Evoluzione della Normativa in materia di Inquinamento Atmosferico Susanna Tomei GAZZETTA ambiente.

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Inquinamento AtmosfericoInquinamento Atmosferico

Susanna TomeiSusanna TomeiGAZZETTAGAZZETTA ambienteambiente

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D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203

Può essere considerato la base dell'impianto normativo

sviluppato sino ad oggi

Stabilisce i valori i limite ed i valori guida di qualità dell’aria

Individua i metodi di prelievo e di analisi dei diversi inquinanti atmosferici

Detta norme per la tutela della qualità dell'aria ai fini della protezione

della salute e dell'ambiente su tutto il territorio nazionale

Prefigura piani regionali di controllo della qualità dell’aria

Prevede l’autorizzazione amministrativa per la costruzione degli impianti

industriali fissi di competenza delle Regioni (o per delega prov. e comuni)

Definisce i compiti dei Ministeri, Regioni ed enti locali

“Attuazione delle direttive CEE n° 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e

di inquinamento prodotto da grandi impianti industriali”.

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Ripartizione delle competenze

• le Regioni dovevano formulare i piani di rilevamento e l’indirizzo ed il coordinamento dei sistemi di controllo degli inquinanti

• Il Ministero ambiente doveva predisporre i criteri per la raccolta dei dati da effettuare con i sistemi di rilevamento:

D.P.C.M. 21 luglio 1989 atto di indirizzo e coordinamento criteri di interpretazione e di attuazione; D.M. 12 luglio 1990 limita le emissioni inquinanti degli impianti industriali esistenti; D.M. 20 maggio 1991 definisce i criteri per la realizzazione dei sistemi di rilevamento dei dati della qualità dell'aria; in maniera distinta per aree urbane e industriali vengono indicati gli inquinanti da rilevare, le caratteristiche strutturali delle reti con la tipologia delle stazioni di rilevamento, gli standard per gli strumenti informatici necessari all'acquisizione ed elaborazione dei dati; D.P.R. 25 luglio 1991 modifica dell’atto di indirizzo e coordinamento (D.P.C.M. 21 luglio ‘89) in materia di emissioni poco significative (senza autorizzazione) e di attività a ridotto inquinamento atmosferico (autorizzazione semplificata)

Con il D.Lgs. 112/1998 (concernente il conferimento di nuove funzioni alle Regioni ed agli EELL) verrà confermato

sostanzialmente l’impianto delle competenze

D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203

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Dalla L. 615/66 che disciplinava anche le emissioni degli impianti mobili al Codice della strada

che detta una nuova disciplina

1) Sui requisiti costruttivi che riducono con dispositivi le emissioni (omologazione)

2) Sul controllo del mantenimento dei dispositivi da parte dei proprietari veicoli (Comuni)

3) Sulle caratteristiche del carburante

La normativa ha come fonte fondamentale le direttive comunitarie che hanno dettato principi comuni in questo settore (prende le mosse dalla Dir. 70/220/CEE concernente le misure da adottare) e provvedono a modificare la disciplina adeguandola alle conoscenze tecniche

INQUINAMENTO DA TRAFFICO VEICOLAREINQUINAMENTO DA TRAFFICO VEICOLARE

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Negli anni 90 cominciano i primi interventi di urgenza

20 novembre 1991 il Ministro dell’ambiente emana 11

ordinanze (11 città: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano,

Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia) che fissano soglie di

attenzione e allarme oltre le quali il Sindaco assume il

potere/dovere di stabilire misure adeguate (L. 59/1987, art. 8 “grave

pericolo di danno ambientale”)

INQUINAMENTO GRANDI CENTRI URBANIINQUINAMENTO GRANDI CENTRI URBANI

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Il Ministero dell’Ambiente con successivi decreti detta le norme tecniche sui limiti di concentrazione

ed i livelli d’attenzione e d’allarme

D.M. 15 aprile 1994, con cui vengono introdotti i livelli di attenzione e di allarme per cinque inquinanti atmosferici nelle aree urbane: biossido di zolfo; particelle sospese totali; biossido di azoto; monossido di carbonio; ozono. Stabilisce inoltre i criteri di individuazione degli stati di attenzione e di allarme in base ai quali i Comuni possono adottare provvedimenti di prevenzione e di contenimento dell'inquinamento atmosferico.

D.M. 25 novembre 1994 Aggiorna i livelli di attenzione e di allarme e prevede la misura di alcuni nuovi inquinanti ormai stabilmente presenti nelle aree urbane: benzene; idrocarburi policiclici aromatici; particelle sospese. Per i nuovi inquinanti, considerati di forte impatto per la salute e per l'ambiente, il decreto fissa obiettivi di qualità.

