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Annarena Ambrogi

PAviiii• WAI (S]IMVA1

IN MARMI BIANCHI E COLORATI

<<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER

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ANNARENA AMBROGI

Labra di eta romana in marmi bianchi e colorati

Copyright 2005 © <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 19 - 00193 Roma

http://www.Ierma.it

Progetto grafico: eL'ERMA>> di BRETSCHNEIDER

Tutti i diritti riservati. E vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza ii permesso scritto dell'Editore.

Ambrogi, Annarena Labra di eta romana in marmi bianchi e colorati / di Annarena Ambrogi. - <<L'ERMA>> di BRETSCHNEIDER, 2005. 640 p., 131 P. di tav. ill. 24 cm. - (Studia Archaeologica ; 136) ISBN 88-8265-3024

CDD21. 733.5 1. Archeologia - Roma Antica - Sec. 1 a.C.-4 Vasche romane - Sec. 1. a.C.-4.

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Ai rniei amati genitori

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INDICE

Premessa p. 9

Introduzione ........................................ >> 13

Prototipi e funzioni ................................... >> 17

Tipologia del labia ................................... >> 73

Tipologia del supporti ................................. >> 95

Materiali ........................................... >> 113

Sistemi produttivi e committenza ........................ >> 137

Cronologia ......................................... >> 167

Cata1ogo ........................................... >> 175

Labia ........................................... >> 175

Supporti ......................................... >> 345

APPENDICI . .......................................... >> 411

I) Element frammentari pertinent a labia ................ >> 411

II) Labia documentati dalle fonti ....................... >> 415

Elenco delle abbreviazioni ............................. >> 421

INDICT: ............................................ >> 431

Indice del materiali dei labia .......................... >> 433

Indice topografico del labia .......................... >> 441

Indice del materiali del supporti ....................... >> 457

Indice topografico del supporti ........................ >> 467

Referenze fotografiche (labia) .......................... >> 485

Referenze fotografiche (supporti) ........................ >> 489

Didascalie delle figure ................................ >> 493

Tavole ............................................ >> 495

Catalogo dei labra .................................. >> 497

Catalogo del supporti ................................ >> 581

Appendice I ....................................... >> 627

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"Ii giusto ê tranquillissimo, 1 'ingiusto d pieno della pid grande inquietudine" EPIcuRo, Massirne Capitali

PREMESSA

Questo volume sui labra puo essere considerato la continuazione e il corn-pletamento di quello su "Vasche di eta romana in marmi bianchi e colorati". Infatti, l'esame del bacini tondi, di cui molti ancora in situ, ha permesso di analizzare meglio le funzioni di questi manufatti; così come la testimonianza di numerosi esemplari semilavorati, alcuni dei quali rimasti in cava, ha con-sentito un piü attento esame delle modalità di lavorazione e di diffusione di questi prodotti nel mercato antico.

I labra e i supporti sono stati esaminati sia dal punto di vista archeologico, che da quello storico-antiquario, appartenendo alla "storia" del manufatto anche la ricostruzione, attraverso lo studio del documenti grafici e letterari, medievali e moderni, delle vicende post-antiche da esso vissute.

Come nel precedente volume, l'analisi del prototipi in ambito greco, delle diverse funzioni svolte dal labra, del materiali utilizzati e delle tipolo-gie è stata sviluppata nella prima parte del volume, completata da una sin-tesi sui sistemi produttivi e sulla committenza e un epilogo conclusivo sulla cronologia.

Ii catalogo del labra e quello del supporti sono stati ordinati in primo luogo in base al materiale utilizzato e, all'interno di ogni gruppo di materiale, in ordine topografico di luogo di conservazione: prima sono elencate le opere con-servate all'estero, poi queue italiane, lasciando per ultime quelle presenti a Ostia, nella Città del Vaticano e a Roma, essendo tra loro strettamente connesse.

Nelle due appendici sono raccolti gli elementi frammentari e i labra non piii reperibili, documentati dalle fonti letterarie e grafiche.

Le tabelle finali offrono un quadro riassuntivo del risultati ottenuti, con gli indici dci materiali e gli indici topografici dci labra e del supporti, arricchiti dalle indicazioni della tipologia, della provenienza e delle dimensioni.

Preciso che questo lavoro è stato avviato nell'ambito delle attività di ricerca della cattedra di Archeologia e Storia dell'arte greca e romana del-1'Università degli Studi di Roma, Tor Vergata, coordinate dal prof. A. Giuliano, che ringrazio sentitamente.

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Per la realizzazione di questo volume, il contributo fondamentale lo devo a Matthias Bruno, ii quale ml ha indicato numerose opere conservate a Roma, ad Ostia e in altri siti archeologici; mi ha fomito generosamente tutte le mdi-cazioni e ii materiale fotografico del labra e del supporti conservati in ambito greco, microasiatico e libico; ha seguito pazientemente tutte le fasi di compi-lazione del lavoro, rileggendo con grande attenzione la redazione finale, sem-pre prodigo di informazioni e di consigli: preziosissimi quelli sui materiali, che, insieme agli scritti di Raniero Gnoli e di Patrizio Pensabene, hanno costi-tuito le fondamenta del presente lavoro. A me, ovviamente, vanno ascritti tutti gli errori riscontrabili nella compilazione. La mia riconoscenza va a Daniela Bonanome, per la sua fattiva collaborazione: oltre a fotografare tutte le opere conservate in ambito urbano, ostiense e vesuviano, e a riprodurre le immagini da libro, mi ha accompagnata pazientemente nelle ricognizioni, offrendomi aiuto e suggerimenti, insieme al suo costante e amichevole incoraggiamento. I negativi delle fotografie realizzate dalla Bonanome si conservano nel-l'Archivio Fotografico della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", di cui la Bonanome è funzionario respon-sabile. I disegni delle tipologie del labra e del supporti sono stati realizzati dall'arch. Mario Chighine, al quale rivolgo un riconoscente ringraziamento per avermi aiutata, nonostante i suoi numerosi impegni. Un ringraziamento particolare va a Maria Grazia Granino Cecere per le indispensabili informa-zioni sul materiale epigrafico.

