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Famiglia e diritto 2/2013 194 Osservatorio di diritto internazionale privato e comunitario a cura di Elena Falletti V ALUTAZIONE DEL MARGINE DI APPREZZAMENTO, DIRITTO DI PARTORIRE IN ANONIMATO E DIRITTO DI ACCEDERE ALLE INFORMAZIONI SULLE PROPRIE ORIGINI Corte Europea dei diritti umani 25 settembre 2012, Go- delli contro Italia, ricorso n. 33783/09, Pres. Tulkens La preferenza incondizionata al diritto all’anonimato del- la madre partoriente rispetto al diritto del figlio a cono- scere le proprie origini viola il diritto alla vita privata tu- telato ex art. 8 CEDU. Il fatto La ricorrente nasce a Trieste il 28 marzo 1943 e dal suo cer- tificato di nascita risulta che la madre biologica rifiutava di es- sere identificata, pertanto la bambina venne prima allocata in un orfanotrofio e successivamente all’età di sei anni, affiliata presso una famiglia, secondo la legge allora vigente. Duran- te la sua difficile infanzia la ricorrente più volte chiese alla sua famiglia notizie sulle sue origini, ma non le venne mai fornita alcuna risposta, nel frattempo scopriva che nel suo stesso paese viveva un’altra bambina abbandonata nata nello stes- so giorno, ma le rispettive famiglie impedirono i contatti tra loro. Anche in età adulta la ricorrente si rivolse alle autorità amministrative e giudiziarie per poter consultare la docu- mentazione relativa alla sua nascita e alle sue origini, ma vi- de respinta la sua richiesta in quanto, conformemente all’ar- ticolo 28, comma 7 della legge n. 184/1983, l’accesso alle in- formazioni sulle sue origini non le era consentito perché la madre, al momento della sua nascita, aveva dichiarato di non volere divulgare la sua identità. La decisione Nella motivazione la Corte ricostruisce nel dettaglio il pano- rama comparatistico in materia di anonimato del parto nei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa. Per quanto concerne lo specifico caso, i giudici di Strasburgo rilevano che la questio- ne sollevata dalla signora non riguarda la violazione dell’art. 8 CEDU in punto tutela della vita famigliare, piuttosto quello della vita privata, affermando che l’art. 8 tutela l’esigenza di conoscere i dettagli relativi alla propria identità di essere umano nonché “l’interesse vitale, tutelato dalla Convenzio- ne” a ottenere delle informazioni necessarie alla scoperta della verità riguardante un aspetto importante dell’identità personale come l’identità dei propri genitori. A questo propo- sito viene osservato che le circostanze della nascita rientra- no nell’ambito della vita privata del bambino e, poi, dell’adul- to, inoltre, la Corte osserva che l’espressione “ogni perso- na” contenuta nell’art. 8. CEDU si applica sia al figlio sia alla madre, infatti non si può negare l’interesse di una donna a conservare l’anonimato per tutelare la propria salute parto- rendo in condizioni sanitarie adeguate. A questo punto la Corte procede alla valutazione del margine di apprezzamento attuato dalla normativa italiana in materia, comparando il ca- so in esame con il precedente “Odièvre”. Nello specifico, al contrario che nel caso Odièvre, la ricorrente non ha avuto ac- cesso a nessuna informazione sulla madre e la famiglia bio- logica che le permettesse di stabilire alcune radici della sua storia nel rispetto della tutela degli interessi dei terzi. Senza un bilanciamento dei diritti e degli interessi presenti e senza alcuna possibilità di ricorso, la ricorrente si è vista opporre un rifiuto assoluto e definitivo di accedere alle proprie origini personali. Sul punto, la Corte afferma che “(S)e è vero che la ricorrente, oggi sessantanovenne, è riuscita a costruire la propria personalità anche in assenza di informazioni relative all’identità della madre biologica, si deve ammettere che l’in- teresse che può avere un individuo a conoscere la sua ascendenza non viene meno con l’età, anzi avviene il contra- rio. La ricorrente ha del resto dimostrato un interesse auten- tico a conoscere l’identità della madre, poiché ha tentato di acquisire una certezza al riguardo. Un tale comportamento presuppone delle sofferenze morali e psichiche, anche se queste non vengono accertate da un punto di vista sanita- rio”. La Corte statuisce che la normativa italiana non tenta di man- tenere alcun equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrenti in causa. In assenza di meccanismi destinati a bilanciare il dirit- to della ricorrente a conoscere le proprie origini con i diritti e gli interessi della madre a mantenere l’anonimato, viene ine- vitabilmente data una preferenza incondizionata a questi ulti- mi, non dando alcuna possibilità al figlio adottivo e non rico- nosciuto di accedere a informazioni non identificative sulle sue origini o la reversibilità del segreto. In queste condizioni, la Corte ritiene che l’Italia non abbia cercato di stabilire un equilibrio e una proporzionalità tra gli interessi delle parti in causa e abbia dunque oltrepassato il margine di discreziona- lità che le è stato accordato. TRATTAMENTO CARCERARIO DISUMANO E DEGRADANTE E DISCRIMINAZIONE PER OMOFOBIA Corte Europea dei diritti umani 9 ottobre 2012, X Contro Turchia, ricorso n. 24626/09, Pres. Tulkens L’isolamento carcerario non è assimilabile alla garanzia di tutela dell’incolumità del detenuto omosessuale, anzi GIURISPRUDENZA Panorama sovrannazionale Sintesi

