Famiglie in gioco: la parola ai genitori

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Famiglie in gioco la parola ai genitori Report di ricerca settembre 2012

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Famiglie in giocola parola ai genitori

Report di ricerca

settembre 2012

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Autori:Daniela IppolitoIvano Zoppi

La ricerca è stata realizzata nell’ambito della campagna di sensibilizzazione “non nasconderti dal gioco, nasconditi per gioco” promossa dalla cooperativa sociale Pepita Onlus

Pepita è un marchio registrato

Tutti i diritti sono riservati

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Introduzione

In termini psicologici il gioco può esser definito come una disposizione presente fin dalla nascita caratterizzata dall’essere attivamente coinvolti e intrinsecamente motivati nello svolgimento di un’attività ludica: si gioca per il piacere di farlo e non vi sono altre ragioni al di fuori di questa. Vi è un generale accordo, al di là dei diversi approcci disciplinari, nell’affermare che il gioco è un importante fattore di sviluppo cognitivo e socio-affettivo. Il gioco infatti, oltre ad essere un’attività di pieno coinvolgimento fisico e sensoriale, definisce un’area d’esperienza, un atteggiamento nei confronti del Sé e del mondo dalle caratteristiche pressoché uniche. Esso non solo consente una presa di distanza dalla realtà in cui si è immersi, ma offre soprattutto la grande possibilità di sperimentarsi in ruoli, emozioni e intenzioni non sempre attuabili nel mondo reale. La possibilità di credere nella realtà del gioco che si è scelto permette al soggetto di sentirsi a suo agio, in uno stato di congruenza con sé stesso. E sono proprio questi due aspetti, la separazione dalla quotidianità e l’apertura di mondi possibili, a connotare il carattere distintivo dell’esperienza ludica. Nella realtà immaginativa del gioco sono di fatto in vigore delle regole che conservano una relazione con la realtà effettiva ma che al tempo stesso se ne distaccano: fare questo corrisponde a svolgere un esercizio di astrazione e simbolizzazione, nonché un’attività mentale di controllo sul mondo esterno (Baumgartner, 2003) permettendo così lo sviluppo di abilità che possono essere utili anche nei contesti di vita reale. Nel momento in cui si è immersi in un’attività di gioco è come se si entrasse in un’altra dimensione a cui si decide di aderire completamente e, contro il senso comune, la finzione ludica non è menzogna o falsità ma, all’opposto, è una sintesi di intelligenza poiché permette di compiere un’esperienza di intenzionalità allo stato puro. Ed è proprio questo concetto di intenzionalità che ci riconduce alla recente Teoria dell’Inter-azione situata. All’interno di quest’approccio teorico viene definito il concetto di «Presenza» come la sensazione di “essere” all’interno di uno spazio reale, virtuale o immaginato, risultato dalla capacità di mettere in atto nell’ambiente le proprie intenzioni. Questo stesso costrutto viene utilizzato come indice di coinvolgimento all’interno di una data attività e ben si presta

