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Alessandra Ferri Giulia Santucci Storia dell’architettura antica e medievale Quaderno di studio

Ferri Santucci - Quaderno di studio di Storia dell’Architettura Antica e Medievale I

Indice del volume Premessa degli autori Programma Bibliografia Capitolo I. Architettura greca Capitolo II. Architettura romana Capitolo III. Architettura paleocristiana e bizantina Capitolo IV. Architettura carolingia e ottoniana Capitolo V. Architettura romanica Capitolo VI. Architettura gotica Capitolo VII. Architettura cistercense

III IV IX 1

53 125 151 165 207 259

Ferri Santucci - Quaderno di studio di Storia dell’Architettura Antica e Medievale II

Premessa Questo libretto è nato dall’esigenza di ordinare una materia bellissima ma immensa che a nostro avviso aveva bisogno di essere sistematizzata in vista di un fantomatico esame da otto crediti. Abbiamo raccolto in queste pagine tutti gli argomenti di interesse per lo studente che si avvicina per la prima volta alla storia dell’architettura antica e medievale, e che immediatamente se ne allontana dopo aver letto l’elenco infinito degli edifici in grassetto sul programma! Così lo scopo di questo quaderno è quello di fornire un filo conduttore e una ragione per ognuno di quegli edifici, riassumendo le notizie diligentemente raccolte dai libri e durante il corso, il tutto accompagnato da una copiosa documentazione di foto e immagini. Questa operazione di sintesi, decisamente poco ortodossa, non poteva essere affrontata da un esperto che mai avrebbe eliminato dall’elenco tutti quegli edifici minori che al contrario due matricole (con la superficialità tipica dello studente del I anno) hanno festosamente depennato, accompagnando tale oscena procedura con la rituale e scaramantica espressione: “Tanto questo non ce lo chiederà mai!”. Il contesto di incubazione di questo lavoro è stato il corso di Storia Antica e Medievale curato dal Prof. Alessandro Viscogliosi senza il quale non sarebbe stato possibile neanche lontanamente pensare di fare una cosa del genere. Un ringraziamento particolare va dunque a lui che ci ha trasmesso generosamente e spudoratamente (nel senso vero del termine) la propria passione per la storia e una porzione infinitesimale della sua cultura, cui la durata limitatissima di un corso universitario non rende giustizia.

Roma, 4 marzo 2005

Giulia Santucci Com’è nata l’idea di questo libro?o come meglio dire, libricino? Così per gioco, un’estate del primo anno di architettura. Gioco che si è trasformato nell’arco di un mese in un “lavoro matto e disperato”; tutto ciò nel tentativo di esprimere quella stessa passione, mediante la quale il nostro professore ha fatto di “pietre inerti un dramma”. Ringrazio pertanto il prof. Viscogliosi e soprattutto invito i miei compagni a trovare quello stesso motivo ispiratore e a non spaventarsi dinnanzi a questa materia, la cui mole di argomenti è nota a tutti. Non trovando parole migliori, concludo utilizzando quelle di un grande maestro: “PARTENONE. Ecco la macchina per creare emozioni. Noi entriamo nella dimensione implacabile della meccanica. Non ci sono simboli attaccati a queste forme. Queste forme provocano sensazioni categoriche; non c’è bisogno di una chiave per capire. Brutalità, intensità, infinita dolcezza e raffinatezza e forza. E chi ha trovato il modo di comporre questi elementi? Un inventore geniale. Questi sassi erano inerti nelle cave del Pentelico, informi. Per raggrupparli così non bastava essere un ingegnere; bisognava essere un grande scultore.” Le Corbusier Buon lavoro a tutti!

Roma, 11 marzo 2007

Alessandra Ferri

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Programma Architettura greca Dal medioevo ellenico all’arcaicismo. Origini del tempio greco (il problema dell’origine lignea degli ordini): Tempio di Apollo a Thermos Heraion a Olympia Heraion di Samo (I e II hekatonpedos) Arcaismo: Tempio di Apollo a Siracusa Basilica di Paestum (Era I) Tempio di Atena a Paestum Tempio G di Selinunte (Apollonion) Tempio di Aphaia a Egina Grandi dipteri ionici: Artemision di Efeso Heraion di Samo Apollonion di Didime (Didimaion) Età classica: Tempio di Zeus a Olympia Tempio c.d. di Poseidone a Paestum (Era II) Telesterion cimoniano e pericleo ad Eleusi L’acropoli di Atene. Pericle e i suoi architetti: Mnesicle e i Propilei Filocle e l’Eretteo Callicrate e il tempio di Atena Nike Ictino e Callicrate e il Partenone Il problema delle attribuzioni ad Ictino: Telesterion di Eleusi Tempio di Apollo Epikourios a Bassae Ephaisteion (Teseion) nell’agorà di Atene L’ellenismo (IV secolo): Tempio di Atena Elea a Teghea Tempio di Zeus a Nemea Le tholoi a Delphi e a Epidauro Pitheos e il mausoleo di Alicarnasso Pitheos e il tempio di Atena Polias a Priene Hermogene e il tempio di Artemide Leucophriene a Magnesia sul Meandro L’urbanistica ellenistica: Altare di Zeus a Pergamo Santuario di Atena Lindia a Rodi Alessandria e i problemi di urbanistica Architettura romana Roma in età ellenistica: varietà di tendenze architettoniche

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Area sacra di Largo Argentina L’uso del calcestruzzo romano: arco e volta Porticus Aemila I grandi complessi del Lazio repubblicano Fortuna Primigenia a Palestrina Ercole a Tivoli Giove Anxur a Terracina L’arco inquadrato dall’ordine: Tabularium L’architettura dei dittatori: Teatro di Pompeo Foro di Cesare L’architettura Augustea (e Agrippa): Teatro di Marcello Foro di Augusto (prototipo dei fori imperiali) Tempio di Marte Ultore Claudio e il bugnato rustico: Porta Maggiore Sostruzioni del tempio del divo Claudio al Celio Nerone: Domus Aurea L’architettura dei Flavii: Colosseo Domiziano e Rabirio: Domus Augustana (palazzo imperiale sul Palatino) Foro Transitorio Arco di Tito Traiano e Apollodoro di Damasco: Foro di Traiano Mercati di Traiano Basilica Ulpia Colonna traiana

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Adriano: Pantheon Villa Adriana a Tivoli Tempio di Venere e Roma L’architettura tardo-imperiale: Foro Severiano a Leptis Magna Arco di Settimio Severo Terme di Caracolla Tempio di Minerva Medica (ninfeo degli Orti Linciani) Mura Aureliane Terme di Diocleziano Palazzo di Diocleziano a Spalato Massenzio e Costantino: Basilica di Massenzio Arco di Costantino Architettura paleocristiana Nascita dell’architettura cristiana: domus ecclesiae, basilica, martyrium. San Crisogono Necropoli vaticana Il Cristianesimo dopo l’editto di Milano costantiniano (313): necessità di inventare un’architettura monumentale. Basilica Lateranense I martyria: San Pietro in Vaticano Natività a Betlemme Anastasis sul Golgota Modelli alla lontana per gli edifici a doppio involucro: Mausoleo di Teodorico, Mausoleo di Galla Placidia. Edifici a doppio involucro (a pianta circolare): San Lorenzo a Milano Santo Stefano Rotondo a Roma Battistero Lateranense Santa Costanza a Roma La rinascita classica a Roma: San Paolo fuori le mura, Santo Stefano Rotondo a Roma, Battistero Lateranense, Santa Maria Maggiore. La basilica doppia: Simeone lo stilita

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Teodorico: Battistero degli Ariani a Ravenna Battistero degli Ortodossi a Ravenna Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna Architettura bizantina Giustiniano: Santa Sofia a Costantinopoli San Vitale Architettura carolingia Cappella Palatina ad Aquisgrana (Eudo di Mez) Abbazia di Ottmarsheim Abbazia di Essen Abbazia di Corvey Torhalle di Lorsch Architettura ottoniana Santa Gertrude a Nivelles San Michele a Hildesheim Architettura romanica In Germania:

Duomo di Spira (1082) Duomo di Treviri Duomo di Worms Duomo di Magonza Basilica di Maria am Laach

In Francia (Inghilterra, Spagna)

Tipologia del Santo Sepolcro: Saint-Benigne a Digione Provenza Perigord: Angouleme, Fontevrault, Perigreux Borgogna: Abbazia della Maddalena a Vezelay Normanno: Durham (1093) Tipologia del coro deambulato : Notre-Dame de Jumieges Saint–Philibert a Tournus Saint-Etienne a Caen Cluny III Santiago de Compostela e le chiese di pellegrinaggio

In Italia:

Area padana: S. Ambrogio a Milano S. Michele a Pavia

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Duomo di Modena Duomo di Parma Toscana: Campo dei Miracoli a Pisa Area centrale: Abbazia di Montecassino (1075) Sicilia: Duomo di Cefalù Cappella palatina a Palermo Duomo di Monreale

Architettura gotica In Francia:

Il proto-gotico: St-Denis (1137-1144) Notre-Dame di Parigi (1160) Laon (entro il 1190) Noyon Soisson Gotico maturo: Bourges Chartres (1193) Reims (1210) Amiens (1220) Saint-Denis (100 anni dopo) Beauvais Sainte-Chapelle

In Italia:

Casamari Fossanova San Francesco d’Assisi San Fortunato a Todi Santa Maria Novella a Firenze Santa Croce a Firenze Duomo di Orvieto Duomo di Siena San Petronio a Bologna Duomo di Milano Palazzo vecchio Santa Maria del Fiore a Firenze (Arnolfo di Cambio) La cupola di Brunelleschi

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Bibliografia (in ordine per periodi) G.C.Argan, Storia dell’architettura italiana A.A.V.V., Enciclopedia universale dell’arte H.Berve, G.Gruben, I templi greci G.Rocco, Introduzione allo studio degli ordini architettonici antichi G.Rocco, Guida alla lettura degli ordini architettonici antichi. Lo ionico R.Martin, Architettura greca R.Martin, Mond Grec Charbonneaux, Martin, Villard, La Grecia arcaica F.Durando, Le grandi civiltà del passato. Antica Grecia Ward Perkins, Architettura romana F.Coarelli, Guide archeologiche. Roma A.Viscogliosi, I fori imperiali nei disegni d’architettura del primo Cinquecento A.Viscogliosi, Il tempio di Apollo in Circo e la nascita del linguaggio architettonico augusteo F.Quici, Il disegno cifrato P.Connolly, H.Dodge, La città antica J.Packer, Il foro di Traiano a Roma I.Ruggiero, I luoghi di culto ??? Le grandi civiltà del passato. Antica Roma. R.Krautheimer, Architettura paleocristiana e bizantina C.Mango, Architettura bizantina R.Bonelli,C.Bozzoni, V.Franchetti Pardo, Storia dell’architettura medievale H.E.Kubach, Architettura romanica L.Grodecki, Architettura gotica E.Panofsky, Architettura gotica e filosofia scolastica R.Bonelli, Il duomo di Orvieto e l’architettura gotica del Duecento Trecento A.A.V.V., Atti del convegno sull’architettura mendicante Sanpaolesi, La cupola di Brunelleschi ???

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Capitolo I Architettura greca

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In sostanza un unico tema: il tempio (per un discorso generale sul tempio e sugli ordini cfr. le sbobinature) Il tempio è un organismo profondamente autonomo, autarchico:

• Si erge in un luogo consacrato a un dio (temenos, temno: ritagliare) • Stilobate e peristasi lo separano dal contorno • Ha in sé le regole della sua perfezione: rimane identico in qualsiasi luogo • Non ha riguardo degli edifici vicini, né di chi lo osserva • Non è uno spazio architettonico (ovvero “vivibile”) • Le sue dimensioni non dipendono dalla figura umana (crescere della parte col

tutto) Solo partendo da un’idea si può spiegare anche dal punto di vista economico la tecnica a scalpello straordinariamente lunga e costosa che non può essere spiegata su una base razionale. Si cercava di realizzare ogni elemento da un unico blocco di pietra. Quando questo non era possibile si costruivano, con l’idea del monolite, lastre e rocchi perfettamente combacianti. Idea del tempio perfetto: furono elaborate regole precise per stabilire le proporzioni delle parti. Tuttavia non ci fu mai un canone immutabile ma sempre delle varianti.

Evoluzione del tempio 1. Altari fatti di pietra in un’area sacra recintata (temenos) (IX sec.) 2. Simulacro ligneo della divinità in un oikos (casa) 3. I primi templi sorgono sui ruderi dei megaron micenei Si tratta di una semplice cella costituita da una sala rettangolare preceduta da un portico a due colonne. All’interno due o più colonne assiali sostengono la copertura. In seguito viene introdotto il peristilio. In questi edifici le pareti di mattoni di argilla si ergevano su uno zoccolo di pietra (ortostati). La copertura era un tetto a forti spioventi che i Dori avevano importato dal nord. I sostegni lignei. 4. Processo di pietrificazione (VII sec.) Il processo di pietrificazione si protrasse per più di un secolo, attraverso passaggi graduali. Verso la fine del VII sec. sorgono ovunque leggeri edifici di pietra. Nel VI sec. si comprese la stabilità del nuovo materiale e questa scoperta si tradusse in edifici di grande potenza.

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Tempio di Apollo a Thermos (C) Un megaron (B) di epoca tardo-micenea fu trasformato in un tempio. Hekatonpedon (C) Cella divisa in 2 navate da un colonnato assiale per il sostegno della copertura Fornita di una corona ovale di colonne lignee nell’VIII sec. L’atrio anulare dovette ben presto essere sostituito con una peristasi rettangolare, logica conseguenza per un edificio trabeato. Questa poggia su lastre di pietra isolate. Introduzione nella parte posteriore di un atrio corrispondente al pronao: opistodomo copertura e travature del tetto vengono spartite indipendentemente dal ritmo delle colonne: non c’è il problema della contrazione angolare (tanto più che triglifo e architrave hanno la stessa larghezza).

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Heraion di Olympia Famoso per la lunga storia delle sue colonne lignee

Sorge sui resti di un hekatonpedon (650 c.) del quale il tempio recente (600 c.) mantiene le caratteristiche generali della pianta. La cella riceve le divisioni che diventeranno classiche:

• Pronao • Cella divisa in 3 navate • Opistodomo

Eliminazione dei sostegni assiali che ostacolano sia l’ingresso assiale sia la posizione centrale del simulacro attraverso la divisione in 3 navate: 6 colonne in facciata cella allungata 6x16 Non “nuota” ma è in rapporto con la peristasi. Introduzione di stilobate Tutte le colonne sono diverse per diametro e stile: questo è dovuto al fatto che le colonne lignee sono state sostituite gradualmente da quelle lapidee. In questi primi templi è associato l’uso del legno a quello della pietra, il tutto dissimulato da vivaci policromie. Questo uso misto di legno e pietra ha conservato, in origine, la leggerezza delle forme tipiche del tempio ligneo. Non si conoscevano ancora le potenzialità del nuovo materiale. Anche la trabeazione era lignea, per la grande distanza che separa le colonne. Trabeazione articolata da un fregio dorico: c’è la contrazione angolare.

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Heraion di Samo

primo hekatonpedon (Era I) Nella prima metà dell’VIII sec. fu costruito un edificio di 100 piedi che mancava di tutte le premesse tecniche e formali. Per coprire questo vano venne realizzata una lunga fila di sostegni assiale che ostacolava l’ingresso e la collocazione centrale del simulacro. All’esterno fu aggiunta una peristasi.

secondo hekatonpedon (Era II) Nella prima metà del VII sec. un’inondazione distrusse il primo hekatonpedon, sopra i cui resti fu elevato un nuovo edificio. Eliminazione del colonnato assiale Doppio colonnato in facciata: prelude al diptero! A difesa dall’umidità, i sostegni rettangolari vennero posti su basi di pietra, e il tempio venne posto sopra uno stilobate di pietra. Copertura a capanna o piana Questo edificio si presentava come un’opera di carpenteria, una forma primitiva senza espressione artistica. È una struttura architettonica che attendeva ancora il suo rivestimento, a differenza dell’ordine dorico dove ogni forma era immanente dal principio.

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Tempio di Apollo a Siracusa (Più antico tra i templi peripteri della Sicilia)

Caratteri dell’architettura siciliana:

• Forma allungata della cella • Assenza dell’opistodomo • Adyton sul fondo

Costruzione dalle proporzioni pesanti e massicce: l’insieme presenta una compressione di elementi sia sul piano orizzontale (stretti intercolumni) che su quello verticale (colonne tozze e trabeazione pesante). L’impiego della pietra ha condotto a forme di straordinaria potenza.

• Trabeazione ¼ h colonna • Colonne possenti h=4d • Gli abachi sporgenti dei capitelli quasi si toccano. • L’echino è schiacciato sotto il peso della trabeazione possente.

Caratteri arcaici:

• Cella allungata: peristasi 6x17 • Interassi dei fianchi più stretti; in facciata l’interasse centrale si allarga a spese

degli altri. Questa suddivisione caotica della facciata ha fatto dubitare dell’esistenza di un fregio dorico. C’era ma non era accordato al ritmo del colonnato! Le facciate sono evidenziate: profondità 1 ½ interasse Inoltre la facciata orientale ha un vestibolo aggiunto di 2 interassi I lati lunghi: 1 interasse

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Basilica di Paestum (Era I) (530 c. tempio più antico di Paestum)

Da qualsiasi parte si guardi l’edificio non appare come un corpo unitario. Proporzioni insolite: 9x18 (superamento del carattere arcaico della pianta allungata; qui risulta addirittura troppo larga) Anomala contrazione degli interassi di facciata rispetto a quelli dei fianchi. Numero dispari di colonne in facciata: comporta un colonnato assiale e la divisione in 2 navate (e 2 ingressi). La necessità di trovare uno spazio per la statua ha determinato che le colonne interne, ravvicinate verso est per ottenere una maggiore spazialità sul fondo, hanno perduto ogni rapporto con quelle esterne. Navate e portici: 2 interassi (anche su lati lunghi e fronte occidentale) Colonna con una rastremazione evidente e un’entasi pronunciata Echino piatto, molto aggettante

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Tempio di Athena a Paestum (hekatonpedon)

Appare aggraziato e levigato rispetto alla basilica. La peristasi entra a far parte del corpo architettonico: è un tutto armonico. La selvaggia forza espressiva delle colonne più antiche si è qui raddolcita:

• Entasi meno pronunciata • L’echino, sempre piatto e aggettante, viene incontro con un impeto più fluido alla

membratura orizzontale della trabeazione. • Anche la colonna si è slanciata.

Peristasi 6x13 (ancor prima che questo rapporto venisse preso come canone dalla madrepatria) Interassi tutti uguali: non c’è contrazione angolare, è la metopa che si allunga. Facciata evidenziata:

• 2 interassi (invece di 1) • atrio ionico: primo esempio dell’uso dei 2 ordini nello stesso edificio, dorico

esterno, ionico interno decorativo

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Tempio G di Selinunte (Apollonion) (520, gigantismo dei dipteri ionici)

Costituisce la più viva espressione del vigore creativo dell’architettura di Sicilia. Testimonia la capacità dell’ordine ionico di adattarsi alle strutture indigene vigorosamente doriche (Selinunte dovrebbe essere colonia di metropoli ionica). Anche qui uso combinato dei 2 ordini. Per le sue dimensioni (50x110m), l’Apollonion ricorda i grandi dipteri ionici. Bisogna osservare che l’ordine ionico, grazie alle sue proporzioni più leggere, sopporta meglio un potenziamento delle dimensioni che non il dorico. È da ammirare comunque il modo con cui il cantiere ha affrontato i problemi derivanti dalla costruzione di un edificio gigantesco, senza esempi nell’ambito dorico, attestando le possibilità di questo ordine. Svincolato dalle regole troppo rigide della Grecia continentale, il dorico di Sicilia si presta maggiormente alla sperimentazione. Superamento della pianta allungata 8x17 Sostituzione dell’arcaico adyton con il più classico opistodomo Cella integrata perfettamente nella peristasi Divisa in 3 navate contrariamente alla tradizione siciliana, ma qui i colonnati interni sono indispensabili per sostenere la copertura Colonne interne 1/3 di quelle esterne: 3 piani per raggiungere il tetto Problemi dell’uso combinato dei 2 ordini: • In un tempio dorico che prende a modello un tempio ionico per dimensioni e

colonnato: irregolarità degli intercolumni di facciata poco conciliabili col ritmo del fregio dorico

• Le proporzioni della colonna e la sua rastremazione non corrispondono alla

leggerezza di una trabeazione ionica.

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Tempio di Aphaia a Egina (Opera più progredita dell’età tardo-arcaica)

Tutti i caratteri dell’arcaismo maturo:

• Eleganza e armonia di forme e proporzioni

• Colonne sottili e slanciate: la pesantezza dei sostegni arcaici è scomparsa (aumenta il rapporto tra imoscapo e sommoscapo)

• Vigore e morbidezza del capitello

Rimanenze arcaiche:

• Intercolumni laterali più stretti • La cella nuota nella peristasi

Peristasi eccezionalmente tozza: 6x12 Nel superamento della forma arcaica allungata, l’architetto si è spinto anche troppo oltre! Cella a pianta classica, con pronao e opistodomo 3 navate (2 file di colonne ioniche a doppio piano): questa suddivisione sorprende in uno spazio così ristretto (appena 6 m). Il colonnato esprime qui tutto il suo valore plastico, di strutturale c’è ben poco! Serve a creare una cornice.

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Heraion di Samo

Dopo aver raggiunto il senso del monumentale nel cinquantennio 625-575, gli architetti cominciano ad essere animati da un grande vigore creativo. Questo vigore inizia a manifestarsi con splendidi risultati nella Ionia e nelle isole, dove le ricche città, traendo profitto dalla loro espansione politica e dalla loro prosperità economica, dedicano parte delle loro ricchezze ad abbellire i propri santuari, rivaleggiando tra di loro. Intorno al 560 si aprono i cantieri di Samo e di Efeso.

Diptero di Reco e Teodoro (Era III) (560 c.)

Nasce la struttura dell’ordine ionico. Il novo tempio, sorto sui resti dei primi 2 templi, è grande 12 volte e mezzo il tempio antico. Diptero 8x21: selva di colonne, labirinto di Reco (con le sue 104 colonne) 8 colonne frontali, 10 posteriori: allargamento dei 3 interassi centrali di facciata (=larghezza cella) La peristasi va considerata come una veste, vibrante, che cela il corpo compatto della cella. Trasferimento delle forme decorative agli elementi strutturali:

• Le colonne non portano ma “crescono” come snelli tronchi d’albero • Intensa vibrazione chiaroscurale (40 scanalature a spigolo vivo) • Basi costituite da 2 modanature, spira e toro • Capitelli lignei “a stampella” • Basso architrave ligneo a 3 fasce lievemente aggettanti • Dentellatura (travi in aggetto)

Andò in rovina non appena terminato, forse durante la rivolta che portò al potere Policrate.

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Diptero di Policrate (Era IV) (530, rimasto incompiuto)

Il tiranno cominciò subito un nuovo edificio che doveva porre in ombra l’antico diptero. Anche qui valorizzazione della facciata orientale: 8 colonne frontali, 9 posteriori Terza fila di colonne davanti alle fronti (modello Artemision di Efeso) Gli interassi vengono determinati in maniera del tutto arbitraria alle esigenze: indifferenza verso l’unità organica. Anche le colonne sono tutte diverse! Capitelli a voluta La soluzione che qui si propone per i capitelli angolari è quella di fondere le 2 volute in contrasto in una voluta diagonale. All’interno erano invece miseramente anchilosate. Capitelli a corona di foglie (quelli delle colonne interne): si pensa che proprio questa forma possa aver dato origine al capitello corinzio. Mentre il capitello a voluta è direzionato, questo può essere visto da tutti i lati.

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Artemision di Efeso (Chersifrone e Metagene)

Nel 560 si iniziò la costruzione di un diptero gigantesco, che doveva superare in grandezza e magnificenza il diptero di Reco. E in effetti, l’Artemision trionfava sul suo rivale di Samo per la ricca decorazione e per le dimensioni leggermente superiori. In luogo della cella è l’antico sekos aperto (non c’è traccia di colonne interne). Diptero 8x21 con 3 file di colonne nelle fronti Anche qui come a Samo:

• Valorizzazione della facciata: 8 colonne rispetto alle 9 tergali • La suddivisione dello spazio interno si ripercuote sugli intercolumni della fronte

principale, i quali risultano più larghi al centro e più stretti ai lati. Come a Didime:

• L’area sacra fu racchiusa in una struttura monumentale. Questo tempio doveva integrare gli altari che dal IX sec. si succedevano nel sito; a Samo rimanevano all’esterno, qui invece costituivano il nucleo del tempio.

L’ordine ionico qui raggiunge il suo massimo splendore ed eleganza:

• Colonne sollevate su un plinto • Basi costituite da 2 gole e un toro • Colonne snelle (12 d)

Anche qui tutte le colonne sono diverse. Sulle colonne poggiavano i primi architravi marmorei della Grecia! Nel 500 il tempio era terminato. Ma nella metà del IV sec. fu distrutto da un incendio. Il nuovo tempio doveva essere in tutto simile all’antico: non una copia esatta ma ripetere i caratteri essenziali (lunghezza, larghezza, altezza). Fu terminato nel III sec. Il diptero si erge ora su un possente basamento di 13 gradini sopra l’antico stilobate. Il tempio acquista così una nuova grandezza monumentale (nella sua più alta espressione lo ritroviamo nel Mausoleo e nell’Ara di Pergamo). Crepidoma = valore simbolico Ampie facciate dovevano sostenere giganteschi frontoni: 3 porte di scarico sugli interassi centrali (queste avevano anche un significato sacro)

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Apollonion di Didime o Didimaion (300 c., Peonio e Dafni)

Quello che Delfi rappresentava per i dori, era per gli ioni il grande santuario dell’Apollo didimeo, sotto la protezione della potente Mileto. Il tempio di Apollo viene costruito ad imitazione di quello di Efeso, racchiudendo come ad Efeso, in un’area sacra, la sorgente dell’oracolo e l’alloro del dio. Anche qui venne occupato un luogo di culto più antico: un sekos aperto, ideale per la collocazione della fonte e dell’albero. Lo spazio interno del cortile era abbracciato da pilastri annessi alla parete, dotati di capitello, che sostenevano una trabeazione aggettante. La forma di questi pilastri anticipa già le articolazioni delle pareti per mezzo delle semicolonne. Presumibilmente questo primo sekos presentava già allora un doppio giro di colonne.

Dopo l’infelice sollevazione della Lega ionica contro la Persia, la città e il santuario furono distrutti (494). Il V e IV secolo passarono nel silenzio. Intorno al 300 inizia la costruzione del nuovo tempio. La sua costruzione si trascinò per 5 secoli: come l’Artemision era un edificio del tardo classicismo impostato su un pianta arcaica, il Didimaion nacque da un progetto del tardo classicismo e si sviluppò nell’ellenismo. Rientra pienamente nel tardo classicismo per la sicurezza con cui sono state impostate le proporzioni. Viene adottato un modulo (½ intercolumnio o 9 piedi). Viene impostato sulla pianta del primo tempio:

• Alto crepidoma di 7 gradini (14 per la rampa percorribile sulla facciata orientale) • Peristasi doppia 10x21 singolare compattezza: colonne/intercolumnio =

1:1,66

• La successione degli interassi è tale che la cella è larga 5 interassi invece di 3.

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• Profondo pronaos dodecastilo (3x4) le colonne affondano nella penombra del vano

• Naiskos prostilo tetrastilo dove si trova la statua del dio, in pratica è

l’adyton • Sekos: dall’esterno sembra un naos

adyton accessibile solo ai sacerdoti

il muro interno è articolato (come le semicolonne di Tegea) da possenti pilastri che

però non partono dal suolo, ma da un alto zoccolo all’altezza del crepidoma. Questi

pilastri sostengono una trabeazione coronata da kymatio su cui si stendeva, come

soffitto, il cielo.

Nuova concezione dello spazio data da una successione di 3 ambienti (pronaos, stanza piccola, sekos): i diversi ambienti sono differenziati dal livello dei pavimenti ma ricondotti all’unità dalle altezze unitarie di trabeazioni e soffitti. Misure sovrumane:

• stilobate di 7 alti gradini, impraticabili • sul pronaos si affaccia una gigantesca porta (6x14 m) con uno zoccolo alto 1,5

m, anche questa impraticabile. Da qui parlava Apollo. Ai lati di questa porta, si aprono due porticine striminzite, che attraverso un oscuro ed angusto corridoio coperto a volta (il peso sopra è davvero notevole!!!), conducono nell’adyton dove non ci si aspetta un sekos aperto e illuminatissimo. Ecco perché si deve studiare storia dell’architettura!

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Tempio di Zeus a Olympia (470-456)

È uno dei più grandi templi del Peloponneso ed incarna la più valida realizzazione del canone dorico classico. Ma queste proporzioni non sono affatto rigide: anche nell’ordine più rigoroso era mantenuto un margine di libertà. Peristasi 6x13 È il rapporto classico: 2n+1 La pianta è ricavata da un modulo = 1 interasse (16 piedi)

• Peristasi 5x12 • Cella: 3x9

I diametri delle colonne sono diversi nelle fronti e sui lati: tendenza arcaica ad ingrandire le colonne della fronte e la loro distanza. Anche i capitelli sono diversi: evoluzione stilistica per il lungo periodo di costruzione secondo la successione est, ovest, lati lunghi. Correzioni ottiche:

a) Le colonne sui lati lunghi sono inclinate verso l’interno per correggere l’effetto ottico che farebbe percepire il colonnato come aggettante verso l’esterno, e dare invece la sensazione opposta di un corpo chiuso su se stesso.

b) Sembra che anche lo stilobate dovesse avere una curvatura. Il naos è diviso in 3 navate (1:2:1) da due colonnati a due piani. Le colonne interne non concordano con la peristasi. Nel 430 c. Fidia fu incaricato di scolpire la statua criselefantina di Zeus, un simulacro gigantesco che riempiva l’intera altezza, larghezza e 1/3 della lunghezza della navata, quasi minacciasse, alzandosi, di far crollare l’angusto vano!

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Tempio di Poseidone a Paestum (Era II) (Applicazione fedele del canone dorico)

Tempio dorico di grande purezza: nessun elemento ionico nonostante la tradizione locale amasse fondere i vari stili. Quando si sostituì il primo tempio di Era con uno più grande e degno, non si distrusse il tempio antico, come era usanza in Grecia (poco spazio disponibile), ma si costruì accanto. Periptero 6x14 La pianta è la riproduzione del tempio di Zeus a Olympia (6x13) Cella allineata alla peristasi divisa in 3 navate da 2 colonnati a 2 piani: senso plastico della madrepatria che vuole articolato anche l’interno Contrazione angolare semplice in facciata, doppia sui lati Colonne robuste e fitte

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Telesterion di Eleusi (nel santuario di Demetra)

A un culto misterioso si deve la costruzione di un edificio speciale, che non ha uguale nel mondo greco. Non si tratta propriamente di un tempio (ma lo era perché ha un anaktoron), ma di una sala di riunione (come una chiesa) per gli adepti dei misteri eleusini. Per la prima volta i greci si trovano di fronte al problema di realizzare una nuova struttura per una funzione. Questo è dovuto al fatto che nel nuovo edificio doveva essere celebrato un culto diverso, a cui doveva partecipare un gran numero di persone. La forma del tempio non poteva essere adottata per il semplice fatto che non si trattava di un’architettura fatta per essere fruita, al tempio avevano accesso solo poche persone. Ci si sta stretti!!! E poi i riti si svolgevano all’esterno dove tutti potevano assistere. (è vero che erano all’esterno o me lo sono inventato???????) Si doveva realizzare sostanzialmente un grande spazio chiuso perché i non adepti non potevano assistere ai misteri. Ma quali mezzi avevano i greci per realizzare uno spazio del genere? La loro è un’architettura degli esterni. Qui è richiesto espressamente un interno! Usano quello che hanno: ovvero la pietra e il sistema trilitico. Il risultato è decente: c’è da riconoscere il fatto che viene avviata la ricerca dello spazio degli interni. All’altro estremo di questa ricerca c’è il Pantheon. Il Telesterion si presenta, così, come una massa chiusa verso l’esterno, sviluppata all’interno. Inoltre, la necessità di realizzare un edificio che riuscisse ad accogliere un numero sempre crescente di fedeli portò più volte alla modifica della pianta iniziale. Evoluzione del Telesterion:

A. Solito megaron miceneo (1200 c.) B. Megaron più grande con una sala posteriore, anaktoron, contenente il

simulacro di Demetra (Solone, 560 c.) Quando Eleusi cadde sotto il dominio attico, il piccolo spazio divenne inadeguato ad accogliere i pellegrini ateniesi.

C. Sala quadrata ottenuta dal raddoppiamento del vecchio megaron (Pisistrato, fine VI sec.):

• Facciata munita di 3 ingressi con portico dorico antistante • Una gradinata sugli altri 3 lati interni • 5x5 colonne ioniche al centro (carattere attico: impiego di colonne ioniche

per gli interni)

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• Anaktoron addossato ad un angolo sul fondo (elimina 4 colonne: 21 invece di 25)

A giudicare dalla gradinata perimetrale, che assimila la struttura a quella di un teatro, lo “spettacolo” doveva svolgersi al centro. Il problema era quindi quello della visuale, ostacolata dalla fitta selva di colonne. Si presume che il pubblico partecipasse all’azione rituale in modo assai più intenso che con la sola vista.

D. Telesterion cimoniano (Coroibos, 465)

Il Telesterion di Pisistrato fu distrutto da un incendio. Nel 465, sotto Cimone, venne ricostruito. E siamo già in età classica. Quadruplica la sala quadrata per lasciare l’anaktoron al centro. In realtà solo la parte settentrionale venne realizzata e l’anaktoron, liberato dall’angolo, rimase addossato alla parete meridionale. Il progetto integrale prevedeva 7x7=49! colonne. La realizzazione della seconda parte del progetto fu un compito riservato a Pericle e al suo inseparabile architetto Ictino.

E. Telesterion pericleo (Ictino, fine VI sec.) Del progetto cimoniano, Ictino mantenne l’idea di un vasto spazio quadrato. Neanche il suo progetto venne realizzato ma dagli scavi nella roccia e dalle fondazioni preparate possiamo ricavarne gli elementi:

• Ictino si sbarazza della selva di colonne: al posto dei 49 sostegni pensati da Coroibos, ne mette 5x4=20! Questi circondano il vano in 2 cerchi possenti, liberando la visuale.

• Il giro esterno reggeva un deambulatorio superiore, mentre quello interno circondava l’anaktoron.

• Al centro del giro interno, nel soffitto, si apriva l’opaion, un lucernario. • All’esterno, una peristasi su 3 lati e un ingresso su ogni lato • Questa peristasi doveva essere un corpo alto, massiccio, denso, in

contrasto con la spazialità dell’interno.

F. Versione definitiva Quando la sala fu ultimata in tutta la sua grandezza, si tornò all’enorme numero di colonne del progetto cimoniano. Inoltre, pur mantenendo gli accessi sui 3 lati, si rinunciò a realizzare la peristasi, limitandosi a costruire un portico dorico su un solo lato.

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L’acropoli di Atene (nell’età di Pericle)

l’Attica era destinata a fare da mediatrice ai due poli dello spirito greco, dorico e ionico, sia per la sua posizione di penisola legata al continente dorico e rivolta al mare e all’Oriente ionico, sia per la natura dei suoi abitanti, ioni d’origine, che seppero mantenere la loro personalità anche nella mescolanza con i Dori. La sua storia rimase legata alla “persona”, non come la storia anonima di Sparta, determinata dalla struttura della società. Così, anche gli edifici sono legati al nome dell’architetto. Con le guerre persiane, e la conquista persiana dell’acropoli (480), il mondo ellenico entra in crisi. Si diffonde una visione tragica della vita che stende la sua ombra sull’attività artistica, in particolar modo sulla scultura che inizia a muoversi nello spazio (principio del contrapposto: l’unità è data dall’equilibrio tra moto e quiete). In questa fase, l’architettura resta indietro: 1) Non si vogliono ricostruire i templi distrutti dai barbari per ammonimento.

Frammenti della trabeazione del distrutto tempio di Atena dei Pisistratidi, vengono inseriti nel muro settentrionale dell’acropoli.

2) Gli ateniesi sono impegnati con la creazione dell’impero attico. La pace con la Persia (449) permette a Pericle di iniziare la ricostruzione dell’acropoli che deve diventare il simbolo del potente impero attico. L’iniziativa è finanziata dai tributi delle città alleate. Mai prima d’ora una fortuna economica così spropositata era stata messa al servizio dell’arte: i migliori artisti ed artigiani vengono chiamati a partecipare a questo grande progetto. Ogni compito viene sentito come unico e irripetibile e come tale riceve una soluzione originale. L’Attica non si è mai data quella rigida fedeltà ad un typos, ma si affida alla creatività del maestro: la personalità dell’artista salta quindi in primo piano, associandosi in maniera univoca all’opera realizzata (così, ad esempio, la nuova idea dello spazio interno che appare, senza premesse, nel Partenone, poi nel Telesterion e a Bassae, sembra essere una scoperta personale di Ictino). L’effetto dell’acropoli dell’età di Pericle, conferì ad Atene il predominio sulla Grecia nel campo dell’architettura. Non un tempio posteriore potè evitare di seguirne l’esempio. Gli artisti incaricati da Pericle, guidati da Fidia e Ictino, affrontarono come prima grande opera il Partenone (447).

