EXPENSIO MODORUM NN 20-36) RICEZIONE DEI MODI (NN. … · L’ecclesiologia conciliare di comunione...

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1 EXPENSIO MODORUM (NN. 20-36) RICEZIONE DEI MODI (NN. 20-36) NOTA ESPLICATIVA alla EXPENSIO MODORUM AI NN. 20-36. La ricezione dei modi in questa Se- conda Tappa segue i medesimi tre criteri esposti per la tappa precedente. L’unica novità di questa Seconda Tappa sta nel fatto che vi sono due tipi di modi: il primo tipo raccoglie i modi presentati in aula per la votazione del 18 marzo e che hanno potuto ottenere successivamente anche ulteriori con- sensi il cui numero è segnato accanto al nome del proponente; il secondo tipo riporta i modi presen- tati dopo il 18 marzo (in rosso con ***) e che sono normalmente (tranne un caso) modi di singoli sinodali e che sono ponderati per se stessi. Seconda Tappa Il VOLTO MISSIONARIO DELLE PARROCCHIE PER L’ANNUNCIO DEL VANGELO La missione apostolica (Gv 21,1-14) A. UN NECESSARIO RINNOVAMENTO 1 Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2 si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3 Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli disse- ro: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e sali- rono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. 4 Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i disce- poli non si erano accorti che era Gesù. 5 Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6 Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riu- scivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7 Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8 Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infat- ti lontani da terra se non un centinaio di metri. 9 Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce so- pra, e del pane. 10 Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11 Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquan- tatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12 Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nes- suno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13 Gesù si avvicinò, pre- se il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14 Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo es- sere risorto dai morti. (Gv 21,1-14)

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EXPENSIO MODORUM (NN. 20-36)

RICEZIONE DEI MODI (NN. 20-36)

NOTA ESPLICATIVA alla EXPENSIO MODORUM AI NN. 20-36. La ricezione dei modi in questa Se-conda Tappa segue i medesimi tre criteri esposti per la tappa precedente. L’unica novità di questa Seconda Tappa sta nel fatto che vi sono due tipi di modi: il primo tipo raccoglie i modi presentati in aula per la votazione del 18 marzo e che hanno potuto ottenere successivamente anche ulteriori con-sensi il cui numero è segnato accanto al nome del proponente; il secondo tipo riporta i modi presen-tati dopo il 18 marzo (in rosso con ***) e che sono normalmente (tranne un caso) modi di singoli sinodali e che sono ponderati per se stessi.

Seconda Tappa

Il VOLTO MISSIONARIO DELLE PARROCCHIE

PER L’ANNUNCIO DEL VANGELO La missione apostolica (Gv 21,1-14)

A.  UN  NECESSARIO  RINNOVAMENTO  

1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli disse-ro: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e sali-rono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. 4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i disce-poli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riu-scivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infat-ti lontani da terra se non un centinaio di metri. 9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce so-pra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquan-tatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nes-suno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, pre-se il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo es-sere risorto dai morti. (Gv 21,1-14)

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A.  UN  NECESSARIO  RINNOVAMENTO A.  UN  NECESSARIO  RINNOVAMENTO

Testo precedente NUMERO 20 [P 96 – NP 3 – PIM 66]

Testo rivisto

20.  La missione evangelizzatrice che il Signore Ri-sorto affida alla sua Chiesa diventa efficace solo attraverso una vera comunione tra i discepoli. L’ecclesiologia conciliare di comunione nasce da un’urgenza crescente: promuovere un deciso e co-stante rinnovamento missionario della pastorale. Lo Spirito suscita in noi la passione per la vita buona che Gesù ha tracciato per ogni figlio del Padre suo. La Chiesa è «popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo» (LG 4) ed è mandata a servizio di tutto il mondo (GS 11). Quest’unità missionaria si realizza in una pastorale comune, come diceva San Giovanni Paolo II: “La parrocchia deve trovare se stessa fuori di se stes-sa”. Per questo nella nostra diocesi novarese, da più di vent’anni, per impulso dei suoi Pastori, sono state introdotte le Unità Pastorali per attuare il ne-cessario rinnovamento. Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affrontare insieme le grandi sfide alle quali, in un futuro prossimo, dovremo ri-spondere per conservare alta la qualità della fede e della vita secondo il Vangelo in una società com-plessa e in continuo cambiamento, sempre più in-differente alle indicazioni che le provengono dalla Chiesa.

20. Una Chiesa tutta missionaria. La missione evangelizzatrice che il Signore risorto affida alla sua Chiesa diventa efficace con una vera comunione tra i discepoli. L’ecclesiologia conciliare di comunione ricupera la consape-volezza della Chiesa degli Apostoli e dei Padri del primo millennio e risponde all’urgenza del tempo presente su due aspetti: il sacerdozio universale dei fedeli che chiama tutti in prima persona alla testimonianza dell’annuncio evan-gelico; la necessità di un deciso rinnovamento che promuova lo slancio missionario della pastorale. Lo Spirito suscita in noi la passione per la vita buona che Gesù ha tracciato per ogni figlio e figlia del Padre suo. La Chiesa è «popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo» (LG 4) ed è mandata a servizio di tutto il mondo (GS 11). Quest’unità missionaria si realizza in una pastorale di comunione: «La parrocchia deve cercare se stessa fuori di se stessa» (Giovanni Paolo II, Incontro con il clero della diocesi di Roma, 18 febbraio 1988). Per questo nella nostra diocesi novarese, da più di vent’anni, per impulso dei suoi Pastori, sono state proposte le Unità Pastorali per attuare il necessario rinnovamento. Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affrontare insieme le grandi sfide alle quali, in un futuro prossimo, dovremo rispondere per conservare alta la qualità della fede e della vita secondo il Vangelo in una società complessa e in continuo cambiamento, sempre più indifferente alle indicazioni che le provengono dalla Chiesa. Infatti, «cristiani non si nasce, ma si diventa» (Tertulliano) e, in una parrocchia dal volto missionario, l’annuncio oggi deve concentrarsi «sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario» (EG 35).

☐ (Sig. Filiberti Fabrizio) Sopprimere i numeri 20-24 I numeri, in base al secondo criterio della “Expensio”, non possono essere soppressi, perché hanno superato tutti almeno la maggioranza semplice e uno persino la maggioranza qualificata e per di più forniscono il quadro che legge l’urgenza del momento, il clima specifico di questo Sinodo. SOSTITUIRE con: “La parrocchia deve trovare se stessa fuori di se stessa” (Giovanni Paolo II). Per questo nella nostra diocesi novarese, da più di vent’anni, per impulso dei suoi Pastori, sono state introdotte le Uni-tà Pastorali per attuare il necessario rinnovamento. Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affron-tare insieme le grandi sfide alle quali, in un futuro prossimo, dovremo rispondere per conservare alta la

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qualità della fede e della vita secondo il Vangelo in una società complessa e in continuo cambiamento, sem-pre più indifferente alle indicazioni che le provengono dalla Chiesa”. Questo testo peraltro rimane per intero nel numero 20. ☐ (Sig. Santimone Diego) 2 a cui aderisce Stefania Fadda per l’intenzione e una parte del testo. Prima del testo di questo paragrafo propongo l’aggiunta di queste righe (o meglio di un paragrafo dedicato) per sottolineare l’esigenza odierna di cambiare la concezione di “comunità” nella riscoperta del sacerdozio comune dei battezzati: “Nel tempo la vita della parrocchia ha visto un riferimento crescente ed esclusivo nei sacerdoti, in partico-lare nel parroco, con una conseguente centralizzazione della pastorale “programmatica” e “paradigmati-ca” attorno a tali figure significative. Spesso la centralizzazione è degenerata in dipendenza, esclusione o lassismo da parte del laicato e dall’iperattivismo di un clero sfiancato in attività ben lontane dalla missione loro affidata. La diminuzione odierna del clero, ormai non più in grado di “coprire” il territorio e le funzioni un tempo af-fidategli, può talvolta provocare uno senso di abbandono e di “disfatta” pastorale nel cuore della gente: si comprende perciò lo stato d’animo di chi invoca l’urgenza di un rimedio di emergenza per poter “limitare” i danni. Questa situazione si disvela però come qualcosa di ben più decisivo e radicale: essa è occasione di un me-moriale battesimale. Il sentire e la prassi ecclesiale ereditati sono chiamati a lasciarsi morire per riscoprirsi trasfigurati con la novità dell’acqua che solo lo Spirito può donare. E questa rigenerazione non può che a-vere principio nella presa di coscienza del modello di comunità che ciascun cristiano è chiamato ad incar-nare oggi nella Chiesa di Novara. Il rinnovamento del vivere ecclesiale passa attraverso la riscoperta, spesso e sempre una novità, del sacer-dozio comune dei battezzati. La comunità trasfigurata non sarà allora una platea di spettatori da- vanti al palcoscenico di un clero tuttofare, un elenco di ministri incaricati di “fare qualcosa”, una cerchia ristretta o una “corte di gente corta” (cfr. don Primo Mazzolari) ma un solo sentire capace di mettere in discussione le proprie idee personali, sapendosi sporcare le mani e scegliendo fino in fondo la dimensione divina e umana che plasma la Chiesa per divenire “un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le attività del cristiano, sacrifici spirituali, e far conoscere i prodigi di Colui che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce” (LG 10). In questo cammino di riscoperta del proprio Battesimo e della fondazione dell’evento Chiesa in Cristo, cia-scun fedele è chiamato a mettersi in discussione e interrogarsi, scontrandosi con quella radicalità che il Vangelo dolcemente ma fermamente esige. Si delineano quindi alcuni possibili atteggiamenti propri di cia-scun battezzato, non solo di chi possiede energie e possibilità di spendersi in un servizio pastorale. Tali at-teggiamenti sono la corresponsabilità, la cura e la santa inquietudine. La corresponsabilità è il rispondere alla chiamata di Dio di essere Chiesa, nella quale ogni battezzato si scopre responsabile nella prassi e nelle relazioni che in essa nascono e crescono. La cura è la corresponsa-bilità che raggiunge il cuore del credente e ne detta il ritmo. Ispirato dal Paraclito, maestro di cura, il fedele custodisce l’essere comunità nella preghiera, nei piccoli gesti quotidiani, nelle scelte importanti della vita e nel servizio pastorale secondo le proprie possibilità. La santa inquietudine è propria del discepolo che sa seguire il Maestro, sempre gioiosamente aperto alla novità dello Spirito verso il Regno di Dio. E’ la nuda sete di cuore ed intelletto all’incontro con la Parola, con il Cristo che abita il prossimo, con i segni dei tempi che ci interpellano. Il riscoprire una prassi eccle-siale differente da quella “clericocentrica” ereditata è così occasione per il credente (laico, religioso o or-dinato) di una auto-comprensione in quanto membra del Corpo di Cristo. I cammini formativi e di riflessio-ne proposti nelle parrocchie e unità pastorali dovranno aiutare i fedeli a prender auto-coscienza attiva dell’esser comunità riscoprendo il sacerdozio comune dei battezzati”. Il testo del sig. Santimone chiede l’introduzione di un numero nuovo e/o la sostituzione del n. 20. L’introduzione del suo testo (3 adesioni), scritto con un dettato molto personale, non può essere accolto in base al secondo criterio della ricezione dei modi. Tuttavia contiene un’intuizione buona che la Presidenza ha introdotto sobriamente così: L’ecclesiologia conciliare di comunione ricupera la consapevolezza della Chiesa degli Apostoli e dei Padri del primo millennio e risponde all’urgenza del tempo presente su due aspetti importanti: il sacerdozio uni-versale dei fedeli che chiama tutti in prima persona alla testimonianza dell’annuncio evangelico; la necessità di un deciso rinnovamento che promuove lo slancio missionario della pastorale.

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☐ (Sig.ra Vera Cardoletti) 1 Da riga 9 alla fine: “Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affrontare insieme le grandi sfide alle quali, in un futuro prossimo, dovremo rispondere per conservare alta la qualità della fede e della vita se-condo il Vangelo in una società complessa e in continuo cambiamento, sempre più indifferente alle indica-zioni che le provengono dalla Chiesa." MODIFICARE: "Tale scelta viene ora ripresa cercando di qualificarla nelle sue articolazioni e in relazione al tempo storico che viviamo: risulta importante, ieri come oggi, conservare, aumentare e trasmettere la fe-de, incarnarla nella vita personale, comunitaria, associativa, civile e di lavoro e leggere, anche alla sua lu-ce, la cultura, i fatti e le situazioni di ingiustizia per saperli interpretare. La proposta del Vangelo potrà al-lora essere presente nel concreto della vita degli uomini come segno e speranza che accompagna e sostiene i cambiamenti della società”. L’emendamento (1 adesione) è parzialmente recepito nella formulazione aggiunta su suggerimento del sig. Lebra, che esprime quasi la medesima istanza in modo più essenziale. ☐ (Sig. Andrea Lebra) 4 a cui aderisce Stefania Fadda per il secondo emendamento Riga n° 4: “Spirito suscita in noi la passione per la vita buona che Gesù ha tracciato per ogni figlio del Pa-dre suo”. MODIFICARE: “Spirito suscita in noi la passione per la vita buona che Gesù ha tracciato per ogni figlio e figlia del Padre suo”. Emendamento recepito. ☐ (Sig. Andrea Lebra) 4 a cui aderiscono la sig.ra Stefania Fadda e Sig.ra Capelli Maria Luisa. Ultima fra-se: “Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affrontare insieme le grandi sfide alle quali, già oggi, dobbiamo rispondere per conservare alta la qualità della fede e della vita secondo il Vangelo in una società complessa e in continuo cambiamento, sempre più indifferente alle indicazioni che le provengono dalla Chiesa”; MODIFICARE: “Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affrontare insieme le grandi sfide alle quali, già oggi, dobbiamo rispondere per conservare alta la qualità della fede e della vita secondo il Vange-lo in una società complessa e in continuo cambiamento, nella consapevolezza che “cristiani non si nasce ma si diventa” e che, in una parrocchia dal volto missionario, l’annuncio oggi deve concentrarsi “sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario”. Emendamento recepito, con variazione letteraria. ☐ (Sac. Ruspi Walter) 4 Riga n. 1: “solo attraverso”; MODIFICARE: “con”. Emendamento recepito. ☐ (Sig.ra Cristina Buissonin) 1 Riga n. 9: "sono state introdotte le U.P"; MODIFICARE: “sono state proposte le UP” Emendamento recepito. *** Sig Martinetti Alessandro "La parrocchia deve trovare se stessa fuori di se stessa". La citazione corretta è: "La parrocchia deve cercare se stessa fuori di se stessa" (Giovanni Paolo II, Incontro con il clero della diocesi di Roma, 18 febbraio 1988) Si ringrazia il sig. Martinetti per la verifica della citazione. *** Sig.ra Capelli Maria Luisa Testo da modificare: ultima frase:“Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affrontare insieme le grandi sfide alle quali, già oggi, dobbiamo rispondere per conservare alta la qualità della fede e della vita se-condo il Vangelo in una società complessa e in continuo cambiamento, sempre più indifferente alle indica-zioni che le provengono dalla Chiesa.” Nuovo testo proposto: “Tale scelta strategica va ripresa e rafforzata per affrontare insieme le grandi sfide alle quali, già oggi, dobbiamo rispondere per conservare alta la qualità della fede e della vita secondo il Vangelo in una società complessa e in continuo cambiamento, nella consapevolezza che “cristiani non si nasce ma si diventa” e che, in una parrocchia dal volto missionario, l’annuncio oggi deve concentrarsi “sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario”. Vedi emendamento recepito del sig. Lebra.

