Ettore Bonessio di Terzet - Vico Acitillo

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Ettore Bonessio di Terzet Il labirinto di sabbia Vico Acitillo 124 - Poetry Wave

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Vico Acitillo 124 - Ekesy

EkesyVico Acitillo 124 - Poetry Wave

Ettore Bonessio di Terzet

Il labirinto di sabbia

Vico Acitillo 124 - Poetry Wave

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Vico Acitillo 124 - Poetry [email protected]

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Napoli, 2005

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EkesyCollezione di scritture

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estate

Scodinzolano sul mareseguendo il solecome un cane il padrone/agosto dei mesi il terribilesaluta i bagnanti e l’aereoche incita a divertirsi.

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Dipingono scatoline.Passano neve e soleNon dimenticandoLattuga e rose rifiorentiE quelle sarmentose.Tutto è rosso al contrarioDell’azzurro della BucovinaMosaici grandi all’apertoSu conventi e chiese.

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Vanno per manoA comprare i dolciPer la piccola festaDue bambinePer la strada ingleseDimenticataLa via del ritorno.

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Ascolta e vedi i voli della farfalla pensanteChe non pareggiano l’integrità della personaPer la quale cerchi la meta come perseveri,Tu, nei segni colorati di cui sveli il fascino.Ascolta e persevera nella luce che disponeGrandioso spazio al tuo cammino riuscito.Vicino, se vuoi, me trovi tanto ubriacoTanto per vederti e desiderare attornoIl silenzio che offre i doni del cuoreChiedendo di accettarli perdonando.

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Lasciate le ossa sul piano di quercia,Tastiamo i muscoli e la carne non sodaPassiamo le dita sul limite delle unghiePasseggiamo i polpastrelli sulla pelle,pensando a quando rimarranno solole ossa deposte e le nostre opere,il nostro nome rimarrà ricordo per pochi,un fiato al massimo detto tra coloroche proprio non ti detestano. Quindipeni sull’inutilità del fare, poiriprendi ostinato ad agire, sperandoche l’esercizio dell’intelligenza sia sufficientea non disperdere tutto e che non necessariosia il talento della carità che non abbiamoversato nel mondo come gli esempi vicinici testimoniano, e comunque ci spingonoa onorare il nostro genio, quello della poesia,delle nostre competenze nell’arte nondimenticando metafisica e teologia néil rapporto stretto ed affettuoso, molto di più,improrogabile con i giovani, seppure timido etimoroso di presentarsi a loro come maestro,io, proprio io che sono spogliato piùdelle rose rampicanti, d’inverno quandoErcole si dimentica di passare il verderame.Prima di salire le scale verso la camera da letto,rassicurato dagli oggetti al loro posto, mi rammentodi ritirare le ossa e di riporle in una scatola d’argento,per il giorno dopo che spero caldo e luminosoalmeno come quello passato nel tempo presente.

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Naturale e senza doloreSarebbe la morte se gli deiA noi fossero concordi.

una cortina s’innesta a pulsazionidel viso mentre si allarga il ventrecome vino birra tè abbondanti giù,si dilata ancora il contorno roseosino alle anche e i muscoli palpitanoil diaframma fermo e l’aria irrigidiscebloccata tra le anse sino agli occhie la lingua arida. Il respironon è più e la sensazione del cuores’impiastriccia con gli altri organi,allora così giunge l’estrema vitacosa ignota che qualcuno vuolee non sappiamo mai perché prenderci.

Naturale e senza doloreÈ la morte quando gli deiA noi sono concordi.

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Un lampo esce a rincorrereil viottolo giallo dove sostanole succulente variegatedal vento allineate alla mareache viene dal sud e rischiarai cieli aperti alla nottesopra un’orizzontale altosulle montagne strisciantilinea azzurrina oltrei tigli che delimitanocampi arati e stradenon rettilinee direttealle case di paglia.

