Fernando Pessoa L'Ora Del Diavolo

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No light, but rather darkness visible Ma queste fiamme emanano, non luce bensì tenebra visibile''' * Epigrafe in inglese nel testo originale, tradotta da Pessoa: «Mas essas chamas lancam, nào luz, mas sim treva visfvel». Uscirono dalla stazione e, giungendo in strada, ella si avvide con stupore che si trovava nella stessa via in cui abitava, a pochi passi da casa. Si arrestò. Poi, si voltò in- dietro, per esprimere questo stupore al suo compagno; ma dietro di lei non c'era nessuno. Solo la strada, luna- re e deserta, e neppure un edificio che potesse essere o sembrare una stazione ferroviaria. Confusa, insonnolita, ma interiormente sveglia e in- quieta, arrivò fino a casa. Entrò, salì; al piano di sopra incontrò, ancora sveglio, il marito. Leggeva, nello stu- dio, e, quando lei entrò, depose il libro. «Allora?», domandò. E lei: «E andato tutto molto bene. Il ballo è stato molto interessante». E aggiunse, prima che lui lo chie- desse: «Alcune persone che erano là al ballo mi hanno accompagnata in automobile fino all'inizio della strada. Non ho voluto che venissero fino alla porta. Sono scesa proprio lì; ho insistito. Ah, come sono stanca!». E, in un gesto di grande stanchezza e dimenticandosi del bacio, andò a coricarsi. Suo figlio, quando nacque, nacque normale d' aspet- to, ma non tardò a mostrare di essere un uomo di genio.

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L'ora del diavolo, Fernando Pessoa

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No light, but rather darkness visible

Ma queste fiamme emanano, non luce bensì tenebra visibile'''

* Epigrafe in inglese nel testo originale, tradotta da Pessoa: «Mas essas chamas lancam, nào luz, mas sim treva visfvel».

Uscirono dalla stazione e, giungendo in strada, ella si avvide con stupore che si trovava nella stessa via in cui abitava, a pochi passi da casa. Si arrestò. Poi, si voltò in­dietro, per esprimere questo stupore al suo compagno; ma dietro di lei non c'era nessuno. Solo la strada, luna­re e deserta, e neppure un edificio che potesse essere o sembrare una stazione ferroviaria.

Confusa, insonnolita, ma interiormente sveglia e in­quieta, arrivò fino a casa. Entrò, salì; al piano di sopra incontrò, ancora sveglio, il marito. Leggeva, nello stu­dio, e, quando lei entrò, depose il libro.

«Allora?», domandò. E lei: «E andato tutto molto bene. Il ballo è stato

molto interessante». E aggiunse, prima che lui lo chie­desse: «Alcune persone che erano là al ballo mi hanno accompagnata in automobile fino all'inizio della strada. Non ho voluto che venissero fino alla porta. Sono scesa proprio lì; ho insistito. Ah, come sono stanca!».

E, in un gesto di grande stanchezza e dimenticandosi del bacio, andò a coricarsi.

Suo figlio, quando nacque, nacque normale d' aspet­to, ma non tardò a mostrare di essere un uomo di genio.

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Le sue poesie hanno un carattere strano e lunare. Vi ali­ta un desiderio di grandi cose, come di qualcuno che un giorno si fosse librato, in una vita anteriore, sopra tutte le città della terra. Ricorre nei suoi versi una visione di grandi ponti, inesplicabile in base a qualche esperienza che gli si conosca. E una volta, in una poesia scritta qua­si in sogno, egli dice di aver subito qualche tentazione, come Cristo, a quella grande altezza da dove si vede tut­to il mondo.1

In basso, a una distanza più che impossibile, c'erano, come astri sparsi, grandi macchie di luce - città, senza dubbio, della terra. Il Diavolo gliele indicò. «Sono le grandi città del mondo: quella è Londra» - e ne indicò una laggiù in lontananza. «Quella è Berlino», e ne in­dicò un'altra. «E quella, lì, è Parigi. Sono macchie di lu­ce nella tenebra, e noi, su questo ponte, passiamo alti sopra di loro, pellegrini del mistero e della conoscen­za».2

«Che cosa spaventosa e bella! E cos'è tutto quello là sotto?».

«Quello, mia signora, è il mondo. E stato da qui che, per incarico di Dio, ho tentato suo Figlio, Gesù. Ma non ha dato risultati, come io già mi aspettavo, perché il Figlio era più iniziato del Padre, ed era in contatto di­retto con i Superiori Incogniti dell'Ordine. E stata una prova, come si dice in gergo iniziatico, e il Candidato si è comportato mirabilmente».