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per comprendere quella di gioco all’interno della quale ci si sente così coinvolti e partecipi, tanto riuscire a dimenticare temporaneamente la realtà. La Teoria dell’Inter-azione situata prevede inoltre l’esistenza di esperienze –le esperienze ottimali– in cui il soggetto sperimenta la massima sensazione di presenza. Quest’esperienza, quando è associata ad uno stato emozionale positivo, viene definita Flow Experience, esperienza di flusso o flusso di coscienza (Csikszentmihalyi, 1975). Tale condizione è caratterizzata da un elevato livello di concentrazione e di partecipazione all’attività, dall’equilibrio fra la percezione della difficoltà della situazione e del compito (challenge) e le capacità personali (skills), dalla sensazione dell’alterazione temporale, da un interesse intrinseco per il processo che produce un senso di piacevolezza e soddisfazione. Quando si prende parte ad un’attività di gioco spesso si ha la possibilità di provare uno stato di benessere dato proprio dal vivere un’esperienza ottimale, in cui per l’appunto si percepisce un equilibrio tra le elevate opportunità d’azione e le proprie capacità personali per fronteggiarle (Massimini e Delle Fave, 2000). Gli spunti offertici dalla Teoria dell’Interazione sono molto preziosi per comprendere il valore che il gioco può assumere soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza, periodi in cui il soggetto sta sviluppando e allenando le proprie capacità cognitive e socio-affettive. All’interno del gioco infatti il bambino e l’adolescente hanno la possibilità di testare le proprie abilità rapportandole a sfide che possano vederlo come vincitore, agendo così proprio su quelle componenti – come ad esempio quella dell’autostima- fondamentali nel favorire il benessere dell’individuo. Non a caso con la crescita cambiano le preferenze nelle tipologie di gioco che si adattano alle nuove competenze del soggetto. Inoltre, ricollegandosi a quanto detto precedentemente, lo spazio del gioco consente di poter affrontare un eventuale fallimento in un contesto protetto: contrariamente alla vita reale, nello spazio immaginativo del gioco, si può osare verso sfide più avvincenti e impegnative, poiché è possibile sperimentare una perdita o un fallimento senza avere delle perdite reali. Tuttavia non è solamente l’esperienza di gioco in sé a favorire un incremento nel benessere della persona, ma la possibilità di condividere obiettivi, divertimento e successi insieme ad altri.

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I giochi migliori sono infatti quelli che riescono a motivare chi vi si applica soddisfacendo la triade dei desideri primari messa a punto dagli psicologi Edward Deci e Richard Ryan, dell’Università di Rochester (New York): “Autonomia, competenza e relazione (ovvero bisogno di connessione sociale ed intimità)”. Alla luce di ciò è possibile ipotizzare che, soprattutto per i bambini più piccoli, avere la possibilità di condividere momenti di gioco con i propri genitori, ossia con le principali figure di riferimento, si configuri come un’esperienza di condivisione in grado di generare benessere. L’adulto ha infatti la possibilità di entrare a far parte, accettando le condizioni di gioco, in uno spazio in cui il bambino si sente attore protagonista in grado di utilizzare le proprie capacità per raggiungere obiettivi comuni. Se è vero che l’adulto che gioca riattiva una modalità infantile di rapporto con il mondo, il bambino che gioca compie un’esperienza di vita; tuttavia questa differenza di prospettiva, quella tra regressione e crescita, non impedisce comunque ad ambedue di avere possibilità di accesso ad una medesima area di esperienza in cui si crea un mondo diverso, possibile, immaginato.

Domanda di ricerca

Partendo dalle considerazioni emerse e da precedenti indagini svolte dalla Cooperativa Sociale Pepita Onlus-La bottega dell’educare, si è deciso di provare ad indagare quali siano le attuali abitudini dei genitori italiani per quanto riguarda i momenti di gioco condivisi con i loro figli. Va specificato che il presente lavoro si propone come un’indagine esplorativa al fine di poter avere un quadro, quanto più possibile chiaro, di come viene vissuto dalla prospettiva del genitore il momento di gioco condiviso con i propri figli.La domanda centrale della ricerca è quindi quella di conoscere quando e come i genitori passano il loro tempo giocando con i loro figli. Inoltre si è deciso di indagare la soddisfazione circa le attuali abitudini e il valore associato al gioco dai genitori stessi.