Vorrei, inoltre, ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile l'esame delle singole opere, agevolandomi nella ricerca: per i Musei Vaticani, in-tendo ringraziare sentitamente Paolo Liverani e Giandomenico Spinola; per il Museo Nazionale Romano, Matilde DeAngelis d'Ossat, Rosanna Frig-geri, Sergio Mineo, Rita Paris; per la Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, Eugenio La Rocca, Paolo Arata, Carmela Camardo, M. Luisa Cardilli, Rossella Motta, Claudio Parisi Presicce, Riccardo San -tangeli Valenzani; per J'Antiquarium del Cello, Carla Salvetti; per il Museo Barracco, Maresita Nota; per la Soprintendenza al Beni Archeologici di Roma, Palatino, Irene lacopi, Stefania Trevisan; per la Soprintendenza Archeologica di Ostia, Anna Zevi Gallina, Jane Shepherd; per la Soprinten-denza dell'Etruria Meridionale, Anna Maria Moretti Sgubini; per il Lapida-rio di Trieste, M. Vidullo Torlo; per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Paola Rubino; per gli scavi di Pompei ed Ercolano, Pier Giovanni Guzzo; per i rinvenimenti in Libia, Luisa Musso; per le Chiese e le Basili-che da me visitate, ii personale ecclesiastico e laico, che si è sempre dimo-strato disponibile e cortese; si vuole, inoltre, ringraziare la Procuratoria della Basilica di S. Marco a Venezia, la Direzione della Galleria Palatina di Palazzo Pitti e della Fabbrica di Palazzo Vecchio a Firenze.

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Questo libro ê per i rniei genitori. Senza ii loro aiuto non avrei potuto dedicarmi a questa ricerca, ma ii ringrazio soprattutto per avermi insegnato, con la rettitudine esemplare della loro esistenza, i principi morali, che sono alla base di una vita giusta, dignitosa e onesta.

Al miei figli regalo questo lavoro: poca cosa rispetto ai preziosi doni che ogni giorno mi offrono.

Roma, 12 maggio 2004

ANARENA AMBROGI

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INTRODUZIONE

I labra riuniti in questa raccolta si caratterizzano per una forma emisfe-rica, schiacciata sul fondo, ph'i o meno profonda, e per un profilo unitario ad arco di cerchio, che dal labbro, generalmente estroflesso o pin raramente a bordo liscio, passa al corpo, dalla curva piü o meno accentuata, per finire sul fondo piatto, segnato da uno stacco ad angolo ottuso. Ii supporto, unico e cen-trale, puô presentare forme diverse: a doppo calice, a colonnina, campani-forme, a rocchetto, a plinto e a bulbo.

E testimoniato, inoltre, un tipo di labrum piü complesso, caratterizzato dall'aggiunta di preziosi motivi decorativi, quali baccellature o scanalature', kyinatia ionici sul labbro, anse arricchite di serpenti e maschere barbate, e da una tettonica piü articolata, ii cui profilo discontinuo crea uno stacco netto tra Iabbro, collo, pancia e fondo.

In questa raccolta sono considerate le vasche con pareti lisce, piü fre-quenti, e queue con pareti scanalate o baccellate, pin rare: esse, nonostante alcune variazioni tipologiche e formali, costituiscono un complesso piuttosto omogeneo, che si puô circoscrivere in un'unica classe, i cui limiti cronologici ed ambiti produttivi, le cui funzioni e caratteristiche funzionali Si possono considerare unitariamente.

Sono, invece, da esciudere le tazze in marmo, pertinenti ad una categoria a sé stante, per la forma e la decorazione particolarmente ricche e complesse, derivanti dai preziosi prototipi toreutici di eta ellenistica 2 . Queste tazze si dif-ferenziano dal labra, per la presenza di complessi manici e di preziosi sup-porti, particolarmente elaborati, in forma di tripodi, a volte figurati, e per una

Nel presente catalogo 6 state inserito ii labrum con corpo baccellato ai Musei Vaticani (L. 62), la sua forma rientra, infatti, nel tipo lussuoso, pur essendo privo di anse.

2 Si ricorda come esempio ii cratere bronzeo iscritto sull'orlo, donato da Mitridate Eupatore, re del Ponto, morto nel 63 a.C., aIl'associazione degli Eupatoristi, forse con sede ad Atene o a Delos, rinvenuto ad Anzio, collocato nel Palazzo dci Conservatori, probabile bottino di guerra in una delle campagne contro it re del Ponto: STUART JONES, Pal. Cons., p. 175, nfl 10, tav. 62; HELBIG, n. 961.

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tettonica in genere pifii articolata del corpo, dal profilo discontinuo 3 : alla con-cavità del collo, incavato in una scozia, si contrappone la convessità della zona inferiore, spesso baccellata. A seconda dell'articolazione di quest'ul-tima, le tazze si possono distinguere in un tipo particolarmente largo e basso, in cui dalla spalla si digrada con una curvatura quasi orizzontale nel fondo ampio e schiacciato4. L'altro tipo, invece, si caratterizza per una rnetà infe-noTe pin capiente, gradatamente incurvata verso ii fondo a formare quasi un'emisfera, le cui pareti sono spesso decorate; anche questo tipo presenta ricchi supporti a tripodi e figurati 5 . Ii collo e la spalla, infatti, sono sontuosa-

Sulla defmizione di queste tazze si veda it volume delta Grassinger D. GRASSINGER, Römische Marinorkratere, Mainz am Rhein 1991, p. 221 s., con elenco delle opere), che defmisce Becken und Schalen, quei contenitori it cui corpo 6 pin basso rispetto at diametro, con pareti subito incurvate fino at labbro, ornate da motivi vegetali o figurati. Rappresentazioni parietali di fontane con vasche di que-sto tipo si conservano nelle case vesuviane: JASHEMSKI 1979, passim.