«Non capisco bene. È stato proprio da qui che ha tentato il Cristo?».

«Sì. Certo, dove adesso c'è una valle immensa, allora c'era una montagna. Anche nell'abisso ci sono geologie. Qui, dove stiamo passando, era la vetta. Come me ne ri-

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cordo bene! Il Figlio dell'Uomo mi ha ripudiato ben ol­tre Dio. Ho seguito, perché era mio dovere, il consiglio e l'ordine di Dio: l'ho tentato con tutto quanto c'era. Se avessi seguito il mio stesso consiglio, lo avrei tentato con quello che non può esserci. Forse la storia del mon­do in generale, e della religione cristiana in particolare, sarebbero state diverse. Ma cosa possono contro la for­za del Destino, supremo architetto di tutti i mondi, il Dio che ha creato questo, e io, il Diavolo di zona, che, poiché lo nega, lo sostiene?».3

«Ma com'è che si può sostenere una cosa, negando­la?».

«E la legge della vita, signora. Il corpo vive perché si disintegra, senza disintegrarsi troppo. Se non si disinte­grasse di secondo in secondo sarebbe un minerale. L'a­nima vive perché è perpetuamente tentata, benché resi­sta. Tutto vive perché si oppone a qualcosa. Io sono quello a cui tutto si oppone. Ma, se io non esistessi, nul­la esisterebbe, perché non ci sarebbe a cosa opporsi, come la colomba del mio discepolo Kant che, volando bene nell'aria leggera, pensa che potrebbe volare me­glio nel vuoto».4

La musica, il chiaro di luna e i sogni sono le mie armi magiche. Ma per musica non si deve intendere soltanto quella che si suona, bensì anche quella che resta eterna­mente da suonare. E ancora, per chiaro di luna, non si deve supporre che si parli soltanto di ciò che viene dal­la luna e fa agli alberi grandi profili; c'è un altro chiaro di luna, che il sole medesimo non esclude, e oscura in pieno giorno ciò che le cose fingono di essere. Solo i so­gni sono sempre quello che sono. È il lato di noi in cui nasciamo e in cui siamo sempre naturali e nostri.5

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«Ma, se il mondo è azione, com'è che il sogno fa par­te del mondo?».

«È che il sogno, signora, è un'azione divenuta idea; e che, perciò, conserva la forza del mondo e ne ripudia la materia, cioè l'essere6 nello spazio. Non è forse vero che siamo liberi nel sogno?».

«Sì, ma è triste il risveglio...». «Il buon sognatore non si sveglia. Io non mi sono mai

svegliato. Dio stesso dubito che non dorma. Già una volta me lo ha detto...».

Lei lo guardò con un sussulto ed ebbe improvvisa­mente paura, un sentimento dal più profondo dell'ani­ma, che non aveva mai provato.

«Ma, insomma, Lei chi è? Perché è così maschera­to?».

«Rispondo, con una sola risposta, alle sue due do­mande: non sono mascherato».

«Come?». «Signora, io sono il Diavolo. Sì, sono il Diavolo. Ma

non mi tema e non trasalisca». E in un batter d'occhi di terrore estremo, in cui affio­

rava un piacere nuovo, ella riconobbe, all'improvviso, che era vero.7

«Sono proprio il Diavolo. Non si spaventi, però, per­ché sono il Diavolo, per l'appunto, e perciò non faccio male. Certi miei imitatori, in terra e sopra la terra, sono pericolosi, come tutti i plagiari, perché non conoscono il segreto del mio modo di essere. Shakespeare, che ho ispirato molte volte, mi ha reso giustizia: ha detto che io ero un cavaliere. Per questo, stia calma: in mia compa­gnia si troverà bene. Sono incapace di una parola, di un gesto, che possa offendere una signora. Quando così non fossi per mia natura, mi obbligherebbe Shakespea­re ad esserlo. Ma, per l'appunto, non è necessario.

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Esisto dal principio del mondo, e da allora sono sem­pre stato un ironista. Ora, come deve sapere, tutti gli ironisti sono inoffensivi, tranne quando vogliano usare l'ironia per insinuare qualche verità. Io però non ho mai preteso di dire la verità a nessuno - in parte perché non serve a nulla, e in parte perché non la conosco. Mio fra­tello maggiore, Dio onnipotente, credo che neppure lui la sappia. Queste, però, sono questioni di famiglia.

