Era una notte buia e tempestosa

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1 Writers: Edoardo Del Nobile - Marcello Di Candia - Luca Ferri Marika Fortunato - Francesco Marcolongo – Fabio Palmieri - Giuliano Petrangelo – Liberiana Prencipe Federico Ristori - Chiara Triventi - Giacomo Trotta Liceo Scientifico G. Galilei’ - Manfredonia Corso PON di Scrittura Creativa a.s.2010-11 Era una notte buia e tempestosa... Docente: Prof.ssa Maria Mondelli Tutor: Prof.ssa Loredana Catalano

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Elaborati di scrittura creativa

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Page 1: Era una notte buia e tempestosa

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Writers:Edoardo Del Nobile   ­  Marcel lo Di Candia ­  Luca Ferri

Marika Fortunato ­  Francesco Marcolongo – Fabio Palmieri   ­  Giuliano Petrangelo – Liberiana Prencipe 

Federico Ristori   ­  Chiara Triventi   ­  Giacomo Trotta

Liceo Scientif ico  G.  Galile i ’   ­  Manfredonia‛

Corso PON di  Scrittura Creativa a.s .2010­11

Era una notte buia e  tempestosa. . .Docente:  Prof.ssa Maria Mondell i

Tutor:  Prof.ssa Loredana Catalano

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Indice

Prefazione di Maria Mondelli 3

Il raggio verde di Giacomo Trotta 5

Leonida, un traditore della patria di Giuliano Petrangelo 9

Nemmeno la morte di Edoardo Del Nobile 12

Restart di Luca Ferri 17

Il mio sogno eretico di Fabio Palmieri 20

La casa maledetta di Marika Fortunato 23

Storia di un cucciolo di Fabio Palmieri 26

Avventura al pc di Liberiana Prencipe 30

Il bunker di Giacomo Trotta 32

Elena e Simon di Chiara Triventi 35

Anestesia, vattene via! Di Francesco Marcolongo 38

The Truth di Federico Ristori 40

Libertà di scelta di Marcello di Candia 45

Sentivo la vita scivolarmi addosso di Fabio Palmieri 54

Quelli che... 56

… e quelli se... 59

Haiku 61

Limeriks 64

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Prefazione

L'idea di tenere un corso di scrittura creativa - per chi come

me si è sempre dichiarata priva di fantasia e che per

esemplificare i costrutti latini continua a propinare il solito

Caesar che strapazza i suoi milites in base alla regola

grammaticale del momento - mi sembrava inizialmente un

controsenso.

La convinzione che solo andando contro-senso (il senso comune,

il senso vietato, il senso di marcia, il senso di sé) si possono

seguire 'virtute e canoscenza' ha trasformato l'iniziale titubanza

in una sfida.

Memore di antichi versi, ho preso quindi a percorrere un

sentiero da me mai prima battuto e vi ho trovato ricchezze

inimmaginabili e straordinarie: i miei compagni di viaggio.

A noi insegnanti capita sempre di intuire, spesso di

constatare, talora di far timidamente affiorare gli orizzonti

infiniti ed affascinanti che si celano dentro quegli adolescenti

inquieti e problematici con cui condividiamo parte della nostra

vita, quegli spiriti ancora informi che, affabulatori di storie

strampalate ed inverosimili per giustificare un'impreparazione,

ammutoliscono stendhalianamente dinanzi alla bellezza di un

distico o di un quadro; ma il vincolo dei programmi, l'ossessione

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dei quadrimestri in fuga, lo spauracchio del registro semivuoto di

frequente ci impediscono di calarci in quegli abissi e di

ammirarne la vastità.

Ecco, a me questo corso ha dato la possibilità di stupirmi

ancora una volta dinanzi ai miei studenti, di imparare da loro, di

farmi avvolgere e coinvolgere dalla loro creatività e profondità,

di provare ‛la limpida meraviglia / di un delirante fermento’,

direbbe il poeta.

Ho cercato di fare la mia parte dando loro degli strumenti

tecnici che li aiutassero a far emergere ciò che, verborum

egestate, molte volte rimane celato, ho dato un nome ad attitudini

espressive che essi, forse ignorandole, già possedevano, ho

suggerito metodi pratici per superare la sindrome del foglio

bianco o per elaborare incipit un po' più originali del trito

snoopyiano 'Era una notte buia e tempestosa...' (ma non è proprio

'la rima fiore amore / la più antica difficile del mondo'?). Nulla

di più. Nell'annosa querelle se valga più la techne o la physis

ancora una volta – credo - ha prevalso quest'ultima.

Il risultato sono i lavori contenuti in questo e-book: forse

essi non saranno più duraturi del bronzo come i carmi oraziani, di

certo ne condividono l'essenza: la sacralità della parola e di chi

se ne fa interprete.

Maria Mondelli

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Il raggio verdedi Giacomo Trotta

ancava poco al tramonto. I raggi del sole, bassi

all’orizzonte, sembravano non volersene andare più,

aggrappati con un riflesso ai mille spruzzi d’acqua che il mare

M5

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innalzava sbattendo contro gli scogli. Tra un po’ quel disco

luminoso che aveva accompagnato l’intera giornata di Jack e Rose

avrebbe abbandonato la proiezione del loro film d’amore e avrebbe

fatto da sfondo per la storia d’amore di qualche altra coppia che

a lui affidava le sue speranze.

Jack, rosso in viso per il sole dell’intera mattinata e per la

timidezza, con un bastone di legno giocherellava con il suo cane,

mentre avanzava sul bagnasciuga della spiaggia deserta con Rose,

la ragazza che da qualche giorno lo faceva andare su di giri.

Jack e Rose si erano conosciuti solo qualche giorno prima, per

caso; entrambi si erano ritrovati sulla stessa panchina ad

aspettare un autobus che sembrava non arrivare più. Rose, seduta

in disparte e rannicchiata su se stessa, aveva gli occhi lucidi,

bagnati dalle lacrime che scendendo sulle sue gote le rigavano il

viso quasi come sfregi. Racchiusa in se stessa suscitava un senso

di compassione che non lasciava indifferente chi si trovava

intorno. Una cappa di malinconia la circondava e sembrava

ingrigire il cielo terso che invece rendeva quegli alberi intorno

alla pensilina molto più colorati, anche grazie alla primavera che

ormai era alle porte e iniziava a far germogliare i primi fiori.

Jack aveva appena terminato di lavorare e, seduto con un

giornale in mano, ammazzava il tempo facendo il sudoku dell'ultima

pagina. Immerso in quei numeri, ripensava alla storia appena

conclusa con colei che era stata il suo primo e unico amore. Si

era rotto tutto a causa della nuova segretaria di Jack, una

avvenente signora sulla quarantina, molto procace e seducente.

”Chissà cosa è successo a questa povera ragazza, chi mai ha potuto

far del male a una ragazza così bella, semplice e indifesa?”

Jack abbassò il giornale e tentò di rivolgere un sorriso alla

ragazza seduta dall’altra parte della panchina, nella speranza che

un sorriso potesse rompere quella cappa di tristezza.

La ragazza sembrò captare quel sorriso volante e ricambiò con

uno sguardo che magicamente sembrò infrangere la tristezza che la

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circondava; Jack allora si fece coraggio e iniziò a parlarle di

come girasse il mondo, della sua brillante carriera nel campo

economico, della sua storia d’amore appena conclusa.

Anche Rose aveva appena posto fine ad una storia d’amore, un amore

a distanza però, che l’aveva presa con tutti i sensi. Era stato

traumatico dover terminare una relazione del genere, ma la

lontananza anziché rafforzarla le aveva creato una grandissima

malinconia e una angoscia che giorno dopo giorno l’avevano resa

sempre più sola al mondo.

Era il primo passo per la storia che stava nascendo, in fondo

tutte le storie iniziano con un passo. E ora eccoli là, mano nella

mano, impacciati come due innamorati alle prime armi che per la

prima volta si affacciano all’amore.

Jack aspettava che il sole tramontasse definitivamente per

poter scorgere il misterioso raggio di luce verde che si diceva

riuscisse a far vedere nel cuore dell’altro. Jack sperava che con

questo misterioso raggio avrebbe potuto rivelare tutto alla sua

Rose, senza temere di sbagliare le parole o di essere tradito

dall'l’emozione. Mancavano pochi minuti ormai al tramonto: Jack

rifletté ancora una volta sulla bontà della relazione che stava

intraprendendo con quella ragazza di venti anni più piccola di

lui.

Mentre continuavano a camminare, si ritrovarono nei pressi di

un chioschetto ai bordi della spiaggia. Era una piccola baracca

con il cartone dei gelati ingiallito dal sole battente e le

persiane screpolate dalle continue raffiche di brezza marina;

nonostante non ci fossero clienti degli altoparlanti trasmettevano

una tenue musica di sottofondo.

Jack era impaziente, tra pochi secondi si sarebbe verificato

l’evento che lui stava aspettando da tutto il pomeriggio: Il

raggio verde. Proprio quando stava per arrivare agli occhi di Jack

quel fascio luminoso, quasi leggendario, dalla baracca iniziarono

a vibrare nell’aria le dolci melodie del film 'Ufficiale

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Gentiluomo'. Era il film preferito di Jack, quello che più lO

aveva fatto sognare da piccolo. Ora era diventato lui il pilota di

aerei che conquistava la sua donna. Jack lanciò il bastone per il

cane lontano per non essere disturbati, prese Rose in braccio, la

baciò e chiudendo gli occhi si fece avvolgere dalle dolci note e

della luce: un'alchimia d’amore che mai nessuno avrebbe potuto

sconfiggere.

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Leonida, un traditore della patriadi Giuliano Petrangelo

ra l’aurora, una tiepida aurora, per terra i cadaveri

persiani, uno sull’altro a formare una scala, emanavano un

odore insopportabile, quasi simile a quello di un bisonte

sgozzato. Leonida era seduto sul comandante della truppa inviata

dal grande re dio Serse e brindava fiero con i suoi compagni per

la vittoria appena ottenuta sugli incapaci fanti persiani.

Pertanto decise di voler parlare direttamente con Serse per

convincerlo a partire dalla Grecia e ad abbandonare i suoi loschi

piani di distruzione e di traffico di prostituzione. Così,

lasciati dietro a sé i suoi compagni, s’incamminò verso la collina

E

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che vedeva in lontananza percorrendo la lunga spiaggia di fronte

al passo delle Termopili.

A questo punto giunse il re persiano su un carro dorato,

seduto su un trono ricoperto di mimose, vicino a lui servi che

pulivano i suoi orridi piedi e donne dal corpo divino che

porgevano nella sua bocca una dolce ciliegia. Fermato il carro,

Serse si alzò in piedi colpito da un’accecante bagliore che lo

costrinse a spostarsi di un passo avanti, e cominciò a dire:

“Leonida, sei un forte guerriero, scaltro e coraggioso e ti ammiro

per questo! Ma come osi schierarti contro il grande re dio

Serse!”. Dicendo questo accennò un forte colpo di tosse causato da

un’improvvisa folata di vento che gli aveva gettato polvere in

faccia. “Io posso renderti comandante delle truppe persiane,

questo mio vasto esercito, ti ricoprirò di donne e di oro, avrai

una tua spiaggia personale nell’isola di Creta appena la conquisto

e potrai alloggiare in uno dei palazzi più sfarzosi dell’Oriente.

