Ermetico Errante 2

12
In questo numero Gran Bretagna e gli aborti sui disabili Problemi genetici e handicap, re- centemente il Governo britannico ha pubblicato dati impressionanti sugli aborti riguardanti bambini af- fetti da palatoschisi, piede equino o sindrome di Down. PAGINA 2 Grande moda a Sabbioneta Art Festival Arte contemporanea e alta moda si intrecciano nella Piccola Atene con la mostra che dal 18 settembre sarà a Palazzo Ducale e Galleria degli Antichi. PAGINA 3 Solidarietà, sussidiarietà e mercato Etica ed economia di produzione e consumo si incontrano e si scontra- no quando si accorciano le distanze tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo. PAGINA 4 Danni da vaccino Il Condav spiega rischi e precauzio- ni da prendere in caso di vaccina- zioni ai bambini. PAGINA 6 Latino e greco La lingue della cultura hanno an- cora un posto importante nella cul- tura contemporanea. PAGINA 10 Clamorosa sentenza: la DC non è mai stata sciolta! Ed allora i “DC non pentiti” autoconvocano il Consiglio nazionale Una clamorosa sentenza è sino ad ora passata inosservata dai media: a se- guito delle numerose controversie sviluppatesi sui diversi “presunti eredi” della Democrazia Cristiana, trascinatesi con sentenze diverse e contrad- dittorie, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 25999 del 23 dicembre 2010 ha posto fine in maniera definitiva, inequivocabile e inap- pellabile a tali controversie confermando che... la Democrazia Cristiana non è mai stata sciolta. Di qui l’iniziativa che, dal marzo scorso, alcuni DC non pentiti, compo- nenti del consiglio nazionale della DC (secondo la sentenza della Corte, unico organismo titolato ad assumere le decisioni previste dallo statuto del partito, compresa quella dello scioglimento del partito stesso, atto da com- piersi attraverso l’indizione di un congresso) tra i quali, Silvio Lega, già Vice Segretario nazionale della DC ed Ettore Bonalberti, il don Chisciotte di radioformigoni, già collaboratore di Carlo Donat Cattin, hanno deciso di percorrere la strada indicata dallo Statuto del partito: l’autoconvocazio- ne del Consiglio nazionale della DC. Con una certosina opera di ricerca dei nominativi dei componenti del Consiglio Nazionale, eletti nell’ultimo congresso del partito, il XVIII, quello che elesse Arnaldo Forlani alla segreteria, dopo il lungo settennato demitiano, Ettore Bonalberti è riuscito a ricostruire l’esatta composizione del Consiglio nazionale e sta procedendo alla raccolta delle firme con la sottoscrizione da parte degli interessati di un apposito modulo. È necessa- rio raccogliere l’adesione del 50% + 1 degli aventi diritto per l’autoconvo- cazione del Consiglio Nazionale. In un articolo su insiemeweb.net, Bonalberti ha raccontato la difficoltà dell’operazione: “Molti, troppo amici, specie quelli che più hanno rice- vuto dal partito e che avevano le più alte responsabilità, si sono sin qui dimostrati timidi, refrattari, quando non apertamente contrari all’inizia- tiva. Paura di approfondire le ragioni di una fine ingloriosa? Permanere di code di paglia in taluni personaggi che ancora ringraziano il Signore per averla scampata nello tsunami scatenatosi a livello mediatico giudiziario tra il 1991-93? Si va dal caso di coloro che semplicemente ammettono di “essere disgustati dalla vita politica” a quelli che “hanno giurato a se stessi di non volerne avere più niente a che fare”, sino a qualcuno, più razionalmente motivato, che dichiara di “non riconoscersi più nello stesso PPE”, nel quale pure aveva militato. Resta per altri, la classica formula: ‘La DC è morta e sepolta’ e nessun ten- tativo di farla resuscitare può avere oggi senso”. Diverso il punto di vista di chi, invece, sta cercando di riconvocare il CN: “Noi siamo, invece, tra coloro che, confortati anche dall’adesione entu- siasta di molti amici, desiderano approfondire in un prossimo consiglio nazionale della DC, legittimamente convocato, le ragioni politiche vere della fine ingloriosa del nostro partito. Discutere di come sono state gestite le fasi successive nella lacerante stagione della diaspora. Capire il perché abbiamo potuto sperimentare de visu e con il cuore tu- multuante lo scempio degli uffici di Piazzale Sturzo ridotti in rovina, con le carte disperse alla rinfusa nei cassetti degli armadi sfasciati o sparpagliate sui pavimenti: un’intera storia di uomini e donne, consegnata all’oblio e alla facile condanna del “nuovo” che avanzava…” La sentenza e questa iniziativa potrebbero portare clamorose conseguenze sul piano politico e la ricostruzione finalmente rigorosa di ciò che ac- cadde tra il 1992-93 e negli anni in cui avvenne la spartizione, non si sa con quanta legittimità dopo la clamorosa sentenza della Suprema Corte, dell’ingente patrimonio immobiliare appartenente alla Balena Bianca. L’Ermetico Errante Periodico d’informazione contemporanea Numero 2 anno 1 Settembre 2011 3,00 Euro «Per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta tolleranza.» (Mahatma Gandhi) Stima degli effetti dell’incremento di un punto dell’Iva (dal 20 al 21%) sulla spesa delle famiglie italiane Spesa media annuale per una famiglia di 3 componenti (anno 2009) Valori in euro Spesa media attuale di cui, IVA incremento IVA dal 20 al 21% Differenza in euro Alimentari e bevande 6.443 515 6.443 - Abbigliamento e calzature 2.163 360 2.181 18 Abitazione 2.215 133 2.215 - Combustibili ed energia 1.866 170 1.866 - Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa 2.187 364 2.205 18 Sanità 1.214 - 1.214 - Trasporti 5.201 638 5.233 32 Comunicazioni 696 116 702 6 Istruzione 417 - 417 - Tempo libero, cultura e giochi 1.500 126 1.505 5 Altri beni e servizi 3.955 442 3.967 12 TOTALE SPESA* 27.857 2.866 27.949 92 (*) esclusi i tabacchi e i fitti figurativi Nota: si è ipotizzato che i comportamenti di consumo della famiglia non cambino a seguito della variazione Iva Elaborazione Ufficio Studi CGIA Mestre su dati ISTAT Un aumento di un punto percen- tuale dell’Iva, dal 20% al 21% come in discussione in questi giorni, por- terebbe la spesa delle famiglie ita- liane a subire un incremento medio annuo di 92 euro. I calcoli sono stati realizzati dalla Cgia di Mestre che ha analizzato gli effetti dell’aumento dell’Iva (l’a- liquota del 20%) sulla spesa media annuale prendendo come riferi- mento la “famiglia tipo”, ovvero quella composta da 3 persone. “Se fosse confermata questa ipotesi - dichiara Giuseppe Bortolussi se- gretario della Cgia di Mestre - gli importi a carico delle famiglie non sarebbero così pesanti come si po- teva pensare inizialmente, proba- bilmente grazie al fatto che i prezzi dei beni sono stati in questo pe- riodo relativamente contenuti. Va considerato inoltre che si tratta pur sempre di misure di emergenza in un periodo di particolare difficoltà in cui occorre senz’altro uno sforzo ulteriore da parte di tutti”. Il passaggio dal 20% al 21% dell’ali- quota Iva non andrebbe ad incidere sulla spesa relativa a beni di prima necessità come gli alimentari e le bevande, la sanità, l’istruzione, l’a- bitazione ecc., tutti beni ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto. Diverso invece il discorso per tutti quei beni non alimentari, ai quali, attualmente, si applica l’Iva al 20%: 92 sarebbero gli euro che le fami- glie dovrebbero sborsare in più, in un anno, per effettuare acquisti come abbigliamento e calzature (+18 euro), mobili, elettrodomesti- ci e servizi per la casa (+18 euro), con una spesa più marcata per i tra- sporti, con più 32 euro all’anno. In termini assoluti l’incidenza at- tuale dell’Iva (di tutte e tre le ali- quote) sulla spesa media annua è di oltre 2.800 euro su un totale di spe- sa di 27.857 euro: con i nuovi incre- menti si potrebbe arrivare, quindi, ad una spesa annua media familiare di poco superiore ai 27.900 euro. Aumentare l’Iva? A ogni famiglia costerebbe 92 euro

description

seconda uscita Ermetico

Transcript of Ermetico Errante 2

Page 1: Ermetico Errante 2

In questo numero

Gran Bretagna e gli aborti sui disabiliProblemi genetici e handicap, re-centemente il Governo britannico ha pubblicato dati impressionanti sugli aborti riguardanti bambini af-fetti da palatoschisi, piede equino o sindrome di Down.PAGINA 2

Grande moda a Sabbioneta Art FestivalArte contemporanea e alta moda si intrecciano nella Piccola Atene con la mostra che dal 18 settembre sarà a Palazzo Ducale e Galleria degli Antichi.PAGINA 3

Solidarietà, sussidiarietà e mercatoEtica ed economia di produzione e consumo si incontrano e si scontra-no quando si accorciano le distanze tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.PAGINA 4

Danni da vaccinoIl Condav spiega rischi e precauzio-ni da prendere in caso di vaccina-zioni ai bambini.PAGINA 6

Latino e grecoLa lingue della cultura hanno an-cora un posto importante nella cul-tura contemporanea.PAGINA 10

Clamorosa sentenza: la DC non è mai stata sciolta!Ed allora i “DC non pentiti” autoconvocano il Consiglio nazionale

Una clamorosa sentenza è sino ad ora passata inosservata dai media: a se-guito delle numerose controversie sviluppatesi sui diversi “presunti eredi” della Democrazia Cristiana, trascinatesi con sentenze diverse e contrad-dittorie, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 25999 del 23 dicembre 2010 ha posto fine in maniera definitiva, inequivocabile e inap-pellabile a tali controversie confermando che... la Democrazia Cristiana non è mai stata sciolta.

Di qui l’iniziativa che, dal marzo scorso, alcuni DC non pentiti, compo-nenti del consiglio nazionale della DC (secondo la sentenza della Corte, unico organismo titolato ad assumere le decisioni previste dallo statuto del partito, compresa quella dello scioglimento del partito stesso, atto da com-piersi attraverso l’indizione di un congresso) tra i quali, Silvio Lega, già Vice Segretario nazionale della DC ed Ettore Bonalberti, il don Chisciotte di radioformigoni, già collaboratore di Carlo Donat Cattin, hanno deciso di percorrere la strada indicata dallo Statuto del partito: l’autoconvocazio-ne del Consiglio nazionale della DC.

Con una certosina opera di ricerca dei nominativi dei componenti del Consiglio Nazionale, eletti nell’ultimo congresso del partito, il XVIII,

quello che elesse Arnaldo Forlani alla segreteria, dopo il lungo settennato demitiano, Ettore Bonalberti è riuscito a ricostruire l’esatta composizione del Consiglio nazionale e sta procedendo alla raccolta delle firme con la sottoscrizione da parte degli interessati di un apposito modulo. È necessa-rio raccogliere l’adesione del 50% + 1 degli aventi diritto per l’autoconvo-cazione del Consiglio Nazionale.

In un articolo su insiemeweb.net, Bonalberti ha raccontato la difficoltà dell’operazione: “Molti, troppo amici, specie quelli che più hanno rice-vuto dal partito e che avevano le più alte responsabilità, si sono sin qui dimostrati timidi, refrattari, quando non apertamente contrari all’inizia-tiva. Paura di approfondire le ragioni di una fine ingloriosa? Permanere di code di paglia in taluni personaggi che ancora ringraziano il Signore per averla scampata nello tsunami scatenatosi a livello mediatico giudiziario tra il 1991-93?Si va dal caso di coloro che semplicemente ammettono di “essere disgustati dalla vita politica” a quelli che “hanno giurato a se stessi di non volerne avere più niente a che fare”, sino a qualcuno, più razionalmente motivato, che dichiara di “non riconoscersi più nello stesso PPE”, nel quale pure aveva militato.Resta per altri, la classica formula: ‘La DC è morta e sepolta’ e nessun ten-tativo di farla resuscitare può avere oggi senso”.Diverso il punto di vista di chi, invece, sta cercando di riconvocare il CN: “Noi siamo, invece, tra coloro che, confortati anche dall’adesione entu-siasta di molti amici, desiderano approfondire in un prossimo consiglio nazionale della DC, legittimamente convocato, le ragioni politiche vere della fine ingloriosa del nostro partito. Discutere di come sono state gestite le fasi successive nella lacerante stagione della diaspora.Capire il perché abbiamo potuto sperimentare de visu e con il cuore tu-multuante lo scempio degli uffici di Piazzale Sturzo ridotti in rovina, con le carte disperse alla rinfusa nei cassetti degli armadi sfasciati o sparpagliate sui pavimenti: un’intera storia di uomini e donne, consegnata all’oblio e alla facile condanna del “nuovo” che avanzava…”

La sentenza e questa iniziativa potrebbero portare clamorose conseguenze sul piano politico e la ricostruzione finalmente rigorosa di ciò che ac-cadde tra il 1992-93 e negli anni in cui avvenne la spartizione, non si sa con quanta legittimità dopo la clamorosa sentenza della Suprema Corte, dell’ingente patrimonio immobiliare appartenente alla Balena Bianca.

L’Ermetico ErrantePeriodico d’informazione contemporanea

Numero 2 anno 1Settembre 2011

3,00 Euro

«Per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta tolleranza.»

(Mahatma Gandhi)

Istituzionale_A4.indd 1 25/11/10 17:46

Stima degli effetti dell’incremento di un punto dell’Iva (dal 20 al 21%) sulla spesa delle famiglie italianeSpesa media annuale per una famiglia di 3 componenti (anno 2009)

Valori in euroSpesa media attuale

di cui,IVA

incrementoIVA dal20 al 21%

Differenza in euro

Alimentari e bevande 6.443 515 6.443 -Abbigliamento e calzature 2.163 360 2.181 18Abitazione 2.215 133 2.215 -Combustibili ed energia 1.866 170 1.866 -Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa

2.187 364 2.205 18

Sanità 1.214 - 1.214 -Trasporti 5.201 638 5.233 32Comunicazioni 696 116 702 6Istruzione 417 - 417 -Tempo libero, cultura e giochi 1.500 126 1.505 5Altri beni e servizi 3.955 442 3.967 12TOTALE SPESA* 27.857 2.866 27.949 92

(*) esclusi i tabacchi e i fitti figurativi Nota: si è ipotizzato che i comportamenti di consumo della famiglia non cambino a seguito della variazione Iva Elaborazione Ufficio Studi CGIA Mestre su dati ISTAT

Un aumento di un punto percen-tuale dell’Iva, dal 20% al 21% come in discussione in questi giorni, por-terebbe la spesa delle famiglie ita-liane a subire un incremento medio annuo di 92 euro.

I calcoli sono stati realizzati dalla Cgia di Mestre che ha analizzato gli effetti dell’aumento dell’Iva (l’a-liquota del 20%) sulla spesa media annuale prendendo come riferi-mento la “famiglia tipo”, ovvero quella composta da 3 persone.

“Se fosse confermata questa ipotesi - dichiara Giuseppe Bortolussi se-gretario della Cgia di Mestre - gli importi a carico delle famiglie non sarebbero così pesanti come si po-teva pensare inizialmente, proba-bilmente grazie al fatto che i prezzi dei beni sono stati in questo pe-riodo relativamente contenuti. Va considerato inoltre che si tratta pur sempre di misure di emergenza in un periodo di particolare difficoltà in cui occorre senz’altro uno sforzo ulteriore da parte di tutti”.

Il passaggio dal 20% al 21% dell’ali-quota Iva non andrebbe ad incidere sulla spesa relativa a beni di prima necessità come gli alimentari e le bevande, la sanità, l’istruzione, l’a-bitazione ecc., tutti beni ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto.

Diverso invece il discorso per tutti quei beni non alimentari, ai quali, attualmente, si applica l’Iva al 20%: 92 sarebbero gli euro che le fami-glie dovrebbero sborsare in più, in un anno, per effettuare acquisti come abbigliamento e calzature (+18 euro), mobili, elettrodomesti-ci e servizi per la casa (+18 euro), con una spesa più marcata per i tra-sporti, con più 32 euro all’anno.

In termini assoluti l’incidenza at-tuale dell’Iva (di tutte e tre le ali-quote) sulla spesa media annua è di oltre 2.800 euro su un totale di spe-sa di 27.857 euro: con i nuovi incre-menti si potrebbe arrivare, quindi, ad una spesa annua media familiare di poco superiore ai 27.900 euro.

Aumentare l’Iva? A ogni famiglia costerebbe 92 euro

Page 2: Ermetico Errante 2

2 Notizie del mese

ROMA, (ZENIT.org)

Il Governo britannico ha pubblicato, due settimane fa, dati inquietanti su aborti tardivi e sull’eliminazione di

bambini disabili. Dai dati risulta che in Inghilterra e Galles vi è stato un certo numero di aborti riguardanti bambini affetti da palatoschisi, piede equino o dalla sindrome di Down.La pubblicazione non è stata immedia-ta, come ha spiegato la BBC nel suo ser-vizio del 4 luglio scorso.Nel 2003 il Dipartimento della salute aveva deciso di non pubblicare più i dati sugli aborti tardivi, in seguito alla diffusa protesta per la notizia di aborti effettuati su bambini affetti da palato-schisi.Successivamente, la ProLife Alliance ha presentato una richiesta, in base alla legge sulla libertà d’informazione, per la pubblicazione dei dati su questo tipo di aborti. Il Dipartimento per la salute si è rifiutato di farlo ed è solo grazie all’or-dinanza dell’Alta Corte che oggi questi dati sono pubblici.Nelle tabelle, visibili sul sito Internet del Dipartimento per la salute, figurano anche i casi di aborto effettuati per mal-formazioni genetiche o disabilità oltre agli aborti effettuati su donne in età inferiore a quella del consenso, che in Inghilterra e Galles è fissato a 16 anni.In un comunicato stampa del 4 luglio, la ProLife Allian-ce ha accolto con soddisfazione la pubblicazione delle informazioni, a se-guito di ciò che ha descritto come una “battaglia legale tra Davide e Golia”. L’organ izzaz ione aveva presentato la sua richiesta nel febbraio del 2005.Un sentimento non condiviso da Ann Furedi, direttri-ce del British Pre-gnancy Advisory Service, una delle maggiori organiz-zazioni abortiste del paese. “La pubblica-zione di questi dati, dopo una campagna delle lobby antiabortiste, rivela poco più della loro voglia di vendetta”, ha riferito la BBC.Discriminazioni contro i disabiliNel 2010 sono stati abortiti 482 bam-bini per sindrome di Down. Dieci di questi avevano più di 24 settimane. Altri 181 sono stati abortiti a causa di una familiarità in malformazioni ereditarie. In totale, nel 2010, vi sono stati 2.290 aborti a causa di qualche problema genetico o di handicap. Di questi, 147 sono stati effettuati dopo la 24ma settimana di gestazione.In una dichiarazione pubblica, la So-ciety for the Protection of Unborn Children (SPUC) ha espresso la pro-pria preoccupazione per i dati sugli aborti. Anthony Ozimic, portavoce

della SPUC, ha osservato: “Tra il 2001 e il 2010, il numero degli aborti dovuti a disabilità è cresciuto di un terzo, 10 volte l’aumento globale degli aborti”. “È evidente che l’aborto legale con-figura un sistema di discriminazione, fatale, contro i disabili”, ha aggiunto. Certamente l’Inghilterra e Galles non sono gli unici a operare questa elimi-nazione selettiva. Attualmente, negli Stati Uniti, nascono circa 6.000 bam-bini Down ogni anno. Ma il numero si è ridotto sin dalla diffusione della diagnosi prenatale.Nel periodo 1989-2006 vi è stato un calo dell’11%, in un periodo in cui il numero avrebbe dovuto aumentare si-gnificativamente, secondo un servizio di Associated Press del 12 giugno sul tema della diagnosi prenatale.Un numero significativo di aborti, in Inghilterra e Galles, è stato effettuato su donne in età inferiore a quella del consenso. Nel 2010 vi sono stati 3.718 aborti su ragazze minori di 16 anni. Di questi, 2.676 hanno riguardato ragaz-ze tra i 14 e i 15 anni, 906 tra i 13 e i 14 anni, 134 tra i 12 e i 13 anni, e due ragazze sotto i 12 anni. In totale, nel periodo 2002-2010, sono stati effet-tuati 35.262 aborti su ragazze minori di 16 anni.Ma recenti statistiche pubblicate non sono l’unico motivo di preoccupa-

zione per gli aborti in Inghilterra e Galles. Il numero complessivo degli aborti è aumentato dell’8% nell’ulti-mo decennio. In un comunicato stam-pa del 24 maggio, il Dipartimento per la salute ha affermato che il numero totale degli aborti nel 2010 è stato di 189.574: l’8% in più rispetto al 2000 (175.542). Il tasso di aborto più elevato è stato di 33 su 1.000 donne tra i 19 e i 20 anni. L’81% degli aborti è stato praticato su donne single; il 91%, al di sotto del-le 13 settimane di gravidanza, mentre il 77% al di sotto delle 10 settimane. Gli aborti farmacologici ammontano al 43% del totale: un notevole aumen-to rispetto a dieci anni fa (nel 2000) quando erano solo il 12%.Michaela Aston, dell’organizzazio-ne Life, si è detta preoccupata per la tendenza ad affrettare gli aborti. “È essenziale che alle donne sia dato il tempo per pensare bene alle loro scel-te, soprattutto perché i dati degli altri Paesi suggeriscono che un periodo di ‘raffreddamento’ prima dell’aborto può giocare un ruolo importante nella riduzione dei tassi di aborto, consen-tendo alle donne e ai loro compagni o famiglie di avere più tempo per va-lutare tutte le diverse opzioni”, ha ri-ferito il quotidiano Telegraph del 24 maggio.

Ripetizioni Il rapporto del Dipartimento per la sa-lute ha anche mostrato che è aumenta-to il numero delle donne che effettua-no più volte l’aborto. Nel 2010, il 34% delle donne che aveva abortito, aveva già effettuato un aborto in preceden-za. Un numero quindi aumentato ri-spetto al 30% del 2000.Il rischio di avere più aborti a un’età giovane, o di avere molteplici aborti, è stato evidenziato in uno studio pubbli-cato di recente. La ricerca svolta su più di un milione di gravidanze in Scozia, su un periodo di 26 anni, ha dimostra-to che le donne che hanno avuto un aborto risultano avere maggiori pro-babilità di dare alla luce bambini pre-maturi e di avere altre complicazioni. Secondo quanto pubblicato il 5 luglio dal Times di Londra su questo studio, le donne che hanno avuto un aborto hanno il 34% di probabilità in più di avere poi un figlio prematuro rispetto alle primipare. Il dato sale al 73% se il confronto è fatto con le donne che partoriscono per la seconda volta, che normalmente hanno minori rischi di parti prematuri. Sohinee Bhattacha-rya, dell’Università di Aberdeen, ha condotto la ricerca che è ancora allo stadio preliminare e non è ancora stata pubblicata.Inoltre, il rischio di partorire prima del tempo cresce notevolmente se la donna ha avuto più di due aborti. Una donna su cinque, che ha avuto quattro aborti, partorirà prima della 37ma set-timana, mentre per le donne che han-no abortito una sola volta la propor-zione è di una su 10, secondo il Times. Bhattacharya ha spiegato che il rischio normale di parti prematuri è del 6%, mentre per le donne che hanno avuto un aborto sale al 10%.Sebbene il numero delle donne su cui ciò incide è relativamente contenuto, Josephine Quintavalle, della ProLife Alliance, ha detto al Times che ciò dimostra ampiamente l’impatto che l’aborto ha sulla salute. “Quale che sia la posizione etica sull’aborto, è di tutta evidenza che l’avvertimento sui concreti e crescenti rischi di aborti spontanei deve ora essere un elemento essenziale da inserire nei protocolli sul consenso informato”, ha detto.Coscienza moraleIl 26 febbraio, Benedetto XVI è inter-venuto all’incontro annuale dei mem-bri della Pontificia Accademia per la vita. Uno degli argomenti in discus-sione era il trauma subito dalle donne che hanno abortito.Il Papa ha sottolineato che il disagio psichico che vivono le donne che han-no abortito “rivela la voce insopprimi-bile della coscienza morale, e la ferita gravissima che essa subisce ogniqual-volta l’azione umana tradisce l’innata vocazione al bene dell’essere umano, che essa testimonia”. Il Pontefice ha anche criticato quei padri che lasciano sole le donne incinte.Benedetto XVI ha infine osservato che viviamo in una cultura caratte-rizzata dall’eclissi del senso della vita, in cui si è molto attenuata la comune percezione della gravità morale dell’a-borto. Non poteva esserci dimostra-zione più chiara delle recenti notizie pubblicate in Inghilterra.

padre John Flynn, LC

I deputati europei desiderano man-tenere invariato fino al 2020 il bi-lancio UE per il settore agricolo,

per far sì che agli agricoltori siano ga-rantiti gli incentivi per fornire scor-te di prodotti alimentari sicuri, per la protezione dell’ambiente, per creare nuovi posti di lavoro e per assicura-re la competitività del settore agricolo comunitario.In vista delle proposte della Commis-sione europea sul futuro della politica agricola comune, il Parlamento euro-peo ha presentato la sua posizione per il prossimo bilancio a lungo termine per il periodo 2014-2020.In reazione a voci sul taglio degli aiuti al secondo pila-stro della PAC, i deputati hanno ripetuto il loro sostegno per as-sicurare adeguate risorse finanzia-rie anche per lo sviluppo rurale.“Il voto invia un segnale chiaro e forte al com-missario (Dacian Ciolo) e spero che la Commissione terrà presente il contenuto della rela-zione e lo incorporerà nella proposta legislativa finale”, ha dichiarato Albert Dess (PPE, DE), relatore della risolu-zione.Rendere la PAC più verdeSe la politica agricola dell’UE mira a fornire prodotti alimentari sicuri e di alta qualità e contribuire alla pro-

tezione dell’ambiente e alle energie rinnovabili, tale politica deve essere finanziata adeguatamente, secondo gli eurodeputati, in modo da fornire agli agricoltori un incentivo all’utilizzo di tecniche moderne e ecocompatibili.I pagamenti diretti agli agricoltori do-vrebbero essere più chiaramente legati alle “misure verdi” (basse emissioni di carbonio, basso consumo energetico). Un ampio sistema europeo di incen-tivi, finanziato dall’UE al 100%, do-vrebbe essere istituito per sostenere gli agricoltori che appoggiano lo sviluppo sostenibile.Più equa distribuzione dei finan-ziamenti UE

I finanziamen-ti agricoli do-vrebbero essere distribuiti più equamente tra gli Stati mem-bri e tra le di-verse categorie di agricoltori. Il Parlamen-to propone che ogni pae-se dell’Unione

Europea dovrebbe in futuro ricevere una percentuale minima della media UE dei pagamenti diretti. I deputati sono d’accordo con l’introduzione di un massimale per i pagamenti diretti per agricoltore, ma sottolineano che le nuove regole devono tener conto del-le dimensioni delle aziende agricole e dei criteri oggettivi di occupazione nonché delle pratiche sostenibili.