Forse non sa perché l'ho condotta qui, in questo viaggio senza meta effettiva né proposito utile. Non è stato, come sembrava che potesse pensare, per violen­tarla o sedurla. Queste cose succedono in terra, tra gli animali, che includono gli uomini, e sembra che diano piacere - credo, a quel che mi dicono di laggiù, addirit­tura alle vittime.8

Del resto, non potrei. Queste cose accadono in terra, perché gli uomini sono animali. Nella mia posizione so­ciale nell'universo, sono impossibili - non tanto perché la morale sia migliore, ma perché noi, gli angeli, non ab­biamo sesso, ed è questa, almeno in questo caso, la prin­cipale garanzia. Può, dunque, stare tranquilla, perché non le mancherò di rispetto. So bene che esistono man­canze di rispetto secondarie e inutili, come quelle dei ro­manzieri moderni e quelle della vecchiaia; ma perfino queste mi sono negate, perché la mia mancanza di sesso risale al principio delle cose e non ho mai dovuto pen­sarci. Dicono che molte streghe abbiano avuto commer­cio con me, ma è falso, sebbene propriamente non lo sia, perché ciò con cui hanno avuto commercio è stata la lo­ro immaginazione, che, in un certo modo, sono io.

Stia, dunque, tranquilla. Corrompo, certo, perché faccio immaginare. Ma Dio è peggiore - in un senso, perlomeno, perché ha creato il corpo corruttibile, che è molto meno estetico. I sogni, almeno, non marciscono.

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Passano. Meglio così, non è vero? È ciò che è significato nell'Arcano 18. Confesso che

non conosco bene i Tarocchi, perché ancora non sono riuscito ad apprendere i loro segreti, con tutte le perso­ne che pure ci sono al mondo che li comprendono per­fettamente».

«Diciotto? Mio marito ha il grado 18 della Massone­ria».

«Non della Massoneria: di un rito della Massoneria. Ma, nonostante ciò che si è detto, non ho niente a che vedere con la Massoneria, e ancora meno con questo grado. Mi riferivo all'Arcano 18 dei Tarocchi, cioè, alla chiave di tutto l'universo, della quale, del resto, la mia intelligenza è imperfetta, come lo è della Cabala, di cui i dottori della Dottrina Segreta sanno più di me.9

Ma lasciamo stare questo, che è puramente giornali­stico. Ricordiamoci che io sono il Diavolo. Siamo, dun­que, diabolici. Quante volte mi ha sognato?».

«Che io sappia, mai», rispose, sorridendo, Maria, fis­sandolo con occhi spalancati.

«Non ha mai pensato al Principe Azzurro, all'Uomo Perfetto, all'amante inesauribile? Non ha mai sentito accanto a sé, in sogno, qualcuno che la accarezzasse co­me nessuno l'accarezza, qualcuno che fosse suo come se facesse parte di lui, qualcuno che fosse, al contempo, il padre, il marito, il figlio, in una tripla sensazione che è solo una?».

«Per quanto non comprenda bene, sì, credo di averci pensato e di averlo sentito. Mi costa un po' confessarlo, sa?».

«Ero io, sempre io, che sono il Serpente - è stato il ruolo che mi hanno assegnato - dal principio del mon­do. Devo andare a tentare, ma, beninteso, in un senso figurato e frusto, perché non serve tentare utilmente.10

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Furono i greci che, con l'interposizione della Bilan­cia, resero undici i dieci segni primitivi dello Zodiaco.

Fu il Serpente che, con l'interposizione della critica, trasformò per l'appunto in dodici la decina primitiva. U]».11

«Per l'appunto, non ci capisco nulla». «Non capisce, allora ascolti. Altri capiranno. (...) Le mie migliori creazioni - il chiaro di luna e l'i­

ronia». «Non sono cose molto simili...». «No, perché io non sono simile a me stesso. Questo

vizio è la mia virtù. E per questo che sono il Diavolo».12

«E come si sente?». «Stanco, soprattutto stanco. Stanco di astri e di leggi,

e un po' con la voglia di restare fuori dall'universo e ri­crearmi sul serio con cose di nessuna importanza. Ades­so non c'è vuoto né senza ragione; e io ricordo cose an­tiche - sì, molto antiche - nei regni di Edom che erano prima di Israele. Di questi io sono stato sul punto di es­sere re, e oggi sono in esilio da ciò che non ho avuto.13

