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L a nuova veste editoriale concede al Direttore Responsabile una sola pagina per il suo intervento. Quanto basta tuttavia per concentrare l’attenzione su due tra i nu- merosi stimoli che offrono gli articoli presenti in questo primo numero del 2007. Il primo è legato all’intervista al prof. Domenico Ferrari, membro del Consiglio Scien- tifico dell’ENEA. Il Consiglio Scientifico è una risorsa importante per l’Ente in quan- to, tra i diversi compiti che gli competono, ha quello di individuare possibili linee evolutive della ricerca in ENEA, compiendo analisi e confronti sullo stato della ricer- ca a livello internazionale. Nel passato hanno fatto parte di questo organismo, l’at- tuale Presidente dell’ENEA, prof. Luigi Paganetto, il prof. Sylos Labini, il prof. Enrico Garaci, ora Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, l’attuale Ministro della Funzio- ne Pubblica, prof. Luigi Nicolais, l’ing. Giancarlo Michellone, già responsabile del Centro Ricerche FIAT. Il prof. Ferrari, uno dei pochi cervelli italiani rientrati e, soprat- tutto, rimasti nel nostro Paese, ha ricevuto, pochi mesi fa, un prestigioso premio in- ternazionale, equiparabile ad un Nobel (che, per l’informatica come per la mate- matica, non è previsto) come riconoscimento per i “fondamentali contributi nel campo delle Communication Networks, per aver co-fondato e diretto l’International Computer Science Institute”. Più il Consiglio Scientifico è autorevole, migliore è l’ap- porto che l’esperienza dei suoi membri può portare alle attività dell’Ente. L’ENEA ha bisogno di questo qualificato apporto nel momento in cui è in atto il suo rilancio con la recente nomina del Presidente e del Consiglio di Amministrazione. L’ENEA “deve progettare il futuro sostenibile dell’energia per il nostro Paese”, è l’efficace espressione usata da un importante esponente politico per indicare sinteticamen- te i compiti dell’Ente. Un simile futuro si progetta secondo due varianti: da un lato come una ricombinazione di quanto già disponibile al livello tecnologico raggiunto, intesa come un progressivo miglioramento, più o meno continuativo, dell’esisten- te e, dall’altro come discontinuità e rottura che ci pongano bruscamente, ma positi- vamente, di fronte a una diversità del modo del fare e del vivere. Indubbiamente quello che ci si aspetta da un Consiglio Scientifico di un ente come l’ENEA è un gran- de contributo nel costruire e progettare la seconda variante di una simile proget- tazione. L’intervista al prof. Ferrari è la più valida testimonianza di questa capacità. Il secondo aspetto che vorrei commentare è relativo all’articolo sulla competizio- ne tecnologica internazionale. Purtroppo emerge ancora un quadro di grande difficoltà del nostro Paese a mantenere posizioni di rilievo nell’esportazioni di prodotti high-tech e comincia a evidenziarsi anche una perdita di competitività nei settori medium–low tech. Si tratta della riconferma di una crisi di lungo pe- riodo nei settori tecnologici alla quale ovviamente non è estraneo l’effetto cumu- lato dei minori investimenti in R&S rispetto alla media dei paesi UE. L’articolo evi- denzia infatti come gli investimenti in ricerca, in contro tendenza con gli anda- menti dei maggiori paesi industrializzati, siano stati progressivamente ridotti dal- le imprese italiane sia in termini finanziari, sia in termini di addetti. Peraltro tende a indebolirsi, vista l’esiguità dei finanziamenti previsti in finanziaria e la stentata immissione di giovani ricercatori, anche l’unica sede di “accumulo delle conoscen- ze” rappresentata dal sistema pubblico. In questo quadro è fortemente reclama- ta una più responsabile partecipazione delle strutture scientifiche pubbliche ai processi innovativi, oltre che alla ricerca fondamentale e alla formazione. È questo l’impegno e l’intento dell’ENEA. Il Direttore Responsabile Mauro Basili ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007 editoriale 1 energia, ambiente e innovazione

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La nuova veste editoriale concede al Direttore Responsabile una sola pagina per ilsuo intervento. Quanto basta tuttavia per concentrare l’attenzione su due tra i nu-merosi stimoli che offrono gli articoli presenti in questo primo numero del 2007.Il primo è legato all’intervista al prof. Domenico Ferrari, membro del Consiglio Scien-tifico dell’ENEA. Il Consiglio Scientifico è una risorsa importante per l’Ente in quan-to, tra i diversi compiti che gli competono, ha quello di individuare possibili lineeevolutive della ricerca in ENEA, compiendo analisi e confronti sullo stato della ricer-ca a livello internazionale. Nel passato hanno fatto parte di questo organismo, l’at-tuale Presidente dell’ENEA, prof. Luigi Paganetto, il prof. Sylos Labini, il prof. EnricoGaraci, ora Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, l’attuale Ministro della Funzio-ne Pubblica, prof. Luigi Nicolais, l’ing. Giancarlo Michellone, già responsabile delCentro Ricerche FIAT. Il prof. Ferrari, uno dei pochi cervelli italiani rientrati e, soprat-tutto, rimasti nel nostro Paese, ha ricevuto, pochi mesi fa, un prestigioso premio in-ternazionale, equiparabile ad un Nobel (che, per l’informatica come per la mate-matica, non è previsto) come riconoscimento per i “fondamentali contributi nelcampo delle Communication Networks, per aver co-fondato e diretto l’InternationalComputer Science Institute”. Più il Consiglio Scientifico è autorevole, migliore è l’ap-porto che l’esperienza dei suoi membri può portare alle attività dell’Ente. L’ENEAha bisogno di questo qualificato apporto nel momento in cui è in atto il suo rilanciocon la recente nomina del Presidente e del Consiglio di Amministrazione. L’ENEA“deve progettare il futuro sostenibile dell’energia per il nostro Paese”, è l’efficaceespressione usata da un importante esponente politico per indicare sinteticamen-te i compiti dell’Ente. Un simile futuro si progetta secondo due varianti: da un latocome una ricombinazione di quanto già disponibile al livello tecnologico raggiunto,intesa come un progressivo miglioramento, più o meno continuativo, dell’esisten-te e, dall’altro come discontinuità e rottura che ci pongano bruscamente, ma positi-vamente, di fronte a una diversità del modo del fare e del vivere. Indubbiamentequello che ci si aspetta da un Consiglio Scientifico di un ente come l’ENEA è un gran-de contributo nel costruire e progettare la seconda variante di una simile proget-tazione. L’intervista al prof. Ferrari è la più valida testimonianza di questa capacità.Il secondo aspetto che vorrei commentare è relativo all’articolo sulla competizio-ne tecnologica internazionale. Purtroppo emerge ancora un quadro di grandedifficoltà del nostro Paese a mantenere posizioni di rilievo nell’esportazioni diprodotti high-tech e comincia a evidenziarsi anche una perdita di competitivitànei settori medium–low tech. Si tratta della riconferma di una crisi di lungo pe-riodo nei settori tecnologici alla quale ovviamente non è estraneo l’effetto cumu-lato dei minori investimenti in R&S rispetto alla media dei paesi UE. L’articolo evi-denzia infatti come gli investimenti in ricerca, in contro tendenza con gli anda-menti dei maggiori paesi industrializzati, siano stati progressivamente ridotti dal-le imprese italiane sia in termini finanziari, sia in termini di addetti. Peraltro tendea indebolirsi, vista l’esiguità dei finanziamenti previsti in finanziaria e la stentataimmissione di giovani ricercatori, anche l’unica sede di “accumulo delle conoscen-ze” rappresentata dal sistema pubblico. In questo quadro è fortemente reclama-ta una più responsabile partecipazione delle strutture scientifiche pubbliche aiprocessi innovativi, oltre che alla ricerca fondamentale e alla formazione. È questol’impegno e l’intento dell’ENEA.