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Il Partenone (Ictino, Callicrate, Fidia, 447)

1. In questo momento il tempio di Zeus ad Olympia rappresenta la creazione più

perfetta del canone dorico. Il procedimento compositivo, tuttavia, è ancora quello arcaico dell’aggregazione puramente addizionale delle parti, fissato su rigide norme per cui ad ogni elemento è attribuita una funzione. Per i Dori non c’è altra via: una colonna deve stare eretta e portare, un architrave deve congiungere ed essere portato. Pertanto il tempio di Zeus non si distingue da un qualsiasi tempio del dorico arcaico. Alla luce della nuova sensibilità, il Partenone viene concepito secondo il principio del contrapposto (unità dinamica): l’intera mole è retta da movimento e contromovimento. Le funzioni statiche dei singoli elementi sono aspetti secondari.

2. Nell’ordine ionico, il procedimento di aggregazione dei singoli elementi è ancora più

forte, in quanto, non è la concordanza delle forme, ma il singolo elemento a fare l’ordine. Elementi ionici, a partire dal Partenone, vengono inseriti negli edifici attici.

Si può dire che i due ordini, dorico e ionico, vengono “superati” in un terzo per assurgere ad una sfera più alta: nasce lo ionico attico. Il Partenone sorge e ricalca la pianta di un tempio più antico, detto Prepartenone. Questo presenta una pianta periptera, con 4 colonne davanti alle due fronti, quindi anfiprostila, esastila e una cella divisa in 3 navate. Ma molte sono e varianti che Ictino apporta alla struttura:

1. Ampliamento in larghezza della peristasi mediante l’aumento del numero di

colonne, non il canonico ingrandimento proporzionale (Novità!)

Ne consegue: • Peristasi 8x17 (è la formula canonica per gli esastili 2n+1): periptero octastilo • Le colonne davanti ai vestiboli diventano 6: anfiprostila • Cella ampia 5 intercolumni

2. Trama fitta e corposa del colonnato (colonne ravvicinate e ptéron molto stretti)

Nonostante poi la tendenza generale dell’architettura in questo momento tendesse a diradare il colonnato (Novità!)

3. Doppia contrazione angolare: in questo modo quegli sfasamenti del fregio che dovevano essere evitati, si presentano nel senso opposto, così le metope devono restringersi gradualmente. (Novità!)

Questi 3 punti realizzano un sostanziale ispessimento orizzontale che viene controbilanciato dall’alleggerimento verticale, realizzato dalla snellezza delle singole

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colonne (per le quali Ictino utilizzava i rocchi del Prepartenone) e dalla trabeazione bassa e leggera. Ispessimento e alleggerimento. Contraddizione? No! È rispettato il principio dei contrapposti. Contro la densa corposità dell’esterno sta l’ampiezza spaziale dell’interno. La cella, larga 5 interassi, presenta una ripartizione geniale: i due colonnati dorici a due piani la dividono longitudinalmente, ed un terzo colonnato la chiude trasversalmente davanti alla parete di fondo. (Novità!) Il vano sembra avvilupparsi intorno alla statua criselefantina di Atena Parthenos di Fidia. Verso ovest si apre un vano poco profondo coperto con soffitto a cassettoni. Originariamente “partenone” designava proprio questo vano occidentale, ma poi il termine venne applicato a tutto l’edificio. Da notare la presenza di 4 colonne ioniche????????? a tutta altezza in questo vano. La decorazione è distribuita parcamente me con mano sicura:

• Peristasi circondata da una collana di 92 metope col tema della battaglia Le figure non sono più allineate secondo esigenze narrative ma congiunte con movimenti incrociati.

• Intorno alla cella corre un fregio ionico scolpito: le panatenaiche. • Sui frontoni, Atena nasce dalle testa di Zeus (est) e si contende il dominio

dell’Attica con Poseidone. Qui non c’è più una figura dominante al centro ma il vuoto.

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I Propilei (Mnesicle, 437)

Propylon era la porta che si apriva nel peribolo per dare accesso all’area sacra. Gli fu aggiunto un tetto poggiato su due pareti sporgenti, che gli dava riparo e ornamento sui due lati. Gli vengono applicate le forme del tempio (in antis, con colonne e frontoni) per caratterizzarlo. Cacciati i tiranni, l’acropoli fu interamente dedicata agli dei. Allora le porte delle fortificazioni micenee vennero sostituite con uno splendido propylon che fu distrutto poi nel 480 dai persiani. Compiuti i lavori del Partenone, nel 437, fu affidata alle stesse maestranze la costruzione di un nuovo propylon. Il progetto di Mnesicle era di una grandiosità senza precedenti e l’architetto, per realizzarlo, dovette superare enormi difficoltà dovute alla natura del terreno (un pendio ripido e roccioso). Vasto complesso che si sviluppa in larghezza:

• Corpo centrale più alto • Ali laterali costituite da bassi portici

Da ambo i lati del corpo centrale, una fila di 6 colonne sormontate da frontoni completi dà al corpo l’apparenza di un tempio esastilo (resa possibile solo dalla fronte ottastila del Partenone, la cui preminenza non doveva essere sminuita da un propylon). Pur avendo la forma di un tempio, manifesta chiaramente la funzione di accesso monumentale: la base a 4 gradini è interrotta nel mezzo, sicchè il sentiero passa nel mezzo dell’edificio. A questo scopo l’intercolumnio centrale è di 1/3 più largo (mentre gli intercolumni laterali sono di ampiezza decrescente).

• 3 snelle colonne ioniche fiancheggiano la via delle processioni. • Architrave nella direzione della via sacra • La parete trasversale è aperta da 5 porte: il formato delle aperture cresce

ritmicamente, dalle piccole porte laterali al possente portale di mezzo. • Queste porte si trovano su una rampa di 5 gradini: Mnesicle conferisce un

significato simbolico ascensionale alla naturale pendenza del suolo. • Il vestibolo ovest dei Propilei presenta le stesse dimensioni del vano occidentale

del Partenone e le colonne ioniche.

Mnesicle accosta la severità del colonnato dorico esterno alla grazia delle colonne ioniche interne (con entasi), allineate con le colonne mediane del colonnato ionico. Mai i due ordini sono stati così strettamente associati (nel Partenone erano addirittura separati da una parete). Anche qui si vuole realizzare un effetto di spazialità:

• L’ordine dorico all’esterno crea un’aspettativa che si smentisce una volta entrati. All’esterno 5 intercolumni, all’interno 3 navate invece di 5.

• Lo ionico slancia e aumenta l’altezza dell’interno: l’architrave ionico è appoggiato sopra a quello dorico.

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Secondo il progetto di Mnesicle la facciata est doveva essere incastrata tra 2 ali più basse che la avrebbero posta in risalto ma queste non vennero mai eseguite a causa dell’opposizione dei sacerdoti dell’area sacra di Artemide e dei conservatori. Ai lati della facciata ovest, sporgono 2 avancorpi a forma di templi in antis, con 3 colonne tra le ante, sormontati da un tetto a capannone. Questi corpi si legano alla facciata con tanta finezza che ne nasce un complesso unitario. “Chi ascendeva all’acropoli, era accolta come a braccia aperte dalle 2 ali dei propilei.” Solo l’ala nord fu realizzata senza alterazioni (era la pinacoteca). L’ala sud, invece, per essere realizzata avrebbe comportato il trasferimento dell’altare di Nike e la demolizione di una parte del muro miceneo con valore sacro (pelargikon). Fu realizzata perciò mutila. Ma Mnesicle teneva tanto alla simmetria che realizzò una facciata finta, di un intercolumnio più ampia. Si inizia a tener conto dell’osservatore. Già il complesso è concepito in funzione dell’uomo. Effetti ottici:

• Colonne della facciata ovest più alte di 30 cm per compensare l’accorciamento prospettico

• Porte e finestre della pinacoteca disposte in maniera asimmetrica in modo che dall’antisala siano percepibili ra colonna e colonna

• L’asse della via sacra cade sulla statua di Atena Promacos.

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Tempio di Atena Nike (Callicrate)

Sorge alla destra dei Propilei. La storia della sua costruzione è intimamente legata alle vicende politiche:

• VI sec. temenos nel punto strategicamente più importante della cittadella micenea, un bastione che sporgeva a protezione dell’ingresso

• 449 l’avversario conservatore di Pericle ne fa approvare la costruzione (su

progetto di Callicrate) per ostacolare il programma costruttivo dello stesso Pericle. Così Pericle ne rimandava la costruzione e i conservatori premevano per la sua realizzazione!

Il bastione miceneo era troppo stretto per il nuovo edificio perciò fu rivestito con un saldo muro a blocchi rettangolari. Tuttavia lo spazio veramente esiguo richiese anche la mutilazione dell’ala sud dei Propilei e la revisione del progetto originale del tempio, dato che questo doveva conservare una certa distanza dai Propilei. Progetto originale (realizzato sull’Ilisso):

• tempio in antis anfiprostilo! tetrastilo Progetto realizzato:

• Tempio in antis con 2 pilastri tra le ante • Si elimina il pronaos • Diminuzione della lunghezza della cella • Puro stile ionico: monumenti simili erano rari, perciò la progettazione di un

tempio ionico in un luogo così eminente diede il via ad una rinascenza dello stile ionico.

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Eretteo (Filocle)

Costruito alcuni decenni dopo Partenone e Propilei Tempio ionico di forma stranissima: diversi corpi su piani diversi riuniti in un unico complesso CHE MI ACCINGO AD ILLUSTRARE NEL MODO PIÙ SEMPLICE! ^-^’

• Pianta rettangolare con parete d’ingresso ad est e atrio a 6 colonne (non ha pronaos)

• Lati S, E al livello della base dell’antico tempio di Atena • Lati N, O 3m più in basso • A ovest un alto zoccolo di pietra riempie il dislivello di 3 m • La facciata ovest presenta 4 sostegni (fusione tra semicolonna e semipilastro)

incorniciati dalle 2 ante • Nord e sud presentano pareti piene • A queste pareti, nel lato ovest, si appoggiano 2 portici assai diversi tra loro: la

loggia delle korai (a sud), che poggia sull’antico basamento, e il portico nord, più grande ma più basso di 3 m. Inoltre il portico nord sporge di oltre 3m oltre la fronte occidentale. Ancora, le loro coperture sono più basse di quella del corpo centrale.

• All’interno dall’atrio est si accede ad una cella, posta al livello più alto. • Nella parte occidentale della cella, situata al livello più basso, lo spazio è diviso,

da pareti a mezza altezza, in un vestibolo ad ovest e in 2 stanze attigue ad est.

L’Eretteo si allontana non meno dei Propilei dalla tradizione, per la sua complessa planimetria che sembra non seguire uno schema (mentre i Propilei erano si, un aggregato di corpi, ma con uno schema simmetrico). Inoltre la sua realizzazione comportò l’eliminazione di antichi santuari. E furono proprio i conservatori ad appoggiare e a dirigere l’opera. Controsenso? No! La planimetria complessa ha un senso solo se interpretata alla luce della funzionalità. I corpi dell’Eretteo nascono dalle esigenze della pietas, così la forma architettonica cade in secondo piano. In compenso i costruttori vi profusero tutta la ricchezza di cui il decorativismo ionico era capace. Nell’Eretteo, per la prima volta, l’architettura è subordinata a diventare la cornice dei luoghi sacri.

• Cella ad est Culto di Atena • Portico nord roccia dove zampilla la fonte salata di Poseidone, visibile da un altare a forma di fontana. Il portico nord è perciò concepito come un baldacchino a colonne per proteggere una reliquia. • 2 stanze ad ovest Culto di Poseidone-Eritteo

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Qui sotto la grotta del serpente Erittonio e il laghetto salato • Loggia delle korai sotto di essa la tomba di Cecrope, mitico re e padre di

Pandroso • Area di fronte alla cella ad ovest ulivo di Atena e area dedicata a Pandroso

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I miti dell’Eretteo: • Contesa Atena/Poseidone per la supremazia sulla città. Atena dona un ulivo, Poseidone colpisce una roccia col suo tridente per farne sgorgare una fonte, ma questa è salata. Vince Atena ma accoglie Poseidone nel suo regno. • Atena affida alle figlie del re Cecrope il bambino Erittonio, per metà serpente. Due di loro si suicidano dopo averlo visto, solo Pandroso lo cresce. Erittonio diventa serpente e va a vivere in una grotta. Poseidone lo uccide e lo assimila diventando Poseidone-Eritteo.

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Tempio di Apollo Epikourios a Bassae (Ictino)

È il più problematico edificio dell’età classica. 1. Sorge sull’area di un antico santuario: per questo, sembra, è orientato a nord.

2. Caratteri arcaici nonostante sia di epoca classica: la pianta è eccezionalmente allungata 6x15 e gli intercolumni sono più ampi sulle fronti.

Questa planimetria arcaica contrasta con la concezione progredita dell’alzato: colonne attiche snelle, trabeazione leggera. Contraddizione? No! Il tempio di Bassae ricalca fedelmente la pianta del tempio di Apollo a Delfi. Sembra che questo plagio sia stato prescritto all’architetto proprio dai committenti. Infatti la ripresa dei caratteri arcaici si ferma alla pianta. Novità! L’architetto ha allargato entrambi i vestiboli frontali fino a 2 interassi mutando in ampiezza la lunghezza in accordo con la concezione spaziale di età classica. Novità!

a breve distanza dalle pareti lunghe, si allineavano 5 alte colonne ioniche (con entasi) per parte, congiunte alle pareti da pilastri.

Isolata nel mezzo, in asse con le ultime colonne, una colonna legava insieme le due file (coronata da un capitello corinzio). Il richiamo è ovviamente al colonnato trasversale del Partenone. Ma il modello viene superato:

A. il doppio ordine dorico che divideva lo spazio, è qui sostituito con lo slancio ininterrotto delle colonne ioniche. B. Inoltre, queste tendono a circondare lo spazio interno, dal momento che l’architrave corre su tutti e quattro i lati. È realizzata una peristasi ionica rivolta all’interno.

Non è difficile riconoscere in questa concezione innovatrice degli spazi interni, la stessa mano dell’architetto del Partenone: Ictino!!! 3. Dietro la cella c’è un altro ambiente (adyton?), da essa separato mediante la colonna

mediana e la trabeazione, che presenta una porta che si apre ad est. Apollo è il dio del sole: l’interno è progettato per fare in modo che il sole entri dalla porta e illumini il simulacro in un dato giorno.

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Teseion (Ephaisteion) (450-440)

Periptero dorico in onore di Atena ed Efesto, nella decorazione plastica Teseo ed Eracle Il Teseion serve a renderci più consapevoli dello spirito veramente incomparabile che animava gli artefici dell’acropoli: fu costruito quasi contemporaneamente al Partenone e ha molti aspetti in comune con esso. Ne rispecchia le proporzioni generali di 4:9 su pianta e alzato. Pianta canonica con peristasi 6x13, cella larga 3 interassi, allineata alla 2a e 5a colonna

1. Partenone: elemento sostanzialmente nuovo introdotto nella peristasi era la tensione risultante del compenetrarsi di densità e leggerezza

Compattezza

Teseion: continua la linea evolutiva dell’architettura attica che tende a diradare il colonnato, distanziando le colonne.

Vastità

2. Partenone: doppia contrazione angolare

Teseion: singola contrazione angolare

3. Partenone: stretti vestiboli

Teseion: portici particolarmente spaziosi perché pronao e opistodomo profondi 2 intercolumni. È la stessa soluzione che troviamo nel tempio di Bassae di Ictino (per l’aderenza del Teseion alle soluzioni dei progetti di Ictino, pensiamo che il maestro del Teseion sia stato proprio un suo allievo).

Novità! Prolunga la trabeazione del pronaos attraverso i portici laterali fino a congiungerla con la trabeazione esterna: il vestibolo antistante diventa un vano separato (almeno al livello della trabeazione). Questa disposizione è tipica del nuovo senso spaziale di età classica. Anche la concezione dell’interno riprende il progetto di Ictino:

4. Colonnato interno a 2 piani sui 3 lati essendo qui lo spazio alquanto ristretto, il maestro si vide costretto ad addossare il più possibile i colonnati alle pareti.

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Tempio di Atena Alea a Tegea (Scopas, 350)

Scopas aveva appena portato a termine la decorazione del Mausoleo di Alicarnasso quando fu incaricato della costruzione del tempio di Teghea. Modello: tempio di Ictino a Bassae

• Caratteri arcaici: pianta allungata 6x14 e intercolumni più ampi sulla fronte • Portici frontali di 2 interassi

Lo stile dell’epoca si manifesta soprattutto nelle colonne sempre più slanciate e nella trabeazione leggera. Le proporzioni allungate e ariose hanno spodestato la potenza dell’ordine dorico, sostituendola con la delicata eleganza del patrimonio ionico. All’interno ormai, lo ionico domina incontrastato. Nella cella il colonnato è accostato il più possibile alla parete: ne risulta un colonnato di semicolonne che corre sui 4 lati della cella. È il passo successivo a Bassae. Lo spazio interno è meravigliosamente ampliato in quanto le semicolonne negano la parete. Infatti, l’occhio greco doveva percepire come spazio aperto, i vuoti di una fila di colonne. Le colonne non arrivano al soffitto: rimangono 3m. Sicuramente c’era un ordine sovrapposto, probabilmente di lesene ioniche. Tutte queste colonne portano capitelli corinzi, più morbidi del rigido capitello di Bassae.

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Tempio di Zeus a Nemea (IV sec.)

Ripete su scala un po’ maggiore le proporzioni del tempio di Tegea. Peristasi 6x12 accorciamento perché è omesso l’opistodomo e il vestibolo davanti al

pronao è profondo un solo interasse L’edificio non obbedisce più alle leggi formali: non c’è bisogno dell’opistodomo. Si valorizza la fronte principale. Irrigidimento delle forme:

• Le colonne si allungano fino a raggiungere una snellezza senza precedenti • Trabeazione leggera proporzionata

L’età classica è ormai giunta alla fine. All’interno viene ripreso il tema del colonnato del Teseion, su tre lati, accostato strettamente alle pareti.

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Tholos di Delphi (Teodoro di Focea, IV sec.)

Si trova sulla terrazza del santuario di Atena Pronaia a Delphi. Periptero rotondo la cui cella circolare è circondata da una corona di 20 colonne. Ogni colonna con le sue 20 scanalature ripete la pianta. All’interno della cella, 10 colonne corrispondono agli intercolumni delle colonne esterne. Ovunque si nota l’influsso delle opere di Ictino (specialmente Bassae): colonne corinzie dell’interno addossate alla parete. È ripresa la scelta dei materiali dei Propilei: marmo eleusino dello stilobate in contrasto con il marmo del Pentelico della costruzione.

Tholos di Epidauro (Policleto il giovane, 360-320)

Si trova nel santuario di Ascelpio e rappresenta il gioiello del santuario. Il modello è la tholos di Delphi, superata di 1/3 in grandezza e sicuramente in ricchezza. Come a Delphi la cella rotonda è circondata da una peristasi dorica di 26 colonne. Nell’interno, un giro di 14 colonne corinzie non concorda col colonnato esterno. Le colonne corinzie sono scostate dalla parete e formano uno stretto deambulatorio. Ebbrezza ornamentale: denuncia la tendenza dell’epoca tardo-classica di elevare a motivo dominante la squisitezza dell’ornato interno (verso un puro decorativismo). La monumentalità esterna del periodo classico è stata soppiantata.

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L’età ellenistica

I più famosi architetti di quest’epoca, Pitheos e Hermogene, avevano affermato la superiorità dell’ordine ionico. Il dorico secondo loro era inadeguato a causa delle imperfezioni e delle dissonanze delle proporzioni. Si dice che Hermogene, dopo aver preparato le forniture per un tempio dorico, contrariato dalla disarmonia del ritmo del fregio e del colonnato, abbia poi destinato il materiale ad un tempio ionico. In età ellenistica, il dorico era considerato l’ordine dei portici: un semplice colonnato non pone problemi all’architetto. L’ordine ionico invece si arricchisce di motivi decorativi per rispondere meglio al gusto dell’epoca. Basi e capitelli ricevono ornamenti più rigogliosi e carichi. L’architettura ellenistica ha infatti riservato un’accoglienza molto favorevole al capitello corinzio. Evoluzione del capitello corinzio:

• Bassae (una sola colonna) • Delphi (tutte le colonne interne) • Tegea (Scopas) • Epidauro (sua forma definitiva)

Altra innovazione è l’adozione dell’ordine murario:

• Nell’arcaismo l’adozione dei colonnati interni aveva una funzione strutturale, quella di sostenere la copertura.

• A partire dal IV secolo, gli architetti avevano fatto uso della semicolonna addossata alla parete ma il motivo rimaneva discreto.

• Lentamente le semicolonne perdono la loro funzione statica di irrigidimento della parete e diventano pseudo-colonne, con funzione decorativa. L’ordine murario, distinto dagli elementi strutturali, segna la rottura con la tradizione classica che associa ad ogni forma una funzione.

Hermogene definisce i diversi tipi di colonnato:

• Picnostilo intercolumnio pari a 1 ½ del diametro (fitto) • Sistilo 2 • Eustilo 2 ¼ • Diastilo 3 • Aerostilo 3 ½ (troppo debole per la pietra)

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Mausoleo di Alicarnasso Mausolo satrapo dell’Asia Minore Affida la realizzazione della sua tomba colossale agli architetti Pitheos e Satiro, e allo scultore Scopas. La costruzione prosegue dopo la sua morte (353). La struttura del Mausoleo è ispirata alla tradizione locale: consiste in un alto podio che sorregge una costruzione rettangolare, circondata da colonne ioniche, con tetto piramidale, sormontato da una quadriga. La decorazione scultorea:

• Amazzonomachia, che si sviluppa su un fregio continuo alla sommità del podio • Centauromachia alla base della quadriga • Tra le colonne sono le statue della famiglia di Mausolo, con i tratti del volto

persiani ma in posa e abbigliamento tipicamente greci.

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Tempio di Atena Polias a Priene (Pitheos, 350)

Priene, città ionica di provincia, è importante solo perché è l’unica città greca completamente riportata alla luce, come una Pompei ellenica. Riuscì ad ottenere il più celebre architetto del tempo, Pitheos, che poco prima aveva realizzato il Mausoleo di Alicarnasso. Con il tempio di Atena Polias, l’ordine ionico asiatico arriva per la prima volta all’unità classica: questo è il primo e unico tempio ionico classico. Questo fatto si spiega perché l’ordine ionico, più di quello dorico, era una composizione di aggregati e mancava di un’unità che avrebbe potuto evolversi in una soluzione monumentale. Ma il progetto di Pitheos, basandosi su rapporti matematici, riesce a conferire questa unità all’edificio. Pitheos deve inventare lo stile ionico monumentale! (alle spalle solo edifici di piccolo formato o di età arcaica) Accoglie i suggerimenti dello ionico attico ma non lo imita. Peristasi 6x11 (5x10 interassi = 60x120 piedi) Pareti e ante allineate alle seconde colonne Pteron profondi un intercolumnio Naos = hekatompedos Si rinuncia all’accentuazione della fronte est: il risultato è l’introduzione di un opistodomo simmetrico al pronao e quindi due facciate simmetriche. Permane il carattere tipicamente ionico degli atri profondi ricchi di colonne.

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Tempio di Artemide Leucophriene a Magnesia sul Meandro (Hermogene)

Hermogene abbraccia il nuovo carattere dell’architettura ellenistica, quello della ricerca estetica basata su un sistema di rapporti e proporzioni e sperimenta in questo edificio la validità delle sue teorie. Preoccupato di alleggerire e liberare lo spazio, sopprime una fila di colonne nel peristilio della pianta diptera e crea lo pseudo-diptero. Ci sono 2 intercolumni tra il colonnato esterno e le pareti della cella. Nell’alzato, il maestro trasferisce le stesse preoccupazioni, mirando ad ottenere dei volumi interni più sgombri.

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L’urbanistica ellenistica La composizione dei complessi monumentali subisce, agli inizi dell’epoca ellenistica, una trasformazione fondamentale che costituisce, forse, la più grande innovazione di questo periodo nella storia dell’architettura greca. Periodi classico e arcaico: lL posizione dell’edificio era stabilita individualmente in relazione alla sua funzione specifica. L’edificio era libero nello spazio. Periodo ellenistico: Gli edifici perdono la propria autonomia e interagiscono tra di loro, instaurando un rapporto di reciproca dipendenza. Si crea così un nuovo paesaggio architettonico dove si ricerca:

1. Organizzazione estetica e funzionale dello spazio 2. Tendenza alla simmetria e alla disposizione assiale 3. impiego sistematico dei lunghi stoa (colonnati) come elementi di raccordo

Due sono le tipologie di schema per la modellazione del tessuto urbanistico:

1. Scacchiera regolare 2. A terrazza

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Santuario di Atena Lindia a Rodi È qui adottato lo schema a terrazza. Il luogo di culto risale all’epoca arcaica e il primo tempio era stato costruito sulla terrazza più alta, sull’orlo di una scogliera per essere connesso alla grotta sacra. Questa localizzazione non poteva essere modificata dalla ricerca di simmetria. Si cerca di dare un ordine alla successione di terrazze, con l’impiego rampe di scale, portici e colonnati che si incastrano gli uni negli altri. Un vasto propylon segna l’entrata del santuario.

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Capitolo II Architettura romana

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Roma nasce al centro degli scambi commerciali tra nord e sud. Il Tevere sbarrava la strada, guadabile solo in prossimità dell’isola tiberina, così la popolazione indigena chiede un pedaggio per tutti i prodotti che attraversano il fiume, così Roma nasce sul Palatino. Non è una città fondata come Alessandria, i romani stessi pensano che sia brutta. È una città magis occupata quam divisa. Viene distrutta da un incendio dopo il saccheggio dei Galli nel 330 a.C. Il senato passò una legge che diceva che avrebbe pagato la costruzione del tetto , a chi avesse costruito la sua casa entro un anno. Così Roma nasce nel giro di un anno, in un modo caotico, rimangono i buchi degli edifici che nessuno costruisce. Avevano poca cura per la disposizione.

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Porticus Aemilia (194 a.C.) I guerra punica.

Dopo la I guerra punica vi era la necessità di ampliare il porto della città (vicino il foro boario), non potendo ampliarlo, si dovette costruirne uno nuovo nella vallata a sud dell’Aventino: l’emporium. La Porticus Aemilia era il magazzino (dox) di deposito delle merci del nuovo porto.

• Edificio in opus incertum di tufo e opus caementicium • 180 campate di volte a botte disposte su vari gradoni con muri forati da una moltitudine di

porte e finestre. Vantaggi della tecnica cementizia:

1. Economicità 2. Solidità 3. Le volte non bruciano! Infatti le coperture della Porticus Emilia non sono mai state rifatte. 4. Rapidità di costruzione: la cassaforma viene smontata e rimontata accanto. Si procede a

blocchi. Così nasce anche l’anfiteatro: quando si scopre che montando queste volte su una pianta circolare, piuttosto che rettangolare, la prima e l’ultima volta si uniscono e si bilanciano.

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Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina (c. 100 a.C.)

Uso totale del calcestruzzo. Costruito sul pendio di una collina attraverso una serie di terrazze. Palladio scopre che ha uno sviluppo modulare. Palestrina viene infatti realizzata come un accampamento: questa tipologia era divisa dalle due strade principali (cardo e decumano) ed era simmetrica. Il complesso si compone di un’area sacra ai piedi della collina e di un vasto complesso gradinato, coronato dall’emiciclo del palazzo Barberini. La parte che ci interessa maggiormente è il quadriportico (στοα=stoa), in cui le due campate centrali sono innalzate per la penetrazione della luce. Nasce così la basilica (piazza coperta). Sono presenti 2 nicchie sul fronte che attestano la presenza all’interno di:

• grotta dell’oracolo, è il nucleo dell’antico santuario, luogo dove si era manifestato il culto.

• sala absidata, è costruita simmetricamente alla grotta dell’oracolo. È un ninfeo (acqua) o un museo (opere d’arte). È decorata riccamente, il pavimento ornato con un mosaico rappresentante una pianta dell’Egitto (idealizzata) e un’inondazione del Nilo.

La parte superiore del complesso si sviluppa attraverso un gioco di terrazze, portici e scalinate. Sono due percorsi simmetrici porticati e chiusi. Qui è evidente l’approccio disinibito dell’architetto romano, che sperimenta. Il greco piuttosto abbandona l’ordine e si suicida! Si pensa che il fregio sull’architrave del portico in salita doveva adattarsi alla pendenza.

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Teatro di Pompeo È il primo teatro ad essere realizzato a Roma. Nella Roma repubblicana, infatti, le guerre civili erano all’ordine del giorno. Una legge vietava la costruzione di teatri in muratura perché potevano essere utilizzati come fortezze. Pompeo utilizza uno stratagemma per aggirare le leggi censorie, realizza il suo teatro e fa costruire il Tempio di Venere Vincitrice sulla sommità della gradinata, in questo modo può dire che non si tratta di un teatro, ma di una gradinata per il tempio. Da questo momento in poi a Roma si possono costruire i teatri. Il teatro era composto:

• Tempio di Venere Vincitrice • Grande scalinata circolare costruita su volte a botte • Esedra rettangolare, usata come curia per le riunioni del senato

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Santuario di Giove Anxur a Terracina c. 80 a.C.

Tempio costruito su una terrazza artificiale che si estende sino al ciglio del promontorio. Una galleria archivoltata (criptoportico) ha il doppio compito di sorreggere la terrazza e custodire le suppellettili. L’adozione della galleria archivoltata deriva dal fatto che la struttura doveva sopportare un peso immenso.

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Tempio di Ercole a Tivoli Il tempio sorge sulla Via Tiburtina-Valeria, ma il tempio doveva essere realizzato per forza lì perchè in quel punto c’era stata la manifestazione del culto. Il tempio è rialzato per mezzo di una terrazza, affinché il transito sulla via continuasse (galleria coperta con volte a botte). È un edificio tradizionale: nella tecnica edilizia, nel sistema di sovrastrutture voltate e nelle scalinate frontali è influenzato dal Tempio di Preneste. Di tradizione latina invece i 3 portici che lo circondano e l’emiciclo a gradoni nella parte antistante. La piattaforma del Tempio di Ercole è in contrasto con la semplicità monumentale di quella di Giove Anxur. Essa è sostenuta da una fila di sostegni in pietra, con sopra un’arcatura incorniciata da semicolonne.

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Tabularium (78-65 a.C.)

Lutazio Catulo fu incaricato della ricostruzione del Campidoglio. L’edificio era destinato ad ospitare gli archivi dello stato romano, ma era un ampliamento del vecchio archivio.

• Sorge su un grande basamento (sostruzione) che doveva appianare la sella asylum. • La pianta è trapezoidale, i lati minori convergono verso la piazza del Campidoglio. • Il muro di sostegno era in opera quadrata di pietra gabina esternamente e di tufo

all’interno. • Il primo piano era coperto da 11 volte in opera cementizia che si aprivano sul lato del foro.

Ordine dorico tuscanico sul prospetto (dorico: fregio a metope e triglifi, capitello. Tuscanico: base). Qui il sistema trilitico non c’entra più niente perché non ha funzione portante. L’ordine architettonico serve ad inquadrare l’arco. È decorativo ma non solo. Costituisce l’elemento di proporzionamento dei prospetti dell’edificio. Aiuta perciò a leggere, negli edifici realizzati con la nuova tecnica, un assetto di forme e proporzioni consuete all’ottica e al gusto dell’osservatore di epoca romana.

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Foro di Cesare Foro è il nome latino che sta per “piazza”. Ad esempio il Foro Boario era la piazza dove si vendevano gli animali. Giulio Cesare capisce l’importanza del foro, e con le ricchezze accumulate nelle Gallie, fa costruire il suo, nel minor tempo possibile. Non sempre ci sono posti belli disponibili per fare una piazza. Il foro di Cesare sorge ai piedi del Campidoglio dove assolutamente non c’era uno spazio comodo per realizzare un foro: in quell’area sorgono il Comitium con attorno tutti mallopponi di tufo, la Curia Hostilia, le basiliche più vecchie, file di botteghe, decine e decine di case private, le mura. Quindi un quartiere molto irregolare, non soltanto già profondamente urbanizzato, ma con monumenti sacri. In seguito ad un incendio, Cesare manda il suo prestanome Cicerone e compra la terra intorno al Campidoglio. Cesare vuole costruire il suo Foro accanto alla zona più importante della Roma antica. È evidente la differenza d’intenti fra Cesare e Pompeo: Cesare compra nel cuore della città, mentre Pompeo all’esterno del Campo Marzio. Questi movimenti ci dicono molto delle intenzioni e delle personalità di entrambi. Lungo l’Argileto, la strada più importante di Roma, attraverso un portico, si entra in una piazza tutta cinta di portici. E il lato di fondo invece che essere occupato da un edificio laico è occupato da un edificio sacro. Il tempio del foro è dedicato a Venere genitrice che è ben diversa dalla Venere Vincitrice di Pompeo. È un gesto audace perché dice: “se quella è la genitrice della mia famiglia, allora anche io sono un dio”. Gli ultimi scavi hanno dimostrato che i fori non erano “permeabili”, erano recinti con punti di vista. Il foro romano invece, che non era uno spazio pianificato,ma nasceva dall’aggregarsi degli edifici, era polidirezionale. Il foro di Cesare andrà quindi a costituire un tipologia per i fori che verranno costruiti in seguito. Quindi non soltanto il foro di Cesare è rigorosamente simmetrico (dal centro vedo solo la facciata del tempio), ma è anche monodirezionale perché dall’unico ingresso sull’Argileto, chi entrava nel foro di Cesare, che era come un’immensa stanza, aveva subito davanti a sé il tempio di Venere Genitrice e, se procedeva oltre, aveva l’abside con la statua della nonna di Cesare. Allora tutto il foro non cantava la gloria di Roma ma la famiglia Iulia. È chiaro che la volontà di Cesare non era tanto quella di diventare re, ma di diventare dio, e l’intento politico di Cesare è espresso chiaramente dalle vicende del suo foro. Cesare fa demolire la Curia (nel frattempo i senatori si riuniscono nel teatro di Pompeo) e ne costruisce una annessa al suo foro. È un messaggio politico importantissimo. Vuol dire che Roma o si conforma ai suoi piani oppure viene distrutta. La nuova curia infatti è coordinata, non più al foro romano, ma al foro di Cesare. Classico esempio di come leggendo una pianta noi possiamo risalire alla storia antica. Per la compresenza di questi elementi si può dire che il foro di Cesare è il primo esempio di politica dittatoriale applicata all’architettura. Il foro di Cesare è molto importante per la storia dell’architettura, non tanto per il valore artistico, quanto per quello di testimonianza storica. La storia architettonica del foro si compone di varie fasi. Nella prima fase, il foro andava ad infilarsi nella collina, la Sella tra il Campidoglio e il Quirinale che venne spianata da Traiano. Lì, dato che il foro sta in piano, la parte absidale del tempio e la fine dei portici si infilavano proprio nella collina per cui si terminava con tutte absidi. Poi dato che non era un’area regolare, essendo acquistata, aveva molto spazio libero che venne riempito con porticati e taberne.

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Le fasi costruttive del monumento possono ricondursi a:

1. Acquisizione del terreno. 2. Realizzazione del recinto (il terreno non era perfettamente rettangolare) e del tempio nel

minor tempo possibile. Ciò che interessa a Cesare non è la forma, ma la velocità. 3. Completamento con la realizzazione di porticati e taberne (costruite negli spazi vuoti).

Cicerone compra per Cesare un certo numero di case. Si viene così a creare un quartiere molto irregolare. Cesare fa abbattere le case per la realizzazione del foro, ma resta comunque molto spazio. Per prima cosa si fa il muro che delimita l’area, perché una volta fatto il muro, dentro si inizia a costruire il foro, e solo dopo si penserà a quello che c’è intorno. Per cui prima si fa il muro e poi tutte le taberne dietro che vi si appoggiano al muro. Proprio questo muro è stato alla causa di un problema di restauro. Oggi rimane solo l’area intorno al foro ma nulla del foro. Nel medioevo il muro è stato completamente smontato (1490), per cui si vedevano tutte queste belle facciate e si pensava (prima del libro di Carla Amici) che questi edifici fossero parte del foro. Per questo foro si aprono le cave di Carrara e a Roma entra una grande quantità di marmo, ma nessuno sa scolpirlo. I risultati sono pessimi. L’acanto cesariano (vale anche per il corinzio secondo triumvirale) si riconosce perché le punte delle foglie (lobi o digitazioni) sono accostate non in maniera naturalistica come nei capitelli greci, ma in maniera geometrica, con triangolini e gocce (45-30 a.C.).

