Fermin Aguayo, Manu Arregui, Eduardo Arroyo, Txomin ... · Il commissario straordinario Visioni...

64
18 maggio - 14 settembre 2008 - Palermo, Palazzo Sant’Elia Fermin Aguayo, Manu Arregui, Eduardo Arroyo, Txomin Badiola, José Manuel Ballester, Jorge Barbi, Miquel Barcelò, Jordi Bernadò, Joan Brossa, Luis Buñuel, Carmen Calvo, Daniel Canogar, Rafael Canogar, Jacobo Castellano, Eduardo Chillida, Jordi Colomer, Nacho Criado, Salvador Dalì, Equipo Cronica, Equipo 57, Pepe Espaliù, Esther Ferrer, Dionisio Gonzalez, Luis Gordillo, Juan Hidalgo, Cristina Iglesias, Pello Irazu, Francisco Leiro, Eva Lootz, Antonio Lopez, Alicia Martín, Enrique Marty, Ramon Masats, Mateo Maté, Manuel Millares, Antoni Miralda, Joan Mirò, Juan Luis Moraza, Juan Muñoz, Antoni Muntadas, Miquel Navarro, Aitor Ortiz, Jorge Oteiza, Pablo Palazuelo, Carlos Pazos, Perejaume, Javier Pérez, Pablo Picasso, Joan Hernández Pijuan, Jaume Plensa, Sergio Prego, Manuel Rivera, Bernardì Roig, MP & MP Rosado, Fernando Sánchez Castillo, Antonio Saura, Adolfo Schlosser, Eusebio Sempere, José Maria Sicilia, Santiago Sierra, Susana Solano, José Suarez, Antoni Tàpies, Francesc Torres, Juan Uslé, Isidoro Valcárcel Medina, Eulalia Valldosera, Manuel Vilariño, Daniel Verbis, Zush Evru.

Transcript of Fermin Aguayo, Manu Arregui, Eduardo Arroyo, Txomin ... · Il commissario straordinario Visioni...

18 maggio - 14 settembre 2008 - Palermo, Palazzo Sant’Elia

Fermin Aguayo, Manu Arregui,

Eduardo Arroyo, Txomin

Badiola, José Manuel Ballester,

Jorge Barbi, Miquel Barcelò,

Jordi Bernadò, Joan Brossa,

Luis Buñuel, Carmen Calvo,

Daniel Canogar, Rafael

Canogar, Jacobo Castellano,

Eduardo Chillida, Jordi Colomer,

Nacho Criado, Salvador Dalì,

Equipo Cronica, Equipo 57,

Pepe Espaliù, Esther Ferrer,

Dionisio Gonzalez, Luis Gordillo,

Juan Hidalgo, Cristina Iglesias,

Pello Irazu, Francisco Leiro, Eva

Lootz, Antonio Lopez, Alicia

Martín, Enrique Marty, Ramon

Masats, Mateo Maté, Manuel

Millares, Antoni Miralda, Joan

Mirò, Juan Luis Moraza, Juan

Muñoz, Antoni Muntadas,

Miquel Navarro, Aitor Ortiz,

Jorge Oteiza, Pablo Palazuelo,

Carlos Pazos, Perejaume,

Javier Pérez, Pablo Picasso,

Joan Hernández Pijuan, Jaume

Plensa, Sergio Prego, Manuel

Rivera, Bernardì Roig, MP & MP

Rosado, Fernando Sánchez

Castillo, Antonio Saura, Adolfo

Schlosser, Eusebio Sempere,

José Maria Sicilia, Santiago

Sierra, Susana Solano, José

Suarez, Antoni Tàpies,

Francesc Torres, Juan Uslé,

Isidoro Valcárcel Medina, Eulalia

Valldosera, Manuel Vilariño,

Daniel Verbis, Zush Evru.

Il commissario straordinario

Visioni affascinanticapaci di unirememoria e futuro

Il genio spagnolo del secondo Novecento protagoni-sta a Palermo. Il talento, l’azzardo, la capacità ineffabi-le di interpretare il proprio tempo e di anticiparlo tro-

vano spazio negli affascinanti saloni di palazzo Sant’Eliae nella vita culturale di una città, di un territorio, cheancora una volta dimostrano di avere sensibilità, atten-zione, amore per la grande arte.Con la mostra “Espana – Arte spagnola 1957-2007” sicelebra non solo la straordinaria creatività iberica che ilsecolo breve ha nutrito e alimentato, con i suoi rivolgi-menti, le tragedie, le speranze, le rivolte, le idee, maanche la maturità che la realtà palermitana ha saputoconquistare, riappropriandosi della sua eredità più pre-ziosa, quella della memoria. Memoria condivisa, che ciriguarda e ci appartiene, perché vive e si tramanda nellalingua, nei costumi, in un comune sentire.E’ un occasione importante, l’esposizione di palazzoSant’Elia, che va oltre il valore strettamente culturale del-l’iniziativa, che trascende la sfera delle emozioni inevita-bilmente chiamate a raccolta da visioni così forti, coin-volgenti. Va al di là perché marchia a fuoco la vocazionedel nostro territorio come luogo di confronto problema-tico, di riflessione, di provocazione, perché consacra lasua storia al rango di paradigma, ne spiega l’evoluzione,le apparenti contraddizioni, le epifanie.Un appuntamento pensato per il pubblico, che ritroveràdopo un lungo e laborioso restauro il settecentescopalazzo Sant’Elia, nel cuore della spagnola via Maqueda.Un appuntamento che sancisce l’importanza della colla-borazione tra istituzioni e privati, per realizzare un pro-getto ambizioso che diventi patrimonio della città. Perchi vuole avvicinarsi alla magia e alla luce profetica del-l’espressione artistica. Che racconta il passato, illumina ilpresente, rischiara il futuro. A volte, prodigiosamente,riesce a parlare alle coscienze.

* Commissario StraordinarioProvincia Regionale di Palermo

di Patrizia Monterosso *

il direttore del Cervantes

Una “cornice” unicache potenzia il dialogotra Spagna e Sicilia

Il 17 maggio 2008 sarà una data chiave per il dialo-go fra la Spagna e la Sicilia. In questo giorno, nelPalazzo Sant’Elia di Palermo, verrà inaugurata

l’esposizione España 1957-2007, una mostra che rac-coglie i momenti fondamentali e i nomi più importan-ti dell’arte contemporanea spagnola: tra i qualiEduardo Arroyo, Miquel Barcelò, Joan Brossa, CarmenCalvo, Salvador Dalì, Pablo Ricasso, Antonio Saura,Antoni Tàpies. Si tratta di una delle mostre più impor-tanti, mai realizzate sull’arte spagnola recente, e inessa palpitano le linee espressive che più emergononella riflessione artistica degli ultimi tempi.Sono state create cinque sezioni, che vanno dall’inevi-tabile impulso donchisciottesco all’astrazione simbo-lica e formale, e per tanto l’esposizione ruoterà attor-no a un criterio tematico, più fedele a quello che è ildivenire e lo spirito della creazione, piuttosto che adingannevoli cronologie. In questo modo ogni bloccotematico permetterà di raccogliere l’essenza di unadeterminata configurazione espressiva tipica dellacreazione degli ultimi cinquanta anni.L’esposizione arriva in uno scenario come la città diPalermo, così legato al mondo ispanico sia per la suamemoria che per il suo presente.Per questo motivo, questo luogo è idoneo all’esibizio-ne di un tale discorso polifonico, disseminato damiscugli, perplessità e vasi comunicanti con il reale,che l’arte spagnola contemporanea ha sinora elabo-rato.Le vite della Spagna e della Sicilia sono state parallelee si sono incrociate in molti momenti della loro storia.E la cosa più affascinante di questa relazione è chenon si è conclusa nel XIX secolo, ma che abbiamocontinuato a segnare una scia che ci rende fratellinella passione per l’arte e per la creazione. Ed eccouna nuova prova.

* Direttrice dell’Instituto Cervantes

di Carmen Caffarel *

IL CONSIGLIO(Eletto il 26 maggio 2003)PRESIDENTE: Mauri zi o Gambi noVICEPRESIDENTI: Domenico Porretta (Vicario) - Giuseppe Badal ì

* subentrato a Nino Salerno il 22-07-2004 - **subentrato a Giuseppe Motisi il 16-06-2005*** subentrato a Giuseppe Guercio il 20-05-2007 - **** subentrato a Alessandro Anello il 20-05-2007 -***** subentrato a Bernardo Mattarella il 7/8/2007 ****** subentrato a Angelo Ribaudo 20-05-2007

COLLEGIO DEI QUESTORI: Salvatore Licciardi (presidente) - Antonino Caradonna - AntoninoTubiolo

FORZA ITALIA Pietro Al o ng i (Termini Imerese, capogruppo), ****Valerio Anzo n(Palermo 2), Antonino Ang el o (Partinico-Monreale), Giuseppe Bo no (Corleone),Giuseppe Di Mag g i o (Cefalù), Maurizio Gambi no (Palermo 4),Vincenzo Lo Meo(Bagheria), ***Giovanni Pari s i (Cefalù),Michele Perg o l i zzi (Palermo 3), IppolitoRus s o (Palermo 1)

UDC Piero D’Aì (Bagheria), Vito Di Marco (Partinico-Monreale), Michele Gang i(Palermo 4), Giovanni Mang ano (Palermo 2), Domenico Po rretta (Termini Imerese),Giovanni To mas i no (Corleone,capogruppo), Filippo Cus i mano (Termini Imerese),Antonino Gucci o ne (Palermo 1),

MOVIMENTO PER L’AUTONOMIA Vincenzo Bri g anò (Partinico-Monreale ), AntoninoCarado nna (Palermo 5), Marcello Sus i nno (Palermo 5), Antonino D’Ami co(Corleone)

ALLEANZA NAZIONALE Salvatore Li cci ardi (Bagheria), *Vito Lanza (Cefalù),Marcello Tri co l i (Palermo 2), Francesco Mus carel l a (Cefalù), Carmelo Lucà(Palermo 3)

PARTITO DEMOCRATICO*****Vito Baro ne (Palermo 2), Gaetano Mi l ano (Palermo 4 ),** Giovanni Pal ma (Partinico-Monreale), Antonino Tubi o l o (Bagheria), AlessandroDe Li s i (Palermo 3), Giuseppe Badal ì (Termini Imerese), Maria Concetta Bal i s treri(Bagheria), Rosario Bo no mo (Cefalù), Silvio Mo ncada (Palermo 3), GiovanniMang i araci na (Corleone), Vincenzo Pro v enzano (Partinico-Monreale)

RIFONDAZIONE COMUNISTA S. E. Antonio Maro tta (Palermo 5, capogruppo),Giuseppe Mes s i neo (Palermo 1)

GRUPPO MISTO ******Carmelo Co mandè (Verdi, Palermo 5), Giuseppa Scafi di(Italia dei Valori-Palermo 1 , capogruppo), Giuseppe Sag l i bene ( Nuovo Psi,Palermo 1), Salvatore Co ppo l i no (La Destra, Palermo 4), Calogero Gambi no (LaDestra,Palermo 5)

PPRROOVVIINNCCIIAA RREEGGIIOONNAALLEE DDII PPAALLEERRMMOO

il presidente del consiglio

Una sfida vintache ci proiettanei circuiti d’elite

L’imponente prospetto, le enormi finestre, la scalina-ta d’ingresso, il grande salone centrale, il soffittodipinto con disegni incorniciati in oro, il pavimento

di maioliche. C’è tutta l’armonia degli spazi, c’è l’emozio-ne del bello e dell’elegante in palazzo Celestri di SantaCroce e Trigona di S.Elia che la Provincia regionale diPalermo restituisce definitivamente alla città dopo unlungo intervento di restauro. C’è voluto tempo, ma ilrisultato adesso è sotto gli occhi di tutti. Siamo di frontead un gioiello dell’arte palermitana del ‘700, uno scrignoche ritorna in vita, e qualcosa che sembrava impossibilefino ad una decina fa adesso è realtà. Per me che ho vis-suto da consigliere prima e da Presidente del Consigliopoi, tutte le tappe di questo iter è un’emozione cheriempie di orgoglio. Chi entra del resto oggi a palazzoSant’Elia non può non rimanere stregato dal suo fascino.Si ha la sensazione di trovarsi in una dimensione dove icanoni del tempo sono stati rispettati in ogni loro parte,dalla valorizzazione degli spazi originari, ai particolari,alle tecniche di restauro, tutto seguendo una linea benprecisa che ci riporta al recupero della memoria e del-l’immagine di una città che pezzo dopo pezzo punta arecuperare parte del suo passato. Adesso per il palazzo si apre un futuro ricco di prospet-tive. Un futuro che è già iniziato lo scorso anno con laprestigiosa mostra con l’Hermitage di San Pietroburgo eche prosegue quest’anno con l’altrettanto prestigiosamostra su cinquant’anni di arte spagnola. Ma siamoappena all’inizio di un cammino che assegna a palazzoSant’Elia un ruolo di primo piano come Galleria di artecontemporanea. Una sfida affascinante che la Provinciavuole raccogliere per realizzare un sogno, per consegna-re alla città un Museo di eccellenza permanente e nontradire una storia, un restauro, un palazzo che fa partedel nostro ieri e del nostro domani.

