Favole per la ninna nanna

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1. Mongolfiera 2. Orchidea 3. Filastrocca per il Carnevale 4. La pecora Chiaretta 5. Il sole del mattino 6. Il chicco di grano 7. Stellina e il paese dell'allegria 8. filastrocca dei numeri in antico dialetto siciliano 9. Due bambine 10. La papera Betta 11. L'amore è per l'eternità 12. Miki e Kiara, storia di un'amicizia 13. Memorie di una alieno 14. Mirmi e Paco 15. La storia di nonno Cici e nonna Tè 16. I giorni della merla 17. Buon Natale (filastrocca) 18. I re passavano a cavallo 19. Chiara è la notte 20. Linda 21. Fermo e Scappa 22. Ivi ed i piccoli folletti 23. Pandolfo piè di zolfo 24. E' successo a Sciacca 25. Il piccolo pesciolino 26. La storia di Arlecchino 27. Il Natale di Lunetto 28. Beppino senza capelli venditore di occhiali 29. Le pecorelle unite ed il lupo solitario 30. La stanza magica 31. Vita da cane 32. 4 uova e un cagnolino 33. Giorgetto e l'albero 34. Filastrocca del cavallo a dondolo 35. Fai la ninna nanna... 36. Un giorno... un Angelo 37. Camilla 38. Il frigorifero 39. La storia della principessa delle nevi e del bambino che ruppe il terribile incantesimo 40. Il corvo con lo smoking

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1. Mongolfiera 2. Orchidea 3. Filastrocca per il Carnevale 4. La pecora Chiaretta 5. Il sole del mattino 6. Il chicco di grano 7. Stellina e il paese dell'allegria 8. filastrocca dei numeri in antico dialetto siciliano 9. Due bambine 10. La papera Betta 11. L'amore è per l'eternità 12. Miki e Kiara, storia di un'amicizia 13. Memorie di una alieno 14. Mirmi e Paco 15. La storia di nonno Cici e nonna Tè 16. I giorni della merla 17. Buon Natale (filastrocca) 18. I re passavano a cavallo 19. Chiara è la notte 20. Linda 21. Fermo e Scappa 22. Ivi ed i piccoli folletti 23. Pandolfo piè di zolfo 24. E' successo a Sciacca 25. Il piccolo pesciolino 26. La storia di Arlecchino 27. Il Natale di Lunetto 28. Beppino senza capelli venditore di occhiali 29. Le pecorelle unite ed il lupo solitario 30. La stanza magica 31. Vita da cane 32. 4 uova e un cagnolino 33. Giorgetto e l'albero 34. Filastrocca del cavallo a dondolo 35. Fai la ninna nanna... 36. Un giorno... un Angelo 37. Camilla 38. Il frigorifero 39. La storia della principessa delle nevi e del bambino che ruppe il terribile

incantesimo40. Il corvo con lo smoking 41. Filastrocca del chicco di grano 42. Il principe senza fiaba 43. Penelope sulla luna 44. Romualdo e il fantastico mondo di Parolandia 45. Luigi e il gatto Meo 46. Filastrocca del pollaio 47. L'origine dell'acqua

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48. Il pulcino blu 49. La favola del Riìddu 50. L'amore è la ricchezza più grande 51. Pilla la penna magica 52. Gigio e i gelati 53. Il caramellaio stanco 54. Il corvo e la cicogna 55. Francesco e la varicella 56. Lo strano fiore 57. Filastrocca del bambino nella culla 58. Favoletta di Natale 59. La medicina che fa diventare buoni 60. Il maialino Ciccio 61. Il Girasole e la Rosa 62. La storia di Super Gabibbo 63. Sinfonia degli aquiloni impalpabili 64. Il fringuello e la fontana 65. Sally e la sua panciona 66. La talpa con gli occhiali 67. Il coraggio di un uccellino 68. Le aquile diventano campioni 69. La casa che era triste 70. Il piccolo Nik e la sua grande avventura 71. La disavventura del coniglietto Tommi 72. Filastrocca del primo anno d'asilo 73. Filastrocca dei numeri 74. Andrea ed il cane Guga 75. La sassaiola 76. Il riso di Marina 77. Lieta sorpresa (filastrocca) 78. La storia del cane Bubu e del gatto Mosè 79. I tre pastorelli" 80. Ninna nanna di nonno Uccio 81. Nome in codice "Operazione Terra" 82. Un coniglietto un po' diverso 83. La vera storia della Principessa ELISA, del Drago e del suo Salvatore 84. Una coperta dimenticata 85. Picci e il delfino 86. La slitta di Giacomino 87. Il drago Bollicino 88. Il Sole innamorato 89. La storia dell'ippopotamo Gelsomino 90. La torta di compleanno 91. Il pidocchio intelligente 92. Il gallo sveglia 93. Il Cacca-drillo 94. Pippottino 95. Lupo Bufo e Willy Marmocchio 96. Picchio e Papicchio 97. Perchè il rospo è fatto così 98. La volpe rossa

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99. La storia di BruBru 100. Filastrocca di Babbo Natale 101. La torta di castagnaccio 102. Una favola di Babbo Natale 103. L'adozione del gatto Leo 104. Giorgino 105. Patty barattolino di cioccolata 106. Il pagliaccio White 107. La storia di Ugo il Paciugo 108. Storia del drago buono che tutti credevano cattivo 109. Salvataggio di una principessa 110. La farfalla Tai va in città 111. La farfalla Tai va in città - seconda parte 112. Chi ha detto che così va il mondo? 113. Soffro il solletico! 114. Filastrocca dell'abete 115. Soldati di carta 116. Fiocchi di neve 117. Il trenino Ciuf Ciuf 118. La piccola margherita 119. La fata pasticciona 120. Paolino il pesciolino 121. Se i libri fossero (filastrocca) 122. Robertino e il lupo La storia della lucertola

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La Mongolfiera

Nella Scuola a Matrignano è successo un fatto strano...Su nel cielo verso sera s'è fermata una mongolfiera!Quant' è grande quel pallone... dice Tommy col fiatone... mentre Jacopo stupitostà guardando divertito! Ecco Laura e Daniela: "Ma che bella mongolfiera!"E' grandioso quel pallone, proprio sopra l' aquilone...Questo è un caso molto strano... forse atterra a Matrignano !!La Teresa con la Giulia tutte in fila perbenino stan facendo il trenino...Non si accorgono di nulla...ma sarà una distrazione...la sezione arancione non ha visto quel pallone! Dopo un po' si sente un grido quello lì è proprio Diego...S' è esaltato a non finire... è convinto vuol partire! Ma Sofia qli dice: "Basta non puoi andare in quella cesta, quella lì è gente tosta!"E' convinta anche Francesca: Ci scommetto son pirati...e saranno pure armati... A Patrussi non va giù.. perchè mai sono lassù...e non scendono quaggiù? Ma Leonardo più furbetto, gli risponde: "Non c' è spazio...lì c'è il tetto!" Ci raggiungono stupite e ci fanno una domanda... Simonetta con Miranda: "Ma cos' è stà confusione, chi è arrivato col pallone?" Non si sà... c'è chi dice son pirati, o son ladri travestiti...E Michelle: Ma che dite... non capite... sono solo delle fate,

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che le frulla per la testa di fermarsi a questa festa!" L' atterraggio è perfetto, finalmente siamo tutti...ma..chi sono questi matti!Tre ragazzi tutti yppy Tommy, Annika e anche Pippi!! Sempre in giro per il mondo...perchè non scendete a far girotondo?Si danza. si mangia, si fà un brindisino...ma con l' aranciata e non con il vino!Pippi saluta facendo l' inchino, ci porge la mano urlando lontano: "Non voglio partire...stò quì a Matrignano!!"

Orchidea

Il vecchio Aureliano viveva, da qualche anno ormai, su una sperduta isoletta nell'oceanoIndiano. Solo, per modo di dire, perché a fargli compagniac'erano i tanti animali chepopolavano l'isola ed in particolar modo Josè, variopintopappagallo dalla voce stridulae dai modi rudi ma schietti, e Don Enrique,vecchio e cieco Setter, fidato compagnodi tante avventure. Orchidea era il nome dell'isola, e tutti erano a conoscenza diquesto benché nè Josè, cheera uno tra i più vecchi abitanti, nè nessun'altro sapessespiegarne il motivo:infatti mai alcuno tra loro aveva visto una pianta di questo tipocrescere sull'isola.Era l'ora del tramonto e Aureliano in compagnia di Josè ed Don Enrique,come suaabitudine,sulla spiaggia, ammirava il meraviglioso spettacolodel sole che si inabissanelle acque cristalline: "Stasera il colore del cielo è strano, ci sarà una tempestain alto mare" disse Don Enrique "Hai ragione, quel blu all'orizzonte non fapresagire nulla di buono. E' sicuramente burrasca!" replicò Aureliano. "Spero chenon ci porti altri due buoni a nulla come voi!"sentenziò ironico Josè girandosi acentottanta gradi sulla spalla di Aurelianoe spiccando il volo verso l'entro terra."Dio voglia che nessuna imbarcazionestia navigando nelle vicinanze stasera"sospirò il buon Aureliano e, seguito da Don Enrique, si incamminò nella direzionepresa da Josè.Si fece l'oscurità in quell'isoletta davvero deliziosa: la vegetazione tropicale, eralussureggiante e generosa di prelibati frutti, gli animali docili e pacifici, l'acquadolce abbondante, proveniente dalla montagna non troppo alta situata su un latodell'isola dove, nel punto più elevato, si potevano scorgere le rovine di quello chesicuramente era stato un bellissimo palazzo.La notte diede ragione ai due amici che dormivano pacifici nella loro capanna; soffiòun forte vento e si videro infuocate saette squarciare il cielo cupo. Li destò la luceabbagliante di una mattina fresca e luminosa, la notte appena trascorsa sembravaessere ormai solo un lontano ricordo; Aureliano, Don Enrique e Josè raggiunsero laspiaggia per la solita passeggiatamattutina quando: "Lo sapevo io!" esclamò Josè

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allungando il collo e spiccando il volo verso qualcosa adagiato sulla sabbia poco più avanti,e subito: "Venite, cialtroni!" urlò ai due amici che, accorsi, rimasero muti per la sorpresa"Sono stato ascoltato solo ametà!" concluse stizzito Josè. Era un naufrago giovane, dallebelle forme e vestito con abiti eleganti privo di conoscenza rea attorniato da pochi restidel vascello naufragato la notte precedente. "Buon Dio!" esclamarono insieme Aurelianoe Don Enrique. "Bisogna subito aiutarlo" continuò Aureliano e, a fatica, incitato dallestrilla di Josè, portò il naufrago alla capanna e lo curò amorevolmente finchèriprese conoscenza. "Che brutta cera!" esordì Josè. "Attento a non prendere fuoco!"replicò Don Enrique, minaccioso. Aureliano lanciò uno sguardaccio versoi due per zittirli,poi al naufrago: "Come ti senti, amico?" "Sono stato meglio, grazie.Dove mi trovo?"rispose "Benvenuto a Orchidea!" Aureliano esclamò. Trascorsero le settimane eAureliano,Don Enrique e Josè strinsero una sincera amicizia col naufrago; appresero che il suonome era William e che era un principe spodestato dal suo trono da intrighi di palazzoe costretto a partire con pochi fedeli alla ricerca di una terra nella quale fondare, conla sua consorte, un nuovo regno. Anche William prese l'abitudine di andare ogni sera aguardare il tramonto con i suoi nuovi amici. Una sera durante un tramonto uguale a quelloche precedette il naufragio di William, Don Enrique disse: "Anche questa notte ci saràburrasca!" "Che la Provvidenza faccia sì che non ci sia un naufragio!" replicò Aureliano."Questa volta chiudo il becco, voi tre rompiscatole mi bastate e mi siete d'avanzo!"gracchiò Josè.La mattina seguente i quattro amici trovarono sulla spiaggia le tracce di un nuovo naufragio."Sono qui da quasi cinque anni ed ogni volta vedere questi legni è una stretta al cuore!"disse Aureliano "Non ti è mai capitato di scorgere, anche in lontananza, la sagoma di unaimbarcazione?" chiese William "Mai" rispose Aureliano "Eppure le tempeste non sonofrequenti, è strano che nessuna nave sia mai riuscita ad approdare" continuò William"Senon a pezzi" aggiunse Don Enrique interrotto dalle strilla di Josè "Mi state riducendoin pezzi le orecchie con le vostre sgangherate congetture!" disse Josè e continuando:"Me ne vado a respirare un po' d'aria pura al palazzo" e volò via. "Siete mai stati apalazzo?" chiese William " Mai" replicò Don Enrique " Siamo troppo vecchi e deboliper arrampicarci fin lassù" gli fece eco Aureliano "Io ho intenzione di andarci. Da lassùsarà più facile avvistare qualche imbarcazione di passaggio" sentenziò William "Se cosìhai deciso ti prego di portare anche me; sono vecchio ma col tuo aiuto potrò farcela!"supplicò Aureliano " Contaci vecchio" gli rispose affettuosamente William, e iniziaronoa discutere dei preparativi per la loro spedizione al palazzo. Trascorsero la notte insonnee la mattina seguente, rifornitisi di vivande, Aureliano, William e Josè salutarono DonEnrique che rimase ad attendere il loro ritorno alla capanna.Guidati da Josè, iniziarono la salita verso il monte, risalendo il fiume, attraversandoTunnel sempre più fitti di vegetazione e incontrando specie di fiori e frutti, e persinoanimali, a loro completamente sconosciuti e, fra i battibecchi di Josè e William perdecidere la direzione giusta da seguire, a sera inoltrata giunsero alle porte delpalazzo e decisero di passare là fuori la notte. Le prime luci dell'alba svegliarono i treamici che, mangiato a malapena qualche frutto, spinti da una curiosità frenetica, siaccinsero a fare ingresso nel palazzo. Gli si presentò davanti un enorme atrio, abitatoda numerosi uccelli che vi avevano costruito il nido e da diverse piante rampicanti daifiori viola e arancio; procedendo nell'esplorazione trovarono molte altre stanze,tuttenel medesimo stato tranne una, stranamente arredata, pulita e ordinata; camminaronoancora un po' e giunsero in un giardino al centro del palazzo, curato perfettamente e

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nel cui centro stava una bellissima e grandissima orchidea. "Per mille naufragi!" esclamòstupito Josè e iniziò a svolazzarci sopra per ammirarla meglio."E' meravigliosa!" esclamarono Aureliano e William. Stupiti da tanta bellezza non siaccorsero della vecchina che, seduta in un angolo del giardino, li fissava meravigliata conocchi di smeraldo. William fu il primo ad accorgersi di lei e, avvicinatosi, con un inchinosi presentò: "Buondì,buona dama, Io sono il principe William e questi sono i miei amiciAureliano e Josè".La vecchina spaventata non rispose e Aureliano con voce rassicurante dolcemente le sirivolse: "Gentile dama, veniamo in pace e le porgiamo i nostri omaggi" e, poiché leicontinuava a tacere: "Possiamo, di grazia, conoscere il suo nome?" continuò Ma lavecchina scoppiò in un pianto triste ed inconsolabile..Aureliano e William riuscironoun po' a calmarla raccontandole le vicende che li avevano condotti là, ed infine le chiesero:"Vive qui sola?" Finalmente, rassicurata, rispose: "Si, da più di cento anni ormai; sevorrete ascoltarla, vi racconterò la mia storia" "Siamo tutto orecchie!" strillò l'impotunoJosè "Saremo lieti di ascoltarla" replicò William fulminandolo con lo sguardo; la vecchinainiziò a raccontare: "Tanto tempo fa il giovane principe Miguel, tornando da un lungoviaggio, scoprì questa isola attirato dall'intenso profumo delle orchidee che nericoprivano, rigogliose e variopinte, l'intera superficie, Ne colse alcune e le portò in donoalla principessa Giada, sua giovane e bella sposa che, visti quei fiori stupendi, subitose ne innamorò. Fu così che, per amore di Giada, il principe Miguel decise di condurla conla sua corte ad Orchidea, e qui fece dell'isola il più bel regno che fu mai esistito. Pocopiù tardi nacque loro una bambina, Felicia, dagli occhi di smeraldo, gli stessi della mammaGiada. In occasione del suo primo compleanno, a Orchidea si preparò una grande festa egiunse la zia Rachele sorella maggiore della principessa Giada, donna di indole malvagia,gelosa fin dall'infanzia della sorella e conoscitrice delle arti della stregoneria. Racheleaveva portatocon se, come dono per Felicia, un bellissimo balocco: una bambola diporcellana alta quasi un metro e vestita di un prezioso abito di velluto e organza,arricchito con pizzi e merletti; i genitori di Felicia, invece, avevano coltivato per lei lapiù bella, grande e profumata orchidea che si fosse mai vista. La notte della vigiliaRachele, passeggiando per i corridoi del grande palazzo, giunse nel giardino dove videKaty, damigella di Giada, che bagnava amorevolmente la grande orchidea: "Che splendore !" disse Rachele "Si, è stupenda!" rispose Katy e continuò:"E' il regalo dei genitori per lapiccola Felicia". Rachele si rabbuiò in viso e scomparve senza proferire parola. Avendonotato che il suo regalo sfigurava enormemente rispetto a quello della sorella, per gelosiadecise di mettere una polvere velenosa all'interno del fiore per uccidere la piccolaFelicia e godere, una volta per tutte, nel veder soffrire la sorella minore. Prese così, lapolvere dalla sua stanza e si recò nel giardino; non accorgendosi di non essere sola, mise ilveleno all'interno del fiore quando, un rumore di foglie calpestate, attirò la suaattenzione: Chi è là?" chiese minacciosa. C'era Katy che, rimanendo in silenzio, tentò didarsi alla fuga ma con un agile scatto Rachele la raggiunse e la afferrò per un braccio:"Trascorrerai il resto dei tuoi giorni senza poter vedere la luce del sole!" A nullavalsero le suppliche e le preghiere di Katy: la trascinò nella boscaglia fino a giungereall'entrata di una caverna nella quale la rinchiuse con un pesante masso. La mattima sidiede inizio alla festa: un ricchissimo banchetto, giochi, canti e danze precedettero il

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momento in cui, dopo il taglio della torta, Felicia si accingeva a ricevere i doni e per primo,quello dei genitori; Giada precedette gli altri nelgiardino per controllare che tutto fosse in ordine e, dopo aver ammirato il fiore, volleodorarlo nuovamente ma, davanti a poche persone, si accasciò e morì. Per tutto il palazzoecheggiarono pianti e grida di dolore; Rachele simulando rabbia e dolore, con unincantesimo fece sì che le orchidee non producessero più alcun odore ma, il principeMiguel fuori di sé dal dolore, ordinò che tutte venissero estirpate. Le settimanepassavano, Felicia cresceva triste con la zia Rachele e Miguel, come un automa,girovagava giorno e notte senza meta da un punto all'altro dell'isola, finchè una mattina,giunto davanti ad una caverna chiusa da un masso, decise di spostarlo e all'interno trovòKaty, pallida e deperita, ma ancora viva. Lei gli raccontò,tra le lacrime, della sera in cuiaveva visto Rachele mettere il veleno nel fiore, e di quando fu imprigionata per nonparlare. "Nooo!" urlò Miguel in preda all'ira, correndo a radunare i suoi uomini e la suacorte e, fatta prigioniera Rachele, parlò così davanti a tutti: "Tornerete tutti alla patrianatìa, e lì farete processare e giustiziare questa donna" , indicando Rachele con l'indice, " Partirete stasera stessa, così ho deciso!". Poi si allontanò e tornò a palazzo nelpomeriggio, quando ormai era già vuoto; solo Katy e Felicia lo attendevano "Dammi miafiglia" e ordinò, la baciò teneramente come fosse l'ultima volta e Katy capì che stava per accadere qualcosa di terribile. "Avvolgila in una copertina e riportamela subito" le disse porgendogliela.Katy portò via Felicia e gli riportò subito dopo il fagottino avvolto nella copertina; Miguello prese e si diresse verso il bastione più alto del suo palazzo "Non lo faccia!" lo supplicòKaty ma, ormai insensibile a tutto, fece il salto estremo: si lanciò nel vuoto, cadde in maree morì. Katy, sconvolta, prese tra le braccia la piccola cha si trovava sana e salvaall'interno del palazzo e, piangendo, guardò tristemente le navi salpare. Ma, a poche migliadalla costa Rachele, incatenata in una stiva, usò i suoi poteri malefici per provocare una tempesta e lanciò un maleficio: "CHE DA OGGI PER IL FUTUROQUESTA ISOLA SIA PREDADI UN FATO OSCURO!UNA TEMPESTA DOVRA' SCOPPIAREOGNI VOLTA CHE UNA NAVEPROPRIO QUI' VORRA' APPRODARE!PIU' NESSUN PALAZZI POTRA' COSTRUIREE CHI FARLO VORRA' FARE DOVRA'CIO' CHE GIADA OSO'' PRIMA DI MORIRE!"

Tutte le navi naufragarono e nessuno fu salvo. Katy rientrò nel palazzo e si prese cura diFeliciafino alla morte; quella bambina sono io: il mio nome è Felicia!". I tre amici rimaserodi ghiaccio. Interminabili minuti passarono in silenzio finchè Aureliano osò: "Ecco ilperché delle strane burrasche e dei naufragi! La sua vita, Donna Felicia, deve essere statamolto triste!C'èqualcosa che possiamo fare per allietarla?". "Niente, vi ringrazio;ma c'è qualcosa cheio posso fare per voi: darò al principe William il regno che stava cercando e metterò finealla maledizione" rispose Felicia. "Cosa vuol dire? Che morirà respirando il veleno della

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grande orchidea?" chiese William allarmato. "E' quello che farò" sentenziò Felicia "Noinon possiamo permettervi di farlo!" dissero in coro i tre amici "Sono vecchia ormai, lasciateche raggiunga i miei cari respirando il profumo che per ultima mia madre respirò" concluse,e, avvicinatasi alla grande orchidea, chiuse gli occhi e fece un profondo respiro. Non morì.Il tempo aveva fatto svanire il potere del veleno, ma ecco che dal terreno iniziarono a germogliare nuove orchidee, ed in poche ore l'isola fu di nuovo ricca dei fiori stupendi. Le tempeste cessarono, William partì e tornò con la sua sposa e la sua corte, e costruì unmagnifico regno; Aureliano e Felicia vissero serenii pochi anni rimasti loro, e Orchideatornò ad essere l'isola felice do un tempo, ricca di quei bellissimi fiori che, ahimè, non profumavano più!