Non ho mai avuto infanzia, né adolescenza, né quin­di età virile a cui arrivare. Sono il negativo assoluto, l'in­carnazione del niente. Quello che si desidera e non si può ottenere, quello che si sogna perché non può esiste­re - in ciò risiede il mio regno nullo e lì poggia il trono che non mi fu dato. Quello che avrei potuto essere, quello che avrei dovuto avere, quello che la Legge o la Sorte non mi hanno dato - l'ho gettato a piene mani nell'anima dell'uomo ed essa si è turbata a sentire la vi­va vita di ciò che non esiste. Sono l'oblio di tutti i dove­ri, l'esitazione di tutte le intenzioni.141 tristi e gli stanchi della vita, una volta distaccatisi da quell'illusione15, le-

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vano gli occhi verso di me, perché anch'io, e a mio mo­do, sono la Stella Lucente del Mattino. E da tanto tem­po che lo sono! Un altro mi è venuto a sostituire (...).16

L'umanità è pagana. Mai qualche religione l'ha pene­trata. E non è nell'animo dell'uomo comune il poter credere alla sopravvivenza di questa stessa anima. L'uo­mo è un animale che si sveglia, senza sapere dove né perché.

Quando adora gli dèi, li adora come feticci. La sua religione è una stregoneria. Così è stato, così è, e così sarà. Le religioni sono solamente ciò che straripa dai misteri nel profano e da esso non è inteso, poiché, per natura, non può esserlo.

Le religioni sono simboli, e gli uomini prendono i simboli non come vite (che sono), ma come cose (che non possono essere). Si propiziano Giove come se esi­stesse, mai come se vivesse.17 Quando si rovescia il sale, se ne lancia un pizzico, con la mano destra, sopra la spalla sinistra. Quando si offende Dio, si recita qualche Padre Nostro. L'anima continua ad essere pagana e Dio da esumare. Solo pochi gli misero l'acacia (la pianta im­mortale) sulla cima della sepoltura, affinché lo alzassero da lì quando fosse venuta l'ora. Ma costoro sono quelli che, per il fatto di averlo ben cercato, sono stati eletti a trovarlo.

L'uomo non differisce dall'animale tranne che nel sa­pere di non esserlo. E la prima luce, che non è altro che tenebra visibile. È l'inizio, perché vedere la tenebra è possedere la sua luce. È la fine, perché significa sapere, attraverso la vista, che si è nati ciechi. Così, l'animale di­venta uomo per l'ignoranza che in lui nasce.

Ere si accumulano su ere e tempi inseguono tempi, e non resta che percorrere la circonferenza di un cerchio che ha la verità nel suo punto centrale.

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Il principio della scienza è sapere di ignorare. Il mon­do, che è dove siamo; la carne, che è ciò che siamo; il Diavolo, che è ciò che desideriamo - questi tre, nell'O­ra Alta, ci uccisero il Maestro che fummo sul punto di essere. E quel segreto che lui aveva, perché ci convertis­simo in lui, questo segreto è andato perduto.

Anch'io, signora, sono la Stella Lucente del Mattino. Lo ero prima che Giovanni parlasse, perché ci sono Patmos prima di Patmos, e misteri anteriori a tutti i mi­steri. Sorrido quando pensano (penso) che sono Venere in un altro schema di simboli. Ma che importa? Tutto questo universo, con il suo Dio e il suo Diavolo, con ciò che vi è di uomini e di cose che essi vedono, è un gero­glifico eternamente da decifrare. Sono, per mestiere, Maestro di Magia: eppure non so cosa sia.

La più alta iniziazione finisce con la domanda incar­nata, se c'è qualcosa che esista. Il più alto amore è un grande sonno, come quello in cui noi amiamo dormire. A volte io stesso, che dovrei essere un alto iniziato, do­mando a quello che è in me da oltre Dio se tutti questi dèi e tutti questi astri non saranno altro che sonni di se stessi, grandi oblii dell'abisso.

Non si stupisca che io parli così. Sono poeta per na­tura, perché sono la verità che parla con l'inganno, e tutta la mia vita, in fondo, è un sistema speciale di mo­rale velato di allegorie e illustrato da simboli».18

«No» disse ella ridendo, «ci deve pur sempre essere una religione vera... Sì» ridendo più forte, «oppure so­no tutte false».

