti i generi: sei opere, numerosi pezzi per orchestra, svariati concerti, e un’abbondante produzione di brani di musica da camera. Inizialmente fu ritenuto un compositore originale e fantasioso e un importante rappresentante della scuola francese moderna, ma il suo stile non tenne conto dell’evoluzione dello stile musicale avviata in Francia negli anni ottanta del XIX secolo. Temendo l’influenza di Wagner sui musicisti della sua generazione, Godard rimase fedele al proprio linguaggio, intriso del romanticismo che gli ispiravano Chopin, Mendelssohn e Schumann. La sua carriera s’interruppe prematuramente; di salute cagionevole, fu costretto a lasciare Parigi per trasferirsi a Cannes, dove morì nel 1895.

Benjamin Godard (1849-1895)Enfant prodige du violon, élève de Richard Hammer et d’Henri Vieuxtemps, Benjamin Godard entre au Conservatoire de Paris où il étudie la composition avec Henri Reber. Il échoue deux fois au concours de Rome, mais n’en tient pas moins une place importante dans la vie musicale française des débuts de la IIIe République : se produisant aussi bien au violon qu’au piano, c’est surtout à l’alto qu’il est un partenaire apprécié dans les différents quatuors que Godard fréquente, et ses pièces de piano connaissent un succès certain dans les salons. Chef d’orchestre, il crée en 1884 la Société des Concerts modernes avec les musiciens des Concerts populaires de Pasdeloup (qui venait de prendre sa retraite). Il est professeur au Conservatoire de Paris, chargé de la classe d’ensemble instrumental à partir de 1887. Son catalogue d’environ 150 numéros d’opus touche à tous les genres : six opéras, des pièces orchestrales dont plusieurs symphonies à programme, plusieurs concertos, ainsi qu’une abondante production de pièces de musique de chambre. D’abord considéré comme un compositeur original et fantasque, important représentant de l’école moderne française, le style de Godard ne prit pas en compte l’évolution du goût musical amorcé en France dans les années 1880. Redoutant l’influence de Wagner sur sa génération, Godard demeura fidèle à son langage, tenant d’un romantisme qu’inspiraient Chopin, Mendelssohn et Schumann. Sa carrière s’interrompt prématurément : de santé fragile, Godard est contraint de quitter Paris pour Cannes, où il meurt en 1895.

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Gabriel Pierné (1863-1937)Nato a Metz da una famiglia di musicisti, Pierné cresce in un ambiente particolarmente favorevole al precoce sviluppo del suo talento. Costretto a lasciare la Lorena dopo la sconfitta del 1870, entra al Conservatorio di Parigi, dove riceve l’insegnamento di Marmontel (pianoforte), Massenet (composizione) e Franck (organo), prima di ottenere nel 1882 un primo prix de Rome. Da questo momento in poi, la sua carriera dà l’impressione di una folgorante ascesa: pur succedendo a Franck all’organo della chiesa di Sainte-Clotilde (dal 1890 al 1898), moltiplica le occasioni di far scoprire le proprie qualità di virtuoso e di compositore. Il suo catalogo si arricchisce in quegli anni di numerosi pezzi, ma il vero riconoscimento giunge solo a cavallo tra i due secoli, quando il musicista dà prova di ambizioni nuove di cui sono testimonianza il poema sinfonico L’An mil, la Sonata per violino e l’opera La Fille de Tabarin. Direttore d’orchestra ricco di talento, si afferma alla guida dei Concerts Colonne (1910-1934) come uno strenuo difensore sia dell’arte accademica sia di quella d’avanguardia, altrettanti influssi contrapposti che trovano illustrazione nella sua opera della maturità (oltre alla musica da camera e orchestrale, citiamo l’oratorio Saint François d’Assise, l’opera Sophie Arnould e i balletti Cydalise et le Chèvre-pied e Impressions de music-hall). Al tempo stesso sensibile alle evoluzioni del proprio tempo e rispettoso delle acquisizioni dell’arte ufficiale, Pierné sviluppa uno stile personale, sintesi di equilibrio e di compromessi, sottile alleanza d’istinto e di cultura, di sensibilità e di abilità tecnica.