* Presidente del Consiglio Provinciale

di Maurizio Gambino *

Grande occasione di crescitae di confronto culturalenel “laboratorio mediterraneo”

Per tre secoli la Sicilia è vissuta nell’orbita politica e culturale dellaSpagna, una presenza che ha lasciato segni profondi sull’identità esulla storia dell’Isola. È questa la prima, e non certo l’unica ragione di

interesse della mostra dedicata all’ultimo mezzo secolo di arte spagnolapromossa dalla Provincia di Palermo a Palazzo Sant’Elia, sede di grande pre-stigio che può rappresentare una tessera strategica nel mosaico dell’offertaartistica e culturale della città.La mostra “España 1957-2007” consente di tornare ad approfondire unarelazione, peraltro mai interrotta, con un Paese legato al nostro da intrecciantichi e pagine comuni. Paese che ha sempre avuto un ruolo di primo

piano nella storia dell’arte europea. Un parente prossimo capace di dare, attraverso le opere presenti allamostra, un contributo di interpretazione e di suggestioni universale. Espressione di un modello culturaleche, anche oggi, coniuga efficacemente identità e modernità e che offre interessanti spunti di confrontonel più vasto laboratorio che è oggi il Mediterraneo.La mostra sulla Spagna, quindi, come occasione di dialogo, di sguardo sull’altro, di appagamento dicuriosità intellettuale. Una curiosità che la città di Palermo ha dimostrato tutte le volte che gliene è statadata occasione. Anche l’Università di Palermo ha partecipato a questo confronto quando, nell’ottobredel 2006 e del 2007, in occasione del suo Bicentenario, ha aperto alla città i suoi tesori di arte, scienza enatura accogliendo oltre circa 120 mila visitatori nelle due edizioni, manifestazione che intende adessoproiettarsi nel futuro come iniziativa stabile. Soltanto dalla collaborazione tra le istituzioni preposte allosviluppo del territorio, ognuna per sua parte, soltanto dalla capacità di fare sistema, può nascere inSicilia un modello economico e culturale efficace. E l’Università, non più turris eburnea del sapere, masoggetto attivo, aperto e proiettato sul territorio, intende giocare un ruolo strategico in questo processo.

* Rettore Università degli studi di Palermo

di Giuseppe Silvestri *

Università degli studi di Palermo

La riscoperta delle radicidi una Sicilia ibericada consegnare ai giovani

E sprimo il mio compiacimento per la mostra “España 1957-2007” promos-sa dalla Provincia regionale di Palermo e dall’Instituto Cervantes, chegarantirà la possibilità a numerosissimi siciliani di apprezzare l’opera di

artisti spagnoli contemporanei di primissimo piano.Siamo da tempo convinti, infatti, che vada assolutamente valorizzato il rappor-to fra la nostra Isola e la Spagna, sia in chiave di riscoperta della profonda eredi-tà storica e culturale legata al lungo periodo della dominazione iberica, al qualela stessa Università degli Studi di Catania deve le proprie origini, essendo stataistituita nel 1434 dal re Alfonso d’Aragona; sia attraverso un potenziamento pre-sente e futuro delle relazioni culturali e scientifiche fra istituzioni dei due Paesi, e

fra le Università in particolare, in nome delle numerose affinità geografiche, socio-economiche e culturali edelle opportunità di internazionalizzazione del sistema universitario nella prospettiva euromediterranea.Città come Madrid, Barcellona, Valencia, Salamanca, Valladolid, solo per citarne alcune, sono ad esempiotra le mete preferite degli studenti catanesi che scelgono di compiere all’estero una fondamentale esperien-za di studi con il programma Erasmus-Socrates.Analogamente, Catania è tra le sedi più frequentate dai loro coetanei spagnoli, che costituiscono infatti ilgruppo numericamente più consistente di studenti stranieri ospiti della nostra Università. Questa ricca e vivace osmosi culturale, così presente nei nostri giovani in formazione, ritengo possa costituireuna piattaforma senza dubbio incoraggiante, fornendoci, di fatto, l’indicazione di una strada maestra percostruire iniziative di cooperazione accademica e scientifica valide e proficue, che possano portare poi a nuovirapporti economici e imprenditoriali sull’asse Sicilia-Spagna e in ambito comunitario e mediterraneo.

* Rettore Università degli studi di Catania

di Antonio Recca *

Università degli studi di Catania

Fuoco e colori della Spagnahanno timbro e saporedi una sapienza condivisa

In un meraviglioso, e fatale, pamphlet, intitolato La luce e il lutto, ormai, diversianni fa, Gesualdo Bufalino fissava, con perfetta scelta di tempo, un canonetenebrosamente luminoso della sicilianità barocca e fastosa, destinata ad

inscriversi a pieno titolo nell’alveo di una cifra tipica dell’immaginario mediterra-neo. I rapporti tra la Sicilia e la Spagna si giocano sulla lama affilata di questa cifraconcettosa ed eversiva. A dispetto, infatti, del profilo devozionale che accomunale due cattolicissime terre, ben innervate però da un spirito giudaico ed islamico, lastoria dei loro rapporti (Messina docet con il suo timore reverenziale e le sue pron-te ribellioni, fatale quella del 1674), è all’insegna di un vertiginoso ed imprevedibi-le scambio. Nel barocco, inteso come chiave immaginifica più che come fenome-

no culturale preciso, si ha forse maggiormente il senso di questo scambio. È possibile disegnare un profilo dellamediterraneità a partire dall’intuizione metaforica di una sua prospettiva barocca? Si, è possibile, a patto che di un profilo infedele si tratti, e non si badi bene un profilo ‘e partibus infidelium‘ (comeavrebbe detto il buon Sciascia), ma proprio infedele nel senso di capricciosamente refrattario a ogni regola.Occorre intraprendere un viaggio alla scoperta del rovescio oscuro, e talora feroce, del pittoresco orizzonte medi-terraneo: Chi scelse di battezzare “Caronte” uno dei traghetti che fanno la spola fra la sponda calabra e la sicula,avrà agito senza malizia, per uno sfoggio di memoria classica o, addirittura, per scaramanzia. Certo è che, senzavolere, ha finito col ricordare al turista che, non solo sta varcando le soglie di un Paradiso, ma anche di un luogod’ombra e di pena […]A farla breve, il primo consiglio a chi sbarca in Sicilia è di spiare in ogni parlata o mimicaindigena, in ogni spettacolo naturale e contegno umano, la testimonianza, ora alterna, ora contemporanea, diun fumo nero e di un fuoco (G. Bufalino, La luce e il lutto, Milano, Bompiani, 1988). Quanto fumo nero, quantofuoco c’è nei colori della Spagna moderna che ha ancora, intatti, il sapore e il timbro di una sapienza antica, con-divisa. Una mostra come questa, che si appresta ad essere inaugurata presso il palazzo Sant’Elia di Palermo,siamo certi, avrà la funzione preziosa di confermare costanti e variabili consuete dell’estro pittorico di una patriairriducibilmente vicina ed irriducibilmente lontana.

* Rettore Università degli studi di Messina

di Francesco Tomasello *

Università degli studi di Messina

Università e Statuto. Così la Spagna diventò punto di riferimento

Un tratto importante della storia siciliana è segnato dalla presenzaspagnola. Dedicare alla cultura spagnola una mostra così impor-tante come quella organizzata a Palermo è anche l’occasione per

riflettere sulla storia di Sicilia e sull’influenza che le civiltà con cui l’isola èvenuta in contatto hanno esercitato nel corso dei secoli sulla nostra cultura.La più antica Università siciliana, quella di Catania, è stata fondata dagliAragonesi, e per più di due secoli è stata la sola Università siciliana. Una scel-ta, quella del “Siculorum gymnasium”, fatta proprio per compensareCatania del fatto che Palermo veniva riconosciuta come capitale politica,sede del Parlamento.

La terza Sicilia, quella interna, la Sicilia del grano, durante il ‘600 spagnolo rimaneva la Sicilia dimentica-ta, e così è stato fino all’avvento della Repubblica. Ma vi sono segni più recenti della influenza dellaSpagna sulle vicende siciliane. Penso al nostro Statuto speciale e alla grande considerazione che della Costituzione della Repubblicaspagnola, poi travolta dalla guerra civile, ebbero i nostri padri costituenti. L’autonomia speciale sicilianatrova proprio nelle esperienze delle “Comunità” spagnole, in particolare in quella della Catalogna, unmodello di riferimento particolarmente significativo.

*Rettore Università degli studi KoreEnna

di Salvo Andò *

Università degli studi di Enna

11

12

14

17

34

40

44

48

50

54

56

58

60

64

Editoriale di Angelo Scuderi

L’organizzazione di Stefania Giuffrè

L’esposizionedi Federica Certa e Stefania Giuffrè

Le opere

Palazzo S.Elia di Francesco Mazzola

Il Cervantes di Stefania Giuffrè

Sicilia-Spagna tra storia e culturadi Rita Cedrini

L’urbanistica e i palazzi spagnoli a Palermo di Federica Certa

Le strade che parlano spagnolodi Massimo Bellomo

Storia del flamenco in Siciliadi Massimo Bellomo

I cognomi spagnolidi Bent Parodi

Incontro con Cuticchio di Federica Certa

L’arte di Beppe Vesco di Federica Certa

l Borbone a Palermo di Annamaria Corradini

1212

1717

3434

5858

sommario n°1/2008

Di retto re Patrizia Monterosso Di retto re res po ns abi l e Angelo ScuderiUffi ci o s tampa Angelo Scuderi (Capo ufficio stampa)Gioacchino Amato - Massimo Bellomo - Federica Certa - Stefania Giuffrè - Francesco MazzolaPro g etto g rafi co - co perti na - i mpag i nazi o ne Vincenzo BellomoImmagini Tullio Puglia - Archivio Rivista PalermoUfficio Stampa e Comunicazione Marianna Mirto (Direttore) - Daniela Pecoraro (Responsabile dell’ufficio)

Dis tribuzione Salvo Antonaccinumero chiuso in tipografia il 9/05/2008 Reg. Tribunale di Palermo n° 29 del 21/10/81

ESPAÑA

ESPAÑA

ESPAÑA

L’EREDITÀ IBERICA

LA PROVINCIA E I BENI CULTURALI

LA PROVINCIA INCONTRA LA SPAGNA

L’EREDITÀ IBERICA

L’EREDITÀ IBERICA

L’EREDITÀ IBERICA

L’EREDITÀ IBERICA

L’ARTE E DON CHISCIOTTE

L’ARTE E DON CHISCIOTTE

LA STORIA

editoriale

Immagini e paroleche rievocanopagine di storia

Il piacere di raccontare un frammento della nostraprovincia e della sua vita sociale attraverso immaginie parole. L’orgoglio di partecipare ad un’esaltante

avventura che ci proietta per cinque mesi sul palcosce-nico internazionale dell’arte.“Palermo” si presenta con un numero speciale dedicatoad un doppio evento che caratterizza gli aspetti cultura-li del nostro territorio. Da un lato l’apertura definitiva diPalazzo Sant’Elia, recuperato attraverso un complesso earticolato restauro; dall’altro la più prestigiosa esposi-zione di arte contemporanea realizzata nel 2008 inSicilia grazie alla sinergia operativa con il Governo diSpagna mediante l’Instituto Cervantes, suo braccio ope-rativo.Una competizione indiretta tra forma e contenuto il cuidenominatore comune è espresso dal concetto di arteche comprende gli aspetti classici della bellezza, l’origi-nalità espressiva e il genio creativo dell’uomo artista.Così Sant’Elia incontra Espana.Chi come noi ha avuto il privilegio di assistere alle fasisalienti del restauro del Palazzo, della sua trasformazio-ne in area museale, della ricostruzione di ogni piùessenziale particolare architettonico, può comprenderela passione e la dedizione dello staff professionale cheha dedicato l’ultimo biennio del proprio lavoro per resti-tuire a Palermo uno dei capolavori architettonici del‘700. E allo stesso tempo gustare l’altro “capolavoro”: ilprogetto culturale, la sintesi concettuale e l’allestimentodella più esaustiva rassegna dei maestri del ‘900 dell’ar-te spagnola mai realizzata fuori dei confini della peniso-la iberica. Un evento che richiama pagine di storia e rievoca ilcammino comune compiuto da Spagna e Sicilia, daMadrid e Palermo. Un connubio che affonda le sue radi-ci negli usi e nei costumi, nelle visioni architettoniche,nelle tradizioni e nelle relative contaminazioni che lanostra terra ha saputo nei secoli assorbire e rielaborare.

di Angelo Scuderi

11

di Stefani a Gi uffrè

12

Siracusano di nascita, milanese d’adozione, teori-co d’arte contemporanea e docente di Storiadell’Arte contemporanea alla facoltà di