4 A questo tipo appartengono: it bacino baccellato su supporto formato da tre sileni accovacciati (LIPPOLD 1956, p. 185 s., n. 40, tav. 88); la tazza at Palazzo dei Conservatori, da Villa Caetani, di eta augustea (GusM.e.1', I, tav. 7 a; D. MUSTILLI, Ii Museo Mussolini, Roma 1939, p. 112, n. 28, tav. LXX, fig. 276; STUART JoNEs, Pal. Cons., p. 148 s., n. 34, tav. 51); la tazza, Ic cui pareti sono riccarnente de-corate con girali e foglie acantine, dall'Esquilino, datata in eta augustea, attualmente nella Centrale Montemartini (GUSMAN, I, tav. 24; MUSTILLI, op. cit., P. 105 s., ii. 6, tav. LXI, fig. 243; STUART JONES, Pal. Cons., p. 142, n. 22, tav. 51; H.U. V. SCHONEBECK, Bin hellenistisches Schalenomnainent, in Mne- mosynon Th. Wiegand, Munchen 1938, P. 54 ss., tavv. 19-21); at Louvre si conserva una tazza del II secolo d.C. su tripode con gambe decorate da tralci floreali, in marmo rosso (GUSMAN, Ill, tav. 169, 2); la particolare tazza neoattica con thiasos marino sull'alto collo, posta su tre zampe ferine, la cui da- tazione oscilla trail 100 a.C. e l'eta augustea, at Museo Nazionale Romano, 11. mV. 113189 (Mus. Naz. Rom., I, 1, p. 255 ss., n. 159: R. PARTs); le due tazze con scene figurate sul collo, conservate at Museo Torlonia (GRASSINGER, op. cit., p. 221, H, J con bibl. prec.), una con scene dionisiache, l'altra la co-siddetta "tazza Albani" di eta augustea con fregio raffigurante le fatiche di Ercole (L. CURTIUS, Orest und Iphigenie in Tauris, in RM 49, 1934, p. 277 ss., figg. 15-18). Un semplice basso catino a profilo continuo, in pavona.zzetto, con una rosetta scolpita all'interno, presenta una tazza su tripode ai Musei Vaticani: AMELUNG 1908, p. 398 5., n. 247, tav. 35. Interessante un frammento di tazza at Museo Ar-cheologico di Tarragona, con due maschere dionisiache, una imberbe e una barbata, e kyina ionico sul labbro: GRAS5INGER, op. cit., p. 222, N, tav. 325, fig. 227. Ricordiarno anche alcuni frammenti di taz-ze con girali e kymatia lesbii sul labbro: H. FRONING, Marmor-Schmuc/onlifs mitgriechischen Mythen im 1. Ih. v. Chm, Mainz am Rhein 1981, tavv. 59, 3,4-5; GRASSINGER, op. cit., p.221, C, U, E. Nei cen- tn vesuviani Sono testimoniate alcune di queste tazze mannoree: due conservate netmagazzino del Foro di Pornpei; cfi anche SPINAZZOLA 1928, tavv. 41, 43. Questi esemplari vesuviani sono tutti di no-tevole qualith: di quelle pubblicate dallo Spinazzola, una presenta la consueta forma a kantharos con manici doppi, corpo baccellato e labbro con ovoli, l'altra, preziosa in basanite, si caratterizza per it complesso sostegno in forma di Scilla. Delle altre due conche pompeiane, una (inv. n. 20656) ha un prezioso ombelico a doppia corolla di petali all'intemo e l'altra (inv. n. 39577) la pancia sottolineata da trecce doppie; ricercati anche i ricchi labbri vegetalizzati a con kyina ionico. Da Stabia, dalla villa del Pastore in localitk Varano, provide un'altra vasca (mv. n. 63894) ansata, con collo rientrante e pancia breve e abboinbata, su un ricco supporto vegetalizzato.

Tipico esempio di questo genere 6 la tazza in marmo bianco, su supporto moderno, rinvenuta a Riva del Garda, datata nell'ultimo quarto del I secolo d.C. e considerata un importante elemento d'ar-redo di una villa presso il !ago: A. STENICO, Una vasca mamniorea a Riva del Garda, in Studi Trentini di Scienze Storiche, 30, 1951, p. 279 ss.; A. MoscA, La grande tazza marmorea di Riva del Garda, in Arch. Class., 49, 1990, p. 411 SS.; ID., Ager Benacensi S. Carta archeologica di Riva delGarda e di

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mente ornate con motivi vegetali, scene figurate e cornici, mentre la pancia e ii fondo sono generalmente decorati con fini baccellature. Alcune tazze del tipo schiacciato presentano un fondo circolare e un collo quadrangolare6. Queste opere appartengono ad un ambito produttivo diverso rispetto a quello del labra: si tratta di oggetti di pregevole fattura, espressioni del gusto neo-classico, legati ad una committenza particolarmente facoltosa e destinati ad ambiti in genere privati. Esse si diffondono soprattutto tra l'età tardo-repub-blicana e la prima eta imperiale, ma sono ampiamente attestate anche in eta adrianea e antonina.

Sono esciusi dalla raccolta anche i tavoli marmorei circolari, dal fondo completamente piatto e dal bordo leggermente rialzato. Essi, infatti, rientrano nella classe delle mense da tavolo, piuttosto che in quella dei bacini: questi ultimi presuppongono una certa profondità, che, sebbene minima, possa co-munque permettere la raccolta dell'acqua, mentre i tavoli circolari, spesso uti-lizzati come fontanelle ornamentali negli atria e nei giardini delle abitazioni romane o come fonti sacrali presso tempi e santuari, facevano zampillare l'acqua dal centro, lasciandola subito defluire dai bordi, senza che si potesse raccogliere al loro interno, se non per formare un sottile velo d'acqua7.

La vastità della ricerca, sia dal punto di vista cronologico che geografico, essendo le vasche tonde su supporto centrale prodotte in modo continuativo e pressoché identico per forme e funzioni, lungo un ampio arco temporale, che va dall'etâ arcaica fino a quella tardo-antica, mi ha indotto a delimitare ii

Arco, Trento 2003, p. 85, fig. 34: si tratta di una tazza originariarnente ansata, di 137 cm di diametro, con alta carenatura, ornata con una cornice ad astragali e una doppia treccia, al di sopra della quale cone un fregio figurato, lacunoso nella parte superiore, con puttini vendemmianti irnrnersi in tralci di vite. Analoga 6 la forma di due catini, uno, con tralcio vegetale sul collo e supporto con cavalli, con-servato nella Sala dei Busti nei Musei Vaticani, databile nel II secolo d.C. (GUSMAN, II, tav. 67 =A-ME-LUNG 1908, p. 508 s., n. 312, tav. 66), l'altro con teste leonine, su colonna tortile al centro e tre pilastri con tralci vegetali e piedi leonini, proveniente da Villa Adriana, nra al Louvre (GusMAN, I, tav. 2). Un catino in alabastro, con anse vegetali, datato nel II secolo d.C., è conservato negli Uffizi (MANSUELLT 1958, I, p. 97, n. 196, fig. 196). Una conca sostenuta da sfingi proviene da Pompei: SPINAZZOLA 1928, tav. 42. Ricordiarno, ftoltre, una tazza singolare ai Musei Vaticani (LIPPOLD 1956, p. 57, tav. 22) for-mata da un calice di trentadue foglie, le cui punte sono rovesciate verso l'esterno a formare ii labbro.

6 Esemplari di questo tipo sono ai Musei Vaticani: GUSMAN, I, tav. 7 b (eta traianea)=LwP0LD 1956, p. 374, n. 6, tav. 163; L1PPOLD 1956, p. 205, n. 70, tav. 101 (in alabastro); GUSMAN, II, tav. 1 10 =AME-LUNG 1908, p. 702, n. 435, tav. 77 (da Villa Adriana). Ricordiamo anche la tazza, tonda all'interno e quadrata all'esterno, posta nel peristilio della casa di Caecilius Jucundus a Pompei.