Per evitare un uso improprio del de-naro pubblico, i pagamenti diretti dovrebbero essere riservati agli “agri-coltori attivi”, cioè a coloro che effet-tivamente utilizzano la loro terra per la produzione.Stabilità: speculazione, gestione delle crisi e potere contrattuale degli agricoltoriLa lotta alla speculazione per le mate-rie prime agricole e l’estrema volatilità dei prezzi richiedono una soluzione a livello globale, secondo gli eurodepu-tati, in modo da garantire una mag-giore stabilità per gli agricoltori e le forniture su larga scala di prodotti ali-mentari sicuri. Il Parlamento propone un sistema mondiale di notifica dello stato attuale delle scorte, per contra-stare la speculazione selvaggia delle materie prime agricole.Situazione dei prodotti lattiero-caseariPer garantire la sicurezza dell’approv-vigionamento di prodotti lattiero-caseari, i deputati hanno chiesto alla Commissione di monitorare il merca-to lattiero-caseario per il periodo suc-cessivo al 2015. Il sistema attuale delle quote sarà soppresso nel 2014.I prossimi passiLa risoluzione non legislativa è sta-ta approvata per alzata di mano. La Commissione presenterà il suo pro-getto di pacchetto legislativo alla fine dell’autunno e Parlamento e Consi-glio saranno chiamati a decidere in-sieme sul contenuto definitivo della legislazione.

L’Ermetico Errante

Direttore Responsabile: Simona Cremonini ([email protected])

Editore: Centro Studi Giovanile Ermes - Mantova

Iscritto al Registro Stampa: tribunale di Mantova del 2-3 dicembre 2010

Grafica e impaginazione: Gabriele Lombardo (www.gabrilomb.eu)

Direzione, Redazione, Amministrazione e Ufficio abbonamenti:Via Grazioli 1046100 Mantova (MN)Tel. 345 4994337Fax: 0376382430Email: [email protected]

Pubblicità:Via Grazioli 1046100 Mantova (MN)Tel. 03761811080Fax: 0376382430

Articoli di:Italo Francesco Baldo, Giuseppe Brienza, Annadriana Ca-riani, José María Simón Castellví, Simona Cremonini, padre John Flynn, Antonio Gaspari, Antonino Giannone, Alberto Leoni, Daniele Malerba, Luca Marcolivio, Giorgio Mion, Michele Nocera, Paolo Pegoraro, Edward Pentin, Rosario Sitari.

Si ringraziano inoltre:Zenit.org, Insiemeweb, Associazione Liberi e Forti, Fonda-zione Cariplo, Lombardia Notizie, Ufficio Stampa CGIA Mestre, Ufficio Stampa Consiglio Nazionale delle Ricerche, Ufficio Stampa European Parliament Italia, Ufficio Stampa Festivaletteratura, Mart Rovereto, Michele Nocera.

Seguici anche online

“Per evitare un uso improprio del denaro pubblico, i paga-

menti diretti dovrebbero essere riservati agli “agricoltori atti-vi”, cioè a coloro che effettiva-mente utilizzano la loro terra

per la produzione.”

Più verde, più equa e più competitivaEcco come i deputati vogliono la Politica agricola UE dopo il 2013

Gran Bretagna: svelati i dati sui bambini disabili abortiti

Nel 2010 eliminati 2.290 bambini per problemi genetici o handicap

RIMINI (ZENIT.org)113 incontri, 321 relatori, 10 mostre, 26 spettacoli, grazie al contributo di quasi 4000 volontari (di cui 140 stranieri). Con il risultato di quasi 800mila visitatori di 38 nazionalità diverse. Sono i numeri dell’ultima edizione del Meeting dell’amicizia tra i Popoli, conclusosi a Rimini sul tema “E l’esistenza diventa un’im-mensa certezza”.Il Meeting è stato aperto dal messag-gio di Papa Benedetto XVI ai par-tecipanti, in cui il Santo Padre ha ricordato che “l’uomo non può vi-vere senza una certezza sul proprio destino”. All’inaugurazione dell’evento, il Presidente della Repubblica, Gior-gio Napolitano, ha sottolineato la necessità di incoraggiare i giovani “a parlare il linguaggio della verità”, anche in tempi di crisi. “Portate nel tempo dell’incertezza il vostro ane-lito di certezza”, ha esortato il Capo dello Stato. “È per tutto questo che rappresentate una risorsa umana per il nostro Paese. Fatela valere ancora di più: è il mio augurio e il mio in-citamento”.Così si è espressa la presidente del Meeting di Rimini, Emilia Guar-nieri, nella conferenza stampa fina-le: “Raccontando la storia del nostro Paese (in particolare nella mostra 150 anni di sussidiarietà, ndr), interro-gandoci sulla crisi e sulla situazione internazionale, affondando lo sguar-do nella cultura del passato e in quel-la del nostro tempo, abbiamo visto qualcosa accadere davanti ai nostri occhi: cioè che l’esistenza diventa un’enorme certezza”.“Abbiamo incontrato persone giun-te da ogni parte del mondo – ha ag-giunto - per raccontare la propria esperienza, le quali, per una certezza vivente nella loro esistenza, possono guardare in modo diverso situazioni di crisi e affrontarle con una positivi-tà sorprendente”.

Guarnieri ha quindi citato alcuni dei numerosi ospiti di ogni provenienza geografica, culturale e religiosa, tutti testimoni “dell’amicizia tra i popo-li”: il Cardinale Antonios Naguib, il Vescovo Armiah, il rettore di Al Azhar Usamah Elabed e “compagni di viaggio” ormai storici del Meeting come Farouq Wael, Joseph Weiler, Andrew Davidson, John Milibank.Il Meeting di Rimini si è confermato luogo privilegiato di dialogo interre-ligioso, come testimonia l’intervento alla manifestazione di Abdel Fattah Hassan, traduttore in arabo de “Il ri-schio educativo” di don Giussani.La prolusione del professor Costan-tino Esposito, che ha sviluppato a li-vello filosofico il tema del Meeting, è stata salutata da Emilia Guarnieri come una risposta al “facile ma illu-sorio conforto da una parte del natu-ralismo, secondo il quale tutto sareb-be spiegabile ‘in base a determinati fattori e meccanismi fisico-chimici e neuronali’, dall’altra del relativismo culturale”.Guarnieri ha poi citato la presenza di tanti cattolici – laici ed ecclesiali – al Meeting: tra gli altri, il filosofo Fabrice Hadjadj, i Cardinali Dionigi Tettamanzi e Robert Sarah e il cu-stode di Terra Santa, padre Pierbatti-sta Pizzaballa.Tutti costoro hanno dato una testi-monianza forte della loro esperienza concreta di Cristo nel mondo, coe-rentemente con quanto è stato fatto con la mostra “Con gli occhi degli apostoli”, ricostruzione realisti-ca dell’inizio della predicazione di Gesù a Cafarnao.Gli imprenditori e gli uomini politi-ci intervenuti al Meeting, ha prose-guito Guarnieri, “si sono trovati di fronte a un popolo ancora una volta di ‘uomini senza patria’, cioè liberi, un popolo che dice all’Italia che que-sto Paese non è qualcosa che nasce dall’alto, nei grandi pensatoi inter-nazionali finanziari, ma nasce dal-

la creatività figlia di una posizione umana generatrice di uomini capaci di desiderio, realismo e ideale, unica soluzione per evitare di diventare un Paese per vecchi”.“Persone certe di una cosa sola, es-senziale, cara ad ognuno: la propria esperienza di uomini veri, certi e perciò irriducibili a qualsiasi tipo di potere, perché riconoscono che le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uo-mo. L’uomo, infatti, non è artefice di se stesso ma segnato da qualcosa d’Altro”, ha concluso Guarnieri.Al termine della conferenza stampa è stata annunciata Tokyo come sede del prossimo Meeting internazionale (27-31 ottobre 2011), mentre il tema della prossima edizione riminese (19-25 agosto 2012) sarà “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”.

Luca Marcolivio

Meeting Rimini 2011, quasi 800mila presenze

La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito, il tema dell’edizione 2012

Page 3: Ermetico Errante 2

3

Festivaletteratura torna dal 7 al 11 settembre puntando forte sulla città come centro di relazione e di scambio. L’edizione 2011 è segnata dall’idea di “riprendere la piazza”, dall’orienta-mento a vivere fino in fondo poten-zialità e possibilità offerte dal contesto urbano, ambito ricco di attori, risor-se, opportunità, sempre da integrare, sempre da cogliere secondo nuove logiche progettuali e inedite politiche culturali.I lettori che arriveranno a Mantova per condividere idee, libri, passioni, avranno a disposizione oltre quaran-ta luoghi “ufficiali” per poterlo fare: è un record per Festivaletteratura. E, nella scelta, più che l’esibizione di un patrimonio storico-artistico c’è la voglia di mostrare tutte le opportu-nità, le situazioni, le problematiche, le risorse che lo spazio della città può offrire nel momento in cui si torna a viverlo secondo la sua autentica voca-zione: quella di luogo della socialità e dell’incontro. L’accento si sposta dun-que sulla partecipazione: se il pubbli-co al Festival è sempre stato più pro-tagonista che spettatore, chiamato a costruirsi un percorso più che ad assi-stere, in questa edizione sarà chiamato anche a pratiche originali, ad un me-todo alternativo per fruire e attivare spazi e incontri secondo logiche non abituali o consolidate. Sono molti, quest’anno, gli eventi del festival che nascono seguendo la sto-ria di un palazzo, di un monumento o assecondando la funzione di un nego-zio o di un’area dedicata allo svago o,

ancora, che restituiscono nuova vita a spazi abbandonati. Ecco i luoghi e le storie che in ognuno si risvegliano.Il Castello di San Giorgio, sede di una della più severe carceri austriache durante il Risorgimento, nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, è uno dei luoghi che hanno maggiormente ispirato gli autori della manifestazione. Oltre a ospitare alcuni degli incontri lettera-ri, il Castello racconterà il testamen-to umano e spirituale dei Martiri di Belfiore, raccolto nelle pagine del Confortatorio di Mons. Martini, at-traverso l’adattamento in forma di lettura di Luca Scarlini. E ancora: la storia di Felice Orsini, futuro atten-tatore di Napoleone III, sarà rivissuta nell’antica prigione da un racconto di Giancarlo De Cataldo.Bosco Virgiliano, un parco-monu-mento realizzato raccogliendo tutte le specie vegetali ricordate da Virgilio nelle sue opere, è il punto di parten-za che Giuseppe Barbera ha scelto per parlare del paesaggio agrario italiano.Alcuni dei negozi del centro storico, attualmente sfitti o in abbandono, vi-vranno una nuova vita in qualità di “bottega” - quella di ri-tratto tenuta da Alessandro Sanna, Massimiliano Tappari e alcuni scrittori o quella per la creazione di abbecedari d’artista or-ganizzata dal Dipartimento Educativo del MamBo. Non mancheranno nuo-ve vetrine per esporre veri e propri “prodotti intellettuali” - i piccoli film fatti con carta e matita realizzati nei

laboratori di Michel Ocelot .I Giardini Valentini, una piccola area verde nascosta tra i palazzi della cit-tà, da semplice luogo di transito torna ad essere per il Festival uno spazio di scoperta e di divertimento per i ragaz-zi, ritornando alla propria originaria vocazione. Qui Claudio Madia terrà la sua scuola di clownerie, Dino Ticli i laboratori sui fossili, Anna Ceraso-li farà appassionare alla matematica i ragazzi, gli operatori del Centro Ar-cheologico del Forcello inizieranno i bambini alle tecniche di scavo e di recupero dei reperti.Gli esempi potrebbero continuare. Strade, piazze, cortili, teatri sono più che in passato spazi da condividere, per parlarsi. E in un Festival così può anche succedere che Alessandro Ber-gonzoni si affacci alle finestre delle case del centro storico e inizi a parlare con chi sta sotto. L’idea che ritorna è sempre quella della ricerca di possibi-lità nuove e inespresse, competenze anomale da carpire e mettere in scena, potenziali d’integrazione inesplorati.Festivaletteratura si rinnova anche contenitore di tanti mini-festival e percorsi culturali a tema: Viaggio e ambiente, La biblioteca di fantascien-za (affidata alle cure dello zelante bi-bliotecario Tullio Avoledo), L’unità d’Italia, Scuola e memoria, Lingua e identità, Narrativa, Giallo, Italiani, Scritture Giovani, Gli omaggi, Le sto-rie e i personaggi, Musica e letteratu-ra, Lezioni e riflessioni, Arte e graphic novel, nonché spazi per i più piccoli e il ritorno delle Pagine della Cultura e di blurandevù.

Anche L’Ermetico Errante sarà al Festivaletteratura 2011. Le copie del periodico saranno acquistabili presso la libreria-tendone di Piazza Erbe.

Festivaletteratura fa 15Dal 7 al 11 settembre 2011 il festival si riprende le piazze di Mantova

Mantova

Nella millenaria Sabbioneta, uno dei più straordinari gioielli d’arte e di architettura italiani in provincia di Mantova, si terrà a settembre “Sab-bioneta Art Festival 2011”, seconda edizione della manifestazione orga-nizzata dal Centro Studi Giovanile Ermes, che si articola in una mostra e in una serie di eventi collaterali, quali incontri, approfondimenti, spettaco-li. Da domenica 18 settembre, gior-no del taglio del nastro, a domenica 20 novembre data di chiusura della mostra, l’antica città rinascimentale inserita nel 2008 nell’elenco dei siti considerati patrimonio dell’Umani-tà dell’Unesco sarà al centro di una mostra che, per la prima volta, mette in rilievo il rapporto tra storia, arte contemporanea e alta moda, affron-tato con uno sguardo assolutamente innovativo. L’apertura ufficiale della mostra sarà preceduta sabato 17 dal-le ore 21,00 da “Sabbioneta sotto le stelle”, serata-concerto organizzata da CSG Ermes in collaborazione con Mantova.com e in programma allo Spalto Bresciani, con il concerto del cantautore pugliese Raf cui seguirà serata Chiringuito. Biglietti dispo-nibili su ticketone.it, mantova.com oppure presso la sede CSG Ermes di Sabbioneta, Via Scamozzi 16, tel. 0375-52720 (pomeriggio).Per il 2011, l’idea da cui si sviluppa la mostra, affidata ai curatori Riccardo Braglia e Michele Nocera, è quella di mettere in relazione storia passata e moda, intesa nella convinzione che l’attualità, per creare e innovare, deve confrontarsi con il passato, in parti-colare laddove le testimonianze della storia rappresentano una miniera cul-turale: ciò è anche riassunto nel titolo “From the scene of life to the life of scene”: Dal palcoscenico teatrale al palcoscenico della vita.

L’esposizione sarà arricchita da oltre 100 opere, tra abiti, costumi, accesso-ri, fotografie, oggetti e dipinti prove-nienti da musei, collezionisti privati e grandi brand di moda, allestite tra il Palazzo Ducale e la Galleria degli Antichi, che saranno le location pre-stigiose della grande mostra di Sab-bioneta. Il percorso espositivo di Sabbioneta Art Festival si propone, quindi, di indagare sull’evoluzione del costume teatrale, a partire dal proprio caratte-re rinascimentale nel suo processo di trasformazione che lo porterà a con-frontarsi con il prodotto della grande moda e con il prodotto industriale. Esempio emblematico è la sezione de-dicata al celebre soprano Maria Callas, il cui personaggio verrà analizzato a partire dall’esperienza teatrale e rein-terpretato in chiave estetica attraverso un percorso espositivo fatto di costu-mi di scena e di abiti originali, tra cui farà capolino una creazione d’epoca di Yves Saint Laurent. E ancora, sempre della Callas, saranno esposti gioielli e

foto originali d’epoca. Nelle Sale dei Cavalli di Vespasiano Gonzaga, che visse nell’epoca d’oro di Sabbioneta, potranno essere, inoltre, ammirati costumi di scena del Cinquecento e del Seicento a cura dello stilista mila-nese Gianni Tolentino: tra le sue ope-re spiccherà l’abito da sposa ispirato in onore a Grace Kelly. Non potevano mancare, poi, spazi riservati al grande Gianni Versace in cui verrà fornita una sintesi del pro-cesso evolutivo del costume teatrale arrivato dai tempi passati e trasforma-to in prodotto di moda; alla pop art internazionale e, infine, alle proposte più interessanti di giovani creativi: fashion designer, fotografi ancora non approdati negli entourage dei gran-di brand. Il cartellone di Sabbioneta Art Festival 2011 viene completato, si diceva, da iniziative collaterali come incontri in piazza e un premio-con-corso dedicato a sostenere un proget-to giovanile meritevole d’attenzione. Sono, inoltre, previsti incontri e ini-ziative con fashion designer, registi ed attori di cinema, esperti di scien-ze umane e, infine, due premi: uno fotografico “Photo Scene” e l’altro

in campo letterario “Writing Scene”: ai migliori autori verranno conferiti premi in denaro.

Sabbioneta Art Festival, che si svolge-rà dal 18 settembre al 20 novembre, è patrocinato da Regione Lombardia e organizzato in collaborazione con Comune di Sabbioneta e Proloco di Sabbioneta.

Inaugurazione mostra. Domenica 18 settembre 2011 ore 18 Palazzo Ducale di SabbionetaDurata: dal 18/9/2011 al 20/11/2011.Orario di apertura: tutti i giorni ore 9 – 12.30; 15 – 18.Ingresso gratuito nel giorno dell’i-naugurazione. Biglietto per mostra e monumenti: 4 Euro (prezzi pacchetto per la visita di tutti i monumenti della città sul sito www.iatsabbioneta.org).

Per informazioni sulla mostra e sugli eventi: www.csgermes.orgContatti: [email protected]. 03761811080 (info line del festi-val) Su Facebook: Sabbioneta ArtFe-stival (chiedeteci l’amicizia!)

Grandi brand di moda a Sabbioneta Art Festival 2011Arte contemporanea e alta moda si intrecciano nella mostra dal 18 settembre a Palazzo Ducale e Galleria degli Antichi

Può avere la buccia liscia o retata, che a seconda della tipologia di frutto può es-sere di colore crema-paglierino o verde, con o senza incisura della fetta, e deve avere minimo 10 centimetri di dia-metro. Il melone mantovano, uno dei frutti tipici della provincia, la cui col-tivazione è estesa anche nelle province vicine, è giunto a una tappa storica per tutta l’agricoltura mantovana. Durante l’estate è infatti stata accordata a livello nazionale la protezione transitoria alla denominazione “melone mantovano” ed è stata inviata l’istanza alla Commis-sione europea per la registrazione come

Indicazione Geografica Protetta I.G.P.Buone notizie, quindi, per i produtto-ri, e per tutta la filiera che ha visto ri-conosciuto lo sforzo di questi anni per portare a tutela un prodotto del terri-torio che, come racconta il disciplina-re, è frutto di fattori microambientali specifici e peculiari, uniti all’esperienza secolare nell’adozione delle più oppor-

tune tecniche colturali ed alla messa a punto di pratiche di coltivazione soste-nibile: tutti insieme, essi “contribuisco-no a conferire al “Melone Mantovano I.G.P.” una reputazione solida, che gli deriva da peculiarità uniche ed irripeti-bili su tutto il territorio nazionale.In particolare la polpa di color giallo-arancio e/o salmone particolarmente succosa, fibrosa e croccante, con un elevato grado zuccherino ed una quan-tità media di potassio e sali minerali generalmente superiore a quella riscon-trata in altre zone di coltivazione, oltre al sapore caratteristico, esaltato anche

dall’odore di fungo e di polpa di angu-ria e dall’aroma di tiglio, contribuisco-no a rendere unici i frutti del “Melone Mantovano” ad Indicazione Geografica Protetta”.Ma la nuova Indicazione Geografi-ca Protetta non è solo un mezzo per esaltare o preservare l’identità di un territorio o di un prodotto, bensì una

vera e propria forma di tutela di questa produzione: diversi potranno essere gli effetti anche sul fronte della commer-cializzazione e della tracciabilità dei prodotti. Sul fronte della concorrenza sleale, per esempio, qualsiasi imitazione o dicitura che ricordi o riconduca alla dicitura “Melone Mantovano” (melo-ne del mantovano, melone della zona di Mantova, melone tipico mantovano, ecc.) non potrà più essere utilizzato e sarà passibile di ammende che vanno da 3.000 a 50.000 euro. Importante, anche per i consumatori, l’obbligo di apporre sui singoli frutti l’apposito logo della denominazione “Melone Mantovano I.G.P”: un cerchio quadrettato, all’in-terno del quale - in una porzione bian-ca - è collocata la scritta “Melone Man-tovano I.G.P.”, con, in verde chiaro, il profilo più celebre della città di Manto-va e forme in colore che richiamano la forma e il colore del frutto. Specifiche confezioni sono inoltre indicate nel di-sciplinare per operare nel rispetto delle norme richieste dal Regolamento Co-munitario.La ricchezza di acido folico (utilizzato per aumentare la fertilità delle donne) tempo fa in un convegno a Mantova aveva persino fatto proporre il melone come frutto per una “fertilità di quali-tà”, sfruttando a fini promozionali l’ac-coppiata “melone e gravidanza”, come da tempo avviene per “vino e cuore” e “olio e colesterolo”.In attesa del pronunciamento definitivo di Bruxelles, il melone mantovano è già pronto a farsi portatore di esperienze e significati della nostra tradizione.

Simona Cremonini

Il melone mantovano è IGP nazionale

Harmoghé

46100 MANTOVA

Via Conciliazione 76

tel 0376 329019

Ricerca, tutela, gestione, valorizzazione. Soluzioni per l’edilizia e il restauro.

Via conciliazione 76 46100 mantova, tel 0376329019, www.harmoghe.it mail: [email protected]

Page 4: Ermetico Errante 2

4 Cultura politica

ROMA (ZENIT.org).