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Metodologia e strumenti

Per rispondere alla domanda di ricerca si è deciso di utilizzare come unico strumento un questionario creato ad hoc per l’indagine. La somministrazione del questionario è avvenuta sfruttando le risorse del web creando una versione disponibile e accessibile online. La scelta è stata guidata dalla necessità di poter far giungere il questionario a più persone in un tempo breve. La raccolta dei dati è infatti iniziata il 12/06/2012 e si è conclusa il 26/08/2012. L’unico requisito per poter partecipare all’indagine è stato quello di esser un genitore italiano con almeno un figlio. La scelta di creare e somministrare poi un questionario individuale e non “genitoriale”, quindi di coppia, è stata fatta soprattutto per poter permettere a ciascun genitore di poter esprimere le proprie abitudini, che possono appunto variare all’interno delle coppia. Inoltre si è pensato che questa scelta potesse rispecchiare maggiormente l’attuale realtà dei fatti per cui oggigiorno non sempre il nucleo familiare comprende effettivamente entrambi i genitori come coppia.

Il questionario è stato strutturato il 3 parti:

1) Prima Sezione

Dedicata alla raccolta di dati descrittivi del campione preso in analisi.

2) Seconda Sezione (da 1. a 15.)

Dedicata all’esplorazione quantitativa e qualitativa della la pratica del comportamento di gioco con i propri figli rispetto a tre assi: quello delle tempistiche, della tipologia di giochi, quello dei luoghi.

Sono state inserite anche delle specifiche domande volte ad indagare la soddisfazione del soggetto circa le abitudini da lui riportate.

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3) Terza Sezione (da 15. a 21.)

Finalizzata ad esplorare le percezioni e i valori che i soggetti associano al gioco nel contesto familiare.

Analisi dei risultati

Descrizione del campioneI dati sono stati ottenuti grazie alla collaborazione di 458 soggetti che hanno accettato di compilare il questionario inviato loro online via mail, o tramite altri social network. L’età media del campione è di 38.59 anni (d.s. 5.949) ed esso è suddiviso in 317 donne e 141 uomini provenienti da diverse regioni italiane (in prevalenza Lombardia 23.2%). Il 45.3 % dei genitori intervistati ha 2 figli, mentre il 25.5 % ne ha solamente uno.

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Dati relativi alle abitudini di gioco con i propri figli

Il 38,2% dei partecipanti ha affermato di passare più di tre ore al giorno in compagnia dei propri figli mentre il 34.5% ne passa, mediamente, da 1 a 2 ore. I soggetti intervistati (quasi il 70 %) ritiene di passare abbastanza tempo con i propri figli.

Il 53.7% afferma di passare meno di 30 minuti al giorno giocando con i propri figli, mentre il 36.5 % ne passa da 30 minuti a 1 ora.

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Il tempo dedicato ai propri figli è quello del fine settimana (59.1% indica solo Sabato e Domenica, 21.6 % indicano solo la Domenica), del Sabato e della Domenica, prevalentemente nelle fasce orarie pomeridiane. Al contrario durante la settimana vengono predilette le ore serali. I soggetti intervistati affermano di esser soddisfatti del tempo dedicato ai propri figli: il dato è confermato dal fatto che circa la metà dei genitori consultati vorrebbero che il tempo dedicato ai figli rimanesse invariato, mentre la restante metà vorrebbe che fosse di più.

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I soggetti hanno incluso in modo preferenziale nella selezione delle categorie di giochi svolte con i loro figli i Giochi all’Aperto, presente fra le scelte del 66 %, ed i Giochi in scatola/da tavolo, incluso nel 41,7% delle risposte.

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I soggetti hanno incluso fra le attività che svolgono più spesso con i loro figli Guardare la tv in una percentuale pari al 63.97%, mentre solo il 28.28% ha incluso fra le attività scelte quella del gioco.

I nonni e i vicini di casa sono coloro che vengono indicati maggiormente fra le altre figure con cui i figli sono maggiormente in contatto.

