Estratto dal Dossier Caritas 2014

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1 Analisi dell’andamento dell’economia sarda e della Diocesi di Cagliari * Introduzione Sono ormai tre anni che redigiamo per la Caritas questo breve rapporto sullo stato del sistema economico regionale, cercando di capire se appaiono segnali di un miglioramento e soprattutto se questi sono interpretabili come risposta del decisore alle criticità del sistema. Nell’analisi che presentiamo quest’anno si sottolinea lo stato di crisi dell’economia regionale e poiché sappiamo che nella sua debolezza strutturale e forte dipendenza dall’esterno (sia in termini commerciali che in funzione dei trasferimenti pubblici necessari per finanziare i diversi comparti della PA) questo piccolo microcosmo replica con circa 18 mesi di ritardo le dinamiche che si osservano a livello nazionale, il futuro non appare per niente roseo. A livello nazionale infatti il trend evidenziato dai dati trimestrali sul Pil è costantemente in calo e non vi sono segnali di miglioramento. In questa situazione di profonda crisi economica le risposta date dal governo nazionale appaiono fragili ed effimere ma ugualmente a livello regionale si stenta a sganciarsi da questa spirale recessiva nonostante da più parti si invochino a gran voce misure di politica economica utili a far ripartire il motore dell’economia. Grandi opere e piano casa non sono mai partiti (il settore delle costruzioni mostra negli ultimi 5 anni la dinamica settoriale peggiore) ma nemmeno gli interventi di riqualificazione dell’offerta turistica, come ad esempio la costruzione di nuovi campi da golf, capaci di intercettare fette di turismo meno sensibili alla crisi o agli aumenti relativi di costo della destinazione Sardegna. Ogni giorno chiude un’impresa, dimentichiamo però che spesso la stessa è stata mantenuta negli anni (talvolta decenni) forzosamente in vita, spendendo ingenti risorse pubbliche senza speranza e senza futuro. Bisogna avere il coraggio (in quanto decisori) di scelte scomode, bisogna prendersi la responsabilità di abbandonare settori senza futuro per fare scelte ugualmente coraggiose ma spesso evidenti su cosa e come puntare per il rilancio della Sardegna. E’ difficile, quasi impossibile, cambiare il DNA dei sardi, si possono però modificare alcuni comportamenti, suggerire alcune soluzioni per migliorare le scelte. In quest’ottica, in un sistema in cui i servizi sono ormai più dell’80% del valore aggiunto regionale e l’agricoltura resiste meglio che a livello nazionale, bisogna non esitare e puntare su diversificazione del prodotto turistico e sul rafforzamento delle integrazioni tra questo settore e il resto del sistema produttivo, primariamente l’agroalimentare. Vi è inoltre un’altra partita importante su cui la Sardegna per le sue caratteristiche e per la sua vocazione naturale può fare d’apripista rispetto al livello nazionale, si tratta della realizzazione di un sistema energetico nuovo, caratterizzato da un uso intelligente delle energie rinnovabili in un contesto di generazione distribuita. Bisogna infine imparare a valutare correttamente l’effetto delle scelte di politica economica, prima, durante e dopo, è un imperativo etico che richiama l’idea di accountability, ma è anche e fondamentalmente una necessità imposta dalla sempre maggiore scarsità delle risorse a disposizione. La base informativa per le analisi di contesto In questo capitolo viene descritto il contesto economico sociale di riferimento considerando innanzitutto l’evoluzione della dimensione regionale, per poi concentrarsi nel secondo paragrafo sulle informazioni a livello di Diocesi di Cagliari, che permettono di contestualizzare correttamente gli interventi di contrasto alla povertà attuati dalla Caritas diocesana. L’analisi di contesto si basa quindi, a seconda dei livelli territoriali considerati, su informazioni di natura diversa. In particolare nel cercare di caratterizzare il contesto economico regionale sono state utilizzate fonti informative disallineate temporalmente, l’indagine continua sulle forze di lavoro (RCFL aggiornata al II trim. 2014) e i conti economici territoriali dell’ISTAT (aggiornati al 2012), * A cura di Giorgio Garau e Lucia Schirru, Vispo Srl.

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Analisi dell’andamento dell’economia sarda e della Diocesi di Cagliari * Introduzione Sono ormai tre anni che redigiamo per la Caritas questo breve rapporto sullo stato del sistema economico regionale, cercando di capire se appaiono segnali di un miglioramento e soprattutto se questi sono interpretabili come risposta del decisore alle criticità del sistema. Nell’analisi che presentiamo quest’anno si sottolinea lo stato di crisi dell’economia regionale e poiché sappiamo che nella sua debolezza strutturale e forte dipendenza dall’esterno (sia in termini commerciali che in funzione dei trasferimenti pubblici necessari per finanziare i diversi comparti della PA) questo piccolo microcosmo replica con circa 18 mesi di ritardo le dinamiche che si osservano a livello nazionale, il futuro non appare per niente roseo. A livello nazionale infatti il trend evidenziato dai dati trimestrali sul Pil è costantemente in calo e non vi sono segnali di miglioramento. In questa situazione di profonda crisi economica le risposta date dal governo nazionale appaiono fragili ed effimere ma ugualmente a livello regionale si stenta a sganciarsi da questa spirale recessiva nonostante da più parti si invochino a gran voce misure di politica economica utili a far ripartire il motore dell’economia. Grandi opere e piano casa non sono mai partiti (il settore delle costruzioni mostra negli ultimi 5 anni la dinamica settoriale peggiore) ma nemmeno gli interventi di riqualificazione dell’offerta turistica, come ad esempio la costruzione di nuovi campi da golf, capaci di intercettare fette di turismo meno sensibili alla crisi o agli aumenti relativi di costo della destinazione Sardegna. Ogni giorno chiude un’impresa, dimentichiamo però che spesso la stessa è stata mantenuta negli anni (talvolta decenni) forzosamente in vita, spendendo ingenti risorse pubbliche senza speranza e senza futuro. Bisogna avere il coraggio (in quanto decisori) di scelte scomode, bisogna prendersi la responsabilità di abbandonare settori senza futuro per fare scelte ugualmente coraggiose ma spesso evidenti su cosa e come puntare per il rilancio della Sardegna. E’ difficile, quasi impossibile, cambiare il DNA dei sardi, si possono però modificare alcuni comportamenti, suggerire alcune soluzioni per migliorare le scelte. In quest’ottica, in un sistema in cui i servizi sono ormai più dell’80% del valore aggiunto regionale e l’agricoltura resiste meglio che a livello nazionale, bisogna non esitare e puntare su diversificazione del prodotto turistico e sul rafforzamento delle integrazioni tra questo settore e il resto del sistema produttivo, primariamente l’agroalimentare. Vi è inoltre un’altra partita importante su cui la Sardegna per le sue caratteristiche e per la sua vocazione naturale può fare d’apripista rispetto al livello nazionale, si tratta della realizzazione di un sistema energetico nuovo, caratterizzato da un uso intelligente delle energie rinnovabili in un contesto di generazione distribuita. Bisogna infine imparare a valutare correttamente l’effetto delle scelte di politica economica, prima, durante e dopo, è un imperativo etico che richiama l’idea di accountability, ma è anche e fondamentalmente una necessità imposta dalla sempre maggiore scarsità delle risorse a disposizione. La base informativa per le analisi di contesto In questo capitolo viene descritto il contesto economico sociale di riferimento considerando innanzitutto l’evoluzione della dimensione regionale, per poi concentrarsi nel secondo paragrafo sulle informazioni a livello di Diocesi di Cagliari, che permettono di contestualizzare correttamente gli interventi di contrasto alla povertà attuati dalla Caritas diocesana. L’analisi di contesto si basa quindi, a seconda dei livelli territoriali considerati, su informazioni di natura diversa.