Oggi tutti i problemi sono pla-netari. La scena in cui si rap-presenta la nostra vicenda

umana è il Villaggio Globale. Sveglia con radio giapponese prodotta in Ma-lesia, vestito con lana australiana, caffè colombiano, molti dei componenti della nostra auto vengono prodotti in diver-se parti del mondo. Il quartiere generale della società in cui lavoriamo è in un altro continente. Gli strumenti di lavo-ro vengono dalla Corea, Taiwan, Sta-ti Uniti e da altri Paesi d’Europa. Una spremuta d’arancia può venire dal Bra-sile. Vestiti, scar-pe, giocattoli e una gran quantità di altri prodotti pro-vengono dai paesi più diversi e lonta-ni. Che dire poi dei flussi migratori che colmano il deficit di servizi e quello demografico. Il mer-cato globale è una realtà che inizia nelle nostre case. La globalizzazione non ri-guarda solo l’economia e la tecnologia; essa permea di sé tutte le attività umane, come il modo di vestire e di divertirsi, la lotta alle malattie, la lotta alla crimi-nalità organizzata e la lotta al terrori-smo. La globalizzazione non ha di per sé una connotazione negativa, tuttavia ciò che in linea di principio appare fattore di progresso genera spesso conseguen-ze ambivalenti, o decisamente negative, specialmente a danno dei poveri.La situazioneNel mondo globalizzato sono presenti punti di forza e punti di debolezza.a) punti di forza: 1. l’interdipendenza tra i popoli si è accresciuta; 2. produzione e commercio hanno fruito di regole globali e, perciò, il loro sviluppo non è stato anarchico; 3. si è formata l’opinione pubblica mondiale.b) punti di debolezza: 1. la crescita della finanza è stata anarchica e selvaggia; 2. il divario nord-sud, la povertà e la mortalità per fame sono sempre fenomeni largamente diffusi; 3. la globalizzazione è priva di strumenti per capirla e governarla.Il problema è quello di dominare i tre paradossi sociali della globalizzazione: l’aumento delle disuguaglianze che av-viene in un contesto generalizzato di aumento della ricchezza e del reddito medio; l’andamento del reddito pro-ca-pite che non solo non garantisce l’acces-so al sapere, ma ne esclude un numero elevato di persone; la crescita senza oc-cupazione che procede in parallelo con

lo sviluppo del processo di mondializza-zione dei mercati.Quando si parla di disoccupazione di-venta ineludibile dire qualche parola su un termine molto abusato, quello di fles-sibilità, che si confonde con l’altro termi-ne, più realistico: precarietà.I sistemi economici necessitano di flessi-bilità. La flessibilità, però, deve riguardare tutto il sistema. Non ha senso tenersi un sistema interamente pietrificato in sine-cure inamovibili e in rigidità normative e amministrative, il cui unico elemento di flessibilità è rappresentato dal mercato del lavoro. È l’intera società che deve essere

flessibile!La società, invece, è ancora organizzata in assetti istituzio-nali pensati nella fase industriale for-dista, nella quale è rigorosa la distin-zione tra l’uomo lavoratore e l’uomo consumatore in un

quadro di stabilità. Occorre, sostiene Zamagni, passare dalla società del posto di lavoro alla società delle attività lavo-rative: si devono apprestare le condizio-ni per far emergere nuove attività nei vari punti del sistema, vale a dire là dove sorgono le esigenze.Flessibilità di tutta la società, dunque, e sussidiarietà di tipo orizzontale sono le due facce della stessa medaglia: la terza rivoluzione industriale.La terza rivoluzione industrialeÈ necessario individuare un quadro di riferimento di politica economica nel quale la flessibilità di sistema consenta la socializzazione del rischio connesso alla necessità di cambiare le diverse at-tività lavorative nel ciclo di vita di una persona.Il mercato deve evolvere in modo da comprendere l’economia civile: l’unica in grado di percepire la prossimità del momento produttivo a quello del con-sumo, e l’unica in grado di produrre profitto al solo scopo di reinvestirlo per finalità generali. Il mercato risulterà perciò costitui-to da un’economia che emerga dal-la cultura della reciprocità accanto all’economia che proviene dalla cultura del contratto.Ogni persona, dunque, nella sua piena responsabilità laicale e nella relazionali-tà con altre persone, ha il dovere di la-vorare in questa direzione. Deve, cioè, trasformare le proprie convinzioni in scelte di ricerca, di formazione e di pro-posta per la crescita della società civile. Nella ricerca di soluzione ai problemi, e nella prospettiva di operare per la giu-stizia e la pace della famiglia umana, si acuisce la sensibilità e la responsabilità dei cittadini e si promuove la collabo-razione tra credenti e non credenti e tra credenti di altre religioni. La relazio-

nalità diventa così veicolo di riflessioni corali di interesse generale su metodi e strumenti che attengono alla micro e alla macroeconomia: cioè sui prezzi e, al tempo stesso, sulle quantità aggregate e, quindi, sull’economia dell’impresa, sull’economia del benessere, sull’econo-mia dell’energia e delle risorse naturali.In ultima analisi l’obiettivo di umaniz-zare l’economia è un problema esclu-sivamente etico e politico per cui il globalismo riformista sembra essere la politica in grado di rispondere allo scopo. Il globalismo riformista punta sul fattore istituzionale e su regole co-muni condivise per il governo di una globalizzazione rispettosa delle diverse identità. Il bene comune, concepito dai fondamentalisti di mercato come risul-tato della concorrenza, viene indicato dai riformisti come obiettivo consape-vole dell’azione dell’uomo che si avvale dello strumento del mercato.Così bisogna avere consapevolezza che le misure volte a promuovere una com-petitività globale implicano costi e ri-schi sociali nel breve e nel medio ter-mine che richiedono approcci pazienti e articolati paese per paese.Occorre perciò un forte impegno delle istituzioni multilaterali: queste sono in grado di procedere con prudenza e gra-dualità e di avere riguardo non soltanto alla compatibilità con le situazioni e le vocazioni di questi Paesi, ma anche alle conseguenze socio-politiche che possono derivare dall’integrazione economica.Da qui la necessità di ricercare soluzio-ni adatte ai contesti locali e garantire la coesistenza tra aziende dei Paesi indu-strializzati e aziende familiari dei Paesi in via di sviluppo.Solidarietà, sussidiarietà e mercatoÈ necessario che etica ed economia deb-bano collegarsi per dare senso al vivere sociale. Ora dobbiamo aggiungere che il collegamento risulterà impedito se l’economia si pone come fine globale e la razionalità economica rigetta nell’ir-razionale ogni considerazione al di fuo-ri di essa. Risulterà altresì impedito se l’etica si limita alle petizioni di princi-pio: il giudizio etico non può che essere fondato su una corretta analisi dei fatti e delle teorie economiche. Il giudizio eti-co astratto risulterà inutile o addirittura dannoso perché può diventare funzio-nale al mantenimento dello status quo. Con l’affermazione dei princìpi l’etica deve pertanto saper indicare anche come i princìpi stessi incidano e muovano la prassi economica in una certa direzione e ne contrastino altre.Il valore fondante per il governo dell’e-conomia globalizzata può essere così enunciato: la persona è sempre fine e mai mezzo; è individuale e, insieme, comunitaria. Questo valore fondante richiede la convinta accettazione di tre principi: 1. il principio della destinazione universale dei beni che coinvolge

giudizi di valore in campo economico e nel lavoro produttivo; 2. il principio di solidarietà, che esprime l’inscindibilità e la reciprocità tra l’io individuale e l’io sociale, evoca un senso di legame con gli altri in termini di collaborazione, condivisione e partecipazione alla vita pubblica; 3. il principio di sussidiarietà, soprattutto concepito nella sua versione orizzontale, che si esprime in un tipo di organizzazione sociale nel quale coniugare la solidarietà con la libertà.Per i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) la crescita ha priorità assoluta, lo sviluppo del reddito viene prima di tutto, anche prima della tutela dei diritti umani e della salvaguardia ambientale. Essi cre-dono nell’interdipendenza dei Popoli perché in essa vedono un chiaro segno dei tempi che rappresenta l’incarnazio-ne del principio di solidarietà e offre una risposta razionale alla complessità contemporanea.Ma il fatto che viviamo in un mondo di interdipendenza economica non impli-ca che questo mondo muova necessaria-mente verso l’integrazione delle ragioni dell’efficienza e della solidarietà nell’e-conomia globalizzata.Per tener conto contemporaneamente delle condizioni dell’efficienza, dell’e-quità e della libertà occorrono regole e istituzioni edificate dalla società civile.A questo proposito il realismo cattolico ci ricorda che il cammino dell’uomo è tracciato in un sentiero disseminato di bene e di male. Il cammino dell’uomo tra il bene e il maleLa dialettica tra etica e funzioni di pro-duzione e di consumo è centrale nella cultura moderna e ha in sé un misto di aspetti positivi e negativi non sempre distinguibili gli uni dagli altri.Alcuni esempi.La condizione dei bambini-schiavi dei Paesi poveri, che realizzano abiti e giocattoli per i loro coetanei dei Paesi avanzati, evoca la stessa indignazione che proveniva dall’Inghilterra protoin-dustriale del Sette e dell’Ottocento. Di sicuro l’iniquità dei processi di pro-duzione e di distribuzione della crescita economica è e rimane non etica, come non etica rimane la negazione delle pos-sibilità di affrancarsi dalla povertà.Ma la storia non ha andamento lineare; procede, invece, per salti di disconti-nuità nei quali l’iniquità sembra essere un passaggio inevitabile. L’Inghilterra accettò l’iniquità per industrializzarsi. Così fanno i PVS che la accettano oggi e non ne fanno mistero; anzi, l’accetta-no addirittura di buon grado.Questi fatti pongono con forza que-stioni complesse alle coscienze per le modalità in cui si realizza l’immoralità economica. Affrontare questi fatti non è semplice, né scontato, nemmeno sotto il profilo morale.Vediamo perché.I modi con cui sono state privatizzate l’ENEL, la Telecom e le Autostrade, e le vicende della Parmalat, sono iniqui-tà chiaramente ascrivibili a un misto di incompetenza e di comportamenti in-quadrabili nei rigori del codice penale.Ma le iniquità, quando si verificano nei Paesi industrializzati, emergono con chiarezza e possono essere affrontate con gli strumenti del diritto.

Si verificano, però, nei Paesi poveri, episodi che turbano le nostre coscien-ze per l’intreccio di bene e di male che in tali episodi si manifestano. Per chi si imbatte in questi episodi è molto diffi-cile praticare regole di condotta univo-che ed eticamente sostenibili.Gli ostacoli che si frappongono a fron-te dei tentativi di attuare la giustizia in questi Paesi sono di due tipi.I primi riguardano le difficoltà Paese.I PVS sono disposti a pagare qualunque prezzo pur di avere lo sviluppo. Il fatto è che non si fidano dei Paesi ricchi perché ritengono che questi Paesi non siano animati da altruismo, ma col pretesto della tutela dell’ambiente e dei diritti delle donne e dei bambini tendano a perpetuare il colonialismo in modo sur-rettizio al solo scopo di difendere azien-de e posti di lavoro non più competitivi.Per superare una tale diffidenza e per dimostrare che si vuole veramente la crescita dei PVS basterebbe, come è scritto nella Caritas in Veritate, “fa-vorire il progressivo inserimento dei loro prodotti nei mercati internaziona-li, rendendo così possibile la loro pie-na partecipazione alla vita economica internazionale.”(Cfr. CV n. 58).Ci sono poi i casi di difficoltà per il com-portamento dei singoli consumatori e delle singole imprese dei Paesi ricchi nel rapportarsi con i Paesi poveri.È moralmente lecito comprare giocat-toli a prezzi irrisori dai Paesi poveri pur sapendo che questi sfruttano il lavoro di bambini sottopagati che lavorano in condizioni di pericolo per la loro stessa incolumità? E se il lavoro di questi bam-bini fosse l’unica fonte di reddito per le loro famiglie?È moralmente lecito per le imprese dei Paesi ricchi organizzare cartelli per l’ac-

quisto di materie prime a basso prezzo e delocalizzare impianti industriali nei luoghi dove la tutela dell’integrità fisica dei lavoratori o la difesa dell’ambiente sono vere e proprie astrazioni concet-tuali? E se il ricorso al dumping fosse necessario ai Paesi poveri per il loro de-collo industriale?Ma non è stato, questo, il prezzo che l’Inghilterra ha pagato per diventare un Paese industrializzato?Considerazioni conclusiveAnche per affrontare questo tipo di problemi l’esercizio della democra-zia transnazionale è insostituibile, così come è insostituibile il ruolo dei cor-pi intermedi organizzati a rete che ne costituiscono il corollario. In questa ar-ticolazione della società civile sta la di-mensione ottima per coniugare econo-mia e politica, ricchezza e distribuzione, concorrenza e cooperazione, localismo e globalizzazione.Nella solidarietà e nella sussidiarietà, che si esprimono compiutamente nei corpi intermedi, si realizza lo sviluppo umano integrale. Qui, dove l’indivi-duazione dei beni da produrre emerge in modo spontaneo dalla natura e dal-la portata dei bisogni da soddisfare, “i doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i nostri doveri verso la persona considerata in sé stessa e in re-lazione con gli altri” (Cfr. CV n. 51).La conclusione più importante da trarre è che la globalizzazione delle istituzioni non market, così come l’apprestamento delle condizioni finalizzate al bene co-mune della famiglia umana, non sono meno importanti della globalizzazione dei beni materiali.

Rosario Sitari

Solidarietà, sussidiarietà e mercato

“Che s’aspetti non so, né che s’agogni, Italia, che suoi guai non par che senta: vecchia, otiosa et lenta, dormirà sempre, et non fia chi la sveglia?” Spirto gentil, che quelle membra reggi ... Petrarca, Canzoniere - LIII

Italia... Italia, sempre i tuoi modi ti distinguono, e sempre un modo parti-colare di gestire la propria vita. In ciò sta l’originalità degli Italiani, ricono-sciuta sempre, capace di grandi opere, ma spesso addormentata sui suoi allori soprattutto culturali. In politica non va diversamente e le parole del Petrarca, per non citare quelle di Dante a propo-sito del “bordello” risuonano come un monito. Certo, ma ascoltarlo è sem-pre difficile. L’Italia contemporanea è figlia della sua Costituzione, dell’e-quilibrio che in quegli anni serviva a comporre le divisioni. Garante dell’e-quilibrio il Presidente della Repubbli-ca al quale la Costituzione riserva un intero Titolo, il secondo della Parte se-conda. Ben 9 articoli e tutti dettagliati. Essi delineano la figura del Presidente e i suoi poteri, che sono limitatissimi, soprattutto nell’intervento nell’agone politico. Certamente la sua funzione istituzionale è importante, ma è essen-

zialmente formale, e prevede il suo in-tervento nelle questioni della gestione politica solo ed esclusivamente attra-verso quanto esprime l’art. 87 secondo comma: il Presidente della Repubblica “può inviare messaggi alle Camere”. Quindi un solo modo, e nessun altro, a quanto afferma la Costituzione del-la Repubblica Italiana. Altri modi di intervenire non mi pare siano possibi-li. Ma ecco che gli Italiani, in questo caso i Presidenti, hanno escogitato insieme alla cosiddetta classe politica la differenza tra Costituzione formale e Costituzione materiale. In pratica di quello che afferma la Costituzione possiamo non curarci, perché la pras-si afferma un altro modo. Ecco che i Presidenti nel corso dei decenni, anzi-ché svolgere la funzione propria, len-tamente fin dalla Presidenza Gronchi e aumentando sempre più, ritengono di avere il diritto di intervenire, di consigliare pubblicamente, di convo-care per indire sedute parlamentari per la fiducia al governo, e ultimamen-te anche per esprimere, prima che le leggi siano approvate, il proprio pun-to di vista. Di ciò ne dovrebbe esser contento il grande propugnatore del presidenzialismo italiano, quel Mario

Segni che promosse anche un refe-rendum al proposito. Dato che quasi nessuna delle forze politiche voleva il presidenzialismo, si è rimediato, ap-punto all’italiana. Il Presidente della Repubblica in Italia e all’estero inter-viene direttamente sulle questioni del Governo e del Parlamento. In questo appoggiato dall’attuale opposizione e dai suoi organi di informazione che lodano l’equilibro, la necessità, l’ur-genza, la capacità ecc. ecc. dell’attuale Presidente della Repubblica, che, ben lo sapeva il suo grande sponsor D’Ale-ma, avrebbe garantito una certa parte, anche quando, come fu, cadde rovi-nosamente dopo l’effimero, ma salato in tasse, governo Prodi. Forse i padri costituenti, quando scrissero con intel-ligenza la Costituzione, volevano che i poteri fossero sempre ben distinti e che ben regolati fossero i loro rapporti. Ma sappiamo, da un lato la Costituzio-ne non si tocca, tanto poi si fa quello che si vuole. Tornare alla Costituzio-ne sarebbe già un’impresa, farne una di nuova… mancano forse molti ana-loghi a quei padri costituzionali che scrissero la prima.

Italo Francesco Baldo

La mode des italiens

Il budget dell’UE in uno sguardo“Un modo per aiutare i cittadini a orientarsi”, ha commentato il presidente della commissione Bilanci dell’Unione Europea Alain Lamassoure, presentan-do un nuovo strumento multimediale pubblicato sul sito www.europarl.euro-pa.eu, che consente di verificare quale sia il budget della UE destinato a ogni singolo paese, e come viene speso, nelle diverse aree di intervento, nonché qua-le sia il contributo del singolo paese al

bilancio UE e da dove arriva il denaro.Il dibattito sul futuro delle politiche dell’UE e il suo bilancio è appena ini-ziato. L’8 giugno il Parlamento europeo ha approvato la sua posizione sul bilan-cio pluriennale per il periodo 2014-2020 mentre la Commissione europea ha presentato il 29 giugno la sua pro-posta di bilancio per il periodo 2014-2020. Ora gli Stati membri e il Parla-mento dovranno mettersi d’accordo sulle somme, la struttura e le priorità.Saranno previste nuove risorse o en-

trate per il bilancio dell’UE? L’Unio-ne è pronta a sostenere, nel bel mezzo della crisi finanziaria, i suoi ambiziosi obiettivi come previsto nella strategia UE 2020? Sarà garantito il suppor-to finanziario necessario a svolgere i nuovi compiti previsti dal Trattato di Lisbona? Se sì, cosa accadrà ai settori più tradizionali come l’agricoltura e la politica regionale? Queste e altre do-mande saranno affrontate nei prossimi

anni, quando gli Stati membri dell’UE e il Parlamento europeo si accorderan-no sul quadro finanziario per il periodo 2014-2020.Intanto, la curiosità ci spinge a dare un’occhiata a come, secondo questo nuovo strumento multimediale, i bi-lanci italiani e il bilancio europeo si in-crociano, avendo a disposizione come ultimo dato quello del 2009.Nel 2009 l’UE ha speso 9,37 miliardi in Italia (su 118,361 miliardi totali). Di essi, le spese destinate all’agricoltura italiana

sono state 5,29 miliardi di euro (56%), sopra la media europea del 49%. Alle politiche regionali (fondi “di coesione” e “strutturali”) sono stati destinati 2,41 miliardi (26%), meno della media euro-pea del 33%. 648 milioni, ovvero quasi il 7% dei fondi UE per l’Italia, proven-gono dal capitolo “cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia”. Alcuni di questi erano fondi di solidarietà donati dopo il terremoto in Abruzzo, ma includevano anche fondi per gestire i flussi migratori. Alla ricerca e allo sviluppo è stato desti-nato l’8% dei fondi, esattamente in linea con la media UE.Per quanto riguarda, invece, il contri-buto dato dal nostro paese alla UE, nel 2009 è stato di 13,91 miliardi di euro. Di essi, la voce più importante è quella di oltre 10 miliardi che provengono da risorse proprie basate sul Pil, insieme a 1,378 miliardi di risorse proprie basate sull’Iva, a oltre un miliardo di paga-mento per le eccezioni e al rimbor-so britannico per oltre un miliardo di euro (meccanismo introdotto all’epoca del governo Tatcher per far restituire a Londra buona parte della somma ver-sata all’Europa come paese membro). L’Italia ha inoltre raccolto, per conto dell’UE, € 2,01 miliardi in dazi do-ganali e agricoli, da cui ha il diritto di trattenere il 25% per spese amministra-tive.Non ancora così affinato per determi-nare e valutare nello specifico come il contributo italiano alla UE ritorni sul territorio, lo strumento è però un pri-mo passo per rendersi conto di come i fondi si stanno distribuendo e di sicuro in futuro potrà aiutare anche il cittadi-no a capire di più di un meccanismo così complesso.

Simona Cremonini

“La condizione dei bambini-schiavi dei Paesi poveri, che rea-lizzano abiti e giocattoli per i loro coetanei dei Paesi avanzati, evoca la stessa indignazione che proveni-va dall’Inghilterra protoindustriale

del Sette e dell’Ottocento.”

Page 5: Ermetico Errante 2

5Cultura politica

ROMA (ZENIT.org).

“Per vincere la povertà, le or-ganizzazioni internazionali, i governi e le ONG (Organiz-

zazioni Non Governative) possono e devono prestare maggiore attenzione al sostegno ed alla promozione del-la famiglia. Le famiglie naturali sono una componente sociale decisiva per lo sradicamento della povertà”.È quanto ha sostenuto Marijo Zivko-vic, rappresentante della Fondazione per il diritto della famiglia - PRO-DEFA, in un documento presentato durante la quarantottesima sessione della Commissione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sociale.Marijo Zivkovic è un medico, feli-cemente sposato, ha sei figli e 18 ni-poti. Insieme alla moglie è già stato membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia e dirige il Family Center di Zagabria.Intervistato da Zenit ha spiegato che “generalmente quando si parla di eli-minazione della povertà, si parla di trasferimento di denaro da quelli che hanno a coloro che non hanno. Ma bisognerebbe tenere conto del fatto che la principale garanzia affinché i progetti di sviluppo vengano realiz-zati è il sostegno alle famiglie natu-rali che rappresentano l’essenza del capitale sociale”.“In una parola – ha sottolineato – mi-gliorare la qualità della vita familiare è un modo di ridurre ed eliminare

la povertà” perché all’interno della famiglia “si compiono tante azioni di amore gratuito, si crea un clima virtuoso di buone relazioni che ge-nerano fiducia e speranza”.“Al contrario – ha precisato il dott. Zivkovic – quando la famiglia è mo-noparentale, divisa, separata, è più facile che si sviluppino fenomeni di pigrizia, spese irragionevoli, promi-scuità, alcoolismo, tossicodipenden-

za, gioco d’azzardo, AIDS. Si gene-rano così condizioni di sofferenza e disagio che favoriscono la povertà”.Dove si afferma la presenza stabi-le e duratura di famiglie naturali, il degrado morale viene respinto e la qualità della vita migliora. A questo proposito l’Organizzazione Mondia-le della Sanità (OMS) sostiene che la prevenzione migliore per evitare l’AIDS o altre malattie sessualmente trasmettibili è “la relazione fedele di due persone sane”.Nelle famiglie in cui è dominante il rispetto di sé e il rispetto degli altri,

l’affetto, l’attenzione e le relazioni d’amore verso tutti i membri del-la famiglia, fanno sì che fenomeni come l’alcoolismo o la tossicodipen-denza siano molto rari o inesistenti.Secondo l’esponente di PRODEFA, il sostegno alle famiglie è decisi-vo anche per garantire tante sane e generose nascite. “È ormai eviden-te a tutti – ha sottolineato il dott. Zivkovic – che il crollo demografi-co produce enormi danni economici soprattutto nei confronti del sistema pensionistico”. “Se il numero dei giovani è inferiore a quello degli an-ziani – ha precisato – sarà impossibile per il futuro garantire i fondi per le pensioni”.“Al contrario la crescita demografica – ha suggerito – con più bambini, più giovani, più coppie, è una garanzia per sostenere anche il sistema pensio-nistico”. “Inoltre nei paesi sottosvi-luppati, le famiglie numerose contri-buiscono ad avere una vita migliore ed aiutano anche a ridurre la povertà delle persone anziane”.“In questo contesto – ha concluso Marijo – la Chiesa cattolica, le al-tre chiese cristiane, l’Islam e le altre comunità religiose stanno facendo molto per promuovere la qualità del-la vita familiare e in questo modo contribuire a diminuire ed eliminare la povertà”.