«Signora, tutte le religioni sono vere, per quanto pos­sano sembrare tra di loro opposte. Sono simboli diffe renti della stessa realtà, sono come la stessa frase detta

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in varie lingue; tanto che non si intendono gli uni con gli altri anche dicendo la stessa cosa. Quando un paga­no dice Giove e un cristiano dice Dio stanno mettendo la medesima emozione in termini diversi dell'intelligen­za: stanno pensando differentemente la medesima intui­zione. Il riposo di un gatto al sole è la stessa cosa che la lettura di un libro. Un selvaggio guarda la tormenta nel­lo stesso modo in cui un ebreo guarda Geova, un sel­vaggio guarda il sole nello stesso modo in cui un cristia­no guarda Cristo. E perché, signora? Perché il tuono e Geova, il sole e Cristo, sono simboli diversi della stessa cosa.19

Viviamo in questo mondo di simboli, allo stesso tem­po chiaro e oscuro - tenebra visibile, per così dire,20 e ogni simbolo è una verità sostituibile alla verità finché il tempo e le circostanze restituiscano quella vera.21

Corrompo ma illumino.22 Sono la Stella Lucente e del Mattino - frase, a proposito, che già due volte è stata applicata, non senza criterio o intendimento, ad un al­tro che non sembra me».23

«Mio marito mi ha detto una volta che Cristo era il simbolo del sole...».

«Sì, signora. E perché non dev'essere vero il contra­rio - che il sole è simbolo di Cristo?».

«Ma Lei rivolta proprio tutto...». «E il mio dovere, signora. Non sono, come ha detto

Goethe, lo spirito che nega, ma lo spirito che contra­ria».

«Contrariare è brutto...». «Contrariare atti, sì... Contrariare idee, no». «E perché?». «Perché contrariare atti, per cattivi che siano, equiva­

le

le ad ostacolare il movimento del mondo, che è azione. Ma contrariare idee è fare in modo che esse ci abbando­nino, e si cada nello sconforto e da lì nel sogno e quindi si appartenga al mondo.24

Ci sono, signora mia, riguardo a quanto succede in questo mondo, tre teorie distinte - che tutto è opera del Caso, che tutto è opera di Dio, e che tutto è opera di va­rie cose, combinate o incrociate. Noi pensiamo, in ge­nerale, nei termini della nostra sensibilità, e perciò tutto ci si risolve in un problema del bene e del male; è da molto che anch'io subisco grandi calunnie a causa di questa interpretazione. Pare che non sia ancora venuto in mente a nessuno che le relazioni tra le cose - suppo­nendo che ci siano cose e relazioni - sono troppo com­plicate perché un qualche dio o diavolo, o entrambi, possano spiegarle.25

Sono il maestro lunare di tutti i sogni, il musicista so­lenne di tutti i silenzi. Si ricorda di quel che ha pensato quando, da sola, si è trovata dinanzi ad un grande pae­saggio di albereti e al chiar di luna? Non se lo ricorda perché ha pensato a me e, devo dirglielo, in verità io non esisto. Se esiste qualcosa, non lo so.

Le aspirazioni vaghe, i desideri futili, i fastidi delle cose comuni, anche quando le amiamo, le noie di ciò che non annoia - tutto questo è opera mia, nata quan­do, steso sulla riva di grandi fiumi dell'abisso, penso che nemmeno io so nulla. Allora il mio pensiero discen­de, come vago effluvio, nelle anime degli uomini ed essi si sentono differenti da loro stessi.

Sono l'eterno Differente, l'eterno Rinviato, il Super­fluo dell'Abisso. Sono rimasto fuori dalla Creazione. Sono il Dio dei mondi che furono prima del Mondo - i

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re di Edom che regnarono male prima di Israele. La mia presenza in questo universo è quella di chi non è stato invitato. Porto con me memorie di cose che non sono arrivate ad essere, ma che sono state sul punto di essere. (Allora, faccia non vedeva faccia, e non c'era equili­brio).

La verità, però, è che non esisto - né io, né un'altra cosa qualsiasi. Tutto questo universo, e tutti gli altri uni­versi, con i loro diversi creatori e i loro diversi Satana -più o meno perfetti e addestrati - sono dei vuoti dentro il vuoto, dei nulla che girano, satelliti, nell'orbita inutile di nessuna cosa.26

Non sto parlando con te ma con tuo figlio...». «Non ho un figlio,.. Cioè, lo avrò fra sei mesi, se Dio

vorrà...». «È con lui che sto parlando... Fra sei mesi? Sei mesi

di che?». «Di che?! Sei mesi...». «Sei mesi solari? Ah, sì. Ma la gravidanza si calcola in

mesi lunari, e anch'io non riesco a contare se non con i mesi della Luna, che è mia figlia, cioè, il mio volto visto nelle acque del caos. Con la gravidanza e tutte le por­cherie della terra non ho niente a che fare, e non so per che diamine mi sono andati a misurare queste cose con le leggi della luna che ho fornito io. Perché non hanno trovato un'altra misura? A che scopo l'onnipotente ave­va bisogno del mio lavoro?27