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Rassegna di giurisprudenza UE e comparata in materia di diritto di famiglia

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Famiglia e diritto 2/2013194

Osservatorio di dirittointernazionale privatoe comunitarioa cura di Elena Falletti

VALUTAZIONE DEL MARGINE DI APPREZZAMENTO, DIRITTO

DI PARTORIRE IN ANONIMATO E DIRITTO DI ACCEDERE

ALLE INFORMAZIONI SULLE PROPRIE ORIGINI

Corte Europea dei diritti umani 25 settembre 2012, Go-delli contro Italia, ricorso n. 33783/09, Pres. Tulkens

La preferenza incondizionata al diritto all’anonimato del-la madre partoriente rispetto al diritto del figlio a cono-scere le proprie origini viola il diritto alla vita privata tu-telato ex art. 8 CEDU.

Il fattoLa ricorrente nasce a Trieste il 28 marzo 1943 e dal suo cer-tificato di nascita risulta che la madre biologica rifiutava di es-sere identificata, pertanto la bambina venne prima allocata inun orfanotrofio e successivamente all’età di sei anni, affiliatapresso una famiglia, secondo la legge allora vigente. Duran-te la sua difficile infanzia la ricorrente più volte chiese alla suafamiglia notizie sulle sue origini, ma non le venne mai fornitaalcuna risposta, nel frattempo scopriva che nel suo stessopaese viveva un’altra bambina abbandonata nata nello stes-so giorno, ma le rispettive famiglie impedirono i contatti traloro. Anche in età adulta la ricorrente si rivolse alle autoritàamministrative e giudiziarie per poter consultare la docu-mentazione relativa alla sua nascita e alle sue origini, ma vi-de respinta la sua richiesta in quanto, conformemente all’ar-ticolo 28, comma 7 della legge n. 184/1983, l’accesso alle in-formazioni sulle sue origini non le era consentito perché lamadre, al momento della sua nascita, aveva dichiarato di nonvolere divulgare la sua identità.