Tempio di Venere Genitrice

Il tempio costituisce il cuore del centro. Questo temenos è dedicato alla Venere Genitrice, con il chiaro intento di divinizzare la famiglia Iulia. Octastilo picnostilo (intercolumnio molto stretto) periptero sinepostico (gli manca il quarto lato a sta infilato nella collina, per cui chi se ne frega!) È il primo tempio a presentare un’abside, quindi è un tempio frontale: ha un dietro e un davanti.

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Quando Cesare viene ucciso, Ottaviano Augusto ne diviene l’erede. Lascia l’eredità al popolo romano e così si compra Roma. Ottaviano crea il II triumvirato con Marco Antonio e Lepido, ma quando Lepido muore, si apre una guerra civile tra i due restanti triumviri. A roma c’era un unico luogo sacro il tempio delle vestali, M.Antonio prima di lasciare Roma lascia qui il suo testamento, Augusto profana il tempio e pubblica il testamento dove scrive di voler essere seppellito ad Alessandria, vicino a Cleopatra. Lo fa per far capire quanto M.Antonio tenga a Roma, proprio lui che si sta facendo costruire ,proprio a Roma, il suo mausoleo. È una lotta per immagini, fa capire chi è interessato a Roma e chi invece vuole essere seppellito accanto all “puttana” d’Egitto. Ecco a cosa serve spendere soldi in architettura! Ottaviano viene insignito del titolo di Augusto nel 27 a.C.

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Foro di Augusto Augusto termina il foro di Cesare, ma siccome la città era cresciuta fa costruire il suo foro (è ignoto il nome dell’architetto) coordinato a quello di Cesare a 90°. Perché coordinato, se poteva farlo ex novo ovunque volesse? Vuole simboleggiare la continuità con l’impero di Cesare. Votato nel 42 a.C. all’epoca della battaglia di Filippi e inaugurato nel 2 a.C. Il Foro è costituito da una pianta rettangolare con ai lati due portici e due esedre (forse quattro) e sul fondo infine il tempio di Marte Ultore. Le funzioni del foro sono:

• Fornire un nuovo spazio per i processi e le trattazioni commerciali, amministrative e giudiziarie.

• Centro rappresentativo destinato a glorificare l’imperatore, in particolar modo per le sue funzioni militari.

Si pensa che alcuni problemi urbanistici, ovvero il salto di quota rispetto alla Suburra, la presenza di un affluente della cloaca maxima) e l’ostilità di alcuni proprietari delle case da espropriare, abbiano concorso alla spaventosa lunghezza dei lavori che durarono 40 anni. “Non ad usum extorquere” In realtà Ottaviano, non volendo espropriare, si accontenta dello spazio che ha. Ecco perché i contorni del foro sono irregolari. Inoltre l’area a disposizione è limitata dal collettore fognario che viene nascosto dal muro diagonale. Due muri obliqui forati da arconi hanno la funzione di mettere in comunicazione la Suburra con il foro; davanti a questi archi obliqui furono collocati in seguito due archi onorari in onore di Germanico e Druso. Tutt’oggi è visibile soltanto la parte orientale, mentre ignoriamo del tutto il settore occidentale, essendo questo coperto dalla via dei fori imperiali. Si ipotizza che nella parte a noi ignota vi fosse la basilica delle due Antonie, altrimenti il foro di Augusto sarebbe il primo foro senza una basilica. In corrispondenza della basilica il porticato si apre in due esedre minori semicircolari, ciò spiega perché il foro in molte descrizioni sia stato descritto come “angustius”. Nelle due esedre maggiori erano ospitate le statue di:

• Emiciclo nord: Romolo e i grandi personaggi della Repubblica • Emiciclo sud: Enea, Anchise e Ascanio e gli antenati della gente Giulia

Il significato di questa contrapposizione sta nel fatto che Augusto non tende ad affermare il potere monarchico (come avviene nel foro di Cesare), ma al contrario la storia repubblicana che viene recuperata e identificata con la storia della famiglia Giulia. Lungo i muri dei due portici, una serie di semicolonne di cipollino sostengono un attico, scandito da una serie di Cariatidi in atto di sorreggere una trabeazione del tipo a risalti: queste simboleggiano Atene asservita, ma artisticamente. Clipei, con teste di Giove Ammone, sono alternati alle cariatidi e alludono all’Egitto conquistato. Nei porticati fa mettere i ritratti di tutti i cittadini di Roma, anche dei suoi nemici, perché tutti hanno contribuito a rendere grande Roma.

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Tempio di Marte Ultore (vendicatore di Cesare)

Occupa una posizione simile al tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare. All’esterno è un periptero octastilo sinepostico, ma avendo 8 colonne anche sui lati rientra meglio nella categoria dei templi ad abside come il tempio di Venere Genitrice. L’ordine corinzio nasce proprio in questo tempio.

• Colonne corinzie in marmo di Carrara • Scalinata in cementizio • Podio in tufo

Al centro della scalinata si suppone fosse inserito l’altare con due fontane sui lati. La fronte si allinea con la linea di mezzeria delle esedre. La cella del tempio si conclude con un’abside, all’interno della quale la base troppo lunga fa pensare che le statue di culto contenute fossero tre: Venere, Marte e il Divo Giulio. Attraverso i disegni rinascimentali c’è nota la suntuosa decorazione interna, ormai scomparsa. Il frontone ha una decorazione in rilievo, qui vi è riassunta la geografia e la storia di Roma.

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Nel 14 d.C. Tiberio si trova ad essere l’erede di Augusto e arriva a Roma da Rodi. Non è amato da Roma e non ama il popolo romano che è troppo asservito ad Augusto, così Tiberio inizia a recarsi nei paradisi fuori Roma.

Sperlonga (grotta) Grotta d’acqua è metafora del ventre materno: indica il ritorno ad una condizione originaria, pacifica, per sfuggire ad una condizione che non sentiva propria. I Claudi erano nati da Circe e Ulisse per questo Tiberio decide di allestire nella spelonca (grotta) “l’Odissea di marmo”. In origine la grotta era piena di sabbia. Tiberio e i suoi architetti allagano la spelonca e costruiscono dei muretti, gli stibatia, ovvero triclini sull’acqua, davanti alla grotta. Il massimo del lusso, a quei tempi, era partecipare ad un simposio con uno spettacolo, qui offerto dai pesci coloratissimi. Fuori dalla grotta si vede un’isola, che è l’isola di Circe. All’interno e all’esterno della grotta c’erano 5 gruppi scultorei che richiamavano alcuni episodi dell’odissea. Infatti se Augusto discendeva da Enea, Tiberio discendeva da Augusto. Tiberio si rivela un ottimo architetto e un maestro di un’arte che inizialmente non fu compresa dai romani: l’arte di creare topoi ars topiaria dal momento che gli antichi avevano diverse difficoltà nel viaggiare. Odissea di marmo: Ci sono 5 gruppi sculturorei:

1. Ganimede, principe troiano amante di Giove; 2. Ulisse che recupera il corpo di Achille; 3. Ulisse e Diomede che rubano il palladio di Troia; 4. Scilla e Cariddi: Circe predice ad Ulisse che un mostro marino, Scilla, mangerà sei dei

suoi compagni, altrimenti Ulisse sarebbe dovuto passare sul territorio di Cariddi dove il mostro avrebbe divorato anche lui.

Questo gruppo scultoreo rappresenta l’allegoria del potere di un comandante e delle decisioni, anche dolorose, che egli deve saper prendere.

5. Polifemo: è il gigante stupido che l’astuto Ulisse sconfigge facendolo ubriacare con il vino. Da questo momento in poi tutti i palazzi imperiali avranno una sala a forma di grotta dedicata a Polifemo: l’episodio è ancora un’allegoria del potere imperiale e dell’imperatore che sa inebriare Roma e quindi dominarla. È anche un’accusa al popolo romano che è talmente stupido da farsi dominare da una persona sola (Non a caso Marco Antonio aveva scelto come divinità protettrice il dio del vino, Dioniso).

La grotta crolla e Tiberio è costretto a lasciare il suo paradiso perché è un luogo pericoloso. Andrà a Capri dove costruirà Villa Iodis, il primo palazzo imperiale. Trasforma Capri in un’immensa Sperlonga, piena di suggestioni, lontano da Roma dove lo vogliono uccidere ma alla fine verrà ucciso proprio qui.

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Suo erede è Caligola che è peggio di lui. Erede di Caligola è Claudio, ricordato per la realizzazione di opere pubbliche:

• Porta Maggiore • Acquedotto • Tempio Caludium

Claudio è importante per il bugnato rustico: ogni blocco ha un sottosquadro, cioè è rifinito, ed è messo a filo con gli altri. Nel 64 in un agosto particolarmente caldo Roma brucia. 7 delle 14 regioni in cui Augusto l’aveva divisa, sono distrutte (3 sono sacrificate, 4 si salvano). Su queste rovine, Nerone vuole costruire la Domus Aurea, che secondo il progetto originale doveva estendersi su di un’area immensa.

divisione augustana di Roma

Basti pensare che Nerone voleva ricostruire Roma ex novo, e chiamarla Neronia, una città perfettamente progettata, che doveva sostituire una città brutta, “magis occupata quam divisa”. Era un richiamo ad Alessandria.

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Inoltre il fulcro della città doveva essere il Colosso, la statua colossale di Nerone, e i giardini pensili sul palatino: due citazioni al Colosso di Rodi e ai giardini pensili di Babilonia. Nell’arco dei tre anni che precedono la sua morte, Nerone non riuscì a portare a compimento tutto ciò che aveva in mente. Roma non solo sarebbe stata più bella, ma avrebbe raccolto al suo interno tutte le sette meraviglie del mondo. Quindi, questo non era il sogno megalomane di Nerone, ma l’opera di un artista: Nerone non è pazzo!

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Domus Aurea Gli architetti incaricati all’opera (magistri ac machinatorem) furono Severo e Celere, a Fabullus la decorazione dipinta. La Domus Aurea viene costruita dopo l’incendio del 64 e va a ricoprire una vasta area che va dal Palatino, all’Oppio, fino al Celio. Oggi rimane solo il padiglione sul colle Oppio, salvato perché inserito nelle fondazioni delle terme di Traiano.

Sovrapposizione delle piante di

Domus Aurea e Terme di Traiano

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La pianta è divisa in due parti, nettamente distinte: Occidentale: Costruita attorno ad un cortile rettangolare con un portico lungo la facciata, e due bracci perpendicolari racchiudevano una sorta di cortile aperto verso la valle del Colosseo. Un grande cortile occupa la parte posteriore della casa ed è circondato da un portico su tre lati, mentre sul quarto si estende il criptoportico.

Sul lato meridionale vi é una serie di ambienti in doppia fila, alcuni aperti verso il portico e sul lato occidentale vi sono una serie di ambienti intercomunicanti aperti sul cortile interno.

Sul lato est vi è un grande ninfeo, composto da un’ampia sala delimitata da un portico e da una piccola sala a volta dotata sul fondo di una fontana a cascata.

Nel punto centrale, dove le due parti si toccano, ci sono degli ambienti molto irregolari disposti intorno ad una rientranza poligonale.

Orientale:

Caratterizzata da forme più ricche, con ambienti disposti intorno ad una gran rientranza poligonale, seguiti da un settore impostato a raggiera intorno ad una sala ottagonale.

La sala ottagona è un ambiente coperto da una volta ottagonale che si arrotondava in una cupola con un oculo nel centro, dal quale penetrava la luce.

Stanzette radiali si aprono su 5 lati, mentre gli altri 3 si affacciano direttamente sul portico frontale. Le stanzette erano coperte da volte a botte e a crociera e avevano nicchie decorative. Nella stanzetta centrale vi era un ninfeo nel quale sfociava una cascatella da sotto la statua.

È un templum, perché Nerone si considera il dio del sole.

In un giorno dell’anno il sole centra in pieno un loculo sul fondo nel quale si trova una fontana con la statua di Nerone. Gli spruzzi dell’acqua sulla statua e la luce che li colpisce, generano degli arcobaleni (ecco a cosa servono i magister ac machinatorem!!!).

???In questa finta grotta ritroviamo il mosaico di Ulisse che dà da bere a Polifemo.

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Fabullus viene chiamato a decorare gli interni della Domus Aurea. Infatti, dagli scarsi frammenti di pittura conservati si ha un’idea del notevolissimo livello di decorazione.

Nasce qui il cosiddetto quarto stile ( decorazione ricchissima con paste vitree, pietre preziose, figure dorate).

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Nell’arco di un anno si succedono Galba, Otone e Vitellio.

Vespasiano ( dinastia dei flavi) regna circa 10 anni. Ha fatto un colpo di stato, e deve conquistare il popolo romano, per questo inizia una politica edificatoria: distrugge la Domus Aurea e riconverte il territorio occupato dalla villa neroniana in suolo pubblico. Conserva solo il palazzo sul colle Oppio per il figlio Tito.

Di questa politica fanno parte il Templum Pacis e il Colosseo.

Templum Pacis o Foro di Vespasiano

(71-75)

Il tempio della pace è stato realizzato dall’imperatore Vespasiano, per commemorare la vittoria sugli ebrei ed è il monumento che rappresenta la Pace ottenuta dall’imperatore.

Numerose opere d’arte erano collocate nel foro di Vespasiano: il bottino proveniente dal tempio di Gerusalemme saccheggiato da Tito (il candelabro a sette braccia e le trombe d’argento che sono poi rappresentati nell’arco di Tito) e le numerose statue usate da Nerone per decorare la Domus Aurea. Vespasiano vuole restituire visivamente ai romani tutto quello che Nerone aveva sottratto loro. Un quadriportico con 4 esedre di forma quadrata sui due lati, che contenevano opere d’arte o tribunalia ed avevano la funzione di spazi di riposo lungo il percorso. Il portico sul lato del foro è realizzato in marmo bianco e colonne di marmo africano sono addossate alla parete con funzione decorativa (resta solo una grande colonna). Sui tre restanti lati i portici erano di granito rosso. Durante i lavori di costruzione del foro di Nerva è stato amputato il quarto lato del quadriportico (quello con le colonne africane).

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Al centro un giardino con delle grandi aiuole dove si aprono ampie vasche d’acqua che creano arcobaleni in modo da ricreare un luogo ideale per la pace, ottenuta distruggendo Gerusalemme. Il giardino doveva sembrare quindi, una specie di paradiso. Il tempio, situato sulla parete di fondo e inglobato nei portici, tende a sparire. Tra poco lo vedremo sparire del tutto in un incastro di volumi e quello che resterà, sarà solo la facciata. È un tempio sinepostico: non ha il problema, tipico greco, di organizzare la facciata tergale. Era costituito da una semplice aula absidata, e nell’abside sul fondo della parete c’era la statua di culto. Quest’edificio era preceduto da un altare rettangolare. Catasti a destra e sinistra del tempio. Nel catasto adiacente alla basilica di Massenzio (quello di destra), era esposta la lastra marmorea della Forma Urbis, il documento più importante per la conoscenza della topografia di Roma. Recentemente in un vano della Domus Aurea è stato rinvenuto un dipinto: la città dipinta, che rappresentava un edificio più grande inserito in due ali di portici. Ciò sta a significare che già in età neroniana c’erano i presupposti per costruire un edificio simile al Templum Pacis.

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Colosseo Il cittadino romano viveva in mezzo alla gente dalla mattina alla sera. La vita si svolgeva nel foro, nelle terme e nelle strutture pubbliche. Il Colosseo diventa il primo anfiteatro di Roma. I teatri greci erano strutture profondamente legate all’ambiente: erano scavati nella roccia o situati in fondo ad una valle. I teatri romani sono tutti realizzati in opus cementicium. Toccò ai Flavi il compito di dotare Roma di un anfiteatro degno della capitale, l’opera fu intrapresa da Vespasiano, ma fu Tito a portare a termine i lavori e procedere con l’inaugurazione nell’80. Attorno al Colosseo c’èrano degli edifici satelliti: quattro ludi (caserme dei gladiatori), castra (degli addetti al velario), armeria, ospedale, obitorio, magazzini (per le scenografie…). All’inizio nel Colosseo si svolgevano due tipi di spettacoli: munera, i ludi gladiatorii e le venationes, cacce di animali selvatici.

L’edificio sorse in corrispondenza del laghetto artificiale fatto costruire da Nerone, che Vespasiano fece prosciugare, in prossimità del Colosso di Nerone, da cui l’anfiteatro “ad colossum”, Colosseo.

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La presenza del bacino ha permesso di ridurre al minimo i lavori di scavo per le fondazioni: vengono infatti reimpiegate quelle dello stagno. Le fondazioni di calcestruzzo e travertino, legati con zanche di piombo, erano alte 13 m ed erano rivestite con tufo e opus cementicium. Il Colosseo ha la forma di un’ellisse, inizialmente viene chiamato “spectacula” (luogo da cui si vede da tutti i punti. Il cerchio farebbe pensare ad un solo protagonista mentre l’ellisse è la forma perfetta per la vista, in quanto permette all’occhio di spaziare su tutti gli scontri. La sua realizzazione è stata realizzata suddividendola in 4 parti: vi lavoravano 4 cantieri contemporaneamente. È costituito da arena, podio (un muro che separa l’arena), cavea (ima-media-summa) divisa in cunei (spicchi) e maeniana (4 settori orizzontali: senatori, equites, populus, schiavi), vomitoria (gli accessi all’anfiteatro) e carceres, (ovvero le gabbie degli animali). Ci sono 4 ingressi in corrispondenza degli assi principali. Gli ambulacri (percorsi sotterranei), che ospitavano i servizi, avevano un impianto con tre gallerie anulari e al centro, in corrispondenza degli assi principali, divengono rettilinei. L’anello esterno, alto quasi 50m, comprende 4 piani sovrapposti con ordini decorativi applicati:

• I piano: dorico • II piano: ionico • III piano: corinzio • IV piano: tuscanico

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Arco di Tito Costruito dopo l’81 perché sull’iscrizione Tito è citato come “divo”, ciò significa che l’arco è fatto costruire dopo la sua morte dal fratello Domiziano. E’ fatto costruire in onore della vittoria di Tito e Vespasiano sui giudei a Gerusalemme nel 71. Ha una struttura robusta, costituito da una sola fornice e scandito da 4 semicolonne composite per lato. Il fregio gira sui 4 lati e rappresentava appunto il trionfo sui Giudei. All’interno dell’arco, su due pannelli, sono raffigurate due scene di questo trionfo: il corteo in atto di traversare la porta maggiore; Tito che avanza sulla quadriga preceduta dai littori e la Dea Roma tiene i cavalli mentre la Vittoria incorona l’imperatore. La volta è coperta con cassettoni e al centro Tito a cavalcioni su un’aquila.

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Domus Augustana (cd. Palatium) (92)

I lavori furono diretti dall’architetto Rabirio. Vespasiano viveva in una casa affumicata sul Quirinale. Affumicata sta per una casa antica dove il fuoco non si spegne mai. Ma in generale tutti gli imperatori precedenti vivevano in case molto semplici, le domus patrizie. Domiziano se ne strafrega dell’antichità e si fa costruire un reggia che deve comunicare la sua grandezza rispetto agli altri imperatori. Si fa chiamare Dominus ac Deus. Sul Colle Palatino sorge l’edificio che appunto prenderà il nome dal colle, Palatium. Da questo momento si utilizza comunemente il termine “palazzo”. Il Palatium a nord si affaccia verso il foro romano, è limitato a ovest dalla Domus Tiberiana, a est dallo stadio, e a sud si affaccia sul Circo Massimo. Il nome unitario di tutto il complesso doveva essere Domus Augustana, ed è distinto in due settori: la Domus Flavia che è il palazzo ufficiale e la Domus Augustana, residenza privata dell’imperatore. Entrambi i complessi seguono lo schema del palazzo costruito attorno a un peristilio e si sviluppano secondo la regola orientale della scicana, secondo la quale i percorsi degli ambienti si impostano su molteplici deviazioni. No percorso rettilineo. Domus Flavia Al centro un immenso peristilio con colonne di marmo numidico e nel cortile una grandiosa fontana di forma ottagonale. Al centro del lato settentrionale del peristilio, l’aula regia costituisce il cuore dell’edificio, ed è il luogo dove si svolgevano le salutationes. La sala comunica con il peristilio tramite due aperture, tra le quali c’è un’abside di modeste dimensioni: in questa abside si trova il triclinio dell’imperatore. Di questo dio fasullo i cristiani faranno poi il cambio con il Dio vero. Ecco perché l’abside andrà ad occupare il luogo più importante della chiesa. Nelle nicchie alle pareti, erano ospitate statue gigantesche, che affiancavano la statua vivente dell’imperatore. La basilica è affiancata all’aula regia. Si tratta di un’aula rettangolare che termina a sud con un’abside molto profonda. Un doppio ordine di colonne doveva probabilmente dividerla in tre parti, si pensa che queste colonne sostenessero una volta a botte di calcestruzzo. S’ipotizza che la basilica avesse la funzione d’auditorium, dove si svolgeva la gestione dell’impero. La pianta di queste due sale ha un solo elemento in comune: l’abside, un elemento che fa qui la sua prima comparsa nell’edilizia romana, come concretizzazione architettonica della maestà semidivina dell’imperatore. Nonostante il comune mezzo costruttivo, conglomerato con paramenti di mattoni, la basilica e l’aula regia vogliono incarnare due differenti tradizioni architettoniche. La basilica risale alla tradizione tardo-repubblicana e all’età di augusto. Elementi essenziali di questa tradizione erano l’abside e le file di colonne parallele alle due pareti laterali, che dirigono lo sguardo del visitatore al punto focale dell’edificio, cioè all’abside stessa. Tradizionalmente l’abside conteneva la statua della divinità.

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L’aula regia era un edificio molto più innovatore. Anche qui troviamo un’abside poco profonda perché necessaria dal cerimoniale di corte, e infatti il suo effetto è sminuito dalla presenza delle nicchie. Queste si trovano inserite tra pilastri sporgenti e semicolonne scanalate, nell’evidente tentativo di alleggerire il carattere massiccio delle pareti stesse. Tutti questi elementi non erano nuovi di per sè, ma usati insieme tendono per la prima volta ad annullare le proprietà tangibili del muro: è un passo decisivo verso la smaterializzazione della parete. Nelle grandi sale di rappresentanza, Rabirio sfruttò il mezzo del cementizio fino ai limiti delle sue possibilità (e nel caso della Basilica, oltre i limiti di sicurezza), nella ricerca di grandiosi effetti spaziali. Sul lato meridionale del peristilio c’è il triclinio, la Cenatio Iovis che era la sala da pranzo dell’imperatore. Il triclinio aveva la tradizionale pianta quadrata, ma ancora una volta le dimensioni non avevano precedenti e il fatto che le pareti laterali si aprissero su due ninfei con fontane simmetriche era una sorprendente traduzione in architettura delle rappresentazioni illusionistiche di paesaggi e giardini comuni nella pittura di età augustea. Sul lato nord-occidentale del triclinio (tra la basilica e un ninfeo) c’è una serie di ambienti che manifestano lo stesso atteggiamento sperimentale di Rabirio. L’architetto qui può dare libero sfogo alla sua fantasia, non legata da esigenze pratiche o cerimoniali. Anche soltanto una generazione prima, le forme antifunzionali di queste stanze sarebbero state impensabili. Erano stanze da ammirare piuttosto che da abitare. Evidentemente le convenzioni richiedevano ancora un esterno rettilineo tradizionale, ma che nascondeva all’interno un gioco complesso di volte a botte, cupole e semicupole. Domus Augustana La Domus Augustana è l’abitazione privata dell’imperatore, ma ala del palazzo non si addiceva quella ricchezza di artifici spaziali che troviamo invece nel palazzo di rappresentanza. Sviluppa sempre lo schema della domus realizzata attorno al peristilio con una serie di ambienti minori tutt’intorno, questa volta a due piani per via del dislivello. È il nuovo materiale che permette di realizzare forme sempre più compatte.

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Foro transitorio (di Nerva) Il Foro fu iniziato e quasi completato da Domiziano, ma l’inaugurazione si ebbe solo dopo la morte dell’imperatore, per opera di Nerva nel 97. L’Architetto è Rabirio, che ha fatto anche la Domus Augustana sul Palatino.

Il Foro di Nerva viene chiamato anche Foro transitorio, essendo costruito sul tratto finale dell’Argiletum che metteva in comunicazione tutti i fori allora esistenti: Augusto, Cesare, romano, Templum Pacis. Per fargli posto, il recinto del Templum Pacis fu demolito ed arretrato.

Prima ipotesi sul Foro di Nerva.

In un primo momento Bauer interpretò i resti delle fondazioni del Tempio di Giano come delle testimonianze coeve al Tempio di Minerva, ipotizzandone quindi la realizzazione contemporanea.

Seconda ipotesi.

Dopo che furono rinvenuti i resti del Tempio di Giano, prevalse l’ipotesi che vi furono due fasi di realizzazione del Foro:

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Nella prima fase il progetto fu impostato con il tempio nel lato ovest rivolto a est verso la suburra; al posto del Tempio di Minerva c’èra una gran sala con due piloni ed un arco di trionfale e la vera entrata sarebbe stata la Porticus Absidata in asse con il tempio di Giano. Ma in questo modo, la piazza risultava compressa dall’emiciclo meridionale del Foro d’Augusto ed inoltre il tempio s’inghiottiva un terzo della superficie utile della piazza.

La seconda fase consiste nel capovolgimento del progetto: il tempio, costruito fino allo spiccato, fu rasato al suolo e ricostruito sul lato opposto del Foro (con quest’ipotesi si spiegano così la serie d’ingressi rilevati da Antonio da Sangallo nel muro della Porticus Absidata, infatti, nella prima fase non si era ipotizzata la presenza del podio cementizio del tempio di Minerva).

Per semplificare: il foro di Nerva nasce come sovrapposizione di elementi: le fondazioni di un tempio (Giano) sono esattamente nella parte del foro opposta al tempio di Minerva. Questo tempio ai due lati permetteva l’accesso alla basilica Emilia o al foro romano.

Se si vanno a leggere le pareti murarie, si riconosce la diversa disposizione dei blocchi, da cui si riconoscono 4 momenti diversi di costruzione (palinsesto).

Tempio di Minerva

Octastilo periptero sinepostico

La fondazione, scatolare, non presentava all’interno nemmeno le partizioni necessarie a sostenere il muro della cella o filari di colonne attorno al pronao, per questo si dovette modificarla per adeguarla alla struttura di un alzato templare: il pronao fu sottoposto ad un allargamento forzoso; la cella fu limitata alle dimensioni della struttura precedente.

Sull’asse di simmetria del foro è stata rinvenuta un’impronta riconducibile alla pianta di un arco di trionfo che costituiva forse il fronte verso il propylon.

Colonnacce: Rabirio fa un finto portico perché ha poco spazio.

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Foro di Traiano (107-113)

Ideato da Domiziano, ma opera a tutti gli effetti di Traiano. È il più recente. Progettato da Apollodoro di Damasco, un architetto-ingegnere. Fu finanziato con il bottino delle guerre contro i Daci. Si tratta di una colossale operazione di urbanistica: Traiano fa spianare il Campidoglio (taglio dal Quirinale al Vittoriano), in questo modo, il Campo Marzio, che prima era considerato all’esterno, viene annesso all’ interno della città. La zona viene poi lottizzata generando poi un forte afflusso. Il Foro di Traiano nasce non per una volontà autocelebrativa, ma per aprire la vallata del Campo Marzio all’urbanizzazione. Quindi non si tratta di un capriccio di Traiano! Il Foro di Traiano è in continuità con il Foro di Augusto per simboleggiare la continuità d’intenti politici e per esaltare la massima estensione dell’impero.

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È l’unico foro di cui in seguito agli scavi degli anni trenta sia stato messo totalmente in discussione l’assetto. Prima ipotesi. L’ingresso doveva essere sul lato nord del foro d’Augusto e avveniva mediante un cortile interposto. Il fornice di un arco di trionfo avrebbe dovuto costituire l’accesso alla piazza traianea. La piazza traianea, probabilmente alberata, avrebbe dovuto avere al centro il monumento equestre di Traiano. Seguiva la Basilica Ulpia con 5 navate concentriche. Si accedeva poi al cortile della colonna con le due biblioteche sui lati. Infine si sarebbe dovuto trovare il tempio dedicato a Traiano dal figlio Adriano. Il tempio probabilmente non è mai esistito, almeno in quella posizione, infatti avrebbe dovuto trovarsi in pendenza, cosa che non era possibile. Seconda ipotesi. La lettura del foro va capovolta, affinché l’operazione di sbancamento del Campidoglio acquisti un significato urbanistico: questa operazione azzerò completamente l’impedimento che separava il centro storico dal Campo Marzio. L’ingresso del Foro si trovava dalla parte del campo Marzio. Un propileo dava accesso al cortile della Colonna con le due biblioteche, una greca e una latina poiché l’impero era bilingue. Seguiva la Basilica Ulpia e l’immensa piazza con il monumento equestre. Non c’è traccia del supposto arco di trionfo.

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Colonna traiana La colonna aveva una duplice funzione: da un lato serviva ad indicare l’altezza originaria del colle, dall’altro serviva da tomba per l’imperatore. La colonna in marmo lunens, poggia su una base a forma di dado. Una porta d’ingresso permette l’accesso all’interno del basamento. Tagliata nel marmo c’è una scalinata che conduce in cima alla colonna. Sappiamo che le ceneri di Traiano erano custodite in un’urna d’oro e riposte nel basamento della colonna. È un volumen ossia è come un libro, in rilievo marmoreo, arrotolato attorno alla colonna. I bassorilievi tracciati attorno alla colonna rappresentavano le vicende delle guerre daciche. C’è un iscrizione, “ad altitudinem memoranda”, che appunto conferma che l’altezza della colonna, 40 m, corrisponde all’altezza occupata originariamente dalla collina.

Basilica Ulpia

Basilica nel mondo romano è un edificio civile. La casa del dio è il tempio e il culto si svolge all’esterno di esso (sacrificio dell’animale). Al contrario il vero spazio interno dell’architettura romana sarà la basilica. La basilica è una piazza coperta perché tutto quello che si faceva in una piazza si faceva in una basilica, ma al riparo degli agenti atmosferici. Le funzioni della basilica erano: giudiziarie, amministrative, commerciali e vi si tenevano assemblee. Ma c’è dell’altro, la basilica è il perfezionamento della piazza per dei motivi tecnici: ben presto bisognerà tenere degli archivi. La basilica deriva dalla sala ipostila: è una sala che non ha muri che sorreggono il tetto, ma soltanto colonne, ed è uno dei possibili schemi di una basilica. Ecco quindi che da tre navate ampie nasce la necessità di avere una fonte di luce diretta all’interno della basilica. La navata centrale sale al di sopra di quelle laterali. È quello spazio che verrà poi adottato per le chiese cristiane , ma che originariamente non ha nulla a che vedere con il sacro. È uno spazio coperto privo di ostacoli visivi e illuminato al centro.

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Le basiliche stanno sempre con il lato maggiore parallelo al foro, perché ci deve essere la massima affluenza tra dentro e fuori, perché dentro e fuori è la stessa cosa, con l’unica differenza della copertura del tetto. La Basilica Ulpia è la più grandiosa basilica che sia stata costruita a Roma. Pianta rettangolare suddivisa in 5 navate concentriche con due absidi sui lati corti che funzionano da tribunalia (dove si svolgono le funzioni amministrative): queste sono appositamente separate dallo spazio centrale (ci sono ben due colonnati nel mezzo), perché dovevano essere degli ambienti privati. Sul lato che si affaccia sulla piazza, la basilica aveva tre ingressi. Per avere un‘idea dello spazio interno della Basilica Ulpia basta passeggiare per S.Paolo fuori le mura: 25 m di navata centrale prevedeva delle capriate forsennate. Per la copertura delle navate laterali, basta guardare il Duomo di Mantova dove le navate laterali sono voltate e con catene. Le navate laterali sono coperte da un terrazzo, terrazzo solo di servizio da cui non è possibile affacciarsi sulla piazza, ma forse all’interno della basilica.

Per la ricostruzione degli alzati ci si è affidati alle riproduzioni presenti sulle monete: la facciata è divisa in tre settori, corrispondenti ad altrettanti ingressi. Anteposto al piano superiore c’era un loggiato ionico. Un grandioso fregio ricopriva l’attico per tutta la sua lunghezza.

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Nella Basilica Ulpia è evidente l’adozione della nuova logica strutturale dell’edificio introdotta da Apollodoro. Ciò è dimostrato dalla differenziazione nell’uso dei materiali. Per le navate laterali vengono utilizzati marmi preziosi, mentre per le navate centrali è utilizzato il granito che è un materiale molto resistente, in grado di reggere un peso maggiore rispetto al marmo. La rivoluzione copernicana di Apollodoro. Finora era sempre evidente la differenza tra edifici importanti, realizzati in marmo, e edifici minori, case e insulae, costruiti in mattoni o in calcestruzzo. Apollodoro studia ferocemente le opere di Rabirio (o probabilmente era suo allievo), che per primo aveva sfruttato le potenzialità del calcestruzzo nella realizzazione di ambienti spaziosi ed innovatori. Apollodoro mette delle volte in calcestruzzo dove ci si aspetterebbe un architrave in marmo. La volta costituisce un elemento di collegamento: tutto il connettivo è fatto in calcestruzzo.

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Abbiamo già incontrato in altri edifici precedenti indizi della presenza di queste volte, e sappiamo che già in età augustea si facevano volte in cementizio all’interno di strutture marmoree. Quindi a noi interessa che all’interno di un edificio, a prima vista completamente marmoreo, il grosso della struttura è realizzato con connettivo in calcestruzzo. Abbinato all’uso della volta è quello della catena, un tirante che consuma la spinta che altrimenti sfonderebbe la volta. Problema di linguaggio architettonico. La basilica è più alta del portico vicino ma il problema angolare in epoca traianea non è sentito come nel rinascimento. Qui le trabeazioni del portico e della basilica se ne vanno per conto loro, senza raccordo, entrando nei reciproci muri.

Piazza del Foro Usciti dalla basilica si accede alla piazza del Foro. La più grossa bestialità che abbiano mai detto sul Foro di Traiano, oltre alla terminazione con una parete curva, è la presenza di un arco monumentale. La piazza ha una forma trapezoidale e in fondo, invece del famoso arco di fantasia, c’era una strana struttura quadrata, questa era composta da una facciata e due ali laterali, che dà accesso ad un enorme corridoio ad U che gira intorno ad un vano più basso, visibile attraverso le colonne. L’ipotesi è che lì dentro fossero state accatastate le armi dei nemici vinti, un’immensa catasta di armi destinata a putrefarsi, che spiegherebbe la presenza di buchi per le fognature. La strana struttura è quindi un enorme ambulacro che doveva mostrare la potenza di Traiano che aveva sconfitto i potenti Daci.

Mercati Traianei

L’architetto è sempre Apollodoro di Damasco. La sua costruzione s’inquadra nella grandiosa ristrutturazione urbanistica che voleva allontanare dal foro le funzioni economiche e commerciali. La funzione dei Mercati Traianei quella di un magazzino all’ingrosso gestito dallo stato. I Mercati Traianei, costruiti tra il Foro di Traiano e le ultime pendici del Quirinale, si adattano alle condizioni ambientali, sfruttando al massimo lo spazio (si passa da una simmetria obbligata ad un’articolazione obbligata).

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Una grande esedra a tre piani, concentrica a quella del Foro di Traiano. Si apre sul primo piano con 11 taberne e due ingressi laterali.Il secondo piano ha 10 taberne, le quali si aprono su un corridoio, che è illuminato da una serie di finestre (cinque ogni tre taberne). Al terzo piano, 6 taberne si aprivano, in senso inverso a quelle sottostanti, verso la Via Biberatica. L’aula centrale costituisce il centro del complesso, è a due piani con 6 botteghe per lato che si affacciano su un corridoio. La sala è coperta da una volta a sei crociere poggianti su mensole di travertino. Per reggere quest’enorme volta ci vogliono tutti i muri di tutti e tre i piani su ambo i lati.

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Pantheon 20-10 a.C. Agrippa 80 brucia 110 ribrucia 120-130 II ricostruzione 607 donato al papa: diventa Santa Maria ad Martires. Cos’è.

Il Pantheon, παντα δεον, come dice il nome, è il tempio dedicato a tutti gli dei e all’imperatore Augusto divinizzato. Serve agli dei passati, presenti e futuri, fatto costruire da Augusto perché ci siano le premesse perché venga considerato un Dio.

Il Pantheon è situano nel Pacus Pecore, luogo dove si pensa che Romolo sia asceso al cielo.

Non è un aedes, ma è un templum. Si riteneva che fino a pochi anni fa, che il Pantheon di età augustea fosse di forma rettangolare, ma poi si capì che non lo è mai stato.

L’unica vera differenza tra come vediamo oggi e come si presentava, era la presenza sul frontone di una grande aquila di bronzo ( ci sono ancora i buchi nel timpano).

La ricostruzione.