Filastrocca per il Carnevale

Il carnevale è da poco arrivatoe c'è un bambino mascherato

che corre con corna, coda e forconea spaventar tutti per l'occasione.

Esce in piazza il diavoletto e trova una festa di tutto rispetto:

ci son trombette, coriandoli, stelle filantiballano e giocano tutti quanti!Sfila Zorro con la sua spada,

un Peter Pan ha perso la stradaverso l'isola non sa dove andare

ma un buon Topolino lo va ad aiutare.C'è anche Harry Potter col suo cappello

che fa magie e bum! …scompare un ombrello!Quel Belzebù è un po' birichinofa gli scherzi ad ogni bambinoma verso sera dopo la festa

andare a nanna altro non resta.E tolti i vestiti da diavoletto

si ritrova a sognare da buon angioletto.

La pecora Chiaretta

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Immaginate un prato verde alle spalle di una montagna con margherite e tanti fiorellini ditutti i colori, una brezza che accarezza i vostri capelli ed un leggero profumo di campagna,è l'ora del tramonto e gli ultimi raggi di sole fanno capolino tra le cime della montagna. Li,a due passi da un piccolo laghetto di montagna, un gregge di pecore sta brucando gli ultimiciuffi d'erba prima di rientrare all'ovile. D'un tratto uno strano rumore mette in allarmetutto il gregge, le pecore si radunano in gruppo e richiamandosi l'un l'altra si incamminano verso l'ovile mormorando: "presto c'è odore di lupo nelle vicinanze, dobbiamo rientrare subito". Una di loro, Chiaretta, un po' attardata, viene richiamata dalle colleghe ……"ei cosa fai non vieni ? c'è un lupo nelle vicinanze, se sente la nostra presenza sicuramente viene qui e ci mangia tutte, corri!" Chiaretta incurante dei richiami continua a brucare rassicurando le colleghe …."andate pure avanti, poi vi raggiungo" Ma le compagne di Chiaretta non hanno fatto a tempo a sentire la risposta, tanta la paura che sono rapidamente scomparse lungo il sentiero che dietro la collina porta all'ovile. Tranquilla tranquilla Chiaretta continua a brucare saltellando di qua e di là incurante del pericolo incombente, ed ecco che di li a poco un grosso lupo spunta dal vicino bosco, si avvicina quatto quatto a Chiaretta pronto a saltargli addosso. D'un tratto un silenzio di tomba corre su tutta la spianata, il lupo è a pochi passi dalla pecora, e sta per spiccare il salto fatale. Ma …….. che succede ………… la pecora, attratta da un magnifico ciuffo di margherite salta sulla destra e il lupo, che ormai aveva spiccato il salto, …….. atterra proprio dove poco prima avevano pascolato delle mucche………. Potete immaginare il lupo come era conciato, già sporco di suo di fango, ora aveva cacca di mucca su tutto il corpo ed ancor peggio nuvole di mosche e moscerini gli ronzavano attorno, come danzando per il rinnovato pasto a disposizione. Chiaretta accortasi di quanto è successo, scoppia fragorosamente a ridere. Il lupo, ripresosi dall'impatto con il "pranzo delle mosche" dice con voce rauca e qualche colpo di tosse (un po' di cacca gli era andata a finire anche in bocca): "Cos'hai da ridere, tra poco ti sbrano e così la smetti di divertirti". Chiaretta, per nulla impressionata ribatte al lupo "… va beeeeene non sono fuggita come le altre colleghe e così ti ho facilitato il compito pertanto questa sera sarò la tua cena, ma avrò almeno diritto al desiderio del condannato o no?" Va bene dice il lupo, "dimmi quale è il tuo desiderio e facciamola finita presto che ho fame", con voce decisa la pecorella risponde: " … io sono una pecorella bella e tutta pulita e voglio essere mangiata da un lupo anche lui tutto lavato e pulito" "Ma che cavolfiore di desiderio e mo che dovrei fa", dice il lupo, "ma proprio la più matta mi doveva capitare, speriamo almeno sia tenera, e ……. dimmi cosa dovrei fare?" conclude il lupo. "molto semplice" risponde la Chiaretta, "fai un bel bagno nel laghetto qui di fronte a te, anzi prima di bagnarti guardati nello specchio d'acqua e così ti renderai conto di come sei conciato, non si va a tavola così sporchi, non te lo ha insegnato mamma lupa?". "Ma guarda cosa mi tocca subire" borbotta il lupo, "del resto io sono un lupo d'onore e mantengo le promesse". Il lupo si avvicina allo stagno e quasi si sorprende nel vedersi tramite lo specchio d'acqua tutto inzaccherato di fango e cacca di mucca, "in effetti non hai tutti i torti " dice il lupo con voce accomodante". Se ti sbrano così conciato poi finisco di mangiarmi anche fango e cacca, se invece mi lavo poi potrò gustare tutto il vero sapore di una giovane e tenera pecorella" . Il lupo spicca un salto e giù nello stagno, poco dopo ne esce tutto pulito, e tornato a guardarsi sullo specchio d'acqua quasi quasi non si riconosce. Affianco a lui la pecorella lo elogia e si vanta del fatto che a sbranarla non sarà il solito lupo zozzo e rozzo, ma un bellissimo lupo lindo e pinto come pochi se ne

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sono visti nel bosco. "che bello che sei", dice la pecorella e prosegue:" è un peccato però……." "Un peccato cosa?" , ribadisce il lupo, "ho esaudito il tuo ultimo desiderio, e cosa ti manca ora, dimmi sono curioso ed …….. AFFAMATO, spiegami, non ho altro tempo da perdere" "Beeeeeeeeeee", dice la pecorella ," pensa che peccato, tu adesso, come è tuo diritto, mi sbrani, mi mangi e sazio di me ti metti subito a dormire nuovamente a sporco , questa volta di sangue, e tutta la tua bellezza dove è andata a finire?". "Fammi capire dove vuoi arrivare" borbotta il lupo gonfiandosi il petto quasi per ribadire che qui comanda lui e che le chiacchiere stanno a zero. "Beeeee", prosegue la pecorella, "non potresti rimandare la cena di questa sera ad una bella colazione mattutina, pensa che bello svegliarsi bello pulito, la mattina comincerebbe sicuramente di buon umore specie se c'è con una bella pecorella per colazione." Il lupo acciglia la fronte ci riflette, sembra quasi convinto, e poi risponde " metti che accetto la tua proposta, dimmi, poi che mi mangio questa sera per cena?" "Sai" risponde subito con fare suadente la pecorella, "la sera è meglio stare leggeri, anche noi pecorelle la mattina mangiamo di più, la sera ci limitiamo a qualche ciuffo di margherite, sai facilitano il sonno, pensa pure il pastore vedo che ogni tanto ne prende un po' per prepararsi una bevanda che sorseggia prima di andare a dormire, pertanto per questa sera potresti provare un pranzo vegetariano". "Ma guarda dove mi sono andato a cacciare", borbotta tra se e se il lupo con oramai le spalle a terra, "ma perché non mi sono sbranato quella piccola volpe che mi ha tagliato la strada mentre andavo in cerca di pecore, è vero chi si accontenta gode ed a quest'ora avrei avuto la pancia piena." Esausto, anche un po' assonnato il lupo acconsente "e vabbbe (i lupi raddoppiamo le b) andiamo a mangiare un po' d'erba". Con una certa serenità, per la giornata di vita guadagnata e assumendo anche un fare da esperta dietologa, Chiaretta mostra al lupo le erbe da mangiare: "prendi questa è buonissima, stai attento a quest'altra masticala bene senno ti rimane sullo stomaco, vedi quest'erba verde scura, se qualche volta sei costretto a mangiare una pecora un po' vecchia e pensi ti possa restare di difficile digestione, mangiane due o tre ciuffi, ti aiuterà a digerirla, ora mangia anche un po' di questa erba camomilla ti aiuterà a rilassarti dopo questa giornata faticosa", e proseguendo nella cena vegetariana, la pecorella mostra tutte le proprietà delle varie erbe e fiori che inverdiscono la spianata. Il sole è oramai tramontato, solo qualche lucciola illumina con flebili lampi la spianata, il lupo e la pecorella si accasciano abbracciati nel sottobosco nei pressi di un grosso albero. State tranquilli, non è nata nessuna storia d'amore, il lupo abbraccia la pecora perché, nonostante l'erba camomilla, ha chiaro nella sua mente che la pecora non gli deve scappare, è la sua colazione di domani. Il sole con i suoi primi raggi dall'orizzonte comincia ad illuminare la spianata creando fantastici riflessi di luci sul piccolo laghetto, i primi uccelli cominciano a cinguettare sugli alberi. Risvegliato dal cinguettio degli uccelli che si lucidano le piume bagnandosi sul laghetto, il lupo comincia a stiracchiarsi e ancora sotto l'effetto di quell'erba, cerca di capire il perché e il come è mai si trova con una pecorella tra le braccia. La situazione è confusa pur sentendosi sazio il lupo non capisce perché la pecorella al suo fianco è ancora viva, pochi secondi ancora e il lupo riprende a pieno il suo ruolo di lupo cattivo, sveglia la pecorella e la informa di ciò che le sta per accadere. "Ma …….." con voce flebile e nello stesso tempo via via più decisa Chiaretta chiede al lupo " vuoi vuoi ….. almeno dirmi come ti senti? Di la verità hai dormito bene e stamani ti senti tutto arzillo, perché rovinare questo momento, se mi mangi pensa cosa perdi, torneresti subito un brutto e sporco lupo e non avresti più un'…… amica pronta a farti apprezzare le altre belle cose oltre della vita. Il lupo "bello" a questo punto non sa più che fare, riflette sull'accaduto e pensa che tutto sommato l'idea della pecorella non gli dispiaceva e pertanto decide di approfondire la materia e per non dare soddisfazione a Chiaretta, le dice "senti, tutto sommato mi sento ancora sazio della cena di ieri, e poi quell'insalatina non era nulla male, ogni tanto pure a

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noi lupi fa bene mangiare vegetariano. La giornata prosegue nella spianata con il lupo che affianco alla pecorella impara a riconoscere le erbe ed i fiori buoni da mangiare fino a tarda sera quando, stanchi ma ambedue soddisfatti per la bella giornata trascorsa assieme ambedue si accasciano nei pressi di una quercia per il meritato riposo. Ambedue sono già appisolati, le margherite hanno fatto subito effetto, qualche raggio di luce fende ancora il vicino bosco colorando di rosso intenso il vicino laghetto c'è ancora luce abbastanza perché ………… ….. un altro lupo possa scorgere le due sagome appisolate sotto la quercia, con passo da lupo (non poteva essere altrimenti) si avvicina silenziosamente alla coppia e come sa fare un lupo, alza la zampa del lupo bello, e sfila via la pecora senza fare il minimo rumore. Presa ben saldamente la pecorella tra le zampe, il lupo "Brutto", a passo sempre più svelto, comincia ad allontanarsi pregustando i gustoso banchetto che farà di li a poco. Ancora una volta un silenzio di tomba scende su tutta la spianata, cala il vento e gli uccellini smettono di cantare quasi per dare la possibilità al lupo bello di sentire il rumore causato dal calpestio delle foglie del lupo brutto in fuga nella speranza che si possa destare dal profondo sonno e correre i aiuto alla pecorella bella. Svegliatasi e ripresasi dallo spavento la pecorella bella comincia a gridare "lupo bello aiuto, aiutoooo c'è un lupo brutto e cattivo che mi vuole mangiare, aiutoo….", grazie al silenzio di tomba le grida della pecorella fanno svegliare di soprassalto il lupo bello che subito accortosi dell'accaduto prende con se tutte le energie e parte alla carica del lupo brutto per riprendersi Chiaretta. Fiero della necessità di correre in salvo della pecorella che tante cose gli aveva insegnato correndo sempre più velocemente si avvicina sempre più con passo deciso verso il lupo brutto che accortosi dell'inseguimento grida "ma dai facciamo metà per uno la prossima volta penso io a portarti una pecorella in cambio tu non ce la farai mai a mangiarla tutta in un boccone". Il lupo bello, che nel frattempo aveva raccolto da per terra un nodoso ramo di quercia, raggiunge il lupo brutto, ed a suon di legnate lo costringe a lasciare la pecorella ed a darsela velocemente a gambe. I due finalmente si trovano nuovamente assieme, contenti per il pericolo scampato, e felici e contenti (le favole finiscono sempre così) decidono di restare amici per sempre.

Morale della favola: Affronta il pericolo con la massima calma e trasformi un nemico in un tuo alleato.

Sole del mattino

Sole, sole del mattinoentri piano dal giardino

fai un giro intorno al lettoe mi svegli con un buffetto.

sole, sole del meriggio giochiam tutto il pomeriggio

poi felici ed affamati a merenda stiam accocolati.

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sole, sole della seradopo i pasti della cena

fra sbadigli ed occhi stanchibuonanotte a tutti quanti.

Luna, luna della nottetu che vegli senza soste

ad ogni bimbo che fa la nannadagli un bacio,un bacio di mamma.

Il chicco di grano

C'era una volta un chicco di grano. Mentre lo trasportavano in un grosso sacco di tela con i suoi fratelli, era scivolato fuori da un minuscolo buchetto ed era atterrato su una strada polverosa, tra i sassi. Una strana creatura nera con lunghe penne lucenti sulle ali, lo aveva prelevato per portarlo nella sua tana, sull'albero più alto del campo lì vicino. Mentre volava tra le zampe del corvo, era riuscito a fuggire tra un'unghia ed un polpastrello, atterrando nel mezzo del campo. La soffice terra bruna lo aveva accolto, dandogli il rifugio ed il calore di cui aveva bisogno per calmare i timori e lenire la tristezza dell'improvviso atterraggio tra le pietre. Dov'erano i suoi fratelli? Loro, tutti insieme, avrebbero continuato a ridere e cantare come prima dell'inizio del suo viaggio solitario mentre lui, in quel pur comodo nido, che fine avrebbe fatto? Tutto preso dai suoi pensieri, quasi non si accorse di un piccolo schianto quando, tutto ad un tratto, gli spuntarono delle piccole cose sotto; come dei piccoli fili. Mentre era ancora intento a meravigliarsi della novità, quelle strane protuberanze cominciarono a muoversi nella terra, come animate da vita propria. Spaventato, cercò di fermarle, ma quelle non gli diedero retta, e continuarono a penetrare la terra. D'improvviso un grande piacere sconvolse il piccolo chicco, che sentì fluire in sé la linfa, veicolata dalle radici fino alla parte più profonda del suo essere, quella che non sapeva di possedere. Un improvviso

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respiro gli gonfiò il corpo, frantumandogli l'armatura; e così il chicco si trovò libero, avvolto nel nero che lo sfiorava, inducendolo a crescere sempre più. Così, dal desiderio che provava, spuntarono le ali, che lo condussero fuori dal terreno, oltre la superficie del campo, su nel cielo. E sotto di sé, il chicco mai più triste, vide la sua trasformazione definitiva in fusto, foglie e poi spiga colma di chicchi come lui. Ecco, senza l'iniziale ruzzolone sulla strada polverosa, senza la perdita dei suoi fratelli, senza il corvo dalle lunghe ali lucenti e dalle unghie ricurve, il chicco non avrebbe sentito il respiro della terra che lo aveva spinto fin lassù e non avrebbe saputo che crescere significa provare paura e tristezza, ma anche amore, desiderio e piacere.

Stellina e il Paese dell'allegria

Una notte Stellina incuriosita da una luce lontanaChe guardava da una settimana

Decise di allontanarsi dalla sua " tana "E di avventurarsi nell'universo …

Verso quel pianeta lontano , forse diverso…..Allora facendo piano piano per non disturbare,

decise di volare verso quella lucina,e superati monti, valli ed il marearrivò finalmente su quel pianeta

dove tra le montagne scorse un paese colorato, da un baglioreilluminato…

decise subito di andarlo a visitareed all'ingresso del paese lesse queste righe:

"C'era una volta nel blue dell'universo,tra le stelle, tra i pianeti, un pianeta di nome ALLEGRIA

dove tra le stelle e le caramelle

c'era una città, anzi un paesello,posizionato su un monte assolato,

tra fiumi e colline, montagne e valli …era il Paese dell'ALLEGRIA.

Qui tutti erano felici Perché erano tutti amici!

La mamma giocava con il suo bambino

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La gatta sorrideva all'uccellinoEd il sole giocava con la luna dalla sera al mattino…

E tutti abitavano in case colorate …E Stellina iniziò a scoprire ….

La casa del pasticcere,la casa del macellario,la casa del giocattolaio

e dell'ombrellaio."Che bello questo paese - "disse Stellina" - Sono tutti indaffarati,

mentre dove abito io le stelle sono tristi …forse perché stanno sempre a dormire?????

Devo fare qualcosa per farle divertire!"Allora Stellina tornò dalle sue amche

Nel blue tra i pianeti e disse alla sua mamma:"Mamma ho visto un pianeta

dove non si dorme ma le persone stanno bene lo stesso,anzi sono felici!!!"

Allora la mamma rispose:"Che dici Stellina,

un paese non è divertente se non si dormedalla sera alla mattina!"

Allora stellina durante la notte prese delle cordicineE legò insieme i cuscini delle sue sorelle

E delle amiche stelline, alla coda di STELLA COMETA,che per la notte di Natale

sarebbe andata verso il Paese dell'allegria.Così in un baleno

Si ritrovano tutte niente menoA rischiare il cielo del Paese dell'allegria,

che si era un bel mondo…ma mancavano le stelline

a fare luce sui sonni delle bambine…che quel giorno videro entrare nella loro stanza

una luce giallina e profonda…E così tutti i bambini del paese

Si affacciarono alle finestreE videro nel cielo le stelle tanto desiderate!

Allora tutti mandarono un bacino,le stelle fecero capolino, si svegliarono,

e con un inchino ringraziarono i loro nuovi amici e le loro amichetteper avere fatte sentire importanti!

Così decisero di rimanere tutte nel Paese dell'AllegriaDove finalmente le notti erano serene

E le stelle di gioia erano piene!Tutto grazie a Stellina…

Dolce e sensibile pianeta…Che aveva capito bene

Che per essere felici bisogna avere tanti amici!

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Filastrocca dei numeri (antico dialetto siciano)

Unzid'runzitrinzi quara

quaquazzigniffi gnaffi

cunta ca

dreci su

salute a tutti

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Due bambine

Questa è la storia di due bambine, che nascono in tempi lontani, non sappiamo dove, non sappiamo perché, sappiamo solo che loro

e solo loro hanno cambiato il destino di un intero mondo e di milioni di persone. Sembravano così simili alla nascita, tutte e due così belle, così ubbidienti e curiose di conoscenza e di verità. Due bambine gemelle con gli stessi colori e la stessa freschezza, ma dentro di sé ognuna portava una propria volontà, propri sogni in cui credere, da rafforzare e da raggiungere. Ma mentre Pace, coi

suoi occhi pieni di luce, cercava, crescendo, di apprendere il significato di parole come fratellanza e generosità, la piccola

Guerra, con le cupe ombre che lasciava al suo passaggio, riusciva solo a creare ambigui malesseri intorno a sé... ma era solo una bambina! Pace era amata perché, si diceva, al suo passaggio,

lasciava un raggio di sole nei cuori di chi la guardava, e mentre parlava, coi suoi gesti pieni di grazia e di dolcezza, non si poteva non essere trasportati verso la sua anima così pura ed esserne

invasi. Guerra rimaneva in disparte, con i suoi oscuri pensieri, che nessuno riuscì a capire e modificare, a covare dentro di sé rabbia e rancori per la sua solitudine, e per quanto amasse sua sorella, non poteva fare a meno di pensare che se lei non ci fosse mai

stata magari qualcuno si sarebbe accorto di lei, magari qualcuno avrebbe apprezzato quel poco di bello che aveva da offrire, ma

Pace c'era, e non si poteva non amarla.E così fece la sua promessa: "crescerò odiando perché è l'unica

cosa che so far bene e migliorerò il mio odio e lo espanderò, imparerò a distruggere, annienterò tutto ciò che somiglia a lei, a Pace, perché io come lei non potrò mai essere, cercherò solo la

sofferenza negli occhi di chi guarderà nei miei".Pace non sapeva cos'era il rancore e il disprezzo perché dentro di

Page 18: Favole per la ninna nanna

lei non ve n'era traccia alcuna, viveva libera da ogni repressione, amando sua sorella e cercando di insegnarle cos'era l'amore, ma Guerra era ormai troppo ferita e troppo oppressa da tanta rabbia

per cambiare il corso della sua vita e del dolore che avrebbe causato, imparò così a diventare anche subdola, facendo ricorso

all'inganno per ottenere la sua vendetta.Un giorno prese la sua valigia la riempì di tutte quelle cose

preziose che su di lei perdevano tutto il loro valore, e andò a salutare sua sorella, pianse quella giovane donna perché l'amava davvero, nell'unico modo che conosceva di amare, ma sapeva che con Pace accanto non ci sarebbe mai stato nulla per lei, le disse solo "il destino mi ha voluta come tua sorella ma la vita mi vuole

come tua eterna nemica" e se ne andò.Pace provò per la prima volta il dolore di una perdita e soffrì così

tanto che conobbe per prima la disperazione che sua sorella sapeva infondere e catapultare nel cuore di chiunque si trovasse sul suo cammino, ma il dolore riuscì in qualche modo a rafforzare

il suo sorriso e la sua volontà di trovarlo in ognuno passasse accanto a lei. Pace partì e seguì sua sorella, decise di proteggerla, di aiutarla a non dissipare altro odio, e di preservare chi l'avesse accolta inconsapevole dei suoi propositi di sola violenza ."Ma lei

non è cattiva, lei è stata solo ferita dalla nostra indifferenza" continuava a rimproverarsi Pace.

