ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE

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ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE L’influenza del luogo di produzione sulle caratteristiche di un vino è conosciuta dai tempi antichi. Essa è presa in esame attualmente a scopo commerciale e mediante la regolamentazione internazionale. In un’analisi più globale, la nozione di terroir appare come il risultato di un sistema di interazioni complesse dove ogni fattore (fattori fisici, biologici, o umani) influenza gli altri e riceve influenze dagli altri. Non è più dunque una questione di relazione di causalità semplice fra i diversi fattori considerati nella nozione di terroir, ma piuttosto di relazione di tipi di azione, retroazione e interazione fra questi fattori. Di certo le caratteristiche di un suolo, per esempio, determinano il funzionamento della vite, ma l’uomo, con la sua capacità, può intervenire ugualmente su queste caratteristiche al fine di modificare il funzionamento della vite ( miglioramento della porosità, della struttura del suolo…). Un prodotto di un terroir è dunque il risultato di un sistema nel quale i fattori naturali, biologici e umani sono in interazione (Asselin et al., 2003). La vite cresce dove il clima, il suolo e le condizioni di umidità sono favorevoli. Per esempio, varietà di vite europee crescono bene nella Napa Valley in California. Le condizioni climatiche determinano i limiti della distribuzione della specie ed il clima mondiale è regolato dai seguenti elementi: La direzione dei venti in relazione ai corpi d’acqua; L’angolo di incidenza dei raggi solari; La lunghezza del giorno; La quantità di CO 2 nell’atmosfera. Le molecole di vapore acqueo e di CO 2 trattengono le lunghezze d’onda termiche che irraggiano dalla superficie terrestre scaldata dal sole. La vite, tipica specie arborea adatta a climi temperati e temperato-caldi, è confinata in una latitudine mediana compresa fra circa 30° e circa 50°. La possibilità di coltivazione può estendersi a latitudini più basse se viene effettuata in altura ed a latitudini più alte nelle regioni dove ampi corpi d’acqua hanno una moderata influenza sulle temperature, come nell’Ovest dell’Europa (Germania, Svizzera), oppure dove l’oceano Atlantico ha un effetto riscaldante. Lecologia della vite L’ecologia studia le condizioni dell’esistenza degli esseri viventi e le relazioni che si instaurano fra esseri viventi e ambiente. Per produrre uva da vino o da tavola con determinate caratteristiche occorre individuare un agroecosistema nel quale interagiscono i fattori climatici, pedologici e biologici. Da questo deriva il concetto di terroir che viene definito da “un insieme delimitato di terre la cui natura, configurazione geografica e clima permettono agli uomini che la sfruttano di ottenere prodotti specifici”. Ad ogni terroir viene associato un vitigno o un gruppo di vitigni. I fattori ecologici possono essere classificati in: 1. fattori climatici ed atmosferici: luce, temperatura dell’aria, umidità atmosferica, precipitazioni, vento; 2. fattori edafici (che hanno sede nel suolo): temperatura, acqua ed aria nel suolo, caratteri fisici e chimici del suolo;

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ESIGENZE CLIMATICHE E PEDOLOGICHE L’influenza del luogo di produzione sulle caratteristiche di un vino è conosciuta dai tempi antichi. Essa è presa in esame attualmente a scopo commerciale e mediante la regolamentazione internazionale. In un’analisi più globale, la nozione di terroir appare come il risultato di un sistema di interazioni complesse dove ogni fattore (fattori fisici, biologici, o umani) influenza gli altri e riceve influenze dagli altri. Non è più dunque una questione di relazione di causalità semplice fra i diversi fattori considerati nella nozione di terroir, ma piuttosto di relazione di tipi di azione, retroazione e interazione fra questi fattori. Di certo le caratteristiche di un suolo, per esempio, determinano il funzionamento della vite, ma l’uomo, con la sua capacità, può intervenire ugualmente su queste caratteristiche al fine di modificare il funzionamento della vite ( miglioramento della porosità, della struttura del suolo…). Un prodotto di un terroir è dunque il risultato di un sistema nel quale i fattori naturali, biologici e umani sono in interazione (Asselin et al., 2003). La vite cresce dove il clima, il suolo e le condizioni di umidità sono favorevoli. Per esempio, varietà di vite europee crescono bene nella Napa Valley in California. Le condizioni climatiche determinano i limiti della distribuzione della specie ed il clima mondiale è regolato dai seguenti elementi:

• La direzione dei venti in relazione ai corpi d’acqua; • L’angolo di incidenza dei raggi solari; • La lunghezza del giorno; • La quantità di CO2 nell’atmosfera.

Le molecole di vapore acqueo e di CO2 trattengono le lunghezze d’onda termiche che irraggiano dalla superficie terrestre scaldata dal sole. La vite, tipica specie arborea adatta a climi temperati e temperato-caldi, è confinata in una latitudine mediana compresa fra circa 30° e circa 50°. La possibilità di coltivazione può estendersi a latitudini più basse se viene effettuata in altura ed a latitudini più alte nelle regioni dove ampi corpi d’acqua hanno una moderata influenza sulle temperature, come nell’Ovest dell’Europa (Germania, Svizzera), oppure dove l’oceano Atlantico ha un effetto riscaldante. L�ecologia della vite L’ecologia studia le condizioni dell’esistenza degli esseri viventi e le relazioni che si instaurano fra esseri viventi e ambiente. Per produrre uva da vino o da tavola con determinate caratteristiche occorre individuare un agroecosistema nel quale interagiscono i fattori climatici, pedologici e biologici. Da questo deriva il concetto di terroir che viene definito da “un insieme delimitato di terre la cui natura, configurazione geografica e clima permettono agli uomini che la sfruttano di ottenere prodotti specifici”. Ad ogni terroir viene associato un vitigno o un gruppo di vitigni. I fattori ecologici possono essere classificati in:

1. fattori climatici ed atmosferici: luce, temperatura dell’aria, umidità atmosferica, precipitazioni, vento;

2. fattori edafici (che hanno sede nel suolo): temperatura, acqua ed aria nel suolo, caratteri fisici e chimici del suolo;

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3. fattori topografici: legati all’orografia ed al paesaggio, la cui azione si esercita soprattutto nel modificare i caratteri climatici ed edafici;

4. fattori biotici: riuniscono le interazioni fra la vite e l’intervento dell’uomo.

Valutazione dei terroir e scelta delle zone Premessa L’influenza del luogo di produzione sulle caratteristiche di un vino è conosciuta dai tempi antichi. Essa è presa in esame attualmente a scopo commerciale e mediante la regolamentazione internazionale. In un’analisi più globale, la nozione di terroir appare come il risultato di un sistema di interazioni complesse dove ogni fattore (fattori fisici, biologici, o umani) influenza gli altri e riceve influenze dagli altri. Non è più dunque una questione di relazione di causalità semplice fra i diversi fattori considerati nella nozione di terroir, ma piuttosto di relazione di tipi di azione, retroazione e interazione fra questi fattori. Di certo le caratteristiche di un suolo, per esempio, determinano il funzionamento della vite, ma l’uomo, con la sua capacità, può intervenire ugualmente su queste caratteristiche al fine di modificare il funzionamento della vite ( miglioramento della porosità, della struttura del suolo…). Un prodotto di un terroir è dunque il risultato di un sistema nel quale i fattori naturali, biologici e umani sono in interazione (Asselin et al., 2003).

FIGURA � Primo approccio alla nozione di terroir: interazione fra i fattori naturali, biologici e umani. In una seconda analisi è possibile approcciare la nozione di terroir come una catena di influenze che vanno dai fattori dell’ambiente, detti naturali, a quelli degli interventi umani. Una rappresentazione concettuale di questa nozione può essere rappresentata da un sistema piramidale, con il vino o più genericamente il prodotto del terroir è piazzato alla sommità della piramide come il risultato di questa catena di fattori.

Fattori Biologici

Prodotto del

terroir

Fattori naturali

Fattori umani

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VINO

VENDEMMIA VARIABILI DI FUNZIONA-

MENTO (precocità, nutrizione idrica)

PARAMETRI DI FUNZIONAMENTO

(pedoclima, mesoclima…)

VARIABILI DELLO STATO COMPOSITIVO DEL SUOLO (permeabilità, porosità)

VARIABILI SEMPLICI

(altitudine, mineralogia, granulometria, elem. minerali) FIGURA � Secondo approccio alla nozione di terroir: la catena delle influenze La base di questo sistema corrisponde alle caratteristiche dell’ambiente. Questo può essere considerato in modo descrittivo (costituzione dell’ambiente) e dinamico (comportamento dell’ambiente). L’analisi descrittiva dell’ambiente si fa a partire da variabili di stato iniziali o da dati elementari di conoscenza di base (altitudine, granulometria, contenuto di sostanza organica, composizione chimica) e da variabili di stato compositivo o da dati derivanti dall’aggregazione dei precedenti (permeabilità, porosità). La porosità di un suolo, per es., dipende dalla sua granulometria, dal suo contenuto di sostanza organica e dal suo livello di calcio. Le informazioni ricavate da queste variabili di stato consentono di spiegare il comportamento dell’ambiente. L’analisi dinamica dell’ambiente è affrontato con i parametri di funzionamento che sono dei fattori dell’ambiente influenzanti direttamente il funzionamento della pianta (pedoclima, mesoclima). Per esempio, il pedoclima o clima del suolo nella sua componente riscaldamento del suolo interverrà sulla precocità della vite. Si possono anche legare le caratteristiche dell’ambiente a quelle della vite. Le variabili di funzionamento si definiscono come le risposte fisiologiche e di comportamento della pianta ai parametri di funzionamento. Allo stesso modo, le caratteristiche della vendemmia, e di conseguenza quelle dei vini, possono essere collegate al modo di funzionamento della vite. Le caratteristiche dell’ambiente prima descritte determinano le caratteristiche del prodotto. I fattori naturali (geologia, suoli, clima) sono infatti il fondamento di quello che costituisce l’originalità e il carattere inimitabile dei prodotti perché non possono