Se rifiuterai tale offerta, sarai davvero sciocco e ne pagherai le

conseguenze con la vita: è un’offerta che non puoi rifiutare”.

Leonida, a quel punto, per qualche secondo rimase fermo a

meditare su questa generosa offerta di Serse, che, nel frattempo,

si ammirava allo specchio tentando di spremersi un brufolo non

gradito sul mento, finché prese una decisione degna di un re

spartano: “Sei un mio nemico Serse, sei venuto ad invadere le

nostre terre, a schiavizzare le nostre famiglie, a bruciare i

nostri campi, ad utilizzare le nostre donne come prostitute per i

tuoi mercanti. Ad essere sincero sono stanco di combattere per

questi poveri perdenti spartani. Inoltre mia moglie mi dà fastidio

ogni giorno, dice sempre 'sposta i mobili, porta questo, porta

quello, accompagna i ragazzi a scuola...'; ma andasse al diavolo!

Questa vita mi annoia, voglio divertirmi e la tua offerta, mio

caro Serse, è allettante, quindi accetto volentieri. Difendessero

i miei soldati le terre, mi ritiro dal campo, ho voglia di

divertimento!”. Lo stesso Serse, esterrefatto e con la bocca

aperta per una simile risposta replicò: “Non potevi fare migliore

scelta!”.

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I due se ne andarono passeggiando a braccetto e ammirando il

mare di fronte a loro finché Leonida disse: “Solo una cosa,

Serse!” - “Dimmi!” - “Pulisciti quegli orridi piedi”. E i due

risero a crepapelle immaginando il divertimento in una calda

piscina.

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Page 12: Era una notte buia e tempestosa

Nemmeno la mortedi Edoardo del Nobile

hristopher è un

simpatico ultra

sessantenne, malato

terminale per un tumore

al polmone destro. Non ci

stava a restare in

ospedale, quindi, dopo la

notizia, decise di

trascorrere l’ultimo anno

di vita nella sua casa di

periferia. Era un po’

lontana dal centro, dove

si trovava il parco in

cui Chris adorava

trascorrere le mattinate

all’ombra dei faggi

leggendo un giallo. Ogni giorno prendeva il treno delle 13:21 per

tornare nel suo “rifugio”.

C

Ormai credeva che non ci potessero essere più motivi per

andare avanti, per lottare, per contrastare quella bestia che da

dentro gli stava strappando via la vita morso dopo morso. Chris

era così, preferiva restare da solo, nel suo dolore, per evitare

di recarne a chi gli era accanto. Da quando aveva avuto la

notizia, iniziò a troncare ogni legame ed ora evitava di crearne

di nuovi. Sua sorella lo chiamava spesso. Quasi ogni giorno, ma da

un po’ di tempo a questa parte aveva smesso di farlo. Era

insopportabile per lui dire “si va tutto bene” senza pensare che

la sua vita ormai avesse una sorta di data di scadenza.

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I giorni passavano, tutti uguali, uno dopo l’altro. La solita

routine. I soliti volti. Il solito treno. Ecco diciamo che non era

proprio il solito treno quel giorno. 3 marzo, ora 13:03. Come al

solito Chris arrivava sempre in anticipo in stazione, ma quel

giorno, nsomma quel giorno aveva deciso che non sarebbe stato il

solito giorno. La voce annuncia un ritardo del treno. Niente di

particolare. Sarebbe arrivato alle 13:30. Eccola. Sì, insomma in

qualità di narratore so come vanno le cose della storia che

racconto. Sì. Eccola. Azzurra. Chris non era un tipo da “ti amo” o

meglio, non ha mai trovato nessuno che meritasse di sentire certe

parole dette da lui. Okay. Torniamo alla parte che ancora non

conoscete. Azzurra. Mai nome più giusto. Aveva degli occhi

fantastici. Azzurri, come il mare, con una corona nera che cingeva

l’iride e una corona castana che circondava le pupille. È la donna

che farà perdere la testa al nostro fortunato. Insomma, aveva buon

gusto in nostro anziano.

Nonostante i suoi sessanta anni, Azzurra conservava ancora il

fisico di una donna giovane e nel pieno della sua bellezza. Sarà

stato il suo non usare troppo trucco o il suo non esagerare con

l’esercizio fisico. Odia le palestre. Come Chris c’era una cosa

che non aveva trovato. Una persona che la rendesse felice. Eccola.

E il nostro caro anziano non riesce toglierle gli occhi di dosso.

Ora sono nel treno. Lei è seduta. Lui è appena entrato. Si è detto

tra sé “oggi ti siedi accanto a lei e le dici “salve”. Fa spesso

questo tragitto in treno?’ ”Sì”. I due non era la prima volta che

s’incrociavano su quel treno. Solo che lui non aveva mai avuto il

coraggio di parlarle.

-Salve.-

-Salve.-

-Fa spesso questo tragitto in treno?- bravo Chris.

-Si, quasi ogni giorno. Svantaggi di abitare in periferia.-

-Svantaggi? Insomma. Abito anche io in periferia.- disse

sorridendo.

-Ah, sì? L’avevo notata già altre volte.- sorridendo.

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Page 14: Era una notte buia e tempestosa

-Beh. Diciamo che vale lo stesso per me.- la guardò e sorridendo

le porse la mano –Mi chiamo Christopher. Chris per gli amici.

Molto lieto.-

-Azzurra. Piacere mio.- .

Così inizio la storia di Chris ed Azzurra, ma vi avviso. Non

andrà a finire bene. Avanti. I tumori, a quanto ne so, non

spariscono da un giorno all’altro come il raffreddore. I due

iniziarono a frequentarsi. Sempre più spesso uscivano insieme, per

parlare di come la vita fosse stata ingiusta con loro. Di come

dopo tanto tempo, due persone potessero ancora comportarsi come se

fossero degli adolescenti. Adoravano le stelle e la pioggia. La

musica e sapere che si sarebbero sempre voluti bene. Già sempre.

Dicono che non esista “per sempre” e che chi crede che una cosa

possa durare per sempre sia un idiota. Erano passati già cinque

mesi dal 3 marzo. Chris sapeva che tutto sarebbe finito. Non aveva

mai detto ad Azzurra che era un malato terminale, ma voleva farlo.

Si erano seduti sulla panchina che Chris adorava.

-Ho un tumore.- disse.

-Cosa hai detto?-

-È terminale.-

-Da quando lo sai?-

-Da prima che ti conoscessi.-

-Quindi mi hai sempre tenuto all’oscuro di tutto?-

-Sì.-

-Perché?-

-Non lo so. Sapevo solo che dicendolo non mi avresti mai

conosciuto.-

-Vai via.- disse Azzurra. La sua voce era rotta, come se facesse

fatica a parlare. I suoi splendidi occhi erano lucidi.

-Davvero lo vuoi?- disse Chris.

Fissava Azzurra coma se le volesse dire “ti prego dimmi che non

vuoi davvero che vada via”.

-Davvero vuoi che vada via?-

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Page 15: Era una notte buia e tempestosa

Azzurra si alzò. Le lacrime rigavano il suo volto. Chris la fermò

e la strinse forte a sé, per non lasciare che andasse via. La

donna all’inizio tentò di allontanarlo, e dopo lo strinse a lei.

-Prima di te credevo che la mia vita meritasse solo di finire in

fretta. Da quel giorno. Da quel giorno ho desiderato essere una

persona come le altre. Avevo finalmente trovato un motivo per

vivere.-

Azzurra si asciugò le lacrime.

-Vai via.-

-Ti prego Azzurra.-

-Ho detto vai via!-

E qui le strade si divisero. Ma non a lungo. I due continuavano a

parlarsi. Anche se non era come prima.

-Ciao.-

-Ciao.-

-Domani mi operano. Dicono che sarà rischioso. E forse non

sopravviverò.-

-Ah. Okay. Perché me lo stai dicendo?-

-Non lo so. Forse spero. Sì. Spero di sopravvivere per poterti

dimostrare che tengo a te più di quanto tenga a me.-

-Così dimostri solo di essere un’idiota. Non puoi tenere più a me

che a te.-

-Si che posso. La vita è la mia in fondo.-

-Tutto qui?-

-Si.-

-In bocca al lupo.-

-Tu. Non. Tu non verrai a vedere come starò vero?-

-Vero.-

Ormai è arrivato il grande giorno. Vi avviso non abbiate

speranze. Il nostro amico è spacciato. Sì. Non si salverà. Eccolo

li. In sala operatoria. I medici che hanno asportato il tumore.

E’ ora. Ecco l’arresto cardiaco. Già, non sarebbe

sopravvissuto. Un momento. Che ci fa qui? Perché è qui? Non

dovrebbe essere qui. Non ha senso. Okay. Adesso non so più che

dire. Cioè. Vado a braccio. È arrivata Azzurra. Le stanno dicendo

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che non c’è più niente da fare. Vuole entrare in sala operatoria.

Il cardiogramma non indica presenza di battito. È morto. Perché ti

stai avvicinando a lui? Andiamo. Non lo fare. Che cosa vorresti

dirgli? Su è morto.

-Ascoltami idiota. Tu devi tornare. Devi venire qui. E devi farlo

ora. Ricordi quel giorno sotto la pioggia o quando mi hai fatto

vedere la luna? Beh. Ero felice. Sì. Felice. Tu devi tornare,

perché c’è ancora molto da fare. Parole che non sono state dette.

Momenti che non abbiamo ancora vissuto. Devi tornare indietro. Hai

detto che tieni più a me che a te. Dimostramelo ora. Svegliati. Ti

prego.-

-Sei sul mio braccio.

-Cavolo eri morto non puoi farmi questo.

-Tu.-

-Sì, a quanto pare ti ho preso alla lettera quando mi hai detto

vai via.- Sìi sta parlando.

-Tu sei pazzo!- certo che dare uno schiaffo ad una persona in

quelle condizioni.

-Ehi. Mi hai fatto male. Sai, ti ho sentito prima. Hai ragione ci

sono tante cose che non sono state ancora dette. Io. Io sono

tornato per rimediare. Prima non te l’ho detto. Ricordi quando mi

hai detto di andare? Beh. Quando eri vicina a me. Volevo dire una

cosa. In fondo la pensavo da un po’, ma non ho ami avuto il

coraggio di dirlo.-

-Promettimi che non andrai mai più via.-

-Non ho deciso io di andare. Me l’hai detto tu. E poi non vuoi

sapere cosa voglio dire?-

-Non m’importa sai?-

-Sul serio?-

-Si. In fondo so cosa vuoi dire.-

Okay. Faccio schifo come narratore. Però, dopo tutto, ho

imparato anche io una lezione importante. Non importa quello che

si dice, se due persone si vogliono bene nemmeno la morte può

mettersi di mezzo.

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Restart di Luca Ferri

mezzogiorno e il sole splende sulla città già sconvolta

dalla confusione che regna sovrana in questo arco della

giornata. Al frastuono assordante dei clacson si contrappone

quello piacevole delle decine di campanelle che scandiscono in

tutte le scuole la fine delle lezioni. Da una di queste esce Luca,

che, dopo aver salutato i compagni con le ultime battute, si

dirige verso casa contento per la fine di un’altra giornata di

scuola. Mentre sale le scale, Luca riflette sul lungo programma

pomeridiano che lo attende; non ha un momento da perdere e così,

dopo aver mangiato un po' di pasta e di frutta che la mamma gli ha

preparato, va in camera sua per cominciare a studiare.