È dal principio del mondo che mi insultano e mi ca­lunniano. Gli stessi poeti - per natura miei amici - che mi difendono, non mi hanno difeso bene. Uno - un in­glese chiamato Milton - mi ha fatto perdere, con i miei compagni, una battaglia indefinita che non si è mai

combattuta. Un altro - un tedesco chiamato Goethe -mi ha dato un ruolo da ruffiano in una tragedia paesa­na. Ma io non sono ciò che pensano. Le Chiese mi abo­minano. I credenti tremano al mio nome. Ma io, che lo vogliano o no, ho un ruolo nel mondo. Non sono colui che si è ribellato a Dio, né lo spirito che nega. Sono il Dio dell'Immaginazione, perduto perché non creo. È grazie a me che, bambina, hai sognato quei sogni che sembrano giochi; è grazie a me che, già donna, la notte hai potuto abbracciare i principi e i dominatori che dor­mono al fondo di quei sogni. Sono lo Spirito che crea senza creare, la cui voce è fumo, e la cui anima è un er­rore. Dio mi ha creato perché io lo imitassi, di notte. Lui è il Sole, io sono la Luna. La mia luce si libra su tut­to ciò che è futile o finito, fuoco fatuo, sponde del fiu­me, paludi e ombre.

Che uomo ha posato sui tuoi seni quella mano che fu mia? Che bacio ti hanno dato che fosse uguale al mio? Quando, nei lunghi pomeriggi caldi, sognavi tanto da sognare di sognare, non hai visto passare, nel fondo dei tuoi sogni, una figura velata e rapida, quella che ti avrebbe dato tutta la felicità, quella che ti avrebbe ba­ciato indefinitamente? Ero io.

Sono io. Sono colui che hai sempre cercato e che mai potrai trovare. Forse, nel fondo immenso dell'abisso, Dio stesso28 mi cerca, affinché io lo completi, ma la ma­li-dizione del Dio Più Vecchio - il Saturno di Geova -aleggia su di lui e su di me, ci separa, quando avrebbe dovuto unirci, affinché la vita e ciò che desideriamo da lei fossero una cosa sola.

L'anello che usi e ami, l'allegria di un pensiero vago, il sentirti bene di fronte allo specchio in cui ti guardi -non illuderti: non sei tu, sono io. Sono io che lego bene lutti i lacci con cui le cose si decorano, che dispongo

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esattamente i colori con [cui] le cose si adornano. Di tutto quanto non vale la pena di essere io faccio il mio dominio e il mio impero, signore assoluto dell'intersti­zio e dell'intermedio, di ciò che nella vita non è vita. Come la notte è il mio regno, il sogno è il mio dominio. Ciò che non ha peso né misura - questo è mio.29

I problemi che tormentano gli uomini sono gli stessi problemi che tormentano gli dèi. Ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto, disse Ermete Trismegisto, che, come tutti i fondatori di religioni, si è ricordato di tutto, meno che di esistere. Quante volte Dio mi ha detto, ci­tando Antero de Quental*' 'Povero me! Povero me! e chi sono io?'.

Tutto è simbolo e ritardo, e noi, che siamo dèi, non stiamo che un grado più in alto, in un Ordine i cui Su­periori Incogniti non sappiamo chi siano. Dio è il se­condo nell'Ordine manifesto, e non mi dice chi è il Ca­po dell'Ordine, l'unico che conosce - se conosce - i Ca­pi Segreti. Quante volte Dio mi ha detto: 'Fratello mio, non so chi sono'.

Voi avete il vantaggio di essere uomini, e credo, a vol­te, dal fondo della mia stanchezza di tutti gli abissi, che valga più la calma e la pace di una notte in famiglia ac­canto al focolare che tutta questa metafisica dei misteri a cui noi, dèi e angeli, siamo condannati per sostanza. Quando, a volte, mi affaccio sul mondo, vedo in lonta-

* Ponta Delgada, 1842-1891. Figura di spicco della rivoluzionaria gene­razione del 70, che introdusse nelle lettere portoghesi i moduli dell'esteti­ca realista, Antero fu poeta di ispirazione sociale all'insegna di un umani­tarismo utopistico alla Proudhon (Odes modernas), ma anche di inquietu­dini metafisiche segnate dal pessimismo, sotto l'influenza della filosofia di Schopenhauer e Hartmann {Sonetos). (N.d.T.)