Antonio Gaspari

Sostenere la famiglia naturale per sconfiggere la povertà

Secondo Marijo Zivkovic, rappresentante della Fondazione per il diritto della famiglia

Da molto tempo la situazione della po-litica italiana crea in me un profondo stato di disagio.Molte volte in questi anni ho pensato di iscrivermi a qualche partito: Udc, Idv, Pd... Ma alla fine non l’ho mai fat-to, qualcosa di indefinito mi impedisce di riconoscermi in questi movimenti.Non è vero che tutti i partiti sono uguali, e neppure gli uomini che com-pongono questi partiti sono uguali, tuttavia in una qualche misura sem-brano talvolta incoerenti, imprecisi, deboli.Forse non è possibile che sia diverso...Mi addolora vedere come i cristiani cattolici (cioè i Cristiani, ricordiamolo che con il nome di cattolico, dal greco “katholikós”, si professano “universa-li”), siano divisi tra diverse fazioni e schieramenti, incapaci di una visio-ne unitaria della politica, almeno sui principi. Come se la verità fosse diver-sa per gli uni dagli altri.Inutile nasconderlo, i cattolici di destra stimano i cattolici di sinistra troppo “adesivi” a un’ideologia che definirei “progressismo ideologico”, quelli di si-nistra stimano quelli di destra ipocriti e opportunisti.Ma forse è giunta l’ora che queste due parti comincino a parlarsi, e la solu-zione non sta nel mezzo, o nella me-diazione, ma nella ricerca sincera della verità. Nella capacità di saltare gli stec-cati ideologici, nel fare una seria analisi dei propri peccati e nel riconoscere le ragioni vere dell’altro.Ma questo non è un processo facile e indolore, include una caratteristica che ha poco a che fare con la politica: “l’u-miltà”. Include un metodo di lavoro per cercare la verità e un’analisi delle proprie parole.È difficile, infatti, lasciare da parte le proprie ideologie, i preconcetti cultu-rali e ideologici, le bandiere che fanno da barriera, le nostre prigioni intellet-tuali, gli slogan, le ripetizioni di con-tenuti mai veramente analizzati.

Occorre rinunciare alla retorica per se stessa, al gusto del parlare tanto per par-lare, occorre cercare veri elementi che ci aiutino a capire come stanno le cose.È importante non dare nulla per scon-tato nel nostro pensiero.Bisogna riuscire a capire che alcune verità non sono scontate, a volte non sono evidenti, a volte non si possono sapere a priori.Bisogna distinguere i valori e gli obiet-tivi dai mezzi (questi ultimi si possono cambiare se non contraddicono i va-lori, possono rilevarsi efficaci o non efficaci, possono portarci o non nella direzione giusta e possono essere con-cordati o no).Ma noi abbiamo una guida: le opere del magistero della Chiesa. Questo deve essere la guida, non le ideologie dei vari partiti di riferimento.Ma soprattutto i cattolici devono sape-re che è Gesù che li unisce, non come una ideologia o un pensiero può unire gli uomini, ma come un Dio che ope-

ra può unire i propri fedeli, è l’opera di Gesù nei cuori che unisce e questa si esprime se si prega, altrimenti sono solo chiacchiere e la nostra ideologia è come quella di tanti altri.E se riusciamo a fare questo non pos-siamo non accorgersi che gli ideali di fondo sono gli stessi, forse ci rendono più vicini di quanto non si creda.Lancio perciò un’idea: creiamo un campo di lavoro che metta a confronto cattolici provenienti da posizioni po-litiche diverse, facendo attenzione che siano rappresentate tutti i partiti in cui vi sono cattolici, che si confrontino su:- etica e principi- obiettivi condivisi- mezzi per arrivarciAggiungo due note di una discussione che ho avuto con un amico:a) un cattolico deve valutare la verità di ciò che sente e non trincerarsi dietro il giudizio su chi la diceb) siate prudenti: sbandierare la ban-diera da cattolico è un buon modo per raccontare bugie ai cattolici. E non ba-sta sbandierare la bandiera da cattolico per essere cattolico.Ciao a tutti e buona fortuna,

Daniele Malerba

Cattolici senza parole

La seconda manovra in un mese di ag-giustamento dei conti pubblici, scritta sotto dettatura ed in piena emergenza, della quale sentiremo parlare per un po’ (e magari figlia solo di Tremonti), segna la fine della seconda repubblica. Questa è destinata a trascinarsi ancora, in un cre-puscolo più o meno lungo, magari anche fino alla scadenza della legislatura, ma ormai ha esaurito il suo ciclo durato 17 lunghi anni.Ho già scritto in altra nota che cosa re-sterà della seconda repubblica (le colossa-li svendite a prezzi di saldo dei gioielli di Stato e l’aver ridotto la politica a spot, il non aver risolto il nodo del debito pub-blico, eredità certo della prima repub-blica, ma in 17 anni restato esattamente dove era nel 1994).Ora i problema sono: chi sarà a dare il via alla terza? QUALE SARÀ IL NUO-VO CONTESTO POLITICO? Quale sarà l’evento chiave del passaggio? (per la seconda repubblica fu il referendum elet-torale ed il passaggio al maggioritario). Quale sarà il compito principale della terza repubblica?Chiedo subito scusa a chi mi legge se, non avendo la sfera di cristallo, mi inol-tro in modo schematico nei sentieri im-pervi delle previsioni, sempre opinabili e legate al proprio osservatorio: il mio è osservatorio di provincia, alimentato da una costante lettura dei fatti e dai collo-qui con esponenti istituzionali nazionali.Chi ci farà entrare nella terza repubblica?L’Unione europea (Baroso, Merkel e Sarkozy), la Bce (Mario Draghi), ag-giungendoci anche il Fmi. Hanno deciso che il nostro Paese deve essere guidato dall’esterno, almeno per un certo perio-do, per evitare di avere un macigno che fa affondare tutto il sistema dell’euro.Chi sarà il garante interno dell’ope-razione?

Il presidente Napolitano, che, al di là di qualche forzatura istituzionale, ha saputo evitare in questi anni che la nave Italia andasse a sbattere sugli scogli: gli dob-biamo riconoscenza ed affetto.Quale sarà l’evento chiave del passaggio dalla seconda alla terza repubblica?Una nuova possibile riforma elettorale, che sarà (purtroppo, almeno per me) an-cora in chiave maggioritaria e corregge-rà le gravi anomalie dell’attuale, a partire dalle mancate preferenze ed il passaggio elettorale, sia anticipato al 2012 (cosa molto probabile ed utile al centrodestra ed alla Lega) sia alla scadenza naturale.Quali forze politiche ci saranno?Due possono essere gli scenari. Il primo: restano i partiti attuali con leadership diverse (Alfano al posto di Berlusconi, Maroni al posto di Bossi, un giovane -Renzi?- al posto di Bersani presumibil-mente travolto dal caso Penati; Vendola consoliderà, con la forza delle sue nar-razioni suggestive ma inadatte a gover-nare, il suo spazio a sinistra; Di Pietro troverà qualcuno più puro di lui nell’IdV che lo epurerà; Fini e Rutelli, logorati dai numerosi errori tattici e strategici compiuti e dalle loro ambiguità, non sa-ranno della partita). L’inossidabile Pier-ferdinando Casini, forte dall’aver retto con coerenza tre anni l’UDC fuori dai due Poli, potrebbe ancora avere un ruo-lo nello scenario futuro, anche se dovrà guardarsi dalle ambizioni di Luca Cor-dero di Montezemolo, il classico uomo baciato dalla fortuna, candidato sempre a tutto, senza aver mai rischiato nulla. Un fenomeno tutto italiano.Il secondo scenario potrebbe essere quel-lo più vicino agli schemi europei. Si av-via un bipolarismo basato sullo schema europeo, con un Partito Popolare che riassorbe una fascia importante del Pdl, l’Udc e la ex sinistra DC, oggi innatural-

mente collocata nel PD, con un partito socialista che vedrà per la prima volta i reduci del fallimento comunista, in Ita-lia, costretti a chiamarsi socialisti (perché è questo che fanno in Europa dopo che Craxi li sdoganò nel ‘92 ma non fanno in Italia, dove si vergognano ad usare questa parola, al punto -la fantasia non ha limiti- di passare da Pds a Ds a Pd e a tentare di vincere le elezioni senza anda-re in prestito di facce lontane dalla loro storia).Quale sarà il compito della Terza repub-blica?Uno, epocale, di tipo “costituente”: RICOSTRUIRE LO STATO ED IL SENSO DI APPARTENENZA E DI FIDUCIA DEI CITTADINI. Sarà un lavoro immane, che dovrà aggredire la spesa pubblica, riformare il Welfa-re, “ASFALTARE” GLI EVASORI FISCALI, TRA I PEGGIORI CRI-MINALI DI QUESTA ITALIA CHE SOTTRAGGONO 120 MILIARDI DI EURO ANNUI ALLA COMUNI-TA’, AI SERVIZI DI CUI USUFRUI-SCONO; METTERE IL SUD, CON TUTTI I MEZZI, ANCHE CON L’E-SERCITO, NELLE CONDIZIONI DI PENSARE AD UN FUTURO NON ASSISTITO.Questo compito non richiede l’uomo della provvidenza. Richiede il rilancio della buona politica, fatta di cultura e non di spot; richiede che la politica ri-acquisti con il “fare”, dignità e consenso, in modo che anche i suoi costi (di gran lunga inferiori agli attuali) possano es-sere sostenuti senza insofferenze, perché L’ALTERNATIVA È LASCIARE L’E-SERCIZIO DELLA POLITICA A CHI HA SOLDI. È una bella sfida, che, per gli appassionati di politica, vale la pena di essere raccolta.

Alberto Leoni

Dalla seconda alla terza repubblica

La guerra della Cina controle donne e le bambine

Un avvocato USA contro la politica del figlio unico

ROMA, (ZENIT.org).“La politica cinese del figlio unico provoca più violenza contro le donne e le bam-bine di ogni altra politica sulla terra, di ogni politica ufficiale nella storia mondiale”.Queste sono le parole appassionate di Reggie Littlejohn, un avvocato statunitense, fondatrice di Women’s Rights Without Frontiers, un’associazione internazionale che lotta contro l’aborto forzato e la schiavitù sessuale in Cina. Californiana, in gioventù ha lavorato accanto a Madre Teresa nei bassifondi di Calcutta. Littlejohn ha avuto i primi contatti con questa politica quando ha rappresentato dei rifugiati cinesi che chiedevano asilo politico negli Stati Uniti negli anni Novanta. “Sono stati prima perseguitati per essere cristiani e poi forzatamente sterilizzati”, ha ricor-dato. “Questo mi ha aperto gli occhi a una realtà che non conoscevo”. Parlando con Zenit durante una sua recente visita a Roma, Littlejohn ha definito la politica del figlio unico letteralmente una “guerra cinese contro le donne e le bam-bine”. Aborti forzati tra le donne che violano la politica sono all’ordine del giorno nel Paese e sono talvolta effettuati anche fino a nove mesi di gravidanza. Possono essere così violenti – ha affermato Littlejohn – che “le donne muoiono insieme ai loro figli in procinto di nascere”.Ma la brutalità dell’aborto forzato non è l’unica violazione dei diritti umani con-seguente alla infame “politica di pianificazione familiare”. Essa porta anche al co-siddetto “genericidio”, per la tradizionale preferenza cinese per i maschi, che lascia le femmine soggette all’aborto, all’abbandono e all’infanticidio. Esso porta anche alla schiavitù sessuale poiché l’eliminazione delle femmine ha indotto un maggior traffico di donne provenienti dai Paesi vicini alla Cina, attirate da un eccesso di circa 37 milioni di maschi cinesi rispetto alle femmine.E sebbene il collegamento non sia pienamente dimostrato, questa politica può an-che essere la causa di un più elevato tasso di suicidio tra le donne in Cina (l’Or-ganizzazione mondiale della sanità dice che il Paese ha il più alto tasso di suicidio femminile al mondo, con circa 500 donne cinesi che ogni giorno mettono fine alla propria vita). “Non credo che questo sia slegato dall’aborto forzato, dalla sterilizza-zione forzata e l’infanticidio”, ha affermato Littlejohn.Né sono solo le donne e le bambine ad esserne vittima. Secondo numerose storie trapelate dalla Cina, da individui che rischiano la morte, il Governo applica anche una serie di metodi barbari sugli altri membri della famiglia per far rispettare questa politica. “I metodi usati sono assolutamente terrificanti”, ha affermato Littlejohn. Ricordando un incidente documentato, avvenuto nel marzo di quest’anno, ha spie-gato che gli agenti della pianificazione familiare sono andati a casa di un uomo per prelevare la sorella da sottoporre a sterilizzazione forzata. “Poiché non si trovava in casa, hanno iniziato a picchiare suo padre. Quando lui ha cercato di difenderlo, uno degli agenti ha preso un lungo coltello e lo ha pugnalato due volte nel cuore ed è morto. Questo è omicidio”.Eppure, ad oggi l’omicida non è stato arrestato e nonostante i tentativi della fa-miglia di rendere nota la storia, i media si sono rifiutati di diffondere la notizia. “Gli agenti della pianificazione familiare sono al di sopra della legge, possono fare qualunque cosa e farla franca ugualmente”, ha affermato Littlejohn. “Stanno terro-rizzando la popolazione”.Le statistiche riguardanti la politica cinese del figlio unico sono sconcertanti. Da che è stata avviata, nel 1979, le autorità si vantano di dire che sono state prevenute 400 milioni di nascite. Il Governo dice anche che sono circa 13 milioni gli aborti che vengono effettuati ogni anno. Questo ammonta a 1.458 ogni 60 minuti o – come ha detto Littlejohn – “a un massacro di Piazza Tienanmen ogni ora”.“Ciò che è paradossale è che la Cina ha istituito la politica del figlio unico per mo-tivi economici”, ha spiegato Littlejohn. “Volevano ridurre il numero delle coppette di riso da riempire per risparmiare, ma ora è diventata la condanna alla morte eco-nomica della Cina”. Littlejohn ha dato due ordini di motivi per questo. Il primo è la disparità di sesso, con 37 milioni di maschi in più, che sta trainando il traffico di esseri umani e la schiavitù sessuale tra la Cina e i Paesi limitrofi. Il secondo è che la Cina avrà presto una popolazione anziana senza giovani che la possa sostenere. Lo ha definito come uno “tsunami di anziani”, che a suo avviso colpirà il Paese intorno al 2030.“Non hanno previdenza sociale e per quanto ne so non hanno un piano efficace su come prendersi cura di questa enorme popolazione di anziani che si sta formando”, ha affermato. Per questo motivo è preoccupata “per l’inizio della vita e per la fine della vita” e teme che se la Cina è disposta a forzare l’aborto all’inizio della vita, “cosa vorranno forzare alla fine della vita quando si troveranno di fronte lo tsunami di anziani?”. Ha poi osservato che i cinesi hanno una cultura del rispetto degli an-ziani, ma si chiede se l’idea di eutanasia guadagnerà terreno quando le conseguenze demografiche della politica saranno pienamente realizzate.

“Chiaramente, la politica del figlio unico non ha più alcun senso. Allora perché mantenerla?”, si è chiesta Littlejohn. “Io credo che il motivo non sia tanto perché è una forma di controllo demografico, ma perché è una forma di controllo sociale”.Tenere duroLe autorità cinesi hanno detto che la politica rimarrà inalterata fino alla fine del 2015, anche se ha recentemente fatto intendere di voler forse concedere una politica dei due figli. Tuttavia, secondo Littlejohn questa non sarebbe in grado prevenire gli aborti forzati, le sterilizzazioni o gli infanticidi. Né sarebbe in grado di migliorare il trend demografico della nazione. Una politica dei due figli è già in atto nelle zone rurali e tra le minoranze, nel caso in cui il primo figlio sia femmina, ma ha fatto ben poco per ridurre la diffusa pratica di abortire le femmine, in un Paese con una pesante preferenza maschile.Nonostante le diffuse violenze e il trauma inflitti dalle autorità, i governi occi-dentali hanno fatto poco per ottenere un cambiamento da parte della Cina. “Sono stati molto deludenti e deboli”, ha detto Littlejohn. “Questa dovrebbe essere la questione principale degli attivisti dei diritti umani, in ragione delle dimensioni della Cina. Un essere umano ogni cinque vive sotto la terrificante morsa della politica cinese del figlio unico. E non sono solo le donne ma anche gli uomini. La gente dice: perché la donna non cerca di scappare per avere il bambino? Non può scappare, perché se la prenderebbero con il padre, il fratello, il marito”.Secondo Littlejohn, il Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, si è espressa “con forza” contro l’aborto forzato in Cina e la Casa Bianca l’ha invitata a riferire sulla questione ascoltandola con attenzione. Ma, a suo avviso, questa linea non si è anco-ra “tradotta in un’azione concreta”. Littlejohn sostiene che i governi non vogliono battere questo punto perché la Cina vanta grandi crediti finanziari.Inoltre, sia gli Stati Uniti che le Nazioni Unite contribuiscono a finanziare quella politica attraverso l’UNFPA (United Nations Family Planning Fund), oltre all’IPPF (International Planned Parenthood Federation), e a Marie Stopes International. A suo avviso, queste organizzazioni sono “fornitori di aborto” in Cina. Inoltre, seb-bene nel 2001 gli Stati Uniti abbiano ridotto i finanziamenti all’UNFPA, perché era stata scoperta la sua complicità con la politica del figlio unico, il Dipartimento di Stato li ha ristabiliti nel 2009.Tuttavia, negli Stati Uniti sta crescendo il sostegno all’abolizione dei finanziamenti USA. In questo senso, la rappresentante Renee Ellmers ha proposto una normativa che taglierà i finanziamenti all’UNFPA, con un risparmio di 400 milioni di dollari nei prossimi 10 anni. Littlejohn ha sottolineato che il disegno di legge deve ancora essere approvato in commissione per poi passare all’Assemblea, quindi c’è ancora tempo per gli elettori per fare pressione sui loro parlamentari.Dal punto di vista positivo, questa orribile politica ha inavvertitamente unificato non solo gli abortisti pro-choice e gli attivisti pro-vita nell’opposizione all’a-borto forzato, ma ha anche ravvicinato le religioni. Littlejohn ha evidenziato che nessuno tra cristiani, ebrei, musulmani o buddisti sostiene l’aborto, il che significa che “i credenti di queste reli-gioni che sono costretti ad aborti-re lo vedono come una forma di persecuzione religiosa”.Eppure, nonostante l’estensio-ne di questa tragedia dei diritti umani, Littlejohn ha espres-so ottimismo per il futuro. “Non è possibile che questa storia vada avanti ancora per molto”, ha affermato. “O il Partito comunista ci-nese accorderà la fine di queste atrocità, o queste avranno fine anche sen-za il suo consenso”.

Edward Pentin

“Nelle famiglie in cui è dominante il rispetto di sé e il rispetto degli altri, l’affetto, l’attenzione e le relazioni d’amore verso tutti i

membri della famiglia, fanno sì che fenomeni come l’alcoolismo o la tossicodipendenza siano molto

rari o inesistenti.”

“Non è vero che tutti i partiti sono uguali, e neppure gli uomini che compongono questi partiti sono uguali, tuttavia in una qualche misura sembrano talvolta incoe-

renti, imprecisi, deboli.”

Page 6: Ermetico Errante 2

6

Vaccini: un appuntamento che le fa-miglie spesso vivono troppo passiva-mente, senza avere piena consapevo-lezza né degli effetti né dei rischi che il loro bambino corre. Eppure, a partire dagli anni Quaranta, in Italia sono mi-gliaia i bambini danneggiati da vacci-no, che hanno subito conseguenze sul piano fisico, psichico e intellettuale. Secondo il Condav (Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino), che ha documentato oltre 700 casi, è ora che mamme e papà conoscano meglio questo tema.

“Vaccinate i bambini, ma prima infor-mate correttamente e in modo com-pleto i genitori”. È così che la pensa la fondatrice e presidente del Condav, Nadia Gatti, colpita dal dramma per-sonale di una figlia ammalatasi di po-liomielite dopo il vaccino antipolio.Secondo l’associazione, vi sono alcu-ne precauzioni che non possono non essere tenute in considerazione: il pri-mo passo è di conoscere i possibili ef-fetti avversi, tramite medici, pediatri, Asl, associazioni e tramite i foglietti illustrativi contenuti nei vaccini da inoculare, e di effettuare un’accurata visita prima della vaccinazione. “Bi-sogna valutare le vaccinazioni da fare ed evitare o rinviare quelle a rischio, indagando quali patologie hanno col-pito genitori, nonni o parenti prossi-mi, oppure se il bambino – per esem-

pio nato prematuro – corra il pericolo di aggravare il suo stato, per esempio perché colpito da un danno neurologi-co verificatosi durante la gestazione o il parto che potrà essere diagnosticato solo intorno ai 7 mesi di vita. Malattie degenerative, sindromi autoimmuni, diabete, intolleranze alimentari, al-lergie, malattie neurologiche e/o ge-netiche, dovrebbero fare parte di una corretta anamnesi prima di una vac-cinazione. Riteniamo che nel 50 per cento dei casi, i bambini avessero già danni neurologici o immunitari, e che quindi alcune vaccinazioni siano state fatte con troppa leggerezza”.

Un ‘quaderno delle vaccinazioni’, come quello che molte donne ten-gono in gravidanza, potrebbe essere utile per tenere nota di tutte le rea-zioni che i bambini hanno ai diversi vaccini, nonché per conservare i dati atti a risalire alla tipologia del vaccino somministrato (scatola e bugiardino).“La vaccinazione in genere manifesta problemi entro le 72 ore, con effetti a lungo termine. Pianto lamentoso, ste-reotipie, irrequietezza, inappetenza, crisi di assenza, o qualunque atteggia-mento diverso da quello “solito”, sono un campanello d’allarme, da ascoltare sempre e comunque. In questi casi bi-sogna metterne a conoscenza il medi-co curante, con tutte le informazioni del caso, ritenendo inaccettabile che il

medico neghi il problema. La tempe-stività è importante, come il non ino-culare ulteriormente dosi di vaccino per non aggravare i danni”.

Oggi in tutte le Regioni tranne che in Veneto i vaccini obbligatori sono quattro, contro polio, difterite, teta-no ed epatite B, che vengono som-ministrati ai bambini di due mesi con un’unica iniezione, l’esavalente, che comprende anche l’antiemofilo e l’an-tipertosse, non obbligatorie ma forte-mente consigliate.“Noi raccomandiamo di fare le vac-cinazioni obbligatorie” spiega Nadia Gatti “ma riteniamo debbano essere fatte una per volta e non nei primi sette mesi di vita proprio per poter diagnosticare danni preesistenti e non aggravarli”.

E in caso di danni da vaccino, cosa succede? “Una sentenza della Corte Costituzionale asserisce che ‘I figli sono un bene prezioso che va difeso e protetto, e non importa se ad essere le-sionato è anche un solo bambino ogni miliardo, quando questo può essere evitato, perché quel bambino, quando è il tuo bambino, è tutto il mondo!’. Come associazione abbiamo promos-so le due leggi 210/92 e 229/05 che riguardano gli indennizzi a chi è sta-to danneggiato da vaccino, anche se oggi l’iter è ancora lungo e comples-so, e molte sono le battaglie ancora da combattere, non solo per far ricono-scere la connessione tra il vaccino e il danno ma per far erogare i risarci-menti, come speriamo avvenga presto a Cesare, un quarantenne mantovano che vive da sempre come neonato per colpa di un vaccino che gli ha procu-rato la meningite”.

Eppure, Nadia Gatti ha una domanda cui spera di trovare risposta, insieme a tanti genitori: “I nostri figli si sono ammalati per preservare la colletti-vità? Perché statisticamente doveva succedere così? Oppure, in molti casi, perché non c’è stata la giusta attenzio-ne, e magari il vaccino doveva essere evitato o fatto in condizioni diverse?”. Una questione che resta aperta, insie-me a tutte quelle di chi da anni atten-de di vedere riconosciuti i suoi diritti.

Simona Cremonini

Scienza

Danni da vaccino, un silenzio da rompere

Secondo il Condav, importante una conoscenza completa e corretta da parte dei genitori

Quando la luce diventa fluida

Uno studio italo-francese sulle straordinarie proprietà di un fluido di luce

Un team italo-francese ha osservato le straor-dinarie proprietà di un fluido di luce. I ricerca-tori - Iacopo Carusotto dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricer-che (Ino-Cnr), Danie-le Sanvitto dell’Istituto nanoscienze (Nano) del Cnr di Lecce, con i col-leghi Alberto Bramati e Alberto Amo dell’Uni-versità Paris6 e Cristia-no Ciuti dell’Università Paris7 e Cnrs - hanno scoperto in un fluido di fotoni confinato in una nanostruttura fenomeni quantistici idrodinamici finora predetti soltanto dalla teoria, come i ‘so-litoni’, una sorta di onde solitarie e permanenti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, ag-giunge un nuovo tassel-lo alla conoscenza delle proprietà di un fluido luminoso e più in gene-rale dei condensati coe-renti di materia.

