Età evolutiva

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Nutrizione in eta’ evolutiva Aggiornamento sugli aspetti nutrizionali del PARMIGIANO-REGGIANO Dr.ssa Laura Garini, Dr.ssa Elvira Verduci Dr.ssa Silvia Scaglioni Prof. Sergio Bernasconi

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Nutrizione in eta’ evolutivaAggiornamento sugli aspetti nutrizionali del PARMIGIANO-REGGIANO

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Introduzione

Il Parmigiano-Reggiano, formaggio a denominazione d’origine protetta, viene prodotto nei territori delle province di Parma, Modena, Reggio-Emilia e di parte di quelle di Bologna e Mantova. E’ un formaggio a pasta dura, cotta e a lenta maturazione, (minimo 12 mesi, raramente meno di 15-18 mesi al consumo), prodotto con latte crudo, parzialmente scremato, proveniente da vacche la cui alimentazione è costituita prevalentemente da foraggi della zona d’origine. Il latte non può essere sottoposto a trattamenti termici e non è ammesso l’uso di additivi. La trasformazione del latte in Parmigiano-Reggiano è ancora basata su una tecnologia artigianale legata all’esperienza empirica dei casari e all’osservanza di usi e consuetudini secolari. Le attività enzimatiche della flora lattica, grazie alla tecnologia di produzione e alla lunga fase di stagionatura, trasformano il latte, unica materia prima del Parmigiano-Reggiano, in un alimento di grande complessità e ricchezza dal punto di vista organolettico e nutrizionale. Il Parmigiano-Reggiano, inoltre, è un alimento “concentrato”. Infatti, le componenti nutritive del latte, a seguito della perdita di acqua, vanno incontro ad una vera e propria concentrazione, per cui i principi nutritivi risultano di gran lunga superiori rispetto al latte. Il contenuto medio di acqua (30% circa) spiega l’elevato contenuto energetico pari a 395 Kcal per 100 grammi di formaggio. Le proteine sono la componente quantitativamente più importante del Parmigiano-Reggiano (contenuto medio pari al 33%). Il contenuto di grasso (in media 28%) risulta in linea con la definizione merceologica di formaggio semigrasso. La composizione in acidi grassi riflette quella del grasso del latte con un rapporto tra acidi grassi saturi e insaturi di 3 a 1. Il contenuto di colesterolo è relativamente modesto, pari a meno di 100 mg per 100 grammi di formaggio. Il Parmigiano-Reggiano contiene minerali (calcio, fosforo, sodio, cloro) e microelementi (in particolare zinco e selenio). Da sottolineare il fatto che il contenuto medio in sale è di circa l’1,4%, nettamente inferiore rispetto al passato. Il Parmigiano-Reggiano è un alimento consigliabile nell’alimentazione anche dei soggetti in età evolutiva per il suo valore nutrizionale e funzionale. Verrà di seguito analizzato, in base alle singole componenti, il ruolo del formaggio nell’alimentazione del bambino e dell’adolescente.

In età evolutiva il fabbisogno proteico è maggiore che nell’adulto, per sostenere la crescita. Le proteine non solo sono la componente principale del Parmigiano-Reggiano ma hanno anche un elevato valore biologico, poiché, a differenza delle

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proteine di origine vegetale, contengono aminoacidi essenziali in elevate concentrazioni. Inoltre, risultano facilmente assimilabili poiché, in seguito all’azione degli enzimi proteolitici, che provengono in parte dal latte e in parte da batteri lattici che si sviluppano nella cagliata, la caseina originaria del latte subisce modificazioni paragonabili ad una predigestione che porta alla formazione di composti a peso molecolare sempre più piccolo fino ad aminoacidi liberi, in grado di stimolare la secrezione gastrica. Inoltre, la predigestione della caseina rende il Parmigiano-Reggiano simile ad un idrolisato proteico, che potrebbe avere un ruolo nell’alimentazione dei soggetti allergici alle proteine del latte vaccino. In base al contenuto quali- e quantitativo delle proteine, risulta utile l’aggiunta del Parmigiano-Reggiano alla pasta (alimento alla base della piramide alimentare mediterranea): per esempio per completare lo spettro aminoacidico del frumento, carente in lisina; oppure per la dieta dello sportivo, sia per l’elevato contenuto proteico che per la presenza di una buona quota di aminoacidi ramificati (valina, leucina, isoleucina), principale substrato energetico del muscolo sotto sforzo.

I grassi, presenti nel formaggio in concentrazione relativamente elevata, sono costituiti, oltre che da acidi grassi saturi ed insaturi, da acidi grassi a media e corta catena. Questi ultimi sono assorbiti direttamente dall’organismo e inviati al fegato e ai muscoli per il loro immediato utilizzo, sia a riposo che durante l’attività fisica. Inoltre, poiché la combustione dei grassi libera una quantità di energia superiore a quella di zuccheri e proteine, l’assunzione di formaggio assicura un buon apporto energetico in un piccolo volume.

Per quanto riguarda i minerali, il Parmigiano-Reggiano è un’ottima fonte di calcio, il cui apporto risulta fondamentale per la deposizione della massa ossea, che avviene fino ai 25-30 anni, e quindi per la prevenzione dell’osteoporosi in età adulta.

Latte e formaggio non soddisfano il fabbisogno vitaminico giornaliero raccomandato. Tuttavia, con riferimento ai valori indicati dai Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti (LARN) per gli adulti, 100 grammi di Parmigiano-Reggiano coprono completamente il fabbisogno di vitamina B12 e Biotina, 1/3 di quello della vitamina A e B2, da 1/5 a 1/10 di quello delle altre vitamine. Per quanto riguarda l’organismo in crescita, le vitamine sono di particolare importanza perché esplicano una fondamentale funzione metabolica in numerosi processi plastici ed energetici ed influenzano i meccanismi di difesa immunitaria. I LARN raccomandano per il bambino e per l’adolescente apporti vitaminici più elevati che per l’adulto. Ciò non giustifica un uso indiscriminato di supplementi vitaminici, contro il quale si sono espresse

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autorevoli voci scientifiche come l’American Academy of Pediatrics, in quanto la varietà dell’apporto vitaminico è garantito dall’alimentazione mediterranea, in cui il Parmigiano-Reggiano può essere incluso.

Il Parmigiano-Reggiano, per l’assenza di lattosio, è consigliabile ai diabetici, ai soggetti intolleranti al lattosio per deficit di lattasi ed in alcune patologie gastrointestinali.

Tra i costituenti del Parmigiano-Reggiano ve ne sarebbero alcuni, in corso di studio, che lo renderebbero un alimento funzionale, in grado cioè di produrre effetti benefici sulla salute e il benessere del consumatore. In particolare:• peptidi “nascosti” nelle proteine, che possono essere liberati da processi

proteolitici durante la produzione o durante la digestione ed esercitare una modulazione diretta o indiretta, locale o sistemica, di processi metabolici. Tali peptidi, detti bioattivi, eserciterebbero attività di tipo anti-ipertensivo (ACE-inibitore), immunomodulante (stimolazione dei macrofagi, protezione nei confronti di infezioni batteriche per esempio da Klebsiella pneumoniae), di trasporto di minerali (specialmente del calcio), antiaggregante piastrinica, battericida, oppioide.

• oligosaccaridi con funzione prebiotica, cioè carboidrati a corta catena non

digeribili che hanno la capacità di stimolare la crescita e/o l’attività di uno o più batteri nel colon esercitando effetti benefici sulla salute. A partire dagli anni’80 è stata ipotizzata la presenza nel Parmigiano-Reggiano di un “fattore bifidogeno” dotato di specifica attività prebiotica.

• coniugati dell’acido linoleico (CLA) per i quali sono state ipotizzate attività anticancerogena, antiaterogena, antiobesità, antidiabetogena, antiaggregante, di stimolazione della mineralizzazione ossea, della risposta immunitaria, di regolazione della risposta allergenica.

• probiotici (Lactobacillus rhamnosus) con attività in alcune situazioni patologiche come enteriti e dermatite atopica.

Il Parmigiano-Reggiano dunque è un alimento genuino, ricco di storia e tradizione, che può entrare nell’alimentazione quotidiana, varia ed equilibrata, dei soggetti di tutte le età.

Nei capitoli seguenti verranno trattati nello specifico i micro- e i macronutrioenti del Parmigiano-Reggiano, con particolare attenzione alle esigenze nutrizionali dei soggetti in età evolutiva.

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PROTEINELe proteine svolgono diverse funzioni: plastica, regolatrice (ormoni, enzimi, neurotrasmettitori, fattori di regolazione), immunitaria, energetica. Sono formate da catene di a-aminoacidi legati tra loro da legami peptidici. Gli aminoacidi coinvolti nella sintesi proteica sono 20. Di questi, solo 9 devono essere introdotti preformati con gli alimenti, in quanto l’organismo non è in grado di sintetizzarli, e sono pertanto definiti aminoacidi essenziali (valina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano, istidina). Cisteina e tirosina sono considerati semiessenziali in quanto sono in grado di risparmiare rispettivamente metionina e fenilalanina. Glicina, prolina, arginina, glutamina e taurina rivestono un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’omeostasi e delle funzioni dell’organismo umano e possono non essere sintetizzati a velocità sufficiente in alcune condizioni fisiopatologiche; sono perciò definiti aminoacidi “condizionatamente essenziali”.La determinazione del fabbisogno proteico è importante per prevenire le conseguenze negative che possono derivare sia da una sistematica carenza che da un eccessivo apporto proteico. Il fabbisogno proteico reale deriva da un equilibrio tra le richieste metaboliche dell’individuo, che variano nelle diverse fasce di età, e le caratteristiche nutritive delle proteine assunte. Infatti, le proteine di origine animale hanno un elevato valore biologico poiché contengono tutti gli aminoacidi essenziali in alte concentrazioni, mentre le proteine di origine vegetale possono essere carenti di uno o più aminoacidi essenziali. Inoltre, fattore limitante per un’adeguata sintesi proteica è l’apporto calorico totale che si accompagna all’assunzione delle proteine: se la dieta è ipocalorica, in carenza di altri substrati, le proteine non vengono utilizzate a scopo plastico ma per la produzione di energia (1,2).A differenza dell’età adulta, in cui fase anabolica e fase catabolica sono pressochè in equilibrio, nell’età evolutiva prevale la fase anabolica con formazione di nuovo tessuto (figura1).

