FATTI IL LETTO - Edizioni Piemme

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AMMIRAGLIO WILLIAM H. McRAVEN

PICCOLE COSE CHE CAMBIERANNO LA TUA VITA…

E FORSE IL MONDO

Traduzione di Sara Puggioni

FATTIIL

LETTO

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da Mondadori Libri S.p.A.© 2018 Mondadori Libri S.p.A., Milano

Make Your BedCopyright © 2017 by William H. McRaven

This edition published by arrangement with Grand Central Publishing, New York, USA. All rights reserved.

Interior design by Jason Heuer.

ISBN 978-88-566-6311-2

I Edizione gennaio 2018

Anno 2018-2019-2020 - Edizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Pubblicato per

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Ai miei tre figli: Bill, John e Kelly. Nessun padre

potrebbe essere più orgoglioso dei propri figli di

quanto lo sia io. Ogni momento della mia vita è stato

reso migliore dalla vostra presenza. E a mia moglie,

Georgeann, la mia migliore amica, che ha reso

possibili tutti i miei sogni. Dove sarei senza di te?

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PREFAZIONE

Il 17 maggio 2014 ebbi l’onore di pronunciare il discorso per la consegna dei diplomi davanti ai laureandi dell’Università del Texas, a Austin. Anche se l’università era la mia alma mater, ero preoccupato dall’eventualità che un militare, la cui carriera era stata definita dalla guerra, avrebbe potuto non trovare un pubblico ben-disposto tra gli studenti universitari. Ma, con mia grande sorpresa, i laureandi apprezzarono il discorso. A quanto pareva le dieci lezioni che avevo imparato durante l’addestramento nei Navy SealS, che costituivano la base delle mie osservazioni, esercitavano un fascino universale. Erano lezioni semplici che parlavano di come

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superare le prove dell’addestramento nei SealS, ma avevano a che fare anche con l’affrontare le prove della vita… indipendentemente da chi si è. Negli ultimi tre anni sono stato fermato per strada da persone magnifiche che mi hanno raccontato la loro storia, spiegandomi che non erano arretrate davanti agli squali e non avevano suonato la campana, e di come rifarsi il letto tutte le mattine li avesse aiutati a superare i mo-menti difficili. Volevano tutti saperne di più sulle dieci lezioni che hanno modellato la mia vita e sulle figure che sono state importanti durante la mia carriera. Questo libretto è un tentativo di accontentarli. Ciascun capitolo offre un po’ di contesto in più a ogni lezione e contiene una breve storia che ha per protagoniste alcune delle persone che mi hanno ispirato con la loro disciplina, la perseveranza, il senso dell’onore e il coraggio. Spero che il libro vi piaccia!

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CAPITOLO UNO

Iniziate la giornata portando a termine un compito

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Se volete cambiare il mondo…

cominciate col rifarvi il letto.

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L’addestramento base dei SealS avviene in un anonimo edificio a tre piani che sorge sulla spiaggia di Coronado, in California,

a solo un centinaio di metri dall’oceano Pacifi-co. Non c’è aria condizionata e di notte, con le finestre aperte, si sente la risacca della marea e lo sciabordio delle onde sulla sabbia.

Le stanze sono spartane. Nell’alloggio degli ufficiali, che dividevo con altri tre compagni di corso, c’erano quattro letti, un armadio per appendere l’uniforme e nient’altro. Nel periodo che passai in caserma, al mattino mi alzavo dalla “cuccetta” della Marina e iniziavo immediata-mente a rifarmi il letto. Era il primo compito della giornata. Una giornata che, lo sapevo, sarebbe stata un susseguirsi di ispezioni all’uniforme, lunghe nuotate, corse ancora più lunghe, per-

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corsi a ostacoli, il tutto condito dalle continue vessazioni degli istruttori.

«Attenti!» urlò il capo delle reclute, il sot-totenente di vascello Dan’l Steward, mentre l’istruttore entrava nella stanza.

Battei i tacchi e raddrizzai la schiena mentre un sottufficiale della Marina mi si avvicinava. L’i-struttore, austero e impassibile, iniziò l’ispezione esaminando il berretto verde per accertarsi che fosse impeccabile e posizionato correttamente. Procedendo dall’alto verso il basso, i suoi occhi analizzarono ogni centimetro della divisa. La camicia e i pantaloni erano stirati alla perfezione? La fibbia d’ottone della cintura era lucidata fino a brillare di luce propria? Gli stivali erano puliti al punto che ci si poteva specchiare? Soddisfatto che corrispondessi agli standard elevati che ci si aspettavano da una recluta dei SealS, passò a ispezionare il letto.

Il letto era essenziale come la stanza, una semplice intelaiatura d’acciaio con un materasso singolo. Il materasso era ricoperto da un len-zuolo e sopra c’era un copriletto. Una coperta di lana grigia ricalzata alla perfezione sotto il

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materasso serviva a proteggere dal fresco delle notti di San Diego. Una seconda coperta era piegata abilmente in un rettangolo ai piedi del letto. Un cuscino, fabbricato dall’associazione dei ciechi di San Francisco, stava al centro del letto e formava un angolo retto con la coperta. Questo era lo standard. Qualunque cambiamen-to da questi precisi requisiti mi sarebbe costato quello che i Navy SealS chiamano hit the surf, ovvero gettarmi in mare per poi rotolarmi sulla spiaggia fino a essere completamente ricoperto di sabbia bagnata… una condizione nota come sugar cookie, biscotto allo zucchero.