In particolare nel cercare di caratterizzare il contesto economico regionale sono state utilizzate fonti informative disallineate temporalmente, l’indagine continua sulle forze di lavoro (RCFL aggiornata al II trim. 2014) e i conti economici territoriali dell’ISTAT (aggiornati al 2012),

* A cura di Giorgio Garau e Lucia Schirru, Vispo Srl.

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due indagini di complessità differente che insieme permettono di costruire un quadro di come sta evolvendo l’economia regionale. L’analisi dei conti economici territoriali consente di capire come contribuiscono i settori produttivi alla creazione del Valore aggiunto e come lo stesso viene poi distribuito tra consumi e investimenti. La RCFL permette invece di vedere i riflessi delle dinamiche economiche sul mercato del lavoro ma soprattutto consente di avere informazioni più recenti sulle dinamiche in corso.

I dati disponibili per la Diocesi consentono invece esclusivamente un’analisi demografica della popolazione e del tessuto produttivo, un’analisi sui redditi dei contribuenti e una integrazione sul mercato del lavoro.

1. Il contesto regionale. I conti territoriali Un primo sguardo ai macrosettori rivela la debolezza del sistema economico sardo che dopo la breve ripresa avvenuta tra il 2009 e il 2011 (0,1% contro 2,3% Italia) registra nel 2012 un nuovo crollo (-3,1% contro -2,3% Italia). Tale fenomeno a livello settoriale investe soprattutto il settore industriale che nell’ultimo anno perde quasi il 10% (-9,8%) rispetto all’Italia in cui la perdita è più contenuta (-3,8%) e in misura minore il settore agricolo (che perde meno che a livello nazionale, -3,5% contro -4,4%) e quello dei servizi, che in Sardegna raggiunge un peso percentuale dell’82,2%.

Milioni di Euro – Valori assoluti1 Sardegna Italia 2008 2009 2010 2011 2012 2008 2009 2010 2011 2012 Agricoltura 1036.76 1005.36 1012.24 996.22 961.23 28728.72 28006.59 27951.56 28104.99 26856.94

Industria 5436.46 4678.92 4352.68 4088.10 3688.76 351378.37 303955.85 315187.55 315455.56 303495.65

Servizi 21601.15 21216.95 21536.88 21857.61 21452.12 948977.96 923238.77 933527.41 941395.49 925532.75 Totale 28074.37 26901.23 26901.79 26941.92 26102.12 1329085.05 1255201.20 1276666.52 1284956.04 1255885.35

Fonte: ISTAT, Contabilità territoriale. La conseguenza di queste dinamiche è la seguente struttura del valore aggiunto, in cui a parità di peso del settore agricolo, il settore dei servizi cresce e compensa sostanzialmente la caduta del settore industriale.

Struttura percentuale Sardegna Italia 2008 2009 2010 2011 2012 2008 2009 2010 2011 2012 Agricoltura 3.693 3.737 3.763 3.698 3.683 2.162 2.231 2.189 2.187 2.138 Industria 19.364 17.393 16.180 15.174 14.132 26.438 24.216 24.688 24.550 24.166 Servizi 76.943 78.870 80.057 81.129 82.185 71.401 73.553 73.122 73.263 73.696

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale. Tassi di crescita (valori percentuali)

Sardegna Italia 09/08 10/09 11/10 12/11 09/08 10/09 11/10 12/11 Agricoltura -3.0% 0.7% -1.6% -3.5% -2.5% -0.2% 0.5% -4.4%

Industria -13.9% -7.0% -6.1% -9.8% -13.5% 3.7% 0.1% -3.8% Servizi -1.8% 1.5% 1.5% -1.9% -2.7% 1.1% 0.8% -1.7% Totale -4.2% 0.0% 0.1% -3.1% -5.6% 1.7% 0.6% -2.3%

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale.

