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ESEMPI DI ARCHITETTURA

Spazi di riflessione

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Direttore

Olimpia Niglio Kyoto University, Japan

Comitato scientifico

Taisuke KurodaKanto Gakuin University, Yokohama, JapanRubén Hernández Molina Universidad Nacional, Bogotá, ColombiaAlberto Parducci Università degli Studi di PerugiaEnzo SivieroUniversità Iuav di Venezia, VeneziaAlberto SpositoUniversità degli Studi di PalermoKarin TemplinUniversity of Cambridge, Cambridge, UK

Comitato di redazione

Giuseppe de Giovanni Università degli Studi di PalermoMarzia Marandola Sapienza Università di RomaMabel Matamoros TumaInstituto Superior Politécnico José a. Echeverría, La Habana, CubaAlessio Pipinato Università degli Studi di PadovaBruno PeluccaUniversità degli Studi di FirenzeChiara VisentinUniversità IUAV di Venezia

EdA – Collana editoriale internazionale con obbligo del Peer review (SSD A08 – Ingegneria Civile e Architettura), in ot-temperanza alle direttive del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), dell’Agenzia Nazionale del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e della Valutazione Qualità della Ricerca (VQR). Peer Review per conto della Direzione o di un membro della Redazione e di un Esperto Esterno (clear peer review).

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ESEMPI DI ARCHITETTURA

La collana editoriale Esempi di Architettura nasce per divulgare pubblicazioni scientifiche edite dal mondo universitario e dai centri di ricerca, che focalizzino l’attenzione sulla lettura critica dei proget ti. Si vuole così creare un luogo per un dibattito culturale su argomenti interdisciplinari con la finalità di approfondire tematiche attinenti a differenti ambiti di studio che vadano dalla storia, al restauro, alla progettazione architettonica e strutturale, all’analisi tecnologica, al paesaggio e alla città. Le finalità scientifiche e culturali del progetto EDA trovano le ragioni nel pensiero di Werner Heisenberg Premio Nobel per la Fisica nel 1932.

… È probabilmente vero, in linea di massima, che nella storia del pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso nei punti d’interferenza tra diverse linee di pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana, in diversi tempi ed in ambienti culturali diversi o di diverse tradizioni religiose; perciò, se esse veramente si incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in rapporti sufficientemente stretti da dare origine ad un’effettiva interazione, si può allora sperare che possano seguire nuovi ed interessanti sviluppi.

Spazi di riflessione

La sezione Spazi di riflessione della collana EdA, Esempi di Architettura, si propone di contribuire alla conoscenza e alla diffusione, attraverso un costruttivo confronto di idee e di esperienze, di attività di ricerca interdisciplinari svolte in ambito sia nazionale che internazionale. La collana, con particolare attenzione ai temi della conservazione del patrimonio costruito nonché dell’evoluzione del processo costruttivo anche in ambito ingegneristico, è finalizzata ad approfondire temi teorici e metodologici propri della progettazione, a conoscere i protagonisti promotori di percorsi evolutivi nonché ad accogliere testimonianze operative e di attualità in grado di apportare validi contributi scientifici. Le attività di ricerca accolte nella collana EdA e nella sezione Spazi di riflessione possono essere in lingua straniera.

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DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA

Copyright © MMXVARACNE editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, 1500040 Ariccia (RM)

(06) 93781065

isbn 978-88-548-6800-7

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre 2015

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DISEGNARE CONNESSIONIL’ARCHITETTURA IN FERRO TRA MANUALISTICA E COSTRUZIONE NELXIX SECOLO.