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Testo precedente

NUMERO 21 [P 112 – NP 2 – PIM 48] Testo rivisto

21.  Uscire e salire sulla barca indicata dai nostri padri nella fede non è stato e non è facile. Signi-fica, infatti, vivere una pastorale meno introver-sa, meno clericale e campanilistica, aperta al territorio e più unitaria, rispettando nello stesso tempo la storia, l’identità e il passo di ciascuna parrocchia. Anche chi ha accolto con entusia-smo la sfida di questo rinnovamento, si è imbat-tuto talvolta in risultati deludenti. Pur convinto dell’inadeguatezza del modello tradizionale di pastorale, non ha fatto scelte alternative perché non ha trovato modelli convincenti e praticabili. Forse non si è tenuto conto a sufficienza di una diocesi così ampia, frazionata e differente nei suoi territori. Tutto ciò ha portato anche una frammentazione o dispersione del senso di ap-partenenza diocesana che ha avuto come conse-guenza, pratiche pastorali troppo diverse o per-sonali. Lo stesso fenomeno è avvenuto anche al di fuori delle parrocchie in associazioni laiche e religiose. Le nuove proposte pastorali sono spesso state accolte solo come un mezzo per ri-spondere alle emergenze, in particolare la dimi-nuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose, e non come l’occasione opportuna per un annun-cio più efficace del Vangelo.  

21.   Uno   stile   che   va   oltre   l’emergenza.  Uscire e salire sulla barca indicata dai nostri padri nella fede, non è stato e non è facile. Significa, infatti, vivere una pastorale non introversa, clericale e campanilistica, ma più aperta al territorio e più unitaria, rispettando nello stesso tempo la storia, l’identità e il passo di ciascuna parrocchia. Anche chi ha accolto con entusiasmo la sfida di questo rinnovamento, si è imbattuto talvolta in risultati deludenti. Pur convinto dell’inadeguatezza del modello tradizionale di pastorale, non ha fatto scelte alternative, perché non ha trovato modelli convincenti e praticabili. Forse non si è tenuto conto a sufficienza di una diocesi così ampia, frazionata e differente nei suoi territori. Tutto ciò ha portato anche una frammentazione o dispersione del senso di appartenenza diocesana che ha avuto, come conseguenza, pratiche pastorali troppo diverse o personali. Lo stesso fenomeno è avvenuto anche al di fuori delle parrocchie in associazioni laiche e religiose. Le nuove proposte pastorali sono spesso state accolte solo come un mezzo per rispondere alle emergenze, in particolare la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose, e non come l’occasione opportuna per una maturazione della corresponsabilità dei laici e per un annuncio più efficace del Vangelo.  

☐ (Sig. Andrea Lebbra) 7 Riga n. 2: “vivere una pastorale meno introversa, meno clericale e campanilistica, aperta al terri-torio e più unitaria”; MODIFICARE: “vivere una pastorale non introversa, non clericale e non campanilistica, aperta al territorio e più unitaria” Emendamento recepito (con un solo “non”).

☐ (Sig.ra Vera Cardoletti) 4 AGGIUNGERE in fine: “e della crescita e maturazione della corresponsabilità dei laici” Emendamento recepito.

Testo precedente

NUMERO 22 [P 146 – NP 2 – PIM 15] Approvato

22. È giunta l’ora – come dice con insistenza Papa Francesco – di una radicale “conversione pastorale” (EG 25), che possiamo illustrare con tre parole-chiave ispirate dall’immagine evangelica del gettare la rete: la trama della

22. La “trama della missione”. È giunta l’ora – come dice con insistenza Papa Francesco – di una radicale «conversione pastorale» (EG 25), che possiamo illustrare con tre parole-chiave ispirate dall’immagine evangelica del gettare la

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missione, l’ordito della comunione, i nodi del territorio. La “trama della missione” è il compito irrinunciabile che Dio ha dato a ogni comunità cristiana; favorire e sostenere l’incontro con il Risorto, rendendo presente in ogni luogo il mandato missionario di Gesù: «Andate in tutto il mondo e portate il messaggio del vangelo a tutti gli uomini» (Mc 16,15). La nostra Chiesa novarese rinnova la sua adesione al mandato ricevuto, impegnandosi a ripensare i modi in cui realizzare la missione. Il disegno di questa trama dovrà essere visibile sia nelle nuove forme che lo Spirito ci indica, sia in tutte le modalità già sperimentate nella storia delle nostre terre e che non sono più efficaci o sufficienti per l’annuncio del Regno di Dio. Realizzeremo così le due dimensioni della missione indicate da papa Francesco, quella “programmatica” e quella “paradigmatica”. La prima ci consentirà di realizzare progetti di indole missionaria a favore delle periferie geografiche ed esistenziali e delle chiese di missione, la seconda ci consentirà di porre in chiave missionaria le azioni pastorali ordinarie.  

rete: la trama della missione, l’ordito della comunione, i nodi del territorio. La “trama della missione” è il compito irrinun-ciabile che Dio ha dato a ogni comunità cristia-na; favorire e sostenere l’incontro con il Risorto, rendendo presente in ogni luogo il mandato missionario di Gesù: «Andate in tutto il mondo e portate il messaggio del vangelo a tutti gli uomini» (Mc 16,15). La nostra Chiesa novarese rinnova la sua adesione al mandato ricevuto, impegnandosi a ripensare i modi in cui realizza-re la missione. Il disegno di questa trama dovrà essere visibile sia nelle nuove forme che lo Spi-rito ci indica, sia in tutte le modalità già speri-mentate nella storia delle nostre terre e che non sono più efficaci o sufficienti per l’annuncio del Regno di Dio. Realizzeremo così le due dimen-sioni della missione indicate da papa Francesco, quella “programmatica” e quella “paradigmati-ca” (cfr Discorso al CELAM, 3). La prima ci consentirà di realizzare progetti di indole mis-sionaria a favore delle periferie geografiche ed esistenziali e delle chiese di missione, la secon-da ci consentirà di porre in chiave missionaria le azioni pastorali ordinarie.

Testo precedente

NUMERO 23 [P 103 – NP 5 – PIM 56] Testo rivisto

23.  L’“ordito  della   comunione”.   Comunione  e  missione  sono  due  nomi  dello  stesso  incon-­‐tro   degli   uomini   con   il   Signore.   Per   questo  sono   necessariamente   congiunte   tra   loro,   al  punto  che  “la  comunione  rappresenta  la  sor-­‐gente   e   insieme   il   frutto   della   missione:   la  comunione  è  missionaria  e   la  missione  è  per  la   comunione”1.   “La  missionarietà   della   par-­‐rocchia   è   legata   alla   capacità   che   essa   ha   di  procedere   non   da   sola,   ma   articolando   nel  territorio   il   cammino   indicato   dagli   orienta-­‐menti  pastorali  della  diocesi  e  dai  vari   inter-­‐venti   del   vescovo”2.   Di   conseguenza   le   UPM  sono  una  scelta  di  comunione  ineludibile  per  rendere   efficace   la   stessa   azione   ordinaria  delle  comunità  cristiane.  Se  le  parrocchie  non  si   pensano   insieme   nell’ordito   della   comu-­‐nione  con  le  altre,  non  potranno  dare  una  ri-­‐posta  persuasiva  alle  domande  della  vita  del-­‐la   gente   (pastorale   giovanile,   accompagna-­‐mento   delle   famiglie,   caritas,   lavoro,   sanità,  cultura,   tempo   libero   e   sport,   missione,   mi-­‐

23. L’“ordito della comunione”. Comunione e missione sono due nomi dello stesso incontro degli uomini con il Signore. Per questo sono ne-cessariamente congiunte tra loro, al punto che «la comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione è missio-naria e la missione è per la comunione» (ChL 32). «La missionarietà della parrocchia è legata alla capacità che essa ha di procedere non da so-la, ma articolando nel territorio il cammino in-dicato dagli orientamenti pastorali della diocesi e dai vari interventi del magistero del vescovo» (CEI, Il volto missionario delle parrocchie, 11). Di conseguenza le UPM sono una scelta di co-munione ineludibile per rendere efficace la stes-sa azione ordinaria delle comunità cristiane. Se le parrocchie non si pensano insieme nell’ordito della comunione con le altre, non potranno dare una risposta persuasiva alle domande della vita della gente (primo annuncio, pastorale biblica e liturgica, pastorale giovanile, accompagnamento delle famiglie, caritas, lavoro, sanità, cultura,

                                                                                                               1  GIOVANNI  PAOLO  II,  Esortazione  apostolica  post-­‐sinodale  “Christifideles  laici”,  n.32  2  CEI,  Il  volto  missionario  delle  Parrocchie  in  un  mondo  che  cambia  (Nota  pastorale  2004),  n.  11  

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grantes,  ecc.)    

tempo libero e sport, missione, migrantes, ecc.).  

☐ (Sac. Ruspi Walter) 2 a cui aderisce Stefania Fadda Riga n. 6: “del vescovo”; MODIFICARE : “dei vescovi” Verificato testo originale del documento che però recita: …e dai vari interventi del magistero del vesco-vo».

☐ (Sig. Matteo Balzano) 5 Riga n. 7: “Se le parrocchie non si pensano insieme nell’ordito della comunione con le altre, non potranno dare una riposta persuasiva alle domande della vita della gente (pastorale giovanile, accompagnamento elle famiglie, caritas, lavoro, sanità, cultura, tempo libero e sport, missione, migrantes, ecc.)” MODIFICARE: “Se le parrocchie non si pensano insieme nell’ordito della comunione con le altre, non po-tranno dare una riposta persuasiva alle domande della vita della gente (fede, accostamento alla Scrittura, li-turgia, pastorale giovanile, accompagnamento delle famiglie, caritas, lavoro, sanità, cultura, tempo libero e sport, missione, migrantes, ecc.)” Emendamento accolto, riformulato secondo un criterio di omogeneità linguistica. *** Sig Martinetti Alessandro La missionarietà della parrocchia è legata alla capacità che essa ha di procedere non da sola, ma articolando nel territorio il cammino indicato dagli orientamenti pastorali della diocesi e dai vari interventi del vescovo." La citazione corretta è: "La missionarietà della parrocchia è legata alla capacità che essa ha di procedere non da sola, ma articolando nel territorio il cammino indicato dagli orientamenti pastorali della diocesi e dai vari interventi del magistero del vescovo." (CEI, Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia (Nota pastorale 2004), n. 11).

 Emendamento accolto. Si ringrazia per la verifica. *** Sig.ra Capelli Maria Luisa

Testo da modificare: riga n. 7

“Se le parrocchie non si pensano insieme nell’ordito della comunione con le altre, non potranno dare una ri-posta persuasiva alle domande della vita della gente (pastorale giovanile, accompagnamento elle famiglie, caritas, lavoro, sanità, cultura, tempo libero e sport, missione, migrantes, ecc.)” Nuovo testo proposto: “Se le parrocchie non si pensano insieme nell’ordito della comunione con le altre, non potranno dare una riposta persuasiva alle domande della vita della gente (fede, accostamento alla Scrittura, liturgia, pastorale giovanile, accompagnamento delle famiglie, caritas, lavoro, sanità, cultura, tempo libero e sport, missione, migrantes, ecc.)” Emendamento accolto.

Testo precedente

NUMERO 24 [P 124 – NP 4 – PIM 35] Testo rivisto

24. I “nodi del territorio”. Il territorio come luogo dove la gente vive, lavora, ama, lotta e spera, richiede un’attenzione privilegiata da parte della Chiesa. Infatti, qui dobbiamo “incarnare” l’annuncio evangelico in modo da renderlo più vicino alle esigenze delle persone che vi abitano. La parrocchia è la forma privilegiata di Chiesa per trasformare la vicinanza in casa e scuola di prossimità, la

24. I “nodi del territorio”. Il territorio inteso come luogo dove la gente vive, lavora, ama, lot-ta e spera, richiede un’attenzione privilegiata da parte della Chiesa. Infatti, qui dobbiamo “incar-nare” l’annuncio evangelico in modo da farlo ri-suonare nella vita delle persone che vi abitano. La parrocchia è la forma privilegiata di Chiesa per trasformare la vicinanza in casa e scuola di prossimità, la solitudine in legame di fraternità,

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solitudine in legame di fraternità, le situazioni di povertà in servizio a tutti, le debolezze educative in cammini di vita buona. Oggi sovente non c’è più coincidenza tra domicilio, luogo in cui si lavora, luogo in cui si svolge la vita sociale. Questi mutamenti, dovuti alla mobilità del lavoro e dei legami sociali, impongono di ripensare il rapporto della comunità parrocchiale con il territorio. La diversificata geografia della diocesi (la città, le zone di forte presenza turistica, le piccole realtà rurali, le zone montane, ecc.) richiede una maggior creatività nell’azione pastorale. In forme nuove bisogna dare un nome cristiano alla “voglia di comunità”: perché la parrocchia sia un’istituzione di prossimità, aperta a tutti e ciascuno, con il privilegio dei poveri 3 . Non potrà farlo che in accordo profondo con le altre parrocchie, soprattutto le vicine, in collaborazione con tutti i soggetti sociali presenti sul territorio.

le situazioni di povertà in servizio a tutti, le de-bolezze educative in cammini di vita buona. Oggi sovente non c’è più coincidenza tra domi-cilio, luogo in cui si lavora, luogo in cui si svol-ge la vita sociale. Questi mutamenti, dovuti alla mobilità del lavoro e dei legami sociali, impon-gono di ripensare il rapporto all’interno della comunità parrocchiale e con il territorio. Questo non è solo uno spazio geografico, ma si caratte-rizza per le relazioni fra i suoi abitanti. Il rispet-to reciproco fra le persone, il sostegno nella ri-cerca e nella crescita, la prossimità nelle fatiche e nelle cadute, la cura dell’ascolto e della ricon-ciliazione, aiutano la comunità cristiana a cre-scere in umanità e nella fede adulta, per essere segno vivo per tutti. La diversità geografica del-la diocesi (le città, le zone di forte presenza turi-stica, le piccole realtà rurali, le zone montane, ecc.) richiede una maggior creatività nell’azione pastorale nella fedeltà alle indicazioni diocesa-ne. In forme nuove bisogna dare un nome cri-stiano alla “voglia di comunità”: perché la par-rocchia sia un’istituzione di prossimità, aperta a tutti e ciascuno, con il privilegio dei poveri (Come sogni la Chiesa di domani?, pp. 60-67). Non potrà farlo che in accordo profondo con le altre parrocchie, soprattutto le vicine, e in colla-borazione con tutti i soggetti sociali presenti sul territorio.