1 Valori concatenati ai prezzi del 2005.

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Nell’ambito dell’industria manifatturiera, considerando che l’Istat non ha ancora fornito i dati del 2012, i cali più rilevanti sono rappresentati in Sardegna dai settori della Fabbricazione dei Mezzi di trasporto (-46% in dal 2008 al 2011) e da quello dei Mobili e Altre industrie manifatturiere (-14% in 3 anni), recupera invece il settore della Raffinazione e della Chimica che ad un calo del 27,7% tra il 2008 e il 2009 contrappone una risalita del 35,4% tra il 2009 e il 2011. Mostrano inoltre dinamiche particolarmente favorevoli il settore Tessile (+27,9%) e l’industria estrattiva (38%). Preoccupa infine la battuta d’arresto dell’industria Alimentare (-4,3%).

Relativamente agli altri settori per i quali invece l’Istat ha fornito il dato al 2012 continua la caduta del settore delle Costruzioni che in 4 anni perde il 44,4% e si arresta la crescita osservata tra il 2009 e il 2011 nel settore del Commercio (7%) che nell’ultimo anno perde invece il 4,5%.

Consideriamo di seguito la distribuzione delle risorse tra consumi e accumulazione. Se si considera che il Pil a livello regionale tra il 2009 e il 2011 rimane pressoché invariato, alla sostanziale tenuta dei consumi delle famiglie, delle ISP e della PA si contrappone una drastica riduzione degli investimenti (-36,5%). Nel 2012 invece gli unici dati disponibili sul Pil e sui Consumi delle famiglie sono negativi (-3,4% e -3,6%) e sottolineano la ripresa della recessione. A livello nazionale alla debole ripresa osservata tra il 2009 e il 2011 (Pil +2,2%) segue nel 2012 una diminuzione del Pil del 2,5% e un decremento dei Consumi delle famiglie più marcato che a livello regionale (-4%).

Principali voci di Contabilità - Valori assoluti in milioni di euro2

Sardegna Italia 2008 2009 2010 2011 2012 2008 2009 2010 2011 2012

Pil 31.258 29.776 29.688 29.742 28.738 1.475.412 1.394.347 1.418.376 1.425.142 1.389.043 Cons. finali 29.446 29.115 29.251 29.156

1.170.591 1.157446 1.169.487 1.164.741

- Spesa fam 20.244 19.902 19.951 19.819 19.101 869.510 854.009 867.237 865.966 831.222 - Spesa ISP 115 117 116 117

5.691 5.823 5.795 5.849

- Spesa PA 9.076 9.084 9.170 9.205

295.443 297.744 296.623 293.107 IFL 7.277 6.424 5.722 4.928

304.741 268.985 270.673 264.786

Fonte: ISTAT, Contabilità territoriale. Tassi di crescita (valori percentuali)

Sardegna Italia 09/08 10/09 11/10 12/11 09/08 10/09 11/10 12/11

Pil -4.7% -0.3% 0.2% -3.4% -5.5% 1.7% 0.5% -2.5% Cons. finali -1.1% 0.5% -0.3%

-1.1% 1.0% -0.4%

- Spesa famiglie -1.7% 0.2% -0.7% -3.6% -1.8% 1.5% -0.1% -4.0% - Spesa ISP 1.8% -0.9% 0.5% 2.3% -0.5% 0.9% - Spesa PA 0.1% 0.9% 0.4% 0.8% -0.4% -1.2% IFL -11.7% -10.9% -13.9% -11.7% 0.6% -2.2%

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT, Contabilità territoriale. A queste tendenze del valore aggiunto settoriale fa riscontro l’occupazione settoriale che, come risulta dalla contabilità territoriale, cresce o diminuisce negli stessi settori individuati poc’anzi. Se si vuole invece avere un’idea di come queste tendenze, riflesso delle crisi settoriali, della crisi generale e dell’interrelazione tra settori produttivi (una crisi settoriale incide sui settori collegati), si

2 Valori concatenati ai prezzi del 2005.

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riflettano sulla disoccupazione e quindi creino tensione sul mercato del lavoro, determinando una sottoutilizzazione della manodopera e in definitiva uno spreco di risorse umane, si deve considerare l’indagine continua sulle forze di lavoro dell’ISTAT che consente trimestralmente di seguire le dinamiche strutturali e congiunturali. Da questa indagine risulta che nel corso degli anni 2010-2013 si sono fatti sentire in maniera forte anche in Sardegna gli effetti della crisi in atto. Il mercato del lavoro. Dinamiche strutturali Tenendo conto delle medie annuali delle rilevazioni ISTAT a livello regionale, si rileva che dopo un quadriennio di crescita dell’occupazione e di riduzione della disoccupazione (dal 13,9% nel 2004 al 9,9% nel 2007), negli ultimi anni si registra una frenata del tasso di occupazione che nel 2013 chiude al 48,4%, circa 4 punti percentuali in meno del 2008. Tale riduzione è maggiore per la componente maschile (che dal 64,4% si riduce al 57%) che per la componente femminile che dal 2008 al 2013 perde meno di un punto percentuale. Continua la risalita del tasso di disoccupazione, che raggiunge nel 2013 il 17,5% (+7,6% in 6 anni). Le dinamiche di genere sono differenziate come segue: risale di 8 punti percentuali il tasso di disoccupazione maschile e di circa 1 punto percentuale quello femminile. In effetti, come vedremo nel seguito, i settori economici coinvolti dal peggioramento dell’andamento della situazione economica sono diversi e sono comunque in netto sfavore per la componente maschile più pesantemente coinvolta nella crisi del settore industriale a differenza della componente femminile, prevalente nei servizi alla persona, che abbiamo visto costituire l’elemento di tenuta di questi ultimi anni.