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Figura 1Pertanto, nel computo del fabbisogno proteico in età evolutiva si tiene conto non solo del fabbisogno di mantenimento, ma anche di quello per la crescita, calcolato in base ad incrementi ponderali standard. La quantità di azoto così calcolata è aumentata del 50% per assicurare un margine di sicurezza in funzione della variabilità giornaliera della velocità di crescita ed, infine, è corretta per un coefficiente di utilizzazione delle proteine, considerato pari al 70%. Per stabilire il fabbisogno proteico individuale la quantità raccomandata per kg di peso corporeo va moltiplicata per il peso reale nei soggetti normopeso o per il peso desiderabile per i soggetti sottopeso o sovrappeso/obesi (Tabella 1) (3).

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Etá (anni)Livello di sicurezza (L.S.) (g proteine/kg peso corporeo4/die)

L.S. corretto per la qualitá proteica (g/kg peso corporeo/die)

0,50-0,75 1,65 2,09

0,75-1,00 1,48 1,87

1,5 1,17 1,48

2,5 1,13 1,43

3,5 1,09 1,38

4,5 1,06 1,34

5,5 1,02 1,29

6,5 1,01 1,28

7,5 1,01 1,28

8,5 1,01 1,28

9,5 0,99 1,25

Maschi 10,5 0,99 1,25

11,5 0,98 1,24

12,5 1,00 1,27

13,5 0,97 1,23

14,5 0,96 1,22

15,5 0,92 1,17

16,5 0,90 1,14

17,5 0,86 1,09

Femmine 10,5 1,00 1,27

11,5 0,98 1,24

12,5 0,96 1,22

13,5 0,94 1,19

14,5 0,90 1,14

15,5 0,87 1,10

16,5 0,83 1,05

17,5 0,80 1,01

Adulto 0,75 0,95

Gestazione +6

Allattamento +17

Tabella 1LIVELLI DI ASSUNZIONE RACCOMANDATA DI PROTEINE

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l computo del fabbisogno di a-aminoacidi deve tenere conto degli aminoacidi necessari per la sintesi proteica e di quelli coinvolti in processi biologici. Alcuni di questi processi, sebbene biologicamente importanti, come la sintesi di neurotrasmettitori da tirosina e triptofano, richiedono piccole quantità di aminoacidi. Per contro, altri processi richiedono quantità maggiori di aminoacidi, come: cisteina, glutamato e glicina per la sintesi di glutatione, arginina per il ciclo dell’urea, glicina e metionina per la sintesi di creatina. Il fabbisogno dietetico di aminoacidi in età evolutiva è di difficile determinazione e ad oggi solo stimato (1,4-7). Per quanto riguarda la composizione aminoacidica delle proteine viene di seguito riportato il pattern di riferimento degli aminoacidi per bambini ed adulti (Tabella 2) (3).

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Tabella 2CONFRONTO DEI PATTERN DI RIFERIMENTO IN AMINOACIDI DEI BAMBINI E DEGLI ADULTI CON LA COMPOSIZIONE IN AMINOACIDI DI PROTEINE DI QUALITÀ DIVERSA.

1 Questi pattern di riferimento in aminoacidi sono stati ottenuti dividendo i fabbisogni in mg di aminoacidi/kg di peso corporeo per il Livello di Sicurezza in proteine dell’adulto (0,75g/kg) e dei bambini prescolari (1,1 kg). 2 Fonte: rapporto del gruppo di esperti FAO/WHO sulla qualità delle proteine, FAO (1991).3 Fonte: Young, Bier & Pellet (1989)4 Fonte: Tabella di composizione degli alimenti dell’INN (Carnovale & Miuccio, 1989). I valori sono stati corretti per la digeribilità.

Pattern di riferimento (in mg di aminoacidi / g di proteine)

Composizione di proteine alimentari (in mg di aminoacidi/g di proteine)

Bambini pre-scolari1,2

Adulti1,2 Adulti con traccianti3

Uovo2 Latte di vacca2 Carne2 Frumento4

Istidina 19 16 22 22 27 21

Isoleucina 28 13 86 95 47 36

Leucina 66 19 47 86 95 95 69

Lisina 58 16 40 70 78 78 28Metionina +

Cisteina25 17 17 57 33 33 44

Fenalanina

+ Tirosina63 19 93 102 102 80

Treonina 34 9 20 47 44 44 30

Triptofano 11 5 17 14 14 11

Valina 35 13 27 66 64 64 47

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Poste queste premesse viene di seguito presa in analisi la composizione proteica ed aminoacidica del Parmigiano-Reggiano. Dall’analisi effettuata su campioni di Parmigiano-Reggiano prelevati in caseifici scelti all’interno della zona di produzione nell’arco di un anno, in modo da tenere conto dell’influenza delle stagioni e del regime alimentare vaccino sulla composizione del formaggio, è stata rilevata una certa uniformità e costanza di composizione (8).L’elevato contenuto energetico, pari a 395 Kcal/100 g, è in parte spiegato dal relativamente basso contenuto di acqua (30,76 + 0,90 g/100 g).Le proteine sono presenti in concentrazioni pari a 32,96 + 0,87 g/100 g e rappresentano la componente quantitativamente più importante del Parmigiano-Reggiano. Esse, come quelle del latte vaccino, hanno un elevato valore biologico. Nel corso della stagionatura sono idrolizzate per una significativa aliquota a peptoni, peptidi e aminoacidi liberi da enzimi proteolitici in parte del latte ed in parte di batteri lattici che si sviluppano nella cagliata. Le proteine risultano dunque più facilmente digeribili non solo perché “pre-digerite”, ma anche per la stimolazione della secrezione gastrica sia acida che pepsinica da parte dei peptidi a basso peso molecolare e degli aminoacidi liberi (Tabella 3).

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Aminoacido mg/100 g di prodotto

acido glutammico 6030

prolina 3560

leucina* 2880

Lisina* 2460

acido aspartico 2260

serina 1860

tirosina 1750

fenilalanina* 1610

valina* 1360

isoleucina* 1280

treonina* 1100

metionina* 1030

alanina 940

istidina* 920

arginina 810

glicina 700

triptofano* 320

cisteina 200*aminoacidi essenziali

Tabella 3 COMPOSIZIONE AMINOACIDICA DEL PARMIGIANO-REGGIANO

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E’ da segnalare l’elevato contenuto in lisina, specie se confrontato con quello del frumento, in cui l’aminoacido risulta carente (1). L’elevato contenuto proteico e, in particolare, la presenza di una buona quota di aminoacidi ramificati (valina, leucina, isoleucina) sono vantaggiosi nella dieta del giovane che pratica attività sportiva ad integrazione dei carboidrati. Infatti, durante lo sforzo fisico, specialmente se protratto, gli aminoacidi disponibili sono utilizzati principalmente come substrato energetico per il muscolo (aminoacidi ramificati) e per la gluconeogenesi epatica (alanina), mentre durante il recupero dopo lo sforzo gli aminoacidi non sono più utilizzati come fonte di energia bensì nella sintesi proteica di adattamento. Da qui la necessità di fornire un’adeguata aliquota di nutrienti a funzione plastica, quali le proteine (9).

Le proteine del latte vaccino e dei prodotti lattiero-caseari derivati, oltre ad essere una fonte di energia ed aminoacidi, possiedono proprietà biologiche, attribuibili a sequenze peptidiche (costituite da 2-30 residui aminoacidici) potenzialmente bioattive. Tali peptidi, nascosti ed inattivi all’interno della struttura proteica primaria, possono essere liberati e attivati da processi proteolitici durante il trattamento tecnologico o durante la digestione gastrointestinale ed agire nell’organismo influenzando funzioni fisiologiche e modulando vari processi biologici. Inoltre, i peptidi possono essere ottenuti in vitro da idrolisi enzimatiche delle proteine e saggiati per la loro bioattività oppure sintetizzati al fine di confermare le proprietà biologiche associate a specifiche sequenze aminoacidiche (10-14). Durante la maturazione dei formaggi le caseine originarie del latte vengono dapprima idrolizzate dall’azione degli enzimi del caglio che restano nella cagliata fresca, dalle proteinasi indigene del latte e, in misura minore, dalle proteinasi extracellulari dei batteri lattici usati come fermenti. I grossi frammenti che si formano sono poi ulteriormente degradati dagli enzimi proteolitici dalla microflora proveniente dai fermenti e da quella nativa del latte. Questi batteri dispongono di proteinasi associate alla parete cellulare e di peptidasi intracellulari, che sono rilasciate nella cagliata dopo la lisi della cellula e sono responsabili della formazione di piccoli peptidi e di amminoacidi liberi.Questo meccanismo generale varia tra le diverse varietà di formaggi: nel caso dei formaggi cotti ad alta temperatura, come il Parmigiano-Reggiano, il caglio usato è completamente denaturato e si ritiene che il suo contributo alla proteolisi primaria sia modesto, anche se sono stati identificati prodotti della proteolisi attribuibili all’azione della chimasi, mentre la plasmina resta attiva e gioca un ruolo importante.

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Figura 2Nel tratto gastrointestinale gli enzimi digestivi (proteasi gastriche e intestinali, peptidasi dell’orletto a spazzola) idrolizzano ulteriormente gli oligopeptidi, concorrendo alla formazione di peptidi bioattivi. I peptidi bioattivi agiscono nell’organismo dei mammiferi con meccanismi simil-ormonali. I peptidi introdotti preformati oppure prodotti dall’idrolisi intestinale possono raggiungere i siti target nel lato luminale del tratto gastrointestinale o, dopo essere stati assorbiti nel circolo sistemico attraverso trasporto carrier-mediato o per via paracellulare, negli organi periferici (11,12,14) (fig.3).