11 Moss (Moss 1989, p. 34, nota 51) preferisce la definizione di bacino piatto; anche il Ginou-yes (GiNoovEs 1962, p. 85 s., tav. XX, n. 59) a proposito di un esemplare delio (DEONNA 1938, tav. XXI, n. 149: tavolo) parla di vasca, sottolineando che già dall'età arcaica le vasche si devono distin-guere in vasche a segrnento di sfera e vasche a fondo piatto. Su questi tavoli marrnorei circolari: DEONNA 1938, pp. 52, 56 ss., tavv. XXI, nn. 148-149; XXV, nn. 177, 179, 180; Mus. Naz. Rom., I, 2,

p. 133 s., n. 34 (A. MAN000RI-M. BERTINETTI); GEORGE 1998, p. 82 ss.

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eampo di indagine all'ambito urbano, periferico e provinciale di eta romana. Del periodo tardo-repubblicano sono stati presi in esame esciusivamente i prodotti rinvenuti in Occidente, specificando l'origine greco-orientale dei ran esemplari d'importazione (ad esempio le vasche dei relitti di Spargi e di Ven-totene). Non sono stati, invece, considerati i numerosi esemplari di eta elleni-stica rinvenuti in ambito greco, in quanto prodotti dell'artigianato ellenico (in particolare si ricordano i numerosi esemplari di Delos ed Olynthus, esaminati complessivamente nel quadro introduttivo, ad eccezione di alcuni esemplari delii, esemplificativi delle tipologie esaminate). Le vasche realizzate in eta romana, ma rinvenute nell'area greca e greco-orientale, sono state inserite nel catalogo, in quanto manufatti dell'ambito provinciale romano.

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PROTOTIPI E FIThIZIONI

Nella terminologia antica si incontrano diversi norm latini indicanti vasche, bacini, fontane e piscine, ma poiché ciasduno di essi ha vane accezioni, molte incertezze gravano ancora sul riconoscimento del termini moderni equivalenti'.

Ii ten-nine alveus Si riferisce a recipienti cavi, in genere di grandi dimen-sioni, a volte con manici, realizzati in marmo, pietra o legno; essi possono con-tenere acqua (per here, lavarsi, per ii lavaggio del neonato, per fontane nei giardini), vino, cereali e raccolti van. Alvei sono definiti gli utensili per la dci-na, le mangiatoie o i trogoli per gli animali d'allevamento, ma anche i bacini per immersione nei caldaria delle terme2.

La concha, con ii suo diminutivo conchula, puô indicare vast di grandezza e di uso diversi, spesso in forma di conchiglia. E realizzata generalmente in metalli van ed e utilizzata per bere, per contenere ii sale e l'olio o per lavarsi, come vasca da fontana, come unità di misura, per dono votivo, come fonte battesirnale.

Ii lacus3 , con il suo diminutivo lacusculus, ha vane accezioni: contenito-ri di vino, mosto, olio, succhi di frutta; vasi per salamoia; riserve d'acqua; fontane; vasche nei bagni; fontane come don] votivi; lavatoi; abbeveratoi; a volte il termine si associa apiscina, in particolare nelle ville e negli impian-ti termali. La forma non è indicata con precisione dalle fonti: ii lacus, cornunque, doveva essere cavo, privo di copertura, molto grande e capiente. Dalle epigrafi4 si evince con certezza che con il termine lacus si designa un

I Sulle denorninaziorn latine di vasche e bacini van, con elenco delle flinzioni e delle cita-zioni nella letteratura antica: W. I-uLCERS, Lateinische GeJilssnamen, Düsseldorf 1969, nn. 13 (alveus), 109 (concha), 110 (conchula), 201 (labelluin), 202 (labrurn), 203 (lacus), 204 (lacu-sculus), 224 (luter), 342 (soliuin), con ampia bibl. prec. Sulla terminologia antica si vedano le note seguenti relative ai singoli termini latini.

2V,TRUV.,\T,10. Sul termirie lacus si vedano daultimi: LETZNER 1990, p. 63 SS.; MALISSARD 1994, p.21 ss.;

DEL CHICCA 1997, p. 231 ss., con bibi. prec. CIL, I, 2, 1529; CIL, X, 5807.

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grande bacino alimentato da un acquedotto. A partire dall'età augustea5, lacus indica la vasca della fontana pubblica, alimentata generalmente dal-l'acquedotto cittadino e composta, nella sua forma basilare poi arricchita ed articolata, di una vasca rettangolare formata da quattro lastre di pietra, unite da grappe metalliche, e di un pilastro munito della bocca d'acqua (saliens), ornato a rilievo con teste umane e ferine, o rosette e ornati van; la fontana pubblica poteva essere indicata anche con ii termine salienst, in quanto vasca con getto d'acqua zampillante. Ii nome lacus indica anche un bacino artificiale costruito per raccogliere l'acqua di una sorgente, come nel caso del lacus ofons Iuturnae7.

Ii lutér, dal greco XouTp, è un recipiente in bronzo per lavarsi le mani all'ingresso del templi; un vaso per acqua; un dono votivo su base.

Ii solium è la vasca da bagno con acqua calda, sia ii tipo in cui si sta sedu-ti, Sia ii grande bacino, usata anche per bagni terapeutici e di vapore. Solia sono utilizzati in agricoltura e come sarcofagi: in quest'ultimo caso le fonti ii ricordano in oro, in marine: porfido8 e in argilla.

Ii labruin e ii SUO diminutivo labellum indicano bacini e vasche circolari per contenere acqua, realizzati in argilla, bronze, marmo, pietra e porfido, da utilizzare nel bagno privato e nelle terme pubbliche. Labra erano anche fonta-ne, bacini omamentali di residenze private, vasche d'acqua lustrale, recipienti vari ed urne funerarie. E questo ii termine latino che meglio Si adatta a defini-re le vasche della classe in esame.

Nella letteratura rnoderna con ii termine labrurn Si intende una grande vasca dal fondo piatto, con un labbro incurvato verso l'estemo, poSta su un supporto. L'esame delle numerose vasche tonde conServateSi, induce a rileva-re che ii labbro estroflesso non coStituiSce un carattere determinante del

5 DEL CIIccA 1997, p. 234 ss.: ii tipo-base di queste fontane, piü semplice e rudirnentale, di cui alcuni esemplari si conservano a Pornpei ed Ercolano (sui Laujbrunnen pompeiani si veda infra nota 246), a Roma fu affiancato e poi sostituito da modelli piü rifiniti: sull'evoluzione delle fontane: NEUERBURG 1965; H. LAVAGNE, Fontane e Ninfel, in Civittd dci Romani. La cittd, ilter-ritorio, l'iinpero, a cura di S. SETTIS, Milano 1990, p. 125 ss. Una svolta decisiva nell'incre-mento e nell'evoluzione delle fontane pubbliche si ebbe con l'edilità di Agrippa (33 aC.) e la sua riorganizzazione del Settore dell'aquapublica: si veda infra note 232-242.