I fluidi di luce sono tra i fenomeni più esotici studiati dai fisici in anni recenti. “È un fenomeno che si verifica quando i fotoni, le particelle elementari che com-pongono la luce, sono costretti a propagarsi non più nel vuoto o in mezzi traspa-renti ordinari come il vetro, ma in materiali appositamente usati per indurre forti interazioni fra loro”, spiega Carusotto, fisico teorico del Centro Bec di Trento dell’Istituto nazionale di ottica del Cnr. “Succede allora che i fotoni si comportano in maniera simile alle molecole di un liquido e collettivamente danno luogo a un vero e proprio fluido luminoso, che ha la fondamentale caratteristica di conservare precisa memoria della natura quantistica dei fotoni che lo costituiscono”.

I ricercatori sono stati in grado di creare un fluido di luce, confinando i fotoni in una nanostruttura a semiconduttore, e di studiare in dettaglio i processi microsco-pici che si generano quando il fluido incontra un ostacolo.

“A basse velocità il fluido di fotoni ha le caratteristiche tipiche di un superfluido, ovvero è capace di aggirare l’ostacolo per poi riprendere a scorrere come se nulla fosse accaduto”, spiega Daniele Sanvitto. “A velocità più alte si generano vortici e moti turbolenti dovuti a fenomeni di attrito, ma mentre in un fluido tradizionale i mulinelli ruotano a velocità piccole e a piacere, nel fluido quantistico la velocità di rotazione può solo essere un multiplo intero della costante di Planck”. In partico-lare, prosegue il ricercatore di Nano-Cnr, che ha seguito la parte sperimentale del-lo studio, “per la prima volta si è vista la formazione di lunghi canali persistenti a valle dell’ostacolo, i cosiddetti ‘solitoni idrodinamici’: questi oggetti sono l’analo-go quantistico delle onde solitarie che si propagano sulla superficie dell’acqua, ma qui la loro robustezza discende direttamente dalla natura quantistica del fluido”.

Lo studio ha mostrato che con i fluidi di luce si può generare e studiare, fino quasi a temperatura ambiente, una classe di fenomeni che finora era possibile osservare solo nell’elio superfluido o in condensati di Bose-Einstein di atomi ultrafreddi, sistemi che richiedono temperature prossime allo zero assoluto.

Per i ricercatori lo studio avrà successivi sviluppi: “Le tecniche spettroscopiche avanzate messe a punto all’Istituto nanoscienze Cnr di Lecce”, conclude Daniele Sanvitto, “ci permettono di ricostruire la dinamica completa del fluido, con una risoluzione spaziale dei milionesimi di metro e temporale del picosecondo (milio-nesimo di milionesimo di secondo)”.

La fisica italiana sbanca ai premi della Eps

La European Physical Society (Eps) celebra Luciano Maiani, presidente del Consiglio nazionale delle ricer-che, assegnandogli il premio 2011 per la Fisica delle particelle e delle alte energie, assieme a Sheldon Lee Glashow e John Iliopoulos. Si tratta del riconoscimento europeo più am-bito dai fisici, secondo solo al Premio Nobel. Non a caso sinora ben 9 dei 23 premiati dall’Eps hanno ricevuto anche la massima onorificenza a Stoc-colma. La motivazione alla base della scelta dell’Eps è questa: “Per il contributo dato alla teoria dei quark nel quadro dell’unificazione delle interazioni elettromagnetiche e deboli”. La teo-ria dei premiati, cita la motivazione, “rappresenta ancora oggi un punto fermo per ogni indagine nella fisica delle particelle elementari”. Nella stessa occasione sono stati asse-gnati altri riconoscimenti che vedono gli italiani ancora protagonisti: in to-tale sono cinque su dieci gli scienziati nostri connazionali premiati, a dimo-strazione del valore e dell’importanza della scuola della fisica italiana, una vera eccellenza del nostro Paese. La cerimonia di consegna si è svolta a Grenoble, nel corso della conferenza

Eps-Hep 2011, alla quale hanno par-tecipato oltre 600 scienziati da tutto il mondo.Il premio conferito a Maiani, Glashow e Iliopoulos si riferisce al lavoro con cui i tre studiosi, nel 1970, avevano teorizzato l’esistenza di una parti-cella, il quark charm, che risolveva alcuni problemi teorici che i fisici si trovavano ad affrontare. La soluzio-ne proposta, chiamata ‘meccanismo Gim’ dalle iniziali dei tre scienziati, fu confermata dopo quattro anni dalla scoperta delle particelle che effettiva-mente contenevano il quark charm. Il loro risultato ha esteso la consolidata descrizione delle interazioni debo-li, introdotta qualche anno prima da Nicola Cabibbo, e spiegato il cam-biamento di ‘sapore’ (flavour) delle correnti neutre solo attraverso minu-scoli effetti quantici. Il meccanismo Gim è una pietra miliare del modello Standard, tuttora la teoria dominante. Una chiave di volta della fisica delle particelle, dato che molte nuove teo-rie proposte nel corso degli anni suc-cessivi, tra cui quelle della supersim-metria o delle extra dimensioni, sono passate al vaglio della conformità con il meccanismo Gim. “È significativo che i riconoscimenti assegnati oggi giungano in un mo-mento importante per la fisica delle particelle elementari, quando cioè il Large Hadron Collider (Lhc) di Gi-nevra, il più grande acceleratore di particelle mai realizzato, è sotto i riflettori per gli esperimenti che sta effettuando alla ricerca del bosone di Higgs e di nuove particelle”. Con queste parole Maiani, che da direttore generale del Cern diede il via e curò la costruzione di Lhc, ha commenta-to l’ambito riconoscimento. “Anche al Cern ci troviamo oggi di fronte a un successo italiano: i quattro espe-

rimenti in corso vedono fisici italiani nei ruoli chiave, a dimostrazione di una capacità scientifica e manageriale riconosciuta a livello internazionale, e forse meno in Italia dove la scienza fa ancora fatica a trovare la sua piena legittimazione di fronte a politiche talora distratte”. Per il presidente del Cnr “quando agli scienziati è lasciata libertà di visione e realizzazione, na-turalmente nei limiti di bilancio, que-sti sono i risultati”.Tra gli altri riconoscimenti conferiti quest’anno dall’Eps a studiosi italiani, il premio ‘Giuseppe e Vanna Cocco-ni’ è stato assegnato al fisico italiano Paolo de Bernardis, insieme al collega Paul Richards, per gli “straordinari contributi allo studio delle anisotro-pie della radiazione cosmica di fondo, con gli esperimenti Boomerang and Maxima basati sull’uso di palloni ae-rostatici”.La Medaglia Gribov 2011 è invece an-data a Davide Gaiotto “per aver rive-lato nuovi aspetti della dinamica delle teorie di Gauge supersimmetriche a quattro dimensioni. In particolare, per aver scoperto una classe estesa di teorie superconformi quadridimen-sionali e per aver trovato, insieme con altri, complesse relazioni tra le teorie bidimensionali della gravità e le teorie di Gauge quadridimensionali”.Il premio Giovani Fisici è stato invece assegnato a una coppia tutta italiana: Paolo Creminelli, “per i suoi con-tributi allo sviluppo di un approccio coerente alla cosmologia delle origini dell’universo, basato sulla teoria dei campi, e per i suoi studi sulla devia-zione dal profilo gaussiano della di-stribuzione delle microonde cosmiche di fondo”, e Andrea Rizzi, “per i suoi contributi al software di ricostruzione e ai programmi di fisica dell’esperi-mento Cms a Lhc”.

Scattata la ‘fotografia’ di molecole complesse

Con una tecnica innovativa chiamata

tomografia dell’orbitale molecolare

L’Istituto di fotonica e nanotecnolo-gie del Consiglio nazionale delle ri-cerche (Ifn-Cnr) e il dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano sono riusciti per la prima volta a visualiz-zare direttamente l’orbitale moleco-lare di molecole complesse, cioè ad acquisire un’immagine di come gli elettroni si dispongono nello spazio, creando la struttura che determina la natura della molecola e il modo in cui essa interagisce con l’ambiente circostante. Il risultato è stato otte-nuto grazie a una tecnica innovativa chiamata Molecular Orbital Tomo-graphy (tomografia dell’orbitale mo-lecolare), che si basa sull’impiego di impulsi laser estremamente intensi e di durata assai breve, dell’ordine dei milionesimi di miliardesimi di se-condo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Physics.

“Fino ad oggi nessuno degli studi sul comportamento di molecole com-plesse è mai riuscito ad ottenere una ‘fotografia’ dell’orbitale molecolare, di cui si erano ricavate informazioni solo in modo indiretto”, spiega Ca-terina Vozzi dell’Ifn-Cnr, primo au-tore dello studio. “La nuova tecnica risulta di fondamentale importanza. Le sue applicazioni più rilevanti sono nel campo della biologia: in partico-

lare, la visualizzazione diretta di ciò che accade nelle reazioni foto-chimi-che in cui, a seguito dell’assorbimen-to di luce, le molecole modificano la propria conformazione, ad esempio nel meccanismo di auto protezione del Dna dai raggi ultravioletti. Nel campo della biochimica, invece, essa permetterà di comprendere meglio, tra gli altri, i cicli metabolici, nei quali le molecole con identica for-mula chimica ma con disposizione degli atomi speculare hanno ruoli completamente diversi.

Infine, la tecnica darà la possibili-tà di indirizzare reazioni chimiche complesse verso la formazione di determinati prodotti, migliorando-ne la resa. “La tomografia dell’orbi-tale molecolare funziona mediante un primo impulso laser ultrabreve (ai femtosecondi – 1 femtosecondo = 10-15 secondi)”, dichiara Salvato-re Stagira del Politecnico di Milano, autore senior. “Le molecole sono for-zate a ruotare su se stesse in modo da ottenere le differenti ‘immagini’ ne-cessarie per la ricostruzione dell’orbi-tale molecolare. Un secondo impulso induce poi le molecole a emettere luce ultravioletta. Infine, cambian-do il ritardo tra i due impulsi, si ot-tengono le immagini delle molecole orientate a vari angoli, dall’insieme delle quali è possibile ricostruire la struttura completa dell’orbitale”.

A 18 anni un asteroide con il suo nome

La 18enne gallese Hannah Blyth ha avuto l’onore di vedersi intitolare un asteroide, uno dei 22 da lei scoperto mentre effettuava uno stage estivo alla Glamorgan University. Come riporta il quotidiano britannico the Times, la ragazza si è vista consegnare un mazzo di immagini registrate dal Failkes Telescope di Maui, con il compito di esaminarle alla ricerca di corpi celesti potenzialmente inediti: le migliaia di asteroidi in orbita fra Marte e Giove sono infatti molto difficili da rilevare, aven-do un’albedo molto bassa. L’Università di Harvard ha poi confermato la scoperta, decidendo di battezzare l’asteroide “Hannahblyth”.

Page 7: Ermetico Errante 2

7Società

Oggi non è difficile comprendere che le opportunità per noi giovani ita-liani in patria sono davvero scadenti e vanno, con il tempo, sempre più sgretolandosi. Portare a confronto ga-ranzie ed occasioni che altri giovani possono avere in altri paesi, europei e non, mette alla luce del sole quanto sgradevole possa essere, per noi nuove leve, permanere in Italia non potendo nemmeno, quindi, sperare in un futu-ro migliore.

Faccio riferimento alla vita quotidiana di qualsiasi studente, o neo lavoratore, come a quella dei tanto amati talenti sportivi. Possiamo definire il feno-meno che ci coinvolge oggi “fuga di talenti”, una fuga dal nostro territorio di noi nuove forze lavorative, ed ora rilevante anche nell’ambito sportivo. Qui non c’è futuro. Non c’è il futu-ro per chi cerca soddisfazione, gloria, opportunità, una buona professione ed una carriera di altissimo livello. Da tempo si parla di tale fenomeno, l’ab-biamo detto, ribadito più volte, anche durante l’ultima manifestazione anti-riforma universitaria, ma ci sono fatti simbolici che sintetizzano molto chia-ramente il tutto.

L’Italia, si diceva fino a qualche anno fa, non attrae più i campioni: o meglio non riesce a catturar più l’attenzione di giovanissimi. Sicuramente i giova-ni stranieri non prediligono più l’Ita-lia come loro meta lavorativa. Ma il problema grave di oggi è che qui non si garantisce nemmeno più la perma-nenza di coloro che in Italia, invece, ci sono nati. Da parte del nostro governo vi è grossa difficoltà a creare ingag-gi con giovani nel pieno della matu-razione. Ed oggi la situazione, a mio parere, è peggiorata ancora. Quotidia-namente assistiamo alla fuga di giova-ni talenti che diventano campioni e successivamente scappano per poter praticare la loro attività in un altro pa-ese. Da campionato glamour, la Serie A di una volta, a campionato dove ci si può fare le ossa per poi riuscire a sopravvivere altrove. E idem nel cam-po universitario-lavorativo, i ragazzi si formano per poi andare a far esercitare

le loro brillanti e sveglie menti in altri paesi, dove la soddisfazione di certo non manca.

Perché è successo tutto questo? Vanno dette molte cose, troppe cose che oggi potrebbero infastidire tanti. Ma forse è il tempo di non tacere più e mette-re alla luce del sole come appare real-mente il mondo italiano agli occhi di noi giovani.

L’Italia è un paese in cri-si, a livello economico politico e ora anche calcistico. Questo lo sappiamo. Noi giova-ni per cercare iden-tità, riconoscenza e soddisfazione corriamo all’e-stero. Negli ul-timi anni c’è stato il boom delle scuo-le d’inglese nel mondo: corsi, scuole, poco tempo per conoscere alla perfezione una lingua. L’inglese oggi rappresenta quelle ali, che tanto sogni, per poter correre in un altro paese ed es-sere, finalmente, considerato impor-tante.

Perché non dovrebbero farlo i calcia-tori? A pensarci bene il fenomeno del-la fuga dei cervelli potrebbe proprio assomigliare alla fuga degli allenatori: Capello, Ancelotti, Spalletti, Trapat-toni, Mancini... E se tradiscono loro, i capi progetto, consapevoli che da noi non si riesce a fare quello che hanno in mente (e che si faceva prima e che si può fare al-trove ora), perché dovrebbero restare i giovani? E i capitali? L’Italia calcistica da anni è attraversata da scandali sui quali non viene mai messa la parola fine: scommesse, calciopoli, fallimen-topoli, ancora scommesse, ancora cal-

ciopoli. In un mondo interconnesso questi fatti creano un deposito nella coscienza globale. E questa coscien-za diventa poi individuale, dei tifosi, dei singoli calciatori, degli allenatori, degli imprenditori. E non si dica che altrove gli scandali nel calcio accado-no allo stesso modo. E non si dica che tutto il mondo è Paese. Sì, economi-camente oggi è difficile per tutti, ma

l’Italia si sta evidenziando per questo orribile tran tran,

ben conosciuto dagli altri paesi che ci accolgono a studiare e a lavorare e

per questo molto cri-ticato.

Le inchieste della magistratura, le intercettazioni telefoniche, la cronaca quot id iana dimostrano come anche nel football è presente un alfabeto dell ’i l lega-lità tutto i t a l i a n o . Frequenza di illeciti, in ambito po-

litico come per quello calcistico, in

qua lsia si punto guardi la storia italiana ti racconta di atti illegali. Atti che, sommati uno dopo l’altro, creano scandali che hanno a loro volta strascichi, divisioni che minano l’affidabilità delle istituzioni italiane. In questo momento mi viene in mente Mourinho e “Non mi pia-ce il calcio italiano e io non piaccio al calcio italiano”, espressione da lui usata dopo una partita per render noto quanto potesse essere differente per lui lavorare in Italia, quanto potesse esse-re complesso lavorare nel nostro calcio consapevole dell’onestà precedente-mente conosciuta. E ricordo anche De Laurentiis con l’espressione “siete tutti delle merde”, riferita all’intero mondo del pallone. Non può trattarsi solo di

un’inspiegabile mancanza di rispetto istituzionale.

Per noi oggi è comune sottolinea-re che abbiamo una classe dirigente inamovibile, che preme sulla legge italiana solo quando coinvolge propri interessi. Quando si discute di riforme lo si fa pensando ai vantaggi di queste. Identica è l’idea che affiora dal nostro calcio e che purtroppo, secondo me, arriva e arriverà sempre peggio ovun-que: fra i protagonisti, fra i tifosi, fra gli investitori e fra gli italiani.Ed il ripetersi di questo tran tran oggi che disgusta ed allontana molti dai campi sportivi, che mette sulla boc-ca di molti parole di rammarico nei confronti dello sport che una volta si aveva in Italia. Andrebbero assicurate serietà, cer-tezza del diritto sportivo, lotta agli scandali e alla violenza senza alcuna inibizione alla partecipazione. Altrove funziona, per quanto la crisi lo con-senta. Il calcio andrebbe pensato come bene comune, come la cultura. Non un affare nella disponibilità degli stes-si pochi protagonisti di sempre. Solo così, i nostri talenti sportivi e non, potranno godersi il panorama italiano non avendo paura di sprofondare sen-za aver fatto alcuna conquista.

Sembra che ci siano state, negli ultimi anni, diverse pressioni politiche per cercare di rimettere tutto a posto con un colpo di bacchetta magica. Il calcio sta morendo? O dalle ceneri riemerge-rà uno sport di passione e lealtà? Forse nessuna delle due cose. Cerchiamo, almeno noi giovani, di portare sempre con noi, con entusiasmo ed allegria, un pallone e anche qualche regola da rispettare. Oggi nessun “uomo di po-tere” ci offre questo esempio, nessuno ci dice che sia giusto vivere così ma nel mondo eravamo ricordati per questo una volta, proviamo a far riemergere il passato. Siamo italiani, amiamo lo sport, il calcio soprattutto, a noi piace vivere così ed è l’unico vero modo di vivere che conosciamo.Ai posteri l’ardua sentenza.

Annadriana Cariani

Attenzione! Fuga dei talenti!Non c’è il futuro che cerchiamo: gloria e opportunità professionali, carriera sportive... qualsiasi

cosa sia, molti la cercano all’estero.

Il “bilancio sociale” tra impresa e società

ROMA (ZENIT.org). Quando alla fine degli anni Trenta del secolo scorso il gruppo tedesco AEG pub-blicò un primo rendiconto “sociale” – teso a dimostrare gli investimenti sostenuti al fine di migliorare le condizioni lavorative dei propri lavoratori e rimasto sostan-zialmente un unicum per almeno quattro decenni –, gli interlocutori istituzionali devono aver pensato ad una bizzarria di qualche manager illuminato o stravagante, a seconda della bonomia dell’osservatore.

Da sempre, infatti, quando si pensa al “bilancio” delle imprese si fa riferimento ad un orizzonte finalistico ben chiaro: l’impresa deve creare profitti e ne dà contezza ai propri finanziatori mediante il bilancio, sulla cui approvazione da parte dell’as-semblea sociale si gioca la credibilità interna ed esterna dei manager. Tradizional-mente, infatti, quando l’impresa comunica “se stessa” in modo istituzionale – cioè mediante i documenti di bilancio – lo fa utilizzando un linguaggio eminentemen-te economico-finanziario, al fine di permettere al lettore la comprensione delle proprie condizioni economiche e della propria solidità patrimoniale. Pertanto, il lettore tipico del bilancio è un operatore specializzato ed interessato a profili spe-cifici, come, ad esempio, sono le banche creditrici ovvero i mercati finanziari.

Tuttavia, da qualche tempo, si sta allargando la visione dell’impresa e si tende ad una comprensione più ampia della stessa, in quanto inserita in un contesto sociale ed ambientale in cui si sviluppa e sul quale riversa anche effetti, ora positivi (ge-nerando valore, ad esempio creando posti di lavoro) ora negativi, come accade nel caso di produzioni dannose per l’ambiente naturale. Proprio per questo da tempo tanto gli studiosi quanto coloro che operano nell’impresa hanno sviluppato nuove modalità di rendicontazione – si potrebbe dire di “relazione istituzionale” – dell’attività d’impresa, che coinvolga anche aspetti non strettamente economici; da questa volontà nascono esperienze come quella del cosiddetto “bilancio sociale”, un documento che, mediante l’esposizione di informazioni, dati ed indicatori di diversa natura, è teso a descrivere gli effetti delle produzioni d’impresa sui diversi “stakeholder”, ovverosia sui soggetti che – a vario titolo – sono coinvolti nella gestione: si pensi, ad esempio, ai lavoratori, ai clienti, alle comunità locali, all’am-biente naturale, ecc.

La pratica del bilancio sociale – o, come anche viene denominato, del bilancio di sostenibilità – si è diffusa negli ultimi vent’anni sia in Italia sia all’estero a macchia di leopardo, non essendo obbligatorio, ma mosso soltanto stimoli competitivi o da accordi di categoria (come è accaduto, ad esempio, nei primi anni duemila al settore bancario). Esso non riguarda soltanto il mondo della cosiddetta impresa “profit”, ma anche le organizzazioni non profit ed il settore pubblico, come testi-moniano le molteplici esperienze di bilancio sociale di Province e Comuni, non ultimo quello di Trieste.

Ora un nuovo passo in avanti sembra essere quello del cosiddetto “bilancio in-tegrato”, che tende ad includere in un unico sistema di rendicontazione i diversi aspetti della gestione aziendale (economico, sociale, ambientale, ecc.), sulla scorta – soprattutto – delle esperienze internazionali, prima fra tutte quella dell’associa-zione Global Reporting Initiative, che da anni opera nel campo della rendicon-tazione sociale in ambito mondiale. L’obiettivo è quello di ricondurre ad unità i diversi “messaggi” informativi sull’impresa, cosicché il lettore non corra il rischio di “parcellizzare” la propria immagine dell’impresa, ma la colga nella sua sistema-ticità. Molta strada è, dunque, stata fatta dopo la storica esperienza di AEG, tutta-via ancora molto cammino va fatto, soprattutto dal punto di vista culturale: per il lettore, che deve abituarsi a guardare una realtà complessa nella sua interezza senza “correre” subito all’ultimo rigo del conto economico, quello destinato al risultato economico, ma anche per il management, per cui la rendicontazione sociale non può essere un fine in sé, ma deve divenire la traccia di un comportamento davvero attento ai diversi riflessi dell’attività aziendale, anche su soggetti “deboli”, perché esterni all’impresa stessa (come l’ambiente naturale o i clienti).

Giorgio Mion

ROMA (ZENIT.org).