Il tempo passò e quello che Pace vide e trovò sulle tracce lasciate da Guerra fu solo la disperazione che lei stessa aveva conosciuto,

in rare occasioni Pace riusciva ad arrivare per prima, laddove captava che la sorella avrebbe inondato di morte, e riuscì a

preservarne la vita, perché nonostante tutto Guerra la temeva e ne sentiva la nauseante presenta d'amore anche a enormi

distanze. Quanto tempo passò, anni, secoli, millenni, e di quelle due

bambine che giocavano insieme mi piacerebbe dire che si sono incontrate di nuovo, e ritrovate e amate che si sono prese per mano e finalmente capite, e invece sono invecchiate amandosi sempre ma come Guerra aveva predetto per sempre nemiche e

hanno chiuso gli occhi dalla vita lo stesso giorno, Pace con lo stesso identico amore negli occhi e Guerra con la sua eterna

rabbia nel cuore. Solo che nel tempo hanno formato dei grandi

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eserciti di seguaci, che si inseguono instancabilmente per imporre l'una la guerra, nome che è stato dato nel tempo alla vera

distruzione, al raggiungimento del potere schiacciando chi non lo riconosce in onore di chi ne ha respirato le prime esalazioni, e per cercare la pace, nome che è stato donato alla ricerca per la libertà

e per la vita, in virtù di chi, per tutta la sua vita non ha cercato altro.

A volte mi sembra, pensando a quelle due sorelle, che tutto questo non potrà mai avere fine…..

Pace non cercherà mai di distruggere Guerra perché lei non sa uccidere, e Guerra non annienterà mai la vera Pace perché senza

di lei non rimarrebbe più nulla da distruggere.

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La papera Betta

C'era una volta la papera Betta, che viveva in una pccola casetta sul laghetto Smeraldino pieno di Ninfee insieme ai suoi due

fratellini, tre sorelline, la mamma, il papà e i nonni paperi. Il giorno del suo compleanno decise di andarsene in giro per il mondo:

prati, laghetti, fiumi e mari per conoscere nuovi amici. Davanti ad un'enorme torta piena di panna e cioccolata che le aveva

prepartato la nonna disse " Grazie per la buonissima torta e per tutti i regalini, ma io ho deciso di andare via dal laghetto

Smeraldino per un pò di tempo perchè voglio vedere cose nuove". La mamma paperina scoppiò a piangere e non voleva far partire Betta. Il papà invece abbracciò la figlia e disse " ti lascerò andare perchè devi fare le tue esperienze ma non sarà facile". Così Betta

dopo aver baciato tutti se ne andò. Durante il suo viaggio incontrò molti amici come il rospo Bibò,

l'anatroccolo Arturo, l'oca Pamela ed anche animali poco socievoli, ma non di certo cattivi. Un giorno mentre si trovava nel mare fu attratta da una macchia marrone non appena si fu avvicinata si sentì le ali incollate e non riusciva più a muoversi... quando non aveva più forze arrivò il Gabbiano Lorena e presa Betta con il

becco la posò in terra e le disse " Stai attentà perchè ci sono molti pericoli come questi". Allora Betta pensò che doveva evitare tutte le macchie marroni. Mentre pensava, le venne fame: camminava in mezzo ad un prato pieno di violette, ranuncoli e panzè, quando

vide un piccolo tronco marrone e bianco con l'estremità bruciacchiata, pensò che doveva provare un cibo nuovo. Lo beccò

e capì immediatamente che era disgustoso, dopo un pò la sfortunata Betta cominciò a stare male... per fortuna arrivò Bibò,

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che la portò dal medico Agata che le diede come medicina petali di margherita e foglie di tulipani rossi. Quando si sentì meglio Betta decise di tornare a casa perchè capì che c'erano molti

pericoli contro cui non poteva difendersi invece lì nel laghetto smeraldino non c'erano macchie marroni collose o tronchetti

velenosi. Così tornò nella sua casetta dove venne accolta da tutta la famiglia con molta gioia e baci.

L'amore è per l'eternità

C'era una volta un piccolo villaggio, dove le persone vivevano felici e serene, un paese che non conosceva cosa fosse la guerra e ogni tipo di cattiveria, dove gli abitanti conoscevano solo l'amore,

il sorriso e la cordialità. Un giorno però, passò di lì una vecchia strega cattiva, che viveva nel bosco, e vedendo tutte quelle

persone felici fu morsa dall'invidia e pensò di fare un incantesimo cosicché anche quel villaggio sarebbe piombato nel buio della

tristezza. La vecchia strega, una volta tornata nella sua casa nel bosco, che nessuno mai aveva osato avvicinare, raccolse tutti gli

ingredienti necessari per l'incantesimo e cominciò a mescolarli nel suo pentolone: "bratacal, bratacal, fa che scappi il bene e venga il

mal "-questo pronunciava la strega, era una delle sue formule segrete, e ancora: "Scatapin, scatapa, che il male rimanga là"

-"patacar, patacar che sorrisi e baci volino via per il mar".La strega aveva un gran libro nero, che conservava in un vecchio ripostiglio buio e pieno di ragnatele, con tutte le formule magiche,

quest'incantesimo lo aveva già fatto tante volte, infatti, tutti i villaggi della zona erano sotto il suo influsso e le persone vivevano

nel buio della tristezza e della cattiveria.Preparata la pozione e chiusa in una boccetta, la vecchia strega si diresse verso il villaggio e dette le ultime parole magiche, sparse la polvere nell'aria, il cielo a quel punto si oscurò, un vento forte

cominciò a soffiare spargendo l'incantesimo su tutte le case: tutti i sorrisi delle persone e i baci scomparvero e la strega li racchiuse

in un gran recipiente di terracotta, lo tappò per evitare che uscissero e tornò sghignazzante e soddisfatta nella sua casa.

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Sul villaggio piombò il buio, le persone cominciarono a litigare fra loro, nessuno andava più d'accordo, non c'era più l'amore, non c'erano più i baci, nessuno sapeva più cosa fossero, le mamme

non davano più il bacio della buona notte ai figli, che non si addormentavano, anche i fratelli non si amavano più e litigavano

continuamente.Un giorno Nila,che era una giovane, la più bella ragazza del villaggio sognò nella notte che un principe venuto per lei,

sorridendo la prendesse con lei e la baciasse, vivendo per sempre felici. Al suo risveglio, ripensando al sogno, si ricordò che

esistevano i baci e i sorrisi, l'amore, ma che nessuno più sapeva nel villaggio cosa fossero. Nila, decise allora di chiedere aiuto, immaginando che quello che stava accadendo fosse frutto di

qualche incantesimo. Prese il suo piccolo piccione e legò alla sua zampina un piccolo foglio con la richiesta di aiuto -"Va piccolino,

cerca qualcuno che possa aiutarci, fa presto".Il piccione volò per due giorni e due notti, fino a quando non trovò un cavallo vicino ad una fontana fuori dal bosco, e vicino al cavallo

un giovane; gli si avvicinò : "Ehi, tu, ascoltami",disse."Chi è che parla?" rispose stupito il cavaliere.

"Sono io, sono qui, ma non hai proprio immaginazione? Sono il piccione, senti ho un messaggio per te, leggilo, sbrigati e vieni a

salvare il villaggio", concluse il piccione.Letto il messaggio, il cavaliere disse: "Di alla tua padroncina che

io, Bory correrò da lei e verrò a salvare il villaggio".Il piccione partì, per dare la notizia alla sua padroncina.

Bory, salì a cavallo e come una furia, corse disperatamente verso il villaggio, vi ci giunse dopo un giorno e una notte di cammino, cercò la casa di Nila, la trovò, bussò..."Salve, dolce fanciulla, mi

chiamo Bory, sono al vostro servizio e a quello dei vostri paesani, ditemi come posso aiutarvi, davanti a cotanta bellezza m'illumino

di gioia"."Grazie, bel principe, siete la salvezza del paese, siamo stati

colpiti da un incantesimo della vecchia strega, ci ha tolto l'amore, il sorriso" disse la giovane.

"Ma voi, non avete perso l'amore, lo vedo dai vostri occhi, voi amate, sapete cos'è l'amore".confidò il cavaliere.

"Oh, che animo dolce avete, sapeste come il mio cuore ha bisogno

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di amare e di essere amata, quanto affetto ho da donare, ma sapete qui nel villaggio sono tutte persone anziane, non come

voi..". A quel punto la giovane arrossì e il cavaliere visto l'imbarazzo di

lei, la confortò dicendole: "Non vergognatevi, mia principessa, è il fato che mi ha condotto da voi, io sono solo, non ho mai trovato una ragazza dolce, tenera come voi, i vostri occhi mi dicono che

anche voi provate qualcosa per me, ditemi che è vero"."Si, ma non sono una principessa" rispose con un filo di voce Nila, che era ragazza molto timida, ma che sentiva dentro di provare

qualcosa di speciale per quel ragazzo. Ma era amore! Amore infinito, unico e anche Bory provava le stesse cose per lei.

"Per me lo siete, siete la principessa più bella che ci sia al mondo". Disse con trasporto Bory. "Ma allora l'incantesimo su di me non funziona, io provo amore e sento l'amore che mi viene donato, grazie mio principe, avete vinto l'incantesimo", e mentre diceva quelle parole i due si baciarono e promettendosi eterno amore,

Bory chiese la mano de Nila, che accettò."Ora dobbiamo liberare tutto il villaggio" disse la ragazza.

"Troveremo la casa della strega e romperemo l'incantesimo". Disse Bory.

"Si, ma come faremo, e poi nessuno si è mai avvicinato alla sua casa, si dice che chi c'entra non ne esca più". Rispose, un pò

preoccupata Nila."Salite sul mio cavallo e insieme riusciremo a vincere

l'incantesimo". E partirono per la foresta. "Eccola, la casa è quella laggiù". Disse Nila.

"Bene, cerca di attirare la vecchia strega fuori e distrarla, le daremo queste fragole con un potente sonnifero, io entrerò in casa per cercare qualche pozione, o qualche rimedio, tutte le

streghe hanno un libro di incantesimi, devo trovarlo". Sentenziò Bory.

Nila, si avvicinò alla casa e bussò: "Buongiorno, Signora, mi sono persa, potreste aiutarmi? E le donò il cesto di fragole con il

sonnifero.La vecchia fece entrare Nila, e non fidandosi annusò di nascosto le

fragole, accorgendosi della presenza del sonnifero: "Adesso ti faccio vedere io". Pensò minacciosamente la vecchia strega. Nel

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frattempo Bory di nascosto era entrato da una finestra dal retro e cercava il libro degli incantesimi.

La strega allora, accortasi dell'inganno, offrì a Nila una porzione di frutta, cui aveva aggiunto anche una fragola contenente il

sonnifero, e una sua pozione, Nila, per cortesia, la mangiò e dopo poco cadde in un sonno profondo.

"Volevi farla a me,eh?" Disse la strega.Bory, arrivato nello scantinato, vide sopra uno scaffale, un grande libro nero, lo prese ed era, in effetti, il libro degli incantesimi, una

volta preso corse via velocemente, riuscendo dalla finestra."Ce l'ho fatta, adesso riusciremo a far svanire la maledizione, ma

prima voglio togliermi una soddisfazione, cercherò un incantesimo per far diventare la strega una innocua vecchina". Pensò con

entusiasmo Bory.Bory attendeva il ritorno di Nila, ma le ore passavano e cominciò a preoccuparsi: "Deve essere successo qualcosa, la strega si deve

essere accorta di qualcosa, adesso andrò dentro, ma prima...". Ma prima Bory, aprì e cercò nel libro le parole per un incantesimo da

fare alla vecchia strega, poi andò a bussare alla sua porta. Toc,Toc.

"Che cosa volete bel giovane". Disse la vecchia, avendo capito che i due fossero insieme d'accordo. Bory, in quell'istante pronunciò la

formula e la vecchia in un batter d'occhio, si trasformò in una dolce vecchina.

"Bene, così state meglio, e da oggi non farete più male a nessuno, anzi ripagherete tutto quello che avete fatto con l'amore che non avete mai dato" e poi disse un 'altra formula: "Tutto quello che

farà, solo con l'amore sarà". Così la vecchia divenne una dolce e buona vecchina, piena d'amore per tutti.

Bory, sistemata la vecchia, entrò in casa per cercare la sua Nila, quando la vide distesa, in un sonno profondo, venne preso dallo

sconforto : "Nila, Nila, sveglia, cosa ti ha fatto quella brutta strega".

Poi continuò:"Adesso dovete dirmi come posso salvare la mia Nila".

"C'è solo un modo. Solo il bacio dell'uomo della sua vita, colui che amerà per sempre, la risveglierà, altrimenti...". Disse la vecchia.

Bory, prese Nila in braccio e adagiatala sul suo cavallo, la

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ricondusse al villaggio. Arrivato al villaggio e preso il libro, Bory cercò un antidoto per Nila, ma non trovò nulla, allora cercò e trovò quella per liberare il paese dall'incantesimo, e formulate le parole magiche, il cielo tornò di nuovo azzurro, e il vecchio contenitore dove erano i riposti i baci e l'amore, si frantumò e tutti poterono

così riacquistare il sorriso.Ma per Nila, non si era trovato l'antidoto, allora Bory, adagiò la sua

amata sul prato e chiusi gli occhi, la baciò.Nila, per incanto, dopo poche istanti aprì gli i suoi splendidi occhi.

"Dove siamo?". Disse Nila.Tutto intorno a loro era mutato, non esisteva più nulla, si

trovavano in un mondo dove il tempo non scorreva, abitato solo da loro due, era il premio del loro grande amore che durò per

l'eternità.

Miki e Kiara, storia di un'amicizia

C'era una volta, e forse c'è ancora, una bambina dall'età imprecisata. Nessuno sapeva quanti anni avesse veramente… ma questo non è importante… Insomma c'era una volta una bambina

che adorava andare in giro con la sua biciclettina gialla oppure con i pattini. Abitava in una piccola città che un tempo era stata

una colonia romana e che conservava ancora con cura i resti della sua storia. Era una bella città di mare dove spesso il cielo era

limpido grazie ad un vento forte e freddo che spazzava sempre via le nuvole e che permetteva al sole di brillare di un'intensità quasi irreale. La bambina adorava il mare e amava il sole ed era capace di trascorrere intere giornate a guardare la grande distesa azzurra con aria sognante. Viveva in una piccola casa in cima ad un colle. Accanto alla sua casetta si trovava la scuola, una bella scuola, che

la bambina frequentava. Vicino alla scuoletta c'era un grande parco verde dove i bambini potevano giocare liberi. Tutto intorno

vi era una bella pineta. Un pomeriggio, con la sua bicicletta, la bambina si era spinta oltre il limite del parco che la mamma aveva fissato. - Kiara - le aveva detto la mamma - quando arrivi in fondo

al viale dei tigli, gira la bicicletta e torna indietro. Non inoltrarti

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nella pineta perché potresti perderti. Bene, quel giorno Kiara commise una disobbedienza perché…era una bambina molto

curiosa. Si lasciò alle spalle il viale alberato e le grida dei bambini che giocavano felici e combattuta tra la curiosità e il timore, si inoltrò sotto gli alti pini. La prima cosa che la colpì fu il grande silenzio che regnava nella pineta. Un silenzio che però non la spaventava, anzi faceva scendere nel suo cuore una profonda pace. Lasciò allora la sua bicicletta e incominciò a camminare

piano piano sugli aghi di pino perché non voleva sciupare con la sua presenza quel silenzio surreale, quella quiete. Dopo un po', si

trovò di fronte a una casetta bassa i cui muri erano dipinti di bianco, un bianco candido. La porta e le finestre erano colorate di

un azzurro brillante. Ad un tratto le sembrò di capire che era proprio là che doveva arrivare e che la disobbedienza alla mamma

poteva essere un'obbedienza a qualcun altro. Così le parve naturale tirare la catenella della piccola campana d'argento fissata

al muro. Qualcuno venne ad aprire. "Qualcuno", proprio "qualcuno", perché non si sa se sarebbe meglio dire un angelo, oppure un bambino o un uomo… Possono essere tutte e tre le

cose riunite in una sola persona? Non si sa. Forse non in questo mondo. Ma in quella pineta era possibile. In quella casetta

trascorse uno dei pomeriggi più belli della sua vita e senza dubbio doveva essere un mercoledì… Miki, così si chiamava chi le aveva aperto, fu molto gentile. Fu un pomeriggio indimenticabile. Non si sa cosa rese effettivamente così unico quel pomeriggio. Forse fu il silenzio. Scambiarono poche parole e molti sorrisi anche perché quattro piccoli folletti entravano ogni tanto furtivi nella casetta.

Insieme colorarano con delle bellissime matite ricoperte di carta a fiorellini, ascoltarono una bellissima musica, fecero merenda con i pop corn che Miki aveva preparato con uno speciale apparecchio e, prima di riaccompagnarla alla porta, l'uomo, il ragazzo, l'angelo le donò un libro di favole. Quando Kiara tornò a casa, la mamma

non disse nulla. Non si era accorta della sua lunga assenza. Forse, mentre Kiara era stata in quella magica pineta, il tempo si era fermato. Ci sono momenti nella vita, e questo Kiara l'avrebbe

capito più tardi, in cui ci è dato di vivere oltre lo spazio e il tempo: sono i momenti di felicità intensa in cui sembra di toccare il cielo con un dito. Da allora, la bambina passò molti pomeriggi di pace,

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sempre colorati dai quattro folletti, con quel qualcuno così speciale. Un giorno Kiara si azzardò a chiedere ad un'amica se era

mai stata nella pineta, se sapeva se ci abitasse qualcuno. Le rispose che ci era stata e che nella pineta abitava una persona un po' particolare, che preferiva stare in silenzio, amava la musica e

dicono avesse una sensibilità tutta particolare. Una persona un po' fuori dal mondo che poco aveva in comune con tutte le persone che abitavano nei dintorni. - Così disse l'amica. L'amica non fece domande, ma sospettava che Kiara fosse andata nella pineta. Poi altri amici e tanti, troppi adulti confermarono le parole che aveva già sentito. Sembrava che tutti si fossero coalizzati per riportarla alla realtà della vita e a vivere con meno intensità il rapporto che si era instaurato con Miki. Cercavano di farle capire, anche molto gentilmente, che non era razionale! Tutto questo creò in Kiara un

po' di confusione. Lei che non era mai stata molto razionale faceva fatica a vivere la vita meno intensamente e soprattutto non

riusciva, ma forse in fondo non voleva, rinunciare all'affetto che aveva per Miki o almeno a ridimensionarlo nella logica della realtà degli uomini. Era un affetto speciale, sincero quello che li legava e

che forse nessuno avrebbe mai potuto capire. Erano entrambi molto sensibili e riuscivano a cogliere stati d'animo e sensazioni

che andavano oltre alle parole degli uomini. E poi si parlavano con gli occhi. Qualcuno avrebbe anche potuto pensare che erano

innamorati, ma non era questo e loro lo sapevano molto bene… Comunque Kiara fu travolta dalla razionalità che la circondava,

una realtà molto più fredda e distaccata… molto, forse troppo per lei… razionale! Così per un periodo, non andò più alla pineta: un po' perché si sentiva spiata, un po' perché aveva paura che gli

adulti avessero ragione. Aveva paura di scoprire che Miki non era quello che credeva che fosse. Intanto passava il tempo, la

bambina cresceva e a volte doveva ammettere che quello di cui aveva bisogno non erano le favole di Miki, ma la scuola, la

famiglia…; non era estraniarsi dal mondo, ma il coinvolgersi in esso che riempiva la sua vita; non era il silenzio, ma la

discussione, il confronto con gli altri che la faceva crescere. Divenne grande si sposò, ebbe anche dei figli. La sua vita era felice. Solo in un angolino del suo cuore avvertiva talvolta un

vuoto, una nostalgia… Finchè un giorno, incontrò di nuovo Miki,

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sapeva che anche lui si era sposato e che aveva avuto due belle bambine. La sua vita, dicevano, era felice. Stava in piedi alla

fermata di un autobus: indossava un giaccone rosso che spiccava in mezzo ai colori scuri degli abbigliamenti invernali e non era per niente cambiato. Era solo e sorrideva. Non si sapeva a chi. Forse a

tutti. Forse a qualcuno che nessuno poteva vedere. Ma in quel momento Kiara capì che di quel sorriso aveva bisogno. Un sorriso ed uno sguardo che erano come una porta spalancata su un altro mondo. La bambina si avvicinò a lui e gli disse: - Ora so chi sei:

quello che ho sempre creduto che tu fossi! Miki l'angelo, il bambino, l'uomo le sorrise e non disse nulla… non ce n'era

bisogno!

