Erbe e ricette del Castello Rosa

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Storia degli orti di Nervi, Quinto, Sant'Ilario e antiche ricette

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CIRCOLO DI STUDIO

EERRBBEE EE RRIICCEETTTTEEDDEELL

CCAASSTTEELLLLOO RROOSSAAStoria degli orti

di Nervi, Quinto, Sant’Ilarioe antiche ricette

APPROVATO E FINANZIATODALLA PROVINCIA DI GENOVA

NEL CORSO DEL IV BANDO2007 - 2008

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COMPONENTIdel Circolo promosso daCASTELLO ROSA ASSOCIAZIONE CULTURALE

Mariella Arena OlivieriOrietta BampiClaudia BenvenutoMaria Rosa BoeroMaria Giulia FavaSilvana GodaniAnna Maria SirioMarisa TruccoAnnarita Zalaffi

Esperta esterna

Roberta Buccellati

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EErrbbee ee RRiicceetttteeddeell

CCaasstteelllloo RRoossaa

Storia degli ortidi Nervi, Quinto, Sant’Ilario

e antiche ricette

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IL NOSTRO LAVORO

Chi non ha, almeno una volta, raccolto un soffione da un prato, da un bordo di sentiero, dallo scalino di una crêuza, per provare a spargere nell’aria, con un solo sbuffo, tutti i suoi piccoli paracadute? Così fa il vento e l’umile tarassaco, con i suoi fiori gialli ben compatti, è diffuso ovunque grazie a questo efficace sistema di inseminazione. Un po’ tutti lo conoscono per le sue proprietà diuretiche e depurative e come componente del preboggion, il miscuglio di erbe spontanee che è stato oggetto della nostra ricerca insieme alle erbe aromatiche tipiche del territorio di Nervi e dintorni e fondamentali nella cucina locale.Alcune erbette non sono note e riconoscibili facilmente come il tarassaco ed allora, aiutate da esperti, le abbiamo raccolte, studiate e riprodotte nelle pagine illustrate con la tecnica dell’acquerello.Che dire delle ricette? Mentre le raccoglievamo, sempre da fonti dirette, ci veniva l’acquolina in bocca nel ricordo degli antichi sapori presenti nei gustosi pranzi preparati da nonne, zie e mamme.Già, perché sono le donne le principali custodi di queste conoscenze e degli usi diversi che se ne possono fare, prima che le scoprissero e le catalogassero gli studiosi, come scriveva nel 1570 il botanico Costanzo Felici …”nelle insalate queste donne misticano molte piante senza nome, o vero pochissimo usitate”…

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Si ringraziano per aver reso possibile la pubblicazione

Rita Porroeil personale della biblioteca Virgilio Brocchi

hanno collaborato

Viviana AulinoFranco BampiGiancarlo BerardiOrietta CalafatoLorenzo CantatoreAdua CasottiEros ChiasseriniGiorgio DevotoVincenzo GirasoleIlario Gnecco Chiara LeoneGiuseppina MassaMario PonisPiero RissoGiorgio Springhetti

In copertina disegno di Giancarlo BerardiIn quarta di copertina disegno dei componenti del Circolo di Studio

Nessuna parte di questo libropuò essere riprodottasenza l’autorizzazione scrittadel Castello Rosa Associazione Culturale

Finito di stamparenel mese di settembre 2008

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“Il luogo di Nervi per verità non riconosce altra staggione che la primavera e l’autunno, mentre quivi unico nel rigore del iverno fioriscono gli aranci e fanno pompa della loro vaghezza li fiori e ivi nascono e maturano a perfezzione i frutti più delicati, che più paventano i geli. Insomma questo fertilissimo luogo tiene compendiati i maggiori beni della natura e i maggiori pregi delle altre terre, neppure della Liguria ma di tutto il mondo.”

R.do Francesco Maria Accinelli (1700-1777)

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Sommario

R.do Francesco Maria Accinelli 6

Poesia E erbette da Rosinn-a - Edoardo Firpo 8

Evoluzione dell’agricoltura a Nervi-Sant’Ilario 9

Interviste 16

Orti di Quinto nella Valletta San Pietro 16

Orti di Sant’Ilario, San Rocco 17

Appunti di Viviana - Sant’Ilario 17

Poesia Profumi della Liguria - Adua Casotti 19

Le ricette 21

Alloro 22

Basilico 24

Borragine 26

Cicoria 28

Coda cavallina 30

Finocchio selvatico 32

Maggiorana 34

Menta 36

Origano 38

Ortica 40

Pimpinella 42

Rosmarino 44

Salvia 46

Sonco 48

Tarassaco 50

Appunti 52

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E ERBETTE DA ROSINN-A

E ma cös’èi anchêu bella Rosinn-a?no v’ó mai visto tanto invexendä!...e ma no séi ciù fäla a bezagninn-a!in mâe veitâe no so cöse pensä…

Se diggo che me dâe da radiccetame veddu mette in man a pimpinella!...se vêuggio un pittinin de rattalegoae me porzèi invece da coighetta!...

e fasso l’atto de toccä o rissettome fâe vedde a scixârboa e o çestinetto!...

Edoardo Firpo

E ma cos’avete oggi bella Rosina?Non vi ho mai vista tanto scombussolata!…E ma non sapete fare più la fruttivendola!In verità non so cosa pensare…

Se dico di darmi del radicchietto mi vedo mettere in mano la pimpinella!... Se voglio un po’ di indiviami porgete della cotichella!...

Se faccio l’atto di toccare il riccettomi mostrate la cerbita e il canestrino!...

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EVOLUZIONE DELL’AGRICOLTURA A NERVI-S.ILARIO: PERCORSO STORICO-AMBIENTALE

Testo dalla Conferenza alla Civica Biblioteca Virgilio Brocchi, organizzata in occasione della Settimana della Cultura 2008.

RITA PORRO

Con immenso piacere ospitiamo questo incontro in Biblioteca, che questa serapropone un’iniziativa organizzata dal Circolo di Studio Erbe e Ricette delCastello Rosa.Da quando ho iniziato la mia attività quale responsabile di questa Biblioteca, e cioè da circa un anno, ho creduto e cercato la collaborazione con la Provinciadi Genova e con le iniziative dei Circoli di Studio. Sono iniziative interessantiche rispondono a interessi scelti in prima persona proprio dai cittadini, chedi fronte a un tema culturale si trovano a decidere di lavorare insieme, per ricostruire memoria, identità e legami.Nel caso del Circolo di Studio sulle Erbe e Ricette del Castello Rosa i partecipanti cercano di ricostruire la propria storia, andando a reperire i segninell’ambiente per trovare significato in quello che ci circonda.Questo è già il secondo Circolo di Studio che ha avuto sede nella nostra biblioteca.Abbiamo avuto il piacere l’anno scorso di presentare il libro “Cinque secoli perle strade di Nervi” e “Mille, Mille e ancora Mille passi per Nervi” realizzatodal Circolo di Studio “Nervi Borgo del Levante” e quest’anno ospitiamo ilCircolo di Studio “Erbe e ricette del Castello Rosa”, sono loro che hanno organizzato questo incontro.Sono qui presenti persone che fanno parte di altri circoli di studio sempre dellanostra zona che ringrazio anche a nome del Servizio Bibliotecario Urbano.Ringrazio in modo particolare l’Assessore alla Cultura della Provincia diGenova, Giorgio Devoto, che ci onora della sua presenza.Ringrazio il professor Gnecco che ha accettato l’invito e che terrà la relazionesugli orti di Nervi.