La decisioneNella motivazione la Corte ricostruisce nel dettaglio il pano-rama comparatistico in materia di anonimato del parto neiPaesi aderenti al Consiglio d’Europa. Per quanto concerne lospecifico caso, i giudici di Strasburgo rilevano che la questio-ne sollevata dalla signora non riguarda la violazione dell’art. 8CEDU in punto tutela della vita famigliare, piuttosto quellodella vita privata, affermando che l’art. 8 tutela l’esigenza diconoscere i dettagli relativi alla propria identità di essereumano nonché “l’interesse vitale, tutelato dalla Convenzio-ne” a ottenere delle informazioni necessarie alla scopertadella verità riguardante un aspetto importante dell’identitàpersonale come l’identità dei propri genitori. A questo propo-sito viene osservato che le circostanze della nascita rientra-

no nell’ambito della vita privata del bambino e, poi, dell’adul-to, inoltre, la Corte osserva che l’espressione “ogni perso-na” contenuta nell’art. 8. CEDU si applica sia al figlio sia allamadre, infatti non si può negare l’interesse di una donna aconservare l’anonimato per tutelare la propria salute parto-rendo in condizioni sanitarie adeguate. A questo punto laCorte procede alla valutazione del margine di apprezzamentoattuato dalla normativa italiana in materia, comparando il ca-so in esame con il precedente “Odièvre”. Nello specifico, alcontrario che nel caso Odièvre, la ricorrente non ha avuto ac-cesso a nessuna informazione sulla madre e la famiglia bio-logica che le permettesse di stabilire alcune radici della suastoria nel rispetto della tutela degli interessi dei terzi. Senzaun bilanciamento dei diritti e degli interessi presenti e senzaalcuna possibilità di ricorso, la ricorrente si è vista opporre unrifiuto assoluto e definitivo di accedere alle proprie originipersonali. Sul punto, la Corte afferma che “(S)e è vero che laricorrente, oggi sessantanovenne, è riuscita a costruire lapropria personalità anche in assenza di informazioni relativeall’identità della madre biologica, si deve ammettere che l’in-teresse che può avere un individuo a conoscere la suaascendenza non viene meno con l’età, anzi avviene il contra-rio. La ricorrente ha del resto dimostrato un interesse auten-tico a conoscere l’identità della madre, poiché ha tentato diacquisire una certezza al riguardo. Un tale comportamentopresuppone delle sofferenze morali e psichiche, anche sequeste non vengono accertate da un punto di vista sanita-rio”. La Corte statuisce che la normativa italiana non tenta di man-tenere alcun equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrenti incausa. In assenza di meccanismi destinati a bilanciare il dirit-to della ricorrente a conoscere le proprie origini con i diritti egli interessi della madre a mantenere l’anonimato, viene ine-vitabilmente data una preferenza incondizionata a questi ulti-mi, non dando alcuna possibilità al figlio adottivo e non rico-nosciuto di accedere a informazioni non identificative sullesue origini o la reversibilità del segreto. In queste condizioni,la Corte ritiene che l’Italia non abbia cercato di stabilire unequilibrio e una proporzionalità tra gli interessi delle parti incausa e abbia dunque oltrepassato il margine di discreziona-lità che le è stato accordato.

TRATTAMENTO CARCERARIO DISUMANO

E DEGRADANTE E DISCRIMINAZIONE PER OMOFOBIA

Corte Europea dei diritti umani 9 ottobre 2012, X ControTurchia, ricorso n. 24626/09, Pres. Tulkens

L’isolamento carcerario non è assimilabile alla garanziadi tutela dell’incolumità del detenuto omosessuale, anzi

GIURISPRUDENZA

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costituisce trattamento umano e degradante ex art. 3CEDU poiché previsto per pena più grave e, in quanto in-giustificato, provoca lesioni fisiche e psichiche alla per-sona che vi è sottoposta