Tassi di occupazione1 e disoccupazione3 - Medie anni 2008-2013 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Tasso di Occupazione Totale 52.5 50.8 51.0 52.0 51.7 48.4 Tasso di Occupazione Maschi 64.4 61.4 60.2 61.4 60.3 57.0 Tasso di Occupazione Femmine 40.4 40.2 41.8 42.6 43.1 39.7 Tasso di Disoccupazione Totale 12.2 13.3 14.2 13.6 15.6 17.5 Tasso di Disoccupazione Maschi 9.9 11.5 13.6 12.8 15.3 17.9 Tasso di Disoccupazione Femmine 15.9 16.0 14.9 14.6 15.9 17.0 Fonte: RCFL, Media anni 2008 – 2013. In valore assoluto, nel 2013 le persone in cerca di occupazione risultano 117 mila, 19 mila in più rispetto al 2010, calano però per la prima volta gli occupati, 41 mila in meno rispetto al 2010, e le Forze di Lavoro (da 691 mila a 669 mila). La conseguenza di questa forte contrazione è il forte aumento appena sottolineato del tasso di disoccupazione. Un discorso a parte merita la categoria, delle Forze di Lavoro potenziali4, se la si somma ai disoccupati si ha la misura delle persone potenzialmente impiegabili nei processi produttivi, indicatore simile a quello che in passato era il tasso di disoccupazione allargato. Anche in questo caso si osserva un forte aumento (da 106 mila a 130 mila), superiore a quello già registrato nella disoccupazione per cui in tre anni la platea dei disoccupati “allargati” è cresciuta di 43 mila unità, registrando un tasso di variazione del 21% (9% nell’ultimo anno).

1 Il tasso di occupazione è riferito alla classe 15-64 anni. 3 Il tasso di disoccupazione è riferito alla classe 15-74 anni. 4 Tale aggregato risulta dalla somma di “inattivi disponibili a lavorare” (non hanno cioè cercato attivamente lavoro nelle ultime quattro settimane) al cui interno si trovano gli scoraggiati e gli “inattivi che cercano lavoro ma non sono subito disponibili a lavorare”.

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Forze di lavoro, inattivi e FL potenziali - Media RFCL 2010-2013. Valori assoluti in migliaia

Tipologia 2010 2011 2012 2013 M F Tot M F Tot M F Tot M F Tot Forze di lavoro 409 282 691 410 286 696 412 292 705 398 271 669 Occupati (15 e +) 353 240 593 358 244 602 349 246 595 327 225 552 Disoccupati (15 e +) 55 42 98 52 42 94 63 46 109 71 46 117 Inattivi 302 468 770 302 466 768 300 459 759 314 481 794 Forze di lavoro potenziali* 42 64 106 48 67 115 46 70 117 51 80 130

Fonte: RCFL, Media anni 2010 – 2013. Il confronto tra le medie ISTAT degli ultimi quattro anni evidenzia dunque la seguente fenomenologia. Da un lato si assiste, alla definitiva inversione del processo di espansione dell’occupazione, che benché nel 2012 avesse apparentemente fatto salva la componente femminile, nel 2013 coinvolge in eguale misura uomini e donne (-22 mila uomini e -21 mila donne nell’ultimo anno). La dinamica della disoccupazione rimane invece ancora differenziata (+16 mila maschi e + 4 mila donne in tre anni) come anche quella delle forze di lavoro potenziali (+ 9 mila uomini e + 16 mila donne. In definitiva nell’ultimo anno per la componente femminile si osserva una riduzione delle forze di lavoro uguale alla riduzione dell’occupazione (-21 mila unità), che lascia quindi inalterata la massa dei disoccupati. Parallelamente aumentano sia gli inattivi (+21 mila) che le forze di lavoro potenziali (+10 mila) e questo fatto va interpretato come processo di fuoriuscita dal mercato del lavoro di quel numero consistente di donne che negli ultimi anni avevano permesso al tasso di occupazione femminile di crescere costantemente. Per la componente maschile invece la riduzione dell’occupazione è maggiore di quella delle forze di lavoro e si traduce in un aumento dei disoccupati (+8 mila). E’ meno importante rispetto alla componente femminile il fenomeno di fuoriuscita dal mercato del lavoro perché in effetti la crisi agisce maggiormente sulla chiusura di imprese la cui occupazione è a prevalente composizione maschile che non sulle motivazioni ad entrare sul mercato del lavoro (scoraggiati e sfiduciati).

A livello settoriale si riduce l’occupazione nelle costruzioni ma anche nel commercio e nei servizi (dove si concentra l’occupazione femminile). In questa fase di approfondimento della crisi risultano fortemente interessati anche quei settori che con la loro tenuta avevano fino ad allora permesso, in un clima di generale contrazione occupazionale, di mantenere alto il tasso di occupazione femminile. La crisi sta definitivamente respingendo quelle donne che con tanta fatica e motivazione avevano deciso di presentarsi sul mercato del lavoro nel periodo pre-crisi (prima del 2008).

Occupati totali per settore economico. Valori assoluti in migliaia

Agricoltura Ind. in senso stretto Costruzioni Commercio Altri servizi Media 2008 37 69 62 134 309 Media 2009 34 66 62 129 302 Media 2010 29 65 57 139 304 Media 2011 32 61 54 132 323 Media 2012 32 61 54 132 323 Media 2013 32 61 44 120 296 Fonte: Rilevazione continua delle forze di lavoro. Medie RCFL. Indicazioni di tendenza. Un’analisi delle dinamiche trimestrali (congiunturali) permette di comprendere meglio la pervasività del fenomeno di crisi che sta diventando realmente drammatica a livello regionale in un contesto nazionale e mondiale di riferimento in cui le soluzioni per uscire dalla crisi sembrano non avere alcun effetto. Un primo segnale inequivocabile dell’aggravarsi di queste dinamiche si ha

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nell’andamento altalenante del tasso di occupazione femminile e nella sostanziale incapacità del sistema produttivo di rilanciarne la crescita (nel I trimestre del 2014 il suo valore è praticamente uguale a quello del I trimestre del 2011). La situazione sta invece effettivamente peggiorando e il tasso di occupazione oscilla intorno al 40%.