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Figura 3 Dagli anni ’60 numerosi studi hanno portato all’identificazione di diversi peptidi derivati dalle proteine del latte (α-lattoalbumina, β-lattoglobulina, caseine, immunoglobuline, lattoferrina, fosfoglicoproteine, transferrina e sieroalbumina) che sono stati caratterizzati dal punto di vista strutturale e fisiologico (12,17-19). I biopeptidi sono potenziali modulatori di vari processi regolatori dell’organismo: i peptidi oppioidi sono ligandi dei recettori oppioidi con attività agonista o antagonista; i peptidi inibitori dell’enzima convertitore dell’angiotensina-I (ACE) possono esercitare un effetto antipertensivo; i peptidi immunomodulanti stimolano l’attività di cellule del sistema immunitario e svariati peptidi citomodulatori inibiscono la crescita di cellule tumorali; i peptidi antimicrobici hanno azione battericida nei confronti di microrganismi sensibili; i peptidi antitrombotici inibiscono il legame del fibrinogeno a specifici recettori piastrinici e inibiscono l’aggregazione piastrinica; i caseinofosfopeptidi possono formare sali organofosfati solubili e funzionare da carriers per diversi minerali, in particolare per il calcio (14). Inoltre, molti peptidi sono dotati di attività multifunzionale, potendo svolgere due o più attività biologiche (13,14). Alcune regioni della struttura primaria delle proteine contengono sequenze peptidiche sovrapposte che esercitano diversi effetti biologici. Queste regioni sono state considerate come “zone strategiche” in quanto parzialmente protette dalla proteolisi (11).Nella tabella 4 viene riportato un quadro generale dei peptidi bioattivi, dei loro precursori e del loro possibile ruolo biologico.

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Tabella 4

Peptidi bioattivi Proteina precursore Bioattivitàcasomorfine α-,β-caseina Agonista oppioide

α-lattorfina α-lattoalbumina Agonista oppioide e ACE-inibitoria

β-lattorfina β-lattoalbumina Agonista oppioide e ACE-inibitoria

lattoferroxine lattoferrina Antagonista oppioidecasoxina C κ-caseina Antagonista oppioidecasoxina D αs1-caseina Antagonista oppioide

casochinine αs1-,β-caseina ACE-inibitoria e immunoregolatoria

lattochinineα-lattoalbumina,β-lattoglobulinasieroalbumina

ACE-inibitoria

immunopeptidiα-,β-caseinaα-lattoalbumina,β-lattoglobulina

Immunoregolatoria

lattoferricina B lattoferrina Immunoregolatoria e antimicrobica

casocidina αs2-caseina Antimicrobicaisracidina αs1-caseina Antimicrobicacasoplateline κ-caseina Antitrombotica

peptide inibitore della trombina κ-caseina Antitrombotica

peptide inibitore della trombina lattoferrina Antitrombotica

caseinofosfopeptidi αs1-, αs2, β-caseina Legame e trasporto di minerali

Peptidi oppioidiI peptidi oppioidi sono frammenti delle α-, β-, κ-caseine, delle α-lattoalbumine, delle β-lattoglobulinee delle lattoferrine. Tali peptidi sono attualmente considerati come supplementi esogeni del sistema endogeno oppioidergico dell’organismo umano. I peptidi oppioidi tipici, o endorfine, derivano dalla proencefalina, dalla proopiomelanocortina, e dalla prodinorfina.

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Peptidi oppioidi agonisti. I peptidi oppioidi agonisti derivati dalle proteine del latte (α-, β-caseina, α-lattoalbumina, β-lattoalbumina), detti atipici o esomorfici, mostrano attività morfino-simile, legata alla presenza di un residuo di tirosina all’estremità N-terminale della sequenza peptidica. Studi in vivo hanno dimostrato che i maggiori peptidi oppioidi agonisti sono le β- casomorfine, derivate dalle β-caseine. I peptidi oppioidi sia di natura endogena che di natura esogena si legano ai recettori oppioidi, δ-, μ-, κ-recettori, localizzati nel sistema nervoso, nel sistema immunitario e nel tratto intestinale. I peptidi oppioidi atipici sembrano esercitare effetti fisiologici locali nell’adulto e sistemici nel neonato. Sembra che nell’adulto i peptidi oppioidi non vengano assorbiti nel tratto intestinale e/o vengano rapidamente degradati nel circolo sistemico e agiscano solo localmente, prolungando il tempo di transito intestinale mediante l’inibizione della peristalsi intestinale, modulando il trasporto degli aminoacidi, esercitando un’azione antidiarroica mediante l’aumento dell’assorbimento netto di acqua ed elettroliti nel piccolo e nel grosso intestino (20). Nei neonati i peptidi oppioidi passerebbero nel circolo sistemico mediante trasporto passivo e, agendo sui recettori del sistema nervoso, esplicherebbero effetti analgesici favorendo la calma ed il sonno dei neonati (21). Sono state descritte varie altre attività oppioidi in test di laboratorio che possono essere di significato farmacologico, ma non fisiologico (20,22).

Peptidi oppioidi antagonisti. I peptidi oppioidi antagonisti sopprimono l’attività agonista delle encefaline. Essi derivano dalla κ-caseina, casoxine, e dalla lattoferrina, lattoferroxine.

Peptidi ACE-inibitoriI peptidi ACE-inibitori inibiscono l’ACE. L’ACE si trova in diversi tessuti (sangue, polmone, rene, cuore, ecc.) e può influenzare differenti sistemi regolatori dell’organismo. E’ una peptidil-dipeptidasi, che cliva dipeptidi dall’estremità carbossi-terminale del substrato: converte l’angiotensina I in angiotensina II, attivando il sistema renina-angiotensina-aldosterone e inattiva la bradichinina, con conseguente aumento della pressione arteriosa. L’inibizione dell’ACE comporta un effetto anti-ipertensivo. Peptidi ACE-inibitori somministrati per os a ratti determinano una riduzione della pressione arteriosa in modo dose-dipendente (23). Uno studio caso-controllo ha dimostrato una riduzione della pressione arteriosa in soggetti ipertesi a cui è stato somministrato latte fermentato (24).

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Peptidi immunomodulantiI peptidi immunomodulanti influenzano sia il sistema immunitario sia la proliferazione cellulare (25). L’evidenza di attività immunomodulante è stata ottenuta da studi sia in vitro che in vivo su ratti. Le ß-casochinine esercitano un effetto immunostimolante indiretto, inibendo l’enzima convertitore dell’angiotensina-I che inattiva la bradichinina, che ha anche attività immunostimolante. Peptidi derivati dall’idrolisi delle caseine aumentano l’attività fagocitica dei macrofagi umani nei confronti delle emazie invecchiate (26). Inoltre è stata dimostrata in vivo l’attività immunostimolante contro Klebsiella pneumoniae (27). La lattoferricina B promuove l’attività fagocitica dei neutrofili umani con un duplice meccanismo, mediante legame diretto ai neutrofili e con attività opsonizzante (28). Piccoli peptidi corrispondenti all’estremità N-terminale dell’a-lattoalbumina (dipeptide) e della k-caseina (tripeptide) aumentano significativamente la proliferazione dei linfociti periferici umani (29). Peptidi bioattivi in preparazioni di yogurt riducono la proliferazione cellulare di cellule IEC-6 o Caco-2 (30). Il meccanismo con cui i peptidi esercitano i loro effetti immunostimolanti o influenzano le risposte proliferative non sono ancora noti. Per quanto riguarda la ß-casomorfina, questa può esercitare in vitro un effetto inibitorio sulla proliferazione dei linfociti umani della lamina propria del colon agendo sui recettori oppioidi (31).

Peptidi antimicrobiciL’effetto antibatterico del latte è maggiore della somma dei singoli contributi di immunoglobuline e proteine di difesa in esso contenute, in parte per il sinergismo d’azione, in parte per la presenza di peptidi battericidi derivati dall’idrolisi di proteine precursori (12). E’ stato ipotizzato che l’effetto battericida di tali peptidi sia dovuto ad un aumento della permeabilità delle membrane (meccanismo d’azione simile a quello delle batteriocine batteriche). Il latte, inoltre, contiene peptidi che mostrano attività antifungina ed antivirale (tabella 2) (32-35).

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Peptidi antitromboticiSulla base della somiglianza strutturale e funzionale tra il dodecapeptide C-terminale della catena Y del fibrinogeno (residui 400-411) e l’undecapeptide della k-caseina (residui 106-116) e sulla base delle analogie tra la coagulazione ematica e quella del latte, sono stati condotti studi sull’effetto delle proteine e dei peptidi del latte sulla funzione piastrinica e sulla trombosi (36). La casoplatelina, derivata dalla k-caseina (residui 106-116), svolge attività antitrombotica inibendo sia l’aggregazione delle piastrine attivate che il legame della catena λ del fibrinogeno al proprio recettore sulla superficie delle piastrinica (26). La casopiastrina, derivato dalla κ-caseina (residui 106-110), inibisce il legame del fibrinogeno alle piastrine. Il peptide costituito dai residui 103-111 della κ-caseina inibisce solo l’aggregazione piastrinica. Il peptide costituito dai residui 106-171 della κ-caseina inibisce l’aggregazione piastrinica dipendente dal fattore di von Willebrand (37). Anche peptidi derivati dalla lattoferrina inibiscono la funzione piastrinica (38).