ORIETTA BAMPI

Siamo un gruppo di signore accomunate dall’interesse per l’acquerello. Inquesta occasione abbiamo pensato di estenderlo alla cucina ligure, alla cucinadi questa zona di Genova, con gli orti e le nostre colline, alle erbette che sonoquelle che una volta le nostre madri usavano nel preboggion. Perciò questa èanche una ricerca delle nostre origini, della memoria delle persone che ci sonoancora e di quello che ci fu tramandato. Abbiamo esteso il nostro lavoro delcircolo di studio alle erbe che vedete nei disegni e alle ricette abbastanzainedite che sono nella memoria dei nostri vecchi e nei libri che abbiamo po-tuto, grazie alla Signora Porro, trovare e consultare, qui come ospiti. Graziealla Provincia che ci ha dato modo di realizzare questo progetto.

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GIORGIO DEVOTO

Trovo sia decisamente interessante e giusto, per tanti e svariati motivi, occuparsidi questi temi perché essi rappresentano le tradizioni e le radici della nostra cul-tura e la cucina fa parte, senza dubbio alcuno, della cultura di un popolo e non sitratta di cultura secondaria o marginale rispetto a quella, così detta, alta.Altamente meritorio è, quindi, l’impegno per la realizzazione di questo appun-tamento. Meritorio anche perché, al di là della scoperta o riscoperta di alcunericette fondamentali, l’iniziativa apre, come prima dicevo, una prospettiva sullacultura originaria ligure e genovese in particolare, attraverso la quale si possonocosì intuire sistemi di organizzazione produttiva e sociale che puntavano sullosfruttamento del terreno disponibile e con un’alimentazione caratterizzata dauna dieta assai povera.Un’organizzazione che doveva, necessariamente, tenere conto anche delle diffi-coltà connesse agli spostamenti. A piedi o, nei casi migliori, con i muli: questierano i mezzi più diffusi; eppure, nonostante queste oggettive difficoltà, il pas-saggio da un territorio all’altro non era sporadico, anzi si rimane stupiti che concosì pochi mezzi di locomozione esso avesse una tale continuità; con Nervimeta frequente di scambi.Per questo credo che anche attraverso questa apparente “storia minore” comepossono essere delle ricette di cucina recuperate si possa riscoprire il clima diun’epoca. I dettagli, come l’uso di erbe oramai dimenticate, acquistano una vi-videzza e un’importanza notevoli specie oggi dove per mancanza di tempo e,aggiungo io, di fantasia la spesa di casa la si fa al supermercato dove si compratutto impacchettato surgelato se non già cucinatoIn definitiva incontri come questo sono importanti anche perché, lo sostengospesso, è sulla la memoria condivisa che si costruisce il futuro di un popolo.È nelle nazioni di più alta civilizzazione dove la memoria del passato è più evi-dente e condivisa che più alto e forte è il senso di appartenenza al proprio paesee alla sua storia.Il fatto, poi, che si ritorni a dipingere all’acquerello queste erbe, ci riporta alleantiche tradizioni quando la macchina fotografica non esisteva. Tutti i grandiviaggiatori, esploratori che andavano alla scoperta di nuove terre si facevanoaccompagnare anche da disegnatori specializzati. Il Capitano Cook aveva unacquerellista straordinario che riproduceva tutte le erbe e tutte le piante che sitrovavano nei luoghi che via via andava scoprendo, ma anche gli indigeni e iloro costumi rendendo un servizio enorme per chi oggi voglia studiare gli usi diquelle popolazione oramai civilizzate.Della spedizione in Egitto di Napoleone, per esempio, abbiamo, se così possodire, un “reportage” accuratissimo proprio grazie ai disegni e agli acquerellieseguiti per l’occasione. Ho visto prima due riproduzioni di limoni, fatte da due artisti diversi: ognunoli ha visti in una maniera differente, li ha resi con un colore, una luce, un taglioparticolari che li rende completamente dissimili gli uni dagli altri, anche se è

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indubbio che nel nostro processo di identificazione siamo consapevoli che intutti e due i casi si tratta dello stesso frutto.Quindi anche l’intervento dell’artista in qualche modo dà un senso a questo la-voro e trovo che tutto ciò sia molto bello. Mi hanno colpito in particolare la vo-lontà e lo sforzo di recuperare quello che fa parte delle nostre tradizioni e dellanostra storia e il desiderio di condividerlo con altri. Vorrei chiudere con un ricordo personale: tra le ricette ne ho individuata unache faceva parte della mia educazione gastronomica di quando bambino erosfollato, a causa della guerra, sui monti dietro Genova e il cibo scarseggiava.Ricordo il tarassaco bollito condito con l’aceto e un po’ d’olio, era squisito, lomangiavo anche crudo tagliato fine come il radicchio. Per tutte queste ragioni non posso che plaudire a tutti coloro che, in diversimodi, hanno reso possibile questo riaggancio con l’antica tradizione. Bene, chiudo questo mio divagare che si è fatto irretire nella inevitabile rete deiricordi personali, nella consapevolezza che quando si parla di cucina non si puòche parlare, necessariamente, degli ingredienti e dei dosaggi che consentono ditrasformare una buona ricetta in un concreto piatto da gustare. Io ho buttato quae là tanti ingredienti e spero che non ne sia uscita una cucina troppo pesante. Fiducioso che ciò non sia avvenuto auguro a tutti voi buon lavoro e lascio la pa-rola all’esperto del mestiere che ci illustrerà scopi e finalità meglio di quantofinora abbia potuto fare io.

ILARIO GNECCO

Il nostro percorso inizia da una stampa del ‘600, della quale devo ringraziare ilqui presente signor Chiasserini che si è gentilmente offerto nel reperirla, cherappresenta la zona di Nervi pedemontana e la parte alta, S. Rocco e S. Ilario.Vediamo una zona fortemente antropizzata, nonostante un insieme di leggi, chefanno capo anche al diritto romano che tendeva a qualificare la zona in unacerta maniera, ma soprattutto una legge del 39 sulla tutela dei beni ambientali eculturali. Nel secondo dopoguerra si è costruito e si è costruito fortemente.Il nostro percorso inizia da qui ma torniamo indietro di fatto di quasi quattrosecoli, perché in effetti per un percorso storico ambientale dobbiamo partire daquesta rappresentazione.Cosa ci dice questa rappresentazione? E’ opera del pittore fiammingo Corneliode Wael e si presume sia la veduta più antica di Nervi, non descrittiva, perchéce ne sono antecedenti descrittive. Fermiamoci da un punto di vista sociale ed agricolo. Ci dice che la maggiorparte degli abitanti viveva in questo agglomerato e non viveva di agricoltura,vediamo infatti casolari abbastanza sparsi nel territorio e quindi la popolazioneera contenuta, ovviamente. Se passiamo a qualcosa di più tecnico vediamo chenon ci sono ancora i terrazzamenti nella fascia pedemontana e più alta, la sistemazione classica era quella del ritocchino.