Ad Adriano si attribuisce tradizionalmente la ricostruzione del Pantheon (confermata dall’iscrizione sull’architrave: “Marcus Agrippa Luci filius consul tertium fecit”. Ma si ipotizza (Viscogliosi) che Apollodoro di Damasco sia l’autore del Pantheon. E se Viscogliosi dice che non è stato Adriano noi gli crediamo ciecamente. I mattoni erano bollati “ad annum”, ovvero recano impresso l’anno di costruzione. Nel Pantheon sono stati trovati dei mattoni del 113, ma Adriano sale al potere nel 118: sarebbe insensato quindi pensare che 5 anni dopo Adriano utilizzi ancora mattoni del 113. Più logico risulta invece pensare che nel 110 il pantheon brucia, in tre anni vengano sbaraccate le macerie, progettato l’edificio e iniziate le fondazioni e i muri superiori. Allora il Pantheon è di Apollodoro, dell’architetto di Traiano.

La stessa logica del Foro di Traiano, infatti si ritrova nel Pantheon: fuori marmo, dentro calcestruzzo, come la Basilica Ulpia. D’altra parte solo Apollodoro sapeva fare delle costruzioni di questo genere, come abbiamo visto nella straordinaria volta dei mercati traianei. Ma ancora più rilevante è il fatto che, nel mondo antico, progettare l’ordine architettonico, vuol dire progettare l’edificio. L’ordine del Pantheon è identico

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all’ordine del Foro di Traiano. Per cui l’architetto del Pantheon è lo stesso del Foro di Traiano.

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La struttura.

1. Rotonda La visione attuale del Pantheon differisce da quell’antica: la facciata è ora infossata nel punto più basso dell’area, mentre in origine risultava emergere su di una scalinata ed era preceduta da una piazza più lunga e inquadrata da portici. Forte separazione tra visione esterna (di un tempio canonico) e visione interna, spazialmente del tutto diverso. Poggia su una sostruzione, costituita da un anello di calcestruzzo dello spessore di 7m. Il volume interno è realizzato dalla compenetrazione tra una sfera e un cilindro, che hanno la stessa altezza. È la cd. “formula del panettone”! La pianta ha uno schema trigonometrico.

In fondo c’è l’esedra semicircolare principale, preceduta da due colonne di pavonazzetto.

Le altre esedre sono tre per lato: quella centrale semicircolare e le laterali rettangolari. Ciascuna esedra presenta tre nicchie, dove probabilmente erano ospitate le statue delle divinità. Davanti a ognuna di esse, due colonne monolitiche corinzie che sorreggono l’architrave.

La struttura è articolata in un sistema di volte e archi di scarico colonne-architravi-piattabanda-arco di scarico-enorme arco di scarico-altro arco di scarico. Per cui la cupola non è portata dalle colonne, ma si scarica sull’intero spessore murario dei piloni.

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Nell’ordine inferiore le colonne presentano capitelli adrianei, incrocio tra corinzio e corinzio composito, di improbabile attribuzione ad Apollodoro.

L’ordine superiore è stato completamente rifatto nel 1747 in maniera sbagliata: le lesene superiori non sono in asse con le colonne sottostanti. Per cui l’ordine superiore risulta disorganico rispetto a quello inferiore. In questo caso si è potuto fare perché si tratta di un ordine decorativo, ma se avesse assolto realmente ad una funzione statica, le colonne sarebbero dovute stare in asse, perché altrimenti si sarebbe spaccato tutto.

Da notare: i Romani già sapevano che per reggere le spinte di una cupola bisognava avere una sezione enorme per far ricadere le risultanti all’interno della sezione, ma, per la statica dell’edificio, non è necessario che la sezione sia piena: avevano già intuito la sezione cava.

Per reggere le spinte della cupola del Pantheon ci voleva uno spessore di c. 7m.

Dalla pianta noi sappiamo che la sezione del muro è vuota, alternativamente fuori e dentro.

La presenza dei vuoti, inoltre, presenta diversi vantaggi:

a. La malta indurisce prima. impedisce l’ effetto “muro alla coque”

b. La malta per carbonatare e indurire ha bisogno di ossigeno (ventilazione). Se faccio un muro così spesso, la malta all’interno non indurisce. Se io invece faccio dei vani, la malta è ventilata e indurisce prima.

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c. ha un peso minore.

d. impiego minore di materiale.

e. vani satelliti accessibili.

La cupola è composta da strati di calcestruzzo con vari inerti, da scaglie di tufo alle più leggere scorie vulcaniche e si conclude con un oculo centrale (9m). La muratura si va alleggerendo mano man che si sale verso l’alto. Ma il prof. sa che noi lo sappiamo! La cupola è decorata con cinque ordini di cassettoni concentrici.

Sono state vagliate due ipotesi su com’è stata costruita:

a. S’ipotizzava un ponteggio che girava attorno. Ma così il peso della cupola avrebbe schiacciato ogni ponteggio che non arrivasse a terra.

b. Ponteggi per ogni anello della cupola.

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2. Pronao A questo punto un problemaccio: all’angolo di attacco tra il pronao e la rotonda, si nota che le trabeazioni del pronao vanno a sbattere nel nulla. Si vede chiaramente che il muro della rotonda continua dietro. Ci potete infilare un coltello! Il pronao quindi è stato realizzato dopo la rotonda: è solo appoggiato, lo si vede chiaramente dalla disposizione dei blocchi sull’angolo di attacco. La facciata è composta da 8 colonne monolitiche di granito egiziano. È suddiviso in tre navate da 2 file di 3 colonne (comprese quelle in facciata): la navata centrale conduce all’ingresso, con un portale. Le navate laterali conducono a due grandi nicchie destinate ad ospitare statue. È stata rinvenuta l’orma di un timpano più alto. Wilson Jones ha ipotizzato che in origine le colonne d’accesso, pensate da Apollodoro, dovessero essere alte 50 piedi, ma che per problemi di consegna (difficoltà di trasporto di queste colonne, provenienti dall’Egitto e dalla Sardegna) Apollodoro abbia optato per colonne alte 40 m già disponibili in magazzino. Per cui sembrerebbe che fosse stato progettato un pronao con colonne di 50 piedi (di cui sono ancora visibili le tracce), poi sostituito con un pronao più basso. Se fossero state di 50 piedi, come da progetto, tutto sarebbe combaciato!

3. Triangoli con scale

4. Muri posteriori appoggiati in un secondo momento (lo ancorano alla Basilica di Nettuno posteriore): per cui il ciambellone del Pantheon è bloccato tra il pronaos e la basilica di Nettuno dietro.

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Funzionamen o del Pan heon. t t

Cos’è il Pantheon? È il tempio di tutti gli dei. Ma a Roma ogni dio ha già il suo tempio, così il pantheon serve per gli dei passati, presenti e quelli che ancora non conosciamo. È evidente che il Pantheon viene costruito da Augusto, perché a Roma è ancora uno inter pares, cioè senatore tra i senatori. Ma in Oriente è Dio, perché discende da Alessandro magno, è faraone in egitto e a Roma inizia a mettere le premesse per la sua divinizzazione. Il Pantheon è quindi il tempio del culto imperiale, di colui che è destinato a diventare dio tramite la cerimonia di apoteosi.

Ma come si fa un’apoteosi? L’apoteosi è il passaggio tra il cielo e la terra. Il Pantheon è stato costruito lì, perché quel posto si chiamava Palus caprae, ed era il luogo dal quale la religione romana riteneva che Romolo fosse salito al cielo. Quindi il Pantheon sorge sulla Palus caprae e il l’oculo sulla volta è la chiave che mette in comunicazione il cielo e la terra. Il Pantheon è un templum. Perché temno significa ritagliato dal disordine terrestre e orientato come il cielo.

In giorni predisposti il sole che entra dal loculo, va a toccare la porta principale. Era quello il momento in cui si spalancavano le porte del Pantheon, la gente vedeva uscire qualcuno completamente aureolato di sole: era l’imperatore. Perfino il sole dimostrava quanto fosse vera la divinità dell’imperatore. Così l’architetto risponde alla domanda del committente, cioè di realizzare l’apoteosi.

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Marco Ulpio Traiano era il primo imperatore di adozione, adottato da Nerva.

Traiano, solo in punto di morte, sceglie come suo erede Adriano.

Domiziano Rabirio

Traiano Apollodoro

Adriano Adriano

Sembra che la caduta in disgrazia di Apollodoro sia dovuta al mancato compimento, entro i termini, del Pantheon, oltre al fatto che disse che Adriano costruiva delle zucche!

La letteratura ci tramanda il dissidio fra Apollodoro e Adriano, come dissidio fra classico e barocco, purezza delle forme geometriche e forme non definibili.

Tempio di Venere e Roma

135 e bruciato nel 283

L’artefice sarebbe stato lo stesso imperatore Adriano; l’edificio fu molto criticato da Apollodoro (gli costò la vita). Fu restaurato nel 307 da Massenzio in seguito ad un incendio.

È situato nell’area precedentemente occupata dall’atrio della Domus Aurea e dove al centro c’èra il colosso di Nerone che fu spostato.

Il tempio, di forma tipicamente greca, è costituito da due celle con absidi contrapposte. Le due celle ospitano le statue, una della divinità di Roma, l’altra quella di Venere.

Peristasi 10x20 con 4 colonne tra le ante

Per le sue dimensioni eccezionali, il Tempio di Venere era il più grande edificio di culto di Roma antica.

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Villa Adriana (118-138)

La villa di epoca repubblicana viene lasciata in dote a Bibia Sabina, moglie di Adriano e figlia di Traiano. Non si trova sull’acropoli di Tivoli, ma a metà altezza fra collina e pianura, situata ai piedi dei monti Tiburtini, su di un banco di tufo con sotto la calce. Adriano restaura la vecchia villa, non la costruisce a Roma perché già c’èra il Palatium. La collocazione era perfetta perché nelle vicinanze di Roma ma comunque lontano dal trambusto cittadino. Tivoli è il luogo di provenienza di quasi tutti i materiali dell’edilizia romana. Inoltre il luogo è ricco di sorgenti e specchi d’acqua.

Adriano è l’architetto di Villa Adriana, perché si considera un ottimo architetto, pittore e poeta. È l’imperatore-architetto che non ha limiti imposti dalla committenza, né finanziari e può realizzare tutto quello che vuole. Tre sono le fasi di costruzione, che coincidono con il ritorno da ciascun viaggio compiuto dall’imperatore. Il suo biografo Sparziano scrive: “Volle ricostruire tutti i luoghi che aveva visto nei suoi viaggi.” Perché quando un tempo si viaggiava, era molto probabile che non vi si ritornasse più, tanto i viaggi erano pericolosi. È un’architettura tesa alla ricostruzione dei luoghi che lo hanno colpito, è una ricostruzione avente un valore simbolico, dato che non riproduce, ma interpreta, cercando di mostrare le emozioni che determinati luoghi gli hanno suscitato. Sfrutta ciò che gli piace; cancella o modifica ciò che non vuole. Mantiene comunque i caratteri di un’architettura organica, ossia trae partito dalle suggestività che ha intorno e in particolar modo dall’orografia. Adriano, grazie alla mentalità romana, ha un rapporto disinibito con il luogo circostante. Invece che opporsi alla situazione naturale, la asseconda per trovare forme e direzioni. Al contrario l’architetto formalista dice: “io voglio un cubo qui!” e butta giù la collina. Abbiamo due nomi per ogni edificio: quello attribuito dagli storici d’architettura del ‘700 e il nome dell’edificio da cui trae ispirazione.

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Pecile Il Pecile è un portico di Atene (stoà poikilè, “portico dipinto”) ma in seguito ad uno scavo si è scoperto che questo è ben più modesto rispetto alle enormi dimensioni dell’edificio adraianeo, per questo si è arrivati alla conclusione che non imita il Pecile di Atene. È un quadriportico con lati stondati, adibito a giardino attrezzato per il dressage, ossia non è un ippodromo, ma un percorso di abilità per i cavalli. È tutto sostruito. Si innalza su un edificio di cinque piani. Quella specie di balcone che troviamo sul terrazzo della sostruzione non è accessibile. Si tratta di un corridoio di servizio per la manutenzione. Ma ha anche un’altra funzione. Poiché l’ingresso alla villa si trovava su questo lato, e proprio sotto il Pecile si trovava il parcheggio (a spina!) per i carri, e i carri che arrivavano a Villa Adriana erano centinaia ogni giorno, voi pensate che frastuono. Questo balcone, oltre a coprire la vista del “parcheggio”, fa anche da filtro per il rumore. Sul lato nord del Pecile c’è l’ambulatio costituito da due lunghi corridoi divisi da un muro, ove fare le passeggiate, dal lato sud al sole per l’inverno, dal lato nord all’ombra per l’estate.

Piccole e grandi terme Sono state progettate seguendo stili diversi. L’aula concavo-convessa è il vestibolo delle piccole terme. La pianta è un ottagono avente quattro lati inflessi verso l’interno. Ha una struttura molto audace che non si era mai vista. Adriano crea degli spazi totalmente nuovi: ecco che riemerge nuovamente il dissidio fra Apollodoro-classico e Adriano-barocco. Forse è proprio questa aula ad essere stata definita da Apollodoro una zucca. È ovvio che un architetto che aveva realizzato il Pantheon, una sfera perfettamente incastrata in un cilindro, non poteva apprezzare una soluzione simile. Borromini studia l’architettura adrianea: Adriano dimostra di saper progettare vere e proprie cupole emisferiche, non soltanto cupole strane (cfr San Carlo alle Quattro Fontane).

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Mentre le piccole terme sono una pleiade di stanzette, le grandi terme presentano pochi vani, enormi, semplici, ma coperti con volte a crociera molto audaci (la volta poggia su quattro punti e sono crollate tutte le parti laterali, ma la volta è ancora in piedi. Ciò dimostra che la volta scarica sugli angoli e non sui muri perimetrali, per questo gli angoli resistono).

Canopo Lo specchio d’acqua rappresenta il Canopo, un canale del Nilo che congiunge Alessandria con il tempio di Giove Ammone, rappresentato da una sorta di ninfeo. Non tutti sono concordi perché non si spiega la presenza delle cariatidi e delle due copie della statua di Scilla. Una diversa interpretazione (Viscogliosi) dice che il Canopo sarebbe una sorta di ricreazione di tutto il mondo conosciuto.

• Bacino d’acqua Mediterraneo • Due statue di Scilla rappresentano il pericolo dei pirati che infestavano il

mediterraneo • Statue attorno al bacino città più importanti (le amazzoni sono simbolo di

Efeso; le cariatidi di Atene; si pensa che nella grotta ci fosse il Polifemo e quella sarebbe la grotta di Sperlonga)

In uno scavo sono state rinvenute quattro cariatidi (due a due copie delle cariatidi di Atene) e due silemi. Proprio da queste si è compreso che le cariatidi sono fanciulle che danzano un canto funebre, che è il perenne canto di queste fanciulle che vegliano sulla tomba di Cecrope; quindi la presenza di queste cariatidi, indica che il Canopo è stato

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trasformato in monumento per la morte di Antino, giovane molto amato da Adriano, e che queste dovevano vegliare su di Antino. Grotta del Canopo Stanza semicircolare con volta ad ombrello, ma parzialmente. Da qui si vedevano scendere cascate d’acqua. Il rivestimento di marmi verdi e bluastri e la volta tutta ricoperta di mosaico verde ci fa pensare alla grotta di Sperlonga e che quindi questo posto fosse adibito a Triclinio di Polifemo prima che venisse riconvertito in un memoriale per Antino. Nella nicchia sul fondo doveva esserci la statua del dio Serafide, dio dell’oltretomba.

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Teatro marittimo Cosiddetto perché erano stati rinvenuti resti marmorei con pesci, ma in realtà costituisce la vera villa dell’isola, ovvero la residenza dell’imperatore. Si pensa che questo posto fosse un padiglione segreto, nel senso che soltanto gli invitati potevano entrare. Accessibile tramite ponti levatoi, è il luogo dove Adriano si chiudeva a progettare, dipingere, scrivere poesia. Una volta morto Adriano i ponti levatoi verranno sostituiti da ponti in muratura, divenendo così accessibile a tutti. Il tema è: fare una casa romana in un ambiente rotondo. L’edificio è posto su una pianta circolare che comprendeva tutte le funzioni di una casa sontuosa: vestibolo, atrio, camere da letto con bagni e spazi intermedi, terme e un grandioso triclinio. Architettura che si specchia nell’acqua.

Palazzo dei pilastri dorici Era probabilmente la basilica della villa. Ordine architettonico inventato, non è né dorico, né tuscanico, architrave ionico e fregio dorico, è un miscuglio di ordini. È un dorico molto fantasioso. Ma qui è importante citare l’uso di ferri sagomati inseriti nei blocchi di travertino tra le piattabande, che seguono la forma della piattabanda e le conferiscono una maggiore resistenza. Non sono elementi di consolidamento, badate bene! ma veri e propri elementi della progettazione.

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Piazza d’oro Luogo per cene all’aperto, composto da un vestibolo con due padiglioni. Si entra tramite un lungo corridoio e all’esterno è tutto chiuso su due lati. Si trova prima un vestibolo, poi un doppio porticato rivestito di marmi finissimi, un padiglione che dà sulla valle, delle stanze da letto e un’altra sala concavo-convessa. Si pensa che questo padiglione fosse coperto da una cupola imitando così la sala delle piccole terme retta da muri continui, con la differenza che qui la cupola era sorretta da colonne e architravi e che, per l’audacia della costruzione, la cupola sia crollata. L’ipotesi probabilmente è errata sia perché la pianta stavolta è troppo sinusoidale (la sala concavo-convessa delle piccole terme invece era più ottagonale), sia perché degli esili architravi scolpiti in marmo non avrebbero mai retto il peso e la spinta di una struttura del genere. Qualcuno lo interpreta come un cortile scoperto contenente un giardino, racchiuso da tre portici. Ma anche questa soluzione non sembra del tutto convincente: sarebbe uno spazio aperto senza tombini e con altri quattro ambienti minori aperti intorno. È più probabile quindi che non si trattasse di uno spazio aperto ma coperto a tetto, cioè con una struttura non spingente. Sul fondo c’è il vestibolo di ingresso, coperto da una volta ad ombrello su pianta ottagonale. Un grande corso d’acqua univa la sala concavo-convessa con il vestibolo; un’asola d’acqua correva sui tre lati del porticato. Questo è uno spazio controllato. Gli antichi non amano la natura e per questo amano i luoghi perfetti. La piazza d’oro doveva presentarsi come un luogo paradisiaco. Nella piazza d’oro i capitelli corinzi hanno le volute inverse. È il corinzio adrianeo.

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Tholos S rifà al tempio di Afrodite a Cnido, sulla punta estrema dell’Anatolia. La tradizione dice che Prassitele fa due statue di Afrodite: una vestita ed una nuda, e che gli abitanti di Cnido abbiano comprato quest’ultima, che ha fatto la loro fortuna perché fu la statua più apprezzata del mondo antico. Afrodite Eucnodia colei che rende calma la navigazione Cnido, essendo una città marittima, ha bisogno del mare calmo e Prassitele con questa statua rende l’idea del mare calmo. Questa statua fu molto apprezzata e per contenerla si creò un tempio rotondo, tutto accessibile in modo tale che la si potesse vedere. Adriano volle ricostruire l’evocazione di un luogo così magico.

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Foro Severiano a Leptis Magna (fine del II, inizio III sec.)

Settimio Severo costruisce un Foro a Leptis Magna. Sul modello dei fori imperiali realizza uno spazio tripartito (tempio-piazza-basilica). Il Foro era dominato ad un’estremità da un tempio che sorgeva su un podio altissimo, e a quella opposta, trasversalmente, da una basilica. Nel portico intermedio vi era una fila di botteghe. Chi entra nel foro è che non si rende conto che la basilica non si trova lungo l’asse ma è storta. L’obbiettivo dell’architetto era appunto quello di dare un’illusione di simmetria. È un po’ lo stesso discorso che abbiamo fatto per la Porticus Absidata del foro di Nerva. La basilica costituita da un ampio salone terminava con due absidi sui lati corti. Per la prima volta le absidi fanno parte della navata e quindi sono inserite in uno spazio civile. Proprio questa basilica costituisce un importante precedente della basilica cristiana. Era fiancheggiata da due navate laterali, sopra le quali correvano delle gallerie percorribili. Le scale per accedere alla basilica, come nel Pantheon, erano inserite tra la punta di un’abside ed uno spazio rettilineo. Il soffitto era piano a cassettoni. La lavorazione del marmo è tipica delle botteghe artigiane romano-orientali. Nella concezione, la basilica e il foro erano romano-metropolitani; nell’esecuzione, romano-orientali (espressione della tendenza dell’architettura monumentale del tempo).

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Tempio di Minerva Medica

(Ninfeo degli Orti Linciani) IV secolo

Questo, come al solito, è il nome fasullo dato dagli archeologi del ‘700 dopo aver trovato una statua di Minerva che teneva un serpente.

Situato vicino Porta Maggiore, è il più grande edificio romano con cupola estradossata fino al 1827. Data la struttura molto audace, il tempio rimarrà intatto fino al ‘500, cadranno poi le cappe portate dai costoloni e nel 1827 i costoloni stessi.

È stata erroneamente identificato con un ninfeo. Doveva essere invece un triclinio. Si tratta di un edificio a pianta centrale decagonale con nicchie semicircolari su ognuno dei lati, fatta eccezione per il lato dell’ingresso in modo da avere una sola nicchia in asse. Si suppone che in queste absidi fossero collocati i triclini.

Il tempio di Minerva Medica anticipa alcune delle più importanti idee paleo-bizantine. Smaterializzazione della parete: i muri spariscono e rimangono solo gli angoli. Il precedente è la sala ottagona della Domus Aurea.

L’ambiente è coperto da una cupola costolonata, struttura costituita di parti portanti e portate. L’architetto aveva capito che i costoloni dovevano avere dimensioni diverse, questo ci dimostra la presenza di sei finestre. Il precedente della cupola costolanata è Villa Adriana dove i romani avevano scoperto la volta ad ombrello.

Per reggere una cupola così grande mi serve un momento di inerzia elevato, quindi le absidi hanno anche una funzione strutturale (come i vani radiali del Pantheon).

Ci sono due fasi (vedi pianta). La seconda, indicata col tratteggio, è la fase di consolidamento perché evidentemente la struttura era troppo audace e andava rafforzata: furono aggiunte due aree semicircolari per contenere le spinte della cupola. Ricorda la Cenatio Iovis, un vano accessorio.

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Terme di Caracalla (212-216)

Thermae Antoninianae era il nome ufficiale. Le terme vere e proprie sono state realizzate da Caracalla, mentre il recinto esterno dagli ultimi due imperatori della dinastia dei severi. Il recinto esterno è composto: sul lato nord-ovest c’èra una serie di concamerazioni che avevano la funzione di sostenere l’enorme terrapieno artificiale al di sotto delle terme. Poi vi era un portico. Sui lati del recinto si aprivano due grandi esedre, che ospitavano tre sale. Sul lato di fondo c’èra un’esedra schiacciata a forma di semistadio. Copriva la vista delle cisterne poste alle sue spalle, composte di una duplice fila d’ambienti disposti su due piani. Ai due lati c’èrano due sale absidate con la funzione di biblioteche; sui due lati corti delle biblioteche si aprivano altri due ambienti rettangolari, mentre sul lato lungo ai lati dell’abside vi erano 4 sale quadrate. Spazio centrale un giardino era l’elemento di collegamento fra le terme e il recinto. Corpo centrale. L’accesso era dal lato nord-ovest. L‘accesso era consentito da 4 porte: 2 con accesso ai vani adiacenti alla natazio, 2 davano accesso diretto alle palestre. Sui lati corti disposte simmetricamente c’erano le palestre, che erano composte da uno spazio centrale scoperto e concluse da un portico su tre lati, sul quarto lato si aprivano tre sale rettangolari di cui quella centrale absidata. Verso sud-ovest si aprivano alcuni ambienti di forme e dimensioni diverse. Si ricorda in particolare il laconicum, una sala rettangolare con due lati curvi che probabilmente poteva essere un bagno turco. Si arriva al calidarium, una grande sala circolare al centro della quale era situata una piscina di acqua calda. Era coperta da una cupola che poggiava su otto pilastri in granito. Lungo le mura si aprivano finestroni disposti su due piani. Per l’ingresso al calidarium vi erano due piccoli corridoi obliqui che non permettevano la fuoriuscita del calore. Dal calidarium si passa al tepidarium che, era un ambiente di modeste dimensioni fiancheggiato da due vasche. Si arriva cosi alla basilica, che era l’ambiente centrale più vasto. Era coperto da tre grandi volte a crociera che poggiavano su otto pilastri, preceduti a loro volta da 8 colonne. Infine dopo la basilica si arriva così nella natatio certamente scoperta. Sui lati della natatio c’erano gruppi di sovrapposti su due piani destinati a contenere statue. Sul lato opposto al centro c’è una nicchia rettangolare aperta verso la basilica con ai lati due grandi emicicli. I sotterranei erano divisi in due piani: il più alto ospitava i servizi mentre il più basso era destinato al drenaggio che confluiva verso una grande fognatura lungo il lato sud ovest. Il percorso del bagno partiva dalla palestra proseguiva negli ambienti successivi dove si potevano trovare delle vasche, sino ad arrivare al calidarium. Dal calidarium si passava al tepidarium, fino ad arrivare alla basilica e al natatio.

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Questo percorso poteva essere compiuto anche nell’altra metà dell’edificio, perfettamente identica.

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Terme di Diocleziano (298-306)

Molti edifici furono demoliti per fare la gigantesca costruzione delle terme. Sul lato nord-est c’èra la grande cisterna, che era alimentata da un ramo dell’acqua marcia: da cui il toponimo Termini. Calidarium Tepidarium, piccola sala circolare con due esedre quadrate Basilica Palestra Le due esedre probabilmente erano degli auditoria, ossia sale per conferenze e letture pubbliche (sul lato lungo). Aule circolari agli angoli del recinto lato lungo opposto).

Esedra centrale, probabilmente utilizzata come teatro Ai latri dell’esedra due sale rettangolari che probabilmente erano le biblioteche.

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Alla fine del III secolo (284), Diocleziano divide il potere in quattro parti: inventa la tetrarchia. Il potere è ripartito tra due augusti e due cesari, e localizzato in quattro capitali (Roma, Milano/Treviri, Tessalonica o Salonicco, Antiochia, Costantinopoli). Diocleziano ricostruisce la curia, il Foro di Cesare e, forse, la Basilica Aemilia.

Palazzo di Diocleziano a Spalato È un castrum (termine latino che diventerà castellum). Quindi non è un palazzo ma piuttosto una cittadella. Pianta quadrata suddivisa trasversalmente dalle due strade principali, cardo e decumano. L’ingresso principale, detto “porta d’oro” conduce al palazzo vero e proprio.

Per la prima volta è documentato l’uso dell’arco su colonna, o archivolto. Li avevamo visti anche a Villa Adriana, nel canopo, forse nel triclinio, ma qui la loro presenza non può essere accertata. Comunque è solo a Spalato che l’arco su colonna diventa una forma del linguaggio architettonico.

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Massenzio è uno dei quattro tetrarchi. È l’ultimo grande costruttore romano antico. Completa l’opera di ricostruzione della città che il suo predecessore Diocleziano aveva cominciato in seguito all’incendio del 283. Massenzio opera su più fronti: restaura il tempio di Venere e Roma, inizia l’arco di Costantino, costruisce una villa sull’Appia antica e la sua basilica.

Basilica di Massenzio Massenzio fa costruire la sua basilica vicino al tempio di Venere e Roma. Fa spostare il colosso lateralmente, collocandolo vicino all’anfiteatro Flavio, che da questo momento prenderà il connotato “ad Colossum”. Per la prima volta, con la Basilica di Massenzio, si affronta il cambiamento di una tipologia ben nota, quella della basilica, tradizionalmente coperta a capriate e con navate separate da colonnati. Il modello tecnico è il frigidarium delle terme di Diocleziano, l’attuale Santa Maria degli angeli. Prima considerazione. Lo schema del frigidarium, ovvero un vano coperto a crociera, mi permette di creare un grande spazio interno, senza ostacoli visivi. Grande navata absidata coperta da tre volte a crociera. Mai l’architettura romana è stata così elevata nell’articolazione delle masse murarie. Per la prima volta troviamo delle enormi volte a crociera. La spinta delle tre grandi crociere sono bilanciate da sei contrafforti esterni, ancora evidenti sopra le volte a botte delle navate laterali. Infatti le navate laterali sono composte ciascuna di tre ambienti comunicanti tra loro, coperti a botte. Le spinte delle volte a botte vanno a consolidare i muri di sostegno della volta centrale, rendono unico e monolitico tutto il complesso. Oggi si pone il problema della conservazione della Basilica di Massenzio. Oggi quello che rimane in piedi è una navata laterale ed è evidente che le delle volte più esterne, non essendo contrastate, tendono ad aprirsi. Finora lo spessore dei muri ha retto, ma oggi non basta più, quindi si pensa ad un sistema (antiestetico) di tiranti e catene.

Seconda considerazione. Massenzio inventa un ingresso sul lato corto (accesso porticato con tre entrate). Sull’asse dell’ingresso in fondo troviamo l’abside. Costantino vuole cancellare il nome del cognato da Roma. E come cancellarlo in un’opera così grandiosa? Con un sistema architettonico. Costruisce il suo ingresso sul lato lungo e un’abside sulla parete dirimpetto. Costantino uccide Massenzio e procede con una damnatio memoriae. Cercherà di oscurare tutta l’opera del suo predecessore svuotando la basilica e cambiandone l’assetto: 1. Inserisce nella basilica un nuovo asse (a 90° rispetto alla basilica) aprendo un grandioso ingresso porticato sul lato sud. 2. Contemporaneamente, in linea con il nuovo asse, crea una seconda abside a nord. Un altro carattere dell’architettura romana che emerge da questo edificio è il gusto per lo spazio che tende a materializzare l’architettura. Ovvero si materializza uno sforzo che

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non c’è. La colonna infatti non serve a sostenere, perché è il muro retrostante ad avere la funzione portante, ma ai romani piace così! Materializzazione del sistema trilitico: le colonne non portano nulla. Se gli diciamo il contrario il prof. ci boccia! Si fa tenere e inizia a strillare… L’architetto ci fa credere di stare a vedere tutto un sistema architettonico portato da colonne, e invece tutto si svolge al di là della colonna. Ha materializzato un’architettura, base colonna, capitello, anche il pezzo di trabeazione, ma è il muro che sta dietro che porta tutta questa roba qui sopra. Per costruire la basilica sono stati utilizzati pezzi di riuso, ossia pezzi recuperati da altri monumenti. Gli incendi nell’antichità erano molto frequenti e a volte gli edifici erano inutilizzabili. Così i magazzini imperiali erano pieni di marmi già decorati, recuperati dagli edifici semidistrutti. Per questo il reimpiego non è sintomo della decadenza dell’architettura, ma è dovuto semplicemente al fatto che era uno spreco non recuperare questo materiale.

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Tempio di Venere e Roma Il tempio di Venere e Roma brucia nell’incendio del 283. Cosa brucia in un tempio così? Il tetto. Le travi incendiate cadono dentro e, in tempo di guerra, rimangono lì tre, quattro giorni, e il fuoco in questo periodo compromette tutti i marmi che diventano inutilizzabili. Qui non succede. Il muro può essere recuperato. Massenzio lo consolida, ispessendolo con delle nicchie in laterizio all’interno e, all’esterno rimane il muro com’era.

Torna anche qui il concetto della materializzazione dell’architettura. All’esterno sembra il vecchio tempio ma l’interno è completamente rivoluzionato.

Arco di Costantino

(315)

Dedicato dal Senato a Costantino in memoria della vittoria a Ponte Milvio contro Massenzio nel 312, è l’evoluzione dell’arco di Settimio Severo. La lunga iscrizione ripetuta sulle due facce dell’arco ci informa di questo fatto. Nella frase: “Quod instinctu divinitatis” (per suggerimento di una divinità), si è voluto vedere il simbolo della cristianità e la conferma del sogno che Costantino ebbe prima della battaglia. E’ situato nel tratto compreso fra il Colosseo e il Circo Massimo. Il monumento è formato da sculture e parti architettoniche provenienti da edifici dell’età di Traiano, Adriano e Commodo. Si scrive infatti sui libri: “Lo vedi? Nell’epoca di Costantino sono talmente morti di fame che riutilizzano i pezzi vecchi.” No! Per l’economia della costruzione è obbligatorio recuperare i pezzi preziosi e riutilizzarli nelle nuove costruzioni. Si nota che i plinti non sono ammorsati. Sono pezzi fatti per l’occasione, sono moderni, piacciono di più e quindi vengono messi in basso per essere visti meglio. Le altre parti, anche se a noi sembrano più belle, sono prese da altri edifici, sono materiale di reimpiego. È un po’ quello che succedeva nel 1910 con la pittura moderna. È nata una diatriba per determinare quale periodo appartenesse l’arco. Si è notato, infatti, che l’articolazione dell’arco è fatta in un momento diverso rispetto alla decorazione: si pensa che l’arco fosse più antico. Secondo una recente ipotesi, si ipotizza che, non sapendo quale sarebbe stato il vincitore fra Costantino e Massenzio, fu costruito un prearco in onore del nuovo padrone di Roma. Indizi dell’esistenza del prearco:

• I plinti non sono ammorsati (tutti d’un pezzo), ma sono solo accostati. • L’originale trabeazione doveva essere lineare. Qui invece in prossimità dei pilastri

addossati rientra come un cassetto. Descrizione dell’arco:

• Arco a tre fornici, quella al centro è più alta (25 m).

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• Nei piedistalli delle colonne sono scolpite le vittorie. • Sei rilievi, stretti e lunghi, (sopra i fornici minori e anche sui lati minori dell’arco

alla stessa altezza) rappresentano la storia della campagna contro Massenzio. • Sopra i rilievi costantiniani sono situati quattro tondi d’età adrianea,

rappresentanti scene di caccia, sui quali i ritratti di Adriano furono sostituiti con quello di Costantino.

• Ai lati dell’iscrizione ci sono quattro pannelli, tolti da un arco innalzato da Commodo a suo padre Marco Aurelio.

• Sui plinti sopra le colonne ci sono quattro statue di Daci. Sull’altro lato dell’arco si ripete la stessa disposizione.

Descrizione lati minori: • Rilievo storico di Costantino. • Sopra il rilievo ci sono due tondi, uno per lato, rappresentanti il sole e la luna;

questi tondi sono d’età costantiniana ma imitano l’età adrianea. • Nell’attico c’è un bassorilievo d’età traianea (fregio del Foro di Traiano).

Nell’età costantiniana si pensa che vi sia un declino della scultura. Non si può parlare di decadenza ma di un cambiamento d’immagine: non c’è più un realismo di stampo ellenistico. L’arte diventa più astratta e tesa verso il simbolismo. Costantino, dopo trent’anni, cambia la propria immagine, non vuole più sembrare un barbaro, non vuole far sapere che ha preso il potere uccidendo il suocero, il cognato, la moglie, il figlio… Crea così un’icona: la sua immagine non rappresenta più un uomo, ma l’impero (non è realistica).

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Capitolo III Architettura paleocristiana E bizantina

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Il Cristianesimo si evolve all’interno del contesto della Roma imperiale. Nella Roma ellenistica c’erano due tipi di culto:

• Culto pubblico degli dei e dell’imperatore (dovere civico) • Divinità salvifiche (esigenze spirituali personali) come Iside, Mitra, accettate

perché non rifiutavano il culto ufficiale Il Cristianesimo era professato da una piccola comunità etnica di lingua aramaica in Palestina. Si deve a Paolo la diffusione del Cristianesimo nella romanità. Si trattava di piccole comunità con nessun interesse a sviluppare un’architettura sacra: bastava un luogo adatto allo scopo. Raramente ottennero il permesso di incontrarsi in un luogo pubblico. Le riunioni si tenevano in privato, nella casa di uno dei fedeli (in genere nel triclinium) che in genere era un’abitazione modesta delle classi umili. Postulanti (volevano convertirsi) e catecumeni (convertiti senza battesimo) non erano ammessi alla cerimonia e uscivano. Fino al 200 non si delineò un’architettura cristiana. Solo la religione di stato erigeva templi nello stile dell’architettura greca.

• Templi (divinità dello stato) • Santuari (altre divinità pagane) • Sale di riunione pubblica (culto dell’imperatore)

Progressiva organizzazione delle comunità: la Chiesa definisce una gerarchia clericale: al vertice ci sono i padri della Chiesa, di classe elevata (rivestono quindi anche cariche pubbliche). Ogni città ha il suo vescovo. La nuova forza del cristianesimo doveva andarsi a scontrare con l’autorità.

• Appartarsi • Rifiuto del culto ufficiale

Iniziano le prime persecuzioni (eventi rari e sporadici). Nel 250 la situazione si evolve. Cause reali:

• Numero crescente • Presenza nelle alte cariche statali (e gestione dello stato)

Cause discriminanti: • Rifiuto di riconoscere la divinità dell’imperatore • Rifiuto di arruolarsi (i nemici sono fratelli)

I cristiani sono traditori dello stato. Iniziano sanguinose persecuzioni.