Memorie di un alieno

E' strano come in certi momenti tutta la tua vita riesca a passarti davanti all'occhio. Forse non proprio tutta, ma solo quella frazione

che ti ha portato ad essere quello che sei; di solito sono errori, cose di cui ti penti, che avresti fatto in un altro modo, e ti trovi a

desiderare di avere una seconda possibilit…, perch‚ adesso ti sembra possibile. Adesso a un minuto alla fine della tua vita, ti

sembra possibile, concreta e tangibile la possibilità di poter diventare un essere migliore. Ma il tuo tempo è scaduto e l'unica speranza che ti rimane è quella di far tesoro delle peggiori azioni che hai commesso, per non ripeterle la prossima volta... sempre

che ci sia una prossima volta. Rivedo i miei genitori, rivivo il loro amore. Amore che forse non mi

sono mai meritato. Tutto, tutto quello che vorrei avere la possibilità di rivivere in modo diverso, è iniziato il giorno in cui mi

diplomai... "Chip", mi disse la mamma, "lo sai che non versiamo in condizioni economiche invidiabili. Quindi, non abbiamo potuto mantenere la

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tradizione di regalarti per questo giorno speciale la galassia che tanto desideravi. Però, ci sarebbe il pianeta Aseter...". Conoscevo

la situazione drammatica delle nostre finanze, tutta via ero rimasto un po' deluso. Io le promesse le mantengo sempre, loro no. Tuttavia accettai il loro dono e dopo neanche 2 anni luce, mi trasferii nella mia nuova dimora. Forse avevo giudicato troppo in

fretta i miei, il pianeta era davvero bello, piccolo, intimo e soprattutto tutto e solo mio. I primi tempi furono davvero

superlativi. Potevo fare tutto ciò che volevo, senza sentire i rimproveri di nessuno, ma presto la noia prese il sopravvento. Io, solo e sempre io! Certo, telefonavo alla mamma, papà passava a

trovarmi, ma mi sentivo molto solo lo stesso. I pianeti vicino al mio erano disabitati, se finivo lo zucchero dovevo montare sulla

macchina a reazione nucleare e percorrere più di due costellazioni, due e mezzo per la precisione, prima di trovare un pianeta abitato. Non ero io che abitavo fuori mano, è che nello spazio c'è così tanto spazio che è veramente difficile avere dei

dirimpettai. Soffrivo di una solitudine cosmica. Dovevo trovare una soluzione.

Avevo sentito di un tizio che riusciva a penetrare i sogni di chiunque e con loro viveva fantastiche avventure. Io non avevo quella capacità straordinaria, ma iniziavo ad avere un'idea di

come potevo risolvere il mio problema. Sapevo che in un pianeta lontano dal mio di almeno 14352 galassie esistevano degli esseri, gli uomini, che non credevano alla vita su altri pianeti - non tutti almeno - , avrei potuto lavorare in incognito. Così comprai tutti i

Cd-Rom che trattavano l'argomento e cominciai a studiare i comportamenti umani, affascinato e sconvolto da tanta stupidità! Sembrava facile introdursi tra loro, ma c'era un grosso problema da risolvere: il mio aspetto. Ero verde, con un solo occhio e due grosse antenne sulla testa sproporzionata. Ritenevo impossibile

vivere tra di loro, si sarebbero sicuramente accorti della differenza tra di noi, non avevo dubbi in proposito! La popolazione era quella giusta, io dovevo solo stendere un piano efficace per avere un po'

di compagnia. La risposta arrivò in sogno, un po' influenzato, forse, dal

personaggio che mi aveva ispirato. L'unico modo per non stare più da solo sul mio pianeta non era trasferirmi personalmente, ma

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trasferire loro. E se non volevano? Non gli avrei chiesto il permesso!!!

Iniziai con questo piano, senza sapere bene cosa fare. Per prima cosa decisi di fare un sopralluogo, per capire un po' come

vivevano quelle strane creature. Per dieci giorni consecutivi montai sulla mia macchina a reazione nucleare e osservai gli

uomini, prendendo appunti e studiandoli a casa. Capii subito che i bersagli più facili sarebbero stati i bambini. Iniziò così la mia carriera di rapitore, il Cavaliere Verde che rapiva e poi riconsegnava alle famiglie i pargoli. La cosa stravagante era che questi bimbi non si stupivano affatto del mio aspetto, in realtà

vedendo i loro giochi nelle camerette capivo bene anche il perchè. Io ero decisamente più bello dei loro pupazzi, nonostante il mio

occhio singolo e la mia pelle verde. Fu così che conobbi Laura, una bimba dagli occhioni azzurri e i

capelli biondi. Mi raccontò favole meravigliose che io non conoscevo. Stava bene con me, ma dopo un po' iniziò a chiedere della mamma. Ogni giorno era sempre più triste e io sempre più nervoso, infine la riportai a casa sua, ma io non tornai sul mio

pianeta con le mani palmate vuote. Tornò con me Riccardo che mi parlò degli orchetti, dei troll, delle epopee fantasy. Il genere non

era quello che più mi attraeva, ma il suo entusiasmo era contagioso. Era sempre così allegro e pieno di iniziative, cosa

decisamente in contrasto con il mio carattere. Lo riportai a casa per la disperazione, la solitudine era terribile, ma molto meglio del

sovarccarico emotivo. Mi sembrava di aver risolto totalmente il mio problema, ma alla fine di ogni incontro i miei giovani ospiti volevano tornare a casa

loro. Nessuno voleva stare con me. Era questa la realtà. Rapii mille e più bambini, ma il finale si ripeteva sempre e io mi

sentivo disperato. Talvolta alcuni di loro si ricordavano di me e mi scrivevano lunghe letterine colme d'affetto, ma io ero comunque destinato a stare solo. Fu durante uno dei miei giri di ricognizione sulla terra, mentre meditavo un nuovo rapimento che scoprii di

avere un cuore. Non volevo rapire più nessun bambino, loro dovevano stare a casa con i loro genitori e io sarei rimasto solo con il loro ricordo. Passai a salutare tutti i miei giovani amici. Mi

abbracciarono e mi baciarono tutti.

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Quando andai da Riccardo, lui mi diede una letterina. "Leggila quando sarai arrivato a casa, e rispondimi se ti è possibile!". Fu il nostro ultimo incontro, avvenuto non più di tardi di due giorni fa.

Appena arrivato a casa aprii la busta. La lettera era scritta in stampatello da un bambino che non conosce ancora bene la

differenza tra le lettere: Caro Chip, grazie per avermi portato via con te. Sono stato bene, ti voio bene. Ieri ho sentito la mamma piangere, io sono corso da

lei e mi ha detto che è troppo tardi, che ora è finito tutto.Non ho capito bene, ma diceva qualcosa sul sole, che si spegne.

Puoi aiutarmi tu a capire?Un bacio

Richi.

Non avevo capito bene il suo discorso, forse perchè‚ anche lui non lo aveva capito affatto, ma mi misi subito il collegamento con la

base stellare dell'energia gratuita. "Sì, signor Chip, il sole si spegnerà tra 36 ore." fu la risposta alle mie domande. "Scusi

colonnello, se la disturbo ancora, ma la popolazione della terra?". "La terra morirà con tutti i suoi abitanti." e interruppe il

collegamento. I miei bambini moriranno? Non riuscivo a cancellare questa

domanda dal mio cuore, guardavo il mio pianeta e mi spremevo le meningi per trovare una soluzione...

Avevo la risposta, dopo qualche ora, avevo la risposta. Andai a trovare i miei genitori, li baciai e dissi loro che mi sarei trasferito in un altro posto e che non sarei più tornato. Mamma piangeva, papà

aveva le lacrime agli occhi. "Papà," gli chiesi "mi presti il tuo trasportatore planetario?". "Certo, Chip, ma sei veramente

convinto?". "Si papà, grazie di tutto a tutti e due!". Agganciai il mio pianeta al gancio traino del trasportatore di papà e iniziai il

mio viaggio. Raggiunsi in fretta il sole. Programmai il trasportatore in modo che tornasse dai miei genitori evitando buchi neri e meteoriti e misi una lettera sul sedile, dove spiegavo a loro il

motivo della mia scelta e il mio vero obiettivo. Poi salii sulla mia macchina a reazione nucleare e mi allontanai dal mio pianeta.

Quando lo vidi piccolo piccolo, ingranai la marcia e mi precipitai a velocità supersonica verso di esso.

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E adesso sono qui, a poche decine di metri dal mio pianeta e procedo con una velocità al limite delle capacità della mia vettura. Tra poco ci sarà lo schianto, spero solo che funzioni e che ripari al

male che ho fatto a tutti quelli che amavo. Ciao! Un'esplosione e la vettura di Chip si perse nel suo pianeta in

fiamme. E fu così, che per amore, nacque un nuovo sole!

Mirmi e Paco

Mirmi e Paco vivono in un paese incantato, dove i colori sono più colori del normale ed i profumi così intensi da inebriare. Abitano su di una nuvola sopra il pino maestro della pineta d'Allilibi, in un palazzo di cristallo. Tutti gli esseri fantastici che popolano questo mondo hanno un compito da svolgere, loro si occupano di mantenere alto l'umore delle creature di Fanfan, le campanule dorate svegliano dolcemente gli abitanti al termine della notte, i centauri alati proteggono la Foresta di Cristallo e gli uccelli dalle piume argentate scandiscono le ore del giorno. Sono già 1200 anni, però, che dalla nuvola sopra il pino maestro si ode una canzone malinconica che influenza anche l'umore dei fanfaniani. E' Mirmi a cantare, la rana rosa con pois gialli, dotata di una voce

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magica, ricca di poteri sorprendenti. Mirmi è triste perché il suo amico Paco, il cavallo violetto con la stella sulla fronte, è scomparso.

"Paco dove sei?Come faccio a farti tornare?

Sono tristeFanfan è triste.

Non so dove cercartiMi manchi…"

Sono 1200 anni che canta queste canzoni, ma Paco non torna. Paco fu rapito da un uragano impazzito e nessuno è mai riuscito a trovarlo, Mirmi non ha mai avuto la forza di reagire ed è solo riuscita, in tutti questi anni, a cantare. Un giorno Astora, la stella più brillante di Fanfan, andò a far visita a Mirmi. "Mirmi, è tempo di trovare Paco."."Astora, non riesco a muovermi, è così forte il mio dolore da paralizzarmi."."Se non riesci a farlo né per te, né per Paco, fallo per Fanfan. Guarda in che stato si trova.".Mirmi uscì dalla sua casa di cristallo dai mille colori e si affacciò. Era primavera inoltrata ma nessun albero era ancora fiorito, nessun fiore sbocciato e gli uccellini non erano ancora tornati dai luoghi lontani; gli unici animali presenti erano ancora in un profondo letargo. Mirmi iniziò a capire, per 1200 anni aveva pianto il suo dolore senza prestare attenzione al suo compito: tenere alto l'umore dell'intero mondo magico."Astora è colpa mia. Hai ragione è tempo di trovare Paco, andiamo!".Mirmi ed Asta scivolarono sull'arcobaleno di collegamento con la terra, direzione FORESTA INTRICATA. Mirmi si sentiva tranquilla con Astora che essendo la stella più luminosa era un'ottima compagna di viaggio, con un gran senso dell'orientamento: impossibile perdersi con lei. Iniziarono a chiedere a tutti quelli che incontravano, se avevano visto Paco, ma nessuno le degnò d'attenzione. Dopo una ricerca a palmo a palmo di tutta la foresta, Mirmi perse le speranze. Cercò un grosso albero e lì sotto intonò una delle sue canzoni:

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"Paco, PacoSe solo sapessi che stai bene.

Paco, PacoSe solo sapessi trovarti.

Paco, Paco…"

"E chi è questo Paco?".Mirmi alzò gli occhi, il vecchio castagno sotto cui stava, forse sapeva qualcosa."Paco è il mio miglior amico. E' Un cavallo violetto, con una stella sulla fronte, l'hai visto?"."Certo che l'ho visto. E' stato circa 900 anni fa, si stava dirigendo verso la fine della foresta. Si sentiva sperduto, ho provato a parlargli ma non mi ha risposto."."Grazie vecchio saggio, ora so che è vivo e inizierò le ricerche. Astora, andiamo!".Si diressero verso la fine della foresta, Mirmi gracidava all'impazzata per la gioia che provava nel cuore. Raggiunsero presto la terza cascata del fiume che disse:"Hai detto un cavallo viola? Certo che l'ho visto; quando è venuto da me aveva una sete davvero invidiabile. Tra l'altro ho notato che zoppicava. Aveva un'aria così triste, ho provato a parlargli, ma lui è rimasto in silenzio e se n'è andato.""Hai visto in che direzione è andato?"."Sì, e mi sono stupita molto perché è andato in direzione sud est, verso la zona più brutta che circonda la foresta: la palude spettrale.".Dopo essersi salutati, Mirmi ed Astora, anche se ormai esauste, si rimisero in viaggio. Era quasi sera ed era importante riuscire a percorrere più strada possibile. Trascorsero la notte ai limiti della foresta, si poteva già percepire l'olezzo della palude e il ronzare degli insetti era talmente forte che fecero fatica a prendere sonno. Dormirono profondamente, forse per riuscire a riposarsi il più possibile, la giornata successiva sarebbe stata molto faticosa e loro lo sapevano bene! Si svegliarono molto presto e si misero in cammino subito. Accidenti, la palude era proprio spaventosa: rovi,

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erbacce, l'odore insopportabile si faceva più forte ad ogni passo e gli insetti erano molto fastidiosi."Toh, una rana dai colori irreali e una stella che le fa compagnia. Che ci fate in un posto come questo?""Stiamo cercando un amico."."Scommetto che si tratta di un cavallo viola con una stella sulla fronte."."Come fai a saperlo?".La salamandra, con cui le nostre amiche stavano parlando, fece un'espressione sorniona, tipica di chi conosce parecchie cose… o almeno crede!"Lo so perché", ma era buona e sincera e non riuscì a prendersi gioco di loro "qui non passa mai nessuno e poi è evidente che fate parte dello stesso mondo. Non possono esistere due luoghi dove le rane sono rosa a pois gialli e i cavalli viola."."Hai mica visto dove si è diretto?"."Prima l'ho curato e poi l'ho accompagnato fuori da questa palude infernale, indicandogli il percorso per raggiungere la collina dorata."."L'hai curato?"."Sì, aveva un brutto rametto conficcato nel suo zoccolo. Era così tanto che zoppicava che aveva male a tutta la zampa; ma tolto il rametto è stato subito meglio."."Per fortuna! Senti, da che parte dobbiamo andare per arrivare alla collina dorata?":"Se volete vi ci porto."."Grazie, sei molto gentile.".La salamandra si sentiva così sola, costretta dalla sua natura a rimanere tutta la vita nell'ombra della palude e poi quella palude, talmente spaventosa da far cambiare direzione a chiunque ci dovesse passare attraverso. Così, quando qualcuno si addentrava, lei cercava sempre di fare un po' di conversazione. Mirmi ed Astora, insieme alla giovane e simpatica salamandra, non sentirono la fatica dell'attraversata. Si congedarono alle soglie della palude, mentre la salamandra già tornava indietro un po' amareggiata dalla separazione. Dopo pochi salti, Mirmi, entrò nella terra che circondava la collina dorata e fu subito abbagliata dalla gran luce. Capirono subito, lei ed Atsora, il motivo per cui

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veniva chiamata così: le foglie e l'erba erano fili d'oro, la terra polvere d'oro, l'acqua era oro fuso e piovevano scagliette d'oro. La luce del tramonto rendeva questo spettacolo ancora più suggestivo. Mirmi ed Astora salirono sulla cima della collina e rimasero senza fiato; sembrava già stupendo prima ma ora che vedevano tutto l'orizzonte potevano ammirare cose mai viste."Astora, ma qui non ci abita nessuno."."Certo, questo è un posto meraviglioso, ma non è in grado di ospitare nessun essere vivente. Come può offrirgli acqua, cibo e tutto ciò di cui ha bisogno?"."Mi dispiace ammettere che hai ragione, perché questo ci riporta al punto di partenza con la ricerca di Paco. E' vero, dev'essere passato di qui ed è vivo, questo è tutto quello che sappiamo e nient'altro e per di più non c'è nessuno cui chiedere sue notizie.".Si sedettero sulla collina ad ammirare il paesaggio; sapevano che sarebbero dovute tornare a casa.

"Eri così vicinoFinalmente,

Dopo tanto tempoEro ad un soffio da te,Quasi ti avevo trovato

E adesso che fare?Dove cercare?"

"Un soffio? Hai detto un soffio?".Un alito di vento accarezzò la pelle umida della rana Mirmi. La sua canzone era così triste, che il vento risvegliandosi, non era riuscito a non rispondere."Vento, come sono felice di sentirti!"."Chi vai cercando rana dagli strani colori?"."Paco, il mio migliore amico, un cavallo viola. Dev'essere passato di qui, ma davanti a noi c'è la gola di pietra, a sinistra il deserto di cactus e a destra il paese degli orologi. Non sapevamo a chi chiedere ma ora ci sei tu!"."Sono molto dispiaciuto, mia piccola rana dai colori divertenti, non ho visto passare il tuo amico per questa valle."."Capisco, ma ti ringrazio comunque."."Però aspetta. Io non ti posso aiutare, ma forse il Principe Masso

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della gola di pietra l'ha visto, è talmente alto che se il tuo amico è passato in una qualsiasi zona di questo regno l'ha visto."."Questa sì che è una splendida notizia. Correrò subito da lui. Grazie ancora alito di vento.Astora, mettiamoci in cammino!"."Mirmi, si sta facendo buio e io sono molto stanca, tu no?".Mirmi rifletté per un attimo."Sì, sono molto stanca anch'io. Pensi che sarebbe meglio continuare domani?".Non sentì risposta, si voltò e vide Astora che dormiva già, "Buonanotte" pensò nel suo cuore e anche lei crollò in un sonno profondo.Le prime luci dell'alba, nella valle della collina dorata, erano così intense che Mirmi si svegliò presto. Si guardò intorno cercando l'amica, ma di Astora non c'era nemmeno un raggio. Era sola, nella valle della collina dorata, circondata da regni sconosciuti e adesso non c'era più nemmeno la sua amica a confortarla. La chiamò più di 1000 volte, poi con gli occhioni pieni di lacrime, iniziando a saltellare, abbandonò quella valle molto lentamente. Ogni tanto si girava, convinta di avere Astora alle spalle, perché aveva visto i suoi raggi, ma si rendeva sempre conto che erano solo i sassolini dorati della collina, colpiti dal sole.

"Astora dove sei?Anche tu rapita nella notte,

Anche tu in cerca di salvezza?O mi hai abbandonata

Amica mia?"

E così cantando, raggiunse la gola di pietra. Si guardò attorno e rabbrividì, solo sassi nella gola di pietra: sassi dritti, tondi, sassi penduli e a punta, solo sassi. Scrutò tutto in cerca del Principe Masso ed infine lo vide. Lo raggiunse a fatica. Era molto stanca ma la forza le veniva dal cuore; sentiva che Paco era vicino. Si accostò al grande sasso ed iniziò a parlargli, ma non sentì alcuna risposta. Niente, nemmeno dopo il decimo tentativo; il Principe Masso non mosse un sasso. Lo guardò cercando di trovare la combinazione giusta.

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"Parlami re dei sassi,Solo tu sai dov'è Paco.

Muovi gli occhiE indicami la strada.".

Mirmi era veramente stanca, nemmeno più le sue canzoni sembrava funzionassero. Il silenzio era incredibile e la soluzione sembrava lontana. Iniziò a saltellare intorno al principe, pensando continuamente. "Non c'è soluzione!" e posò una delle sue zampine umide sul masso. Rimase lì un po', osservando il panorama così statico da sembrare morto."Dovrò visitare tutti i regni della zona!".Giunse a questa conclusione ed allontanandosi vide che il segno lasciato dalla sua zampina aveva tolto la polvere dal masso, lasciando intravedere una scritta. Si riavvicinò al masso e lo pulì bene."SE RISPOSTE VUOI TROVAR, LA MIA SUPERFICIE DEVI FAR BRILLAR!".Ecco cosa diceva l'incisione. Mirmi pulì tutto il grande masso, gli parlò, ma niente, ancora silenzio. Fu colta da un momento di disperazione ma subito tornò con la mente alla collina dorata. Cercò di raggiungere il pendio della collina il più in fretta possibile, ma lei, essendo una rana poteva solo saltare e quindi arrivò dopo un bel po' di tempo. E come trasportare la polvere d'oro? Le sue zampe erano troppo piccole e comunque i salti avrebbero fatto cadere tutto.

"Vento, alito di vento,Tu che mi hai dato speranzeNon lasciarmi sola adesso.

Vento, vento, alito di vento.".

"Eccomi piccolo essere, ti aiuterò, dimmi tutto.".Mirmi gli spiegò la situazione e il Vento le portò tutta la sabbia d'oro che aveva bisogno, ai margini del masso. Lei cosparse il re sasso e lo fece brillare, lui ringraziò."Scusa, hai mica visto un cavallo da queste parti?""Sì, si è diretto verso il villaggio degli orologi.".

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"Grazie Principe, grazie di cuore!"."Grazie a te!".Mirmi riprese il suo viaggio. La strada per il villaggio, però, sembrava allungarsi sempre più. Ad ogni salto, Mirmi, vedeva le case più vicine, i contorni più definiti, ma non riusciva mai ad arrivare. Il ticchettio era, per di più, assai fastidioso. Era stanca di cercare risposte a strani enigmi e questa volta non sapeva proprio cosa fare. Paco era vicino e lei non sapeva come raggiungerlo.

"Paese stranieroFammi arrivare da lui.

E' così tanto che viaggio.Paese straniero,

Non ostacolarmi più!".

Sembrava che la sua voce avesse perso tutti i poteri, doveva trovare un'altra soluzione; era sera, si appoggiò ad un albero a cuccù e si addormentò. Durante la notte fece uno strano sogno, forse influenzata dal ticchettio fastidioso ed insistente. Immaginò di spaccare tutti gli orologi e di rimanere per un attimo in silenzio. Si svegliò di colpo, era già l'alba, forse aveva risolto l'enigma del paese degli orologi. Iniziò a cantare e a saltare verso il villaggio.

"Tempo non correreChe fretta hai.

Orologio, le tue lancetteSono sudate,

Lasciale riposare un po',Lavoreranno meglio.".