IL PONTE PIO A VELLETRI

Laura Farroni

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Ringraziamenti

Numerosi sono i ringraziamenti che devo porgere per la stesura del presente volume. Il primo in particolare alla Prof.ssa Ing. Giuseppa Novello per aver colto, in ogni nostro confronto avvenuto in questi ultimi anni, l’aspetto culturale e umano del mio lavoro e per essere stata disponibile a scrivere il saggio di apertura al volume.Ringrazio anche la Prof.ssa Elisabetta Pallottino, per aver dato ascolto alle variegate iniziative che le ho proposto come dimostra nella Prefazione di questo testo.Ringrazio i miei collaboratori l’Arch. Enrico Mele, borsista post lauream, per la stesura grafica di alcuni disegni presenti nell’Intermezzo e Silvia Rinalduzzi che nel suo percorso di formazione al “disegnare” ha contribuito alla stesura finale del testo con utili consigli e sensibilità estetica. Ringrazio l’architetto Michele Curuni della Laica Geosystems per l’assistenza durante le operazioni di rilevamento e la preziosa consulenza nelle operazioni di restituzioni dei dati di rilievo. Un ringraziamento rivolgo all’Associazione Culturale “L’Università del Carnevale di Velletri” per avermi reso disponibile il materiale fotografico sul Ponte Pio in loro possesso e le famiglie velletrane per la cordialità con cui hanno accolto me e i miei collaboratori durante i rilievi sul posto.

Ai miei figliperché le loro passioni siano percorsi di conoscenza.

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INDICE

PREFAZIONE Elisabetta Pallottino

SAGGIO CRITICO Giuseppa NovelloL’arte della rappresentazione dissoda terre culturali e coltiva la memoria

INTRODUZIONE Laura FarroniDisegnando connessioni

1. Rappresentazione e intenzioni di progetto: nuovi sviluppi dall’architettura del ferro1.1. Segni e disegni per lo sviluppo del dibattito architettonico alla fine del XIX secolo1.2. Il disegno dei ponti in ferro: il luogo della sperimentazione tecnologica e delle indicazioni operative1.3. Rappresentazione e divulgazione nell’Ottocento le forme del disegno

Il disegno come modello nei Corsi di costruzione: Giovanni Curioni, Mattia Giuseppe SganzinLe trascrizioni grafiche di Stéphane Robinet e di J. Eugene Armengaud nei Corsi di disegno delle macchine applicati alle costruzioniIl disegno delle combinazioni per la progettazione architettonica nel Trattato di costruzioni civili di Gustav Adolf Breymann

INTERMEZZOLa modellazione digitale per indagare le strategie di progetto e di costruzione: sperimentazioni sul Trattato di costruzioni civili di G.A. Breymann

2. Le dimensioni del disegno nell’evoluzione del processo edilizio2.1. Il disegno delle trasformazioni: studi sull’ordine architettonico in ferro2.2. Il disegno di dettaglio e degli assemblaggi: prefigurazioni grafiche di esecuzione2.3. La codifica del linguaggio grafico per la comunicazione dell’architettura

3. Il Ponte Pio a Velletri: disegnare connessioni tra intenzioni di progetto ottocentesche e rilievo dello stato attuale3.1. Roma e Velletri: il disegno delle strade ferrate3.2. Disegnare l’identità di un’opera di archeologia industriale: strategie digitali a confronto

La de-costruzione digitale da documenti storici e rilievi tecnici: considerazioni di studio e metodologia di elaborazione Il rilievo per la conoscenza: un caso di applicazione del laser scanner 3D ad un manufatto di archeologia industriale

APPARATO I - I disegni di progetto dell’Ottocento

APPARATO II - De-costruzioni digitali con brevi note sulle tecnologie informatiche

APPARATO III - Le procedure di rilevamento adottate

BIBLIOGRAFIA

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

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Il ponte Pio o di Sant’Anatolia, presso Velletri, 1862.Fotografia degli anni ’40.