D.M. 16 Maggio 1996 “Attivazione di un sistema di sorveglianza di inquinamento da ozono”. Impone alle Regioni di redigere un rapporto annuale per i dati di concentrazione di ozono relativi al periodo 1° gennaio – 31 dicembre nel quale possono essere contenute le informazioni sui precursori (NOx, e composti organici volatili). Stabilisce inoltre che il metodo di riferimento da utilizzare per la determinazione delle concentrazioni di ozono è quello basato sull’assorbimento UV .

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“Misure urgenti per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico da benzene”

Fissa il tenore massimo di benzene e idrocarburi aromatici totali nelle benzine i Sindaci possono adottare misure di limitazioni della circolazione con criteri operativi definiti dal D.M. 21 aprile 1999, n. 163, per far fronte all'inquinamento da traffico urbano

Il D.M. 163/1999 prevede le grandi città e i Comuni con più di 150.000 abitanti devono stilare un rapporto annuale della qualità dell’aria, disporre misure programmate permanenti o periodiche di limitazione o divieto che possono essere modificate nel corso dell’anno se vi è miglioramento o peggioramento sulla base dei dati, diffondere le valutazioni e il rapporto Comuni con più di 30.000 abitanti devono adottare specifico Piano del traffico urbano

Ciò porterà a definire sempre più poteri speciali ai Sindaci e finanziamenti e incentivi ai comuni per l’adozione di

misure per la riduzione dell’IA e il miglioramento della mobilità

L. 4 novembre 1997, n. 413L. 4 novembre 1997, n. 413

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E’ un provvedimento programmatico che definisce i principi base di una

strategia per il mantenimento e il miglioramento e avvia il processo

dinamico di adeguamento della normativa

Tende a realizzare un sistema non limitato al controllo delle emissioni ma

esteso alla “gestione” della qualità e stabilisce gli obiettivi per la qualità

aria-ambiente (si intende aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione

di quella presente nei luoghi di lavoro)

Prevede la valutazione dei valori limite e le soglie di allarme su tutto il

territorio nazionale che per questo deve essere suddiviso in zone ed agglomerati

(zone con popolazione sup. a 250.000 ab.). Stabilisce gli adempimenti di

rispettiva competenza dello Stato e delle Regioni. Modifica la 203/88 ed i

suoi decreti attuativi

D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351“Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e

di gestione della qualità dell’aria ambiente”

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Allo Stato compete

individuazione dei valori limite e dei valori obiettivo di qualità da

raggiungere

Alle Regioni compete

la rilevazione della qualità dell’aria

l’elaborazione e attuazione di Piani di azione

l’individuazione delle aree che hanno bisogno di intervento

Il D.Lgs. attribuisce notevole rilievo al diritto di informazione dei cittadini sulla qualità aria e prevede che Stato Regioni

EELL garantiscano informazioni aggiornate

D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351

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La Dir. 96/62/CE esprime politiche generali in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria, individuando azioni fondamentali che Stati membri devono attuare per stabilire obiettivi di qualità per prevenire e ridurre effetti nociviLa DIRETTIVA QUADRO definisce il contesto generale rinviando a “direttive figlie” la definizione dei parametri tecnico-operativi relativi ai singoli inquinanti

In particolare fissa

elenco di sostanze sulle quali intervenire in via prioritaria (biossido di zolfo, biossido di azoto, le particelle sospese, piombo, ozono, ossido di carbonio, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, mercurio, cadmio, arsenico, nichel) i criteri adottati per stabilire gli obiettivi di qualità dell’aria per gli inquinanti ed i requisiti di monitoraggio (Valore limite – Valore obiettivo – Soglia di allarme – Margine di tolleranza) i criteri di valutazione della qualità dell’aria i casi in cui devono essere predisposti i piani di intervento e quelli di mantenimento l’obbligo degli Stati membri di predisporre un sistema di controllo e qualità sui dati raccolti i meccanismi per l’informazione del pubblico

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ha recepito le direttive “Figlie” della Dir. 96/62/CE

Dir. 1999/30/CE - valori limite per biossido di zolfo, biossido d'azoto, ossidi di azoto, particelle e piombo Dir. 2000/69/CE - valori limite per benzene ed monossido di carbonio

