Fallimento, concordato preventivo e procedimento di ... · dalla legge fallimentare (regio decreto...

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www.judicium.it 1 F ABIO SANTANGELI Fallimento, concordato preventivo e procedimento di omologazione degli accordi di ristrutturazione. L'entrata in vigore, ed applicazione ad atti e procedimenti già in corso. Profili di incostituzionalità delle disposizioni introdotte con decreto legge ad efficacia differita; dalla legge fallimentare all'appello ed alla cassazione. Sommario: 1. Considerazione introduttive; 2. L'efficacia temporale della nuova disciplina in materia fallimentare; 2.1. Segue. Norme introdotte dal decreto legge che vanno in vigore dall'11 settembre 2012; 2.2. Segue. La controversa entrata in vigore delle norme disciplinanti fattispecie sostanziali collegate ai procedimenti concorsuali, e l'immediata entrata in vigore delle norme disciplinanti i benefici fiscali; 2.3. Segue. Norme introdotte con la legge di conversione; quelle che entrano in vigore dal 12 agosto 2012, e quelle invece per cui bisogna attendere l'11 settembre 2012; 3. L'applicazione ai nuovi procedimenti; 3.1. Segue. L'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti fallimentari in corso e agli atti già compiuti; 3.2. Segue. L'applicazione delle norme fiscali ai procedimenti già pendenti; 4. E ancora in materia fallimentare: l'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), in tema di integrazione salariale concesso ai lavoratori delle imprese soggette a procedure concorsuali; 5. Sulla costituzionalità delle norme introdotte attraverso l'utilizzo del decreto legge; 5.1. Segue. Sulla costituzionalità delle norme inserite solo in sede di conversione del decreto legge; 5.2. Segue. Sulla (in)costituzionalità delle norme con efficacia differita; 6. L'applicazione differita della riforma sull'appello e sul ricorso per cassazione; 6.1. Segue. L'applicazione della nuova regola delle prove nel giudizio di appello nel procedimento sommario di cognizione; 6.2. Segue. Sulla costituzionalità delle norme sulle impugnazioni civili ad efficacia differita. 1. Considerazione introduttive. Con il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con la legge 7 agosto 2012 n. 134, il legislatore è nuovamente intervenuto sul testo della legge fallimentare. Il decreto, c.d. Decreto Sviluppo, reca un contenuto ampio ed eterogeneo, perchè con i suoi 70 articoli interviene in numerosi settori, che spaziano dalle misure a sostegno delle imprese, alle misure sull'edilizia, sui trasporti, sulle infrastrutture, sull'agricoltura, sullo sviluppo del settore energetico, della ricerca scientifica e tecnologica, sullo sport e turismo, comprendendo, inoltre, norme dirette ad accrescere la trasparenza nella pubblica amministrazione, norme volte a facilitare la gestione delle crisi aziendali e misure inerenti la giustizia civile. Misure unificate, nell'ottica del

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1

FABIO SANTANGELI

Fallimento, concordato preventivo e procedimento di omologazione degli accordi di

ristrutturazione. L'entrata in vigore, ed applicazione ad atti e procedimenti già in corso. Profili di

incostituzionalità delle disposizioni introdotte con decreto legge ad efficacia differita; dalla legge

fallimentare all'appello ed alla cassazione.

Sommario: 1. Considerazione introduttive; 2. L'efficacia temporale della nuova disciplina in materia

fallimentare; 2.1. Segue. Norme introdotte dal decreto legge che vanno in vigore dall'11 settembre 2012; 2.2.

Segue. La controversa entrata in vigore delle norme disciplinanti fattispecie sostanziali collegate ai

procedimenti concorsuali, e l'immediata entrata in vigore delle norme disciplinanti i benefici fiscali; 2.3.

Segue. Norme introdotte con la legge di conversione; quelle che entrano in vigore dal 12 agosto 2012, e

quelle invece per cui bisogna attendere l'11 settembre 2012; 3. L'applicazione ai nuovi procedimenti; 3.1.

Segue. L'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti fallimentari in corso e agli atti già compiuti;

3.2. Segue. L'applicazione delle norme fiscali ai procedimenti già pendenti; 4. E ancora in materia

fallimentare: l'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), in tema di integrazione salariale concesso ai lavoratori

delle imprese soggette a procedure concorsuali; 5. Sulla costituzionalità delle norme introdotte attraverso

l'utilizzo del decreto legge; 5.1. Segue. Sulla costituzionalità delle norme inserite solo in sede di conversione

del decreto legge; 5.2. Segue. Sulla (in)costituzionalità delle norme con efficacia differita; 6. L'applicazione

differita della riforma sull'appello e sul ricorso per cassazione; 6.1. Segue. L'applicazione della nuova

regola delle prove nel giudizio di appello nel procedimento sommario di cognizione; 6.2. Segue. Sulla

costituzionalità delle norme sulle impugnazioni civili ad efficacia differita.

1. Considerazione introduttive.

Con il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”,

convertito con la legge 7 agosto 2012 n. 134, il legislatore è nuovamente intervenuto sul testo della

legge fallimentare.

Il decreto, c.d. Decreto Sviluppo, reca un contenuto ampio ed eterogeneo, perchè con i suoi 70

articoli interviene in numerosi settori, che spaziano dalle misure a sostegno delle imprese, alle

misure sull'edilizia, sui trasporti, sulle infrastrutture, sull'agricoltura, sullo sviluppo del settore

energetico, della ricerca scientifica e tecnologica, sullo sport e turismo, comprendendo, inoltre,

norme dirette ad accrescere la trasparenza nella pubblica amministrazione, norme volte a facilitare

la gestione delle crisi aziendali e misure inerenti la giustizia civile. Misure unificate, nell'ottica del

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legislatore, dall'intento di favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività del Paese1.

A tale scopo, dovrebbero ricondursi anche le norme contenute nell'art. 33 del d.l. 83/2012,

rubricato “Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale”, che interviene

sulla materia del concordato fallimentare e dei procedimenti di omologazione degli accordi di

ristrutturazione dei debiti. Secondo, infatti, quanto si legge nella relazione illustrativa: “La proposta

è volta a migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d'impresa disciplinati

dalla legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942), superando le criticità emerse in sede

applicativa e promuovendo l'emersione anticipata della difficoltà di adempimento

dell'imprenditore. In linea con i principi ispiratori delle recenti riforme della disciplina

fallimentare, l'opzione di fondo che orienta l'intervento è quella di incentivare l'impresa a

denunciare per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure

di controllo esterno che la rilevino...”2.

In particolare, l'art. 33 del provvedimento novella gli articoli 67, 161, 168, 178, 179, 182 bis, 182

quater, 217-bis del regio decreto 16 marzo 1942, e introduce gli artt. 169-bis (Contratti in corso di

esecuzione), 182-quinquies (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel

concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti), 182-sexies (Riduzione o perdita

del capitale della società in crisi), 186-bis (Concordato con continuità aziendale), 236-bis (Falso in

attestazioni e relazioni), nonché l'articolo 88, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi

1 Il Comitato per la legislazione, in sede consultiva (seduta del 5 luglio 2012), ha osservato che l'unica eccezione alla

tendenziale omogeneità del contenuto è rappresentata dall'articolo 56, che incide sulla disciplina della scuola della

magistratura, e in particolare dalla disposizione contenuta al comma 1, lettera b), che, modificando l'art. 6, co. 2,

D.lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, interviene sullo status dei magistrati chiamati a far parte del consiglio direttivo della

“Scuola Magistratura”, e stabilisce che i magistrati ancora in servizio nominati nel comitato direttivo, «a loro

richiesta, possono usufruire di un esonero parziale dall'attività giurisdizionale nella misura determinata dal Consiglio

superiore della magistratura». Al riguardo il Comitato ricorda che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 22 del

2012, ha individuato “tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del

requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma

censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto legge in cui è inserita”, nonché rispetto

all'intestazione del decreto e al preambolo. 2 La relazione continua osservando che: «i più gravi disincentivi al tempestivo accesso delle imprese in crisi alle

procedure di concordato preventivo e ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione possono

essere così riassunti: l'insufficiente protezione del debitore durante la preparazione del piano di ristrutturazione; le

criticità connesse al finanziamento dell'attività del debitore durante la preparazione del piano o la negoziazione

dell'accordo (cosiddetta «finanza interinale»); la mancanza di una disciplina specifica che faciliti il concordato con

continuità aziendale, soprattutto prevedendo la continuazione dei contratti in corso; l'assenza di una specifica

disciplina dei requisiti di indipendenza del professionista attestatore nominato dal debitore, di cui all'articolo 67,

terzo comma, lettera d), della legge fallimentare, che trova applicazione anche in caso di concordato preventivo e di

accordo di ristrutturazione; l'operatività della causa di scioglimento per perdita del capitale e degli obblighi di

capitalizzazione anche nel corso del procedimento per l'omologazione del concordato preventivo non finalizzato

alla liquidazione e, soprattutto, del procedimento per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti».

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(TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e l'articolo 101, comma

5, del TUIR in materia di deducibilità delle perdite sui crediti.

Il testo di legge dell'art. 33 si caratterizza per una struttura complessa. Al riguardo il Comitato

per la legislazione, nell'esprimere il parere alle Commissioni permanenti VI (Finanza) e X (Attività

produttive, commercio e turismo) sul disegno di legge di conversione3, sotto il profilo della corretta

formulazione e della tecnica di redazione, lo ha richiamato a titolo esemplificativo circa la

particolare complessità di numerosi articoli contenuti nel decreto: “l'articolo 33, concernente la

revisione della legge fallimentare, occupa quasi sette pagine dello stampato della Camera,

articolandosi in soli 5 commi, a loro volta divisi in lettere e numeri recanti novelle; taluni articoli,

recando capoversi non contrassegnati da numeri o da lettere, non rispettano le prescrizioni della

circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi riguardanti la struttura dei commi (in

particolare, il paragrafo 7, lettera e), che prevede che il comma debba articolarsi in periodi e che si

debba andare a capo soltanto alla fine del comma, a meno che il comma non si articoli a sua volta

in lettere”4.

2. L'efficacia temporale della nuova disciplina in materia fallimentare.

Al di là della qualità della tecnica di redazione del testo, l'art. 33 del decreto legge 22 giugno

2012, n. 83, convertito con modificazioni in legge 7 agosto 2012, n. 134, presenta aspetti discutibili

sotto il profilo dell'efficacia temporale.

Le norme di revisione della legge fallimentare di cui all'art. 33 sono inserite in un decreto legge,

di conseguenza per la decorrenza di efficacia delle stesse, tendenzialmente, si dovrebbe fare

riferimento alla data di entrata in vigore del decreto legge, ovvero dal giorno stesso della

3 Ai sensi dell'art. 96-bis, comma 1, del Regolamento della Camera: «Il Presidente della Camera assegna i disegni di

legge di conversione dei decreti-legge alle Commissioni competenti, in sede referente, il giorno stesso della loro

presentazione o trasmissione alla Camera e ne dà notizia all'Assemblea nello stesso giorno o nella prima seduta

successiva, da convocarsi anche appositamente nel termine di cinque giorni dalla presentazione, ai sensi del secondo

comma dell'articolo 77 della Costituzione. La proposta di diversa assegnazione, ai sensi del comma 1 dell'articolo

72, deve essere formulata all'atto dell'annunzio dell'assegnazione e l'Assemblea delibera per alzata di mano, sentiti

un oratore contro e uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno. I disegni di legge di cui al presente articolo

sono altresì assegnati al Comitato per la legislazione di cui all'articolo 16-bis, che, nel termine di cinque giorni,

esprime parere alle Commissioni competenti, anche proponendo la soppressione delle disposizioni del decreto-legge

che contrastino con le regole sulla specificità e omogeneità e sui limiti di contenuto dei decreti-legge, previste dalla

vigente legislazione». 4 Seduta del 5 luglio 2012.

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pubblicazione del decreto legge nella Gazzetta Ufficiale, cioè il 26 giugno5.

Laddove poi in sede di conversione, siano state introdotte nuove norme, o apportate delle

modifiche alle norme già introdotte dal decreto legge, ai fini della individuazione della data di

entrata in vigore di regola bisogna far riferimento al giorno successivo a quello della pubblicazione

della legge di conversione6. E atteso che la legge di conversione n. 134 è stata pubblicata nella

Gazzetta Ufficiale dell'11 agosto 2012, n. 187, le modifiche così inserite all'art. 33 del d.l. 83/2012

trovano applicazione dal 12 agosto 2012.

Posto ciò, bisogna verificare se l'art. 33 non abbia invece dettato una disciplina apposita relativa

all'entrata in vigore delle nuove norme. E, leggendo il testo di legge, al comma 3 è previsto un

rinvio di applicazione ad una data posteriore a quella dell'entrata in vigore della legge di

conversione. L'art. 33, comma 3, d.l. n. 83/2012 così recita: «Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2

si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione di accordi di

ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore

della legge di conversione del presente decreto, nonché ai piani di cui al comma 1, lettera a), n. 1)

elaborati successivamente al predetto termine».

Il disposto del terzo comma dell'art. 33 pone, dunque, sotto il profilo dell'efficacia temporale

delle disposizioni, uno spartiacque tra le disposizioni contenute nei commi 1 e 2, e quelle contenute

nei commi 4 e 5 dell'art. 33, riguardo alle quali non ha invece dettato alcuna regola in merito alla

decorrenza di efficacia.

Con la conseguenza che le norme introdotte dall'art. 33 d.l. 83/2012 relative ai procedimenti di

concordato preventivo, ai procedimenti di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti e ai

piani di risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa di cui all'art. 67, terzo comma, lett. d)7,

5 Il decreto legge n. 83 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2012.

6 L'art. 15, comma 5, L. 23 agosto 1988, n. 400, stabilisce che: «Le modifiche eventualmente apportate al decreto-

legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di

conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge». 7 Secondo l'art. 67, terzo comma, lett. d), l.f., novellato dall'art. 33, comma 1, lettera a), n. 1) non sono soggetti ad

azione revocatoria «d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in

esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad

assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore,

iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) deve

attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato

all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o

professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in

possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i

quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o

autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere

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non hanno efficacia dall'entrata in vigore del decreto legge, né della legge di conversione del

decreto, ma hanno efficacia trenta giorni dopo a quello successivo di entrata in vigore della legge di

conversione; mentre le norme contenute nei commi 4 e 5, nel silenzio del legislatore, sono

immediatamente efficaci, poichè l'entrata in vigore va ancorata all'entrata in vigore del decreto

legge.