Caratteristiche del

prodotto

Caratteristiche del

vegetale

Caratteristiche dell’ambiente

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essere riprodotti in nessun altro luogo (nozione di tipicità). Occorre tuttavia prestare attenzione a questo approccio semplificato della nozione di “territorio”. Se in effetti i fattori dell’ambiente influenzano i parametri di funzionamento della vite che a loro volta influenzano le caratteristiche della vendemmia e dunque dei vini, sarà illusorio legare una variabile di stato semplice come la granulometria del suolo ad un tipo di vino. E se questa correlazione si può realizzare per casualità, essa non avrà alcun valore esplicativo e non potrà essere generalizzata. NOZIONE DI POTENZIALE Un ambiente fisico ha delle capacità a produrre dei vini che lo differenziano da un ambiente vicino (suolo x clima): queste nelle attitudini colturali sono rilevate attraverso il comportamento della vite e caratterizzano il �potenziale viticolo�. L’operazione di delimitazione individua i terreni dotati di un potenziale viticolo sufficiente in rapporto alla DOC considerata.

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FIGURA � Tre livelli di fattori esplicativi del legame del terroir al vino LA VITE IN UN AMBIENTE FISICO

! Radicazione e funzionamento radicale

! Vigoria e funzionamento vegetativo

! Regolarità della nutrizione idrica

! Precocità

! Funzionamento del grappolo

! Biosintesi

! Produttività ESTERIORIZZAZIONE NELLA VENDEMMIA

! Differenze nelle cinetiche di maturazione

! Caratterizzazione delle bacche: polpa, buccia

! Composizione dei mosti

! Data probabile di vendemmia ESTERIORIZZAZIONE NELLA VINIFICAZIONE

! Modalità di conferimento dell’uva alla cantina

! Condizioni fisiche e chimiche di fermentazione

! Temperatura, aerazione, durata

! Condizioni microbiologiche

! Condizioni postfermentative e di conservazione

ESTERIORIZZAZIONE NEL VINO ! Caratteristiche analitiche ed equilibrio

! Caratteristiche sensoriali, complessità

! Tipicità e contesto culturale

! Evoluzione nel corso dell’invecchiamento

POTENZIALE VITICOLO

POTENZIALE VENDEMMIA

POTENZIALE ENOLOGICO

POTENZIALE VINO

APPREZZAMENTO DEL

CONSUMATORE

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L’insieme ambiente fisico x vite rappresenta, per un dato sito (terroir di base), una capacità tutta particolare caratterizzata soprattutto dal funzionamento della vite (formazione dei grappoli, percorso fisiologico della maturazione), risultandone un �potenziale vendemmia�: due unità fisiche di base producono vendemmie (uva – mosto) di natura e composizione diverse perché la vite funziona in modo diverso (vendemmia caratterizzata dal suo stato sanitario e dalla composizione dell’uva e del mosto). E’ chiaro che questo potenziale non può essere espresso che sotto determinate condizioni: occorre che le tecniche siano applicate con questo scopo: si devono scoprire le potenzialità di un terroir. Questo può essere il senso e la giustificazione delle condizioni di produzione. Successivamente, una vendemmia data si caratterizza per un �potenziale enologico�: il vino che è possibile ottenere se le tecniche di vinificazione sono ben orientate a questo scopo (scoprire le potenzialità). Infine, la soddisfazione e il piacere dati da un vino possono essere alterati dal modo di servirlo. Occorre identificare il �potenziale vino� al fine di meglio stringere i legami con quelli che apprezzano il nostro vino. Nella gestione pratica di una DOC, conviene dunque centrare bene l’insieme delle “condizioni di produzione”: conviene meglio precisare nel caso di ogni denominazione e di ogni terroir come si possono esprimere al più alto livello il potenziale vendemmia (condizioni di produzione e tecniche viticole) e il potenziale enologico (condizioni di produzione e tecniche di vinificazione e di maturazione del vino). Da queste impostazioni deve risultare una tipicità molto meglio affermata nei vini DOC prodotti. TERROIR � SITO E SUOLO � UN�INTRODUZIONE La selezione di siti appropriati per coltivare la vite può essere molto complesso e una sfida per tutte le decisioni che deve prendere il viticoltore. Molte delle pratiche viticole più importanti come l’impostazione progettuale del vigneto, la produzione futura e la qualità potenziale del vino saranno influenzate direttamente dal tipo di sito prescelto. Per avere i migliori risultati, deve essere impiegato un approccio sistematico nella scelta del sito che fornisca analisi dettagliate di tutti i fattori del territorio specifico. I fattori climatici sono normalmente considerati per primi. La sommatoria delle temperature, della pioggia e la loro distribuzione nel corso della stagione di crescita della vite forniscono una guida dei possibili fattori limitanti nei riguardi della possibilità di coltivazione di uno specifico vitigno e di un determinato tipo di vino.

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LA CONOSCENZA DEL CLIMA E DELLE SUE RELAZIONI CON L�ECOFISIOLOGIA DELLA VITE Il clima è certamente l’elemento viticolo che conviene considerare al primo posto per spiegare la diversità dei risultati in materia di produzione e di protezione dei vigneti, di qualità e di tipicità dei suoi prodotti. Alcuni risultati recenti relativi alla metodologia di misura del clima, la stessa climatologia e l’ecofisiologia della vite, giustificano la necessità di procedere per gradi nella conoscenza delle influenze esercitate dal clima sulla vite. Uno studio climatico dettagliato di una regione, come per ciascun sito, sarà importante nella scelta della localizzazione dei terroirs futuri, nella misura in cui avrà un impatto maggiore sull’adattamento dei vitigni e sull’impiego di migliori metodi colturali ed enologici. 1 Macroclima – Il macroclima è definito come il clima di una zona geografica estesa: continente,

oceano, ensemble del globo ; si tratta del «clima globale». Un macroclima viticolo può essere definito un livello regionale e globale di organizzazione del clima. La risoluzione di un clima regionale è dell’ordine dei 1-100 km ; quella di un clima globale è dell’ordine dei 100-10.000 km. Si tratta dunque della somma degli elementi climatici che hanno influenza su una regione. Per esempio, mediante la somma delle temperatura, si possono raggruppare le regioni viticole in zone calde, temperate e fresche. Secondo il sistema impiegato, si possono calcolare delle sottozone. Molte di queste sono basate sulla somma totale delle temperature giornaliere o su quelle attive, cioè quelle superiori ai 10° C, registrate durante il periodo vegetativo. Fra i numerosi indici utilizzati per

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distinguere le regioni in base alle loro caratteristiche climatiche, un esempio interessante è la classificazione fatta dall’U.C. Davis, che prevede 5 gruppi climatici , e quello del sistema australiano, che usa le temperature del mese più caldo o di quello precedente. L’ L.T.I. (Latitude température indice) impiegato in Nuova-Zelanda è uno degli indici più recenti sviluppati per la classificazione regionale in base alle temperature. Senza occuparsi del sistema impiegato, l’obbiettivo è quello di selezionare i migliori vitigni per ogni regione in relazione al suo clima. E’ superfluo dire come il macroclima di una regione possa essere influenzato da altri elementi significativi come la vicinanza dell’Oceano (Bordeaux), la presenza di montagne (Tokay), l'altitude (Alto-Adige), la latitude (Marlborough), la predominanza d'un vento (Vallée du Rhône), la copertura del cielo (Hunter Valley) o ancora la velocità del vento (Carneros).

1.1. Geoclima - A scala più piccola conviene in molti casi utilizzare la tipologia climatica mondiale di Péguy

(1970). Noi chiameremo geoclima questo macroclima identificato a livello mondiale. In viticoltura i geoclimi sono: • Temperato: - Oceanico (es.: Bordeaux, Pau, Cognac, Agen, Napier /Nuova

Zelanda; al limite Nantes, Toulouse) - Oceanico caldo (es.: Venezia)

- Temperato di transizione o semicontinentale (es.: Dijon, Reims, Colmar, Europa continentale; al limite Angers, Macon)

- Continentale (es.: Cina del Nord, Corea) - Continentale freddo (es.: Quebec)

• Mediterraneo: - (es.: Montpellier, Montelimar, Toulon, Perpignan, Firenze, Palermo, Logroño, Lisbona, Santiago del Cile, Napa, Adelaide)

• Subtropicale: - Subtropicale (es.: Montevideo, Cina meridionale) - Subtropicale continentale (es.: Cina centrale)

• Tropicale (>1 raccolto/anno): - Tropicale e ipertropicale (es.: Taiwan))

- Tropicale attenuato (es.: Pune/India, altopiani della Colombia, zone montagnose del Venezuela, della Tailandia, dello Yunnan/Cina, del centro e del sud del Brasile)

- Tropicale semiarido o arido (es.: Pétrolina/nord-est del Brasile, Ludhiana/India)

• Semiarido: - (es.: Mildura/Australia) • Arido: - (es.: Mendoza/Argentina)

• Iperarido: - (es.: Ica/Perù)

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Questa suddivisione si è rivelata globalmente coerente con le zone climatiche viticole mondialidefinite per mezzo degli indici climatici viticoli; tuttavia appare imprecisa nei riguardi dei climi mediterranei e tropicali che richiederebbero ulteriori suddivisioni.