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Cosa significa ritocchino? Significa lavorare il terreno secondo le linee dimassima pendenza, questo comporta tutta una serie di problemi proprio perl’erosione delle acque che portano ovviamente sempre verso valle delle masseingenti di materiale, obbligando il coltivatore a reintegrare il terreno.Qui non è ancora avvenuta la prima grossa rivoluzione: quella dell’olivo.La coltivazione dell’olivo parte intorno all’anno 1000, a partire dall’estremoponente ligure e via via spostandosi sempre più verso levante.La prima varietà, la più coltivata è la colombara, poco produttiva ma la più resistente agli attacchi della mosca.Successivamente questa varietà viene sostituita con quelle oggigiorno ancoracoltivate, in particolare la lavagnina, molto più produttiva ma suscettibile agliattacchi dei parassiti. Dietro, lo possiamo immaginare, c’è il bosco che serviva per la comunità, perla raccolta della legna e del castagno che a quest’epoca non è stato ancora innestato. A partire dalla seconda metà del 600 si introduce l’olivo nella fascianon pedemontana con la costruzione dei primi terrazzamenti che verrannoportati fino a una quota di 280 metri circa, proprio quasi sulla sommità delMonte Giugo che è alto circa 400 metri. Le ultime terrazze saranno costruite sul finire dell’800, anche perché la pendenza elevata non rende più economicamente praticabile la erezione dimuri di contenimento.L’olivo è sicuramente l’agricoltura praticata industrialmente e traina tuttauna serie di lavori connessi, in particolare gli opifici.Nella fascia pedemontana a partire dai primi del 700 si introduce la coltura ortiva e del frumento che si affianca a quella degli agrumi.Vi voglio leggere un passo interessante dai Giornali d’agricoltura e di viaggidi Giorgio Gallesio, sicuramente il maggiore agronomo del primo ottocentogenovese, le sue ricerche sono importanti ancora oggi a distanza di due secoli.In questi Giornali di agricoltura e di viaggi, manoscritti in un'unica copia conservata a Torino, racconta tantissime cose molto molto istruttive.In particolare nel Giornale di viaggio del 10 di gennaio 1812 parla del viaggioa Genova e parla di Nervi ovviamente. …“Trovandomi in Genova sono stato a visitare i giardini di Nervi. Ecco le osservazioni che ho avuto a fare. Nervi è situata in maniera che gode nel pienoinverno una temperatura dolcissima. Un’alta montagna che sovrasta il mare siestende dall’est all’ovest le serve come di un muro che lo difende al nordquindi le sue campagne sono spesso piene di agrumi che vi prosperano molto.Questa coltura non è però in questo paese portata al grado di perfezione in cuisi vede a Finale, Savona e a Nizza. I giardini a frutta contengono molti alberiinnestati, piccoli e mal tenuti. Le pepiniere o semenzai contengono una infinitaquantità di piantine che servono al commercio.

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Queste sono quasi tutte aranci forti margaritini, sono allevati in terreno argilloso, dove invecchiano presto.Quindi trasportati in paesi ad agrumi, prosperano poco e presentano sempredelle piante a corteccia vecchia che ingrossano lentissimamente e che nonsono proprie che per i vasi.” …Ci dice in altre parole che la coltura praticata in questa zona era indirizzata allamoltiplicazione delle piante, non tanto alla produzione del frutto e che questepiante venivano esportate in altre zone. E’ interessante quel che dice adesso. …”Di fatto i giardinieri di Nervi fanno un gran commercio di queste piante intutta l’Europa, e specialmente in Francia, dove ne fanno ogni anno delle spedizioni considerabili”….Ricordo che nel 1807, 1808 viene completata la via Aurelia e allargata soprattutto dalla parte da Imperia a Ventimiglia, Nizza, proprio per interventodell’amministrazione napoleonica, e quindi consente un rapido trasporto deibeni da e per la Liguria.…”Ho osservato però che in Parigi i piantini di Nervi che vi arrivano in granquantità e si vendono a buonissimo prezzo non valendo all’ingrosso che trenta,quaranta soldi l’uno, non vi prosperano, se non mediante una grandissima curae vi periscono la maggior parte. Io credo dover attribuire ciò alla poca cura deigiardinieri nel preparare queste piante al viaggio e alle poche radiche che vilasciano, forse maliziosamente”…. La situazione fra la metà del settecento e i primi dell’ottocento è sicuramentefocalizzata sulla produzione degli agrumi nella fascia pedemontana e dell’olivonella parte più in alto, sopra i sessanta ottanta metri. Vorrei parlare un attimo sulla situazione sociale, come si viveva a quei tempi.Mi son preso la libertà di portare uno scritto del Cattaneo, del 1840, che ovviamente si riferisce alla realtà lombarda, ma credo non sia molto diversa daquella che si viveva in queste zone.…“A persuadersi della miseria e delle privazioni a cui sono condannati, basterebbe accompagnare la vita di un contadino in una giornata di lavoro. Basterebbe visitare la sua abitazione cupa, disagiata, senza luce.Eppure non tutti giungono a ripararsi in questo squallido abituro, giacché lamaggior parte dei contadini passa tutto l’anno le notti nelle cascine, sotto iportici, nelle stalle, all’aria umida e pesante, a discapito della salute. Scarseggiano le vesti, le biancherie di rado si mutano, provocando col sudiciume quelle malattie cutanee sì frequenti nella Bassa. In mancanza di unariparata abitazione e in difetto di legna, fanno raccogliere nelle stalle le donnele quali vi dimorano tutto il giorno e parte della notte e non escono che al finiredell’inverno, portando incontro ai tiepidi raggi della primavera spesso un visolivido e sparuto che fa un duro contrasto col nuovo ridente aspetto della natura.”…

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Una piccola digressione sull’istruzione.…“del resto se nella Bassa Lombardia si manifestano fra i contadini delle differenze naturali di sviluppo, eguali dappertutto ne sono i mezzi per dirigerloed esercitarlo, mezzi però che ottengono scarsissimi frutti in ogni luogo.Esistono è vero nei comuni le scuole elementari minori, aperte tanto per i maschi quanto per le femmine, con obbligo dei parenti di mandare i loro figlisotto pena di multa; ma questa multa, inflitta dallo stesso regolamento nellescuole, non si può mandare ad effetto. Per lo più, appena il fanciullo del contadino raggiunge l’età dello sviluppo esso torna necessario alla sussistenzadella sua famiglia. Il padre gli ripete il detto del savio “da giovinetto apprendiquelle cose che ti gioveranno nell’età avanzata” e lo mette a padrone per guadagnarsi qualche cosa in quei lavori, in cui è suscettibile la tenera età sua.D’altra parte, anche per quelli che le frequentano, queste scuole sono un veraillusione. I comuni, o piuttosto i possidenti, che ne sostengono le spese, cercano ognimezzo per risparmiarle, i maestri sono così poco retribuiti, che non ne possonoaccettare l’incarico se non persone occupate già altrimenti, oppure uomini senz’ombra di istruzione. Questi e sono frequenti, non lasciano alcuna impressione nei giovani scolari, se non quella del dispregio pel maestro e per lascuola.Nei piccoli comuni per due terzi dell’anno sono deserte.. Nessun altro mezzo diistruzione popolare esiste nella campagna”…La proprietà fondiaria era molto accentrata e c’era un forte squilibrio tra proprietari e contadini. Il contratto tipico era una forma di mezzadria, un po’particolare. Le colture arboree prevedevano, nel 700, la divisione del prodottodue terzi al proprietario e un terzo al conduttore, mentre per le produzioni or-tive, la divisione era a metà. Questo in teoria, in pratica se la produzione principale era l’olivo il proprietario aveva due terzi del prodotto e un terzo acolui che conferiva il lavoro. A partire dalla metà dell’800 si assiste alla frammentazione della proprietà.Una causa è senz’altro giuridica, con l’abolizione del fedecommesso, l’obbligodi mantenere la proprietà inalterata al primo figlio maschio, porta alla frammentazione. La grossa proprietà non riesce più a convogliare sulla pro-prietà fondiaria quegli investimenti che erano necessari. Una foto del 1865 cidice che in tutta la fascia collinare ci sia l’olivo, dal punto di vista dell’antropizzazione le case non sono molto aumentate.La proprietà fondiaria è in stato comatoso, gli alberi sono estremamente maltenuti, questo ci porta a dire che il reddito ormai non arriva più dalla terra mada altre fonti. Sarebbe inimmaginabile una realtà colturale di questo tipoquando lo scopo è quello di produrre.