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Ma la Chiesa è ormai troppo salda e la fede dei cristiani troppo forte. I nuovi edifici dovevano essere idonei alle esigenze delle pratiche religiose. Domus ecclesiae o titulus:

• Ampio • Diviso in due parti (clero e laici) • Vestibulum, una terza parte per i catecumeni che non possono entrare

I cristiani non potevano accettare le forme architettoniche di edifici pagani. La Domus ecclesiae poteva essere ricavata da una normale casa d’abitazione che non si distingueva dalle case circostanti: visto il clima repressivo, non si voleva richiamare l’attenzione. Queste case potevano aver subito leggere modifiche funzionali. San Crisogono Nel 300 non ci si accontenta più del tono modesto delle domus ecclesiae: si voleva una sede più sontuosa adatta alla presenza di un alto dignitario, il vescovo.

• vasto edificio rettangolare con tre porte d’accesso coperto da fascine • paramenti in mattoni • portico addossato al lato lungo

In realtà siamo ancora lontani dall’architettura monumentale, anche se è ovvio l’allontanamento dalla tipologia funzionale della prima edilizia cristiana: San Crisogono è semplicemente una sala di riunione che richiama l’attenzione.

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L’età costantiniana Editto di Milano, 313: riconoscimento ufficiale del Cristianesimo sotto Costantino Chiesa e impero da questo momento costituiscono un binomio inscindibile. La Chiesa diventa una forza politica e detiene un potere temporale. La nuova posizione richiede una veste adeguata dell’edificio di culto. Sotto Costantino l’architettura cristiana non poteva più essere una semplice variante dell’architettura domestica. Si deve trovare una nuova architettura. Per ragioni ideologiche non poteva trarre ispirazione dai templi pagani. Si ispira quindi all’architettura pubblica. Sceglie la basilica perché:

• Luogo di riunione (motivo funzionale) • Luogo dove si amministra la giustizia (ideologico)

Basilica romana: aula allungata (con eventuali navate laterali) con grandi finestre sui lati, coperta con tetto a travi, che terminava in un’abside rialzata. L’ingresso era posto sul lato lungo. Basilica è anche la sala di ricevimento nelle ville patrizie e coincide con l’aula regia nel palazzo imperiale (qui l’imperatore siede su un trono in un’abside). Basilica cristiana: ambiente a pianta rettangolare, costituito da una navata centrale e due o più navate laterali più basse e strette. La copertura è a capriate (lasciate a vista o rivestite con soffitto a cassettoni) e a volta semplice. L’ingresso si trova sull’asse longitudinale. Non esiste una vera e propria tipologia di basilica ma delle varianti locali. Caratteri delle chiese costantiniane:

• Quanto alla pianta, non ci sono regole fisse. Generalmente i corpi principali del complesso si susseguono lungo un asse longitudinale. Varietà determinata dalla diversità delle funzioni (cattedrali, cattedrali doppie, martoria, cimiteri coperti…)

• Esterni molto semplici • Ricchezza della decorazione interna: il colore e la luce fanno vivere questa

architettura (mosaici, colonne marmoree, soffitti dorati, arredi di metallo…) • Misticismo della luce proprio dell’architettura imperiale: in un edificio che

accoglie l’imperatore (poi Cristo), Sole di Giustizia, la luce deve essere dilagante

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Basilica costantiniana in Laterano (San Giovanni) cd. Basilica del Salvatore Laterano: palazzo imperiale donato da Costantino alla Chiesa perché divenisse la residenza del vescovo di Roma La basilica viene costruita in un’area attigua. La pianta presenta cinque navate, separate da colonnati e concluse da un’abside. Il transetto è un’aggiunta medievale. Tecnica costruttiva: calcestruzzo e pietre per le fondazioni, calcestruzzo e opus listatum per i muri laterali, probabilmente intonacati. Lo splendore della decorazione interna si oppone alla semplicità dell’esterno.

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Santa Croce in Gerusalemme a Roma Fatta costruire dall’imperatrice madre Elena nel palazzo imperiale, è quindi una cappella palatina, con funzione di cappella di corte. Venne trasformata una vasta sala rettangolare:

• Aggiunta di un’abside sul lato corto • Divisione in tre ambienti nella parte alta da due pareti trasversali parallele,

sostenute da archi

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Evoluzione del martyrium I cristiani non potevano essere sepolti insieme ai pagani: nascono le catacombe. Al loro interno avevano luogo solo i riti funebri. Heroa: tombe pagane di personaggi importanti, divinizzati. Nella loro struttura, raccolgono la forma e a funzione di tempio e mausoleo. Martyria: il culto degli eroi è la matrice del culto dei martiri cristano. L’architettura funeraria pagana (considerata come un qualcosa di neutro, non una vera e propria architettura religiosa) era essenzialmente di carattere privato e non presentava tutte le connotazioni di carattere religioso degli edifici pubblici, è per questo che poteva essere accolta facilmente nell’edilizia funebre cristiana. Le forme monumentali classiche sono così penetrate nell’architettura cristiana attraverso l’edilizia funebre dei martyria. Il nuovo spirito del cristianesimo costantiniano accentuò il desiderio dei fedeli di essere sepolti vicino al sacello di un martire, considerando la vicinanza come una garanzia di salvezza. Vista l’impossibilità di fornire a tutti i fedeli una tomba attorno al martire, all’esterno veniva realizzato un edificio con funzione di cimitero coperto, in genere con pianta basilicale. In questo si aveva per la prima volta una composizione di un corpo a pianta centrale deambulata (martyria, architettura funeraria) e di uno a pianta longitudinale (basilica, architettura civile). La basilica circiforme (a forma di circo) non ha soluzione di continuità tra l’abside e il corpo longitudinale. Il circo è la metafora della vita. È il luogo dove si svolgono le agoni. Agone, agonia è la lotta dell’anima che deve lasciare il corpo. Nell’abside si trova la tomba del martire, attorno alla quale si raccolgono le altre tombe, ecco il motivo per cui quasi tutte le basiliche circiformi sono basiliche cimiteriali.

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San Pietro in Vaticano Il martyrium di San Pietro è il più antico. Al centro di un cimitero pagano, c’era una piccola area libera, circondata da un muro. In questo muro si trovava una nicchia con un’edicola antistante (due colonne sostengono una lastra di pietra, sopra a questa un timpano sorretto da due semicolonne). La tradizione cristiana ritiene che sia la tomba di Pietro. Intorno a questo martyrium sorse ben presto la necropoli vaticana.

Per volontà di Costantino, tra il 319 e il 329, viene realizzata una gigantesca basilica (essendo Pietro il più grande martire).

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La necropoli venne colmata e spianata ricavandone una vasta area. Si lasciò intatta solo l’edicola del martyrium che sorgeva nella zona occidentale. Ecco il motivo per cui la basilica è rivolta ad ovest. Come nella basilica lateranense la tecnica muraria è quella del calcestruzzo con opus listatum o mattoni. Ma qui per il fatto che l’edificio sporgeva sul fianco ripido di una collina, le fondazioni erano rivestite fin dalla base di opus listatum. Presenta una pianta a cinque navate come la basilica lateranense, con la differenza che queste non trovano la loro conclusione nella zona presbiteriale. L’innovazione di San Pietro è costituita dal transetto continuo, corpo trasversale aggettante le navate laterali che le taglia e le conclude. Transetto e abside formavano una zona autonoma della basilica: infatti il transetto, leggermente più basso della navata centrale, era separato da questa con un arco trionfale. Dalle navate lateriali con un diaframma di colonne. In questa zona vi era il fulcro dell’edificio, il martyrium di Pietro, isolato da una cancellata e sormontato da un baldacchino sorretto da quattro colonne tortili. Il transetto serviva ad accogliere il più grande numero di persone in quest’area. Era anche il luogo dei riti della comunione. Il corpo longitudinale era invece un cimitero coperto. Per questo San Pietro si trova fuori le mura. La differenza di funzioni (transetto: accoglienza e riti; navate: cimitero) determina la diversità delle piante. Gli interni sono sontuosamente rivestiti di decorazioni in evidente contrasto con l’esterno spoglio. Architettura che comunica un messaggio: è l’anima che deve essere curata, non il corpo. Colonnato interno, capitelli e architravi di marmi policromi (di spoglio) davano un effetto di sopraffacente monumentalità. La luce entrava nella navata centrale da undici grandi finestre. Le navate laterali erano rischiarate da finestre più piccole. Le navate più interne rimanevano nell’oscurità. Nella navata centrale, un doppio ordine di affreschi di storie del Vecchio Testamento.

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Altri celebri martyria si trovavano nei luoghi dove Cristo si era rivelato. In questi edifici, come a San Pietro, martyrium e basilica sono riuniti in un unico complesso ma distinti dalla funzione. Chiesa della Natività a Betlemme

• Complesso basilicale a cinque navate separate da colonnati • Quadriportico antistante la facciata • Sul lato orientale del corpo longitudinale, un corpo a pianta ottagonale (ha la

stessa funzione del transetto di San Pietro) che racchiudeva il martyrium, qui Grotta della Natività.

Questo edificio ottagonale si può facilmente far risalire ai grandi mausolei imperiali (evidenti sono le analogie con il mausoleo di Diocleziano a Spalato). Questi mausolei non erano vere e proprie tombe ma degli heroa per la commemorazione dell’imperatore, e adottarono da edifici religiosi come il Pantheon la pianta circolare con nicchie radiali e la copertura a cupola emisferica. In epoca costantiniana questi heroa vennero dedicati alla commemorazione di Cristo e divennero presto il centro delle chiese. L’aula basilicale, in questo contesto, serviva solo ad incanalare verso il martyrium la massa dei fedeli. È naturale che questa commistione tra pianta centrale e basilica sia limitata alle chiese della Terrasanta che commemoravano Cristo. Lo stesso schema non poteva essere adottato in San Pietro poiché il tipo dell’heroa era riservato a Cristo. Il transetto è una soluzione d’emergenza per sostituire l’heroa e assolvere alla stessa funzione di martyrium.

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Basilica dell’Anastasis (resurrezione) sul Golgota

• Complesso basilicale a cinque navate separate da colonnati • Qui il martyrium, che racchiude il Santo Sepolcro, è un vasto vano a pianta

centrale deambulato (il riferimento è il mausoleo di Costantina) • Il vano centrale era circondato da venti supporti • Lo avvolgeva un deambulatorio semicircolare con tre nicchie aggettanti • La tecnica costruttiva è eseguita in massicci blocchi di pietra squadrata

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L’architettura post-costantiniana: IV sec.

Alla morte di Costantino, la difesa delle frontiere e il governo di territori molto fuori mano costrinsero gli imperatori a spostare di frequente il loro quartier generale (Costantinopoli, Antiochia, Nicomedia, Milano, Treviri e Colonia). Roma perde la sua importanza politica. Queste capitali, politiche e religiose, diventano centri di grande importanza architettonica. Gli architetti vengono da fuori, con la corte, perciò i concetti architettonici sono omogenei. Le maestranze invece sono indigene e determinano le differenze dovute alle tradizioni locali.

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S. Lorenzo a Milano (378) Non è ben chiara la sua funzione: situato fuori le mura, non può essere una chiesa di comunità, ma nemmeno un martyrium per la tarda dedicazione al santo. Si ipotizza perciò che, data la sua vicinanza al palazzo imperiale, fosse un chiesa di corte per gli imperatori. Caratteri:

• Monumentalità della concezione • Grandiosità dei volumi • Muratura massiccia

E’ un edificio tetraconco e a doppio guscio (un guscio interno costituito dal vano centrale e un guscio esterno costituito da deambulatori e gallerie). Lo spazio centrale è quadrato, su ogni lato si dilatano quattro ampie esedre (tetraconco). Il tetraconco a sua volta è avvolto da un’altra fascia spaziale costituita dagli spazi subalterni delle navatelle e delle gallerie. Problema della copertura: si è discusso molto se la copertura in origine fosse a volta a crociera o una cupola realizzata con un sistema di tubi fittili. La decorazione degli interni, esuberante, è in contrasto con la rigidità degli esterni. Si iniziano a vedere gli effetti della smaterializzazione e di sfondamento: si sa che a livello strutturale i sostegni sono i 4 pilastri laterali ma non si vedono.

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S. Stefano Rotondo a Roma (468-483) Rinascita classica a Roma Si pensa che avesse la funzione di martyrium, sia per la pronta attribuzione al santo che per la forma circolare. Presenta una pianta complessa: compenetrarsi della forma rotonda e di quella a croce Un’enorme navata cilindrica è circondata da un deambulatorio; questo si apre su quattro cappelle disposte in maniera tale da formare una croce, collegate da portici esterni o da giardini.

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San Paolo fuori le mura (385) Rinascita classica a Roma

Voleva essere una copia di San Pietro in Vaticano. Anche qui, l’edificio sorge sul sepolcro del martire. Fu progettata per fornire alla tomba di San Paolo, un riparo altrettanto solenne e monumentale di quello che racchiudeva la tomba di San Pietro. I costruttori emularono San Pietro nelle proporzioni e nella pianta, compresa la soluzione del transetto continuo, ma con delle varianti:

• Transetto più profondo e corto • Colonnato omogeneo (in luogo di quello variegato di San Pietro): scelta

accurata degli elementi o disegnati appositamente (per l’influsso del nuovo movimento romano che vuole far rivivere le forme classiche)

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Battistero Lateranense Rinascita classica a Roma Il Battistero Lateranense, così come fu rifatto da Sisto III, fondeva:

• pianta ottagonale del tipo battistero • mausoleo romano del tipo di Santa Costanza (vano centrale a cupola e

deambulatorio a botte) Questa fusione trova la sua massima espressione proprio qui: mescolanza monumentale di concetti architettonici tardo-romani e di simbolismo cristiano.

• Pianta ottagonale con angoli marcati da colonne • Deambulatorio coperto a volta a botte • Cupola a ombrello centrale • Quindici colonne binate che circondano il vano • 8 colonne sul bordo del fonte

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Santa Costanza a Roma (350 c) (o mausoleo di Costantina) Si rifà all’esempio pagano del Ninfeo di Minerva medica. Edificio a doppio involucro dove lo spazio centrale circolare (circoscritto da 12 colonne binate, con pulvino) è coperto a cupola e lo spazio del deambulatorio è coperto a botte. Ricerca luministica come in Santa Sofia: il mausoleo ricerca una relazione armonica e proporzionale tra volumi di luce piena (vano centrale) e di luce attenuata (deambulatorio). La corona di colonne assolve la funzione di raccordo tra luce e ombra.

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L’architettura post-costantiniana (V sec.) La divisione dell’impero nel 385 nelle intenzioni dell’imperatore Teodosio, non avrebbe dovuto essere molto diversa dalla tetrarchia di Diocleziano, ma per la forza degli eventi finì per risolversi in uno scisma. In seguito alle numerose invasioni, l’impero d’Occidente si indebolì progressivamente, tanto che il papato fu costretto ad assumere una funzione politica. L’Oriente, invece, si mantenne relativamente forte grazie ad un’amministrazione ben regolata e la presenza di un forte esercito e divenne la potenza politica dell’impero. L’imperatore a Bisanzio rimase il simbolo dell’impero romano d’Oriente e d’Occidente. Così Costantinopoli (con Teodorico) e Roma si imposero come i due centri politici e religiosi dell’impero. L’inventiva e la sperimentazione dell’età costantiniana cedettero il passo all’affermarsi di norme e precisi modelli architettonici. Se in età costantiniana la progettazione ha carattere unitario in tutto l’impero, nel V sec. le 3 regioni (occidente di lingua latina, Egeo di lingua greca, Medio Oriente) sviluppano linguaggi stilistici diversi. Le complesse piante dell’età costantiniana furono sostituite da tipi più semplici di basiliche:

• Navata centrale • Abside • 2 navate laterali

Le consuetudini locali apportavano poi delle varianti locali: quadripartico, nartece, gallerie laterali, altre 2 navatelle, cripta, 2 torri sulla facciata, transetto… L’orientamento sull’asse est-ovest con l’abside ad est diventa una regola. Il battistero (di pianta quadrata nel IV sec) assume una forma standard a pianta ottagonale, circondata da un deambulatorio e quasi sempre coperta a volta. Il numero 8 della pianta rappresenta: inizio del mondo e resurrezione di Cristo ovvero l’inizio della vita, il battesimo del cristiano. Basilica tipo in Occidente:

• Navata lunga, fiancheggiata da navatelle laterali, la quale si concludeva con un’abside semicircolare

• Presenza di un atrio o di un nartece antistanti la chiesa • Supporti della navata erano generalmente colonne di spoglio • Serie di finestre nella parte alta da cui penetrava luce opaca • Affresco o mosaico sotto il piano delle finestre • Catino dell’abside aveva generalmente un affresco o un mosaico • Tutte le parti dell’edificio erano coperte con tetti a capriata, raramente

soffittatura a cassettoni • L’interno era molto ricco e nettamente in contrasto con l’austerità dell’esterno

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Architettura bizantina (VI sec.) Nel 527 Giustiniano sale al trono di Costantinopoli. Profondamente religioso, era convinto fino in fondo di avere la divina missione di ristabilire l’ortodossia in tutte le regioni da lui dipendenti e anche oltre. Riaffermava perciò il suo diritto ereditario su province occupate illegalmente da popoli barbari. Sul piano ideale, l’impero di Giustiniano era l’impero romano di un tempo. L’architettura di Giustiniano è un’architettura imperiale, i mezzi finanziari per realizzare il programma architettonico erano assicurati solamente dall’imperatore (Santa Sofia infatti è costata 180 milioni di dollari secondo i valori del 1972). Con Giustiniano si ha una svolta nella storia dell’architettura. Il mutamento risulta evidente nella concezione delle chiese. Fino agli inizi del regno di Giustiniano la maggior parte delle chiese era basata sul tipo della basilica, questa forma permane in Occidente. L’architettura di Giustiniano in Oriente rompe con la tradizione della basilica, adottando l’edificio a pianta centrale del tardo impero con copertura a volta che culmina in una cupola centrale (questo tipo di pianta era ideale per una liturgia che prevedeva il clero nella navata e i fedeli nelle navatelle). Subentra quindi una nuova architettura che ha le sue radici nella tradizione della tarda antichità invece che in quella classica.

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Santa Sofia (537) Esemplificativo dell’architettura Giustiniana La sua costruzione fu il primo grandioso impegno che Giustiniano si propose. Un’architettura straordinaria richiede un architetto straordinario, per questo gli architetti degli altri edifici non furono considerati all’altezza del compito. Antemio e Isidoro sono due architetti–ingegneri,in grado i progetti e le soluzioni statiche di un edificio chd fino ad allora non era mai stato considerato attuabile in grande dimensione. Il sistema di S.Sofia è audace, ma semplice: è una struttura a doppio involucro. Nucleo interno:

• Grande rettangolo • 4 grandi pilastri agli angoli di un quadrato sorreggono 4 arconi collegati da 4

pennacchi • Cupola costolonata principale sostenuta da 40 nervature • 4 semicupole controbilanciano le spinte longitudinali (indubbiamente troppo

sottili per esercitare una forte controspinta, nondimeno la loro forza era atta a neutralizzare la spinta della cupola)

Involucro esterno:

• insieme di navatelle, nartece e gallerie • coperture di volte a padiglione nelle navatelle, cupole su pennacchi nelle

gallerie Sfidando tutte le leggi della statica, S.Sofia sta in piedi per miracolo! Indubbiamente gli architetti si spinsero proprio ai limiti di quelli che noi chiamiamo coefficienti di sicurezza. Il loro primo progetto pare fosse anche più audace. Per sviluppare l’idea che avevano in mente, adottarono tecniche arrischiate, mettendo a rischio la stabilità dell’edificio. Arrivarono a concepire questo progetto forse proprio perché non erano architetti di professione. L’idea del progetto è la realizzazione di grande spazio: fusione tra la basilica di Massenzio e la cupola del Pantheon.Le unità spaziali non sono ben definite, espandendosi al di là dei propri confini strutturali.

• L’occhio vaga al di là del quadrato centrale nelle navate laterali e nelle gallerie di cui non può afferrare chiaramente le forme. La struttura si rivela solo dal centro del vano: dal suo interno i volumi sono tutti comprensibili.

• Ma al di là di questo nucleo centrale lo spazio rimane enigmatico. La navata, vista

dalle navatelle e dalle gallerie, resta seminascosta da diaframmi, apparendo a frammenti (epifanie).

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Il principio di una visione architettonica che procede per affermazioni e negazioni si esplica in tutto l’edificio. Smaterializzazione della massa:

• Le strutture portanti (pilastri primari e secondari) sono spinte lateralmente dentro le navatelle e le gallerie, per non essere viste.

• La policromia del marmo nega ogni sensazione di massa. • Luce diffusa

Simbologia della luce: Sia le gerarchie ecclesiastiche che quelle secolari erano permeate dalla luce della divinità, imperato e patriarca erano le due metà di Dio, il patriarca per gli aspetti religiosi, l’imperatore per quelli secolari. L’interazione di imperatore e patriarca era essenziale per affermare un impero cristiano e

il loro incontrarsi sotto la cupola di S.Sofia divenne il simbolo di questa interazione.

Le audaci soluzioni costruttive e la ricercata concezione di Santa Sofia rimasero un fatto confinato a Costantinopoli. Non sarà dunque l’architettura audace di Antemio e Isidoro a dominare il futuro ma tecniche e concezioni più sobrie. Committente: Giustiniano Perché: monumento della sua vittoria sulle rivolte popolare e aristocratica Architetto e ambiente culturale: Antemio e Isidoro, architetti-ingegneri Come questo risponde: Messaggio:

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San Vitale a Ravenna (546)

• Nucleo centrale ottagonale, circondato da deambulatorio e matroneo • 7 nicchie a 2 piani si aprono sui lati • L’ottavo lato si apre in un presbiterio quadrato e in un’abside più bassa e

aggettante • Doppia copertura (cupola a ombrello e tetto sovrapposto)

La volta che copre il vano centrale è costruita non da mattoni posti di taglio (Santa Sofia), ma con la tecnica occidentale dei tubi fittili parzialmente infilati uno dentro l’altro. È una copertura leggera. Anche la struttura muraria è particolarmente esile. Architettura volta a conferire effetti di immaterialità e spazialità indefinita: luce diffusa, grandi vuoti (nicchie) dove dovrebbero esserci dei pieni (pilastri), valori cromatici delle superfici Quando il visitatore attraversa l’ampio quadriportico ed entra nel lungo e stretto nartece, non si accorge della posizione anomala del nartece stesso, posto fuori asse. Attraversandolo il visitatore che sta dietro gli schermi convessi delle nicchie non sa quale sia la sua esatta posizione rispetto all’altare ed è spinto a cercare di definirla procedendo verso il nucleo centrale dell’edificio.

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Capitolo IV Architettura carolingia e ottoniana

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Architettura carolingia

La mancanza di edifici superstiti che registrano il passaggio dalle tipologie paleocristiane (Costantino) e tardo-antiche (Giustiniano) agli edifici dell’età carolingia, aveva originato l’ipotesi, inaccettabile, di un’interruzione dell’edilizia chiesastica del periodo compreso tra VI-VIII sec. È possibile quindi ipotizzare la presenza di un’esile linea di continuità con l’architettura precedente. Nello stesso periodo inizia il processo di trasformazione della basilica cristiana che conserva l’impianto a 3 navate, abside e tetto, ma nel contempo lo trasforma in un organismo massivo: ispessimento dei muri, riduzione di aperture e luci, sostituzione del pilastro alla colonna. Nell’Occidente latino le due potenze egemoni, il papato e il regno dei franchi con Carlo Magno (768-814), aprono un rapporto dialettico tra Germania e Italia. Il carattere e gli sviluppi dell’architettura carolingia dipendono direttamente dal potere e dalla volontà imperiale. Carlo Magno è fermamente risoluto nel voler fondere la tradizione culturale romano-classica con quella spirituale cristiana. Linee di tendenza:

• Il romano more (Fulda, Cappella Palatina, Lorsch) • La basilica a cori contrapposti (Fulda, San Gallo) • Il westwerk (Corvey) • La pianta circolare (Cappella Palatina)

Sviluppo della cripta: Essa trova origine nelle tombe apostoliche delle grandi basiliche romane costantiniane. Il vano interrato in corrispondenza del presbiterio tende a svilupparsi in altezza comportando il rialzamento del livello del presbiterio stesso. Nella storia dell’architettura, il suo spazio tende ad ampliarsi in misura sempre maggiore fino ad assumere il carattere di una grande struttura di ampliamento, quasi una seconda chiesa inferiore.

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Abbazia di Fulda

Romano more: è evidente l’intenzione di creare nel cuore dell’impero un’immagine fedele della basilica vaticana. L’impianto è infatti un richiamo diretto del San Pietro costantiniano contraddistinto da un grande transetto continuo fortemente aggettante sulle navi minori.

Nasce la tipologia basilicale a cori contrapposti: aggiunta di una seconda abside sul fronte d’ingresso dovuta alla necessità di poter disporre di un altro presbiterio da adibire a santuario.

• La modifica incide profondamente sulla fruizione visiva dell’opera architettonica. La mancanza dell’ingresso sull’asse di simmetria comporta l’impossibilità di afferrare immediatamente l’immagine dell’interno. Il visitatore è costretto, entrando da ingressi laterali, ad attraversare le navi minori, per raggiungere la navate centrale e l’asse di simmetria.

• Inoltre l’esistenza di 2 absidi contrapposte determina una fuga prospettica a doppio senso, dall’ingresso al fondale, dal fondale all’ingresso.

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Monastero di San Gallo Adozione della tipologia basilicale a cori contrapposti

Unico progetto del periodo pregotico: pianta di un complesso abbaziale, con l’intento di fornire un modello di sistemazione funzionale dei vari ambienti. Non si tratta propriamente di un progetto. Chiesa a tre navate ad absidi contrapposte, ed exonartece Utilizzazione dello spazio interno della chiesa: la superficie della navata appare frammentata in numerosi piccoli settori in relazione alle funzioni. Questa frammentazione dello spazio rende impossibile l’uso normale delle navate e le riunioni di numerosi fedeli.

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Abbazia di Corvey Solo qui possiamo trovare l’esempio di una nuova tipologia dell’architettura carolingia: è il westverk (massiccio occidentale, triturrium). E troviamo solo quello perché la chiesa dietro non c’è più! Westverk: blocco imponente di 3 torri (2 laterali e una centrale arretrata) applicato al corpo anteriore della chiesa come bilanciamento al complesso volumetrico della zona presbiteriale. Il Westverk è un vero e proprio palazzo, un edificio civile all’interno della chiesa. Funziona da ingresso, facciata e appartamenti imperiali all’occorrenza. Questo è il senso profondo del westverk. A Corvey, il westwerk è stato realizzato innalzando sull’atrio al pianterreno una corte quadrata di due piani, con annesso una sorta di transetto, e sopra a questo complesso, le 3 torri. Si tratta di un organismo architettonico quasi autonomo dalla chiesa, in quanto destinato a sede speciale per il culto riservata all’imperatore, ospita infatti il seggio imperiale all’interno di una grande loggia al piano superiore, dal quale si domina l’intero spazio interno della basilica.

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Cappella Palatina di Aquisgrana (Eudo di Metz) Faceva parte di un grande complesso, sorto quale sede del potere. L’opera di riferimento, ma non di modello, è certamente San Vitale a Ravenna. L’architetto sperimenta lo spazio circolare: infatti la Cappella Palatina si pone come ultima fase della ricerca in questo senso, una ricerca iniziata con la sala ottagona della Domus Aurea, il tempio di Minerva Medica e San Vitale. Analogie:

• Impianto ottagonale • Peribolo anulare avvolgente a 2 piani coperto da volte a botte rampanti • Doppia copertura (cupola con tetto sovrapposto)

Differenze:

• Ossatura robusta con pilastri e muri di forte spessore (invece che esile) • Cupola a ombrello in muratura (invece che con tubi fittili) • Sviluppo in verticale a 4 piani (invece che a 3) • La vera differenza è nella conformazione delle pareti che delimitano il vano: a

Ravenna i vani profondi delle nicchie e i pilastri arretrati, ricoperti di marmi a mosaico, definiscono un effetto di immaterialità e indefinita spazialità; ad Aquisgrana il grande vano è nettamente definito dalle pareti che seguono i lati dell’ottagono sdoppiandoli e dalla scelta di una massa muraria piena e forte. Definizione geometrica degli spazi.

La Cappella Palatina è il rifiuto della tradizione tardo-antica e bizantina: renovatio romanorum imperii (quello classico). Uso di materiale di spoglio per il valore attribuito all’architettura antica. Trattandosi di una cappella di palazzo c’è un posto riservato all’imperatore. Il torno si trova al primo piano del pericolo anulare, da dove l’imperatore può vedere sia l’altare che la raffigurazione del Pantocrator. L’imperatore del Sacro Romano Impero riflette la luce divina del Pantocrator sul suo popolo.

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Thorhalle di Lorsch Edificio di ingresso dell’omonimo monastero, mostra le forme architettoniche romano-classiche. Insieme alla Cappella Palatina siamo al ritorno alla classicità. Se escludiamo la presenza del tetto a spioventi pronunciato (in un’area dove piove molto le falde sono inclinate a 60°) sembra un arco di trionfo. Portico al piano terra: archi con ordine decorativo applicato come in Colosseo e Teatro di Marcello Piano superiore: muratura piena decoratala un ordine di lesene Decorazione barbarica (non in senso dispregiativo): barbari → nomadi → possono praticare solo alcune arti (non architettura, scultura, pittura ma oreficeria, lavorazione dei metalli, tappeti…) → quindi i barbari pensano in termini decorativi.

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Architettura ottoniana Periodo di invasioni (850-950): arresto dell’attività edilizia Dopo questo secolo di silenzio, l’eredità culturale dell’impero carolingio passa immutata, all’impero germanico (sacro romano impero germanico) degli Ottoni. Lo sviluppo dell’architettura ottoniana in Germania risulta contemporaneo al grande processo di elaborazione dell’architettura romanica nel resto d’Europa. Caratteri delle chiese ottoniane:

• Il cambiamento sostanziale apportato, è la perdita della funzione politica-civile espressa nel westwerk carolingio che diventa westbau ottoniano, complesso a 2 torri posto a costituire il fronte occidentale (diventerà la famosa facciata a 2 torri nel romanico e nel gotico).

• La forma architettonica è fondata su di una concezione geometrica dello

spazio, limpido ed essenziale.

• Anche la concezione statico-costruttiva si rivela semplice, fondata sulla continuità di spesse strutture murarie.

Soluzioni nella disposizione del transetto.

• Transetto continuo: nettamente delimitato rispetto alle navate e al presbiterio (archi trionfali, iconostasi, diaframmi di colonne)

• Crociera regolare: risultante dall’incrocio tra navata centrale e transetto di pari altezza

• Transetto basso: rispetto alla navata centrale, rimane limitato alle 2 ali aggettanti

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San Michele ad Hildesheim Opera rappresentativa dell’architettura ottoniana per essenzialità e misura della

composizione L’organismo edilizio mostra, oltre all’asse longitudinale, un secondo asse di simmetria ortogonale tra i 2 transetti uguali, situati uno a oriente e uno a occidente. Schema a crociera regolare dove il quadrato perfetto, dato dall’incrocio della nave principale con il transetto, costituisce il modulo compositivo della pianta che si ripete per altre 3 volte, determinando la lunghezza della navata. Ognuno di questi moduli genera un ordinamento ritmico con la successione alternata di 2 colonne e un pilastro.

• Fermenti in età carolingia • Blocco in prossimità dell’anno Mille • Ripresa negli anni immediatamente successivi all’anno Mille

Hildesheim (inizio dei lavori: 1001) → transizione tra ottoniano (evoluzione della chiesa carolingia) e romanico L’imperatore non ha il controllo sul suo impero, allora si appoggia alla Chiesa. Le chiese diventano doppie (o bicefale): espressione della dicotomia Chiesa-impero. Il potere secolare utilizza la parte ovest della Chiesa. È una chiesa bicefala. Questo sdoppiamento del transetto non verrà più adottato dopo il momento di confusione tra impero e Chiesa. Esterno:

1) Volumi del transetto e della navata con la stessa altezza. 2) Sulla crociera regolare troviamo una torre.

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3) Torrette scalari ai lati del transetto: residuo della monumentalità del westverk (ha solo la forma, non la funzione. Per salire mi basterebbe una sola torre). Da cosa si capisce che sono “scalari”? dalle finestre disposte a zig-zag che rivelano la presenza di una scala a chiocciola.

Interno: La chiesa ha un’alternanza in maniera del tutto insensata colonna-colonna-pilastro. Ma siccome questa partitura appartiene al progetto originale, ci viene da pensare il motivo. C’è una crociera regolare. Si vuole riprendere e ripetere nella navata. Dopo l’anno Mille nasce l’idea di regolarità: il modulo è il quadrato della crociera regolare. A partire dal 1001, la razionalità umana, ottenebrata dalla paura per l’anno Mille, riprende il sopravvento. Siamo ancora agli inizi: le finestre sono 10, mentre le campate sono 9, le navate laterali non sono ancora la metà della navata centrale ma leggermente più grandi.

Santa Gertrude di Nivelles Adottando gli stessi elementi compositivi di Hildesheim, ma alterati in forma e dimensioni, non riesce a dare lo stesso effetto di composizione equilibrata e misurata. Tipologia a cori contrapposti Schema a doppio transetto basso

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Nell’ambito della cultura architettonica ottoniana è presente il sentimento nostalgico per la passata grandezza del tempo di Carlo Magno. Di qui, la ripresa dei modelli carolingi.

Convento di Ottmarsheim

Pianta ottagonale a doppio involucro. Copia fedele della Palatina di Aquisgrana nel rapporto di 2/3. Dimostra appunto quale sia stato l’influsso della Cappella Palatina. Da questo momento tutte le chiese, che per qualche motivo devono ospitare l’imperatore, presenteranno una sorta di westverk, un westbau, fatto a immagine della Cappella Palatina di Aquisgrana.

Abbazia di Essen Chiesa bicefala con abside ad est e westbau ad ovest. Il westbau diventa la loggia imperiale quando l’imperatore passa per Essen. Anche questa riprende lo schema della Palatina nell’abside. L’abside è un prisma verticale concavo su 3 lati, sormontato da una grande calotta che riproduce i 3 piani della Palatina. È la funzione che determina l’adozione di una tipologia: la differenza di funzioni deve essere ben visibile dal punto di vista architettonico. Qui la motivazione funzionale è quella di riservare questa parte della chiesa alla frequentazione degli uomini.

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SS. Quattro Santi Coronati La penetrazione della cultura bizantina a Roma prende inizio nel VI secolo. Nei sec. VIII-X l’imitazione delle forme bizantine è limitata a dettagli architettonici e parti ornamentali, senza incidere sulla concezione dell’opera, né sulla struttura. È improprio quindi qualificare come bizantina l’architettura delle chiese romane nell’età carolingia e ottoniana. La Roma papale, per quanto riguarda la tipologia edilizia e le forme architettoniche, ripropone e ripete passivamente per tutto il medioevo la tipologia basilicale di eredità paleocristiana. Attività edilizia pontificia a Roma:

1. nuova costruzione 2. ristrutturazione di preesistenze 3. adattamento ad uso liturgico dei grandi edifici imperiali o tardo-antichi

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Capitolo V Architettura romanica

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Le principali motivazioni che hanno portato al concepimento della chiesa romanica: 1. Pratico-funzionale: Necessità di ampliare l’area del presbiterio per il clero,

molto numeroso, e per concentrare le funzioni attorno all’altare maggiore Il coro (chevet) diventa coro deambulato e sul deambulatorio di aprono 3, 4 o 5 cappelle semicircolari. All’interno, il coro, compenetrandosi con l’impianto a navate, realizza nuovi effetti di profondità. All’esterno costituisce un’originale combinazione di volumi. Il transetto diventa un corpo a tre navi.

2. Ideologica: Cambia il modo di concepire l’immagine della chiesa: ora assunta

come simbolo del divino nel quotidiano, presenza costante nella vita dell’uomo. Il corpo della chiesa si deve dare come un qualcosa di organico e omogeneo.

L’unico modo per rendere omogenea la struttura discontinua della basilica è quella di realizzare una copertura di pietra e quindi voltata. L’architettura romanica nasce sostanzialmente dalla graduale trasformazione della basilica cristiana coperta a tetto in una fabbrica coperta a volta. Questo processo inizia mantenendo la tipologia a copertura lignea, ma introducendovi notevoli mutamenti: pilastri al posto di colonne, muri di grosso spessore, luci ridottissime. Lentamente si acquista la capacità di costruire un organismo coperto a volte. Il processo è graduale e consta di numerose fasi: si passa dalla copertura con volte semplici (botte) delle navate laterali a quella più complessa (crociera) di vani più grandi.