1.2. Macroclima viticolo - Prendendo in esame il geoclima o le grandi zone macroclimatiche, possono essere fatte delle

suddivisioni per meglio descrivere le realtà viticole. Conviene considerare gli indici di siccità (IS), eliotermico (IH), di freschezza della notte (IF). Viene suggerito di utilizzare le classi di questi tre indici per identificare leconbinazioni originali e relativamente omogenee costruite sulla base di una sola classe per ciascuno dei tre indici. Viene utilizzato il termine di macroclima viticolo. Per esempio: macroclima viticolo a “siccità moderata, temperato-caldo, a notti fresche”. Alcune regioni viticole possono essere associate a questa categoria, come il nord della valle del Rodano o i paesi alti del Languedoc, o Montalcino. A titolo di esempio possiamo definire come macroclimi viticoli originali le regioni seguenti della quali le caratteristiche viticole sono ben conosciute: le colline della Champagne, la pianure e le colline dell’Alsazia, la Borgogna, la Charentes,il Bordolese, il Chianti Classico, Montalcino, Montepulciano, ecc.

1.3. Potenzialità viticole - Il clima può essere considerato sia da solo sia per le conseguenze che determina sulle colture.

Già la scelta degli indici IS, IH, IF presentati in precedenza, hanno già della relazioni con la viticoltura e l’enologia. Alcuni indici hanno delle applicazioni particolari:

.1. l’indice eliotermico di Branas per materializzare il limite nord della coltura della vite nell’Europa dell’Ovest;

.2. l’indice termico di Winkler e l’indice eliotermico di Huglin per caratterizzare la precocità di un sito; l’indice di Huglin è più preciso nei riguardi della precocità di maturazione “zuccherina”;

.3. l’indice pluviometrico di Branas per stimare i rischi di malattie come la peronospora e la botrite;

.4. l’indice del bilancio potenziale di Riou per mettere la pioggia in rapporto con l’Evapotraspirazione Potenziale, distinguendo la traspirazione potenziale della coltura in funzione della sua geometria, dall’evaporazione del suolo.

2. Mesoclima e microclima – Entrambi concernono le condizioni climatiche di zone specifiche e anche di fattori che interessano individualmente le viti. Per esempio, i vigneti situati alla sommità delle colline hanno una differente pluviometria e irraggiamento solare se comparati con i vigneti della pianura. Anche altri elementi dovuti all’uomo come per esempio le bordure con alberi, i sistemi d’allevamento e l’orientamento dei filari, giocano un ruolo decisivo sul mesoclima e microclima dei vigneti. Il calore e la ritenzione idrica, cioè i fattori temperatura e drenaggio saranno divergenti nella collina

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e nella pianura o fra i suoli pietrosi e argillosi con l’inerbimento permanente fra i filari. L’orientamento dei filari, che favorisce un’uniforme distribuzione della luce e del calore su entrambe le cortine di fogliame, come anche le esposizioni in favore del sole - Sud Sud-Ovest nell’emisfero Nord e all’opposto nell’emisfero Sud – partecipano significativamente alla somma totale del calore catturato dal sito e questo fatto garantisce una migliore maturazione delle uve se si compara a quella dei siti che ne sono privi. Nelle regioni a clima caldo, dove la maturazione eccessiva delle uve può rappresentare un problema, la situazione opposta a quella appena descritta può essere vantaggiosa per la qualità potenziale del vino. Ancora una volta, l’adattamento alle condizioni di una regione di un luogo specifico, può consentire al viticoltore di raggiungere obbiettivi specifici. Mesoclima La scala più grande permette di affrontare il clima locale. Questo risulta dalle variazioni apportate al clima regionale o macroclima viticolo, da dei gradienti (altitudine, vicinanza ad un mare freddo o caldo, ecc.) o specificatamente dai rilievi (pendenza, esposizione, ecc.). In questo ultimo caso il mesoclima si chiama topoclima. Il mesoclima deve poter essere caratterizzato in pratica da una sola stazione meteorologica con una risoluzione dell’ordine dei 10 km o di qualche decina di km. Nei casi in cui la topografia è articolata, questa distanza può essere abbassata anche a meno di 1 km. Una riflessione particolare s’impone nei riguardi del macroclima viticolo. In effetti se prendiamo in esame la topografia “pianura-collina” per esempio, essa è già proposta a livello di macroclima viticolo. In una regione settentrionale o sotto clima semicontinentale, l’opposizione “pianura-collina” è già forte, essendo la pianura spesso inadatta allo sviluppo della viticoltura di qualità e in grado di dare origine a prodotti molto diversi da quelli della collina. Ugualmente sotto clima mediterraneo, un gradiente d’altitudine che può essere forte a causa per esempio della presenza di un rilievo, provoca differenze più a livello macro che mesoclimatico; per esempio le aree collinari prossime a Montalcino e si distinguono nettamente da quelle della vicina Maremma con differenze di tipo macroclimatico, più che mesoclimatico. Microclima La scala in questo caso è molto grande, le distanze vanno da 1 m o meno a 10 m o a qualche decina di metri. Il clima si considera a livello della coltura. Alcuni Autori utilizzano quando studiano l’ambiente reale della coltura i termini fitoclima o bioclima. Altri Autori che studiano il suolo utilizzano il termine pedoclima per considerare le caratteristiche climatiche del suolo come il suo stato idrico o la sua temperatura. Al fine di raggruppare in una medesima parola tutti quegli aspetti climatici che concernono la realtà percepita dalla pianta, e stante il fatto che il fitoclima è relativo alla parte aerea della pianta e il pedoclima alla parte sotterranea della pianta, noi utilizzeremo “microclima della pianta” e più semplicemente microclima per identificare l’insieme delle informazioni al livello di scala indicato. La variabilità microclimatica della vite è stata descritta da numerosi Autori. L’ampiezza delle variazioni delle variabili climatiche è comparabile a quella osservata a livello del mesoclima e del macroclima viticoli. Il prefisso “micro” non significa dunque piccole variazioni, ma piccole distanze di osservazione.

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Le relazioni fra il microclima e la qualità delle uve e dei vini, sono state trattate da pochi Autori, contrariamente agli approcci mesoclimatici e relativi ai “terroir”. La conclusione più importante è che la tipicità dei vini è largamente influenzata dall’architettura o dal sistema d’allevamento (geometria dell’impianto, potatura di formazione e di rinnovo, palizzamento e portamento della vegetazione, interventi al verde); l�impatto della forma d�allevamento è comparabile con quella del terroir e più in generale la relazione SFE – produttività - vigoria permette di stimare degli elementi importanti della tipicità e della qualità dei vini (Carbonneau, 2003). Fra i criteri maggiori che concernono la forma d’allevamento si possono ricordare:

1. il microclima della vegetazione (SFE; misure specifica dell’illuminazione, della temperatura e dello stato idrico delle foglie);

2. il microclima dei grappoli (illuminazione nel visibile, infrarosso, lunghezze d’onda specifiche, temperatura);

3. il volume di legno vecchio con la stima delle riserve utili.

ELEMENTI DEL TERROIR

Precocità dei vitigni e loro reattività alle temparature.

Orientamento dei filari. Altezza della cortina. Problema della temperatura notturna

Captazione dell’irraggiamento da parte della forma d’allevamento.

Temperatura (cumulo termico)

Portamento dei vitigni e interazione con la forma d’allevamento

Azioni sull’indice fogliare.Controllo dell’indice fogliare e del microclima luminoso delle foglie e dei grappoli.

Luce

Vitigni e portinnesti: fabbisogni in elementi minerali.

Gestione del suolo. Concimazione. Fertirrigazione.

Effetti degli interventi in verde sulla distribuzione dell’N.

Minerali

Scelta del portinnesto. Vitigno: efficienza per l’acqua.

Gestione del suolo.Irrigazione.

Controllo della traspirazione da parte della forma d’allevamento

Acqua (bilancio idrico)

Gestione del suolo.Drenaggio.

O2 nel suolo

Efficienza fotosintetica dei vitigni sotto stress

Controllo dell’indice fogliareOttimizzazione della fotosintesi (microclima delle foglie, indici fogliari)

CO2

GenotipoInterventi sull’ambienteForma d’allevamentoAMBIENTE ABIOTICO

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DIMENSIONI TEMPORALI Il clima deve essere rapportato con la dimensione del tempo e questo con scale variate.