Va evidenziato, infine, che i commi 1 e 2 non contengono esclusivamente disposizioni sui tre

procedimenti richiamati dal comma 3 dell'art. 33, ma includono alcune norme che non fanno

riferimento alle suddette procedure concorsuali. Per tali norme non opera quindi il periodo di

vacatio previsto dal comma 3, ed anch'esse andranno applicate immediatamente.

Si delinea così, nell'ambito dell'intervento normativo in materia fallimentare, questa singolare

situazione: alcune disposizioni hanno efficacia dal momento dell'entrata in vigore del decreto legge,

cioè dal 26 giugno, altre dall'entrata in vigore della legge di conversione, cioè dal 12 agosto, ed altre

ancora dall'11 settembre 2012.

2.1. Segue. Norme introdotte dal decreto legge che vanno in vigore dall'11 settembre 2012.

Trovano dunque applicazione solo dall'11 settembre 2012 le disposizioni contenute nei commi 1

e 2, relative ai procedimenti di concordato preventivo, di omologazione di accordi di

ristrutturazione dei debiti ed ai piani di risanamento.

Ad esempio, le modifiche, introdotte dall'art. 33, co. 1, n. 1) lett. a), sulla revocatoria

fallimentare in riferimento agli atti, ai pagamenti e alle garanzie concesse su beni del debitore posti

in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione

debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.

Le modifiche apportate dall'art. 33, co. 1, n. 1), n. 2) lett. a) e b) e n. 3) all'articolo 161 «domanda

di concordato» l.f., sulle modalità di deposito e contestuale produzione del ricorso con la domanda

di concordato preventivo, e sulla disciplina degli atti di ordinaria amministrazione e straordinaria

amministrazione. In sede di conversione del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 sono stati poi aggiunti dal n.

4) lett. b) del co. 1, dell'art. 33, i commi 8, 9 e 10 all'art. 161 l.f. sull'onere del tribunale di disporre

gli obblighi informativi periodici durante la prima fase della procedura e sull'inammissibilità della

pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore;».

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domanda di concordato preventivo.

L'art. 33, comma 1, lett. c), che modifica l'art. 168 l.f., specificando diversamente gli effetti della

presentazione del ricorso e individuando il termine nella pubblicazione del ricorso sul registro delle

imprese.

Il nuovo art. 169-bis l.f., introdotto dalla lett. d) del comma 1 dell'art. 33, che finalmente detta

norme specifiche sulla disciplina dei contratti in corso di esecuzione.

L'art. 33, comma 1, d-bis) che modifica l'art. 178 l.f. sulle regole delle adesioni alla proposta di

concordato.

L'articolo 33, comma 1, lett. d-ter), con il quale è stato aggiunto un nuovo comma all'art. 179 l.f.

L'art. 182-bis che modifica alcune regole in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti.

L'art. 33, co. 1, lett. e-bis), che ridisegna la disciplina sulla prededucibilità dei crediti nel

concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Il nuovo articolo 182-quinquies l.f., che detta innovative disposizioni in tema di finanziamento e

di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

L'art. 33, comma 1, lett. h), il quale ha aggiunto il nuovo art. 186-bis «Concordato con continuità

aziendale», disposizione che detta una disciplina di favore per i piani di concordato volti alla

prosecuzione dell'attività di impresa.

Infine, il comma 2 dell'art. 33 che modifica il comma 1 dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163

(Codice contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture), prevedendo che l'impresa in

concordato con continuità aziendale può partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti

pubblici.

2.2. Segue. La controversa entrata in vigore delle norme disciplinanti fattispecie sostanziali

collegate ai procedimenti concorsuali, e l'immediata entrata in vigore delle norme disciplinanti i

benefici fiscali.

Come già accennato, all'interno dei primi due commi, e segnatamente del comma 1 dell'art. 33,

vi sono però anche alcune disposizioni che fanno riferimento al procedimento di concordato

preventivo, o di omologazione degli accordi di ristrutturazione, o ai piani attestati, non come fase o

elemento strettamente processuale, ma soltanto rappresentando fattispecie sostanziali dotate di una

certa autonomia, pur se, tuttavia, comunque legate ad un procedimento concorsuale minore.

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Così, l'art. 33, co. 1, n. 2, lett. a), il quale integra la lettera e) del terzo comma dell'art. 67 l.f.,

prescrivendo il non assoggettamento all'azione revocatoria degli atti, pagamenti e garanzie

legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito del ricorso per concordato preventivo8.

Così, anche, l'art. 33, co. 1, lett. f), che inserisce all'interno della legge fallimentare l'art. 182-

sexies, rubricato «Riduzione o perdita del capitale della società in crisi», con il quale è prevista la

non applicazione degli obblighi di capitalizzazione della società in perdita e della causa di

scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale dalla data del deposito della

domanda per l'ammissione al concordato preventivo, o della domanda per l'omologazione

dell'accordo di ristrutturazione ovvero della proposta di accordo9.

E, ancora, l'art. 33, co. 1, lett. l), che introduce con l'art. 236-bis l.f., rubricato «Falso in

attestazioni e relazioni», una norma penale tesa ad incriminare il professionista che nelle relazioni

di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis

l.f. espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti10

.

Si tratta di fattispecie di incerta attribuzione; esse potrebbero ritenersi indissolubilmente legate

alle nuove procedure di concordato preventivo, di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei

debiti, o ai piani di risanamento, e, pertanto, coerentemente l'entrata in vigore dovrebbe,

contemporaneamente a queste altre, aversi solo dall'undici settembre 2012; oppure dovrebbero

ritenersi dotate di un sufficiente margine di autonomia, e pertanto passibili di immediata

applicazione (dunque, già in vigore dal 26 giugno), e ciò tutto sommato con maggiore sintonia con

le disposizioni generali (art. 15, co. 3, legge 23 agosto 1988, n. 400) sull'entrata in vigore dei decreti

legge, che ne prescrivono una immediata applicazione.

La mia sensazione, tuttavia, è che i procedimenti di concordato, di ristrutturazione, o di piano

8 L'art. 67, co. 3, lett. e), l.f., prima della riforma, prevedeva espressamente solo l'esenzione dalla revocatoria per gli

atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione del concordato

preventivo, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis. 9 L'art. 182-sexies l.f. così recita: «Dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo,

anche a norma dell'articolo 161, sesto comma, della domanda per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di

cui all'articolo 182-bis ovvero della proposta di accordo a norma del sesto comma dello stesso articolo e sino

all'omologazione non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e

sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per

riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545-duodecies del codice civile. Resta

ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l'applicazione

dell'articolo 2486 del codice civile». 10

L'art. 236-bis l.f. dispone che: «Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo

comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di

riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000

euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sè o per altri, la pena è aumentata. Se dal

fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà».

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attestato, ridisegnati nei primi due commi, sono effettivamente pensati, almeno dal decreto, come

un blocco intero non separabile rigidamente in comparti processuali-sostanziali, ma in cui al

contrario tutto si giustifica e si tiene solo se insieme, e che pertanto rispetta la volontà del

legislatore prevedere un'applicazione di queste disposizioni in “blocco”.

Stessa opinione manterrei anche per la disposizione penale ex art. 236-bis l.f., anche se si

conoscono i tentativi in dottrina e giurisprudenza di individuare ipotesi di reato per il

comportamento gravemente scorretto dell'attestatore, spia evidente della necessità risalente della

sanzione penale già per i concordati preriforma; mi sembra, comunque, di poter tener ferma la mia

opinione ora espressa, coerente anche con la relazione di accompagnamento al decreto, per la quale:

«La sanzione penale prevista è necessaria per saldare i meccanismi di tutela e per bilanciare

adeguatamente il ruolo centrale riconosciuto al professionista attestatore nell'intero intervento

normativo. Peraltro, tale soluzione si impone per evitare asimmetrie irragionevoli, in un'ottica

costituzionale, rispetto alla rilevanza penale della condotta dell'organismo di composizione della

crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile che «rende false attestazioni in ordine alla

veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero in ordine alla

fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore», a norma dell'articolo 19,

comma 2, della legge n. 3 del 2012».

Ora, tenendo conto che le norme citate dall'art. 236-bis hanno una vacatio sfalsata rispetto al

decreto, ne discende che il reato di fatto potrà configurarsi solo in relazione ai procedimenti

introdotti dall'11 settembre 2012.

Infine, vanno ricordati i commi 4 e 5 dell'art. 33, disciplinanti il regime fiscale dell'imprenditore

in stato di crisi; essi non sono richiamati dal comma 3 ai fini del differimento di applicazione, e

pertanto sono immediatamente applicabili dal 26 giugno 2012.

L'art. 33, co. 4, ha riformato l'articolo 88, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi

(TUIR), escludendo dalla disciplina delle sopravvenienze attive la riduzione dei debiti dell'impresa

in sede di concordato fallimentare o preventivo, e non considerando sopravvenienza attiva per la

parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, riportabili nei successivi periodi d'imposta (ai

sensi delle disposizioni dell'art. 84 del TUIR), la riduzione del debito dell'impresa a seguito

dell'accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis della legge

fallimentare, ovvero di un piano di risanamento attestato e pubblicato nel registro delle imprese ai

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sensi dell'articolo 67, terzo comma lettera d) della legge fallimentare11

.

Il comma 5 ha invece modificato l'articolo 101, co. 5, del TUIR, prevedendo che le perdite sono

deducibili dall'imponibile non solo nell'ipotesi in cui il debitore è assoggettato a procedure

concorsuali, ma anche nel caso in cui intervenga una ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo

182-bis della legge fallimentare. La norma precisa poi che «ai fini del presente comma, il debitore si

considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento

o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione

alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di

ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi

imprese in crisi»12

.

11

Il comma 4 dell'articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come sostituito

dall'art. 33, co. 4, così dispone: «4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti

a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri

soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni, né la

riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazione

delle perdite da parte dell'associato in partecipazione. In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai

sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo

67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, la

riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e

di periodo, di cui all'articolo 84». 12

Al riguardo la Commissione Finanze in sede referente (4 luglio 2012) rileva che “le perdite sui crediti a fini fiscali

(ai sensi dell'articolo 101, comma 5, del TUIR) sono deducibili dall'imponibile solo se risultano da elementi certi e

precisi e, in ogni caso, qualora derivino da procedure concorsuali. In relazione a queste ultime, la normativa

riconosce immediatamente la sussistenza dei requisiti di «certezza» e «precisione» della perdita, che risulta

detraibile senza bisogno di attendere la conclusione delle procedure stesse. Nel regime precedente alle modifiche

apportate in materia dal decreto legge, erano escluse dal novero delle «procedure concorsuali» (e dunque soggetti

alla regola della certezza e precisione degli elementi da cui risultino le perdite, corroborata dallo stretto

orientamento interpretativo dell'Agenzia delle Entrate) che davano diritto all'immediata deducibilità, le perdite su

crediti generatesi per effetto di quanto previsto nell'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis

della legge fallimentare omologato dal Tribunale. L'Agenzia affermava, infatti, che la rilevanza fiscale del

differenziale (derivante dalla conversione o estinzione del credito) poteva essere riconosciuta ai sensi dell'articolo

101, comma 5, primo periodo, del TUIR, solo nel momento in cui gli elementi certi e precisi richiesti dalla norma

fossero integrati, e cioè a partire dalla data in cui il decreto di omologa dell'accordo fosse divenuto definitivo. Per

effetto delle modifiche apportate dal comma 5, il creditore può invece dedurre immediatamente (e non più dal

momento in cui il decreto di omologazione diventa inoppugnabile) le perdite sui crediti derivanti da un accordo di

ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi del citato articolo 182-bis della legge fallimentare, e l'accordo si

considera concluso dalla data del decreto del Tribunale di omologazione”.

Il comma 5 dell'articolo 101 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, così recita: «5.

Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti sono

deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato

a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-

bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a

procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la

liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del

decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione

straordinaria delle grandi imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di

modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si

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10

2.3. Segue. Norme introdotte con la legge di conversione; quelle che entrano in vigore dal 12

agosto 2012, e quelle invece per cui bisogna attendere l'11 settembre 2012.

Vanno invece in vigore dal 12 agosto 2012 alcune disposizioni inserite, o modificate, in sede di

conversione del decreto.

L'art. 33, co. 1, lett. a), che ha inserito una nuova disposizione in tema di esenzione dalla

revocatoria fallimentare degli atti ex art. 67 l.f., integrando l'elenco degli atti non soggetti ad azione

revocatoria. In particolare, secondo il novellato art. 67, terzo comma, lett. c, sono esclusi dalla

revocatoria anche le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis del

codice civile, conclusi a giusto prezzo, ed aventi ad oggetto gli «immobili ad uso non abitativo

destinati a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente, purchè alla data di

dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti

investimenti per darvi inizio».

E così anche l'art. 33, co. 1, lett. a-ter), il quale ha esteso la non applicazione del primo comma

dell'art. 72 l.f. «Rapporti pendenti»13

, aggiungendo all'ottavo comma le seguenti parole: «ovvero un

immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa

dell'acquirente».

Si tratta, anche in questi casi, di disposizioni pur introdotte nei primi due commi dell'art. 33

d.l.83/2012, ma che tuttavia non fanno riferimento ai procedimenti di concordato preventivo, di

omologazione degli accordi di ristrutturazione, o piani attestati, ed a cui pertanto non si applica il

rinvio all'11 settembre, indicato dal terzo comma dell'art. 33.

Invece l'art. 33, co. 1, lett. d-quater), che modifica il quarto comma dell'articolo 180 l.f.

considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più

rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con

modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi

e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Per i soggetti che redigono il

bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo

e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti

dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi». 13

L'art. 72, comma 1, l.f., così recita: «Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe

le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l'esecuzione del contratto, fatte salve le

diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del

comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi,

ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del

diritto».