Stabilisce il margine di tolleranza le modalità per ridurlo nel tempo il termine entro il quale il valore limite deve essere raggiunto i criteri raccolta dei dati e tecniche di misurazione le modalità per le informazioni al pubblico

D.M. 2 aprile 2002, n. 60D.M. 2 aprile 2002, n. 60

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Dispone per le Regioni

direttive tecniche per effettuare misure per la qualità dell'aria direttive per adottare un piano per il mantenimento della qualità dell'aria nelle zone indicate nell'art. 9 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 elaborazione dei principi generali per realizzare i programmi

Il D.M. n. 261/2002, si propone, quindi, l'obiettivo di dare attuazione non solo ai programmi di tutela dell'ambiente a livello generale, ma

soprattutto ad interventi più specifici e settoriali, come la tutela dell'"aria ambiente", per realizzare sistemi di controllo e prevenzione

dell'inquinamento

D.M. 1 ottobre 2002, n. 261,D.M. 1 ottobre 2002, n. 261,Regolamento attuativo elaborato dal MATT di concerto con il Min. Salute, recante le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell'aria e i criteri per l'elaborazione del

piano e dei programmi previsti dal D.Lgs. n. 351/1999

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Dir. 2001/80/CEDir. 2001/80/CE

Limitazioni alle emissioni in atmosfera degli inquinanti da grandi impianti di combustione

(cd LCP Large Combustion Plants)si applica

agli impianti di combustione con potenza termica nominale pari o sup. a 50

MW indipendentemente dal combustibile utilizzato

La Commissione europea ha avviato un procedimento di

infrazione nei confronti dell’Italia per mancato recepimento della

direttiva cui è seguita la condanna della Corte di Giustizia

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Il MATT, di concerto con gli altri Ministeri competenti e la Conferenza Unificata, predispone un aggiornamento del programma nazionale di riduzione che contenga

gli obiettivi calcolati in base ai risultati delle proiezioni aggiornate le misure aggiuntive necessarie ad assicurare il rispetto dei limiti stabiliti per l'Italia

Il programma così aggiornato dovrà essere trasmesso, secondo quanto previsto dalla direttiva 2001/81, alla Commissione Europea entro il 31 dicembre 2006

D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 171D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 171

“Attuazione della direttiva 2001/81/CE relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici”

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La Dir. 2001/81/CE (cd NEC, National Emission Ceilings)

stabilisce la limitazione delle emissioni di sostanze inquinanti provocate da

fenomeni di:

acidificazione (deposizione di inquinanti acidi sulla vegetazione, sulle

acque superficiali, sui terreni, sugli edifici e sui monumenti)

eutrofizzazione (alterazione degli ecosistemi terrestri e acquatici in

conseguenza della deposizione di composti azotati dall'atmosfera)

formazione di ozono a livello del suolo

Limiti nazionali (tetti) per le emissioni di ossidi di zolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili (COV) ed ammoniaca (NH3)

Adeguamento entro il 2010

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Stabilisce i valori bersaglio, gli obiettivi a lungo termine, la soglia di

allarme e la soglia di informazione

i metodi ed i criteri per la valutazione delle concentrazioni di

ozono e per la valutazione delle concentrazioni dei precursori

dell'ozono nell'aria

le misure volte a consentire l'informazione del pubblico

le misure volte a mantenere la qualità dell'aria e le misure dirette a

consentirne il miglioramento

le modalità di cooperazione con gli altri Stati membri dell'Unione

europea ai fini della riduzione dei livelli di ozono

D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 183D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 183

“Attuazione della direttiva 2002/3/CE relativa all’ozono nell’aria”

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obiettivi a lungo termine, valori-obiettivo per il 2010 una soglia di allarme e un inizio di informazione sulle concentrazioni di ozono nell'aria ambiente della Comunità metodi e criteri comuni per valutare le concentrazioni di ozono nell'aria ambiente conseguimento e messa a disposizione dei cittadini dell'informazione pertinente sull'ozono nell'aria ambiente conservazione e/o miglioramento della qualità dell'aria ambiente Promozione di una cooperazione tra gli Stati membri per diminuire l'ozono nell'aria ambiente

Dir. 2002/3/CE “Ozono nell’aria”, terza “direttiva figlia”, fissa:

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Quarta “direttiva figlia” (ancora da recepire) della direttiva quadro