! Variabilità intra-annuale La climatologia viticola si cala in generale sugli stadi fenologici e i periodi importanti dello sviluppo o del ciclo vegetativo. Gli indici bioclimatici più importanti si calcolano su un ciclo vegetativo medio di 6 mesi (1° aprile – 30 settembre nell’emisfero nord; 1° ottobre – 31 marzo in quello sud); essi possono anche essere calcolati sul ciclo vegetativo reale, dal germogliamento alla maturazione tecnologica dell’uva.

! Variabilità inter-annuale Il fenomeno “millesimo” è un elemento rilevante in viticoltura ed enologia. Il clima e soprattutto il bilancio idrico potenziale, è dominante. Si notano a questo proposito tre categorie di terroir:

1. terroir stabili negli anni ad un alto livello qualitativo;

2. terroir stabili negli anni ad un livello qualitativo medio o basso;

3. terroir instabili negli anni oscillanti fra livelli qualitativi alti e medi.

! Variabilità ciclica e tendenza Esistono dei cicli climatici di più lunga durata che possono interessare molti secoli: per esempio, la piccola era glaciale del Medioevo è stata responsabile di carestie. E’ innegabile che la tendenza attuale è verso il riscaldamento del pianeta per ragioni cicliche e per fattori umani. La sua progressione può essere prevista sotto due aspetti:

1. se le influenze multiple delle attività umane si avverano dominanti in questo caso il riscaldamento del pianeta aumenterà regolarmente, in modo lineare, inducendo delle conseguenze profonde e eterogenee, con zone più calde o più fredde, a seconda che siano state calde o fredde, più secche o più umide, a seconda che siano state più secche o più umide.

2. se il riscaldamento è dovuto ad un ciclo naturale del sole, dopo il periodo caldo si osserverà un ritorno alle condizioni temperate anche se le attività umane potranno allungare il ciclo: In questo caso, la durata del riscaldamento appare ancora incerta, e le cause del riscaldamento ancora i discussione (per approfondimenti si veda National Geographic, sept. 2004).

Variazione della temperatura diurna – Un fattore climatico è conosciuto per la sua influenza nei riguardi dello sviluppo fisiologico del frutto e della sua qualità aromatica. La qualità potenziale della potenza aromatica di un vino, nel caso di vitigni come Riesling, Sauvignon blanc o Pinot noir e Sangiovese aumenta molto grazie alla maggiore concentrazione di componenti che caratterizzano l’aroma e il sapore, come la possibilità di conservare un più alto livello di acidità totale durante lo sviluppo. Durante l’ultima parte della crescita, una marcata variazione diurna delle temperature come una più grande maturità del legno, dovuta alla cimatura dei germogli, aumenta ed accelera la traslocazione degli zuccheri verso il

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grappolo in sviluppo e verso gli organi perenni della pianta, favorendo anche un maggiore accumulo di diversi componenti fenolici necessari all’evoluzione del sapore e del colore all’interno della bacca. La variazione diurna e la riduzione della durata del giorno sono importanti fattori climatici che favoriscono la dormienza della vite. Caldo eccessivo – Generalmente non si hanno grossi problemi per la vite se le temperature massime non eccedono i 35-40 °C o se i grappoli non sono completamente esposti alla luce. In questi casi la perdita di acqua è limitata dall’abbattimento degli scambi gassosi con temporanea cessazione della fotosintesi, della traslocazione degli zuccheri e dell’assorbimento dell’acqua da parte delle radici. In molte condizioni la vite ripristina tutte le sue funzioni in breve tempo quando le temperature ritornano al di sotto di 30° C. Periodi di chiusura degli stomi si hanno anche con temperature più basse, in presenza di vento caldo-secco. Periodi di prolungata siccità durante la stagione di crescita, causano un prolungamento della maturazione, insufficienti accumuli di zuccheri nel grappolo e negli organi di riserva utili per la stagione successiva. Le bacche esposte al caldo eccessivo, soprattutto quando completamenti esposti alla luce, manifestano rapidamente segni di ustioni. I danni determinati dalle ustioni causano assottigliamento della buccia, riduzione dei contenuti di polifenoli (aromi e colore) e minore resistenza alle malattie fungine, come Botrite. Una sommatoria termina sufficiente è richiesta per lo sviluppo dei germogli e per la maturazione dell’uva. L’ottimo della fotosintesi è raggiunto a 25-28°C di temperatura. La sommatoria termica totale della stagione è in diretta relazione all’accumulo di zuccheri (potenziale alcool alla vendemmia) mentre la sommatoria termica dopo l’invaiatura ha una diretta influenza sulla composizione acidica come sul contenuto in fenoli della bacca. Basse temperature e freddo – La temperatura del suolo, come anche la variazione delle temperature diurne e la diminuzione dell’intensità luminosa e la durata del giorno sono tutti fattori importanti per il frutto, per la lignificazione e l’agostamento del legno. Siccome la temperatura di crescita delle radici è più bassa (appross. de 5-8 °C) di quella necessaria per la crescita dei germogli (appross. 10 °C e più) e la competizione per gli zuccheri diminuisce, e dunque si arresta la crescita vegetativa e i frutti non sono più presenti, interviene il flusso per la crescita delle radici. La piena dormienza della vite necessita di un periodo di freddo durante i mesi invernali. Le temperature vicino o sopra 0°C sono sufficienti per la dormienza, tuttavia, un freddo severo di -10°C o inferiore può danneggiare le radici e gli altri organi permanenti della vite. Qualche zona dell’Europa continentale del Nord e a maggiore latitudine nell’America del Nord, hanno dei problemi dovuti ai freddi intensi durante l’inverno. L’aumento dei danni alle viti dipenderà dalla lunghezza del periodo di freddo rigido, dal tipo di accrescimento del vitigno e dalla copertura della neve. Nelle regioni a clima freddo, anche i danni causati dal freddo primaverile e autunnale possono rappresentare un grave problema. Le temperature di -3°C o inferiori danneggiano i germogli, le gemme e i fiori. La prima fase del germogliamento può essere interrotto da queste temperature, come la seconda e la terza che seguono saranno fortemente ridotte. Qualche danno da freddo si osservano sui fiori già a -1 e -2 °C : una temperatura che non può distruggere le gemme. Sito/selezione varietale, metodi di coltivazione, altezza della zona fruttifera e metodi di controllo del freddo hanno una influenza sulla frequenza e il

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livello di danno da freddo in primavera. L’applicazione di solfato di rame, l’impiego di riscaldatori, l’uso diretto dell’acqua e di altri sistemi sono i metodi impiegati dai viticoltori per limitare i danni da freddo. Recentemente, è stato introdotto un metodo di riscaldamento dei frutti e della pianta intera per la protezione contro il freddo. Un rigido freddo autunnale anticipato può essere dannoso a sua volta. Determina la caduta anticipata delle foglie che fa diminuire lo stoccaggio di zuccheri necessari per la crescita dell’anno seguente. E’ interessante rimarcare come i freddi tardivi autunnali (-6°C o più) siano utilizzati dai viticoltori per produrre dei vini speciali con uve congelate, come gli icewine in Germania e Canada, dove gli alti prezzi di vendita compensano le perdite della raccolta. Le aree ad elevato rischio di freddo durante l’inverno, la primavera e l’autunno, hanno un elevato impatto sulla validità economica di una coltura viticola e i costi delle protezioni contro il freddo devono essere assolutamente considerati prima degli impianti.

Grandine L’incidenza della grandine durante la metà estate può causare forti perdite produttive e danni che sono difficilmente prevedibili. In dipendenza della severità dei temporali grandinigeni, tutti i frutti esposti avranno dei danni che possono evidenziarsi o no con la caduca delle bacche o di porzioni di grappoli. E’ necessario da parte dei viticoltori accelerare il più possibile il processo di reidratazione dei frutti danneggiati e migliorare la cicatrizzazione dei tessuti lezionati. Trattamenti con 3-4000 ppm di SO2 vai potassio metabisolfito (zona dei grappoli) è un metodo per prevenire infezioni fungine e accelerare il processo di caduta delle bacche danneggiate dai grappoli colpiti. L’applicazione del prodotto alla sera o alla notte (20° o meno) evita la possibilità di ustionare le foglie e la buccia delle bacche. Occorre considerare che la presenza di bacche danneggiate dalla grandine ha effetti negativi sulla qualità del vino. Vento Venti forti, specialmente in primavera prima che la cortina sia completamente formata, può causare perdita o rotture dei germogli. Nelle zone dove l’evento è frequente, devono essere messe in atto i seguenti accorgimenti:

1. orientamento dei filari nel vento dominante;

2. palizzamento precoce dei germogli;

3. ritardare il diradamento dei germogli (scacchiatura);

4. la potatura a speroni tende a salvare di più della potatura a lungo capo a frutto i germogli che

crescendo più in verticale, si ancorano di più alla struttura del vignet;

5. l’uso di una cortina compatta limita i danni da vento. La presenza di movimenti d’aria moderati è invece benefico per ridurre l’umidità dell’aria e quindi per limitare le infezioni fungine. In alcune aree la frequenza dei venti ha effetti negativi sulla fotosintesi per la chiusura degli stomi (risposta della vite alla siccità) come a Carneros in California o a Marlborough in Nuova Zelanda. D’altra parte, regioni con alta umidità atmosferica, beneficiano di una moderata ventilazione alla vendemmia, per esempio per evitare la botrite come in Maremma o a Montalcino.