6 11 termine saliens/salientes si riferisce alI'acqua zampillante fuoriuscente da tubi (sia zampilli ornamentali, che cannelle d'acqua funzionali all'attingimento) e, per sineddoche, alle fontane zampillanti: Cic., Quint. ft 3,1,3; VITRUV. VIII, 3,1; cfr. LETZNER 1990, p. 75 ss.; DEL

CHICCA 1997, p. 240 ss., in particolare p. 244-246: il termine saliens equivale allo zampillo e quindi alle fontane da esso caratterizzate, sia private che pubbliche; esso Si PUÔ riferire sia in particolare allo sbocco d'acqua, come parte essenziale del tacos, sia in generale alle fontane pubbliche di destinazione utilitaria, come sinonimo di lacus, che specificatamente alle picco-le fontanelle pubbliche. Si veda sul termine saliens anche la nota 238.

Cfr. LTUR, III, 1996, s. v. tacos Iuturnae, p. 168 ss., con bibl. relativa (EM. STEINBY).

SUET., Nero, 50: le ceneri di Nerone furono deposte in un sotiurn porphyretici inarmoris.

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labrum, essendone privi alcuni esemplari 9 ; è rneglio, quindi, parlare pin' sem-plicemente di vasche tonde con fondo piatto, su supporto unico.

Nelle fonti antiche ii termine /abruin 10 è piuttosto generico: ii vocabolo, forma contratta di lavabruin (o lavacruin)11 dal verbo lavo (lavarsi), ha come significato primario quello di vasca per acqua 12 , rilevando l'evidente legame con la tradizione del bagno; ii labruin, infatti, indica anche ii bacino in cui si effettuava ii bagno dei bambini 13 . Ii labrum ê generalmente di forma rotonda14, puô presentare a volte manici' 5 e sostegni a colonnetta in marmo: Zabelluin mar-inoreum cum colurnella 16 . Sono inoltre ricordati labra metallici con support1 17 e vasche marmoree con fistule plumbee e rubinetti dorati' t . Ii termine si puô rife-rire sia a un tipo di fontana, che a bacini di generi e dimensioni diversi, con vane funzioni: vasche per l'igiene personale, vasche termali, vasche cultuali19. Vitruvio20 per labruin intende la vasca termale, che riceve luce dall'alto, attor-no alla quale si fa circolo per effettuare le abluzioni, posta nella schola. Frequent sono i labra installati nelle terme pubbliche per le abluzioni e le vasche per bagni e lavaggi privati presenti in ambito dornestic021.

Sulla non costante presenza del labbro, cfr. anche: LETZNER 1990, p. 93. 10 Sul termine e sulle funzioni del labruin: DAREMBERG, SAGLIO, III, 2, 1904, S. v. Labrum,

p. 881 s. (E. SAGLIO); RE, XII, 1924 c. 285 S., S. V. Labrum (HUG); E. DE RUGGIERO, Dizionario epigralco di antichitd romane, IV, 1942 ss., p. 328, S. V. Labruin (DE RUGGIERO-BARBIERJ); Kleine Pan/i, III, c. 431, s. v. Labruin (GRoss); Oxjbrd Latin Dictionary, I, 1968, p. 992, s. v. Labrum; Thesaurus Linguae Latinae, VII, 2, 1970-79, c. 812 S., S. V. Labrum (FLURY). Per un discorso complessiVo sul Vocabolario termale e in particolare sul termine labrum: R. REBUFFAT, Vocabulaire thermal, in Les Thermes romains 1991, p. 1 ss.; LETZNER 1990, p. 92 ss.; MALISSARD 1994, p. 22.

1 MAR.VICTORIN., Gramin. VI 9,20: ci pro lavabropotius labrum; ISM., Orig. 20,6,8. 12 Parlano genericamente di labra contenenti acqua: CATO, Dc re rustica 10,4 (labra aqua-

ria); VERG., Aen. 8,22; 12, 417; cfr.: CLAUD. DON., Ac/I. 12, 415; CHARIS., Ex arte gramm. exc. 553,38 (ed. KEIL); CYPR. GALL., n. 54; Passia Sancti Mania/I. ex Gemellis, BHL 2, p. 876, n. 6009, ediz. P. FRANCHI de' CAVALIERI, Scritti Agiograjici, I, Studi e Testi, 221, Cittt del Vaticano 1962, p. 199 ss., cap. VIII (p. 267): "qui sedens super labrum aquarum".

13 ISID., Orig. XX 6,8. 14 COLUM., Dc re rustica, XII 52,10 (...in rotundum labrum...). 15 CATO, Dc re rustica, 154 (labrum con quattro anse per misurare ii vino). 16 CIL, XIV, 2215, VV. 8-19: stele iscritta da Nemi. Cfr. anche CIL, VI, 10237, V. 5: cippo

rnarrnoreo dalla Via Labicana, loc. Centocelle: labrum cum julmentis marmor('cis),fullnentis sta per sostegni.

17 VULG., Exod. 30,18; 31,9; 35,16; 38,8; 39,39; 40,11; ORIG., in exod. ho/i/il. XIII 3

(p. 273,11, ed. BAEHREWS). 18 CIL, VIII, 23991. 19 Ps. Asc., Div. Caec. p. 101: alli delubra dicunt et tell/p/a in quibus stint labra corporuni

abluendorum. Significato sacro ha ii Vocabolo in: CIL, Ill, 6689; CIL, XIII, 919. 20 VITRUV., V, 10, 4. 21 SulIa funzione di vasca per laVaggi del labruin: DAREMBERG, SAGLIO, I, 1, 1877, S. V.