Architettura dell’Università di Catania, saggista e criti-co d’arte, Demetrio Paparoni è il curatore di “España”,mostra nata “un po’ per caso, un po’ - come racconta -perché siamo noi stessi a determinare in parte il nostrodestino. Come sempre accade. Una sera mi sono tro-vato a cena con Anton Castro, direttore dell’InstitutoCervantes di Milano ma anche professore di storia del-l’arte e critico d’arte. Io avevo appena curato ItalianMentalscapes al Tel Aviv Museum of Art, su incaricodello stesso Museo. È stata la più grande mostra di arteitaliana contemporanea fatta fino a quel momento inMedio Oriente. Il suo successo di pubblico e di criticaera andato al di là di ogni aspettativa. Nel corso diquella cena, Anton Castro, che avevo appena cono-sciuto ma che aveva letto i miei libri e visto Timer, lamostre che avevo curato alla Triennale Bovisa insiemea Gianni Mercurio, mi dice: “dovresti fare qualcosa delgenere sull’arte spagnola in Italia.” Qualche mese dopoeravamo insieme a Madrid alla sede centraledell’Instituto Cervantes, dal direttore di cultura, XoséLuis Canido. Da lì a poco ho ricevuto ufficialmente l’in-carico del Cervantes, con un buon finanziamento del-l’iniziativa. Stava a me scegliere anche la sede dellamostra”.Perchè ha scelto Palermo?“L’orientamento era Milano o Roma. Ma c’era ancheuna proposta da Parigi. Ne parlai casualmente conFausto Spagna, presidente del Darc Sicilia e siracusanocome me, in uno scambio amichevole di e-mail.Spagna ha voluto che vedessi Palazzo Sant’Elia e cheincontrassi i vertici istituzionali della Provincia regio-

Palermo, centromondiale dell’arte

Demetrio Paparoni durante la conferenzastampa di presentazione a Madrid

L’ORGANIZZAZIONE

13

nale di Palermo, Nicola Vernuccio, Marianna Mirto,Maurizio Rotolo e, naturalmente, il Presidente,Francesco Musotto. È stato Musotto ad insistere per-ché la mostra avesse luogo proprio al Sant’Elia.Palermo ha grandi tradizione spagnole, ancora vive,sentite, mi ha detto, è questa la sede ideale per lamostra. Il palazzo mi ha colpito molto, ovviamente.Proposi una mostra diversa, ma Musotto fu irremovibi-le. Alla fine... eccoci qui”.Come ha proceduto?“Ho chiesto la collaborazione di Arthemisia come pro-duttore, che ha appena prodotto la mostra di Rothkoa Palazzo delle Esposizioni a Roma e quella di FrancisBacon a Palazzo Reale, a Milano. Per il catalogo misono rivolto a Skira, che di fatto è la mia casa editricedi riferimento. Skira è molto ben rappresentata edistribuita in Spagna, essendo la Rizzoli legata al grup-po che edita El Mundo. Da quel che so ci sono giàmolte prenotazioni per il catalogo in Spagna”.E in Spagna come è stata accolta la proposta dellasede di Palermo?“Palermo è in assoluto la città che più di ogni altra inEuropa avrebbe potuto ospitare questa mostra, cheper mole e qualità delle opere, per la maggior parte diformato gigantesco e provenienti da grandi istituzionimuseali spagnole, è la più grande del genere sinorarealizzata fuori dalla Spagna”.Il fatto che la mostra fosse a Palermo ha influenza-to l’evoluzione del progetto?“La mostra è stata studiata per gli spazi del Sant’Elia.Anche il suo impianto teorico è frutto di “considerazio-ni palermitane”. Quello del resto è il mio modo di lavo-rare: quando mi hanno chiesto di spostare al Museodel Cairo la mostra di arte italiana che avevo prepara-to per il Tel Aviv Museum of Art ho rifiutato perchéandare in un’altra sede per me equivaleva a realizzareuna mostra completamente nuova. Se España 1957-2007 dovesse spostarsi altrove, come ci stanno giàchiedendo, dovrei reinventarla”. Anche nell’impianto teorico?“No, quello rimarrebbe immutato. L’idea è di non divi-dere gli ultimi cinquant’anni di arte spagnola perdecenni e tendenze. Ho raggruppato gli artisti pertematiche: Chisciottismo tragico, EsistenzialismoBarocco, Tenebrismo Ispanico, Misticismo pagano,Astrazione simbolico formale”.

13

E’ in assoluto la cittàche più di ogni altra in Europa avrebbepotuto ospitare questa mostra, che per mole e qualità delleopere, è la più grandedel genere realizzatafuori dalla Spagna

14

L’arte spagnola moderna e contemporaneaattraverso le opere di grandi maestri comePablo Picasso, Joan Mirò, Salvator Dalì e quelle

di artisti di ultima generazione come Juan Muñoz,Francisco Leiro, Miquel Barcelò, Antoni Muntadas,Manu Arregui: Palazzo Sant’Elia, splendido edificiosettecentesco recuperato dalla Provincia regionaledi Palermo, apre i battenti con la mostra “Españaarte spagnola 1957-2007”, mezzo secolo di innova-zioni e sperimentazioni attraverso cui gli artisti ibe-rici guardano al futuro senza dimenticare il passato. Sculture e disegni, dipinti e fotografie, video e instal-lazioni, oltre cento opere di settanta artisti, selezio-nate da Demetrio Paparoni, resteranno in mostra dal18 maggio al 14 settembre. Promossa dalla ProvinciaRegionale di Palermo, dall’Instituto Cervantes (orga-no ufficiale del Ministero degli Esteri spagnolo), conil patrocinio del Parlamento europeo, del Ministerodella Cultura spagnolo e con la collaborazione delDARC Sicilia, la mostra, prodotta da Arthemisia, rap-presenta, per l’ampia presenza di artisti e per qualitàdelle opere, una delle più importanti esposizioni diarte spagnola realizzate negli ultimi decenni. Pur prendendo come punto di riferimento il 1957,anno di costituzione del gruppo El Paso e considera-to momento di passaggio fra la modernità e la con-temporaneità, la mostra, per una scelta ben precisa,non segue un percorso cronologico ma è divisa insezioni tematiche: Quijotismo trágico, Misticismopagano, Existencialismo barocco, Tenebrismo hispáni-co, Astrazione simbolico-formale. L’allestimento,attraverso questa impostazione narrativa, conduce ilvisitatore alla scoperta di materiali e tecniche, diffe-renti in un’ampia carrellata di arti visive accomunate

Picasso, Dalì, Mirònei saloni di Sant’Eliadi Federi ca Certa e Stefani a Gi uffrè

Le sale espositive di Palazzo Sant’Eliaallestite per la mostra “ España”

L’ESPOSIZIONE

15

16

dalla continuità di stili e contenuti. Le opere inmostra provengono dalle più prestigiose istituzionimuseali dedicate all’arte moderna e contempora-nea e in alcuni casi anche da gallerie e privati.Insieme, in un unico spazio fisico che è anche spa-zio di riflessione, di stupore, di ragionevole dubbio,raccontano politica e privato, ricerca del divino efuga verso l’eresia, il nero assoluto e la sbornia delcolore. Ognuno, a suo modo, da pioniere. Tàpies e Barcelò rappresentano l’eterna battaglia, ilconflitto, la frattura, alla ricerca – parafrasandoquest’ultimo – “di una pittura che possa sopporta-re tutti i miei stati d’animo e le mie contraddizioni”;Saura sconvolge in Crucifixiòn il tema del sacrificiodel Golgota; Espalìu mette in scena la morte (l’Aidslo stroncò a 38 anni) e il ruolo che l’arte deve con-quistarsi nella commedia tragica delle vicendedella Storia; Equipo Crònica fa il verso alle meninasdi Vélaquez e allestisce con spavalderia pop un sar-castico tableau vivant da tinello borghese anni ’70;Munõz gioca a ingannare lo sguardo: le sue scultu-re hanno facce senza espressione e composizionisospese nel limbo del verosimile, come in Piezaescuchando la pared; Leiro si ispira alle immagini tvdegli scontri tra polizia e afroamericani a LosAngeles, ma anche ad un episodio del DonChiosciotte, “guida spirituale”, con la sua epica gen-tile e al tempo stesso titanica, di molte opere inmostra, e mette in scena un pestaggio in DonQujote apaleado por unos arrieros.Ci sono le pennellate vigorose di Mirò, le visioni diDalì e Buñuel, il barocco “elettronico” di DanielCanogar, le geometrie di Uslè. E naturalmentePicasso. In Nu couché et homme à la guitare, unodegli ultimissimi quadri, una meravigliosa, primiti-va semplicità nasconde tutta l’audacia avanguardi-sta del periodo del “neoespressionismo”. In anticiposu Anselm Kieger, Georg Baselitz, Julian Schnabel.Ma allora furono in pochi a capirlo. La mostra resterà aperta al pubblico dal 18 maggio al14 settembre e potrà essere visitata nei seguenti orari:martedì, mercoledì, giovedì, domenica dalle ore 10alle 13 e dalle 17 alle 20; venerdì, sabato e prefestividalle ore 10 alle 13 e dalle 17 alle 23; lunedì chiuso.Biglietto 7 euro.

SE

L’ESPOSIZIONE

1957

-200

7 DA

PIC

ASSO

, MIR

Ò, D

ALÌ e

TÁPI

ESAI

NOS

TRI G

IORN

I

17

LE OPERE

La mostra “España 1957-2007”ha come riferimento il 1957, anno dicostituzione del gruppo El Paso, cherappresenta il momento di passaggiodalla modernità alla contemporaneità.Le opere, si snodano dal Quijotismotrágico, al Misticismo pagano, daExistencialismo barrocco, all’ Astrazione simbolico-formale.

SE’

18

Manu Arregui, Un impulso lirico del Alma, 2007, VideoMadrid, Galleria Espacio Minimo

19

LE OPERE

Daniel Canogar , Tangle, 2008, due proiettori in fibra ottica, cavi di fibra ottica, 48 terminali zoom, 48 diapo-sitive, scarti di materiale elettronico, Collezione dell’artista, Madrid

Rafael Canogar, El Castigo, 1969Técnica mixta sobre madeira y poliésre (escultura) 169x110x54,5 cm, Porto, Cordeiros Galeria

20

Equipo Crónica, “La salita”, (Las Meninas), 1970, Acrilico su tela, 200x200 cm, Palma de MallorcaMuseu d’art espanyol contemporani, Fundación Juan March

21

LE OPERE

Miquel Barceló, Pintor damunt del cuadre, 1982, Fieltro negro, tela ycartóncino, 230x230 cm, Valladolid, C.A.C Lignitos de Meirama, S.A.Valladolid, Archivio fotografico C.A.C. - Museo Patio Herreriano

Francisco Leiro, Capítulo XV Don Quijote apaleado por unos arrieros4 figure: 124x160x77 cm, 218x150x76 cm, 208x130x61cm,202x98x110 cm, Madrid, Collezione dell’artista

Juan Muñoz, Pieza escuchando la pared, 1992, Bronce 140x70x70 cm, Valladolid, C.A.C Accenture España, S.L.Museo Patio Herreriano, Valladolid, Archivio fotografico C.A.C. - Museo Patio Herreriano

22

23

Enrique Marty, Pepe y Luis, 2006, scultura (2 pezzi), 140x26x40 cm, Courtesy Galleria Espacio Minimo, Madrid

LE OPERE

Juan Muñoz, Allo specchio, 1997, poliestere, resina, specchio, 143 x 48 x 27 cm, Photo Attilio Maranzano, Courtesy Galleria Continua, San Gimignano – Beijing

24

25

Aitor Ortiz, Muros de Luz 002Fotografia, 230x247 cm, Instituto Valenciano D’Arte Moderna Guillem de Castro, Valencia

Miquel Navarro, Soca, 126x250x190 cmInstituto Valenciano D’Arte Moderna Guillem de Castro, Valencia

LE OPERE

Susana Solano, Parcelación, 1985, Acciaio nero galvanizzato, 78x174x174 cm, Madrid, Collezione privata

26

Javier Pérez, Un sueño largo, 2002240 x 1200 x 200 cm, Metallo e pasta da modellare, Courtesy Galería Salvador Díaz Sánchez, Madrid

27

Antonio Saura, Ponteja, 1962, 162x130 cmColección De Pictura Cesario, Saragoza

LE OPERE

Salvador Dalí, La cena, 1972Olio e affumicato con candela, 29x40 cm, Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia

28

Daniel Verbis, El ojo del huracán, 2007230x275 cm, Tecnica mista con plastica e tela, Courtesy Galeria Max Estrella, Madrid

29

LE OPERE

Salvador Dalí, Batalla en las nubes (Obra estereoscópica), 1979Olio su tela, 100x100 cm, Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia

30

Joan Miró, Mujer y pajaro, 1959Olio su tela, 116x89 cm, Lisbona, Banco Portugués de Negocios

31

LE OPERE

32

Joan Miró, Escritura sobre fondo rojo, 1960Olio su tela, 195x130 cm, Collezione privata, © Laura Castro Caldas

33

LE OPERE

Juan Uslé, Rizoma mayor, 1998-99 tecnica mista su tela, 244x305 cm Madrid, Courtesy of Galería Soledad Lorenzo

34

LA PROVINCIA E I BENI CULTURALI . PALAZZO SANT’ELIA

Ci sono voluti gli ultimi tre anni di lavori e unimpegnativo intervento di restauro costato 2milioni e 500 mila euro, per adeguare a sede

museale Palazzo Celestri di Santa Croce e Trigona di S.Elia. Un capolavoro architettonico e monumentaledel 1700 con un’altezza di 21 metri, un perimetro di200 metri e una superficie di 2000 metri, acquistatodalla Provincia nel 1985 per mettere freno al degradoa cui andava incontro e ai ripetuti tentativi di furtodelle maioliche e di altri “pezzi” pregiati.Oggi, in occasione della prestigiosa mostra “Espana”

su cinquant’anni di arte spagnola, il contenitore cultu-rale adagiato su via Maqueda, si può offrire in tutto ilsuo splendore alla pubblica fruizione per ammirare icapolavori di Picasso, Mirò e Dalì. Presentando all’oc-chio del visitatore volte, strutture, infissi, prospetti,balconi consolidati; soffitti e pavimenti in maiolicanapoletana recuperati; e con la riconfigurazione pitto-rica dei fronti che ne hanno restituito l’immagine set-tecentesca. Frutto questo anche del restauro princi-pale portato avanti tra il 1997 e il 2003 sotto la direzio-ne della Sovrintendenza Beni culturali della Provinciacon l’architetto Maurizio Rotolo, l’ingegnere PaoloMattina e l’architetto Luigi Guzzo e un investimentodell’Amministrazione di quasi 5 milioni di euro. All’interno sono stati così ritrovati tutti gli ambienticon l’eliminazione di parti dell’edificio di recentecostruzione che si erano sovrapposti in modo impro-prio all’impianto originario. Mentre è stato effettuatoil ripristino del piano nobile e recuperato il piano sot-totetto che, per il prestigio e le dimensioni delle sale,risultano molto adatti ad ospitare l’allestimento dimostre di grande rilevanza ed estensione, comeappunto “Espana”.