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Indici bioclimatici. Gli indici bioclimatici hanno due funzioni principali. La prima è di mettere in evidenza le variazioni stagionali in una regione specifica ; confrontando la presente stagione con una lunga serie di stagioni precedenti, è possibile determinare se si ha avuto più caldo o più freddo del normale. Si può inoltre controllare l’accumulo di calore tanto che la stagione progredisce informandoci se è avanzata o in ritardo. La seconda funzione di un indice è rappresentata dalla possibilità di confrontare il potenziale di una nuova zona viticola o per determinare quali varietà possono avere successo in questa zona. Gli indici bioclimatici impiegati per conoscere le potenzialità termiche di un’area sono i seguenti:

a. Degre Days (DD, GG Gradi Giorno), anche Heat Units. Il più conosciuto e utilizzato

è l’indice Degree Days (°C). E’ calcolato usando la formula suguente: DD = (temperature medie mensili –10) x numero di giorni al mese.

DD annuale è il totale dei DDs mensili nei quali la temperatura è stata maggiore di 10°C. Amerine et Winkler in California hanno utilizzato la seguente DD classification (mesi da aprile a ottobre): Regione I fresca – al di sotto di 1390 DD (°C) II 1390-1667 III 1667-1945 IV 1945-2220 V molto calda – al di sopra di 2220 DD (°C).

Ma l’impiego dei DDs (Gradi Giorno) per comparare le capacità di crescita del vitigno nelle diverse aree non è sempre sufficiente, soprattutto nelle zone a clima fresco. Per questo motivo è impiegato l'indice LTI. DD è in tutti i casi l'indice internazionale più impiegato per confrontare l’andamento degli anni e delle stagioni o per confrontare le variazioni del macroclima e del mesoclima.

b. Temperature significative del mese più caldo (Mean temperature of the warmest month). Coombe et Dry applicano semplicemente la temperature significative del mese più caldo (MTWM, mean temperature of the warmest month), per indicare le zone climatiche (per esempio luglio normalmente al Nord).

c. Latitudine. La latitudine ha generalmente una relazione inversa con la capacità di crescita e può essere impiegata come indice della temperatura; tuttavia, su di una scala mondiale, può essere fonte di confusione. In effetti in Inghilterra i vitigni a germogliamento precoce maturano,mentre gli stessi vitigni non maturano alla stessa latitudine in America del Nord. Questo perché la corrente del Golfo riscalda molto l’Europa occidentale, mentre la tundra che ricopre i territori del Nord del Canada accorcia la stagione nelll’America del Nord. La latitude non è impiegata generalmente come indice climatico, ma è usata nell’indice LTI.

d. Durata del ciclo di crescita. La durata media del periodo necessario alla vite per completare il ciclo è generalmente indicata in 182 giorni. La durata del periodo di crescita è spesso impiegata come indice, ma può essere calcolata con i dati climatici con il numero di giorni in cui la temperatura è superiore a 10°C.

e. Latitude température indice (LTI). Si tratta di un indice sviluppato dalla Lincoln University (Christchurch, Nuova Zelande) e utilizza due parametri già descritti (MTWM e latitudine)

LTI = MTWM x (60 – latitudine)

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Per fornire un esempio dell’utilizzazione del LTI è interessante osservare la crescita di qualche vitigno nelle aree a clima fresco dell’America del Nord: Dati climatici relativi alle regioni dell�Oregon occidentale e di Washington State (Jackson and Schuster, 2001)

zona Gradi Giorno LTI Pluviometria Gruppo di vitigni Puget Sound 800-850°C 136-145 980 mm IA Willamette

Valley 1000-1200°C 305 1060 mm IC

Umpqua River Valley

1250-1360°C 370 525 mm IC

Rogue River Valley

1300-1440°C 380 430-1524 mm II

Varietà raggruppate per capacità di crescita in diversi climi (Jackson and Schuster, 2001) Gruppo e LTI vitigni

1. molto freddo Siegerrebe, Ortega, Optima, Mad. x Ang. 7672, Reichensteiner, Muller Thurgau, Seyval blanc, Huxelrebe, Bacchus

Gruppo IA: LTI < 190

2. freddo Pinot gris, Pinot noir*, Pinot meunier*, Chasselas, Gewurtztraminer, Sylvaner, Chardonnay*, Faberrebe, Kerner, Scheurebe, Auxerrois, Aligoté. Note * : suitable for producing Méthode Champenoise

Gruppo IB: LTI 190-270

temperato Le varietà chiave sono Riesling e Pinot nero che può produrre vini rossi di corpo. Lo Chardonnay produce vini di struttura.

Gruppo IC : LTI 270-380

caldo La varietà chiave è Cabernet sauvignon. Cabernet franc, Merlot, Malbec, più Sauvignon e Semillon. Questi possono crescere anche nel Gruppo IB, raggiungendo la stessa qualità.

Gruppo II : LTI 380 e superiore

molto caldo Carignan, Grenache, Syrah, Zinfandel,

LTI: temperature medie del mese più caldo x (60-latitudine)

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Varietà raggruppate per capacità di crescita in diversi climi (Winkler california) Regioni Σ Ta °C Vitigni rossi coltivabili Vitigni Bianchi coltivabili I < 1390 Gamay, Mataro, Pinot nero Siegerrebe, Ortega, Optima, Mad. x

Ang. 7672, Reichensteiner, Muller Thurgau, Seyval blanc, Huxelrebe, Bacchus

II 1390- 1667

La varietà chiave è Cabernet sauvignon. Cabernet franc, Merlot, Malbec, più Sauvignon e Semillon.

Pinot gris, Chasselas, Gewurtztraminer, Sylvaner, Chardonnay*, Faberrebe, Kerner, Scheurebe, Auxerrois, Aligoté.

III 1667-1945

Carignan, Grenache, Syrah, Zinfandel, Sangiovese, Barbera, Nebbiolo.

Fiano, Greco,

IV 1945-2220

Nero d’Avola, Primitivo, Grillo, Catarratto, Inzolfa,

V > 2220 Tinto Cao, Tauriga national, Graciano, Palomino, LA CONOSCENZA DEL TERRENO E DELLE SUE RELAZIONI CON L�ECOFISIOLOGIA DELLA VITE La vite è una pianta relativamente poco esigente che cresce sotto climi molto diversi e su suoli ugualmente diversi. Ma un esame attento sembra indicare che non esistono tipi di suolo privilegiati, particolarmente adatti alla viticoltura di qualità. Non esiste una geologia che fornisca direttamente un buon vino, anche se, per la maggior parte degli aspetti vitivinicoli, può avverarsi il contrario: esistono

delle condizioni geologiche che possono essere considerate inadatte alla coltura della vite. Per esempio le situazioni geologiche che favoriscono il ristagno dell’acqua (suoli a granulometria fine a bassa permeabilità) o, viceversa, che accelerano eccessivamente lo sgrondo dell’acqua come è il caso delle zone caratterizzate da affioramenti calcarei di tipo carsico. Si ritrova fra le DOCG italiane una grande variazione delle situazioni geologiche. Il primo esempio è rappresentato dalla DOCG “Vermentino di Gallura” della Sardegna. La Sardegna è un’isola con una situazione geologica molto