Anche relativamente alla disoccupazione (netta e allargata) la cui dinamica è espressa meglio dai tassi tendenziali (calcolati rapportando il valore di ogni trimestre al valore dello stesso trimestre dell’anno precedente) si osserva, dopo l’aumento dei primi due trimestri del 2010, un’inversione di tendenza che dura per cinque trimestri e che però riparte in maniera negativa dal IV trimestre del 2011 e tra il 2012 e il 2014 registra un andamento fortemente altalenante. Siamo in presenza di un economia che da segnali di ripartenza ma che nel periodo successivo si arresta di nuovo e a nuove iniziative che tentano di rilanciare l’occupazione, si contrappongono inevitabilmente definitive chiusure aziendali per troppo tempo procrastinate. Il risultato complessivo di questi movimenti è un atmosfera di totale incertezza dove a farla da padrone e quindi a orientare gli scenari dei prossimi mesi sono però i segnali piuttosto negativi che vengono dai contesti nazionale e mondiale. L’analisi dei tassi tendenziali mette in evidenza la particolarità di questi andamenti per cui in un contesto di generale risalita dei tassi (sia quello complessivo che quello relativo alla componente femminile), ogni due trimestri si osserva una loro discesa (cioè una diminuzione della disoccupazione) prontamente smentita da una nuova risalita, nel trimestre successivo. Se si confrontano le accelerazioni e le interruzioni di tali tendenze si osserva una minore accelerazione nella risalita dei tassi di disoccupazione femminile oltre che delle vere e proprie interruzioni nel IV trim. del 2012, nel III trim. del 2013 e nel II trim. del 2014 (l’analisi tendenziale del tasso di disoccupazione totale non mostra mai una reale interruzione ma solo una riduzione della risalita) e questo fatto evidenzia che in tali dinamiche è la componente maschile della forza lavoro a soffrire maggiormente.

L’analisi infine dei tassi riferiti alle FL potenziali mette in evidenza nel corso del 2013 una tendenza alla risalita maggiore per il tasso riferito alla componente femminile che non per quello totale. Tale tendenza si inverte nei due trim. del 2014. In altri termini si potrebbe pensare che l’accentuazione delle criticità del mercato del lavoro sardo che rientra in crisi nel corso del 2011 determinano per la componente femminile uno spostamento dalla disoccupazione allo scoraggiamento o ricerca non attiva di un lavoro.

Tassi di occupazione e disoccupazione

2011 2012 2013 2014

I II III IV I II III IV I II III IV I II T. Occup. Tot. 51,8 52,1 53,3 50,9 52,1 52,6 52,5 49,8 48,8 48,3 49,0 47,3 48,0 48,4 T. di Occup. F 41,9 42,9 43 42,6 44,4 43,2 43,7 41,2 41,1 39,1 40,3 38,2 41,2 40,4 T. Disocc. Tot. 13,5 13 11,2 16,3 16,2 15 14,6 16,4 18,5 18,7 14,8 18,1 19,6 17,8 T. Disocc. F 14,6 14 11,8 17,5 15,8 15,8 15,3 16,8 17,2 18,9 13,7 18,2 19,4 17,2 F L pot. Tot. 16,6 16,3 16,4 15,9 17,7 18,3 16,6 22,0 21,2 20,0 20,9 F L pot. F 23,4 23,9 24,8 21,9 25,6 28,8 25,9 32,1 30,9 25,9 29,9

Fonte: Rilevazione continua delle forze di lavoro. Tra il I trim del 2011 ed il I trim del 2014 l’occupazione si riduce complessivamente di 54 mila unità. Dal III trim del 2012 tale riduzione non accenna a diminuire d’intensità. A livello di settore economico si osservano le seguenti dinamiche. L’Agricoltura dopo il calo del 2013 riprende a crescere dal III trim del 2013, le Costruzioni dopo 8 trim di quasi ininterrotte riduzioni accennano una ripresa (+ 4 mila occupati tra il II trim del 2013 e il II trim del 2014) cosi come il settore del Commercio in ripresa nel II trim del 2014 dopo cinque trim di riduzione. Risulta invece ormai costantemente in calo (da sette trim) il settore degli Altri servizi ed infine dopo la debole risalita del

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2013 sta riprendendo la crisi del settore industriale che, tra il II trim del 2013 e il II trim del 2014 ha perso 12 mila occupati. Occupati totali per settore economico

2011 2012 2013 2014

I II III IV I II III IV I II III IV I II Agricoltura 36 30 31 31 32 36 35 30 29 27 39 34 32 29 Ind. in senso stretto

61 64 65 55 53 57 57 49 59 69 59 56 58 57

Costruzioni 59 52 58 46 47 46 48 50 41 42 44 48 41 46 Commercio 121 125 150 132 127 124 140 132 119 115 131 115 116 129 Altri servizi 325 332 312 324 341 343 321 310 311 300 287 285 300 289 Totale 601 603 615 587 601 606 602 572 558 552 560 538 547 551

Fonte: Rilevazione continua delle forze di lavoro.

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2. La Diocesi di Cagliari. Aspetti demografici

In Sardegna risiedono 1.663.859 persone (fine 2013), il 14 per mille in più rispetto all’anno precedente. Questa crescita è però spiegata quasi esclusivamente dalle “altre iscrizioni” (si tratta di iscrizioni dovute non ad un effettivo trasferimento di residenza, ma ad operazioni di rettifica anagrafica). Anche in Italia si registra una crescita a due cifre (18 per mille) e anche in questo caso si tratta di crescita nominale e non reale. In Sardegna, sono negativi sia il saldo naturale che il movimento migratorio interno (tra regioni), e l’unico saldo positivo è degli stranieri, che però continuano a rappresentare una porzione esigua dei residenti, appena il 2,5%, contro una media nazionale dell’8%.

Più di un terzo (il 34,6%) della popolazione regionale è concentrata nella Diocesi di Cagliari in cui risiedono 575.231 persone. Nella provincia di Cagliari, che si utilizza come approssimazione della diocesi quando mancano i dati per l’analisi, i residenti rappresentano il 33,7% dell’intera popolazione sarda, leggermente meno della diocesi: 560.827, anche se i comuni sono due in più.