☐ (Sig.ra Vera Cardoletti) 4 Da riga 7 a riga 8: "Questi mutamenti, dovuti alla mobilità del lavoro e dei legami sociali, impongono di ri-pensare il rapporto della comunità parrocchiale con il territorio"; MODIFICARE e AGGIUNGERE: “Questi mutamenti, dovuti alla mobilità del lavoro e dei legami sociali, indicano di ripensare i rapporti all’interno della comunità parrocchiale e delle stessa comunità con il terri-torio: la comunità non è solo una definizione di confini, ma si caratterizza, anche, per cosa fonda e alimenta le relazioni fra i suoi membri; il rispetto reciproco fra le persone, la valorizzazione e il sostegno nella ricer-ca e nella crescita, nelle fatiche e nelle cadute, l’ascolto e la riconciliazione, aiutano la comunità a crescere in umanità e fede e a essere più facilitata a compiere scelte giuste e appropriate per le persone che vi en-trano in relazione. Lo stesso è importante avvenga nei rapporti con il territorio in una logica di conoscenza, confronto e ricerca delle azioni più giuste per quanti lo frequentano". La prima parte dell’emendamento è accolta, con l’adesione aggiunta della Sig.ra Stefania Fadda. La seconda parte è introdotta in modo sintetico (il numero ha avuto complessivamente 124 placet) per non appesantire il testo. Questo non è solo uno spazio geografico, ma si caratterizza per le relazioni fra i suoi abitanti. Il ri-spetto reciproco fra le persone, il sostegno nella ricerca e nella crescita, la prossimità nelle fatiche e nelle cadute, la cura dell’ascolto e della riconciliazione, aiutano la comunità cristiana a crescere in umanità e nella fede adulta, per essere segno vivo per tutti. ☐ (Sig.ra Cristina Buissonin) Riga n. 7: dopo le parole “in cui si svolge la vita sociale” AGGIUNGERE: “Uno dei ruoli della diocesi sara’ tracciare il binario a cui le parrocchie/le u.p.m dovran-no rifarsi e potranno avere come punto di riferimento; adattando questi criteri e queste linee guida alla spe-

                                                                                                               3  Cfr.  BRAMBILLA  F.G.,  Lettera  pastorale  2013  “Come  sogni  la  Chiesa  di  domani?”,  cap.  3    

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cificita’ del territorio”. Si ritiene che questa precisazione sia sviluppata per il suo contenuto nell’aggiunta precedente. Per quanto ri-guarda il soggetto (la Diocesi che propone le linee guida con un’attenzione alla specificità del territorio) esso è indicato nel percorso delineato dai nn. 21-24

*** Sig.ra Chiara Alberganti Testo da modificare: riga n. 3 “qui dobbiamo incarnare l’annuncio evangelico, in modo da renderlo più vicino alle esigenze delle persone che vi abitano” Nuovo testo proposto: “qui dobbiamo incarnare l’annuncio evangelico, in modo da farne risuonare la vicinanza alle esigenze delle persone che vi abitano” Si propone una formula media più lineare: in modo da farlo risuonare nella vita delle persone che vi abitano. *** Sig.ra Stefania Fadda Da  riga  7  a  riga  8:  "Questi  mutamenti,  dovuti  alla  mobilità  del  lavoro  e  dei  legami  sociali,  impongono  di  ripensare  il  rapporto  della  comunità  parrocchiale  con  il  territorio";    MODIFICARE  :  Questi  mutamenti,  dovuti  alla  mobilità  del  lavoro  e  dei  legami  sociali,  impongono  di  ripen-­sare  i  rapporti  all’interno  della  comunità  parrocchiale  e  con  il  territorio".    Emendamento accolto. B.  ORIENTAMENTI  E  SCELTE  PASTORALI Il  volto  missionario  delle  parrocchie    

B.  IL  VOLTO  MISSIONARIO  DELLE  PARROCCHIE    

Testo precedente NUMERO 25 [P 115 – NP 6 – PIM 43]

Testo rivisto

25.  La parrocchia è Chiesa “che vive tra le case della gente”, la “fontana del villaggio”, che me-diante l’evangelizzazione e la catechesi, la litur-gia e la preghiera, la vita di comunione e il ser-vizio della carità, offre gli elementi essenziali del cammino del credente verso la pienezza del-la vita in Cristo, “la misura alta della vita cri-stiana” 4 vissuta nelle condizioni ordinarie dell’esistenza, valorizzando il carattere popolare della fede. Per questo una pastorale “paradigma-tica” ripenserà le sue azioni ordinarie rispon-dendo a questa semplice domanda: i gesti pasto-rali che facciamo la domenica e ogni giorno so-no capaci di generare alla fede e affascinare chi ci incontra?    

25. La pastorale “paradigmatica”. La parroc-chia è Chiesa “che vive tra le case della gente”, “fontana del villaggio” che, mediante l’evan-gelizzazione e la catechesi, la liturgia e la preghiera, la vita di comunione e il servizio della carità, offre gli elementi essenziali del cammino del credente verso la pienezza della vita in Cristo. In essa «la misura alta della vita cristiana» (NMI 31) è vissuta nelle condizioni ordinarie dell’esistenza, valorizzando il carat-tere popolare della fede. Pertanto una pastorale “paradigmatica” ripenserà le sue azioni ordinarie rispondendo a questa semplice doman-da: le azioni pastorali che facciamo la domenica e ogni giorno sono capaci di favorire l’incontro con la persona e l’umanità di Cristo per generare alla fede e affascinare chi ci incontra?

☐ (Sig. Matteo Balzano) 4 Riga n. 6: “i gesti”; MODIFICARE: “le azioni” Emendamento accolto.

                                                                                                               4    GIOVANNI  PAOLO  II,  Lettera  apostolica  “Novo  Millennio  Ineunte”,  n.  31  

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☐ (Sig.ra Donatella Rizzotti) 3 a cui aderisce sr. Luisa Damonte Riga n. 7: “sono capaci di generare alla fede e affascinare chi ci incontra?”; AGGIUNGERE nella frase: “sono capaci di favorire l’incontro con la persona e l’umanità di Cristo per ge-nerare alla fede e affascinare chi ci incontra?” Emendamento accolto. *** Sig.ra Chiara Alberganti Testo da modificare: riga n. 6. “sono capaci di generare alla fede” Nuovo testo proposto “sono capaci di avvicinare alla fede” Sembra più denso “generare alla fede”, mentre l’“avvicinare” è già contenuto nel seguito: “affascinare chi ci incontra”. *** Sig.ra Stefania Fadda Ultima  frase  :  Riga  n.  6:  “i  gesti  pastorali  che  facciamo  la  domenica  e  ogni  giorno”;    MODIFICARE: “i gesti che compiamo ogni giorno” Sembra opportuno mantenere anche la menzione specifica alla Domenica. *** Sig.ra Capelli Maria Luisa Testo da modificare: riga n. 6 “i gesti” Nuovo testo proposto : “le azioni” Emendamento accolto.

Testo precedente NUMERO 26 [P 83 – NP 7 – PIM 74]

Testo rivisto

26. . La vita di una comunità parrocchiale riser-va un posto importante, all’ascolto e all’annuncio della Parola di Dio. Questo deve avvenire in varie forme: l’iniziazione cristiana dei più piccoli nella fede, «non è una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e rea-lizzare se stessa come madre»5. Si dovranno i-noltre proporre itinerari di approfondimento e conoscenza della Scrittura, in particolare la Lec-tio divina e la lettura popolare della Bibbia, at-traverso diverse modalità e forme da adattare al-le singole situazioni. L’annuncio e l’ascolto del-la Parola sono essenziali per essere una comuni-tà parrocchiale generante che alimenta sempre di nuovo la vita dei suoi figli.

26. La fonte viva della Parola di Dio. La vita di una comunità parrocchiale riserva un posto de-cisivo all’ascolto, alla conoscenza e all’annun-cio della Parola di Dio. In un testo di rara bel-lezza la Dei Verbum quasi commentando la feli-ce espressione di Gregorio Magno “Scriptura crescit cum legente” (la Scrittura cresce con il lettore credente), afferma: «Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo: cresce, in-fatti, la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazio-ne e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con l’intelligenza data da una più profonda espe-rienza delle cose spirituali, sia per la predica-zione di coloro i quali con la successione epi-scopale hanno ricevuto un carisma sicuro di ve-rità» (DV 8). Il testo conciliare è come il “pro-gramma spirituale” della conoscenza personale e comunitaria della Parola di Dio. Questo può avvenire in varie forme pratiche. Anzitutto, l’annuncio della Parola di Dio è necessario per la vita del cristiano adulto: la parrocchia con i-

                                                                                                               5  CEI,  Annuncio  e  catechesi  per  la  vita  cristiana.  Lettera  alle  comunità,  ai  presbiteri  e  ai  catechisti  nel  quarantesimo  del  Documento  di  base  “Il  rinnovamento  della  catechesi”,  n.  14.  

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niziative stabili favorisca la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura, in par-ticolare attraverso la Lectio divina e la lettura popolare della Bibbia, letta e ascoltata nella fede della Chiesa e con l’intelligenza donata dallo Spirito. In secondo luogo, si recuperi il senso del catecumenato per l’iniziazione cristiana dei bambini e ragazzi (cfr. CEI, Incontriamo Gesù, 2014). Essa qualifica la parrocchia come chiesa madre perché, a partire dalle scelte consapevoli della famiglia, introduce i ragazzi nella vita cri-stiana ed ecclesiale, con una forte tonalità bibli-ca, liturgica e caritativa. L’annuncio e l’ascolto della Parola sono essenziali per essere una co-munità parrocchiale generante che alimenta sempre di nuovo la vita dei credenti.

� (Sig. Alessandro Martinetti) 2 RISCRIVERE PER INTERO: “La vita di una comunità parrocchiale non può sostentarsi senza un costante e intenso annuncio della Parola di Dio. Annunciare la Parola di Dio significa, come insegna il Concilio Va-ticano II (Dei Verbum, 10), annunciare e trasmettere il “sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa”, il quale è costituito “dalla sacra Tradizione e dalla sacra Scrittura” e la cui “interpretazione au-tentica” è “ufficio affidato al solo Magistero vivo della Chiesa”. Questo annuncio è pertanto alla base dell’iniziazione cristiana alla fede ed è essenziale affinché la comunità parrocchiale non solo generi alla fe-de ma operi per tenere desto e vigoroso il camminare dei suoi figli alla sequela di Cristo. Perché si attui efficacemente questo indispensabile annuncio della Parola di Dio sono necessari, oltre alla catechesi ordinaria, iniziative pastorali stabili e non saltuarie finalizzate alla conoscenza e all’approfondimento della Sacra Scrittura (ivi inclusa la pratica della Lectio divina) e alla formazione e all’approfondimento sulla dottrina della Chiesa, da modularsi opportunamente secondo le situazioni e i de-stinatari”.

☐ (Sig.ra Vera Cardoletti) 3 RISCRIVERE PER INTERO: “Una comunità parrocchiale sviluppa la sua vita, inoltre, mediante l’ascolto e l’annuncio della Parola di Dio, cercando di ridurre sempre più la distanza che intercorre tra la Parola e la Parola che lavora nel piano individuale e comunitario. Sono diverse le forme in cui la fantasia dei cri-stiani può esprimersi a questo riguardo, suscitata e stimolata dalle particolari situazioni esistenziali, geo-grafiche e storiche, a cominciare dall’iniziazione cristiana dei più piccoli nella fede, che «non è una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre»5; anche gli itinerari e le proposte di approfondimento e conoscenza della fede e della Scrittura nelle forme, in particolare, della Lectio Divina e della lettura popolare della Bibbia, aiutano a unire e ricentrare vita e Vangelo. La comunità può restare, così, viva e in grado di alimentare e generare continuamente quanti desiderano es-sere suoi figli”. Entrambi i modi propongono di riscrivere per intero il numero che per un solo voto manca della maggioranza semplice (83 su 84). D’altra parte le due riscritture per intero non hanno ricevuto un numero alto di consensi (in tutto 5 adesioni). Sotto il profilo del contenuto si ritiene necessario mantenere a questi numeri un preciso “profilo pastorale”, perché devono descrivere in concreto il “volto missionario delle parrocchie”.

☐ (Sig. Filiberti Fabrizio) 5 a cui aderisce sr. Luisa Damonte e si accosta anche il successivo modo. Riga n. 2: “Questo deve avvenire in varie forme: l’iniziazione cristiana dei più piccoli nella fede, «non è una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre»…”

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MODIFICARE: “Questo deve avvenire a partire da un annuncio adulto, fuori da scansioni scolarizzate, che recuperi il senso del catecumenato. In questo modo, anche l’iniziazione cristiana dei più piccoli risalta come attività specifica che qualifica la chiesa madre, a partire dalle scelte libere e consapevoli della famiglia, chiesa domestica”. *** Sig.ra Stefania Fadda Condivido  quasi  pienamente   l’emendamento  del   Sig.   Fabrizio   Filiberti,  ma  aggiungerei   anche  un  accenno  all’importanza  dell’attenzione  verso  gli  adulti  “in  ricerca”:  Riga n. 2: “Questo deve avvenire in varie forme: l’iniziazione cristiana dei più piccoli nella fede, «non è una delle tante attività della comunità cristiana, ma l’attività che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e realizzare se stessa come madre»…” MODIFICARE: “Questo deve avvenire a partire da un annuncio adulto, fuori da scansioni scolarizzate, che recuperi il senso del catecumenato. In questo modo, anche l’iniziazione cristiana dei più piccoli risalta come attività specifica che qualifica la chiesa madre, a partire dalle scelte libere e consapevoli della famiglia, chiesa domestica. Allo stesso tempo questo approccio porterebbe ad un più efficace sforzo volto ad intercet-tare le domande di senso che l’adulto contemporaneo porta nel cuore”.

� (Sig.ra Corsini Eleonora) 1 Riga n. 4: “Si dovranno inoltre proporre itinerari di approfondimento e conoscenza della Scrittura, in parti-colare la Lectio divina” MODIFICARE: “Ma eguale attenzione andra posta a cammini di formazione per adulti tra i quali rivestono particolare rilevanza itinerari di approfondimento e conoscenza della Scrittura, quali la Lectio divina” Le indicazioni del Sig. Filiberti (5 adesioni), delle sig.re Fadda e Corsini (2) introducono elementi interessan-ti che riguardano il profilo pastorale dell’ascolto e conoscenza della Parola della Parrocchia missionaria. La Presidenza – considerato il risultato complessivo della votazione su questo numero – che non ha raggiun-to la maggioranza semplice (83 su 84) e che ricevuto 74 iuxta modum, di cui però solo 12 risultano sottoscrit-ti ai modi, ha concluso prudenzialmente che il numero proposto da un lato non soddisfa sufficientemente e d’altra parte i modi proposti indicano tessere utili di riscrittura del numero, ma senza ottenere un consenso significativo. Perciò propone la riscrittura del testo nel modo seguente: 26. La fonte viva della Parola di Dio. La vita di una comunità parrocchiale riserva un posto deci-sivo all’ascolto, alla conoscenza e all’annuncio della Parola di Dio. In un testo di rara bellezza la Dei Verbum quasi commentando la felice espressione di Gregorio Magno “Scriptura crescit cum legente” (la Scrittura cresce con il lettore credente), afferma: «Questa Tradizione di origine aposto-lica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo: cresce, infatti, la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con l’intelligenza data da una più profonda esperien-za delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (DV 8). Il testo conciliare è come il “programma spirituale” della conoscenza personale e comunitaria della Parola di Dio. Questo può avvenire in varie forme pratiche. Anzitutto, l’annuncio della Parola di Dio è necessario per la vita del cristiano adulto: la parrocchia con iniziative stabili favorisca la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura, in particolare attraverso la Lectio divina e la lettura popolare della Bibbia, letta e ascoltata nella fede della Chiesa e con l’intelligenza donata dallo Spirito. In secondo luogo, si recuperi il senso del cate-cumenato per l’iniziazione cristiana dei bambini e ragazzi (cfr. CEI, Incontriamo Gesù, 2014). Essa qualifica la parrocchia come chiesa madre perché, a partire dalle scelte consapevoli della famiglia, introduce i ragazzi nella vita cristiana ed ecclesiale, con una forte tonalità biblica, liturgica e carita-tiva. L’annuncio e l’ascolto della Parola sono essenziali per essere una comunità parrocchiale gene-rante che alimenta sempre di nuovo la vita dei credenti.