Tabella 2

Frammento peptidico

Attività Gram (+)

Attività Gam (-)

Attività antifungina

Riferimento bibliografico

Casocidinaas2-, k-caseina

StaphylococcusSarcinaBacillus subtilisDiplococcus neumoniteStreptococcus pyogenes

(33)

Isracidina as1-caseina (f 1-23)

Staphylococcus aureus

Candida albicans (33)

LattoferricinaB lattoferrina (f17-41)

BacillusListeriaStreptococciStaphylococci

E.coli O111E.coli O157:H7KlebsiellaProteusPseudomonasSalmonella

Candida albicansDermatophytes: Cryptococcus uniguttulatus, Penicillum pinophilum, Trichophyton mentagrophytes

(33-35)

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CaseinofosfopeptidiI caseinofosfopeptidi sono peptidi fosforilati che derivano dalla digestione enzimatica delle caseine. I residui di fosfato, presenti come esteri della serina, si trovano in cluster e costituiscono il sito anionico di legame per minerali come il calcio, il ferro, lo zinco, con cui formano sali solubili aumentandone la biodisponibilità per l’assorbimento intestinale (39). E’ stata descritta una relazione diretta tra il grado di fosforilazione e la capacità chelante i minerali: αs2-caseina>αs1-caseina>β-caseina>κ-caseina (40). E’ stato inoltre dimostrato che anche la specifica composizione aminoacidica associata con il sito fosforilato influenza il grado di legame del calcio (41). I caseinofosfopeptidi sono particolarmente resistenti all’idrolisi enzimatica intestinale. Essi formano complessi solubili con il calcio, impedendone la precipitazione sotto forma di sali insolubili di calcio fosfato e favorendone l’assorbimento a livello ileale mediante trasporto passivo, vitamina D-indipendente (42). Inoltre, eserciterebbero un effetto anticariogenico (43). Le lesioni cariose sono la manifestazione clinica di un processo patogenetico che avviene nel corso di mesi o anni e che inizia con la formazione della placca dentaria. I batteri della placca metabolizzano gli zuccheri alimentari e producono acidi organici che solubilizzano il calcio, costituente dello smalto dentario sotto forma di cristalli di idrossiapatite, che viene poi rimosso con la saliva, causando demineralizzazione dello smalto. Diversi studi hanno dimostrato che i caseinofosfopeptidi inibiscono la formazione delle carie dentarie, influenzando i processi di demineralizzazione/rimineralizzazione dello smalto dentario: inibiscono l’adesione e la crescita di batteri cariogeni, come Streptococcus mutans; rappresentano una riserva di ioni calcio e fosforo, che esercitano un effetto tampone, e sono disponibili per i processi di rimineralizzazione dello smalto (43). Per quanto riguarda il ferro è stato dimostrato che l’efficienza dell’assorbimento dipende dalle proprietà strutturali e/o conformazionali dei diversi caseinofosfopeptidi: il ferro complessato all’αs1-caseina risulterebbe meno accessibile agli enzimi digestivi mentre il ferro legato alla β-caseina verrebbe assorbito in modo più efficiente che nella sua forma libera (44).Recenti studi sperimentali hanno mostrato un effetto mitogeno e stimolante la produzione di immunoglobuline di classe A dei caseinofosfopeptidi di prodotti caseari fermentati (45).

Alla luce delle attuali conoscenze, è stato proposto l’utilizzo dei biopeptidi come ingredienti di alimenti funzionali (cioè alimenti che, o per le modificazioni in essi indotte o per particolari loro ingredienti o contenuti, producono un effetto benefico sulla salute umana al di là di quanto possono fare i tradizionali nutrienti che essi contengono), supplementi dietetici e preparazioni farmaceutiche

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(46,47). Per tale motivo, la produzione di biopeptidi durante il trattamento tecnologico degli alimenti, rappresenta un campo di ricerca futura.Nel Parmigiano-Reggiano ed in altri prodotti lattiero-caseari sono stati reperiti vari peptidi bioattivi ed altri sono in corso di identificazione (48,49). Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per definire la biodisponibilità e la funzione di tali biopeptidi nell’organismo umano e per poter quindi considerare tali prodotti alimenti funzionali.

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LIPIDILa quota di lipidi presente nel Parmigiano-Reggiano è compresa tra un valore minimo di 25,5% e un massimo di 31,4% con un valore medio di 28,4%. In ogni caso il contenuto in grasso, sempre inferiore al contenuto proteico, risulta in linea con la definizione merceologica di formaggio semi-grasso. L’analisi gas-cromatografica ha confermato che la composizione in acidi grassi del Parmigiano-Reggiano riflette esattamente quella del grasso del latte vaccino con lo stesso rapporto di 3 a 1 tra gli acidi grassi saturi e quelli insaturi.Se si fa eccezione per la mozzarella e per lo stracchino, il Parmigiano-Reggiano ha un contenuto in grassi, sul tal quale, inferiore a quello di molti altri formaggi essendo il rapporto grasso/proteine attorno ad 1. Molto importante è ricordare che durante la maturazione del formaggio intervengono delle importanti modificazioni della parte lipidica dovute ad una parziale lipolisi che rende disponibile una certa quota di acidi grassi in forma libera facilitandone l’assorbimento, esattamente come per gli aminoacidi. Inoltre i trigliceridi presenti nel Parmigiano-Reggiano sono caratterizzati da più del 25% di acidi grassi a media e corta catena i quali hanno un diverso destino metabolico rispetto agli acidi grassi a lunga catena. Essendo prontamente assorbibili e rapidamente utilizzabili questi acidi grassi costituiscono infatti una fonte immediata di energia.

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CLA (Coniugated Linoleic Acid): I CLA sono isomeri geometrici e posizionali coniugati dell’acido linoleico presenti in abbondanza nei prodotti di origine animale, soprattutto nel latte. La quantità di CLA presente nel formaggio dipende:

– dalla quantità di CLA nel latte, a sua volta condizionata dalla razza delle bovine, dal regime dietetico, dall’altitudine, dalla stagione produttiva e da fattori individuali;

– dalle pratiche di lavorazione, ed in particolare temperature, sostanze antiossodanti e colture starter;

– dalla durata e dalle condizioni della stagionatura.Il contenuto di CLA di alcuni alimenti è riportato nella tabella 2, quello di alcuni prodotti lattiero-caseari nella tabella 3.

Tabella 2Contenuto in CLA di alcuni alimenti (da O’Shea et al, 1998, adattata)

Tabella 3Contenuto in CLA dei prodotti lattiero-caseari(da Pariza, 2003, modificata)

Prodotto CLA (mg/g di lipidi)Latte 4,5-5,0Burro 4,7-6,1Formaggio 3,6-8,0Carne bovina 2,7-4,3Pesce 0,5Olio di semi 0,2

Prodotto CLA (mg/g di lipidi)Ricotta 5,6Mozzarella 4,9Yogurt naturale 4,8Yogurt magro 4,7Burro 4,4Panna 3,8Parmigiano-Reggiano 3,0Pecorino romano 2,9

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Studi condotti negli anni ’70 sulla carne tritata grigliata oltre a confermare la presenza di mutageni hanno rilevato la presenza di un inibitore della mutagenesi, che è stato successivamente identificato nel CLA (1,2). La scoperta che il CLA inibisce la carcinogenesi in diversi modelli animali ha portato a studi sul suo meccanismo di azione e all’identificazione di potenziali applicazioni addizionali, come indicato nella tabella 1 (3).

Tabella 1Alcuni dei potenziali effetti dei CLA

E’ possibile che diversi isomeri coniugati dell’acido linoleico siano dotati di attività biologica. Tuttavia, tutti gli effetti ad oggi noti dei CLA sono indotti da 2 isomeri: il cis9, trans11-CLA e il trans10, cis12-CLA. In alcuni casi l’effetto è prodotto da uno solo di questi isomeri. Per esempio sembra che il trans10, cis12-CLA sia responsabile della riduzione del grasso corporeo (4), mentre il cis9, trans11-CLA aumenti la crescita dei roditori (5). In altri casi i due isomeri agiscono sinergicamente. Per esempio sia il cis9, trans11-CLA che il trans10, cis12-CLA sembrano essere ugualmente efficaci nell’inibire la carcinogenesi mammaria indotta chimicamente nei roditori (6), in parte inibendo l’angiogenesi (7). La maggior parte delle più recenti pubblicazioni riguarda il potenziale uso dei CLA nel controllo del grasso corporeo nell’animale e nell’uomo. Il possibile meccanismo con cui il trans10, cis12-CLA eserciterebbe il controllo sul grasso corporeo è stato ricavato da studi condotti su topi e colture di adipociti murini ed è rappresentato in figura 1 (4).

Anticarcinogenesi↑ le funzioni immunitarie↓ l’infiammazione↓ gli effetti catabolici della stimolazione immune↓ l’asma in modelli animali↓ l’aterosclerosi↑ la crescita nei roditori giovani↓ la massa grassa↑ la massa magra↓ gli effetti negativi delle diete dimagranti↓ i sintomi del diabete in alcuni modelli↓ l’ipertensione

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Figura 1 – Modello degli effetti del trans10, cis12-CLA sugli adipociti e sui preadipociti (5).

FAS, fatty acid synthetase; aP2, adipocyte lipid binding protein; PPARγ, peroxisome proliferator-activated receptor γ; LPL, heparin-releasable lipoprotein lipase.

Il trans10, cis12-CLA inibisce la lipoprotein lipasi, riducendo l’uptake di lipidi da parte degli adipociti (4,8) e influenza la differenziazione dei preadipociti (9). Non vi sono ad oggi evidenze a supporto di un possibile effetto del CLA sulla lipolisi negli adipociti (10). Il CLA sembra inoltre stimolare l’ossidazione dei grassi nel muscolo scheletrico (4).Trial clinici condotti sull’uomo hanno dimostrato che la somministrazione di CLA nella quantità di 3 fino a 7,2 g/die determina una significativa riduzione della massa grassa rispetto ai controlli (11), che tuttavia non si associa ad una significativa riduzione del peso corporeo, come del resto nell’animale (4,5).

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CARBOIDRATII carboidrati sono praticamente assenti nel Parmigiano-Reggiano. Infatti tale formaggio si caratterizza per l’assenza di lattosio che scompare nelle primissime ore di vita del prodotto, essendo la trasformazione di questo in acido lattico e la collegata immediata acidificazione del mezzo, uno dei cardini del peculiare processo produttivo di tale prodotto (per maggiori dettagli si veda di seguito il capitolo: “CARATTERIZZAZIONE BIOCHIMICA DEI CARBOIDRATI CONTENUTI NEL FORMAGGIO PARMIGIANO-REGGIANO A DIVERSI TEMPI DI STAGIONATURA.)