Continuò così, e al suo passaggio tutti gli orologi smettevano di funzionare per poi riprendere a scandire i secondi. Funzionava, fermando il tempo riusciva a bloccare l'incantesimo, raggiungendo le porte della città. Il suo cuore sentiva che Paco era davvero lì. Iniziò a cercare a destra e a manca notizie sul suo amico. Pochi le rispondevano e quei pochi non riuscivano a darle delle risposte esaurienti, finché non incontrò un vecchi pendolo."Sono stato, poco tempo fa, dal medico: l'Orologiaio. Sono molto vecchio e ogni tanto è bene fare dei controlli. In quell'occasione mi

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è parso di vedere il suo amico che faceva girare il grande ingranaggio del tempo mondiale."."Mi sa indicare la casa dell'Orologiaio?"."Deve prendere un appuntamento."."Ah!", disse Mirmi decisamente sconsolata. Il Batacchio, che era vecchio e saggio, intuì la sua preoccupazione."Senta, ci vada subito. Le prenotazioni per gli appuntamenti sono ancora aperte a quest'ora. Se poi dice che è importante, sono sicuro che la riceverà il prima possibile.".Sul musetto di Mirmi comparve un sorriso."Grazie signor Batacchio e arrivederci!".S'incamminò verso il grande palazzo e riuscì a prendere appuntamento con il padrone di casa già per il giorno dopo. Girò per il paese. Che posto curioso, tutto era un orologio: le piante non avevano i fiori, ma vecchie cipolle pendule; le fontane spruzzavano acqua battendo i secondi; sul naso degli abitanti c'erano delle lancette…insomma era impossibile non accorgersi del passare del tempo. E di tempo Mirmi ne doveva ancora aspettare tanto prima di rivedere Paco e quel posto certo non l'aiutava. Ad un tratto un lampione parlò a Mirmi."Senti piccola rana, si dice in giro che grazie ad una canzone magica sei riuscita ad arrestare il tempo lungo il viale del Tempo Eterno, è vero?".Mirmi guardò verso l'alto ed annuì. Il lampione era esterrefatto, non aveva mai sentito una storia così."Vede, sto cercando un mio amico che ho scoperto essere qui. Non potevo entrare in nessun altro modo!"."Dev'essere un caro amico se con la tua voce sei riuscita a fermare il tempo."."E' il mio più caro amico, sono ormai 1200 anni che è scomparso. Fanfan era in pericolo e non potevo più aspettare così sono scesa sulla terra e ho iniziato a cercarlo."."Perché da dove vieni giovane ranetta, dov'è questa Fanfan?"."Si trova al di là dell'arcobaleno ed è fatta di natura e cristallo. Paco ed io ci occupavamo insieme dell'umore del mondo, ma da quando lui è stato rapito non sono più riuscita a cantare una sola canzone allegra. Spero solo che per i fanfaniani non sia troppo tardi.".

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Il lampione non aveva capito molto bene, mi aveva accettato volentieri di spegnere la sua luce quando Mirmi si addormentò a fine racconto. Si vedeva che era esausta!Ma anche se la stanchezza era veramente molta, già alle prime luci dell'alba Mirmi aprì gli occhi. Era il giorno dell'appuntamento con l'Orologiaio, il giorno in cui avrebbe saputo se Paco era veramente in quel paese oppure no. I suoi salti erano lenti ed insicuri, la paura di dover ricominciare da zero le ricerche era tanta; per di più l'insistente ticchettio degli orologi non la metteva per nulla a suo agio. Raggiunse il grande portone sul quale la faceva da padrone la scritta OSPEDALE OROLOGI. Raccolse tutto il coraggio che le era rimasto e suonò il campanello. Lontana da Mirmi, quasi cinque mondi più lontana, Astora cercava di risanare Fanfan, ma ogni suo sforzo era vano. Con la partenza di Mirmi, l'umore di Fanfan era svanito. La notte della scomparsa di Astora , un giovane grillo volante era andato in cerca di aiuto. Dopo aver sentito il suo racconto, Astora si era precipitata nel suo paese e l'aveva trovato quasi morto. Capì che le canzoni che Mirmi aveva cantato durante l'assenza di Paco erano sì malinconiche ma comunque in grado di infondere speranza, speranza che si era portata via nel viaggio alla ricerca dell'amico.Gli alberi stavano già seccando, il respiro degli animali in letargo sempre più affaticato e la terra iniziava ad inaridirsi. "Dovete resistere amici miei, tra poco Mirmi tornerà e con lei ci sarà anche Paco.", cercava di splendere il più possibile e gli abitanti, da parte loro, si sforzavano di reagire.La situazione stava precipitando, desiderava volare da Mirmi, informarla, farla tornare e continuare lei le ricerche; ma sapeva benissimo che se si sarebbe allontanata, il mondo di Fanfan sarebbe scomparso. Mirmi, intanto, percorse il lungo corridoio saltando ed ogni orologio a cuccù batteva il ritmo del suo cuore. Di colpo si aprì la porta davanti a lei, e vide un uomo vecchi che sorrideva. Indossava un camice bianco, i capelli erano arruffati e la barba lunga di qualche giorno."E lei sarebbe Mirmi!?"."Buongiorno signor Orologiaio."."Mi chiami pure Gaio. Ho saputo il motivo della sua visita. Sono

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felice che sia qui.".Mirmi aspettava speranzosa."Sono ormai 700 anni che sento pronunciare il suo nome. E' il suo amico, il cavallo viola che di notte la chiama. Poi di giorno non ricorda più niente e non ho mai voluto turbarlo con domande personali."."Lei vorrebbe dirmi che Paco ha perso la memoria?", Mirmi aveva gli occhi colmi di lacrime, la gioia di aver ritrovato il suo Paco però, lasciò spazio alla tristezza delle sue condizioni. "Paco, finalmente conosco il suo nome, è convinto di vivere qui da sempre, ed è anche un gran lavoratore. Un po' mi dispiace perderlo, ma sono felice di sapere che ha qualcuno che lo ama. Venga con me.".A Mirmi tremavano le zampe e i suoi salti erano insicuri. Era passato così tanto tempo, e poi lui non ricordava, cosa avrebbe potuto fare?Entrarono in una grande stanza riservata al caricamento. Paco era lì, imbragato, che s'impegnava a far girare l'ingranaggio. Mirmi voleva corrergli incontro, ma lui non l'avrebbe riconosciuta. "Io l'ho portata fin qui, e non so nemmeno dirle cosa fare per portarlo a casa. L'unica cosa, forse, è farlo ricordare. Se ha bisogno di me, sono di là. Arrivederci!".Gaio l'Orologiaio si voltò, ma Mirmi riuscì a vedere, per un secondo, i suoi occhi colmi di lacrime e comprese che era un brav'uomo e che si era occupato con cura di Paco in tutti quegli anni.Paco continuò il suo lavoro senza mai voltarsi, il suo portamento era fiero e si vedeva che stava bene. "Paco" Mirmi provò a chiamarlo, ma non ci fu risposta. "Mirmi sbrigati, non c'è più molto tempo". Astora pregava con forza, ma Fanfan era quasi sull'orlo della scomparsa. Mirmi si avvicinò a Paco che la vide. "Stai attenta tu. Così piccola, qua dentro, rischi di venire schiacciata.".Non l'aveva riconosciuta.

"Mirmi e Paco,L'umore di Fanfan"

Iniziò ad intonare Mirmi. La sua voce faceva cose prodigiose ed era l'unico modo per far ricordare a Paco il suo passato.

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"I fiori attendonoLe nostre vociPer sbocciar…"

"E anche gli uccelliniPer tornar…"

Continuò Paco. C'era riuscita, Paco iniziava a ricordare. E poi insieme.

"Il sole e le stelleBrillano su noi,

Alimentano il nostro cuorE tutta Fanfan gioisce"

Lo sguardo di Paco era perplesso, non capiva, ma iniziava a ricordare dei piccoli frammenti del suo passato. Guardò quella buffa rana rosa."Mirmi?""Sì, Paco; sono io. Finalmente ti ho ritrovato.".Si abbracciarono. Paco era frastornato."Senti Paco, dobbiamo andare via subito. Fanfan è in pericolo di vita. So che non ti è molto chiara tutta questa faccenda, ma non c'è più un minuto da perdere!"."E Gaio?"."Gaio capirà. Andiamo a salutarlo.".Fu un addio molto triste, ma nel suo cuore Gaio era felice, Paco aveva finalmente ritrovato la sua vita.Fermò gli orologi per permettere all'arcobaleno di raggiungere il centro città e quando i due si allontanarono fece suonare i cuccù a festa in segno di saluto.In pochi istanti furono a Fanfan; all'ingresso i due grandi girasoli verdi stavano con il viso abbassato, l'aria intorno era pesante.

"Che c'è, dov'è la gioia?Paco è tornato

E con noi resterà.".

I girasoli guardarono Paco e gli sorrisero. Paco e Mirmi percorsero il viale cantando e al loro passaggio, gradualmente, tornava la vita

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a Fanfan. Le felci di cristallo tornarono a splendere sotto i raggi solari che poco a poco si facevano più luminosi, gli uccelli d'argento a fatica ripresero a battere le ali. Anche i ragni di platino e pietre preziose, tentennanti sulle loro zampe, ripresero a tessere tele di filigrana. Mirmi e Paco continuarono a camminare e con loro si muoveva anche il sole, tornando a far splendere Fanfan, immersa da molti giorni nel buio.Paco ricordava quasi tutto. "Eccovi qui, meno male!".Astora brillava pochissimo tanto era stanca."Ma dove sei scomparsa? Mi hai lasciata sola in un posto sconosciuto, non è stato gentile !"."Non ti ho abbandonata. Fanfan stava morendo e sono dovuta tornare per far resistere i fanfaniani fino al vostro arrivo.". Si addormentò.Mirmi e Paco intonarono la loro canzone "Filù-filà":

"Filù, filà.Fanfan, è ora di brillar,

Filù, filà,Filù,filà.

Il sole è sortoE splende già sull'orto,Le voci di Mirmi e PacoVi danno il buongiorno

Filù, filàFanfan è ora di brillar

Filù, filàFilù, filà.".

Tutti ballavano e cantavano con loro. Mille fiorellini d'argento accompagnarono Astora sotto il pino maestro e un dolce vento la rinfrescava. I fanfaniani aspettarono il suo risveglio per iniziare la

festa di bentornato a Paco, ma il posto d'onore era per lei, per Astora che era riuscita a farli resistere ed evitargli, così, una morte

sicura."E per Astora…Filù filà!!!", urlarono tutti in coro.

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La storia di nonno Cici e nonna Tè

C'era una volta il nonno Cici e la nonna Tè che volevano andare a trovare il loro piccolo Michele. Decisero quindi d'incamminarsi, ma la strada era troppo lunga e faticosa. Presero allora l'autobus; ma

l'autobus si fermava ad ogni fermata e non arrivavano mai. Presero allora il treno ciuf ciuf; ma il treno era troppo lento e non arrivavano mai. Presero allora l'aereo; ma nel cielo c'era troppa

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nebbia e non si poteva volare. Decisero allora di prendere un missile super e finalmente in un'attimo arrivarono dal loro nipotino. Suonarono alla porta e quando videro Michele lo

abbracciarono forte forte, poi gli portarono tanti doni e rimasero tanto tempo a giocare con lui.

I giorni della merla

Una volta, tanto tempo fa, i merli erano bianchi come la neve. Un anno, gli ultimi tre giorni di gennaio furono molto freddi e gli

uomini non osavano uscire per la paura di morire assiderati: i rami degli alberi scricchiolavano dal gelo cadendo e spezzandosi, i fiumi

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erano ghiacciati, gli uccellini si rifuggiarono nelle case sperando di ricevere un po' di briciole e un po' di calore. Una merla, che si era allontanata dal suo nido per raccogliere provviste nel granaio ma a far ritorno fu sorpresa da una vampata di neve, si rifuggio' nel comignolo di una casa e le sue piume diventarono nere come la

notte. Dopo tre giorni la neve cesso' di cadere cosi' la merla pote' tornare al suo nido. I merlotti non la riconobbero e la cacciarono via; lei cerco' di ripulirsi ma tutto fu inutile. Da allora, tutti i merli

divennero neri e gli ultimi tre giorni di gennaio si chiamano i giorni della merla.

Buon Natale

Quest’anno, accipicchia, il freddo è polare

anche per noi che viviamo in pianura

e pur coprendoci fino a esagerare

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il ghiaccio ed il gelo ci fanno paura. Ma se stiamo a casa c’è un bel

calduccio e col plaid di lana sopra il divano vedendo il meteo del colonnello

Ferruccio ci sentiamo meglio di un gran

sultano. Pensiamo al Natale e ne discutiamo,

abbiam fatto l’albero e pure il presepe,

parliamo di doni e di dove andiamo, se nel timballo ci va o no il pepe. Ma vi prego fermiamoci solo un

momento e attenti osserviamo la capannella,

cambiamo pensiero e con struggimento

concentriamoci ora sulla buona novella.

Quel piccolino sulla paglia adagiato che tanti han visitato con devozione

col sangue ogni peccato ha cancellato

e merita certo la nostra attenzione. Pacchi, pacchetti, un pranzo regale, nemmeno il tempo di una preghiera,

ecco che cosa è diventato il Natale :

abbiamo smarrito la strada più vera.

Quest’anno facciamo qualcosa di nuovo,

preghiamo per i paesi distrutti da guerre,

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pei bimbi che non mangiano neppure un uovo

perché possano vivere in fertili terre.

Priviamoci appena di una fettina di ciò che abbiamo e doniamola

loro, Gesù Bambino già domani mattina ci riempirà il cuore con un grande

tesoro.

I re passavano a cavallo

I RE passavano a cavalloNEl loro regno di cristallo,

I RE solenni, biondi e maestosi,NEri, terribili e luminosi.

I RE tonanti sui loro destrieriNEi loro lunghi abiti austeri,

I RE che andavano a far la guerraNE' sulla luna, né sulla terra.

I RE lontani dalle regine,NErvosi e timidi come bambine,

I RE con tutti i trombettieri,NE' troppo finti, né troppo veri.

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Chiara è la notte

Chiara è la notte,Chiara è la luna,

Chiara la luce della laguna,Chiara la neve, chiara la nave,Chiara la spuma in alto mare.Chiara la piuma del gabbiano,Chiara la coda dell'aeroplano,Chiara la linea dell'orizzonte,

Chiara l'acqua della fonte.Chiara la voce della sera,

Chiara la cera della candela,Chiara la lacrima di nostalgia

quando la mamma spegne e va via.

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Linda

Viveva, tempo fa, in un regno del nord Europa la bella Linda. Abitava in una delle tante piccole

casette costruite all'interno delle mura del regno di Re Goodman e qui si guadagnava da vivere tagliando e cucendo, giorno e notte, bellissimi abiti per la corte del Re; Linda infatti era una sarta, anzi, la sarta più brava di tutto il regno,

tanto che la fama della sua abilità nel cucito era arrivata ai regni vicini. "La "bella Linda" tutti la

chiamavano, perché era davvero una bella ragazza dai lineamenti del viso gentili, dolcissimi occhi color nocciola e capelli così particolari che nessuno ne aveva mai visti di simili, di un rosso

così caldo ed intenso che tutti li definivano capelli

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"color tramonto". Abitava con lei la vecchia zia Adele, che l'aveva cresciuta da quando, come le raccontò, i suoi genitori morirono travolti da un

calessino trainato da un cavallo imbizzarrito, e le aveva insegnato le arti del cucito. Era una fredda notte d'inverno, Linda cuciva vicino al camino:

"E' mezzanotte passata, sono più di sei mesi che lavori quasi senza sosta su quell'abito! Riposa un

po'!" disse zia Adele a Linda. "Adesso, adesso lo metto da parte" rispose Linda

senza convinzione e continuò a cucire. "Certo che è proprio un bell'abito, ma perché

proprio color pesca?" chiese zia Adele. "Perché è il mio colore preferito e sono riuscita a farlo piacere anche alla principessa Zaira" rispose

Linda. "Sembra che quell'abito lo stia confezionando per

te, bambina mia" continuò zia Adele. "Magari zia! Ma questo è un abito da nozze regali,

non è adatto ad una povera sarta come me" concluse.

E l'abito era davvero bello, color pesca, ricco di seta, pizzi e merletti; l'avrebbe indossato la

principessa Zaira, la maggiore delle due figlie del Re Goodman, il prossimo aprile in occasione delle

nozze compromesso sposo dall'infanzia, il principe Oscar del Bluesky, unico figlio dei Signori del Bluesky. Re Goodman era un buon sovrano e adorava le sue due uniche figlie, Zaira e Maura,

non particolarmente buone ne belle ed entrambe in età da marito. Quella sera, seduto in loro

compagnia vicino al grande camino, fingendo di leggere un libro le ascoltava parlare sotto voce:

"Oh cara! Certo che sei proprio fortunata! Oscar è proprio un bel giovane, educato e unico erede del

meraviglioso regno del Bluesky!" disse Maura. "Si, lo so, ma tu puoi esserlo altrettanto, cara; ho notato che Eduard usa verso di te delle maniere

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fin troppo cortesi, oserei dire che gli piaci, e pure molto! Devi solo assecondarlo un po'" le rispose Zaira con un sorrisetto malizioso stampato sulle

labbra. "Oh! Il cielo lo voglia!" sospirò Maura.

Sir Eduard di GreenMountain era quasi un fratello per Oscar; primogenito del nobile e ricco Conte di GreenMontain, era un giovane bello e simpatico; erano spesso ospiti l'uno dell'altro ed il Re e la

Regina del Bluesky amavano Eduard come l'altro figlio che non avevano mai avuto. Il divertimento più grande dei due amici a Bluesky era stato fin

da piccoli quello di dare noia alla pazza che viveva nella parte più alta del castello e che

parlava solo col mago di corte, il buon Crisante, mentre a GreenMontain si divertivano a giocare a tiro con l'arco col bucato delle povere lavandaie.

Erano ormai entrambi dei giovanotti e, un po' spinti dai genitori, prossimi al matrimonio. Oscar

si sarebbe sposato in primavera con la principessa Zaira e Eduard, più per saldare il

vincolo con l'amico che per vero amore, faceva una corte distratta a Maura. Spesso nei lunghi

pomeriggi d'inverno i quattro giovani si riunivano nella grande sala dei giochi del Re Goodman:

Zaira dava sfoggio della sua mediocre abilità nel suonare il piano, accompagnata dalla sorella

altrettanto presuntuosa e mediocre nel cantare. "Brave! Mi mandate in estasi" disse Oscar.

"Si, anche a me, e quando riuscirete a distinguere le sette note, sarà davvero il paradiso!"

sghignazzò Eduard verso l'amico. "Voi siete proprio incorreggibile!" esclamò stizzita

Maura verso Eduard. "Ma cara, sapete bene che mai ho udito una

esecuzione che eguagli quella delle Vostre due Altezze!" rispose lusinghiero Eduard per farsi

perdonare, quando si sentì bussare alla porta ed

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un servitore annunciò. "Vostra Altezza Zaira è attesa per provare l'abito

nuziale". "Dì a Linda di attendermi nelle mie stanze" ordinò

Zaira. "No, ti prego! Fai portare il vestito qui, voglio mostrarlo a Eduard" esclamò Maura e Eduard,

benché non avesse la minima curiosità di vederlo, per compiacerla disse:

"Si, di grazia. Lo vorrei ammirare!". "Vi accontenterò a condizione che Oscar esca dalla stanza" disse Zaira e poi rivolta ad Oscar

continuò: "Caro, potete uscire per qualche minuto?" "Come voi desiderate" le rispose, ed uscì.

Poco dopo Linda entrò accompagnata da due servitori che portavano un grande baule; fece un

inchino ed alzò il viso verso i presenti ma, non appena il suo sguardo incontrò quello di Eduard, il

cuore, senza controllo, prese a batterle forte e, non riuscendosi a controllare, arrosì in volto. Eduard, invece ebbe la reazione contraria, il

sangue gli si ghiacciò nelle vene, smise quasi di respirare e fu preso da un pallore niveo che cessò

un po' quando la voce di Zaira, accortasi delle reazioni dei due, lo fece trasalire:

"Buondì mia cara, hai fatto quelle modifiche allo strascico?" chiese a Linda

"Si, Vostra Altezza, e ho portato qui il disegno dell'acconciatura" e togliendolo fuori dalla borsa

glielo porse e continuò: "Sono dei nastri da inserire tra le trecce che

formano lo chignòn, con dei piccoli fiori di pesco appuntati qua e là fra i capelli" spiegò.

Zaira lo guardò un secondo poi, consegnandolo alla sorella, disse sprezzante:

"Guarda Maura, non lo trovi di pessimo gusto?" Maura lo guardò e, pur piacendole, per

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assecondare la sorella disse: "Concordo con te sorella nel dire che è

un'acconciatura adatta ad una contadina, guarda anche tu, Eduard " e gli consegnò il foglio. Lui lo osservò attentamente, si meravigliò

dell'abilità e dell'arte con cui era stato fatto il disegno e sentenziò:

"Trovo che sia una delle più belle ed eleganti acconciature che meritino di fregiare il capo di

una bella dama, la semplicità ne esalta l'eleganza e l'idea dei fiori è una felice allegoria della

freschezza della giovane sposa. Mi complimento con Voi, donna Linda" concluse Eduard

guardandola con occhi innamorati, e subito Linda ringraziò con un inchino mentre il suo cuore

continuava a palpitare, gonfio d'amore. "Acconsento che questa sia l'acconciatura, solo

per l'affetto e la stima che nutro per Voi, Eduard; ora per favore scusateci, continueremo le prove dell'abito nelle mie stanze" e senza aspettare

cenno di risposta, Zaira girò di spalle e uscì dalla stanza seguita da Maura, i due servitori e Linda che non potè fare a meno di voltarsi un attimo

per vedere, una volta ancora, il bell'Eduard, che la fissava incantato.

Era stato amore a prima vista, Linda vestita di un grazioso abito verde era bellissima e col suo sguardo dolce, aveva incantato Eduard che, spinto da una forza misteriosa, sentiva già di

esserne perdutamente innamorato. Subito Eduard corse dall'amico; lo trovò in

biblioteca intento a leggere un libro: "Mi sono innamorato!!" gridò all'amico, chiudendo

la porta alle sue spalle. "Finalmente!!!!" esclamò Oscar "E posso sapere

qual è stata l'astuzia femminile che Maura ha ingegnato per darti il colpo di grazia?"

