Fabrizio Basso / Silvia Cini / Gedske Ramløv / Giorgia SeveriGiorgia Severi

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Fabrizio Basso / Silvia Cini / Gedske Ramløv / Giorgia Severi

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C A S A B I A N C A

Fabrizio Basso / Silvia Cini / Gedske Ramløv / Giorgia Severi a cura di Gino Gianuizzi

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Tovaglie (Arte contemporanea a Vernazza)

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Tovaglie (Arte contemporanea a Vernazza)

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Fabrizio Basso

La ricerca artistica di Fabrizio Basso si muove dall’osservazione della realtà sociale e della coscienza collettiva della storia quotidiana, la microstoria. Dopo una serie di lavori audio, video e televisivi legati al tema della realtà urbana ed a quello della comunicazione di massa, in questa mostra l’artista ripropone la sola parte video dell’installazione audio/ video Microstoria di un bosco - Memorie sommerse, presentata nel 2000 alla Kunstraum di Monaco di Baviera in collaborazione con la Galerie Goldankauf. In Microstoria di un bosco - Memorie sommerse, è ricostruito l’incendio di un bosco su una scogliera e il tenta-tivo di elicotteri e canadair di spengerlo. Dalla cenere del bosco, ormai carbonizzato, riemergono le tracce di percorsi perduti e di avamposti militari che la natura aveva sommerso, mentre al contempo affiorano i ricordi del bambino che giocava in quel verde.

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A lume spento, 2013, video, sedia, cuffie

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Silvia Cini

La condivisione della memoria come forma di dono da uno ad uno sconosciuto, è il filo che congiunge molte opere di Silvia Cini. Nella videoinstallazione A lume spento il pubblico è invitato a sedersi su una grande poltrona di vimini e a sua volta es-sere proiettato nella conversazione tra Pierpaolo Pasolini ed Ezra Pound, prima tappa di un percorso a ritroso nella memoria e nel paesaggio che dal campo di Prigionia di Coltano, conduce fino alla campagna che circonda Casabianca. Fabrizio Basso e Silvia Cini ringraziano tutti gli amici che hanno contribuito a realizzare e ad installare questa mostraperchè l’amicizia non ha tempo, né età.

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Mappe vegetali, 2013, calchi di erbe invernali, cotone, nerofumo e pioggia.

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Mappe vegetali, 2013, calchi di erbe invernali, cotone, nerofumo e pioggia.

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Mappe vegetali, 2013, calchi di erbe invernali, cotone, nerofumo e pioggia.

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Gedske Ramløv

Minima analisi fenomenica

La mappatura è una della operazioni metaforiche più comuni al giorno d’oggi nell’arte contemporanea, un azione che produce sia un calco sia un archivio della realtà. Mappe vegetali, il Lavoro di Gedske Ramløv per Casabianca, insiste su due semplici principi fondamentali: l’immersione e la mappatura della realtà naturale. Partendo da un procedimento tipografico che vede la vegetazione invernale come matrice da cui ricavare stampe su tela, l’artista ha realizzato delle impressioni fotografiche utiliz-zando come agenti chimici del processo l’acqua piovana e il nerofumo. Le immagini risultano essere delle sinopie dallo stile compendiario di un microcosmo vegetale vario e sommerso. Il lavoro della Ramløv chiude in una serie ordinata di dieci tele una tassonomia non ancora ordinata di elementi vegetali. La vegetazione,la natura, il paesaggio immaginato vive al di là della superficie delle opere d’arte, ed è solo evocata all’interno dei riquadri delle opere. Una riflessione sui confini sulla loro arbi-trarietà e flessibilità, una rappresentazione minimale che dimostra, pur nella sua fragilità, come i sistemi creati dall’uomo - le mappe - siano semplici imposizioni formali. Gedske Ramløv porta l’arte nella natura, lo fa assumendosene le responsabil-ità etiche, lo fa con l’attenzione fenomenologica per le cose minime. Immagini mute che evocano il ticchettio della pioggia. Vincenzo Estremo