Il Direttore ResponsabileMauro Basili

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editoriale

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WORLD ENERGY OUTLOOK 2006

International Energy Agency

IL PROGRAMMA DI RICERCA EUROPEO: OBIETTIVI E OPPORTUNITÀ

THE EUROPEAN RESEARCH AND TECHNOLOGICAL DEVELOPMENTPROGRAMME: STRATEGIES AND OBJECTIVES A cura di Anna Pibiri

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sommario

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l’intervistaINTERVISTA AL PROF. DOMENICO FERRARIINTERVIEW WITH PROF. DOMENICO FERRARIA cura di Osvaldo Aronica

primo piano

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L’ITALIA NELLA COMPETIZIONE TECNOLOGICA INTERNAZIONALEITALY IN INTERNATIONAL TECHNOLOGICAL COMPETITIONA cura di Daniela Palma

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IMMAGAZZINAMENTO E GENERAZIONE DI IDROGENO DA BOROIDRURI ALCALINI

HYDROGEN STORAGE AND GENERATION BY ALKALINE BORON-HYDRIDESA. Pozio, M. De Francesco, G. Monteleone, R. Oronzio, S. Galli

NANOTECNOLOGIE: INNOVAZIONI NEL SETTORE AGROALIMENTARE

NANOTECHNOLOGY-BASED INNOVATIONS IN THE AGRI-FOOD SECTOR

Vincenzo Capuano

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studi e ricerche

82appunti di

IDROGENO COME VETTORE ENERGETICOHYDROGEN AS ENERGY VECTORA cura di Stefano Giammartini

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cronacheDAL MONDO, DALL’UNIONE EUROPEA, DALL’ITALIA, DALL’ENEA, INCONTRI, LETTURE

dal Mondo • Neutroni per trattare i rifiuti nucleari 84• Il Rapporto IPCC sullo stato delle conoscenze scientifiche

in materia di cambiamenti climatici 84

dall’Unione Europea • Una politica energetica per l’Europa 87

dall’Italia • Nasce a Portici Tripode 88• Un progetto per imprese e ricercatori 88

dall’ENEA • Luigi Paganetto nominato Presidente dell’ENEA 89• Graduatoria finale della selezione per 114 assegni di ricerca 89

Incontri • ENEA organizza il Convegno Italiano sui Sensori 95

Letture • La globalizzazione che funziona 96

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4 ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007

L'Agenzia Internazionale dell’Energia ha presentato

il 14 novembre a Roma il WorldEnergy Outlook 2006,

l’annuale rapporto sul sistemaenergetico mondiale con i nuovi

scenari energetici al 2030. In questa analisi, l’AIE giudica

più urgente che mai frenare la crescente domanda mondiale

di energia fossile al fine di limitare le emissioni di gas serra.

Pubblichiamo la sintesi del documento

Il mondo affronta due minacce legate alconsumo di energia: da un lato, quella dinon poter garantire approvvigionamentienergetici adeguati, sicuri ed economica-mente accessibili; dall’altro, quella di pro-vocare danni all’ambiente con uno smisu-rato consumo di energia. L’aumento deiprezzi energetici ed i recenti eventi geo-politici hanno messo in evidenza il ruoloessenziale che l’accesso all’energia rappre-senta per lo sviluppo economico e socialee la vulnerabilità del sistema energeticomondiale di fronte alle interruzioni degliapprovvigionamenti. Assicurare gli approvvigionamenti energe-tici è la priorità nell’agenda politica inter-nazionale. Infatti, l’odierno sistema diapprovvigionamenti comporta la minacciadi un grave ed irreversibile danno ambien-tale, fra cui il cambiamento climatico mon-diale. Riconciliare gli obiettivi di sicurezzadegli approvvigionamenti energetici e disalvaguardia dell’ambiente richiede azionigovernative decise e coordinate e il suppor-to dell’opinione pubblica. Diventa sempre più pressante la necessitàdi porre un freno alla domanda di combu-

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Outlook 2006

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World Energy Outlook 2006

The International Energy Agency’s annualreport on the world energy system and newscenarios was presented in Rome on November14 2006. In this analysis, the IEA finds thatthe need to curtail the growing demand for fossilfuels in order to limit greenhouses gas emissions is more urgent than ever before. We publish the summary of the IEA report

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stibili fossili, di aumentare la diversificazio-ne e la provenienza geografica degliapprovvigionamenti e di contenere le emis-sioni inquinanti. I leader dei G8, riunitisi aGleneagles nel luglio 2005 e successivamen-te a San Pietroburgo nel luglio 2006 con ileader di molti dei maggiori paesi emer-genti e con i rappresentanti di diverse orga-nizzazioni internazionali, fra cui l’AgenziaInternazionale dell’Energia, hanno incari-cato l’AIE di “analizzare scenari e strategieper un futuro energetico pulito, intelligen-te e competitivo”. Il presente Outlookrisponde a questa richiesta e conferma che,in assenza di nuove politiche, premessa dibase del nostro Scenario di Riferimento, ladomanda di combustibili fossili, i loro flus-si di scambio e le emissioni di gas effettoserra continuerebbero a proseguire sull’at-tuale percorso non sostenibile fino al 2030.Questo studio dimostra inoltre, in uno Sce-nario Alternativo, che applicando un ven-taglio di politiche e di provvedimentiattualmente allo studio in vari paesi delmondo, si potrebbe ridurre in manierasignificativa il tasso di crescita della doman-da di energia e limitare drasticamente leemissioni. È importante notare che il costodell’attuazione di queste politiche sareb-be più che controbilanciato dai vantaggieconomici che si otterrebbero producen-do ed utilizzando l’energia in maniera piùrazionale.

Combustibili fossili preponderantifino al 2030

Nello Scenario di Riferimento, la doman-da mondiale di energia primaria aumen-ta di poco più del 50% tra oggi e il 2030,con un tasso medio annuo dell’1,6%. Ladomanda cresce di più del 25% nel soloperiodo compreso tra oggi e il 2015. Piùdel 70% dell’aumento della domandadurante l’arco di tempo considerato nel-le proiezioni proviene dai paesi emergen-ti, con la sola Cina che conta per il 30%.

Le economie e la popolazione di questipaesi crescono molto più rapidamente diquelle dei paesi OCSE, spostando il bari-centro della domanda mondiale di ener-gia. Quasi la metà dell’aumento del con-sumo di energia primaria mondiale èimpiegato nella generazione di energiaelettrica e un quinto viene assorbito dalsettore del trasporto quasi interamentesotto forma di combustibili derivati dalpetrolio. Complessivamente, i combustibili fossilicontinueranno a rimanere la principalefonte di energia fino al 2030 in entram-bi gli scenari. Nello Scenario di Riferimen-to, essi soddisfano l’83% dell’aumentototale della domanda di energia nell’ar-co di tempo compreso tra il 2004 e il 2030,con un aumento della loro percentualedella domanda mondiale dall’80%all’81%. Nel 2030, la percentuale delpetrolio subisce una flessione, ma il petro-lio continua comunque a rimanere il com-bustibile più utilizzato nel mix energeti-co mondiale. La domanda mondiale dipetrolio, dagli 84 milioni di barili al gior-no del 2005, raggiunge i 99 milioni dibarili al giorno nel 2015, fino a raggiun-gere 116 milioni di barili al giorno nel2030. Diversamente dalle proiezioni delWEO2005, il carbone registra il più gran-de incremento della domanda in terminiassoluti, principalmente per la produzio-ne di energia elettrica (figura 1). Cina e India assorbono circa i quattro quin-ti della domanda aggiuntiva di carbone,che continua a rimanere il secondo com-bustibile primario più importante con unapercentuale che, all’interno della doman-da mondiale, aumenta leggermente.Anche il gas naturale aumenta in percen-tuale, anche se ad un tasso meno rapidodi quanto previsto nell’ultimo Outlook, acausa dei prezzi più elevati. La percentua-le dell’energia idroelettrica aumenta inmodo lieve, mentre diminuisce quella del-l’energia nucleare. La percentuale della

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e per la competizione tra i combustibili.Ipotizziamo, inoltre, che i prezzi del car-bone cambino proporzionalmente inmisura minore durante il periodo consi-derato, ma sempre seguendo il trend deiprezzi di petrolio e gas.