3. Storica: si era conservata la tecnica esecutiva della volta grazie al suo impiego

in edifici minori. Ovviamente la volta era il sistema più efficace per coprire un grande ambiente e prevenire il rischio degli incendi. Ma l’adozione della volta richiedeva la radicale trasformazione del sistema statico e costruttivo. La volta è un sistema spingente e determina una struttura complessa, in cui l’intera conformazione dell’edificio risulta condizionata dalle esigenze della stabilità. Nella chiesa romanica il sistema statico-costruttivo (in cui ogni elemento è un agente di trasmissione del carico sovrapposto e di quello proprio) è essenzialmente fondato sul criterio di assegnare alle navate laterali il compito di assicurare la stabilità della navata centrale. Queste ricevono la spinta e la trasmettono alle strutture più esterne. La spinta è quindi è assorbita dai carichi verticali e dalle controspinte delle volte laterali. Il risultato è il conseguimento di una struttura equilibrata.

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Si distinguono due tipologie: • Volta a botte: esercita un tipo di spinta continuo verso l’esterno che si esaurisce

nel grande spessore delle murature esterne. • Volta a crociera: la spinta è direzionata lungo le diagonali e si concentra,

perciò, in determinati punti nodali. Volte e archi convogliano i pesi e le spinte lungo linee prefissate, fino ad incontrare nuclei e spessori murari destinati ad assorbirle. Non sempre vi è corrispondenza fra la forma architettonica e il sistema strutturale: infatti la stabilità della fabbrica è affidata ai forti spessori e alla continuità delle murature, che rendono superflua la presenza di altre strutture. Tipologie:

1. Schema basilicale con la nave centrale più alta, direttamente illuminata 2. Nave cieca (chiesa a sala): tre navate con la stessa altezza, che ricevono la luce

dalle pareti perimetrali 3. Doppia nave cieca: tre navate con la stessa altezza, dove le navate laterali

presentano dei matronei

Il romanico in Francia

Area meridionale a sud della Loira: organismi coperti a tetto Area settentrionale (Francia del nord e impero germanico): organismi coperti a volte. La Francia è il centro di elaborazione dell’arte romanica più produttivo, e in Francia la regione che dimostra le più originali capacità innovative è la Borgogna (ricerca funzionale e formale).

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Cluny II Prima opera importante e significativa

• Organismo basilicale a tre navi • Transetto basso sporgente • Torre sulla crociera • Coro rettangolare absidato e coperto a botte

Elementi innovativi:

• 2 gallerie rettangolari e parallele fiancheggiano il coro sui due lati, formando il c.d. coro a gradoni

• Corpo di fabbrica anteriore (westwerk)

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Abbazia della Maddalena a Vezelay Rappresentativa insieme a Cluny, conclude il processo di semplificazione dell’organismo con la rinunzia alla galleria: il risultato rappresenta il modello definitivo della basilica a tre navi, voltata a crociere rialzate con spigoli vivi, arconi trasversali, luci dirette e contrafforti esterni.

Saint-Benigne a Digione

L’abside è riprende la chiesa dell’Anastasys. Introduce nell’area meridionale le grandi dimensioni metriche.

Saint Philibert di Tournus Soluzione particolare per la copertura : le volte a botte sono disposte perpendicolarmente all’asse centrale (volte a botte trasversali). Questo dispositivo resta il solo esempio di una risoluzione statico architettonica alternativa al consueto impiego delle volte longitudinali rispetto alla navata, perché offriva il vantaggio di eliminare o ridurre le corrispondenti strutture di contraffortamento. Sopra c’è ancora tetto a capriate, la soluzione ideata, allora, rientra ancora in quella fase in cui si cercava un modo per proteggere la copertura di legno dal fuoco.

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Grande problema è l’oscurità, causata dal sistema costruttivo della volta a botte. Si stanno realizzando delle grandi chiese di pellegrinaggio: presentano tutte il problema della luce. Gli spazi interni rimangono quasi sempre al buio.

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Le chiese di pellegrinaggio Più rilevante realizzazione del romanico in Francia nei secoli XI e XII

Sono le sedi di santuari situati lungo le strade “della preghiera” che movendo dalle diverse regioni raggiungono la meta finale di Santiago de Compostela.

• Saint-Martin a Tours • Sainte-Foy a Conques • Saint-Sernin di Tolosa • Saint-Martial di Limoges

Saint-Martin a Tours

Basilica voltata a nave cieca: la nave, totalmente in ombra, è illuminata da luci laterali brevi e violente e dalla luce radente che entra dalla parete di facciata. Si è raggiunta la definizione di questa tipologia. Adozione dello chevet a coro deambulato Trasformazione del transetto in un corpo a tre navi.

Sainte–Foy a Coques

Adozione della partitura su due piani (arcate e galleria) che avrà in seguito grande diffusione in tutta l’area romanica

Sainte-Foy a Conques

Saint Sernin di Tolosa

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Santiago de Compostela

Si attua una vera e propria importazione del modello architettonico francese delle chiese di pellegrinaggio. Pilastri polistili Non c’è ritmo pilaforte-piladebole: c’è il sistema obbligato, perché non c’è la volta a crociera nella navata centrale. Sistema obbligato: Associa alla crociera centrale rettangolare, una coppia di crociere laterali. Quando si scopre come realizzare delle crociere a pianta rettangolare si sostituisce il sistema che abbinava ad una crociera centrale su pianta quadrata due crociere minori sui due lati (determinando visivamente l’alternanza di pilaforti e piladeboli). Hanno scoperto che la volta a crociera spinge solo sugli angoli. Lo avevano già scoperto gli architetti dei Mercati di Traiano, ma devono riscoprirlo! Le innovazioni introdotte dal romanico si diffondono rapidamente nell’intero territorio francese, in tal modo coro deambulato, struttura a pilastri polistili, copertura a volta diventano di generale impiego. Ma le soluzioni acquisite non sono accolte come definitive e pertanto sono accompagnate dalla necessità di perfezionamento.

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Saint-Etienne di Nevers e la soluzione al problema della luce

Aspirazione ad ottenere l’illuminazione diretta della navata (dal momento che le chiese di pellegrinaggio hanno il problema della luce). Soluzione al problema della luce: deciso rialzamento delle pareti della stessa nave in modo da consentire l’apertura delle finestre nel muro superiore. Ma l’irrinunciabile esigenza di mantenere la copertura a volta, comporta la necessità di trasformare la struttura in un sistema statico dotato di un equilibrio autonomo (da muri continui di forte spessore, rinfianco delle volte, contrafforti esterni, carichi verticali sulle strutture spingenti).

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Cattedrale di Angouleme, abbazia di Fontevrault Chiesa ad una navata costituita dalla successione di campate allineate sull’asse longitudinale

Notre-Dame du Port di Clermont-Fernand (Architettura alverniate)

Presenza del massiccio centrale (all’incrocio fra il transetto e la navata centrale) Distinzione di tale crociera ottenuta mediante la costruzione di quattro muri

Notre-Dame de Jumieges (Architettura normanna)

Partitura dell’interno sviluppata su tre piani: colonnati, trifore e finestre Copertura a tetto d’influenza ottoniana Westbau d’influenza ottoniana

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Saint-Etienne e Trinitè a Caen (Architettura normanna)

Dopo aver raggiunto a Jumieges la definizione di un modello edilizio predisposto a ricever un’intera copertura voltata, si rinuncia a compiere questo passo decisivo. Per almeno un sessantennio queste chiese rimangono in attesa della copertura definitiva, provvisoriamente coperte a tetto.

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Il pre-gotico

Cluny III Monastero benedettino in sostituzione di Cluny II ritenuta angusta (1088)

Impianto più grandioso e sfarzoso realizzato durante il medioevo: i benedettini dopo Carlo Magno ottengono una giurisdizione civile: ricchezza, potere, lussuria! Quindi dopo l’anno 1000 si assiste ad una secolarizzazione delle strutture dei monasteri. 5 navate su 187 m di lunghezza Copertura a botte acuta: ci sono archi rampanti all’esterno Coro deambulato Doppio transetto (per avere un numero maggiore di cappelle). Una svaria di cappelle! (per messe private) Grande Nartece e 7 torri. L’originalità di quest’organismo risiede non solo nella straordinaria complessità del suo insieme (complessità delle visuali), ma anche nella tendenza ad aumentare l’altezza della navata rispetto la larghezza (adozione del sesto acuto), inoltre nell’introduzione di un nuovo sistema d’illuminazione e quindi di proporzionamento delle strutture, per cui ogni parte della chiesa gode di luce diretta. La navata centrale coperta a botte acuta mostra una nuova partitura dovuta alla grande altezza delle arcate, che riduce fortemente la superficie della parete sovrastante nella quale trovano posto un falso triforio e una fascia continua di finestre alla sommità, che versano abbondante flusso luminoso nella parte alta del vano. Le agili proporzioni e le forme a sesto acuto presentano modi di carattere pre-gotico. L’impiego dell’arco acuto che, a parità di altre condizioni, esercita una minore spinta permette di costruire volte di altezza maggiore. Si può dire che Cluny testimonia il momento iniziale di elaborazione del sistema gotico.

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Cattedrale di Durham Architettura normanna in Inghilterra dopo la conquista da parte dei Normanni (1066)

Ancora caratteri romanici salvo che per la conformazione delle volte Esecuzione delle prime volte a crociera su costoloni ogivali, nelle navi laterali del coro (1093) costituite da grandi archi ogivali trasversali e diagonali Segna la realizzazione dell’impianto interamente coperto con volte (1133) All’esterno troviamo già i contrafforti arcuati posti a sostenere le volte centrali, che hanno la funzione di archi rampanti, sono però nascosti nel sottotetto. L’innovazione realizzata a Durham, coro e nave coperti con volte a sesto acuto su crociere nervate, proprio in Inghilterra non trova accettazione e seguito. Committenti e maestri inglesi trascurano di prendere in esame e di sperimentare il nuovo sistema costruttivo, e continuano a costruire grandi basiliche coperte a tetto.

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Il romanico in Germania

I paesi germanici sono gli ultimi ad accettare le risoluzioni architettoniche del romanico, visto che qui permane ancora l’architettura ottoniana (950-1050). La distinzione fra ottoniano e romanico riguarda la contrapposizione ideologica dell’edificio, per il primo figurazione del potere temporale, per il secondo figurazione del divino. Per quanto riguarda la differenza arcitettonica, la cosa più evidente riguarda il sistema di copertura: così che il trapasso dalla basilica alla chiesa romanica resta principalmente segnato dall’abbandono della copertura a tetto. Si tratta di un processo di sostituzione che si sviluppa lentamente e fortemente ritardato rispetto alla cultura occidentale. Tra il 1050 e il 1150 la tradizione ottoniana continua ad esercitare la sua influenza nei territori dell’impero: in tal modo l’architettura germanica rifiuta di accettare la concezione dell’edificio-chiesa coperto con volte. Tuttavia la valorizzazione degli esterni, di importanza pari agli interni, accomuna le due ricerche formali (composizione di volumi di fabbrica ottoniana e decorativismo lombardo). Infatti è qui ripresa la tradizione germanico-imperiale dell’edificio concepito come un blocco murario posto a dominare lo spazio intorno. Tra 1150 e 1250, momento della maturazione del romanico tedesco, in Francia si è già arrivati alla produzione del primo gotico. Siamo quindi in ritardo di un secolo! Tipi planimetrici:

• Transetto sporgente o incluso • Coro absidato semplice o tripilice • Due transetti contrapposti • Navata ripartita fino a 4 livelli (navatelle, gallerie, triforio, finestre) • Campate doppie • Volta a crociera, a costoloni, esapartita, a sesto acuto.

Il gruppo delle grandi cattedrali renane comprende: duomo di Spira, cattedrale di Magonza, abbazia di Maria am Laach, duomo di Worms, duomo di Treviri; queste cattedrali mantengono la pianta germanica a cori e volumi contrapposti ed accessi laterali, con la rinuncia alla totale fruizione visiva dell’interno lungo un asse principale con il conseguente obbligo del graduale apprendimento della sua immagine. Cfr. Hildesheim (1001) → transizione tra ottoniano (evoluzione della chiesa carolingia) e romanico

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Duomo di Spira (nella spiegazione cfr. con Hildesheim)

Iniziata nel 1026 da Corrado il Salico. È il mausoleo della dinastia Salice. Con Enrico IV si ha il massimo scontro con il papato. L’imperatore viene scomunicato, cioè viene messo fuori dal Sacro romano impero. L’altare maggiore si trova sulle tombe degli imperatori, simbolo che la chiesa si fonda sul potere imperiale. Ecco perché non c’è bisogno di realizzare una chiesa bicefala. È una variante di Hildesheim. Primo portale strombato della storia dell’architettura. Vuol dire che se abbiamo una porta piccola e la strombiamo, sembra più grande. Prima fase: copertura a capriate quindi pilastri tutti uguali Seconda fase: copertura a volta della navata centrale (le navatelle sono già dall’inizio coperte a crociera). Le capriate vengono appunto coperte dalle volte, non sostituite. Siamo ancora nella fase in cui una chiesa viene voltata a protezione dagli incendi. Si crea l’alternanza di sostegni principali e secondari. È la logica conseguenza di Hildesheim dove avevamo il ritmo colonna-colonna-pilastro, sul modulo della crociera regolare. È l’inizio del sistema obbligato. La conseguenza è che la campata centrale è grossa quanto quattro campate laterali, due per lato. Interno: nel momento in cui si metto no delle volte, le spinte vengono bilanciate dal sistema di archetti che fascia tutto l’esterno e dal peso stesso della copertura, quindi non ci sono contrafforti. All’innesto tra la pianta quadrata e la copertura ottagonale, nella crociera regolare, abbiamo delle cupole a cuffia (una sorta di pennacchi sferici). Se avesse avuto una serie di archetti sarebbe stata una cupola strombata. Capitello cubico (nella cripta a sala) → figlio di una nuova sistematica della costruzione che si espliciterà poi nel gotico. Cripta a sala → polidirezionale Ci sono le navate ma non è la navata che crea la forma dello spazio.

*** Primo complesso: 3 navi su pilastri, tetto, transetto sporgente La trasformazione eseguita dal 1080 segna il momento in cui l’architettura germanica aderisce completamente alla concezione romanica. Comprende la ricostruzione del

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transetto, dell’abside e il rinnovamento della partitura della nave per l’innesto della copertura a volta in sostituzione del tetto. La navata è stata rifatta con l’aggiunta di un risalto ogni due pilastri ricavando così un sistema alterno di sostegni principali (pilaforte) e secondari (piladebole). L’interno della navata è quindi scandito dal ritmo del sistema obbligato. Il pilaforte viene così a ricevere le spinte della crociera centrale, di quelle laterali e degli arconi trasversali. Un carattere del romanico tedesco è quello di assegnare una maggiore importanza agli esterni, anche attraverso la ripresa di soluzioni quale la collocazione di grandi volumi contrapposti, tipici dell’architettura carolingia ed ottoniana (torri, tiburio, massiccio occidentale), cui si aggiungono elementi decorativi di provenienza lombarda (lesene, arcate, archetti pensili, gallerie e loggiati).

***

Esterno: Per la prima volta troviamo una cosa che farà scuola. A cosa servono gli archetti sotto il tetto dell’abside? L’abside è coperta da una semicupola che spinge verso fuori. Questi archetti servono a fare in modo che, attraverso il peso, la spinta della cupola sia contenuta all’interno della struttura. Per cui diventa un motivo che fascia tutto l’esterno, per irrobustire il punto in cui la spinta è maggiore, che poi posso scavare. Nasce così questo sistema di archettature che sarà tipico di tutto il romanico. Campanile romanico: è una torre piena, che comincia di solito a bucarsi con una finestra, poi due, poi tre, per arrivare a quattro. E diventano sempre più leggeri man mano che si sale in modo da dare un senso ascensionale. Testata del transetto: facciata monumentale con grandi finestre. Precisa corrispondenza tra finestre della navata centrale e navata laterale. È il passo successivo a Hildesheim.

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Cattedrale di Magonza

È una chiesa bicefala. Distinguo la fronte ovest grazie alle torrette (perché non ha la facciata). Anche Magonza ha due fasi come Spira. La prima coperta a capriate, la seconda dove queste vengono coperte dalle volte a crociera. La partitura dell’interno riprende la partitura della navata di Spira (pilaforte-piladebole), ma vanifica il motivo delle arcate laterali che qui sono cieche, rendendo banale lo spazio dalle dimensioni imponenti. L’esterno invece mostra un sapiente uso dei valori plastici e degli accostamenti cromatici (pietra rossa), nonostante le disarmoniche aggiunte posteriori.

Abbazia di Maria am Laach Anche per questa abbazia benedettina vale lo stesso discorso dell’interno semplice e anonimo, contrapposto ad un esterno dalle complesse volumetrie, che fornisce un esempio perfetto di chiesa romanico-germanica, e nello stesso tempo mantiene gli elementi tipici della tradizione ottoniana (transetto anteriore che include un westbau, lanterna sulla crociera e varie altre torri innestate qua e là). Anche una chiesa abbaziale può essere bicefala. I benedettini hanno riciclato con grande eleganza la struttura del westwerk. Perché che se ne faceva una chiesa benedettina del posto dell’imperatore? Si è risolta la lotta per le investiture, quindi non c’è più bisogno delle strutture laiche all’interno delle chiese. Non ha più il sistema obbligato ma campate della stessa ampiezza.

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Duomo di Treviri Rappresenta l’esempio del nuovo modo di comporre le pareti esterne mediante la combinazione degli elementi architettonici assunti dal romanico di Germania.

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Duomo di Worms Mantiene la tipologia germanica dei cori contrapposti (e quindi pone l’obbligo del graduale apprendimento della sua immagine) ma concepita in maniera straordinariamente originale perché va oltre la concezione stereometrica dell’architettura germanica: due cori diversi in tutto, un solo transetto. È tuttavia negli esterni il maggiore sforzo espressivo: la concentrazione degli effetti plastici si realizza alle due estremità della fabbrica.

Questa si fa se vogliamo 30 e lode più, a detta del pròf. Bicefala a doppio transetto, assolutamente uguale a Magonza. Dove dovrebbe esserci l’ingresso, c’è tutta questa serie di casette che vanno ad appoggiarsi alla cattedrale (è l’immagine della chioccia coi pulcini). Gli esterni delle cattedrali tedesche sono difficili da vedere proprio per questo motivo.

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Il romanico in Italia

L’architettura romanica in Italia risulta fortemente differenziata da regione a regione e aperta alle numerose influenze.

L’area padana

I maestri costruttori Lombardi avevano da tempo elaborato e diffuso un linguaggio architettonico romanico (IX-XI sec). Fino all’XI secolo rimasero fedeli alla tradizionale copertura a tetto (Sant’ Abbondio di Como). Una fase intermedia, prima della costruzione delle volte, è data dall’introduzione degli arconi trasversali posti a sostegno del tetto, quale struttura di collegamento tra le pareti verticali. L’architettura lombarda raggiunge la completezza dell’organismo interamente coperto a volta tra il 1090 e il 1120 ad opera dei maestri milanesi (S. Ambrogio a Milano, S. Michele a Pavia).

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S. Abbondio di Como Questo sviluppo rallentato consente la realizzazione di monumenti originali.

• Basilica a 5 navate su archi e colonne priva di transetto, coperta a tetto (costantiniana)

• Coro allungato e absidato (francese) • Capitelli cubici e loggia interna simile a westbau (germanici)

Ma la vera qualità architettonica risiede negli esterni: masse murarie grandiose e compatte di chevet e torri, e nella plastica decorativa.

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Sant’Ambrogio a Milano Può essere considerata la chiesa madre dell’architetture romanica.

Le fasi del progetto:

• Il primo progetto risale al IX sec. • Nell’ XI si ricostruiscono le navate coperte da volte a crociera, con la

conseguente trasformazione delle pareti, articolate con contrafforti. • Alla fine del XII la quarta campata fu rialzata e coperta da una cupula, creando

così una nuova sorgente luminosa proveniente dall’alto. Sistema planimetrico:

• Corpo a 3 navate coperto con volte, privo di transetto • La copertura voltata comporta l’adozione del sistema obbligato. • Tipologia a nave cieca (tipica delle chiese di pellegrinaggio) • Quadriportico: è grande quasi quanto tutta la chiesa. La sua funzione non è più

quella catechistica (per i catecumeni), ma ormai è diventato una forma architettonica.

• È presente una doppia facciata composta da nartece con loggiato sovrastante. Il sistema di illuminazione:

• La tipologia a nave cieca rinuncia agli effetti di slancio verticale adottando una forma bassa, larga e quasi priva di luci.

• La luce radente penetra dagli arconi della facciata. • Nel quadriportico, il cortile in luce è in contrasto con i portici in ombra.

Gli esterni:

• L’immagine complessiva è data dalla complessità delle masse e non dalle superfici (come nella basilica paleocristiana).

• Decorativismo lombardo: archetti pensili • Bicromia: marmo e pietra rossa

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S. Michele a Pavia Ha la pianta simile a S.Ambrogio, con maggiore sviluppo in altezza. Rifiuta infatti, la soluzione a nave cieca, rialzando i muri della navata centrale. Un’altra modifica al modello ambrosiano è l’adozione di un transetto sporgente. La facciata a capanna nasconde il vero profilo delle navate: è più grande, bella e maestosa della bassa chiesa. È una superficie continua che soltanto in alto presenta una finta galleria gradinata.

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L’area emiliana

I sistemi costruttivi inaugurati a Milano e Pavia trovano il loro maggiore sviluppo nelle cattedrali Emiliane.

Duomo di Parma

Presenta tutte le caratteristiche del Romanico emiliano: • Facciata a capanna • Loggiato sopra tutte le fronti esterne. • Partiture con matronei e sovrapposte finestre. • Presbiterio rialzato e cripta • Copertura a volta, costruita in ritardo • Un grosso transetto sporgente.

Non c’è più sistema obbligato, le volte a crociera sono rettangolari.

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Duomo di Modena (Lanfranco)

Organismo semplice su pianta rettangolare, privo di transetto, pilastri alternati a colonne, falsi matronei (ovvero non hanno il solaio!) L’interno è stato gravemente alterato, mediante la sostituzione dell’originale copertura ad arconi trasversali e tetto (progettata da Lanfranco) con pesanti volte a crociera a sesto acuto e costoloni. Le fronti esterne presentano:

• una galleria continua di archetti che avvolge l’organismo come una grande fascia, praticabile all’altezza del presbiterio.

• un protiro con leoni stilofori

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S. Marco a Venezia Nell’ XI secolo Venezia risulta estranea agli sviluppi del romanico- padano; così quando si pone l’esigenza di costruire la chiesa più importante della repubblica (1063), viene scelto un modello vecchio di 5 secoli: la costantiniana Basilica dei SS.Apostoli a Costantinopoli. Venezia conserva il gusto bizantino per la raffinatezza lineare e cromatica inserito nel nuovo contesto della cultura romanica. Infatti la popolazione dell’entroterra, costretta dalle invasioni barbariche a fondare una città sulla laguna, portava con sé una tradizione ravennate. Inoltre aveva continui contatti con l’Oriente. Così S. Marco mostra gli stessi caratteri delle costruzioni bizantine del VI sec:

• Pianta a croce greca • Corti bracci divisi in tre navate. • Enormi pilastri. • Grande cupola all’incrocio. • Inquadrata da 4 cupole minori su ogni braccio: la stessa forma si ripete così 5

volte. All’interno il gioco delle luci graduate e i rivestimenti marmorei e a mosaico, che ricoprono interamente le superfici interne, risolvono il problema della spazio (smaterializzazione ??????). La struttura interna smussa tutti gli spigoli per prepararsi a ricevere la decorazione. Tutto l’esterno è pensato in relazione all’ambiente lagunare: sarebbe un controsenso sviluppare una volumetria massiccia come quella romanica per edifici il cui piano di posa è rappresentato dallo specchio d’acqua. La costruzione deve librarsi e galleggiare sull’acqua: grandi superfici svuotate da gallerie di archetti e volumi gonfi “di aria”. S. Marco è il tipico esempio di un’architettura che, visivamente, non pesa sul terreno ma levita nell’aria.

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S. Marco

Perigreux

a confronto con S. Marco

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Toscana

Il classicismo del romanico-fiorentino è nell’orientamento religioso della città: tesi fondamentale è che la verità è in se stessa razionale e la dimostrazione è implica nella chiarezza della forma (è una tesi benedettina: il dogma è implicitamente vero, non va dimostrato): forma-verità. Le forme geometriche rivelano con immediata evidenza la razionalità, dunque l’architettura dovrà essere fatta di forme geometriche evidenti: si ritrova l’idea classica che lo spazio non si dia come forza, ma come forma. Inoltre queste forme sono fatte di piani di marmo in cui sono tracciate con intarsio a due colori, figure geometriche.

Battistero di S. Giovanni a Firenze La datazione della fabbrica resta incerta: l’ossatura di sostegno è forse di età tardo-antica; mentre assetto architettonico, rivestimento e decorazione è collocato tra il 1080 e il 1230. Alcune evidenti discontinuità confermano la lunga durata dei lavori e i mutamenti linguistici intervenuti.

• Pianta ottagonale • Coperta da una cupola a padiglione • Alzato a due ordini sovrapposti, dove quello inferiore richiama la

rappresentazione di una peristasi avvolgente (il modello è chiaramente la forma centrica anulata dell’architettura romana)

• Cromatismo degli intarsi marmorei, sviluppati secondo elementari forme geometriche.

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San Miniato al Monte

• Basilica a 3 navi • Senza transetto

L’interno reca la partitura del duomo modenese: colonna-colonna–pilastro. Il pilastro è posto a sostegno dell’arcone trasversale. Tutto il corpo è sentito come un solido spaziale ben definito, una sensazione che viene rimarcata dagli intarsi marmorei che la caratterizzano cromaticamente (bicromia).

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Campo dei Miracoli, Pisa Il raggruppamento di edifici monumentali in un complesso organico è un tema urbanistico nettamente classico. Profondamente cristiana è l’idea di esprimere in essi l’intero ciclo dell’esistenza, dalla nascita alla morte. Una perfetta unità di volumi architettonici e di dettagli decorativi lega ed unisce in un solo complesso organico questi edifici. Tutte le fronti degli edifici sono interamente fasciate da un’ininterrotta serie di archetti su colonne, semicolonne o lesene, un motivo che si ripeterà in tutti gli edifici toscani: la parete piena scompare, i volumi sono svuotati dalle fasce di archetti. È questa la vera invenzione pisana, la più felice risoluzione che l’età romanica abbia saputo dare al problema di comporre una fronte. Le serie di archetti che circondano i corpi vanno a “svuotare” la parete che non si presenta più come un volume massiccio ma come una superficie ariosa, trasparente, caratterizzandola sia architettonicamente che luministicamente.

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Cattedrale di Pisa Cominciata da Buscheto (1118), ma già quarant’anni dopo doveva essere ampliata da Rainaldo che costruì anche la facciata. Buscheto reintroduce il tema classico del monumento: riprende vastità e grandezza della basilica antica, così come non si vedeva dall’ultima età classica. Gigantismo: inizia quel fenomeno che porta i vari comuni a realizzare opere monumentali per autocelebrarsi e mostrare la propria potenza.

• Corpo basilicale a 5 navate, con grandi colonne. • Coperto a capriate, oggi a cassettoni. • Transetto absidato molto ampio • Cupola ellittica all’intersezione fra nave e transetto.

Non c’è un’unità spaziale fra transetto e nave centrale, ma una netta separazione, in modo che non si può parlare di transetto, ma di due basiliche trasversali (autonome) a 3 navi. È quindi adottata (a nostro parere!) una soluzione opposta a quella di San Pietro. Si ha così un edificio chiesastico multiplo. L’interno non è stilisticamente omogeneo: il colonnato del piano terra ha carattere prettamente classico mentre i matronei sono di ascendenza araba. Un altro punto debole è costituito dalla cupola: forse non prevista in origine, si innesta su una pianta ellittica troppo allungata, presentando così, un profilo goffo e ridotto in totale disaccordo con la monumentalità dell’esterno.

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Battistero di Pisa Iniziato da Deotisalvi nel 1153, è situato di fronte al duomo, sullo stesso asse di simmetria.

• Grande volume cilindrico. • Struttura anulare articolata su due piani. • Vano centrale coperto da una cupola conica piuttosto rudimentale; nel ‘500

verrà rivestito da una cupola ma il cono sarà ancora visibile.

Campanile di Pisa I lavori per la costruzione del campanile:

• Bonanno per i primi 3 piani (1173), fino all’interruzione dei lavori per un cedimento del terreno.

• Giovanni di Simone per altri 4 piani (1275). • La torre campanaria è del 1350.

Gli autori del campanile hanno adottato gli stessi elementi architettonici già realizzati nel duomo e nel battistero, associandoli nella medesima partitura: basamento con archi ciechi e i sei piani superiori con logge traforate.

Campo Santo di Pisa Avviato nel 1278, ma compiuto nel Trecento e modificato nel Quattrocento, può essere riferito senza dubbio al quadro della tarda cultura gotica. Infatti tardo-gotica è l’apertura delle grandi aperture quadrifore verso l’interno, che richiamano il gotico maturo francese.

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L’area centrale e meridionale Il quadro d’insieme dell’attività architettonica di quest’area presenta un panorama privo d’interventi importanti. Il rifiuto di accettare la costruzione a volta è il tratto distintivo dell’Italia centrale dopo il 1000 fino alla metà del 1200. Questa posizione costituisce il principale ostacolo al rinnovamento del linguaggio architettonico e delle tipologie edilizie. La committenza e i maestri costruttori sono legati alla forma tradizionale dell’edificio chiesastico: quello della basilica su colonne coperta a tetto, che in queste regioni, senza modificare la propria struttura, adotta gli elementi linguistici minori dell’architettura lombarda.

Roma

A Roma, a datare dall’età carolingia, il clima culturale permane povero e chiuso nella passiva ripetizione del modello basilicale paleocristiano, sostenuta dalla richiesta di rinnovare o ricostruire le vecchie chiese e dalla disponibilità dei materiali di riuso: quindi nessuna aspirazione al nuovo, ma un immobile conservatorismo. Nemmeno la capacità di penetrazione della cultura lombarda si dimostra in grado di rompere l’isolamento culturale di Roma. In quest’ambito l’unico contributo fornito all’architettura romana è quello recato dalla cultura padana alla formazione dei campanili. Per individuare il carattere romanico delle opere realizzate nel 1200, occorre introdurre il tema dell’attività dei marmorari romani per la decorazione degli interni delle chiese. Fra quelli più attivi, i Cosmati e i Vassalletto che lavorano alla ricostruzione della basilica di San Lorenzo fuori le mura e dei chiostri di San Giovanni in Laterano e di San Paolo.

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Abbazia di Montecassino Secondo centro di cultura che resta fedele alla conservazione e alla ripetizione del tipo basilicale. Situata tra l’Italia centrale e il Mezzogiorno. San Benedetto sta prima a Subiamo e poi a Montecassino, lì viene seguito da una folla che vuole da lui una regola. La ottiene e proprio lì a Montecassino farà sorgere la casa madre dei benedettini. L’abate di Montecassino verrà chiamato papa nero perché aveva un’autorità indiscussa sui benedettini di tutto il mondo. Montecassino ha un primo momento di crescita e splendore fino al IX secolo, quando gli arabi la conquistano. I monaci si rifugiano nei conventi intorno e questa è una fortuna perché perdendo Montecassino, ne creano tante altre, perché ovunque vanno influenzano tante zone che non avevano né ricchezza né cultura. Ben presto i monaci tornano a Montecassino e impongono ai contadini il pagamento dei tributi: in questo modo si ricrea il patrimonio di S. Benedetto con cui viene ricostruita l’abbazia nel 1075 Negli stessi anni veniva costruito il Duomo di Spira, che risente dei benefici carolingi, mentre Montecassino risente dell’autorità del papato. Infatti il modello è proprio quello di S. Pietro:

• Non è a 5 navate, ma a 3 • Quadriportico di derivazione dal modello • Transetto alto (idem) definito come un unico corpo, elevato a grande altezza,

coperto da un tetto con la linea di gronda alla quota del colmo del tetto della navata.

• Materiali di spoglio (come a San Paolo) Troviamo indifferentemente archi a tutto sesto e archi acuti, questo per dire che non è l’arco acuto che fa il gotico!!! È parola di Viscogliosi.

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Puglia

S. Nicola di Bari Edificio capostipite delle cattedrali delle chiese pugliesi (XI sec.)

È un po’ storta! Evidentemente costruita su un edificio preesistente.

• Organismo a tre navi su archi e colonne • Transetto ampio e profondo • Gallerie, trifori e finestre superiori sullo stesso asse • Tetto sulla navata e volte sulle laterali • Absidi celate da muro esterno

La composizione dell’impianto obbedisce ad uno spiccato senso della spazialità geometrica, definito dal taglio semplice e sicuro dei volumi (essenzialità della struttura). Il carattere dell’opera mostra un innegabile affinità con le forme dell’architettura lombarda. Ciò perché è possibile supporre che i maestri costruttori delle Puglie di fronte all’esigenza di un adeguamento della loro attività ai livelli raggiunti dal romanico europeo, abbiano rifiutato la troppo tradizionale e scontata risoluzione romano-cassinese, adottando invece le forme padano-lombarde (tutto questo però senza accettare il sistema voltato!). L’elenco delle cattedrali che prendono a modello S. Nicola, comprende: le cattedrale di Bari, di Bitonto, di Trani. quasi una doppia chiesa per la presenza di una cripta equivalente e di un elevato unico esempio di navate costruite sopra binati di colonne. Sorge isolata sul mare.

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Sicilia

La conquista normanna della Sicilia durata trent’anni (1061-1091), riporta l’isola in diretto contatto con la civiltà e la cultura occidentali. In quel momento storico, dopo due secoli di dominio arabo, la Sicilia si definisce depositaria di una propria cultura di influenza bizantina e araba. Così i conquistatori normanni, di fronte alle espressioni mature di queste civiltà, cercano e riescono ad assimilarle in un sincretismo espresso in numerose opere di Sicilia. Il tema architettonico determinante nell’architettura siciliana del 1100 è quello dell’innesto della cupola sull’area del presbiterio, realizzato mediante un tamburo cilindrico sormontato da una calotta estradossata. L’adozione della cupola, come anche le arcate a sesto acuto, sono di tipo musulmano. I mosaici degli interni sono bizantini. Questi motivi ed elementi stilisticamente diversi si compongono in unum e rappresentano i caratteri fondamentali del sincretismo normanno. Nell’ideazione delle tre grandi cattedrali siciliane di età normanna (Cefalù, Monreale, Palermo):

1. il tema dell’innesto della cupola, tipico delle chiese di modeste dimensioni, si converte in un problema di maggiore portata: quello di rispondere all’esigenza di assegnare la maggiore importanza alla crociera fra navata e transetto. Questo perché costruire sull’incrocio, una calotta delle dimensioni dell’invaso non era tecnicamente possibile, perciò occorreva sostituire la cupola con un complesso architettonico di ampiezza e importanza corrispondenti.

2. Un altro dispositivo che accomuna le tre cattedrali, è il rapporto geometrico

proporzionale che lega le proporzioni della nave a quelle delle arcate laterali che la delimitano. Nelle chiese antecedenti le arcate presentano delle dimensioni ridotte, così che il piano verticale diventa una superficie virtuale di separazione, che divide la grande navata dalle laterali. In queste cattedrali questa condizione non si verifica, perché le arcate sono così ampie e slanciate da provocare l’opposta sensazione visiva di uno spazio unitario: si tratta delle prime manifestazioni della generale tendenza all’unificazione visiva degli interni.

3. Le fronti esterne sviluppano una forte partitura di pilastri e lesene a

tutt’altezza, e una serie continua di finestre a trifori e finti loggiati. Nell’interno, le navate semplici compongono un vano rigoroso ed austero (diversa è pero l’immagine del grandioso vano di Monreale interamente rivestito di marmi, mosaici e decorazioni plastiche che lo caricano di effetti luministici e di colore).

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Duomo di Cefalù

Duomo di Monreale

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Capitolo VI Architettura gotica

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La nuova architettura trova la sua origine nella necessità di “liberare” il pavimento, per permettere ai fedeli una più agevole fruizione dello spazio (cambiamento della liturgia). Di qui la volontà di sostituire alla massa muraria un sistema di appoggi discontinui. Il passaggio dalla chiesa romanica a quella gotica, comporta un lungo e graduale processo di trasformazione dell’organismo statico-costruttivo da una struttura continua ad una discontinua. Gli architetti dell’Ile-de-France (XII sec.) furono i primi a realizzare questa trasformazione. In questo sviluppo l’intera massa muraria della chiesa romanica, dotata di forti spessori e dimensioni, si trasforma in un organismo dove la funzione statica è assolta da un sistema di membrature portanti. Le parti portate sono perciò accessorie e possono essere svuotate (murature) o omesse (finestre). L’organismo romanico non definisce sufficientemente il sistema di forze, e si esprime quindi nella realizzazione di una struttura muraria continua. L’organismo gotico, invece, definisce le forze agenti nel sistema (posizione, direzione, entità) che vengono convogliate (funzione statica) e visualizzate (funzione plastico-visiva) lungo percorsi prestabiliti in una struttura a scheletro. L’attenzione rivolta dagli studiosi all’impiego delle volte a crociera apre il dibattito realtà-ilusione della struttura gotica. Ci sono due interpretazioni:

1. Le membrature hanno funzione statica reale (funzione strutturale). Alcuni studiosi, tra cui Viollet-le-Duc, definiscono lo sviluppo dell’architettura gotica come un processo di razionalizzazione costruttiva che riduce la struttura della volta ad un’ossatura portante. La concentrazione dei carichi su pilastri isolati, permette di sostituire i muri con pareti sottili o finestre.