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11

«Giudizio di omologazione», inserendo una nuova norma che prende in considerazione le

opposizioni, nell'ipotesi di mancata formazione delle classi di creditori, e dispone che se i creditori

dissenzienti che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la

convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito

possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative

concretamente praticabili14

, inerendo al procedimento di concordato, andrà in vigore l'11 settembre

2012.

Allo stesso modo l'art. 33, co. 1, lett. l-bis), il quale ha novellato l'art. 217-bis l.f.15

, estendendo

l'esenzione dai reati di bancarotta ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal

giudice a norma del nuovo art. 182-quinquies l.f. «Disposizioni in tema di finanziamento e di

continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione»; e che pertanto (a

prescindere dalla sua immediata o no entrata in vigore)16

non potrà che essere applicato ai nuovi

concordati, in vigore dall'11 settembre 2011.

Lo stesso riterrei per l'art. 33, co. 1, n. 2, lett. a-bis), che ha aggiunto un secondo comma all'art.

69-bis l.f. «Decadenza dell'azione e computo dei termini», (rubrica così sostituita dallo stesso art.

33 d.l. n. 83)17

, il quale così recita: «Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la

dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69

decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese»18

; si

fa riferimento ad una attività, la pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle

imprese, introdotta solo con la nuova disposizione (secondo il previgente testo dell'art. 166 l.f., nel

registro delle imprese andava pubblicato solo l'eventuale e successivo decreto del tribunale di

ammissione alla procedura).

14

Il precedente testo del quarto comma dell'art. 180, si limitava a prendere in considerazione l'ipotesi dell'opposizione

del singolo creditore appartenente ad una classe dissenziente. 15

L'art. 217-bis l.f. stabilisce che: «Le disposizioni di cui all’articolo 216, terzo comma, e 217 non si applicano ai

pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un

accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero del piano di cui all’articolo 67,

terzo comma, lettera d)». 16

Ai sensi di tale disposizione il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con

continuità aziendale o una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un

accordo di ristrutturazione dei debiti, può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti e a

pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi funzionali alla prosecuzione dell'impresa. 17

Il comma 1 dell'art. 69-bis l.f. stabilisce che: «Le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione non possono

essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento

dell'atto». 18

In questa ipotesi i termini a ritroso, in relazione agli atti pregiudizievoli ai creditori, non sono computati dalla data di

dichiarazione di fallimento, ma dalla precedente data di pubblicazione della domanda di concordato.

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12

3. L'applicazione ai nuovi procedimenti.

Individuata dunque la non sempre omogenea data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, si

tratta di definire quali atti siano sottoposti alla nuova disciplina.

Anche in questo caso, occorre operare delle distinzioni.

Le nuove norme relative ai concordati preventivi, agli accordi di ristrutturazione dei debiti e ai

piani attestanti il risanamento della esposizione debitoria elaborati, si applicheranno solo ai

concordati preventivi, agli accordi, alle proposte di accordi ed ai piani presentati in una data

successiva all'11 settembre 2012.

Va esclusa, infatti, l'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 33 d.l. 83/2012 ai piani di

risanamento, ai concordati preventivi, agli accordi di ristrutturazione già iniziati, e non ancora

conclusi, al momento dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni.

In proposito, soccorre il dato esegetico, di cui al terzo comma dell'art. 33, il quale dispone che:

«Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per

l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a

quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché ai piani di cui al

comma 1, lettera a), n. 1) elaborati successivamente al predetto termine».

In base a questa indicazione, la nuova disciplina non può applicarsi ai procedimenti già in corso

alla data della sua entrata in vigore, che restano pertanto regolati dalla disciplina anteriore. Per cui

l'imprenditore in stato di crisi che ha proposto, prima dell'11 settembre una domanda per

l'ammissione alla procedura di concordato preventivo19

, o una domanda di omologazione di un

accordo di ristrutturazione raggiunto con i creditori, non potrà, ad esempio, usufruire del beneficio

circa la possibilità di compiere nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso e il decreto del

tribunale di ammissione alla procedura, gli atti di ordinaria amministrazione, e previa

autorizzazione del tribunale, anche quelli di straordinaria amministrazione20

.

19

Tale domanda ai sensi dell'art. 161 l.f. è proposta con ricorso al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria

sede principale. 20

I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore, ai sensi del novellato art.

161 l.f., sono prededucibili ai sensi dell'art. 111.

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13

La scelta del legislatore, pur inequivocabile, può certo anche non convincere; va tuttavia

registrata, specificando semmai che nulla vieta che l'imprenditore in stato di crisi, al fine di poter

beneficiare della nuova disciplina, possa ritirare la domanda depositata prima della sua entrata in

vigore, e ripresentare una nuova domanda per l'ammissione al concordato preventivo o per

l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'art. 182-bis l.f.

3.1. Segue. L'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti fallimentari in corso, ai

contratti già conclusi e agli atti già eseguiti.

Se dunque, in virtù del dato testuale contenuto nel comma 3, appare incontroverso che le nuove

regole relative al concordato preventivo, all'omologazione degli accordi di ristrutturazione, nonché

ai piani attestati, trovano applicazione solo con riguardo ai procedimenti intrapresi dall'11 settembre

2012, e non a quelli pendenti a tale data, si pone tuttavia il problema di cosa succeda in tutti i casi

non espressamente regolati dal legislatore.

E, in particolare, dell'applicazione di quelle disposizioni contenute nel primo comma dell'art. 33,

che non fanno riferimento ai suddetti procedimenti, nonchè delle disposizioni a carattere fiscale di

cui ai commi 4 e 5; manca, cioè, una disposizione transitoria che disponga l'applicabilità o no della

nuova disciplina ad atti già compiuti o a procedimenti concorsuali già in essere al momento appunto

della entrata in vigore delle nuove disposizioni21

.

Allora, analizziamo adesso l'esenzione dalla revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. c., l.f., per le

vendite ed i preliminari di vendita trascritti e conclusi a giusto prezzo, aventi ad oggetto immobili

ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente,

purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano

stati compiuti investimenti per darvi inizio.

21

A differenza del d.l. 14.3.2005 n. 35, con cui è stata modificata la disciplina sostanziale e processuale relativa

all'azione revocatoria e quella del concordato preventivo, e che contiene una disposizione transitoria (art. 2, co. 2 e

2bis) secondo cui la nuova normativa si applica «alle azioni revocatorie proposte nell'ambito di procedure iniziate

dopo la data di entrata in vigore del presente decreto». Sull'argomento ex plurimis F. SANTANGELI, Disciplina

transitoria, D.l. 14.3.2005, n. 35 (convertito con modificazioni in l.14.5.2005, n. 80); G. LO CASCIO, Il nuovo

fallimento: riflessioni sugli aspetti processuali e sulla disciplina transitoria, in Il fallimento, 2006, 751 ss.; A.

PATTI, Riforma della revocatoria fallimentare: disposizione transitoria, in Il fallimento, 2005, 962 ss.; M.

SANDULLI, La nuova disciplina dell'azione revocatoria, in Il Fallimento, 2006, 611 ss.

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14

Abbiamo retro già dimostrato come questa disposizione entrerà in vigore dal 12 agosto 2012.

Ma a quali fattispecie, in concreto, si applicherà? Cosa dovrà essere avvenuto, dopo il 12 agosto

2012, perchè la disposizione in esame sia utilizzabile?

Dovremo fare riferimento: a) alla data della vendita, ed applicare dunque la disposizione solo ai

contratti o ai preliminari d'acquisto dell'immobile stipulati dopo il 12 agosto 2012 (riferendomi

all'atto); b) o invece dovremo fare riferimento alla data di pronuncia del fallimento, applicando l'art.

67, co. 3, lett. c), l.f., a tutti gli atti, anche se precedenti al 12 agosto 2012, purchè però il fallimento

sia dichiarato successivamente a questa data (ad esempio, una vendita nel maggio 2012, in un

fallimento dichiarato nel settembre 2012)?

O ancora: c) con una applicazione invece estremamente più ampia, si dovrà applicare la nuova

disciplina a tutti gli atti di vendita precedentemente conclusi, in fallimenti dichiarati prima del 12

agosto 2012, ma non ancora chiusi per quella data, adottando anzi, nelle cause tra curatore e

acquirente ancora in corso (fermi, invece gli effetti del giudicato sui giudizi di revocatoria già

conclusi), l'istituto eventuale della rimessione in termini ex art. 153, co. 2, c.p.c. per ius

superveniens? Oppure: d) il momento di discrimine sarà dato dall'eventuale inizio dell'azione

revocatoria, applicandosi le nuove disposizioni solo alle azioni giudiziarie di revocatorie iniziate

“dopo” il 12 agosto 2012?

Per la soluzione del quesito, non essendo state emanate disposizioni transitorie ad hoc, può darsi

risposta solo avuto riguardo alle regole che governano il diritto intertemporale in materia di norme

sostanziali, informate al principio dell'irretroattività della legge, sancito dall'art. 11 delle preleggi

del codice civile22

. Ed è probabile che la disposizione in esame sull'esenzione manifesti il carattere

22

Il principio fondamentale dell'irretroattività in ambito civilistico è derogabile dal legislatore, che può disporre

l'efficacia retroattiva delle nuove disposizioni, entro il limite dell'osservanza dei criteri di ragionevolezza e dei

principi costituzionali, cfr. Corte cost. 31 dicembre 1986 n. 301. Tuttavia, al potere del legislatore di modificare

situazioni sostanziali o processuali già maturate con nuove disposizioni ad effetto retroattivo, che dovrebbero

applicarsi anche nei processi in corso, si contrappone il principio dell'affidamento maturato delle parti su elementi

normativi precedenti. Tale principio, che ha assunto negli ultimi anni una sempre maggior importanza per il tramite

della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, costituisce ormai un limite per il legislatore

nell'attribuzione di efficacia retroattiva agli atti normativi; limite che si concreta nella necessità di un bilanciamento

dei valori e degli interessi coinvolti. Al riguardo, la Corte di Strasburgo afferma che “Se, in linea di principio, il

legislatore può regolamentare in materia civile, mediante nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi

già vigenti, il principio della preminenza del diritto e la nozione di equo processo sancito dall'articolo 6 ostano,

salvo che per ragioni imperative di interesse generale, all'ingerenza del legislatore nell'amministrazione della

giustizia allo scopo di influenzare la risoluzione di una controversia (CEDU sentenza Caso di Agrati e altri c. Italia,

7 giugno 2011). Sulla tutela dell'affidamento maturato anche in riferimento ai precedenti giudiziari consolidati, v.

amplius F. SANTANGELI, La tutela del legittimo affidamento sulle posizioni giurisprudenziali, tra la

cristallizzazione delle decisioni e l’istituto del prospective overruling, con particolare riguardo al precedente in

materia processuale, in www.judicium.it, 2011.

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15

principale di norma sostanziale, piuttosto che processuale.

Un primo problema da risolvere concerne l'efficacia retroattiva della disposizione, che deve

essere, in linea di massima, negata.

La giurisprudenza di legittimità e la dottrina ad oggi dominanti richiedono, affinchè possa

riconoscersi efficacia retroattiva ad una disposizione di legge, in deroga al canone ermeneutico

posto dall'art. 11 disp. prel. c.c., alternativamente che: a) detta retroattività sia espressamente

sancita; b) detta retroattività sia ricavabile inequivocabilmente dal contesto letterale della legge

stessa23

; c) detta retroattività debba ritenersi insita nel carattere “interpretativo” della novella24

.

È evidente che nessuna delle tre condizioni richieste viene soddisfatta dalla disposizione in

esame. All'assenza di una esplicita clausola di retroattività si accompagna, infatti, il silenzio

assoluto del legislatore anche in punto di individuazione implicita dell'estensione temporale della

disposizione, estensione invero non ricavabile da alcuna espressione utilizzata e dunque

argomentabile solo in base ai principi generali di diritto intertemporale, che sono orientati al canone

dell'irretroattività. Anzi, la sicura innovatività della disposizione – la quale pone un'esenzione dalla

revocatoria non ricavabile in alcun modo dalla normativa pregressa – è idonea al contempo a non

riconoscerle, se mai vi fosse stato dubbio, natura di “interpretazione autentica” e, per quel che più

conta, efficacia retroattiva25

.

Invero, parte della dottrina ritiene che possa riconoscersi efficacia retroattiva ad una disposizione

anche in assenza delle predette condizioni se, nel giudizio di bilanciamento dei valori, quello

veicolato dalla disposizione sopravvenuta tenda a prevalere, per la sua particolare pregnanza nella

gerarchia costituzionale, su quello corrispondente all'affidamento nutrito sull'applicazione della

disposizione pregressa26

. Solo aderendo a tale impostazione potrebbe predicarsi la retroattività della

23

Cfr., ex multis, Cass. 2004, n. 15652, in G. CIAN - A. TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, Padova,

2005, sub art. 11 disp. prel. c.c. 24

Sul tema, da ultimo P. VIRGADAMO, «Interpretazione autentica» e diritto civile intertemporale, Napoli, 2012,

passim. 25

Come, peraltro, è recentemente stato ritenuto con riferimento ad altra disposizione della legge fallimentare da Cass.

7 ottobre 2010 n. 20834, secondo la quale il contenuto innovativo della disposizione ne preclude l'efficacia

retroattiva. 26

P. PERLINGIERI – F. MAISTO, L'efficacia delle norme nel tempo, in P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile,

Napoli, 2007, 110; F. MAISTO, Diritto intertemporale, Napoli, 2007, passim. Aderisce a tale impostazione di

massima, anche al fine di rendere talvolta travolgibile il giudicato, R. CAPONI, Giudicato civile e leggi retroattive,

in Foro it., 2009, I, c. 996 ss. Particolare attenzione al profilo assiologico è riservata da A. TORRENTE – P.

SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2007, 45: “occorre sempre risalire alla volontà del legislatore

e domandarsi, se in vista di nuove esigenze sociali, egli non intenda con la nuova norma attribuire efficacia

retroattiva immediata al regolamento disposto ed estenderlo, pertanto ai fatti compiuti, ma non esauriti sotto il

vigore di quella preesistente”.