Il fattoIl ricorrente è un cittadino turco condannato a dieci anni dicarcere per falsificazione di atti pubblici, frode, abuso di car-te di credito e false dichiarazioni. Nonostante avesse manife-stato il suo orientamento omosessuale il condannato venneridotto in una cella insieme ad altri detenuti eterosessuali chelo molestavano. Attraverso l’intervento del difensore il dete-nuto venne trasferito in una cella singola, tuttavia minuscola(misurava 7 metri quadri) e dalle condizioni igieniche disa-strose altresì gli venne tolta la possibilità di uscire, motivan-do questo provvedimento con la protezione della sua incolu-mità personale. Secondo il ricorrente il trattamento che l’am-ministrazione penitenziaria gli stava riservando sarebbe do-vuto essere inflitto ai soli condannati all’ergastolo, mentreera del tutto privo di giustificazione nel suo caso, inoltre la-mentava l’insorgere di disturbi psichici a causa delle condi-zioni di detenzione. Sempre attraverso il suo avvocato, il de-tenuto instava al giudice dell’esecuzione la fine dell’isola-mento e la garanzia della parità di trattamento delle condizio-ni carcerarie con gli altri detenuti. Tuttavia il giudice adito ri-gettava l’istanza poiché la pena a cui il detenuto era statocondannato ancora non era divenuta definitiva, pertantol’amministrazione penitanziaria poteva eseguire la misuracarceraria nei modi e nelle forme valutati più idonei ed op-portuni. A causa del peggioramento delle condizioni di salutepsichica il detenuto veniva temporaneamente trasferito in unospedale psichiatrico giudiziario, mentre successivamente ilricorrente veniva ricollocato in una nuova struttura carcerariapresso la quale egli godeva di un netto miglioramento dellecondizioni di detenzione, senza riuscire tuttavia a liberarsidelle turbe psichiche che lo affliggevano dal periodo di car-cerazione precedente il ricovero.A seguito di ciò il ricorrente ha adito la Corte di Strasburgochiedendo la condanna dello Stato turco per violazione degliartt. 3 e 14 CEDU per aver subito trattamenti disumani e de-gradanti relativi al trattamenti omofobi e discriminatori subitiin carcere.

La decisioneNel caso in esame la Corte europea dei diritti umani ha evi-denziato che l’isolamento cui è stato sottoposto il ricorrenteè stato più severo di quanto previsto per casi analoghi in Tur-chia, in quanto gli è stato imposto il trattamento riservato aicondannati per ergastolo aggravato. A questo proposito laCorte argomenta che il divieto assoluto di accesso all’ester-no, durato per tutta la detenzione del ricorrente in isolamen-to, in combinazione con l’impossibilità di contattare altri pri-gionieri, illustra le eccezionali le condizioni di detenzione delricorrente. Ulteriormente, al fine di valutare se una misurarientra nell’ambito isolamento dell’articolo 3 della Convenzio-ne, è necessario tener conto delle condizioni specifiche, la ri-gorosità della misura, la sua durata, l’obiettivo perseguito esuoi effetti sulla persona interessata. Seppure la Corte pren-da atto che l’amministrazione penitenziaria si sia preoccupa-ta dell’incolumità del ricorrente, considerato che questi ave-va denunciato le vessazioni subite, tali preoccupazioni nonsono sufficienti per giustificare un provvedimento di esclu-sione totale del ricorrente dalla comunità della prigione. Inol-tre, la Corte rileva che il governo non è in grado di spiegareperché il ricorrente non ha avuto la possibilità di fare regola-