96/62/CE, concernente la presenza di inquinanti che presentano un

rischio per la salute umana

Dato che le sostanze in oggetto sono agenti cancerogeni umani per i

quali non può essere individuata alcuna soglia riguardo agli effetti

dannosi sulla salute umana, la direttiva è finalizzata ad applicare il

principio secondo il quale l'esposizione a tali inquinanti debba

essere al livello più basso che si possa ragionevolmente

raggiungere

concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente

Dir. 2004/107/CEDir. 2004/107/CE

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Strategia tematica sull’inquinamento atmosferico

Strategia tematica sull’inquinamento atmosferico

Comunicazione della Commissione europea del 21 settembre 2005

è una delle sette strategie tematiche nell’ambito del Sesto Programma di azione in materia di ambiente

si propone di migliorare la qualità dell’aria per ridurre i rischi per la salute e l’ambiente entro il 2020

pur trattando di tutti i principali inquinanti evidenzia una specifica riduzione soprattutto delle polveri sottili (particolato) e dell’ozono

vuole razionalizzare e aggiornare la legislazione in vigore fondendo in un unico testo la direttiva quadro e le “figlie” per consentire agli Stati membri di attuarla in modo più semplice ed efficace (Proposta di direttiva del 21 settembre 2005 che accompagna la Strategia)

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l’aumento, in intensità e frequenza, dei fenomeni

estremi (uragani, temporali, inondazioni, siccità, …)

l'aumento del livello dei mari

la desertificazione

la perdita di biodiversità

CAMBIAMENTI CLIMATICICAMBIAMENTI CLIMATICI

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biossido di carbonio (CO2)

metano (CH4)

protossido di azoto (N20)

idrofluorocarburi (HFC) perfluorocarburi (PFC)

esafluoruro di zolfo (Sf6)

GAS SERRAGAS SERRA

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CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

approvata a New York il 9 maggio 1992, per contrastare e ridurre al minimo gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta.

Il PROTOCOLLO DI KYOTO

strumento attuativo della Convenzione, firmato nel dicembre 1997, entrato in vigore il 16 febbraio 2005

impegna i paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione ad una riduzione delle emissioni dei principali gas ad effetto serra del 5,2 % rispetto ai valori del 1990, nel periodo 2008-2012, con riduzioni differenti per ogni singolo paese

In particolare, l'Unione Europea ha un obiettivo di riduzione del 8%, nell'ambito del quale l'Italia si è impegnata a ridurre le emissioni del 6,5%

Nessuna limitazione alle emissioni di gas-serra viene prevista per i Paesi in via di sviluppo

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Politiche e misure interventi previsti dallo Stato attraverso

programmi attuativi specifici realizzati all'interno del territorio nazionale

Meccanismi flessibili utilizzare a proprio credito attività di

riduzione delle emissioni effettuate al di fuori del territorio nazionale in

considerazione del fatto che i cambiamenti climatici sono un fenomeno

globale ed ogni riduzione delle emissioni di gas serra è efficace

indipendentemente dal luogo del pianeta nel quale viene realizzata

STRUMENTI ATTUATIVI DEL

PROTOCOLLO DI KYOTO

STRUMENTI ATTUATIVI DEL

PROTOCOLLO DI KYOTO

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•INTERNATIONAL EMISSIONS TRADINGINTERNATIONAL EMISSIONS TRADING (IET) (IET) – consiste nella possibilità che uno – consiste nella possibilità che uno

Stato, ed eventualmente un’azienda, possa comperare o vendere ad altri stati o aziende Stato, ed eventualmente un’azienda, possa comperare o vendere ad altri stati o aziende

permessi di emissione in modo da allineare le proprie emissioni con la quota assegnata: il permessi di emissione in modo da allineare le proprie emissioni con la quota assegnata: il

soggetto interessato venderà tali permessi quando le proprie emissioni sono al di sotto della soggetto interessato venderà tali permessi quando le proprie emissioni sono al di sotto della

quota assegnata, mentre li comprerà quando le proprie emissioni sono al di sopra della quota quota assegnata, mentre li comprerà quando le proprie emissioni sono al di sopra della quota

assegnata. I permessi di emissione vengono chiamati Assigned Amount Units ed indicati con la assegnata. I permessi di emissione vengono chiamati Assigned Amount Units ed indicati con la

sigla AAUs. sigla AAUs.