2. Le membrature hanno una funzione statica apparente (funzione plastica-visiva), ovvero disegnano la forma. Altri studiosi mettendo in dubbio l’effettivo ruolo portante dei costoloni, hanno sottolineato invece la preminenza degli aspetti formali, i quali avrebbero a loro volta condizionato i procedimenti costruttivi.

Si tende ad individuare particolari elementi il cui impiego indichi l’apparizione dello stile gotico: arco acuto, archi rampanti, pilastri polistili, pinnacoli, rosoni, ecc. Ma non sono i particolari, bensì è la concezione dell’edificio intero, a fare il gotico. L’impiego dell’arco acuto comporta due vantaggi:

1. a parità di luce, spinge meno di quello a tutto sesto perciò la risultante delle forze agenti sui piedritti è più vicina alla verticale (vantaggio statico).

2. permette di attribuire una stessa quota in chiave ad archi di ampiezza anche

molto diversa, impiegando raggi di curvatura differenti (vantaggio geometrico). L’adozione di archi acuti, svincolando l’altezza dell’arco dalla luce, consente di passare dalle volte a crociera su pianta quadrata alle volte rettangolari.

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Lo spazio interno Lo spazio gotico viene definito come il superamento della concezione compositiva romanica per addizione delle singole unità elementari, riducendone l’autonomia, e la determinazione di una fusione spaziale, eredità questa delle chiese di pellegrinaggio, cluniacensi e ottoniane. Significativa è l’individuazione della campata-pilastro-costolone (modulo determinante la spazialità unitaria) come forma di suddivisione modulare. Questa spazialità unitaria viene conferita al vano della nave centrale, immaginato come un corpo altissimo, suddiviso dalla partitura verticale delle membrature a tutta altezza. Ne risulta una parete-rigata. Altro concetto importante è la ricerca della massima dilatazione dello spazio: il vano interno della chiesa non è un volume chiuso, ma uno spazio mutevole ed espanso, che nasconde le sue effettive dimensioni. L’esterno È proprio l’architettura dell’interno a costituire la configurazione della chiesa gotica: gli esterni sono la conseguenza strutturale dello spazio interno. La luce Si registra un impiego cosciente e funzionale della luce: l’incremento di luminosità, reso possibile dallo svuotamento del muro, non costituisce, tuttavia, lo scopo dei costruttori. Molti dicono: a nord c’è poca luce. Balle! Le vetrate non sono fatte per lasciar passare la luce del giorno. Nelle chiese l’ultima cosa che preoccupa i costruttori è l’oscurità, perché se una chiesa è buia è più mistica, quindi evidentemente l’assenza di luce non è sentita come un problema. La luce gotica è piuttosto una luce-colore, non naturale, che si emana nello spazio addolcendo la poderosa potenza delle membrature architettoniche (cfr. Saint-Denis). Per il teologo medioevale, l’edificio-chiesa è la manifestazione sensibile della Chiesa come “ecclesia”, cioè come comunità dei fedeli che si esprime nell’immagine simbolica della Gerusalemme Celeste, la città della luce. A questo proposito le vetrate policrome e le pareti colorate della cattedrale gotica rappresentano la parete di pietre preziose incastonate nelle mura della città celeste.

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Saint-Denis a Parigi (1137-1144)

Saint-Denis è l’edificio che costituisce il primo momento di elaborazione del linguaggio architettonico gotico e il suo nome è legato, per gli storici dall’architettura, a quello dell’abate Suger, colui che probabilmente ebbe l’intuizione di porre le basi per una svolta nella storia dell’architettura. Saint-Denis si trova nell’area dell’Ile-de-France, a pochi chilometri da Parigi e da Notre-Dame che è l’altro episodio fondamentale per la definizione del nuovo linguaggio architettonico. L’edificio originale risale al V secolo ma all’epoca di Suger, Saint-Denis era diventata il reliquiario del vescovo Saint-Denis, santo patrono della Francia (prima che lo diventasse Giovanna d’Arco), e luogo di sepoltura dei sovrani francesi. Essendo quindi Saint-Denis la cattedrale più importante di Francia, il suo abate doveva essere uomo politico e teologo. Contrapponendosi al gusto austero dell’ordine cistercense e alle direttive di San Bernardo, Suger riteneva che un edificio religioso assolvesse meglio al compito di onorare Dio se dotato di forme grandiose e splendidi arredi e la sua chiesa doveva incarnare questa ideologia. Il suo scopo è quindi quello di ricreare il paradiso in terra, cioè la Gerusalemme Celeste nella sua chiesa. Nell’iconologia medievale le città sante di Gerusalemme e Betlemme vengono rappresentate con le pareti fatte tutte di pietre preziose. Per i poveri che vivono nelle capanne di fango, infatti, che cos’è il paradiso? Un luogo dove tutto è fatto di pietre preziose e di colori. E Dio è la luce che permea di sé tutte le cose. Ma dicendo che Dio è luce, Suger non si riferisce alla luce del giorno che è mutevole, bensì alla luce delle pietre preziose. Così l’unica direttiva che Suger impartisce al suo architetto è quella di realizzare un coro con la lux continua. Non sappiamo chi sia l’architetto di Suger ma di certo possiamo dire che egli riprende tutte le esperienze architettoniche del suo tempo e le porta alle estreme conseguenze. Allo stesso modo non possiamo dire se sia venuta prima l’idea di Suger della lux continua o la capacità dell’architetto di rispondere alla sua richiesta. Probabilmente sono esperienze coeve: è stata proprio l’abilità tecnica degli architetti del suo tempo ad offrire a Suger l’idea della lux continua. Il grande rinnovamento della costruzione, che si protrasse dal 1137 al 1144, riguardava il coro e la facciata, mentre le navate rimasero invariate.

• Il coro presentava una pianta romanica a doppio deambulatorio (il secondo ambulacro formato dalle cappelle messe in comunione). È l’alzato che diventa gotico. L’architetto adotta la volta costolonata, così come nello stesso momento si stava facendo a Durham, più facile e veloce da costruire, permettendo una differenziazione delle parti portanti e portate. Inoltre scopre che non ha bisogno dei muri nel momento in cui fa due pilastri robusti. Così realizza un altro “pilastrino” tra i due principali all’esterno delle cappelle in modo da rendere possibile l’eliminazione dei muri. È il primo esempio dell’adozione del nuovo sistema costruttivo che permette, attraverso l’uso di sostegni isolati, la possibilità di sfondare le pareti. Quindi nel coro al posto del muro abbiamo la lux continua dell’abate Suger. Siamo ancora lontani dalla parete tutta vetrata di Amiens o della Sainte Chapelle (all’esterno non ci sono ancora gli archi

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rampanti ma pilastri robusti) ma comunque consideriamo Suger un genio per aver previsto quello che sarebbe successo in architettura cento anni dopo Saint-Denis.

• La facciata consiste in una costruzione a due torri anteposta ad un profondo

nartece di due campate. Il prospetto si sviluppa su tre piani sovrapposti. Il rosone interviene a conferire la preminenza necessaria alla parte centrale della facciata, altrimenti sminuita dalle due torri, diventandone il fulcro.

Negli anni successivi viene conformato il nuovo assetto del corpo basilicale: la conformazione delle volte, che coprono la navata è diretta a realizzare la concentrazione delle spinte sulle ristrette contraffortature situate sulle pareti, contro le quali si ergono gli archi rampanti che a loro volta scaricano tali sollecitazioni sopra i contrafforti esterni.

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Il protogotico Prima di essere elaborata all’interno di scuole nazionali, l’architettura gotica ebbe la sua culla nella Champagne e nell’Ile-de-France, in una serie di cattedrali imponenti, costruite in un arco di tempo relativamente breve, grazie all’apporto finanziario dei sovrani francesi. A partire dal 1200, con l’espansione dell’impero capetingio ad opera di Filippo Augusto, il nuovo stile architettonico si diffuse nell’intera Francia. Il quadro che si presenta allora è tutt’altro che omogeneo: sperimentalismo e influenza delle tradizioni locali. Una prima influenza riguarda gli schemi di pianta: compatti e privi di transetto, o con bracci appena sporgenti, nell’Ile-de-France (sud), con bracci trasversali molto sviluppati, absidati o rettangolari in Piccardia (Nord). Ma le differenze più indicative riguardano il trattamento delle superfici interne: articolazione attraverso l’uso di fasci di colonnette verticali e delle cornici orizzontali. L’unico carattere comune è la volontà di conferire all’edificio la massima altezza. Questo verticalismo si concretizza nella scelta di un alzato a 4 piani, una sequenza verticale di arcate, gallerie e finestre con l’inserimento, tra le ultime due fasce, di una zona intermedia di aperture, triforio, corrispondente al sottotetto delle tribune. La presenza del triforio si chiarisce con l’esigenza di contrastare la spinta delle grandi volte, che poteva essere soddisfatta solamente elevando i volumi laterali, con l’aggiunta di un piano di tribune, e al di sopra di esse, un sistema di contrafforti, quasi sempre celati alla vista, nei sottotetti delle navatelle (Durham), oppure con archi ribassati (Canterbury) o triangoli murari che suddividevano il sottotetto in una serie di vani separati. In altre parole il verticalismo conseguente alla conquista dell’altezza trova espressione nella ripetuta sovrapposizione di fasce orizzontali. Il problema di dare una facciata alla chiesa era stato risolto dai costruttori della Francia settentrionale assumendo la tipologia a due torri (facciata armonica) di derivazione normanna. La facciata delle chiese protogotiche è ancora molto lontana dall’essere quell’organismo plastico e tridimensionale proprio dello stile gotico. Qui la facciata si pone sostanzialmente come una lastra piatta bucata, con torricini o pilieri e cornici che scandiscono la ripartizione orizzontale e verticale dello spazio interno. La scelta del modello normanno comporta la difficoltà di mantenere la preminenza alla parte centrale del prospetto che corrisponde alla navata maggiore. Allora viene posta un’enorme rosa che diventa il fulcro dell’intera composizione. I caratteri tipici delle chiese protogotiche sono:

• l’adozione della volta esapartita di derivazione normanna. La ritroviamo nelle chiese di Caen. Ci si muove verso la riduzione della profondità della campata che da quadrata inizia, con la volta esapartita, almeno a livello visivo, ad acquisire la dimensione longitudinale di una campata rettangolare, anche se ancora non sono in grado di realizzarla strutturalmente.

• Questa ripartizione della volta impone ancora un’alternanza di pileforti e piledeboli che si tende però a superare (Notre-Dame, Laon) per una suddivisione dello spazio più omogenea, sempre all’interno di quella evoluzione che porterà all’adozione della pianta rettangolare.

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• Lo slancio verticale non è ancora diventato un motivo di confronto tra i cantieri,

così le cattedrali del protogotico appaiono più tozze e massicce. In questa fase si stanno ancora sperimentando le nuove acquisizioni tecniche: gli archi rampanti, che avevamo trovato prima a Cluny e poi, meglio impiegati, a Vezelay sono ancora nascosti all’altezza del sottotetto (Laon), oppure assenti del tutto (Notre-Dame). Il loro spessore è notevole, scavato probabilmente solo per un motivo funzionale, quello cioè di permettere la manutenzione del sottotetto e il passaggio del sagrestano. Quindi non parliamo propriamente di un sistema di archi rampanti, piuttosto di massicci spessori di muratura bucati. Il costruttore sa che “può” scavarli ma ancora non sa “quanto”.

• La presenza delle gallerie, che realizza un alzato a quattro livelli, produce un profilo esterno gradonato che troviamo come ultimo episodio a Chartres. La galleria corrisponde dal punto di vista statico ad un sistema di archi rampanti a vista e verrà abolita per la prima volta proprio a Chartres inaugurando la fase del gotico classico.

Le cattedrali più significative di questo filone sono Notre-Dame, Laon e Bourges che costituisce l’ultimo episodio “sterile” della tipologia protogotico, anche se già rientra nel ramo del gotico maturo. Vuol dire che a Bourges si sperimenta fino alle estreme conseguenze il linguaggio protogotico (volta esapartita, alzato a quattro livelli _che qui sono quasi cinque!!!), risultato oltre il quale con questo linguaggio non si può andare.

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Notre-Dame di Parigi (1163)

La cattedrale di Notre-Dame presenta i caratteri principali di una cattedrale protogotica: l’adozione della volta esapartita, ma senza l’alternanza dei pilastri, e l’alzato a quattro livelli per la presenza della galleria. Una stranezza della cattedrale è la pianta della quale nessuno finora è riuscito a dare una spiegazione. Si tratta del recupero di una tipologia antica, quella della basilica circiforme, caso più unico che raro in Francia. Questa tipologia era adottata in genere nelle chiese votate al culto di un martire (mentre Notre-Dame è votata alla Madonna). La forma del circo, oltre ad avere un significato metaforico cui si è già accennato, aveva la funzione di agevolare il flusso continuo dei pellegrini attorno alla tomba del martire, posta generalmente nell’abside, grazie alla presenza del deambulatorio, singolo o doppio, che concludeva (o meglio, che non concludeva) le navate laterali. Qui a Notre-Dame l’adozione della tipologia circiforme non si spiega. La partitura delle navi gotiche non ha ancora ricevuto la sua forma matura che compare quando, resa inutile la presenza della galleria, la composizione della parete resta divisa solamente in 3 piani: arcate, triforio e claristorio (Chartres). Qui il livello della galleria è ancora necessario per aumentare il momento d’inerzia di un edificio così alto. Infatti è solo questa la funzione delle gallerie: non ci sono le scale quindi i fedeli non vi potevano accedervi. Le uniche scale sono quelle di servizio che servivano al sagrestano. Sopra le gallerie, il triforio è sostituito da un rosone che non dà luce ma la prende dalla navata per illuminare il sottotetto. Ma è una soluzione questa che troviamo solo qui a Notre-Dame perché non ebbe successo (ma fa figo se all’esame ci chiedono di disegnare l’alzato interno di Notre-Dame e noi al posto del triforio ci facciamo un bel buco nero!). Il livello del triforio rimarrà buio fino a che non impareranno a togliere il tetto e a farlo come un terrazzo. All’esterno non ci sono ancora gli archi rampanti, che verranno aggiunti in una fase successiva, ma enormi spessori murari e gallerie a garantire la stabilità dell’edificio. La facciata di Notre Dame è ancora come quelle di Saint Denis e Caen, solo più rifinita: è quindi ancora una facciata romanica. Viene rielaborato il modello di Laon, ma senza precisi rapporti con lo sviluppo spaziale interno, perché antepone ai 5 vani longitudinali 3 soli ingressi. Il prospetto viene anche articolato in fasce orizzontali che ugualmente non coincidono con le quote dei volumi retrostanti. Come le altre, questa facciata risulta serrata tra due alte torri.

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N.B.: L’alzato della volta esapartita si disegna esattamente come in figura, con la campata divisa a metà.

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Cattedrale di Laon (1190 c.)

L’impianto è molto complesso per la presenza del transetto con bracci sviluppati, carattere tipico della Francia settentrionale. La scelta compiuta a Laon è quella di realizzare un interno omogeneo, fortemente scandito, riducendo l’ampiezza delle campate e marcando in modo deciso le linee verticali. L’adozione della volta esapartita comporta la presenza dell’alternanza di pileforti e piledeboli. Altro carattere fortemente arcaico è costituito dall’alzato a quattro livelli: ad ogni arco della navata corrisponde una bifora nelle tribune, un triforio e un’unica apertura nel claristorio. La progettazione si muove verso un progressivo svuotamento della parete. Si tratta sostanzialmente di una cattedrale che prende a modello la prima Notre-Dame, quella protogotica, e ne riproduce i caratteri fondamentali, con la principale differenza che, trovandosi in una città provinciale, la cattedrale di Laon ha mantenuto invariati i caratteri fondamentali del protogotico senza cambiamenti repentini. Gli archi rampanti furono aggiunti solo in seguito alla navata già costruita: prima era adottata la tecnica di un paramento murario esterno progressivamente scarnificato verso l’esterno. Erano decisamente dei piloni traforati, invisibili perché celati al di sotto delle coperture: se avessimo scoperchiato il triforio ci saremmo accorti della presenza di questi rozzi archi rampanti al livello del sottotetto (come a Durham). La facciata di Laon è la prima facciata che anticipa i caratteri di una fronte gotica: infatti non è più la lastra bucata che avevamo trovato a Saint-Denis o a Notre-Dame ma un organismo spaziale articolato da profonde bucature e avancorpi sporgenti. Presenta superfici disposte su tre piani principali, anteponendo alla zona dei portali un portico profondo e arretrando i piani delle torri.

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Cattedrale di Noyon (1190 c.)

È UGUALE a Laon con la differenza che qui l’alternanza dei pilastri è molto più evidente.

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Il gotico maturo Il passaggio dal protogotico al gotico maturo avviene con l’introduzione di innovazioni tecniche che appaiono alla fine del XII secolo. Non si tratta propriamente di scoperte ma della logica conclusione di processi evolutivi, sperimentati nel protogotico, che culminano nella realizzazione del sistema di archi rampanti e nell’adozione della volta a crociera rettangolare. Questi due elementi di novità realizzano la transizione al linguaggio propriamente gotico. Riguardo l’uso degli archi rampanti, la loro rapida diffusione alla fine del XII secolo testimonia l’interesse dei costruttori e la reciproca influenza dei diversi cantieri. L’adozione del nuovo sistema tecnico produce alcuni perfezionamenti e al tempo stesso condiziona l’aspetto esterno dell’edificio. Una prima conseguenza che ne deriva è l’eliminazione delle gallerie che, come si è detto, avevano la funzione principale di aumentare il momento di inerzia della struttura, funzione che viene ora affidata agli archi rampanti, rendendo inutile la presenza delle gallerie. Ne consegue all’esterno che il profilo gradonato, caratteristico delle cattedrali con gallerie (ma ancora adottato a Bourges), viene sostituito da quello più articolato della cattedrale gotica, scandito dalla presenza di possenti contrafforti verticali, sormontati da guglie, che si ergono sul perimetro esteriore, praticamente staccati dal corpo dell’edificio. Altra conseguenza è la possibilità di accrescere l’altezza della navata centrale, liberata dalla presenza ingombrante delle gallerie. Tutta la spinta della volta della navata centrale infatti è convogliata, grazie all’azione mediatrice dell’arco rampante, sul massiccio contrafforte esterno. In questo modo le forze sono tutte localizzate all’interno di una maglia costituita dai costoloni portanti, dagli archi rampanti e dai piloni esterni. Tale distinzione delle parti portanti da quelle portate permette quindi di sostituire la superficie muraria con una parete-vetrata. La realizzazione della volta a crociera rettangolare costituisce la risposta strutturale al fenomeno di riduzione della profondità della campata, che nel protogotico aveva trovato espressione (visiva) nell’adozione della volta esapartita. In questo modo le campate, tutte uguali, suddividono lo spazio interno secondo un ritmo modulare. Ne deriva la scomparsa dell’alternanza dei pilastri, tracce della quale avevamo già avevamo trovato nella tendenza ad omogeneizzare i pilastri di Notre-Dame e Laon.

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Cattedrale di Bourges (1194)

I cantieri di Bourges e Chartres sono coevi ma si sviluppano in maniera totalmente difforme. Mentre Chartres rappresenta la nuova ricerca del linguaggio gotico, Bourges continua ad utilizzare i vecchi stilemi del protogotico portandoli alle estreme conseguenze. Per questo motivo Bourges appare molto più slanciata di Chartres, ma Chartres sarà fertile di innovazioni mentre Bourges rimarrà sterile. Nel cantiere di Bourges si tenta al massimo tutto ciò che si poteva fare con il linguaggio del protogotico ma in questa direzione oltre Bourges non si potrà andare. Bourges rimarrà l’esempio più evoluto e perfetto ma contemporaneamente espressione ultima di questa ricerca. Il maestro di Bourges attinge largamente alle soluzioni della prima architettura gotica: la pianta circiforme a cinque navate e doppio deambulatorio è ripresa indubbiamente da Notre-Dame (qui ha un senso perché il modello è dichiarato. È a Notre-Dame che non si capisce cosa ci stia a fare una pianta così!); la partitura dello spazio interno è ancora affidato alla volta esapartita, che dopo Bourges verrà definitivamente abbandonata; l’alternanza dei pilastri è scomparsa nonostante la presenza della volta esapartita. I pilastri sono sostanzialmente identici ma, a differenza di Notre-Dame, le membrature non si concludono sul capitello, ma arrivano fino a terra producendo il cd. pilastro polistilo. Il prospetto interno ha ancora la parvenza dell’alzato arcaico a quattro livelli, nonostante a Bourges siano già state abolite le gallerie. Infatti la parete dalla navata centrale presenta già l’alzato a tre livelli (arcata, triforio, finestre), ma la chiesa è talmente alta che permette una tripartizione anche della parete della navata laterale. Ne risulta quindi l’illusione di un alzato a cinque piani, che accresce l’effetto di verticalismo (Conclusione: i livelli sono già tre ma l’alzato figura ancora come un alzato protogotico). Inoltre l’abolizione delle gallerie ha consentito all’architetto di elevare arcate altissime, attraverso le quali la navata centrale si apre completamente sulle navate laterali con un effetto di totale fusione dello spazio. La novità del cantiere è costituita dall’introduzione degli archi rampanti a vista. Si tratta ancora di piloni raschiati perché il costruttore non è ancora sicuro di quello che fa, ma quello che conta è il fatto che per la prima volta questi contrafforti non sono celati nel sottotetto come succedeva invece a Laon o a Durham. Nonostante questi accorgimenti tecnici, Bourges mantiene ancora un aspetto arcaico dovuto alla presenza di spessi tratti di muro ed enormi piloni che impediscono la realizzazione della lux continua. Il muro totalmente vetrato non è assolutamente raggiunto.

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Cattedrale di Chartres (1193)

In seguito ad un incendio iniziò il nuovo cantiere della cattedrale di Chartres che trasformò i resti di un edificio romanico nell’edificio che diede avvio alla nuova ricerca del gotico. Lo studio della statica del sistema degli archi rampanti permette al costruttore di eliminare le gallerie con la conseguente riduzione dei livelli dell’alzato. Anche a Chartres la rinuncia alle tribune produce un alzato a tre livelli come quello di Bourges, ma con rapporti completamente diversi: invece delle proporzioni visionarie di Bourges, il maestro di Chartres realizza un equilibrio quasi classico che si manifesta nell’identica altezza delle arcate e delle finestre. La dimensione gigantesca delle finestre, alte 14 m, ha come presupposto che la navata centrale sovrasti nettamente quelle laterali. La grandiosità della navata centrale emerge quindi nel confronto con l’altezza contenuta nelle navate laterali. La grande novità introdotta per la prima volta a Chartres è l’introduzione della volta a crociera rettangolare che subito diventa il modulo compositivo dello spazio interno e determina la scomparsa dell’alternanza dei pilastri, qui a Chartres però ancora mantenuta. Infatti un pilastro a sezione tonda con colonnette poligonali applicate in corrispondenza con gli assi trasversali e longitudinali e il successivo a sezione poligonale con colonnette rotonde. Questi sono i cd. pilastri incantonati. All’esterno gli archi rampanti hanno ancora la logica di un pilastro raschiato. Questo vuol dire che i costruttori ancora non sanno di preciso dove si muovono le forze e fino a che punto possono svuotare il contrafforte. Neanche è stata compresa l’importanza del peso: mancano difatti ancora le guglie e i pinnacoli che caratterizzano l’esterno di una cattedrale gotica.

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Cattedrale di Soisson Riprende il modello di Chartres: alzato a tre livelli, ingrandimento del claristorio, campata rettangolare, pilastro incantonato. Quindi basta ripetere tutto il discorso fatto per Chartres. :)))

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Il gotico classico Nel XIII secolo si realizza l’aspirazione ad una monumentalità affidata al grande sviluppo dimensionale, alla severa semplicità delle forme, alla ricerca di equilibrio e armonia delle parti d’insieme proprie del gotico classico, realizzato nelle cattedrali di Chartres, Reims e Amiens.

Cattedrale di Reims (1210)

Le esperienze di Chartres vengono travasate completamente nella cattedrale di Reims che costituisce l’evoluzione della nuova ricerca. Dal modello chartriano Reims riprende l’impianto planimetrico (la pianta è quasi sovrapponibile) e l’alzato a tre livelli. Rispetto a Chartres qui è sparito completamente il ritmo dei pilastri: i pilastri sono tutti uguali e le campate assolutamente indistinte. Che vuol dire? Che se ho i soldi la prolungo di altre 50 campate! Lo slancio verticale è ancora quello di Chartres ma a Reims le linee verticali prevalgono. La variazione principale riguarda soprattutto l’adozione di un inedito tipo di finestra, la finestra a traforo, il cui disegno unisce le due monofore con l’oculo sovrastante in un’unica finestra archiacuta, aperta da montante a montante. La novità di questa introduzione è avvertibile principalmente dall’interno perché produce un visibile aumento di luminosità. Nel gotico la vetrata non è un puro elemento decorativo perché tutto lo sforzo per alleggerire le pareti viene fatto esclusivamente per ampliare le vetrate. Ne risulta quindi una parete completamente colorata e dorata, dove la vetrata è solo un tratto di muro più luminoso. La concezione di questa parete che deve fingere il paradiso È il gotico. All’esterno per la prima volta troviamo un vero sistema di archi rampanti, in sostituzione dei piloni “raschiati” di Chartres. Qui infatti i costruttori sono sicuri di quello che fanno, sanno esattamente da dove viene la forza, che inclinata ha e dove bisogna condurla. La diminuzione dello spessore dei massicci murari si riflette di conseguenza nella realizzazione della finestra a traforo e nella conseguente intensificazione della luce all’interno. Inoltre è stato compreso il ruolo del peso per il rafforzamento della struttura controspingente: guglie e pinnacoli vengono aggiunti quindi sui piloni non in qualità di elementi decorativi, ma come elementi “pesanti” in grado di dare maggiore solidità alla struttura. Vi è a Reims una rigorosa corrispondenza fra proiezione esterna e spazio interno: i contrafforti sono ritmicamente disposti lungo tutto il perimetro a rimarcare la divisione interna delle campate e la facciata ribadisce, con la suddivisione in piani, la tripartizione dell’alzato. La facciata di Reims è il primo esempio di facciata propriamente gotica, ovvero un organismo plastico tridimensionale dotato di alcuni elementi caratteristici come le torri rigate, i portali strombati (ma non alla maniera borgognona/cistercense) e il rosone.

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Cattedrale di Amiens (1220)

Costituisce il perfezionamento del modello di Chartres accentuando il verticalismo della struttura. Il perfezionamento del sistema di archi rampanti permette l’apertura totale della zona delle finestre. Il claristorio ingloba il triforio. L’abolizione del livello del triforio produce un alzato a due livelli (arcate e finestre). Ad Amiens si realizza il sogno dell’abate Suger, la parete completamente vetrata. La stessa innovazione verrà introdotta nelle navate di Saint-Denis, realizzate cento anni dopo i lavori di Suger. Nella facciata le proporzioni inusuali della navata, alta e stretta, impongono al rosone una posizione troppo elevata e la zona dei portali risulta eccessivamente distaccata da questo. L’architetto è costretto, quindi, ad interporre due fasce orizzontali tra i due elementi. Inoltre, coerentemente con la ricerca di massima leggerezza della struttura, l’architetto decide di diminuire lo spessore della facciata, che di conseguenza non si estende su un’intera campata, pertanto è costretto a porre contrafforti molto sporgenti davanti alle torri, entro i quali si sviluppano i portali. Il risultato è che la fronte appare troppo articolata, in contrasto con la severa semplicità delle superfici interne.

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Cattedrale di Beauvais

La cattedrale di Beauvais costituisce il limite oltre il quale i costruttori gotici non potranno andare. La tendenza al verticalismo ha infatti prodotto una struttura di un’altezza straordinaria, dalle pareti completamente vetrate. All’esterno gli archi rampanti sono di un’audacia da razzo! L’opera di ricostruzione della cattedrale culminò nel 1272 con la realizzazione del coro il quale non resistette che una dozzina d’anni a causa del sovraccarico imposto dalla pressione del vento sulla struttura. Il crollo del 1284 fu il più grave infortunio subito da un cantiere gotico e segna la fine di un’epoca. Dopo questa data costruttori e committenti abbandonano definitivamente l’aspirazione ad un continuo superamento in altezza che aveva caratterizzato le esperienze principali dell’architettura gotica.

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Il rayonnant (stile di corte) Processo di rinnovamento dell’ultimo quarto del XIII secolo. Le innovazioni non trasformano integralmente la struttura perché si continua ad applicare il modello chartriano, ma tutto diventa più sottile e lineare, senza spessore nel trattamento delle superfici e visivamente privo di peso. Si rinuncia inoltre alla tendenza al gigantismo (dopo l’esempio di Beauvais) e si ha un generale ritorno alla moderazione dimensionale. Cambia la figura dell’architetto, la sua presenza non è più indispensabile, il disegno prende il suo posto (nasce la figura dell’apparator con il compito di tradurre il disegno alle maestranze), può lavorare contemporaneamente in più cantieri. I progettisti si concentrano sul disegno degli elementi compositivi delle pareti (membrature e trafori): le membrature risolvono la navata in un intreccio di linee sottili e il traforo trasforma la parete superiore in superficie luminosa attraverso l’unità di finestre e trifori Ancora una volta, come novant’anni prima con l’abate Suger, l’abbazia di Saint-Denis si pone all’avanguardia del rinnovamento. È la prima ad essere costruita e l’ultima ad essere completata. Alla diffusione delle nuove soluzioni contribuì senz’altro il prestigio che veniva a costruzioni come S.Denis o la S.Chapelle, dal loro legame con la dinastia capetingia. Il modello è proprio la Francia, perché maggiore stato cristiano. L’adozione delle forme rayonnant ha, quindi, anche valenza politica.

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Sainte Chapelle (1244)

Uno dei grandi momenti di elaborazione del linguaggio rayonnant è costituito dal cantiere della Sainte Chapelle. La Sainte Chapelle è una cappella palatina e viene costruita per ospitare la corona di spine. L’impiego di una ricca e fantasiosa decorazione nelle vetrate, negli apparati scultorei e nell’arredo sacro rendono il reliquiario simile ad un gigantesco scrigno. L’effetto del vano di stupefacente leggerezza data dall’impiego di pilastri sottilissimi e da superfici totalmente vetrate, è reso possibile sia dalle dimensioni limitate del vano (è una cappella), sia dalla solidità dei contrafforti esterni, che dal ricorso ad abili artifici tecnici: catene metalliche, rese quasi indistinguibili dalle armature delle grandi vetrate; tiranti; grappe di ferro che legano i conci di pietra. Si realizza il sogno dell’abate Suger: tutte le pareti a vetrata. Si realizza la distruzione della parete a vantaggio della figurazione. Ad Assisi si ottiene lo stesso effetto ma con una struttura diversa, perché l’Italia è un paese sismico. La forma è gotica, la struttura no.

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Il gotico in Germania In Germania le concezioni strutturali e linguistiche dello stile gotico penetrano lentamente e con difficoltà, con uno specifico rifiuto ad accettare pienamente le conseguenze dell’introduzione degli archi rampanti. Permangono il tema costruttivo del muro spesso, le proporzioni massicce, il gusto per la decorazione muraria. È un’architettura tradizionale che realizza la nuova concezione del significato della luce, introdotta dal gotico (ad esempio il coro ovest del duomo di Worms realizza valori fortemente simbolici di intensa luminosità, i quali non possono essere ritenuti estranei alle concezioni gotiche sul significato della luce, ma se si guarda all’ideazione spaziale e alla pesantezza delle forme della navata, nulla richiama il gotico). Il gotico in Inghilterra

Cattedrale di Canterbury

(protogotico, XII sec.)

Ricostruita in seguito ad un incendio che compromise gravemente tutta la parte est dell’edificio, dal coro fino all’innesto del transetto occidentale. Guglielmo di Sens fu incaricato della ricostruzione e propose un rifacimento in forme sostanzialmente rinnovate del coro. È probabile che in tale scelta radicale abbia giocato un ruolo decisivo la necessità di ampliare questa parte dell’edificio, meta di pellegrinaggio dopo il recente martirio dell’arcivescovo Thomas Becket. Guglielmo di Sens si rifà ai modelli d’oltremanica una commistione di elementi del protogotico e del gotico maturo: volta esapartita, deambulatorio, alzato a 3 piani. L’elemento di novità è dato dall’articolazione della parete attraverso fasci di connette di pietra scura attorno ai sostegni, che determina lo svuotamento della parete. La cronaca della ricostruzione della cattedrale ci viene riferita da un monaco benedettino, Gervaso, il quale ci fornisce la risposta corretta al problema delle origini del gotico. Il monaco ci conferma come, in una data così precoce, fosse già recepito il rinnovamento del linguaggio architettonico. Gervaso nota come i sostegni del nuovo coro siano molto simili in pianta a quelli romanici, ma molto più alti. Individua inoltre la campata con copertura a crociera costolonata, quale modulo determinante lo spazio interno nella ricerca di una maggiore ricerca spaziale. Inoltre nota come si arrivi ad una sostanziale dissoluzione del muro, attraverso l’uso di pareti articolate che si arricchiscono di chiaro-scuro.

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Cattedrale di Lincoln (gotico maturo)

Ricostruita nel 1185, in seguito ad un terremoto, la nuova costruzione deriva da Canterbury, da cui riprende l’abside deambulata, l’alzato a 3 piani e il tipo della volta esapartita e i pilastri fasciati da colonnette in controvena. La copertura delle navate presenta una robusta nervatura assiale che corre ininterrottamente lungo tutto il corpo e sulla quale si attestano i costoloni della volte. Questi realizzano un disegno leggibile come una serie di stelle a 5 punte intervallate da un costolone trasversale. In questo modo l’effetto della campata diminuisce e si ha l’impressione di una copertura continua che sottolinea l’unità dello spazio. Questa inoltre è evidenziata dalle sottili membrature che separano le campate, a partire dagli abaci delle arcate. Lo stesso effetto si spazio unitario viene realizzato nella cattedrale di Wells con una simile suddivisione delle campate: questa soluzione mette in risalto lo sviluppo longitudinale del vano, in totale contrasto con i modelli del protogotico francese e manifesta la tendenza all’orizzontalismo del gotico inglese. La facciata è concepita come un grande schermo, per l’esposizione di un vasto programma scultoreo e costituisce il modello per tutte le altre cattedrali inglesi.

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Cattedrale di Westminster (rayonnant)

Dopo la perdita dei possessi continentali inglesi (1204), i costruttori d’oltre manica che per primi avevano accolto il linguaggio gotico, iniziano a scostarsi dai modelli francesi. In Inghilterra le forme rayonnant appaiono per la prima volta in questo edificio di committenza sovrana (era infatti la chiesa dell’incoronazione). Aspetti di derivazione francese:

• Coro con ambulacro e 5 cappelle • Finestre del tipo di Reims • Volte realizzate senza il ricorso alla tecnica del muro continuo • Disegno del rosone che riprende da Saint Denis

Aspetti conservativi (trad. insulare e normanna):

• Pilastri e colonnette in marmo scuro • Forma appuntita degli archi acuti

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Il gotico in Italia L’architettura gotica in Italia non raggiunse la dimensione di un vero stile nazionale, ma si sfaccettò in una quantità di versioni locali. Il messaggio gotico si realizza con le forme della tradizione locale. Nel XIII secolo non possiamo ancora parlare di un’esperienza gotica italiana. La mancanza di un unico centro di potere interessato a diffondere le proprie scelte, nella prospettiva della formazione di uno stato unitario, impedisce la realizzazione di un unico linguaggio. La frammentazione politica della penisola (comuni, ordini religiosi, papato e impero) si riflette quindi nella molteplicità delle scelte linguistiche locali e dei messaggi politici contenuti in esse. In Italia, il gotico trovò applicazioni molto limitate, dove l’arco acuto fu utilizzato non con le sue consequenzialità di logica strutturale, ma come elemento di decorazione alla moda. Ne nacque un’architettura ibrida, più attenta agli effetti decorativi che non alle innovazioni strutturali. Un fenomeno di diffusione del gotico fu anche lo sviluppo degli ordini monastici. Come era successo per il romanico con i cluniacensi, per il gotico troviamo i cistercensi. Questi adottarono un gotico semplice ed essenziale, esemplificato nelle abbazie laziali di Fossanova e Casamari. Il tipo adottato è quello della chiesa a nave unica del’Ile-de-France. (v.di Architettura cistercense) Un altro ordine monastico, quello francescano, diffuse in Italia uno stile gotico alquanto originale che adottava nuovamente la copertura a capriate lignee, al posto delle volte a crociera costolonate. I francescani, nella ricerca di un’architettura povera, riprendono il modello cistercense della gramcia ( fr. gramge, stalla, fienile) o chiesa-fienile, che era la filiale minore del convento, per i vantaggi di facilità, economicità e rapidità di esecuzione. Esempio di questa architettura è Santa Croce a Firenze. Spesso è stato sottolineato che la scelta di tipologie innovative più austere rifletteva l’esigenza di respingere l’eccessiva ricchezza delle chiese tradizionali. Ma a partire dall’ultimo terzo del XIII secolo, gli ordini mendicanti si trovarono impegnati nella costruzione di chiese di grandi dimensioni, con la conseguente traumatica rinuncia all’ideale di povertà professato. Infatti proprio il modello a nave unica coniugava da un lato semplicità e severità costruttiva, dall’altro enormi dimensioni, convertendo l’ostentazione stessa della povertà in espressione e simbolo di grandezza. San Francesco si ribella nella tomba! Chiesa-fienile (scheunensaal) all’interno un vano povero e spoglio, ma enorme imponente e solenne, articolato dalla variabilità della luce; all’esterno un volume semplice e squadrato, quasi privo di qualificazione formale, eppure inconfondibile.