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Semplici e tollerabiligli scherzi del caneche passa e annusail cancello argentato.Un nido guardasu rami pensosii fantasiosi saltidelle carpe cinesitra ninfee infreddateche niente sanno di Monet.Si dondolano all’ombradei pruni sorridential passante che li coccolaattento a che maldestripiedi non schiaccinole schizzanti lucertoleche corrono sicure del tufoinverdito dalla pioggiadisdegnata dalle vecchie lavande.Il disegno è compiutoogni parte rispondeal tutto che è dispostoper un procedere spedito,per sentire il grigioche copre un giocostrano e leggiadro.S’intravede una lampadache si specchia accesanei barbagli della seraincalzante e al mattinoquando il sole attraversale foglie del biancospino

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e tocca le rose affamaterisparmiando la sedia ela limonata appoggiatasugli intrecci del tavolo.Riposano le arcuate gambeabbandonate come le bracciain attesa dell’arrivo del ventointervallato da un’ovulo caldosecco e tagliato dalle foglieche sbiancano a destra a sinistrasecondo stagione riparandole basse ortensie scontrosepiù delle gerbere ai raggilineari del sole mentre il galloindicatore gira ogni tantorispettando le direzionivolute da un indiceinfinitamente grande.Così passano le giornate Attendendo il giornodopo una notte rischiaratadalle torce che scaccianozanzare e moscerini.

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Avremo resistitoalla nostra fedecambiata in altro,avremo tribolatodeboli come oradinanzi al bicchierepieno di vino?Alle lusinghe del vivereai fantasmi della noiaai miraggi delle possibilitàai deliri delle immaginiavremo resistitosulla nostra lineaa bicchiere vuoto?

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Luminarie acceseAlle luci nascosteSplendido CoroFanno

I nostri cuoriIntiepiditiAlle luciRischianoDeboli risposte

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Nel tempoImpaziente e frettolosoIl cielo doppiaLa nostra bucciaSenza limite e regole,Andiamo non piùVolando senza vedereLa distanza minima,Lo spazio impolveraLa dolce mattinataRammentandotiChe sei gettatoNella curiosità di sapereFatalmente,L’uomo non cedeAvanza e cresce a dismisuraImparando a sparireLento e pazienteDietro veli che guardanoLa terra che s’incendiaDi sera.

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A tratti il sangueInseparabile degli uominiGuardo e mi perdo.

I dadi sono oscuriSull’estrema parolaDove si scordano i sogni.

Affondano le terreLe genti si sfannoLa bestia respinta.

Respinti eserciti e deiRimane un sognoAncora una volta.

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Macerie vedo e m’incantoMorti coperti da veliRagazzi e ragazze piangonoSparano e corrono soldatiAncora un ponte distruttoAllegria e riposo assurdiRimane la polvere estivaI copricapi invernaliCircondati dalle rovineNel percorso fotografico

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Rovesciato sull’argineImmobile un elefanteGiace innalzando le zanne.

Riparato un alianteSpiana il ventoSu aironi e paludi.

Catturato un vecchioFissa gli occhi persiSulla feritoia feroce.

Immobili sono ritrattiRovesciati su se stessiCatturati per strada.

Lasciati i tatuaggiMostrate le cicatriciRiposano su divani sfasciatiCome le facce del mondo.

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Ogni pomeriggio muoreUn bambino lungo il fiumeOgni pomeriggio il fiumeSi ferma ricordando le perdite.

I morti portano piumaggiDi fango per i due viandanti,Nuvoloso vento tra le torriFeriti nel giorno della gloria.

Non c’erano tocchi nel cieloQuando t’incontrai all’osteria,Un frammento di nuvolaBassa sulla terra ti accompagnò.

Un gigante d’acqua stava sul monteLa roccia spandeva margheriteSul corpo con l’ombra delle violeMorte fredda, un angelo, sulla riva.

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Stupito della libertàSi aggira davanti al muroNon vede il confineInciampa su un sassoPerdendo l’occasionePer capire propizio Cosa di qua della casa.

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Perso tra i sentieriPerversi del monteAlla cerca dei sacriIppocastani e mirti,Senza saper dire quandoVicino al luogo si apreIl petto chiaro e immortaleSente il dialogo affine.