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Testo precedente NUMERO 27 [P 123 – NP 4 – PIM 36]

Testo rivisto

27.   Il  momento   culminante   per   la   vita   della  comunità   cristiana   è   la   centralità   del  Giorno  del   Signore   attraverso   la   celebrazione  dell’Eucaristia   o,   dove   non   fosse   possibile,  l’incontro   della   comunità   attorno   alla   cele-­‐brazione   della   Parola.   A   partire   da   questo  momento   sorgivo,   che   è   la   Pasqua   setti-­‐manale,  devono  irradiarsi  tutte  le  altre  forme  di  celebrazione  e  di  preghiera,  da  quelle  indi-­‐viduali  a  quelle  comunitarie.  I  momenti  feriali  della  vita  della  parrocchia   illuminano,   con   la  luce  pasquale,  le  vicende  della  vita  ordinaria,  in  particolare   i  momenti  di   gioia   e  di  dolore  (nascita,   crescita,   matrimonio,   lavoro,   soffe-­‐renza,   morte).   La   parrocchia   offre   la   grazia  dei   sacramenti   cristiani   nelle   diverse   fasi  dell’esistenza,    manifestando   la   cura   amore-­‐vole  di  Dio  nella  vita  delle  persone.   I  diversi  momenti  celebrativi,  secondo   lo  svolgimento  sapiente  dell’anno  liturgico,  vanno  valorizzati  per   alimentare   il   cammino   di   vita   spirituale  delle  persone,  delle  famiglie  e  delle  comunità  cristiane.    

27. La centralità del Giorno del Signore. Il momento culminante per la vita della comunità cristiana è la centralità del Giorno del Signore attraverso la celebrazione dell’Eucaristia dome-nicale. A partire da questo momento sorgivo, che è la Pasqua settimanale, devono irradiarsi tutte le altre forme di celebrazione e di preghie-ra, da quelle individuali a quelle comunitarie. I momenti feriali della vita della parrocchia illu-minano, con la luce pasquale, le vicende della vita ordinaria, in particolare i momenti di gioia e di dolore (nascita, crescita, matrimonio, lavo-ro, sofferenza, morte). La parrocchia offre la grazia dei sacramenti cristiani nelle diverse fasi dell’esistenza, manifestando la cura amorevole di Dio nella vita delle persone. I diversi momen-ti celebrativi, secondo lo svolgimento sapiente dell’anno liturgico, vanno valorizzati per ali-mentare il cammino di vita spirituale delle per-sone, delle famiglie e delle comunità cristiane, favorendone una partecipazione consapevole, fruttuosa, effettiva, ardente di fede, di speranza viva e di carità operosa.

Numero a cui mancano solo 4 voti per raggiungere i due terzi: si sono d’altra parte recepiti i modi migliora-tivi proposti. ☐ (Sig. Lebra Andrea) Ultima riga: AGGIUNGERE in fine: “favorendone una partecipazione consapevole, attiva, fruttuo-sa, piena, effettiva, esterna e interna, ardente di fede salda, di speranza viva e di carità operosa”. Testo recepito in parte, alleggerendolo da un po’ di ridondanza.

☐ (Sig. Martinetti Alessandro) Riga n. 2, SOPPRIMERE le parole: “o, dove non fosse possibile l’incontro della comunità intorno alla celebrazione della Parola”.

☐  (Sig.  Matteo  Balzano) 2 Riga n. 2: “o dove non fosse possibile, l’incontro della comunità attorno alla celebrazione della Parola”; MODIFICARE: “o, finchè si rende necessario, l’incontro della comunità attorno alla celebrazione della Pa-rola” Testo eliminato in questo numero: s’introdurrà in altro luogo opportuno la menzione delle Liturgia festiva della Parola in assenza di Celebrazione eucaristica, approvata dalla Conferenza Episcopale Piemontese e recepita nella nostra Diocesi, con approvazione del Consiglio Presbiterale e decreto del Vescovo, con relati-ve norme attuative.

Testo precedente

NUMERO 28 [P 88 – NP 5 – PIM 69] Testo rivisto

28.  Ogni comunità parrocchiale, è chiamata a essere casa e scuola di carità. L’accoglienza verso chiunque si rivolga alla parrocchia,

28. Casa e scuola di carità. Ogni comunità par-rocchiale è chiamata a essere casa e scuola di carità. L’accoglienza verso chiunque si rivolga

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l’attenzione alle problematiche umane, la dispo-nibilità delle persone della comunità, la cura delle relazioni, la partecipazione ai problemi so-ciali, la sensibilità verso le situazioni personali, sono un tratto che deve caratterizzare una par-rocchia perché sia un ambiente aperto e ospitale. In ogni comunità parrocchiale non possono mancare occasioni, momenti, iniziative, finaliz-zate a rendere concreta questa sensibilità nei confronti degli ultimi, degli ammalati, di chi ha problemi economici, di chi è solo, di chi vive ai margini della società, di chi fa fatica a integrar-si, degli immigrati. Bisogna perciò potenziare le Caritas, con i centri di ascolto, per una risposta competente ai bisogni, ma è necessario che il servizio non sia delegato agli “specialisti della carità”, ma sensibilizzi sempre tutta la comuni-tà. Soprattutto i ragazzi e i giovani vanno coin-volti in esperienze di carità e missione con pro-getti adatti alla loro età e cultura.      

alla parrocchia, l’attenzione alle problematiche umane, la disponibilità delle persone della co-munità, la cura delle relazioni, la partecipazione ai problemi sociali, la sensibilità verso le situa-zioni personali, sono tratti che devono caratte-rizzare una parrocchia perché sia un ambiente aperto e ospitale. Il privilegio dei poveri chiede oggi attenzione anche per le persone e le fami-glie: coppie separate, famiglie con figli disabili, situazioni di grave malattia, anziani soli nelle loro case, famiglie chiuse nel proprio apparta-mento, immigrati. In ogni comunità parrocchia-le non possono mancare occasioni, momenti, i-niziative, finalizzate a rendere concreta questa sensibilità nei confronti degli ultimi. Nell’ambito delle UPM siano perciò potenziate le Caritas, collegando i centri di ascolto tra le parrocchie, per dare una risposta più competen-te ed efficace ai bisogni. Il servizio non sia de-legato agli “specialisti della carità”, ma sensibi-lizzi sempre tutta la comunità. La famiglia va valorizzata quale luogo in cui imparare e vivere la solidarietà e l’attenzione all’altro. Soprattutto i ragazzi e i giovani vanno coinvolti in esperien-ze di carità con progetti adatti alla loro età e cul-tura.  

☐ (Sig.ra. Donatella Rizzotti) 6 a cui aderisce sr. Luisa Damonte AGGIUNGERE al testo le parole in grassetto: “Ogni comunità parrocchiale, è chiamata a essere casa e scuola di carità. L’accoglienza verso chiunque si rivolga alla parrocchia, l’attenzione alle problematiche umane, la disponibilità delle persone della comuni-tà, la cura delle relazioni, la partecipazione ai problemi sociali, la sensibilità verso le situazioni personali, sono un tratto che deve caratterizzare una parrocchia perché sia un ambiente aperto e ospitale. La parroc-chia deve avere il privilegio dei poveri, soprattutto dei poveri di relazioni, persone e famiglie sole: coloro che vivono la separazione, le famiglie che vivono la realtà di un figlio disabile, situazioni di grave malatti-a, gli anziani spesso soli nelle loro case, le famiglie “normali” chiuse nel proprio appartamento. Dovremo quindi verificare le nostre attività pastorali perché abbiano sempre una prospettiva relazionale e fraterna. In ogni comunità parrocchiale non possono mancare occasioni, momenti, iniziative, finalizzate a rendere concreta questa sensibilità nei confronti degli ultimi, degli ammalati, di chi ha problemi economici, di chi è solo, di chi vive ai margini della società, di chi fa fatica a integrarsi, degli immigrati. Bisogna perciò poten-ziare le Caritas, con i centri di ascolto, per una risposta competente ai bisogni, ma è necessario imparare che è più efficace ed efficiente rispondere ai bisogni coordinando e collaborando con le diverse parroc-chie vicine o dell’UPM, perché non si moltiplichiamo soltanto i centri di ascolto, ma si organizzi l’aiuto ai poveri con uno stile più “imprenditoriale”, e in secondo luogo che il servizio non sia delegato agli “specia-listi della carità”, ma sensibilizzi sempre tutta la comunità. Soprattutto i ragazzi e i giovani vanno coinvolti in esperienze di carità e missione con progetti adatti alla loro età e cultura.... ” I due testi in grassetto proposti sono recepiti e alleggeriti per non appesantire il testo nel seguente modo: Il privilegio dei poveri chiede oggi attenzione anche per le persone e le famiglie: coppie separate, famiglie con figli disabili, situazioni di grave malattia, anziani soli nelle loro case, famiglie chiuse nel proprio appartamento, immigrati.…  Nell’ambito delle UPM siano perciò potenziate le Caritas, collegando i centri di ascolto tra le par-rocchie, per dare una risposta più competente ed efficace ai bisogni.

☐ (Sig.ra Corsini Eleonora) 2

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Riga n. 9 “sensibilizzi sempre tutta la comunità. Soprattutto i ragazzi e i giovani vanno coinvolti in esperien-ze di carità e missione con progetti adatti alla loro età e cultura”; MODIFICARE: “sensibilizzi sempre tutta la comunità. La famiglia va valorizzata quale luogo dove impara-re e vivere la solidarietà e l’attenzione all’altro. Soprattutto i ragazzi e i giovani vanno coinvolti in esperien-ze di carità e missione con progetti adatti alla loro età e cultura”. Emendamento accolto.

Testo precedente NUMERO 29 [P 33 – NP 11 – PIM 122]

Testo rivisto

29. Nella nostra diocesi vi sono molte piccole parrocchie che, se da una parte conservano un forte senso di comunità, nello stesso tempo non possono garantire sempre la presenza degli elementi essenziali sopra descritti, perché vi sia una comunità cristiana. Per questo motivo, il Sinodo stabilisce che, secondo il giudizio dell’Ordinario e sentiti i Consigli Pastorali, le parrocchie sotto i duecento/trecento abitanti siano collegate con una parrocchia “madre”. A queste Parrocchie “sussidiarie” sarà assicurata una presenza significativa di vita ecclesiale: la celebrazione dell’Eucaristia o la Liturgia festiva della Parola, con l’impegno graduale a coordinare i momenti pastorali con la parrocchia madre. Si costituirà un’équipe pastorale composta dal parroco unico, da collaboratori religiosi e laici di ogni parrocchia, per programmare insieme le proposte e i cammini pastorali. La   parrocchia   “sussidiaria”   manterrà   la   sua  personalità  giuridica  per  la  cura  e  la  gestione  dei   beni   che   le   appartengono,   attraverso   un  unico  CAEP  che  favorisca  uno  spirito  solidale  tra  le  piccole  parrocchie  e  la  Chiesa  madre.    

29. La “Collaborazioni pastorali” tra le piccole parrocchie. Nella nostra diocesi vi sono molte piccole parrocchie che, se da una parte conser-vano un forte senso di appartenenza, nello stes-so tempo faticano a vivere in modo significativo gli elementi essenziali per l’esperienza di una comunità cristiana. Si stabilisce una nuova for-ma di aggregazione tra queste parrocchie: se-condo il giudizio dell’Ordinario e sentiti i Con-sigli Pastorali, le parrocchie sotto i duecen-to/trecento abitanti siano unite tra loro come “Collaborazioni pastorali”. Sarà indicata una Parrocchia di riferimento, dove abiterà il parro-co e, con adeguati strumenti di partecipazione, si renderà efficace la “collaborazione pastorale” con le altre le parrocchie. L’Ordinario terrà pre-sente i seguenti criteri: il numero degli abitanti, la vicinanza territoriale e l’unicità del parroco. In ogni parrocchia verrà assicurata una presenza significativa di vita ecclesiale: la celebrazione festiva (Eucarestia domenicale o, turnando, la Liturgia Festiva della Parola), momenti di pre-ghiera comunitaria e tempi opportuni per la ce-lebrazione della Penitenza. Il luogo degli altri momenti sacramentali e pastorali sarà concorda-to collegialmente, tenendo presente le specifici-tà e le necessità delle singole parrocchie. Si do-vrà favorire la costituzione di un unico Consi-glio Pastorale interparrocchiale che coordini il cammino pastorale unitario. Secondo il Diritto Canonico, in ogni parrocchia resta il Consiglio Parrocchiale per gli Affari E-conomici ma la gestione economica delle “Col-laborazioni pastorali” dovrà avvenire in modo solidale, scegliendo un Economo in aiuto al Par-roco, per coordinare gli interventi, condividere le risorse economiche e favorire lo svolgimento delle attività, l’utilizzo complementare degli ambienti, la cura e la manutenzione dei beni. .