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nanza, venire dal porto o ad esso tornare, le vele delle barche dei pescatori, e il mio cuore sente nostalgie im­maginarie della terra dove non è mai stato. Felici quelli che dormono, nella loro vita animale, - un sistema pe­culiare dell'anima, velato di poesia e illustrato da paro­le».30

«Questa conversazione è stata davvero interessan­te...».

«Questa conversazione, signora? Ma questa conver­sazione, ancorché forse il fatto più importante della sua vita, in verità non si è mai verificata. In primo luogo, è risaputo che io non esisto. In secondo luogo, come con­cordano i teologi, che mi chiamano Diavolo, e i liberi pensatori, che mi chiamano Reazione, nessuna conver­sazione con me può avere interesse. Sono un povero mi­to, signora, e, quel che è peggio, un mito inoffensivo. Mi consola soltanto il fatto che anche l'universo - sì, questa cosa piena di varie forme di luci e di vite - è un mito.

Mi dicono che tutte queste cose possono essere chiari­te alla luce della Cabala e della Teosofia, ma sono, que­sti, argomenti di cui non so nulla; e anche Dio, una volta gliene ho parlato, mi ha detto che non li comprendeva bene, giacché erano di pertinenza esclusiva, nei loro ar­cani, dei grandi iniziati della Terra - che, a quanto ho letto su libri e giornali, sono sempre stati abbondanti.

Qui, in queste sfere superiori, da dove si è creato e si è trasformato il mondo, noi, per dirle la verità, non ca­piamo nulla. Mi affaccio a volte sulla vasta terra, steso sul margine del mio altopiano che tutto sovrasta - l'al­topiano della Montagna di Heredom, come l'ho già sen­tito chiamare - e ogni volta che mi affaccio vedo religio­ni nuove, nuove grandi iniziazioni, nuove forme, tutte

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contraddittorie, della verità eterna, che neppure Dio conosce.

Le confesso che sono stanco dell'Universo. Sia Dio che io dormiremmo ben volentieri un sonno che ci libe­rasse delle cariche trascendenti di cui, non sappiamo come, siamo stati investiti. Tutto è molto più misterioso di quanto si creda, e tutto questo qui - Dio, l'universo ed io - è soltanto un cantuccio menzognero della verità inattingibile».31

«Lei non immagina quanto ho apprezzato questa conversazione. Non ho mai sentito parlare così».

Erano scesi in strada, inondata dal chiar di luna, pro­prio in quella strada a cui ella non aveva fatto caso. Tac­que un momento.

«Ma, sa - è curioso - sa, davvero, in fin dei conti, co­sa provo?».

«Cosa?», chiese il Diavolo. Ella voltò verso di lui gli occhi improvvisamente luci­

di. «Una gran pena per Lei!...». Un'espressione di angoscia, come nessuno avrebbe

pensato che fosse possibile, passò sul volto e negli occhi dell'uomo vestito di rosso. Lasciò subito cadere il brac­cio che cingeva quello di lei. Si fermò. Ella fece qualche passo, imbarazzata. Poi, si voltò indietro per dire qual­cosa - non sapeva cosa, perché non aveva capito nulla -, per scusarsi del dolore che vide di aver provocato.32

Rimase attonita. Era sola. Sì, era la sua strada, l'estremità della strada, ma oltre

a lei lì non c'era nessuno. La luce della luna batteva, chiarissima, non sull'uscita della funicolare, ma sulle due porte chiuse della solita officina del fabbro.

No, oltre a lei, lì non c'era nessuno. Era la strada del

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giorno vista di notte. Invece del sole, il chiaro di luna -nient'altro; un chiaro di luna normale, molto chiaro, che lasciava le case e le strade così com'erano. Il chiaro di luna di sempre, e s'incamminò verso casa.33

«Sono venuta con dei conoscenti. Siccome venivano da queste parti...».

«E come sei venuta? A piedi?!». «No. Sono venuta in automobile». «Questa è buona! Non l'ho sentita». «Non fino alla porta», disse lei senza esitazione. «So­

no passati lì all'angolo, e io ho chiesto che non mi ac­compagnassero fin qui, perché volevo fare a piedi que­sto pezzetto di strada, con questo chiaro di luna così bello. Ed è bello... Senti, mi vado a coricare. Buona not­te...».