In piedi, immobile, guardavo l’istruttore con la coda dell’occhio. Lui osservò annoiato il mio letto. Si chinò per controllare gli angoli in stile ospedale, dopodiché esaminò la coperta e il cuscino per accertarsi che fossero allineati correttamente. A quel punto si mise una mano in tasca e tirò fuori un quarto di dollaro che lanciò in aria diverse volte per assicurarsi che avessi capito che stava arrivando il test finale. Fece roteare per l’ultima volta la moneta, che cadde sul materasso rimbalzando diversi cen-

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timetri sopra il letto, abbastanza in alto perché l’istruttore la riprendesse al volo.

L’istruttore mi fissò negli occhi e annuì. Non disse una parola. Rifarmi correttamente il letto non era un modo per ottenere un elogio. Era ciò che ci si aspettava da me. Era il primo compito della giornata ed era importante svolgerlo a do-vere. Dava prova della mia disciplina, mostrava la mia cura del dettaglio e alla sera mi ricordava che avevo compiuto qualcosa di buono, qualcosa di cui essere orgoglioso, indipendentemente dalla grandezza del compito.

Durante tutta la mia vita nei SealS rifarmi il letto è stata l’unica costante su cui potevo contare ogni giorno. Quando ero una giovane guardiamarina a bordo dell’USS Grayback, un sottomarino per le operazioni speciali, fui asse-gnato all’infermeria, dove c’erano letti a castello di quattro piani. Il sardonico dottore a capo del reparto insisteva che rifacessi la mia branda tutte le mattine. Ripeteva spesso che se i letti non erano rifatti e la stanza non era pulita, con quale fiducia i marinai potevano aspettarsi di ricevere cure mediche adeguate? Come scoprii

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in seguito, questo senso di pulizia e ordine ve-niva applicato a ogni aspetto della vita militare.

Trent’anni dopo, a New York crollarono le Torri Gemelle. Il Pentagono venne colpito e alcuni americani coraggiosi morirono su un aereo nei cieli della Pennsylvania.

In quel periodo ero convalescente da un gra-ve incidente con il paracadute. Nel mio alloggio era stato portato un letto da ospedale e passavo la maggior parte del tempo sdraiato sulla schiena, tentando di rimettermi in sesto. Volevo alzarmi da quel letto più di ogni altra cosa. Come tutti i SealS, anelavo a essere in battaglia al fianco dei miei compagni.

Quando finalmente riuscii ad alzarmi da so-lo, la prima cosa che feci fu tirare su le lenzuola ben diritte, sistemare il cuscino e accertarmi che il letto fosse presentabile per tutti quelli che entravano in casa mia. Era il mio modo di dimostrare che l’incidente era superato e che ero pronto a riprendere la mia vita.

Quattro settimane dopo l’11 settembre fui trasferito alla Casa Bianca, dove trascorsi i due

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anni successivi nel nuovo Office of Combating Terrorism, l’ufficio antiterrorismo. Nell’ottobre del 2003 ero in Iraq al quartier generale improv-visato sul campo d’aviazione di Baghdad. I primi mesi dormimmo su brandine. Ciò nonostante, ogni mattina mi svegliavo, arrotolavo il sacco a pelo, piazzavo il cuscino in cima alla branda e mi preparavo ad affrontare la giornata.

Nel dicembre del 2003 le forze americane catturarono Saddam Hussein. Nel periodo in cui lo tenemmo prigioniero stava in una stanzetta. Dormiva anche lui su una brandina, ma con il lusso di lenzuola e di una coperta. Una volta al giorno andavo a fargli visita per accertarmi che i miei uomini lo trattassero nel modo appropriato. Notai, con un certo divertimento, che Saddam non si rifaceva il letto. Le lenzuola erano sempre ammucchiate in disordine ai piedi della branda e lui non sembrava interessato a sistemarle.

Nei dieci anni successivi ebbi l’onore di lavorare con alcuni degli uomini e delle donne migliori del nostro Paese: da generali a soldati semplici, da ammiragli a marinai, da amba-sciatori a dattilografi. Gli americani dispiegati

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oltremare a sostegno dello sforzo bellico erano volontari che sacrificavano molto per proteggere la nostra nazione.

Erano tutti consapevoli che la vita è difficile e che talvolta si può fare poco per cambiare il modo in cui andranno le cose. I soldati muoiono in battaglia, le famiglie li piangono, le ore sono lunghe e piene di angoscia. Cerchi qualcosa che possa offrirti consolazione, che possa motivarti a iniziare la giornata, che possa costituire un sentimento di orgoglio in un mondo spesso or-ribile. Ma questo non vale solo per la battaglia. È la vita quotidiana che ha bisogno di questo stesso senso dell’organizzazione. Nulla può sostituire la forza e il conforto della propria fede, ma talvolta la semplice azione di rifarsi il letto può offrire lo slancio necessario a iniziare la giornata e dare la soddisfazione di finirla nel modo giusto.

Se volete cambiare la vostra vita e magari il mondo… cominciate col rifarvi il letto!

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