re esercizio fisico all’aria aperta o non è stato permesso diessere insieme ad altri prigionieri. Infatti, i tentativi del dete-nuto di godere di condizioni carcerarie adeguate sono staterespinte senza esame nel merito poiché il giudice dell’ese-cuzione si è limitato ad affermare il potere discrezionale del-l’amministrazione penitenziaria. Senza dubbio, tale situazio-ne ha prodotto effetti particolarmente gravi poiché l’isola-mento irrogato senza giustificazione ha integrato non soltan-to una lesione dei diritti del detenuto, ma ha negativamentecolpito la sua salute psichica. Pertanto al ricorrente è statonegato l’accesso a un ricorso effettivo rispetto alla sua do-glianza relativa alle condizioni della detenzione cui era sotto-posto, svoltasi in condizioni indecenti e non dignitose. Inol-tre, la Corte ritiene che nel caso di specie, le condizioni de-tenzione del ricorrente in isolamento erano idonee ad indurlosofferenza mentale e fisica, nonché un sentimento di pro-fonda lesione alla sua dignità. Queste condizioni, aggravatedalla mancanza di un ricorso effettivo, quindi essere analizza-ti in un trattamento “inumano e degradante”, in violazionedell’articolo 3 della Convenzione. Infine la Corte afferma chel’orientamento sessuale del ricorrente costituiva la ragioneprincipale per l’adozione di questa misura della misura del-l’isolamento, che irrogata al di fuori dei casi previsti dalla leg-ge turca, consente alla Corte di concludere che il ricorrenteha subito una discriminazione fondata sull’orientamento ses-suale. Di conseguenza, la Corte stabilisce che in questo ca-so, la Corte conclude che vi è stata in violazione dell’articolo14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 3.

NON HA DIRITTO ALLA CARTA DI SOGGIORNO

PER MOTIVI FAMILIARI IL PADRE AFFIDATARIO

SEPARATO DALLA MOGLIE E DALLA FIGLIA RESIDENTI

IN STATO MEMBRO DIVERSO

Corte di giustizia dell’Unione Europea 8 novembre 2012,C-40/11, Yoshikazu Iida contro Stadt Ulm, Pres. e rel. Sil-va de Lapuerta

Per integrare la condizione di “familiare” di cittadino UE,e quindi accedere alla concessione della carta di sog-giorno, è necessario dimorare nel medesimo Statomembro ove soggiornano i membri della famiglia citta-dini comunitari.

Il fattoI fatti di causa riguardano il signor Yoshikazu Iida, cittadinogiapponese che ha sposato una cittadina tedesca e insiemehanno concepito una bambina nata negli Stati Uniti. La mino-re possiede tutti e tre i passaporti. Successivamente alla na-scita, la famiglia si trasferì dagli USA in Germania dove il si-gnor Iida ha ottenuto un permesso di soggiorno poiché co-niuge di un cittadino dell’Unione e ha lavorato con un con-tratto a tempo indeterminato. A seguito dell’incrinarsi deirapporti coniugali, la moglie si è trasferita in Austria con la fi-glia. La donna ha un lavoro a tempo pieno e indeterminato.Seppure separati i coniugi hanno ottenuto l’affidamento con-giunto della bambina. Tuttavia, dopo la separazione la Ger-mania ha revocato il permesso di residenza di Iida, che peròpoteva permanere legittimamente sul territorio tedesco gra-zie a un permesso di lavoro soggetto a rinnovo discrezionale.Ciò nonostante il ricorrente ha instato per ottenere una cartadi soggiorno in quanto familiare di un cittadino dell’Unionepoiché padre di una cittadina dell’Unione. A questo proposi-to, il Verwaltungsgerichtshof della città di Ulm ha sottoposto

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alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:“Se dal diritto dell’Unione europea sia desumibile a favore diun genitore cittadino di uno Stato terzo titolare della potestàgenitoriale, al fine di mantenere relazioni personali regolari econtatti genitoriali diretti, un diritto di rimanere nel territoriodello Stato membro d’origine del figlio, cittadino dell’Unione,diritto che deve essere documentato con una “carta di sog-giorno di familiare di un cittadino dell’Unione”, qualora il fi-glio, nell’esercizio del proprio diritto alla libera circolazione, sitrasferisca da tale Stato in un altro Stato membro».A questo proposito si rileva che la questione pregiudizialeconcerne il significato di “familiare” ai sensi della direttivasulla Cittadinanza, 2004/38/CE. Inoltre, la Corte è chiamata arispondere sull’appicabilità in materia degli artt. 7 e 24 dellaCarta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 8della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) perquanto riguarda le leggi nazionali in questione, nonché l’in-terpretazione degli artt. 20 e 21 TFUE.