Se c’è una parola oggi ancora ca-pace di metterci in crisi è pro-prio quella: “felicità”. Colonna

sonora dell’ottimismo anni Ottanta – chi non ricorda il tormentone di Al Bano e Romina Power? – la felicità pare essersi esaurita con il boom eco-nomico. Per evitare vuoti di governo emotivo, la si è subito rimpiazzata con un sinonimo meno impegnativo, il re fantoccio “benessere”. Dopo di che basta evitare accuratamente la fatale domanda (“Ma io, io sono felice?”). E tanti saluti ad Aristotele, all’eudamo-nia e a tutto il resto. Perché se il male è, per molti, forse l’ultima oscura cer-tezza, cosa significa invece l’impreve-dibilità dell’essere felici? e cosa impli-ca desiderarlo, volerlo, perfino osare esserlo?La domanda se l’è posta anche lo scrittore Maurizio Cotrona in un ro-manzo che sembra un ossimoro fin dal titolo – Malafede (Lantana, 2011, pp. 188, € 15) – e che invece è solo il nome di un confortevole quartiere di provincia, ancora fresco di costruzio-ne e ribattezzato “Giardino di Roma”. A Malafede abita anche una giovane coppia, Giordano e Vittoria, origina-ri di Taranto ma costretti a stabilirsi nella capitale dal lavoro in ministero di lui. Il che ha naturalmente un prez-zo: Giordano è costretto a stare lon-tano dal padre anziano e Vittoria, per recarsi nello studio dove svolge il suo praticantato, deve cambiare otto mez-zi di trasporto all’andata e altrettanti al ritorno.Entrambi affrontano la situazione in maniera molto diversa. Vittoria è un carattere altalenante, che «riesce a es-sere completamente felice, come una coccinella, o completamente dispe-rata, come un randagio azzoppato». Il suo pianto e il suo riso provengo-no «da un fondo di cui non sappiamo niente, di cui io non so niente, di cui lei non sa niente, un fondo che non è uguale o simile o paragonabile a nien-te». Giordano di squilibri, invece, non è proprio capace: quando è in acqua ama “fare il morto”, stare a galla sem-pre e comunque è la sua virtù e la sua

maledizione. Tanto da non rendersi conto che, pur di non lasciarsi turbare dall’infelicità, sta mentendo a se stes-so. Dirà che la carbonara di Vittoria è ottima anche se fa schifo. Se dietro la chioma bionda e liscia gli cresce-ranno pure dei capelli ricci e neri, li strapperà via. Manderà e-mail agli amici chiedendo di raccontargli il loro momento più felice, ma senza condi-videre il proprio. Imporrà alla moglie e al padre soluzioni connaturali alla propria immagine di felicità, piuttosto che alla loro. Vedrà sempre e comun-que il mezzo bicchiere pieno, anche se le persone intorno a lui fanno acqua da tutte le parti. Perché ci sono falle ovunque: le lacrime scandalose degli adulti, il volto di un mendicante, col-leghe che litigano al lavoro, la sporci-zia che non viene mai del tutto debel-lata, una società che è «una comunità di vittime»: gente che non sarebbe fe-lice neppure in paradiso e per questo – ritiene Giordano – non ci andrà mai.Ma alla prova dei fatti, quella di Gior-dano si mostrerà essere una strate-gia preventiva per evitare l’urto con l’imperfezione del mondo, e perfino i suoi tentativi di rimediare all’infe-licità altrui si riveleranno per le ma-schere di egoismo che sono: gli altri non devono essere infelici altrimenti io sto male, la loro felicità è necessaria per salvaguardare la mia. Pagina dopo pagina, fallimento dopo fallimento, i suoi velleitari tentativi di resistenza si sgretoleranno trascinandosi dietro il rassicurante nido di relazioni intes-sute su misura. L’assedio dei fantasmi della disoccupazione e della salute si faranno sempre più pressanti. E in-fine giungerà il collasso, benedetto, che schianterà la sua bolla di felicità autoreferenziale come una piaga pu-rulenta. La sua malafede sarà svelata completamente davanti a un’immagi-ne sacra, proprio fissando negli occhi la fede buona, quella vera: disarmante passaggio di una grazia che lascia nudi con la propria verità che incombe come una tempesta.Se dunque né il vittimismo pessimi-stico né l’ottimismo ingenuo di Gior-dano sono due strade percorribili, quale felicità è dunque lecita? Nelle

ultime pagine del romanzo Cotrona suggerisce gli elementi per un’alle-gria di trincea, quell’intimo senso di condivisione che si sviluppa fra coloro che combattono per una stessa causa. E che probabilmente daranno la vita in battaglia, pur senza conoscere gli esiti della guerra. Una citazione espli-cita dal quinto capitolo di Ortodossia di G.K. Chesterton: se al pessimista bisogna rimproverare l’incapacità di incidere sul reale perché non ama ciò che biasima, all’ottimista bisogna fare lo stesso rimprovero perché difende l’indifendibile e dà una mano di bian-co al mondo, invece di lavarlo. Due atteggiamenti apparentemente opposti che tuttavia conducono alla medesima conclusione: nessun cambiamento dello status quo. Occorre invece l’at-teggiamento del patriota che, proprio perché ama la sua terra, ne vede an-che i limiti e le vergogne, e combatte contro di esse. Occorre covare stupore ma anche orrore. Occorre che la grati-tudine maturi in correzione e in con-versione.Il poeta Giacomo Noventa lo ha detto in pochi versi, scintillanti come ferro battuto estratto dalla forgia: «L’amore non è fatto / solo di amore. / Per ama-re / bisogna anche odiare».

Un assaggio dell’opera

Settembre. Il primo di settembre mi sveglio in cerca di mani calde, di braccia dentro cui don-dolare; mi metto in piedi davanti allo specchio e scopro che ho la punta della lingua infiam-mata, gli occhi gonfi, in testa meno capelli di quelli che ricordavo, una narice otturata. Dico «a», la mia voce puzza di stoviglie sporche ed è un odore che mi nausea, barcollo, sento una torsione al petto, il mio sangue circola male e il cuore mi ricorda di che pasta sono fatto. Giu-ro su me stesso di trovare il tempo per entrare in una chiesa e recitare una preghiera come si deve, oggi stesso. Questa mattina, oggi pome-riggio, forse non proprio oggi, domani, domani l’altro. Il 30 di settembre la signora Loredo si toglie la vita, un cappio al collo e un salto, la notizia non mi sorprende neanche un po’. È già arrivato ottobre. Primi giorni di ottobre, è già il 7 ottobre, è già 1’8 ottobre. Via del Corso, piazza San Silvestro.Entro in una chiesa.

Passo dalla luce accecante del pomeriggio all’ombra di un chiostro. Alla mia sinistra c’è una testa mummificata, la pelle fossilizzata su un cranio ben conservato. Una didasca-lia scritta a penna dice che è la testa di san Giovanni Battista e sembra incredibile che un reliquia così preziosa stia gettata lì, alla por-tata delle mie dita sporche dell’inchiostro della «Gazzetta dello Sport». Alla mia destra c’è una riproduzione della Pietà di Michelangelo, in ceramica e a colori. Gli occhi nocciola di Cristo mi guardano, dritti nei miei, dolenti. Quanto soffre. Mi sposto di un passo a destra, non guardano più me, ora.

Supero un’altra porta e cerco una Madonna mentre i miei occhi si adattano all’ambiente fiocamente illuminato, ne trovo una piccolina di gesso bianco e mi ci inginocchio davanti. Ha un sorriso lieve sulla bocca e gli occhi dolci dolci, non si mostra sofferente, lei. Un nastro celeste sulla testa, sembra in grado di perdo-nare tutto. C’è un signore con un bambino in braccio sotto la statua, il bambino la guarda. «Ti piace la Madonna, la vuoi toccare?» Una manina sfiora la guancia di Maria. Ave Maria piena di grazia, il Signore è con te. La superfi-cie liscia ma porosa del gesso mi fa venire voglia di tendere una mano per accarezzarla anch’io, mi aspetto pelle cremosa al tatto.

E se ora...

È proprio buio qui, mi sfilo gli occhiali da sole, le uniche fonti di luce sono una dozzina di candele e quattro vetrate strette e impolverate. Fisso il contorno delle sue pupille, disegnate da una sottile incisione circolare. Sposto il peso sul ginocchio destro, il legno scricchiola. Se questa Madonna muovesse gli occhi, ora? Getto via un fiato, lo riprendo. Santa Maria, madre di Dio. E se questa Madonna ora muovesse gli occhi, o di più, tanto per scansare equivoci, se spalancasse le braccia, si facesse di carne e scen-desse giù da lì per darmi un bacio di fuoco, lasciandomi il segno indelebile delle sue labbra sulla guancia? Se ora questa Madonna mi des-se un bacio di fuoco? Mi metto seduto.

Se questa Madonna mi desse un bacio di fuo-co, riconoscendomi come suo figlio immortale, io uscirei di qui e scoprirei che il sole non è mai stato così bello. Sorriderei come uno scemo ai passanti carichi di buste variopinte e, a costo di farmi riempire la faccia di schiaffi, prenderei un corpo qualsiasi e lo stringerei forte forte forte

forte!, finché non ci facciamo entrambi male, e poi ne prenderei un altro e lo stringerei ancora più forte. Mi inginocchierei di fronte a ogni singolo uomo, venererei ogni singolo uomo sul-la terra, i brutti e i belli, gli ultimi e i primi, vessati e vessatorio Dimenticherei il mio tempo e i vestiti che ho addosso e la mia casa, pas-serei il resto della mia vita a dichiarare il mio amore a ogni uomo e donna, a spiegare a ogni uomo e a ogni donna quale meraviglia siano. Dimenticherei di bere e di mangiare e rischierei la mia vita per questo, cercherei di essere bellis-simo nella povertà per testimoniare che la mia bellezza non esige orpelli. Camminerei nudo anche d’inverno e mi leverei la pelle di dosso per mostrare quanto sono bello, avrei pietà dei vermi di questo mondo e onorerei con un ciclo continuo di rosari i capelli grigi di papà e l’a-nima di mamma.

Ci sono solo io dentro la chiesa, ora, sento il mio respiro.

Mentre nella mia testa scorre il fIlm della mia vita purificata dal bacio di Maria, un cigolio alle mie spalle mi scuote. Un tuffo al cuore, il sangue si ritira dal mio viso. Un semplice cigo-lio, i cardini arrugginiti di una vecchia porta, è bastato a spaventarmi a morte. È un tremito che denuda la mia immaginazione. Se questa Madonna muovesse gli occhi, ecco cosa farei: morirei di paura. Morirei di paura. Se il mio cuore reggesse, poi, scapperei lontano da que-sta statua, come un assassino o un brigante, e passerei il resto della mia vita nello sforzo di cancellare il ricordo del suo viso della memoria. Se lei è dentro quella scultura è per pietà che non muove gli occhi, per risparmiarmi il terro-re. Ecco la mia verità, benché qui io volga la mia voce al cielo non voglio dal cielo una voce che risponda. Messo di fronte alla madre della grazia divina, faccia a faccia con l’amore pa-drone di ogni desiderio, quello di una mamma con il po tere di riempire ogni vuoto e portar-mi per mano in una casa dai soffitti d’oro, di fronte alla migliore delle buone notizie – la certezza che il sogno generato e nutrito da mi-gliaia di generazioni di uomini è vivo, è mio, è lì e mi guarda, mi tocca, mi bacia chiedendomi in cambio solo di non chiudere gli occhi –, io li chiuderei gli occhi e girerei le spalle alla madre purissima capace di riscattare il dolore degli op-pressi e mutare tutto il marcio di questo mondo in eterna gloria, girerei le spalle alla porta del cielo e scapperei via, il solo pensiero di quello sguardo riempie il mio fino a farlo scoppiare.

Non ci starebbe dentro di me, quello sguardo.

A un tratto la chiesa sembra un posto lontano. Distolgo le pupille, salto in piedi, dentro c’è un caldo insopportabile, esco in fretta e una parete di luce mi acceca, ma le mie gambe si muovono rapide. Il mio cuore tuona e mi scuote, ho i ful-mini nella testa e lampi negli occhi. «Non c’è nessuna Madonna lì dentro, nessuna Madon-na lì dentro, nessuna», continuo a ripetermi mentre cammino a testa bassa. La metro mi inghiotte a piazza di Spagna e mi sputa fuori a Palasport. Cammino su viale America, poi su viale Asia, la molle metropoli di cemento si piega su di me da entrambi i lati della strada, per restare in piedi i palazzi si aggrappano gli uni agli altri. So dove trovare quello di cui ho bisogno, quello che cerco è all’incrocio tra via-le Europa e la Colombo, lo vedo. Piedi nudi di carbone in fondo a un cappotto nero, una mano tesa. Sta sempre qui a chiedere spiccioli, senza offrire servizi particolari in cambio se non la purificazione delle coscienze dei do-natori. Tocco il mendicante su una spalla, si volta. Occhi giovani dietro una lunga barba, occhi grandi.

«Ciao, io sono Giordano». Prendo fiato. Lui non dice niente e non stringe la mano che gli porgo. Passanti in panni eleganti ci guardano, butto giù un sorso di saliva. Le automobili si affrettano, sta per scattare il rosso. Mi sen-to così stanco. «Io sono una persona gentile, una persona buona», farfuglio, «ecco». Con un gesto risoluto gli metto una banconota da venti euro in una mano. Ha gli occhi nerissi-mi, occhi belli. Il mio viso deve avere qualcosa che non va, invece, lui mi guarda come se non riuscisse a metterlo bene a fuoco. «Ecco!» Mi sfilo la giacca, una bella giacca celeste di cotone robusto, tendo il braccio e gliela metto davan-ti. «Prendi». La mia giacca penzola dalle mia dita davanti ai suoi occhi. «Prendila, ti prego, è tua».

«Che vuoi da me, amico?» Infila i venti euro nella tasca interna della mia giacca. Ha gli oc-chi della Terra Santa di Palestina. Si allonta-na verso i suoi finestrini, lasciandomi lì tutto solo a tremare e tremare.

Paolo Pegoraro

“Malafede”, un romanzo sulla felicità

Page 8: Ermetico Errante 2

8 Società

L’Uomo e l’Amicizia: citazioni di antichi e moderni per i nostri confusi e complessi giorni“La vita senza l’amicizia è nulla”Verae amicitiae sempiternae sunt: Le vere amicizie sono eterne.

“Abbiamo bisogno dell’amicizia sempre, proprio come abbiamo bisogno dei proverbiali fondamenti della vita, il fuoco e l’acqua”Cicerone

“Non è tanto l’aiuto degli amici a giovarci, quanto la fiduciosa certezza che essi ci aiuteranno”Epicuro

“La prova dell’amicizia è il sostegno nell’avversità, e sto parlando di assistenza condizionata”Mahatma Gandhi

“Quando il tuo amico ti apre il suo cuore, nel profondo del tuo non temere il no e non lesinare il sì”K. Gibran

“Ogni amico costituisce un mondo dentro di noi, un mondo mai nato fino al suo arrivo, ed è solo tramite questo incontro che nasce un nuovo mondo”Andrés Nin

“Gli amici sono pazienti e gentili, non sono vana gloriosi, non sono arroganti o rudi”Prima lettera ai Corinzi

Abbiamo riportato alcune sintetiche citazioni di personaggi dell’antichità e dell’era moderna sull’amicizia, un sentimento, un rapporto umano che è antico come l’uomo, ma che è sempre più raro se ne accertassimo l’autenticità e il disinteresse. Ritenia-mo che tali citazioni siano sempre di attualità nell’era del terzo millennio, caratterizzata dalla ricerca spasmodica dell’”amicizia virtuale” su Internet e sui social network. Saremo lieti se si potrà registrare, per le nuove generazioni, che in questa nuova forma di “amicizia virtuale” il tutto non si riduca ad un effetto di immagine, di effimero, di superficiale; se così sarà, in pratica rimarrà accresciuto e non diminuito il sentimento dell’uomo e della sua natura positiva nel ritrovare nell’amicizia, specie in quella di natura politica per la ricerca del bene comune, una fratellanza, un impegno e una solidarietà per l’affermazione dei valori umani universali e noi aggiungiamo di valori cristiani.

BARCELLONA (ZENIT.org).

Si sente spesso dire che il progresso della scienza por-ta nuovi problemi e incertezze morali. Non nego la validità di questa affermazione, ma dovremmo an-

che concentrarci su quei problemi che si risolvono sem-plicemente perché la scienza e la tecnica progrediscono. E dichiaro fermamente che è Dio stesso ad accompagnare i loro progressi.In tempi precedenti ai farmaci contro la tubercolosi si po-teva discutere, ad esempio, chiedendosi se tagliare a una persona quasi la metà inferiore del corpo, eliminando i fianchi e tutte e due le gambe nel caso di una grave tuber-colosi pelvica, fosse un accanimento terapeutico, ma oggi il dibattito non esiste più grazie ai progressi farmaceutici. Il problema è svanito. E sono convinto che Dio e sua Madre non abbiano trascurato le suppliche di tante generazioni di malati di tubercolosi. Pensiamo che moltissimi miracoli di Lourdes sono guarigioni di persone affette da questa ma-lattia in tempi in cui la medicina poteva fare molto poco al riguardo.Tutti i colleghi ostetrici cattolici e altri non cattolici che conosco per via del mio incarico nella FIAMC, che ritengo autentici eroi moderni in un mondo al quale piacciono le cose facili, mi dicono che l’aborto provocato per salvare la vita della madre non esiste. Quel dilemma di una volta del “salvare la vita della madre o quella del figlio” sem-plicemente non esiste. Oggi è possibile salvare la vita di entrambi. Ci sono sicuramente gravidanze e parti difficili o a rischio, ma l’ostetricia moderna non ha mai bisogno di provocare un aborto per salvare una madre. Rispetto a quella antica, i colleghi più anziani mi dicono che a volte c’è stata la tentazione, ma che hanno sempre risolto i casi in modo favorevole alla vita. Ciò che è imperdonabile al giorno d’oggi, soprattutto nelle zone povere dell’Africa, è la mancanza di assistenza sanitaria a molte madri e il defi-cit endemico di ostetriche e levatrici. Penso che ci venga richiesto qualcosa di più rispetto a quanto stiamo facendo ora per aiutare.Quanto alla prevenzione dell’Hiv/Aids, oggi una madre che ne è affetta può dare alla luce un bambino perfetta-mente sano, sempre che la gravidanza e il parto vengano assistiti in modo adeguato. Per quanto riguarda i malati di

Aids, penso che presto scompariranno problemi che ora ci angosciano e sono sempre alla ribalta nei mezzi di co-municazione. Forse con l’ingerimento di qualche farmaco con pochi effetti secondari gli sposi potranno continuare ad avere rapporti sessuali in modo sicuro e senza pensare al preservativo. Questo pezzo di plastica è stato criticato perché chiude la relazione alla fertilità, ma potrebbe anche essere criticato per il fatto di essere una barriera all’unione carnale degli sposi.Oltre ad essere classificato tra i mezzi che rappresentano una barriera, il che è già una prova eloquente di separazio-ne, molti di coloro che lo fabbricano aggiungono lo slogan commerciale “molto sensibile”, il che vuol dire che molti o tutti diminuiscono la sensibilità di quanti lo usano.Molte persone soffrono e si ammalano. È un mistero. Noi medici siamo qui per aiutarle. Fino a un certo punto siamo le dita di Dio, ma Dio non permette tutto. La Medicina – arte, scienza e tecnica – avanza e ci vengono risparmiate molte sofferenze. Non è sorprendente che quasi nello stesso tempo in cui è comparsa la pillola anticoncezionale si sia imparato a conoscere con certezza i ritmi fertili della don-na e i metodi naturali di regolamentazione della fertilità? Non è possibile attribuire al caso o alla legge della gravità il potente impulso dello sviluppo. I progressi sono troppo sofisticati per essere casuali.Esiste anche la morte, che arriva per tutti. Sembra che sia la cosa migliore per l’essere umano attuale: dopo un periodo di vita in questo mondo, l’anima si separa dal corpo in atte-sa della nuova vita. Anche rispetto alla morte, in quasi tutto il pianeta ci è dato di vivere più tempo grazie ai progressi sociali e scientifici. In fondo, la nostra vita qui non è altro che un esame che dobbiamo superare!P.S.: Un piccolo esempio della tecnica come risoluzione di problemi morali lo troviamo in uno strumento che, at-traverso una piccola carica elettrica, ottiene seme maschile senza necessità di masturbazione. In questo modo si supera la discussione se l’ottenimento di seme per studi sulla ferti-lità sia o no vera masturbazione.

José María Simón Castellví[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

ROMA (ZENIT.org).L’evento più significativo degli ultimi 150 anni di storia dell’Unità d’Italia è la capacità del popolo di reagire alle divisioni ed ai contrasti sviluppando una via del bene, libera e creativa. Questo è quanto emerge dalla mostra che è stata presentata al Meeting di Rimini: “150 di sussidiarietà. Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”.Nel corso della conferenza stampa di presentazione del Meeting, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha detto: “Ci ha molto colpiti il modo in cui il Presi-dente Napolitano nel marzo scorso ha letto l’unità d’Italia in chiave non an-ticattolica, in un colloquio a distanza con un precedente intervento di Be-nedetto XVI, in cui il Papa metteva in luce il contributo di tanti esponenti cattolici al risorgimento”.“Da qui – ha sottolineato Vittadini – l’ldea della mostra 150 anni di sussi-diarietà che vuole documentare tutte quelle iniziative e tutta la creatività figlia di questa posizione umana, che partono dal basso e sono state deter-minanti per la nascita dell’Italia”.Aveva detto Benedetto XVI: “La co-munità politica unitaria nascente a conclusione del ciclo risorgimentale ha avuto, in definitiva, come collan-te che teneva unite le pur sussistenti diversità locali, proprio la preesistente identità nazionale, al cui modellamen-to il cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale”.E Napolitano: “nella nostra storia e

nella nostra visione, la parola unità si sposa con altre: pluralità, diversità, solidarietà, sussidiarietà. Reggeremo alle prove che ci attendono, come abbiamo fatto in momenti cruciali del passato, perché disponiamo anche oggi di grandi riserve di risorse uma-ne e morali. Convinciamoci tutti, nel profondo, che questa è ormai la con-dizione della salvezza comune, del co-mune progresso”.Il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà ha spiegato l’originalità del popolo italiano forgiato dalla reli-gione cattolica, capace di dare risposte positive ad eventi che avevano tutte le caratteristiche della tragicità.Nella prefazione al libro che affianca la mostra, Vittadini ha precisato: “In un momento in cui è forte la neces-sità di dare una svolta, di individua-re punti fermi dai quali ripartire per rimettere in moto il motore ideale, sociale, economico del nostro Paese, il Meeting intende cogliere l’anniver-sario dei centocinquant’anni dell’unità d’Italia come una preziosa occasione per mettere in luce quel patrimonio, presente nel DNA italiano, fatto di ca-pacità di iniziativa personale e comu-nitaria tesa al bene comune”.Secondo Vittadini, la storia dell’Italia è fatta di opere, iniziative e realtà so-ciali ed economiche che hanno prece-duto il formarsi dello Stato unitario, e a cui hanno contribuito tutti gli ita-liani, con i loro ideali, la loro energia costruttiva, la loro inventiva, la loro solidarietà.Dalla mostra emerge una documenta-

zione del valore del principio di sus-sidiarietà. Il presidente della Fondazione ha spie-gato che “il principio di sussidiarietà si fonda sull’idea cristiana di uomo, divenuta poi prerogativa anche delle culture socialista e liberale: ogni sin-golo uomo vale ‘più di tutto l’univer-so’ e non è riducibile ad alcuna orga-nizzazione sociale e politica”.Per Vittadini, “la paura del cam-biamento non prevalse mai” e così “l’impegno sociale ed economico, ca-ratterizzato da una grande positività e fiducia derivate dalla certezza in una Presenza buona che abita la realtà, ha anche determinato, nella nostra gente, una originale capacità di adattarsi, di cambiare, di affrontare le difficoltà in modo flessibile, tenace e creativo, lun-go tutta la sua storia”.“Tutto il cambiamento di cui la nostra gente è stata capace – ha aggiunto – nasce dall’eredità più importante del popolo italiano: la capacità di conce-pire la realtà come un dato e la cono-scenza come un incontro che coinvol-ge un oggetto e un soggetto, dotato di desideri irriducibili”.“Un uomo così - ha concluso il pre-sidente della Fondazione per la Sussi-diarietà – che vive all’altezza dei suoi desideri più profondi ha una capacità di muoversi facilmente disponibile ad andare oltre il proprio egoistico tor-naconto, perché è cosciente di essere fatto per cose più grandi”.

Antonio Gaspari

150 anni di sussidiarietà: un popolo in cammino

Marco Tullio Cicerone (Arpinum, 3 gen-naio 106 a.C. - Formiae, 7 dicembre 43 a.C.) fu un celebre filosofo, avvocato e scrittore romano, nonché uomo politico dell’ultimo periodo della Repubblica Ro-mana. Esponente di un’agiata famiglia dell’ordine equestre, Cicerone fu una del-le figure più rilevanti di tutta l’antichità romana. La sua vastissima produzione letteraria, che va dalle orazioni politi-che agli scritti di filosofia e retorica, oltre a offrire un prezioso ritratto della società romana negli ultimi travagliati anni della repubblica, rimase come esempio per tutti gli autori del I secolo a.C., tanto da poter essere considerata il prototipo della lettera-tura latina classica. Attraverso l’opera di Cicerone, grande ammiratore della cultura greca, i Romani poterono anche acquisi-re una migliore conoscenza della filosofia.