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ricapitolazione

Sempre abbiamo fatto i conticon lei che una volta sentimmoalta e che ancora cerchiamolungo le asprezze delle poltronenei pomeriggi lunghi da soddisfare,quando il calore della sigarettatranquillizza lo spietato bevitoreappoggiato alla sbarra scivolosa.Forse anche negli autobusaffollati di impiegati accigliatinelle mattine grigie dalla periferiaverso il centro o nel viso rigatodel pastore d’Abruzzo o del venditoreovale di gelati, lei si affiancaa quella che disegnò vulcani egiganti mentre Picasso dialogavacon Matisse, prima di passarea dipingere donne con nasi doppilui odalische sul mare.Pollock la strizzavadai tubetti e attendeva cheallagasse la terraa chiazze a strisce a grumi cosìche si formasse una armonia di forzee ritornasse a lui. Poi Ernst s’impadronìdi lei e aiutato dalla signoravide la madonna sculacciare il dio

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e la forza uscì da lui per non essererisucchiata da colui che vuole dividere.Chi vuole dividere ha vissuto unitoe d’invidia ha piena la mente evuole instaurare un dominio diversoda quello in cui fu. La gelosia per chivive in pace comporta una velocitàdi decisione per non far diffondereil sentimento della serenità, dellasoddisfazione adeguata e quindila vittoria dell’Avverso. La velocità èparente della malizia e della malignitàche in un gesto si giustifica controle obiezioni incerte di tutti quelliche in pace non sono e non possonovivere anche se compagni dei triciclici.Ti investe improvvisamentescartando a destra sbattendo controil petto con colpo sordo ed elasticoe ti svegli dal piccolo incuboricordando a fatica i personaggi chelei ha narrato durante la notte,segnale della vitalità e delle energieche ancora rimangono per proseguirea vivere, alternando incubi a paurenella semplicità di un trascorrere gli istantianche ricolmi di soddisfazioni e di ricchezzeche riconosci a stento, e che diventanoproduttrici di mostri e non di sognidolcemente servitori della veglianotturna trapassando le trameconcrete di Auden, le peripeziepensate da Eliot, le scorribandedi Apollinaire tutti aspirantial significato oltre ogni sensoed emozione, lasciata indietroogni psicologia, ributtato ogniindividualismo, giocataindividualità con eternità.Anche Ungaretti gareggiò conl’improvviso avvistamento di

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quella luce particolare - immensitàe ne rimase per sempre colpito e altronon ricordò così chiaramente come Danteche tutto vide e niente disse seguendol’insegnamento di Platone e Gesù,come il placido Buddha non rivelòniente se non la completa disposizionea dire tutto quello che aveva imparato,diversamente da Schopenhauer chetruccando la vita col vivere insegnòagli altri di rinunziare a tutto quelloche lui non disdegnava di raggiungere.

Con chi giochiamo a tresette?Vogliamo raggiungere il massimodel punteggio del nostro clubper essere segnati sul libroa ricordo imperituro dei soci.Un libro non è altro chela registrazione con paroledi una segnatura anteriore checi siamo trovati una mattinapassandoci la lametta sul visoquando sentimmo un brucioresulla nuca e abbiamo trovatodelle incisioni sui polpastrelli esulla punta della lingua e siamocorsi dal medico paurosidi qualche strana epidemia.Usciti dallo studio ed entratinella libreria consuetacerchiamo quello stranoautore che non conosciamo,che sappiamo essere quelloche è necessario per tirarefuori dalla bocca quello cheabbiamo sepolto nello stomacoche ricopre l’anima più sottileimpressa delle parole che sentimmodietro la nuca prima dellamattutina colazione.

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Rinfrancati dal ritrovamentoarcheologico di un non rarotesto già ai più conosciuto,andiamo nello studiolo einiziamo la preparazioneper trascrivere quello chelo stomaco ancora per pocopoteva proteggere.Di fronte alla pagina scoprimmoil bianco il peggiore dei coloriche li contiene tutti e li fa’uscireindipendentemente dalla volontàdell’autore, in consonanza congli allunghi dei neri versiautomaticamente appropriatiassecondata la disposizione del disegno.Incespichiamo incerti nel fare,non rassicurati del nostro agire,non fermi nelle proposte,ancora annaspanti perle passate bufere e pocorespiranti dialetticamente,per niente sicuri del nostro,poco convinti ad affidarcifuori di noi a chi non vediamosolo pervicaci nel richiederel’aiuto e la consolazionedi chi ha scienza e fisicamenteripone custodia. Poco siamopronti e disposti a dare e direa chi non parliamo e della nostrastoffa non è confezionato,un problema di marchio e diaffinità di produzione perfidarci di altra azienda.Quando indossiamo ivestiti siamo contenti dellanostra taglia, pieghiamo latesta all’indietro per vederese si formano pieghe,se il taglio tira da una parte

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soddisfatti della nostra figura,cerchiamo tra negozi luccicantigli oggetti più costosi ed originalipensando solo alla nostra consumazione.