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Rispondendo alla domanda “Vi sono altre figure con le quali giocano solitamente i Suoi figli?” quasi la totalità del campione (98,24%) ha incluso fra le proprie risposte i nonni (il 4.5 % indica addirittuara solamente i nonni) e il 41,88% delle risposte comprende anche i vicini di casa

L’83,4 % del campione afferma che è importante svolgere attività di gioco con il proprio figlio per le seguenti ragioni:

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- 45.47% di loro pensa che “ Penso che il momento del gioco sia un’occasione importante per entrare in relazione con mio figlio con un linguaggio più vicino a lui”

- 35.65 % di loro pensa che “Penso che mio figlio abbia voglia di condividere momenti di gioco con me”

- 33.33% di loro pensa che “Penso che giocare con mio figlio SIA coerente con il mio ruolo genitoriale”

- 19.63% di loro pensa che “Sia educativo”

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Al contrario il 16.2 % afferma che per lui i momenti di gioco non sono importanti poiché:

-­‐ 8.10% di loro pensa che “NON sia educativo”

-­‐ 16.21% di loro pensa che “Penso che giocare con mio figlio NON sia coerente con il mio ruolo genitoriale”

-­‐ 71.62% di loro pensa che “Penso che mio figlio preferisca giocare per conto suo o con altri bambini”

-­‐ 47.29 % di loro pensa che “Penso che il momento del gioco sia riservato solo ai bambini e che gli adulti non debbano intromettersi”

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L’84% pensa che avere la possibilità di passare del tempo con i propri figli influisca sulla qualità della relazione e di questi il 97.3 % afferma che passare del tempo con i propri figli influisca in modo positivo sulla relazione.

Chiedendo ai soggetti di scegliere un attività da fare in un’ora che venisse loro regalata il 23.4 % la utilizzerebbe per giocare con i proprio figli.

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Commento dei risultati

Come già affermato precedentemente la prima parte del questionario aveva l’obiettivo di offrire una panoramica sulle abitudini di gioco genitore-figlio; dall’analisi dei risultati ne emerge che la maggior parte dei genitori intervistati passa in media 2 ore con i propri figli e che di questo tempo mezz’ora viene dedicata in media alle attività di gioco. Il tempo dedicato ai propri figli è soprattutto quello del fine settimana, mentre durante i giorni lavorativi la fascia oraria serale è quella più sfruttata in compagnia dei propri figli. I soggetti intervistati affermano di esser soddisfatti del tempo dedicato ai propri figli: il dato è confermato dal fatto che circa la metà dei genitori consultati vorrebbero che il tempo dedicato ai figli rimanesse invariato, mentre la restante metà vorrebbe che fosse di più. Soffermandoci su questi primi dati è importante che essi vadano interpretati alla luce di quelli che sono i limiti temporali di una giornata e dei ritmi lavorativi che ha oggigiorno la maggior parte dei lavoratori (solo il 3.2 % afferma di essere disoccupato). Per quanto riguarda invece il tipo di attività svolte, esse sono varie, tuttavia fra le otto proposte quella del gioco compare il settima posizione. Tuttavia anche l’interpretazione di questi dati non deve esser immediata e semplicistica. Se è vero che il 64% circa include fra le risposte “Guardare la Tv”, non è detto che quest’attività sia quella svolta in quantità maggiore: i dati indicano che essa è stata scelta in modo preferenziale dalla totalità del campione, ma non indica che, a parità delle altre attività selezionate, questa si svolta maggiormente nel caso singolo. Sarebbe necessario effettuare analisi più dettagliate per poter avere dei dati quantitativi per ogni singola attività. All’interno del questionario la scelta di non includere domande di questo tipo è stata data dal fatto che non sempre è facile quantificare il tempo che si dedica ad un’attività, anche perché questo spesso varia in base agli impegni giornalieri, e perché essendo un’indagine esplorativa era necessario avere prima una panoramica sul tipo di attività predilette. Ritornando ai dati, i giochi che i genitori praticano maggiormente con i loro figli sono i “Giochi all’Aperto” per il 66 % ed i “Giochi in scatola/da tavolo” per il 41,7%. Va però sottolineato che il questionario è stato somministrato durante la stagione estiva e che