Minaccia alla sicurezza mondiale energetica

La continua crescita della domanda dipetrolio e di gas, non controllata, accen-tuerebbe la vulnerabilità dei paesi consu-matori di fronte ad una grave interruzio-ne degli approvvigionamenti e alconseguente shock dei prezzi. I paesi OCSEe quelli asiatici emergenti stanno diven-tando sempre più dipendenti dalle impor-tazioni poiché la loro produzione internanon riesce a tenere il passo della doman-da. La produzione di greggio convenzio-nale e di frazioni liquide di gas naturaledei paesi non OPEC raggiungerà il suo pic-co entro un decennio. Nello Scenario diRiferimento, l’insieme dei paesi OCSEimporterà nel 2030 i due terzi dei proprifabbisogni petroliferi rispetto al 56%odierno. La gran parte delle importazionisupplementari proviene dal Medio Orien-te, attraverso rotte marittime a rischio. Laconcentrazione della produzione di petro-lio in un gruppo ristretto di paesi chedispongono di ampie riserve, in modo par-ticolare i paesi del Medio Oriente facenti

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biomassa cala marginalmente, in quantoi paesi emergenti lo sostituiscono con for-me di energia più moderne, bilanciandoil crescente utilizzo della biomassa per laproduzione di biocombustibili. Le altre fon-ti rinnovabili di energia, quali l’eolica, lasolare e la geotermica, registrano un piùrapido aumento, ma partendo da un bas-so livello. Le ipotesi di base in questo Outlook sonostate riviste aumentando i prezzi delpetrolio, nell’aspettativa che i margini tradomanda e offerta per il greggio e per iprodotti raffinati rimangano esigui. I prin-cipi economici indicano una modesta ridu-zione dei prezzi, grazie all’introduzionesul mercato di nuova capacità ed al ral-lentamento dell’aumento della doman-da. Tuttavia, la possibilità di nuove ten-sioni geopolitiche o di gravi interruzionidegli approvvigionamenti, potrebberoportare ad un aumento dei prezzi anco-ra maggiore. Le nostre ipotesi indicanoun deciso calo del prezzo medio dell’im-port di greggio nei paesi dell’AIE nella pri-ma parte del prossimo decennio fino adarrivare a 47 dollari per barile in terminireali, per poi aumentare costantementefino al 2030. Si ipotizza che anche i prez-zi del gas naturale seguano, a grandilinee, i prezzi del petrolio e questo, a cau-sa di un vasto e costante utilizzo di indicidipendenti dal prezzo del petrolio nei con-tratti di fornitura di gas a lungo termine,prim

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Figura 1Domanda mondialedi energia primariaFonte: IEA

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parte dell’OPEC e la Russia, aumenteran-no il loro predominio sul mercato e la lorocapacità di imporre prezzi più elevati. Siprevede che una quota crescente delladomanda di gas venga soddisfatta graziead importazioni attraverso gasdotti, o dafornitori sempre più distanti, sotto formadi gas naturale liquefatto. La crescente mancanza di reattività delladomanda di petrolio ai prezzi accentua ilpotenziale impatto delle interruzioni degliapprovvigionamenti sui prezzi internazio-nali del petrolio. Nello Scenario di Riferi-mento, si prevede un aumento della per-centuale del settore dei trasporti nelladomanda mondiale di petrolio, in quantoil consumo in questo settore è anelasticoai prezzi, se confrontato con altri settorienergetici. La domanda di petrolio diven-ta quindi sempre meno reattiva alle varia-zioni dei prezzi internazionali del greggio.Di conseguenza, i prezzi frutterebbero inmaniera maggiore rispetto al passato, inrisposta ai cambiamenti a breve terminedella domanda e dell’offerta. L’effetto diattenuazione sulla domanda, dovuto aisussidi erogati ai consumatori di petrolio,contribuisce alla mancanza di reattivitàdella domanda mondiale del petrolio allevariazioni dei prezzi internazionali. I sus-sidi per i prodotti petroliferi nei paesi nonOCSE sono stimati attualmente a più di 90miliardi di dollari annui; quelli per tutte leforme finali di energia sono circa 250miliardi annui, cifra corrispondente agliinvestimenti necessari per la produzionedi energia elettrica in media, ogni anno,in questi paesi. I prezzi del petrolio rimangono fondamen-tali per il benessere dell’economia mon-diale. L’economia dei maggiori paesiimportatori mondiali di petrolio è cresciu-ta vigorosamente e in modo costante dal2002, ma sarebbe aumentata ancora piùrapidamente se il prezzo del petrolio e del-le altre fonti di energia non fosse salito. Inmolti paesi importatori l’incremento del

valore delle esportazioni di beni non ener-getici, i cui prezzi sono anch’essi aumen-tati, ha controbilanciato almeno in partel’impatto dei prezzi più alti dell’energia.L’eventuale impatto di prezzi dell’energiapiù elevati rimane incerto a livello macroe-conomico, anche perchè gli effetti delrecente aumento dei prezzi non hannoancora avuto pieno impatto sul sistemaeconomico. Ci sono crescenti segni di pres-sioni inflazionistiche che potrebbero por-tare a maggiori tassi d’interesse. La mag-gior parte dei paesi OCSE, e in maniera piùevidente gli Stati Uniti, hanno visto unpeggioramento della loro bilancia deipagamenti. Il riutilizzo dei petrodollari puòessere stato utile per mitigare l’aumentodei tassi d’interesse a lungo termine, ritar-dando l’impatto negativo di prezzi più altisulle entrate effettive e sulla produzione.Più a lungo i prezzi rimarranno ai livelliattuali o aumenteranno, più diffcile saràla crescita economica per i paesi importa-tori. Uno shock petrolifero provocato daun’improvvisa e grave interruzione degliapprovvigionamenti si rivelerebbe parti-colarmente dannoso, soprattutto per i pae-si più poveri e maggiormente indebitati.

Gli investimenti saranno attuati in tempo?

Soddisfare la crescente sete di energia mon-diale richiede massicci investimenti per leinfrastrutture di approvvigionamento ener-getico. Le proiezioni dello Scenario di Rife-rimento di questo Outlook richiedono uninvestimento cumulativo di poco superio-re ai 20 mila miliardi di dollari (in dollaridel 2005) per il periodo compreso tra il2005 e il 2030. Questa cifra supera di circa3 mila miliardi di dollari quella delWEO2005, principalmente a causa delrecente notevole aumento dei costi capi-tali unitari, soprattutto nei settori del petro-lio e del gas. Il settore elettrico assorbe il56% degli investimenti totali, che salgono

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al 68% se si considerano quelli necessariper l’intera filiera di approvvigionamentodei combustibili utilizzati nelle centrali. Gliinvestimenti per il settore petrolifero, trequarti dei quali vengono richiesti per esplo-razione e produzione, ammontano in tota-le a più di 4 mila miliardi per il periodocompreso tra il 2005 e il 2030. Gli investi-menti per l’upstream sono più sensibili aicambiamenti dei tassi di declino dei cam-pi di produzione che al tasso di aumentodella domanda di petrolio. Più della metàdegli investimenti energetici mondiali èrichiesta dai paesi emergenti, dove doman-da e produzione aumentano più rapida-mente. La sola Cina deve investire circa 3,7mila miliardi di dollari, equivalenti al 18%del totale mondiale. Non c’è alcuna garanzia che gli investi-menti necessari saranno finanziati. Nuo-ve politiche energetiche, fattori geopoli-tici, cambiamenti inattesi di costi e prezziunitari e nuove tecnologie potrebberoinfluenzare le possibilità e gli incentividelle compagnie pubbliche e private adinvestire in vari settori delle differentifiliere energetiche. Le decisioni di inve-stimento dei principali paesi produttoridi petrolio e di gas sono di fondamenta-le importanza, in quanto inciderannosempre più sulla quantità ed i costi delleimportazioni nei paesi consumatori. Adesempio, ci sono dubbi sulla capacità delsettore del gas russo di assicurare gli inve-stimenti necessari a mantenere gli attua-li livelli delle esportazioni verso l’Europa,e di iniziare le esportazioni verso l’Asia. La capacità e la volontà dei maggiori pro-duttori di petrolio e di gas di aumentaregli investimenti per poter soddisfare la cre-scente domanda mondiale sono partico-larmente incerte. La spesa in capitale del-le principali compagnie mondiali dipetrolio e di gas è aumentata in manieranetta in termini nominali nel corso dellaprima metà di questo decennio e, in lineacon i piani aziendali, continuerà a cresce-

re fino al 2010. L’impatto di maggiori inve-stimenti sulla nuova capacità sarà, però,limitato dall’aumento dei costi. Conside-rando l’inflazione, l’investimento nel 2005è stato, in effetti, solo 5% in più che nel2000. Si prevede che gli investimenti perl’upstream, pianificati fino al 2010, aumen-teranno leggermente la capacità di pro-duzione di riserva del greggio. La capaci-tà aggiuntiva, però, potrebbe essereinferiore per mancanza di personale qua-lificato e materiali, per ritardi legati alleregolamentazioni, inflazione, tassi più altidi declino dei giacimenti esistenti e per fat-tori geopolitici. Si prevede che l’aumentodella spesa capitale per le raffinerie accre-scerà la capacità di raffinazione di quasi 8milioni di barili al giorno entro il 2010.Oltre tale data, saranno necessari maggio-ri investimenti in termini reali per soste-nere l’aumento della capacità di upstre-am e downstream. In un’Ipotesi diInvestimenti Differiti, una minor produ-zione di greggio nei paesi OPEC, parzial-mente controbilanciata da un aumentodella produzione nei paesi non OPEC, spin-gerebbe al rialzo i prezzi del petrolio diun terzo, riducendo la domanda mondia-le di petrolio, nel 2030, di 7 milioni di bari-li al giorno, equivalenti al 6% rispetto alloScenario di Riferimento.