Quando il pensiero scappaverso altre posizioni,la prima questione èl’apparizione di lei edella sua relazione con noi anchese il postino si attarda stancopresso l’uscio di casaindifferente alla lettera attesa.Lei pretende che la si accettie successivamente entrati nella libertà,altri nel libero arbitrio, siamo scioltida ogni legame: solo se lo vogliamolo possiamo riallacciare o se nonlo vogliamo non lo riallacciamo.Liberi nella necessità di scegliereo di eleggere la forza a nostramaternità e amicizia oppure dirimanere orfani e cercareper strade affollate l’altramadre scambiata per la bellacommessa della pasticceria.Qui la posta. Chi debbaper primo avanzare il passo,chi iniziare l’avvicinarsirispettate dignità e libertà,nella risoluzione di non essereschiavo e neppure servo, maparitetica pedina che svolge ilsuo compito sulla scacchieradove il Re si mangia e laRegina no, seppure formalmenteconsacrata nella potestà.

Il primo passo è quello piùfacile. Difficile, una voltacompiuto, è non cadere

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nella tentazione di farne unoall’indietro, anzi rimanerenello spazio raggiunto,nel circolo che di due fa’uno e nessuno è persoperché nessuno annullato.La dialettica del vecchio Aristoteleè superata da quella che conservai soggetti della relazione,la dialettica che tiene contodella persona senza più salvareastrattezze metodologiche,non curandosi del sistemaa discapito della verità,costi quel che costi la coerenzaagli assunti troppo razionali.La persona sta nella formache le è propria e questo èil grande gioco che bisognagiocare e decidersi per unabuona volta che non si possonoermeneutizzare le cose a proprio usoné si possono spostare le caselleperché i conti tornino a noio soprattutto alla platea delmondo a cui non dobbiamoniente se non che facciala sua parte come noila nostra, secondo natura,quella natura che ognunopossiede e che naturalmenteo intelligentemente persegue.Giotto per essere Giottoandò alla bottega di Cimabuee imparando imparò a dipingerein maniera nuova e superòcome insegna Leonardo, ilmaestro perché destinatosialla galleria dell’eternità.Non si può essere quello chesi può essere senza maestri e

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compagni di strada, sapendoche un giorno, volenti o no,si diventerà maestri a noi stessi eandremo a cercare discepoli eallievi a cui reciteremo paroleperché il sapere sia trasmesso esi evolva nella trasformazionedell’altro, e così via e così siaverso la lenta e inesorabilericostruzione della Perfezione.L’eternità passa per la storiainesorabile come il destino dichi si ferma alla storia ecrede come il vecchio Hegelche il cavallo bianco sia l’Incarnazione.Accettare una parte non teatrale,stare nel gioco una voltarisvegliati dal sonno cheprende nel pomeriggioprima della passeggiata,sapere che non si può recitarela persona che sei e gioiositendere seriamente a quel fineche un bel giorno abbiamo trovatoimprovvisamente appiccicatoaddosso come un bel maglionedi cachemire, senza richieste senzadomande e abbiamo rispostosì o no, comunque replicatoalla chiamata che non risparmiaanche il più ignavo degli ipocriti.O il più operoso tra i molti chesi trovano nei cataloghi d’arte,per lo più noiosi perchériproduttori d’immagini senzache figura sia tratta, senza chepensiero poetico si disveli,senza che il lettore senta formicolii,un disagio e una insofferenza benignitra le nervature e la polpa, indici sicuridi essere in qualcosa di strano,