Gabriel Pierné (1863-1937)Né à Metz, issu d’une famille de musiciens, Pierné grandit dans un milieu particulièrement propice à l’éclosion précoce de son talent. Contraint de quitter la Lorraine après la défaite de 1870, il entra au Conservatoire de Paris où il reçut l’enseignement de Marmontel (piano), Massenet (composition) et Franck (orgue), avant d’être récompensé en 1882 par un premier prix de Rome. À partir de ce moment, sa carrière donne l’impression d’une fulgurante ascension : tout en succédant à Franck à l’orgue de l’église Sainte-Clotilde (de 1890 à 1898), il multiplia les occasions de faire découvrir ses qualités de virtuose et de compositeur. Si son catalogue s’enrichit alors de nombreuses pièces, la véritable reconnaissance n’intervint qu’au tournant du siècle, le musicien faisant preuve d’ambitions nouvelles dont témoignent le poème symphonique L’An mil, la Sonate pour violon et l’opéra La Fille de Tabarin. Chef d’orchestre talentueux, il s’affirma à la tête des Concerts Colonne (1910-1934) comme un ardent défenseur de l’art académique et d’avant-garde, autant d’influences opposées qu’illustre parallèlement son oeuvre de la maturité (outre sa musique de chambre et orchestrale, citons l’oratorio Saint François d’Assise, l’opéra Sophie Arnould et les ballets Cydalise et le Chèvre-pied et Impressions de music-hall). À la fois sensible aux évolutions de son temps et respectueux des acquis de l’art officiel, Pierné développa un style personnel, synthèse d’équilibre et de compromis, alliance subtile d’instinct et de culture, de sensibilité et de savoir-faire.

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Camille Saint-Saëns (1835-1921)Orfano di padre proprio come Charles Gounod, Saint-Saëns fu cresciuto dalla madre e dalla prozia. Fu quest’ultima a iniziarlo al pianoforte, prima di affidarlo a Stamaty e poi a Maleden. Straordinariamente precoce, fece la sua prima apparizione in concerto già nel 1846. Due anni dopo lo ritroviamo al Conservatorio nelle classi di Benoist (organo) e poi di Halévy (composizione). Anche se fallì due volte al concorso per il prix de Rome, il complesso della sua carriera fu costellato da un’infinità di riconoscimenti e di nomine a vari incarichi ufficiali, tra cui un’elezione all’Académie des beaux-arts nel 1878. Virtuoso, titolare degli organi della Madeleine (1857-1877), impressionò i suoi contemporanei. Compositore colto e fecondo, si adoperò per la riabilitazione dei maestri del passato partecipando a edizioni di Gluck e di Rameau. Eclettico, difese tanto Wagner quanto Schumann. Come didatta ebbe tra i suoi allievi Gigout, Fauré o Messager. Come critico firmò numerosi articoli che attestano uno spirito lucido e acuto, anche se molto legato ai principi dell’accademismo. Fu questo stesso spirito, indipendente e volitivo, a indurlo a fondare nel 1871 la Société nationale de musique, e quindi a rassegnare le dimissioni nel 1886. Ammirato per le sue opere orchestrali, pervase di un rigore assolutamente classico in uno stile non privo di audacia (cinque concerti per pianoforte, tre sinfonie, l’ultima delle quali con organo, quattro poemi sinfonici, tra cui la celebre Danse macabre), conobbe un successo internazionale grazie in particolare alle opere Samson et Dalila (1877) e Henry VIII (1883).