L’arte contemporaneaha una casa del ‘700di Frances co Mazzo l a

Palazzo Sant’Elia: il cortile interno

35

36

LA PROVINCIA E I BENI CULTURALI . PALAZZO SANT’ELIA

Una delle novità della riapertura del palazzo perl’evento di arte spagnola, si può ammirare nel secon-do cortile a piano terra dove è stata parzialmenterestaurata l’ex “cavallerizza” con le sue pavimentazioniin pietra di billemi. Un ambiente suggestivo per il suopercorso sinuoso che, in futuro verrà destinato a salapolivalente. Il progetto esecutivo di adeguamento del palazzo asede museale, con la direzione dei lavori affidata aitecnici della Provincia, l’architetto Rotolo e l’ingegne-re Gheri Traina, prevede al piano terra, sempre su viaMaqueda, i servizi a supporto dell’attività espositivacome la libreria book shop, le aree commerciali fruibi-li anche dall’esterno e funzionanti indipendentemen-te dagli eventi ospitati nel palazzo. Nell’itinerario che si snoda dalla corte principale d’in-gresso, dopo avere attraversato la biglietteria, entran-do sulla destra si arriva al guardaroba, mentre sul latosinistro è previsto l’accesso ai locali adibiti a depositoper le opere e per i materiali necessari all’allestimentodelle esposizioni. Sempre all’interno della corte prin-cipale sono ubicate le stanze destinate alla gestionedella sicurezza del palazzo e alla sua custodia.Sul prospetto della stessa corte principale, posta di

fronte al portone d’ingresso, si può ammirare il restau-ro dello “scalone d’onore”, col suo marmo rosso sicilia-no, che porta al piano nobile, le due fontane poste nelprimo cortile che sono state riprese, così come lepareti del piano nobile e le pitture esistenti alla basedella volta affrescata del primo salone d’ingresso.Lungo il cammino, sulla destra, alla seconda rampa, sitrova l’ingresso nella porzione di ammezzato destina-to in futuro alla biblioteca, fototeca (centro di docu-mentazione) e ad alcuni uffici della direzione, ma oggioccupato da eleganti spazi espositivi. Il piano ammezzato è stato invece diviso in tre areedistinte aventi differenti destinazioni. Oltre a quellaper un centro di documentazione ed alla direzione, viè una zona adibita ad uffici ubicata nei locali sulla viaMaqueda compresi tra i due portali d’ingresso. Poi unaltro spazio raggiungibile attraverso lo scalone d’ono-re e posto alla destra dello stesso, i cui ambienti saran-no destinati ad attività didattica. “Siamo riusciti a riesumare – spiega Maurizio Rotoloche ha anche collaborato all’allestimento della

L’imponente prospetto di Palazzo Sant’Elia

37

38

LA PROVINCIA E I BENI CULTURALI . PALAZZO SANT’ELIA

mostra – tutti gli spazi, anfratti, angoli, pareti chepotevano offrire la possibilità di ospitare gli oltrecento capolavori d’arte spagnola, per un impiantoornamentale che risulterà sicuramente ricco di fasci-no”. Una particolare attenzione, durante la progettazione,è stata posta alla razionalizzazione dei percorsi di visi-ta che sono stati concepiti in modo da consentire lafruibilità del complesso espositivo e dei servizi annes-si, anche al pubblico di portatori di handicap motori.A tal proposito è stata prevista la realizzazione di treascensori e due montascale per consentire a questisoggetti l’accesso alla totalità del palazzo, oltre che ladotazione, su ciascun piano e nelle singole aree, diservizi che possono essere utilizzati dai disabili. E’ stato inoltre programmato il recupero della terrazzache verrà collegata ad alcuni vani adiacenti a serviziodelle varie attività. Gli impianti elettrici sono stati integrati con quelli giàesistenti, mentre il sistema di climatizzazione, cheattualmente serve solo il piano sottotetto e parte delpiano ammezzato, sarà completato con un comples-so di pompe di calore e fan coil che servirà il pianonobile dove queste unità saranno ubicate nei pannel-li espositivi, ma anche in tutto il piano terra e partedel piano ammezzato.Il palazzo è stato anche dotato di sistemi di allarme,

antintrusione, rilevazione incendi, telecamere di ulti-ma generazione che permetteranno il controllo com-pleto e continuo di tutte le attività che si svolgerannocon l’ausilio di una presenza continua di personale diguardia. “ Durante la fase di restauro dei saloni del piano nobi-le – spiega ancora l’architetto Rotolo - è stato necessa-rio effettuare un saggio sulla muratura posta al disotto della volta della seconda stanza che si affacciasu via Maqueda dopo l’incrocio con la via Divisi. Il sag-gio ha consentito di portare alla luce due ordini dipregevoli fasce decorative affrescate, risalenti proba-bilmente al secolo XVI. In attesa che le ricerche stori-che che si stanno compiendo con la Soprintendenzaregionale ai Beni culturali forniscano le indicazioninecessarie per la formalizzazione di un progetto direstauro specifico per il ritrovamento, gli affreschisono stati messi in sicurezza”.

Sopra, Un particolare del prospetto principaleIn alto un allestimento del palazzo a destra in alto, “Allegoria delle Virtù” (seconda anticamera)in basso a destra Francesco Musotto con lo staff tecnicoe dirigenziale della Provincia

39

40

LA PROVINCIA INCONTRA LA SPAGNA . IL CERVANTES

Oltre sessanta sedi in trentotto città di quattrocontinenti, cinquemila eventi culturali dal ’91- anno della sua fondazione - ad oggi, 120

mila alunni, un milione di volumi custoditi nelle suebiblioteche: i numeri dell’Instituto Cervantes sono, semai servisse, il primo biglietto da visita dell’istituzio-ne culturale spagnola. Ente pubblico, è la più alta isti-tuzione culturale di Spagna: la presidenza d’onoredel Patronato (vertice dell’Instituto) è affidata al Rementre la presidenza esecutiva è del Primo ministro.Dalla sede madrilena, ad un passo dalla fontana diPlaza des Cideles, parte la regia delle attività dell’Entevolte a promuovere la lingua e la cultura spagnolama anche tutto ciò che, in termini di creatività e sape-re, la Spagna ha esportato nei Paesi latino-americani.L’Instituto, diretto da Carmen Caffarel, cresce rapida-mente e lo dimostra l’incremento delle richieste perimparare la lingua spagnola laddove esso si stabiliscedi volta in volta. Accanto ai corsi tradizionali, l’aulavirtuale di spagnolo offre un programma completodi corsi on line mentre la rete dei Centri Associati eAccreditati garantisce la qualità e l’efficacia del meto-do di insegnamento degli enti che hanno ottenutol’accreditazione dell’Instituto.Grazie agli annuari denominati “Lo Spagnolo nelmondo” il Cervantes analizza, dal 1998, la situazionedella lingua spagnola nelle diverse zone del pianetae le sue future possibilità, creando una solida base sucui si fonda della prima Enciclopedia dello Spagnolonel mondo, realizzata dall’Instituto nel 2006. L’insegnamento della lingua è solo una delle vie scel-te per raggiungere gli obiettivi, la principale ma nonl’unica. La sede centrale promuove anche la radio e latelevisione via internet, e allo stesso tempo offre

L’ evento culturale che parte da Madriddi Stefani a Gi uffrè

La sede dell’Instituto Cervantes a Madrid

41

42

LA PROVINCIA INCONTRA LA SPAGNA . IL CERVANTES

nuovi servizi aperti al pubblico, mostra l’attività deicentri all’estero ed è punto di riferimento per gli intel-lettuali e tutte le persone interessate al vasto mondodella cultura ispanica.A Palermo il Cervantes, guidato da Miguel RoblesSpottorno, ha trovato casa nel cuore della Vucciria,nell’ex Chiesa di Sant’Eulalia dei Catalani. Nel primoanno e mezzo di attività, da luglio 2006, 250 allievihanno frequentato i corsi di spagnolo: l’utenza èdiversificata, dagli studenti che vogliono imparare lalingua prima di fare un’esperienza all’estero, ai pro-fessionisti, ai semplici appassionati. Corsi per quattrolivelli differenti, di diversa durata e con indirizzi diffe-renziati, comprese lezioni dedicate ai bambini, alleguide turistiche e allo studio del Catalano, delGaliziano e del Basco. Nella sede palermitana, cosìcome nelle altre tre in Italia a Roma, Milano e Napoli,si può inoltre sostenere l’esame per il conseguimen-to del “Dele” (Diplomas de Espanol como lenguaextranjera), il certificato che attesta la conoscenzadella lingua spagnola, indipendentemente dalla suaformazione. Nella biblioteca, ricavata nella sagrestiadi Sant’Eulalia e intitolata a Salvador Espriu (poeta,drammaturgo e romanziere catalano), sono custodi-ti circa tremila volumi e un fondo audivisuale. Le atti-vità culturali (suddivise in sei sezioni: letteratura epensiero, scienza, cinema, musica e danza, arti sceni-che e arti plastiche) rappresentano una parte sostan-ziale del lavoro del Cervantes. Un programma ampio, caratterizzato dagli indirizzidettati da Madrid, hanno in questi mesi avvicinato ilpubblico ad eventi di vario genere: dalle conferenzeincentrate sui temi dell’architettura agli incontri let-terari, dai cicli di concerti dedicati alla musica spa-gnola e cubana alle rassegne cinematografiche, finoai documentari che si addentrano nell’arte del fla-menco e alle mostre, ultima fra tutte la personaledelle installazioni di Paloma Navares. E se il palermitano si accosta con curiosità alla cultu-ra e alla lingua spagnola, come dimostra il successodelle iniziative del Cervantes, lo staff spagnolo aPalermo scopre, ogni giorno, nella cultura siciliana unpezzetto di casa propria, tante piccole cose che, adistanza di secoli, hanno ancora il sapore dellaSpagna.