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forse non di nuovo certo singolarein quanto segno, dardo, punta diuna lingua che feroce e pietosa si affacciaalla luce e disegna un ballomovimento che ritorna perle strade tra i giovaniche danzano il passeggio.Camminare tra strade sconnessemarciapiedi poco asfaltatiscalinate rotte tentando di arrivareal centro televisivo dove seiospite per parlottare in un salottostanco e distratto di bagattelle,senza strategia senza passione,sotto lampade bollenti rivoltoad un pubblico volgare che pocodesidera e di poco si accontenta,trovare l’occasione per proporreun banale progetto, spendendotempo fuor di discoteca.Altro il venditore di almanacchisi aspetta dal gentile pubblico,affermando sicurezza di relazionitra i fati del cielo e della terra,quelle corrispondenze cheporta segnate sul suo librettoe segnano i piccoli e grandiavvenimenti e le cose da farsitenuto presente che le stellehanno influenza qui tra leumane cose, non superstizionema una concreta relazione tra la lunacalante e le dalie perché distendano fortii petali e innalzino i fiorisino a tutto l’autunno che verrà.Coltivare i fiori, curare l’ortoè buona regola per il cardiopaticosenza stancarsi, seguendo il ritmodella natura lasciando gli affanniagli altri misurandosi con le fogliei petali le radici la terra calda,

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con la soddisfazione di qualchebuon innesto, la raccolta dei recisile belle pesce luminose egli invadenti profumi degli odori,tra il rabarbaro e il vecchio melocon il nido germanico che ancoranon ha ospiti al contrariodella vasca che di carpe rossorogiallee passerotti e tortorelle è ancheritrovo alle solatie lucertole.La campagna è un bene non soloper chi soffre gli attacchi del maleo soggiace alle malizie di Panche si manifestano non piùnel pieno del meriggio ma siallargano dalla prima mattinataal momento iniziale della penombraevidentemente avendo chiestoil dio agli organi superiori unadiversa e più ampia sistemazionedei propri interventi. Anche coloroche sulla superficie apparentedella calma trafficano gli affarie danaro altrui e chi sistemacertificati e cartelle, quellia cui abbiamo consegnato la tutelaformativa dei nostri figli, anchecostoro possano trovaregiovamento e miglioramentopraticando l’aria più frizzantedella campagna e non più soltantole libere spiagge portatricidi screpolature e rughe oltrele imprudenze e le malefattenon diligentemente nascoste.Risuonano di belle canzoniancora le campagne oggi,di lontananza giunge ilcantare e lo sbattere dei piattilà in fondo oltre la strada provincialenel gruppo bianco di castelli

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innaffiati da una luce verde doves’incontrano quelli che la serarisalgono dalle spiagge della rivieraa scambiare anche e risatecontenti e felici delle mistureda bere accompagnate da baci,corteggiamenti sino all’oramassima quando il ballare èinterrotto dalle gioie più solitariee intime, prima di ritornare alla casacon qualche trepidazione se nonproblemi più gravi di una foraturada muovere le cronache del giornalepomeridiano e la deposizionedi un mazzetto di fioriridicolo sul palo della lucea rimembranza non sicuradi una avventura sfortunata.Ma sino a quando gli artistidovranno dipendere da ricchivenditori di salume?Eppure il re di Franciacapì l’importanza del vecchioe se lo tenne vicino amorosamente,ormai tardi perché non desse il decisivo toccoal san Giovannino e baciasseil bel segretario e si spegnessetriste lontano dalla terra sua edai contorni che aveva gustatoe di cui rimase indeciso di godere.

Dal color della malva consaettate di azzurro e grigioperlaquella sera con Carmeloa Bettale nello stupore dell’affrescoaudace consegnato al mondo della pittura,le autorità incapaci oltre lavivacità coloristica, la bella cosaarredo della città, senza capire ilsenso che solo da Mantova conAlberto fu sottolineato portando

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la dignità del significatoalla naturale espressione.Intanto Giovanni uscì dalle ristrettesponde della Sicilia a consacrarela pittura non sugli altari delle galleriema tra ascensori e scale, in girotondi distanze dove i brillii i graffi e igrumi di spazi amplificanoi piani nobili dei vetusti palazzi.E Dante nella solerte Bologna,Serse lassù a Trieste, Davide eGianBattista a Seregnotendono a coniugaretradizione e novità nel segnodella frantumazione dei generi,nel rispetto dei singoli generiche si baciano, non più scatolette leibniziane.Ascanio contemporaneo a Romaimmerge nei tessuti urbanile sue pazienti tessiturecontinuando la sua feroce esolitaria opera di tappezzareil mondo per decoro migliore,per nascondere le mancanzefetide nelle infinite crepee le altre indicate da PaoloAltri, poco chiassosi, comeRaffaele s’impegnanoperché i segni d’oro si moltiplichino,più di una lezione di semiotica,e buchino l’astratto, e realesimbolo si conficchino nellaterra del mondo per scrostarlo.