Camille Saint-Saëns (1835-1921)Orphelin de père tout comme Charles Gounod, Saint-Saëns fut élevé par sa mère et sa grand-tante. C’est cette dernière qui l’initia au piano, avant de le confier à Stamaty puis à Maleden. Extraordinairement précoce, il fit sa première apparition en concert dès 1846. Deux ans plus tard, on le retrouve au Conservatoire dans les classes de Benoist (orgue) puis d’Halévy (composition). S’il échoua à deux reprises au concours de Rome, l’ensemble de sa carrière fut néanmoins ponctué d’une foule de récompenses, ainsi que de nominations à divers postes institutionnels, dont une élection à l’Académie en 1878. Virtuose, titulaire des orgues de la Madeleine (1857-1877), il impressionna ses contemporains. Compositeur fécond et cultivé, il œuvra à la réhabilitation des maîtres du passé, participant à des éditions de Gluck et de Rameau. Éclectique, il défendit aussi bien Wagner que Schumann. Pédagogue, il compta parmi ses élèves Gigout, Fauré ou Messager. Critique, il signa de nombreux articles témoignant d’un esprit fort et lucide, quoique très attaché aux principes de l’académisme. C’est ce même esprit, indépendant et volontaire, qui le poussa à fonder, en 1871, la Société nationale de musique, puis à en démissionner en 1886. Admiré pour ses œuvres orchestrales empreintes d’une rigueur toute classique dans un style non dénué d’audaces (cinq concertos pour piano, cinq symphonies dont la dernière avec orgue, quatre poèmes symphoniques, dont la célèbre Danse macabre), il connut une renommée internationale, notamment grâce à ses opéras Samson et Dalila (1877) et Henry VIII (1883).

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L'interpreteL'interprète

Philippe Hattat, pianoforteNato nel 1993, Philippe Hattat ha iniziato gli studi musicali al Conservatorio de Levallois-Perret e li ha proseguiti al CNSMD di Parigi con Jean-François Heisser e Jean-Frédéric Neuburger, ottenendo sette primi premi in pianoforte, accompagnamento e composizione. Inoltre ha conseguito un premio in improvvisazione all’organo al CRR di Saint-Maur-des-Fossés, nella classe di Pierre Pincemaille. Si è già esibito in numerosi festival di richiamo in Francia (Festival Chopin a Parigi, Festival Palazzetto Bru Zane Paris, Journées Ravel, Festival pianistico internazionale della Roque-d’Anthéron, Les Estivales in Puisaye-Forterre con l’Orchestra da camera Camerata Bohemia, Festival di Pasqua a Deauville) e in ambito internazionale (Musica da Casa Menotti a Spoleto, festival Sonograms a Sofia, Encuentros a Buenos Aires, Gümüşlük Klasik Müzik Festivali in Turchia). Ha vinto il Concorso pianistico internazionale Claude Bonneton a Sète e il Concorso internazionale di pianoforte di Orléans. Philippe Hattat è anche organista, compositore, appassionato di linguistica comparativa e di etimologia. Attualmente è artista in residenza presso la Fondation Singer-Polignac.

Philippe Hattat, pianoNé en 1993, Philippe Hattat débute ses études musicales au Conservatoire de Levallois-Perret. Il obtient, durant ses études au CNSMDP avec Jean-François Heisser et Jean-Frédéric Neuburger, sept premiers prix en piano, accompagnement et écriture. Il est également lauréat d’un prix d’improvisation à l’orgue au CRR de Saint-Maur-des-Fossés, dans la classe de Pierre Pincemaille. À seulement 25 ans, Philippe Hattat s’est déjà produit dans des festivals de renom en France (Festival Chopin, Festival Palazzetto Bru Zane Paris, Journées Ravel, Festival international de piano de la Roque-d'Anthéron, Les Estivales en Puisaye-Forterre avec l’Orchestre de chambre Camerata Bohemia, Festival de Pâques de Deauville) et à l’international (Musica da Casa Menotti à Spoleto, festival Sonograms à Sofia, festival Encuentros à Buenos Aires, Gümüşlük Klasik Müzik Festivali en Turquie…). Il est lauréat du Concours international de piano Claude Bonneton de Sète et du Concours international de piano d’Orléans. Philippe Hattat est également organiste, compositeur et passionné de linguistique comparative et d’étymologie. Il est actuellement en résidence à la Fondation Singer-Polignac.

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