Il tasso di crescita registrato nella provincia nel 2013 è più elevato di quello regionale e arriva al 17,7 per mille. Come per l’intera Sardegna anche Cagliari sconta, nel tasso di crescita della popolazione, l’aggiornamento dei dati delle anagrafi quindi questa crescita risulta solo nominale. Il saldo naturale e il saldo migratorio interno sono infatti negativi, mentre il saldo migratorio estero è positivo ma molto basso (+490 residenti in un anno). Lo stesso discorso vale per la diocesi che presenta un tasso di crescita del 17,2 per mille. Fig. 1. Comuni appartenenti alla diocesi e alla provincia di Cagliari.

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

La distribuzione per fasce d’età della popolazione della Diocesi è la seguente: 71 mila hanno

meno di 15 anni (il 12,3%), 391 mila sono in età da lavoro (in termini percentuali rappresentano il

Arancione: comuni diocesi e provincia

Rosso: solo diocesi

Giallo: solo provincia

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67,8% della popolazione); e 115 mila hanno invece superato i 64 anni (sono il 19,9%). Nella provincia di Cagliari le percentuali sono pressoché identiche, mentre se si considera l’intera Isola la distribuzione cambia: ci sono meno persone in età da lavoro e più anziani. Differenze anche maggiori si notano nel confronto con l’Italia: sono più numerosi i giovani e gli anziani, e sono meno le persone in età da lavoro.

Popolazione per fasce d'età al 01/01/2013

0-14 anni 15-64 anni 65-100 anni Popolazione totale Diocesi di Cagliari 70.721 390.734 114.776 576.231

% 12,3% 67,8% 19,9% 100% Provincia di Cagliari 68.598 380.012 112.217 560.827

% 12,2% 67,8% 20,0% 100% Sardegna 200.733 1.112.995 350.131 1.663.859

% 12,1% 66,9% 21,0% 100% Italia 8.448.133 39.319.593 13.014.942 60.782.668

% 13,9% 64,7% 21,4% 100% Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

Le imprese

Delle 143 mila imprese operanti nell’Isola, il 41%, 59 mila, ha sede nella provincia di Cagliari. Il commercio è il settore prevalente (31% mentre la media regionale è del 27,5%). Il secondo settore per numerosità di imprese è l’agricoltura, col 19,7% in provincia e il 23,4% in regione. Seguono le costruzioni, con una percentuale del 13,4% (14,4% a livello regionale). L’industria in senso stretto non arriva all’8%, mentre le attività dei servizi di alloggio e ristorazione si quotano per un 7,4%, leggermente meno rispetto al livello regionale (8,2%).

Distribuzione delle aziende per settore di attività economica (Terzo trimestre 2014).

Cagliari Sardegna Settore numero di

imprese % numero di

imprese %

Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di automobili

18.081 30,5% 39.377 27,5%

Agricoltura, silvicoltura pesca 11.702 19,7% 33.560 23,4% Costruzioni 7.929 13,4% 20.699 14,4% Attività manifatturiere 4.385 7,4% 10.622 7,4% Attività dei servizi alloggio e ristorazione 4.378 7,4% 11.726 8,2% Altre attività di servizi 2.258 3,8% 5.103 3,6% Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese 1.938 3,3% 4.295 3,0% Trasporto e magazzinaggio 1.888 3,2% 4.351 3,0% Attività professionali, scientifiche e tecniche 1.589 2,7% 2.876 2,0% Servizi di informazione e comunicazione 1.535 2,6% 2.753 1,9% Attività finanziarie e assicurative 1.044 1,8% 2.114 1,5% Attività immobiliari 1.042 1,8% 2.276 1,6% Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento 524 0,9% 1.336 0,9% Sanità e assistenza sociale 493 0,8% 962 0,7% Istruzione 350 0,6% 626 0,4% Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione... 118 0,2% 280 0,2% Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata 49 0,1% 90 0,1% Estrazione di minerali da cave e miniere 38 0,1% 183 0,1%

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Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale 0 0,0% 0 0,0% TOTALE 59.367 100,0% 143.293 100,0%

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infocamere

I redditi Nel 2012 i contribuenti sardi (soggetti alle imposte addizionali Irpef) sono 752 mila, in calo rispetto al 2011, e hanno dichiarato mediamente 21.339 euro, 2.460 euro in meno rispetto ai connazionali. In un anno il reddito è aumentato di appena un punto percentuale, poco più di 200 euro, meno dell’incremento medio nazionale: 317 euro (+1,4%). I contribuenti della diocesi di Cagliari sono tra i più “facoltosi” in regione e il loro reddito è arrivato a 23.438 euro, staccando di più di due mila euro quello medio regionale e di più di 5 mila euro quello della diocesi di Ozieri, che risulta in tutto il periodo considerato la più povera in Sardegna. Reddito medio annuo delle 10 diocesi (Reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef, valori in euro)

Reddito medio annuo Diocesi 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Ales Terralba 17.191 17.301 17.529 17.811 18.105 18.279 Alghero Bosa 19.141 19.274 19.669 19.933 20.176 20.325 Cagliari 22.157 22.260 22.589 22.939 23.138 23.438 Iglesias 19.114 19.290 19.391 19.628 19.840 20.356 Lanusei 17.493 17.546 17.835 17.980 18.221 18.387 Nuoro 18.583 18.598 19.006 19.249 19.478 19.470 Oristano 19.155 19.245 19.641 19.885 20.037 20.141 Ozieri 17.141 17.329 17.540 17.732 18.008 17.958 Sassari 21.243 21.327 21.640 22.000 22.086 22.238 Tempio Ampurias 19.551 19.433 19.488 19.536 19.729 20.077 Sardegna 20.286 20.355 20.638 20.915 21.107 21.339

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Dal 2007 al 2012 il reddito medio nominale per contribuente è aumentato in tutte le diocesi, anche se il tasso di crescita annuale risulta molto variabile. Nella diocesi di Cagliari la crescita del reddito medio risulta sempre leggermente superiore a quella regionale e nell’intero periodo in esame, dal 2007 al 2012 il reddito della diocesi è aumentato di 5,8 punti percentuali (5,2% in media nell’Isola).