"Uno sguardo, solo un sguardo e il mio cuore è

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stato subito di Linda" sospirò Eduard "Linda?" chiese stupito Oscar

"Si! Un angelo dai capelli color tramonto! Ah!" e sospirando nuovamente si accasciò su un sofà e

raccontò all'amico le circostanze dell'innamoramento.

La sera sul tardi, Linda raccontava a zia Adele le stesse cose con uguale trasporto:

"Toglitelo da quella testolina! Questo incontro non ti porterà nulla do buono!" la rimproverò zia

Adele. Passò qualche giorno ed Eduard, preso dalla

voglia di rivederla, con l'aiuto di Oscar cercava un modo per avere sue notizie, ma a nulla erano

valse le domande alle due sorelle o ai servitori: nessuno aveva informazioni sulla sua amata. In verità Zaira sospettava sull'interessamento di

Eduard nei confronti di Linda e con ogni stratagemma impedì che i due si potessero

incontrare. I due amici, così, ogni mattina presero l'abitudine di girare a cavallo per le vie del regno, ma Linda era sempre chiusa in casa a lavorare e

a nulla valsero i loro sforzi. A Oscar venne in mente un piano: chiese alla madre, la regina del Bluesky, di mandare un biglietto a Zaira con la

personale richiesta di far venire alla sua corte la sarta Linda per farle confezionare un abito.

"Che sventura! Non posso rifiutare" disse stizzita Zaira a Maura dopo aver letto il biglietto.

"Purtroppo per me, dovrai esaudire la richiesta di sua maestà la regina" disse sconsolata Maura "Non è ancora detto, ci sarebbe un modo per evitarlo…" disse misteriosa Zaira e si sedette silenziosa accanto alla sorella, poi continuò:

"Se la poveretta dovesse fatalmente morire, io sarei sciolta dall'impegno e i nostri guai

sarebbero finiti!" eclamò trionfalmente Zaira. Maura tacque pensierosa, e pochi minuti dopo già

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le due sorelle avevano tramato il modo per uccidere Linda; trascorsero l'intera notte in una

delle torri del castello dove viveva la perfida strega Dolores: era davvero brutta, vestita con un abito grigio e consunto, aveva grigi capelli crespi

sciolti sulle spalle, viso rugoso con occhi neri, semichiusi, e la bocca sormontata da neri e

lunghi pelacci; aveva sempre vissuto lì, allevata e istruita dallo stregone Maal, morto anni prima.

"Vogliamo che Linda la sarta muoia domani" dissero in coro le sorelle a Dolores

"Vi posso esaudire, ma avrò bisogno di un suo oggetto personale" rispose Dolores

"Ecco!" disse Zaira porgendole un paio di forbici che Linda aveva scordato l'ultima volta che era

stata a palazzo. "Bene, stanotte dovrete aiutarmi a preparare il

maleficio" e così dicendo le condusse in una parte della stanza dove si trovava un grande pentolone, accese il fuoco e ci mise dentro le forbici, acqua,

aglio, un dente cariato di Maal, polvere di lucertola essiccata al sole mentre schiacciava un

pisolino, capelli di giullare morto dal ridere e sbadigli di sentinella morta di sonno, e così, facendo i turni, le tre passarono la notte a mescolare quella brodaglia nel pentolone

ripetendo:"LA MORTE CHE PRESTO VERRA'

CON FORBICI DI SARTALA SUA VITA RECIDERA'"

All'alba Dolores tolse le forbici dal pentolone, le fece raffreddare e le consegnò a Zaira che subito

le ripose in un cofanetto e le consegnò ad un servitore orinandogli di portare immediatamente il cofanetto a Linda. Linda ricevette le forbici, le

prese in mano e subito: "Ahi! Mi sono punta!" urlò, e a nulla valsero gli

sforzi di zia Adele, del medico e dei vicini accorsi:

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il sangue continuò a uscire senza rimedio fino a quando, ormai esangue, la povera Linda spirò nel suo letto. La notizia della sua morte fece presto il giro di tutto il regno e giunse anche nel Bluesky,

portata da un biglietto di scuse di Zaira per la regina, nel quale la informava che la sua sarta

era venuta meno e che avrebbe fatto in modo di trovarle, al più presto, un'altra sarta ancora più

abile.Quando Eduard apprese dall'amico la triste notizia, fuori di sé, montò sul suo cavallo e

cavalcò per ore; poi tornò, e come un fulmine si diresse nelle stanze di Crisante. Lo trovò come al

solito, in compagnia della pazza, che dava da mangiare ai piccioni viaggiatori:

"Ti prego, devi assolutamente aiutarmi!" lo implorò Eduard gettandoglisi ai piedi.

"Alzati Eduard" gli disse amichevolmente aiutandolo a sollevarsi"Spiegami cosa è

successo" "Devi riportare in vita la donna che amo, per

favore! La mia vita non ha più senso senza di lei!" disse scoppiando in lacrime.

"Farò quello che mi chiedi ma devi portarmi una ciocca dei suoi capelli" gli disse e Eduard, senza rispondergli, corse via accompagnato da Oscar e giunse nel regno di Re Goodman la sera stessa:

"Dove si trova la casa della sarta Linda?" chiedevano i due a tutte le persone che

incontravano per le vie del regno, fino a quando un bambino rispose:

"E' proprio in fondo a questa strada" e, in un tiro di schioppo i due furono lì; si fecero largo fra la gente e scorsero Linda, bellissima, adagiata sul

letto ricoperto di fiori profumati: "Linda, amore mio!" disse tra le lacrime Eduard

stringendola a sé mentre Adele li guardava incredula, poi prese le forbici, le stesse che

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l'avevano uccisa, e le tagliò una ciocca di capelli, poi rivoltosi ad Adele:

"Voglio che sia lasciata qui sino al mio ritorno" disse e ripartì con l'amico.

A notte inoltrata Eduard consegnò la ciocca a Crisante che, appena la vide, sbiancò in viso

mentre la pazza, che era lì, scoppiò a gridare: "Fiamma! Fiamma!" e a strapparsi i capelli

graffiandosi nello stesso tempo il viso; venne subito legata e Crisante disse:

"Vi spiegherò" e si rinchiuse nel suo laboratorio a preparare strani intrugli e a recitare formule magiche per tutta la notte. All'alba uscì, si

sedette vicino ai due amici e disse: "La ragazza è stata vittima del maleficio delle forbici che sono state usate per reciderle la

ciocca, e presto si risveglierà, ma c'è una storia che devo raccontarvi: vent'anni fa, il principino Oscar che aveva due anni, giocava nel prato

vicino al fiume con la tata e sua sorella gemella Fiamma"

"Sorella?" ripetè, sbiancato in viso, Oscar "Si , Oscar! Tu avevi una sorella dai capelli color

tramonto proprio come questi" disse Crisante mostrando la ciocca

"E poi cosa successe?" chiese Eduard ansioso "La buona tata non si accorse che Fiamma si era

avvicinata troppo al fiume, se non quando era troppo tardi, e la vide caderci dentro; dal giorno

non si seppe più nulla della bambina e si credette che fosse annegata e trascinata chissà dove dalla

corrente. I tuoi genitori, Oscar, vinti dal dolore, ordinarono che il nome di Fiamma non venisse più fatto, e, questa povera pazza è stata la tua

tata!". "Quindi Linda è Fiamma!! Devo correre a dirlo ai

miei genitori!" esclamò festante Oscar e, prima di andare disse all'amico:

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"Ora hai la tua principessa!" Eduard rimase per un po' senza parole, poi decise

di tornare dalla sua amata, ormai ristabilita; la baciò e le raccontò la storia della sua vera

identità confermata dal racconto di Adele sul suo ritrovamento sulle rive del fiume.

Linda, anzi, principessa Fiamma, tornò a casa nel Bluesky festeggiata da tutti, ma non vi dimorò a lungo, perché presto sposò Eduard, indossando l'abito color pesca, e andò a vivere con lui nel

GreenMountain.Oscar riuscì a smascherare le trame di Zaira e

Maura che vennero rinchiuse a vita in convento…ma Oscar riuscì a trovare moglie? Si! E' colei che

vi ha raccontato questa storia!

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Fermo e Scappa

C'era una volta un ragazzino molto sveglio e che stava sempre in movimento, come una trottola. Andava e veniva in continuazione e correva e

saltava… insomma era un vero terremoto. Aveva un solo grande problema al mondo… il suo ridicolo nome. Infatti, si chiamava Fermo. Vi

immaginate? Dovunque andasse, sentiva pronunciare il suo nome. Vigili che vedendo ragazzini in motorino senza casco gridavano

"fermo!" e lui si girava pensando che lo stessero chiamando. Un ragazzino con il suo cane

giocavano al parco ed il cane si allontanava troppo? "Fermo!" gridava il ragazzino al cane… e

lui ci ricascava! Insomma la faccenda era diventata insopportabile! "Fermo!" - gridava una madre al suo bambino che stava attraversando la strada da solo - e lui sempre si voltava. Alla fine non ci badava neanche più e tutti quelli che lo

chiamavano sul serio pensarono che fosse diventato sordo o che non volesse più avere a

che fare con loro. Un giorno era particolarmente in vena di correre e, correndo correndo, si ritrovò

Page 62: Favole per la ninna nanna

nel bosco. Un bosco pieno di alberi alti e maestosi. Arrivato in una piccola radura si ritrovò

di fronte ad un signore alto, ma così alto, che sembrava un albero pure lui. Anzi, guardandolo bene, Fermo vide che non aveva i piedi e che le sue braccia assomigliavano proprio a rami ed erano pure ricoperte di foglie. La sua voce era

bella e profonda e disse: "Ciao, ragazzino. Come ti chiami?" E Fermo rispose: "Il mio nome è

Fermo, Signore. E lei? Come si chiama?" "Oh mio caro Fermo, io non ho più un nome! Da quando una strega mi ha trasformato in albero nessuno

mi chiama più e vorrei tanto parlare con qualcuno, ogni tanto. E invece, gli unici che mi

vengono a trovare sono i cani randagi. Si avvicinano, alzano la zampa, mi fanno la pipì sui piedi e se ne vanno tutti contenti! Sono felice che tu sia qui, oggi. Almeno la mia solitudine qui nel bosco è meno grande." "Signore", rispose Fermo "io sono molto felice di poterle fare compagnia. Sa, anch'io ho un problema. Con il nome che ho,

non è che sia tanto facile fare conversazione. Ogni volta che mi dicono 'Fermo' non so mai se

mi stiano chiamando o se vogliono che stia buono." Il ragazzo e il signor Albero, come Fermo

lo chiamò da quel giorno, diventarono grandi amici e si videro spesso. Parlavano dei tempi in

cui il signor Albero era un re rispettato e giusto e di quando, un giorno, egli incontrò la strega

cattiva, mentre era nel bosco, e come questa, tramutatasi in ruscello, gli avesse fatto bere

dell'acqua avvelenata, che lo tramutò in albero e gli fece dimenticare il suo stesso nome. Il signor Albero era molto gentile ed educato e non fece

mai nessun gioco di parole con il nome del ragazzo. Anzi, evitava di pronunciare 'fermo',

utilizzando altre parole come "buono" o "quieto" o "stop!" o "alt!" e lo chiamava semplicemente

Page 63: Favole per la ninna nanna

'ragazzo'. A quel tempo, in città, viveva anche una ragazzina molto carina ma anche molto,

molto pigra. La sua principale attività era quella di stare in poltrona a leggere favole mangiando

enormi gelati. Che disgrazia, però, era il suo nome! Difatti, ella si chiamava Scappa. Ve lo

immaginate? Quando un ragazzino senza casco passava davanti ad un vigile, il suo compagno gli gridava "scappa!" e lei si girava. Quando un altro tirava la palla al suo cane per fargliela prendere e gli diceva "scappa!" lei ci ricascava… Insomma, anche lei non ne poteva più! Un giorno Scappa, vincendo per una volta la sua innata pigrizia, si mise a passeggiare senza meta, pensando al

destino che gli aveva dato un nome così ridicolo. Camminando camminando, Scappa si ritrovò

proprio nel bosco, mentre Fermo stava parlando con il signor Albero. Fermo, sentendo il rumore che i passi di lei facevano sulle foglie cadute si

voltò, pensò che non aveva mai visto una ragazzina più carina di quella e se ne innamorò

subito. Lei pure si disse che quel ragazzino con gli occhi grandi non era per niente male, anzi!.

Fermo disse: "Ciao, io sono Fermo e tu?" E lei: "Lo vedo che sei fermo, mica sono scema, come ti

chiami, piuttosto?" "Ehi, non cominciamo!" - disse lui - "Non stavo dicendo che sono immobile. Il mio

nome è Fermo. E il tuo?" "Scappa" rispose lei semplicemente. Non lo avesse mai detto! Fermo fuggì terrorizzato, pensando che dietro di lui ci

fossero un lupo o un orso o tutte e due gli animali feroci assieme. Lei gli gridò dietro: "Ma dove vai?

E' il mio nome! Scappa è il mio nome!" Fermo tornò indietro, si guardarono negli occhi e si

misero a ridere e risero tanto che anche il signor Albero, che era sempre molto serio, iniziò a

ridere. Nel farlo muoveva le braccia e le foglie facevano un bellissimo rumore, come di

Page 64: Favole per la ninna nanna

campanelle. Parlarono e risero a lungo dei loro nomi. Si prendevano in giro e più lo facevano più si innamoravano l'uno dell'altra. Il signor Albero suggerì loro di fare una cosa che gli innamorati

facevano da tempo immemorabile. Incidere nella corteccia del suo lunghissimo tronco i loro nomi.

Essi lo fecero e Scappa, per finire, disegnò un bellissimo cuore intorno ai nomi, attraversato da una lunga freccia. Appena ebbe finito, si alzò un

vento fortissimo, tanto forte che la polvere sollevata entrò negli occhi di tutti e due i

ragazzini, impedendogli di vedere. "Fermo!" chiamò lei e lui rispose: "Non scappo mica via,

Scappa!". "Voglio rimanere con te, Fermo!" "Ma se ti ho detto che non scappo, Scappa!"… e sarebbero andati avanti così per un sacco di tempo fino a che il vento cessò di colpo e, aprendo gli occhi si ritrovarono mano nella

mano… e videro che il signor Albero non c'era più… Era sparito! Al suo posto c'era un signore molto meno alto con i piedi, le braccia ed una bellissima corona in testa. "Grazie, ragazzi" -

disse - "con il vostro amore mi avete salvato. Il sortilegio della strega è stato sconfitto per

sempre" disse il signore. Poi, con un inchino, si presentò. "Io sono Re Sta e, per favore, non

cominciate a dire - resta qui o resta lì, fermo là o scappa su - altrimenti mi viene subito il mal di

testa". E risero di nuovo a crepapelle tutti e tre. Ritornarono insieme in città, dove il Re Sta

riprese a fare il re e Fermo e Scappa, avendo capito che non è il nome che fa una persona, ma quello che c'è dentro di essa, dopo tanto tempo si

sposarono ed ebbero due bambini. Uno lo chiamarono Su e l'altro Giù. Ma questa è un'altra

storia…

Page 65: Favole per la ninna nanna

Ivy e i piccoli folletti

C'era una volta una bimba con grandi occhi blu e morbidi riccioli color del rame che

abitava in una casetta che si trovava in un immenso bosco pieno di alberi grandi e di

animali di ogni specie. La bimba viveva con la sua mamma e il suo papà ma purtroppo non

Page 66: Favole per la ninna nanna

aveva amici con qui giocare e divertirsi; il suo papà si alzava molto presto la mattina per andare a badare agli animali, la mamma

aveva sempre molte cose da fare in casa e lei poverina si annoiava da morire. Un giorno

vagando per il bosco sconsolata e senza far nulla si ritrovò a parlare da sola chiedendosi

cosa mai avrebbe potuto fare per poter divertirsi un po'; ma mentre parlava bla…bla…

bla… sentì come degli strani suoni attorno a lei, un po' impaurita girò lo sguardo intorno per capire cosa stesse succedendo ma non vide nulla e così pensando che magari era

stata una sua impressione continuò a camminare e parlare blablabla…..blablabla….. ma ecco di nuovo quegli strani suoni, ma cosa

succede? Rimase ferma immobile e ad un tratto vide saltare fuori qualcosa dai cespugli, erano piccoli e colorati saltavano da un fiore all'altro di qua e di là; che carini, erano dei

piccoli gnomi con i loro cappuccetti colorati di rosso di giallo di verde e si divertivano come

pazzi! La bimba voleva afferrarli tutti, loro gridavano un po' per paura e un po' per

divertimento perché non era la prima volta che vedevano quella dolce bimbetta andare per boschi, ed era stata tanta la tenerezza

suscitata in loro che decisero di apparire per farle un po' di compagnia. Uno di loro che si chiamava follettino pinciolino gli saltò sulla

manina e gli disse "ciao piccolina che cosa fai nel bosco e come ti chiami?" "Io mi chiamo Ivy

e vengo sempre a giocare qui nel bosco; a casa mi annoio e nessuno vuol divertirsi con me ma adesso devo scappare la mamma mi chiama, ciao folletto pinciolino!" Appena a

casa la mamma le chiese dove fosse stata , la bimba le disse che era andata nel bosco ma

Page 67: Favole per la ninna nanna

non raccontò dei folletti. Il giorno dopo Ivy andò nuovamente nel bosco e incominciò a

chiamare il folletto ma lui non rispondeva e lei continuava a chiamare ma nulla; ad un tratto

poco lontano vide tanti uomini con grosse seghe che gridavano "coraggio oggi dobbiamo

tagliare almeno cinquanta alberi". La bimba disse gridando "fermi , non tagliate gli alberi lì

ci vivono i folletti"! Il capo dei tagliaboschi scoppio a ridere e disse " ma piccola credi ai folletti; loro vivono solo nella fantasia di voi

bimbi ma nella realtà non esistono!" Ivy rispose "Vi dico che ci sono ieri li ho visti , ci

ho parlato" e scoppiò a piangere. Si guardò in giro con la speranza di vedere follettino pinciolino; ma nulla e così continuando a

guardare tra i cespugli lo chiamava con tutta la voce che aveva in gola ma niente da fare . Vagando di qua e di là alla ricerca dei folletti ad un tratto si accorge che qualcosa andava storto ai boscaioli, infatti loro sistemavano la sega ma questa ad un tratto si spostava, si perdevano gli attrezzi da lavoro, insomma i poveri boscaioli non riuscivano a capire che stesse succedendo ma Ivy sapeva benissimo

che tutto ciò era opera di quelle strane creature e allora sgranò gli occhi e scoppiò a

ridere. I boscaioli non si rendevano conto, erano strabiliati e arrabbiatissimi, ma ad un

tratto follettino pinciolino saltò sul naso di uno di loro e disse " che peccato abbattere questi alberi, loro s ono utili a voi uomini perché vi fanno respirare aria più pura, loro sono utili

alla natura, loro sono belli e immensi. Il boscaiolo rimase immobile senza poter dire

una parola incantato da quella strana creatura, credette di sognare e disse "ma non può essere, i folletti non esistono; cosa diavolo

Page 68: Favole per la ninna nanna

sta succedendo!". Ivy divertita e felice saltellava dalla gioia; il capo dei boscaioli prese follettino pinciolino e lo adagiò sul

palmo della sua mano e con voce tremante disse "stupenda creatura questo è il tuo

regno, questo è tutto ciò che appartiene a voi abitanti del bosco, ma credimi purtroppo gli

alberi servono a fare tante cose utili all'uomo non posso non abbatterli, ma non voglio

neanche distruggere il mondo dove voi sieti nati, come posso fare?" Ad un tratto si sentì

un'altra voce forte e secolare parlava l'albero più anziano del bosco "Ascolta boscaiolo, sono secoli che io vivo e sono stato molto bene qui ma ormai sono vecchio e stanco e come me

tanti altri alberi; butta giù noi che abbiamo già vissuto abbastanza, questo è il circolo della vita, ogni cosa ha un inizio e una fine ed è

giusto che sia così!" Ci fu uno strano silenzio attorno, si sentivano solo strani sfruscii e il battere d'ali delle farfalle; era la natura che

parlava, furono momenti di intensa emozione e per una volta non era stato l'uomo ha decidere ma la vita stessa di ogni essere

vivente che circonda il nostro vivere! Ivy tornò a casa felice, quell'esperienza le aveva

insegnato tante cose, non si sentiva più sola; aveva capito che ogni cosa e ogni persona al mondo esisteva per un suo scopo, e capì che se voleva avere un po' di compagnia bastava

andare nel bosco e in silenzio ascoltare……………….!!!!!!

Page 69: Favole per la ninna nanna

PANDOLFO PIE' DI ZOLFO

Era il dì lunedì cantò il gal chicchirichì. E' così che fu svegliato

Sir Pandolfo il gran soldato. Con l'elemetto e l'armatura cominciò la sua avventura, con la spada messa

al fianco salì sul cavallo bianco. Intraprese il suo cammino fino al regno lì vicino dove, tutti avean

detto, c'era un mostro maledetto e la domenica mattina si mangiava

una bambina, come pan con marmellata.