☐ (Sac. Cozzi Renzo) 8 a cui aderisce Stefania Fadda e sr. Luisa Damonte

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RISCRIVERE PER INTERO: “La presenza di molte parrocchie con un numero esiguo di abitanti, che non riescono più a soddisfare parte degli elementi essenziali sopra descritti, impone alla Diocesi un cambiamen-to nel modello di organizzazione parrocchiale. Considerando che spesso queste piccole realtà conservano un forte senso di comunità, si ritiene necessario non mortificarlo con la soppressione dell’ente. Per questo motivo viene stabilita una nuova forma di aggregazione tra le Parrocchie. Per evitare ogni elemento di su-bordinazione, le parrocchie aggregate saranno indicate con il termine “parrocchie solidali” (PS). Tra le PS si dovrà scegliere una Parrocchia come riferimento, dove abiterà il parroco, e, con adeguati strumenti di partecipazione, si renderà efficace la comunione pastorale. Le condizioni essenziali per chiedere all’Ordinario la costituzione di questo sodalizio saranno: il numero degli abitanti, la vicinanza territoriale e l’unicità del parroco. La gestione delle comunità dovrà avvenire in modo solidale, condividendo eventualmente le risorse econo-miche per permettere lo svolgimento delle attività, l’utilizzo, la cura e la manutenzione dei beni. In ogni parrocchia del sodalizio dovrà essere assicurata una presenza significativa di vita ecclesiale: la ce-lebrazione festiva (Eucarestia o Liturgia della Parola), momenti settimanali di preghiera comunitaria e tem-pi opportuni per la celebrazione della Penitenza. Il luogo degli altri momenti sacramentali e pastorali verrà concordato collegialmente, tenendo presente le specificità e le necessità delle singole parrocchie. Conservando, per Diritto Canonico, in ogni parrocchia il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, si favorirà la costituzione di un unico Consiglio Pastorale (inter-parrocchiale CPPS), che coordini il cam-mino pastorale unitario e sia punto di riferimento dei vari CPAE per la gestione economica”. La riscrittura completa del numero proposta da don Cozzi riceve 10 adesioni su 122 iuxta modum

☐ (Sig. Balzano Matteo) 4 Sostituire i termini “parrocchia madre” e “parrocchia sussidiaria”. Relativamente ai nn. 29-30: Scorporare i periodi riguardanti i CAEP per formare un unico numero relativo ai Consigli per Affari Economici Vedi modo di don Cozzi. *** Sig. Carlo Pavesi Testo da modificare: 29. Nella nostra diocesi vi sono molte piccole parrocchie che, se da una parte conservano un forte senso di comunità, nello stesso tempo non possono garantire sempre la presenza degli elementi es-senziali sopra descritti, perché vi sia una comunità cristiana. Per questo motivo, il Sinodo stabilisce che, secondo il giudizio dell’Ordinario e sentiti i Consigli Pastorali, le parrocchie sotto i duecen-to/trecento abitanti siano collegate con una parrocchia “madre”. A queste Parrocchie “sussidiarie” sarà assicurata una presenza significativa di vita ecclesiale: la celebrazione dell’Eucaristia o la Li-turgia festiva della Parola, con l’impegno graduale a coordinare i momenti pastorali con la parroc-chia madre. Si costituirà un’équipe pastorale composta dal parroco unico, da collaboratori religiosi e laici di o-gni parrocchia, per programmare insieme le proposte e i cammini pastorali. La parrocchia “sussidiaria” manterrà la sua personalità giuridica per la cura e la gestione dei beni che le appartengono, attraverso un unico CAEP che favorisca uno spirito solidale tra le piccole par-rocchie e la Chiesa madre. Nuovo testo proposto: 29. Nella nostra diocesi vi sono molte piccole parrocchie che, se da una parte conservano un forte senso di comunità, nello stesso tempo non riescono sempre a garantire la presenza degli elementi essenziali sopra descritti, perché vi sia una comunità cristiana. Per questo motivo si rende necessa-ria l’integrazione delle funzioni tra parrocchie che abbiano una popolazione ridotta. Il Sinodo ri-tiene di indicare orientativamente in trecento abitanti la dimensione minima di una parrocchia. Conseguentemente le parrocchie al di sotto di tale dimensione dovranno integrarsi tra loro ovvero con una parrocchia più grande. Per evitare posizioni di subordinazione le parrocchie integrate sceglieranno in comune il luogo dove abiterà il parroco, concorderanno adeguati strumenti di par-tecipazione paritaria e daranno vita ad un Consiglio Pastorale Inter-Parrocchiale coordinato da un sacerdote dell’Unità Pastorale Missionaria. In ogni parrocchia dovrà comunque essere assicu-rata una significativa presenza di vita ecclesiale: la celebrazione dell’Eucaristia o la Liturgia festi-va della Parola, momenti di preghiera comunitaria e la celebrazione della Penitenza.

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Ciascuna parrocchia manterrà la propria personalità giuridica per la cura e la gestione dei beni che le appartengono, attraverso un unico CAEP che favorisca uno spirito solidale tra le parrocchie integrate. La proposta del sig. Pavesi contiene elementi utili e preziosi per la nuova formulazione del numero.

☐ (Sig.ra Corsini Eleonora) 1 Riga n. 8: “Si costituirà un’équipe pastorale composta dal parroco unico, da collaboratori religiosi e laici di ogni parrocchia, per programmare insieme le proposte e i cammini pastorali”; MODIFICARE “Si costituirà un’équipe pastorale composta dal sacerdote, da religiosi e laici, tra questi an-che copie di sposi, di ogni parrocchia, che in ottica di corresponsabilità collaboreranno per progettare e programmare insieme le proposte e i cammini pastorali”. Il tema dell’équipe pastorale è rinviato alla Tappa seguente, quando si parlerà dei nuovi ministeri e dei nuovi soggetti pastorali. ☐ (Sig. Alessandro Martinetti) Riga n. 5: “A queste Parrocchie “sussidiarie” sarà assicurata una presenza significativa di vita ecclesiale: la celebrazione dell’Eucaristia o la Liturgia festiva della Parola, con l’impegno graduale a coordinare i momenti pastorali con la parrocchia madre.” SOSTITUIRE con: “Si farà tutto il possibile perché la Domenica e nelle altre feste di precetto, cioè quando “i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa” (CIC can. 1247), anche nelle parrocchie “sussi-diarie” sia celebrata l’Eucaristia. Qualora, per gravi motivi, ciò non fosse possibile, sarà inderogabile do-vere pastorale del parroco adoperarsi per agevolare la partecipazione alla Santa Messa dei fedeli delle par-rocchie “sussidiarie”, premurandosi, in collaborazione con i laici, di mettere a disposizione i mezzi di tra-sporto per raggiungere la parrocchia in cui si celebra l’Eucaristia, affinché per nessun fedele che desideri osservare il precetto festivo osti all’adempimento di tale dovere, grave e soave a un tempo, il fatto di non di-sporre dei mezzi di locomozione necessari” La preoccupazione del Sig. Martinetti è sacrosanta e dovrà essere in ogni modo favorita. Resta nondimeno il fatto che alcune persone (soprattutto persone anziane) non possono e talvolta non vogliano raggiungere un luogo diverso dalla propria Chiesa. Nella nostra Diocesi da molti anni vi sono valli che hanno un servizio pa-storale domenicale per la Preghiera liturgica festiva, in assenza di celebrazione eucaristica. Ora la Diocesi di-spone (recependo il testo della Conferenza Episcopale Piemontese) di una Liturgia Festiva della Parola, in assenza di celebrazione eucaristica, con norme precise di attuazione per custodire il “grave dovere morale” di partecipazione all’Eucaristia domenicale. In ogni caso in una piccola parrocchia, non si celebrerà sempre e solamente la Liturgia Festiva della Parola, proprio per sottolineare il valore assoluto dell’Eucaristia domeni-cale.

☐ (Sac. Carlo Bonasio) 3 Dopo il punto alla decima riga AGGIUNGERE: “Per le comunità dove la presenza del sacerdote non potrà essere quotidiana, sarà necessario preparare una nuova figura ministeriale: “l’animatore di comunità”, il cui compito non sarà quello di occuparsi di un settore, ma di “tenere insieme” la comunità, non dimenti-cando la sua storia. Suo compito sarà quello di essere punto di riferimento “feriale” della comunità stessa e, contemporaneamente, essere la figura di collegamento con il parroco” Il tema dell’“animatore di comunità” è rinviato alla Tappa seguente, quando si parlerà dei nuovi ministeri e dei nuovi soggetti pastorali. La Presidenza ha considerato il risultato complessivo della votazione su questo numero [P 33 – NP 11 – PIM 122] che ha raggiunto solo 33 placet e 122 iuxta modum. Solo 13 hanno aderito a una qualche proposta di riscrittura del numero (8 don Cozzi + 4 sig. Balzano + 1 Sig Pavesi). Per questo la Presi-denza, recependo alcuni suggerimenti utili ricevuti nei modi, ha riscritto il numero nella maniera se-guente, tenendo conto di altre esperienze in Italia (cf Treviso): 29. La “Collaborazioni pastorali” tra le piccole parrocchie. Nella nostra diocesi vi sono molte pic-cole parrocchie che, se da una parte conservano un forte senso di appartenenza, nello stesso tempo faticano a vivere in modo significativo gli elementi essenziali per l’esperienza di una comunità cri-

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stiana. Si stabilisce una nuova forma di aggregazione tra queste parrocchie: secondo il giudizio dell’Ordinario e sentiti i Consigli Pastorali, le parrocchie sotto i duecento/trecento abitanti siano u-nite tra loro come “Collaborazioni pastorali”. Sarà indicata una Parrocchia di riferimento, dove abi-terà il parroco e, con adeguati strumenti di partecipazione, si renderà efficace la “collaborazione pa-storale” con le altre le parrocchie. L’Ordinario terrà presente i seguenti criteri: il numero degli abi-tanti, la vicinanza territoriale e l’unicità del parroco. In ogni parrocchia verrà assicurata una presen-za significativa di vita ecclesiale: la celebrazione festiva (Eucarestia domenicale o, turnando, la Li-turgia Festiva della Parola), momenti di preghiera comunitaria e tempi opportuni per la celebrazio-ne della Penitenza. Il luogo degli altri momenti sacramentali e pastorali sarà concordato collegial-mente, tenendo presente le specificità e le necessità delle singole parrocchie. Si dovrà favorire la costituzione di un unico Consiglio Pastorale interparrocchiale che coordini il cammino pastorale u-nitario. Secondo il Diritto Canonico, in ogni parrocchia resta il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Eco-nomici ma la gestione economica delle “Collaborazioni pastorali” dovrà avvenire in modo solidale, scegliendo un Economo in aiuto al Parroco, per coordinare gli interventi, condividere le risorse e-conomiche e favorire lo svolgimento delle attività, l’utilizzo complementare degli ambienti, la cura e la manutenzione dei beni.

Testo precedente NUMERO 30 [P 72 – NP 10 – PIM 80]

Testo rivisto

30.  La  struttura  essenziale  ed  indispensabile  alla  vita  di  una  parrocchia  è  la  chiesa  parroc-­‐chiale,   luogo   di   incontro   della   comunità   in  preghiera.   Altri   spazi   per   gli   incontri   della  comunità  e  per  attività  caritative  potranno,  e  ove   necessario   dovranno,   essere   in   comune  ed   eventualmente   adattate   e   riutilizzate   te-­‐nendo  conto  dei  bisogni  dell’unità  pastorale.  La  gestione  di   tali   strutture,   spesso  molto  o-­‐nerosa,   soprattutto   nelle   piccole   parrocchie,  deve   essere   a   carico   della   comunità   intera.  Poiché  molte  di  esse,  come  chiese  sussidiarie,  cappelle  e  luoghi  di  devozione,  sono  testimo-­‐nianza  di  un’eredità  religiosa  e  artistica  pre-­‐ziosa  appartenente  alla  storia  della  comunità,  non  devono  essere  dismesse,  ma  valorizzate  purché   rispondano   a   reali   bisogni   pastorali.  Si  dovrà  procedere  a  una  mappatura  di   tutti  questi   beni,   per   avere   a   disposizione   nel  tempo  un  piano  per  la  cura  e  la  conservazio-­‐ne  dei  beni  ecclesiali   che  non  sia   solo  emer-­‐genziale  ma  capace  di   saggia  previsione.  Per  questo  è  obbligatorio  dotare  ogni  parrocchia,  o  più  parrocchie  tra   loro  collegate,  di  un  CA-­‐EP,   per   cui   verranno   stabiliti   i   criteri   di   ele-­‐zione  e  nomina  e   le   competenze  di   esercizio  da   uno   Statuto   emanato   dall’Ordinario   e   a-­‐dattabile  alle  situazioni  particolari.  Sarà  fissa-­‐ta   per   tutta   la   Diocesi   una   data   comune  d’inizio  mandato  (quinquennale)  dei  CAEP.  

30. La cura dei beni ecclesial.i La  vita  di  una  parrocchia   esige   una   corretta   gestione   dei  beni  e  delle   strutture  parrocchiali.  Tra questi beni vi sono: la chiesa parrocchiale, la casa ca-nonica e gli ambienti destinati all’educazione religiosa, al servizio della carità e agli incontri della comunità. Se la chiesa parrocchiale è es-senziale per ogni comunità, le altre strutture possono però essere comuni a più parrocchie. Il patrimonio religioso, culturale e pastorale va conservato, garantendo l’accessibilità, la sicu-rezza e l’accoglienza. Ogni immobile ecclesia-stico deve essere adeguato alle norme di legge vigenti in materia igienico-sanitaria, di preven-zione degli incendi e di sicurezza degli impianti. La Diocesi ha già emanato opportune istruzioni attraverso il Vademecum per la gestione e l’amministrazione della Parrocchia (2013), do-ve sono indicate le attenzioni e le istruzioni, alle quali ogni ente ecclesiastico è tenuto ad attener-si scrupolosamente. In tale attività le parrocchie siano coadiuvate da équipe di esperti presenti nei diversi territori. Per questo è obbligatorio dotare ogni parrocchia di un CAEP. Il CAEP è regolato dallo Statuto, emanato nel Vademecum (pag.60-64). Sarà fis-sata per tutta la Diocesi una data comune d’inizio mandato (quinquennale) dei CAEP. Il mandato dei componenti durerà non più di due volte consecutive.

☐ (Sac. Renzo Cozzi) 8 a cui aderisce sr. Luisa Damonte

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Il punto andrebbe posto dopo il capitolo sulle UPM. RISCRIVERE PER INTERO: “Per adempiere la missione pastorale delle PS e delle UPM, è fondamentale una corretta gestione dei beni e delle strutture parrocchiali. Tra questi beni sono primari: la chiesa parroc-chiale, la casa canonica e gli ambienti destinati all’educazione religiosa, al servizio della carità e agli in-contri della comunità. Se la chiesa parrocchiale è essenziale per ogni comunità, le altre strutture possono essere comuni a più parrocchie. Il patrimonio religioso, culturale e pastorale va conservato, garantendo l’accessibilità, la sicurezza e l’accoglienza. Ogni immobile ecclesiastico deve essere adeguato alle norme di legge vigenti in materia igie-nico-sanitaria, di prevenzione degli incendi e di sicurezza degli impianti. Il bene deve essere mantenuto in buono stato attraverso un programma di manutenzione ordinaria, coperto da polizza assicurativa sulla re-sponsabilità civile e gestito con l’attenzione amministrativa del “buon padre di famiglia”. La gestione dei beni ecclesiastici è affidata al parroco, coadiuvato dal proprio Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici. La vigilanza canonica e il controllo preventivo da parte dell’Ordinario devono essere considerati come “una fraterna collaborazione nel quadro di una comunità gerarchicamente ordinata” (I-MA n. 60). A tal proposito la Diocesi ha già emanato opportune istruzioni attraverso il “Vademecum per la gestione e l’amministrazione della Parrocchia” (2013), alle quali ogni ente ecclesiastico è tenuto ad atte-nersi scrupolosamente. Le parrocchie devono procedere al lavoro di riordino e di inventariazione dei beni immobili, valutandone l’importanza in ordine al culto e alla pastorale in relazione alle esigenze effettive delle nuove realtà (PS e UPM)”. *** Don Ernesto Bozzini con i sinodali Ovest Ticino Aggiunta all’emendamento 30 di don Renzo Cozzi: "In tale attività le parrocchie siano coadiuvate da équipe di esperti presenti nei diversi territori."