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Il volume curato da Laura Farroni e dedicato al Ponte Pio a Velletri nel Lazio è l’ultimo esito di una ricerca finanziata dall’ex Dipartimento di Pro-gettazione e studio dell’architettura dell’Università Roma Tre, oggi conflu-ito nella struttura unica del Dipartimento di Architettura. La ricerca, nata nell’ambito degli interessi e delle sperimentazioni del gruppo di Disegno del Dipartimento, era inizialmente rivolta a indagare le peculiarità del disegno di progetto e del disegno costruttivo nell’editoria manualistica dell’Ottocento e del primo Novecento in Italia e interessata in particolare all’architettura in ferro e alle sue realizzazioni in area romana. Gli esempi individuati, quasi tutti trasformatisi nel tempo in casi esemplari di archeologia industriale, appartengono oggi ai nostri occhi al patrimonio co-struttivo di un’epoca di transizione che, nel ricorrere ai vantaggi economici dell’uso di elementi strutturali e architettonici in ferro e ghisa, non rinun-ciava per questo all’adozione del linguaggio della tradizione rinascimentale nella struttura muraria. Fu così nelle strutture miste - affiancate e tra loro dipendenti - oggi visibili nei padiglioni dell’ex Mattatoio di Testaccio e fu così anche in altre architetture della stessa epoca, quali a Roma, tra le altre, quelle di Salvatore Bianchi (Stazione Termini), di Raffaele Canevari (Ufficio Agricolo-Geologico) e di Giulio De Angelis (Galleria Sciarra, Stabilimento Bocconi). E ancora in ferro, furono realizzati a Roma, negli anni della co-struzione del Ponte Pio a Velletri e in quelli immediatamente successivi, le passerelle metalliche che collegavano il Ponte Rotto alla riva del Tevere, il Ponte dell’Industria a Testaccio, i parapetti e le strutture metalliche di Ponte Sisto e del Ponte Palatino.Già nelle ricerche dedicate al Mattatoio, e in particolare alle sue strutture in ferro, Laura Farroni ha dimostrato quanto il disegno degli elementi, lo stu-dio grafico dei loro possibili assemblaggi e la costituzione di appositi abachi possano efficacemente contribuire alla documentazione e alla conoscenza di questo materiale e delle sue utilizzazioni in architettura1.

Anche nella ricerca sul Ponte Pio è stato seguito lo stesso metodo, come si dimostra nelle pagine che seguono e in particolare in quelle dedicate in generale alla modellazione digitale finalizzata all’indagine delle strategie di progetto e di costruzione e in quelle dedicate nello specifico alla ricostruzio-ne digitale del Ponte dai documenti storici e dai rilievi tecnici e alla redazione del rilievo 3D di una delle due pile superstiti della struttura ottocentesca. Preceduti da una prima indagine sulla manualistica italiana ed europea e da una ricognizione del ruolo del disegno nel processo costruttivo delle strutture in ferro, i capitoli sul Ponte Pio e i relativi apparati entrano nel merito della progettazione dell’opera e della permanenza dell’ordine ar-chitettonico, ne chiariscono il processo di realizzazione e ne completano la documentazione anche ai fini di una sua possibile - forse soltanto ideale - ricostruzione. Che destino riservare ai resti importanti di strutture recenti oggi inutilizza-bili ma di una qualità architettonica e tecnica rilevante e spesso a quel tempo pionieristica? E’ una domanda che accomuna molte imponenti realizzazioni della prima e seconda industrializzazione in tutta Europa e che trova anche in Italia e nel Lazio diversi esempi in attesa di risposte2. E che fare dei resti di un Ponte a travata reticolare già più volte tradito nel corso della sua breve storia - dal 1862 a oggi - dai tamponamenti che quasi subito si resero necessari a mantenerlo in piedi, dai bombardamenti della seconda guer-ra mondiale e dalle successive demolizioni? Quello del Ponte Pio a Velletri è un destino comune ad altri ponti in ferro superati dalla storia che oggi continuano a incidere il paesaggio con rovine industriali sospese tra ineffi-cienza funzionale e testimonianza di un’epoca breve. Delle loro strutture frammentate si potrebbe delineare un corpus unitario, categoria specifica dei danni bellici di entrambe le guerre del Novecento o di altri catastrofi im-provvise, come già si è cominciato a fare per alcune strutture del nord Italia3. La ferrovia attraversa oggi come allora il vallone di S. Anatolia nei pressi di

PREFAZIONE

1. Una documentazione sul Mattatoio è stata recentemente presentata al Convegno di Bressanone, XXXI. 2015, Metalli in architettura. Conoscenza, Conservazione, Innovazione, Atti del Convegno di studi, Bressanone 30 giugno – 3 luglio 2015, Scienza e Beni culturali XXXI. 2015, a cura di G.Biscontin e G.Driussi, Edizione Arcadia Ricerche, Venezia 2015 (L.Farroni, E.Pallottino, F.R.Stabile, Il Mattatoio di Roma (1881-1891). Studio del progetto delle strutture in ferro, pp. 397-407). Inotre cfr. L.Farroni, Architecture and representa-tion: digital surveying of Pavilion 19 of the former Slaughterhouse (Ex Mattatoio) of Rome, in Atti Digital Heritage 2013 International Congress, Marsiglia, 28 ottobre -1 nOvembre 2013, IEEE Catalog Number, pp. 725-730; M. Canciani, L. Farroni, From survey to project: the case of study of the Ex Mattatoio in Rome, in Le Vie dei Mercanti. S.A.VE. Heritage, Capri, Napoli 2011, s.p.