E'

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Page 18: Era una notte buia e tempestosa

D’un tratto entra la mamma: Luca pensa che gli voglia chiedere

come sia andata a scuola ed è già pronto a rispondere “bene”, che

era ciò che diceva sempre; invece lei gli si siede accanto ed

inizia a parlare con un tono serio, tanto serio che l’ultima volta

che Luca aveva sentito sua madre parlargli così era stata quando

lo aveva incoraggiato ad essere forte dopo che il padre li aveva

lasciati e se ne era andato. Luca capisce subito che riguarda il

lavoro della mamma, la quale infatti, dopo vari giri di parole,

arriva al punto: è stata trasferita, trasferita lontano, molto

lontano. Luca è disorientato e non sa che dire: in un istante

tutto perde valore e il suo piccolo mondo crolla sotto quella

odiata parola, “trasferimento”.

Sa che sarà dura ricominciare tutto d’accapo, ma ancora più

dura sarà lasciare i suoi amici e abbandonare tutto. Così, dopo

essersi fatto forza, annulla il programma che aveva da fare e

aiuta la madre a sistemare le valigie. L’indomani a scuola saluta

gli amici, increduli e rattristati, e nel pomeriggio passa dai

nonni, dagli zii e dai cugini che spera di rivedere a breve.

In stazione, mentre raggiunge il suo binario, si guarda

intorno e respira ancora per poco il sapore di casa sua, poi, in

treno, si gode le ultime immagini del suo paese, che si fa via via

più piccolo, finché, dopo essersi offuscato nella nebbia del

tramonto, si dissolve all’orizzonte.

Arrivati in paese, vengono accolti da uno scrosciante

temporale che li accompagna fino al loro nuovo appartamento,

dall’altra parte della città. Inzuppati fradici, giungono

esasperati alla loro nuova casa, che con loro grande sorpresa ha

la stessa pianta di quella vecchia. Luca subito si sistema in

cameretta, come se si trovasse a casa sua e non avesse viaggiato

affatto. Il giorno dopo a scuola, conosce i suoi nuovi compagnie e

viene a sapere che alcuni di loro sono originari del suo paese; ma

soprattutto trova un bidello, che scopre essere suo compaesano e

che lo saluta nel loro dialetto.

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Page 19: Era una notte buia e tempestosa

Mentre esce da scuola, Luca pensa ai suoi nuovi programmi per

il pomeriggio e si lascia scappare un sorriso ironico: in fondo è

come se non fosse mai partito.

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Il mio sogno eretico di Fabio Palmieri

amminavo lungo il viale che portava dritto a casa, ascoltando

l'ultimo pezzo del mio cantautore preferito e, proprio quando

stavo per intonare l'amato ritornello, fui destato improvvisamente

da un auto, accostatasi bruscamente al mio fianco. Dal finestrino

spuntò il viso di una donna, che, con accento straniero, mi chiese

indicazioni per il supermercato più vicino.

C

Scrutando bene il suo viso vi notai i tratti tipici dell'est

europeo ; i suoi capelli erano alquanto sporchi e grassi, il suo

sorriso riprovevole con tutti quei denti gialli e storti e la sua

pelle sembrava essere piena di croste e macchie. Notai che era

accompagnata da un uomo robusto con degli occhi infossati e scuri

e da dei bambini, che giocavano spintonandosi e gridando l'uno

contro l'altro; l'auto poteva considerarsi di terza o quarta mano

se non addirittura un ferro vecchio appena rubato da qualche

sfasciacarrozze; il motore inoltre faceva un rumore terribile che

con irruenza sconquassava la quiete della strada. Erano così

rumorosi e fuori contesto che apparivano come una fastidiosa

macchia nel quadro del tranquillo, fresco e soleggiato primo

pomeriggio.

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Tuttavia rimasi basito da tanta grettezza e un senso di

compassione mi colse per quei poveri a loro; così molto

gentilmente indicai alla donna la direzione per il supermarket; ma

mentre quelli, nel loro clangore, si allontanavano una voce nella

mia testa incominciò a prender vita.

'Vengono qui solo per rubare, portare paura, terrore e

sporcizia nelle nostre città; molti di loro si buttano lì ad un

angolo della strada senza far niente, troppo impegnati a

barboneggiare e a commiserarsi addosso, e poi sono così luridi,

angoscianti, tanto lordi che il loro cattivo odore si può sentire

a centinaia di metri di distanza'. Questo quella sinuosa voce

continuava a ripetere nella mia testa; ma d’improvviso, come per

inerzia, un senso di rammarico e di tristezza mi assalì: 'Perché

penso queste cose così orrende? Perché faccio ragionamenti degni

di un gerarca nazista? Sono malato? Del resto cosa mai avranno

fatto di male quelle persone che così tanta poca fortuna hanno

avuto?'.

Proseguii nel mio cammino solitario cercando di soffocare quei

pensieri con la musica del mio mp3, ma , nell’intervallo fra una

canzone e l’altra, il mio pensiero ritornava sempre a quella

famigliastra e la rabbia e l’indignazione - seguiti subito da un

feroce senso di colpa - ritornavano.

Il giorno seguente invece mi imbattei in un anziano barbone,

che, oscenamente stravaccato sul marciapiede, delirava parole

insensate, forse il testo di una canzone; aveva accanto una

bottiglietta di plastica vuota, con ogni probabilità la causa

della sua sbornia, e un giornale vecchio e strappato sotto le

natiche, la cui funzione non mi risultava chiara. Una persona

normale lo avrebbe utilizzato per non sporcarsi, ma lui era un

barbone cosa vuoi che si dovesse sporcare. Anzi forse una sua

utilità quel giornale ce l’aveva: non permetteva al barbone di

imbrattare il pavimento con il suo sudiciume. 'Ecco ci risiamo con

il mio humour nazista' e in quel momento avrei voluto mordermi la

lingua, benché non avessi pronunciato neppure una parola. 'Ma se

mi pento e mi vergogno di questi miei pensieri perché continuo a

farli? Perché mi vengono così spontanei e inizialmente mi sembrano

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Page 22: Era una notte buia e tempestosa

anche divertenti? Bah! Eppure i miei parenti non discendono dalle

SS e non credo fossero mai stati fascisti sfegatati'.

Col passare dei giorni questo mio particolare humour continuò

a perseguitarmi e in non poche occasioni mi sfuggirono battute

poco felici sulla differenza razziale e sull’inutilità dei

barboni, degli zingari, ecc.ecc. Fondamentalmente non credevo a

quello che dicevo, ma poi capii che lo dicevo perché mi faceva

sentire forte, perché mi dava un aria di superiorità, perché mi

piaceva vedere la faccia sconvolta di quei perbenisti ben pensanti

la cui unica preoccupazione a sentirli parlare sembra essere la

pace nel mondo, insomma per sentirmi fuori dal coro delle solite

cantilene buoniste ripetute dalla televisione nelle pubblicità

progresso.

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Page 23: Era una notte buia e tempestosa

La casa maledettadi Marika Fortunato

a sera del 28 marzo Paolo per la prima volta si trovava nella

sua nuova casa e accanto al camino leggeva un libro di Ken

Follet. Dopo aver finito di leggere e guardato un po’ di

televisione, si sentì stanco e decise di andare a dormire. Indossò

il pigiama, si lavò i denti e si infilò sotto le coperte chiudendo

gli occhi. A mezzanotte iniziò un terribile temporale. Paolo si

svegliò di colpo a causa di passi rumorosi che provenivano dalla

sala da pranzo. Spaventatissimo, all’inizio pensò di rimanere a

letto ed aspettare, chiunque fosse se ne sarebbe andato; poi ci

ripensò e decise di tirare fuori quel suo po’ di coraggio per

vedere chi fosse.

L

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Page 24: Era una notte buia e tempestosa

Mentre lentamente scendeva le scale, sentì altri passi che

provenivano dalla cucina. Arrivato nella sala senza fare rumore,

si diresse verso l’interruttore della luce, ma quando la accese

non vide nessuno e tutti quei rumori che prima aveva sentito si

erano calmati. Si calmò e pensò che forse era solo la sua

immaginazione. Salì le scale e si rimise a letto, ma non riuscì a

dormire, perché continuava a pensare a quei passi. Dopo qualche

minuto ne sentì altri che provenivano dalle scale. Li sentiva

sempre più vicini e, impaurito, pensò a come difendersi. Si alzò

velocemente e, agitato, si mise alla ricerca di qualcosa con cui

potesse difendersi. Aprì l’armadio e trovò un bastone. Si domandò

di chi fosse l’intruso, ma non ci pensò tanto e scese di nuovo le

scale. Tenne alzato il bastone pronto per colpire, ma, quando

accese la luce, non vide di nuovo nessuno. Non volle più tornare

nel suo letto e si sedette sul divano per aspettare i prossimi

passi.

Abbassò la testa e guardando il bastone che aveva tra le mani

notò che era inciso un nome, Tom Lane. Per saperne di più su,

Paolo si diresse verso il computer e fece delle ricerche. Scoprì

che c’era una storia legata a questa persona e alla casa in cui si

lui trovava. Iniziò a leggere: “Tom Lane, un signore di

cinquant’anni, stava cercando casa nella città di Cambridge. Dopo

qualche giorno ricevette una telefonata anonima che gli disse di

visitare una casa che si trovava a pochi chilometri distante da

Cambridge. Tom il mattino dopo si diresse verso questa casa, la

visitò e decise di comprarla”.

Paolo si accorse che era la sua nuova casa e fece un sospiro

profondo prima di continuare a leggere, poi proseguì: “La mattina

del 29 marzo 2009 il corpo di Tom fu trovato nella sala da pranzo

pieno di sangue e la polizia dedusse che l’uomo era stato ucciso

con cinque colpi di coltello”. Paolo rimase colpito da quella

storia e avendo paura non sapeva cosa fare, se scappare o chiamare

qualcuno. Infine decise di chiamare subito la polizia e, mentre

correva in cucina per prendere il telefono, sentì di nuovo quei

passi, ma questa volta più vicini. Lentamente si girò e vide

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qualcuno nel buio. Paolo gridò: “Chi sei?“. Quella persona non

rispondeva, ma rimaneva immobile. Paolo, con il telefono nella

mano sinistra, digitò il numero della polizia. Un poliziotto

rispose alla chiamata e disse: “Pronto polizia chi parla?”, ma

Paolo rimase fermo alla vista di quella persona sconosciuta e non

rispose. Il poliziotto insistette nel speranza che qualcuno

rispondesse. Paolo si mise il telefono vicino all’orecchio e

disse: “Aiutatemi”, ma il poliziotto non fece in tempo per

chiedere spiegazioni che sentì un grido e il telefono fu

riattaccato.

Il giorno dopo Paolo fu trovato morto con cinque colpi di

coltello nella sua nuova casa. Essa fu chiamata da tutti “La Casa

Maledetta”.