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Stories and Memories of Trees, 2013

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Giorgia SeveriStories and Memories of Trees

Questi lavori fanno parte del mio background di ricerca che alimenta e sta dietro alla mia attività artistica. Li definirei “studi” e non opere propriamente finite. Ho deciso di portare in mostra la maniera in cui opero, perché qui risiedono il legame e la cura che ho per la Terra.Ho studiato restauro per cinque anni. Credo condizioni la mia percezione delle cose e quindi il processo creativo e che da lì provenga questa l’attitudine a curare, preservare quindi restaurare. “restaurare” etimologicamente significa rifare a una cosa le parti guaste e quelle che mancano o per vecchiezza o per altro accidente.Personalmente lo sento come averne cura.

Questi studi fanno parte di una serie che chiamo “ stories and memories of trees ”.Sono infatti memorie/testimonianze/prove dietro alle quali ci sono storie di conflitti e incontri tra alberi e esseri umani: un albero cap-itozzato per dare spazio ad un palo della luce, un albero solitario circondato da palazzi, un albero malato perché oramai decontestual-izzato, gli alberi dopo un incendio....Sono tentativi di “portare a casa la natura”. Sono restauri e carezze.Collezionare impressioni legate ad uno specifico evento o soggetto nel paesaggio e quindi nell’ambiente, ma ancor più, fissarlo dentro di noi e prendersene cura.

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I “lavori su carta” e gli “stampi” di cortecce muovono dal desiderio di voler portare con sé quell’immagine, non dimenticare e fissarlo nella memoria come in una sorta di archivio del paesaggio, che diviene talvolta “archeologia del paesaggio”.Cerco di trascorrere sempre più tempo nei boschi e nelle pinete.Questi studi sono fragili, forse non finiti e provvisori, sono le impressioni che metto in tasca quando vado nel bosco. E sto là. Cammi-no, cammino, cammino. Quando incontro un grande albero che ha avuto uno “scontro” con uno della nostra specie, è come incontrare una persona anziana testimone del tempo e portatore di memorie personali e collettive, al quale sia stata tolta la possibilità di risie-dere nel posto in cui vive da sempre; come un aborigeno giustiziato sulla propria terra.I rilievi su carta mostrano tutta la fragilità che porta con sé la natura e conseguentemente, quanto possa essere facile per noi eliminare con una sola azione il lavoro che la Terra ha fatto per dare vita ad un albero che viveva in quel luogo da quattro generazioni prima della nostra nascita. Ogni memoria porta con sé una storia, che racconta un evento dove sono protagonisti uomo e natura in un contesto storico, cultu-rale e sociale, che esplica il rapporto tra i due. I restauri di parti di alberi provenienti da un incendio ( doloso) , sono ciò che resta di quel lembo di terra. Un’azione di cura e con-servazione di reperti di un paesaggio. Ancora memoria.

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allestimento per il progetto A-live

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Cristina Baroncini, Lucia Nadalin e Giulia Pozzi presentano il progetto A-live

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Cristina Baroncini, Lucia Nadalin e Giulia Pozzi presentano il progetto A-live

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A·live Agricultural Landscapes to Increase the Value of the Environment

Tesi di Laurea di Cristina Baroncini, Lucia Nadalin e Giulia PozziRelatore: Antonio Ravalli