2. Cfr. M.G. Bonaventura (et al.) a cura di, Archeologia industriale: atlante dei siti nella provincia di Roma. Roma, 2011.3. E.Zamperini, V.Cinieri, S.Lucenti, Conservazione e uso di ponti metallici: il caso del Ponte della Becca, in Metalli in architettura, cit., pp. 365-376.

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Velletri ma le tre travate reticolari in ferro sono state sostituite da analoghe strutture rialzate che poggiano su due piloni in c.a. realizzati negli anni ‘60 del Novecento. Questi hanno sostituito le belle pile in ghisa articolate dalla sequenza dell’ordine architettonico, quasi subito tamponate per inefficienza strutturale e cifra distintiva del primo Ponte fatto costruire da Pio IX sulla linea Pia Latina rivolta verso il confine meridionale dello Stato Pontificio. La nuova strada ferrata fu una delle prime realizzazioni nell’area laziale ad adeguarsi alle possibilità offerte dalla diffusione della locomotiva a vapore (il fumo è ben visibile sulla medaglia celebrativa e in molte incisioni dell’epoca) e una delle iniziative di modernizzazione di un pontificato per certi versi aperto all’innovazione tecnica. La presenza del nuovo ponte rende evidentemente impossibile una rico-struzione integrale del ponte ottocentesco che sarebbe stata in ogni caso un’operazione fuori tempo e funzionalmente inadeguata. Ma le due pile possono meritare un lavoro di restauro, a memoria della prima infrastrut-tura, frammenti verticali dell’intero come il relitto del Ponte Rotto a Roma. Se programmabile dalle amministrazioni competenti, quali la Regione Lazio

e il Comune di Velletri, il restauro avrà sicuramente bisogno del lavoro di Laura Farroni: dell’elaborazione del modello digitale sulla base delle fonti documentali e iconografiche e del rilievo con il laser scanner 3D delle pile superstiti. Il Dipartimento di Architettura, e in particolare i suoi docenti di Disegno, lavorano in questo settore della ricerca applicata, lungo percorsi metodo-logici in parte simili a quelli descritti in questo volume e capaci di proporsi come strumento di indagine autonoma. Alla ricognizione della materialità e del funzionamento delle strutture in ferro tra Ottocento e Novecento, Laura Farroni continua a dedicare il suo impegno anche come responsabile della sezione Rappresentazione di AUT (Archivio Urbano Testaccio del Di-partimento di Architettura)4.

Elisabetta Pallottino

4. AUT - Archivio Urbano Testaccio è un progetto di ricerca del Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, dedicato allo studio del quartiere Testaccio e dell’ex Mattatoio (coordinamento Francesca Romana Stabile, http://aut.uniroma3.it/).

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Osservare e studiare per conoscere, rappresentare e disegnare per analiz-zare ipotesi e avvalorare istanze interpretative, raffigurare cose ed espri-mere con accortezza critica idee per comunicare con acume le astrazioni concettuali di sintesi per far comprendere, superando la contingenza dell’oc-casione e approdare verso riflessioni di natura metodologica, questa è una buona chiave di lettura per poter cogliere la natura delle considerazioni raccolte nei testi e nelle immagini che compongono le pagine di questo volume.

Un contributo di un’autrice impegnata a interrogarsi sulla capacità che il disegno ha di veicolare contemporaneamente attraenti suggestioni e detta-gliate descrizioni, visioni concettuali di sintesi e informazioni analitiche legate intimamente da un’unica prevalente tensione: trasmettere quella valenza conoscitiva che la trascrizione grafica assicura nella sua essenza. Un dise-gnare sistemi per designare gli attributi di entità composite che rimandano a molteplici, diverse raffigurazioni e altrettanto varie rappresentazioni, mai finite o conclusive e, tuttavia, tutte fortemente collaboranti nel dispiegare proposizioni di tesi e ragioni che per esplicita impostazione vogliono essere vagliate criticamente.