Emendamento accolto.

*** Sig. Carlo Pavesi Testo da modificare: Penultimo paragrafo 30 Per questo è obbligatorio dotare ogni parrocchia, o più parrocchie tra loro collegate, di un CAEP, per cui verranno stabiliti i criteri di elezione e nomina e le competenze di esercizio da uno Statuto emanato dall’Ordinario e adattabile alle situazioni particolari. Nuovo testo proposto 30. Per questo è obbligatorio dotare ogni parrocchia, o le parrocchie integrate, di un CAEP. Il CAEP sarà regolato da uno Statuto, emanato dall’Ordinario previa consultazione dei Vicaria-ti, nel quale saranno stabiliti i criteri di elezione e nomina e le competenze di esercizio. Emendamento accolto *** Sig.ra Capelli Maria Luisa

Testo da modificare: Riscrivere per intero (riprende il testo di don Cozzi) Nuovo testo proposto: RISCRIVERE PER INTERO: “Per adempiere la missione pastorale delle PS e delle UPM, è fondamentale una corretta gestione dei beni e delle strutture parrocchiali. Tra questi beni sono pri-mari: la chiesa parrocchiale, la casa canonica e gli ambienti destinati all’educazione religiosa, al servizio del-la carità e agli incontri della comunità. Se la chiesa parrocchiale è essenziale per ogni comunità, le altre strut-ture possono essere comuni a più parrocchie. Il patrimonio religioso, culturale e pastorale va conservato, garantendo l’accessibilità, la sicurezza e l’accoglienza. Ogni immobile ecclesiastico deve essere adeguato alle norme di legge vigenti in materia igie-nico-sanitaria, di prevenzione degli incendi e di sicurezza degli impianti. Il bene deve essere mantenuto in buono stato attraverso un programma di manutenzione ordinaria, coperto da polizza assicurativa sulla re-sponsabilità civile e gestito con l’attenzione amministrativa del “buon padre di famiglia”. La gestione dei beni ecclesiastici è affidata al parroco, coadiuvato dal proprio Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici. La vigilanza canonica e il controllo preventivo da parte dell’Ordinario devono essere con-siderati come “una fraterna collaborazione nel quadro di una comunità gerarchicamente ordinata” (IMA n. 60). A tal proposito la Diocesi ha già emanato opportune istruzioni attraverso il “Vademecum per la gestione e l’amministrazione della Parrocchia” (2013), alle quali ogni ente ecclesiastico è tenuto ad attenersi scrupo-losamente.

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Le parrocchie devono procedere al lavoro di riordino e di inventariazione dei beni immobili, valutandone l’importanza in ordine al culto e alla pastorale in relazione alle esigenze effettive delle nuove realtà (PS e PS e UPM)”. *** Don Roberto Salsa Si  propone  questa  aggiunta  alla  fine  del  numero:  Il  mandato  è  rinnovabile.  Emendamento accolto, ma con l’indicazione di non più di due mandati di seguito, altrimenti la for-mulazione non esclude che sia sempre rinnovabile, così che è contradditorio allora aggiungere l’espressione. Appartiene alla prassi universale della Chiesa l’indicazione di non più di due mandati consecutivi, per consentire saggiamente il rinnovo di un terzo dei consiglieri ogni volta. La Presidenza –per quanto riguarda la riscrittura del numero – ha ripreso alleggerendolo il testo di don Cozzi, integrando gli altri modi suggeriti.  30. La cura dei beni ecclesiali. La  vita  di  una  parrocchia  esige  una  corretta  gestione  dei  beni  e  delle  strutture  parrocchiali.  Tra questi beni vi sono: la chiesa parrocchiale, la casa canonica e gli ambienti destinati all’educazione religiosa, al servizio della carità e agli incontri della comunità. Se la chiesa parrocchiale è essenziale per ogni comunità, le altre strutture possono però essere comuni a più parrocchie. Il patrimonio religioso, culturale e pastorale va conservato, garantendo l’accessibilità, la sicurezza e l’accoglienza. Ogni immobile ecclesiastico deve essere adeguato alle norme di legge vigenti in materia igienico-sanitaria, di prevenzione degli incendi e di sicurezza de-gli impianti. La Diocesi ha già emanato opportune istruzioni attraverso il Vademecum per la gestio-ne e l’amministrazione della Parrocchia (2013), dove sono indicate le attenzioni e le istruzioni, alle quali ogni ente ecclesiastico è tenuto ad attenersi scrupolosamente. In tale attività le parrocchie sia-no coadiuvate da équipe di esperti presenti nei diversi territori. Per questo è obbligatorio dotare ogni parrocchia di un CAEP. Il CAEP è regolato dallo Statuto, e-manato nel Vademecum (pag.60-64). Sarà fissata per tutta la Diocesi una data comune d’inizio mandato (quinquennale) dei CAEP. Il mandato dei componenti durerà non più di due volte consecu-tive. Le  Unità  Pastorali  Missionarie  

C.  LE  UNITÀ  PASTORALI  MISSIONARIE  

Testo precedente

NUMERO 31 [P 52 – NP 10 – PIM 106] Testo rivisto

31. La scelta pastorale di costituire le UPM è stata compiuta nella nostra Diocesi da tempo, e questo Sinodo la estende a tutte le parrocchie, perché esse siano fermento di conversione missionaria della nostra Chiesa diocesana a tutti i livelli. La modalità della composizione e del funzionamento delle UPM terrà conto della grande diversità dei territori e delle situazioni pastorali. Un’apposita Commissione episcopale procederà alla definizione e revisione della forma e dei confini delle UPM, già costituite o in formazione, in accordo con il Vicario Episcopale del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali. L’UPM è il luogo per eccellenza per pensare e attuare una pastorale “programmatica”. Si tratta dell’azione missionaria della Chiesa che si fa carico della pastorale degli ambienti, sia nello

31. La pastorale “programmatica”. La scelta pastorale di costituire le Unità Pastorali è stata compiuta nella nostra Diocesi già da tempo, e questo Sinodo la estende a tutte le parrocchie, perché esse siano fermento di conversione missionaria della nostra Chiesa diocesana a tutti i livelli. La modalità della composizione e del funzionamento delle UPM terrà conto della grande diversità dei territori e delle situazioni pastorali. L’UPM è il luogo per eccellenza per pensare e attuare una pastorale “programmatica”. Si tratta dell’azione missionaria della Chiesa che si fa carico della pastorale degli ambienti, sia nello slancio missionario verso i luoghi di vita delle persone e le periferie esistenziali e geografiche del territorio, che talvolta la frammentazione delle parrocchie lascia ai margini, sia con una più forte ripresa della missione verso gli ultimi e

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slancio missionario verso i luoghi di vita delle persone e le periferie esistenziali e geografiche del territorio, che talvolta la frammentazione delle parrocchie lascia ai margini, sia con una più forte ripresa della missione verso gli ultimi e i lontani e verso la missione ad gentes.

i lontani e nella missione ad gentes Questo ri-chiede che la programmazione annuale proceda in modo coordinato: all’interno del cammino diocesano si inseriscano le scelte comuni dell’UPM, a cui i cammini parrocchiali devono fare riferimento.  La ridefinizione concreta della forma e dei con-fini delle UPM sarà proposta dalle comunità e dai Consigli pastorali Parrocchiali riuniti in as-semblea vicariale (o dal Consiglio pastorale di Vicariato) con i propri Parroci e con il Vicario episcopale. Entro la fine del Sinodo il Vescovo con il Consiglio Episcopale le approverà, garan-tendo l'attenzione alla specificità del territorio e la convergenza di criteri tra i Vicariati. Il Con-siglio Episcopale fornirà per questo indicazioni omogenee e procedure comuni per la revisione delle UPM. Successivamente si istituirà una équipe che accompagnerà i vicariati nello svol-gere questo compito.  

*** Don Roberto Salsa L’UPM è il luogo per eccellenza per pensare e attuare una pastorale “programmatica”. Si tratta dell’azione missionaria della Chiesa che si fa carico della pastorale degli ambienti, sia nello slancio missionario verso i luoghi di vita delle persone e le periferie esistenziali e geografiche del territorio, che talvolta la frammentazione delle parrocchie lascia ai margini, sia con una più forte ripresa della missione verso gli ultimi e i lontani e verso la missione ad gentes. Si propone questa aggiunta: Questo richiede che la programmazione annuale proceda per gradi: prima il cammino diocesano, poi il cammino di UPM e solo alla fine il cammino parrocchiale. È l’unico emendamento che riguarda il resto del testo e viene accolto, con leggera variante, per suggerire di coordinare “simultaneamente” cammino parrocchiale e scelte dell’UPM. DA QUI IN AVANTI TUTTI I MODI SI RIFERISCONO AL PARAGRAFO SULLA PROCEDURA DI RIDEFINIZIONE DEI CONFINI E COMPITI LLE UPM, NEL PARAGRAFO IN VERDE DEL NUMERO 34 .

☐ (Sig. Fabrizio Filiberti) 4 Riga n. 5: “Un’apposita Commissione episcopale procederà alla definizione e revisione della forma e dei confini delle UPM, già costituite o in formazione, in accordo con il Vicario Episcopale del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali”. MODIFICARE: “La definizione e la revisione della forma e dei confini delle UPM deve nascere dalle co-munità e dai consigli pastorali che si troveranno in assemblea vicariale (consiglio pastorale di vicariato) con i propri Parroci e con il proprio Vicario Episcopale: sarà poi il Vescovo ad approvarle e a sancirle in forma canonica” Il modo propone la riscrittura del testo in verde nel presente numero 34

☐ (Sig.ra Rizzotti Donatella) 4 a cui aderisce sr. Luisa Damonte (per le parti in grassetto) AGGIUNGERE al testo le parti in grassetto: “La scelta pastorale di costituire le UPM è stata compiuta nella nostra Diocesi da tempo, e questo Sinodo la

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estende a tutte le parrocchie, perché esse siano fermento di conversione missionaria della nostra Chiesa diocesana a tutti i livelli. La modalità della composizione e del funzionamento delle UPM terrà conto della grande diversità dei territori e delle situazioni pastorali. Un’apposita Commissione episcopale procederà alla definizione e revisione della forma e i confini delle UPM, già costituite o in formazione, in accordo con il Vicario Episcopale del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali. Un secondo obiettivo del lavoro della commissione sarà quello di in-dividuare attraverso quali processi le singole comunità parrocchiali possono arrivare a costituire una UPM. E’ infatti importante che nel progettare le UPM si possa compiere un cammino progressivo, con o-biettivi chiari, definiti e verificabili e tappe intermedie, così da garantire non solo la possibilità di collabo-razioni, ma soprattutto, il cambio di mentalità necessario per un vero rinnovamento della pastorale. Durante questo percorso sarà quindi importante aiutare le comunità ad individuare le proprie ricchezze che possono essere condivise con le altre (strutture, luoghi, particolari settori pastorali meglio organizzati, tradizioni popolari significative...) e scoprire le buone ragioni per lavorare insieme. L’UPM è il luogo per eccellenza per pensare e attuare una pastorale “programmatica”. Si tratta dell’azione missionaria della Chiesa che si fa carico della pastorale degli ambienti, sia nello slancio missionario verso i luoghi di vita delle persone e le periferie esistenziali e geografiche del territorio, che talvolta la frammenta-zione delle parrocchie lascia ai margini, sia con una più forte ripresa della missione verso gli ultimi e i lon-tani e verso la missione ad gentes”. Il modo propone la riscrittura del testo riportato in verde nel presente numero 34, aggiungendo anche uno sviluppo significativo in grassetto che riguarda il metodo di costituzione e l’accompagnamento delle UPM.

☐ (Sac. Federico Sorrenti) 7 a cui aderisce Stefania Fadda Riga n. 5: “Un’apposita Commissione episcopale procederà alla definizione e revisione della forma e dei confini delle UPM, già costituite o in formazione, in accordo con il Vicario Episcopale del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali”. MODIFICARE: “La definizione e la revisione della forma e dei confini delle UPM deve nascere dalle co-munità e dai consigli pastorali che si troveranno in assemblea vicariale (consiglio pastorale di vicariato) con i propri Parroci e con il proprio Vicario Episcopale: sarà poi il Vescovo ad approvarle e a sancirle in forma canonica”. Il modo propone la riscrittura del testo in verde nel presente numero 34.

☐ (Sig.ra Corsini Eleonora) 1 Riga n. 5: “Un’apposita Commissione episcopale procederà alla definizione e revisione della forma e dei confini delle UPM, già costituite o in formazione, in accordo con il Vicario Episcopale del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali”. MODIFICARE: “La definizione e la revisione della forma e dei confini delle UPM deve nascere dalle co-munità e dai consigli pastorali che si troveranno in assemblea vicariale (consiglio pastorale di vicariato) con i propri Parroci e con il proprio Vicario Episcopale: sarà poi il Vescovo ad approvarle e a sancirle in forma canonica”. Il modo propone la riscrittura del testo in verde nel presente numero 34

☐ (Sac. Flavio Campagnoli) 4 Riga n. 3: “La modalità della composizione e del funzionamento delle UPM terrà conto della grande diver-sità dei territori e delle situazioni pastorali” AGGIUNGERE in fine: “tuttavia si introduca il più possibile la forma della parrocchie unite secondo il canone 517” Il modo propone un’aggiunta specifica del testo in verde nel presente numero 34 *** (Don Ernesto Bozzini con i sinodali Ovest Ticino) Al n. 31 spostare la frase: "in accordo con il Vicario Episcoplae del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali" subito dopo "Un’apposita commissione episcopale" (riga 5)

Il modo propone un’aggiunta specifica del testo in verde nel presente numero 34

*** Sig.ra Capelli Maria Luisa

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Testo da modificare: riga n. 5: Un’apposita Commissione episcopale procederà alla definizione e revisione della forma e dei confini delle UPM, già costituite o in formazione, in accordo con il Vicario Episcopale del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali”. Nuovo testo proposto : La definizione e la revisione della forma e dei confini delle UPM deve nascere dalle comunità e dai consigli pastorali che si troveranno in assemblea vicariale (consiglio pastorale di vicariato) con i propri Parroci e con il proprio Vicario Episcopale: sarà poi il Vescovo ad approvarle e a sancirle in forma canonica”. Il modo propone la riscrittura del testo in verde nel presente numero 34. *** Don Roberto Salsa 31. La scelta pastorale di costituire le UPM è stata compiuta nella nostra Diocesi da tempo, e questo Sinodo la estende a tutte le parrocchie, perché esse siano fermento di conversione missionaria della nostra Chiesa diocesana a tutti i livelli. La modalità della composizione e del funzionamento delle UPM terrà conto della grande diversità dei territori e delle situazioni pastorali. Un’apposita Commissione episcopale procederà alla definizione e revisione della forma e dei confini delle UPM, già costituite o in formazione, in accordo con il Vicario Episcopale del territorio, che coinvolgerà i Parroci e i Consigli Pastorali locali. Si propone questa modifica : La definizione/revisione della forma e dei confini dell’UPM sarà realizzata tramite assemblee appo-site in ogni Vicariato alla presenza e con l’accompagnamento di una apposita Commissione Episco-pale, per garantire contemporaneamente il coinvolgimento delle comunità interessate e il rispetto di criteri omogenei a livello Diocesano. Il modo propone la riscrittura del testo in verde nel presente numero 34 La   Presidenza   tenendo   conto   delle   diverse   proposte   di   riscrittura   del   secondo   paragrafo   (in  verde)  su  cui  c’è  stata  la  lunga  sere  di  interventi  sopra  riportati,  lo  sposta  come  terzo  paragrafo  del  numero  e  propone  questa  via  mediana:   La ridefinizione concreta della forma e dei confini delle UPM sarà proposta dalle comunità e dai Consigli pastorali Parrocchiali riuniti in assemblea vicariale (o dal Consiglio pastorale di Vicariato) con i propri Parroci e con il Vicario episcopale. Entro la fine del Sinodo il Vescovo con il Consiglio Episcopale le approverà, garantendo l'attenzione alla specificità del territorio e la convergenza di criteri tra i Vicariati. Il Consiglio Episcopale fornirà per questo indicazioni omogenee e procedure comuni per la revisione delle UPM. Successivamente si istituirà una équipe che accompagnerà i vi-cariati nello svolgere questo compito.