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Storia di un cucciolo di Fabio Palmieri

ommy, un lattonzolo di cane. Si era appena svegliato e, fatta

la poppata, osservò per la prima volta nella sua breve vita il

blu del cielo dorarsi all’orizzonte quando nasce il sole. Fu

talmente colpito dalla bellezza dell’evento che rimase per lungo

tempo quasi come incantato a fissarlo, finché non venne distratto

dall’aprirsi della porta e dall’entrata dell’anziano custode e di

altri due signori dall’aria contrita e spaesata, riluttanti nel

trovarsi in uno sporco canile di periferia. Non era la prima volta

che il custode faceva visita ai cuccioli, già qualche giorno prima

si era presentato con altri due umani, che ne avevano portato via

uno. Tommy era rimasto spaventato dall’accaduto e non riusciva a

capire che fine facessero i cuccioli scelti; cosi, nel dubbio e

nella paura di cosa ci fosse al di là di quella porta, cercò di

nascondersi.

T

D’un tratto annusò un’essenza che per un istante cancellò quel

fetore di feci a cui si era abituato; così, incuriosito, si sporse

dalla gabbietta per

osservare meglio i due

umani e si accorse che

non erano soli, ma erano

accompagnati da un

essere più piccolo e

grazioso .'A.' - la

chiamò l’uomo alla

destra del custode e

subito la bambina gli

rivolse lo sguardo -

'Sbrigati dobbiamo

andarcene. Incomincio ad

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Page 27: Era una notte buia e tempestosa

avere la nausea di questo posto'. A. squadrò velocemente con il

suo occhio attento tutti i cuccioli presenti senza molta

soddisfazione e, proprio quando stava per rassegnarsi, vide in

alto, raggomitolato come una palla di peluche, Tommy. Il piccolo

cucciolo si sentì scoperto e un senso di paura gli rizzò il pelo,

ma quando risentì il suo candido odore, tutti quei sinistri

pensieri svanirono e fu contento d’esser stato scelto. Ben presto

però fu riportarono alla realtà dalle grosse e ruvide mani del

custode che lo afferrarono e lo misero in una fredda e buia gabbia

di plastica.

ANNI DOPO…

Marco si è appena svegliato. Ha passato un’altra notte

insonne, la luce a stento penetra dalla finestra e lei non è

ancora tornata; spesso la cerca, ma ogni tentativo fallisce; è già

stato in parecchi posti dove l’ispirazione di un artista può

essere sollecitata, ma nulla di fatto; ogni volta si trova a

rielaborare le solite banalità. Un tempo sì che era un artista,

uno di quegli stimati, apprezzati, uno di quegli il cui nome è

diventato ormai un marchio di fabbrica. Ma ora questa crisi lo ha

fatto dimenticare, lo ha portato a spingersi in luoghi lontani in

completa solitudine per trovarvi una qualsiasi musa, un qualsiasi

elemento che potesse nuovamente illuminarlo. Oggi però si è

svegliato speranzoso e con un intrigante interrogativo. E se la

soluzione al problema fosse più vicina di quanto pensasse?

Il piccolo Tommy e la piccola A. sono cresciuti, hanno

trascorso insieme momenti indimenticabili, ma qualcosa negli anni

è cambiato. A. non è più la dolce bambina, ora è una donna, una

donna troppo impegnata a diventare qualcuno, a guardare avanti e

ad affermarsi nella società adulta , che non ha più tempo di

pensare a Tommy. Così ora A. va sempre di fretta e la sue uniche

preoccupazione sembrano essere solo lo studio e Frank, il suo

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Page 28: Era una notte buia e tempestosa

nuovo fidanzato. Il cane anno dopo anno si era accorto che più la

bambina cresceva più quella sua innocenza e quell’odore candido

che lo avevano conquistato svanivano; sembrava che qualcosa o

qualcuno ogni giorno che passava la corrompesse e le togliesse la

sua capacità di stupirsi.

Ormai si era abituato a essere trattato con indifferenza e

rimase contrariato quando un giorno A. lo portò con sé in macchina

a fare un giro per le campagne. Trascorsero diverse ore insieme a

correre e a giocare per i prati estesi e quando l’ora si fece

tarda e il sole era ormai quasi del tutto tramontato A. incominciò

ad avviarsi verso l’auto senza richiamare Tommy con il solito

fischio e senza nemmeno mai voltarsi a guardarlo. Il cane,

impietrito, presto capì che non l’avrebbe mai più rivista,

d'altronde doveva immaginarselo, ormai era diventato un peso per

la famiglia e i pesi vanno eliminati. Quando A. salì in macchina

incrociò per l’ultima volta il suo sguardo con quello della

bestia: in quell’istante Tommy si risentì un cucciolo e rivide in

quell'ultimo fugace sguardo gli occhi della bambina che lo aveva

allevato e amato come una mamma, quella mamma che non aveva mai

conosciuto.

Rimase lungamente a fissare l’auto allontanarsi e svanire

all’orizzonte mentre il rombo veniva pian piano sovrastato dal

fruscio delle foglie. Si ritrovò così a vagabondare per le

desolate campagne; vagò per giorni senza una meta finché un dì non

avvertì un profumo diverso da quello del grano e del terriccio

umido, un odore che gli ricordava la città, un odore umano. Notò

che poco distante da lui era appollaiato sotto un albero un tale

con lo sguardo perso tra le spighe in cerca di qualcosa.

Improvvisamente l’uomo, accortosi della presenza del cane, si

volse di scatto; prima lo guardò attentamente come per studiarlo,

poi, entusiasta, gli si avvicinò e lo accarezzò.

Contento per aver trovato un nuovo compagno, Marco decise di

portarlo con sé, magari di lavarlo, sistemarlo ed accudirlo; così

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Page 29: Era una notte buia e tempestosa

si avviò all’auto dove aveva una coperta vecchia che poteva

utilizzare per riscaldarlo, ma al suo ritorno si accorse che Tommy

era accasciato sfinito sul prato e che i suoi occhi, ancora

aperti, miravano il cielo dorato all’orizzonte.

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Page 30: Era una notte buia e tempestosa

Avventura al pc

di Liberiana Prencipe

na bella

navigata al

pc. Così iniziò la

tranquilla

giornata di

Elizabeth. Lo

accese, inserendo

l’apposita

password, controllò

che i suoi documenti

d’ufficio fossero

ancora al loro posto ed aprì il

browser web per effettuare ricerche utili al suo articolo. Ma,

anziché connettersi alla homepage del The Reporter, il suo

computer iniziò a dare strani segnali, quasi fosse sul punto di

spegnersi… E invece comparve sullo schermo un sito che sarebbe

stato riduttivo definire inquietante: ‘Sei stato selezionato come

amante del pericolo e dell’avventura segreta. Sei pronto a correre

questo rischio?’

U

Non era una delle solite pagine pubblicitarie, pensò la

ragazza. E così, incuriosita da questa frase e allo stesso tempo

desiderosa di riuscire finalmente a scrivere una storia originale

per il suo giornale, vi cliccò. Sgranò gli occhi, intimorita da

ciò che aveva visto: era la pagina di un’organizzazione criminale

finalizzata a scegliere tra la gente comune nuovi proseliti i

quali, dopo l’adesione, non sarebbero più potuti tornare indietro.

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Page 31: Era una notte buia e tempestosa

Incredula per ciò che aveva letto, si fermò un attimo a

pensare alla prossima azione da fare. Si convinse che prima era

stata troppo impulsiva e ingenua e che doveva cambiare

atteggiamento. Sarebbe stato troppo semplice chiudere la pagina

oppure spegnere il pc. E infatti non fu così.

Il computer restava acceso, davanti ai suoi occhi, con queste

parole terribili. Si domandò che cosa potesse fare. Chiamare il

suo collega Andrew per informarlo di tutto? Mmm, no, non poteva

perché lì era scritto che questa società criminale virtuale doveva

restare segreta o lei avrebbe passato dei guai, almeno fino a

quando non vi avesse aderito.

Ed ora, che cosa poteva fare? Per Elizabeth cominciò

un’interminabile ed avventurosa giornata. Dopo quel momento di

riflessione, decisa, ricontrollò nuovamente il sito e si accorse

di una piccolissima scritta posta in basso a destra, proprio come

le minuscole diciture contenenti le controindicazioni delle

pubblicità commerciali.

“Postato da Facebook ©”.

Facebook? Cosa c’entrava quel social network in questa storia?

Elizabeth non aveva mai voluto iscriversi, non era per lei di

grande utilità, anzi, lo riteneva ‘una malattia potenzialmente

contagiosa’. D’improvviso ricevette una chiamata: era il suo

collega Andrew. Le chiese se avesse ricevuto la richiesta di

iscrizione a face book… Elizabeth capì tutto, rifiutò la richiesta

e spense il pc.

Sì, Elizabeth non era un’appassionata di questi social

network; e ne era fiera, perché era cosciente che l’eccessivo

utilizzo del fenomeno maniacale facebookiano porterebbe solo a una

degenerazione della mentalità universale. Almeno lei, invece,

voleva restare sana di mente.

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Page 32: Era una notte buia e tempestosa

Il bunkerdi Giacomo Trotta

he caldo!!!

Non ce la

faccio più a stare

qui! Sta diventando

estenuante questa

vita in cui ogni

giorno devo essere

in balia del vento

che non fa altro

che costringermi a

cambiare posizione

e del terreno sotto

di me che non sta

un attimo fermo:

un’area a elevato

rischio sismico.

C

Dall’alto della

montagna sotto di

me riesco a

scorgere con molte

difficoltà il campo nemico che si staglia davanti: un luogo tetro

con quattro pareti di gesso bianco con vistosi buchi frutto di

antichi combattimenti, la luce che lo inonda da ovest non fa altro

che accecare la mia vista abituata a numerosi mesi di buio prima

di venire al mondo; per fortuna riesco a trovare ristoro per i

miei occhi nella parte di montagna che vedo proprio davanti a me:

nel bel mezzo della parete di gesso c’è una zona con materiale

diverso, dalle informazioni che abbiamo essa si è rivelata essere

ardesia nera, spesso è ricoperta da polvere di gesso che è

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disposta in maniera molto geometrica e matematica e ogni segno

sulla lavagna sembra suscitare terrore nei nostri nemici: stiamo

cercando di capire anche noi come funziona questa scrittura per

assoggettarli definitivamente. A volte il teatro della nostra

battaglia è invaso da sconosciuti che non siamo ancora riusciti a

identificare, loro entrano da un albero sottilissimo che divide le

montagne intorno a noi, stanno qualche secondo portando dispacci

dal capo supremo della caserma e subito scappano via.

Questo è un luogo teatro di tantissime battaglie, spesso dai

contorni grotteschi e ridicoli contemporaneamente: una volta nel

bel mezzo della notte una ragazza chiamata a rapporto dal suo

sergente sbagliò a decifrare i simboli matematici sull’ardesia e

il comandante del reggimento iniziò a sbraitare, mentre la povera

come una fontana iniziava a far fuoriuscire dai suoi occhi acqua.

La nostra intelligence ci aveva informato, prima di partire per

questa missione, che questa strettoia è un luogo fondamentale per

l’evoluzione dei futuri soldati: qui si deve rimanere in ferma per

5 anni prima di specializzarsi. Racchiusi da queste montagne di

gesso, i nostri nemici devono rimanere ad allenarsi e addestrarsi

alla battaglia che è la vita di tutti giorni; i loro ritmi e le

loro giornate sono molto serrati e scanditi a intervalli regolari

da una vecchia campanella dal rumore metallico che in questo

bunker giunge sempre molto attenuata – sicuramente, dopo anni e

anni di attività ininterrotta, sarà stanca anche di dare ordini a

tutti. Sembra che lei sia il codice a cui tutti nella caserma

devono sottostare, altri studiosi di teologia invece suppongono

che sia il Dio che richiama tutti per ricordare che il tempo passa

e non ritorna più; per ora si stanno ancora facendo le opportune

ricerche per spiegare meglio cosa sia.