Sopra, un particolare dell’ingresso dell’Instituto a PalermoIn alto, un particolare dell’Instituto Cervantes a MadridNella foto grande, l’ingresso di Santa Eulalia dei Catalani, la sede dell’Instituto Cervantes a Palermo

43

Sopra, un particolare dell’ingresso dell’Instituto a PalermoIn alto, un particolare dell’Instituto Cervantes a MadridNella foto grande, l’ingresso di Santa Eulalia dei Catalani, la sede dell’Instituto Cervantes a Palermo

Il Prontuario che Scipione di Castro sente di scri-vere, Avvertimenti a Marco Colonna quando andòviceré in Sicilia nel 1577, fa seguito alla lunga lista

di viceré e luogotenenti spagnoli che da 1490 al1571 si erano avvicendati nell’Isola con epiloghidisastrosi per la loro carriera diplomatica. La cosalascia intendere quanto fosse difficile controllare eaccontentare nobili e notabili siciliani, la cui suscet-tibilità non era stata tenuta nella giusta considera-zione.Il malcontento che aveva accompagnato la presen-za spagnola tra il ‘500 e il ‘600 si trasformerà inacclamazione e tripudio quando Carlo III diBorbone subentrerà al governo della Sicilia nel1734. Cosa era accaduto nell’arco di tempo tra ledue dominazioni spagnole che ha portato a muta-re così radicalmente il giudizio dei siciliani nei con-fronti del dominio ispanico? Era accaduto ciò cheinconsapevolmente avviene nei tempi di lungadurata tra culture diverse che, nel venire a contat-to, finiscono per assimilare vicendevolmenteaspetti dell’una e dell’altra in una reciproca mutua-lità. L’identità, infatti, non esiste di per sé, è sempreil risultato di un percorso costruito nel tempo. Nellastoria delle comunità, l’identità nasce dalla somma-toria di segmenti, i tratti culturali, che accolti nelcorso del tempo dai vari popoli con cui la stessa èentrata in contatto, vanno a costituire patrimonioriconosciuto come proprio. L’assimilazione avvienesia nel caso in cui la presenza altra si dimostri tolle-

44

L’EREDITÀ IBERICA . LE TRADIZIONI

di Ri ta Cedri ni

Storia, mito e cultura nella genesidi un legame

45

rante, sia che si imponga conmetodi repressivi. La cultura,infatti, nel dinamismo che lacaratterizza, accoglie al suointerno esperienze, soluzioni,sollecitazioni, risposte alle pro-prie necessità di altre societàche finiscono per diventare pro-prie. Accade così che, nell’in-contro tra modelli di comporta-menti diversi, dopo un primoperiodo di assestamento, ipopoli finiscano con l’accettarequanto non appartiene alla lorotradizione, perchè nell’opera di

selezione quanto ritenuto fun-zionale viene accolto e quantonon confacente ad esprimeresegno e significato, viene espul-so.Espressioni diverse di fenome-ni culturali vanno così prima adaffiancarsi, poi a confluire e infi-ne a fondersi l’un l’altra e dive-nire nuova acquisizione, che nelpassaggio generazionale si tra-sforma in tradizione. Questa laragione per cui in Sicilia è facileritrovare manifestazioni chedichiarano il debito contratto

con popoli che hanno conqui-stato e governato la Sicilia. Traquesti la Spagna. Il retaggio della presenza spa-gnola nell’Isola è possibileriscontrarlo in due tipi di testi-monianze: l’una di tipo architet-tonico, voluta e gestita dalpotere, l’altra di tipo assimilati-vo, voluta dalle comunità. Sepiazze, assetti viari, tracciatiurbani - che portano il nome diviceré - documentano l’impe-gno del governo spagnolo amigliorare e abbellire città ecentri minori, le chiese di nazio-ne documentano l’inserimentodi comunità nel tessuto sociale. Così la comunità catalana chegiunge a Palermo fonda, nel XVsecolo, la chiesa di Sant’Eulaliain quella che era la zona dellesedi amministrative dei mer-canti delle varie nazioni, laLoggia, posta al centro dei com-merci e nelle vicinanze delporto. Costruire la propria sedesull’asse dell’Argenteria, nodonevralgico dell’economia deltempo, testimonia il ruolo forteche la comunità ha esercitatonell’ambito degli scambi com-merciali. I moduli stilistici e l’or-ganizzazione spaziale della chie-sa ben presto diventano familia-ri al costruito circostante e nesegnano nel tempo la testimo-nianza storica. Così accade anche per laCappella di Maria SS. dellaSoledad a Palermo, posta nellapiazza della Vittoria e apparte-nuta all’omonima confraternitacostituita nel 1590 da nobilispagnoli. Inserita nella quattro-centesca chiesa di S. Demetrio,distrutta dai bombardamentinel 1943, la chiesa racconta diritualità che sono entrate neltessuto connettivo di manife-

Un percorso tra i simboli e i luoghi

che hanno caratterizzato l’integrazione

delle tradizioni spagnole in terra di Sicilia.

Dai riti di Pasqua nei quartieri e nei paesi

al celebre Festino di Santa Rosalia.

Nella pagina a fianco, Cappella di Maria SS. della Soledad sopra, uno scorcio del Capo, mercato storico di Palermo

stazioni della religiosità popola-re siciliana. Gli incappucciati,infatti, che seguono l’urna delCristo morto, trasportando ilsimulacro dell’Addolorata avvol-to nel nero mantello, ricordanoche costoro erano i protagonistidella processione della VergineSS. Addolorata della Soledad inrua Formaggi, al capo oppostodell’Albergheria, quartiere diPalermo.L’assimilazione di espressioni difede trasformano la Sicilia occi-dentale, Palermo e la sua pro-vincia in particolare, in un gran-de palcoscenico dove proces-sioni, gruppi statuari, simulacridi grande pathos espressivorimandano all’influenza dellamatrice spagnola. In realtà, lareligiosità spagnola e quellasiciliana già nel Medioevo pre-sentavano elementi dell’ univer-so segnico di rimando che,ripreso nei secoli successivi, sitrasforma in patrimonio condi-viso. Con viceré, nobili e notabi-li giungono in Sicilia le solenniprocessioni che in occasione difeste patronali, ma soprattuttonella Settimana Santa, richia-

mano l’evento umano e divinodel Figlio dell’Uomo con gruppistatuari demandati a scandire imomenti salienti del supremosacrificio. Siviglia sembra trasfe-rirsi a Palermo. Vare e Misteri,assegnati ognuno a una mae-stranza - vero e proprio sindaca-to ante litteram - dalla stessasono commissionati a un arti-sta, arricchiti con materiali pre-ziosi, addobbati con fiori e tra-sportati in processione.Sul palinsesto del Riscatto diAdamo di Filippo Orioles grandi

e piccoli centri della provincia diPalermo allestiscono sacre rap-presentazioni con figuranti ocon gruppi statuari. Sacre rap-presentazioni rivivono a Gangiattraverso le confraternite, cheindossano mantelli riccamentericamati in oro e argento, i cor-tei storici, i personaggi in costu-me con gonfaloni e stendardi; aCollesano con la cerca. Qui, consimulacri di grande espressività,si rappresenta l’Addolorata,affiancata da S. Giovanni e dallaMaddalena, che va in cerca delfiglio mentre un confrate, concatene ai piedi, sotto il fardellodi una pesante croce, percorrele vie del centro abitato, perso-nificando Cristo; a Gratteri lasulità è affidata a quattro statueportate in processione chedopo affannosa ricerca, ladomenica di Pasqua, ne u ncon-tru, ricongiungono la Madre alFiglio risorto. Lo schema ritorna a PartannaMondello, nei comuni di S.Cipirello, Giuliana, Prizzi,Corleone, dove persino il tam-buro velato porta i segni deldolore, di Marineo con l’ascesa

46

L’EREDITÀ IBERICA . LE TRADIZIONI

“Siviglia sembratrasferirsi aPalermo. Vare eMisteri, ognunoassegnati a unamaestranza vero e propriosindacatoante litteram”

Il festino di Santa Rosalia

47

al Calvario e le pie donne.Percorsi di fede che si snodanonelle ore pomeridiane o seralicreando nel palcoscenico natu-rale un grande senso di dolore edi mistero. A Palermo una processione piùdi altre sembra ricollegare tradi-zioni religiose al governo spa-gnolo. Il viceré Villena, in accor-do con il cardinale Doria, avevaemesso una ordinanza volta aproibire l’uso dei mezzi di tra-sporto il giovedì e il venerdìsanto. E’ probabile che da que-sta ordinanza sia nata la lungaprocessione devozionale chepartiva ogni anno dalla chieset-ta di Maria SS. dell’Itria, di viaAlloro che già dalla fine del XVIsecolo accoglieva i cocchieriprima e poi la servitù maschilealle loro dipendenze (i caval-canti e i camerieri, impegnatinelle dimore aristocratichedelle zone più prestigiose dellacittà. Da questa disponibilità ditempo sembra aver prese l’av-vio la processione detta dei coc-chieri. Mentre carrozze e por-tantine rimangono nelle rimes-se e nelle dimore, sciolti dadoveri con i padroni, la congre-gazione dei cocchieri, al seguitodella statua dell’Addolorata edella vara recante il Cristomorto, il venerdì santo, comin-cia a percorrere le strade conindosso le livree diversificatenei colori del casato e con leinsegne della famiglia pressocui prestano servizio. La processione ben presto sitrasforma in occasione per coc-chieri e nobiltà di esibire il pro-prio status sociale, trasforman-do così un pio esercizio di fedein parata di rimando di aristo-cratiche casate ricadenti nelperimetro urbano. Ancora oggi

i cocchieri delle case patrizie, icocchieri maiuri per distinguer-li dai cocchieri di nolo di cate-goria inferiore, quell’antico pri-vilegio lo ricordano ogni annoanche se la confraternita haaperto l’iscrizione a tutti i ceti.Ogni venerdì santo i giovani, gliappartenenti alla congregazio-ne indossano le antiche livree, isuperiori della confraternita ilfrack, gli altri l’abitino. Nulla toglie alla maestositàdella processione e al referentestorico del passato la presenzadi 6 figuranti che indossanoarmature medievali, con il com-pito di scortare le due vare por-tate da 32 confrati.Al Capo, rimane memoria dellaservitù e degli artigiani - quegliartigiani che erano gli artefici diquanto le dimore necessitava-no per esprimere fasto e potere- che erano soliti riunire gli sten-dardi presso la chiesa degli

Angeli custodi nella sede dellaconfraternita degli staffieri. Oggi nessuno più ricorda nellemanifestazione di fede quel-l’antico retaggio spagnolo. LaSicilia pubblicizza i segni dellapietà cristiana venuti da lonta-no come propri e la fede diven-ta espressione sentita e condivi-sa, senza aggettivi, con grandecoralità di fedeli. Il sentire reli-gioso vissuto nella quotidianitàvede Madonne pietose, raffigu-rate nel tragico dolore che atta-naglia tutte le madri che soffro-no, sfilare nella mestizia dellaSettimana Santa dove lamen-tanze e tamburi si alternano nelsilenzio sacrale delle sera.L’universalità della sofferenzaumana annulla ogni ricordo delretaggio storico, per divenireespressione del proprio mododi sentire e vivere la fede, per-ché divenuto tratto della pro-pria cultura.

Chiesetta di Maria SS. dell’Itria, di via Alloro

48

L’architettura ispanica che rivoluzionò PalermoLa forte impronta ispanica è ancora presente nella capitale siciliana. Parla l’ingegnereUmberto Di Cristina, professore ordinario di Urbanistica dell’Università di Palermo.

L’EREDITÀ IBERICA . L’URBANISTICA

di Federi ca Certa

49

Una rivoluzione copernicana: Palermocome un sistema solare ancora incomple-to che trova finalmente il suo ordine

costituito, le orbite del potere che si allineanomiracolosamente su un’unica traiettoria, un’ideacondivisa dal popolo minuto e dall’aristocraziain cerca di prestigio e di conferme. Il cuore diPalermo come un pianeta da esplorare, e le fac-ciate sontuose dei nuovi palazzi nobiliari comesatelliti che gli gravitano in circolo, lune baroc-che che gli sbocciano attorno. E’ la rivoluzionedegli spagnoli, la più radicale, impetuosa, anco-ra oggi “ingombrante” svolta vissuta dalla cittànel suo assetto urbanistico e architettonico. Umberto Di Cristina – ingegnere e urbanista frai più autorevoli e illuminati, esperto di restauro eriqualificazione dei centri storici - la raccontacome un romanzo, un’avventura esaltante cheha segnato per sempre il volto di Palermo. Unarivoluzione battezzata con il nome di un viceré:da Bernardino Cardena duca di Maquedaall’omonima via, perpendicolare al Cassaro,braccio verticale della croce barocca di Palermoche dà origine alla civettuola piazza Vigliena eallo stesso tempo la spacca in quattro parti,quattro microcosmi compiuti. “La costruzione di via Maqueda – spiega DiCristina – ha realmente determinato i ritmi urba-ni e lo sviluppo economico e sociale della città, eancora oggi lo condiziona fortemente. PrimaPalermo aveva un ‘cannocchiale’, il Cassaro, checorreva in un’unica direzione, dal mare al centrodella città. Poi, con l’intuizione di Filippo II e delviceré che lo rappresentava si diede impulso adun’altra traiettoria. La città venne letteralmentesconvolta ma si moltiplicarono anche le occasio-ni”. Innanzitutto per l’elite del blasone, che pre-meva sulla corona: “Sì, dietro l’operazione urba-nistica ci fu senz’altro la politica. Le famiglie del-l’aristocrazia chiedevano al Governo più spazio eopportunità per mettersi in mostra. E furonoaccontentate. Costruirono le loro magnifichedimore, restaurarono quelle già esistenti. Eovviamente fu una spinta incredibile per le artifigurative, che si arricchirono nella tecnica enello stile”. E si aprirono nuovi spazi, luoghi di incontro everi e propri teatri urbani dove rappresentare ritie schemi perenni: la piazza della Cattedrale,piazza Pretoria, piazza Bologni, ovvero il potere

religioso, quello politico, quello civile”.E’ una rivoluzione e una cesura, con tutto quelloche c’era stato prima. E una contraddizione intermini: “sul piano architettonico – spiega DiCristina – prevalsero gli aspetti del Barocco, ilmovimento, la fuga verso l’esterno, mentre sulpiano urbanistico fu il trionfo della centralità,della forza centripeta: la consacrazione è piazzaVigliena, ovvero i Quattro Canti, che diventa ilcrocevia dei palermitani. Qui trovano posto isimboli cari ai cittadini: le statue delle sante -Ninfa, Agata, Caterina e Oliva, protettrici deidiversi quartieri, il Capo, la Kalsa, l’Albergheria, laLoggia – le quattro stagioni, i quattro re: FilippoII, Filippo III, Filippo IV, Carlo V”. Fu, la Palermo degli spagnoli, una città vitale,