... Solo una ne è restata. La più piccola lei è delle tre figlie del

Re. "Ah che gran maledizione" piange la popolazione; "così triste è la sorte" è quel che si dice a corte. Il Re intanto, disperato, un editto ha

emanato: SARA' DATA OGNI RICCHEZZA A CHI COMPIE LA PRODEZZA A COLUI CHE CON MAESTRIA

SALVERA' LA BIMBA MIA

Page 70: Favole per la ninna nanna

Arrivati a venerdì il gran drago è ancora lì, urla forte e col suo fiato tanti prodi ha già bruciato. Ride, ride e con la zampa schiaccia chi incauto avanza. Con la coda fa

volare chi lo prova ad assaltare. Ma torniamo a Padolfo ed al forte odor

di zolfo che dal piede suo sale quando leva lo stivale. Nelle notti

del cammino ogni erba lì vicino per la puzza appassiva mentre lui,

seren, dormiva e poichè per tutto il viaggio veder acqua fu miraggio, il piedone di Pandolfo ancor più darà

di zolfo. Di domenica, al mattino, arrivò al suo destino. Superato il ponte in legno il soldato entrò nel regno

Cavalcando il suo destriero calpestò il suol straniero e quel che a lui si

presentò di spiegarvi tenterò. C'eran tante bancarelle con le loro merci

belle e la gente, mamma mia!! che veloce andava via; verso casa, nelle stalle, al ripar delle cavalle. Anche il

cane e la gallina si nascosero in cantina mentre il porco

Grugnostorto fece finta d'esser morto. Corse il prè dalla badessa al

finire della messa e anche gli uomini più forti si nascoser nelle corti

mentre il gallo Zampalesta sotto il fieno zitto resta. In men che non si dica, nelle vie non ci fu vita, nelle

case fu paura scoccò l'or della tortura. Cielo e terra, tremò tutto, al venir del drago brutto. Canticchiava

uno stornello sulla strada del

Page 71: Favole per la ninna nanna

castello: E’ domenica mattina

a colazione una bambina uno due, un due tre

questa volta tocca a te. Questa volta dopo messa mangerò la principessa delle tre la più piccina

ed il re va in rovina questo non importa a me

uno due, un due tre. apri presto quel portone

che ti mangio in un boccone proprio a te oggi tocca dolce bocca d'albicocca

uno due, un due tre questa volta tocca a te!

Visto questo Sir Pandolfo, con la sua puzza di zolfo, alla tana andò del mostro per attenderlo nascosto e

tirargli un bel tranello al ritorno dal paesello. Ahimè questi tornando la presenza andò fiutando di Pandolfo

intraprendente con il piede puzzolente e, nascosta la bambina

nella grotta lì vicina scoprirà il soldato in un cespuglio riparato.

Grande fu la sicurezza, decisione ed esattezza di Pandolfo nel lanciare al bestione un alveare. Salti, pianti e grande urlare e Pandolfo andò a

scalciare così forte da far volare e di schiena atterrare. Per effetto del

rimbalzo lui, Pandolfo, restò scalzo ed un piede, guardacaso, finì

proprio sotto il naso del dragone dolorante steso al fianco

agonizzante. Al sostegno puzzolente

Page 72: Favole per la ninna nanna

non ci volle proprio niente a stecchire il monumento nel passare di un momento col suo acre, forte odore senza fare alcun rumore. Il

vento, poi, la puzza prese per portarla giù al paese attirando

l'attenzione della gran popolazione. Fu così che la gente, per scoprir

l'odor fetente, salì fino alla collina ritrovando la bambina, il dragone

avvelenato e Sir Pandolfo addormentato. Ci fu festa per sei

giorni con ciambelle e suon di corni. Sir Pandolfo fu osannato e dal Re poi

premiato. Grandi dame e cavalieri tintinnarono i bicchieri e non per

scelta e non per caso ben tappato avean il naso, così chiuso in

sofferenza fino al dì della partenza quando, con starnuti vari, fecer

festa anche le nari che con Pandolfo acclamato anche il puzzo se ne è

andato.

STRETTA LA FOGLIA LARGA LA VIA DITE LA VOSTRA CHE HO DETTO LA

MIA

Page 73: Favole per la ninna nanna

E' successo a Sciacca

A sciacca, abitava una bella famigliola formata da 4 persone: Papà, Mamma e i

loro due bambini Paolo e Rossella. La mamma aveva l’abitudine di uscire ogni giorno per andare al supermercato a fare

la spesa, infatti, ogni giorno appena arrivava a casa il papà, rivolgendosi ai suoi

figli diceva: "Paolo e Rossella restate un pochino con papà che la mamma va al

Page 74: Favole per la ninna nanna

supermercato a comprare il prosciutto". Il giorno dopo, stessa storia: "Paolo e

Rossella state un poco con papà che la mamma va un momento a comprare il

salame" e così via per tutta la settimana. Dopo qualche giorno che la storia si

ripeteva, alla solita frase della mamma, Paolo gli rispose: "mamma, ma al posto di

comprare le cose una alla volta, non le puoi comprare tutte insieme ed eviti così di

andarci più volte?". La mamma, in un primo momento resto’ a bocca aperta, poi con un sorriso rispose: "vero, Paolino, da

domani faro’ così". Ma dopo qualche giorno, la mamma riprese il solito hobby, quello di fare la spesa giornalmente. Un

giorno, mentre la mamma era fuori a fare shopping, Paolo disse a papà: "Papà,

facciamo un dolce così appena viene la mamma le facciamo una sorpresa?".

"Buona idea" replicò il papà ed iniziarono: ½ kg di farina, tre… quattro… cinque uova,

"Paolo prendi l’acqua", "papà prendi lo zucchero", insomma chi più ne aveva più ne metteva. Tutto ad un tratto, Rossella

che aveva appena 1 anno, con le sue dolci manine, tira la tovaglia e splash… tutto per

terra. Rimasti in silenzio per qualche minuto, papà e Paolo si misero a pulire, ma

più pulivano più casino combinavano: dolce attaccato alle pareti, olio per terra,

farina sulle sedie ect…. Nel frattempo rientrò la mamma con in mano una busta di latte che aveva appena comprato, apre

la porta e nel vedere il tutto si mise le mani tra i capelli e gridò: "AHHHHHH!!! cosa avete combinato!". Paolo ed il suo

papà non avevano nemmeno il coraggio di

Page 75: Favole per la ninna nanna

fiatare e prima l’uno poi l’altro si ritirarono in camera da letto. La mamma non

potendo fare altrimenti si mise a pulire senza mai smettere di lamentarsi e

rimproverare Padre e figlio. Da quel giorno in poi la mamma fa la spesa una volta a settimana, e quando Paolo ed il suo Papà

non sono in casa.

P.S. dopo ogni racconto mia nonna diceva sempre: “Favula ritta, favula totta lu nasu

toi appizzatu a la potta”.

Il piccolo pesciolino

Page 76: Favole per la ninna nanna

C'era una volta, tanto tanto tempo fa in un mare lontano, un piccolo pesciolino, molto piccolo e

molto colorato. Vagava per i sette mari alla ricerca di tranquillità, dato che tutti i pesci più grossi di lui

volevano mangiarselo. Un giorno incontrò un grande squalo, forse il più grande di tutti i sette

mari, si avvicinò a lui e con un filo di voce gli chiese se poteva difenderlo dagli altri pesci più grandi di lui. Lo squalo si girò per vedere chi era

che parlava, quando scorse un piccolissimo pesciolino, si mise a ridere e gli chiese: "perché non posso mangiarti io?". Il pesciolino rispose: "non riusciresti neanche a sentire il mio gusto,

invece io posso accompagnarti per i sette mari alla ricerca di cibo". "Va bene" esclamò lo squalo.

Girovagando per i sette mari un bel giorno arrivarono vicino a una profondissima fossa di cui non si riusciva neanche a vederne il fondo. Mentre i due amici scrutavano la fossa all'improvviso uscì una gigantesca balena che alla vista dei due pesci

aprì la bocca e li mangiò in un boccone. Il pesciolino piccolo molto spaventato chiedeva allo squalo "ma dove stiamo andando?". "Guarda che neanche io so dove finiremo" esclamò lo squalo. All'improvviso in lontananza videro una lucina e, avvicinandosi, notarono le figure di due persone. Ad un tratto il pesciolino riconobbe una sagoma

famigliare a molti bambini: era Pinocchio. Il piccolo pesciolino chiese a Pinocchio come mai era nella

pancia della balena. Pinocchio rispose che per salvare il suo babbo finirono tutte e due nella

pancia della balena, però oramai non avevano più legna per scaldarsi tranne che due enormi tronchi

che erano gli alberi della nave dove erano imbarcati. Il pesciolino si girò verso lo squalo e

disse "rompili tu con i tuoi denti che, se riusciamo a fare un grande falò, forse riusciamo ad uscire

tutti dalla pancia della balena, però tu devi

Page 77: Favole per la ninna nanna

promettere che non cercherai di mangiarti i nostri nuovi amici". Lo squalo diede il suo assenso e cominciò a rompere i tronchi. Geppetto diede

fuoco a tutti i pezzettini di legno e un grande fuoco si sviluppò nella pancia della balena, la quale

cominciò a tossire e sputare fuori tutto quel fuoco che aveva nella pancia. Uscirono anche i nostri

amici. A quel punto i quattro abitanti della balena furono in mare aperto. La balena fuggi via, ma lo

squalo cominciò ad avere fame e rivolgendosi verso Pinocchio e Geppetto disse ora ho fame e

penso che vi mangerò. Allora il pesciolino si mise davanti allo squalo e disse "dovrai passare su di

me per mangiare i miei amici". Lo squalo si mise a ridere e aprì la bocca in modo spaventoso, ma a

quel punto arrivò la fata dei sette mari e guardando il piccolo pesciolino gli si rivolse con

dolci parole "caro piccolo pesciolino il tuo coraggio verrà premiato anche per tutto l'amore che risiede

dentro di te". Con un colpo di bacchetta magica trasformò il piccolo pesciolino nella più grande

balena bianca di tutti i tempi, la quale mise in fuga lo squalo, e salvò i due suoi nuovi amici portandoli a riva. Pinocchio e la balena bianca si ritrovavano

tutti gli anni nelle stessa spiaggia, e Pinocchio chiedeva alla sua amica nuovi racconti marini sulla

caccia delle balene, ma questa è un'altra favola.

Page 78: Favole per la ninna nanna

La storia di Arlecchino

Gli amici di Arlecchino decisero di vestirsi in maschera l'ultimo giorno di carnevale con gli abiti cuciti dalle loro mamme. Arlecchino era triste perchè la madre, che era vedova e povera, non poteva comperare la stoffa per il

suo vestito. Le mamme degli amici di Arlecchino le regalarono gli avanzi di stoffa cosi' la mamma di Arlecchino potè cucirgli il vestino. La mattina del

martedi' grasso, quando Arlecchino entrò in classe lo accolsero con un fragoroso applauso perchè il suo vestito, non solo era il piu' bello ma anche il piu'

originale.

Page 79: Favole per la ninna nanna

Il Natale di Lunetto

Lunetto aveva solo 3 mesi, ed era già una piccola peste! Occhi tondi e vispi giallino-verdi, musetto impertinente e pelo tigrato

color miele; insomma una simpatica canaglia quando non dormiva, un dolce cuccioletto quando faceva la nanna! Era il più giovane

del gattile, era stato portato piccolissimo, da un giovane uomo in una notte di luna piena,

a mamma Giulia. Lei era la bellissima fanciulla che si occupava, insieme al papà

chiamato il MAESTRO dai paesani perché era un bravissimo pittore, dei 28 gatti che

abitavano nel gattile, un' ampia e graziosa cascina costruita in mezzo alle montagne non

lontano dal paese. I mici erano felici; mangiavano, dormivano, giocavano, gironzolavano nei dintorni, e spesso accompagnavano mamma Giulia a

raccogliere i frutti nel bosco per preparare gustosissime marmellate, si acciambellavano affianco al Maestro quando dipingeva vicino

al caminetto nel grande salone e aspettavano con ansia le visite delle loro

Madrine e Padrini. Le Madrine e i Padrini dei gatti erano quei paesani che li avevano raccolti per strada o salvati da qualche

pericolo e portati al gattile, oppure che li avevano adottati in seguito, e che si erano

tanto affezionati ai loro micetti che li

Page 80: Favole per la ninna nanna

andavano spesso a trovare portando cibo e giochi per tutti! Tutti i mici avevano un

padrino o una madrina, addirittura CARLOTTA, una anziana gatta dal pelo di

tanti colori, aveva 2 madrine tanto era dolce e benvoluta. Solo Lunetto non aveva né un

padrino né una madrina, perché abitava ancora da poco nel gattile e delll'uomo

misterioso che l'aveva portato da mamma Giulia non si avevano mai avute notizie. Di

questo Lunetto soffriva molto ma non lo diceva a nessuno e così, spesso, combinava guai e faceva i dispetti ai suoi amici che però gli perdonavano tutto perché era il piccolino

del gattile. " Ma come era fatto il mio padrino?" chiedeva quasi ogni giorno Lunetto a mamma Giulia. " Oh, era un bel giovane" gli rispondeva mamma Giulia con gli occhi sognanti accompagnati da un sospiro " E

quando tornerà da noi? Tornerà? Vero? Vero? Vero? Vero?" insisteva Lunetto " Certo!

Presto, piccolino mio" lo rassicurava mamma Giulia " Si! Ma quando? Quando?" continuava lui, balzando sulla tavola apparecchiata per il pranzo " Ora basta! Scendi subito da lì e va a

lavarti le zampette che è quasi l'ora di pranzo" diceva lei in un tono che non

ammetteva repliche, ma poi si pentiva subito, lo prendeva in braccio, gli faceva

tante coccole e gli prometteva : " Se sarai buono, Babbo Natale ti riporterà il tuo

padrino". Si era arrivati al 24 dicembre e mamma Giulia e il Maestro erano

indaffaratissimi per i preparativi del cenone della vigilia di Natale! C'era l'albero e la casa da addobbare, i dolci da preparare, le calze da appendere al caminetto, la grande tavola da imbandire per tutti i mici e le loro madrine

Page 81: Favole per la ninna nanna

e padrini, i collarini della festa da far indossare a tutti i mici,…insomma…un bel

gran da fare, e tutti davano una mano…ops…una zampa! Lunetto come al solito faceva il pestifero, giocava con le ghirlande appese

all'albero, si mangiava le mandorle che servivano per guarnire i dolci, muoveva con

una zampina di qua e di là le palline dell'albero seguendo la danza delle luci

colorate che si riflettevano su di esse. "Ora basta! Lunetto vai in castigo! Scendi in cantina e rimanici fino a quando non ti

chiamiamo!" sbottò Carlotta. Lunetto lasciò in pace le povere palline, abbassò le morbide orecchiette e si diresse verso la cantina ma poi cambiò idea e, con un balzo felino, saltò sulla finestra e scappò via! " E' proprio un discolaccio!" disse sconsolata Carlotta "

Bisogna avere pazienza, è solo un cucciolo!" replicò mamma Giulia " Anche se combina guai per 10!" aggiunse il MAESTRO, e tutti

risero di cuore. Lunetto era arrabbiatissimo . Corse senza fermarsi fino al laghetto

ghiacciato, si accucciò stremato nell'incavo di un grande albero. Aveva le zampette e le

orecchiette gelate e mentre piangeva come una fontanella, pensava: " Non tornerò più a casa! Nessuno mi vuole bene! Aspetterò che stanotte Babbo Natale mi faccia rincontrare il

mio padrino e poi andrò via con lui! Si Si! " continuò piangendo " Nessuno mi vuole bene! Sigh! Nessuno mi vuole bene!" e stanco stanco per il tanto piangere, si

addormentò. Intanto si fece sera, i padrini e le madrine iniziavano ad arrivare al gattile

per il gran cenone di Natale con tanti pacchi pieni di dolci e regali. Allora Carlotta decise di

scendere il cantina a chiamare Lunetto: "

Page 82: Favole per la ninna nanna

Lunetto! Piccolo birbante, sali a prepararti per la festa!Ti devi ancora mettere il collarino di Natale!" Ma non ricevette alcuna risposta, allora lo cercò dappertutto, continuando a

chiamarlo. Disperata tornò nel salone e avvisò mamma Giulia e gli altri della sua scomparsa. " Vedrai che appena sentirà il profumino delle prelibatezze che abbiamo

preparato, lo troveremo già seduto a tavola con le zampette lavate, il tovagliolo appeso al collarino e la linguetta di fuori!!AH AH!" disse mamma Giulia ridacchiando. Ma il

tempo passò, la tavola era già apparecchiata, tutti gli ospiti erano arrivati, fuori iniziava a nevicare ma di Lunetto nessuna traccia. " Sono preoccupata, Lunetto non è ancora tornato, bisogna andare a cercarlo" disse

mamma Giulia e subito i gatti più grandi, si misero una calda cuffietta di lana, una sciarpina e andarono a cercarlo. " Vado

anch'io!" disse Carlotta " Non andare, fuori nevica, ti ammalerai!" la esortarono tutti ma la vecchia gatta prese la sua mantella rossa e uscì dicendo: " E' colpa mia! Se è successo

qualcosa a quel cucciolo non potrei mai perdonarmelo!" e uscì. Passò qualche ora, anche i padrini si unirono alle ricerche, e finalmente lo trovarono, acciambellato

dentro il tronco dell'albero, che dormiva come un angioletto. Tornarono tutti al gattile

che mancava un ora alla mezzanotte, tutti erano felici per aver ritrovato il piccolo

Lunetto e nessuno lo sgridò, solo mamma Giulia si fece far promettere che non

l'avrebbe fatto mai più, e lui obbedì subito…aveva un languorino al pancino…: " Prometto

che non scapperò più…ma ora si mangia?" Tutti scoppiarono in una risata e iniziarono a

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sedersi a tavola, quando mamma Giulia esclamò: " E Carlotta? Non era con voi

Carlotta?" Chiese ai padrini e ai mici che avevano partecipato alle ricerche di Lunetto "

No, non l'abbiamo vista!" dissero loro " Mio Dio!" disse pallida in volto, " Cosa le potrà essere successo? Bisogna andare subito a cercarla, fuori c'è una tormenta di neve!" ordinò, e quasi tutti si coprirono bene e uscirono. Anche mamma Giulia uscì con

Lunetto. La cercarono per un ora e ormai era quasi mezzanotte, Lunetto aveva pianto tutto

il tempo mentre la cercava in braccio a mamma Giulia fino a quando si era buttato in lacrime sulla gelida neve e aveva gridato tra i singhiozzi : " Mamma Giulia, dillo tu a Babbo

Natale…diglielo che non voglio più che mi porti in dono il mio padrino! Digli che ci

riporti Carlotta! Digli che gli prometto che diventerò buono e non farò più i capricci!" E le saltò in braccio continuando a piangere. Mamma Giulia lo strinse dolcemente, poi guardò in cielo e gli occhi le brillarono "

Guarda lassù" disse " Ora torniamo a casa, c'è qualcuno che ci sta aspettando!" Lunetto guardò in cielo e vide una luce splendente nel buio, e in mezzo alla luce risplendeva la

magnifica slitta di Babbo Natale trainata da 8 bellissime renne e sulla slitta, lui, il dolce vecchino più amato del mondo! Mamma

Giulia con Lunetto corse fino ad arrivare al gattile dove era atterrata la slitta con Babbo

Natale, e lo stesso fecero tutti gli amici e presto si trovarono nel grande salone, caldo e luminoso, dove, vicino al grande camino, li

attendeva Babbo Natale. Lunetto non ci pensò due volte, con un balzo saltò sul

caminetto per essere più vicino a Babbo

Page 84: Favole per la ninna nanna

Natale e inizio: " Babbo Natale, per favore, io…io…" ma non riuscì a continuare perché scoppiò a piangere, e allora lui lo prese in braccio e lo accarezzò dicendogli: " Non

preoccuparti, piccolo, le tue lacrime e le tue parole mi sono arrivate perché venivano dal

cuore, così esaudirò il tuo desiderio! Guarda!" e così dicendo gli indicò una cesta

coperta con uno scialle rosso,vicino al caminetto, la scoprì, e sorpresa! Dentro c'era

Carlotta!! Tutti gridarono di gioia e l'abbracciarono! E iniziò finalmente la festa, vennero serviti gli antipasti mentre, a turno, Babbo Natale consegnò i regali, e tutti erano

felici!! Arrivò il turno di mamma Giulia e Babbo Natale le disse: " Vai, mia cara, e apri

il portone. C'è qualcuno per te!" Mamma Giulia corse al portone, l'aprì e…sorpresa…il misterioso bel giovine…il padrino di Lunetto la salutò con un inchino galante e un bacio

sulla mano e le disse: " La luce dei suoi bellissimi occhi, dolce Giulia, mi ha ricondotto

qui!" Giulia non riuscì a parlare per l'emozione, ma a rompere il silenzio ci pensò

il piccolo Lunetto che, con uno dei suo spericolati balzi, irruppe tra la coppietta

gridando: " Padrino mio! Sei tornato da me!!" E il padrino lo prese in braccio, lo baciò e lo salutò con affetto mentre tutti nella grande

sala restavano fermi in silenzio per l'emozione fino a quando mamma Giulia,

rianimatasi dalla sorpresa, prese il suo bel giovine misterioso a braccetto e,

conducendolo alla tavola, in tono scherzoso disse: " Ora, mio caro Lunetto, te lo porto via,

in fondo…è il mio regalo!!!!" Tutti risero a crepapelle, si risedettero a tavola e la festa

continuò allegramente, come allegra

Page 85: Favole per la ninna nanna

continuò la vita di quella grande inseparabile famiglia!

