Federico Zandomeneghi a palazzo Zabarella dal 1 ottobre ... · attuale egli definiva nervosa. Nel...
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Federico Zandomeneghi a palazzo Zabarella
dal 1 ottobre 2016 al 29 gennaio 2017
Casetta a Montmartre, 1880 circa, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea.
Zandomeneghi è stato in primis un cantore dell’intimità che predilige i luoghi
dove la mente e il corpo possono esprimersi senza remore.
La mostra in corso a Padova, nell’antico palazzo ricco di memorie dei secoli trascorsi,
mette in luce il percorso artistico di Federico Zandomeneghi a partire dagli esordi
che rivelano le correnti pittoriche da cui si fece affascinare, ma soprattutto spiega
la sua modernità nel comprendere con spirito critico le novità del suo tempo. Il
pittore vissuto tantissimi anni in Francia, ma nato a Venezia sviluppò la sua ricerca
artistica nella città natale dove avevano operato il nonno Luigi e il padre Pietro,
scultori di monumentali sacrari dedicati ad Antonio Canova e a Tiziano nella Chiesa
dei Frari, nel sestiere di San Polo. Dopo aver frequentato l’Accademia delle Belle
Arti di Venezia e quella di Brera a Milano strinse una bella amicizia con i
Macchiaioli che egli ebbe la fortuna di conoscere durante i suoi soggiorni in
Toscana. Un ambiente assai stimolante che gli permise di relazionarsi con Claudio
Martelli, grande critico e sostenitore dei Macchiaioli e di lavorare a fianco di
Giuseppe Abbati. A Firenze, al Caffè Michelangelo, dove si incontravano, si
svolgevano vivaci discussioni e si proponevano sperimentazioni che rivendicavano
una forte autonomia dalla tradizione. Egli racconta nelle sue opere quella storia
con la s minuscola, interesse condiviso anche dagli altri artisti toscani, che narra le
vicende quotidiane mettendo al centro del quadro differenti protagonisti: quella
moltitudine di persone che nel racconto ufficiale spesso non compare perché non
appartiene alle classi sociali più influenti.
Impressioni di Roma, 1872, Milano, Pinacoteca di Brera.
In Impressioni di Roma, compaiono un gruppo di poveri, radunati sulla scalinata del
convento di San Gregorio al Celio, mentre consumano il pasto offerto loro dai frati.
Un modo di dipingere la realtà che non mira tuttavia a svelarne in nome del
realismo le brutture, ma a rappresentare la varietà dell’ esperienza umana,
filtraldone spesso la visione attraverso un velo di malinconia. Naturalmente questi
poveri toccano il nostro animo per la loro mestizia e la sua pittura diventa così anche
un’esemplare denuncia sociale. Il quadro suscitò subito interesse e venne acquistato
nello stesso anno della sua esposizione dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Ritratto di Diego Martelli 1870, Firenze Palazzo Pitti.
Lo spirito analitico del pittore veneziano si coglie nel ritratto fatto all’amico Claudio
Martelli mentre egli era ospite nella sua casa. Lo ammiriamo qui mentre siede in
uno studiolo di chiara impronta rinascimentale, immerso nella scrittura con uno
sguardo che seppur rivolto verso il basso permette di intuirne la concentrazione,
molto simile per certi caratteri ai santi assorti che ammiriamo nelle opere di
Giovanni Bellini e Antonello da Messina.
Dopo aver esposto nelle principali città italiane, nel 1874 il pittore arriva a Parigi e lì
conosce quel variegato mondo di intellettuali e di artisti che si riuniscono al Cafè
Nouvelle Athènes: Pissarro, Degas, Manet, Zola, Lafenestre, Renoir, Gauguin e la
sua arte si trasforma nuovamente stemperando il rigore costruttivo dei Macchiaioli
e arricchendo il colore e i toni di luce di ascendenza veneta con una stesura delle
tinte fatta di pennellate sciolte e vibranti che traggono forza dalle opere dei suoi
colleghi francesi.
Al Caffè Nouvelle Athènes, 1885, Collezione privata.
L’artista si appassiona a temi e idee della vita contemporanea e dopo un’iniziale
ritrosia verso la stesura rapida della nuova pittura francese ne assume in parte gli
stilemi, idonei come sosteneva anche il suo amico Martelli, a descrivere quell’epoca
della società francese, scettica e positiva a un tempo, che con un linguaggio assai
attuale egli definiva nervosa. Nel quadro Al Caffè Nouvelle Athènes vediamo il
pittore in compagnia della pittrice Suzanne Valadon in un colloquio che si intuisce
alla pari. E’ questa una delle tante rappresentazioni della figura femminile da parte
di Zandomeneghi prive di leziosità, diverse da quella parte della produzione del
pittore francese Jean-Honorè Fragonard, a cui spesso viene avvicinato per alcuni
temi, incline a mostrarne la loro giocosità. Le donne del pittore veneziano spesso
sono impegnate nel canto, le vediamo a lezione di musica, assorte nella lettura,
mentre dipingono. Potremmo trovare un esempio simile di valorizzazione
dell’universo femminile, sebbene molto lontano nel tempo, negli autoritratti della
pittrice bolognese del millecinquecento, Lavinia Fontana che hanno come soggetto
l’artista mentre suona la spinetta o nel suo studio fra i libri e le copie dei gessi
antichi.