I trend delle emissioni di anidride carbonica

Nello Scenario di Riferimento le emissio-ni mondiali di anidride carbonica (CO2)legate al consumo di energia aumentanodel 55%, pari all’1,7% annuo, nell’arco ditempo compreso tra il 2004 e il 2030. Leemissioni raggiungono nel 2030 i 40miliardi di tonnellate, con un incrementodi 14 miliardi di tonnellate rispetto al livel-lo del 2004. La metà di questo aumentoè dovuta alla produzione di elettricità. Nel2003, il carbone ha sostituito il petroliocome principale responsabile di emissio-

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ni di CO2 e mantiene questa preminenzafino al 2030. Le emissioni crescerannopoco più rapidamente della domanda dienergia primaria, invertendo così l’anda-mento degli ultimi 25 anni, a causa del-l’aumento del contenuto medio di carbo-nio nel consumo di energia.In questo scenario, i paesi emergenti sonoresponsabili per oltre tre quarti dell’au-mento delle emissioni mondiali di CO2 trail 2004 e il 2030. Le emissioni totali di que-sti paesi superano quelle dei paesi OCSEpoco dopo il 2010. La percentuale dei pae-si emergenti sul totale delle emissioni cre-sce da 39% a poco più della metà entro il2030. Questo aumento è più rapido diquello della domanda di energia, in quan-to il loro consumo energetico incremen-tale è a più alta intensità di carbonio diquello dei paesi OCSE e delle economie intransizione. In generale, i paesi emergen-ti usano in proporzione più carbone emeno gas. La sola Cina è responsabile percirca il 39% dell’aumento delle emissionimondiali. Nel periodo compreso tra il 2004e il 2030, la forte crescita economica e lamarcata dipendenza dal carbone per laproduzione di energia elettrica e per il set-tore industriale, portano le emissioni del-la Cina ad un livello superiore al doppio diquello odierno. La Cina sostituisce gli Sta-ti Uniti quale più importante responsabi-le per le emissioni mondiali entro il 2010(figura 2). Altri paesi asiatici, e l’India in

modo particolare, contribuiscono notevol-mente all’aumento delle emissioni mon-diali. Le emissioni pro capite dei paesi nonOCSE rimangono comunque ben al di sot-to di quelle dei paesi OCSE.

Azioni governative

Le tendenze dello Scenario di Riferimen-to illustrate in precedenza non sono inal-terabili. Un’azione più decisa da parte deigoverni potrebbe, infatti, indirizzare ilmondo verso un percorso energetico piùsostenibile. Nello Scenario Alternativo, siè previsto che vengano attuate le politi-che e le misure governative, attualmenteallo studio, volte a migliorare la sicurez-za energetica e a ridurre le emissioni diCO2. La domanda di combustibili fossili,le importazioni di petrolio e di gas e leemissioni registrerebbero una crescitasignificativamente più lenta. Questi inter-venti richiedono sforzi per migliorare l’ef-ficienza della produzione e dell’utilizzodi energia, incrementare la dipendenzada combustibili non fossili e sostenere l’ap-provvigionamento di petrolio e gas neipaesi importatori. Nel 2030, la domanda mondiale di energiaprimaria è, nello Scenario Alternativo, cir-ca il 10% inferiore a quella dello Scenariodi Riferimento, e circa equivalente all’odier-no consumo complessivo di energia dellaCina. La domanda mondiale aumenta del

Figura 2Scenario di Riferi-mento: emissioni diCO2 da uso di ener-gia per regioneFonte: IEA

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37% nell’arco di tempo compreso tra il2004 e il 2030, ma in maniera più lenta:l’1,2% annuo contro l’1,6% dello Scenariodi Riferimento. I maggiori risparmi ener-getici, sia in termini assoluti che in percen-tuale, sono dati dal carbone. L’impatto del-le nuove politiche sulla domanda di energiaè meno marcato durante il primo decen-nio del periodo preso in esame nell’Outlo-ok, ma è comunque non trascurabile. Ladifferenza tra i due scenari, per quantoriguarda la domanda mondiale di energia,è, nel 2015, di circa il 4%. In netto contrasto con lo Scenario di Rife-rimento, le importazioni di petrolio neipaesi OCSE si assestano intorno al 2015, edopo tale data cominciano a diminuire. Le tre regioni OCSE ed i paesi asiatici emer-genti diventano, tuttavia, sempre piùdipendenti dalle importazioni di petroliodurante il periodo preso in esame, sebbe-ne in maniera decisamente inferiore chenello Scenario di Riferimento. Nello Scena-rio Alternativo, la domanda mondiale dipetrolio raggiunge i 103 milioni di barili algiorno nel 2030, con un incremento di 20milioni rispetto al 2005, ma 13 milioni inmeno che nello Scenario di Riferimento. Iprovvedimenti adottati nel settore dei tra-sporti sono responsabili di quasi il 60% del-la riduzione totale del consumo di petro-lio nello Scenario Alternativo, più di dueterzi dei quali deriva dall’uso di nuovi vei-coli più efficienti. Una produzione più ele-vata ed un maggior utilizzo di biocombu-

stibili, specialmente in Brasile, Europa e Sta-ti Uniti, contribuiscono ugualmente alladiminuzione dei fabbisogni di petrolio.Complessivamente, anche la domandamondiale di gas e la dipendenza dalleimportazioni di questo combustibile risul-tano fortemente ridotte rispetto allo Sce-nario di Riferimento. Le emissioni di anidride carbonica legateal consumo di energia vengono ridotte di1,7 miliardi di tonnellate, equivalenti al5%, nel 2015, e di 6,3 miliardi di tonnella-te nel 2030, pari al 16%, rispetto allo Sce-nario di Riferimento. Le misure prese inconsiderazione nello Scenario Alternativoportano, nei paesi OCSE e nelle economiein transizione, ad una stabilizzazione del-le emissioni e ad una loro flessione entroil 2030, raggiungendo un livello legger-mente superiore a quello del 2004, madecisamente al di sotto di quello previstonello Scenario di Riferimento. Le emissio-ni dei paesi dell’Unione Europea e delGiappone scendono al di sotto del livelloodierno, mentre quelle dei paesi emergen-ti continuano ad aumentare, ma il tassodi crescita rallenta in maniera evidenterispetto allo Scenario di Riferimento duran-te il periodo delle proiezioni (figura 3). Politiche indirizzate ad una produzionepiù efficiente e ad un consumo più razio-nale dell’energia contribuiscono a circal’80% della riduzione delle emissioni diCO2. La rimanente percentuale è dovutaalla sostituzione dei combustibili tradizio-

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Figura 3Scenario Alternativo:incremento delleemissioni di CO2 perregione nel periodo2004-2030Fonte: IEA

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Figura 4Scenario Alternativo:le chiavi politicheper la riduzionedella CO2Fonte: IEA

nali con forme di energia a basse o zeroemissioni di carbonio. Un uso più raziona-le dei combustibili, soprattutto grazie aveicoli più efficienti, contribuisce a quasiil 36% della riduzione delle emissioni. Unaltro 30% è dato da un utilizzo più effi-ciente dell’energia elettrica in un’ampiagamma di applicazioni, quali l’illuminazio-ne, gli impianti di condizionamento, glielettrodomestici e i motori industriali. Siste-mi di produzione più efficienti contribui-scono per un ulteriore 13%, le rinnovabi-li ed i biocombustibili per un altro 12% eil nucleare per il restante 10%. La messain opera di una decina di politiche sareb-be sufficiente per ottenere circa il 40% del-la riduzione delle emissioni di CO2 entroil 2030 (figura 4). Le misure più efficaci dilimitazione delle emissioni portano anchea maggiori riduzioni delle importazioni dipetrolio e di gas.