Procedimento, questo, indispensabile sotto il profilo della responsabilità scientifica e culturale, fondamentale per valutare, selezionare e sostanzia-re ipotesi di metodo da trasferire in ambito applicativo, prefigurando la possibilità di sostenere più attivamente, attraverso forme plurime di analisi e rilievo associate ai contributi di altri filtri disciplinari, la memoria di opere architettoniche rese fragili e sempre più vulnerabili dalla loro obsolescenza funzionale oltre che dallo stesso scorrere del tempo. L’intenzione di perse-guire un simile itinerario appare risoluta e caparbia, potente e attenta, pre-murosa direi, rivolta a far riemergere dall’oblio un bene architettonico for-temente connotato ma in stato di abbandono; il proposito è reso evidente dalla scelta di impegnarsi nel rilievo del Ponte Pio o di Sant’Anatolia a Velletri, caso di studio difficile che si afferma per peculiarità proprie e caratterizza-zioni ambientali problematiche. Si tratta di un’opera d’arte infrastrutturale, un viadotto facente parte di una delle prime Ferrovie dello Stato Pontificio, capace di caratterizzare all’epoca della costruzione con la sua presenza il paesaggio circostante, e i cui resti sono oggi sovrastati dal nuovo viadotto e

sommersi in un contesto ambientale aggredito da una graduale e inesorabi-le rinaturalizzazione, colpito dall’incuria fino a renderlo quasi invisibile. Ope-ra ambigua e affascinante frutto, come altre coeve, di una concezione che oscilla tra innovazione progettuale di matrice ingegneristica, assecondando l’invenzione di un’articolazione spaziale che offre prestazioni strutturali nuo-ve con l’impiego del ferro, e reminiscenze compositive di natura architetto-nica, piegate dalla ricerca di un linguaggio riconoscibile, attraverso l’adozio-ne di imprestiti formali classici. Una conciliazione ricercata che l’intento del progettista York avrebbe voluto, forse, risolta e armonizzata in un sistema espressivo unitario, che rimane pretesto di sfida, o ancora consapevole e stimolante contrappunto percettivo, suggerito attraverso il rapporto che si instaura tra il sistema figurativo degli ordini disegnato per i piloni di sostegno che evoca solo apparentemente una concezione tradizionale, e la soluzione tecnologicamente più inedita delle innovative membrature reticolari per le travature e gli orizzontamenti.

Un campo di lavoro arduo e senza alcun dubbio complesso che ha richiesto per essere condotto metodo, competenza scientifica e abilità operativa, fat-tori essenziali per qualificare tutto il processo di indagine e sui quali è stato necessario operare una vasta serie di approfondimenti mirati, come azioni complementari utili per sostenere la ricerca.

Mi sembra di poter affermare che il nucleo fondativo del percorso d’in-dagine risulti concentrato intenzionalmente su quel rapporto, incerto in quanto ad esiti, che si instaura tra concezione e realizzazione, ovvero tra ideazione attinente al momento di astrazione concettuale, svolta con finali-tà progettuale, e processo produttivo da mettere in atto e controllare per dare compimento all’opera. Direzione di ricerca dedicata, in buona misura, a valutare il grado di distanza o di prossimità esistente tra architettura con-cepita e architettura costruita considerando le diverse modalità di media-zione, aperte dal linguaggio grafico, chiamato a rinnovarsi per divenire di supporto tanto alla concezione quanto alle fasi operative di costruzione. Tale rapporto è indagato con riferimento alle istanze poste dall’innovazione costruttiva e tecnologica, avviatasi nel secolo precedente ma divenuta più evidente a metà Ottocento in piena rivoluzione industriale, ancorata allo sviluppo teorico delle scienze ingegneristiche, alle nuove prassi costruttive

L’ARTE DELLA RAPPRESENTAZIONE DISSODA TERRE CULTURALIE COLTIVA LA MEMORIA

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e consentita dall’impiego di materiali che vengono piegati dall’esigenza di dare soluzione a scelte progettuali meno tradizionali, incluse attivamente in una tensione espressiva che conduce ad esiti inusuali. Una via inedita che pare voler mantenere memoria della storia e del dibattito architettonico secondo un tracciato tradizionale, seppur rivisitata e sollecitata da originali interpretazioni, anticipatrici dei successivi sviluppi, quelli veramente rivolu-zionari, del Movimento Moderno.