••CLEAN DEVELOPEMENT MECHANISMCLEAN DEVELOPEMENT MECHANISM (CDM) (CDM) – è un meccanismo di collaborazione – è un meccanismo di collaborazione

attraverso il quale le aziende o gli Stati che realizzano progetti a tecnologia pulita nei paesi in attraverso il quale le aziende o gli Stati che realizzano progetti a tecnologia pulita nei paesi in

via di sviluppo ricevono crediti di emissione pari alla riduzione ottenuta rispetto ai livelli che si via di sviluppo ricevono crediti di emissione pari alla riduzione ottenuta rispetto ai livelli che si

sarebbero avuti senza il progetto. Tali crediti vengono chiamati Certified Emissions Reductions sarebbero avuti senza il progetto. Tali crediti vengono chiamati Certified Emissions Reductions

ed indicati spesso con la sigla CERs ed indicati spesso con la sigla CERs

••JOINT IMPLEMENTATIONJOINT IMPLEMENTATION (JI) (JI) – è un meccanismo di collaborazione tra paesi – è un meccanismo di collaborazione tra paesi

industrializzati e quelli ad economia in transizione, per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi industrializzati e quelli ad economia in transizione, per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi

di riduzione delle emissioni. Analogamente al CDM, permette di ottenere crediti di emissione di riduzione delle emissioni. Analogamente al CDM, permette di ottenere crediti di emissione

attraverso investimenti in tecnologie pulite in altri paesi. Tali crediti vengono chiamati attraverso investimenti in tecnologie pulite in altri paesi. Tali crediti vengono chiamati

Emissions Reductions Units ed indicati con la sigla ERUEmissions Reductions Units ed indicati con la sigla ERU

I MECCANISMI FLESSIBILII MECCANISMI FLESSIBILII MECCANISMI FLESSIBILII MECCANISMI FLESSIBILI

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Attività dell'Italia per promuovere una politica di protezione dell'atmosfera

Attività dell'Italia per promuovere una politica di protezione dell'atmosfera

L. 15 gennaio 1994 n. 65, ratifica Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (in vigore dal 21 marzo 1994)

“Programma nazionale per il contenimento delle emissioni di anidride carbonica” approvato dal CIPE il 25 febbraio 1994

Prima Comunicazione Nazionale alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici il 16 gennaio 1995

Seconda Comunicazione Nazionale alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici 15 novembre 1997

Delibera CIPE 19 novembre 1998 "Linee guida per le politiche e le misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra"

Legge 1° giugno 2002, n. 120 ratifica Protocollo di Kyoto

Delibera CIPE 19 dicembre 2002 revisione delle “Linee-guida” del 19 novembre 1998 e il relativo Piano di Azione Nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas serra (PAN)

D.L. 12 novembre 2004, n. 273 “Disposizioni urgenti per l'applicazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunità europea

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“Delega al governo per il riordino il coordinamento e l’integrazione della legislazione in

materia ambientale e misure di diretta applicazione”

il DDL ha avuto un iter travagliato

9 agosto 2001 il CdM approva lo schema di DDL 19 ottobre 2001 è stato presentata alla Camera (AC 1798) 2 ottobre 2002 è approvato dalla Camera in prima lettura e passa al Senato (AS 1753) 14 maggio 2003 è approvato con modificazioni dal Senato che lo rinvia alla Camera 15 ottobre 2003 la Camera lo approva in seconda lettura con ulteriori modifiche 14 ottobre 2004 il Senato lo approva con modifiche ulteriori 24 novembre 2004 la Camera finalmente lo approva definitivamente

LA LEGGE DELEGALegge 15 dicembre 2004, n. 308

LA LEGGE DELEGALegge 15 dicembre 2004, n. 308

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TRA I VARI SETTORI DA RIORDINARE VI E’

L’INQUINAMENTO ATMOSFERICOnei seguenti ambiti

1) emissioni provenienti dagli impianti di riscaldamento per uso civile

2) l'incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili o

alternative

3) emissioni derivanti dalle attività agricole e zootecniche

4) Incentivazioni per l'uso di veicoli, combustibili e carburanti che possono

contribuire alla riduzione delle emissioni e al miglioramento della qualità

dell'aria

5) informazione ai consumatori sull'impatto ambientale del ciclo di vita

dei prodotti possono causare inquinamento atmosferico

6) predisposizione del piano nazionale di riduzione (direttiva 2001/80/CE) che

stabilisca prescrizioni per i grandi impianti di combustione esistenti

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PER REDIGERE IL TESTO IL MINISTRO SI E’ AVVALSO

“di una commissione composta da un numero massimo di

ventiquattro membri scelti fra professori universitari, dirigenti

apicali di istituti pubblici di ricerca ed esperti di alta qualificazione

nei settori e nelle materie oggetto della delega”

istituita dalla L. 308/2004

costituita dal Ministro con Decreto 21 gennaio 2005

ha presentato nel settembre 2005 gli Schemi dei decreti legislativi relativi ad ogni settore previsto dalla legge delega, che poi ha accorpato in un solo testo