Probiotici e prebiotici

Probiotici (ovvero il microrganismo vivo ad effetti benefici sull’ospite) e prebiotici (ovvero il substrato del probiotico indigeribile dall’uomo) sono entrati nel lessico sia clinico che scientifico nel corso degli ultimi anni. Il principale effetto riconosciuto a probiotici e prebiotici è quello della modulazione della flora intestinale. Non sappiamo ancora con certezza se i probiotici (assunti direttamente o stimolati dai prebiotici) agiscano indipendentemente sul sistema immune, localmente o attraverso la via sistemica, e, nel caso di quest’ultima, attraverso quali meccanismi (1,2). La normale microflora umana è costituita da un complesso ecosistema, in parte dipendente dai nutrienti introdotti con la dieta. La flora batterica intestinale svolge un ruolo importante per l’ospite riguardo le funzioni metaboliche e la resistenza alle infezioni batteriche. Alla nascita inizia la colonizzazione batterica intestinale su un substrato fino a quel momento sterile. La dieta e le condizioni ambientali possono influenzare questo ecosistema. Un bambino nato a termine, allattato al seno, ha una flora batterica intestinale in cui i bifidobatteri predominano su batteri potenzialmente patogeni, mentre in un bambino allattato con formula adattata predominano coliformi, enterococchi e bacteroides (1). La colonizzazione, nello specifico, dipende da diversi fattori endogeni ed esogeni, comprese le molecole disponibili a livello del lume intestinale, la qualità del muco, l’interazione tra ospite e batteri e tra specie batteriche. Questi fattori contribuiscono a stabilire e mantenere una microflora specifica che svolge un importante ruolo in termini di condizionamento delle funzioni dell’epitelio intestinale e della risposta immune sistemica. Questi ruoli fisiologici non sono legati solamente alla funzione dello specifico bifidobatterio o lattobacillo, ma sono anche legate all’interazione di essi con l’intera flora batterica intestinale (2). Come conseguenza dell’identità genetica specifica dell’ospite, ogni individuo ha una sua peculiare flora batterica, ma non è chiaro come ceppi batterici introdotti dall’esterno attraverso gli alimenti

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possano influenzare le interazioni tra batteri e batteri e tra batteri e ospite. Alcuni ceppi di bifidobatteri e lattobacilli sono chiamati “probiotici”. Negli ultimi anni si è ampiamente studiata la loro possibilità di sopravvivenza durante il passaggio lungo il tratto gastrointestinale, dopo somministrazione diretta tramite latti fermentati o formule adattate (3). Studi su piccola scala, effettuati su popolazioni sia adulte sia pediatriche, hanno dimostrato che i probiotici hanno effetti positivi, potendo sopravvivere in numero e in misura tale da modificare il metabolismo della mucosa intestinale. Il potenziale terapeutico del Lattobacillus acidophilus e del Bifidobacterium lactis contenuti nelle formule adattate dipende dalla loro sopravvivenza durante il processo di produzione e di conservazione. Batteri probiotici, tra cui Lactobacillus GG, Lactobacillus reuteri, Lactobacillus acidophilus, Bifidobacterim lactis e Saccharomyces boulardii vengono utilizzati nei prodotti alimentari e farmaceutici per bilanciare la flora batterica intestinale e le relative disfunzioni del tratto gastrointestinale (3). Un ceppo batterico, per essere considerato un probiotico, deve soddisfare alcuni requisiti che si possono riassumere in:

• essere normale componente della microflora intestinale umana;• essere assolutamente sicuro per l’impiego nell’uomo;• essere attivo e vitale alle condizioni presenti nell’intestino;• essere resistente alle secrezioni gastrointestinali (succo gastrico, bile e

succo pancreatico);• essere in grado quindi di persistere, almeno temporaneamente, nell’intestino

umano.

L’attività biologica dei batteri probiotici è legata, in parte, alla loro capacità di aderire agli enterociti. Questo impedirebbe il legame di batteri patogeni attraverso un meccanismo di esclusione competitiva. L’adesione di batteri probiotici ai recettori di membrana degli enterociti determina l’attivazione di secondi messaggeri che induce la produzione di citochine. La presenza dei batteri probiotici influenza i microrganismi commensali nella produzione di acido lattico e batteriocine. Queste sostanze inbiscono la crescita di patogeni e modificano l’equilibrio dei batteri commensali della flora batterica intestinale. La produzione di acido butirrico da parte di alcuni batteri probiotici influenza il turnover degli enterociti e neutralizza l’azione di alcune molecole carcinogene introdotte con la dieta, come le nitrosamine, che vengono prodotte dai microrganismi commensali nel caso di una dieta iperproteica (1). I probiotici sono stati impiegati con successo sia nella terapia di forme gastroenteriche, che nella loro prevenzione . Non sono state riportate reazioni avverse (4,5)

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E’ stato recentemente pubblicata una meta-analisi (5) che suggerisce una relazione dose-effetto tra l’utilizzo dei probiotici e la durata di infezione gastrointestinale, in particolare si evidenzia un effetto progressivamente maggiore utilizzando da 109 a 1011 UFC (vedi Figura 1).

Figura 1 - Relazione dose-effetto tra la dose di Lactobacillus e riduzione della durata di diarrea in 8 studi che valutano la durata della diarrea come un outcome.

Le indicazioni cliniche nel corso di infezioni.L’uso terapeutico dei probiotici è in rapido aumento sia nelle patologie intestinali sia extraintestinali. L’indicazione tradizionale e per eccellenza è quella delle infezioni intestinali. Infatti, come confermato da due importanti revisioni sistematiche della letteratura in merito, i probiotici (soprattutto lattobacilli) riescono a ridurre la gravità e la durata degli episodi di enterite

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da Rotavirus (4,5). Inoltre, è riconosciuta anche l’efficacia dei probiotici nella prevenzione della diarrea associata all’impiego di antibiotici (6). In altre condizioni cliniche non è possibile fornire indicazioni certe all’impiego dei probiotici, a causa dell’estrema eterogeneità degli studi clinici in proposito. Da tali indagini sembra emergere una certa utilità contro le infezioni delle vie urinarie e, in base a lavori più recenti, anche per la prevenzione di infezioni respiratorie acute nei bambini inseriti in comunità. Gli studi esistenti al momento attuale circa l’efficacia dei probiotici contro l’infezione da Helicobacter pylori sono contraddittori.

Dalle flogosi croniche intestinali alle allergie.Nell’ambito delle infiammazioni croniche dell’intestino recenti studi affermano un ruolo protettivo di alcuni ceppi di lattobacilli verso gli episodi di riacutizzazione della colite ulcerosa, così come Saccharomyces boulardii ridurrebbe il rischio di recidiva in pazienti con morbo di Crohn (7). Ceppi batterici specifici sono in grado di modificare la risposta infiammatoria allergica. È attualmente discusso se l’effetto dei probiotici precocemente assunti con la dieta possa accompagnare il bambino durante il periodo del divezzamento, con possibili effetti preventivi sulla sensibilizzazione a nuovi antigeni alimentari. L’inclusione dei probiotici nelle formule, potrebbe offrire un nuovo ambito per la prevenzione e il trattamento dell’allergia alimentare. L’utilizzo dei probiotici nella prevenzione primaria delle malattie atopiche ha il suo razionale nel fatto che la normale flora intestinale, aderendo alla superfìcie mucosale dell’intestino, interagisce con esso e determina importanti effetti sullo sviluppo e la regolazione del sistema immunitario dell’ospite. Gli effetti clinici ascritti sono stati spiegati infatti con la promozione da parte dei probiotici delle funzioni di barriera intestinale, con la normalizzazione dell’aumentata permeabilità intestinale e con un’aumentata secrezione delle IgA intestinali che sono spesso deficitarie nei bambini con allergia alimentare. I probiotici inoltre svolgerebbero la funzione di ridurre il carico antigenico introdotto con la dieta attraverso la degradazione e la modificazione delle macromolecole. Questo processo di degradazione antigenica è necessario nello sviluppo di tolleranza verso gli antigeni alimentari.Circa l’impiego dei probiotici in pazienti allergici, due studi randomizzati controllati hanno dimostrato l’efficacia di alcuni ceppi di lattobacilli (Lactobacillus GG e Lactobacillus rhamnosus + Lactabacillus reuteri rispettivamente) nel trattamento della dermatite atopica nei pazienti in età pediatrica (8,9). Alcuni ceppi probiotici sembrano quindi in grado anche di modificare processi infiammatori di natura allergica, secondo le osservazioni di studi anche a medio-termine (protraentesi cioè oltre il periodo di utilizzo) (10).