Balneum, Balnccic, p. 648 ss., in particolare sul labrum p. 656, figg. 757-758 (E. SAGLIO). Alcune epigrafi citano labra in ambito balneare priVato e pubblico: CIL, II, 5181,23; CIL, X,

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Le fonti rnenzionano labra in funzione di fontane pubbliche e private. Livio ricorda due labra marmorei che P. Cornelio Scipione l'Africano, nel 190 aC., prima della partenza per 1'Asia in qualità di legato del fratello Lucio, aveva fatto collocare di fronte ad un nuovofornix da lui innaizato in Capitolio. Ii fornix, connesso con due immagini di cavalli e sette statue di bronzo dorat022 , doveva scavalcare ii clivus Capitolinus e probabilmente costituire un ingresso monumentale al Campidogli0 23 . Plinio ii giovane24 descrive nel cortile di una sua villa, ai piedi dell'Appennino toscano, un labrum marmoreo, da cui traboccava l'acqua, posto tra quattro alberi di pla-tano. Ammiano Marcellino, alla fine del IV secolo, ricorda che "in hac urbe inter labra ingentia... obeliscos vidimus" 25. Sono testimoniati anche labra per contenere le pietanze 26, per la lavorazione degli alimenti e per la fabbri-cazione del vino e dell'olio: Catone27 menziona, a proposito dell'attrezzatu-ra necessaria per coltivare un oliveto e un vigneto, un labrurn eluacrurn (vasca per lavare), un labrum lupinarium (per ii residuo acquoso lasciato dall'olio fatto sgocciolare dalle olive torchiate), labra aquaria e labra olea-na. ColumelIa28 ricorda un labrum per deporvi i fichi durante il processo di essiccazione e labra per la lavorazione dell'olio e degli unguent1 29 . Virgilio3° menziona labra per ii mosto .. . spurnat plenis vindemia labnis. Vengono, inoltre, ricordati labra ripieni d'acqua in cui è stato immerso ferro rovente, ottima cura contro 1'elefantias131.

817; CIL, XIV 2119. Tinozze per lavare sono ricordate da Catone: CATO, De re rustica, 10,4; 11,3: labrurn eluacruin. Labra per bagni sono ricordati da Ovidio: OviD., Ibis, 477; Fast IV, 761.

22 Probabilmente, secondo Coarelli, si trattava delle statue-ritratto delta gens Cornelia e non dei segni dello zodiaco (cosi in SPANO 1950, p. 173 ss., ave si dimostra che le sette statue rap-presentavano le divinitb dei sette pianeti e che it collegamento con i due labra rendeva l'insie-me un settizodio-ninfeo con valenza magico-astronornica, a protezione dell'arco stesso e del suo autore). II fornix delI'Africano è it secondo arco onorario ricordato a Roma dopo i fornices Stertinii, eretti net196 a.C. net Foro Boario,

23 LIV., XXXVII 3,7: P Cornelius Scipio Africanus, priusquarn projisceretui; fornicein in Capita ho adversus vialn qua in Capitohiuin escenditur curn sign is septein auratis et equis duo-bus et marmorea duo labra ante fornicein posuit; cfr. S. DE MARIA, Ghi archi onorari di Roina e dell'Itahia rornana, Roma 1988, p. 263, n. 52, fig. 37, con bibi. prec.; LTUR, II, 1995, s. v. Fornix Scipionis, p. 266 5., con bibi. prec. (F. COARELLI); LTUR, II, 1995, s. v. Fons Scipionum, p. 261(E. PAPI).

24 PL[N., Epist. V 6,20; cfr. note 177 e 298. 25 AMM., XVII 4,6: labra (Codex Fuldensis, Roma Vat.Lat.1873) o delubra? 26 PERS., Sat. III, 102. 27 CATO, De re rustica 10,4; 11,3; 13,2; 66,2. 28 COLUM., De re rustica, XII 15,3 (per essiccare i fichi); XII 52,10; 52,11-12; 54,2 (per fare

olio e unguenti). 29 Cfr. anche PLIN., Nat.hist. 15, 22 ( ... praeterea concha...). 30 VERG., Georg. II, 6. 31 CAEL. AUR., Chron. IV 1,12.

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Ii nome greco equivalente è loutér o loutérion, da 10d032, lavarsi: esso mdi-ca una conca su alto piede, ii cut approvvigionamento idrico è esterno, in gene-re con un getto d'acqua fuoriuscente da una protorne ferina posta in alto. Questo tipo di vasca, giâ noto con rare attestazioni in eta ph't antica, è partico-larmente diffuso dall'età arcaica, in ambito sia religioso, con funzione cultua-le e votiva, che laico, per uso igienico-terapeutico e funzionale, e lo si ritrova in forrne analoghe fino all'età romana.

Gli studiosi tendono a differenziare, in base alla loro funzione e destina-zione, i termini loutérion e perirrhantérion, che si riferiscono entrambi allo stesso tipo di bacino su alto piede, definendo con ii primo termine, pin generic033 , sia i bacini adoperati come contenitori d'acqua per l'uso civile e domestico, che quelli per l'uso religioso. Con ii termine perirrhantérion34 si indicano pin specificamente i bacini con peculiare destinazione sacrale: essi possono essere posti su un semplice piede a colonnetta o su supporti piii elaborati, costituiti anche da elementi figurati; secondo alcuni studiosi tale termine è da riservarsi esclusivamente a quest'ultimo tipo con sostegno figurato35 . I perirrhantéria venivano collocati nei santuari e in altre aree sacre, ove fungevano da contenitori di acqua lustrale 36 per svolgere i riti di

32 P. CHANTRAINE, lo,io, in Dictionnaire étimologique de La longue grecque, III, Paris 1974. Sul loutérion: DAREMBERG, SAGLTO, I, 1, 1877, s. v. Balneum, Balneae, p. 651, fig. 748

(E. SAGLJO); III, 2, 1904, s. v. Loutel3 Louterion, p. 1317 (E. POTTIER); S. v. Lustratio. Instruments de purification, p. 1408 (A. B0rJcHE LECLERQ); H. KENNER, Das Luterion im Kult, inJOAL XXIX, 1935, pp. 109 ss.; DEONNA 1938, p. 73 ss., note 1-5; GiNouvEs 1962, PP. 51 ss., 77 ss., 224 ss. (sui bacini per ii bagno di purificazione del defunto), 272 ss. (sui bacini per ii bagno prernatrimoniale), 308 (sui bacini posti nei santuari); lozzo 1981, p. 143; D. UGOLINI, Tra Perirrhanteria, Lou teria e Thymiateria, Note su una classe ceramica da S. Biagio della Venella (Metaponto), in MEFR, XCV I, 1983, p. 449 ss.; lozzo 1989, p. 8 ss.; K. SCHLEI3MANN, Das Louterion in Kult, AlItag und Kunst, Frankfurt 1991. Lo stesso tipo 6, comunque, attestato fin dal II millennio in Grecia e nel Vicino Oriente.

34 Sul tern-tine Perirrhantérion: RE, XIX, 1937, c. 856 s., s.v. fIepLppalrnpLa (L. ZIEHEN); DAREMBERG, SAGLIO, III, 2, 1904, s. v. Lustratio, p. 1408 (A. BOUCHE-LECLERCQ); J. DIJCAT, Périrrhanthéria, in BCH, LXXXIII, 1964, p. 577 ss.; HIESEL 1967, p. 85; F.W. HAMDORF, Lakonische Perirrhanterien, in AM, LXXXIX, 1974, p.47 ss.; lozzo 1981, p. 143; lozzo 1989, p.9 s.