L’architettura non può prescindere dalla realtà che la circonda. Tanto meno oggi, chiamata a confrontarsi con una società in crisi. Crisi economica, culturale ma anche della città, luogo in cui la comunità si relaziona ed entra in simbiosi con il paesaggio.Al pari di un organismo cellulare, anche quello urbano si modifica adattandosi alle condizioni ambientali e perseguendo specifici fenomeni evolu-tivi. Dal dopoguerra in poi, i processi che hanno interessato le città sono stati notevolmente rapidi e proliferativi: primo tra tutti una crescente urbanizzazione incontrollata ancora in atto. Gli effetti evidenti di questo sviluppo si manifestano ora ai nostri occhi: brandelli urbani si alternano ad aree rurali divenute interstiziali, generan-do periferie che non possono definirsi più né campagna né città, con scarsa qualità abitativa e dimenticate dai processi produttivi. Si tratta delle cosiddette aree periurbane, zone senza una funzione specifica, caratterizzate prevalentemente da usi speculativi, con il rischio di essere cementifi-cate in breve tempo. Nell’epoca contemporanea si possono però prospettare nuovi usi e nuove modalità di concepire e vivere queste aree: tale paesaggio di filtro può offrirsi infatti come nuovo territorio fertile sia per la produzione di cibo sia per l’importante produzione di socialità Qui si conservano spesso caratteri di forte naturalità che assumono valore strategico proprio per la loro vicinanza ai tessuti del nucleo urbano. Queste aree marginali pertanto devono essere tutelate e acquisire un vero e proprio valore patrimoniale in termini ambientali e sociali.La valorizzazione del territorio ha un ruolo cardine nella ricerca, che vede nella ridefinizione dello storico rapporto città-campagna il suo campo di azione. In questo contesto acquista un’importanza fondamentale il compito svolto dall’agricoltura: intesa come strumento per rigenerare il ter-ritorio, deve produrre qualità locale e fornire una consapevolezza alimentare, ormai perduta. L’agricoltura urbana e periurbana, infatti, possono favorire la nascita di un nuovo territorio, un presidio che permetta l’interazione tra sistemi ambientali, insediativi e sociali. Esse devono essere considerate come pratiche concrete per pensare a modi più sostenibili di vivere la città e a sistemi alimentari che considerino meglio le spe-cificità dei luoghi, attraverso le pratiche di filiera corta, e le diverse esigenze espresse dagli stili di vita urbani. Il ruolo dell’abitante in quest’ottica diviene quella di co-produttore e tramite questi rapporti di solidarietà organizzata si valorizza il territorio che può ritornare ad essere un “bene comune”.L’obiettivo del progetto è definire scenari ed azioni pioneristiche di intervento per promuovere questa nuova ruralità, attraverso un’infrastruttura fisica, radicata nel paesaggio, che possa fungere da supporto ad un’infrastruttura sociale, una rete di soggetti, che con un’azione antropica consapevole, possa conferire un valore territoriale aggiunto. La tesi si propone di studiare i territori compresi nella fascia periurbana attigua alla tangenziale, a nord della città di Bologna. La marginal-ità di tale area, dovuta alla grande presenza infrastrutturale, insieme alla prossimità con l’urbano e alla grande varietà di funzioni insediate, le conferisce un grande potenziale. Questo spazio periurbano, che si estende per quasi cinque chilometri, presenta alcune caratteristiche pecu-