Testo precedente NUMERO 32 [P 68 – NP 7 – PIM 92]

Testo rivisto

32. Lo specifico delle UPM, oltre a coordinare e sostenere le parrocchie che la compongono, è di essere promotrice di un’azione pastorale sul territorio in sintonia con le indicazioni della di-ocesi. In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pa-storale scolastica, quella sportiva, il coordina-mento delle iniziative caritative e dei progetti missionari. Armonizzerà tempi e modi della preparazione e della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Si occuperà inoltre del coordinamento degli operatori pastorali. In par-ticolare, la celebrazione del sacramento della Cresima avvenga con le parrocchie dell’UPM, tenendo sapientemente conto del numero dei cresimandi per una celebrazione espressiva del valore ecclesiale del sacramento.

32. L’azione pastorale nelle UPM. Oltre a so-stenere e mettere in rete le parrocchie che la compongono, l’UPM promuova un’azione pa-storale sul territorio in sintonia con le indicazio-ni della diocesi. In particolare, sostenga e coor-dini la pastorale giovanile e vocazionale, la pa-storale d’ambiente (con specifica attenzione alla scuola, università e sport), la catechesi degli a-dulti e del primo annuncio, la pastorale familia-re, le iniziative caritative e i progetti missionari. Dovrà poi armonizzare tempi e modi della pre-parazione e della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. La celebrazione del sacramento della Cresima avvenga con le par-rocchie dell’UPM, tenendo sapientemente e progressivamente conto del numero e del cam-mino comune compiuto dai cresimandi per una

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celebrazione espressiva del valore ecclesiale del sacramento. L’UPM si occuperà inoltre di coor-dinare tempi e modi delle celebrazioni nelle par-rocchie che la compongono, e della formazione dei fedeli che prestano servizio alla liturgia. Promuoverà inoltre il coordinamento e la for-mazione degli operatori pastorali. L’UPM si preoccuperà ancora di favorire le possibili alle-anze educative con le altre istituzioni, le autorità civili e le associazioni laiche presenti sul territo-rio, nonché di curare la comunicazione al suo interno ed esterno. Infine, l’UPM dovrà assume-re la scelta coraggiosa di curare la formazione cristiana degli adulti attraverso organiche inizia-tive di proposta del messaggio cristiano, dei suoi contenuti e della sua capacità di confron-tarsi anche con le istanze culturali della post-modernità.  

☐ (Sac. Federico Sorrenti) 4 Riga n. 2: “In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pasto-rale scolastica, quella sportiva, il coordinamento delle iniziative caritative e dei progetti missionari”. MODIFICARE: “In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, le pastorali di ambiente, le iniziative caritative e i progetti missionari”. ☐ (Sig. Fabrizio Filiberti) a cui aderisce sr. Luisa Damonte Riga n. 2: “In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pasto-rale scolastica, quella sportiva, il coordinamento delle iniziative caritative e dei progetti missionari”. MODIFICARE: “In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, le pastorali di ambiente, le iniziative caritative e i progetti missionari”. I modi sono uguali e sono accolti, con piccole precisazioni, (vedi anche ulteriori integrazioni dal modo se-guente, cf Santimone): In particolare, sostenga e coordini la pastorale giovanile e vocazionale, la pastorale d’ambiente (con specifica attenzione alla scuola, università e sport), la catechesi degli adulti e del primo annuncio, la pastorale familiare, le iniziative caritative e i progetti missionari.

☐ (Sig. Diego Santimone) 3 AGGIUNGERE nel testo le parole in grassetto. “Davide convocò tutto Israele a Gerusalemme per far salire l’arca del Signore nel posto che le aveva pre-parato” (1Cr 15, 1). Lo specifico delle UPM, oltre a coordinare e sostenere le parrocchie che la compongo-no, è di essere promotrice di un’azione pastorale sul territorio in sintonia con le indicazioni della diocesi. In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pastorale scolastica, quella sportiva, il coordinamento delle iniziative caritative, dei progetti missionari, della catechesi degli a-dulti e del primo annuncio. Si occuperà inoltre del coordinamento e della formazione degli operatori pastorali. Armonizzerà tempi e modi della preparazione e della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. In particolare, la ce-lebrazione del sacramento della Cresima avvenga con le parrocchie dell’UPM, tenendo sapientemente conto del numero dei cresimandi per una celebrazione espressiva del valore ecclesiale del sacramento. L’Unità Pastorale si preoccuperà anche di coordinare le relazioni e le possibili alleanze educative con le istituzioni, le autorità civili e le associazioni laiche presenti sul territorio, nonché di curare la comunica-zione al suo interno ed esterno”.

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☐ (Sig.ra Corsini Eleonora) 2 Riga n 2: “In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pastora-le scolastica, quella sportiva, il coordinamento delle iniziative caritative e dei progetti missionari. Armoniz-zerà tempi e modi della preparazione e della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Si occu-perà inoltre del coordinamento degli operatori pastorali. In particolare, la celebrazione del sacramento del-la Cresima avvenga con le parrocchie dell’UPM, tenendo sapientemente conto del numero dei cresimandi per una celebrazione espressiva del valore ecclesiale del sacramento”. MODIFICARE e AGGIUNGERE in fine: “In particolare promuoverà e coordinerà la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la pastorale scolastica, quella sportiva, il coordinamento delle iniziative caritative , dei progetti missionari della formazione degli adulti e del primo annuncio. Armonizzerà tempi e modi della preparazione e della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. In particolare, la celebrazione del sacramento della Cresima avvenga con le parrocchie dell’UPM, tenendo sapientemente conto del nume-ro dei cresimandi per una celebrazione espressiva del valore ecclesiale del sacramento. Si occuperà inoltre del coordinamento e della formazione degli operatori pastorali. L’Unità Pastorale avrà inoltre il compito di coordinare le relazioni, in vista anche di possibili alleanze educative con le istituzioni civili e le associazioni del territorio”. Sono accettate quasi tutte le indicazioni in grassetto nel modo di Santimone e di quelli simili di Corsini.

☐ (Sig Bianchi Renzo) 2 Riga n. 8: AGGIUNGERE in fine: “Si occuperà di armonizzare tempi e modi delle celebrazioni nelle par-rocchie che la compongono, e della formazione dei fedeli che prestano servizio alla liturgia”. Modo accolto.

☐ (Sig. Lebra Andrea) 3 a cui aderisce Stefania Fadda Riga n. 2: dopo le parole “le indicazioni della diocesi.” AGGIUNGERE: “In particolare l’UPM dovrà assumere la scelta coraggiosa di curare la forma-zione cristiana degli adulti attraverso organiche iniziative di proposta del messaggio cristiano, dei suoi contenuti, della sua validità e della sua capacità di confrontarsi anche con le istanze culturali della post-modernità, sfatando un certo luogo comune che vuole la pastorale incentrata prevalen-temente sui bambini e sugli adolescenti”. Modo sostanzialmente accolto.

☐ (Sac. Flavio Campagnoli) 6 a cui aderisce sr. Luisa Damonte Riga n. 6: “In particolare la celebrazione del sacramento della Cresima avvenga con le parrocchie della UPM, tenendo sapientemente conto del numero dei cresimandi per una celebrazione espressiva del valore ecclesiale del sacramento” MODIFICARE: “Progressivamente, la celebrazione del sacramento della Cresima avvenga con le parroc-chie della UPM, tenendo sapientemente conto del numero e del cammino comune compiuto dai cresimandi per una celebrazione espressiva del valore ecclesiale del sacramento” Modo accolto, con spostamento nel testo dell’avverbio “progressivamente”. Il numero è stato poi rivisitato letterariamente.

Testo precedente NUMERO 33 [P 104 – NP 5 – PIM 58]

Testo rivisto

33.  L’introduzione delle UPM chiede, innanzi-tutto, che siano rinnovati i Consigli pastorali parrocchiali (CPP) come segno e strumento del-la partecipazione della vita comunitaria locale. Espressione delle varie realtà parrocchiali, essi devono essere creati al più presto ove ancora non esistessero. Qualora non ne fosse possibile la costituzione, per l’esiguità delle parrocchie, dovrà essere istituito il Consiglio pastorale di

33. Gli strumenti di partecipazione delle UPM. L’introduzione delle UPM chiede, innanzitutto, un cammino formativo delle comunità parroc-chiali, per sollecitare, sostenere e accompagnare il necessario cambio di mentalità, ritenuto fon-damentale sia per accogliere i cambiamenti si-nodali, sia per far camminare i fedeli e le comu-nità con una fede adulta, “motore” della missio-ne evangelizzatrice. I Consigli Pastorali Parroc-

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UPM rappresentativo di ogni comunità, per as-sicurare e facilitare una vera unità di intenti. Sa-rà emanato dalla Diocesi uno Statuto dei CPP, che si potrà adattare alle situazioni particolari. Sarà fissata per tutta la Diocesi una data comune d’inizio mandato (quinquennale) dei CPP.

chiali (CPP): siano rinnovati come segno e strumento della partecipazione della vita comu-nitaria locale all’UPM. Espressione delle varie realtà parrocchiali, essi devono essere creati al più presto ove ancora non esistessero. Qualora non ne fosse possibile la costituzione, per l’esiguità delle parrocchie, dovrà essere istituito il Consiglio di UPM rappresentativo di ogni comunità, per assicurare e facilitare una vera u-nità di intenti. Sarà emanato dalla Diocesi uno Statuto dei CPP, che si potrà adattare alle situa-zioni particolari. Sarà fissata per tutta la Diocesi una data comune d’inizio mandato (quinquenna-le) dei CPP. Il mandato dei componenti durerà non più di due volte consecutive.  

☐ (Sig.ra Silvia Vimercati) 5 a cui aderisce Stefania Fadda e sr. Luisa Damonte Riga n. 1: AGGIUNGERE dopo la parola “innanzitutto,....”: “Un previo, adeguato e permanente cammino formativo delle comunità parrocchiali che costituiscono la nostra Diocesi, con l’obiettivo di sollecitare, so-stenere e accompagnare quel necessario cambio di mentalità da più parti richiamato e ritenuto elemento fondamentale sia per accogliere i cambiamenti che il Sinodo delibererà, sia per far camminare i fedeli e le comunità verso quella fede adulta che è “motore e carburante” della missione di evangelizzare.” Emendamento accolto e facilitato letterariamente.

☐ (Sig. Santimone Diego) AGGIUNGERE le parole in grassetto e SOPPRIMERE quelle sottolineate. “I cantori usavano cimbali di bronzo per il loro suono squillante. Altri suonavano arpe in acuto, altri an-cora le cetre sull’ottava per dare tono” (cfr. 1Cr 15, 19-21). L’introduzione delle UPM chiede, innanzitutto, che siano rinnovati i Consigli pastorali parrocchiali (CPP) come segno e strumento della partecipazione della vita comunitaria locale. Espressione delle varie realtà parrocchiali, essi devono essere creati al più presto ove ancora non esistessero, preferibilmente riunendo le parrocchie “madre” e “sussidiarie” nell’ottica di una condivisione e coordinamento della pastorale “paradigmatica” della “fontana del vil-laggio”. Qualora non ne fosse possibile la costituzione, per l’esiguità delle parrocchie, dovrà essere istituito il Consiglio pastorale di UPM rappresentativo di ogni comunità, per assicurare e facilitare una vera unità di intenti. Sarà emanato dalla Diocesi uno Statuto dei CPP, che si potrà adattare alle situazioni particolari. Sarà fissata per tutta la Diocesi una data comune d’inizio mandato (quinquennale) dei CPP”. L’aggiunta in grassetto è stata ricalibrata in base alla riscrittura del n. 29 sulle piccole parrocchie. ☐ (Sig.ra Corsini Eleonora) Riga n. 4: “Qualora non ne fosse possibile la costituzione, per l’esiguità delle parrocchie, dovrà essere isti-tuito il Consiglio pastorale di UPM rappresentativo di ogni comunità, per assicurare e facilitare una vera unità di intenti”; MODIFICARE: “Andrà istituito pertanto un Consiglio pastorale per ogni parrocchia madre rappresentativo anche di ogni comunità sussidiaria, per assicurare e facilitare una vera unità di intenti”. L’aggiunta è stata ricalibrata in base alla riscrittura del n. 29 sulle piccole parrocchie. *** Sig. Paolo Sebastiani Testo proposto per i numeri 33-34: Organi delle Unità Pastorali sono: il Parroco Moderatore, nominato dal Vescovo, ed il Consiglio CUP, e-spressione delle Parrocchie, nel cui ambito possono costituirsi Commissioni tematiche, analogamente ai CPP. La loro durata sarà di 5 anni e le modalità saranno stabilite da un decreto dell’Ordinario. Queste specificazioni saranno contenute o negli Statuti per i CPP o sono chiariti nel numero seguente.

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Testo precedente NUMERO 34 [P 117 – NP 6 – PIM 42]

Testo rivisto

34   Ogni UPM avrà un Parroco Moderatore nominato dal Vescovo a tempo determinato. Il Moderatore lavorerà in comunione con un’Équipe pastorale composta dai sacerdoti e dai religiosi dell’UPM, dai diaconi permanenti e dai laici corresponsabili di ogni comunità. La modalità della elezione e della composizione dell’Équipe pastorale sarà determinata da un apposito decreto dell’Ordinario. Essa durerà in carica cinque anni.  