Le nuove politiche da adottare

Uno dei risultati chiave dello ScenarioAlternativo è che, nel complesso, le nuo-ve politiche ed i provvedimenti analizzatiportano ad un risparmio economico chesupera, di gran lunga, i costi di investimen-to iniziale sostenuti dai consumatori. Nell’arco di tempo compreso tra il 2005 edil 2030, gli investimenti totali per l’interafiliera energetica, dal produttore all’uten-te finale, sono di 560 miliardi di dollariinferiori rispetto allo Scenario di Riferimen-

to. Gli investimenti necessari per le appa-recchiature, per il consumo finale e per gliedifici sono di 2,4 mila miliardi di dollaripiù elevati, ma questa cifra è più che con-trobilanciata dai 3mila miliardi di investi-menti risparmiati sul fronte dell’offerta.Durante lo stesso periodo, il costo del com-bustibile risparmiato dai consumatori cor-risponde a 8,1 mila miliardi di dollari, piùche controbilanciando così gli investimen-ti aggiuntivi necessari sul fronte delladomanda per ottenere questi risparmi. Le modifiche introdotte dalle misure poli-tiche prese in esame nello Scenario Alter-nativo per gli investimenti in apparecchia-ture elettriche portano ad importantirisparmi. In media, un dollaro investito inapparecchiature elettriche ed edifici più effi-cienti porta ad un risparmio di più di duedollari di investimenti nel settore elettrico.Questo rapporto è più elevato nei paesi nonOCSE. I due terzi del capitale aggiuntivospeso sul fronte della domanda sono a cari-co dei consumatori dei paesi OCSE. Il perio-do di ritorno degli investimenti supplemen-tari sul fronte della domanda è molto breve,da uno a otto anni. Tale periodo è più bre-ve nei paesi emergenti e per le politicheapplicate prima del 2015.

Energia nucleare nuovamente presa in considerazione

L’energia nucleare, una tecnologia conso-lidata per la generazione di base dell’ener-

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gia elettrica, potrebbe svolgere un ruoloimportante per ridurre la dipendenza dal-le importazioni di gas e per limitare leemissioni di CO2. Nello Scenario di Riferi-mento, la potenza mondiale installata delnucleare aumenta da 368 GW nel 2005fino ad arrivare a 417 GW nel 2030. Tut-tavia, la sua percentuale nel mix energe-tico diminuisce, nell’ipotesi che sianocostruiti pochi nuovi reattori e che vari diquelli esistenti vengano dismessi. NelloScenario Alternativo, misure politiche vol-te a favorire l’energia nucleare portanoad un aumento della sua capacità di gene-razione fino a 519 GW nel 2030, e dellasua percentuale nel mix energetico. L’incremento dei prezzi dei combustibilifossili ha reso l’energia nucleare relativa-mente più competitiva, accrescendo cosìl’interesse per la costruzione di nuovi reat-tori. Nuove centrali nucleari potrebberoprodurre energia elettrica ad un costo infe-riore a 5 centesimi per kWh, a condizioneche i rischi connessi alla costruzione e alfunzionamento della centrale siano gesti-ti correttamente da costruttori e compa-gnie elettriche. Con questo costo, l’ener-gia elettrica prodotta dal nucleare sarebbepiù conveniente di quella prodotta con ilgas, se i prezzi di quest’ultimo si mante-nessero al di sopra di 4,70 dollari per milio-ni di Btu. L’energia nucleare rimarrebbecomunque più costosa rispetto alle centra-li convenzionali a carbone con prezzi diquesto combustibile inferiori a 70 dollariper tonnellata. La soglia di costo dell’ener-gia nucleare risulterebbe inferiore se venis-sero introdotte sanzioni economiche sul-le emissioni di CO2.L’energia nucleare svolgerà un ruolo piùimportante solamente se i governi dei pae-si nei quali il nucleare è ritenuto accetta-bile agiranno in maniera più decisa perfacilitare gli investimenti del settore pri-vato, soprattutto nei mercati liberalizzati. Da un lato, le centrali nucleari sono ad altaintensità di capitale, poichè richiedono un

investimento iniziale compreso tra 2 e 3,5miliardi di dollari per reattore; dall’altro,i costi di produzione sono meno vulnera-bili alle variazioni del prezzo del combu-stibile rispetto al carbone e al gas. Per dipiù, le risorse di uranio sono abbondantie ben distribuite nel pianeta. Questi duevantaggi rendono il nucleare un’opzionepotenzialmente attrattiva per aumentarela sicurezza degli approvvigionamenti dienergia elettrica, a condizione che i pro-blemi posti dalla sicurezza delle centrali,dall’eliminazione delle scorie radioattivee dal rischio di proliferazione siano risoltiper convincere l’opinione pubblica.

Biocombustibili e nuove tecnologie

I biocombustibili contribuiscono inmaniera decisiva a soddisfare i fabbiso-gni energetici mondiali del trasporto sugomma, specialmente nello ScenarioAlternativo. In questo scenario, talicombustibili coprono il 7% del consu-mo per il trasporto su gomma nel 2030,salendo dall’1% attuale, mentre nelloScenario di Riferimento la loro percen-tuale si attesta al 4%. In entrambi gliScenari, gli Stati Uniti, l’Unione Euro-pea e il Brasile coprono la maggior par-te dell’incremento e rimangono i prin-cipali produttori e consumatori dibiocombustibili. Si prevede che la mag-gior parte dell’aumento del consumodi biocombustibili nel mondo vengadall’etanolo, poiché ci si aspetta che isuoi costi di produzione scendano piùrapidamente di quelli del biodiesel, l’al-tro principale biocombustibile. La per-centuale di biocombustibili utilizzatiper il trasporto rimane di gran lunga lapiù alta in Brasile, il produttore di eta-nolo con i costi più bassi (figura 5).L’aumento della domanda di cibo, che èin competizione con i biocombustibili peri terreni destinati alla coltura e all’alleva-mento, limiterà la potenziale produzio-

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Figura 5Contributo dei bio-combustibili nel con-sumo di combustibi-le per il trasporto sustradaFonte: IEA

ne di biocombustibili, se non sarannointrodotte nuove tecnologie. Attualmen-te circa 14 milioni di ettari di terreno sonoutilizzati per la produzione di biocombu-stibili, cifra equivalente a circa l’1% deiterreni coltivabili nel mondo. Questa per-centuale sale al 2% nello Scenario di Rife-rimento e al 3,5% nello Scenario Alter-nativo. L’ammontare di terreno necessarioper questo scopo nel 2030 è superiore alterreno coltivabile di Francia e Spagnanello Scenario di Riferimento, e corrispon-de a quello di tutti i paesi OCSE del Paci-fico, Australia inclusa, nello ScenarioAlternativo. Nuove tecnologie attualmente in fase disviluppo, in modo particolare l’etanoloderivato da materiale vegetale (soprat-tutto cellulosa), potrebbero permettereai biocombustibili di svolgere un ruolo benpiù importante di quello previsto inentrambi gli scenari. Queste tecnologie diseconda generazione devono, tuttavia,superare ancora importanti sfide perdiventare commercialmente competitive.Il commercio ed i sussidi saranno di cru-ciale importanza per determinare dove econ quali risorse e tecnologie i biocombu-stibili saranno prodotti nei prossimi decen-ni, essendo il carico complessivo degliincentivi sui contribuenti e la competiti-vità dei costi dei biocombustibili unamaniera per promuovere la diversità ener-

getica e per limitare le emissioni di anidri-de carbonica.