Tra i suoi maggiori contributi alla cultura latina ci fu senza dubbio la creazione di un lessico filosofico latino: Cicerone si im-pegnò, infatti, a trovare il corrispondente vocabolo in latino per tutti i termini speci-fici del linguaggio filosofico greco.[1] Tra le opere fondamentali per la comprensione del mondo latino si collocano invece le Lettere (Epistulae, in particolar modo quelle all’a-mico Tito Pomponio Attico), che offrono numerosissime riflessioni su ogni avveni-mento, permettendo di comprendere quali fossero le reali linee politiche dell’aristocra-zia romana.Epicuro, nato a Samo da genitori ateniesi nel 341 a.C. Nel 306 a.C. si vide sorgere in Atene, oltre all’ Accademia e al Liceo, un’altra scuola filosofica, il Giardino ( in Greco KhpoV ), fondatore di essa fu Epicuro. La sua morte, avvenne nel 271

a.C. Il latino Lucrezio scrisse di Epicuro: “genus humanum ingenio superavit , et omnis restinxit, stellas exortus ut aetherius sol” ( grazie al suo ingegno superò il genere umano e tutti privò di luce, come al suo sorgere il sole nell’etere spegne le stelle ).Mohandas Karamchand Gandhi è stato un politico e filosofo indiano. Importan-te guida spirituale per il suo paese, lo si conosce soprattutto col nome di Mahatma (“grande anima”), appellativo che gli fu conferito per la prima volta dal poeta Ra-bindranath Tagore. Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici del satyagraha, la resistenza all’oppressione tramite la di-sobbedienza civile di massa che ha portato l’India all’indipendenza. Il satyagraha è fondato sulla satya (verità) e sull’ahimsa (nonviolenza). Con le sue azioni Gan-dhi ha ispirato molti movimenti di difesa dei diritti civili e grandi personalità quali Martin Luther King, Nelson Mandela e Aung San Suu Kyi. In India Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazio-ne e il giorno della sua nascita (2 ottobre) è un giorno festivo. Questa data è stata anche dichiarata Giornata internazionale della nonviolenza dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.Kahlil Gibran, (Bsharri, 6 Gennaio 1883- New York, 10 Aprile 1931 fu un poeta, scrittore,pittore e filosofo libanese. Scrisse principalmente in arabo fino al 1920 circa. I suoi testi hanno una nasci-ta un pò controversa. Molti di essi furo-no destinati quotidiani e riviste, sia arabi che inglesi. Molte delle informazioni e dei pensieri su K. Gibran ci pervengono dagli epistolari (lettere che scrisse a due amiche) e dai Diari di Mary Haskell. A seguito del successo del Profeta, e soprattutto dopo la sua morte, gli scritti di diversa natura, editi e inediti, vennero recuperati e tradotti e apparvero in raccolte il cui rigore è a vol-te discutibile in quanto spesso non viene nemmeno citata la fonte, altre invece ven-nero realizzate da amici stretti dell’autore e hanno maggiore attendibilità.Andrés Nin, (in catalano Andreu Nin; El Vendrell, 4 Febbraio 1892- Madrid, 20 Giugno 1937) è stato un politico e antifa-scista spagnolo)Prima lettera ai Corinzi, dal Nuovo Te-stamento: Lettere di San Paolo.

Antonino Giannone

Il progresso della scienza risolve problemi morali

Page 9: Ermetico Errante 2

9Lombardia

Un contratto di apprendistato per l’alta formazione, che consente di in-crementare il numero di giovani as-sunti, offrendo loro garanzie di mag-giore stabilità rispetto ad altre forme contrattuali ‘deboli’ come le colla-borazioni o i ‘tempi determinati’ e rispondendo alle reali necessità delle imprese.È quanto prevede lo schema di ac-cordo di collaborazione tra Regione Lombardia e il sistema universitario lombardo, approvato in agosto dalla Giunta regionale, su proposta dell’as-sessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro Gianni Rossoni.Con questo provvedimento viene data attuazione al programma FIxO - For-mazione e Innovazione per l’Occu-pazione, promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con Italia Lavoro, fina-lizzato alla riduzione dei tempi di in-gresso dei giovani laureati nel mondo del lavoro.Gli atenei coinvolti sono l’Università degli Studi di Milano, il Politecnico, l’Università Milano-Bicocca, l’Uni-

versità Cattolica del Sacro Cuore, la Libera Università di Lingue e Comu-nicazione (IULM), le Università de-gli Studi di Bergamo, Brescia e Pavia, l’Università Carlo Cattaneo (LIUC) di Castellanza (Va).Regione Lombardia intende così sperimentare una strategia a soste-gno di un maggior allineamento tra le scelte universitarie dei giovani e il fabbisogno delle imprese in applica-zione dell’art.50 del Decreto Legisla-tivo 276/2003 e delle leggi regionali 22/2006, che disciplina il mercato del lavoro in Lombardia, e la 19/2007 che definisce le ‘Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia’. L’iniziativa si rivolge ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni: devono risulta-re iscritti al secondo o terzo anno di un percorso di laurea triennale o al secondo anno di un percorso di lau-rea magistrale in una delle università che aderiscono all’accordo e disporre di un numero di Crediti Formativi Universitari (CFU) compreso tra un valore minimo e massimo che sarà fis-

sato, tra poche settimane, nelle Linee Guida definite tra Regione Lombar-dia e Università.L’accordo sarà valido per il triennio 2011-2014.La durata prevista per il contratto di apprendistato in alta formazione non potrà superare i 36 mesi per il conse-guimento del titolo di laurea e di 24 per il titolo di laurea magistrale.La formazione dell’apprendista è le-gata al titolo di studio da conseguire attraverso il percorso di apprendistato e prevede formazione aziendale, for-mazione curricolare (docenze fronta-li, project work) e studio individuale, che sarà supervisionato sia da un tutor formativo che da un tutor aziendale.La partnership di Italia Lavoro fornirà il supporto tecnico a Regione Lom-bardia e alle Università, contribuendo anche al sostegno economico dei ser-vizi di placement degli studenti.

Università, un nuovo accordo sull’apprendistato

La Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti ha promosso il bilancio 2010 di Regione Lombardia definendolo solido e ben strutturato. Il giudizio è emerso nel corso della seduta durante la quale, alla presenza dell’assessore regionale alle Finan-ze e Rapporti istituzionali Romano Colozzi, è stata esposta la relazione sull’esercizio finanziario 2010 con un riferimento particolare alla gestione della sanità.“La Corte dei Conti ha riconosciu-to gli sforzi messi in atto da Regione Lombardia - ha commentato il presi-dente Roberto Formigoni - per tene-re i conti sotto controllo senza però penalizzare cittadini e imprese. Sono particolarmente soddisfatto di questo giudizio e sono convinto che, come ha ricordato anche il presidente della Se-zione Nicola Mastropasqua, un’analisi così attenta dei dati di bilancio e una collaborazione propositiva fra magi-stratura contabile e istituzioni locali possano essere uno stimolo alla buona amministrazione e un modello con-creto per altre aree del Paese”.

In particolare, i giudici della Corte hanno sottolineato la capacità di Re-gione Lombardia di avviare investi-menti senza contrarre nuovo indebi-tamento né ricorrere ad anticipazioni di tesoreria e la rapidità dei tempi di pagamento dei fornitori; hanno inol-tre giudicato in modo molto positivo l’accantonamento dei 153 milioni di euro quale fondo tecnico di garanzia a protezione del bilancio regionale, qualora si verificasse la totale insol-venza della Grecia. Apprezzata anche l’istituzione dell’in-novativo fondo di rotazione per l’e-dilizia sanitaria sia con riferimento al miglioramento della qualità dei servi-zi alle persone sia in chiave anticicli-ca per la promozione dello sviluppo e della crescita dell’economia lombarda. La Corte ha anche evidenziato come positivo lo sforzo compiuto dalla Regione per tutela e la valorizzazio-ne della montagna e delle Comunità montane in particolare.“L’osservazione che più mi ha colpito - ha dichiarato l’assessore Colozzi - ri-guarda la riconciliazione patrimoniale

e finanziaria operata sul settore della sanità: in pratica i giudici e i tecnici della Corte hanno esaminato in modo approfondito i bilanci delle strutture sanitarie lombarde, analizzandone de-biti e crediti e la loro corrispondenza nel bilancio di Regione Lombardia, certificandone l’assoluta trasparenza e la piena coincidenza. Chissà se tutte le Sezioni regionali della Corte abbiano mai avviato simili verifiche incrociate con la stessa attenzione dimostrata dai magistrati lombardi? Sono sicuro che ne avremmo viste delle belle”.La Corte ha poi verificato il rispetto del Patto di stabilità della Regione, sottolineando però l’inadeguatezza dei criteri nazionali in vigore che li-mitano l’autonomia delle Regioni, soprattutto di quelle virtuose. “A tal proposito - ha concluso l’assessore nel-la sua relazione - Regione Lombardia siglerà con Comuni e Province, un nuovo accordo sul Patto di stabilità territoriale basato su principi di vir-tuosità definiti d’intesa con le stesse autonomie locali”.

Bilancio regionale 2010, la Corte dei Conti lo promuove

Approvate dalla giunta regionale su proposta degli assessori alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solida-rietà sociale Giulio Boscagli, alla Sa-nità Luciano Bresciani e all’Istruzione Formazione e Lavoro Gianni Rosso-ni le linee operative per il processo di individuazione e accompagnamen-to dell’alunno con disabilità ai fini dell’integrazione scolastica.Il provvedimento recepisce il lavoro svolto dal Gruppo di Lavoro Interisti-tuzionale Regionale (GLIR) composto da rappresentanti dell’Amministrazio-ne scolastica, di Regione Lombardia (Direzioni Generali Famiglia, Sanità e Istruzione), di UPL (Unione Provin-ce Lombarde) e ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Lombar-dia oltre che da LEDHA (Lega per i Diritti delle persone con disabilità), FAND (Federazione tra le Associazio-ni Nazionali dei Disabili) e da figure specialistiche (UONPIA-Unità Ope-rativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e ASL).

L’ACCERTAMENTO COLLEGIALELe linee operative prevedono che anzi-tutto sia effettuato l’accertamento col-legiale della situazione dell’alunno con disabilità con particolare attenzione per i bambini che stanno frequentando la scuola e per i quali in corso d’anno scolastico siano emersi problemi.Sarà la scuola a suggerire ai genitori la necessità dell’inquadramento dia-gnostico presso i servizi specialistici. Questo accertamento sarà svolto dal collegio istituito presso le Aziende Sa-nitarie Locali e collocato funzional-mente all’interno del Dipartimento per le Attività Socio Sanitarie Integrate (A.S.S.I.). Il collegio è composto da un neuropsichiatra infantile appartenente alle Unità Operative di Neuropsichia-

tria dell’Infanzia e dell’Adolescenza delle Azienda Ospedaliere, uno psico-logo ed un assistente sociale dell’Asl.Il percorso di integrazione scolastica della persona diversamente abile non si esaurisce con l’accertamento, che in-vece costituisce il primo passo a garan-zia del diritto allo studio delle persone con disabilità. Il Collegio ha infatti la funzione di accertare la disabilità e il conseguente diritto soggettivo ad usu-fruire di supporti per l’integrazione scolastica.La domanda di accertamento dovrà essere presentata dal genitore/tuto-re al collegio della ASL di residenza. Per i bambini di prima scolarizzazio-ne (attraverso l’iscrizione al nido, alla scuola dell’infanzia o alla scuola pri-maria) entro il 31 dicembre dell’anno precedente all’inizio della frequenza scolastica, per i bambini che stanno frequentando entro aprile/maggio.I tempi per la visita sono fissati entro i 60 giorni dalla data di presentazione della domanda e eventuali ricorsi van-no presentati entro 30 giorni dalla data di consegna del verbale redatto dal collegio di accertamento.

LA DIAGNOSI FUNZIONALEÈ il secondo elemento del processo di integrazione scolastico del bambino con disabilità.Redatta in base ad uno specifico mo-dello, che sarà adottato dalle strut-ture pubbliche e private, la diagnosi funzionale è redatta dall’èquipe mul-tidisciplinare che ha in carico il mi-nore e consegnata alla famiglia che provvederà a presentarla all’Istituto scolastico frequentato, in tempo utile perché la scuola possa strutturarsi con l’organico necessario all’integrazione dell’alunno.Descrive la situazione clinico-funzio-

nale del bambino al momento dell’ac-certamento ed evidenzia i deficit e le potenzialità sul piano cognitivo, affet-tivo-relazionale, sensoriale. Per venire incontro alle esigenze dei bambini e delle loro famiglie, la giunta regionale della Lombardia ha introdotto - per le strutture pubbliche e private accredita-te per la riabilitazione - la tariffazione delle sedute diagnostiche in vigore dal 2008.La stesura della diagnosi funzionale deve essere redatta entro la scadenza delle iscrizioni per i bambini che in-tendono frequentare l’asilo nido, la materna o la scuola primaria, entro aprile/maggio per i bambini che già stanno frequentando la scuola e preve-de aggiornamenti al passaggio di ordi-ne di scuola o in presenza di significa-tivi cambiamenti del quadro.

IL COORDINAMENTOPer raggiungere l’obiettivo dell’inte-grazione scolastica dei disabili, visto il coinvolgimento di molti e diffe-renti attori, è indispensabile la fun-zione di coordinamento.In base alle Linee operative approva-te dalla giunta regionale la funzione di coordinamento è garantita dall’a-zione congiunta del GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regio-nale) con i 12 GLIP (Gruppi di La-voro Interistituzionali Provinciali) e i relativi CTRH (Centri Territoriali Risorse) nella loro nuova composi-zione che prevede anche la presen-za di UONPIA, ASL, Enti Locali e Associazioni. All’interno dell’i-stituzione scolastica, la funzione di coordinamento viene esercitata dai GLH (Gruppi di Lavoro Handicap) di istituto.

Due milioni di euro per progetti da finanziare attraverso un bando e altri 684.000 euro per iniziative dirette sono i fondi stanziati dalla Giunta re-gionale della Lombardia, su proposta del presidente Roberto Formigoni, per lo sviluppo dell’attività di coope-razione internazionale nel 2012.Il provvedimento, oltre alla parte eco-nomica, stabilisce anche le linee guida e i criteri per l’approvazione dei pro-getti di cooperazione per la IX legisla-tura, in coerenza e in coordinamento operativo con la Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari esteri italiano.“Da sempre - ha spiegato Formigoni - Regione Lombardia sostiene proget-ti proposti da soggetti della coopera-zione internazionale, con particolare attenzione alle priorità emergenti dal territorio e, in questa direzione, ha in-staurato rapporti di proficua collabo-razione con Organizzazioni Non Go-vernative (ONG), Associazioni Onlus di solidarietà internazionale, Fonda-zioni e Associazioni senza scopo di lucro, Università e Centri di Ricerca”.“Questo metodo - ha proseguito il presidente - in base al quale è sta-

ta creata una rete di rapporti fondati su responsabilità condivise e unità di intenti, ha anche favorito la parteci-pazione del mondo economico e, in particolare, delle imprese, attraverso la costruzione di percorsi di partenariato non profit e profit che prevedono, tra l’altro, l’esportazione di buoni model-li produttivi di gestione e la messa in rete di progetti pilota che valorizzano l’esperienza e la competenza di tutti i soggetti coinvolti”.“Forse qualcuno - ha aggiunto Formi-goni - potrà domandarsi se sia giusto, in tempi di difficoltà economica e di scarsezza di risorse pubbliche, spende-re un cifra ragguardevole nella coope-razione allo sviluppo. La risposta mia e dell’intera Giunta è convinta: sì, ne vale la pena anche e forse soprattutto in un periodo di difficoltà come quel-lo che stiamo attraversando. Queste iniziative servono non solo a dare una mano a chi sta molto peggio di noi, come nei casi di progetti per l’alimen-tazione e l’educazione a favore di po-polazioni che ne sarebbero totalmente sprovviste, ma servono a costruire e cementare rapporti di amicizia for-tissimi con Paesi, Regioni e popola-

zioni di tutto il mondo. Amicizia che diventa collaborazione sul piano eco-nomico e progetti per investimenti futuri. Si tratta quindi di una visione lungimirante, che già ha giovato mol-to alla Lombardia e ai suoi cittadini e continuerà a giovare in futuro”.Nelle tre precedenti legislature il nu-mero dei progetti di cooperazione co-finanziati ha registrato un crescente incremento: dai 93 della VI legislatura (1995-2000) si è passati ai quasi 250 della VII, fino a raggiungere i 345 del-l’VIII. Tra il 2001 e il 2010 gli oltre 55 milioni di euro stanziati dalla Giunta regionale hanno permesso di realizza-re progetti in oltre 65 Paesi di quattro aree geografiche: Africa-Maghreb, America Latina, Asia ed Europa Cen-tro Orientale.Gli ambiti tematici che hanno caratte-rizzato gli interventi dell’VIII legisla-tura sono stati i settori della sicurezza alimentare, agricoltura, risorse idriche e sviluppo ambientale, seguiti a ridos-so da azioni per lo sviluppo economi-co e la formazione professionale. Di rilievo anche i contributi concessi per opere di cooperazione nell’ambito del comparto socio-sanitario.

CRITERI PER FINANZIAMENTI - Alcuni tra i criteri prioritari definiti per l’assegnazione dei contributi at-traverso i bandi sono: la creazione di partnership con vari soggetti pubblici e privati, regionali, nazionali e inter-nazionali, i Governi dei Paesi partner, le organizzazioni bi e multi-laterali nell’attuazione degli interventi; la partecipazione a bandi comunitari di cooperazione internazionale; la coe-renza con il tema di Expo 2015 ‘Nu-trire il Pianeta, energia per la vita’.

I SETTORI DI INTERVENTO - Le aree tematiche di riferimento, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite (Millennium Development Goals - MDG) e, nello specifico, quelli lega-ti alla lotta alla povertà e al miglio-ramento della salute sono: per l’area economica, il sostegno alle micro, piccole e medie imprese; per l’area salute, il miglioramento delle capacità di cura e assistenza in loco; per l’area

nutrizione e alimentazione, una serie di azioni che favoriscano la sicurez-za, l’educazione e la salute alimentare, valorizzando l’utilizzo di alimenti de-rivati da colture diversificate per zona ed esigenze locali; per l’area ambien-tale, interventi destinati alla tutela del territorio e a una efficace e sosteni-bile gestione delle risorse naturali, soprattutto l’acqua; infine, per l’area istruzione e formazione, saranno pri-vilegiate le iniziative a favore dello sviluppo del capitale umano e delle competenze professionali nei vari set-tori di crescita sociale.

LE AREE GEOGRAFICHE - Per la cooperazione lombarda si con-sidera prioritaria la sponda sud del Mediterraneo, recentemente teatro di crisi politica e moti popolari che hanno reso ancor più difficile la vita quotidiana delle popolazioni: Egit-to, Tunisia e Marocco. Questi Paesi partecipano da anni al Forum Econo-mico e Finanziario del Mediterraneo,

che è anche l’occasione per stabilire rapporti di collaborazione diretta tra imprese lombarde e aziende locali del Nord Africa.Nello stesso continente i Paesi in cui Regione Lombardia intende svilup-pare progetti di cooperazione sono: Burkina Faso, Burundi, Etiopia, Ken-ya, Mozambico, Repubblica Demo-cratica del Congo, Senegal, Uganda e Tanzania.Nell’area dei Balcani verrà data spe-ciale attenzione ad Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Serbia.In Medio Oriente i Paesi considerati prioritari sono Israele, Iraq, Libano e Territori Palestinesi.In Asia, Cina, India, Filippine, Vie-tnam e Pakistan. In America Latina e Caraibi, Brasile, Cile, El Salvador, Nicaragua, Paraguay, Perù.

Maggiore integrazione per gli alunni con disabilità

Scuola lombarda, approvate nuove linee operative per l’accompagnamento

Cooperazione allo sviluppo: stanziati 2,7 milioni

Investiti 55 milioni in 10 anni per progetti in 65 paesi

Apri le porte all’informazione

con l’abbonamento

Un giornale spalancato sulla contemporaneità, edito in 5000 copie certificate.

Da oggi L’Ermetico Errante entra direttamente in casa tua grazie alle opportunità date dall’abbonamento, pari a 30 euro all’anno, che può essere sottoscritto tramite il

bollettino postale allegato (che riporta il codice Iban anche per bonifici bancari).

Ufficio abbonamenti: tel. 0376 1811080 oppure email [email protected]

Page 10: Ermetico Errante 2

10 Arte e cultura

ROMA (ZENIT.org).

Di tanto in tanto sui media ap-paiono notizie, annunci, ri-chiami di vario genere che

riconducono l’attenzione del lettore su una lingua che si dice essere “mor-ta” ma che dalla discussione e dall’uso si presenta più viva che mai. Si par-la naturalmente del latino e del greco, anche se il latino sembra riscuotere la parte più preponderante dell’attenzio-ne.Abbiamo intervistato per l’occasione il nuovo Preside e Decano del Ponti-ficium Institutum Altioris Latinitatis, il prof. Manlio Sodi, conosciuto nel mondo ecclesiale e universitario so-prattutto per le sue numerose opere e attività in campo liturgico.Perché è importante studiare il latino? Sodi: Non si può vivere staccati dalla cultura in cui si è nati e si è sviluppato un insieme di elementi che fanno della persona la sua essenza. E la lingua è un elemento essenziale di questa realtà. Osservando le nostre lingue “neo-la-tine” non possiamo trascurare l’origi-ne “latina” appunto del nostro parlare. Ma questo sarebbe di poco conto se dimenticassimo che la maggior parte del patrimonio culturale dell’antichi-tà, che si è sviluppato attorno al baci-no del Mediterraneo, è giunto fino a noi in lingua latina e greca. Conoscere il latino, pertanto, costituisce la chiave per poter accedere a questo immenso patrimonio cui guardano con interes-se popoli lontanissimi dal nostro am-bito geoculturale e tuttavia affascinati da una lingua che racchiude tesori di cultura che inondano l’umanità ma attraverso le traduzioni.Da dove nasce il grande interes-se per la lingua latina in nazioni come la Cina e gli Stati Uniti?Sodi: Desta sorpresa conoscere l’inte-resse per il latino, manifestato anche in questi giorni, da popoli e culture molto distanti da quella latina. Dal-la Cina agli Stati Uniti, passando dai Paesi anglofoni per giungere in Finlandia dove esiste anche una ra-

dio che trasmette in lingua latina… rimaniamo davvero sorpresi. Al di là dell’evento “notizia” che fa parte de-gli obiettivi di un giornale, l’interesse per il latino è il frutto della scoper-ta di valori culturali che la Cina, per esempio, aveva già fatto quattro secoli fa con la presenza dei Gesuiti, e con Matteo Ricci in particolare. Per il mondo di lingua inglese poi l’atten-zione è ancora più comprensibile dato che sembra essere la lingua con mag-giori etimologie latine. Tutto questo interesse costituisce uno stimolo enor-me per saper riscoprire e approfondire una lingua che è anzitutto portatrice di una cultura complessa e quanto mai articolata, e i cui elementi spaziano in un arco di quasi tre millenni!Il Pontefice Benedetto XVI vuole far rinascere il latino come lingua ufficiale della Chiesa cattolica nel mondo. Perché?Sodi: Fu Giovanni XXIII che nel 1962 firmò la Veterum Sapientia a rilanciare questa attenzione; e successivamente nel 1964 sarà Paolo VI con il docu-mento Studia Latinitatis a istituire il Pontificium Institutum Altioris Lati-nitatis per preparare docenti ed esperti in lingue classiche per i Seminari, per le Facoltà e per tutte quelle Istituzio-ni – come le Diocesi per esempio – che hanno bisogno di esperti anche per “decifrare” i tesori di cultura che sono spesso racchiusi nella storia delle singole Chiese locali, nei documenti, nelle epigrafi, nei musei, ecc. Più re-centemente Benedetto XVI ha richia-mato l’attenzione da dare al latino in particolare nell’esortazione Sacramen-tum Caritatis. È una responsabilità culturale enorme quella che risiede nella Chiesa “latina”, soprattutto in considerazione del fatto che i suoi documenti ufficiali sono emanati in questa lingua, ed è codificata in lingua latina la sua liturgia ufficiale.Quali sono le ragioni di ordine culturale, liturgico, storico, di tradizione, che spingono la Chie-sa cattolica a rendere viva una lingua che viene parlata da pochi?