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particolare se rapportata al resto d’Italia. Si riscontrano qui terreni molto più arcaici appartenenti all’era primaria, cioè con età compresa fra 650 e 225 milioni di anni; si tratta dunque di terreni formati prima della comparsa e della diffusione dei rettili e dei dinosauri. Nel caso specifico del vermentino, la geologia è caratterizzata dalla presenza di una roccia magmatica intrusiva: il “granito”. Il secondo esempio è fornito dalle DOCG della dorsale appenninica e in particolare dalle colline toscane. Qui la geologia è dominata da terreni arenaci, sabbiosi e calcarei dell’era terziaria, l’era geologica formata fra 65 e 5 millions d’anni fa. Un altro esempio di situazioni geologiche totalmente differenti dalle altre è quello delle colline in provincia di Avellino, caratterizzate da diffusi terreni argillosi e calcarei. Pascal Ribéreau-Gayon (2003) nota che le caratteristiche geologiche e pedologiche dei diversi vigneti possono avere un’influenza più o meno decisiva sul colore, l’aroma e il gusto del vino. Si citano ad esempio i suoli ciottolosi dei vigneti del Medoc nei quali la proporzione di argilla aumenta da sud verso nord, con dei vini più interessanti per la loro grande finezza come a Margaux e di altri, come a Saint-Estèphe, più completi perché possiedono una più grande ricchezza tannica. Differenze della stessa natura esistono in Bourgogne e giustificano la nozione di «climi». Esistono infatti delle variazioni aromatiche fra il Montrachet e il Chevalier-Montrachet: derivati da suoli diversi : i secondi, con lo stesso vitigno, danno dei vini molto delicati ma relativamente leggeri. Un rilievo simile può essere fatto a proposito dell’aroma: alcuni vitigni possiedono un aroma tipico (moscato, riesling, sauvignon, pinot, cabernet). Le condizioni di coltivazione legate alla natura del suolo possono apportare una diversa connotazione all’aroma dei vini; questo resta sempre marcato dal carattere varietale del vitigno responsabile, in tutti i casi, degli stessi elementi aromatici specifici. Anche se esse influenzano le caratteristiche dei vini, “le proprietà chimiche dei suoli, estremamente variabili secondo la natura delle rocce madri, non sembrano avere un’influenza determinante sulla gerarchia qualitativa dei crus, a condizione tuttavia che la vite non soffra di tossicità o di carenze gravi o, al contrario, che una troppo forte nutrizione minerale, soprattutto azotata, non determini una produzione eccessiva con bacche troppo voluminose”. I vigneti di Saint-Emilion rappresentano un buon esempio di questa diversità di suoli perché possono essere distinti in: 1) piattaforma calcarea; 2) grave antiche; 3) sabbie; 4) suoli argilloso-ciottolosi; 5) suoli a tessitura molto argillosa: Su ciascuno di questi suoli esistono dei crus privilegiati e altri che lo sono meno; Non esiste una formazione geologica che detenga il privilegio della qualità (Ribéreau-Gayon, 2003). Le diverse formazioni geologiche e i suoli che ne derivano possono intervenire sull’intensità del colore e sulla tipicità aromatica e gustativa, ma non hanno incidenze determinanti sulla finezza e l’armonia che sono caratteri essenziali della degustazione, anche se non si è in grado per ora di darne un’interpretazione oggettiva. Nel caso dei vigneti di Saint-Emilion, le diversità organolettiche fra i vini di un grande cru e quelli di un cru più modesto, coltivati entrambi su uno stesso suolo, sono più importanti di quelle che esistono i vini di due grandi cru prodotti su suoli differenti. Sembra oggi ben dimostrato che l’incidenza del suolo sulla nutrizione idrica della vite è il fattore determinante la qualità di un terroir viticolo. Se la nutrizione è eccessiva, la crescita vegetativa è prolungata, le uve sono voluminose e acide, poco zuccherine e povere di composti polifenolici. Una nutrizione idrica moderata e regolare limita la crescita vegetativa; la vite produce uve di eccellente qualità.

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Suolo e bilancio idrico potenziale Analogamente al clima, che viene caratterizzato in dato ambiente mediante gli indici bioclimatici,

anche il suolo deve essere caratterizzato. Il suolo deve all’inizio essere caratterizzato in modo qualitativo sulla base del metodo di classificazione internazionale in vigore: tipo di suolo, descrizione dei diversi orizzonti, natura della roccia madre. Le carte pedologiche costituiscono evidentemente la base di una tale conoscenza.

I fattori edifici suscettibili di generare delle risposte a livello del funzionamento della vite devono essere quantificati. Le informazioni più correnti sono le analisi del suolo (tessitura, CSC, sostanza organica, elementi minerali…). Essa è completata dalla diagnostica fogliare. Tuttavia le informazioni più pertinenti nei riguardi della fisiologia della vite o della qualità dei vini non si situano a livello delle analisi del suolo. Altri fattori appaiono più importanti.

Il pedoclima. Occorre precisare che si tratta del clima del suolo preso da solo, e non della combinazione dei fattori del suolo e del clima. La temperatura in vicinanza delle radici, o più comunemente la temperatura del suolo a 50 cm di profondità, è un elemento importante, soprattutto all’inizio del ciclo vegetativo. Infatti, l’accelerazione dell’inizio della crescita, una volta che il germogliamento è avvenuto, è nettamente stimolata dalle temperature del suolo relativamente elevate. I suoli leggeri e ben esposti che si riscaldano velocemente all’inizio della primavera sono responsabili della precocità dei terroir, per esempio, in zone settentrionali atlantiche, come la media Valle della Loira

Un altro elemento determinante del suolo e di cui l’effetto è veramente universale per tutti i terroir è la riserva idrica del suolo e la sua gestione nel corso del ciclo vegetativo. I primi elementi della sua quantificazione sono la stima della riserva utile (RU in mm sul primo metro di terra) che è un dato spesso disponibile, e la profondità esplorabile dalle radici della vite. Questa ultima è un’informazione fondamentale senza la quale tutte le analisi del suolo non hanno che un interesse limitato. Il sondaggio del terreno, l’esecuzione di fosse sono quindi operazioni necessarie, in particolare prima di impiantare il vigneto e prima di scegliere il materiale vegetale, soprattutto il portinnesto.

Influenza del terroir sulla maturazione dell�uva Dopo i ragionamenti precedenti, l’esistenza di terroir privilegiati è una realtà, ma le differenze

qualitative osservate sono difficilmente spiegabili da una nutrizione particolare della pianta, in funzione della natura del suolo, che indurrà una costituzione chimica particolare dell’uva. Si è pertanto portati a pensare che il terroir viticolo agisce sulla fisiologia della pianta e più particolarmente sulle condizioni di maturazione dell’uva. Ma la definizione di una maturazione ottimale che consente un terroir di qualità, non può essere limitata alla ricchezza in zuccheri e all’acidità del mosto; occorre considerare l’insieme della composizione dell’uva, più particolarmente lo stato degli aromi nel caso delle uve bianche, come il livello e la natura dei composti fenolici, nel caso delle uve rosse. Ugualmente è essenziale che tutti gli elementi importanti della composizione dell’uva arrivino al loro stadio ottimale all’incirca nello stesso momento, al fine di poter effettuare la raccolta nelle migliori condizioni. Si rileva che, su certi terroir, il clima esageratamente caldo induce una sintesi glucidica eccessivamente rapida; la raccolta delle uve s’impone per evitare che il tasso alcolico potenziale sia troppo elevato, ma quando ancora i composti fenolici delle uve nere non hanno ancora raggiunto il loro ottimo, perché i tannini sono ancora amari e astringenti. Per questo motivo, i climi più caldi non sono non sono caratteristiche dei grandi terroir.

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Parimenti sotto climi più settentrionali dunque più freschi, le annate di maturazione più calde non danno sempre i migliori risultati. Nel corso del 1996 in Médoc, i merlot sono maturati bene grazie ad un livello di calore elevato e sono stati raccolti con un grado alcolico potenziale ugualmente elevato (13,5° vol. e più), si sperava molto in questi vini che tuttavia hanno fornito prodotti pesanti, poco fruttati, con aromi troppo evoluti verso la confettura. Sugli stessi vigneti, in altre annate meno calde, i merlot hanno fornito vini fini ed eleganti, anche se con gradi potenziali meno elevati da richiedere l’arricchimento (Chaptalisation = Zuccheraggio).

Numerosi studi iniziati a Bordeaux hanno dimostrato che una buona regolamentazione della nutrizione idrica della vite, legata al modo di radicazione, limita, senza eliminarli totalmente, gli effetti nefasti di una forte siccità, come quelli di una piovosità eccessiva durante il periodo di maturazione. Questi meccanismi di regolazione possono essere diversi secondo la natura dei suoli e dei climi, ma la qualità della maturazione dipende dalla loro efficacia. In generale, il terroir deve permettere alla pianta una nutrizione idrica sufficiente durante la crescita, ma deve mettere la pianta al riparo dagli eccessi di umidità o di siccità durante la maturazione. Le modalità di queste regolazioni non sono le stesse in clima caldo o in clima più fresco. I migliori terroir (Bordeaux, Bourgogne) si trovano in regioni relativamente fresche, perché queste condizioni consentono di meglio valorizzare il frutto e la finezza dei vini; ma contemporaneamente queste zone sono piovose e un eccesso di precipitazioni è particolarmente nefasto. E’ il ruolo del suolo, eventualmente completato da un drenaggio, di proteggere la pianta dagli eccessi di umidità; resta sempre vero che ogni milesimo presenta una personalità propria, legata alla variabilità del clima.

Una caratteristica essenziale è la presenza di uno stress idrico limitato che blocca la crescita vegetativa della vite e consente di maturare le uve, agendo in particolare sugli aromi e i composti fenolici. L’importanza e le condizioni per ottenere questo tipo di stress sono in funzione dei fattori naturali: in clima caldo, l’eventuale irrigazione deve essere regolata per evitare una siccità eccessiva; in clima fresco ed umido l’efficacia del sistema di protezione deve essere maggiore, da cui la necessità in particolare di una forte densità di impianto e di una palificazione elevata per aumentare la traspirazione che agisce sullo stress idrico.

Maturazione, livello in composti fenolici e in aromi vegetali delle uve rosse I composti fenolici, cioè gli antociani e i tannini delle uve rosse, giocano un ruolo essenziale sui

caratteri dei vini rossi, importante almeno come quello degli zuccheri e degli acidi. Tuttavia, fino ad un recente passato, l’importanza attribuita alle componenti fenoliche era secondaria anche a causa delle difficoltà di indagare le molecole specifiche con l’analisi chimica. All’inizio si trovano nella buccia, nei vinaccioli e eventualmente nel rachide; per studiarli è necessario estrarli. L’estrazione peraltro deve rispettare da una parte la natura chimica delle sostanze, dall’altra essere selettiva come è l’estrazione di queste sostanze durante la vinificazione.