Come realizzare lo Scenario Alternativo

Ci sono notevoli ostacoli che si frappon-gono all’adozione ed all’attuazione del-le politiche e dei provvedimenti conside-rati nello Scenario Alternativo. All’attopratico, sarà necessaria una forte volon-tà politica per attuare queste misure, mol-te delle quali incontrano resistenze dovu-te ad interessi divergenti di consumatorie industrie. I politici devono spiegare chia-ramente al mondo economico e alla socie-tà civile nel suo insieme i vantaggi chederiverebbero dall’adozione delle misureproposte. In molti paesi, l’opinione pub-blica si sta rendendo conto dei vantaggiper l’ambiente e per la sicurezza energe-tica dati da provvedimenti che incorag-giano un uso più razionale dell’energia eche aumentano il ruolo delle rinnovabili. Per conseguire iniziative politiche piùmarcate da parte degli enti governativi,sono necessari il supporto del settore pri-vato e la collaborazione internazionale. Mentre la maggior parte degli investi-menti sarà a carico del settore privato, igoverni hanno un ruolo chiave da gio-care per la creazione delle giuste condi-zioni per gli investimenti. I paesi indu-

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strializzati hanno un importante ruoloda svolgere nell’aiutare i paesi emergen-ti a superare il gap dello sviluppo tecno-logico e ad impiegare regole ed appa-recchiature efficienti. Questo richiederàpiani per promuovere il trasferimentodi tecnologie e la creazione di compe-tenze e sforzi collaborativi per metterein opera programmi di ricerca e svilup-po. Sarà inoltre necessaria una strettacooperazione tra i paesi e tra il settoreindustriale e gli enti governativi. I pae-si non OCSE possono cercare il sostegnodi istituzioni di prestito e di organizza-zioni internazionali per ideare ed attua-re nuove politiche. Questo potrebbeessere di particolare importanza per ipiccoli paesi emergenti che, diversamen-te da Cina ed India, possono incontraredifficoltà per attrarre gli investimenti. L’analisi dello Scenario Alternativo dimo-stra l’urgenza dell’intervento politico. Ogni anno di ritardo nell’attuazione del-le politiche prese in esame comportereb-be un forte aumento delle emissioni. Adesempio, se le politiche energetichesubissero un rinvio di dieci anni, comin-ciando ad essere attuate solamente apartire dal 2015, la riduzione complessi-va delle emissioni nel 2030 sarebbe,rispetto allo Scenario di Riferimento, disolo il 2% rispetto all’8% dello ScenarioAlternativo. Inoltre, rallentamenti neiprogrammi di ricerca e sviluppo, special-mente nel settore della cattura e dellostoccaggio del carbonio, potrebbero limi-tare le prospettive di riduzione delleemissioni dopo il 2030.

Maggiori risparmi energetici richiederebbero un interventopolitico ancora più marcato

Anche nel caso che i governi attuino, comeipotizziamo, tutte le politiche energetichein esame per limitare le importazioni dienergia e le emissioni, entrambe continue-

rebbero ad aumentare fino al 2030. Man-tenere le emissioni mondiali di CO2 ai livel-li attuali richiederebbe misure politichemolto più drastiche. Saranno inoltre qua-si certamente necessarie innovazioni tec-nologiche radicali per cambiare profonda-mente il modo di produrre e consumareenergia. La difficoltà di portare a terminequesti obiettivi nel periodo consideratodalla nostra analisi non giustifica inazionio ritardi che aumenterebbero, a lungo ter-mine, i costi per l’economia, per la sicurez-za e per l’ambiente. Prima inizia questoprocesso, più rapidamente sarà realizzatauna nuova generazione di sistemi energe-tici efficienti e a basso o a zero contenutodi carbonio. Un futuro dell’energia più sostenibile èalla nostra portata, grazie a tecnologiegià disponibili o prossime alla commer-cializzazione. Uno studio pubblicatorecentemente dall’AIE, Energy Technolo-gy Perspectives, dimostra la necessità diutilizzare un ventaglio di programmi tec-nologici di sviluppo e diffusione. In que-sto Outlook, un’Ipotesi Oltre lo ScenarioAlternativo mette in risalto come il diffi-cile obiettivo di mantenere le emissionidi CO2 nel 2030 ai livelli attuali possa esse-re raggiunto. Questo richiederebbe unariduzione delle emissioni di 8 miliardi ditonnellate in più rispetto allo ScenarioAlternativo. I quattro quinti del risparmiodi energia e di riduzione delle emissioniin questa Ipotesi sono dati da politicheancora più decise per aumentare l’effi-cienza energetica, promuovere il nuclea-re e le rinnovabili per la generazione dienergia elettrica, e favorire l’introduzio-ne della tecnologia di cattura e stoccag-gio del carbonio, una delle opzioni piùpromettenti per limitare le emissioni alungo termine. D’altronde, i cambiamen-ti tecnologici evidenziati in questa Ipote-si, quantunque tecnicamente realizzabi-li, sarebbero senza precedenti per scalae velocità di attuazione.

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Portare le moderne forme di energia ai meno abbienti è una necessità urgente

Per quanto si registri un costante pro-gresso in entrambi gli scenari nell’uso dimoderni servizi energetici nei paesi emer-genti, nel 2030 molte persone continue-ranno a dipendere dalla biomassa peruso domestico. Attualmente, 2,5 miliar-di di persone utilizzano combustibile alegna, carbonella, rifiuti vegetali e con-cime animale per la maggior parte deiloro fabbisogni energetici quotidiani percucinare e riscaldare. In numerosi paesi,queste forme di energia contano per piùdel 90% del consumo totale di energiaper uso domestico. Un uso inefficiente enon sostenibile della biomassa provocagravi conseguenze per la salute, per l’am-biente e per lo sviluppo economico. Undato scioccante è che 1,3 milioni di per-sone, principalmente donne e bambini,muoiono prematuramente ogni anno acausa dell’inquinamento dell’aria provo-cato dalla biomassa in ambienti chiusi.In altri paesi dove i prezzi locali si sonoaggiustati agli alti prezzi attuali, lo spo-stamento verso sistemi di cottura piùpuliti ed efficienti ha registrato un ral-lentamento, ed ha addirittura subitoun’inversione. Nello Scenario di Riferi-mento, il numero di persone che utiliz-zano la biomassa aumenta a 2,6 miliar-di nel 2015 e a 2,7 miliardi nel 2030, conla crescita della popolazione mondiale.Questo significa che un terzo della popo-lazione mondiale continuerà ad utilizza-re questi combustibili, con una percen-tuale a malapena inferiore a quellaattuale. Ci sono ancora, nel mondo, 1,6miliardi di persone private di elettricità.Per realizzare i Millenium DevelopmentGoals, sarebbe necessario scendere, nel2015, a meno di un miliardo. È necessaria ed urgente un’azione cheincoraggi un uso più efficiente e soste-

nibile della biomassa tradizionale, e cheaiuti le persone a cambiare ed utilizza-re combustibili e tecnologie moderneper cucinare. Le politiche più adattedipendono dalle circostanze locali, qua-li i redditi pro capite e la disponibilità diapprovvigionamenti sostenibili di bio-massa. Sono già disponibili combustibi-li e tecnologie alternative a costi ragio-nevoli. Dimezzare il numero di coloroche utilizzano la biomassa per cucinareentro il 2015, un obiettivo del Millen-nium Project delle Nazioni Unite, com-porterebbe che 1,3 miliardi di personeiniziassero ad utilizzare gas di petrolioliquefatti ed altri combustibili commer-ciali. Questo non avrebbe un impattorilevante sulla domanda mondiale dipetrolio e costerebbe, al massimo, 1,5miliardi di dollari all’anno. Per raggiun-gere questo obiettivo sono tuttavianecessarie, insieme al supporto dei pae-si industrializzati, misure forti e concer-tate, e maggiori fondi da parte di inve-stitori pubblici e privati. Le politichedovrebbero tendere all’eliminazione del-le barriere all’accesso, alla convenienzaeconomica e alla disponibilità, e dovreb-bero formare la componente centrale dipiù ampie strategie di sviluppo.www.iea.org

Errata CorrigeNel n. 6/2006 della rivista, a pag. 18, strillo late-

rale, è stato erroneamente riportato “decisivo il

prossimo millennio”, invece di “decisivo il pros-

simo decennio”, come scritto nel testo.