E se ne andò, sorridendo, ma senza dargli un bacio -quello consueto, che nessuno, nel darlo, sa se è abitudi­ne o se è un bacio.

Nessuno di loro notò che non si erano baciati.34

Il bambino, un maschio, che nacque cinque mesi do­po, venne, nel corso del tempo generale e della sua cre­scita particolare, rivelandosi, ormai adulto, molto intel­ligente - un talento, forse un genio, il che era forse vero, per quanto a dirlo fossero alcuni critici.

Un astrologo, che gli [fece] l'oroscopo, gli disse che aveva l'Ascendente in Cancro, e Saturno nel segno.35

«Dimmi una cosa, mamma... Dicono che certe me­morie materne si possono trasmettere ai figli. C'è una cosa che costantemente mi appare in sogno e che non posso ricollegare a nulla che mi sia accaduto. E la me­moria di un viaggio strano, in cui appare un uomo vesti­lo di rosso che parla molto. C'è, prima, un'automobile, e poi un treno, e in questo viaggio in treno si passa su

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Page 10: Fernando Pessoa L'Ora Del Diavolo

un ponte altissimo, che pare dominare tutta la terra. Poi c'è un abisso, e una voce che dice molte cose, che se io le udissi, forse mi direbbero la verità. Poi si esce alla lu­ce, cioè, al chiaro di luna, come se uscissimo da un sot­terraneo, ed è esattamente qui, alla fine della strada... Ah già, è vero, al fondo o al principio di tutto, c'è una specie di ballo, o festa, in cui quest'uomo vestito di ros­so appare...».

Maria depose in grembo il suo lavoro di cucito. E, voltandosi verso Antonia, disse:

«Che cosa buffa. È chiaro che quello dei treni e delle automobili e tutto il resto è un sogno, ma, in effetti, c'è una parte di verità... Fu quel ballo al Clube Azul, a Car­nevale, molti anni fa - sì, all'incirca cinque o sei mesi prima che lui nascesse. Ti ricordi? Ballai con un ragazzo qualunque vestito da Mefistofele, e poi voi mi accompa­gnaste a casa con la vostra automobile, e io, addirittura, rimasi alla fine della strada (guarda un po', proprio do­ve lui dice di essere uscito dall'abisso...)».

«Oh sì, figlia mia, ricordo perfettamente... Noi vole­vamo venire fin qui alla porta di casa, e tu non volesti. Dicesti che avevi voglia di fare a piedi questo pezzetti­no, al chiaro di luna...».

«Proprio così... Ma è proprio buffo, figlio mio, che tu abbia indovinato certe cose che sono sicura di non aver­ti mai raccontato. Certo, non hanno alcuna importan­za... Che cose curiose che sono i sogni! Come si può ar­chitettare in questo modo una storia, in cui ci sono cose vere - e che non si potevano indovinare - e tante assur­dità, come il treno e il ponte e il sotterraneo?».

Ingrata umanità! È così che si ringrazia il Diavolo.36

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NOTE AL TESTO

Questo testo si presenta nello Spoglio (depositato nella Biblio­teca Nazionale di Lisbona) in fogli sciolti, non datati, alcuni mano­scritti, altri dattilografati ed altri ancora misti. La numerazione è stata successivamente introdotta da coloro che hanno fatto l'inven­tario del suddetto spoglio, ma non corrisponde ad alcuna sequen­za: quella che presento è di mia responsabilità.

Il testo si estende per diciannove fogli (21 pagine), archiviate nel dossier 277 W, con segnature che vanno da 1 a 19.

I fogli, in generale, presentano in cima il titolo Ora del diavolo (nove volte), L'ora del diavolo (due volte), Notte del diavolo (due volte), in due casi scritto in inglese, Devil's Night, nonostante che il testo sia in portoghese. Due di questi fogli non recano alcuna indi­cazione.

Ho corretto lapsus o lacune ovvie della scrittura e della punteg­giatura, ho sciolto le abbreviazioni e attualizzato l'ortografia.

Segnali usati nel testo

[...] - Parola/e non letta/e (...) - Spazio lasciato in bianco dall'Autore. Le parole tra parentesi quadre sono state aggiunte in quanto ov­

vie, nonostante risultassero omesse. 1. Il testo che segue, separato da questo mediante una lunga li­

nea tratteggiata, è apparentemente già il resoconto del 'viaggio' di cui il figlio conserva la reminiscenza, scritto, forse, da lui stesso.

2. Foglio sciolto, dattilografato e manoscritto, con riferimento

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