“che ancora oggi si identifica con quella amata evisitata dai turisti di tutto il mondo. Una cittàdotata di una straordinaria forza di propulsione,già in quel tempo moderna”.“Oggi – aggiunge Di Cristina – non ci sono nuovisimboli, ma quelli di cinque secoli fa, che resisto-no e mantengono intatto il loro fascino. Certo,Palermo non è una città perfetta, ma del resto lecittà perfette non esistono, e gli esperimentitentati nel mondo in questa direzione si sonosempre rivelati fallimentari. Palermo è specialeperché vive delle sue contraddizioni vive, spon-tanee, prolifiche. Le città più belle, in fondo,sono quelle dove è successo il contrario di ciòche auspicavano gli urbanisti”.

piazzaBologni

Re e vicerè,santi enavigatori, scrittori epoeti, regine e con-dottieri. Ecco la foltapattuglia di perso-

naggi storici spagnoli chehanno caratterizzato a variotitolo le vicende storiche, cul-turali, urbanistiche di Palermosia durante i quasi due secoli didominazione spagnola in Sicilia,dal 1516 al 1713, da Carlo V aFilippo V, ma anche prima, sottoi monarchi d’Aragona, quandol’isola diventa dipendenza spa-gnola, e dopo, quando la Siciliaè annessa al Regno sabaudo diVittorio Amedeo II, e poi sottola dominazione austriaca degliAsburgo , per passare infine,con lo spagnolo Carlo III, sotto iBorbone, come Stato autono-mo nel Regno di Napoli. Inquasi 400 anni dunquePalermo ha conosciuto figurespagnole note e meno note,alcune delle quali hanno lascia-to tracce importanti nell’isola enel tessuto di Palermo e i cuinomi ricordano ancor oggimomenti significativi della sto-ria cittadina. Molti hanno avuto rapportistretti con la città, tanto da

50

Il profumo ibericodei nostri vialiAttraverso il tracciato viario 0palermitano è possibile ricostruire la storia di personaggi spagnoli che hanno inciso sulla vita della città. E scoprire cosa c’è dietro l’angolo di ogni via, da via Maqueda a largo San Josemaria Escrivà

L’EREDITÀ IBERICA LE STRADE

di Mas s i mo Bel l o mo

51

legare il proprio nome adimportanti strade o piazze, altrihanno avuto intitolate vie invirtù delle loro gesta e delleloro opere, malgrado non aves-sero mai avuto contatti con laSicilia. Un ruolo importante lohanno avuto soprattutto i vice-rè, in un periodo storico delladominazione nel quale laSpagna controllava l’isola attra-verso gli emissari governativi.In questo viaggio variegato,latoponomastica cittadina è unaguida preziosa per scoprirecome la presenza spagnolaabbia inciso sulla città, maanche per ricordare a noi citta-dini distratti e alle nuove gene-razioni come dietro ogni stra-da, dietro un nome apparente-mente insignificante, ci sia unastoria che è la nostra storia, enasconda in molti casi unbagaglio culturale dal qualenoi tutti discendiamo. C’è chiha legato il proprio nome allastrada da lui realizzata (il vicerèMaqueda), c’è chi invece, espo-nente illuminista, mise ordinenello storico mercato della

Vucciria (il vicerè Caracciolo).Senza dimenticare che fu unaltro vicerè, Villena, a realizzareuna delle più famose piazze diPalermo, che prese il suonome, ma che è conosciuta datutti come i Quattro Canti diCittà. Via Maqueda è l’asse che attra-versa il cuore storico della città.Fu realizzata sotto il governo diBernardino de Cardines, ducadi Maqueda, vicerè a Palermodal 1598 al 1601. Fu lo stessovicerè a dare il simbolico primocolpo di piccone il 24 luglio del1600, con un martello d’oro,iniziando lo sventramentoverso la porta di Vicari.L’apertura della Strada Nuova(così era popolarmente cono-sciuta) tagliando il Cassaro,contribuì in maniera sensibileall’espansione della città.Proprio in via Maqueda sisarebbero sviluppati neidecenni e nel secolo successi-vo numerosi palazzi nobiliari,fra i quali palazzo Comitini, l’at-tuale sede della Provinciaregionale di Palermo, e il neo

restaurato palazzo Sant’Elia. Ilavori si svolsero sotto la dire-zione dell’architetto regioOrazio Nobile, ed il completa-mento dell’arteria, avvenutonel giro di un anno, segnò l’uf-ficiale suddivisione della cittàin quartieri. Oltre alla strada ilvicerè Maqueda si segnalò per ilavori al palazzo Reale che feceingrandire e dove fece costrui-re il cortile ornato di colonne,che porta il suo nome.Sette anni dopo l’apertura divia Maqueda toccò ad un altrovicerè spagnolo, GiovanniFernandez Paceco marchese diVillena, dare vita ad un altro deiluoghi simboli di Palermo, lapiazza nota come i QuattroCanti di Città, o anche denomi-nata il Teatro del Sole ol’Ottagono, i cui lavori, proget-tati dall’architetto Giulio Lasso(ma poi completati nel 1617dall’ingegnere del SenatoMariano Smiriglio), iniziarono il21 dicembre 1608 per chiuder-si definitivamente nel 1620quando nel frattempo Villenaaveva lasciato Palermo. I quat-

Via Pignatelli Aragona, Nella pagina a fianco, Via Maqueda

tro cantoni presentano lo stes-so schema a tre ordini, con unastatua, una fontana e l’aquilareale di marmo. Le quattro sta-tue raffigurano i re Filippo II,IIIe IV e Carlo V. Sempre a propo-sito di vicerè, e spostandoci dinon molto, eccoci arrivare in viaRoma da dove, dopo l’incrociocon il Cassaro, troviamo la disce-sa Vicerè Caracciolo, che condu-ce al mercato della Vucciria, inti-tolata a Domenico Caracciolo,marchese di Villamaina (origina-rio di Malpartida de la Serena)che fu vicerè in Sicilia dal 1781al 1786. Politico progressista,portò a Palermo i venti illumini-stici che venivano dalla Francia.Si distinse per l’abolizione delfamigerato Tribunale delSant’Uffizio nel 1782, ma anche

per il suo intervento di sistema-zione del mercato dellaVucciria. Caracciolo nel 1783modificò la struttura del mer-cato, in particolare della suapiazza principale che fu chia-mata con il suo nome. Intornoalla piazza si costruirono deiportici che ospitavano i banchidi vendita ed al centro fu siste-mata una fontana. Rimanendo nel centro storicocittadino, ci spostiamo in CorsoAlberto Amedeo, dove quasi aridosso del Mercato delle Pulci,troviamo via D’Ossuna, anch’es-sa punto di riferimento della“palermitanità”, congiungendola zona del Papireto con il rionepopolare che gravita intorno avia Colonna Rotta e piazzaIngastone. La via porta il nome

di Pietro Tellez y Giron, ducad’Ossuna, nativo di Valladolid,che fu vicerè in Sicilia per cin-que anni dal 2 aprile 1611 al 15luglio 1616. Sotto il suo gover-no fu anche completato il can-tone di Santa Cristina in piazzaVillena, fu iniziata la costruzio-ne della Chiesa di SanGiuseppe dei Teatini e fucostruita la porta che prese ilsuo nome. Nel quartieredell’Albergheria, a pochi passidal mercato di Ballarò, trovia-mo via Porta di Castro, cheprende il nome di Francisco deLemos, conte di Castro vicerèin Sicilia dal 13 novembre 1616al 24 marzo 1622. La via costi-tuiva un tempo il letto del tor-rente Kemonia. Al vicerè Castrosi deve anche il completamen-

52

L’EREDITÀ IBERICA LE STRADE

53

to di piazza Villena. Tornando indietro nel tempo,non mancano le arterie cittadi-ne intitolate ai re spagnoli del13 ° e 14° secolo. E così abbia-mo via Alfonso il Magnanimo,nella zona del Policlinico, dedi-cata al figlio di Ferdinando I diCastiglia, al quale succedettenel 1416, e di Eleonora diAlbuquerque, via BernardoCabrera (nella zona di via deiCipressi), uno dei primi signoridella Catalogna che venne inSicilia nel 1392 e alla morte delre Martino II contese alla fazio-ne latina sostenitrice della regi-na Bianca la carica di vicario delre di Sicilia, via Pietro d’Aragona(zona Policlinico), re di Sicilia dal1282 al 1285, via Regina Bianca,intitolata alla moglie di reMartino I il giovane con il qualesi sposò nella Cattedrale diPalermo il 26 novembre 1402.Anche allo stesso re Martino I eal padre Martino II re di Siciliadal 1402 al 1410, Palermo haintitolato una strada, dalla viaScipione di Castro alla viaCorradino di Svevia. Fra i condottieri e navigatori

spagnoli ricordati nella viabilitàcittadina ritroviamo il conqui-statore del Messico nel 1521Fernando (in spagnolo Hernan)Cortes. L’unico legame conPalermo risale ad una pronipoteche sposò un Pignatelli, da cuinacque la dinastia dei PignatelliAragona Cortes, ai quali è intito-lata una nota via del centro cit-tadino. I Pignatelli Aragonafurono anche proprietari dialcuni immobili a Palermo comeil palazzo del Sacro Cuore e ilnon più esistente palazzoMonteleone. La via Cortes si trova nella zonadell’Addaura, così come le vieFrancisco Fernandez e GiovanniDa Cartagena, navigatori spa-gnoli del XV e XVI secolo,Giovanni d’Austria, figlio natura-le di Filippo IV, vicerè in Siciliadal 1648 al 1651, VincenzoPinzon, comandante dellaNiña,, una delle tre storichecaravelle di Cristoforo Colombo,Francisco Pizarro, passato allastoria come il conquistatore delPerù nel 1531 e fondatore del-l’attuale Lima, la capitale.Nel centro città, da via Principe

di Scordia al via Roma, c’è inve-ce via Ottavio D’Aragona, inti-tolata all’ammiraglio, figlio diDon Carlo D’Aragona, e natoproprio a Palermo nel 1567.Tra gli scrittori non potevanocerto mancare Miguel deCervantes, nativo di Alcalà deHenares nel 1547, e FedericoGarcia Lorca, originario diGranada. Al celebre autore delDon Chisciotte è intestata unavia nei pressi del viale dellaResurrezione al villaggioRuffini, dove troviamo pure lastrada intitolata al poeta edrammaturgo vissuto fra il1899 e il 1936, autore fra letante opere di Nozze diSangue. La toponomastica cit-tadina ricorda anche l’umani-sta e filologo andalusoCristoforo Scobar, vissuto acavallo del 1500. La via Scobar è una traversa diviale Regione Siciliana, a pochipassi da piazza Albert Einstein(più nota come “rotonda di viaLeonardo da Vinci”). Fra i reli-giosi spagnoli presenti nellatoponomastica palermitana,ritroviamo il fondatore nel1928 dell’Opus Dei, JosemariaEscrivà de Balaguer, nato aBarbastro in Spagna nel 1902 emorto a Roma nel 1975, procla-mato santo nel 2002 daGiovanni Paolo II nel centena-rio della nascita. A Palermo, dove si ricorda unasua presenza nel febbraio del1949, è ricordato con un largoa suo nome, nel quartiere Nocefra le vie Lancia di Brolo,Giovanni Campolo e MarianoMigliaccio.