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liari: essere confinato tra due pesanti infrastrutture ed essere costellato da spazi che riversano in un forte stato di incuria.La tangenziale e la ferrovia se da una parte permettono di delineare un confine netto e duro all’area, dall’altra la rendono mera zona di passaggio, un bordo spesso da attraversare per raggiungere il centro città o quella parte di campagna che ancora può definirsi tale. Si tratta di un terri-torio dinamico tagliato trasversalmente da arterie a scorrimento veloce che lo dividono in una serie di isole mal collegate tra loro e, allo stesso tempo, ne permettono la permeabilità in corrispondenza di alcune puntualità rappresentate dai sotto e sovrapassaggi.Gli spazi abbandonati, invece, scandiscono e connotano il paesaggio di questo periurbano. La zona è infatti caratterizzata da aree industriali dis-messe, grandi distese di parcheggi sottoutilizzati, terreni ex agricoli lasciati incolti che definiscono l’atteggiamento di non curanza dei cittadini nei confronti di questo territorio, luogo di passaggio e raramente di sosta, frequentato principalmente da una socialità “altra”.Basandosi su queste analisi si è voluto proporre un progetto che avesse come obiettivi la valorizzazione del territorio, il tema della cura e della salvaguardia degli spazi agricoli e la creazione di un nuovo spazio pubblico per il periurbano, attraverso il presidio e la gestione del paesaggio. La strategia progettuale a livello urbano si fonda sul concetto biologico di ecotono, lo spazio che si frappone tra due ecosistemi diversi. Allo stesso modo anche il periurbano può essere considerato come gradiente tra due ecosistemi distinti: la città e la campagna. L’obiettivo è quindi quello di rendere l’area quel tassello di collegamento tra la città e la campagna facendo emergere dal paesaggio alcuni el-ementi tipici: l’acqua, il suolo, la vegetazione e i luoghi del riuso, ovvero tutti quei luoghi (semi)abbandonati che possono avere una nuova vita. Tali dispositivi sono i cardini per le due infrastrutture su cui si sviluppa il progetto, quella longitudinale e quella trasversale. La prima ha come ele-mento principale un nuovo canale d’irrigazione che permette lo sviluppo dell’agricoltura nonché la ricucitura fisica dell’area, al quale si associano gli altri elementi. Il suolo, elemento altrettanto importante, che viene coltivato in comunità e con piccoli attrezzi per rendere il più accessibile possibile la pratica agricola. La vegetazione, che crea ombra per il percorso, ma è anche filtro per l’inquinamento; infine, gli spazi abbandonati e sottoutilizzati da riattivare, punti di ancoraggio per una rete agroalimentare a scala cittadina. I percorsi trasversali, invece, sono costituiti da at-traversamenti ciclo-pedonali esistenti e potenziati, che permettono il collegamento fisico tra le aree urbane e quelle rurali. Attraverso questo studio si è voluto proporre “un’utopia realizzabile”, un ipotetico modello di rete resiliente al consumo di suolo, un sistema di connessioni tra le aree perirubane e tra la città e la campagna. La campagna, infatti, non piu_ vista come il negativo dell’urbano, diventa una piat-taforma interattiva per creare una maglia solidale con la citta_. In tal modo si instaura un reciproco rapporto fra le due: la prima produce per la seconda e quest’ultima, in cambio, se ne prende cura.

http://pioneeringagriculture.com/

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Emilio Fantin presenta l’associazione arca biodinamica - parco città campagna

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Emilio Fantin presenta l’associazione arca biodinamica - parco città campagna

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Emilio Fantin presenta l’associazione arca biodinamica - parco città campagna

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L’arca Biodinamica è un’associazione senza scopo di lucro, nata il 12 settembre 2006. L’associazione che non perseg-ue scopi di carattere politico, sindacale o confessionale, ha come scopo primario la ricerca, la diffusione e lo svi-luppo di una cultura etica e spirituale. Come si evince dal suo stesso nome, intende promuovere la tutela e la val-orizzazione del patrimonio ambientale e naturale, in sintonia con le tradizioni locali, verso la realizzazione concreta della riqualificazione agricola ed energetica con riferimento preciso all’agricoltura biodinamica. L’Associazione difende l’esercizio al diritto alla salute e alla tutela sociale e intende favorire la ricerca medica, terapeutica e pedagogica.L’Arca Biodinamica si prefigge sia di promuovere e rinnovare lo sviluppo della cultura e dell’arte attraverso progetti e mani-festazioni, sia di favorire strumenti educativi volti all’ istruzione e incoraggiare l’emergere dei talenti e delle capacità personali e professionali. L’Arca Biodinamica che si ispira all’antroposofia, è aperta a idee e proposte culturali di natura e origine diversa.La sua attività è tesa a creare una sinergia tra soggetti del territorio in cui opera, per favorire lo svilup-po della produzione e vendita dei prodotti biodinamici e di un turismo sociale mediante la partecipazi-one ad Associazioni, Istituzioni ed Enti locali ed internazionali, in uno spirito di condivisione e partecipazione.

http://arcabiodinamica.it/

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Zola Predosa, 10 marzo 2013