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San Francesco d’Assisi La fabbrica inizia nel 1228, un può fuori città, come era usuale per gli ordini mendicanti. Nel 1228 viene donato il terreno della basilica. A partire da questo momento le donazioni di terreni adiacenti si susseguono. È un impianto a due piani (chiesa doppia), previsti sin dall’inizio perché la collocazione dell’edificio, su un terreno fortemente in pendenza, rendeva necessario porre la quota pavimentale della chiesa a 11 m sopra il piano di campagna (con la possibilità di ricavare un ampio vano nello spazio sottostante). Il forte spessore murario della basilica inferiore testimonia, forse, che già nella prima fase di realizzazione si pensava di realizzare la basilica superiore. La chiesa inferiore presenta un sistema di volte basse, fortemente scandite e articolate da pesanti costoloni di derivazione tardo-romanica. Ma un sostanziale mutamento di progetto dovette verificarsi al momento della realizzazione della chiesa superiore, con la decisione di creare un organismo del tutto nuovo, realizzando uno spazio di estrema unitarietà, non compromessa minimamente dalla presenza dei pilastri addossati alle pareti. La variante in corso d’opera è documentata dall’esecuzione dei contrafforti cilindrici della navata, indispensabili per il contenimento delle volte: si adotta quindi un sistema costruttivo essenzialmente a scheletro. Sebbene la chiesa superiore d’Assisi partecipi dei caratteri propri del gotico italiano, forse in nessun altro caso l’influenza rayonnant si avverte con altrettanta pregnanza. Influenza di Roma: decorazione pittorica, grande transetto, sepolcro del santo e orientamento verso occidente. L’architettura esterna è una conseguenza dell’interno: la struttura adottata serve semplicemente realizzare la forma. Si registrano dei ripensamenti e delle involuzioni nelle varie fasi costruttive: aggiunta tarda di un campanile a torre; ugualmente tardo l’inserimento degli archi rampanti. Sono tante le trasformazioni che si sono succedute (anche fino al ‘700): è evidente dalla muratura eterogenea che la struttura viene ampliata per parti. Tutti i lavori di ampliamento interessano il lato ovest, dato che a nord il dislivello non permette grandi opere.

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Gli edifici degli ordini mendicanti Il tema degli edifici francescani è quello dello spazio unitario, realizzato mediante la grande altezza attribuita alle navate laterali e pervaso da una luminosità diffusa, più intensa sotto le volte. La ricerca di massima unità dello spazio delle chiese a copertura lignea, ha prodotto un’ulteriore variante, per cui si è suggerita la definizione di “sala pseudo-basilicale” o “chiesa a gradinatura”, che ha lo scopo di sottolineare la presenza di un lieve salto di quota tra le coperture della navata centrale e delle laterali per permettere l’apertura di finestre. S. Francesco di Bologna Contemporanea di Assisi. Impianto con deambulatorio e 9 cappelle squadrate di derivazione cistercense. Facciata a capanna sulla linea della tradizione padana. All’interno, fusione di caratteri francesi e locali. S. Domenico di Orvieto Alte arcate di 19 m, trasformano il limite del vano interno in una struttura tridimensionale vibrante ed ombrosa, prospetticamente approfondita, che può aver suggerito l’articolazione spaziale con nicchie estradossate del Duomo di Orvieto. S. Maria in Aracoeli I francescani ripetono il tradizionale modello della basilica a colonne. S. Maria sopra Minerva I domenicani in relazione al nuovo clima che investe la città sulla fine del Duecento, realizzano un progetto innovativo per l’ambiente romano: la copertura a volte estesa all’intero edificio. Questo progetto rimase irrealizzato per via di probabili reazioni e incomprensioni dell’ambiente romano e all’interno dello stesso ordine francescano, per l’ambizione di realizzare un impianto così innovativo nel contesto cittadino. Sta di fatto che la scelta del tetto non ricade nella ripresa del sistema basilicale, ma si traduce nell’assunzione del modello a gradinatura. I caratteri royannant risultano sopraffarti dal persistere del gusto, tipicamente romano, per le superfici rivestite da marmi antichi e coperte da mosaici ed affreschi.

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L’architettura di Federico II Nel meridione della penisola, la politica di Federico II (1220-50), sembra costituire un freno alla penetrazione dei mendicanti. Nel campo dell’architettura religiosa, l’attività dal sovrano non è molto rilevante. Italia

meridionale e Sicilia sviluppano modi e forme proprie delle tradizioni locali.

Assai più vasta è la produzione dell’architettura civile che realizza un programma collegato all’affermazione del potere imperiale. I modelli delle costruzioni, in Italia meridionale e in Sicilia, rimandano ad esempi bizantini, arabi e del romanico locale. Dalla fine degli anni venti le forme gotiche si affermano nell’architettura federiciana attraverso l’opera degli esecutori cistercensi. Ulteriore componente del linguaggio federiciano è il classicismo, nella ripresa delle immagini dedotte da tecniche murarie romane (l’uso dell’opus reticolatum), nel collezionismo e nel reimpiego di materiali antichi. L’uso del linguaggio classico assume un palese significato politico, legato all’affermazione dell’ideologia imperiale di Federico.

Castel del Monte In questo quadro problematico si colloca lo straordinario impianto ottagonale di Castel del Monte, che attesta l’eclettismo del linguaggio architettonico federiciano ed aggiunge i caratteri della decorazione policroma degli interni affidata alle maestranze arabe. Alla difficile interpretazione dell’edificio fa riscontro la nitida stereometria dell’impianto: un ottagono regolare a due piani, con torrette ottogonali nei vertici. È evidente il perseguimento di un ideale di bellezza e perfezione che aveva il compito di trasmettere al visitatore, nel modo più diretto, il senso della grandezza e del potere imperiale. Di fatto la finalità psicologica era presente in tutte le opre federiciane.

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Castel Maniace di Siracusa La matrice tipologica dei castelli di Federico, evidente in castel Maniace di Siracusa, è stata indicata nei castelli dei crociati in Oriente, ma l’impianto planimetrico regolare, per i castelli di pianura, non era sconosciuto neppure in Occidente, avendo fatto la sua comparsa nell’architettura militare di Filippo Augusto. Pianta rettangolare con torri cilindriche nei vertici e nella mezzeria dei lati, poste a difesa degli accessi, costituiscono i caratteri del castello federiciano.

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Il tardo-gotico in Italia A partire dagli ultimi decenni del XIII secolo, vi è la tendenza a configurare il vano dell’edificio come spazio unitario, amplissimo e tendenzialmente espanso. In realtà, questa unificazione dello spazio, era stata già alla fine del XII secolo, l’obiettivo dei costruttori di cattedrali (già con Bourges). Ma negli anni Ottanta, il nuovo desiderio di spazialità si manifesta in forme più radicali. Il contributo degli ordini mendicanti nell’azione di rinnovamento fu senza dubbio decisivo. Con il rifiuto di alcuni temi tradizionali dell’architettura religiosa a favore della povertà come regola, e la ragione pratica dovuta alla limitatezza dei mezzi finanziari (elemosine e donazioni), i frati adottarono schemi semplici spesso mediati dall’edilizia non chiesastica. Inoltre, l’impegno nella predicazione a grandi masse di fedeli, imponeva di realizzare nevate di grandi dimensioni, possibilmente libere da ostacoli alla vista e all’ascolto, perché caratteristica del gotico italiano è appunto quella di voler coinvolgere il fedele attivamente. Tale esigenza indirizza le esperienze edilizie verso esiti di spazialità e luminosità. L’attenzione verso questo genere di ricerche, supera rapidamente l’ambito dell’architettura dei mendicanti: la volontà di dilatare lo spazio in ogni direzione, e nello stesso tempo di esaltare l’unitarietà del vano interno, trova espressione nel rinnovamento delle grandi cattedrali. Di conseguenza, nelle nuove costruzioni, si rinuncia alla successione serrata degli spazi e alla chiara individuazione della campata, assunta come modulo ripetitivo che produce l’illusione dell’infinito: si adotta perciò la tipologia a nave unica o si riduce il numero dei pilastri, aumentando l’ampiezza delle arcate, in modo da ottenere la massima unità spaziale. Sono questi gli elementi che attestano l’impegno della cultura italiana nella ricerca delle forme gotiche nel XIII secolo: Riduzione della parete a pura superficie cromatica. Le pareti realizzano una superficie semplice che si dissolve, si smaterializza, attraverso l’uso combinato di luce e colore. Annullamento di qualsiasi residuo plastico. Inoltre si avverte un progressivo disinteresse verso la struttura portante: i pilastri si semplificano e le volte s’innestano sul corpo cilindrico o prismatico del pilastro senza soluzione di continuità. Luce modulata. Dalla penombra della navata si passa all’abbagliante luminosità dell’abside.

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San Fortunato a Todi Impianto a sala coperto a volta. La realizzazione delle volte, sebbene previste dall’origine, avvenne solo nel XV secolo, forse a causa di intervenute difficoltà economiche, ma anche per le diffidenze imposte a questo tipo di copertura dalla tradizione edilizia mendicante. Il senso dello spazio, aperto alla vista in ampie prospettive diagonali e approfondito dalle cappelle sui fianchi, offre un’impressione di fluidità e dilatazione cui collaborano le irregolarità planimetriche dell’impianto. A questo effetto contribuiscono le volte che non dividono lo spazio in navate e campate: sicuramente i progettisti guardarono con attenzione la basilica di Assisi.

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San Lorenzo a Milano Un ambiente architettonico particolare si afferma a Napoli intorno alla corte Angioina, che favorì in particolar modo gli ordini mendicanti. San Lorenzo è francescana. Il coro con deambulatorio con 7 cappelle radiali è un modello francese, come la soluzione originaria delle coperture, pensate a volta. Una variazione del progetto portò alla realizzazione di una navata centrale coperta a tetto e ambienti minori coperti a volta. Questi caratteri, accidentali a San Lorenzo, diventeranno i caratteri della tradizione napoletana.

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Negli ultimi vent’anni del XIII secolo si aprono i cantieri delle maggiori chiese degli ordini mendicanti a Firenze: S.Maria Novella (1279, domenicana) e S.Croce (1295, francescana).

Santa Maria Novella a Firenze S.Maria Novella è impostata sul modello planimetrico bernardino-cistercense, ma il richiamo non va oltre lo schema della pianta: infatti è nuovo l’effetto di inedita ariosità ed unità spaziale (di matrice assolutamente mendicante). Caratteri di questa ricerca sono:

• Arcate amplissime • Assenza del transetto • Volumetria compatta, dovuta a contrafforti sottili come lesene • Abside poligonale inondata di luce

Alla novità dell’effetto contribuisce la disposizione delle luci concentrate sotto le volte; il colore originariamente diffuso sulle vele e sugli intradossi degli archi; la veduta prospettica longitudinale rivolta verso il fondale luminoso dell’abside e allusivamente accentuata dall’ampliamento dimensionale delle campate prossime alla facciata. È certo che l’interesse a manipolare lo spazio mediante accorgimenti luministici, pittorici o prospettici (attraverso l’introduzione di irregolarità planimetriche) è vivo nei cantieri dell’Italia centrale alla fine del Duecento.

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Santa Croce a Firenze Ancora più deboli sono i legami di S.Croce al tipo cistercense, perché la chiesa presenta 5 cappelle su ogni braccio del transetto, numero mai raggiunto nelle chiese cistercensi. La scelta dell’architetto (Arnolfo di Cambio?), di impiegare una copertura a capriate, chiarisce definitivamente il significato dell’edificio che rimanda alla concezione mendicante dell’aula nuda e severa con tetto ligneo. In effetti S.Croce è leggibile come estrema sublimazione della chiesa-fienile. Le navate laterali, estranee a questa tipologia, si presentano ambiguamente quasi come ampie cappelle comunicanti con archi trasversali che le dividono, e copertura a doppio spiovente e asse di colmo perpendicolare all’asse dell’edificio. L’effetto complessivo è di totale unità dello spazio: le arcate amplissime non sono un elemento di divisione, ma con il loro ritmo invitano ed accompagnano l’osservatore in direzione dell’abside. In fondo, l’enorme parete del transetto conferma l’impressione, cui già induce l’osservazione della pianta, di un corpo separato e diverso, gigantesco schermo sul quale si proietta il dramma della messa. L’effetto della veduta assiale doveva essere molto coinvolgente, ma avvicinandosi all’altare l’impressione muta perché si aprono profondi scorci laterali e la parete di fondo si rivela come una vera facciata interna che esalta la spazialità del vano.

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Si fa vivo l’interesse dei costruttori italiani per l’impatto urbanistico degli impianti edilizi, volto alla realizzazione di un carattere unitario all’interno della città.

Palazzo vecchio di Firenze Costruito con insolita rapidità, manifesta un carattere opposto alla tendenza del momento. L’impiego del bugnato rustico, la prevalenza assoluta dei pieni, il camminamento su mensole che corona il poderoso volume parallelepipedo conferiscono alla costruzione un deciso aspeto militare. In effetti il palazzo vecchio può essere definito un edificio gotico solo in termini cronologici. Gli altri palazzi pubblici dell’Italia comunale, sorti eccezionalmente numerosi dopo il 1250, sono caratterizzati in genere da un maggior senso di apertura verso l’esterno, mediante ampi porticati al pian terreno e grandi finestre e logge al piano superiore.

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Duomo di Orvieto (1290)

Maitani viene chiamato a Orvieto in un momento in cui si temeva per la stabilità dell’edificio in costruzione. Questo timore aveva portato all’interruzione dei lavori iniziato una ventina di anni prima, secondo un progetto originale e di alta qualità. Il progetto originale: Nella sua impostazione iniziale il Duomo di Orvieto sviluppa il tema dello spazio unitario, ma dilatato e approfondito prospetticamente, mediante ampie dimensioni, arcate altissime e ridotta profondità delle navatelle che partecipano totalmente della spazialità del vano maggiore. Pianta allungata ma molto compatta (tipico carattere italiano). Inoltre la ricerca d’unità figurativa dell’edificio non si conclude nell’unità spaziale e visiva del grande vano, ma si realizza come unità architettonica che identifica le qualità formali dell’esterno e dell’interno: alla sottile alternanza di superfici piane e convesse (pilastri cilindrici e intradossi degli archi) o concave (cappellette), corrisponde, nella veduta dei fianchi, lo slittamento delle aperture del claristorio, rispetto alle absidiole e alle finestre delle navatelle, generando così sequenze diverse, ma prospetticamente integrate. Questa originalità del progetto originale (proporzioni tese e slanciate, senso dello spazio potenzialmente illimitato) trova un possibile modello, ma trasformato, solo nelle antiche basiliche romane. È chiaro che tale concezione, opera di un ignoto maestro, che operò dal 1290 al 1308, non poteva incontrare facilmente la comprensione del maestro che lo succedette, che già portava le idee della cultura architettonica gotica che si diffondeva nei primi del ‘300 anche in Italia. Le conseguenti trasformazioni hanno prodotto la perdita di alcuni valori originali, ma compensata da nuove acquisizioni (ad es. la facciata del Maitani). *** Cambiamento di progetto nel 1308. Un preteso allarme circa le condizioni statiche della parte orientale edificata in parte su un terreno di fondazione scosceso, ha indotto la committenza a rivolgersi alla consulenza di Lorenzo Maitani. L’architetto interviene realizzando due arconi di contraffortamento lungo le direttrici delle testate del transetto, e altri due speroni in corrispondenza dell’asse della navata centrale, modifiche che hanno alterato profondamente la struttura e la concezione dell’edificio.

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I due arconi laterali, oltre che anti-estetici e strutturalmente inutili, hanno comportato la costruzione di una terminazione rettangolare in sostituzione dell’abside semicircolare originariamente concepita, e più tardi la formazione di due ulteriori ambienti destinati a cappelle, che impropriamente producono l’immagine di uno schema a transetto sporgente. Ciò costituisce una frattura con la tradizione che testimonia un cambiamento di gusto e di programma. L’episodio emblematico della svolta è la progettazione della facciata affidata a Maitani nel 1308. La facciata risulta da un procedimento progettuale del tutto autonomo in quanto è totalmente svincolata dal corpo retrostante: presenta un corpo molto più alto e largo del corpo a tre navate. Il processo compositivo è fondato su ribaltamenti e rotazioni di figure geometriche (sistema compositivo “ad quadratum”). In questo modo, la facciata sembra appartenere molto più allo spazio urbano che all’edificio chiesastico di cui invece è parte integrante. Questa soluzione appare innovativa, ma le premesse filologiche sono già contenute nella facciata della cattedrale di Siena o delle chiese abruzzesi.

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Duomo di Siena I lavori di rifacimento della chiesa, nella prima metà del XIII secolo, prevedono l’innesto di una grandiosa cupola, ad impianto esagonale che emulò e superò le dimensioni raggiunte nella cattedrale di Pisa, realizzando la cupola più vasta e ardita allora esistente in Toscana. La scelta dell’esagono è connessa al simbolismo mariano. Intorno al 1316, quando il cantiere del palazzo pubblico era ancora in piena attività, i senesi presero la decisione di ristrutturare e ingrandire il coro della loro cattedrale, la cui facciata era ancora incompiuta. L’intento era quello di adeguare la cattedrale, relativamente modesta nelle dimensioni, al ruolo politico ed economico assunto dopo la vittoria su Firenze (Montaperti, 1260) e a seguito dell’affermazione dell’autorità comunale sotto il governo dei nove. Ma la spinta decisiva venne probabilmente dal desiderio di superare la cattedrale di Firenze e quella di Orvieto, città alleata dei fiorentini. L’iniziativa fu avviata con enorme entusiasmo, tuttavia sopravvennero ripensamenti, per cui già nel 1322 si richiese un parere sulla fattibilità dell’operazione ad una commissione di esperti, di cui faceva parte anche Maitani (universalis caputmagister del cantiere di Orvieto). Il giudizio negativo espresso dalla perizia sulle opere eseguite e da eseguire, venne ignorato, e l’ampliamento della cattedrale fu di fatto intrapreso. La critica era basata sostanzialmente sul fatto che le strutture esistenti erano inadeguate, per la nuova chiesa non avrebbe avuto le corrette proporzioni in lunghezza, larghezza e altezza (la cupola non stava più sulla crociera centrale). Per cui si sarebbe dovuto demolire l’esistente ed impiantare un edificio completamente nuovo. *** Prende forma negli anni trenta, il progetto del nuovo duomo: l’edificio esistente è inteso come il transetto della nuova struttura disposta perpendicolarmente rispetto a quella attuale. Era prevista l’abolizione di tutti e due i sostegni dell’esagono, che si sarebbero trovati sull’asse del nuovo edificio, conservando il tamburo e la calotta già costruiti, con un’operazione ai limiti dell’improbabilità. Nel 1339 venne dato inizio alla realizzazione della facciata, delle navate laterali e dei pilastri del nuovo edificio, di dimensioni simili a quelli vecchi, ma assai più alti e distanziati. La crisi demografica, conseguente alla peste nera (1348), e la progressiva stagnazione economica della città nel XIV secolo, portarono prima alla sospensione, poi all’abbandono del progetto, per cui oggi è inevitabile riconoscere in questa impresa un pesante fallimento.

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White definisce l’architettura dei comuni italiani del Trecento un’incredibile saga di ambizione. Quando si tenga conto quello che fecero i Fiorentini, nella costruzione di S.Maria del Fiore, è opportuno concedere alle idee e ai sogni di questi uomini una certa fiducia. Comunque è certo che qui nasce una nuova architettura, dove lo spazio diviene il tema della ricerca.

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Il gotico internazionale Un clima di interscambiabilità delle esperienze, dei contenuti e delle forme, caratterizza gli ultimi secoli del Medioevo. Nuovi fermenti innovativi iniziano a manifestarsi in Europa, con ritardo nelle aree francesi. Già a partire dai primi decenni del Trecento inizia a cadere quella tendenza, tipicamente gotica, tendente alla visualizzazione del sistema strutturale; si fa strada un nuovo modo di intendere il ruolo della luce, concepita come elemento costitutivo dello spazio architettonico. Il nuovo quadro artistico produce o episodi isolati (mode effimere), oppure forme di innesto (contaminazione) sulle preesistenze locali. Le culture nazionali attingono all’insieme delle esperienze del secolo precedente, guardando oltre il carattere particolaristico dei modelli. In seguito alle guerre e carestie del Trecento, le ricchezze si concentrano in una percentuale ancora più esigua di popolazione, che diventa la nuova committenza (patriziato, ceto mercantile, associazioni e confraternite, università…) che va ad affiancare quella religiosa e politica. Si aprono, di conseguenza, nuove ricerche in ambito architettonico. Le opere di questo periodo sono difficilmente riconducibili a schemi stilistici o periodizzazioni ben definite. Vengono considerate, in maniera incerta, o sviluppi tardi del gotico maturo o anticipazioni della ricerca rinascimentale.

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Il gotico internazionale in Italia Quasi dappertutto nella seconda metà del ‘300 si registra nell’Italia centro settentrionale una forte ripresa dell’attività edilizia pubblica e privata. Di questa ripresa sono promotori più soggetti: vari organi di governo, esponenti della chiesa, gli ordini mendicanti e le maggiori famiglie patrizie o signorili. Infine va tenuto conto che l’assenza del papato in Italia che per quasi tutto il ‘300 avrà sede ad Avignone, ha giocato a favore di un ulteriore rafforzamento del potere comunale. Fissati questi punti si può meglio comprendere il senso delle scelte compiute dai committenti e dagli architetti nella seconda metà del ‘300. Un carattere tipico del gotico italiano (fatta eccezione per il duomo di Milano) è il rifiuto dell’adozione degli archi rampanti di contraffortamento. Prevale invece il tema di coperture voltate costolonate su campata quadrata, e quello dell’altezza sostanzialmente simile delle navate.risulta pertanto sufficiente importare all’esterno soltanto alcuni elementi di contraffortamento. Così che a parte il diverso rapporto di scala gli edifici principali hanno profili volumetrici compatti, concettualmente simili agli altri edifici del tessuto edilizio cittadino. Si registra un duplice atteggiamento negativo nei confronti del gotico italiano:

1. da parte italiana nel guardare ai suoi prodotti come risultati anticipatori, ma ancora imperfetti del rinascimento.

2. da parte francese confrontando le architetture gotiche italiane con i più strepitosi del gotico dell’ Ile-de-France.

Tale confronto mette in evidenza che in Italia rispetto alla Francia si erano affermati un diverso clima culturale ed una diversa lingua gotica, che non deve essere giudicata come un’inflessione dialettale della grande lingua gotica, ma come una delle varianti regionali europee.

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Santa Maria in Fiore Dopo una prima fase d’intervento di restauro alla struttura di Santa Reparata, nel 1296 gli organi cittadini deliberarono di avviare i lavori per realizzare una nuova cattedrale, il cui progetto è tradizionalmente attribuito ad Arnolfo di Cambio (questa paternità è confermata anche dalla Romanini che riconosce nel rapporto dialettico spaziale tra le due componenti della pianta, la zona presbiteriale e quella basilicale, uno dei caratteri tipici della progettazione arnolfiana). Progetto originale di Arnolfo:

• La zona presbiteriale era costituita da un vasto vano ottagonale, coperto da una cupola a padiglione; attorno a questo vano si sviluppava uno schema a triconco, con tre grandi corpi poligonali (la cui pianta corrispondeva ai 5 lati di un ottagono) anch’essi coperti a padiglione. Da questi 5 lati partono altrttente cappelle a pianta rettangolare.

• La zona occidentale invece è un impianto a 3 navate ed a 4 campate, coperto a crociera acuta.

In base a tale progetto era stato dato avvio ai lavori sotto la direzione di Arnolfo, ma, alla morte del maestro (primo decennio del Trecento) seguì una fase di stallo. Nel 1334, su progetto di Giotto si cominciò a costruire il campanile, ma alla sua morte (1337) era stata costruita soltanto la parte basamentale. Il cantiere si era fermato. Il terzo e il quarto decennio del Trecento è un periodo significativo per Firenze, esso corrisponde all’intensificarsi di crisi economiche e politiche e soprattutto all’improvviso insorgere della peste del 1348, questo periodo ha quindi prodotto importanti conseguenze di ordine sociale ed economico. Nella metà del ‘300 riprendono i lavori. La prosecuzione del campanile fu affidata ad Andrea Pisano e in seguito a Francesco Talenti, con la conseguente modifica del progetto giottesco. Anche se nel frattempo Firenze era diventata una potenza politica europea permanevano non poche difficoltà economiche e di organizzazione del cantiere. Si fa vivo l’interesse pubblico per la chiesa, che ora si voleva più ampia e prestigiosa di quanto inizialmente prevista. *** Il nuovo duomo: La vera e propria ripresa dei lavori è frutto di un processo alquanto complicato, perché l’impresa aveva oramai acquisito dei risvolti di immagine politica. Vennero costituite varie commissioni giudicatrici per la valutazione degli aspetti tecnici ed economici. Si istituì appositamente la cd. “Opera” del duomo. L’incarico viene affidato al Talenti, che propose una progetto sostanzialmente omologo al progetto arnolfiano. La variante principale era la maggiore ampiezza dimensionale dell’insieme, con un effetto di maggiore spazialità, simile a quello delle chiese a sala.

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Infatti la navata principale supera di poco in altezza quelle laterali, soltanto della misura della freccia dell’arco dell’ogiva. L’occhio pertanto è portato a trascurare la differenza di altezza fra le navate. Solo tra il 1410 e il 1420 saranno completate tutte le strutture fino all’imposta della cupola e si inizierà la vicenda della sua problematica realizzazione.

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San Petronio a Bologna (1390)

Il significato civico attribuito alla costruzione della chiesa, è dimostrato dalle numerose polemiche relative al problema del proporzionamento del complesso. L’impianto, un corpo senza transetto, è a 3 navate con 5 campate coperte da volte acute, suddivise da pilastri ottagonali. Una serie di cappelle laterali (2 per ogni campata) propone, all’interno, l’immagine di una chiesa a 5 navate e, all’esterno, ad un profilo planimetrico continuo marcato da leggeri risalti in corrispondenza dei muri delle cappelle. Tra questi si aprono alte finestrature, ognuna concepita come un sistema a bifora. Per questi suoi caratteri, S. Petronio si propone come un ulteriore sviluppo dell’impianto mendicante.

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Duomo di Milano La nuova cattedrale milanese, decisa nel 1386 e avviata l’anno seguente, costituisce un significativo esempio dell’architettura tardo-trecentesca italiana. L’apertura del cantiere è infatti occasione per il confronto e la commistione di più esperienze e consulenze sia italiane che straniere. Il cantiere milanese costituisce quindi un’occasione di scambio a livello europeo. Da una serie di documenti risulta che vennero consultati più maestri, il problema era quello di definire il proporzionamento complessivo dell’opera e la soluzione dell’incrocio tra il corpo longitudinale e il transetto. I maestri francesi suggerivano un edificio di grande altezza, mentre gli italiani proponevano un impianto spazioso e volumetricamente definito. Alla fine delle consultazioni e delle polemiche, nel 1401, vennero precisate le linee essenziali del progetto: un edificio a croce, con un corpo longitudinale a 5 navate e transetto a 3 navate, con un coro semicircolare e deambulatorio a terminazione poligonale. Dunque la soluzione adottata sembra cercare un massimo di complessità e di estensione. Il duomo di Milano, per il carattere misto e il gusto “rètro” delle soluzioni, ha prodotto giudizi negativi. Infatti si pone come un punto di arrivo ritardato (di qui il carattere rètro) e come luogo di commistione di diverse linee di ricerca tecnica e formale, che nulla hanno a che fare con le soluzioni nel frattempo maturate nel resto d’Italia. L’unico carattere riconducibile alla tradizione italiana è il criterio di proporzionamento dell’altezza delle navate, sostanzialmente simili. Ciò che invece segna la rottura con il resto d’Italia, è l’adozione degli archi rampanti esterni, la cui presenza viene addirittura moltiplicata per l’adozione del sistema a doppio arco e doppio contrafforte con torrette e pinnacoli.

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Capitolo VII Architettura cistercense

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Crisi dell’ordine Benedettino riforma benedettina Cluniacensi: è giusto approfittare delle ricchezze “ad maiorem dei gloriam”. Certosini: immensi monasteri (certose) per 24 monaci di origine aristocratica, abbandonavano il loro nome, prendevano una lettera dell’alfabeto e passavano tutta la vita a meditare: elevato livello culturale. Cistercensi: morti di fame ma esperti costruttori

La Borgogna è anche sede dell’ordine di Citeaux (Cistertium). I cistercensi vogliono applicare alla lettera la regola di San Benedetto “ora et labora”. Vivono in povertà e questo pauperismo si ripercuote anche nelle architetture. Sono fantastici costruttori, perché San Bernardo afferma che la bellezza dell’edificio non sta nella decorazione ma nel modo in cui questo viene costruito: pertanto studiano a fondo le tecniche costruttive e il taglio delle pietre (Federico II pretenderà per i suoi castelli sempre costruttori cistercensi). Bernardo di Chiaravalle, portabandiera dell’ordine, afferma che “Dio è razionalità” e fissa le direttive che dovevano essere rispettate nella progettazione delle chiese cistercensi:

• Carattere di profonda austerità, mediante schiettezza di forma e semplicità di soluzioni

• Realizzate su uno schema modulare (Villard de Honnecourt): è quadrata perché se Dio è razionalità, anche la pianta deve essere razionale. Il quadrato è una di quelle figure a cui il Medioevo riconosce il carattere di razionalità.

• Divieto di costruire torri campanarie: vogliono vivere in solitudine. Acquistano le terre attorno al convento e mandano via i contadini. Allora il campanile non mi serve. Basta una campanella!

• Divieto di ornare gli interni: interni spogli. Le immagini sono la bibbia dei poveri e qui i poveri non ci sono.

• Prive di portale in facciata, tanto non deve entrare nessuno. Si entra dal chiostro! 5 abbazie madri: Citeaux, Clairvaux, Pontigny, Laferte, Morimonde Da queste nascono le gramce, ovvero le abbazie figlie che generalmente prendono il nome delle madri.

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L’architettura cistercense in Italia In Italia all’inizio del 1200 l’ordine cistercense era radicato su gran parte del territorio. Le chiese abbaziali in Italia assunsero forme essenziali e disadorne (riflesso della regola “ora et labora”) chiaramente ispirate dai modelli borgognoni nella pianta, nella struttura architettonica e nei motivi decorativi. Si suppone che alla realizzazione contribuissero anche maestranze francesi. Non esiste uno stile cistercense unico ma dei canoni cistercensi per l’organizzazione di chiese e conventi. I cistercensi arrivano nel nord Italia in pieno romanico, ma nel Lazio e nel sud Italia si affermano quando c’è già l’abate Suger e le grandi abbazie vengono realizzate quando Chartres è già stata costruita. Sono i migliori costruttori gotici in Italia. Sono i primi ad introdurre le volte a crociera costolonate rettangolari alla maniera di Chartres. Influenzano la pratica costruttiva del tempo: non è un fenomeno limitato al convento.

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Abbazia di Fontenay

Prima tipologia: Organismo a nave cieca coperto con una volte a botte a sesto acuto, dotato di pseudo navate, ovvero vani laterali trasversali aperti verso la navata. Si crea un vano in penombra con fasci di luce direzionata dai vani laterali e dalle aperture frontali. Su un lato della chiesa c’è il chiostro con gli ambienti annessi (sala capitolare, dormitorio, refettorio e officine). La sala capitolare ha pianta quadrata divisa in 9 campate con 4 pilastri. 3x3: la trinità al quadrato mi dà la sapienza assoluta. Rigore e razionalità per coprire questo spazio. Transetto sporgente sul quale si apre un presbiterio a fondo piatto, affiancato da cappelle quadrate per le messe private dei monaci.

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Abbazia di Pontigny

Seconda tipologia: Grande basilica dotata di transetto alto, che sviluppa il motivo della navata che si dirama a costituire le braccia del transetto formando un grande vano cruciforme a tutt’altezza. Chiesa a croce latina, con grande transetto, coro rettangolare e cappelle sul lato est del transetto. Lo schema è identico, se togliamo che questa è coperta a crociere costolonate. Tutti i costoloni della volta scendono su mezzi pilastri applicati ai pilastri veri e propri che si interrompono su una mensola: così i monaci si appoggiavano al muro.

Abbazia di Heberbach Prototipo della chiesa cistercense in età romanica: l’interno colpisce per la sua povertà. Dispensario e dormitorio sono gotici: prima si costruisce la chiesa, poi si fa il resto quando ci sono i soldi. Quindi all’interno dello stesso convento possiamo ripercorrere l’evoluzione dello stile. È la chiesa utilizzata per Il nome della rosa! che in realtà doveva essere cluniacense ma sarebbe stata un’impresa da ricostruire in maniera così sfarzosa.

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Abbazia di Casamari

Era la casa di Caio Mario, da cui Casamari. In quel punto passava la via Latina e i romani ci fecero arrivare un acquedotto. Ecco perché ci vennero i cistercensi (che mettevano le loro abbazie sempre dove si trovava l’acqua, ad esempio in fondo alle valli). Originariamente era un convento benedettino con una chiesa alla maniera cassinate con colonne e capitelli romanici; chiesa che resiste fino al 1190 anno della costruzione dell’attuale chiesa. La pianta è fatta con lo stampino rispetto alle altre: 3 navate con transetto e presbiterio rettangolare. È più importante di Fossanova, nonostante sia la sua gemella, perché tutt’e due sono in costruzione intorno al 1200, ma Fossanova viene iniziata prima e finita dopo di Casamari. Fossanova è ancora coperta con volte a crociera non costolonate, mentre a Casamari, tutte le campate sono ormai coperte con volte acute a costoloni, su pianta rettangolare (siamo nel 1290, dopo Chartres). Questo ci fa capire come lo stesso schema delle chiese cistercensi può essere adottato anche al sistema gotico. Non ci sono archi rampanti ma grossi pilastri e grossi spessori, ma solo perché questa è zona sismica. È un alzato a 3 livelli: arcate, triforio e finestre. Ma il livello del triforio con le finestrelle è povero, niente lussi, niente colonnine inutili, solo finestrelle che illuminano il sottotetto delle navate. Qui hanno messo le luci dentro le finestrelle del triforio, ma queste dovrebbero essere nere perché è la navata che dà luce al sottotetto. In questo modo sembra che le finestrelle del triforio diano verso l’esterno. Esempio di illuminazione che falsa completamente i rapporti architettonici. La parete di fondo presenta le finestre, una (rosone) e trina (triforio). Eleganza e sobrietà dei pilastri polistili: solo lo stretto indispensabile, niente cose inutili solo quello che serve strettamente alla logica costruttiva. Tutte le semicolonne che scendono verso terra sono interrotte su una mensola (capitello “a crochet” o ad uncino) perché lì ci doveva essere il corpo del monaco. La torre nolare non si trova all’incrocio tra navata centrale e transetto, ma sulla campata precedente per farla più piccola, esempio di modestia e praticità.

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Abbazia di Fossanova Fossanova nuova fossa di bonifica delle paludi Pontine

L’abbazia di Fossanova è una delle più significative fondazioni cistercensi e rappresenta un centro di diffusione del primo gotico francese in Italia. La pianta riprende il tipo d’impianto più semplice (impianto bernardino) con navata centrale molto più ampia e alta delle navate laterali, che si innesta su un transetto sporgente concluso da un presbiterio a terminazione rettangolare. Il sistema di membrature:

• Lo slancio delle strutture è ribadito dalla scansione delle semicolonne addossate ai pilastri, che sostengono gli archi acuti trasversali.

• La compartimentazione dello spazio interno è affidata proprio a questi arconi trasversali.

• Le volte sono ancora prive di costoloni obliqui. La definizione dei nitidi volumi dell’edificio risalta l’essenzialità delle linee architettoniche e di conseguenza il rifiuto di qualsiasi tipo di decorazione. Fossanova è importantissimo come convento, solo che ha le volte a crociera normali, quindi ci interessa di meno. Il linguaggio architettonico è esattamente lo stesso.

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