Ma, come direbbe l’attentoprofessore di filosofia, tutto quelloche vediamo e abbiamo veduto,e quello che vedremo per quantovedremo, avrà un significato ovveroun’impronta decisa che nessun fangonessun acquazzone dal Nord,

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nessuna sabbia dell’Africa potràmai cancellare se coltiveremoastri sedum delphinium alisso,altri fiori più delicati e sospettosicon la massima nostra passione.Non raccoglieremo niente della vitache ci è davanti e aspetta di essere coltase non allungheremo la manosotto la custodia della Passione.Quando sopravviene notiziadi catastrofi naturali, quandopensiamo che posiamo il piedesopra faglie di polveriere chesi aprono sollecitate anchedalle nostre sventatezze emorti si accatastano nella contae la vita continua tra i lutti,continuamente gli uominisubendo il trauma dellaseparazione, allora qualcunogetta la spugna e urla controil Silenzio. Speranza vola via.Ritorna la disperata illusione.Il nonsenso del vivere spingei giovani alla musica confusa di acidi,li allontana dall’affetto degli amici,li tiene distanti da ogni affidamentoe non sappiamo più che dire che fare,ma improvvisamente ci inventiamol’invito al ribaltamento, li spingiamonoi inermi a guardare le opere d’arte,visitare qualche convento sperdutoper trovare una ragione sostanzialeche dice la vita vale essere vissutamassimo nostro bene da salvarenel comune naufragio del tradimento.

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epifania dell’azzurro

Disseminato per le vastità del cosmocompete l’azzurro con l’oroper sovranità non solo magnificenzatestimonianza dell’altonell’imponderabile essere.Azzurro: manto della madonnacon le aureole dell’arte italianaesplosa nella forza della grazia.Il manto della madonna avvolge ogni direricopre nella leggerezza della tramanella delicatezza della tessituraazzurro cieloazzurro mareazzurro fiumeazzurro ariaanche se appare bianco impalpabile.

Quando passano per i due marile cicogne che vanno alle terre estremesi triplica l’azzurro insinuato traminareti e cupole, tra ponti e barcheaffollate le sponde ricche di odoriformicolanti di parole veloci i mercatinella trasparenza dei gialli tramontitra le spirali d’aria che salgonoda terre rocciose e fumanti.

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Quando le tonnare sono apprestatee si stringono con la costanzadi un maglio meccanicoil rosso del sangue inondail quadrato marino che odorasempre più di acido profumorimescolato col bianco delle codateper ritornare alla calma tinta ancorae di più dell’azzurro.

Quando la notte cala sul giornoe sembra che il nero dominifolate di azzurro corrono ancoratra i lampi delle stelle notturnea rischiare i blocchi del cieloa nutrire la cupola areanell’attesa del grigio celestinoche rosseggiando chiude la notteal giorno progressivo.

Quando triangoli e quadrati s’incornicianotra circonferenze e spirali nella profonditàdel cono concentrico da cui esconopiramidi di luce tagliata che ricoprei tetti rossastri a mattoni e il vérde bossocome marea argentina quando di granulisommerge le spiagge silenti e assolatetra mare e cielo, le case rispecchianoinquadrature di azzurro tra cielo e terra.

Le possibilità di una tempesta sonoterribili come il calore del deserto ingiallitodove non trovi i colori saputimutatisi in raggi pungenti imbiancatidalla polvere e dalla spuma:solo nell’equilibrio temperatoecco spuntare da ogni partesorgere e ondularsi per ogni dove

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illuminare case e tetti piazze e stradei visi mutevoli degli uominiil confidente pacifico della Maestàtra pietre preziose nascosto: Azzurro.

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La nebbia circondala macchina dellapolizia e l’occhionon vede l’ingiustiziache si consuma al bar,neppure la cocaina, il popperl’esplosivo lungo il cappotto.La nebbia è una grande invenzionedel maestro per sottrarre le cose,non solo alla leggema all’anima gentile che siaffaccia: non vede niente, il tuttoinformato di nero, vede solola nebbia e la riconosce.