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16

novella, veicolando la stessa un interesse alla conservazione dell'efficacia di alcuni atti negoziali

che il legislatore sembra aver ritenuto preminente in diversi contesti, a mezzo della graduale

introduzione di diverse esenzioni dalla revocatoria fallimentare. L'interesse preminente sarebbe

quello alla tutela della libertà di iniziativa economica in riferimento a contrattazioni particolarmente

meritevoli (argomento assiologico favorevole).

Tuttavia, a livello di sistema, è noto come altre esenzioni dalla revocatoria siano state applicate,

per espressa disposizione del legislatore, solo alle revocatorie interne a procedure successive

all'entrata in vigore dell'esenzione di riferimento: così ad esempio la novella relativa alla esenzione

dalla revocatoria delle rimesse bancarie27

(argomento sistematico sfavorevole).

Inoltre, l'argomento assiologico risulta indebolito: a) dalla presenza di un confliggente interesse

meritevole di protezione della curatela del fallimento ad ottenere la revocatoria dell'atto; b) dalla

presenza di un affidamento da tutelare sull'applicazione della normativa pregressa.

Infine, nel dubbio, sembra di ausilio la considerazione per cui, nei rapporti a contenuto

strettamente patrimoniale, qual è quello in esame, le utilità individuali contrapposte hanno

tendenzialmente carattere paritetico, sicchè l'applicazione retroattiva di una novella vantaggiosa per

una parte (in questo caso, l'acquirente a mezzo di un contratto ora non più suscettibile di

revocatoria) “si rivela automaticamente lesiva di interessi individuali anteriormente tutelati”28

(ovvero degli interessi dei creditori concorsuali che vedrebbero ridotto il patrimonio del debitore).

La presenza di argomenti contrastanti induce, a voler essere prudenti, a negare efficacia

retroattiva alla nuova disposizione.

Bisogna allora chiedersi cosa significhi negare efficacia retroattiva.

Pur a fronte della estrema problematicità della nozione di retroattività, ancora assai

controversa29

, in giurisprudenza si afferma, con l'avallo di autorevole dottrina, l'idea che debba

27

Sull'argomento si vedano le attente osservazioni di P. VIRGADAMO, op. cit., 434 ss. 28

F. MAISTO, op. cit., 88, il quale porta l'esempio di una norma attributiva di diritti patrimoniali prima inesistenti. 29

Alcuni autori parlano di un concetto «equivoco» (N. COVIELLO, Manuale di diritto civile italiano, Milano, 1915,

98), di una «nozione confusa» (A. GIULIANI, Premesse e disposizioni preliminari, in Trattato di diritto privato,

diretto da P. RESCIGNO, I, Torino, 1982, 241). Secondo taluna dottrina ritiene che «l'applicazione immediata della

legge nuova agli effetti di situazioni sorte sotto la legge anteriore non configura retroattività» (A. GIULIANI, Le

disposizioni sulla legge in generale: gli articoli da 1 a 15, in Trattato di diritto privato, cit., 244); diversamente

opinando si finirebbe con l'applicare ultrattivamente la vecchia legge (F. GALGANO, Diritto civile e commerciale,

I, Padova, 1993, 93 ss.). Secondo altra dottrina escludere dalla nozione di retroattività la legge che travolga gli

effetti ancora non prodotti al momento della sua entrata in vigore, relativi a fatti precedenti, significa mutare nella

sostanza il trattamento giuridico dei fatti stessi. Ciò è vero nella misura in cui «è nel momento del compimento

dell'atto che chi lo compie sceglie (o forma) la regola dei propri interessi», onde l'effetto costituisce sempre una

conseguenza di questa scelta e in essa trova fondamento» (M. SEMERARO, Interpretazione autentica, retroattività

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17

ritenersi retroattiva non solo quella disposizione la quale che disciplina l'atto posto in essere nel

passato ovvero i suoi effetti, parimenti prodottosi nel passato, ma anche quella che disciplina in

modo innovativo gli effetti ancora da prodursi dell'atto menzionato30

. In particolare è considerata

retroattiva quella legge che non fa salvi gli effetti giuridici da fattispecie anteriormente perfezionate,

mentre non lo è quella che modifica gli effetti che non discendono dalle stesse, ma dalla legge31

.

Alla stregua di tale concetto di retroattività, la disposizione in esame sarebbe retroattiva se si

consentisse la sua applicazione alle vendite concluse e già eseguite prima dell'entrata in vigore della

novella, cioè prima del 12 agosto 2012. Ciò in considerazione di due argomentazioni: a) la

revocatoria fallimentare condivide la natura e la funzione generale della revocatoria ex art. 2901

c.c., che ha come conseguenza l'inefficacia relativa dell'atto revocato. Essa cioè incide, sia pur

parzialmente, sugli effetti della fattispecie negoziale, paralizzandoli nei confronti dei creditori

concorsuali.

Ora, applicare la novella a tali vendite significherebbe mutare ex post la loro potenziale

inefficacia relativa, rispetto alla massa dei creditori, in efficacia; significherebbe cioè mutare il

regime giuridico degli effetti (traslativi già prodottosi) della fattispecie negoziale, la quale da

potenzialmente priva di effetti giuridici (revocabile) diverrebbe senz'altro efficace. Significherebbe,

dunque, conferire efficacia retroattiva alla novella, efficacia che va invece negata perchè priva di

sufficienti basi normative. b) Anche a voler ritenere che la novella non intacchi direttamente gli

effetti già prodottisi della fattispecie negoziale, ma ne ponga solo una nuova disciplina legale (che

integri cioè la disciplina degli effetti legali e non già negoziali dell'atto di autonomia privata),

rimarrebbe che tale disciplina, se applicata alle compravendite già concluse, finirebbe col

disciplinare diversamente fattispecie i cui effetti (di ogni tipo) si sono ormai esauriti32

.

Alla luce di queste considerazioni si preferisce, pur con i margini di dubbio che le problematiche

trattate sollevano, la lettura secondo cui la novella dell'art. 67, co. 3, l.f., non ha efficacia retroattiva

e non può ritenersi applicabile ai contratti o preliminari conclusi prima del 12 agosto 2012.

E quindi tornando al quesito sopra posto: il momento a cui bisogna far riferimento ai fini

dell'utilizzabilità della nuova esenzione è determinato dalla data di stipulazione dell'atto, in quanto

e ragionevolezza, in Rass. dir. civ., 2011, 1218).

30 Cass. 30 gennaio 1973, n. 301; Cass. 30 marzo 2000, n. 2433.

31 C.M. BIANCA, Diritto civile, vol. 1, Milano, 2002, 114.

32 Anche la giurisprudenza favorevole all'applicabilità immediata della normativa sopravvenuta ha riferito tale

principio a rapporti giuridici sorti anteriormente, ma che non abbiano esaurito i loro effetti. Cfr. Cass. 3 aprile 1987,

n. 3231, relativa ad un caso nel quale il mutamento normativo comportava l'aumento del massimale della

prestazione risarcitoria a carico dell'albergatore.

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18

si verte nell'ambito di una disciplina che agisce sugli effetti negoziali di un atto privato, e non della

modifica di un istituto che ha come presupposto l'atto di vendita33

.

Con riguardo poi alla disposizione di cui all'art. 72, comma 8, l.f., come novellata dalla legge di

conversione del decreto, secondo la quale al contratto preliminare di vendita avente ad oggetto un

immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa

dell'acquirente non si applica la regola generale (dettata dal comma 1) della sospensione

dell'esecuzione del contratto in attesa della comunicazione del curatore di subentrare in luogo del

fallito o di sciogliersi dal medesimo34

, va rilevato che essa non intacca in alcun modo gli effetti

traslativi, né fa venir meno o modifica gli effetti ancora in essere, ma semplicemente li disciplina.

In altri termini la disciplina non incide sul piano degli effetti della fattispecie costitutiva, ma incide

sulla disciplina legale del rapporto ancora in essere. Stante ciò, la disposizione, isolatamente

considerata, dovrebbe ritenersi di immediata applicazione con l'entrata in vigore dell'art. 33, co. 1,

lett. a-ter), che la detta (cioè dal 12 agosto 2012); infatti l'applicazione di tale disciplina (anche ai

preliminari di vendita precedentemente conclusi), secondo i principi enunciati, di per sé stessa non

viola il limite dell'irretroattività normativa. La nuova disciplina sarebbe quindi operante sia in

relazione ai fallimenti iniziati dopo il 12 agosto 2012 che a quelli iniziati prima ed ancora in corso

al 12 agosto, in quanto ius superveniens, il quale può esser fatto valere attraverso l'istituto eventuale

della rimessione in termini ex art. 153, co. 2, c.p.c.

Tuttavia, non si può prescindere dalla considerazione che la citata disposizione è logicamente

connessa alla nuova ipotesi di esenzione dalla revocatoria. Si tratta infatti di una ricaduta

disciplinare determinata dalla riforma dell'art. 67, co. 3, l.f.: stabilita l'esenzione per i preliminari di

vendita aventi ad oggetto un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale

dell'attività di impresa dell'acquirente, il legislatore ha novellato anche il comma 8 dell'art. 72 l.f.,

venendo meno la ragion d'essere della scelta del curatore circa l'esecuzione o meno del contratto. E,

33

Un esempio può chiarire meglio: una nuova legge che modifica le cause di risoluzione del contratto di

compravendita incide sugli effetti negoziali derivanti dal contratto non può trovare applicazione in relazione ai

contratti già stipulati alla data della sua entrata in vigore, poichè incorrerebbe in retroattività; diversamente una

nuova legge che disciplina diversamente l'istituto del diritto di proprietà, ad esempio attribuendo nuove potestà al

proprietario, se applicata a fattispecie già perfezionate non implica retroattività, in quanto si tratta della modifica di

effetti che discendono dalla legge e non di effetti negoziali che discendono dalla fattispecie. 34

L'art. 72, co. 8, l.f., «Rapporti pendenti», come sostituito dall'art. 33, co. 1, lett. a-ter), l. 7 agosto 2012, n. 134,

dispone: «Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai

sensi dell'art. 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire

l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero di un immobile ad uso

non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente»

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19

in un'ottica di coerenza e ragionevolezza del sistema, le due disposizioni, costituendo un corpus

unitario, non possono essere applicate in tempi diversi, ma devono trovare applicazione

contemporaneamente. Ne consegue che anche la nuova regola sull'esenzione dalla sospensione

dell'esecuzione va applicata solo ai preliminari di vendita stipulati dal 12 agosto 2012.

3.2. Segue. L'applicazione delle norme fiscali ai procedimenti già pendenti.

Si rendono poi necessarie ulteriori considerazioni sulle norme fiscali modificate dai commi 4 e 5

dell'art. 33, che, si è retro ricostruito, hanno applicazione dal 26 giugno 2012.

In particolare, il decreto ha sostituito il comma 4 dell'articolo 88 del testo unico delle imposte sui

redditi, prevedendo l'esclusione dalla disciplina delle sopravvenienze attive e la riduzione dei debiti

dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo, o a seguito dell'accordo di

ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis l.f., ovvero di un piano di

risanamento attestato e pubblicato nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 67, terzo comma

lettera d), l.f.

La disposizione in esame, integrando una agevolazione fiscale, sembra doversi applicare ad ogni

riduzione di debiti accordati, e per la quale si sia fiscalmente ancora in tempo il 26 giugno 2012

(anche se la riduzione sia precedente a questa data) per poter regolare fiscalmente l'operazione con

la nuova regola.

Ed analogamente riterrei ci si debba atteggiare nei confronti dell'ulteriore innovazione fiscale

introdotta nel quinto comma dell'art. 33 d.l. 83/2012, che ha modificato il comma 5 dell'articolo 101

del TUIR, secondo cui adesso le perdite sono deducibili dall'imponibile non solo nell'ipotesi in cui

il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, ma anche nel caso in cui intervenga una

ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis della legge fallimentare. In sede di

conversione, la disposizione è stata parzialmente così modificata: «ai fini del presente comma, il

debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del

fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di

ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di

ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi

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20

imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta

entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso...».

Anche in questa ipotesi, successivamente al decreto di ammissione alla procedura di concordato

preventivo, all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione e all'attestazione del piano di

risanamento, si potranno portare in deduzione le perdite, anche riferite a situazioni antecedenti al 26

giugno 2012, che sia ancora possibile fiscalmente dedurre dall'imponibile.

4. E ancora in materia fallimentare: l'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), in tema di

integrazione salariale concesso ai lavoratori delle imprese soggette a procedure concorsuali.

Evidenziate le criticità dell'art. 33 del decreto 22 giugno 2012 n. 83, va rilevato che la legge di

conversione 7 agosto 2012, n. 134, è intervenuta in materia fallimentare anche sotto il diverso, ma

connesso, profilo del trattamento straordinario di integrazione salariale ai lavoratori delle imprese

soggette a procedure concorsuali.

In sede di conversione del decreto legge è stato infatti inserito l'art. 46-bis che ha apportato

diverse modifiche alla legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato

del lavoro in una prospettiva di crescita) e, per quel che in questa sede interessa, ha modificato i

requisiti per la concessione del suddetto trattamento e sostituito il comma 70 dell'art. 2 della

menzionata legge, che aveva disposto l'abrogazione dell'art. 3 (Intervento straordinario di

integrazione salariale e procedure concorsuali), l. 23 luglio 1991, n. 223, nella sua previgente

formulazione, a decorrere dal 1° gennaio 201635

.

Ai sensi dell'articolo 46-bis, comma 1, lettera h), d.l. 83/2012, «All'articolo 3, comma 1, della

legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, le parole: qualora la continuazione

dell'attività non sia stata disposta o sia cessata sono sostituite dalle seguenti: 'quando sussistano

prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di

occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e

delle politiche sociali'. L'articolo 3 della citata legge n. 223 del 1991, come da ultimo modificato dal

35

L'art. 2, co. 70, l. 28/2012, stabiliva che: «A decorrere dal 1° gennaio 2016, l'articolo 3 della legge 23 luglio 1991,

n. 223, è abrogato».

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21

presente comma, è abrogato a decorrere dal 1º gennaio 2016»36

.