La metodologia del processo di analisi esperita si qualifica attraverso una esplicita disposizione e propensione di natura sperimentale: le letture com-parate che analizzano contributi e forme della figurazione architettonica, presenti in trattati e manuali del XIX secolo, vengono reinterpretate anche graficamente per essere meglio comprese, per poter operare verifiche che si confrontano con lo studio del Ponte Pio, promuovere in modo speri-mentale riscontri di permanenze e differenze, comparazioni interessanti in termini di risultati e di ulteriori curiosità suscitate. Come già detto il deside-rio di coniugare competenza culturale, rigore metodologico e abilità nelle elaborazioni si conferma quale atteggiamento di fondo, indirizzo valido per qualificare il rilievo di un manufatto considerato come esempio emblemati-co, essendo caratterizzato da attributi individuali precipui e particolarmente idonei per poter saggiare, confermandoli o smentendoli, alcuni assunti. Un caso applicativo che è risultato laboratorio di ricerca a se stante e campo di prova per alcune formalizzazioni rappresentative che si piegano all’esigenza di accrescere conoscenza, formulazioni alternative operate durante le fasi di restituzione grafica, prodotte elaborando disegni complessivi e partico-lari di dettaglio di diverso livello, in un’alternanza di visioni complementari. Sono rappresentazioni direttamente ancorate alla stessa ansia speculativa di approfondire, per capire e ancora capire, registrando nei disegni forme de-finite e calcolate pensando al risultato complessivo dell’immagine formale, associate a particolari studiati nel loro sviluppo pensando alle fasi produtti-ve. In pratica si tratta di un fil rouge che vede riaffermata una metodologia già resa esplicita in fase di impostazione, legata a quella matrice della ricerca che sembra voler favorire una forma di mediazione tra l’approccio combi-natorio-tipologico e il metodo dello scomporre analitico del sistema “ma-

nufatto”, cui segue il momento di sintesi di ricomposizione degli elementi, divenuti componenti di una entità che designa l’individualità architettonica dell’opera.

L’itinerario si svolge tra strategie digitali che condensano nelle immagini fat-tori di forma e fattori di misura, depositati nei dati numerici dell’elaborazio-ne, e tracciati figurativi che adottano un codice grafico ispirato ai modelli tipologici di manuali e trattati; abachi di componenti come presentazione di repertori architettonici esposti in tavole comparative alla maniera dei volumi dedicati all’arte di costruire, apparati iconografici legati da regole compositive comuni come esercizio di stile; rappresentazioni tridimensio-nali che vengono scomposte in esplosi assonometrici per rendere visibili componenti e relazioni tra le parti e il tutto, studi di nodi spaziali e superfici che vengono distese per rendere visibile la vera forma degli elementi. Un insieme di figure che intimamente legate ai contributi testuali arricchisce il panorama dell’analisi conoscitiva, coniuga teorie e prassi, e si propone quale sintesi efficace e produttiva sottolineando che l’arte della rappresentazione ha riconferma nel suo ruolo di linguaggio plasmabile e vivo.

Concludo citando il passo di un libro di Cesare Pavese, a me carissimo, “ Dialoghi con Leucò” del 1947, lo ricordo qui nell’edizione Einaudi del 1999, si presta a fantasticare sulla nostra ostinazione nel continuare a disegnare. Nel racconto che si intitola Il Mistero parlano Dioniso e Demetra, nel dialo-go, a un certo punto, Dioniso dice:[...gli uomini] “Hanno un modo di nominare se stessi e le cose e noialtri che arricchisce la vita. Come i vigneti che han saputo piantare su queste colline. Quando ho portato il tralcio a Eleusi io non credevo che di brutti pendii sassosi avrebbero fatto un così dolce paese. Così è del grano, così dei giardini. Dappertutto dove spendono fatiche e parole nasce un ritmo, un senso, un riposo.”

Giuseppa Novello