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il disco d’oro

Sette perle cadonoDalla melagranaNella bocca del pesceChe le risputa sulla rocciaLucida pietra ricamataA labirinto segnata.

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Dove i segni giovanneiSotto questa pioggia innaturaleCrampo alle mascelle del cuoreE tutto brucia più del gin?Dove i segni bruciati dal computerAssorbiti dalla penna stilograficaMangiati dalla carta appiccicosaSpariti nei priorati privatiD’ingegnosi malandriniDisperati segni di unaDiscendenza interrotta?Quel mondo è finito da tempoE nessuno ha inventato quello nuovoPreso dalle attrazioni del weekendIn un desolato posto senza sabbiaSenza benzina, fermo tra le crete senesiAspettando un asino benedetto.

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ciechi di chi vedetra la spessa siepe,che della carnedel fiato nostro?

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Slancio

Discutono al buioContinuare restare.Niente collegamentiPiù con gli altri,Soli rimasti all’obiettivoMa senza ordine.Allora la responsabilitàCala come presagioD’oracolo e colmiScelgono il capoDi terrore e di vita.

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il vento spinge la sabbiaoltre i muri che cedonoall’occhio dal passo veloce.Non ci accorgiamo chebatte l’ora preoccupatidelle carte e fuggiamosbarrata la porta

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nel novembre chiusosenza piacere e nostalgia,cuore sbranato nel sottobosco,amore in coma protetto nellapancia dai sudori le tovaglieunte bottiglie di champagnefatto con la polvere di cucina

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robots

disordini elettromagneticiquando sentiamoanomalie neuronalicanto e paura dell’upupa?

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tra i labirinti della navecerca appoggio al piedecome in bilico sulla scalacogliendo l’ultimo acino

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incertezza di Brodskij

Che cosa mi possono insegnare i genitoriBrodskij, se non mi hanno insegnato nientee niente è rimasto se non l’afa della solitudine,la carne dell’ingiustizia senza giochi per strada.Se la miseria e l’intelligenza hanno insegnatoa tuo padre e tua madre il lucido parquet,tra nonne e cameriere o stizzosi parenti e ziela limpida immagine dei neri piedi mortiè il ricordo più netto come quella notteaspettando la Befana saputo del padre.Esule e fortunato tieniti o poeta, se puoiparlare tranquillo della memoria vicina.

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Sprizzava spuma il cavalloNuotando fra le fanghiglie/Ergeva il collo verso la rivaSicuro del muscolo delle redini/Ma il fiume lo tirò giù e l’uomo.

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montagna

tanti agnelli affamatioltraggiano le collinerubato ai fiori il soleaffaticati e resistenti

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Il grande poetavenuto da lontanoche parla gentilefà festa al bimboche piange perla faccia importantetroppo rugosa.

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tsunami

Una tempesta specialeTravolge anche gli stomaciDegli avvoltoi ripieni di morte.

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battaglia

Dal monitor la bombaSpande paura e tremanoGli occhi rotondi mentreCantano i nuovi soldatiDopo gli spari del cecchinoChe chiede pietà d’acquaCon una pallottola in fronte.

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convalescenza

La penna tentandopulitura di scorie scoprese compiuto è il compito.Paralleli i polmoniaria per il corpo cercanonuova per l’animanegli intervalli della corsa.???

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Il Gran DragoIrato per la spada e gelosoDel piumaggio inonda di fuocoLa valle scappando dalla luceDel Bel Cavaliere.

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Otranto

Sulle punte addosso ingombrantisagome incerti delle dottrinecerchiamo una composizionestupefacente che solo di sanguedi sale odora e non lascia transitinella piazza dal vento albanesespazzata su turisti dubbiosi.

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loro sanno

Nuotano i pesci nell’acquariosicuri dell’ossigeno e mangimee corrono e girano, si pulisconosulla ghiaia le foglie gustandotranquilli o inquieti, distaccatidalla volontà esterna soddisfattidella limpidezza e delle bollicineche li divertono. Sembrano felicidello stato loro in barba ai profanie all’amico poeta dotto di passerinon d’amore che appassito l’uccise.

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Non è facile credere nell’inconoscibile giustizia.(Auden)