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Il 7° Programma Quadro 2007-2013 approvato

dal Parlamento Europeo si appoggerà sui risultati

del precedente programma in vista della creazione

di uno Spazio europeo della ricerca.L'obiettivo a lungo termine

è rendere l'UE la principale areaper la ricerca nel mondo

Il 18 dicembre 2006, il Consiglio Euro-peo ha adottato il Settimo ProgrammaQuadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tec-nologico (7PQ), della durata di setteanni - dal 1°gennaio 2006 al 31 dicem-bre 2013 – che rappresenta il principa-le strumento dell’UE per il finanziamen-to della ricerca in Europa.La procedura di approvazione avevaavuto inizio il 6 aprile 2005 con l’ado-zione da parte della Commissione Euro-pea della proposta di decisione del Par-lamento Europeo e del Consiglio.Dopo la prima lettura del ParlamentoEuropeo la posizione comune del Con-siglio aveva accolto una serie di emen-damenti di compromesso e, in secondalettura, il 30 novembre il ParlamentoEuropeo aveva adottato il 7PQ renden-do possibile l’approvazione del Consi-glio, così come previsto ed auspicato,entro la fine del 2006.In particolare, il dibattito relativo allequestione etiche si era concluso con unasoluzione di compromesso che specifi-cava che, analogamente a quanto acca-duto nel 6PQ, certe attività non benefi-

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iano Il Programma

di ricerca europeo:obiettivi

e opportunità

A cura di Anna Pibiri

The European Research andTechnological Development

Programme: strategies andabjectives

The 7th Framework Programme (2007-2013)approvedby the European Parliament builds on the results of the 6th programme in view ofthe creation of a European Research Space. The long-term objective is to make the EU theworld’s major research area

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ceranno di alcun sostegno finanziario;in particolare l’attività di ricerca voltaalla clonazione umana a fini riprodutti-vi, l’attività di ricerca intesa a modifica-re il patrimonio genetico degli esseriumani che potrebbe rendere ereditabi-li tali modifiche e l’attività di ricerca vol-ta a creare embrioni umani esclusiva-mente a fini di ricerca o per laproduzione di cellule staminali. L’elabo-razione del 7PQ si era basata anche suldoc. com(2004) 353 del 16 giugno 2004“Scienza e Tecnologia chiavi del futurodell’Europa – orientamenti per la politi-ca di sostegno alla ricerca dell’Unione”che ribadisce come la ricerca scientifica,lo sviluppo tecnologico e l’innovazionecostituiscano l’elemento motore dell’eco-nomia della conoscenza e un fattorechiave della crescita, della competitivitàdelle imprese e dell’occupazione e indi-vidua nel potenziamento delle attivitàdi ricerca europee uno dei principaliobiettivi. Nella stesura del testo la Com-missione aveva inoltre tenuto conto del-le indicazioni scaturite dal Rapporto dimedio termine sul Sesto PQ (rapportoMarimon – luglio 2004) che aveval’obiettivo di valutare l’efficacia dei nuo-vi strumenti istituiti nel Sesto PQ e cheaveva evidenziato la necessità di unamaggiore flessibilità, continuità e coe-renza nei programmi quadro.

Obiettivi e struttura

Allo scopo di migliorare l’impatto erazionalizzare le risorse, il 7PQ avràuna durata di sette anni: ciò è statopossibile perché l’art. 166 del Tratta-to, quello relativo alle caratteristicheche deve possedere il programmaquadro di ricerca, definisce tale pro-gramma semplicemente come plu-riennale (con l’eccezione delle attiv-tità EURATON previste dal Trattato,in cinque anni).

Il 7PQ è impostato sul principio dellasussidiarietà, secondo quanto è previ-sto dall’art. 164 del Trattato. Si basacioè, su quattro attività che risultanocomplementari a quelle svolte dagli Sta-ti membri:

• ricerca, sviluppo tecnologico e dimo-strazione in cooperazione tra imprese,centri di ricerca e università;

• cooperazione internazionale; • diffusione risultati ricerca; • formazione e mobilità dei ricercatori.

Il 7PQ persegue inoltre gli obiettivi gene-rali descritti nell’art. 163 del Trattato perrafforzare la competitività industriale eandare incontro ai bisogni di ricercaespressi dalle politiche comunitarie.Promuoverà, perciò, l’eccellenza nellaricerca scientifica e tecnologica, nello svi-luppo tecnologico e nella dimostrazioneattraverso quattro programmi specifici:Cooperazione, Idee, Persone e Capacità.Infine, il Programma sostiene anche leazioni dirette scientifiche e tecnologi-che non nucleari svolte dal Centro Comu-ne di Ricerca (CCR) di Ispra.

CooperazioneQuesto programma sosterrà la ricercaattraverso progetti di cooperazioneinternazionale anche con paesi fuori dal-l’UE e promuoverà il progresso dellascienza e della tecnologia.Sono state identificate dieci aree tema-tiche che corrispondono a settori di gran-de importanza per la scienza e per laricerca con i seguenti finanziamenti eobiettivi:

Salute (6.100 M€)Migliorare la salute dei cittadini europeie rafforzare la competitività e la capaci-tà di innovazione delle industrie e delleaziende europee del settore della salu-te, affrontando nello stesso tempo que-

Il programma di ricerca europeo: obiettivi e opportunità

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Anna Pibiri

stioni sanitarie di livello mondiale comele nuove epidemie.Si porrà l’accento sulla ricerca traslazio-nale (trasformazione di scoperte fonda-mentali in applicazioni cliniche compre-sa la validazione scientifica dei risultatisperimentali), lo sviluppo e la convalidadi nuove terapie, i metodi di promozio-ne della salute e di prevenzione compre-sa la promozione della salute dei bam-bini e di un invecchiamento sano, glistrumenti diagnostici e le tecnologiemediche, nonché sistemi sanitari soste-nibili ed efficienti.

Prodotti alimentari, agricoltura e biotec-nologie (1.935 M€)Creare una bioeconomomia europeabasata sulla conoscenza associando scien-za, industria ed altre parti interessate, persfruttare opportunità di ricerca nuove eemergenti che riguardino problematichesociali, ambientali ed economiche, quali:la crescente richiesta di alimenti più sicu-ri, più sani e di migliore qualità e di unuso e una produzione sostenibili di risor-se biologiche rinnovabili; il rischio inaumento di malattie epizootiche e zoo-notiche e di disturbi legati all’alimenta-zione; le minacce alla sostenibilità e allasicurezza della produzione agricola, dell’acquacoltura e della pesca; la crescentedomanda di prodotti alimentari di eleva-ta qualità, nel rispetto del benessere deglianimali e dei contesti rurali e costieri non-ché delle esigenze dietetiche specifichedei consumatori.

TIC: tecnologie dell’informazione e del-la comunicazione (9.050 M€)Migliorare la competitività dell’industriaeuropea e consentire all’ Europa di domi-nare e plasmare gli sviluppi futuri delleTIC in modo da soddisfare la domandadella società e dell’economia. Le TIC costi-tuiscono il nucleo della società basata sul-la conoscenza e le attività ad esse relati-

ve: rafforzeranno la base scientifica e tec-nologica dell’Europa e garantiranno lasua leadership globale nel settore; con-tribuiranno ad orientare ed incentivarel’innovazione e la creatività nei prodot-ti, nei servizi e nei processi mediante l’usodi queste tecnologie; e garantiranno chei progressi realizzati nelle TIC venganorapidamente trasformati in benefici peri cittadini, le imprese, l’industria e leamministrazioni pubbliche europee.Queste attività contribuiranno inoltre aridurre il divario digitale e l’esclusionesociale.

Nanoscienze, nanotecnologie, materia-li e nuove tecnologie di produzione(3.475 M€)Rafforzare la competitività dell’industriaeuropea e generare conoscenze per garan-tire la sua trasformazione da un’industriaad alta intensità di risorse in un’industriaad alto coefficiente di conoscenze, inne-scando cambiamenti graduali nelle cono-scenze e l’attuazione di conoscenze deci-sive per nuove applicazioni all’intersezionetra tecnologie e discipline diverse.Questo apporterà benefici sia alle nuo-ve industrie ad alta tecnologia sia alleindustrie tradizionali di valore superio-re fondate sulla conoscenza, con parti-colare attenzione per la diffusioneappropriata dei risultati di Ricerca e Svi-luppo Tecnologico tra le PMI.Queste attività sono principalmentedestinate a rendere possibili tecnologieche hanno un impatto su tutti i settoriindustriali e su molti altri temi del Pro-gramma Quadro.

Energia (2.350 M€)Adeguare l’attuale sistema energeticorendendolo maggiormente sostenibile,meno dipendente da combustibili impor-tati, fondato su una gamma diversificatadi fonti di energia, in particolare fonti rin-novabili, vettori energetici e fonti nonp

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Il programma di ricerca europeo: obiettivi e opportunità

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inquinanti; rafforzare l’efficienza ener-getica, anche razionalizzando l’utilizzo el’immagazzinamento dell’energia; farfronte alle sfide, sempre più pressanti,della sicurezza dell’approvvigionamentoe dei cambiamenti climatici, rafforzandonel contempo la competitività delle indu-strie europee.