La decisioneQuesta causa si inserisce nel dibattito giurisprudenziale sullacittadinanza europea e richiama autorevoli precedenti dellaCorte di Giustizia quali le decisioni Ruiz Zambrano, McCarthy,Zhu and Chen. Innanzitutto la Corte rileva che di fatto il Sig.Iida non soddisfa la definizione “familiare” previsto dalla di-rettiva 2004/38/CE perché sua figlia non fa affidamento su dilui, ma neppure rientra nella definizione di “coniuge” anchese la separazione non è equiparabile al divorzio sotto un pro-filo giuridico. A causa di questo distacco, anche giuridico, trai membri della sua famiglia, ormai trasferiti e residenti in Au-stria, la Corte afferma che il ricorrente non può fare affida-mento su situazioni meramente ipotetiche, pertanto egli nonpuò ottenere la carta di soggiorno in qualità di familiare di uncittadino dell’Unione. A questo proposito, la Corte stabilisceil seguente principio di diritto: “(A)l di fuori delle situazioni di-sciplinate dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeoe del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei citta-dini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiorna-re liberamente nel territorio degli Stati membri, che modificail regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE,75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e93/96/CEE, e quando non esiste alcun altro nesso con le di-sposizioni del diritto dell’Unione relative alla cittadinanza, uncittadino di un paese terzo non può pretendere un diritto disoggiorno derivato da un cittadino dell’Unione.

CIRCONCISIONE RITUALE E RISPETTO DELL’INTEGRITÀ

FISICA DEL MINORE

Landesgericht Köln, 151 Ns 169/11, 7 maggio 2012

Prevale il diritto all’integrità fisica e alla libertà religiosadel minore rispetto alla volontà dei genitori esercenti lapotestà di imporre sul figlio pratiche rituali

Il fattoLa causa verte l’accusa contro un medico per lesioni fisicheper aver praticato su un minore dell’età di quattro anni unacirconcisione rituale, seppure con il consenso dei genitori ap-partenenti alla fede islamica. Tale operazione ha provocatosul piccolo paziente un’emorragia curata presso il pronto soc-corso dell’ospedale universitario cittadino. Anche se in primogrado il sanitario è stato assolto con una sentenza del 21 set-tembre 2011, la Procura ha impugnato tempestivamente,

sicché i giudici d’appello hanno condannato il sanitario per ilreato di lesioni ai sensi del § 223 StGB.

La decisioneLa sentenza in esame si inserisce in modo prepotente nel di-battito sul multiculturalismo che sta caratterizzando moltepubbliche discussioni in Europa e in Occidente. Il punto criti-co della condanna del medico concerne il diritto all’integritàfisica del minore, leso dalla circoncisione autorizzata dai suoigenitori, in nome della libertà di manifestare la propria federeligiosa, e conseguentemente la propria appartenenza cul-turale. Infatti la circoncisione rituale maschile è elemento diclassificazione identitaria per due religioni monoteiste, ovve-ro quella ebraica (secondo i cui precetti deve essere effet-tuata entro l’ottavo giorno dalla nascita) e quella mussulma-na (secondo i cui dettami il bambino deve essere circoncisoa partire dai tre anni ed entro i dodici anni di età). A parere deigiudici d’appello di Colonia il diritto all’integrità fisica di cia-scun soggetto, quindi anche del minore, prevale sul dirittodei genitori a trasmettere al figlio la propria religione, in virtùdel principio di libertà di educazione e di religione. Su questopunto i giudici sostengono che è prevalente il diritto del mi-nore alla propria autodeterminazione religiosa e alla propriaintegrità fisica, consistendo la circoncisione in una lesione ir-reversibile. A questo proposito i giudici affermano che la po-testà genitoriale deve essere esercitata funzionalmente allatutela del benessere e della salute del minore. Tuttavia a se-guito delle forti proteste provenienti dalle comunità ebraicheed islamiche, che vedevano minacciata una caratteristicaidentitaria del loro credo religioso, il Parlamento tedesco haapprovato una legge che disciplina i casi di ammissibilità del-la circoncisione maschile “in conformità con le regole dellascienza medica”. Si tratta della “Umfang der Personensorgebei einer Beschneidung des männlichen Kindes” (17/11295),approvata il 12 dicembre 2012, e consultabile suhttp://dipbt.bundestag.de/dip21/btd/17/112/1711295.pdf.