35 Secondo lo lozzo con it termine perirrhantérion si indica esciusivarnente un bacino cir-colare, con funzione cultuale, posto su supporti figurati, mentre ii loutérion è una conca su alto piede, impiegato sia in funzione religiosa, che civile, dornestica e privata: lozzo 1981, p. 143 ss. Secondo il recente studio di Kerschner sui materiali egmeti - KERSCI-[NER 1996 -. per perir-rhantérion si deve intendere un bacino di forrne e materiali (terracotta, metallo, pietra e man-no) diversi, su supporti sia a colonnetta, i pin diffusi, sia figurati, con una funzione esciusivamente cultuale, tanto che egli sottolinea la difficoltà di distinguere se si tratti di un perirrhantérion o di un loutérion, nel caso in cui nun si conosca l'uso del pezzo.

36 L'uso di vasche so alto piede per contenere l'acqua lustrale è attestato da testirnonianze let-terarie, epigrafiche e iconografiche: GiNouvEs 1962, p. 299 ss.; R.E. WYCHERLEY, The Athenian Agora, III, Literaiy and Epigraphical Testimonia, Princeton N. Jersey 1957, p. 218, n. 714; DAREMBERG, SAGLJO, III, 2, 1904, p. 1408, s. v. Lustratio (A. BOUCHE LECLERQ); D.A. Amyx, The

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purificazione, prima di entrare nel luogo sacro: per aspergersi o piü sempli-cemente per immergere la mano destra a simboleggiare una purificazione totale; bacini potevano anche essere offerti dai fedeli come doni votivi alle divinità37.

Oià in eta micenea si hanno due precoci testirnonianze della diffusione del tipo della vasca tonda su alto piede, sia in contesto funerario che civile: una è fornita da un bacino in rosso antic0 38 , proveniente dal Palazzo di Micene, decorato con spirali in rilievo lungo ii bordo aggettante del labbro; la seconda, sempre da Micene, è costituita da un sostegno in rosso antico 39 , in foniia di colonnetta rastremata ad entrambe le estremità, rinvenuto in una tomba (n. 88) datata nei secoli XV-XIV aC.

Da Corinto, Atene, Egina, Olynthus, Delos, dalla Laconia, da Sarno, dall'Asia Minore, dalla Magna Grecia e dalla Sicilia provengono numerosi bacini su alto piede, che vaimo dall'età arcaica a quella ellenistica, sia in ter-racotta, sia in pietra o in marmo, che in metallo 40 , la cui valenza laica o reli-giosa è da determinarsi in base alla funzione del luogo di rinvenimento, essen-do la tipologia sostanzialmente omogenea. Nelle case di Olynthus 41 sono stati rinvenuti numerosi frammenti di bacini, in marmo e in terracotta, dalla forma a segmento di cerchio, in genere assai teso, posti su supporti a colounina, liscia o scanalata, a volte sormontata da un vero capitello con abaco ed echino con-

Attic Stelai. X. Vases and Other Containers, in Hesperia, XXVII, 1958, p. 221 ss. (motto esau-riente sulla funzione e forma del loutdrion greco).

Si vedano le schede nel catalogo degli esemplari da un mitreo di Ostia (L. 168) e da Trieste (L. 185-188).

38 Museo Archeologico di Atene, inv. n. 2771. Misure: diametro, cm 60; h. cm 13. Per le informazioni su questo bacino e sul supporto di Micene si ringrazia Matthias Bruno.

Museo Archeologico di Atene, inv. n. 3159. 40 PERNICE 1932, p. 38 ss., tavv. 24-28 (in particolare: p. 42, tav. 26,3: bacino circolare in

terracotta da Giardini presso Palermo e supporto a colonnetta scanalato da Setinunte); DEONNA 1938, p. 73 ss.; ROBINSON 1930, pp. 64 ss., 92, figg. 171, 173, 174, 175, 176, 200, 204; ROBINSON, GRAHAM 1938, p. 317 ss., tav. 78 (sui bacini in terracotta e in marmo, rinvenuti nelle case di Olynthus); ROBINSON 1946, pp. 218, 229, 242, tavv. 186,1-2; 187,1; 191,2; 211,1-12181- 219,1-2; 220 (bacini tondi e sostegni a coloimetta tiscia o, in maggioranza, scanalata, in marmo e pietra e terracotta rinvenuti nelle case di Olynthus); 220; HIESEL 1967, in particolare pp. 4 ss., 79 ss., tavv. 1-12 (sostegni), 13-17, 20 (bacini) (sui bacini samii e i loro supporti, sutla loro fun-zione, analizzandone l'evoluzione tipologica dal VII secolo a.C. fino alt'eth romana); HAMDORF, art. cit. a iota 34, p. 47 ss., tavv. 21-30 (sui bacini marmorei su supporti figurati femminili, data-bill tra ii VII e ii VI secolo aC., runvenuti a Samos, Isthmia, Sparta, Olimpia, Kamiros); lozzo 1989, p. 7 ss. Sui bacini e sostegni in pietra e in marmo rinvenuti nel santuario di Aphaia ad Egina: TH. SCHAFER, Aigina. Aphaia Tempel, XV. Becken and Stdnder aus Marinor und Kalkstein, in AA, 1992, p. 7 ss.: i supporti sono a colonnetta, in genere scanalata, con capitelto di tipo dorico, mentre i bacini sono generalmente piuttosto piatti e larghi, a volte con iscrizione votiva sut bordo superiore del tabbro.

41 Si veda iota 40: ROBINSON 1930, pp. 64 ss., 92, figg. 171, 173, 174, 175, 176, 200, 204; ROBINSON, GRAHAM 1938, p. 317 ss., tav. 78.