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Attorno alla fine dell’8oo si sviluppa una seconda rivoluzione nella attivitàagricola e produttiva della zona. L’ allevamento delle vacche da latte. Nervi a partire dalla fine dell’800 è meta di turismo di élite, turismo di lusso egli alberghi hanno bisogno di latte. Quindi tutto il territorio, oltre il crinale chefino all’800 è ancora bosco, viene piantato. Le alberature vengono eliminate,viene creato prato per la produzione di foraggio che viene portato nelle stalle,in tutta la fascia pedemontana e collinare, per la produzione del latte che vienevenduto agli alberghi.Gli ultimi spiantamenti avvengono proprio intorno agli anni della prima guerramondiale, in parte funzionale alla produzione del latte, in parte per la produzione di legno. Attorno a S. Rocco le ultime alberature sono state tolte nel 1917.La produzione di latte consente una accelerazione nella frammentazione dellaproprietà, gli allevatori hanno disponibilità di soldi e si comprano la casa.Avviene che nel ventennio una legge stabilisce l’obbligo del conferimento dellatte ad una centrale, con una forte decurtazione del reddito degli allevatori.Per questa causa comincia l’abbandono dell’allevamento per terminare versogli anni 50 del secolo scorso.Ricordo però che dall’inizio dell’800 sorge una nuova attività, la terza rivoluzione, alcuni dicono sostenuta dal manentato, con il concorso di altri fattori, soprattutto quello climatico. Avviene la trasformazione dell’attività agricola in floricoltura. Le piante sostituiscono le stalle. Questo porta ai primianni 70, con la prima crisi del petrolio, con oltre settanta aziende che davano la-voro alle famiglie proprietarie e a circa duecentocinquanta operai nella zona traNervi, S.Ilario e limitrofe. Assistiamo a una sorta di riflusso, anche la floricol-tura conosce la sua crisi oggi le aziende floricole sono solamente dieci.Questo è un po’ il percorso dal punto di vista sociale e agricolo.

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INTERVISTE

ORTI DI QUINTO NELLA VALLETTA S.PIETRO

Intervista a Pina di Caiero

Erano tutti orti coltivati a fasce.Venivano innaffiati raccogliendo l’acqua dal torrente in vari modi, ingegnandosi con le risorse a disposizione nel luogo.Si trasportava l’acqua in vari modi: con una trafia, praticamente un argano dilegno sul quale si avvitava un cavo di ferro alla cui estremità era legato un secchio che, dopo essere riempito d’acqua al torrente, veniva portato così inquota; con una stanga di legno alle cui estremità venivano legati due serbatoid’acqua trasportati a spalla; con una conca sulla testa delle donne.Per tenere in equilibrio la conca sulla testa si poggiava tra la testa e la conca unaciambella di stoffa chiamata ‘sutesto’.Le verdure avevano, come sempre, un ciclo stagionale e l’uso era familiare.La coltivazione dei fagiolini e dei pomodori era la più redditizia e di pregevole qualità.Percorrendo la via Colletta Inferiore si incontrano tante erbe spontanee, la maggior parte delle quali sono commestibili e impiegate in cucina da sempre.Salendo, oltre località Aiolo, erano presenti gli alberi di castagno che furonotagliati durante l’ultima guerra per farne legna da ardere, utilizzata nella produ-zione del sale che si otteneva dall’evaporazione dell’acqua di mare per diventare, a quei tempi, merce di scambio con farina o riso.Nel 1942 i tedeschi arrivarono a Genova e cominciarono ad armare MonteMoro costruendo i bunker.Per la vita quotidiana avevano bisogno d’acqua e così costruirono una vasca nelRio San Pietro che a mezzo di un tubo portava l’acqua alle loro postazioni.I viveri venivano trasportati dal basso a mezzo di teleferiche.La Valletta San Pietro da oasi naturalistica, con la costruzione dell’autostrada, èstata stravolta, cambiando la sua fisionomia. Il Rio che scorreva con abbon-danza d’acqua in ogni stagione è stato soffocato dai detriti e dai massi, riducendone la portata e prosciugandone i laghetti.Le donne che un tempo vi facevano il bucato, asciugando i panni al sole, se ne sono servite sino agli anni 60.

ORTI DI SANT’ILARIO e SAN ROCCO� � �

“E’ la Liguria una terra leggiadra, il sasso ardente e l’argilla pulita s’avvivanodi pampini al sole…….E’ gigante l’ulivo”I versi sopra citati appartengono ad una famosissima poesia che decanta la nostra bella regione.Durante l’attuazione del nostro lavoro, incentrato sulla ricerca delle erbe spontanee impiegate in cucina, ci siamo recate all’agriturismo “Pian del Sole”

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sulle alture di S. Ilario, percorrendo il sentiero che da Via Donato Somma portaal capolinea del 516 e da lì, sempre a piedi abbiamo raggiunto la chiesetta diS.Rocco.Credetemi, il panorama è stupendo, si domina Capolungo, il porticciolo ed i parchi di Nervi, sembra di poter toccare Portofino con un dito e in questa stagione ci sono fioriture meravigliose e profumi tra i più intensi ci hanno accompagnato durante la nostra piccola passeggiata.Le erbette, poi, fanno capolino tra un sasso e l’altro offrendosi alla vista inpiena fioritura e ricche di foglioline verdi e gustose.La Signora Viviana ci ha accompagnato nel suo orto spiegandoci poi le proprietà omeopatiche e l’impiego delle erbette da sempre utilizzate nella cucina “povera” dei genovesi. Nella visita agli orti di Viviana il percorso tra le rigogliose erbe aromatiche era straordinario, di una grande varietà, alcune delle quali ormai quasi scomparse.Grazie a Viviana però si possono ancora osservare nelle sue fasce perché lei continua a riprodurle conservandone la memoria.

APPUNTI DI VIVIANA – SANT’ILARIO

ALLORO intingoli, verdure, sott’olio, selvaggina, la tisanadelle sue foglie è un digestivo

ANETO condimento per crauti e marinata e pesceBASILICO aromatizza insalate, minestre, carni e soprattutto

per il pestoCERFOGLIO contiene vitamina C in quantità elevata, serve

per pesce e per guarnireCODA CAVALLINA propriamente equiseto, è usata per fare una

tintura idroalcolica per far ricrescere il pelodegli animali

CORIANDOLO insaporisce ortaggi: patate, carciofi, funghiERBA CIPOLLINA formaggi, brodi, omelette, zuppeERBA DI S. PIETRO frittate, omelette, nelle minestre come il

basilico, è un’erba aromatica usata fin dall’anti-chità, di facile crescita e sana

FINOCCHIO SELVATICO aromatizza pesce, castagne, olive, tutte le carnigrasse

ISSOPO minestre, ragù, insalateMAGGIORANA torte di verdura, verdure ripiene, intingoli,

formaggi freschi, carni e pesceMELISSA si usa in certi liquori e tisane per malinconiciMENTA sciroppi e preparazioni di pasticceria e

produzione del mentolo e tisane digestive, bevande dissetanti.

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ORIGANO serve per insaporire pizze, verdure ripiene, insalate

ROSMARINO arrosti, pesce, aromatizza tutti i tipi di carneSALVIA sugo, carni, antitarme, un ramo negli armadi

anche in quelli per il ciboSANTOREGGIA proprietà caminative: fa digerire facilmente cibi

con fecole ed essendo un antibiotico naturale fatollerare le carni frollate ad intestini delicati

TARASSACO si può ricavare un miele fatto in decotto, noncontiene zucchero

PREBOGGION è un insieme di erbe spontanee che si trovanonei campi, nelle fasce, lungo i sentieri, in unpreciso periodo dell’anno che va dall’autunnoalla primavera. Lessato è l’ingrediente principale della cucina ligure, molto semplice egenuina, per le minestre, i ripieni per torte salate, i pansotti. Negli orti di Nervi, Quinto, S. Ilario si raccolgono prevalentemente la scixerbua, il dente de can, la pimpinella, il taggianetto e il radicciön di diverse qualità.