DICHIARAZIONE DI APOLIDIA ED ELEMENTI PROBATORI

Tribunale di Roma 13 maggio 2013

È apolide colui che non risulta essere considerato comecittadino dall’ordinamento giuridico di nessuno Stato.

Il fattoIl provvedimento emanato dal Tribunale di Roma concernel’accertamento dello status di apolide da parte di un sogget-to, nato in Italia da genitori croati. Il ricorrente ha presentatoin giudizio un certificato dell’autorità croata dal quale risultache egli non è iscrito nelle liste dei cittadini della Repubblicadi Croazia.

La decisioneIl giudice romano afferma che ai sensi dell’art. 1 della Con-venzione di New York del 28 settembre 1954, relativa allostatus degli apolidi, e recepita nell’ordinamento italiano conlegge 1 febbraio 1962, n. 306, si definisce apolide “la perso-na che nessuno Stato, sulla base del proprio ordinamentogiuridico, considera come suo cittadino”, Seppure il giudi-cante ritenga molto difficile la prova dell’apolidia in quantol’interessato dovrebbe confrontarsi con la prova diabolicache nessuno Stato lo considera proprio consociato. Pertantosiffatta istruttoria “verrebbe a investire l’ordinamento giuridi-co di tutti gli Stati con rinnovo all’infinito per verificare se, nel-le more del suo svolgimento, non si è prodotto alcun fatto

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nuovo da cui possa dipendere l’acquisto di una qualsiasi cit-tadinanza”. Tuttavia, per condivisibile giurisprudenza il giudi-ce ritiene sufficiente la prova indiziaria fornita dall’attore chenon è cittadino del Paese di origine dei suoi genitori e nep-pure di quello dove è nato, pertanto la sua domanda di rico-noscimento dello status di apolidia viene accolta.

POSSIBILE TRANSESSUALISMO DI MINORE E CURE

DEI DISTURBI DELL’IDENTITÀ DI GENERE

Kammergericht Berlin, 19 UF 186/11, 15 marzo 2012

La diagnosi e le cure dei disturbi dell’identità di generevanno somministrati ad un’età superiore rispetto a quel-la di sviluppo della pubertà.

Il fattoLa causa verte sulla soluzione della divergenza sorta tra i ge-nitori di un minore di 11 anni relativamente alla diagnosi e al-le cure di un suo possibile transessualismo. Quella in esameè la sentenza dei giudici d’appello, di fronte ai quali la madreaveva impugnato il rifiuto di accesso alle terapie diagnosticheemanato dai giudici di primo grado.

La decisioneI giudici d’appello hanno confermato la decisione dei colleghidi grado inferiore poiché non appare evidente quale possaessere il giovamento di tali diagnosi un bambino così piccolononostante sia opportuno che tali cure siano intraprese pri-ma della maggiore età. La diagnosi e la cura del transessuali-smo necessitano di un approccio appropriato e proporziona-le all’età e alle condizioni del minore. L’undicenne, infatti, haappena superato le soglie della pubertà e ciò potrebbe nonnecessariamente comportare di un disturbo dell’identità digenere.