Anche i capitani di reggimento sembrano temerla: poco prima

che stia per ricordare a tutti la sua presenza loro si affrettano

nella spiegazione e iniziano a dare numeri agli studenti che

diligentemente appuntano sui loro diari di bordo; alcuni capitani

invece sembrano ignorare completamente la sacralità di quel suono,

molto probabilmente sono menti deviate che credono di essere essi

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Page 34: Era una notte buia e tempestosa

stessi degli dei. Non siamo ancora riusciti a spiegare come mai i

giovani discepoli siano così fedeli nei confronti della

campanella: ogni volta che squilla esultano come dei forsennati e

iniziano a innalzare strane litanie come “Evviva! Finalmente è

finita”.

Con una cadenza di 365 anni si avvicendano nuove popolazioni

che sono costrette a ripetere le avventure e le esercitazioni

delle generazioni precedenti.

Per fortuna io sono sopra ai miei compagni di battaglia e

riesco a vedere ed esplorare questo mondo stranissimo; gli altri

commilitoni sono più in basso di me e rimangono tutto il giorno

intrecciati e inviluppati tra di loro con un caldo asfissiante che

proviene dalla base operativa a cui noi tutti siamo legati. Spesso

andando in palla i meccanismi che la regolano va in ebollizione ed

emana un caldo asfissiante.

Di certo questa missione che stiamo portando avanti in questa

base di addestramento non è la più pericolosa, anzi forse si può

considerare una missione di pace. I più sfortunati sono i miei

colleghi connessi ad altre basi operative che sono costretti ogni

mese all’incirca a resistere agli attacchi di altri umanoidi in

saloni molto ampi con specchi e riviste da quattro soldi.

Questi umanoidi sono gli addetti al pettine e alle forbici!

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Page 35: Era una notte buia e tempestosa

Elena e Simondi Chiara Triventi

ra una calda giornata di luglio quando Elena e Simon si

incontrarono per la prima volta, da soli in una bella spiaggia

deserta delle Hawaii. Era il tramonto e il cielo e il mare avevano

dolci sfumature rosse e arancione. Il mare era calmo e i delfini

nuotavano illuminati dal sole. C’era solo un pescatore in mare e

un bar era deserto. Simon era un uomo di mezza età, Elena una

ragazza trentenne. Simon quel giorno decise di dichiararsi a

Elena. Appena Elena arrivò, i due iniziarono la loro passeggiata

lungo la riva. Lei indossava un vestito bianco con un cappello

lilla, lui la guardò e pensò: ”Com’è bella sotto la luce del

tramonto”. Lei si girò verso il mare e disse: ”Simon, vedi come

sono belli quei due

delfini che nuotano

felici insieme.”

E

Simon annuì mentre

pensava che era il

momento giusto per

dichiararsi. Doveva

prenderle la mano e dirle

ciò che sentiva. “Elena

lo so che questa è la

prima volta che usciamo

da soli insieme e che la

mia dichiarazione ti

sembrerà affrettata, ma

ciò che sento non posso

più tenermelo dentro,

perciò ti prego di

ascoltarmi. Io so di

essere più grande di te,

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Page 36: Era una notte buia e tempestosa

ma con te sono tornato ad essere bambino. Ho girato il mondo con

il mio lavoro ho fatto un po’ di tutto, potrei essermi innamorato,

ma proprio non lo so, tesoro; una cosa è certa, qualunque cosa tu

faccia sta funzionando Tutte le altre ragazze non mi interessano,

non possono fare quello che fai tu Ci sono milioni di ragazze in

giro, ma io non vedo nessun'altra a parte te. Potremmo avere un

futuro insieme e io spero che questo accada”. Allo specchio era

tutto semplice e questo Simon lo sapeva, tuttavia non credeva che

sarebbe stata una missione quasi impossibile.

Lei girò la testa verso di lui. “Che stai pensando?” - gli

chiese. Lui la guardò e divenne rosso. Le prese delicatamente la

mano, la guardò e iniziò a parlarle. - ”Io ti devo dire una cosa

importante. Beh, ecco, si tratta di noi due. Sì, cioè,

praticamente...”. Le parole non gli uscivano dalla bocca, tutto il

discorso che aveva provato per ore intere davanti allo specchio,

tanto che dopo un po’ si sentiva uno stupido adolescente che

doveva dichiararsi per la prima volta, si era volatilizzato. Elena

lo fissava con quei suoi grandi occhi celeste che ti

ipnotizzavano. Notando il suo imbarazzo lei gli prese la mano gli

fece un sorriso e lo invitò a continuare la loro passeggiata. D’un

tratto si sentì una canzone proveniente dal bar. Il caso o il

destino vennero in aiuto a Simon: era una canzone d'amore, Your

Song. In quel momento Simon capì che doveva parlare adesso o

tacere per sempre perché non ci sarebbero state altre occasioni

simili. La prese per i fianchi e iniziò a ballare sulle note della

canzone. Elena non se l’aspettava e rimase sbalordita, ma in quel

momento si sentì una principessa ad gran ballo tra le braccia del

suo principe. Simon iniziò a parlarle dei suoi sentimenti

concludendo con la frase della canzone: Come è bella la vita ora

che il mondo mi ha dato te. Elena si fermò, lo guardò e

tristemente gli disse: ”Non sono pronta per avere un’altra storia.

Quella precedente è finita male e non voglio farti soffrire. Sei

una bella persona, ma...”. Elena non fece in tempo a finire la

frase che Simon replicò: ”Preferisco soffrire e aver provato,

piuttosto che non aver mai provato”. Elena lo guardò e capi che

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poteva anche funzionare, se non fosse andata per il verso giusto,

almeno avrebbe vissuto una bella storia d’amore.

Dopo qualche anno Elena e Simon stavano ancora insieme, si

amavano sempre di più e avevano di coronare il loro amore

sposandosi proprio su quella spiaggia dove era iniziata la loro

bellissima storia.

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Anestesia, vattene via!Di Francesco Marcolongo

dai spegnete questa luce mannaggia dà un fastidio tremendo un

momento cosa succede non capisco nulla sono morto noooo no per

favore no ecco lo sapevo che doveva succedere e poi dicono che non

capita mai poi mi sente il dottore ah no è vero non posso più

dirgli nulla però non è giusto sono così buoni i biscotti con il

latte bianco tutto bianco vedo ma vedo ah forse non sono morto

evviva sìììì o no aspetta ahh non capisco più niente che male la

ferita fa già male buongiorno mondo meno male sembra tutto ok però

che male ecco pure il sangue ci mancava hihi che forte sembra una

scena di quel film no telefilm aspetta come si chiama dottor

dottor vabbè non me lo ricordo si è svegliato dottore ma va non me

E

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ne ero accorto infermiera dei miei stivali perchè guardi e non ti

dai una mossa muoviti aiutami e forza non vedi come sto male ahi!

che nausea adesso mi alzo e vedi brutto cattivo di un cane che

sonno ma mi sono di nuovo addormentato mamma mia che anestesia

terribile ma scusa cinque minuti fa stavo aspettando fuori alla

sala per essere operato e ora già qui i misteri della vita ma che

fai ho detto il bisturi non la chiave inglese ma cosa ci fanno con

la chiave inglese quanta luce mi saluti l'idraulico che idraulico

e idraulico volevo dire notte ci vediamo domani aspetta sveglia

francesco dai è tutto a posto ciao mamma ciao papà non posso

parlare nooo è terribile se sorrido è uguale ahia che dolore come

sono scomodo c'è la tv in camera non ricordo vabbè arrivederci

sarà per la prossima volta zun zun zun ehiiiiiiiiiii zun zun zun

zun anche io voglio quella macchina della pubblicità naa fa pietà

ma per favore pensa un po' alle cose importanti un bel gelato ci

vorrebbe carina quella infermiera avrà vent'anni sì e no scusa

come ti chiami ah già non posso parlare che pizza vabbè rimandiamo

ahiaaaa che dolore speriamo che in poco tempo passa tutto io

voglio fare la pasquetta non è giusto uffa uffa uffa sembro un

bambino sto pensando cose senza senso ma no dai ehi ma non ricordo

niente aspetta che è successo che stavo dicendo boh come è duro il

letto ah ma è tre fiammelle tre solo tre e perchè dammi tre parole

sole cuore amore dammi un bacio che non fa parlare che non fa un

attimo che non fa operare naa non mi ricordo buongiorno

professoressa chissà quando torno come faccio a recuperare

marcolongo interrogato e vai a posto ma non ho ancora parlato due

no due no ciao roberto ma non rompere non ti ho fatto niente

perchè dobbiamo sempre litigare ma proprio lì dovevano operarmi si

farà sentire qualcuno amici del cavolo è impossibile mi sono

addormentato di nuovo o forse no boh ecco i miei tutto ok zan zan.

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The Truthdi Federico Ristori

I

A New York, durante il periodo natalizio, la gente avrebbe

dovuto essere contenta e allegra, ma da quando il killer delle commesse, come ormai lo chiamavano i mass media, si aggirava per la città, il clima era cambiato, ormai tutti avevano paura di uscire di casa e non c'era più nessun luogo sicuro.

Il telefono di Harry squillò. "Ispettore Clark, c'è qualche novità?". "Sì, ispettore, siamo della Guardia Forestale. E' stato trovato un cadavere a circa 10 km dalla città, venga con la sua squadra".

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Harry uscì dal suo studio e andò nella sala dove tutta la squadra si riuniva. "James, Lisa, John - disse Harry - dovete venire con me, hanno trovato un altro corpo a 10 km da qui". "Andiamo". Ordinò John a tutta la squadra.

Arrivarono sul posto dopo circa 10 minuti. Le macchine della polizia erano ferme, più avanti vi era l'ambulanza. Un uomo con una coperta sulle spalle parlava con dei poliziotti. Harry scese dalla macchina e disse: "Vado a parlare con il capo della polizia. Tu, James, va’ dall'uomo che ha ritrovato il cadavere. Lisa, vai a fare delle foto al corpo, con te verrà anche John".

James arrivò vicino al testimone e, mostrando il caffè che aveva in mano, disse: "Ne vuole un po'? Lo abbiamo preso prima di venire qui". L'uomo alzò il viso, sul quale si poteva riconoscere lo sguardo della paura. Tremante prese il caffè e ne bevve un sorso, poi disse: "Lei chi è? Io mi chiamo Fred Wright"."Sono James Smith e lavoro per la squadra anti crimine qui a New York. Posso farle qualche domanda?"."Certo". Disse."Perchè si trovava qui e come ha trovato il cadavere?"."Io lavoro a New York, ma non abito in città e, come ogni mattina, mi stavo recando al lavoro, quando ho forato. Allora mi sono fermato e ho cambiato la gomma, ma quando mi sono avvicinato a quel cespuglio ho visto una mano. Ho chiamato subito la polizia e la Guardia Forestale."."Conosceva la vittima?"."No, assolutamente, non l'avevo mai vista prima d'ora"."Ok, Fred, i nostri amici della polizia hanno il suo numero, la chiameremo appena avremo bisogno di lei. Resti in città"."Va bene". Disse Fred. James si allontanò e raggiunse Harry. "Cosa ti ha detto ?". Gli chiese."Era qui di passaggio, si era forato un pneumatico e, mentre lo sostituiva, ha trovato il cadavere. Non mi sembra uno che mente e non sembra essere un serial killer, considerando che questa è già la quarta vittima in un mese"."James, fai questo lavoro da dieci anni, avresti dovuto imparare che chiunque può commettere degli omicidi, quindi non fidarti mai di nessuno. Comunque se il killer è lo stesso, lo vedremo da come è avvenuta la morte".