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PROFUMI DELLA LIGURIA

Terra di Liguria dai tanti ventiprofumo di salmastro che saledall’acque amare.Terra di profumi di tanti aromi!Io sono il basilico delicatodal pesto rinomato,il mio nome è salvia che vuol dire salvare:non può morir colui che mi coltiva,dò asilo a timide violetteche mi contendono il color del fiore.Il mio profumo non commuovevorrei l’odor del gelsomino.Io –dice il rosmarino- profumo al primo tocco,son come il prezzemolo, nasco dappertutto, posso risanare l’uomo, ma è amaro il mio prodotto.Dice la maggiorana, piccola pianta cespugliosa,a volte fiorisco vicino alla rosa,dò gusto alla frittata e amo molto l’uova.Dice l’erba luisa –elegante signora-metto gemme ora ch’è primavera,quando ho la mia vesteprofumo l’aria ad ogni alito di vento.Io –dice l’arancio- dono frutti una volta l’anno,mi cercan le spose per il mio fiore biancoe il mio profumo intenso alimenta i sogni.Io –dice l’alloro alto e fiero-cingo il capo ad alti valori, sono amaro di gusto,dò tanto sapore anche all’arrosto!Dall’orto giungon altri aromi,per l’essere umano son tutti buoni!

Adua CasottiNervi Sant’Ilario

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LE RICETTE

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ALLORO - ÖFÉUGGIO

Ovidio nelle “Metamorfosi” racconta che gli dei trasformarono la ninfa Dafnein alloro affinché sfuggisse alle bramosie di Apollo. Nella tradizione genoveseè al centro delle cerimonie del Confuoco in cui l’Abate, rappresentante del popolo, lo donava al Doge.E’ calmante dei disturbi digestivi ed è utile per curare i dolori articolari. In cucina si abbina bene a carne, pesce e sughi, quando è essiccato e frantumato.

LIQUORE DI ALLORO - LICÔRE D’ÖFÉUGGIO

40 foglie di alloro, ½ litro di alcool, 1/2 kg. di zucchero, ½ l di acqua.

Immergere le foglie ben pulite, lavate e asciugate in un’albanella a chiusura ermetica e coprirle con l’alcool. Lasciare riposare al buio per 40 giorni. Quindi far bollire l’acqua con lo zucchero e farle raffreddare. Filtrare l’alcooled aggiungere lo sciroppo. Lasciare riposare al buio per circa 10 giorni, scuotendo di tanto in tanto.

*SUGO DI FUNGHI – TÓCCO DE FONZI

30 g. di funghi secchi, 1 spicchio d’aglio, prezzemolo, rosmarino, 3 o 4 fogliedi alloro, olio, concentrato di pomodoro.

Far ammorbidire i funghi in acqua tiepida e strizzarli. Tritare aglio, prezzemoloe rosmarino, soffriggere con olio e le foglie di alloro in una casseruola di coccio.Aggiungere i funghi tritati, rosolare bene e versare due cucchiai di concentratodi pomodoro sciogliendolo con tre bicchieri d’acqua.Far cuocere a fuoco basso per almeno una mezz’ora.

* Le dosi per tutte le ricette sono per 4 persone salvo diverse indicazioni

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BASILICO - BAXEICÒ

E’ una pianta annuale con foglie ovali picciolate e opposte a due a due.Un tempo si coltivava negli orticelli o nei vasi sui davanzali della cucina.Secondo la leggenda esso fu rinvenuto sul luogo della crocifissionedall’imperatrice Elena, madre di Costantino, la quale lo portò da Gerusalemmenella penisola ellenica. E da lì si diffuse in tutto il Mediterraneo.

MINESTRONE ALLA GENOVESE – MENESTRÓN A-A ZENÉIZE

250 g. di fagioli borlotti da sgranare, 200 g. di fagiolini verdi, 1 carota, due foglie di sedano, 100 g. di bietole, 200 g. di cavolo cappuccio, 1 porro, 2 zucchini o un pezzo di zucca, 1 melanzana ovale, 2 pomodori pelati, 3 patatemedie, 1 mazzo di basilico tritato con aglio e formaggio.Riso o pasta a piacere, preferibili i “bricchetti”. Ottimi anche i taglierini freschi.Naturalmente le verdure possono variare a seconda dei gusti e della stagione.Tradizionalmente, in stagione, si aggiungevano delle foglie e dei gambi dellepiante di zucchino detti i “çimélli” e delle croste di formaggio parmigiano benpulite e conservate proprio per la preparazione del minestrone.

Pulire le verdure, tagliarle a tocchetti e cuocerle con le croste di formaggio, duecucchiai d’olio e il sale quanto basta, in una pentola contenente circa 3 litri diacqua.Quando sono ben cotte, schiacciare una patata con la forchetta o il pestello, aggiungere il riso o la pasta e, quando l’uno o l’altra sono quasi a cottura, unireil pesto mescolando bene.E’ ottimo servito caldo, tiepido o anche freddo.

FOCACCIA AL BASILICO – FUGÀSSA CO-O BAXEICÒ

10 mazzi (piccoli) di basilico, 2 uova, 200 g. di ricotta, parmigiano grattugiato,300 g. di farina, 1 cubetto di lievito di birra.

Impastare la farina con il lievito aggiungendo acqua tiepida e sale fino aformare un impasto morbido. Coprire e lasciare riposare l’impasto per circa2 ore.Preparare il ripieno tritando grossolanamente il basilico al quale si aggiun-gono le 2 uova, il parmigiano, la ricotta e il sale.Tirare con la pasta 2 sfoglie, di cui una più spessa sulla quale si stende il ri-pieno, coprire con l’altra e cuocere in forno a 200° per circa ½ ora.

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BORRAGINE - BORÂXA

E’ largamente diffusa in tutte le zone coltivate ed apprezzata per la commestibilità delle sue foglie; usata anche in medicina per le sue proprietàdiuretiche e rinfrescanti.

RAVIOLI ALLA GENOVESE – RAIEU A-A ZENÉIZE

Ripieno: 100 g. di carne di manzo, 100 g. carne di vitello, ½ cervello di vitello,50 g. di schienali, 30 g. di burro, 3 uova intere, 30 g. di parmigiano, 20 g. dimollica di pane, due mazzi di borragine, 1 pizzico di maggiorana, sale q.b.pasta: 500 g. di farina, acqua, 2 uova.

Pulire le borragini e lessarle per 5 minuti, poi strizzarle bene. Far rosolare nelburro le carni, poi tritarle. Aggiungere le uova, la mollica di pane inzuppata nel brodo, il parmigiano, la maggiorana tritata e il sale.Mescolare bene.Preparare la pasta con la farina, le uova e l’acqua tiepida fino alla giusta consistenza.Lavorare la pasta finché sarà liscia e morbida, quindi stenderla in sfoglie sottili.Porre sulla pasta piccoli mucchietti di ripieno, ripiegare la pasta chiudendo eseparando i mucchietti prima con le dita, poi con la rotella.Cuocere i ravioli in acqua bollente poco salata, scolare bene e condire col sugodi carne.

FRITTATA DI BORRAGINE – FRÎTÂ DE BORÂXE

500 g. di borragine, 4 uova, pochi funghi secchi ammollati e strizzati, una cipolla, la mollica di un panino bagnata nel latte e strizzata, 4 cucchiai diparmigiano grattugiato, un pizzico di maggiorana, sale e pepe.