Questi composti fenolici sono delle molecole molto complesse, perché costituite da diversi polimeri, e molto reattive. Il loro stato fisico-chimico può essere modificato durante le operazioni di estrazione e di dosaggio. Infine si sa che gli elementi costitutivi delle molecole raggruppate sotto il nome di tannini possono variare sia dal punto di vista quantitativo, sia qualitativo, da cui le espressioni di “tannini buoni” e di “tannini cattivi” utilizzate correntemente dagli enologi in mancanza di definizioni chimiche più precise. I secondi si differenziano per la loro astringenza aggressiva, spesso accompagnata da aromi

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vegetali e da rusticità. Questa differenza di qualità dei tannini si apprezza abbastanza bene con la degustazione della buccia, per esempio nel corso della maturazione, particolarmente espressiva nel caso del Cabernet sauvignon.

Evoluzione dei composti aromatici in Cabernet sauvignon

Vegetali → Erbacei → Frutta non matura → Frutti rossi → Frutta nera → Confettura (vegetale) (fieno, erba) (mela verde, agrumi) (ciliegia, fragola (susina, mirtillo) (dattero, prugna, uva spina) uva passa)

Nelle uve non sufficientemente mature, dopo un inizio gustativo relativamente morbido ma corto,

rapidamente la durezza, l’acidità e l’aggressività diventano dominanti; l’astringenza marca la fine della degustazione. A misura che la maturazione evolve, le sensazioni morbide diventano più importanti e l’astringenza aggressiva scompare. Si arriva ad apprezzare lo stadio raccolta ideale. Si osservano differenze della stessa natura in funzione del terroir. Ci si rende perfettamente conto, mediante la degustazione della buccia, che le varietà di grande qualità possiedono dei tannini più fruttati ma, purtroppo non si sanno per ora caratterizzare con l’analisi chimica.

Glories ha cercato di affinare la conoscenza analitica di queste trasformazioni. Egli mostra l’evoluzione dei differenti composti fenolici nel corso della maturazione, insistendo sulla differenza di struttura di queste sostanze nelle diverse parti del grappolo; a partire dall’invaiatura, i tannini delle bucce aumentano e quelli dei vinaccioli diminuiscono. Gli antociani delle bucce passano attraverso un massimo (Figura 1).

Secondo il terroir , ma anche secondo l’annata, questo massimo è più o meno correlato con la maturazione, definita come il momento in cui il rapporto zuccheri/acidi raggiunge il valore massimo (Figura 2). Lo schema conferma un’osservazione spesso segnalata: in climi caldi la raccolta deve essere fatta prima di raggiungere gradi alcolici potenziali eccessivi, anche se i composti fenolici insufficientemente maturi, hanno conservato una aggressività tannica e una nota vegetale. Basandosi su questa nozione empirica, si è cercato di definire la nozione di maturità fenolica che consente, a partire da determinazioni analitiche abbastanza semplici, di caratterizzare il contenuto globale e la natura delle sostanze di questa famiglia, consentendo di precisare gli effetti del terroir e di avere una migliore percezione della data di vendemmia. Le ricerche in corso dovranno apportare delle nuove conoscenze che consentano di precisare meglio il ruolo del terroir sulla componente fenolica delle varietà rosse. Per quanto riguarda le uve rosse, le metossipirazine sono un’altra famiglia di molecole aromatiche di cui la presenza è funzione delle condizioni di coltura della vite, in particolare dell’insolazione dei grappoli nel corso della maturazione, ma anche del terroir. Queste molecole molto odorose hanno una soglia di percezione nel vino dell’ordine di 15 ng. L-1 e hanno un odore vegetale che ricorda il peperone verde. A piccolissima concentrazione esse possono rafforzare la complessità aromatica, ma a concentrazione più elevata donano al vino un carattere “peperone verde” che può essere considerato, in alcune regioni viticole, come una tipicità dei vini di Cabernet sauvignon. Per contro si ammette a Bordeaux che

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allorquando questo carattere è dominante, esso interpreta una cattiva maturazione dell’uva e deve essere considerato come un difetto. Normalmente queste molecole diminuiscono durante la maturazione, ma in alcuni terroir non adatti al vitigno, quando si raggiunge l’equilibrio zuccheri/acidi, l’abbassamento delle metossipirazine non è sufficiente. Quando le uve sono raccolte, esse hanno ancora un livello eccessivo. Questa famiglia di composti rappresentano un buon indicatore della qualità della maturazione del Cabernet sauvignon in funzione del terroir. E’ auspicabile che analoghe ricerche vengano condotte sul Sangiovese, soprattutto sulla sua massima espressione degli aromi di frutti rossi maturi.

Figura 1 - Evoluzione della concentrazione in antociani e in tannini nella buccia e nei vinaccioli nel

corso della maturazione dell’uva (la maturazione è definita dal valore massimo del rapporto zuccheri/acidità totale (Glories).

Concentrazione

Invaiatura Maturazione

Tempi

Tannini vinaccioli

Tannini buccia

Antociani

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Figura 2 – Variazione dell’accumulo di antociani nella buccia nel corso della maturazione dell’uva

in funzione delle annate e dei terroir. Per una stessa annata: 1 – Caso ideale, buon rapporto uva-terroir; 2 – Terroir tardivo che necessita di una leggera sovramaturazione per avere una buona maturità fenolica; 3 – Terroir a maturazione molto tardiva nel quale l’uva è poco adatta a dare un vino rosso di qualità; 4 – terroir non adatto al vitigno perché la maturità fenolica è troppo precoce. (Glories).

Maturazione e aromi delle uve bianche

I vini bianchi hanno una struttura più semplice di quella dei vini rossi di cui la degustazione è dominata dalla presenza dei tannini. Nei vini bianchi l’espressione aromatica è essenziale; non è sufficiente che il vino possegga un aroma di fermentazione fine e delicato. Occorre ancora che esso sia marcato da un aroma di un vitigno nobile di cui l’intensità e le sfumature dipendono dalle condizioni di maturazione dell’uva che include il clima, ma anche il suolo, cioè il terroir. Nel corso della maturazione l’uva, come tutti i frutti, perde progressivamente i suoi aromivegetali ed erbacei, per acquistare degli aromi fruttati che sono più o meno stabili alla fine della maturazione. D’altro canto, non esiste una coincidenza sistematica fra la composizione ottimale dell’uva in aromi e precursori aromatici e i suoi livelli di zuccheri e di acidi. Il ruolo del terroir, completato dalle condizioni climatiche della maturazione, è giustamente quello di coordinare i differenti elementi della composizione dell’uva fino al loro livello ottimale al momento della raccolta. Per gli aromi delle uve bianche, i terpenoli delle varietà moscate sono i meglio conosciuti perché essi intervengono a concentrazioni relativamente elevate (Bayonove, 1993). Si sa che nelle uve i terpenoli semplici odorosi si trovano sotto forma di eterosidi inodori (Gunata, 1984) che possono essere liberati mediante idrolisi chimica o enzimatica. Si ammette generalmente un abbassamento dei monoterpeni liberi

Antociani

Invaiatura Maturazione

Tempi

1

4

2

3

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e odorosi prima dell’accumulo completo degli zuccheri nella bacca. Park et al. (1991) hanno suggerito che le condizioni di maturazione, ed in particolare la temperatura, sono tra i principali fattori responsabili di questa osservazione. E’ stato anche rilevato che la nutrizione idrica della vite influenza l’evoluzione degli aromi di moscato nel corso della loro maturazione. Questi fattori climatici e del terroir devono essere presi in considerazione nella scelta della data di raccolta. Tra gli aromi delle uve bianche, i derivati C13 norisoprenoidi provengono dalla degradazione ossidativi dei carotenoidi. Esistono numerose molecole (Schreirer et al., 1976) che possiedono delle caratteristiche odorose diverse, di cui alcuni (b-damascenone) possiedono una soglia aromatica abbastanza bassa per partecipare all’aroma di alcuni vitigni, di cui l’esempio tipico è il Riesling. Diversi C13-norisoprenoidi, anche se poco odorosi, possono subire delle modificazioni chimiche complesse che conducono al b-damascenone odoroso. Queste modificazioni sono suscettibili di condurre anche al trimetildiidronaftalene (TDN) che possiede un odore sgradevole di idrocarburo. Questa deviazione interviene nel corso dell’invecchiamento di certi vini di Riesling. E’ stato dimostrato che l’esposizione dell’uva al sole (sfogliatura) durante la maturazione, accelera questo fenomeno e si accompagna ad un aumento del contenuto di precursori del TDN. E’ stato anche dimostrato che gli odori eccessivi di idrocarburi, che si possono sviluppare nel corso dell’invecchiamento dei vini di Riesling, sono legati a dei problemi di temperatura, in particolare durante la maturazione dell’uva. Questo esempio conferma che i terroir a climi caldi, i più favorevoli all’accumulo degli zuccheri, non sono per forza i più adatti alla produzione di vini bianchi di qualità. I composti solforati che possiedono una funzione tiolo costituiscono un’altra famiglia di composti aromatici specifici di alcuni vitigni. Il 4-marcapto-4metil-pentan-2one (4MMP) è un costituente importante dell’aroma di Sauvignon (Dannier et al., 1995). Esso possiede un odore di bosso e ginestra ed è molto aromatico, giacché la sua soglia di percezione è solo di 0.8 ng.L-1. Il suo livello nei vini di Sauvignon può raggiungere i 40 ng.L-1. Con altre molecole odorose della stessa famiglia, esso contribuisce a esprimere le differenti sfumature odorose dei vini di Sauvignon. Queste stesse sostanze si trovano nei vini di altri vitigni bianchi 8vitigni alsaziani) e anche in alcuni vitigni rossi del bordolese (Cabernet sauvignon, Merlot). Infine i tioli volatili e odorosi esistono nelle uve sotto forma di precursori inodori che sono derivati della cisterna (Tominaga et al., 1995). Gli aromi corrispondenti sono liberati nel corso della fermentazione alcolica, probabilmente per l’intervento di una b-liasi specifica dei lieviti. La fermentazione alcolica si accompagna alla liberazione di aromi a partire da precursori inodori. Si può supporre un meccanismo identico a partire dagli enzimi della cavità orale che assicurano il “ritorno di aroma”, cioè l’apparizione scalata nel tempo dell’aroma quando si degusta un’uva o un vino di Sauvignon. Attualmente si dispongono di poche osservazioni relative all’evoluzione del potenziale aromatico delle uve di Sauvignon (e non solo) nel corso della loro maturazione; occorre fare appello esclusivamente alla degustazione dell’uva. Per il Sauvignon a Bordeaux Il livello minimo di zuccheri nel mosto per avere un vino di vitigno di qualità è di 190 g.L-1; l’acidità deve essere compresa fra 6,5 e 7,5 g/L, gli aromi erbacei devono essere al di sotto di una soglia per non avvertirli, il potenziale aromatico fruttato passa per un massimo prima della raccolta. Appare che il vitigno a Bordeaux ha un potenziale completo 5 settimane dopo l’invaiatura. In generale più lenta è la maturazione (abbassamento lento dell’acidità) più tempo si può attendere per raccogliere l’uva senza perdere l’aroma fruttato del vitigno. I migliori terroir per elaborare vini bianchi secchi aromatici e di lunga conservabilità sono quelli in cui l’uva resta fruttata e sufficientemente acida