Sodi: Sono i fatti che scandiscono il richiamo a rendere sempre viva la lingua latina nella Chiesa “latina”. Cultura, storia, tradizione sono pa-role che rinviano anche all’arte e alla musica, ma rinviano pure ad una se-rie pressoché infinita di documenti la cui non conoscenza costituisce un impoverimento grave per l’oggi e per il domani. C’è poi l’ambito liturgico che costituisce l’humus più ordina-rio per invitare a conoscere il latino e per valorizzarlo in alcune parti della celebrazione. Al di là di alcune cele-brazioni in latino che ogni domenica non dovrebbero mai mancare almeno nelle cattedrali, rimane l’opportunità di canti tradizionali dell’Ordinarium Missae, ma anche inni e altri testi tipici di alcuni momenti dell’anno liturgico. E senza dimenticare tutto il capitolo delle antifone, non solo mariane, che costellano i ritmi cultuali della vita cristiana. Non ultimo il capitolo della pietà popolare in cui testi latini – tal-volta un po’ bistrattati – continuano a trasmettere alle giovani generazio-ni contenuti che la catechesi può sa-pientemente valorizzare. Non si tratta dunque di tornare ad una liturgia tutta e sempre in latino, ma di saper valo-rizzare quegli elementi conosciuti dal popolo e tenerli vivi anche in ragione dei tanti fedeli che si muovono da una nazione all’altra e che in questi testi possono ritrovare momenti di parteci-pazione più intensa perché espressione ed eco di quanto già posseggono nella propria cultura.Qual è la situazione in fatto di conoscenza e pratica del lati-no nella Chiesa cattolica? I nuo-vi seminaristi studiano il latino? Come fare per i seminaristi che non hanno studiato il latino nei decenni passati? Come si fa a rin-novare e sviluppare lo studio del latino nelle Università Pontificie e nelle Facoltà teologiche di tutto il mondo? Sodi: Domande impegnative quelle che sono poste. Domande che toccano però la radice del problema del latino

nella Chiesa e nella cultura oggi. Al di là del fatto che certe nazioni hanno operato scelte imprudenti e avventa-te in tempi recenti abolendo lo studio del latino – salvo ripensamenti che di tanto in tanto riemergono –, restano i problemi sollevati dagli interrogativi.Nella Chiesa cattolica abbiamo situa-zioni diversificate secondo le Istituzio-ni più o meno attente nel porre lo stu-dio del latino e del greco nella propria ratio studiorum quasi fin dagli inizi del percorso formativo. Non si può aspettare il percorso filosofico o peg-gio ancora quello teologico per inizia-re con rosa rosae; l’impegno va posto fin dall’inizio di un percorso forma-tivo, cominciando proprio con i testi usati nell’Ordina-rio della Messa, per esempio.Il recupero del tempo passato non può mai avvenire se non in modo serio. Certe radi-ci vanno poste nel curriculum for-mativo iniziale. Ma non bisogna scoraggiarsi; anzi si può riprendere con impegno un certo cammino anche in seguito. Importante però è adottare un metodo di apprendimento che risponda a nuove istanze; e oggi abbiamo a disposizione metodologie tali che fanno davvero miracoli. In una Istituzione romana, il Vivarium novum, ho incontrato giovani che dopo otto mesi parlavano latino… an-che durante il pranzo!Rinnovare e sviluppare lo studio del latino è una delle tante sfide che si pongono oggi alle Facoltà. Siamo sol-lecitati tra l’altro dai tanti certamina che si organizzano in Italia e altrove da parte di licei, e per contrasto non si conosce il latino proprio da chi deve intraprendere la teologia! Credo che la soluzione più ovvia sia quella di un percorso intenso di lingua latina du-rante lo studio della filosofia, e quan-do questo manca, almeno di un intero anno di queste lingue prima di inizia-

re la teologia e la specializzazione ul-teriore. All’inizio può sembrare arduo e forse senza senso, ma con il tempo ciò porta delle conseguenze formative e culturali di qualità.L’attuale sbandamento etico, definito da Benedetto XVI “dittatura del re-lativismo”, e l’improcrastinabile dife-sa dei “valori non negoziabili” esige un recupero dell’umanesimo cristia-no, espresso in lingua latina (e greca, nei primi secoli). Non è questione di esplorazione del passato, ma di prote-zione del futuro!La Chiesa fiorisce in paesi e conti-nenti “giovani” per quanto riguar-da la diffusione del Cristianesimo (si

pensi all’America “Latina”). Que-ste Chiese e i loro pastori possono trarre grande be-neficio dall’an-coraggio alla tradizione umani-stico-cristiana del-la Chiese di antica tradizione cristia-na.L’istruzione Uni-versae Ecclesiae, per quanto concernen-te l’uso della forma straordinaria del rito romano, men-ziona la conoscen-za del latino come conditio sine qua

non da parte dei presbiteri che cele-brano in questa forma, ma anche dei fedeli che intendono comprendere ciò che si celebra!Quali sono le attività, i corsi, e le iniziative che il Pontificium Insti-tutum Altioris Latinitatis intende promuovere per la conoscenza e la pratica del latino? Sodi: L’Institutum voluto da Paolo VI e affidato all’Università Salesiana svol-ge essenzialmente quattro missioni.– La prima è quella di formare docenti ed esperti di Lettere cristiane e classi-che. Per questo è attivo un percorso formativo di cinque anni (3+2) per giungere alla Licenza o Laurea. Può seguire il tempo della ricerca specifi-ca tipica del dottorato. È questo l’im-pegno più oneroso che coinvolge la

competenza di numerosi docenti e il dialogo con altre Istituzioni in cui si praticano tali studi. I frutti sono no-tevoli.– La seconda è quella delle pubbli-cazioni. La nuova collana edita dalla LAS ha come titolo: Veterum et Coa-evorum Sapientia, e ha l’obiettivo di pubblicare opere e manuali di docenti ma anche i migliori lavori di dottorato. Il primo volume dal titolo: Sacerdozio pagano e sacerdozio cristiano è già edito e tra breve potremo finalmen-te avere tra mano l’opera di Arnobio e gli Atti del Convegno sul magister nell’antichità classica e cristiana. Altre opere sono in preparazione (come ad esempio un Messalino festivo latino-italiano). Le pubblicazioni sono come il fiore all’occhiello di una Facoltà, e anche in questo ambito svilupperemo una linea che nei decenni passati aveva portato frutti di grande interesse.– La terza è quella dei Simposi. Ogni anno attorno al 22 febbraio, anniver-sario della fondazione dell’Institutum, si celebra un convegno attorno ad un tema che va trattato osservando la tra-dizione classica e cristiana. Il tema del sacerdozio è stato il primo; successi-vamente è stato trattato il tema del magister-discipulus… Il prossimo 23 febbraio 2012 il convegno sarà deter-minato dal 50° della Veterum Sapien-tia. Sono queste occasioni di incontro e di confronto, tra specialisti, cultori e studenti, per cogliere i valori di una traditio che continua a interpellare le menti libere da precomprensioni nei confronti di una lingua che risulta più viva che mai.– La quarta riguarda corsi particolari di lingua. Si tratta dei corsi intensivi che si svolgono durante l’estate per le lingue italiano, latino e greco. Corsi aperti a chiunque desideri approfit-tare dell’offerta formativa sia in vista del lavoro sia come preparazione per affrontare il nuovo anno accademico. Ma ci sono poi anche i corsi duran-te l’anno: oltre al latino e al greco, si offrono corsi di francese, inglese, spa-gnolo e tedesco per tutti coloro che desiderano approfittarne.

Antonio Gaspari

Ha ancora senso studiare latino e greco?Intervista al Preside del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis

ERRANDO PER MOSTRE“Blanco. Visions of Blindness”, a Rovereto (TN) - dal 17 settembre

“Van Gogh e il viaggio di Gauguin”, a Genova – dal 12 novembre

“Nature is my Kingdom/La Natura è il mio Regno”, a Modenadal 16 settembre

La mostra, a cura di Giovanna Calvenzi, dal 17 settembre è ne-gli spazi espositivi del mezzanino del Mart e rappresenta un pro-getto di Stefano De Luigi nell’ambito del festival di fotografia “Rovereto Immagini 2011”.Stefano De Luigi è un fotografo internazionale di estrazione giornalistica da tempo impegnato in un’analisi sulla “fabbrica-zione e alla fascinazione delle immagini”, come scrive Philippe Dagen nel testo critico di presentazione della mostra. Dopo aver indagato i mondi della televisione, del cinema e della porno-grafia, con “Blanco” De Luigi ha sviluppato un lavoro ancora legato al tema della visione, del dolore e della percezione dello sguardo altrui, ma con soggetti molto particolari: sono immagi-ni di persone non vedenti, ritratte nell’arco di quattro anni, dal 2003 al 2007 in India, Cina, Africa e Europa dell’Est. “Blanco” è in un certo senso la risposta alla domanda fondamentale im-plicita in queste foto: “Che colore ha la cecità?”.Per Stefano De Luigi tuttavia la ricerca non è solo svolta su aspetti formali, ma riguarda questioni complesse di carattere etico: “Come fanno i ciechi a mostrare gioia, felicità, irrita-zione, dolore, sofferenza, pena, rimpianto? L’assenza della vista

significa assenza di complicità con il fotografo?”Sono domande che segnalano l’originalità della ricerca di De Luigi. “Il modo di raccontare in immagini di Stefano De Luigi – scrive Giovanna Calvenzi nel testo in catalogo – si riconduce alla scuola nobile del giornalismo fotografico ma le realtà che si trova ad affrontare lo stimolano a cercare una strada che gli consenta di testimoniare per suggestioni, per avvicinamenti che evitino la compassione ma anche la denuncia. Sa che il riflesso di sopravvivenza più diffuso è di chiudere gli occhi davanti a un’e-videnza che ci turba, di fingere di non vedere quello che ci po-trebbe ferire e, in estrema sintesi, di accettare la trasformazione della realtà in un’immagine che metabolizzi e renda accettabile il dolore, che allontani i rischi di immedesimazione, immagini dalla cui forza di verità ci dobbiamo difendere per sopravvivere. Il muro di protezione dalle emozioni che le fotografie più aspre e dirette ci costringono a costruire doveva e poteva essere sgre-tolato solo da immagini meno dirette, più difficili e capaci di smuovere, di coinvolgere, di informare e turbare.”Fino al 30 ottobre 2011. Per info: www.mart.trento.it

“Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”, è il titolo del celeberrimo quadro di Gauguin (prestato per la quarta volta nella sua storia dal museo di Boston dove è conservato, e per la seconda volta in Europa) che come nessun’altra opera rappre-senta meglio il senso che del viaggio la mostra genovese intende dare: viaggio come esplorazione geografica, viaggio come spo-stamento fisico e viaggio nella propria interiorità.Ma l’idea di questa mostra, composta da 80 capolavori della pit-tura europea e americana del XIX e del XX secolo provenienti dai musei di tutto il mondo, origina anche dal riconoscere la centralità della figura di Vincent van Gogh nell’arte dei due se-coli considerati. Attorno a questo fuoco che continua a bruciare, si è venuta appunto sviluppando quella straordinaria avventura del viaggio che è il senso vero e profondo dell’esposizione.

Il viaggio da un luogo verso un altro luogo – dunque gli spazi evocati nel sottotitolo – e il viaggio dentro se stessi. Van Gogh li esprime benissimo entrambi, unendoli così nella sua opera. Ed è per questo che addirittura trentacinque sue opere fondamentali (venticinque dipinti e dieci disegni) quasi interamente presta-te dal Van Gogh Museum di Amsterdam e dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, saranno il cuore e il nucleo di questa ecce-zionale esposizione genovese, nel passaggio dal buio degli inter-ni olandesi alla lucentezza quasi insopportabile del sole del Sud.Assieme alle sue opere, si svilupperanno due sezioni, l’una dedi-cata alla pittura americana e l’altra alla pittura europea.La mostra è a Palazzo Ducale fino al 15 aprile 2012.Info: www.lineadombra.it

Nell’ambito dell’edizione 2011 di Festivalfilosofia dedicata alla natura, presso l’Ex Ospedale Sant’Agostino è allestita “Nature is my Kingdom/La Natura è il mio Regno”, mostra in memoria di uno dei piu’ grandi fotografi statunitensi, Ansel Adams, ce-lebre per le sue foto di paesaggi realizzate nei parchi nazionali e per la perfezione delle sue stampe in bianco e nero. Si tratta della prima grande mostra interamente riservata ad Adams nel nostro Paese e certamente di una tra le più rilevanti anche in ambito europeo. La selezione è frutto della collabo-razione con l’Ansel Adams Trust, istituzione californiana che tutela l’opera dell’artista, e comprende un corposo numero di fotografie - solo stampe vintage originali, realizzate dallo stesso Adams - provenienti da musei internazionali, collezionisti pri-vati e prestigiose gallerie americane.“Le opere sono state scelte ad una ad una con estrema accura-tezza, cercando di individuare il meglio della produzione del fotografo americano – commenta il curatore Filippo Maggia -. Il filo conduttore della ricerca è stato l’intenso rapporto di

Adams con la natura, che trova una sintesi finale nella sua scelta ambientalista. Nell’esposizione modenese spiccano una ventina di capolavori assoluti, come le celebri Moon and Half Dome e Moonrise, accanto a un’altra sessantina di immagini di qualità eccezionale e pressoché inedite per l’Italia, la metà delle quali sono importanti per la loro modernità, a lungo sottovalutata in favore dei grandi e maestosi paesaggi. Tutto ciò concorre a rendere la retrospettiva di Modena un evento davvero unico e prezioso”. Tra le opere più significative in mostra si segnalano due murals di grandi dimensioni, Half Dome, Merced River e Monument Valley, accanto a piccoli gioielli come Rapids Be-low Veronal Falls, stampata nel 1948, e Winter Yosemite Valley, stampata nel 1940.Visitabile gratuitamente, la mostra proseguirà fino al 29 gennaio 2012.Per info: [email protected] - www.fondazione-fotografia.it

“Il recupero del tempo passato non può mai avvenire se non in modo serio. Certe radici vanno poste nel curriculum formativo iniziale. Ma non bisogna scoraggiarsi; anzi si può riprendere con impegno un certo cammino anche in seguito.

Importante però è adottare un me-todo di apprendimento che rispon-da a nuove istanze; e oggi abbia-mo a disposizione metodologie tali che fanno davvero miracoli. In una Istituzione romana, il Vivarium novum, ho incontrato giovani che dopo otto mesi parlavano latino…

anche durante il pranzo!”

Page 11: Ermetico Errante 2

11

La storia del melodramma e delle sue interpreti è una storia lontana, che nel tempo ha però sempre mantenuto un elemento fondamentale: l’archetipo della primadon-na.Si tratta, come ha avuto modo di scrivere Vittoria Cre-spi Morbio nel catalogo della grande mostra “Diva, Il mito della Primadonna da Maria Malibran a Maria Cal-las” che si è tenuta a Brescia negli anni scorsi, “non solo della voce perfetta, ma l’incarnazione di quella voce in una fisionomia, in un corpo, in un carattere, nelle mo-venze sceniche”. Soprattutto a partire dall’800, periodo in cui le donne delle arti sono state mediaticamente più visibili (grazie in particolar modo alla diffusione dei giornali), e pe-riodo del quale si hanno testimonianze più facilmente reperibili, nasce il vero e proprio mito della donna del melodramma, e nasce quel “divismo” che oggi, para-dossalmente, è incapace di concretizzarsi con le nuo-ve eroine dello spettacolo, perché diventato molto più effimero e più veloce, nonostante e forse a causa delle tante e troppe opportunità mediatiche a disposizione di tutti (i “democratici” 15 minuti di celebrità concessi a ciascuno, come profetizzava Andy Warhol).Le dive della lirica del passato, invece, sono immerse in un’atmosfera diversa, in una eccezionalità atemporale e quasi superumana, che non riguarda solo l’eccellenza artistica e la capacità di amplificare attraverso la musica

le passioni; l’aurea della diva si manifesta anche nella vita quotidiana, che diventa il vero momento di espressione del divismo. Alla diva si delegano le trasgressioni sociali e morali impraticabili per le persone comuni nella loro realtà di tutti i giorni, e la primadonna simbolicamente attrae le proiezioni psicologiche della sua epoca. Non a caso, l’immagine ideale si cristallizza (anche per precisa volontà comunicativa) in immagini reali come foto, fil-mati e stampe che esprimono perfettamente il carisma divino e la perfezione delle dive.Da inizio Ottocento, Giuditta Pasta, Maria Malibran, Adelina Patti, Nellie Melba, Rosina Storchio, Lina Cavalieri, Mary Garden, Eugenia Burzio, Geraldine Farrar, Maria Jeritza, Claudia Muzio, Toti Dal Monte, Bianca Scacciati, Rosa Ponselle, Gina Cigna, Mafalda Favero, Margherita Carosio, Renata Tebaldi, Maria Callas sono le protagoniste del melodramma che hanno dato vita al mito, alimentandosi a loro volta dall’imma-ginario collettivo. La Callas, “l’ultima diva” o la “diva delle dive” come più volte è stata definita, rappresenta l’ultimo atto e il più sensazionale: voce fenomenale, impareggiabile pre-senza scenica e burrascose passioni enormemente re-clamizzate (quella con Onassis in primis) l’hanno resa un’icona immortale.

Michele Nocera

L’emergenza educativa e il cinemaIntervista al nuovo direttore artistico del “Fiuggi Family Festival”,

Mussi Bollini

ROMA (Zenit.org).

Uno dei possibili tentativi per superare l’emergenza edu-cativa in corso è propor-

re un’industria dell’intrattenimento adatta alla famiglia. Qualcosa di con-creto in tal senso proviene, ancora una volta, dal privato sociale.Ci riferiamo all’Associazione Fiuggi Family Festival che, lo scor-so luglio, per il 4° anno di seguito, ha organizzato nel comune cio-ciaro una manifestazione cinema-tografica “a misura di” famiglia.Zenit ne ha parlato con Maria Mussi Bollini, Capo struttura dei programmi bambini e ragazzi di RAITRE e nuovo direttore arti-stico del Fiuggi Family Festival.

Un evento interamente de-dicato alle famiglie come il FFF, che unisce al grande ci-nema numerose altre attività, in che modo può essere edu-cativo?Prima di tutto perché le famiglie stanno insieme. Il FFF non sono le “palline Ikea”! A differenza del centro giochi Ikea, dove i ge-nitori lasciano i loro figli mentre vanno a farsi un giro, infatti, le attività del FFF coinvolgono tut-ta la famiglia. Alcune sono molto belle, come l’ attività di Cuccioli di Dea Kids, ripresa dal programma omonimo attualmente in onda, nella quale un trainer ha fatto giocare bambini e genitori insie-me con il proprio cane, a cui si è aggiunta la proiezione, in antepri-ma, di uno speciale su come por-tare il proprio cane in vacanza. Inutile dire che questo animale è molto educativo in quanto riesce con la sua presenza a mediare tut-ta una serie di rapporti e, soprat-tutto, perché riesce a dare piccole responsabilità al bambino. Anco-ra, Turner ci ha presentato in an-teprima Gumball, una nuova serie di cartoni incentrata su di una fa-miglia molto particolare e diver-tente, a cui è stata abbinata un’at-tività in animazione nella quale i bambini hanno giocato con papà e mamma. Tendenzialmente l’idea del festival è proprio questa: fare le cose insieme. Ad eccezione dei convegni, considerati i temi par-ticolarmente delicati che vengono trattati, comunque il bambino in contemporanea ha la possibilità di partecipare alla visione di carto-ni animati o di fare attività con il gruppo degli animatori.Il tema di quest’anno è stato: “Sistema famiglia, dinami-smo delle relazioni”. In che modo una relazione familiare può essere o diventare dina-mica?Diventa dinamica innanzitutto con il dialogo. È l’unica possibi-lità ed è determinante per la cre-scita sociale del bambino. Seguo-no poi tutte le sue conseguenze come, ad esempio, i conflitti in età adolescenziale, erroneamente considerati negativi. Ritornando all’aspetto biologico, infatti, risul-

tano normali e positivi poiché, at-traverso un sano dialogo, si vanno ad accrescere le capacità e l’atten-zione del ragazzo, migliorando la sua autostima e le sue conoscenze. Per avere una sana conversazione tuttavia ci vuole silenzio intorno. Con il televisore acceso, con l’au-toradio in macchina o, peggio, con le cuffiette non si può fare. La parola che mi viene da associare al dialogo è il termine cultura. È chiaro che se la sua rappresenta-zione in Tv è quella proposta dalla signora Maria De Filippi nel pro-gramma Uomini e Donne partiamo proprio con il piede sbagliato!Che cos’è per te la famiglia?È innanzitutto il primo luogo in cui una persona apprende le nor-me sociali e di convivenza, quel-lo in cui due adulti responsabili, che sono i genitori, si dedicano all’educazione del piccolo. Edu-cazione che deve essere completa in tutte le sue sfere, quindi affetti-va, in primis, emotiva, poi, e, in-fine, sociale. In questo momento la famiglia è sempre più in crisi rispetto a queste competenze. Molto di questo è dovuto al fat-to che è sempre più rappresentata solo in chiave problematica, il che porta grandi difficoltà ai genito-ri nel rapportarsi con i bambini, i quali, sempre di più, cercano di reperire i loro punti di riferimen-to all’esterno. E ancora, la scuola, prima tra le altre agenzie educa-tive presenti sul territorio, risulta essere sempre più in difficoltà e sempre meno un luogo di con-fronto per i genitori e un aiuto al loro lavoro educativo. Anche il settore extrascolastico è afflitto da molti problemi in tutti i suoi am-biti e questo soprattutto in conse-guenza dei tagli dovuti alla crisi economica del nostro paese. Tra le altre agenzie, la parrocchia, da sempre luogo di supporto e aiu-to per il genitore, messa in diffi-coltà anche dalla presenza di una famiglia multietnica, la quale ha inevitabilmente comportato un cambiamento di rotta rispetto a quello che era il normale suppor-to alla famiglia. A ciò si aggiunge poi l’assenza dei nonni, da sempre un aiuto basilare non solo da un punto di vista pratico ma anche educativo.Secondo te il cinema sta prendendo spunto da questo cambiamento morfologico della famiglia italiana oppure le sta dando uno stereotipo da imitare? Diciamo che tendenzialmente la famiglia cerca di imitare qualsiasi cosa, ma lo fa perché è l’unica vi-sualizzazione dei problemi che ha. Io faccio sempre l’esempio della famiglia Cesaroni, diventata ideale di famiglia per molti bambini, ma che da esso è molto lontano, op-pure Tutti pazzi per amore. Il pri-mo telefilm che aveva cominciato a toccare queste corde è stato Una mamma per amica che io ho trovato quanto più diseducativo nel rap-

porto madre e figlia potesse esse-re una rappresentazione. Eppure tutte le adolescenti italiane avreb-bero voluto come mamma la pro-tagonista che, a ben guardare, da un punto di vista psicologico e pedagogico, avrebbe comportato una sicura denuncia ai servizi so-ciali! È chiaro che ciascuno di noi cerca di avere delle certezze e la sicurezza che può avere una fami-glia viene dalla rappresentazione che si dà di lei o dall’ambito so-ciale che frequenta. Altro esempio classico è quello del telefonino. Ci sono genitori che riescono a non acquistare il cellulare al ragazzino fino a che non abbia compiuto i tredici anni, ma che faticano mol-to nel cercare di tenere il punto su questa scelta. Credo che tenden-zialmente ci sia come un tentativo dei genitori di non aver problemi con i figli, che li porta ad agire nei modi più sbagliati, come per esempio anticipare sempre il bi-sogno del bambino, soddisfarlo prima che venga espresso, oppu-re limitare la sua curiosità e non stimolare la creatività attraverso il gioco, ma, soprattutto, evitare al bambino l’insuccesso.Come può la televisione o il cinema supplire a queste mancanze dei genitori in modo da educare il bambino?Il problema è questo: la televisio-ne, secondo me, non è un agente educativo. I genitori vorrebbero tanto che lo fosse. Nell’ambito della mia esperienza di 28 anni di televisione per bambini, prima meno, ma diciamo negli ultimi 10-15 anni, l’esigenza del genito-re è che la televisione supplisca a qualsiasi tipo di educazione desti-nata alla famiglia. Ricordo quan-do si chiedeva di fare programmi di educazione sessuale per bambi-ni! La televisione o il cinema pos-sono aiutare la cultura di questo paese: la cultura dell’infanzia è un tema che non viene trattato e non viene assolutamente analizzato da diverso tempo. L’infanzia in televisione è solo ed unicamente rappresentata come problematica, violentata o vista in chiave ta-lent show. I talent generano una continua ansia di prestazione che viene stimolata dai genitori ai fi-gli, utilizzando i genitori stessi i parametri di una normalità che normalità non è. Tornando alle anticipazioni delle esperienze, io faccio sempre riferimento a quando alla proiezione del film High school music, ho visto in sala bambine di 4 anni e ciò perché la frenesia dei genitori produce una sorta di accelerazione alla crescita in assenza del rispetto dei tempi del bambino. I tempi biologici del bambino di oggi sono iden-tici a quelli di un bambino di 30 anni fa. Sono cambiati gli stimoli esterni, certo, ma bisognerebbe saperli dosare.

Giuseppe Brienza

Arte e cultura

Primedonne della lirica, dive veramente immortaliDall’800 alla Callas, come la musica sublima nel mito

Via Roma, 74 - Noventa Padovana - 35027 - Padova

tel. +39 049 628874 cel. +39 338 4551793web www.chiarazanetti.it - mail [email protected]

Chiara Zanetti

Page 12: Ermetico Errante 2

FRANCESCO TIZIANO DJNIK

le Iene

Foto

: Gab

riel

la D

i Mur

o

BUGS... stanno arrivando!

IN OMAGGIO le

UFFICIALI!!!LATTINE LE IENE