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Il prebiotico (costituito in genere da oligosaccaridi non digeribili) è un ingrediente alimentare che influisce positivamente sull’organismo stimolando selettivamente la crescita e l’attività di ceppi batterici già presenti nell’organismo, in particolare nel colon. Scopo dell’utilizzo di prebiotici è quello di modificare la composizione della microflora commensale stimolando la colonizzazione da parte di commensali di accertata azione vantaggiosa nei confronti dell’organismo (2,11). Tale effetto è stato dimostrato sia nei bambini che negli adulti per bifidobatteri e lattobacilli e, più recentemente, anche per alcuni eubatteri. I prebiotici diminuiscono significativamente anche il numero di E. coli e di Clostridia nelle feci. Essi agiscono come substrati selettivi di fermentazione e influenzano l’attività microbica e l’assorbimento di minerali a livello intestinale, così come la risposta immune (2,11).Per potere avere attività prebiotica, un nutriente deve:1) non essere né idrolizzato, né assorbito nella prima parte del tratto gastrointestinale;2) essere un substrato selettivo per uno o un numero limitato di batteri potenzialmente benefici per il colon, stimolando così la crescita batterica;3) essere in grado, di conseguenza, di modificare la flora batterica intestinale indirizzandola verso una composizione ad effetto benefico. Anche se ogni nutriente che raggiunge il colon potrebbe in teoria essere un prebiotico, il passaggio critico è la selettività della fermentazione sulle specie batteriche residenti. Ad oggi, la ricerca sui prebiotici è indirizzata verso quelle molecole che possano determinare una migliore crescita di microrganismi che producono acido lattico. L’allattamento al seno protegge il lattante dalle infezioni. Il latte materno contiene numerose sostanze che favoriscono la crescita di bifidobatteri sia “in vitro” che nell’intestino dei lattanti. Gli oligosaccaridi e i glicoconiugati, componenti naturali del latte materno, potrebbero prevenire l’adesione alla mucosa intestinale di enteropatogeni, agendo come omologhi recettoriali. Il lattulosio e alcuni componenti contenenti fruttosio e galattosio, che agiscono come prebiotici, non vengono digeriti nel piccolo intestino e raggiungono il cieco, dove vengono utilizzati come substrato dai probiotici. Se, come hanno indicato alcuni studiosi, i bifidobatteri rappresentano la flora batterica intestinale predominante nell’allattato al seno, potrebbe esser utile la supplementazione con prebiotici che favoriscono la crescita di questi microrganismi (12). La ricerca è oggi indirizzata alla comprensione delle conseguenze della manipolazione della flora batterica intestinale (11,12). I bifidobatteri sono ragionevolmente i microrganismi che rappresentano il maggiore target dei prebiotici. B. infantis e B. breve sembrano essere i batteri predominanti nella flora batterica intestinale del bambino, mentre B. adolescentis e B. longum lo sono nella flora batterica intestinale dell’adulto. Ad oggi sono disponibili pochi studi clinici sugli effetti dei prebiotici sia nel

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bambino nato a termine che nel pretermine (13, 14). La supplementazione di una formula adattata per pretermine con una miscela di galatto- e frutto-oligosaccaridi alla concentrazione di 10 g/l, stimola la crescita intestinale di bifidobatteri e determina una composizione della flora batterica fecale analoga a quella dell’allattato al seno (13). Allo stesso modo, la supplementazione di una formula adattata per bambini nati a termine con una miscela di galatto- e frutto-oligosaccaridi, ha un effetto di stimolo dose- dipendente sulla crescita di bifidobatteri e lattobacilli (14). Studi su bambini nati a termine e pretermine non rilevano differenze nell’incidenza di pianto, rigurgito o vomito.Tutte le formule supplementate con prebiotici sono ben tollerate e non viene descritto alcun effetto collaterale legato alla loro assunzione(12). Recentemente sono stati pubblicati due documenti da parte del Comitato di nutrizione dell’ESPGHAN (3,12) in cui sono stati messi in evidenza i punti salienti da tenere presenti relativamente all’utilizzo di probiotici e prebiotici nei prodotti per l’infanzia (Tabella 1).

Tabella 1Conclusioni e raccomandazioni del Comitato di Nutrizione dell’ESPGHAN sull’inclusione di probiotici e prebiotici nei prodotti per l’infanzia

• I dati presenti sono ancora limitati sulla sicurezza e gli effetti, soprattutto a lungo termine, di probiotici aggiunti a formule di inizio, di seguito e prodotti dietetici per l’infanzia. Alcuni dati suggeriscono un beneficio a breve termine di alcuni ceppi probiotici nei lattanti e bambini piccoli con diarrea infettiva (Tabella 2).

• Bisogna usare solo ceppi batterici con dimostrata identità e stabilità genetica attraverso metodiche culturali e molecolari.

• Formule di inizio addizionate con probiotici: vanno commercializzate solo dopo attenta valutazione di benefici e sicurezza. Minori controlli per le formule di seguito, perché il bambino è gia’ stato esposto ai microrganismi ambientali e ha sviluppato un sistema di difesa.

• Si riconosce l’evidenza che alcune preparazioni a base di probiotici mostrano benefici relativamente a: gravità della diarrea, effetto preventivo su episodi diarroici, effetti preventivi a breve-medio termine su eczema atopico

• I dati disponibili sull’utilizzo dei prebiotici nei prodotti per l’infanzia sono ancora limitati. Non si possono quindi ancora formulare raccomandazioni generali sull’uso di molecole prebiotiche a scopo preventivo e terapeutico nel corso dell’infanzia.

• In corso di somministrazione alcuni prebiotici possono aumentare il numero totale di Bifidobatteri nelle feci e renderle più “morbide”.

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• Non vi è documentazione di effetti negativi delle miscele di oligosaccaridi utilizzate nei prodotti dietetici per l’infanzia.

• Studi futuri dovrebbero definire tipi e dosaggi di oligosaccaridi con presunta attività prebiotica, i dosaggi ottimali e la durata di assunzione, gli aspetti relativi alla sicurezza di assunzione, ed i potenziali effetti a breve e lungo termine (Tabella 3).

Tabella 2 Tabella 3Effetti dei probiotici Effetti dei prebiotici

Vantaggio dell’utilizzo di prodotti fermentati in età pediatricaPer prodotti fermentati si intendono alimenti contenenti batteri che, una volta ingeriti, riescono a resistere all’acidità gastrica, raggiungere vivi, attivi e in concentrazione adeguata l’intestino e interagire con l’ospite determinando un effetto benefico per quest’ultimo. Il nome che comunemente viene utilizzato per indicare tali colonie batteriche è quello di fermenti lattici. I

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microrganismi utilizzati come fermenti lattici sono in genere Gram positivi, immobili, asporigeni, anaerobi facoltativi o microaerofili o relativamente ossigeno-tolleranti, sono privi di catalasi, di riduttasi, di citocromo-ossidasi e la loro principale via metabolica consiste nell’utilizzazione del lattosio con produzione finale di acido lattico. Essi si dividono a seconda della dipendenza dal lattosio per il loro metabolismo in omofermentanti obbligati o facoltativi. I primi producono una molecola di lattato e quattro di ATP da una di lattosio, i secondi metabolizzano una molecola di lattosio in due di acido lattico, producendo contemporaneamente alcool etilico e CO2. Quindi, l’aggiunta dei fermenti al latte determina l’idrolisi del lattosio contenuto e l’acidificazione del prodotto, con alterazione delle proprietà reologiche delle proteine (coagulazione), dando così al prodotto l’aspetto caratteristico.

Gli alimenti fermentati nell’alimentazione del bambino con patologia.Per quanto detto precedentemente, l’uso di alimenti fermentati può trovare un’ indicazione per il deficit di lattasi (intolleranza permanente al lattosio). In questa situazione, i fermenti lattici agiscono tramite due meccanismi che interagiscono tra loro:1) idrolizzando il lattosio,2) modificando l’ambiente intestinale, selezionando la flora batterica a vantaggio dell’ospite.L’utilizzo di alimenti sottoposti a processi di fermentazione può permettere l’utilizzo di questi prodotti nei soggetti “intolleranti” al lattosio, ovvero geneticamente predisposti a perdita di attività lattasica con l’età. È oggi opinione che la lattasi non sia un enzima inducibile, e che il mantenimento o meno di un certo grado di attività possa maggiormente essere legato al programming di espressione genetica, che si riconosce in un gradiente crescente Nord-Sud (entro l’Italia, l’Europa e l’emisfero boreale) di intolleranza al lattosio. È riconosciuto che già nel corso del terzo anno di vita l’attività lattasica può diminuire in gruppi di soggetti predisposti alla precoce perdita di tale attività. Al contrario, questi stessi soggetti possono assumere prodotti come lo yogurt senza presentare disturbi e/o fenomeni di malassorbimento, non solo per il processo di parziale digestione cui il lattosio è già stato sottoposto, ma anche per il mantenimento dell’attività lattasica che a livello microbiologico può continuare in parte dopo l’assunzione a livello del primo tratto gastrointestinale. In quest’ottica importante risulta porre attenzione allo studio dei prodotti di fermentazione presenti nel Parmigiano-Reggiano (alimento precocemente introdotto nella dieta di un bambino, già a partire dal primo anno di vita) e del loro effetto sulla salute.

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Le proteine contenute nel Parmigiano-Reggiano (riferite alla sostanza secca sono il 47,6%) hanno un elevato valore biologico per la composizione amminoacidica ma soprattutto perché facilmente assimilabili dall’organismo grazie alle profonde modificazioni che esse subiscono nel corso della lunga stagionatura durante la quale, in seguito all’azione degli enzimi proteolitici, che provengono in parte dal latte e in parte da batteri lattici che si sviluppano nella cagliata, la caseina originaria del latte viene profondamente trasformata e subisce una progressiva scissione che porta alla formazione di composti a peso molecolare sempre più piccolo e infine di aminoacidi liberi.Quindi il primo aspetto da sottolineare è che questo prodotto si presenta come un alimento a “digestione facilitata”. Infatti la proteolisi a cui va incontro la caseina durante la maturazione consente la formazione di catene polipeptidiche più leggere, con la possibilità quindi nel processo digestivo di un’aggressione enzimatica facilitata, essendo le proteine già in parte idrolizzate. Perciò nel Parmigiano-Reggiano è presente una quota di caseina integra, esistono peptidi a varia lunghezza, ci sono aminoacidi liberi; questi tre componenti proteici vanno incontro, durante la digestione, ad un assorbimento differenziato, rispettivamente lento, accelerato e veloce e consentono quindi una modulazione nell’assorbimento del sub-strato proteico e un suo migliore utilizzo nella razione alimentare.Inoltre il PR si caratterizza per l’assenza di lattosio che scompare nelle primissime ore di vita del prodotto essendo la sua trasformazione in acido lattico con relativa repentina acidificazione del mezzo uno dei cardini del peculiare processo produttivo sia in termini di future caratteristiche del prodotto che di sua sicurezza. Infine a partire dagli anni ‘80 viene ipotizzata la presenza nel PR di un c.d. “fattore bifidogeno”, cioè di uno o più fattori fattori, ad oggi non individuati chimicamente, in grado di determinare lo sviluppo di Bfidobacterium bifidum nella flora intestinale del bambino anche quando questo non sia allattato al seno (si veda di seguito: “CARATTERIZZAZIONE BIOCHIMICA DEI CARBOIDRATI CONTENUTI NEL FORMAGGIO PARMIGIANO-REGGIANO A DIVERSI TEMPI DI STAGIONATURA.” e “ STUDIO IN VITRO DELLE POTENZIALITÁ PREBIOTICHE DEL FORMAGGIO PARMIGIANO-REGGIANO IN DIVERSI STADI DI MATURAZIONE”.Per quanto riguarda l’ambito allergologico, il razionale dell’utilizzo del PR risiederebbe:- nella presenza nel prodotto di probiotici provenienti dal latte;- nella presenza nel prodotto di composti, da identificare, capaci di presentare

una specifica attività prebiotica (es. il c.d. “fattore bifidogeno” descritto dagli studi compiuti negli anni ’80 dal Olivi e coll.);

- nell’ abbondante presenza di idrolisati di caseina (circa 25% della caseina in forma di amminoacidi liberi a 24 mesi) prodotti dall’attività enzimatica

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rilevabile e rilevante durante la stagionatura;- nel fatto che tale “idrolisato spinto” non sia un prodotto industriale ma venga

ottenuto tramite un procedimento completamente naturale. Inoltre sono in corso sperimentazioni finalizzate a meglio definire il corredo

probitici del PR. Ad oggi sappiamo che, a 12 mesi, è ancora reperibile la presenza nel PR, ancorché a valori bassi (103 - 104), di Lb rhamnosus con le effettive caratteristiche di probiotico (15).