Il tè 1892-1893 Collezione privata Sacerdoti Ferrario.
Sono tante le donne che popolano i suoi quadri, soggetti non più oggetti, libere di
vivere amicizie. Donne che pensano, che chiacchierano. Eleganti e consapevoli di un
tempo che è mutato. E contro la morale del tempo corrono in bicicletta.
Le repos des bicyclettes (In bicicletta), 1896, Pastello su cartoncino, Collezione privata.
Donne affascinanti e non, dove la nudità non è vista con uno sguardo divertito e
malizioso. Esse sono i soggetti preferiti dei suoi quadri, spesso protagoniste uniche
delle sue creazioni. Donne occupate a riempire vasi di fiori, bambine e fanciulle che
leggono, che si guardano allo specchio, si lavano, si asciugano, bevono il te e
chiacchierano, sole spesso, ma anche in compagnia, a teatro, in uno scorcio di
campagna. Sono le donne parigine quelle dei suoi quadri degli anni ottanta, novanta
dell’Ottocento quando l’incontro fortunato con il gallerista Durand-Ruel permette
all’artista veneziano di dedicarsi pienamente alla pittura.
Place d’Anvers 1880, Piacenza Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi.
Il fascino di Parigi.
Nel quadro Place d’Anvers Zandomeneghi dipinge l’affacendarsi di bambini intenti
a giocare mentre le mamme sono occupate a chiacchierare sullo sfondo di una
via della capitale francese. Il turbinio della vita è reso dal dinamismo dei colori. Il
selciato fatto di macchie e punti gialli, arancio e azzurri fa da pendant alle chiome
verdi delle piante e ai rossi papaveri in lontananza, mentre in primo piano i gialli e i
bianchi delle vesti sono colpi di luce che rafforzano l’unità strutturale del quadro. Il
colore degli abiti, delle foglie e degli edifici splende fino a diventare luce secondo
le regole della pittura impressionista teorizzata in quegli anni da Edmond Duranty
nel testo La Nouvelle Peinture. L’artista esegue qui una delle sue poche vedute
urbane della nuova Parigi nata dalla trasformazione urbanistica del Barone
Haussmann.
Au cafè, 1885 Rivoli Fondazione F.C. per l’arte.
Nel dipinto qui sopra della metà degli anni Ottanta, siamo ancora in un caffè, luogo
preferito dall’artista alle più grandi sale da ballo, il volto bianco di cipria della
giovane ragazza accanto alla sciarpa dalla trasparenza del pizzo, su cui risalta un
bouquet di fiori colorati, ha la soffusa malinconia e le tonalità di colore di un
pierrot che danza davanti a noi in un circo solitario. Un mondo, fatto di sogno,
sembra intravedersi negli occhi della ragazza mentre un uomo accanto a lei
l’osserva in silenzio. La poesia quieta e pacata delle donne di Federico
Zandomeneghi ce ne restituisce l’essenza umana.
Il giubbetto rosso, 1895, collezione privata
Non dimentichiamo i molti oli e gli straordinari pastelli di Zandomeneghi che
testimoniano nella vivacità cromatica il persistere delle tradizione del colore
veneta. Proverbiale era poi il suo amore per il colore azzurro. Nel dipinto Il
giubbetto rosso vediamo una ragazza che si sta preparando per uscire: un taglio
fotografico che coglie il momento cruciale e tutta la naturalezza del gesto della
mano che assesta il colletto e le spalle.
Femme au chien (Signora con cagnolino) 1898-1900
Zandomeneghi guarda a Edgar Degas per il taglio fotografico delle pose. Il quadro
Signora con cagnolino riprende un soggetto trattato da tantissimi pittori come la già
citata Lavinia Fontana o le più vicine nel tempo Mary Cassatt e Berthè Morisot, o
ancora Jan Honorè Fragonard o Giuseppe De Nittis, ma con uno spirito di simpatia e
di calore verso la piccola bestiola.
La danseuse (Visita in camerino), 1890 circa, Olio su tela, Collezione privata.
Degas è soprattutto il pittore delle scene di danza e di questa arte sembra farci
comprendere anche la fatica dietro le quinte. Degas si appassionava a un tema e lo
sviscerava attraverso mille declinazioni. Zando, come lo chiamavano gli amici
francesi, è l’artista che ritrae la lentezza di azioni di cui sembra poter cogliere la
cadenzata successione e in questo rallentamento abbiamo modo di leggere il loro
significato. I gesti sono semplici, quasi fermi nel momento di maggiore
coinvolgimento emotivo. Entrambi i pittori guardano al di là delle apparenze,
indagano la sostanza del segno e di conseguenza la poesia dell’umano. Più duro il
pittore francese, più elegante l’artista veneziano che ci restituisce come nel quadro
qui sopra la piacevolezza del conversare.
Patrizia Lazzarin