Variazioni annuali del reddito medio delle diocesi (valori percentuali)

Diocesi 08/07 09/08 10/09 11/10 12/11 Ales Terralba 0,6% 1,3% 1,6% 1,7% 1,0% Alghero Bosa 0,7% 2,0% 1,3% 1,2% 0,7% Cagliari 0,5% 1,5% 1,6% 0,9% 1,3% Iglesias 0,9% 0,5% 1,2% 1,1% 2,6% Lanusei 0,3% 1,6% 0,8% 1,3% 0,9% Nuoro 0,1% 2,2% 1,3% 1,2% 0,0% Oristano 0,5% 2,1% 1,2% 0,8% 0,5% Ozieri 1,1% 1,2% 1,1% 1,6% -0,3% Sassari 0,4% 1,5% 1,7% 0,4% 0,7% Tempio Ampurias -0,6% 0,3% 0,2% 1,0% 1,8% Sardegna 0,3% 1,4% 1,3% 0,9% 1,1%

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

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Reddito medio annuo di alcune diocesi (Reddito imponibile ai fini delle addizionali Irpef, valori in euro)

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Nella diocesi di Cagliari c’è la minor incidenza di contribuenti con redditi bassi: nel 2012 il 78% aveva percepito un reddito inferiore a 26 mila euro. Questa percentuale è mediamente dell’82% nell’Isola e arriva all’89% nelle diocesi di Ales Terralba e di Ozieri. Percentuale di contribuenti che dichiarano meno di 26 mila euro annui per diocesi (Reddito imponibile Irpef, valori percentuali)

Diocesi Contribuenti con meno di 26 mila euro

Contribuenti totali Incidenza

Ales Terralba 51.936 58.394 89% Alghero Bosa 58.318 70.107 83% Cagliari 278.480 358.460 78% Iglesias 68.187 81.622 84% Lanusei 38.573 44.197 87% Nuoro 67.541 79.630 85% Oristano 75.506 89.113 85% Ozieri 26.869 30.176 89% Sassari 113.478 141.892 80% Tempio Ampurias 87.331 103.851 84% Sardegna 866.219 1.057.442 82% Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Se si considerano i singoli comuni della diocesi si ottiene un maggior dettaglio. Come mostra l’immagine nei comuni in rosso la percentuale di contribuenti con meno di 26 mila euro di reddito imponibile supera il 90%, in rosa i comuni con una percentuale di contribuenti “poveri” compresa tra l’80 e il 90%, in giallo i comuni con percentuali inferiori all’80% ma che superano il 70%. Solo a Cagliari la percentuale è inferiori al 70%.

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Percentuale di contribuenti che dichiarano meno di 26 mila euro annui nei comuni della diocesi

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Se si considera il reddito medio la situazione non appare molto differente. Due comuni su tre della diocesi non arrivano a un reddito medio per contribuente di 15 mila auro. Solo a Cagliari (con 24 mila euro medi), Selargius e Capoterra si superano i 20 mila euro medi per contribuente. Reddito medio per contribuente nei comuni della diocesi

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

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I pensionati L’analisi sui redditi si riferisce all’intera popolazione comunale, si può però fare un

approfondimento sui soli pensionati5, che risultano complessivamente 442.708 (dati Istat riferiti al 2012), sostanzialmente stabili rispetto al 2011 in cui se ne contavano 441.779.

Sardegna 2008 2009 2010 2011 2012 fino a 1.000 euro 53% 50% 49% 47% 46% da 1.000 a 2.000 euro 34% 35% 35% 35% 36% da 2.000 a 3.000 euro 10% 12% 12% 13% 13% 3.000 euro e più 3% 3% 4% 4% 4% totale 439.094 439.127 439.761 441.779 442.708 di cui Vecchiaia e anzianità 238.964 244.433 249.402 253.715 256.558 in percentuale 54% 56% 57% 57% 58%

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat Nel 2012 quasi la metà dei pensionati (il 46%) percepisce una pensione mensile inferiore ai

mille euro. Un pensionato su tre invece riceve ogni mese un assegno di importo compreso tra i mille e i duemila euro. I più ricchi, con pensioni superiori ai 3 mila euro, sono il 4% del totale dei pensionati sardi.

Se si considerano solo i pensionati con assegno di vecchiaia e anzianità, che sono il 58% del totale dei pensionati, si può notare che le loro mensilità sono più cospicue, infatti solo il 32% di loro riceve meno di mille euro al mese (contro il 46% della media dei pensionati), mentre gli assegni più consistenti spettano al 7% di questi pensionati.

Cagliari 2008 2009 2010 2011 2012 fino a 1.000 euro 49% 46% 46% 45% 44% da 1.000 a 2.000 euro 34% 34% 34% 34% 35% da 2.000 a 3.000 euro 12% 14% 14% 15% 15% 3.000 euro e più 5% 6% 6% 7% 7% totale 134.238 134.583 136.458 136.641 137.324 di cui Vecchiaia e anzianità 75.156 76.785 78.824 79.901 80.787 in percentuale 56% 57% 58% 58% 59%

Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

Nella provincia di Cagliari risiede il 31% dei pensionati (sono 137.324) e anch’essi sono pressoché invariati come numero rispetto al 2011.

Qui i pensionati stanno leggermente meglio che nelle altre province, le pensioni al di sotto dei mille euro competono al 44% dei pensionati e sono più numerosi coloro che ricevono assegni superiori ai due o tremila euro. Sono leggermente di più le pensioni di vecchiaia e di anzianità che risultano più sostanziose che nel resto dell’Isola. Gli assegni inferiori ai mille euro competono al 32% dei pensionati di vecchiaia e anzianità mentre gli assegni superiori ai tremila euro spettano all’11% di essi.

5 Tra i pensionati si considerano oltre agli anziani che godono una pensione di vecchiaia o di anzianità, anche

coloro che, a prescindere dall’età, usufruiscono di pensioni di inabilità, invalidità, pensioni sociali o assistenziali, ecc.