Nel frattempo Lisa e John avevano raggiunto il cadavere, che non era molto distante dalla strada. La donna era distesa con le braccia allargate, era stata strangolata, il collo era ricoperto da numerosi lividi e i vestiti erano alquanto malconci."Siamo a cinque vittime - disse Lisa - è sempre lui, il metodo di esecuzione è sempre lo stesso. Sembra che non sia stata uccisa qui, probabilmente è stata trasportata qui dopo l'omicidio".

John si mise i guanti e misurò la temperatura corporea del cadavere. "Molto bassa, deve essere qui da almeno dodici ore. Sappiamo nome e cognome della vittima?". "Sì, Emma Young, i genitori sono stati già avvisati".

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II

Nella centrale fa il suo ingresso un uomo."Lei è il sig.Young?" disse Harry"Sì" rispose il padre della giovane vittima in lacrime."Mi dispiace per la morte di sua figlia, so che è un brutto momento, ma dovrei farle qualche domanda. Prego, si sieda"."Che tipo di gente frequentava sua figlia?"."Mia figlia era una brava ragazza, lavorava in un negozio nel centro come commessa e di solito alla chiusura tornava a casa. Quando ieri non è rientrata, ho subito capito che era successo qualcosa e stamattina la chiamata della polizia me lo ha confermato. La mia povera bambina! Chi può essere stato?"."Non abbiamo sospettati ancora, analizzeremo il corpo e cercheremo di trovar più indizi possibili, non appena sapremo qualcosa la chiameremo".

Il signor Young si alzò dalla sedia e andò via. Harry con il fascicolo e le foto delle vittime andò nella sala e richiamò tutta la squadra, James specializzato nel riconoscere la psicologia dell'assassino pose su una lavagna le foto delle cinque vittime e disse: "Tutte erano donne, l'età compresa dai 22 ai 26 anni, quindi abbastanza giovani, nella vita lavoravano tutte presso dei negozi. Ho indicato le zone di ritrovamento dei corpi e non mi danno nessun indizio, poiché ogni corpo sembra essere stato portato in zone differenti; chiaramente non vuole che riusciamo a trovare le sue tracce. Probabilmente l'assassino è un trentenne, riesce a convincerle ad andare con lui e poi le uccide. Anche su questa vittima non vi sono tracce di alcun tipo di rapporto con l'assassino, il suo scopo principale è ucciderle".

III

Era notte e pioveva. Il serial killer uscì dalla sua auto, individuò la sua prossima vittima e la raggiunse."Sta chiudendo?" le chiese."Sì, adesso è orario di chiusura e devo andar via" rispose la ragazza."Oh no! Mio figlio ci teneva così tanto a quel diavolo di giocattolo, ma ho fatto tardi a lavoro! Dannazione!".

La ragazza si girò verso l uomo e disse: "Va bene, mi dispiace per suo figlio; un minuto, riapro".

Mise le chiavi nella serratura, aprì il negozio e invitò l'uomo ad entrare."Sa dirmi il nome del giocattolo che vuole suo figlio?"."Sì, quello". E ne indicò uno alle spalle della commessa.

Non appena la ragazza si girò, egli le afferrò il collo e iniziò a stringere più forte che poteva. La donna non riusciva a respirare, prese un vaso che aveva vicino a lei e colpì l’uomo sulla fronte. Il seria killer lasciò la presa e il sangue iniziò a

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colare dalla sua testa. La ragazza tentò di fuggire, ma lui le prese una gamba, la fece cadere e le assestò un colpo sul volto che la lasciò senza sensi, dopo iniziò ad accoltellarla così violentemente che la sua giacca si riempì di sangue."Muori!". Continuava ad urlare. Dopo lasciò cadere il coltello, ma respirando in maniera affannosa lo riprese e fuggì.

IV

Harry venne chiamato il giorno dopo e si recò sulla scena del crimine. "L'hanno trovata qui stamattina presto, il negozio era aperto e lei era stesa sul pavimento ricoperta da una pozza di sangue" gli disse James."E' molto strano, il nostro serial killer non agisce in questo modo, qualcosa sarà andato storto, fate controllare il sangue, potrebbe non essere solo della vittima"."Certo signore - disse James - Lisa ha detto che ci sono evidenti segni di colluttazione e sotto le unghie della vittima vi erano cellule epiteliali, le ha portate nel laboratorio per vedere se vi è un riscontro nel database".

Harry salutò James e andò nel laboratorio di analisi. "Lisa, hai trovato qualcosa?". Sul suo viso apparve un grandissimo sorriso ed euforica si diresse verso il capo. "Sì, le cellule appartengono a Luiz Romero. E' stato in carcere già due volte, una per aggressione a pubblico ufficiale, l'altra per rapina a mano armata, ma di omicidi non c'è traccia, ho mandato una pattuglia a prelevarlo".

John e altri uomini entrarono nella casa di Luiz Romero e lo trovarono disteso sul suo divano con una vistosa fascia sulla fronte. Egli si alzò e tentò la fuga, ma era bloccato."Ti dichiaro in arresto per l'omicidio di Sarah Jones, Amanda Williams, Nicole Jackson, Rose Scott, Emma Young e Julia Samuels"."Io non ho fatto niente vi dico! Sono innocente!"."Questo lo vedremo...".

V

Luiz venne portato in centrale, nella stanza dell'interrogatorio. Harry lo fissò negli occhi e disse: "Dov'eri ieri sera verso le nove?"."Ero al club con i miei amici a bere una birra, è forse un reato?""Smettila di fare lo spiritoso - disse James - l'hai mai vista questa ragazza?" e gli mostrò la foto dell'ultima vittima."No"."Cosa ti sei fatto sulla testa?""Mi sono fatto male mentre lavoravo, posso andare?""No, te lo dico io come è successo, hai tentato di ucciderla, lei si è opposta e per difendersi ha usato il vaso, che noi abbiamo

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trovato sulla scena del crimine. Stiamo perquisendo la tua casa per trovare il coltello che l'ha uccisa, così, oltre a ciò che abbiamo, potremo incastrarti!"."Io non ho fato niente. Lasciatemi andare!".James sorrise, poi lo prese per la camicia e lo fece sbattere contro il muro: "Confessa subito,perchè sappiamo che sei stato tu!".

Il cellulare di Harry squillò, parlò con Lisa, dopo si rivolse al sospettato e disse: "Luiz abbiamo trovato il coltello a casa tua, era ancora sporco di sangue e sono quasi sicuro che, se lo confronteremo, vedremo che è quello di Julia Samuels. Confessa, stai solo peggiorando la situazione".Luiz perse la pazienza e urlò: "Sì, sono stato io! Le ho uccise tutte io! Loro con quella vita perfetta avevano un lavoro, una casa, una famiglia che le aspettava a braccia aperte ogni giorno!!! Mi rendeva felice l'idea che la pace e la serenità delle famiglie era stata rotta da me, ero felice nel sentire al notiziario le mie imprese o sentire i familiari sconvolti!".

Si calmò e dopo pochi secondi iniziò a ridere nervosamente e a sbattere le mani sulla parete, poi si lasciò cadere e inizio a piangere."Portate via questo pazzo!" disse Harry.

Nel corridoio erano fermi molti familiari che avevano saputo della sua cattura, il signor Young tentò di aggredirlo: "Bastardo! Vai all'inferno! Hai ucciso mia figlia!!!".

Le guardie lo bloccarono ed Harry gli si avvicinò: "Nessuno sa mai il motivo per cui uccidono, spesso per vendetta,spesso perchè vengono pagati per farlo, spesso solo perché ne hanno voglia".

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Libertà di scelta

di Marcello Di Candia

tazione dei treni di F*** una mattina presto di novembre. Un

po' di foschia.S'Andata per M*** sull'intercity delle 8 e 30, per favore’.

'Fumatori o non fumatori?'.

'Non fumatori, grazie'.

'Ecco a lei’.

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Page 46: Era una notte buia e tempestosa

Il signor Pini si allontana dallo sportello. Un'occhiata

all'orologio. Le 7 e 20. Ci vuole ancora tempo. Il signor Pini,

sulla mezza eta', commercialista, sposato, due figlie, entrambe

sistemate. Moglie casalinga, ex insegnante nelle scuole private.

Entrambi si recano a messa tutte le domeniche. La signora Pini fa

i dolci per le feste parrocchiali. Il signor Pini versa soldi in

beneficenza su ben tre conti: uno per la ricerca contro il cancro,

uno per la Chiesa, uno per l'Unicef.

Compiaciuto d'essersi tolto il pensiero del biglietto, il

signor Pini si guarda intorno. In fondo a destra c'è il

giornalaio. Il bar è sulla sinistra, attrezzato di tavolini. Si

dirige verso il giornalaio. Un uomo con cappotto nero lungo e

cappello, sulla quarantina, aspetto curato, sta studiando i libri

esposti senza apparente voglia di comprare.

'La Repubblica per favore'.

'Ecco a lei, due euro'.

'A lei, grazie'.

Con la ventiquattr'ore a destra e il giornale a sinistra, il

signor Pini si incammina al bar.

'Un caffè ristretto per favore’.

Un tavolino si è appena liberato. Il signor Pinii siede a bere

il caffè e a sfogliare il giornale. L'uomo dal lungo cappotto nero

è ora al bancone e chiede pure lui un caffè. Guarda il signor Pini

e lo saluta con un cenno del capo. Il signor Pini ricambia

spontaneamente mentre, tra le righe delle pagine finanziarie,

cerca il flash di un ricordo. 'Dov’è che l'ho già visto? Mah!'.

Torna assorto nella sua lettura.

Ai binari. La foschia comincia a diradarsi. Non c'è molta

gente su questo treno. Non è periodo di punta.

'Intercity 999 per M*** è in arrivo al binario nove'. Risuona

l'annuncio.

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Page 47: Era una notte buia e tempestosa

Il treno arriva, rumoroso e semi-minaccioso da lontano,

approda in stazione sfinito come un grosso animale sedato. Senza

fretta il signor Pini attende che la carrozza giusta si fermi

davanti a lui. Poi raggiunge la porta più vicina e sale. Controlla

i numeri dei posti fuori ad ogni scompartimento e finalmente

prende posto nel terzo scompartimento. Appoggia la ventiquattr'ore

sul posto vicino al finestrino nel senso di marcia del treno,

controlla che sia una carrozza per non-fumatori, esce sul

corridoio e apre il finestrino. Fuori c'è solo una famiglia che

sta ancora caricando i bagagli. Il capostazione sta chiudendo le

porte. Fischia. Si parte. Il treno comincia a muoversi lentamente.