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recante Norme in materia ambientale

Parte V “Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle

emissioni in atmosfera”

è suddivisa

Titolo I Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera

di impianti e attività

Titolo II Impianti termici civili

Titolo IIICombustibili

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

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Titolo I “Prevenzione e limitazione delle emissioni in

atmosfera di impianti e attività”

si applica

agli impianti e alle attività che producono emissioni (inclusi: impianti termici civili non disciplinati dal Titolo II; esclusi: impianti di incenerimento di rifiuti, impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale IPCC-Integrated Pollution Prevention and Control, impianti per la difesa nazionale, sfiati da ambienti da lavoro)

stabilisce

i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità ai valori limite

determina impegni maggiori per le fonti rinnovabili

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

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richiesta di autorizzazione da parte del gestore

rilascio autorizzazione da parte della Regione

validità dell’autorizzazione 15 anni

IMPIANTI CHE PRODUCONO EMISSIONIIMPIANTI CHE PRODUCONO EMISSIONI

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

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La validità dell’autorizzazione è una delle innovazioni introdotte rispetto al D.P.R. 203/88

che prevedeva una validità definitiva modificabile solo in relazione all’evoluzione della migliore tecnologia disponibile o alle modifiche della situazione ambientale (art. 11) migliorativa rispetto alla “non scadenza” del DPR 203/88

sproporzionata sia all’adeguamento degli impianti alle nuove esigenze ambientali dovute alle politiche di sostenibilità, dato che d’ufficio non è possibile modificare le prescrizioni dell’autorizzazione legate alle migliori tecniche disponibili se non alla scadenza e per il rinnovo (art. 271 co.9)sia rispetto alla durata di altre autorizzazioni ambientali come la IPCC (5 anni) e la certificazione ISO 14.000 (6 anni) e certificazioni EMAS (8 anni)

ostativa della semplificazione dei procedimenti autorizzatori che dovrebbe portare ad una autorizzazione unica

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Il D.Lgs. sembra volerne limitare i poteri

Art. 281, comma 10, prevede la necessità di intesa con il MATT per la fissazione di limiti

più restrittivi

Lesivo delle competenze regionali di programmazione e pianificazione - Diverso

dalla normativa IPCC che prevede che le regioni fissino limiti più restrittivi

autonomamente

REGIONI E COMPETENZEREGIONI E COMPETENZE

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Titolo II “Impianti termici civili”

disciplina impianti termici civili non sottoposti ad autorizzazione

definisce l’autorità competente per i controlli

• i comuni aventi popolazione superiore ai 40.000 ab.• le province nella restante parte del territorio

La questione dell’autorità competente per i controlli è già stabilita dal D. Lgs. 112/98 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali" all’art. 31, che afferma il ruolo unico delle province per le seguenti funzioni:

la redazione e l'adozione dei programmi di intervento per la promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energeticol'autorizzazione alla installazione ed all'esercizio degli impianti di produzione di energiail controllo sul rendimento energetico degli impianti termici

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Titolo III“Combustibili”

disciplina le caratteristiche merceologiche dei combustibili che possono essere

utilizzati negli impianti di cui trattano i Titolo I e II

stabilisce le condizioni di utilizzo e le prescrizioni

prevede possano essere stabiliti valori limite massimi per il contenuto di zolfo negli oli combustibili o nel gasolio, più elevati rispetto a quelli fissati

nell’allegato X al D. Lgs.

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Legge delega n. 308/2004 approvata con il ricorso di ripetuti voti di fiducia troppo ampia e generica

D. Lgs. n. 152/2006definito senza rispettare le procedure, indicate dalla legge delega 308/2004 (art. 1, co 14), che prevedono forme di consultazione con organizzazioni sindacali e imprenditoriali, associazioni ambientaliste e consumeristicheadottato senza aver acquisito il parere della Conferenza unificata Stato-Regioni previsto dalla legge delega 308/2004 (art. 1, co. 4)limita le competenze delle Regioni che hanno già promesso ricorsi alla Corte costituzionaleriguardo all’IA non ha trattato tutti gli aspetti relativi alla qualità dell’aria, non si armonizza con provvedimenti attuativi di direttive europee, non ha unificato il sistema delle autorizzazioni, ha ignorato il problema delle aree urbane

PUNTI CRITICI SOLLEVATIPUNTI CRITICI SOLLEVATI