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Mercato del lavoro Ad integrazione dell’analisi proposta a livello regionale si presenta un quadro del mercato

del lavoro relativamente alla sola alla provincia di Cagliari, utilizzata in sostituzione della Diocesi di cui non si dispongono i dati e si considerano le persone con più di 15 anni.

Il tasso di occupazione provinciale è leggermente più elevato della regione, (39,1% contro il 37,7% a livello regionale), è però inferiore di quattro punti rispetto alla media nazionale (43%) Rispetto al 2012 c’è stata una riduzione del tasso di 3 punti percentuali in provincia, esattamente come nell’intera Isola, in Italia invece il calo è stato di un punto percentuale. Il tasso di disoccupazione che invece è aumentato nell’ultimo anno di due punti percentuali (come nella media regionale), non è più allineato al livello medio sardo come succedeva nel 2012, ma lo supera leggermente arrivando al 17,8% (17,5% la media sarda) e risulta di 5 punti più elevato del valore italiano.

Popolazione con più di 15 anni Cagliari Sardegna

2011 2012 2013 2011 2012 2013 Tasso di occupazione 42,1 42,2 39,1 41,1 40,7 37,7 Tasso di disoccupazione 13,2 15,5 17,8 13,5 15,5 17,5

Fonte: Dati Istat Struttura del mercato del lavoro La ripartizione per settori di attività mette in evidenza una distribuzione differente tra

provincia e regione. Nella prima i servizi annullano qualsiasi altra attività rappresentando l’81,8% degli occupati. L’agricoltura è la prima a risentirne, considerato che sono appena 4 mila gli occupati nel settore (l’1,9% in valori percentuali). Anche l’industria in senso stretto e le costruzioni continuano a perdere occupati e attualmente rappresentano rispettivamente l’8,6% e il 7,7% del totale dei lavoratori. Nel 2008, periodo pre-crisi la ripartizione era differente solo in parte: l’agricoltura aveva un peso doppio: 3,6%, punti che poi ha acquisito il settore dei servizi, considerato che nel 2008 la percentuale era del 79,7%. Industria e costruzioni invece sono rimasti pressoché invariati.

La ripartizione provinciale differisce dalla media regionale in cui il peso dei servizi (75,3%), pur essendo più elevato del livello nazionale lascia ancora qualche alternativa di lavoro agli altri settori. Gli occupati in agricoltura sono infatti il 5,8%, nell’industria in senso stretto sono l’11% e nelle costruzioni sono il 7,9%.

Cagliari 2008 2010 2012 2013 % 2008 % 2013

Agricoltura, silvicoltura e pesca 8 5 4 4 3,6% 1,9% Totale industria 37 34 28 31 16,7% 16,3%

Industria escluse costruzioni 19 17 15 17 8,8% 8,6% Costruzioni 17 17 13 15 7,9% 7,7%

Totale servizi 176 166 176 158 79,7% 81,8% Commercio, alberghi e ristoranti 49 46 38 41 22,3% 21,0% Altre attività dei servizi 127 120 139 117 57,4% 60,7%

Totale 221 205 208 193

Sardegna 2008 2010 2012 2013 % 2008 % 2013

Agricoltura, silvicoltura e pesca 37 29 33 32 6,0% 5,8% Totale industria 131 122 102 104 21,5% 18,9%

Industria escluse costruzioni 69 65 54 61 11,3% 11,0% Costruzioni 62 57 48 44 10,2% 7,9%

Totale servizi 443 442 460 416 72,5% 75,3% Commercio, alberghi e ristoranti 134 139 131 120 21,9% 21,7% Altre attività dei servizi 309 304 329 296 50,5% 53,6%

Totale 611 593 595 552 Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat

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Conclusioni In questo rapporto si confermano alcune delle evidenze emerse nei precedenti rapporti e si

sottolinea il netto peggioramento delle condizioni economiche dell’isola. Mentre in precedenza pensavamo di scorgere alcuni deboli segnali di miglioramento e di uscita dalla crisi, l’analisi delle evidenze riportate mostra una ripresa della discesa verso il basso del Pil regionale, peggiore di quella osservata a livello nazionale (la Sardegna dal 2011 al 2012 perde il 3,4% contro il calo Italia del 2,5%). In particolare le principali evidenze riscontrate possono essere così riassunte:

a) persiste il travaso di Valore Aggiunto e occupazione tra industria e servizi che corrisponde per certi versi ad una terziarizzazione spinta del nostro sistema economico ma anche al porto di approdo di quote di lavoratori che l’industria, date le condizioni di produttività imposte dalla competizione globale, non può più sostenere;

b) il ritardo nell’osservare gli effetti della crisi di circa due anni, sia nei conti territoriali che nel mercato del lavoro, prefigura per l’economia regionale un futuro senza speranze. E’ necessario sganciarsi da questa spirale recessiva e per farlo bisogna porre in essere serie misure di politica economica;

c) la caratterizzazione della disoccupazione per genere permane ma in quest’ultimo anno una buona parte di quelle donne che si erano affacciate al mercato del lavoro nel periodo pre-crisi, passa dalla ricerca attiva di lavoro allo stato di inattività determinando un innalzamento del tasso di disoccupazione femminile allargato maggiore del corrispondente tasso globale. La dinamica della disoccupazione maschile è invece ancora strettamente collegata alla definitiva maturazione della situazione di crisi del settore industriale e alla drammatica stagnazione che affligge il settore delle costruzioni.

d) a livello settoriale alcuni deboli segnali di tenuta dell’occupazione vengono dal settore dell’Agricoltura, da quello delle Costruzioni e dal Commercio. Risulta invece ormai costantemente in calo il settore degli Altri servizi ed è ormai ripresa e si è anzi approfondita la crisi del settore industriale, che nell’ultimo anno ha perso 12 mila occupati.

La posizione relativa della Diocesi di Cagliari rispetto alle medie regionali si caratterizza nel

2013 per: a) una popolazione che aumenta più della media regionale; b) una prevalenza di imprese nel settore del commercio; c) redditi e pensioni mediamente più elevati rispetto al resto della regione; e) una fortissima concentrazione degli occupati nel settore dei servizi.