IL RAPPORTO 2012 SULLO STATO

DELLA POPOLAZIONE MONDIALE

United Nations Population Fund state of world popula-tion 2012

Il rapporto 2012 sullo stato della popolazione mondialeelaborato da M. Greene, S. Joshi, O. Robies si concentraprincipalmente sulla proposta di riconoscimento del di-ritto alla pianificazione famigliare come diritto fonda-mentale delle donne e delle famiglie dei Paesi in via disviluppo. Esso si riferisce in particolare al diritto indivi-duale di decidere liberamente e responsabilmente quan-ti bambini mettere al mondo e di come proteggere la sa-lute sessuale e riproduttiva. Si tratta di diritti formal-mente riconosciuti dal 1994, quando 179 governi adotta-rono il Programma ICPD, cioè l’Azione della ConferenzaInternazionale sulla popolazione e sullo sviluppo. Lo stu-dio si divide in sei capitoli: il primo relativo all’illustra-zione del diritto alla pianificazione familiare; il secondoconcernente l’analisi dei dati e delle tendenze in materia;il terzo relativo all’estensione di tale diritto a ciascunadonna; il quarto inerente all’impatto economico e socia-le della pianificazione famigliare; il quinto in materia dianalisi di costi e risparmi per l’affermazione del diritto al-

la pianificazione famigliare e il sesto sull’implementazio-ne del diritto alla pianificazione famigliare quale dirittouniversale.

Analisi delle richieste di asilo in Europapresentate da donne nel 2012La direzione generale per le politiche interne del ParlamentoEuropeo, sezione C relativa al dipartimento delle politiche inmateria di diritti dei cittadini e degli affari costituzionali hapubblicato il rapporto 2012 in merito alle leggi, istanze e pras-si in materia di diritto d’asilo, con particolare attenzione allerichieste d’asilo presentate da donne in Europa nel 2012.L’analisi ha la peculiarità di aver utilizzato una metodologiacomparatistica concentrata su nove Paesi Membri dell’Unio-ne Europea, ovvero: Francia, Belgio, Ungheria, Italia, Malta,Romania, Spagna, Svezia e Regno Unito di Gran Bretagna.

IL COMMISSARIO DEI DIRITTI UMANI DEL CONSIGLIO

D’EUROPA HA EMANATO UN NUOVO “ISSUE PAPER”IN MATERIA DI TUTELA DELLE PERSONE DISABILI

CommDH / IssuePaper (2012) 3

Stilati gli obiettivi per la protezione dei disabilida parte del Consiglio d’EuropaGli Issue Papers sono documenti di discussione commissio-nati e pubblicati dal Commissario per i diritti umani al fine dicontribuire al dibattito e alla riflessione su importanti temi diattualità per i diritti umani. Con questo documento il Com-missario intende indirizzare il dibattito sul riconoscimento aidisabili di vivere nella comunità di vicinanza, di accedere allasfera pubblica e sociale, passo essenziale per tutti gli altri di-ritti fondamentali tra i quali libertà personale, la vita privata efamiliare e la libertà da maltrattamenti o punizioni. Tale dirittoè previsto quale diritto autonomo nella Convenzione delleNazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD).L’obiettivo generale dell’articolo 19 del CRPD è piena inclu-sione e partecipazione alla vita sociale. I suoi tre elementichiave sono: scelta; supporti individualizzati che promuovonol’integrazione e prevenire l’isolamento e l’elaborazione di ser-vizi per il pubblico accessibile alle persone con disabilità. Sif-fatto diritto è violato quando i disabili che necessitano di unaqualche forma di sostegno nella loro quotidianità sono co-stretti a rinunciarvi, rischiando di finire ai margeni della socie-tà, ovvero quando l’onere di adattamento alle strutture o aiservizi è posto a carico dei disabili medesimi piuttosto chesulla comunità. Nello specifico il documento è diviso in quat-tro parti: il primo relativo alle basi del diritto di vivere in co-munità, il secondo sulle politiche e sul riconoscimento inter-nazionale di diritti; il terzo sull’attuazione del diritto di vivierenella comunità e il quarto contenente un’appendice su indi-catori e domande guida.

DOCUMENTAZIONE

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