Bollire le borragini, strizzarle e tritarle. Rosolare in padella con l’olio, la cipollae i funghi tritati. In una ciotola sbattere le uova e aggiungere la mollica di panetritata, il parmigiano ed il composto di verdure rosolato precedentemente.Scaldare un po’ d’olio in una padella antiaderente, versarvi il composto mescolando con un cucchiaio di legno, cuocere bene da entrambe le parti.

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CICORIA - RADICIÓN

E’ una pianta annuale molto comune nei nostri campi e prati. I germinelli ele foglie sono ottime in insalata ed è decorata da bei fiori azzurri. Le radicisono molto apprezzate cotte e condite.

CONTORNO CON UVETTA E PINOLIPREBOGIÓN, UGHÉTTA E PIGNEU

1 kg di prebogión con cicoria, 1 spicchio d’aglio, 50 g. di pinoli, 20 g. d’uva passa, sale.

Pulire, lavare, bollire e spremere le verdure con un canovaccio. Rosolare insieme agli altri ingredienti per alcuni minuti.

CONTORNO CON BURRO E FORMAGGIOPREBOGIÓN CO-O BITIRO E FORMÀGGIO

1 kg. di prebogión con cicoria, 1 spicchio d’aglio tritato con un po’dimaggiorana, 70 g. di burro, 5 cucchiai di parmigiano grattugiato, sale.

Preparare le erbette come nella ricetta precedente e soffriggere in padella conburro, aglio e maggiorana unendo il parmigiano a fine cottura.

RISO E PREBOGGION – RÎZO CO-O PREBOGIÓN

350 g. di riso, 600 g. di prebogión, 1 spicchio d’aglio, 1 cucchiaio di pinoli, 50 g. di parmigiano grattugiato, 50 g. di sardo grattugiato, 3 mazzetti di basilico, 2 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva, sale.

Pulire, lavare e lessare le erbette in un litro d’acqua salata e dopo 15 minuti aggiungere il riso e portare a cottura. Nel frattempo con aglio, basilico olio eformaggio fare il pesto.A cottura ultimata aggiungere il pesto alla minestra, mescolare bene e serviredopo qualche minuto.

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CODA CAVALLINA - CÔA DE CAVÀLLO

Il suo vero nome è equiseto e cresce in luoghi freschi e paludosi, lungo i fiumied i canali delle zone marittime e quelle sub montane.E’ una specie che, come le felci, ha radici, ma né fiori né semi.Si usa come diuretico, emostatico e cicatrizzante e in preparazioni erboristiche.

DECOTTO

Per tre tazze. 50 g di coda cavallina secca, 500 g di acqua.

Bollire l’acqua e mettere in infusione la coda cavallina con zucchero. Filtrare esomministrare il decotto come diuretico e depurativo.

USO COSMETICO

Una manciata di coda cavallina infusa nell’acqua calda del bagno è utile perpelli non elastiche e rugose.

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FINOCCHIO SELVATICO - FENÓGGIO SARVÆGO Ò DÔCE

E’ una pianta perenne che cresce spontanea in luoghi aridi e incolti.Ne esiste anche una specie detta “finocchio marino” che cresce anche essaspontanea sulle rocce a ridosso del mare nelle nostre coste.Si fa largo uso sia delle foglie fresche che dei fiori freschi o essiccati.

CASTAGNACCIO - PANÉLLA

500 g. di farina di castagne, olio, acqua q.b., poco sale, semi di finocchio.

Stemperare la farina in acqua in modo da ottenere una poltiglia abbastanza liquida.Aggiungere poco sale, ungere bene una teglia e versarvi il composto. Spargeresopra olio, pinoli, uva passa e i semi di finocchio.Cuocere in forno moderato finché si formerà una crosticina dorata.

SALMONE ALLE ERBE - SARMÓN CO-E ÈRBE

8 fettine di salmone fresco, 5 steli di erba cipollina, 1 bicchiere di latte, 1 cucchiaino di maggiorana, uno di timo ed uno di foglioline di finocchio selvatico, olio, sale pepe.

Rosolare il pesce in 3 cucchiai di olio in una padella antiaderente, salare, pepare e cuocere a fuoco lento dopo aver aggiunto il latte.Tritare l’erba cipollina e gli altri aromi. Unire in un piatto il trito con 3 cucchiaidi olio e sbattere con una forchetta. Togliere le fettine di salmone dalla padella,passarle nel composto e rimetterle in padella.Cuocere un minuto per parte e servire.

SALSA DI NOCI - SARSA DE NÔXE

200 g. di noci sgusciate, 1 spicchio d’aglio, una manciata di semi di finocchioselvatico, 4 cucchiai di olio extravergine, una manciata di pinoli.

Ammorbidire i semi di finocchio nell’acqua tiepida prima di pestarli nel mortaio, pestare tutti gli ingredienti separatamente.Amalgamare gli ingredienti in una terrina, salare e aggiungere l’olio.Prima di condire la pasta diluire la salsa con due cucchiai di acqua di cottura.

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MAGGIORANA - PÈRSA

E’ originaria della parte orientale dell’Africa boreale ed è presente in tutti ipaesi del bacino mediterraneo anche allo stato selvatico.Insieme al basilico è l’erba più importante della cucina ligure. Le sue foglieprofumatissime aromatizzano i tipici ripieni e polpettoni.

TEGAME DI CARCIOFI E ACCIUGHETIÀN DE ARTICIÒCCHE E ANCIÔE

5 carciofi con gambi, 200 g. di acciughe fresche, 2 uova, una manciata dimaggiorana, pane grattugiato, mollica di panino bagnato nel latte, una cipollapiccola, parmigiano, olio, sale, pepe.

Soffriggere la cipolla e i gambi tritati dei carciofi. Tritare la mollica di panestrizzata con la maggiorana. Mettere il tutto in una terrina e aggiungere le uova,il parmigiano, il sale e il pepe.Pulire i carciofi, tagliarli a fettine e disporli in un teglia di 25 cm di diametro,appena unta con olio d’oliva, formando uno strato su cui disporre metà del ripieno, quindi le acciughe dopo averne tolto la lisca.Coprire con un altro strato di carciofi e l’altra metà del ripieno. Spolverare conpane grattugiato, ungere con un filo d’olio e cuocere a forno moderato percirca 30 minuti.

FRITTELLE DI BORRAGINI, MAGGIORANA E CIPOLLINE FRISCIEU DE BORÂXE, PÈRSA, ÇIOULÉTTE

2 mazzi di borragini, 200g. di farina, 2 prese di maggiorana, 1 mazzetto di cipolline, olio extra vergine, sale.

Fare una pastella fluida con farina, due cucchiai d’olio, sale e acqua mineralefrizzante. Pulire, lavare e strizzare le borragini, tagliarle a pezzetti, affettare lecipolline e unire alla pastella aromatizzata con la maggiorana. Scaldare l’olio efriggere a cucchiaiate il composto.Le frittelle saranno pronte appena dorate.

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MENTA - MÉNTA

Deriva il suo nome dalla ninfa Minte, trasformata per gelosia da Proserpina inpianta umile, ma profumatissima e dalle molte proprietà medicinali, soprattuttodigestive e antisettiche.Da essa si estrae il mentolo, mentre la varietà detta “menta piperita” viene usata per saponi, dentifrici, cosmetici e profumi.

ACCIUGHE IN PADELLA – POÊLÂ D’ANCIÔE

½ kg di acciughe, aglio, olio, un rametto di menta, prezzemolo, ½ bicchiere di vino bianco, sale.

Pulire le acciughe e metterle in padella con olio, aglio, prezzemolo e menta tritati, vino bianco e un pizzico di sale.Cuocere per pochi minuti.