FINE

BEPPINO SENZA CAPELLI VENDITORE DI OCCHIALI

Page 86: Favole per la ninna nanna

Beppino era il venditore di occhiali più bravo di tutta la regione. Certo che la sua abilità era solo una parte del

suo successo, l'altra riguardava l'articolo che lui vendeva. Occhiali magici! Non proprio magici, ma con gli occhiali di Beppino le persone potevano vedere il

mondo, non così com'era, ma più bello. Se il cielo fosse stato grigio sarebbe bastato infilare gli occhiali viola ed in cielo splendeva subito un caldo sole giallo. Veniva a

trovarti un vicino antipatico e tu con gli occhiali blu vedevi un volto sorridente e dei modi gentili. Insomma una vera manna. Beppino viaggiava di paese in paese, si sistemava sulla piazza principale e dall'alba vantava le doti dei suoi occhiali colorati. Mostrava gli occhiali

prova, ed ogni tanto li infilava ai paesani che si fermavano per ore a sentirlo parlare. Quel giorno che successe il "fatto" era capitato in un paese nel quale

non era mai stato prima e questo era già strano, perché aveva girato in lungo ed in largo tutta la regione. Arrivò di buon mattino e trovò subito la piazza, con la chiesa

da una parte, la caserma dei carabinieri dall'altra ed un bel bar che stava già aprendo per i primi avventori;

c'erano solo poche persone, ancora insonnolite e, vicino alla fontana, una bambina che guardava verso di lui. Da buon venditore le sorrise e continuò a preparare i suoi

preziosi articoli. Finalmente la piazza cominciò ad animarsi. Bambini che correvano a scuola, donne piene

di pacchi e uomini corrucciati, ma tutti si fermavano almeno un momento da lui e compravano al volo una

paio di occhiali rosa per vedere il bicchiere mezzo pieno o un paio di occhiali lilla per vedere che c'era ancora tempo per sbrigare tutte le faccende importanti. E lei era ancora lì. Lei chi?! La bimba della mattina, quella che si era seduta vicina alla fontana. Continuava a

guardarlo con una strana espressione sulla faccia e lui cominciava a diventare nervoso. Forse...no...non era possibile...ma se...nessuno sapeva....a meno che...no

Page 87: Favole per la ninna nanna

nessuno sapeva il suo segreto. Ma lei lo guardava dritto negli occhi e sembrava non stancarsi. Quando poi si alzò

dal suo posto vicino alla fontana e si avvicinò a lui, Beppino cominciò a tremare e quando aprì bocca fu

molto contento che quasi tutti se ne fossero andati. "Io preferisco l'asino" Beppino si sedette di colpo e rimase a

bocca aperta. "Che cosa hai detto?" "Io preferisco l'asino" ripeté la bimba " ha gli occhi buoni." Quella

piccola bimba bionda conosceva il suo segreto. Perché tutti hanno un segreto, bello o brutto, ma tutti hanno un segreto. Qualcosa che non ti va di far sapere agli altri. Perché un segreto è questo, un mondo dentro il quale

facciamo entrare solo chi vogliamo noi. E questa bimba non era stata invitata nel suo. "Spiegati meglio; quale

asino?" "Quello vecchio e stanco. Il cavallo alato è bello, ma lui lo preferisco" Senza dubbio sapeva tutto. Non

aveva mai saputo se quella che aveva incontrata molti anni prima fosse stata una strega od una fata, in ogni

caso, da allora, se faceva una gentilezza si trasformava in un bellissimo cavallo alato e poteva osservare le

bellezze del mondo dal cielo, ma quando dimenticava di sorridere, diceva una parola sgarbata, non offriva un

fiore ad una persona triste si trasformava in un puzzolente vecchio asino pieno di dolori. All'inizio era stato difficile. Si trasformava così spesso in asino che aveva quasi rinunciato a fare gentilezze, tanto finiva

sempre e comunque a mangiare carrube e a grattasi le orecchie sui tronchi degli alberi. E da un po' di tempo

non faceva niente, tanto per non sbagliare. "Non lo so, io vedo nel tuo occhio destro un bellissimo cavallo alato

e nel tuo occhio sinistro un vecchio asino , però così dolce. Da l'idea di averne viste tante, è gentile con tutti e ha gli occhi più buoni del mondo" "Come ti chiami?"

disse Beppino. "Lidia" rispose "e tu?" "Beppino" e volendone sapere di più la prese per mano portandola

fino alla fontana dove era stata tutta la mattina. "Perché non ti piace il cavallo alato?" chiese dolcemente.

"Perché è solo nel cielo. Fa tante cose belle, ma le

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guarda da lontano. L' asino invece è sempre preoccupato per gli altri, sta attento a non ferire

nessuno e tutti gli sono grati". Beppino non sapeva che cosa dire. Infatti era proprio così. Ogni volta che si era

trasformato in asino aveva imparato qualcosa. Non faceva cattiverie o scortesie; invece quando si

trasformava in cavallo era perché voleva farsi bello e finiva solo nel cielo. Guardò con tenerezza Lidia e pensò che quella bimba non aveva bisogno dei suoi occhiali. E

neanche di fare gentilezze per volare in cielo. Era semplicemente felice facendole. Penso a quante volte non si era fermato con la gente perché aveva paura di

diventare asino e quando per diventare cavallo era stato gentile con chi non gli piaceva. "Grazie" "Per che cosa?"

disse Lidia. "Per gli occhiali che mi hai venduto" Lidia piegò la testa di lato come per dire che non gli era molto

chiaro quello che Beppino stava dicendo. Beppino cominciò a raccogliere tutte le sue cose, prese la valigia con gli occhiali e la diede ai signori delle immondizie che passavano di lì. "Venderò fisarmoniche. Sono più pesanti

degli occhiali, però danno tanta gioia" Questa lezione l'aveva imparata e andandosene si voltò solo un attimo per salutare la piccola bimba bionda che gli sorrideva

dal bordo della fontana.

Page 89: Favole per la ninna nanna

Le pecorelle unite ed il lupo solitario

C'era una volta una pecora di nome Francesca che stava in un ovile insieme alle altre pecorelle.

All'improvviso venne un lupo affamato che voleva mangiare qualche pecora. Allora Francesca disse alle

altre pecore di non uscire perché il lupo era molto affamato e cattivo. Ma una pecora superba, di nome

Isabella, che pensava di essere la più forte e coraggiosa, non ascoltò i consigli di Francesca e uscì fuori. Il lupo in un attimo saltò addosso alla povera

Isabella che belava disperatamente. Ma le altre pecorelle si fecero coraggio e tutte insieme uscirono

Page 90: Favole per la ninna nanna

dall'ovile per salvare Isabella. Il lupo, vedendo un sacco di pecore che gli stavano saltando addosso,

scappò via e non si fece vedere mai più.

Questa storia ci insegna che l'amicizia è molto importante e che gli amici superano tante difficoltà

rimanendo sempre uniti.

LA STANZA MAGICA

Un violento temporale svegliò Rich nel cuore della notte e tutto divenne buio all'improvviso. Rich aprì gli occhi, ma da qualunque parte guardasse era tutto nero, ma

così nero che li richiuse subito. Si nascose sotto le coperte e si raggomitolò stringendosi le braccia intorno al corpo. Ricordò che un giorno a scuola si era divertito molto a giocare con il buio, esisteva sì “il buio pesto” e

chi “barcollava nel buio”, ma c’era anche chi era “tenuto al buio”, oppure chi faceva “i salti nel buio”... La

maestra aveva fatto sorridere tutta scolaresca con quell’allegra e simpatica filastrocca! Così provò ad

addormentarsi, ma il pensiero di quel nero non gli lasciò prendere sonno. Rich si sentiva avvolto, inghiottito,

risucchiato con il letto, la stanza, l'intera casa e tutti i suoi sogni dalla notte. Sbirciò da sotto le coperte in cerca della luce, tossì per svegliare qualcuno, ma la

stanza era tutta immobile e silenziosa. Si udiva solo il rumore della pioggia battere con un TIC-TAC

Page 91: Favole per la ninna nanna

intermittente contro i vetri. - Manu, Manu... - chiamò sottovoce timoroso persino di ascoltare la sua voce. Rimase qualche istante con l'orecchio in attesa di un

segnale, ma la sorellina non rispose. Forse il buio l'aveva già portata via e così avrebbe fatto anche con gli altri e lui sarebbe rimasto solo? Doveva fare qualcosa, proteggerli! Velocemente scivolò dal letto e raggiunse ginocchioni lo scrittoio. Tastò con le mani sul piano del

tavolo, cercò di qua e di là, poi afferrò la scatola dei colori. In tutta fretta aprì un tubetto, lo schiacciò, vi

immerse la setola di un pennello e con la punta grondante di colore diede la prima pennellata nel buio. Era l'azzurro! Rich affondò nuovamente il pennello nel tubetto e colorò fin quando non finì. Poi ne cercò un altro e riempì il buio che era rimasto con larghe e

profonde pennellate verdi. Tra una passata e l'altra, per coprire il nero che era rimasto, disegnò macchie di fiori

rossi, arancio, blu e bianchi. L'ultimo tubetto era il giallo. Rich salì sulla sedia dello scrittoio e colorò un sole grande, caldo ed alto, fin quando il giallo non finì.

Svuotò tutti i tubetti, mise colori dappertutto, riempì ogni angolo buio e nero della stanza, dipinse persino maglietta e calzini con i colori della sua squadra del

cuore. Infine con le mani pasticciate si pulì nell'azzurro e tracciò il profilo di un arcobaleno dalle mille sfumature

colorate. Ora la stanza era un magico bazar di sogni e di colori. Rich stanco e abbagliato dalla luce, si stropicciò

gli occhi, ritornò a letto e si addormentò tra il caldo tepore delle coperte. Dedicata a tutti i bambini... ma anche ai grandi che hanno ancora paura del BUIO!

Page 92: Favole per la ninna nanna

Vita da cane

C'era una volta un cane che viveva tutto felice presso una famiglia, lo trattavano bene, gli davano cibi ottimi, lo portavano a spasso e lo coccolavano tutti. Il cane voleva tanto bene ai suoi padroni, loro

lo portavano dal parrucchiere per cani e lui era tanto bello, ai concorsi di bellezza arrivava sempre primo e i suoi padroni vinsero tanti trofei, coppe, medaglie, diplomi. Passarono alcuni anni e il cane invecchiò, perse il suo bell'aspetto; i suoi padroni

lo volevano abbandonare, si partì per la campagna, una trentina di chilometri, arrivati

Page 93: Favole per la ninna nanna

scesero e stettero lì per un po', al momento di partire lasciarono il cane a terra. Il povero cane pensò: "mi hanno dimenticato" e corse dietro la

macchina finché poté, abbaiando per farsi sentire, ma la perse e il cane preoccupato che i suoi

padroni lo avessero perso, piano piano prese a cercare la strada di casa e, cammina, cammina, dopo due giorni di stenti, stanco e affamato, vide di nuovo la sua casa, contento raccolse le forze e si fece quei metri correndo felice, arrivò dietro la

porta e si fece sentire tutto felice, ma i suoi padroni non erano felici come lui e lo scacciarono; lui scappò via ma appena richiusero la porta tornò

dietro ad essa a guaire senza capire perché lo trattassero così e dopo averlo scacciato dieci, venti volte, infine il suo padrone lo chiamò, lo rimise in

macchina, prese l'autostrada e, fatti tantissimi chilometri lo lasciò in un posteggio senza fargli

capire che voleva abbandonarlo un'altra volta. Il povero cane cercò di nuovo la via di casa, sempre

pensando che fossero in pensiero con lui e, cammina cammina, schivando continuamente le

macchine e i camion che sembravano volerlo travolgere a tutti i costi. Ma il povero cane si

perse, non trovò più la via del ritorno e vagò per giorni e giorni, mangiando rifiuti o addirittura non

mangiando, in quell'autostrada finché una macchina lo investì e gli ruppe una gamba: il

povero cane, stanco e ferito, lasciò l'autostrada e vagò ancora per giorni, per campagne, paesi, scacciato da tutti a legnate e pietrate, ma non

trovò più la via di casa, la sera si lasciava cadere dov'era e si trascinava appena. Una di quelle sere

cadde in un fossato, cercò disperatamente di uscire, poi stanco si lasciò cadere e si addormentò; la notte fu svegliato da una pioggia gelida, cercò

con tutte le sue forze di uscire da quel fosso, ma le sue tre gambe scivolarono su quelle pareti e più

Page 94: Favole per la ninna nanna

provava, più scivolava: il fosso si riempì di acqua ed il povero cane, ormai era convinto di dover

morire, chiuse gli occhi.. Si risvegliò piano, sentì un tepore, una mano lo accarezzava, stava sognando, si fanno bei sogni prima di morire pensò: sentì una voce di bambina che chiamava, Papà si muove si

sta svegliando ,vieni. Ciao cagnolino..un'altra mano lo accarezzò.. Aprì completamente gli occhi, era su un divano, aveva la gamba ingessata , era pulito.. Aveva una bella bambina bionda accanto,

un uomo e una donna intorno.. Dunque non era un sogno, era confuso, felice, mosse la coda sollevò la testa, cercò quella mano, la leccò.. Sai, continuò la

bambina, ti ho trovato quasi morto, ti abbiamo fatto le flebo, il veterinario ha detto che puoi

farcela! Sono felice sei il mio cane ora. ci vorremmo bene lo so..

4 uova e un cagnolino

Questa che vi racconto è una storia vera...o quasi. Mi presento io sono Lorenzo, poi c'è mia sorella Bea, la mamma, il papà e il" leone"...o meglio il

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cagnone di casa Chicco. Chicco è il protagonista di questa storia.

E' sabato pomeriggio, uffa, finalmente sto concludendo i compiti, mia sorella gioca , il papà

lavora in giardino e la mamma .....la mamma dov'è? Ah sì è fuori sul terazzo, ma eccola sta

entrando in casa e................ -venite!! venite a vedere !-grida la mamma

-Cosa ?! -dico io -Uscite!!!!!!!!!!!!!

-Ma che c'è un ufo in giardino? un iguana nel cortile???-dico io

-Guardate,ma sì un NIDO!!!-un nido? MA mamma non abbiamo alberi sul

terrazzo!-infatti,l'uccellino ha costruito il nido nel vaso

dell'edera-continua la mammaintanto sono arrivati anche il papà e mia sorella e tutti osserviamo incuriositi il nido..e il suo prezioso

tesoro.....4 UOVA.-ma allora l'uccellino è vicino,sarà spaventato-dice

il papà-rientriamo in casa -continua la mamma-così potrà

tornare al nido.-Capirai-dico io- dopo le urla che hai fatto

tu ,mamma!Non tutti avevano partecipato con emozione

all'evento,infatti c'è chi beatamente ha continuato la pennichella pomeridiana,sonnecchiando sdraiato

in mezzo al cortile....Vi presento Chicco. Chicco è il "canleone" della casa soprattutto per la sua mole ,tuttaltro per il suo carattere.L'altro leone è mia sorella che di

tanto intanto si diletta a ruggire,ma questa è un altra storia.

Ma presto Chicco avrebbe fatto conoscenza dei nuovi inquilini.

L'indomani è'una bellissima mattina piena di

Page 96: Favole per la ninna nanna

sole,Chicco si sveglia,con aria di chi non ha voglia di concludere niente per tutto il giorno,apre un

occhio apre l'altro esce dalla cuccia, sale lungo la scala che porta davanti alla ciotola, pronto per

gustare una ricchissima colazione quando vede il nido. lo vede attraverso un cancello che gli

impedisce un' analisi più approfondita di quella strana "cosa".

-Ma che cos'è? pensa-una ciambella ,no..no...non profuma,bè penserò meglio con gli occhi chiusi- e

si addormenta.Al risveglio scopre che sopra la strana "cosa"c'è un

uccellino,allora.........-Bau!! Bau!! hei tu!!

-Ma ..dici a me.. -risponde l'uccellino sorpreso- non abbaiare tanto!!!

-Scusa non volevo disturbarti,ma senti un pò ,che ci fai seduto lì sopra?domanda incuriosito il cane.

-E' un nido....sussurra dolcemente l'uccellino-un nido cos'è? incuriosito domanda Chicco-E'un rifugio per le mie uova..le tue dove

sono?.....domanda l'uccellino-ma veramente io posseggo solo ossa che

sotterro... in.. un posto ..segreto del... giardino.-gli confida il cagnone

-Anche per me era segreto ...mi raccomando non dirlo a nessuno..sstt! -si preoccupa l'uccelino

Il giorno dopo Chicco si sveglia ,apre un occhio, ma ahimè... piove,e sembra che non voglia propio

smettere, quando ad un tratto sente....Cip!!Cip!!!! Cip!!!!!!!

-Questa è una richiesta di aiuto-dice fra sè-...corro.Appena esce dalla cuccia vede

l'uccellino,spaventato e infreddolito--Ma perchè piangi piccolo uccelino? gli

domanda,Perchè cip..cip.. aiuto..il nido,il vento di questa notte l'ha fatto cadere a terra e se le uova

si bagnano e prendono freddo moriranno!!

Page 97: Favole per la ninna nanna

Il cagnone non perde un secondo di più con un balzo, arriva vicino al nido,lo prende in bocca con

estrema delicatezza e lo porta dentro la sua cuccia...........

-Vieni pure uccellino, questa è la mia casa, spaziosa e accogliente ,potrai stare con il tuo nido

quanto vorrai.-Oh grazie come sono felice di averti incontrato, per ripagarti allieterò le tue giornate con il mio

canto- disse l'uccellino-grazie a te, sono propio contento di avere un

nuovo amico.La giornata dopotutto era diventata una giornata

da ricordare. Fine

Page 98: Favole per la ninna nanna

Giorgetto e l'albero

Giorgio, per gli amici Giorgetto, era un ragazzino vivace, fantasioso ma un pò sfaticatello. Non

andava volentieri a scuola, considerandola come un luogo in cui gli insegnanti chiedono ai ragazzi

cose che gli stessi professori già sanno. Era inutile rimproverarlo e tantomeno convincerlo; se doveva proprio andarci, lo faceva per scambiare quattro chiacchiere con gli amici o per divertirsi a

disegnare o meglio, a sfigurare i volti dei professori. Che discolo! Un giorno nel quale

aveva marinato la scuola gli capitò un'avventura incredibile. Mentre sgranocchiava golosamente delle squisite noccioline e dei voluminosi pop-

corn, si sedette in una panchina del parco dove spesso andava quando non metteva piede a

scuola. Pensava fra sè:" che bello starsene qui seduti all'aria aperta, senza libri di storia o di

aritmetica! Poverini i miei compagni: non sono ancora riusciti a rendersi conto della gravità della

situazione.Ma arriverà un giorno...". Mentre bisbigliava queste parole, Giorgetto udì una voce

amica, che proveniva da dietro la panchina: "Verrà un giorno in cui ti deciderai ad imparare qualcosa dai libri di scuola". " Chi ha parlato?"

sussultò Giorgetto " qui intorno non c'è nessuno, oltre a me e a questo vecchio albero...". " Alt!

Albero sì, ma vecchio no davvero: ho appena 11 anni" rispose la voce. Era proprio l'albero a

parlare, ma Giorgetto, non capendo chi fosse l'interlocutore, balbettò: "11 anni! La mia stessa

età; sei davvero tu a parlare?". "Andiamo con

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calma. Come vedi sono un albero bello e robusto, modestamente" disse l'albero con orgoglio socchiudendo gli occhi."Parlo perchè Madre

Natura ha deciso di farmi questo dono". Giorgetto allora, resosi conto che si era imbattuto in un

albero parlante, disse:" Che cosa vuoi da me?" " Bè, proprio niente, stavo solo ascoltando le tue

parole, che non ritengo giuste. Come ho ben capito il fatto in questione è la scuola e la poca

voglia che tu hai di frequentarla". Giorgetto ribattè: " Albero, non mi dire che anche tu la pensi come gli altri: siete tutti strani...". " No Giorgetto, sei tu che sei diverso da tutti. Ma ti

capisco; non è che sia così invogliante la scuola, ma penso che ci si vada per imparare, altrimenti perchè credi che sia stato costruito un edificio

simile? Per inserirci i professori con gli alunni?". Giorgetto ribattè:" Bè, non la penso proprio come te, ma in un certo senso non so il motivo... ma è inutile conoscerlo, tanto poi che si risolverebbe? Io per esempio, ho provato ad andare di seguito per ben 3 giorni a scuola ( che sacrificio!) ma ho

notato che la professoressa continuava a ripetermi la parola ASINO e insistentemente

scriveva sul mio quaderno un mucchio di cerchietti...". L'albero, che fino a quel momento era rimasto pensieroso, sorrise e così rispose:

"Quei cerchietti sono il frutto del tuo non fruttuoso impegno. Scommetto che tu a casa non scrivi e non leggi mai. Per esempio, sai scrivere il tuo nome?" Giorgetto imbarazzato fece no con il capo ed arrossì come nella mela che era appesa ad un ramo dell'albero, il quale amichevolmente consigliò al ragazzo di cominciare a chiedersi che

cosa farà da grande. "Hai deciso che mestiere svolgerai? No suppongo. Lo credo bene. Anche se decidessi di fare l'idraulico, mestiere che con la

scuola non ha alcuna attinenza, dovresti per

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forza scrivere il conto da far pagare al tuo cliente. Cosa gli diresti?" Giorgetto disse sottovoce:" Direi che deve pagarmi una cifra pari al costo dei pop-corn con le noccioline..." L'albero scoppiò in una

sonora risata e riuscì a dire:" Bè, non penso proprio che ti capirebbe! Non credi sia meglio imparare a contare? Vedi come ti servirebbe?

Inoltre, anche se dovessi scrivere una lettera, un telegramma o qualsiasi altra cosa, non puoi

cavartela con le sole parole che sai scrivere: POP-CORN e NOCCIOLINE!". Giorgetto riflettè a lungo; non aveva mai pensato a quanto gli aveva fatto notare l'albero, il quale continuò dicendo: " Ah!

Caro mio, quanto vorrei essere anch'io un umano e poter camminare, imparare. Fossi in te, non ci penserei due volte a tornare a scuola: pensa ai

vantaggi che ne potrei avere..." Giorgetto, ormai convinto, disse: " Caro albero, non so come

ringraziarti dei tuoi buoni consigli. Senza il tuo aiuto non avrei capito l'importanza dell'istruzione scolastica. Ti auguro tanta salute e prosperità a

te e ... alle tue mele!". I due risero felici e Giorgetto da quel giorno smise di marinare la

scuola, anzi, divenne il più bravo e diligente della classe. La sua più grande gioia fu quella di

vedere sul suo quaderno dei bellissimi" 10 e lode": ricordava le parole dell'albero e , per

ringraziarlo, andava ad innaffiarlo ogni giorno, anche nei più caldi giorni d'estate.