Secondo l'attuale formulazione dell'art. 3, co. 1, il trattamento di integrazione salariale per i

lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione

salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento o di emanazione del provvedimento di liquidazione

coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, può essere

concesso solo qualora sussistano prospettive di continuazione o ripresa dell'attività e di salvaguardia

dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri definiti con decreto del Ministro del

lavoro e delle politiche sociali, decreto emanato il 4 dicembre 2012 e pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale del 2 febbraio 2013, n. 28.

In particolare, l'art. 2 del citato decreto stabilisce che ai fini della concessione del trattamento

straordinario nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di

liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, si

tiene conto dei seguenti parametri oggettivi, «da indicare, anche in via alternativa, nell'istanza di

concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale: a) misure volte all'attivazione di

azioni miranti alla prosecuzione dell'attività aziendale o alla ripresa dell'attività medesima, adottate

o da adottarsi da parte del responsabile della procedura concorsuale; b) manifestazioni di interesse

da parte di terzi, anche conseguenti a proposte di cessione, anche parziale dell'azienda, ovvero a

proposte di affitto a terzi dell'azienda o di rami di essa; c) tavoli, in sede governativa o regionale,

finalizzati all'individuazione di soluzioni operative tese alla continuazione o alla ripresa dell'attività,

anche mediante la cessione, totale o parziale, ovvero l'affitto a terzi dell'azienda o di rami di essa».

Per quanto attiene alla sussistenza della salvaguardia anche parziale dei livelli di occupazione, l'art.

3 dispone che «si tiene conto anche, in aggiunta ad i parametri oggettivi di cui all'art. 2, da indicare

anche in via alternativa, dei seguenti ulteriori parametri oggettivi, da indicare, anche in via

alternativa, nell'istanza di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale: a)

piani volti al distacco dei lavoratori presso imprese terze; b) stipula di contratti a tempo determinato

36

L'art. 3, co. 1, così recita: «Il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso, con decreto del Ministro

del lavoro e della previdenza sociale, ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario

di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione

coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, quando sussistano prospettive di

continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in

base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il trattamento

straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente

nella cessione dei beni. In caso di mancata omologazione, il periodo di integrazione salariale fruito dai lavoratori

sarà detratto da quello previsto nel caso di dichiarazione di fallimento. Il trattamento viene concesso, su domanda

del curatore, del liquidatore o del commissario, per un periodo non superiore a dodici mesi».

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con datori di lavoro terzi; c) piani di ricollocazione dei soggetti interessati, programmi di

riqualificazione delle competenze, di formazione o di politiche attive in favore dei lavoratori,

predisposti da soggetti pubblici, dai Fondi di cui all'art. 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,

e dai soggetti autorizzati o accreditati, di cui al Capo I del Titolo II del decreto legislativo 10

settembre 2003, n. 276, e successive modifiche».

L'art. 4 dispone poi che: «Le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 si applicano alle istanze di

trattamento straordinario di integrazione salariale presentate successivamente alla data di

pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana»; è

ipotizzabile, pertanto, che eventuali richieste presentate prima della pubblicazione del citato decreto

saranno riproposte, onde evitare il rischio di un rigetto della richiesta37

.

Nell'ipotesi invece di imprese assoggettate a fallimento già intervenuto alla data di entrata in

vigore della novella, cioè al 12 agosto 2012, o a procedura di liquidazione coatta già iniziata a

quella data, ed ancora in corso, si pone il quesito se debba essere applicata la nuova o la vecchia

norma ai fini del riconoscimento del trattamento; dubbio derivante dall'incertezza se bisogna far

riferimento alla legge vigente al momento in cui è stato dichiarato il fallimento o è stato emanato il

provvedimento di liquidazione, ovvero alla legge vigente al momento in cui il curatore o il

liquidatore ha presentato la domanda di concessione del beneficio.

E considerando che secondo la previgente normativa il beneficio della integrazione salariale era

concepito come effetto automatico dell'assoggettamento ad una procedura fallimentare,

indipendentemente dalla sussistenza delle condizioni per la continuazione dell'attività produttiva,

direi che si verta nell'ambito dell'effetto di una situazione sorta nella vigenza della vecchia legge

che non si è ancora esaurita, e che quindi in riferimento a queste fattispecie questa debba ancora

37

Prima della individuazione dei parametri “oggettivi” sulla base dei quali il Ministero deve valutare l'ammissibilità

della concessione del trattamento, effettuata dal citato decreto attuativo, la norma verosimilmente non poteva

applicarsi. In assenza di una disposizione volta a dettare un regime transitorio da applicare nelle more

dell'emanazione del citato decreto si era dunque venuto a creare un vuoto normativo: la norma anteriore, più

favorevole per i lavoratori dipendenti di aziende oggetto di procedure concorsuali, in quanto garantiva il beneficio

anche in mancanza di prospettive di continuazione o ripresa dell'attività, a seguito dell'entrata in vigore della nuova

norma non era più applicabile; e la nuova, essendo priva di un requisito essenziale, non era ancora applicabile. Con

la diretta conseguenza, che in relazione a queste fattispecie non era possibile la collocazione in cassa integrazione

straordinaria dei lavoratori, o quantomeno non si poteva ricorrere al novellato art. 3, l. 223/91. Rimane, tuttavia, da

osservare che il decreto attuativo n. 70750 del 4 dicembre 2012, non prende in considerazione le ipotesi di

concordato con cessione dei beni, la cui attuale disciplina appare pertanto tuttora problematica. V. ad es. A. RIVA,

Questioni aperte in termini di CIGS e imprese in crisi che chiedono l'ammissione a concordato preventivo, in

www.ilfallimentarista.it, 2012, sul presupposto che l'articolo 3 della l. 223/91, come modificato dalla legge di

conversione, fa esclusivo riferimento al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, ritiene che in

ipotesi di concordato ex art. 186-bis l.f. il ricorso al trattamento di integrazione salariale possa essere attivato ai

sensi dell'art. 1 della citata legge e dei decreti attuativi, attualmente in vigore.

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trovare applicazione. Diversamente, si finirebbe con l'estendere retroattivamente l'ambito

applicativo di una legge, cui peraltro è sotteso un obiettivo contrapposto rispetto alla precedente

(ovvero la collocazione in cassa integrazione alla condizione che sia risultata possibile la

continuazione dell'attività). Efficacia retroattiva che, in deroga all'art. 11 disp. prel. c.c., potrebbe

riconoscersi ove in giudizio di bilanciamento dei valori, quello veicolato dalla nuova sia prevalente

rispetto alla tutela sociale derivante dall'applicazione della normativa previgente, più favorevole ai

lavoratori.

Ne discende che, in mancanza di una esplicita clausola di retroattività e, soprattutto, di un

interesse prevalente su quello corrispondente all'affidamento nutrito dai lavoratori a quella forma di

sostentamento al reddito, e su quello alla certezza del diritto, alle imprese sottoposte a procedure

concorsuali intervenute entro il 12 agosto 2012 si applica la vecchia legge.

5. Sulla costituzionalità delle norme introdotte attraverso l'utilizzo del decreto legge.

Ricostruita l'efficacia nel tempo delle norme introdotte dal decreto Sviluppo in materia

fallimentare, si rendono necessarie alcune riflessioni sotto il profilo della legittimità costituzionale,

in relazione all'utilizzo dello speciale strumento legislativo del decreto legge.

In un precedente scritto ho individuato alcuni parametri attraverso cui è possibile valutare la

costituzionalità dell'intervento normativo attuato, sempre in materia fallimentare, attraverso il

decreto legge; ovvero quali casi straordinari di necessità e d'urgenza giustificano l'effusione di

potere legislativo da parte del Governo38

. E aderendo ad una lettura rispettosa dell'art. 77, comma 2,

Cost., ivi ho rilevato che l'effusione del potere di decretazione d'urgenza con forza di legge da parte

del Governo è giustificato dall'accadimento di eventi imprevedibili e straordinari, che necessitano

un immediato intervento, non conseguibile attraverso l'ordinario iter legislativo parlamentare. Tale

lettura, d'altra parte, trova un inconfutabile fondamento nel sistema delle fonti normative delineato

dalla Carta costituzionale, caratterizzante il sistema parlamentare39

.

38

Cfr. F. SANTANGELI, Decretazione d'urgenza e norme processuali in materia fallimentare: considerazioni a

margine di una recente pronunzia della Corte costituzionale, in Il fallimento, n. 1/2008, 11 ss. 39

A. ROMANO, Prefazione in Il diritto pubblico italiano, Milano, 1988, LV ss. osserva che «tale articolo pare trovare

una sua immediata matrice storica, nell'esperienza degli anni precedenti; e una più che esauriente giustificazione, già

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24

Ora, nella materia de qua il riscontro dell'esistenza dei requisiti di urgenza e straordinarietà, così

intesi, idonei a giustificare il ricorso alla decretazione d'urgenza, in effetti non appare agevole,

suscitando di conseguenza forti perplessità sulla costituzionalità delle norme, introdotte in tal modo

nell'ordinamento.

Né la ragione giustificatrice, posta a base dell'intervento attraverso lo strumento del decreto

legge, desumibile dall'apodittico preambolo dello stesso, è tale da rendere plausibile l'effusione del

potere normativo del Governo: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare

disposizioni per favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività nei settori delle infrastrutture,

dell'edilizia e dei trasporti, nonché per il riordino degli incentivi per la crescita e lo sviluppo

sostenibile finalizzate ad assicurare nell'attuale situazione di crisi internazionale ed in un'ottica di

rigore finanziario ed effettivo rilancio dello sviluppo economico immediato e significativo sostegno

e rinnovato impulso al sistema produttivo del Paese, anche al fine di garantire il rispetto degli

impegni assunti in sede europea indispensabili, nell'attuale quadro di contenimento della spesa

pubblica, al conseguimento dei connessi obiettivi di stabilità e di crescita»40

.

Né d'altra parte in senso contrario depongono i lavori preparatori della legge di conversione, dai

quali non emerge nulla con riguardo all'urgenza della riforma41

.

E, laddove la carenza dei presupposti ex art. 77, secondo comma, Cost. risulti «evidente», alla

nell'esigenza di reagire ad essa (....) perché è evidente che quella più rigorosa formulazione, e in particolare la

retroazione ex tunc dell'effetto di decadenza del decreto-legge prodotto dalla sua mancata conversione, che essa

dispone, nient'altro è che il portato dei principi che l'istituzione aveva nuovamente assunto: del sistema

parlamentare, in linea generale, e, più specificamente di quel che ora è diventato il monopolio da parte del

Parlamento dell'esercizio della funzione normativa primaria, tranne i casi costituzionalmente stabiliti; da questo

punto di vista, i limiti e le garanzie disposti dall'art. 77 Cost., appaiono una mera conseguenza di quel sistema e di

quel tendenziale monopolio, né più né meno che i limiti costituzionali della delega legislativa». 40

Il Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, in occasione

dell'Audizione del 6 luglio 2012 sulle misure adottate per la crescita del Paese, rileva: «L'altra area di svantaggio

competitivo delle aziende italiane rispetto a quelle di altri Paesi riguarda il modo in cui vengono gestite le crisi

aziendali. Come sapete, oggi soltanto al momento dell'omologazione di interventi formalizzati (articoli 67 e 182-bis

della legge fallimentare) l'azienda in difficoltà può essere posta sotto difesa rispetto ai creditori. Con gli interventi

che sono stati previsti nel decreto si offre la possibilità alle aziende che stanno per entrare in difficoltà di essere

immediatamente difendibili, naturalmente sempre sotto il coordinamento del tribunale, e di poter avere credito in

prededuzione (cosa che prima non poteva accadere), nonché di potere, sempre sotto la supervisione del tribunale,

continuare a pagare i fornitori senza incorrere in difficoltà o addirittura rischiare di essere coinvolte in accuse di

bancarotte. Considerato che il numero delle aziende in difficoltà è ovviamente molto elevato, avere una specie di

Chapter 11 anche in Italia ci è sembrata un'urgenza». 41

Al contrario, durante la seduta 30 luglio 2012 (sede referente), la senatrice Bugnano si sofferma sulle misure relative

al concordato fallimentare e su quelle contenute nell'articolo 53, che si pongono a suo giudizio in contrasto con la

recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, chiedendo, unitamente al senatore De Toni, la soppressione

dell'articolo.

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stregua dei principi formulati dalla Consulta42

, le disposizioni novellate possono essere oggetto di

scrutinio di costituzionalità.

Peraltro, ad avviso della Corte costituzionale, l'intervenuta legge di conversione non ha efficacia

sanante dell'originario difetto dei requisiti di legittimità del decreto legge, ma determina la

trasformazione dello stesso in vizio in procedendo sanzionabile con declaratoria di illegittimità

costituzionale dell'atto normativo di conversione. La legge di conversione non sana infatti in ogni

caso i vizi del decreto, e le norme contenute nella legge di conversione non possono essere valutate

autonomamente dalle disposizioni del decreto rispetto alla sussistenza dei requisiti costituzionali,

poiché ciò si tradurrebbe in un'alterazione del riparto costituzionale delle competenze43

. (Tuttavia,

se la legge di conversione modifica sostanzialmente il contenuto delle disposizioni contenute nel

decreto, determinando un mutamento del contesto normativo possono incidere sullo scrutinio di

costituzionalità. Ora, nella materia de qua, il contenuto del decreto legge, è stato nel complesso

confermato dalla legge di conversione; per cui la valutazione autonoma potrà esser fatta solo per

quelle nuove disposizioni inserite con la legge di conversione, che è discutibile abbiano inciso in

modo sostanziale sul contenuto delle norme già introdotte dal decreto. Ci riferiamo alla

disposizione in materia fiscale di cui al comma 5 dell'art. 33 del d.l. 83/2012, parzialmente integrato

dalla legge di conversione44

. In questa ipotesi, riterrei allora che la lesione alle corrette dinamiche di

formazione dell'atto normativo, non integri “l'evidenza” richiesta dalla Corte Costituzionale per

42

Con la sentenza n. 23 maggio 2007, n. 171, in Foro it., 2007, I, 1985, poi ribaditi dalla sentenza 30 aprile 2008, ivi

veniva dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, commi 2 e 3, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262

(Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) e dell'art. 2, commi 105 e 106, dello stesso decreto-legge,

nel testo sostituito, in sede di conversione, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, che disponevano l'esproprio del

teatro Petruzzelli in favore del Comune di Bari. 43

Cfr. Corte cost., 23 maggio 2007, n. 171, in Foro it., 2007, I, 1985, con nota di R. ROMBOLI. La Consulta ivi rileva

che ritenere che la mancanza dei presupposti richiesti dall'art. 77, comma 2, Cost. possa essere sanata dalla legge di

conversione del decreto legge significherebbe concedere al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto

costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie. 44

La legge 7 agosto 2012 n. 134 ha così integrato il comma 5 dell'art. 33: «Ai fini del presente comma, il debitore si

considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del

provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di

concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la

procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in

ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento

del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000

euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre

2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le

altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto.

Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n.

1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre

in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi»

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26

pronunciare l'incostituzionalità della disposizione introdotta con decreto legge).

Ma se il dubbio sulla costituzionalità delle nuove disposizioni nella materia de qua, sul piano

della genesi delle stesse per mezzo di un decreto legge, vale dunque per tutte le disposizioni

contenute nell'art. 33 del decreto, vanno invece svolte delle considerazioni ulteriori ed in parte

diverse in relazione sia alle norme con applicazione differita, che a quelle introdotte in sede di

conversione.

5.1. Segue. Sulla costituzionalità delle norme inserite solo in sede di conversione del decreto

legge.

Con riferimento alle nuove disposizioni introdotte dalla legge di conversione 7 agosto 2012 n.

134, e segnatamente sulla decorrenza dei termini nel caso in cui alla domanda di concordato

preventivo segua la dichiarazione di fallimento (art. 69 bis, co. 2, l.f.), e in tema di esenzione dai

reati di bancarotta (art. 217-bis, co. 1, l.f.), vanno fatte delle considerazioni diverse in ordine alla

legittimità costituzionale: queste norme in quanto simbioticamente collegate con le nuove norme sui

concordati preventivi45

, piani di risanamento e accordi di ristrutturazione, ne seguiranno la sorte.

Diversa, invece, la valutazione da riservare alle nuove disposizioni sulle esenzioni alle

revocatorie di cui all'art. 67, co. 3, lett. c), l.f., ed alle innovazioni sui rapporti pendenti di cui all'art.

72, co. 8, l.f.: la sostanziale autonomia rispetto alle disposizioni introdotte dal decreto legge

conduce a ritenerne la piena legittimità costituzionale.

Questo, inoltre anche per una ulteriore ragione, che elimina praticamente in radice anche il più

tenue profilo d'incostituzionalità.

La Consulta, ha infatti evidenziato con la sentenza n. 171 del 23 maggio 2007 che «le

disposizioni della legge di conversione in quanto tali - nei limiti, cioè in cui non incidano in modo

sostanziale sul contenuto normativo delle disposizioni del decreto, come nel caso in esame - non

possono essere valutate, sotto il profilo della legittimità costituzionale, autonomamente da quelle

del decreto stesso. Infatti, l'immediata efficacia di questo, che lo rende idoneo a produrre

modificazioni anche irreversibili sia della realtà materiale, sia dell'ordinamento, mentre rende

45

Tanto da andare in vigore solo dall'11 settembre 2012. V. par. 2.1.

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evidente la ragione dell'inciso della norma costituzionale che attribuisce al Governo la

responsabilità dell'emanazione del decreto, condiziona nel contempo l'attività del Parlamento in

sede di conversione in modo particolare rispetto all'ordinaria attività legislativa. Il Parlamento si

trova a compiere le proprie valutazioni e a deliberare con riguardo ad una situazione modificata da

norme poste da un organo cui di regola, quale titolare del potere esecutivo, non spetta emanare

disposizioni aventi efficacia di legge».

Queste considerazioni, tuttavia, non possono applicarsi alla fattispecie ora in esame;

eccezionalmente infatti con il decreto legge comunque sono entrate immediatamente in vigore solo

alcune disposizioni, mentre la più parte andranno in vigore comunque dopo la conversione del

decreto in legge, cosa che rende il Parlamento assai meno condizionato in sede di conversione.

5.2 Segue. Sulla (in)costituzionalità delle norme con efficacia differita.

Fermo restando le osservazione già svolte sulla carenza dei presupposti di legittimità per la

decretazione d'urgenza, vanno aggiunte delle ulteriori considerazioni con specifico riferimento alle

disposizione introdotte nei primi due commi dell'art. 33 sul procedimento di concordato preventivo,

sul procedimento di omologazione degli accordi di ristrutturazione e sui piani attestati, e destinate

ad entrare in vigore solo dopo un mese dalla conversione della legge.

In relazione ad esse va detto che, in quanto volte a salvaguardare l'attività imprenditoriale, e in

grado di poter avere un impatto sullo sviluppo del Paese, l'intervento legislativo attuato mediante il

decreto legge, in astratto, potrebbe forse ritenersi giustificato dato la attuale delicata congiuntura

economica.

E tuttavia, vi è un elemento che nel caso di specie depone in senso contrario e che rende

plasticamente evidente la carenza dei requisiti fondamentali dell'urgenza e straordinarietà di tali

norme: ai sensi del comma 3 dell'art. 33 del d.l. 83/2012, confermato dalla legge di conversione 7

agosto 2012, n. 134, esse vanno in vigore non immediatamente all'emanazione del decreto legge,

ma solo mesi dopo, ovvero al trentesimo giorno successivo a quello dell'entrata in vigore della

legge di conversione.

È necessario rilevare che secondo quanto previsto dall'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto

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28

1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei

Ministri) «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve

essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo». Tale norma, come evidenziato dalla Corte

Costituzionale con la sentenza 16 febbraio 2012 n. 22, pur non avendo rango costituzionale e non

potendo quindi assurgere a parametro di legittimità costituzionale «costituisce esplicitazione della

ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero

decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi

dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del

Parlamento».

Ora, posta l'applicazione differita delle disposizioni menzionate, potrebbe invero ritenersi che

l'insussistenza di gravi ed indifferibili ragioni di urgenza e straordinarietà appaia “evidente”

(ovvero, il requisito richiesto dalla Corte Costituzionale per pronunciare l'incostituzionalità). Ciò

potrà essere dunque oggetto di sindacato da parte della Corte costituzionale, e sanzionabile con una

declaratoria di illegittimità incostituzionale.

È vero, tuttavia, che proprio questa entrata in vigore “differita”, se da un lato testimonia l'assenza

del requisito dell'urgenza e dell'indifferibilità, dall'altro rende la violazione meno “eversiva”

dell'assetto governo-parlamento, ove si consideri che nella conversione o no del decreto il

Parlamento non sarà condizionato dalla comune modifica della realtà che la normale immediata

efficacia del decreto legge comporta; in qualche modo, dunque, la sicura violazione dell'urgenza,

tale da non rendere necessaria l'immediata applicazione, agisce da “depotenziatore” della

violazione.

Effetti paradossali di un modo paradossale di legiferare, che a mio avviso sarebbe comunque

bene portare all'attenzione della Corte Costituzionale.

6. L'applicazione differita della riforma sull'appello e sul ricorso per cassazione

Il decreto Sviluppo, che, come già detto, si caratterizza per un contenuto disomogeneo, con l'art.

54 è intervenuto anche in materia di impugnazioni civili, novellando gli articoli 342, 345, 360, 383,

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29

434, 447-bis, 702-quater del codice di rito, e inserendo gli articoli 348-bis, 348-ter, 436-bis46

.

Senza voler affrontare in questa sede l'esame della nuova disciplina sul giudizio di appello e

cassazione, appare opportuno svolgere alcuni rapidi rilievi sotto il profilo dell'efficacia temporale

delle disposizioni introdotte; compito in parte abbastanza facilitato dalla disciplina transitoria

dettata dal decreto.

L'art. 54 contiene infatti due disposizioni transitorie: il comma 2, relativo all'applicazione della

nuova disciplina sul giudizio di appello, secondo cui: «Le disposizioni di cui al comma 1, (lettere

0a), a), c), c-bis), d) ed e), si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con

citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di

entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»; e il comma 3, relativo invece alla

disciplina sul ricorso per cassazione, secondo cui: «La disposizione di cui al comma 1, lettera b), si

applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della

legge di conversione del presente decreto».

Le nuove regole sull'appello civile trovano quindi applicazione per i giudizi di appello introdotti

con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dall'11 settembre

2012. Mentre il novellato art. 360 n. 5 c.p.c., secondo cui le sentenze pronunciate in grado di

appello o in unico grado, possono essere impugnate solo «Per omesso esame circa un fatto decisivo

per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», trova applicazione per le sentenze

pubblicate a decorrere dall'11 settembre 2012.

Il legislatore ha così disposto un rinvio di applicazione della riforma sulle impugnazioni civili,

analogamente a quanto previsto dalla disciplina transitoria in materia di concordato preventivo e

omologazione degli accordi di ristrutturazione (art. 33, co. 2, d.l. 83/2012).

46

Sulla riforma in materia di impugnazioni civili ex plurimis, M. DE CRISTOFARO, Appello e cassazione alla prova

dell'ennesima “riforma urgente”: quando i rimedi peggiorano il male (considerazioni di prima lettura del d.l. n.

83/2012, in www.judicium.it; M. BOVE, Giudizio di fatto e sindacato della Corte di cassazione: riflessioni sul

nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. in www.judicium.it; R. CAPONI; Contro il nuovo filtro in appello e per un filtro in

cassazione nel processo civile in www.judicium.it; ID. La riforma dei mezzi di impugnazione, in Riv. trim. dir. proc.

civ., 2012; ID. La modifica dell'art. 360 1° comma n. 5 c.p.c.; G. IMPAGNATIELLO, Crescita del paese e

funzionalità delle impugnazioni civili: note a prima lettura del d.l. 83/2012, in www.judicium.it; G.

MONTELEONE, Il processo civile in mano al governo dei tecnici, in www.judicium.it; C. CONSOLO, Lusso o

necessità nelle impugnazioni delle sentenze, in www.judicium.it; M. FORNACIARI, Ancora una riforma dell'art.

360 n. 5 c.p.c: basta, per favore, basta; in www.judicium.it; T. GALLETTO, “Doppio filtro” in appello, “doppia

conforme” e danni collaterali, in www.judicium.it; P. RUSSO, Dialoghi sulle impugnazioni al tempo della spending

review, in www.judicium.it; G. COSTANTINO, Le riforme dell'appello civile e l'introduzione del “filtro”, in

Treccani.it.; G. LUDOVICI, Prova d'appello: le ultime modifiche al codice di rito, in www.judicium.it; B.

SASSANI, La logica del giudice e la sua scomparsa in Cassazione, in www.judicium.it; G. VERDE, Diritto di difesa

e nuova disciplina delle impugnazioni, in www.judicium.it; D. GROSSI, Il diritto di difesa ed i poteri del giudice

nella riforma delle impugnazioni, in www.judicium.it.

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30

6.1. Segue. L'applicazione della nuova regola delle prove nel giudizio di appello nel

procedimento sommario di cognizione

L'art. 54 del decreto 83/2012 contiene però anche altre due disposizioni inerenti al giudizio di

appello avverso l'ordinanza conclusiva di un giudizio di primo grado che si è svolto nelle forme del

procedimento sommario di cognizione a mente degli artt. 702-bis ss. c.p.c.

Segnatamente, la lett. a), comma 1, che ha inserito l'art. 348-bis c.p.c., il quale nel disporre un

giudizio di inammissibilità per gli appelli che non abbiano ragionevole probabilità di accoglimento

ne esclude l'applicazione quando l'appello è proposto a norma dell'art. 702-quater c.p.c.47

, e il

comma 1-bis dell'art. 54, che ha novellato l'art. 702-quater c.p.c., nella parte relativa all'assunzione

di nuovi mezzi di prova nel giudizio di appello. In particolare, il comma 1-bis, ha sostituito il

termine «rilevanti» del testo anteriore48

con «indispensabili»49

.

Secondo la formulazione ritoccata dell'art. 702-quater c.p.c. «sono ammessi nuovi mezzi di

prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione». È

invece rimasta immutata la seconda parte della disposizione, secondo cui i nuovi mezzi di prova e i

nuovi documenti sono ammessi quando la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del

procedimento sommario per causa ad essa non imputabile50

.

47

L'art. 348-bis c.p.c. (Inammissibilità all'appello) così recita: «Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con

sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice

competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta. Il primo comma non si applica quando: a)

l'appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all'articolo 70, primo comma; b) l'appello è proposto a

norma dell'articolo 702-quater».

In riferimento all'esclusione del filtro di inammissibilità, l'On. Cinzia Capano relatore per la Commissione giustizia

(3 luglio 2012) osserva che “assolutamente irragionevole appare poi il regime delle eccezioni all'applicabilità del

filtro per il giudizio sommario di cognizione, se non come forma di incentivo ad un giudizio che è stato poco

utilizzato spontaneamente e che oggi a seguito della sua obbligatorietà per alcuni tipi di controversie è suscettibile di

«pesare» in modo assai rilevante sulle Corti per il carattere aperto dell'appello relativo al procedimento sommario.

Peraltro, la deroga in qualche modo ammette l'impossibilità di far vivere il sommario senza un grado di appello

pieno e ciò a dispetto della previsione del sommario in unico grado previsto dal decreto legislativo n. 150 del

2011”. 48

Il previgente testo dell'art. 702-quater c.p.c. stabiliva che «sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti

quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra...». Sui differenti requisiti di

ammissibilità di nuove prove nell'appello contro la sentenza di primo grado ordinario e in quello conseguente al

procedimento sommario, cfr. G. RAITI, La Corte d'appello nissena per una nozione rigorosa, ma certa, della

“indispensabilità” dei nova istruttori nell'appello civile ordinario, in Giur. it., 2010, 916 ss. 49

Sul requisito dell'indispensabilità, v. G. LUDOVICI, Prova d'appello: le ultime modifiche al codice di rito, cit. 50

G. COSTANTINO, Le riforme dell'appello civile e l'introduzione del “filtro”, cit., par. 3.4, osserva che alla luce

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31

La riforma si configura dunque nell'ambito del procedimento sommario in positivo e in negativo:

per un verso è stata infatti esclusa l'applicazione del filtro di inammissibilità dell'impugnazione51

,

per l'altro verso è stata abolita l'ammissibilità di nuove prove «rilevanti» in appello, con un forte

vulnus per la difesa delle parti.