In cima alle scale compare un uomo di corsa, che si ferma a

guardare il treno partire. Il signor Pini riconosce l'uomo che era

dal giornalaio. Deve aver perso il treno. Il signor Pini chiude il

finestrino e va a sedersi. Prende il giornale e si immerge nella

lettura. Ogni tanto alza lo sguardo. Fuori dal finestrino i campi

corrono via assieme alle case contadine. Le immagini scorrono

veloci come le scene della vita quando, dicono, sei prossimo alla

fine. Veloci, sempre più veloci come carte da gioco mischiate da

un abile maitre. Così il tempo va e con esso la vita, senza che

l'uomo possa farci niente. Solo abbandonarsi alla corsa pazza,

arrendersi, lasciarsi andare. A volte è così bello semplicemente

lasciarsi andare.

'Scusi ha da accendere?'.

Il signor Pini si riscuote malvolentieri dal dormiveglia,

mentre mette a fuoco la figura che ha preso posto di fronte a lui.

Un uomo sulla mezza età, ben curato, cappotto lungo nero e

cappello. Riconosce l'uomo del giornalaio. Ha in mano un astuccio

elegante in argento colmo di sigarette lunghe e sottili.

'Mi spiace non fumo'.

'Fa niente'.

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Page 48: Era una notte buia e tempestosa

Silenzio. Il signor Pini è perplesso. Gli sembrava d'aver

controllato che fosse una carrozza per non-fumatori. L'uomo, con

calma disinvoltura, rimette in tasca l'astuccio.

'Mi scusi, ma credevo che non si potesse fumare qui'. Il signor

Pini non riesce a contenere l'imbarazzo.

'Si figuri. A quanto pare si può.' Per niente interdetto, anzi

compiaciuto, l'uomo indica con lo sguardo sopra la porta dello

scompartimento. Ben visibile troneggia il permesso di fumare. Il

signor Pini è ancora più confuso mentre ricorda chiaramente di

aver visto l'uomo giù mentre il treno stava partendo. Questo se lo

ricordava bene.

'Abbiamo già superato la prima fermata?' chiede con tono che

attende una conferma.

'No, veramente no'. Risponde calmo e di nuovo stranamente

compiaciuto l'uomo.

'Posso?'. L'uomo indica il giornale appoggiato sulle gambe del

signor Pini.

'Prego, prego'. Risponde questi abbastanza infastidito. L'uomo ha

un contegno calmo e sicuro e nel contempo uno sguardo sottilmente

irrisorio, il tutto comunica al signor Pini invadenza e

sfrontatezza. Comincia a sfogliare il giornale con mal simulato

interesse. Il signor Pini ora si sente osservato e studiato. Il

disagio lo spinge ad alzarsi. Tira giù la valigetta, la apre e

prende il panino che sua moglie gli ha preparato. Cotoletta di

pollo e insalata. E maionese. Aveva dimenticato dire a sua moglie

che non voleva la maionese.

'Avrebbe dovuto ricordarglielo a sua moglie, lo sa che non le fa

bene, la maionese, signor Pini'.

Il signor Pini sgrana gli occhi addosso all'uomo tra il

sorpreso e lo spaventato.

'Ma lei chi è? E come fa a sapere il mio nome?'.

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Page 49: Era una notte buia e tempestosa

L'uomo sorride compiaciuto e risponde con tono tranquillo,

mentre nei suoi occhi scuri guizza una luce di intelligenza e

orgoglio.

'Scusi la mia intromissione. Mi chiamo Augusto Bentivoglio'. Tende

la mano ben curata. Il signor Pini ricambia a fatica. S'insinua lo

scomodo pensiero che il tizio abbia potuto rovistare tra le sue

cose mentre si era appisolato.

'Non si preoccupi, non mi permetterei mai di mettere le mani tra

le cose altrui'.

Il signor Pini si sente paralizzato dal disagio, come un

animaletto su cui stanno compiendo un esperimento. L'uomo sembrava

aver letto nel suo pensiero ed era già la seconda volta.

'Non si tratta neanche di giochi di prestigio, sa, il suo nome

l'ho semplicemente letto sul suo biglietto da visita là in terra'.

Continua l'uomo quasi divertito ma sempre con solido contegno.

Il signor Pini si volta a guardare frastornato nella direzione

indicata dall'uomo. Là in terra, proprio davanti ai suoi piedi,

giace uno dei suoi biglietti da visita. Sente la ragione spingere

a gomitate tra la paura e l'incredulità, e il cervello distendersi

un po'. Gli doveva essere scivolato di tasca. Il signor Pini

scruta muto il suo interlocutore in un misto di diffidenza e

curiosità.

'Sa il mio è un talento naturale'.

Pausa.

Il signor Pini si aspetta di essere alla presenza di una specie di

detective.

Allungandosi verso di lui l'uomo continua quasi sussurrando:

'Posso leggere nel futuro'.

Silenzio.

Il signor Pini scoppia a ridere. 'Il mago no, per favore!'.

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L'uomo ride pure e riprende: 'So che suona bizzarro, eppure ne

avrà la conferma tangibile'.

Ancora silenzio.

L'uomo ha ora un'espressione profonda e grave, quasi

malinconica. Il signor Pini avverte un brivido gelido.

'Non importa se non mi crede adesso. Cerchi però di ascoltarmi

bene'. Avvicina il suo volto a quello del signor Pini.

'Tra mezz'ora circa questo treno sarà coinvolto in un incidente'.

Pausa. 'Un incidente mortale'. Continua quasi scandendo. 'Mortale

per tutti tranne per chiunque sarà seduto dove sono io adesso'.

Al signor Pini ronzano le orecchie e la vista quasi gli si

appanna.

'Alla prossima fermata salirà una signorina dai capelli rossi.

Verrà a sedersi qui al mio posto'.

Avvicina ancora di più il volto a quello del signor Pini, il quale

avverte un freddo incomprensibile.

Proprio in quel momento il treno imbuca una galleria e le luci

vengono meno.

'Oggi io le ho dato la possibilità di cambiare il suo destino. Mi

consideri il suo benefattore'.

Le luci tornano. Il treno esce dalla galleria. Nessuna ombra

dell'uomo. La sua voce si è persa nell'oscurità.

Il signor Pini rimane muto ed incredulo a fissare la poltrona

vuota. Gli sembra di essere nel mezzo di un brutto sogno, di

quelli che sembrano reali e che ti fanno svegliare tutto sudato.

Solo che è sicuro di non aver sognato. La sua razionalità scossa

lo tiene per i capelli sul margine del precipizio

dell'incomprensibile e del bizzarro. Un passo avanti e avrebbe

potuto caderci senza speranza di ritorno. Perciò cerca di fare un

punto per lo meno logico della situazione. L'intero incontro si

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Page 51: Era una notte buia e tempestosa

poteva catalogare come inusuale, così come non chiaro era stato il

modo in cui l'uomo era riuscito a salire sul treno. E che dire

della carrozza che era 'diventata' per fumatori. Anche se in tal

caso, ragionava, poteva essersi sbagliato lui. Il signor Pini è

ancora così a pensare mentre il treno scivola verso la fermata

successiva e frena dolcemente. Il signor Pini guarda fuori dal

finestrino a scrutare i passeggeri. Come una pugnalata al cuore

vede la signorina dai capelli rossi che in quell'istante s'accinge

a salire. Al signor Pini manca il fiato e il cuore si mette a

battere così rumorosamente che lo sente forte nella testa.

Comincia a sudare. Quel precipizio ora lo vede da vicino, ma la

sua ragione resiste ancora. 'Non è detto che venga a sedersi qui,

e poi sarà una coincidenza'.

'Scusi è libero quello?'.

Si volta. E’ proprio lei, la signorina dai capelli rossi e il

posto che indica è quello dove era seduto il misterioso individuo

poco prima.

'Chiedo scusa, è libero?'.

'Certo, certo'. Il signor Pini si alza ed esce fuori con uno

scatto, mentre la ragazza sistema il bagaglio. Prende a

passeggiare su e giù per la carrozza cercando di calmare la sua

emotività mentre il treno riprende la sua corsa inarrestabile.

Inspira profondamente e osserva la gente seduta negli altri

scompartimenti, quasi a cerca intorno un appiglio di realtà per

non affogare nella paura. Nello scompartimento accanto c'è una

coppia sui quarant'anni che discorre a bassa voce. Più avanti una

mamma con un bimbo di forse tre anni e una bimba di una decina che

tira fuori da uno zaino panini e bibite. Di fronte un uomo

anziano: forse il nonno. Nel corridoio, appoggiato ad un

finestrino, un adolescente in jeans, maglietta firmata e occhiali

da sole, isolato dal mondo dal suo MP3 player. Tutto sembra

normale e scontato. Tutti sono lì, immersi nella loro banale e

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Page 52: Era una notte buia e tempestosa

sacrosanta quotidianità. Come fare a credere che di lì a poco

sarebbe successa una tragedia? Eppure l'uomo misterioso era reale

e la signorina c'era davvero.

E se fosse tutto vero? Si chiede. E se, mettiamo come ipotesi,

questo treno fosse davvero destinato a schiantarsi? Se questa

piatta quotidianità fosse davvero sul punto d'infrangersi, così,

in modo repentino e senza preavviso? Eppure era così che la morte

deve arrivare. Senza avvertimento. Prova paura e gli viene da

piangere. Non vuole morire. Torna davanti al proprio

scompartimento. Attraverso il finestrino osserva la signorina: sta

leggendo un libro, i riccioli rossi risplendono al tramonto.

Poteva benissimo essere sua figlia. Prova dispiacere, poi il suo

istinto di sopravvivenza comincia a emergere. Si tratta solo di

prendere una precauzione. Inoltre è ancora tutto da vedere, può

benissimo trattarsi di una serie di bizzarre coincidenze.

Getta uno sguardo all'orologio: cinque minuti ancora. Sente

l'udito ronzare e un balzo del cuore che quasi arriva al soffitto

mentre con passo deciso e rigido torna a sedersi.

'Chiedo scusa per la richiesta, ma le dispiacerebbe se ci

scambiassimo posto? Mi dà fastidio andare nel senso del treno'.

La ragazza lo guarda dapprima con la fronte aggrottata e buia,

poi, quando capisce di cosa si tratta, un bel sorriso le illumina

il volto.

'Ma si figuri, prego'.

Il signor Pini finge di leggere il giornale mentre la

signorina riprende la propria lettura. E il treno continua la sua

corsa verso sera. Verso il destino.

Ospedale di San G. il giorno dopo. Un'equipe medica esce da

una sala operatoria spingendo un lettino. Il chirurgo si china sul

paziente, poi rivolto all'infermiere: 'Sta riprendendo conoscenza.

Potete riportarlo in camera'.

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Page 53: Era una notte buia e tempestosa

Figure sfocate che si muovono con lui. Riconosce il corridoio

dell'ospedale. Una luce forte, fastidiosa, entra dalle finestre.

Al signor Pini sembra di essere come sotto l'effetto di una droga,

non percepisce le proprie membra. Cerca di ripescare dal mare

mosso della sua coscienza l'ultimo momento di lucidità completa

che ricordava. L'incidente. Era successo davvero. Così in fretta e

così violento che l'istante in cui i due treni si erano scontrati

si era come compresso in un attimo; la ragione si era congelata

nell'incredulità ed era andata in panne nel tentativo di

analizzare in troppo poco tempo tutte le stimolazioni di

un'esperienza assolutamente nuova, mentre il corpo era in preda

all'impietose leggi della fisica e della meccanica. La ragazza dai

capelli rossi. Ricordava i suoi riccioli accanto alla mano

insanguinata mentre lo sollevavano sul lettino. Sentì i suoi occhi

riempirsi di lacrime brucianti.