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probabilmente questo potrebbe in qualche modo aver influenzato le scelte dei soggetti a causa della disposizione a praticare giochi all’aperto durante i mesi estivi. L’83,4 % del campione afferma che è importante svolgere attività di gioco con il proprio figlio perché vede nell’attività ludica la possibilità di relazione e condivisione con i propri figli. Fra coloro che hanno affermato l’importanza del gioco tuttavia solo il 20% circa lo considera educativo. Al contrario il 16.2 % afferma che per lui i momenti di gioco non sono importanti poiché pensano che i loro figli preferiscano giocare con i pari o con altre figure essendo considerato il gioco come un momento riservato ai bambini. Il discrimine fra “gioco” e “lavoro” tuttavia non appartiene solo all’individuo ma all’intera società, la quale legittima alcune attività come ludiche, circoscrive gli spazi e i tempi della loro esecuzione, promuove istituzioni ad esse dedicate, trasmette di generazione in generazione un patrimonio di giochi, diffonde e autorizza una particolare cultura ludica e autorizza un mercato di prodotti per il gioco e il tempo libero. Ed è l’adulto prima del bambino portatore di tale cultura ludica. In ogni caso quindi è difficile credere che il gioco sia solo un affaire esclusivamente infantile, l’adulto vi è coinvolto a doppio titolo: come giocatore e come potenziale trasmettitore di valori o disvalori ludici.Di fatto l’84% pensa che avere la possibilità di passare del tempo con i propri figli influisca sulla qualità della relazione e di questi il 97.3 % afferma che passare del tempo con i propri figli influisca positivamente sulla relazione.

Limiti e sviluppi futuri

I risultati vanno sempre considerati in relazione, e non possono essere assolutizzati: i tempi e le modalità di gioco andrebbero considerate a partire dal tempo libero disponibile per ogni genitore e dei suoi ritmi; andrebbe considerato anche il carattere del bambino e le sue attitudini. I dati rappresentano una generalizzazione che può esser utile per avere una panoramica generica delle abitudini di gioco ma bisogna esser cauti nel trarne conclusioni affrettate. Potrebbe esser quindi presa in considerazione la possibilità di effettuare delle indagini all’interno delle famiglie considerando le abitudini specifiche e la soddisfazione non solo

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dei genitori ma anche quelle dei figli. Se è vero infatti che il momento di gioco può esser un’occasione di incontro e condivisione con i propri figli, tuttavia questo non esclude che vi possano essere altre abitudini e/o attività con cui i genitori riescono a passare momenti di benessere con i propri figli.

Bibliografia

Anolli L. (2006), Fondamenti di psicologia della comunicazione, Il Mulino

Editore

Baumgartner E. (2003), Il gioco dei bambini, Carocci Editore

Bondioli A. (2002), Gioco e educazione, Franco Angeli

Delle Fave A. (2007), La condivisione del benessere, Franco Angeli

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Chi è Pepita onlus

Pepita è una cooperativa sociale creata da un gruppo di educatori esperti in interventi educativi e sociali, di percorsi di formazione e di attività di animazione rivolte a scuole, Comuni, oratori e parrocchie. In collaborazione con istituzioni universitarie, tra cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Pepita realizza ricerche sociali sugli adolescenti e sulla famiglia.

La missione di Pepita è valorizzare, in ogni singola attività, gli elementi dell’educare, convinti che in ogni bambino o adolescente vi siano risorse da esprimere e sostenere nella crescita:  contro il disagio giovanile e il rischio di emarginazione tipico delle città metropolitane, Pepita si adopera per accompagnare gli adolescenti nel loro viaggio verso la maggiore età.

Pepita opera su tutto il territorio nazionale (3 sedi operative: Milano, Torino, Bari)Un’attenzione particolare è rivolta alle famiglie che spesso sono a rischio di disgregazione o non riescono a recuperare relazioni vere.

Nel 2010 Pepita ha ottenuto una menzione speciale nell’ambito del Premio Amico della Famiglia promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la campagna di sensibilizzazione “non nasconderti dal gioco, nasconditi per gioco”.