Quanto a quest'ultima disposizione si pone un problema di individuazione dell'efficacia

temporale.

Posto infatti che essa entra in vigore il 12 agosto 201252

, ai fini della sua applicabilità va

verificato se in relazione ad essa opera la disciplina transitoria dettata dal legislatore in seno allo

stesso art. 54; e, in tal caso, analogamente alle modifiche introdotte sulle impugnazioni civili, la

nuova regola processuale troverebbe applicazione solo per i giudizi di appello introdotti con

ricorso53

depositato dall'11 settembre 2012. Ma, a ben vedere, la disposizione transitoria di cui al

comma 2 dell'art. 54 del decreto richiama tutte le disposizioni sul giudizio di appello introdotte dal

comma 1 (lettere 0a), a), c), c-bis), d) ed e), salvo il comma 1-bis, e la disposizione di cui al comma

3 dell'art. 54 richiama unicamente il comma 1, lett. b) che ha novellato l'art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.

Al di là della considerazione che la mancata indicazione possa attribuirsi ad una dimenticanza

del legislatore determinata dal successivo inserimento del comma 1-bis, comunque smentita dal

rinvio alle altre disposizioni pur introdotte in sede di conversione (co. 1, lett. 0a) e c bis), in carenza

di un espresso rinvio non può ritenersi applicabile la disciplina transitoria.

In carenza di una specifica disciplina transitoria relativa alla disposizione bisogna ricorrere ai

dubbi principi generali che regolano la successione nel tempo delle leggi processuali. In forza di tali

della novella la seconda parte della disposizione ha acquistato un senso che non aveva nel testo anteriore, posto che i

nuovi mezzi di prova erano comunque ammissibili purché rilevanti. 51

In senso critico, M. DE CRISTOFARO, Appello e cassazione alla prova dell'ennesima “riforma urgente”: quando i

rimedi peggiorano il male (considerazioni di prima lettura del d.l. n. 83/2012, cit., par. 8, secondo cui è

ingiustificata tale esclusione laddove il motivo di appello abbia ad oggetto questioni di diritto, “riguardo alle quali il

progetto parrebbe avallare l'idea che il sommario non offra identiche prospettive d'approfondimento rispetto al

giudizio ordinario di cognizione (...). Così com'è concepita, essa dà l'idea che il sommario non possa esistere senza

un grado di appello pieno: ma a questo punto divengono tutte incostituzionali quelle ipotesi (ben 8 su 17) in cui il

d.lgs. n. 150/2011 ha previsto il sommario in unico grado”. 52

Vedi retro, par. 2. 53

La lacunosa formulazione dell'art. 702 quater c.p.c. ha determinato una comprensibile incertezza circa la forma

dell'atto di appello. Secondo l'opinione prevalente il giudizio di appello deve essere introdotto con atto di citazione,

poiché nel silenzio della disposizione, debbono applicarsi le regole dell'appello nel processo ordinario di cognizione,

laddove compatibili e non espressamente derogate. A tale teoria si contrappone però il disposto di cui all'art. 359

c.p.c., in forza del quale il giudizio di secondo grado dovrebbe avere la stessa disciplina del giudizio di primo grado,

da ciò consegue che l'atto di appello dovrebbe rivestire la forma del ricorso, v. F. SANTANGELI, Il modello

sommario riordinato, in Riordino e semplificazione dei procedimenti civili”, (a cura di F. Santangeli), Milano, 2012,

484 ss.

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32

principi la novella è efficace fin dalla sua entrata in vigore, cioè dal 12 agosto 2012.

Ciò implica la sua applicazione ai processi sommari di primo grado instaurati a partire dal 12

agosto 2012, ma innesca il problema dell'applicabilità o meno ai processi in primo grado già

pendenti a quella data, e ai i processi in secondo grado in corso, incidendo sull'ammissione dei

mezzi di prova e, laddove già assunti, sull'utilizzo da parte del collegio dei risultati probatori.

In materia di leggi processuali, l'opinione prevalente ritiene che l'immediata applicazione dello

ius superveniens opera anche in rapporto ai processi pendenti, ma con riguardo soltanto agli atti

processuali successivi all'entrata in vigore della legge stessa, senza incidere sugli atti anteriormente

compiuti54

e sugli effetti degli stessi, che – in difetto di specifiche previsioni transitorie – restano

regolati dalla norma anteriore vigente, in forza del principio tempus regit actum55

, secondo cui

ciascun atto processuale è disciplinato dalla legge vigente nel momento in cui viene posto in

essere56

.

54

Cfr. Corte cost. 4 aprile 1990, n. 155, in Giur. cost., 1990, I, 952 ss; Corte cost., 13 marzo 2008, n. 53. 55

F. AULETTA, La (ribadita) costituzionalizzazione del principio tempus regit actum in diritto processuale, in Giust.

Civ., 2001, 21, osserva che non può escludersi che “l'effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, bene

sicuramente costituzionale, passi attraverso l'elevazione al rango più alto del principio in questione, secondo

un'accezione di accresciuta garanzia. Cioè se (e proprio in quanto) è permesso che la legge sopravvenga a regolare

un atto del processo pendente che non sia stato ancora individualmente formato al momento del jus superveniens,

non è permesso che una legge sopravvenga a regolare un atto del processo già formato al momento in cui entra in

vigore la disposizione nuova. Tanto, almeno nei casi in cui la retroattività della disciplina venga ad incidere sulla

«tutela» senza limitarsi ad alterare la mera «tecnica» del processo”; secondo l'A. (nota 17) “la valenza generale della

regola tempus regit actum non tiene immune da ipotizzabili censure neppure la legge retroattiva in melius atteso che

l'integrità della difesa della parte avversa a quella corroborata dalla disposizione sopravvenuta potrebbe subirne

attentato, minandosi la parità delle armi dei litiganti che è sicuramente valore apicale ex art. 111 cost...”; per B.

CAPPONI, Appunti sulla legge processuale civile (fonti e vicende), Torino, 1999, 84, sostiene che il principio

tempus regit actum, è suscettibile di applicazioni “dinamiche” «perché condizionano gli atti successivi del processo

in modo da poter realizzare un “prodotto” complessivamente armonico e coerente». 56

La mancanza di una regola generale in seno al codice di procedura civile sull'applicazione della legge processuale

sopravvenuta ha alimentato difformi opinioni dottrinali. Il problema, coinvolgendo la sorte degli atti compiuti prima

dell'entrata in vigore della nuova legge e della loro relazione con gli atti successivi da compiere in osservanza della

legge di nuova introduzione, non è di poco conto, e il sovvenire dei principi generali di diritto intertemporale della

legge, dettati dalle disposizioni preliminari al codice civile (artt. 11 ss.), e in particolare del principio ermeneutico

per cui la nuova legge trova applicazione solo per l'avvenire, non è sufficiente alla soluzione delle diverse questioni

che possono sorgere a seguito di riforme processuali prive di espresse disposizioni transitorie. Il processo è infatti un

flusso nel tempo di atti, per cui se l'atto lo si considera isolatamente la nuova regola processuale potrà essere

applicata solo agli atti ancora da realizzare, e ciò nel rispetto del principio di uguaglianza delle parti e degli effetti

derivanti dagli atti compiuti nel vigore della legge abrogata (opinione maggioritaria); se invece il processo si

considera come un unico complesso di atti, e il provvedimento decisorio come atto ricognitivo dei singoli atti

processuali, la nuova normativa potrà interessare solo i giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della nuova

normativa, con la conseguenza che i processi pendenti continueranno a svolgersi secondo la normativa processuale

vigente al momento dell'introduzione del giudizio (o secondo impostazione meno rigorosa la nuova legge troverà

applicazione per i futuri gradi di giudizio). L'opzione per una concezione atomistica dell'atto processuale o per una

concezione dell'atto quale parte di un insieme unico ha dunque notevoli ricadute sulla ricostruzione delle regole di

diritto intertemporale in materia processuale, conducendo a risultati diversi, implicando la prima l'immediata

incidenza delle riforme processuali sui processi pendenti; la seconda, l'applicazione ultrattiva nei processi pendenti

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33

In riferimento alle nuove norme processuale, tendenzialmente volte a rendere più efficiente il

processo, vi è una tensione all'applicazione già ai giudizi in corso, poiché un'applicazione spostata

troppo in avanti vanificherebbe il senso delle riforme processuale. Tuttavia, è vero anche che per

risolvere il problema dell'efficacia della norma sopravvenuta in relazione ai giudizi pendenti,

bisogna avere riguardo allo specifico contesto processuale, per cui il principio dell'applicazione

immediata va calibrato in ragione del principio di uguaglianza delle parti, del diritto di difesa,

nonché del legittimo affidamento delle parti, con la conseguenza che il rispetto di tali principi può

talora imporre deroghe all'applicazione immediata della nuova norma.

Nel caso di specie l'applicazione della novella, consistente in una limitazione del potere di

dedurre nuove prove in appello, rischia di pregiudicare, ad esempio, chi ha scelto questo rito

alternativo e ha svolto in primo grado l'attività istruttoria confidando sulla possibilità di una

istruzione in secondo grado, di fatto, priva di restrizioni; o chi in primo grado, facendo affidamento

sull'attività istruttoria in secondo grado, non ha richiesto l'assunzione di determinati mezzi di prova

per evitare che fosse disposta la conversione del procedimento nelle forme ordinarie, in ragione di

una istruzione non sommaria.

Ora, in una prospettiva assiologica degli interessi coinvolti non credo che l'interesse veicolato

dall'applicazione della norma sopravvenuta (verosimilmente tesa a ridurre la durata del giudizio di

appello, sottratto dalla riforma all'applicazione del “filtro” di inammissibilità) ai giudizi in corso, sia

idoneo a giustificare la lesione dell'affidamento nutrito dalle parti processuali, che si ritroverebbero

private della facoltà di dedurre nuovi mezzi istruttori in appello, e che legittimamente avevano

di norme già abrogate; su tali rilievi, v. B. CAPPONI, La legge processuale civile. Fonti interne e comunitarie

(Applicazione e vicende), Torino, 2009, 181 ss. Nell'affrontare il problema dell'efficacia delle norme processuali nel

tempo muove da un'impostazione parzialmente diversa R. CAPONI, Tempus regit processum. Un appunto

sull'efficacia delle norme processuali nel tempo, in Riv. dir. proc., 2006, 449 ss., secondo cui «Non si muove

dall'ambito di efficacia della legge per individuare i fatti che ricadono, ma al contrario ci si rappresenta dapprima la

situazione da disciplinare per cercare la regola di diritto da applicare: non l'efficacia della legge processuale nel

tempo, ma il tempo del processo e la sua disciplina. Alla stregua di questa seconda prospettiva nell'affrontare i

problemi di diritto intertemporale non conviene porsi tanto dall'angolo visuale di un'astratta distinzione tra

retroattività e irretroattività (e delle varianti cui essa ha dato luogo), quanto da quello, più concreto, degli interessi

protetti dalla norma anteriore che di volta in volta, sono toccati o lasciati intatti dalla norma posteriore»; l'A. sul

presupposto che il principio secondo cui non si cambiano le regole del processo quando è in corso «permei di sé

l'interpretazione dell'art. 11 delle Preleggi con riferimento alle leggi processuali (nonostante che la communis opinio

sia in senso opposto) se la legge non dispone che per l'avvenire, la legge processuale non dispone che per i processi

futuri (o quantomeno, non dispone che per i futuri gradi di giudizio)». Tale impostazione è criticata da B.

CAPPONI, op. ult. cit., 187 ss., secondo il quale «il canone tempus regit processum, ove riferito al processo nella

sua unità (e così nell'intero arco del passaggio dei gradi), produce l'inammissibile risultato della conservazione nel

tempo di regole che lo stesso legislatore stima inadeguate o inopportune, e garantisce una sopravvivenza o

ultrattività della vecchia disciplina che, limitando l'efficacia delle riforme, finisce per contraddire il canone della

parità di trattamento».

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34

ritenuto di non richiedere durante il primo grado di giudizio57

, nonchè la compressione diritto di

difesa da essa derivante e la violazione al principio di uguaglianza delle parti58

. In più, sul piano

sistematico la norma in effetti anticipa al primo grado una preclusione probatoria in un

procedimento caratterizzato dalla mancanza di preclusioni, scardinando di conseguenza la coerenza

del procedimento e la consequenzialità dell'attività istruttoria già svolta con quella da svolgere nel

futuro. Alla luce di tali argomenti e di coerenza del procedimento, ritengo che vada esclusa

l'applicabilità della norma sia ai giudizi di secondo grado già in corso alla data della sua entrata in

vigore che ai giudizi sommari di primo grado pendenti a quella data.