ConclusioniL’utilizzo di alimenti fermentati nell’alimentazione del bambino presenta vantaggi così riassumibili:– potenziamento delle difese attraverso meccanismi sia diretti che indiretti di

modulazione delle attività di risposta immunitaria a livello della mucosa intestinale;

– migliore bilancio nutrizionale;– possibilità di assumere un’importante fonte di calcio dietetico anche in

soggetti con sintomatologia ascrivibile ad intolleranza al lattosio.I vantaggi così riassumibili suggeriscono l’utilità dell’introduzione precoce

nella dieta infantile di tali alimenti, già nel primo anno di vita.

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CALCIOIl calcio totale corporeo ammonta, nell’adulto, a circa 1200 grammi e per il 99% si trova nello scheletro e nei denti. Il rimanente 1% è ripartito tra tessuti molli e liquidi extracellulari. In questi ultimi la quota ionizzata (45% circa) è quella funzionalmente attiva. Nelle ossa il calcio svolge un ruolo strutturale come componente dell’idrossiapatite e costituisce una riserva per il mantenimento della concentrazione plasmatica, che varia entro stretti limiti intorno a 2,5 mmol/l (10 mg/dl) grazie all’azione omeostatica svolta dagli ormoni calcio-regolatori: paratormone, 1,25-diidrossi-colecalciferolo e calcitonina. Nell’ambito extra- ed intracellulare il calcioione è richiesto per lo svolgimento di diverse funzioni (attivazioni enzimatiche, trasmissione dell’impulso nervoso, contrazione muscolare, permeabilità delle membrane, moltiplicazione e differenziazione cellulare) (1).L’assorbimento del calcio avviene attraverso due meccanismi: trasporto attivo transcellulare vitamina D-dipendente (saturabile) e diffusione passiva paracellulare (non saturabile) (2). Solo il 35-45% del calcio alimentare viene assorbito e la quota assorbita dipende dallo stato fisiologico del soggetto e dalle interazioni con altri componenti della dieta. Infatti, in condizioni di bisogno elevato (prima infanzia, adolescenza e gravidanza) la percentuale di assorbimento del calcio alimentare è più elevata rispetto a quella osservata nell’adulto, mentre diminuisce con l’avanzare dell’età e con l’aumento dell’apporto alimentare. La vitamina D è essenziale per l’assorbimento del calcio e la sua deposizione nell’osso (3). Inoltre, la biodisponibilità del calcio alimentare può essere aumentata dalla presenza di zuccheri, in particolare di lattosio, di alcuni aminoacidi (lisina, arginina) e da un pH acido intraluminale, mentre viene diminuita dai fosfati, da alcuni costituenti dei vegetali (ossalati, fitati) e da alcune frazioni della fibra alimentare (acidi uronici) che formano con il calcio dei chelati non assorbibili. Alcuni di questi composti indigeribili a cui il calcio è legato possono però essere degradati ad opera della flora batterica intestinale a livello della regione ceco-colon (4). Il calcio viene eliminato dall’organismo per tre vie: feci, urine, sudore. Con le feci si perde, oltre alla quota di calcio alimentare non assorbita, una quota endogena (100-200 mg/die) rappresentata dai secreti intestinali; l’eliminazione urinaria presenta ampie variazioni inter- e intraindividuali, in relazione anche al concomitante apporto di proteine, sodio, potassio e bicarbonato. L’effetto dell’apporto proteico sul bilancio del calcio è complesso (5). Un adeguato intake proteico è importante per sostenere la crescita dell’osso in età evolutiva e per mantenere la massa ossea in età adulta (6). Tuttavia, un aumentato apporto proteico, in particolare di proteine di origine animale,

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è associato ad un’aumentata escrezione urinaria di calcio dovuta al carico acido totale derivante dal metabolismo proteico: per rimpiazzare la perdita urinaria di calcio associata con 1 g di proteine sarebbero necessari 6 mg di calcio alimentare (5,6). In generale, in età evolutiva non è raccomandato aggiustare l’apporto di calcio sulla base dell’intake proteico (7). Il sodio influenza l’escrezione urinaria di calcio competendo con esso per il riassorbimento renale: per ogni 2,3 g di sodio escreti dal rene, vengono persi 40-60 mg di calcio (5,6). Nonostante gli effetti negativi di un elevato consumo di sale nei bambini (per es. con snacks salati), l’apporto di calcio raccomandato in età evolutiva non va modificato sulla base dell’intake di sodio (7). Esistono evidenze che il potassio ed il bicarbonato, ampiamente contenuti in frutta e verdura, concorrano a ridurre l’escrezione urinaria di calcio contrastando l’effetto ipercalciurico del sodio cloruro di origine alimentare (7). Il fabbisogno di calcio per le varie fasce di età è influenzato da molte variabili: età, sesso, genetica, etnia, attività fisica, dieta (5). Le raccomandazioni per un adeguato apporto di calcio con la dieta elaborate dalla National Academy of Sciences Americana e fatte proprie dall’American Academy of Pediatrics sono riassunte nella tabella 1.

Tabella 1Raccomandazioni per un adeguato apporto di calcio negli Stati Uniti d’America(7)

Età Apporto di calcio mg/die (mmol/die)

0-6 mesi 210 (5,3)

7-12 mesi 270 (6,8)

1-3 anni 500 (12,5)

4-8 anni 800 (20,0)

9-18 anni 1300 (32,5)

19-50 anni 1000 (25)

50- >70 anni 1200 (30)

I livelli di assunzione raccomandati di calcio nella revisione del 1996 dei LARN sono elencati nella tabella 2 (1).

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Tabella 2Livelli di assunzione raccomandati di calcio, LARN, 1996 (1)

Età Apporto di calcio mg/die 1-3 anni 800

4-6 anni 800

7-10 anni 1000

11-14 anni Maschi e Femmine 1200

15-17 anni Maschi e Femmine 1200

18-29 anni Maschi e Femmine 1000

30-59 anni Maschi 800

30-49 anni Femmine 800

>60 anni Maschi 1000

>50 anni Femmine 1200-1500*

* In caso di terapia con estrogeni il fabbisogno è di 1000 mg/die.

E’ noto che un insufficiente apporto di calcio può contribuire allo sviluppo del rachitismo nel bambino, specialmente in caso di diete restrittive (per es. dieta macrobiotica) (8). Non sono tuttavia disponibili dati sul fabbisogno minimo di calcio necessario per la prevenzione del rachitismo o sulla relazione tra etnia, vitamina D, attività fisica, dieta e rachitismo nei bambini con basso apporto di calcio (9,10). Ci sono evidenze che un ridotto apporto di calcio possa essere un importante fattore di rischio per le fratture nel bambino (11), ma ulteriori studi sono necessari per stabilire l’effettivo rischio di fratture ai diversi livelli di apporto di calcio.Dieta ed attività fisica, in particolare quella di carico moderato (correre, saltare), sono determinanti per il raggiungimento del picco di massa ossea nelle prime due-tre decadi di vita (5). In particolare, circa il 45% della massa scheletrica dell’adulto si forma durante l’adolescenza. Il raggiungimento del picco di massa ossea massimale per il potenziale genetico di ciascun individuo rallenta il processo di demineralizzazione ossea correlato all’età e riduce il rischio di fratture nell’età avanzata (12).

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Figura 2 – Modificazioni della massa ossea che avvengono con l’età (da Heaney RP, 1994, modificata)

Il livello medio di assunzione di calcio nella dieta italiana (ricostruita in laboratorio sulla base dei consumi alimentari) risulta essere di 820 mg/die (13). Latte e derivati contribuiscono per più del 65% all’assunzione totale di calcio (540 mg/die), i vegetali per circa il 12% (97 mg/die), i cereali per l’8,5% (70 mg/die), le carni ed il pesce per il 6,5% (53 mg/die). È difficile stimare la quota rappresentata dal calcio dell’acqua da bere. Essa potrebbe rappresentare una discreta fonte di calcio, considerando anche il suo consumo medio giornaliero (1,5 l/die). Tuttavia il contenuto delle acque potabili e delle acque minerali è molto variabile, con un intervallo che va da pochi mg/l a più di 400 mg/l. Nella tabella 3 è illustrato il ruolo che possono avere le porzioni di alcuni tra i più comuni alimenti alla copertura del fabbisogno di calcio.