(ha collaborato Mario Di Liberto,autore de Le vie di Palermo,Stradario storico toponomasti-co, Dario Flaccovio Editore 2006)

Palermo, La fontana del Caracciolo al mercato della Vucciria

55

sione del cantante JuanitoValderrama accompagnato allachitarra da due miti, NiñoRicardo e Juan Cortés, ed ilmarinaio che ne era proprieta-rio la regalò ad un giovanepalermitano conosciuto casual-mente. Quel giovane era il chitarristaAntonio Catalano, il quale rima-se folgorato dal flamenco edecise che quella sarebbe statala sua musica. Così, grazie aisuoi innumerevoli viaggi inSpagna e ad incontri con gliinterpreti più genuini di quellamusica, Catalano conobbe l’in-tero mondo flamenco, riuscen-do a sviluppare una tecnicainterpretativa personaleseguendo la scuola di artisticome Sabicas o CarlosMontoya, fra chitarristi più auto-revoli del genere. Poi vennerogli anni del folk-studio, un

decennio dopo, e Palermo visseuna stagione di grande interes-se per la musica di originepopolare, tanto che AntonioCatalano si dedicò ad una inten-sa attività concertistica fino agliinizi degli anni Novanta.Sul fini-re degli anni Ottanta, intanto, inSicilia una nuova generazionedi artisti flamenchi ha incomin-ciato a farsi strada, seguendo lenuove evoluzioni della musicaandalusa. E’ il momento nel quale si affac-ciano ai palcoscenici siciliani ilcantante e chitarrista JuanDiego Catalano, figlio d’arte, ilchitarrista Pietro Lo Cascio, giàseguace delle innovazioni stili-stiche del flamenco ed il chitar-rista Massimo De Maria, oggiapprezzatissimo interprete ecompositore. Dai tre artistinasce nel 1993 il gruppo“Rumbasamaneciendo” con l’in-

tento di offrire ad un pubblicosempre più interessato un fla-menco più moderno. Da alloraCatalano, Lo Cascio e De Mariacontinuano ad esibirsi sia insie-me che come solisti divulgandosempre più la conoscenza dellamusica flamenca. Negli ultimi dieci anni, inoltre, aPalermo il panorama dell’arteflamenca si è completato graziealla comparsa di diverse scuoledi ballo che vedono come pro-tagoniste le maestre RosalynMazzola, Debora Brancato,Ornella Cappello e LucíaLombardo. Questo rinnovatointeresse per il mondo del fla-menco e per la cultura spagnolaha comportato negli ultimi anniuna intensa relazione culturaleed artistica tra gli artisti flamen-chi palermitani e quelli andalu-si. Tutto questo grazie a unmarinaio.

da sinistra in alto, Ornella Cappello,

Juan Diego Catalano e il chitarrista Antonio Catalano

L’antroponimia, cioè la scienza linguistica che studiai nomi di persona, trova nella nostra isola il campodi ricerca più esaltante, proprio perché in Sicilia si

sono succedute tante civiltà, ciascuna delle quali halasciato segni visibili: oltre 40 mila cognomi dal cui stu-dio ritroviamo l’alito di Sicani, Siculi, Greci, Punici,Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Lombardi gallo-italici, Francesi, Spagnoli. Si tratta di un terreno di inda-gine esclusivo e di eccezionale rilievo scientifico. Cipreme, in questa sede, sottolineare l’apporto spagnolodato all’isola in termini linguistici consistente in molteparole del vocabolario regionale, diversi toponimi. La lunga dominazione spagnola, prima aragonese, poidurante il periodo del viceregno, fino al trattato diUtrecht del 1713, ha lasciato emblematici segni nell’evo-luzione della lingua. Tali elementi emergono in modoevidente nella presenza di molti cognomi di chiara ori-gine iberica. Proviamo ad illustrare a mò di esempio un breve cam-pionario di alcuni esemplari per soddisfare la curiositàdei lettori. Il modo migliore e più semplice è quello diproporre un dizionarietto nell’ovvio ordine alfabetico,che anche se non comprende tutti i cognomi presenti inSicilia, tuttavia, ne offre una varietà dei più diffusi:

Alonzo, diffuso a Palermo e Trapani, deriva dal nomee cognome spagnolo Alonso, forma popolare diAlfonso, nome personale importato dalla Spagna, diorigine visigota, composto di due parti, *ala- ‘deltutto’, o *athala- ‘nobiltà’, o il gotico hathus ‘battaglia’(tutti elementi che possono essersi sovrapposti, danon potere rendere una precisa identificazione) e*funza- ‘valoroso’, per cui il significato del nomepotrebbe essere ‘molto valoroso’, ‘nobile e valoroso’, oanche ‘valoroso in battaglia’. Varianti: Lonzo e Lonzi.Alvares, presente a Siracusa e Palermo, il corrispon-dente spagnolo è Alvarez, patronimico dal nome pro-prio spagnolo ‘Alvaro, derivato dal visigotico Alwaro,composto da *ala-, ‘del tutto, molto’, e *warja- ‘difesa’o *warjaz ‘difensore’, con un significato che potrebbeessere ‘che si difende bene’ o ‘difensore di tutti’.Varianti: Alvarez, Alvarino, AlverinoAragona, dal nome della regione iberica Aragòn, dif-

fuso in Sicilia, con la conquista aragonese nel 1282.Dal cognome deriva il toponimo Aragona, riferito adesempio al comune in provincia di Agrigento, oanche Ragona. Varianti: Baragona, D’Aragona,Ragonese, Varagona.Blasco, cognome presente a Palermo, Catania,Calabria e Napoli, di chiara derivazione spagnola, ilcui corrispondente è presente specialmente inCatalogna. Varianti sono La Blasca e Velasco.Castiglia, presente a Palermo, Agrigento,Caltanissetta, Messina e Catania, deriva da Castilla, laregione spagnola, da cui anche il toponimo Castiglia.Catalano, diffuso in tutta la Sicilia, a Napoli e inCalabria, si rifà al patronimico Catalano ‘oriundo dallaCatalogna’, regione della Spagna meridionale.Varianti, Catalani, Catelani, GiancatalanoDomingo, presente a Palermo e Trapani, deriva dallospagnolo Domingo, nome personale e cognome cor-rispondente all’italiano ‘Domenico’, dal latino domini-cus, aggettivo derivato da dominus ‘padrone’, con ilsignificato di ‘patronale, appartenente al padrone’, dacui il toponimo Domingo. Varianti: San DomingoFernandez, forma aragonese diffusa a Palermo,Trapani, Messina, Catania, Siracusa, Ragusa, specie aVittoria. La forma castigliana è Hernandez, patronimi-ci rispettivamente di Fernando o Hernando, dellastessa radice di Ferdinando, risalente a un cognomegermanico di tradizione visigota *Frithunanths, com-posto di *frithu- ‘sicurezza, amicizia, pace’ e *nanths‘audace, coraggioso’, con il significato di ‘coraggiosoper assicurare la pace’, da cui il toponimo Fernandez.Varianti: Ernandez, Ferrandes.Fighera, comune a Palermo, deriva dal catalanoFiguera. Varianti: De Figueroa, Fichera, Figueroa.Garsia, diffuso in quasi tutte le province siciliane, èl’adattamento fonetico dello spagnolo Garcìa. Taleforma è arrivata in Sicilia prima della dominazionearagonese; vi sono infatti esempi come quello di unGabriellus de Garsia, in un documento del 1240. Daltermine deriva il toponimo Garsia. Varianti: Garcèa,Garzia, Grassia, Ingarsia, Ingrassia.Gomez, comune a Palermo e Catania, derivato diret-tamente dal catalano Gomez. In un documento del

56

L’EREDITÀ IBERICA, ORIGINE DEI COGNOMI

di Bent Paro di

L’influenza spagnola nel dizionario siciliano

Alon

zo, A

rago

na, B

lasc

o, C

astig

lia,D

omin

goFFee

rrnnaadd

eezzFFii

gghheerr

aa , G

arsi

a G

omez

, Gon

zale

s G

uite

rrez,

Lop

es, M

artin

ez, M

endo

sa, M

oral

es

57

1398, si trova un certo Cristoforus Gomiz.Gonzales, diffuso a Palermo, Messina, Catania, Napolie Calabria, deriva dal corrispondente spagnoloGonzales, patronimico di Gonzalo, Consalvo, risalenteal germanico *gunth- ‘combattimento’e *salwa- forsedal latino salvus ‘salvo’, che potrebbe significare ‘salvonel combattimento’. Varianti: Gonsales, Conzales,Consales.Gutierrez, presente a Palermo (Bagheria), corrispon-dente in Spagna al catalano Gutiérrez, patronimico diGutierre, forma antica di Gualtiero, nome di originegermanica, di tradizione longobarda nella formaWalthari, ma soprattutto francone, con influsso fran-cese per il finale in –ièro, -ièri, -ièr, composto da*walda- ‘essere potente’ e *harja- ‘esercito’ con il signi-ficato di comandante dell’esercito’. Un ThomasiusGuterris, si ritrova alla fine del XIII secolo. Da qui deri-va Gotterra, siciliano Gutterra. Varianti: Boncutterra,Inghilterra, IngutterraLopes, Lopez, diffusi a Palermo, Caltanissetta (Gela),Enna (Leonforte), Messina, Catania, derivano dal cata-lano Lopes (plurale di Lope ‘lupo’). Varianti: De Lobbis,Lopis.Martinez, presente in tutta la Sicilia, deriva dallo stes-so cognome spagnolo Martinez, patronimico diMartin ‘Martino’, dal latino Martinus, derivato da MarsMartis, con il significato di ‘dedicato al dio Marte, dacui il toponimo Martinez. Varianti: Martines, DeMartines.Mendosa, presente nel Catanese, deriva dal catalanoMendoza. Varianti: Mentosa e Mentoza.Moncada, cognome diffuso in Sicilia e anche a Napoli,si rifà al siciliano antico Moncada, Muncata, monti diSpagna, Scobar, catalano Moncada. Un Beringariusde Moncada, è presente in documenti della fine delXIII secolo. Varianti: Moncata, Mongata.Morales, presente in quasi tutte le province siciliane,deriva dal cognome catalano Morales, con le variantiMorale, Moralis.Moreno, presente a Palermo e Siracusa (Augusta), dalcorrispondente catalano Moreno, anche nome perso-nale italiano Moreno derivato dal latino Maurus, dacui Mauro e Moro, con il significato di ‘scuro di carna-gione, capelli e occhi’.Navarra, comune in Sicilia, deriva dal nome dellaregione spagnola Navarra, o anche direttamente daicognomi Navarro, Navarra. Varianti: Navarro,Navarrino Navarino.Ortega, presente a Palermo e Agrigento, deriva dalcatalano corrispondente Ortega.Ortis, presente ad Agrigento, potrebbe derivare dallatino medievale *de (H)Ortis, plurale di Orto, oanche dal catalano, con diverso accento, Ortìs, Ortiz,da cui Ortisi.Perez, diffuso in tutta la Sicilia, deriva dal catalano

Perez, formato con il suffisso patronimico –ez dalnome personale Pero ‘Pietro’, cioè ‘figlio di Pietro’.Ramires, presente a Messina, a Palermo e Cataniasotto la forma di Ramirez, formato con il suffissopatronimico –ez ‘figlio di’ del personale Ramiro,nome spagnolo, di tradizione visigota, composto dalgotico ran ‘disposizione dell’esercito’ e mereis ‘illustre,famoso’, con un significato del tipo ‘famoso neldisporre l’esercito’. Varianti: Remirez.Rodrigues, presente a Palermo e Catania, deriva dalcorrispondente catalano Rodrigues, Rodriguez,patronimico del personale Rodrigo, nome spagnolodi origine germanica composto da *hroth- ‘fama, glo-ria’ e *rikja- ‘ricco, potente’ con il significato di ‘ricco digloria’. Il nome ha la stessa radice etimologica diRodolico. Varianti: Rodriguez.Romero, presente a Catania, deriva probabilmentedal catalano Romero. Varianti: RumeraRuisi, presente a Palermo, Trapani, Enna, deriva dallospagnolo Ruiz. Un Johannes de Ruysio è testimoniatoalla fine del XIII secolo. Varianti: Roisi, Rovisi, Ruiz.Sanches e Sanchez, diffusi a Palermo e Trapani, deri-vano dal catalano Sanches, Sanchez, diminutivo epatronimico di Sancho, dal latino Sanctius, Sanctus‘santo’. Varianti: Sances, Sancez, Sancio, Sangio Sanzio.Suarez, presente a Palermo (Caccamo e TerminiImerese), si rifà al catalano Suarez.Suero Perez, presente a Palermo, deriva dal catalanoSuerio, Suero. Varianti: Sueri.Torres, presente a Palermo, Trapani, Catania, Siracusa,si rifà allo spagnolo Torres, da cui il toponimo Torres.Variante: La TorresVasques, Vasquez, diffusi a Palermo e nella Siciliaorientale, derivano dallo spagnolo Vasquez, patroni-mico in –ez di Vasco ‘Guascone’, inteso come ‘abitantedella Guascogna’. L’onomastica, in conclusione, si rivela formidabileancella della storia chiarendo in modo esclusivo lediverse stratificazioni sociali che hanno segnato levicende dell’isola.