Il chirurgo intanto si è fermato in sala d'attesa a parlare

con i familiari del paziente: un'elegante signora di mezz'età,

attorniata da una giovane coppia, rivolge uno sguardo

interrogativo e impaziente al medico.

'La signora Pini?'.

La donna annuisce con il viso buio. 'Suo marito è fuori pericolo,

l'operazione è andata bene’.

Sospiri di sollievo e lacrime di gioia.

'Però’ incalza il chirurgo 'voglio che vi rendiate conto che è

sopravvissuto ad un incidente catastrofico. Ci sono stati dei

gravissimi danni e noi abbiamo fatto tutto il possibile. Grazie a

Dio il cervello è rimasto intatto. Purtroppo però suo marito non

potrà mai più camminare.'

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Page 54: Era una notte buia e tempestosa

Sentivo  la vita scivolarmi addosso di Fabio Palmieri

Sentivo  la  vita scivolarmi addosso e  i l   tempo scavarmi i l  fosso,  

qualsiasi  cosa facess i e  pensassimi  veniva di   lanciare sassi .

Volevo andarmene da quel  posto

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Page 55: Era una notte buia e tempestosa

ma non avevo pensato al  costo,  scomparire  improvvisamente,  come chiunque sano di  mente.

Mi sentivo  inuti le  e  scemocome quegli  ufo degl i  emo.

Sconfortato,  triste e  pensoso mi  r itrovo in uno stato penoso.

Vago frustrato e mi ri trovo a pensare  ai  tempi andati ,  sdraiato al  mare .

Che ne  sarà  di  me ora che tutto  è  f inito?‛

Diventerò  un adulto sfinito?’Che ne  sarà  de l la mia compagnia ?‛

Avranno di  me nostalgia?’Cosa farà  Giacomino da grande?‛

Girerà  per  i l  mondo  locande?’E Giovanni?‛

Continuerà  a fare  danni?’E Libero?‛

Lo rivedrò  come una mamma col  biberon?’‛

Diventeranno  importanti  come  i l  caff è?‛

O si  perderanno tutti  e  tre ,  ne i  meandri  di  questa societ à

ormai passata  la be l l ’età?’Cosi  mentre  penso assorto

i l  mio caro fardel lo mi porto.Il  tempo incurante  passava 

con le  stagioni  a  passo di  giava,e  cos ì  mi r itrovai solo e  rugoso

seduto a guardar  i l  c ielo uggioso,tra c ie lo e  mare  lo  sguardo alterno

ricordando lo sguardo maternoaspetto i l  padre eterno.

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Page 56: Era una notte buia e tempestosa

Quelli che...

Edoardo Del Nobile

Quelli che si fidano e rimangono fregati

quelli che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare solo per convenienza

quelli che si starebbe meglio senza

quelli che sì

quelli che no

quelli che forse

quelli che per niente danno tutto

quelli che non sanno

quelli che la vita è bella

quelli che si stava meglio quando si stava peggio

quelli che amano

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Page 57: Era una notte buia e tempestosa

quelli che odiano

quelli che hanno paura

quelli che fanno male senza volerlo

quelli che fanno finta

quelli che non ci riescono

quelli che non sono né carne né pesce ma solo perché sono vegetariani

quelli che non leggeranno questa poesia

quelli che si chiedono ‛perché?’

Francesco Marcolongo

Quelli che hanno un amico permaloso, ma non vogliono dirglielo!

Quelli che non sanno quel che dicono, ma parlano lo stesso!

Quelli che imprecano il buon Dio e si recano tutte le domeniche in chiesa!

Quelli che in borsa investono tutti i loro risparmi, ma li perdono alla prima occasione!

Quelli che salutano una ragazza e lei non li considera affatto!

Quelli che arrossiscono al saluto della ragazza, ma scoprono di non essere gli interessati!

Quelli che pensano a studiare, ma non hanno una vita sociale!

Quelli che pensano solo alla vita sociale e non sanno cosa sia lo studio!

Quelli che credono di essere tutto, ma in realtà non sono niente!

Quelli che fatti sentire ogni tanto e non si fanno sentire mai!

Quelli che viva juve, ma non assistono ad una sola partita!

Quelli che brazil lalalalalalala e non sanno ballare!

Quelli che camminano a testa alta, ma non vedono il gradino!

Quelli che guido io e poi fanno l’incidente!

Quelli che non sai quel che dici ma sai quel che fai!

Quelli che chi la fa l’aspetti e aspettano in eterno!

Quelli che chi fa da sé fa per tre e poi non concludono nulla!

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Page 58: Era una notte buia e tempestosa

Marika Fortunato

Quelli che ogni giorno sperano di trovare un padre che li svegli al mattino e sperano solo che non sia morto in guerra!

Quelli che credono di poter essere migliori degli altri e invece non lo sono!

Quelli che non riescono a fare delle buone scelte nella vita e alla fine si riducono a rovinarla!

Quelli che quando vedono un povero per strada, sanno solo disprezzarlo e non aiutarlo!

Quelli che fanno di tutto per vedere una persona soffrire!

Quelli che non ascoltano i genitori e prendono brutte strade!

Quelli che quando vedono una ragazza per strada e la fissano non guardano avanti e sbattono contro un palo!

Quelli che dicono di essere giornalisti e invece davanti alla tv dicono: ‛più meglio’!

Quelli che quando si ubriacano trattano male la gente!

Quelli che credono di poter cantare e ballare e invece fanno solo brutte figure davanti gli altri!

Quelli che si presentano con una laurea davanti al preside e alla fine non sanno nemmeno parlare davanti agli alunni!

Quelli che pensano di essere belli e quando si mostrano la donna dice: ‛oh mio DIO’!

Quelli che offendono la gente e non guardano se stessi!

Quelli che dicono di essere felici e invece non lo sono!

Quelli che pensano di salutare la persona giusta e invece si accorgono di essersi sbagliati!

Quelli che ridono quando guardano una persona che cade e si precipitano subito a raccontarlo agli amici!

Quelli che non sanno che la vita è un bene prezioso!

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... e quelli se...

Giacomo Trotta

Se fossi francese, difenderei l’onore di noi Uomini,

se fossi tedesco, scriverei un dolce romanzo d’amore,

se fossi cinese, starei tutto il giorno seduto su un’amaca ore e ore,

se fossi americano, mangerei solo prodotti naturali e genuini.

Se fossi arabo, scriverei nel verso giusto,

se fossi brasiliano, abbandonerei il pallone e mi darei al lavoro con passione,

se fossi svizzero, farei tutto senza precisione e con grande confusione,

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Page 60: Era una notte buia e tempestosa

se fossi scandinavo, esternerei i miei sentimenti e non sarei mai esausto.

Se fossi scozzese, sarei con tutti i miei averi prodigo e liberale,

se fossi inglese, sarei uno qualsiasi gentile e cortese,

se fossi ebreo, andrei avanti con la mia vita senza pretese,

se fossi italiano, farei tutto senza gusto e in modo legale.

Liberiana Prencipe

Se non riuscissi a trovare un equilibrio, sconvolgerei il mondo.

Se non riuscissi a trovare la felicità, morirei giovane.

Se non riuscissi a trovare una fortuna, elemosinerei per le strade.

Se non riuscissi a trovare una via d’uscita, sarei in coma per droga.

Se non riuscissi a trovare un granello di sabbia, controllerei bene le scarpe.

Se non riuscissi a trovare amici veri, resterei sola col mio gatto nero.

Se non riuscissi a trovare me stessa, mi cercherei osservando gli occhi terra.

Se non riuscissi a trovare un senso alla vita...

beh, la vita non ha senso, va solo vissuta appieno.

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Page 62: Era una notte buia e tempestosa

Edoardo Del Nobile

Fiamme brucianoNegli  occhi  cerulei

Di una ragazza

 Luca Ferr i

Primo giorno d’estateInfuocato  

Da un Concerto  rock

L’arido si lenzio del la  savanaScosso

Da un Raro  tuono

La tribunaEsplode

Dopo  il  gol

Il  piccolo fanciul loScende dal la  giostra

E vomita

Il  computerAcceso  da una settimana

Si  incendia

Il   ragazzoSente una battuta

E ride

La bambinaGioca col  fuoco

E si  brucia

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Page 63: Era una notte buia e tempestosa

Liberiana Prencipe

Un doci le  cuoreIncontra un bambinoPiangente  è  fuggito.

Meravigl iosa festaPassata  in famigl ia

Che scocciatura.

Fel ice  da un viaggioTorno

Investendo un cavallo.

Chiara Triventi

Notte  di   luna Alberi  di  ci l iegio

I fior  son divenuti  frutti .

La neve si  sc iogl ieI fiori  germogliano 

L’inverno è  ormai  lontano

Tramonto  su acque  limpideUccel l i   in volo

L’amore  è   sul la spiaggia

Vento freddoGocce d’acqua congelate

Entra  il   fuoco

Tempo tranquil loSole  cocente

Mare in tempesta

Fuori  c ’e   luceFuori  c’e  gioia

Dentro di  me i l  buio

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Page 64: Era una notte buia e tempestosa

Edoardo Del Nobile

C’era un dolce signore

Che adorava passeggiare per ore

Ahimè un giorno finì

Poiché cadde e morì

Quel dolce instancabile signore

Giuliano Petrangelo

C’era una volta un vecchio maiale d’Oviedo

Che ben grasso era e cotto allo spiedo

I commensali colti da grande appetito

Non appena fu ben servito

Scomparve il vecchio maiale d’Oviedo

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Page 65: Era una notte buia e tempestosa

C’era una volta un lunatico tipo di Foggia

Che perdeva il senno ad ogni scroscio di pioggia

Finché la luce del sole lo abbagliò

E per sua sfortuna lo accecò

Cosicché non fu più il lunatico tipo di Foggia

C’era una volta un barbaro di Germania

Il più temuto guerriero della Renania

Un giorno combatté valoroso

Sotto un albero frondoso

Ma morì il barbaro di Germania

C’era una volta un pigron di Forlì

Che non faceva niente notte e dì

Finché un giorno di casa cacciato

Decise molto mortificato

Di lavorare il pigron di Forlì

Liberiana Prencipe

C’era un vecchio in festa

Che se ne andava strascicando la sua testa

Ma un suono stridulo alle orecchie

Gli arrivò, colpendo anche le vecchie

Vicine del vecchio gioioso in festa

Federico Ristori

C’è un uomo di Abbiategrasso

Che sulla linea di porta va sempre a spasso

Per un tiro fallito

Dovette essere sostituito

Ora è triste in panchina quell’uomo di Abbiategrasso.

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Page 66: Era una notte buia e tempestosa

C’è un ragazzo di Sao Vicente

Molto forte tecnicamente

Ha solo una piccola cosa storta

Sbaglia troppo sotto porta

Ora esulta per la rete il ragazzo di Sao Vicente.

C’è un ragazzino di Pato

Che proprio come la città viene chiamato

Il 2 aprile ci fece esultare

Quelli là a piagnucolare

Adesso è innamorato il ragazzino di Pato.

C’è per ultimo di Rio De Janeiro

Un ragazzo docile e serio

Grazie a lui sono ventitré

Perché della difesa lui è il re

Ora è felice e sereno l’ultimo di Rio de Janeiro.

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