AGNELLO ALLA MENTA – BÆ CO-A MÉNTA

800 g. di carne d’agnello magra, 1 dado, 1 cipolla, 1 carota, scorza di limone, 2 limoni, rametti di menta, olio, sale, pepe.

Tagliare la carne a pezzetti e metterla in una casseruola con acqua fredda emezzo limone,Portare a ebollizione. Schiumare, scolare la carne e passarla sotto l’acquafredda. Affettare la cipolla e la carota e rosolare con 3 cucchiai d’olio. Unire lacarne e lasciare insaporire. Aggiungere il brodo preparato con il dado, salare epepare. Unire la menta e la scorza di limone e far cuocere per circa 1 ora. Togliere la carne e tenerla al caldo. Unire al fondo di cottura il succo di limonee versare sulla carne spolverizzandole con foglie di menta tritate.

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ORIGANO - CÒRNABÛGGIA

Il nome deriva da “ornamento dei monti” perché si diffonde spontaneamente eper le sue proprietà benefiche.Essiccato aumenta il suo aroma. Per sprigionarlo al meglio è bene sfregarel’origano fra le mani mentre si distribuisce sui piatti.

POMODORI ALL’INFERNO – TOMÂTE ROSTÎE

Pomodori a coste, in genovese porsenìn, olio, aglio, origano, prezzemolo, sale, pane grattugiato.

Tagliare a metà i pomodori non troppo maturi, privarli dei semi. Disporli in un tegame unto con la parte concava rivolta verso l’alto, cospargerlidi olio, aglio e prezzemolo tritati con l’origano, sale e pane grattugiato.Cuocere lentamente in forno finché saranno bene asciugati.

POLPETTONE DI ERBETTE – PORPETÓN DE PREBOGIÓN

1 kg. di prebogión, 3 uova, 100 g. di ricotta o “prescinsêua”, 20 g. di funghisecchi ammollati, 4 cucchiai di parmigiano, origano e maggiorana tritati, aglio, sale, olio, pane grattugiato.

Lavare, lessare le erbette e tritarle. Soffriggere i funghi e aglio tritati nell’olio,unire le erbette per qualche minuto, togliere dal fuoco e aggiungere il parmi-giano, le uova, la ricotta, l’origano e la maggiorana, sale e pepe.Mescolare con cura, quindi ungere una teglia, cospargerle di pane grattugiato eversarvi il composto. Dopo averlo steso, spolverarlo con pane grattugiato eolio. Cuocere a 180° per circa 30 minuti.

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ORTICA - ORTÎGA

E’ una pianta comunissima e riconosciuta per l’azione irritante che provocaquando viene a contatto con la pelle.Comune nelle zone incolte, lungo le strade di campagna, vicino ai vecchi ruderi dalla zona marittima fino a quella alpina. Le sue virtù terapeutiche eranogià note nell’antichità.

TAGLIERINI ALL’ORTICA – TAGIÆN DE ORTÎGA

400g. di foglioline tenere di ortica, 1 kg. di farina, 3 uova, parmigiano, sale.

Pulire e lavare l’ortica, lessarla e spremerla per far uscire l’acqua.Tritarla minutamente e impastarla con la farina, le uova, un’ abbondante manciata di parmigiano e poco sale.Quando la pasta sarà ben liscia e soda, tirare le sfoglie, avvolgerle su se stesse etagliarle con un coltello formando delle strisciette molto sottili che vanno allargate bene su una tovaglia. Cuocerle in abbondante acqua salata e condirlecon sugo di carne o altro a piacere.

GNOCCHI ALL’ORTICA – TRÒFIE DE ORTÎGA

Ingredienti per 6 persone: 800g. di patate, 300g. di foglioline tenere d’ortica, 500g. di farina, sale.

Pulire, lavare e lessare le ortiche. Strizzarle bene tritarle finemente. Cuocere lepatate e ancora bollenti passarle al passa patate e lavorarle subito con le ortichee la farina. Se la pasta fosse troppo molle aggiungere altra farina. Formare ilbudello e tagliare i gnocchetti di circa 2 cm. A piacere lasciarli interi o svuotarli col dito. Cuocerli in abbondante acqua salata e raccoglierli con laschiumarola appena vengono a galla.Condire con sugo, pesto o burro e parmigiano a piacere.

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PIMPINELLA - PINPINÉLLA

E’ una pianta perenne, alta dai 20 ai 50 cm. Cresce sui terreni calcarei, pratiaridi ed incolti. Molto usata nelle insalate e bollita. La radice è usata per scottature e ustioni. Gli infusi hanno proprietà medicinali come calmante dellatosse.

TOTANI RIPIENI – TÖTANI PÌN

2 totani abbastanza grossi oppure 4 piccoli, 200g di prebogión già cotto, 2 uova, 10 g. di pane grattugiato, uno spicchio d’aglio tritato, 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, 2 pomodori maturi passati al setaccio, una presa di rosmarino tritato, olio extra vergine d’oliva della riviera ligure, sale e pepe.

Svuotare e lavare i totani. Soffriggere in olio il prebogión con l’aglio e il rosmarino, salare e pepare. Tolto dal fuoco e lasciato raffreddare, aggiungere le uova leggermente sbattute, il pane grattugiato, il formaggio e amalgamaretutto. Con il ripieno ottenuto farcire i totani, chiudendone il lato aperto constuzzicadenti. Porre sul fuoco una capace terrina con un po’ d’olio, il passato di pomodoro, un po’ d’acqua e deporvi i totani. Far cuocere a fuoco lento, rimestando di tanto in tanto, per circa mezz’ora.

TORTA DI ERBETTE SEVATICHE – TÓRTA DE PREBOGIÓN

250 g di farina di frumento, 1 dc e mezzo di olio extra vergine di oliva della riviera ligure, 1 kg di prebogión, 1 cipolla, 300 g di prescinsêua, sale e acqua.

Impastare la farina con 2 cucchiai d’olio, un pizzico di sale e un po’ d’acqua, inmodo da ottenere una pasta soda ma elastica. Dividerla in due pezzi e lasciarlariposare coperta per almeno un’ora. Pulire e lavare le erbette, strizzarle e tagliarle grossolanamente e lessarle in acqua salata. Scolarle, strizzarle in unasalvietta e, dopo aver soffritto nell’olio la cipolla tritata, aggiungerle con il sale,lasciando cuocere per almeno cinque minuti. Stendere la prima sfoglia su unateglia già oliata, versarvi il ripieno, spalmarvi la prescinsêua, coprire con l’altrasfoglia. Unire i lembi delle sfoglie, formando un orlo tutt’intorno, cuocere inforno a 150° per circa 30 minuti.

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ROSMARINO - ROMANÌN

Era già utilizzato da Egizi e Greci. I Romani se ne servivano al posto dell’incenso e come componente degli unguenti profumati.E’ una delle piante aromatiche più usate nella nostra cucina. Le foglie si usanosia fresche che essiccate.

STUFATO CON PATATE – STUFÒU CO-E PATÀTTE

½ kg. di pomodori, sedano, prezzemolo, rosmarino, aglio, olio, ½ kg. di manzo, ½ bicchiere di vino bianco, ½ kg di patate, sale.

Tritare sedano, rosmarino e aglio; spezzare i pomodori e mettere tutto a cuocere in casseruola con olio. Passare le verdure portare a cottura e mettere aparte la salsa così ottenuta. Soffriggere nell’olio aglio e rosmarino tritati, meglio se pestati nel mortaio; aggiungere la carne tagliata a pezzetti e il sale.Far rosolare, versare ½ bicchiere di vino bianco secco e quando la carne sarà ametà cottura, aggiungere le patate a pezzetti e la salsa preparata in precedenza e ultimare la cottura.