34. Lo stile collegiale della pastorale nelle UPM. Il funzionamento delle UPM dovrà far maturare la coscienza che l’azione pastorale del-la Chiesa è l’azione di tutto il popolo di Dio con i suoi pastori, con i diaconi e i religiosi/e e con le nuove figure ministeriali, che questo Sinodo delineerà per il futuro della nostra Chiesa. Deci-sivo sarà soprattutto lo stile di comunione e col-laborazione tra i carismi e ministeri attivi in o-gni UPM. Bisognerà curare che l’azione pasto-rale si coltivi nella preghiera, nella stima, nel dialogo, nella programmazione e nella verifica del lavoro fatto assieme. Ogni UPM avrà un Moderatore nominato dal Vescovo a tempo de-terminato. Il Moderatore lavorerà in comunione con un’Équipe pastorale composta dai sacerdoti e dai religiosi dell’UPM, dai diaconi permanenti e dai laici corresponsabili di ogni comunità. La modalità della elezione e della composizione dell’Équipe pastorale sarà determinata da un apposito decreto dell’Ordinario. Essa durerà in carica cinque anni, favorendo una giusta alter-nanza dei suoi membri.  

☐ (Sig. Santimone Diego) AGGIUNGERE le parole in grassetto e SOPPRIMERE quelle sottolineate. “Davide, gli anziani d’Israele e i comandanti precedettero con gioia a far salire l’arca dell’alleanza del Signore. Davide aveva inoltre un efod di lino” (cfr 1Cr 25-27) Ogni UPM avrà un Parroco Moderatore nominato dal Vescovo a tempo determinato. Il Moderatore lavorerà in comunione con una equipe pastorale il Consiglio di Unità Pastorale (CUP) composta dai sacerdoti e dai religiosi dell’UPM, dai diaconi perma-nenti e dai laici corresponsabili di ogni comunità secondo il doppio criterio di elezione e nomina per rispet-tare la rappresentatività e le competenze necessarie . Il CUP dovrà esser luogo di discernimento e proget-tazione (l’efod di Davide) per definire le linee guida della pastorale “programmatica” dell’Unità Pastora-le. Esso si munirà di un apposito Statuto approvato dall’Ordinario e durerà in carica cinque anni. Inoltre curerà i rapporti con le istituzioni e il mondo civile nonché il coordinamento economico e tecnico della pastorale “programmatica”. Infine, ma non meno importante, il CUP si curerà della formazione di tutti gli operatori pastorali, identi-ficando cammini e modalità idonei a persone, disponibilità e obiettivi”. Dopo il numero 34: AGGIUNGERE numero 34/bis “I figli dei leviti sollevarono l’arca di Dio sullo loro spalle per mezzo di stanghe” (1Cr 15, 15). Se il volume di attività e di lavoro lo richieda siano istituite apposite Equipe Pastorali, a ciascuna delle quali il CUP in-carichi e deleghi la cura e la responsabilità di un determinato ambito pastorale “programmatico” (pastora-le giovanile, carità, ...) secondo la progettualità suggerita dal CUP. I componenti delle Equipe Pastorali sa-ranno definiti in sede CUP considerando le competenze necessarie e le persone disponibili/reperibili. Alcuni membri delle Equipe Pastorali fungeranno da rappresentanti dell’Equipe nei lavori del CUP per la progettazione, programmazione e verifica”.

☐ (Sig.ra Corsini Eleonora) 4 RIFORMULARE l’intero testo: “Ogni UPM avrà un Moderatore nominato dal Vescovo a tempo determinato. Il Moderatore lavorerà in co-munione con il Consiglio di Unità Pastorale (CUP) composto dai sacerdoti e dai religiosi dell’UPM, dai-diaconi permanenti e dai laici di ogni comunità secondo il doppio criterio di elezione e nomina per rispetta-re la rappresentatività e le competenze necessarie .

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Il CUP dovrà esser luogo di discernimento e progettazione per definire le linee guida della pastorale “pro-grammatica” dell’Unità Pastorale. Esso si munirà di un apposito Statuto approvatodall’Ordinario e durerà in carica cinque anni. Inoltre curerà i rapporti con le istituzioni e il mondo civile nonché il coordinamento economico e tecnico della pastorale “programmatica”. Infine, ma non meno importante, il CUP si curerà della formazione di tutti gli operatori pastorali, identifi-cando cammini e modalità idonei a persone, disponibilità e obiettivi. Se il volume di attività e di lavoro lo richieda siano istituite apposite Equipe Pastorali, a ciascuna delle quali il CUP incarichi e deleghi la cura e la responsabilità di un determinato ambito pastorale “programmatico” (pastorale giovanile, carità, …) se-condo la progettualità suggerita dal CUP. I componenti delle Equipe Pastorali saranno definiti in sede CUP considerando le competenze necessarie e le persone disponibili/reperibili. Alcuni membri delle Equipe Pa-storali fungeranno da rappresentanti dell’Equipe nei lavori del CUP per la progettazione, programmazione e verifica”. *** Sig.ra Capelli Maria Luisa Testo da modificare: RIFORMULARE l’intero testo: Nuovo testo proposto: “Ogni UPM avrà un Moderatore nominato dal Vescovo a tempo determinato. Il Mo-deratore lavorerà in comunione con il Consiglio di Unità Pastorale (CUP) composto dai sacerdoti e dai reli-giosi dell’UPM, dai diaconi permanenti e dai laici di ogni comunità secondo il doppio criterio di elezione e nomina per rispettare la rappresentatività e le competenze necessarie . Il CUP dovrà esser luogo di discernimento e progettazione per definire le linee guida della pastorale “pro-grammatica” dell’Unità Pastorale. Esso si munirà di un apposito Statuto approvato dall’Ordinario e durerà in carica cinque anni. Inoltre curerà i rapporti con le istituzioni e il mondo civile nonché il coordinamento eco-nomico e tecnico della pastorale “programmatica”. Infine, ma non meno importante, il CUP si curerà della formazione di tutti gli operatori pastorali, identifi-cando cammini e modalità idonei a persone, disponibilità e obiettivi. Se il volume di attività e di lavoro lo ri-chieda siano istituite apposite Equipe Pastorali, a ciascuna delle quali il CUP incarichi e deleghi la cura e la responsabilità di un determinato ambito pastorale “programmatico” (pastorale giovanile, carità, ...) secondo la progettualità suggerita dal CUP. I componenti delle Equipe Pastorali saranno definiti in sede CUP consi-derando le competenze necessarie e le persone disponibili/reperibili. Alcuni membri delle Equipe Pastorali fungeranno da rappresentanti dell’Equipe nei lavori del CUP per la progettazione, programmazione e verifi-ca”. Gli interventi del sig. Santimone (1 ades.) e delle sig.re Corsini (4 adesioni) e Capelli (1ades.) sono stati as-sunti nel brano anteposto alla descrizione e competenze delle figure. Elementi più determinati potranno poi essere accolti nei numeri della prossima tappa sulle “nuove figure ministeriali”. Si propone di raccogliere i suggerimenti nel seguente testo più sobrio: Il funzionamento delle UPM dovrà far maturare la coscienza che l’azione pastorale della Chiesa è l’azione di tutto il popolo di Dio con i suoi pastori, con i diaconi e i religiosi/e e con le nuove figure ministeriali, che questo Sinodo delineerà per il futuro della nostra Chiesa. Decisivo sarà soprattutto lo stile di comunione e collaborazione tra i carismi e ministeri attivi in ogni UPM. Bisognerà curare che l’azione pastorale si coltivi nella preghiera, nella stima, nel dialogo, nella programmazione e nella verifica del lavoro fatto assieme. *** Sig. Carlo Pavesi Testo da modificare: Penultimo paragrafo 30 Per questo è obbligatorio dotare ogni parrocchia, o più parrocchie tra loro collegate, di un CAEP, per cui verranno stabiliti i criteri di elezione e nomina e le competenze di esercizio da uno Statuto emanato dall’Ordinario e adattabile alle situazioni particolari. Nuovo testo proposto 30. Per questo è obbligatorio dotare ogni parrocchia, o le parrocchie integrate, di un CAEP. Il CAEP sarà regolato da uno Statuto, emanato dall’Ordinario previa consultazione dei Vicariati, nel quale saranno stabiliti i criteri di elezione e nomina e le competenze di esercizio. ***Sig. Paolo Sebastiani vedi numero precedente.

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I due modi precedenti (Pavesi, Sebastiani) sono stati assunti tra il numero precedente e l’attuale. Le strutture pastorali diocesane D. LE STRUTTURE PASTORALI DIOCESANE

Testo precedente NUMERO 35 [P 106 – NP 23 – PIM 35]

Testo rivisto

35. Le strutture pastorali della Chiesa locale, richiedono rapporti di sussidiarietà al fine di ottimizzare tempi ed energie, per una più efficace azione educativa, caritativa e missionaria. La diocesi ora suddivisa in otto vicariati, sarà riorganizzata in tre Zone Pastorali, i cui confini saranno definiti tenendo conto della particolarità del territorio. Per ciascuna zona il Vescovo nominerà un Vi-cario episcopale che lavorerà con un gruppo di coordinamento pastorale composto da laici, sa-cerdoti e religiosi. Tale gruppo coordinerà le UPM della zona. Ogni Zona Pastorale sarà an-che il luogo specifico per la formazione e l’incontro per i sacerdoti e per gli operatori pa-storali.

35. I Vicariati nella Diocesi. Le strutture pastorali della Chiesa locale, richiedono rapporti di sussidiarietà al fine di valorizzare tempi ed energie, per una più efficace azione testi-moniale, educativa, caritativa e missionaria. La Diocesi è suddivisa in Vicariati, il cui nume-ro e confini potranno essere rivisti al compi-mento della ridefinizione delle UPM. Per cia-scuno di essi il Vescovo nomina un Vicario Epi-scopale ad quinquennium che lavorerà con un équipe di coordinamento pastorale composto da laici, sacerdoti e religiosi. Tale gruppo coordi-nerà le UPM della zona. Il Vicariato potrà così diventare sempre più lo spazio per una collabo-razione pastorale che si radica sul territorio, leggendone le richieste e favorendo percorsi at-tenti alla storia variegata della Diocesi di Nova-ra. Potrà essere utile che i Vicariati vicini conver-gano in momenti unitari per la formazione e l’incontro dei sacerdoti, degli operatori pastorali già esistenti e dei futuri ministeri laicali.

*** Don Ernesto Bozzini con i sinodali Ovest Ticino a cui aderisce sr. Luisa Damonte Al n. 35 togliere tre Zone Pastorali e mettere solo Zone Pastorali. Questi modi, insieme ad altri dubbi che problematizzavano l’accorpamento dei Vicariati in Zone pastorali, hanno suggerito alla Presidenza di accantonare la proposta delle tre Zone Pastorali. Si è mantenuta la possibilità di proporre alcune iniziative diocesane facendo convergere ad hoc alcuni Vicariati. Nel testo si indica anche la prospettiva di una revisione dei Vicariati e di una maggiore lo-ro valorizzazione in rapporto al territorio. *** Don Roberto Salsa 35. Le strutture pastorali della Chiesa locale, richiedono rapporti di sussidiarietà al fine di ottimiz-zare tempi ed energie, per una più efficace azione educativa, caritativa e missionaria. La diocesi ora suddivisa in otto vicariati, sarà riorganizzata in tre Zone Pastorali, i cui confini sa-ranno definiti tenendo conto della particolarità del territorio. Si propone questa aggiunta: Un tale cambiamento strutturale potrà realizzarsi solo con tappe distese nel tempo. Occorrerà in-nanzitutto una attenta ridefinizione delle UPM e un conseguente e consistente periodo di ‘collau-do’, così che la nuova strutturazione diventi il coronamento del rinnovamento pastorale, impostato in chiave di effettiva collaborazione. Per ciascuna zona il Vescovo nominerà un Vicario episcopale che lavorerà con un gruppo di coor-dinamento pastorale composto da laici, sacerdoti e religiosi. Tale gruppo coordinerà le UPM della zona. Ogni Zona Pastorale sarà anche il luogo specifico per la formazione e l’incontro per i sacer-doti e per gli operatori pastorali. Cade il modo proposto da don Salsa, come ulteriore specificazione ai modi precedenti.

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*** Sig.ra Chiara Alberganti Testo da modificare: riga n. 2. “per una più efficace azione educativa, caritativa e missionaria” Nuovo testo proposto “per una più efficace azione testimoniale, educativa, caritativa e missionaria” Modo accolto.

Testo precedente NUMERO 36 [P 63 – NP 34 – PIM 65]

Testo rivisto

36.  Gli uffici diocesani di curia collaborano con il Vescovo mettendo a disposizione le loro competenze, per accompagnare e sostenere le linee pastorali da lui indicate. Nello stesso tem-po sono al servizio delle UPM per aiutarle a concretizzare sul territorio la pastorale diocesa-na e facendo così crescere il senso di apparte-nenza alla Chiesa locale. E’ urgente che la Curia diocesana sia ripensata dotandosi di un modello organizzativo integrato e coordinato per una migliore efficacia nel lavoro pastorale. L’Ordinario nomina un gruppo di lavoro per presentare entro un anno un progetto alla sua approvazione.

36. La Curia diocesana. La Curia è l’organo della Diocesi deputato al coordinamento della missione evangelizzatrice della Chiesa locale. Per questo gli uffici diocesani non sono diretta-mente “soggetti” di pastorale, ma “strumenti” per il servizio alle Parrocchie, alle UPM e ai Vi-cariati. Gli Uffici di Curia collaborano con il Vescovo mettendo a disposizione le loro com-petenze, per accompagnare e sostenere le linee pastorali da lui indicate. Nello stesso tempo so-no a servizio delle Parrocchie, delle UPM e dei Vicariati per aiutarli a concretizzare sul territo-rio la pastorale diocesana, per raccoglierne le i-stanze e le domande nuove, facendo così cresce-re il senso di appartenenza alla Chiesa locale. È urgente che la Curia diocesana sia ripensata do-tandosi di un modello organizzativo integrato e coordinato per una migliore efficacia nel lavoro pastorale. L’Ordinario incarica il Moderatore di Curia di coinvolgere tutti gli Uffici nel ripensare un nuovo progetto, da sottoporre al Vescovo per l’approvazione entro la fine del Sinodo.

☐ (Sac. Federico Sorrenti) 8 a cui aderisce Stefania Fadda Riga n. 6: “L’Ordinario nomina un gruppo di lavoro per presentare entro un anno un progetto alla sua approvazione”. MODIFICARE: “L’Ordinario incarica il Moderatore di Curia di coinvolgere tutti gli Uffici nel ri-pensare un nuovo progetto, da sottoporre alla sua approvazione”. ☐ (Sig.ra Corsini Eleonora) 4 Riga n. 6: “L’Ordinario nomina un gruppo di lavoro per presentare entro un anno un progetto alla sua approvazione”; MODIFICARE: “L’Ordinario incarica il Moderatore di Curia di coinvolgere tutti gli Uffici nel ri-pensare un nuovo progetto, da sottoporre alla sua approvazione”. *** Sig.ra Capelli Maria Luisa “L’Ordinario nomina un gruppo di lavoro per presentare entro un anno un progetto alla sua appro-vazione”; Nuovo testo proposto: “L’Ordinario incarica il Moderatore di Curia di coinvolgere tutti gli Uffici nel ripensare un nuovo progetto, da sottoporre alla sua approvazione”. Emendamenti accolti. Il numero è stato poi arricchito.