In altre parole, il principio dell'immediata applicazione dello ius superveniens, salvo contraria

disposizione, trova un limite nei diritti quesiti processuali59

, ossia negli effetti giuridici derivanti da

atti processuali compiuti nella vigenza della previgente disciplina; per cui l'effetto regolato dalla

vecchia norma non può essere travolto dall'effetto previsto dalla nuova norma, poiché ciò darebbe

luogo alla retroattività della legge. L'applicazione della novella nei giudizi di appello in corso

inciderebbe sugli effetti che, secondo il principio tempus regit actum, devono restare sottoposti alla

vecchia norma. E in quest'ottica il potere di dedurre nova rilevanti in sede di gravame potrebbe

forse considerarsi un diritto quesito, cioè un effetto giuridico scaturente dalla scelta del ricorrente di

57

Il principio della tutela del legittimo affidamento sorto nelle parti in ordine agli effetti derivanti da un atto compiuto

in osservanza della legge processuale vigente in quel momento è stato più volte affermato dalla giurisprudenza di

legittimità, cfr. Corte cost. 4 aprile 1990, n. 155, cit.; Corte cost. 23 novembre 1994, n. 397, in Foro it., 1995, I,

1439; Corte cost. 16 aprile 1998, n. 111, in Foro it., 1998, I, 1725; Corte cost. 22 novembre 2000, n. 525, con nota di

F. AULETTA, La (ribadita) costituzionalizzazione del principio tempus regit actum in diritto processuale, cit., 17

ss. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, sulla scorta delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo

e facendo riferimento al giusto processo ex art. 111 cost., che impone di “non cambiare le regole quando una partita

è in corso”, ha esteso tale principio anche ai precedenti giudiziari consolidati, sui cui i partecipanti di giudizi in

corso hanno fatto legittimo affidamento, cfr. F. SANTANGELI, La tutela del legittimo affidamento sulle posizioni

giurisprudenziali, tra la cristallizzazione delle decisioni e l’istituto del prospective overruling, con particolare

riguardo al precedente in materia processuale, cit. 58

Secondo FAZZALARI, Efficacia della legge processuale nel tempo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 893, il

principio di uguaglianza vieta l'applicazione immediata della nuova legge tutte le volte che imponga al titolare del

rapporto insorto sotto la vecchia legge una situazione deteriore rispetto a quella del titolare del rapporto che

sopravvenga alla nuova, e al riguardo osserva che se “la nuova legge abolisca l'ammissibilità di nuove prove in

grado di appello essa non può applicarsi all'appello in corso, in quanto pregiudica la parte che non abbia assolto

l'onus probandi in primo grado confidando nella possibilità di farlo in sede di gravame: pregiudizio che, invece, non

si configura per la parte di un processo che sopravvenga alla nuova legge, o che, all'entrata in vigore di essa, sia

ancora pendente in primo grado”. 59

Cfr. B. CAPPONI, L'applicazione nel tempo del diritto processuale civile, cit., 447, 462, il quale osserva che

“Compiuto cioè un atto processuale in osservanza dei precetti vigenti sotto il regime della legge anteriore, la parte

consegue un diritto che non può essere modificato o eliminato, ne consegue che la conservazione dell'efficacia degli

atti e dei fatti compiuti, nonchè dei loro effetti; gli atti invece non ancora compiuti al momento dell'entrata in vigore

della nuova legge, e che non si collegano come effetti ad altri anteriori, devono essere assoggettati alla nuova legge

processuale”.

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35

un modello processuale facoltativo, con la conseguenza che la nuova norma non può travolgere il

vantaggio già sorto appunto dalla scelta di questo rito60

.

La soluzione al problema dell'efficacia della norma sui giudizi pendenti è conforme se si presta

adesione a quell'orientamento dottrinale secondo cui il procedimento sommario di cognizione è un

procedimento in unico grado, nell'ambito del quale è prevista una fase sommaria innanzi al

tribunale e una fase a cognizione piena innanzi alla corte di appello61

. Alla stregua di questa tesi, la

novella non andrebbe applicata ai giudizi di primo grado pendenti alla data del 12 agosto 2012, e

troverebbe applicazione solo per i procedimenti sommari di primo grado instaurati a partire dalla

data di entrata in vigore della nuova regola processuale.

6.2. Segue. Sulla costituzionalità delle norme sulle impugnazioni civili ad efficacia differita.

Le considerazioni retro svolte circa il ricorso alla decretazione d'urgenza e i conseguenti dubbi

sulla costituzionalità delle disposizioni sotto il profilo dei requisiti dell'urgenza e della

straordinarietà62

, in parte si attagliano anche alle disposizioni introdotte in materia di impugnazioni

civili.

Salvo il comma 1-bis dell'art. 54 del decreto, che trova immediata applicazione e che semmai

potrebbe porre dubbi di legittimità costituzionale sotto un diverso profilo63

, anche in materia di

impugnazioni civili l'applicazione delle nuove regole differita al trentesimo giorno successivo alla

60

Cass. civ. sez. III, 12 maggio 2000, n. 6099, afferma che “Un generale principio di "affidamento" legislativo

(desumibile dall'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), che in via generale preclude la possibilità di

ritenere che gli effetti dell'atto processuale già formato al momento dell'entrata in vigore della nuova disposizione

siano da questa regolati, quantomeno "nei casi in cui la retroattività della disciplina verrebbe a comprimere la tutela,

senza limitarsi ad alterare la mera tecnica del processo”, con nota di M. GATTI, Riflessioni in merito a retroattività

della legge processuale civile ed atti già perfetti nella vigenza della normativa anteriore: principio del «triplo

binario»?, in Giust. Civ. , 2001, 1929 ss. 61

Così G. CONSTANTINO, Le riforme dell'appello civile e l'introduzione del “filtro”, cit., secondo cui “questa fase è

introdotta da un atto che impropriamente è definito «appello», ma si tratta di un rimedio analogo alla opposizione al

decreto ingiuntivo ex art. 633 ss. c.p.c. o al decreto di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 l. 20

maggio 1970, n. 300, proponibile in questo caso ad un organo giudiziario diverso”. 62

V. par. 4.1. 63

Per G. COSTANTINO, op. cit., par. 3.5, il nuovo limite dell'attività istruttoria nell'ambito del procedimento

sommario davanti alla corte di appello, che consiste nell'anticipare davanti al tribunale l'operatività delle preclusioni

istruttorie, suscita dubbi di costituzionalità in un contesto ove la valutazione compiuta dal giudice di primo grado in

merito alle richieste istruttorie non è assistita da regole predeterminate, ma costituisce una mera valutazione di

“opportunità”.

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entrata in vigore della legge di conversione rappresenta un indice palese della carenza dei requisiti

richiesti dall'art. 77, secondo comma, Cost.; carenza registrata anche in sede dei lavori parlamentari

di approvazione della legge di conversione64

.

Nell'ottica del legislatore il legame tra processo e sviluppo, che legittima il ricorso allo strumento

del decreto legge, è dato dal fatto che il sistema delle impugnazioni costituisce un freno agli

investimenti nel nostro Paese65

; argomentazione che però appare molto tenue e non in grado di

giustificare l'utilizzo del decreto legge in quest'ambito normativo66

. E se poi le modifiche sono

64

Seduta del 3 luglio 2012, esame disegno di legge A.C. 5312 di conversione in legge del decreto-legge 22 giugno

2012, n. 83, Questione pregiudiziale Dozzo ed altri n. 1-01074: “dubbia è poi l'opportunità di inserire in un

decreto-legge, che ha come obiettivo la crescita e lo sviluppo del sistema economico, norme che vanno a modificare

il sistema della giustizia civile (articoli 54, 55 e 56), estranee per materia e che non rivestono quel carattere di

straordinaria urgenza che giustifica l'utilizzo dello strumento del decreto-legge, realizzando piuttosto delle

«miniriforme» asistematiche e settoriali, incidenti sul processo civile e sulla legge fallimentare; il decreto-legge in

esame, con le modifiche sostanziali recate al codice e al processo civile, conferma di considerare le riforme sulla

giustizia in un'ottica meramente economicistica, dimenticando che la giustizia rappresenta un diritto primario del

cittadino e che dovere imprescindibile di qualsiasi Stato democratico dovrebbe essere quello di investire ulteriori

risorse sulla giustizia, per ottenere una ricaduta positiva anche in campo economico e non già di effettuare risparmi,

veri o presunti; in tema di processo civile (articolo 54) sussistono diversi dubbi di costituzionalità sulla norma

introdotta in materia di inammissibilità dell'appello. Infatti, si elimina in generale il doppio grado di giudizio nel

settore civile, attraverso un giudizio prognostico di inammissibilità dell'appello ancorato ad una ragionevole

probabilità, non meglio specificata, di non essere accolto. In tal senso si rileva come, seppur non vi è un principio di

costituzionalizzazione del doppio grado di giudizio, è pur vero, come è rinvenibile dalle motivazioni della sentenza

della Corte costituzionale n. 53 del 2008, che al fine di escludere i sospetti di non conformità con i principi degli

articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, il bilanciamento degli interessi costituzionali risulta «ancorato»

necessariamente al riscontro di ulteriori elementi, come la correlazione con la scarsa consistenza economica della

controversia e con la sua decisione secondo equità. Solo in tal modo l'inappellabilità non si espone a sospetti di

violazione delle invocate norme costituzionali, tenendo conto che il parametro del valore rende giustificata e

ragionevole l'opzione di accelerare il procedimento (negando il rimedio dell'appello), sulla scorta di un

apprezzamento di prevalenza dell'interesse (individuale e generale) ad una sollecita definizione della causa e che,

inoltre, la tutela del diritto di difesa va coordinata con l'esigenza, di pari livello costituzionale, di disciplinare i modi

ed i limiti del suo esercizio in concreto, al fine di assicurare la conclusione della lite entro un congruo termine...”. 65

Nella relazione illustrativa del decreto si legge che anche le disposizioni contenute nell'art. 54 del D.L. n. 83

sarebbero volte “a migliorare l'efficienza delle impugnazioni sia di merito che di legittimità, che allo stato violano

pressoché sistematicamente i tempi di ragionevole durata del processo, causando la maggioranza dei conseguenti

indennizzi disciplinati dalla legge n. 89 del 2001, con conseguente incidenza diretta sulla finanza pubblica. Anche le

organizzazioni nazionali e internazionali degli investitori, come desumibile dagli indici doing business della Banca

mondiale, indicano nel sistema delle impugnazioni l'elemento di maggiore inefficienza della giustizia civile italiana

e uno dei maggiori disincentivi allo sviluppo degli investimenti nel nostro Paese. Nella relazione del Governatore

della Banca d'Italia del 31 maggio 2011 si stima in un punto percentuale la «perdita annua di prodotto» attribuibile

all'inefficienza di questo sistema di gestione del contenzioso”. 66

L'On. Capano, relatore per la Commissione giustizia (3 luglio 2012), nell'esprimere a titolo personale alcune

considerazioni sulla congruità degli interventi in tema di giustizia civile, rispetto agli obiettivi di crescita e sviluppo

del provvedimento, osserva: “Ciò che invece non consente, a suo giudizio, una valutazione positiva è l'istituzione

del filtro in appello sia relativamente alla congruità con gli obiettivi della crescita e dello sviluppo sia riguardo al

merito delle rispettive disposizioni. Relativamente al primo aspetto ritiene che non sia condivisibile la scelta di

inserire una modifica del genere in un decreto legge, non solo perché gli effetti sono spostati nel tempo sì da essere

ontologicamente incompatibili con la struttura del decreto legge, ma anche perché il tema avrebbe imposto una

completa riflessione sul sistema delle impugnazioni che andava affrontata con un ampio e sereno dibattito

parlamentare. Infine, riguardando gli interventi l'appello e la Cassazione, e non il primo grado, non sono interventi

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dettate dall'esigenza di rendere l'appello più funzionale e di assicurarne la ragionevole durata, è

difficile coglierne il senso quando l'applicazione, così spostata nel futuro, potrà dare i suoi frutti, e

se li darà, solo fra diversi anni67

. Ma soprattutto, si ribadiscono le considerazioni già svolte in

relazione alla riforma fallimentare68

tese a dimostrare come l'applicazione differita implichi

l'«evidente» difetto delle gravi ed indifferibili ragioni di urgenza e straordinarietà che possono

legittimare l'effusione di potere legislativo da parte del Governo69

; difetto sindacabile dalla Corte

costituzionale e sanzionabile con una declaratoria di incostituzionalità delle disposizioni introdotte

sulle impugnazioni civili attraverso il decreto legge 83/2012.

A ciò si aggiunga, che se in materia di procedimenti di composizione delle crisi d'impresa

potrebbe anche risultare utile in questo momento l'intervento tramite decreto legge, in tema di

giudizio di appello e cassazione appare sicuramente meno forte l'esigenza di una modifica

immediata attraverso il ricorso alla decretazione di urgenza.

di immediato e particolare interesse per il mondo delle imprese. Le imprese infatti sono più interessate alla celere

definizione del primo grado o della fase monitoria, al fine di ottenere un titolo esecutivo che tuteli il suo diritto, che

non alla celerità dell'appello che deve invece essere improntato alla certezza dei rapporti giuridici come cifra

costitutiva dello Stato di diritto. Osserva quindi come il provvedimento sembri accedere, senza esplicitamente

nominarla, ad una idea di sommarizzazione del processo d'appello e finanche dell'accertamento della fondatezza

dell'atto di impugnazione. In realtà, il meccanismo del filtro affida ad un giudice la valutazione della fondatezza

dell'appello e una simile valutazione non può mai essere sommaria: per ciò stesso non libera affatto il tempo dei

giudici, ma rischia di impiegare il doppio delle risorse. Rileva come troppo spesso in questi ultimi anni si siano avuti

interventi frammentari sul processo civile che hanno avuto come conseguenza di essere rapidamente eliminati,

portando a effetti destabilizzanti sul sistema della tutela processuale dei diritti....Una situazione paradossale che

dovrebbe suggerire maggiore prudenza sia nell'attuazione del «tribunale delle imprese», di cui si temono gli effetti

paralizzanti sugli uffici giudiziari interessati, che nei confronti dell'articolo 348-bis del codice di procedura civile,

contenuto nel decreto legge sviluppo. Sottolinea come si tratti di innovazioni che dovrebbero essere assistite da

ragionevolezza e prudenza piuttosto che dai criteri di necessità ed urgenza propri del decreto legge, criteri in realtà

smentiti dalla stessa formulazione dell'articolo 54 che differisce l'entrata in vigore al trentesimo giorno successivo

all'entrata in vigore della legge di conversione”. 67

Nel parere approvato dalla Commissione giustizia si legge: “sarebbe pertanto auspicabile affrontare in un separato

provvedimento contestualmente il «filtro» e lo smaltimento dell'arretrato con misure organizzative idonee, anche per

l'assoluta inidoneità del provvedimento ad incidere sull'arretrato che affligge le Corti d'appello, considerato che si è

prevista la sua entrata in vigore per i giudizi instaurati successivamente alla legge di conversione e che in questa

situazione la limitazione del filtro agli appelli «che non avrebbero ragionevoli possibilità di essere accolti», rinvia

sine die la decisione degli appelli fondati e, quindi la sopravvivenza delle sentenze di primo grado ingiuste e

provvisoriamente esecutive”. 68

V. retro, par. 6. 69

Cfr. G. COSTANTINO, op. cit., par. 3.5, il quale osserva che per espressa previsione normativa le disposizioni sulla

riforma delle impugnazioni civili sono prive dei requisiti di necessità e urgenza.