FARINATA CON ROSMARINO – FAINÂ CO-O ROMANÌN

250g. di farina di ceci, 1 l d’acqua, 3 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva, 3 rametti di rosmarino, sale q.b.

Diluire la farina con l’acqua, sbatterla bene con la frusta e lasciarla riposare peralmeno 4 ore. Versare l’olio in una teglia e aggiungere il composto mescolandolentamente. Spargere sopra le foglioline di rosmarino. Infornare a calore massimo e cuocere fino a che si sia formata una crosticina dorata. Pepare primadi servire, a piacere.

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SALVIA - SÀRVIA

E’ un arbusto cespuglioso sempreverde. Le sue foglie sono opposte, quelle inferiori hanno un lungo picciolo, quelle superiori molto breve.Allo stato spontaneo si trova in tutta la zona mediterranea. Deve il nome al latino “salvere”, guarire, quanto basta per testimoniare la considerazione in cuiera tenuta nell’antichità.Anche nel Medioevo, Carlo Magno ne consigliava la coltivazione, contribuendo a diffonderla nell’Europa Centrale e Settentrionale.

FOCACCIA ALLA SALVIA – FUGÂSSA CO-A SÀRVIA

500 g. di farina, 50 g. di foglie di salvia fresca, 6 cucchiai di olio extraverginedi oliva, sale q.b., lievito di birra un cubetto, acqua.

Impastare la farina con il lievito, 4 cucchiai di olio, il sale e le foglie di salviatritate, l’acqua in modo da ottenere un impasto morbido.Lavorare energicamente l’impasto per almeno 10 minuti, formare una palla ecoprirla con un telo lasciandola lievitare per almeno 2 ore.Stenderlo in una teglia unta con olio e lasciare ancora lievitare coperta perun’altra ½ ora.Intanto scaldare il forno a 250°. Con un dito formare delle fossette sulla superficie della focaccia, ungerla bene con olio e cospargerla con un po’ di salegrosso.Infornare e cuocere per circa 15/20 minuti.

TOMAXÈLLE

4 fette di vitello, 2 etti di polpa di vitello, funghi secchi, pinoli, maggiorana, salvia, aglio, sale e pepe, 2 uova, parmigiano, mollica di pane imbevuta dilatte o brodo, sugo di pomodoro.

Tritare la polpa di vitello, precedentemente scottata in padella antiaderente conpoco olio, con la mollica di pane, i funghi fatti rinvenire in acqua tiepida e strizzati, la maggiorana e un po’ di aglio.Salare, pestare nel mortaio, unirvi 2 uova e del parmigiano grattugiato. Dopo aver ben battuto le fettine di vitello appoggiarvi sopra delle foglie di salvia e su queste 2 cucchiai di ripieno, poi avvolgerle, legarle con filo di cotone e farle cuocere nel sugo di pomodoro.

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SONCO - SCIXÈRBOA

E’ una pianta comune spontanea nei nostri campi e prati. Viene usata allo stato giovane in insalata e frittate.Mischiata ad alte erbe primaverili si trova anche nei ripieni liguri.

PREBOGGION TRASCINATO E FOCACCETTEPREBOGIÓN STRASCINÒU E FUGASÉTTE

Ingredienti per 6 persone. 300 g. di farina, 10 g. di lievito di birra, olio, sale, acqua, 1 kg di prebogión fresco.

Bollire le erbette, strizzarle e passarle in padella con aglio schiacciato e olio.Impastare farina, 3 cucchiai d’olio, sale e acqua quanto basta per un impastopiuttosto morbido. Strappare dei piccoli pugnetti di pasta e formare dei dischidi circa 15 cm di diametro e lasciarli lievitare coperti da un telo per circa 2 ore.Friggerli in abbondante olio e servirli caldi con le erbette.

PREBOGGION E COSTINE DI MAIALEPREBOGIÓN CO-E COSTIGÊUE DE PÒRCO

1 kg di prebogión, 1 kg di costine di maiale, olio, rosmarino, sale, pepe, 1 cucchiaio di conserva di pomodoro.

Bollire il prebogión in tanta acqua con un pizzico di bicarbonato, per conservare il colore verde, strizzarlo e tagliuzzarlo. A parte passare le costine inun tegame antiaderente senza olio, con rametti di rosmarino e poco sale. Soffriggere olio, aglio e prebogión, aggiungere le costine e unire un bicchiered’acqua in cui è stato sciolto il concentrato di pomodoro e un po’ di dado. Scolare, pepare, coprire col coperchio e lasciare cuocere finché le costine sono pronte.

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TARASSACO - DÉNTE DE CÀN

E’ noto anche come “soffione” o “dente di leone” ed è molto diffuso nei prati enei terreni incolti.Ha molte proprietà. E’ un toccasana per il fegato, depurativo, diuretico, lassativo, tonico e digestivo,Le foglie si raccolgono in marzo-aprile e si possono gustare fresche in insalatemolto salutari per la presenza di abbondante vitamina C.

RISOTTO PRIMAVERILE – RÎZO CO-I DÉNTI DE CÀN

300g. di riso, 400g. di foglie di tarassaco, 150 g. di ricotta, 1 scalogno, 1 cipolla, olio extra vergine d’oliva, ½ bicchiere di vino bianco secco, brodo vegetale, sale.

Lavare le foglie di tarassaco e lessarle in acqua bollente per 5 minuti. Scolarlo,strizzarlo e tagliarlo a pezzetti. Farlo saltare in una padella con olio e lo scalogno affettato sottilmente. Versare un filo d’olio in una casseruola e fareappassire la cipolla tritata, aggiungere il riso, poi aggiungere il vino bianco e lasciarlo evaporare. Unire il tarassaco e il brodo, salare leggermente e portare acottura a fuoco medio. Quando è pronto, togliere dal fuoco e mantecare con laricotta, mescolando con cura.

ZUPPA SAPORITA – SÙPPA CO-I DÉNTI DE CÀN

Ingredienti per 6 persone: 250g. di fiori di tarassaco, 200g. di pancetta affumicata, 200g. di sedano, 1 cipolla, 2 l di brodo, 100g. di carote, 1 cipolla, 2 l di brodo, olio extra vergine d’oliva, 100g di parmigiano grattugiato, sale e pepe.

Lavare e tagliare a fiammifero il sedano e le carote e affettare le cipolle. Lavaree tagliare a metà i fiori di tarassaco. Far rosolare per alcuni minuti nell’olio ifiori e le verdure, poi aggiungere la pancetta tagliata a striscioline, rosolare ancora un po’. Versare il brodo e far bollire per circa 40 minuti Aggiustare disale e pepe e servirla ben calda dopo averla spolverata con il parmigiano e accompagnare con crostini o fette di pane casereccio.

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BIBLIOGRAFIA

Edoardo Firpo – O grillo… cantadö – Ed. San Marco dei Giustiniani in Genova

Boni, Patri – Scoprire, riconoscere, usare le erbe – Ed. Fabbri

Bianchini, Corbetta, Pistoia – Le piante della salute – Ed. Arnoldo Mondadori

Bianchini, Corbetta, Pistoia – I frutti della terra - Ed. Arnoldo Mondadori

Segrete virtù delle piante medicinali – Selezione dal Reader’s Digest

Genovese scritto in grafîa ofiçiâ - http://www.zeneize.net/grafia/index.htm

Il Secolo XIX – Sapori di Liguria 2001/2002

Carlo Cattaneo – Saggi di economia rurale – Ed. Luigi Einaudi

Giorgio Gallesio – Dai giornali d’agricoltura e di viaggi – Sagep Editrice

Francesco Maria Accinelli - Atlante Ligustico – Ed. Tolozzi – Compagnia dei Librai

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APPUNTI

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