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cavo e terminante in una base a toro. Tutti i bacini presentano al di sotto una sporgenza quadrangolare che si incastra nell'incavo corrispondente sulla sUm-mità del supporti42 . Un loutérion particolarmente lussuoso, in marmo, pre-senta una decorazione dipinta sulla sommità del supporto scanalato 43 . L'im-portanza del rinvenimenti di Olynthus è determinata dagli avvenimenti storici della città44 : nella collina meridionale la prima occupazione risale agli inizi del VI secolo a.C., mentre nella collina settentrionale i rinvenimenti sono succes-sivi a! 432 a.C., quando in seguito all'anoikismós la collina venne pianificata e occupata da case; ii terminus ante quem per i rinvenimenti è fornito dalla distruzione di Olynthus ad opera di Filippo II nel 348 a.C., in seguito alla quale ii centro venne progressivamente abbandonato, cosicché le testimonianze phi tarde di monete e manufatti risalgono alla fine del IV secolo a.C. Probabilmente in concomitanza con la fondazione di Cassandreia nel 316 a.C., la città fu definitivamente abbandonata; nessuna testimonianza storica ed epigrafica menziona una continuità di vita oltre la fine del IV secolo. Le mone-te della prima dinastia macedone sono concentrate nel quartieri N-W: l'unica zona della cittâ che mostra testimonianze di riocdupazione; gli oggetti phi tardi, infatti, non provengono da contesti significativi per l'occupazione delle case. Questo fa si che i manufatti e gli oggetti di arredo, collocabili cronologi-camente tra ii 432 e gli anni subito successivi alla metà del IV secolo a.C., siano giunti a noi in situ, fornendo un'interessante documentazione sull'orga-nizzazione e sull'utilizzo delle stanze e del suoi arredi. Ii Cahi11 45 ha recente-mente preso in esame alcune case della collina settentrionale e della sezione orientale delle yule, analizzandone sia la struttura architettonica e l'organizza-zione dello spazio domestico, che gli arredi in essi rinvenuti, rimasti in situ dopo la distruzione di Filippo. Tale studio accurato permette di rilevare che i loutéria rinvenuti nelle case di Olynthus erano posti per la maggior parte nei pastádes, phi raramente in altri ambienti. Essi testimoniano, in contrasto a quanto affermato dal Pemice46 sulla rarità dell'uso dei bacini nelle case priva-te in eta phi antica, la grande diffusione di questi esemplari nelle abitazioni di eta classica di Olynthus.

42 Si conserva un bacino marrnoreo, quasi integro, glh restaurato in antico con grappe, del diametro di 85 cm, inserito in un supporto scanalato (h. cm 43): ROBINSON 1930, p. 67, figg. 174, 175.

n Olynthus XII, 1946, P. 246 s., tav. 218-220; GINOUVES 1962, figg. 61-62. 44 Sulle vicende storiche e sui rinvenimenti archeologici di Olynthus, di recente: N. CAHILL,

Household and City Organization at Olynthus, New Haven-London 2002, p. 23 ss., con ampia bibliografia precedente.

5 CAHILL, op. cit., figg. 20, 21, 24, 25, 28, 29, 31, 32, 35. PERNICE 1932, p. 43.

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Le testimonianze fomite dal materiali rinvenuti sono affiancate dalle flume-rose rappresentazioni di loutéria sulle pitture vascolari47 . Sin dal VI secolo a.C., infatti, vasche tonde su alto piede, a volte con capitello ionico, sono raf-figurate sulla ceramica attica a figure nere 48 , in scene di carattere cultuale o laico, genericamente collegato al bagno. Sono attestate in eta arcaica anche raffigurazioni di loutéria pertinenti all'impianto di fontane monurnentali: in particolare esse ricorrono, con un'iconografia pressocché identica, nelle rap-presentazioni dell'agguato di Achille a Troilo presso la fontana, nelle quali l'eroe greco si nasconde tra gli arbusti, dietro ii pilastro sostenente la bocca a protorne leonina, ii cui getto d'acqua cade in un bacino emisferico, posto su alto o basso piede. Questa scena è dipinta, per citare solo alcuni esempi, sulla famosa fiasca corinzia firmata da Timonidas49 , pertinente al corinzio medio e datata intorno al 580 a. C.; su una coppa attica a figure nere del gruppo di Siana del secondo quarto del VI secolo a.C., conservata a! Metropolitan Museum50, su una hydria tirrenica a figure nere contemporanea alla precedente e conser-vata nel medesimo museo 5i ; ed anche nella pittura funeraria etrusca: nel-l'affresco della Tomba dei Tori a Tarquinia 52 , della fine del VI secolo a.C. La frequenza di queste raffigurazioni in ambiti diversi sottolinea come questo tipo di fontana per attingere acqua fosse la pii diffusa in eta arcaica.

Scene di bagno con giovani donne ed efebi, nudi o vestiti, che eseguono lavaggi in genere parziali o per aspersione presso bacini circolari su alti soste-

Cfr. DEONNA 1938, p. 75, nota 4, con ampia bibliografia, fig. 70; GINOUVES 1962, p. 21 ss., con ricco repertorio iconografico. Ii recente articolo di Pfisterer-Haas (S. PFISTERER-HAAS, Mtidchen und Frauen am Wasser, in JdI, 117, 2002, p. 1 ss.) prende in esame le rappresenta-zioni vascolari, dal VI al IV secolo a.C., con ii tema dell'acqua, sia in ambito mitico, che soprat-tutto laico: donne nude o vestite al bagno. Nei vasi attici a figure rosse numerose sono le scene con giovani donne disposte intorno a loutéria su alto, rararnente basso, piede a colonnetta, spes-so nell'atto di immergere Ic mani nell'acqua: quando sono raffigurate nude (ID., ibidein, p. 40 ss., figg. 47..55), le fanciulle rappresentano, phI che etere, atlete o rneglio parthenoi intente a lavar-si; quando, invece, le fanciulle appaiono vestite con chitone e hirnation e con una cuffia sulla testa (ID., ibidem, p. 48 ss., figg. 56-63), a volte accompagnate da uornini o da eroti, sono da interpretarsi come giovani coppie ateniesi che si incontrano presso un loutérion.

Una delle phI antiche rappresentazioni di un bacino circolare, piuttoSto profondo, su alto piede a colonnetta con capitello ionico, 6 sul frammento di un'anfora a figure nere dafl'acropo-Ii di Atene: B. GRAEF, E. LANGLOTZ, Die antiken Vasen von der Akropolis zu Athen, I, Berlin 1925, p. 106, n. 887, tav. 54.

9 Sull'iconografia di Troilo: EAA, VII, s. v. Troilo e Polissena, p. 1007 ss. (E. PARIBENI). Sulla fiasca corinzia: E. PFUHL, Malerei und Zeichnung der Griechen, München 1923, tav. 40, n. 174; H. PAYNE, Necrocorinthia, Oxford 1931, pp. 73, 103, 314, tav. 34,5; J.L. BENSON, Die Geschichte der korintischen Vasen, Basel 1953, p. 59, n. 105.1; D.A. AMYX, Corinthian Vase-Painting of the Archaic Period, Berkeley-Los Angels-London 1989, p. 201, n. 1, tav. 84.

50 C. VA., Metropolitan Museum, New York, 2, III H, p. 1 s., n. 2, tav. II. 51 PFISTERER-HAAS, art. cit. a iota 47, p. 6, fig. 4. 52 M. PALLOTT1NO, La peinture étrusque, Genhve 1957, p. 31.

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