Bent Parodi di Belsito

Mor

eno,

Nav

arra

,Orte

ga,P

erez

,Ram

ires

RRoodd

rriigguuee

ss,, RR

oommeerr

oo,,R

uisi

, San

chez

Suar

ez,T

orre

s,Va

sque

s

Mimmo Cuticchio eMiguel de CervantesSaavedr si sono cono-

sciuti un giorno del ’62, in unavecchia casa ai margini delCapo, piena di libri, di casse, dipezzi sghembi di teatro. Il primoaveva quattordici anni e si eraappropriato del Don Chisciottedella Mancia frugando per casonell’archivio del padre Giacomo,puparo e paziente collezionistadi carte, canovacci, appunti discena. Il secondo aveva qualchesecolo sul groppone ma unavena inesauribile e una sorgen-te di parole infinite, eternoragazzo e implume sognatoredi mondi lontani ma possibili. Da quel giorno non si sono piùlasciati. “Ero un giovane irre-quieto – ricorda Cuticchio, viag-giavo con mio padre in giro perla Sicilia, mi sentivo anch’iocome il personaggio diCervantes, un cavaliere errantein cerca della sua missione”.Sono passati decenni, Mimmoha studiato recitazione, ha vis-suto a Roma e Parigi, è tornato acasa, ha reinventato l’Opera deipupi, ha dato nuova linfa allatradizione del ‘cunto’. Da quelpiccolo regno picaro di via Baraall’Olivella, nel cuore di Palermo,ha rivoluzionato un genere, ha

ricreato un’arte, ha accolto tuttoe tutti, senza buttare via niente.Ma Quijote gli è sempre rimastoaccanto, gli ha ispirato viaggi escorribande nelle biblioteche,fino a raccogliere un interobaule di documenti, dvd, video-cassette, tavole illustrate, daifilm di Orson Welles e TerryGillam ai fumetti di Paperinonella Mancia, dalle edizioni delromanzo in russo, cinese, giap-ponese alle immagini di GustavDorè e di Honorè Daumier, dallospartito di Werner Henze allibretto di sala di “El retablo demaese Pedro”, del compositorespagnolo Manuel de Falla.Tutto letto, ascoltato, amato,assorbito, fino a creare il“suo” cavaliere, in “Letrame di donC h i s c i o t t e ”,omaggio divoci e suggestionidedicato al “risve-glio” del tenero soldatodella Mancia. Ad interpre-tarlo sulla scena – debuttoa Polizzi Generosa nell’ago-sto del 2005, per i 400 annidalla nascita di Cervantes -la faccia formidabile e ilcorpo da funambolo diVincent Schiavelli.“E’ stato un esito quasi scon-

tato – spiega Cuticcchio, cheper tutto il mese di maggio saràimpegnato in un ciclo di rappre-sentazioni nello Spazio Re.Cedella sede Rai di Palermo, perriproporre cinque dei suoi tanticanovacci – un segno del desti-no, che ho voluto e cercato conforza. Del mio teatro dicono cheè tutto improvvisazione, chenon preparo nulla, ma non èvero. Dietro ci sono anni diricerca. E in questo sensoCervantes è stato un compa-gno di viaggio insostituibile: dauna parte è stato il mio mae-stro di immaginazione, dall’al-tra mi ha insegnato la discipli-na dello studioso”. Perché davvero Cuticchio èandato oltre, ha mangiato le

pagine e le hametaboliz-

zate am o d o

s u o .

58

L’ARTE E DON CHISCIOTTE, MIMMO CUTICCHIO

di Federi ca Certa

Il grande artista palermitano confessa la sua passione per il personaggio del romanzo di Cervantes, un eroe errante in cerca della sua missione

Quando sul palcoscenico sale il “cavaliere perfetto”

59

Incrociando la battaglia eternacontro gli invincibili mulini avento con le passioni immortalidegli eroi del suo teatrino.Lungo un percorso nella memo-ria e nella lingua suadente deglihildalghi. “Sì., sono partito da lì.Cervantes ha scritto un lungoepisodio su don Chisciotte cheva a vedere una rappresentazio-ne di marionette, che nel testooriginale sono i tiriteros. Poi,

erroneamente, nella traduzioneitaliana è diventato burattini.Ma è un equivoco. Marionette eburattini sono diversi, le primesomigliano molto ai miei pupi.Quindi ho dedotto che forseCervantes avesse realmentevisto un’Opera dei pupi, e chealla luce di questa ipotesi pote-va essere vera anche un’altrateoria: lo scrittore era stato inSicilia, forse dopo aver perso la

mano sinistra combattendonella battaglia di Lepanto con-tro i turchi, nel 1571, che lo viderealmente schierato con il suopaese, e poi colpito da un colpodi archibugio”. Ma le coincidenze non finisco-no qui. “Nella scena che chiudel’aneddoto delle marionette –spiega ancora Cuticchio –Quijote si immedesima tantonella finzione che, durante ilcombattimento tra gli uomini didon Gaiferos e gli ottomani, col-pevoli di avergli rapito lamoglie, salta sul palcoscenico esi mette a tagliare le teste deinemici con la sua spada.Esattamente quello che succe-de nell’Opera dei pupi”. Ma l’incantesimo è stato lungo,potente, soave. Tra Mimmo eMiguel c’è stata più di una corri-spondenza filologica. “Il donChisciotte di Cervantes mi haparlato in mille modi – ammetteil puparo – come solo un capo-lavoro, un’opera che segna ilconfine e il passaggio tra ilMedioevo e l’età moderna puòfare. Ma il messaggio del prota-gonista e dell’autore è per tutti.Alle fine della storia donChiosciotte torna ad essere donAlonso Chisciano, detto ilBuono e, in punto di morte,pone una condizione fonda-mentale alla nipote, sua unicaerede: se la donna avesse spo-sato un cavaliere sarebbe stataprivata della sua dote, perchéCervantes e il suo alter egodisprezzano la guerra, la irrido-no l’uno per bocca dell’altro intutto il romanzo. Chisciotte hacombattuto, ma contro i mulinia vento, è non ha sparso san-gue. La sua è battaglia è in real-tà una parodia, é un esortazionedecisa a cercare l’armonia, latolleranza. Cervantes ha scrittoun romanzo sulla pace”.

Mimmo Cuticchio, con Vincent Schiavelli (a destra)

60

L’ARTE E DON CHISCIOTTE, BEPPE VESCO

I colori che svelano l’enigmadi un uomo universaledi Federi ca Certa

Ha il volto puntuto e sontuosi baffi dahidalgo, guance scavate e occhi nericome la notte. Intorno un baluginìo di

colori che evocano la magia ineffabile della lucedel mattino, il miracolo dell’alba che rinasce, lapromessa delle ore. Perché Quijote è il “granmadrugador”, il “gran mattiniero”, scriveCervantes. E’ icona universale, eroe popolare. E’,soprattutto, metafora. Un mistero grande grande, l’enigma di un uomoche da solo li racconta tutti, nelle pagine dell’an-daluso e nelle tele ardenti di Beppe Vesco, pitto-

re, architetto, insegnante dell’Accademia di BelleArti di Palermo, grande conoscitore della culturaspagnola del Siglo de Oro e del Rinascimentoitaliano, con una predilezione non comune per ibodegones cinquecenteschi di Sanchez Cotàn euna lunga frequentazione con il cavaliere erran-te. Ma con una chiave di interpretazione “deltutto personale, che nasce dal mio modo diintendere l’arte”, precisa il pittore.Perché Vesco, che a Qjiote ha dedicato anni dilavoro e una memorabile esposizione curata dalsemiologo Omar Calabrese e allestita nel ’90 allagalleria “L’indicatore” di Roma, confessa candida-mente che del romanzo spagnolo ha letto soloalcune parti, e che poi – come per tutti i suoi‘ritratti immaginari’ – ha lasciato che un’ideaprendesse corpo, libera dai condizionamenti edalle strettoie della disciplina figurativa a oltran-za. Non c’è pedanteria, ma estro, e con l’estro laprecisione del talento che arriva a catturale lastrana luce boreale della madrugada come sefosse un dono del cielo. “Amo le metafore sulla condizione umana – diceVesco - e Don Chisciotte, insieme ai personaggiimmortali nati dalla penna di maestri indiscussicome Hemingway, Conrad, Melville, ha semprestimolato la mia immaginazione, posso dire cheha fatto una vera e propria irruzione nella miaemotività”. Accade tutto nello spazio di una rivelazione,“perché è un processo naturale. Faccio schizzi,prove, ma contemporaneamente nasce l’operavera e propria, è un processo che corre veloce, senon fosse così finirei immancabilmente per

61

62

annoiarmi”. E invece è una passione che si rinno-va, un dialogo intimo con il personaggio: “La real-tà – continua l’artista – non è la mia missione. Leriproduzione formale, in fondo, è un falso storico.Penso al contrario che con il mio lavoro debbadare forma a quella ‘porzione di enciclopedia’,come direbbe Umberto Eco, che nasce dalle lettu-re. Cervantes costruisce una storia monumentale,cambia continuamente direzione, fa lunghedigressioni, ma il cuore del romanzo è nella suacapacità di raccontare una storia universale. C’èun proverbio spagnolo esemplare, dice che infondo la natura degli uomini è sempre la stessa:‘poco va da Pedro a Pedro’.”Quijote cattura, affascina. Ed è così profondamen-te siciliano: con la sua ricerca drammatica di valo-ri forti come l’onore, la dignità, ostacolata dalletentazioni dell’omologazione e del pudore socia-le, con la sua devozione accorata all’immaginariofemminino, Dulcinea da amare e proteggere, con-tro tutto e tutti.“A chi gli rinfaccia che la sua donna è brutta e haun occhio che cola – ricorda Vesco - Chisciotterisponde per le rime: ‘No – dice galante – non lecola…..’ E’ fatto così, combatte, cerca la gloria,come tutti i siciliani. E come noi è in balia di tantedebolezze, fedeltà malintese. Ma non gli importala vittoria, gli importa il viaggio”. Qualche secolo dopo, forse, avrebbe imbracciatouna chitarra e cantato con la voce di diamante diDe Andrè. Avrebbe scritto ballate e dedicato can-didi versi agli ultimi. Ma in fondo la sua vocazionesarebbe stata la stessa di quattrocento anni prima:svegliarsi all’alba e affrontare i suoi mostri.Cervantes lo aveva disegnato così.

L’ARTE E DON CHISCIOTTE, BEPPE VESCO

LA STORIA, IL GOVERNO DEI BORBONE

64

Il Regno delle due Sicilie, retto dai Borbone, man-tenne sempre ottimi rapporti diplomatici con lavicina Spagna, per una serie di motivi dovuti ad

un equilibrio di forze nell’ambito dell’area mediter-ranea, e ancora di più nel contesto europeo. IBorbone di Napoli e quelli di Spagna apparteneva-no allo stesso ramo dinastico, discendevano infatti,da Carlo III, duca di Parma, re di Napoli, figlio diFilippo V di Spagna. Ferdinando IV (poi Ferdinando Idelle due Sicilie) prese il suo posto nel 1759, quan-do il padre fu nominato re di Spagna, come succes-sore del fratello Ferdinando VI, morto senza eredidiretti. Dopo il breve regno di Francesco I (1825-1830), salì al trono Ferdinando II, che rimase alpotere fino al 1859. All’inizio governò con modera-zione e saggezza, dimostrando anche liberalità. Sipreoccupò della modernizzazione dei mezzi di tra-sporto, inaugurando la prima ferrovia italiana(Napoli-Portici), incrementando la marina mercanti-le, con l’introduzione del primo battello a vapore.Amante della propria indipendenza, preferì rimane-re isolato politicamente, in netta controtendenzacon le sue scelte di apertura alle novità tecnologi-che. Questo influì negativamente anche sull’econo-mia, provocando un diffuso malcontento, culmina-to in rivolte e dissensi. Fu soprannominato ReBomba, per le violente repressioni attuate durante imoti rivoluzionari del’48, i tentativi autonomisticidella Sicilia e il regime poliziesco instaurato. Altempo di Ferdinando II, in Spagna regnava IsabellaII, sua cugina in primo grado, figlia dello scomparsore Ferdinando VII, fratello della madre MariaIsabella. I due regnanti appartenevano dunque allastessa famiglia, ed erano parenti stretti. Questo eraun ulteriore motivo per suggellare patti di reciproci

aiuti. Sul giornale dell’Intendenza di Palermo del1854, si riporta l’accordo sottoscritto dalla Spagna edal Regno delle Due Sicilie che sanciva un’intesa perla gestione di questioni giudiziarie, nell’intento disnellire le procedure burocratiche, per acquisiredocumenti durante procedimenti giudiziari a caricodi cittadini appartenenti ai due Stati.: “Palermo, 7luglio 1854 [...] art. 1 – I procuratori dei sudditi diSua maestà Cattolica, riconosciuti come tali nelReame delle Due Sicilie, e reciprocamente i procura-tori dei sudditi di Sua Maestà il Re delle Due Sicilie,riconosciuti come tali in Spagna, saranno riguardatiatti a ricevere, in qualità di rappresentanti, le perso-ne dei loro mandatari, ogni genere di comunicazio-ni giudiziarie, comprese quelle che debbono farsi ailoro principali, però senza che vadan privati dei ter-mini dilatori che, come a stranieri, loro accorda lalegge. La trasmissione di tali atti, intimati presso gliuffizi dei regi procuratori dovrà operarsi sempre pervia del Ministero degli Affari Esteri, presso del qualele persone dei procuratori dovranno legalmenteconoscere. Art. 2- Quando per un incidente qualsia-si, occorra citare un suddito di Sua Maestà Cattolicache non abbia procuratore nel Reame delle DueSicilie, e viceversa un suddito di Sua MaestàSiciliana, che non abbia procuratore in Spagna, ildocumento sarà indirizzato dal procuratore del Real ministero degli affari esteri, e da questo allarispettiva legazione [...] Art. 3- Le due alte parti con-traenti, daranno reciprocamente corso, nel piùbreve tempo possibile, alle rogatoriali spedite diofficio dalle rispettive Autorità. Tali rogatoriali, per-ché siano legalmente adempiute, debbono essereindirette per la via diplomatica delle Legazioni diambo i Regni [...].

di Anna Mari a Co rradi ni

Il Regno delle due Siciliee i legami con la Spagna