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Alimento Quantità Contenuto di calcio (mg)

Latte o yogurt

Una tazza da 140 ml o un vasetto da 125 g 150

Formaggio da condimento Due cucchiaini da 5 g 115

Parmigiano-Reggiano Una porzione da 50 g 580

Pesce e carne Una porzione da 100 g 30

Pasta e pane Pasta (90 g), pane (100 g) 40

Legumi secchi Una porzione 50 g 75

Verdure Calcio poco disponibile

Acqua A seconda delle caratteristiche minerali

TOTALE 990

Tabella 3Quali e quanti alimenti per totalizzare circa 1 grammo di calcio

C’è accordo nel ritenere che la quota giornaliera di calcio debba essere assunta con gli alimenti, in particolare con i prodotti lattiero-caseari (14,17). L’American Academy of Pediatrics incoraggia i pediatri a raccomandare latte, formaggio, yogurt ed altri alimenti ricchi in calcio nell’alimentazione dei bambini (15). Nei prodotti lattiero-caseari, dove il calcio si trova in forma organica ed inorganica, ricorrono le premesse più confacenti per un buon assorbimento di questo minerale pari al 43-45% (16). Inoltre, i prodotti lattiero-caseari forniscono altri nutrienti importanti per la salute (17).L’apporto di calcio e la sua disponibilità sono più o meno simili sia nel latte intero che nel latte scremato o in qualunque formulazione a media o lunga scadenza: 250 ml di latte forniscono circa 310 mg di calcio. Lo yogurt ha un contenuto di calcio analogo a quello del latte: una confezione di yogurt (generalmente 125 g), che può essere consumata come spuntino del mattino o del pomeriggio, apporta circa 150 mg di calcio. I formaggi garantiscono un apporto percentualmente elevatissimo di calcio, ma la loro ricchezza nutritiva ne condiziona talvolta il consumo. Nella tabella 4 viene illustrato il contenuto medio di calcio, di grassi ed energia dei formaggi in base alle più comuni classificazioni di gruppo.

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Tabella 4Contenuto medio di calcio, grassi, energia nelle diverse categorie di formaggi (18)

Denominazione per raggruppamentiQuantità 100g

Calciomg

Grassig

EnergiaKcal

Latticini 166-340 11-17 146-212

Formaggi freschi 160-210 19-24 253-288

Formaggi molli a breve stagionatura 512-567 25-26 300-334

Formaggi erborinati 400-405 22-27 324-364

Formaggi semiduri 860-870 27-31 343-439

Parmigiano-Reggiano 720-1169 28-29 374-406

In particolare, il Parmigiano-Reggiano ha un elevato contenuto di calcio, pari a 1159 mg/100 g di prodotto, con un rapporto calcio/fosforo attorno a 1,7 (19). Esso rappresenta pertanto una fonte concentrata di calcio altamente biodisponibile, anche per i soggetti con intolleranza al lattosio, essendo praticamente privo del disaccaride (15,17). L’aspetto forse più peculiare è però la “qualità” del minerale, sia per la presenza in forma di lattato, particolarmente biodisponibile, sia per la sinergia con i caseinofosfopeptidi (v. sopra)

Intolleranza al lattosio e prodotti lattiero-caseari.I soggetti con intolleranza al lattosio possono avere un apporto di calcio inferiore al fabbisogno a causa della limitazione o eliminazione di latte e derivati dalla propria alimentazione (20). Al contrario, evidenze sempre più numerose mostrano che soggetti con deficit di lattasi possono ottenere adeguati intake di calcio con i prodotti lattiero-caseari, per esempio consumando latte in piccole quantità ai pasti, formaggi stagionati, yogurt con fermentaci lattici vivi, latte privo o a ridotto contenuto di lattosio (20-23). Inoltre, l’introduzione con la dieta di quantità progressivamente maggiori di alimenti contenenti lattosio sembra migliorare la tolleranza al lattosio (20,23).

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16. Mariani Costantini A, Cannella C, Tomassi G. Fondamenti di nutrizione clinica. Il Pensiero Scientifico Ed, Roma, 2000

17. Miller GD, Jarvis JK, McBean LD. The importance of meeting calcium needs with foods. J Am Coll Nutr 2001;20(2 Suppl):168S-185S

18. http://www.assolatte.it19.http://www.inran.it/servizi_cittadino/per_saperne_di_piu/tabelle_

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VITAMINELe vitamine sono un insieme eterogeneo e complesso di sostanze chimiche non energetiche necessarie per i fabbisogni dell’organismo. Esse devono essere introdotte dall’esterno in quanto non sintetizzabili dell’organismo.Il latte contiene vitamine in elevate quantità. Nella tabella 1 viene riportato il contenuto in vitamine del latte e del Parmigiano-Reggiano.

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Vitamina Latte (µg/litro) Parmigiano-Reggiano (µg/100 g)

Vitamina A 270 (170-380) 270 (93-445)

ß-carotene 370 (120-790) 107 (20-263)

Vitamina E 600 (200-1000) 440 (44-838)

Vitamina B1 400 (280-900) 34 (17-52)

Vitamina B2 1500 (1160-2020) 370 (280-474)

Vitamina B6 510 (400-630) 110 (50-185)

Vitamina B12 2,5 (2,0-4,2) 4,2 (2,2-9,3)

Vitamina PP 740 (500-860) 55 (20-121)

Ac. pantotenico 3400 (2200-5500) 320 (227-407)

Biotina 22 (14-29) 23 (6-74)

Tabella 1Contenuto vitaminico del latte crudo e del Parmigiano-Reggiano.

Esiste una buona correlazione tra il contenuto vitaminico della materia prima, il latte, e quello del prodotto finito per quanto riguarda le vitamine A, E, B2, B12, l’acido pantotenico e la biotina. L’esistenza di questa correlazione si deve al fatto che la maggior parte delle vitamine non si trova nel latte in forma “libera” ma bensì “integrata” con altre componenti: quelle liposolubili disciolte nella frazione lipidica, quelle idrosolubili legate alle proteine; pertanto esse rimangono imprigionate nella cagliata piuttosto che passare nel siero. Dal confronto dei dati ottenuti su campioni di 6-12 mesi e 22-24 mesi non si evidenziano differenze rilevanti del contenuto vitaminico (Tabella 2). Durante la stagionatura solo la vitamina E e il ß-carotene mostrano una significativa diminuzione, mentre le vitamine del complesso B subiscono un lieve incremento. Ciò potrebbe essere legato sia alla perdita di acqua da parte del formaggio, sia alla produzione endogena di queste vitamine da parte della microflora presente.

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Tabella 2Contenuto Vitaminico (in µg) di 100 g di Parmigiano-Reggiano fresco (6-12 mesi) e stagionato (22-24 mesi)

Vitamina 6-12 mesi* 22-24 mesi**

Vitamina A 348 270

ß -carotene 638 107

Vitamina E 715 440

Vitamina B1 35 34

Vitamina B2 360 370

Vitamina B6 99 110

Vitamina PP 18 55

Vitamina B12 3,2 4,2

Ac. pantotenico 280 320

Biotina 13 23

*Valori medi di 10 campioni** Valori, medi di 60 campioni

Nella tabella 3 sono riportati i livelli di assunzione raccomandati delle vitamine nelle varie età.

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Categoria Età Peso Tiamina Riboflavina Niacina (N.E.) Vit.B6 Vit.B12 Vit.C Folati Vit.A

(R.E.) Vit.D

(anni) (kg) (mg) (mg) (mg)(1) (mg)(2) (μg) (mg) (μg) (μg)(3) (μg)(4)

                     

Lattanti 0,5-1 7-10 0,4 0,4 5 0,4 0,5 35 50 350 10-25*

Bambini 1-3 9-16 0,6 0,8 9 0,7 0,7 40 100 400 10*

4-6 16-22 0,7 1,0 11 0,9 1 45 130 400 0-10

7-10 23-33 0,9 1,2 13 1,1 1,4 45 150 500 0-10

Maschi 11-14 35-53 1,1 1,4 15 1,3 2 50 180 600 0-15

15-17  55-66 1,2 1,6 18 1,5 2 60 200 700 0-15

18-29 65 1,2 1,6 18 1,5 2 60 200 700 0-10

30-59  65 1,2 1,6 18 1,5 2 60 200 700 0-10

60+ 65 0,8 1,6 18 1,5 2 60 200 700 10*

Femmine 11-14 35-51 0,9 1,2 14 1,1 2 50 180 600 0-15

  15-17 52-55 0,9 1,3 14 1,1 2 60 200 600 0-15

  18-29 56  0,9 1,3 14 1,1 2 60 200 600 0-10

  30-49 56 0,9 1,3 14 1,1 2 60 200 600 0-10

  50+ 56 0,8 1,3 14 1,1 2 60 200 600 10*

Tabella 3LIVELLI DI ASSUNZIONE GIORNALIERI RACCOMANDATI DI NUTRIENTI PER LA POPOLAZIONE ITALIANA (L.A.R.N.), SOCIETÀ ITALIANA DI NUTRIZIONE UMANA, REVISIONE 1996

1 La niacina è espressa come niacina equivalenti in quanto comprende anche la niacina di origine endogena sintetizzata a partire dal triptofano (1 mg di niacina deriva da circa 60 mg di triptofano). 2 Il fabbisogno in vitamina B6 è stato calcolato sulla base di 15 m g/g di apporto proteico e considerando che circa il 15% dell’apporto energetico è assicurato dalle proteine sia nel bambino che nell’adulto. 3 La vitamina A è espressa in m g di retinolo equivalenti (R.E. = 1 m g di retinolo = 6 m g di betacarotene = 12 m g di altri carotenoidi attivi)4 Per la vitamina D, gli intervalli comprendenti lo zero indicano che il gruppo di popolazione considerato dovrebbe essere in grado di produrre un’adeguata quantità di vitamina D in seguito all’esposizione alla luce solare. Il valore più

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elevato dell’intervallo è la stima dell’apporto raccomandato per gli individui con sintesi endogena minima. Il valore singolo indica che è prudente, per tutti i soggetti della classe considerata, assumere (con la dieta o mediante supplementazione) la quantità indicata di vitamina D.

* Per coprire tali fabbisogni potrà talvolta essere conveniente consumare alimenti fortificati o completare l’apporto dietetico con una supplementazione.

In riferimento a tali valori risulta che il Parmigiano-Reggiano rappresenta una buona fonte di vitamina A, B12, B2.

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