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fino alla completa maturazione. Corrispondono a delle condizioni di maturazione lenta e meno completa. Al contrario i climi troppo caldi, le annate troppo precoci, gli stress idrici eccessivi durante l’estate, sono sfavorevoli all’evoluzione aromatica dei vini bianchi. Identificazione di una unità di terroir pertinente e omogenea e realizzazione di un insieme di parcelle di riferimento. Caratterizzazione e cartografia delle unità naturali La fase preliminare dello studio sui fattori naturali del terroir è la realizzazione di un insieme di parcelle sperimentali (vigneti nuovi o esistenti) che riflettano il più completamente possibile le diversità del territorio studiato. La variabilità dell’ambiente naturale, la natura complessa della relazione suolo/pianta e la risposta della vite di difficile interpretazione obbligano ad utilizzare un metodo di studio specifico che prende in esame una cartografia a scala elevata (1/10.000). Per questi scopi, le carte pedologiche classiche sono generalmente insufficienti a causa delle scale troppo piccole con cui sono realizzate (1/50.000, 1/100.000). Inoltre, per natura, queste privilegiano spesso gli aspetti della genetica dei suoli a detrimento delle informazioni agronomiche. Una regione sarà studiata come un insieme di piccoli ambienti, di cui ciascuno è costituito dall’associazione di tre componenti maggiori, studiati congiuntamente alla stessa scala:

a. Una componente geologia definita in termini di stadio evolutivo e di natura

litologica ;

b. Una componente pedologica ad essa associata e che si definisce mediante una catena

di suoli e le loro caratteristiche ;

c. Una componente paesaggistica affrontata studiando la geomorfologia, l’orientamento

delle pendenze, l’altitudine e i diversi tipi di componenti del paesaggio (topografici, vegetali, antropici). Le prime due componenti costituiscono l�ambiente pedoclimatico. I dati saranno raccolti con dei metodi d’analisi classici della scienza del suolo secondo una densità dipendente dalla complessità

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dell’ambiente (in media 1 punto/2 ha) come anche mediante il telerilevamento (fotografie aeree).

La terza componente interviene in interazione fra la natura del suolo il clima locale (mesoclima) che ha influenza sullo sviluppo aereo della vite. L’insieme formato da queste tre componenti è denominata Unité Terroir de Base (UTB) (Morlat, 1996). Per definizione, l’UTB è un territorio di superficie più o meno grande, che corrisponde alla più piccola unità eco-geo-pedologica che si può differenziare utilmente. Essa costituisce una entità di funzionamento del sistema ambiente fisico vite abbastanza omogeneo per essere valorizzato dal viticoltore. I dati relativi alle tre componenti sono trattati grazie a un Système d’Information à Références Spatialisées informatizzato che consente la restituzione dei dati secondo una cartografia a grande scala (1/10.000, 1/25.000). COSTITUZIONE DI UNA SERIE DI VIGNETI DI REFERENZA (CASI DELLA VALLE DELLA LOIRA E DELL�ALSAZIA) Si possono selezionare deI vigneti rappresentati di diverse UTB al fine di studiare l’effetto terroir. Questo lavoro è stato condotto in due diverse regioni:

! Nella valle della Loira; sono stati piantati due vigneti su una gamma molto ampia di suoli

o Con il vitigno Cabernet franc/SO4 nella denominazione Saumur-Champigny, Chinon e

Bourgueil,

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o Con il vitigno Chenin blanc/SO4 nella denominazione Coteaux du Layon.

! In Alsazia; impostazione simile con il vitigno Gewurztraminer/SO4 in diversi Grand Crus. I vigneti erano condotti nello stesso modo e le vendemmie, fatte a livello massimo di qualità, sono state mesovinificate in condizioni standard. Messa in evidenza di un legame fra ambiente fisico e prodotti Legame ambiente fisico � vendemmia I risulati ottenuti hanno mostrato delle forti differenze nella composizione delle vendemmie derivate da UTB diverse. Le misure poggiavano sul livello di zuccheri riduttori e l’acidità totale, la ricchezza in acido malico e tartarico, il pH, la ricchezza in antociani e in polifenoli. A titolo di esempio, si possono citare i risultati del millesimo 1997 per il Cabernet franc che ha fornito nella Valle della Loira scarti fra terroir del 15% per il livello di zuccheri riduttori (circa 2° alcolici potenziali), del 63% per l’acido malico, del 38% per gli antociani e del 35% per l’indice di polifenoli. Lo Chenin ha mostrato, per il millesimo 1994, una differenziazione in due gruppi: un gruppo di vigneti ad alta produttività che ha dato dei vini a debole grado alcolico e forte acidità, un gruppo a bassa produttività (35% in meno) e grado alcolico potenziale superiore. Allo stesso modo, in Alsazia per i millesimi 90 e 94, i livelli medi di zuccheri riduttori sono variati da 193 g/l per i suoli alluvionali ciottolosi, a 206 g/l per i suoli granitici dei Vosgi e fino a 234 g/l per i suoli calcarei marnosi dell’Oligocene. Legame ambiente fisico � vino Fino ad oggi l’analisi strumentale, sia essa fine per quanto possibile, non è sufficiente per tradurre la complessità organolettica di un vino. E’ stata dunque creata una scheda sensoriale adatta al caso. E’ stato elaborato un questionario basato su criteri sensoriali attivi (vista, olfatto dopo agitazione, degustazione) che è stato utilizzato per la degustazione dei vini di Cabernet franc provenienti da 19 siti dove erano presenti i vigneti di referenza piantati in tre denominazioni (Chinon, Bourgueil, Saumur-Champigny). L’obbiettivo della degustazione è stato quello di caratterizzare dal punto di vista organolettico i vini, ma non la loro comparazione. I risultati hanno consentito di formare tre grandi gruppi di vini:

! Vini che sono stati considerati, qualunque sia il millesimo, come i più intensi sul piano visivo,

aromatico e gustativo; con un buon equilibrio, una forte armonia e di sensazioni vellutate.

Questi provenivano da UTB diverse come le arenarie del Senoniano, le argille dell’Eocene o i

suoli del Turoniano. I vini con queste caratteristiche provenivano dalle vendemmia più ricche

in composti nobili.

! Vini sempre caratterizzati come i meno intensi sul piano visivo e aromatico, con una

mancanza di equilibrio. Avevano anche una debole intensità di attacco e di fine in bocca e

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avevano spesso note acide senza alcun velluto. Derivavano da substrati diversi come

collusioni sabbiose su argille, limi eolici. Questi vini provenivano da vendemmie meno ricche.

! Vini per i quali la valutazione sensoriale è cambiata molto a seconda dei millesimi. Si trattava

di UTB su gres dell’Eocene, o sabbie argillose del Senoniano. In ognuno dei gruppi erano presenti i vini provenienti dalle tre denominazioni (Chinon, Bourgueil, Saumur-Champigny) sebbene che, nelle condizioni sperimentali, l’area geografica di produzione non è apparsa come un fattore di raggruppamento. A seguito di questa esperienza, confermata da altre successive, si può affermare che: �I caratteri sensoriali di un vino risultano dalla combinazione costruita fra la conoscenza degli effetti dei fattori fisici di un terroir e dei risultati di pratiche ben adattate al sito, sia nella conduzione del vigneto, sia in vinificazione�

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