Ambiente - inclusi i cambiamenti clima-tici - (1.890 M€)Attuare la gestione sostenibile dell’am-biente e delle sue risorse mediante l’ap-profondimento delle conoscenze sulleinterazioni tra clima, biosfera, ecosiste-mi e attività umane e lo sviluppo di nuo-ve tecnologie, strumenti e servizi al finedi affrontare in modo integrato le que-stioni ambientali a livello mondiale.L’attenzione si incentrerà sulla previsio-ne dei cambiamenti del clima e dei siste-mi ecologici, terrestri e oceanici; su stru-menti e tecnologie per il monitoraggio,la prevenzione, l’attenuazione e l’ade-guamento delle pressioni ambientali edei rischi, anche sulla salute, nonché perla sostenibilità dell’ambiente naturale eantropizzato.

Trasporti - inclusa l’aeronautica -(4.160 M€)Sviluppare sistemi paneuropei di traspor-to integrati, più sicuri, più ecologici e«intelligenti» a vantaggio di tutti i cit-tadini, della società e della politica inmateria di clima, nel rispetto dell’am-biente e delle risorse naturali sulla basedei progressi tecnologici ed operativi edella politica dei trasporti europea; con-solidare e approfondire la competitivi-tà che le industrie europee hanno rag-giunto nel mercato mondiale.

Scienze socioeconomiche e umanistiche(623 M €)Generare una comprensione approfon-dita e condivisa delle sfide socioecono-

miche, complesse e interconnesse, chel’Europa deve affrontare, ad esempio lacrescita, l’occupazione e la competitivi-tà, la coesione sociale, le sfide in camposociale, culturale e nel settore dell’istru-zione in una UE allargata nonché lasostenibilità, le sfide ambientali, il cam-biamento demografico, la migrazione el’integrazione, la qualità della vita e l’in-terdipendenza globale, in particolarenell’intento di istituire una base di cono-scenze più adeguata per le politiche neisettori interessati.

Spazio (1.430 M€)Sostenere un programma spaziale euro-peo incentrato su applicazioni quali ilSistema globale di osservazione per l’am-biente e la sicurezza (GMES), a benefi-cio dei cittadini e della competitività del-l’industria spaziale europea. Si contribuirà in tal modo allo sviluppodi una politica spaziale europea, ad inte-grazione delle attività condotte dagli Sta-ti membri e da altri organismi importan-ti quali l’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

Sicurezza (1.400 M€)Sviluppare le tecnologie e le cono-scenze che permetteranno di costrui-re le capacità necessarie al fine di assi-curare la sicurezza dei cittadini daminacce, quali il terrorismo, le cala-mità naturali e la criminalità, pur nelrispetto dei diritti fondamentali del-l’uomo inclusa la vita privata; consen-tire un utilizzo ottimale e concertatodelle tecnologie disponibili a benefi-cio della sicurezza civile europea,incentivare la cooperazione tra forni-tori e utenti al fine di trovare soluzio-ni in materia di sicurezza civile,migliorando la competitività dell’in-dustria europea della sicurezza e pro-ducendo i risultati di ricerche mirateal fine di ridurre le lacune in materiadi sicurezza.

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Idee Questo programma finanzierà la ricercadi frontiera promossa dai ricercatori intutti i campi della ricerca sulla base del-l’eccellenza e sarà attuata attraverso ilConsiglio Europeo della Ricerca (CER).I progetti saranno presentati da singoliricercatori e verranno valutati in baseall’unico criterio dell’eccellenza secon-do la valutazione tra pari.

PersoneQuesto programma mira alla formazio-ne e mobilità dei ricercatori allo scopodi incrementare la quantità e la qualitàdei ricercatori in Europa. I ricercatori europei saranno incoraggia-ti a rimanere in Europa mentre i miglio-ri ricercatori del mondo dovrebbero esse-re attratti dall’eccellenza e dalleinfrastrutture della ricerca europea.

Capacità Questo programma ha come obiettivol’ottimizzazione dell’uso e dello svilup-po di infrastrutture di ricerca e il raffor-zamento delle capacità innovative del-le PMI per un migliore utilizzo dellaricerca.

Saranno finanziate anche attività dicooperazione internazionale e proget-ti che avvicinino la società e la scienzaeuropea.Questa parte del Programma Quadromigliorerà le capacità di ricerca e di inno-vazione in tutta Europa e ne garantiràun utilizzo ottimale.Tale finalità sarà conseguita tramite lesette azioni che hanno i seguenti finan-ziamenti e obiettivi:

Infrastrutture di ricerca.(1.715 M€)Ottimizzare l’uso e lo sviluppo delle miglio-ri infrastrutture di ricerca esistenti in Euro-pa; contribuire alla creazione in tutti i cam-pi della scienza e della tecnologia di nuoveinfrastrutture di ricerca di interesse paneu-ropeo, necessarie alla comunità scientificaeuropea per rimanere all’avanguardia nel-la ricerca e tali da aiutare le imprese a raf-forzare la loro base di conoscenze e il loroknow-how tecnologico.

Potenziare le capacità di innovazione del-le PMI e la loro capacità di trarre bene-fici dalle attività di ricerca (1.336 M€)Rafforzare le capacità di innovazionedelle PMI europee per il loro contribu-p

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Ripartizione finanziamenti del 7° Programma Quadro Ricerca e Sviluppo Tecnologico

Programmi milioni di euro

Cooperazione 32.413Salute 6.100Prodotti alimentari, agricoltura e biotecnologie 1.935Tecnologie dell’informazione e della comunicazione 9.050Nanoscienze, nanotecnologie, materiali e nuove tecnologie di produzione 3.475Energia 2.350Ambiente (ivi compresi i cambiamenti climatici) 1.890Trasporti (ivi compresa l’aeronautica) 4.160Scienze socioeconomiche e umanistiche 623Spazio 1.430Sicurezza 1.400Idee 7.510Persone 4.750Capacità 4.097Infrastrutture di ricerca 1.715Ricerca a favore delle PMI 1.336Regioni della conoscenza 126Potenziale di ricerca 340Scienza nella società 330Sviluppo coerente di politiche di ricerca 70Attività di cooperazione internazionale 180Azioni non nucleari del Centro Comune di Ricerca 1.751TOTALE 50.521

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to allo sviluppo di prodotti e mercatibasati sulle nuove tecnologie, aiutan-dole ad esternalizzare le attività di ricer-ca, incrementare le proprie attività inquesto settore, ampliare le loro reti,sfruttare meglio i risultati della ricerca,acquisire un know-how tecnologico ecolmare il divario esistente tra ricerca einnovazione.

Sostenere lo sviluppo di raggruppa-menti regionali orientati alla ricerca(126 M€)Rafforzare il potenziale di ricerca delleregioni europee, in particolare promuo-vendo e sostenendo lo sviluppo, in tut-ta Europa, dei “raggruppamenti regio-nali orientati alla ricerca”, che associanouniversità, istituti di ricerca, imprese eautorità regionali.

Esprimere il potenziale di ricerca esisten-te nelle regioni di convergenza e nelleregioni ultraperiferiche dell’UE (340 M€)Incentivare la realizzazione del pienopotenziale di ricerca dell’Unione allar-gata esprimendo e sviluppando l’eccel-lenza esistente o emergente nelle regio-ni di convergenza e ultraperiferichedell’UE e aiutando a rafforzare le capa-cità dei loro ricercatori in modo che pos-sano partecipare con successo alle atti-vità di ricerca a livello comunitario.

Avvicinare la scienza e la società in vistadi un’armoniosa integrazione della scien-za e della tecnologia nella società euro-pea (330 M€)Incentivare l’integrazione armoniosa nel-la ricerca scientifica e tecnologica e lerelative politiche in materia di ricerca neltessuto sociale europeo, incoraggiandola riflessione e il dibattito su scala euro-pea sul tema della scienza

Sostenere lo sviluppo coerente delle poli-tiche in materia di ricerca (70 M€)

Accrescere l’efficacia e la coerenza del-le politiche nazionali e comunitarie inmateria di ricerca e la loro articolazionecon altre politiche, migliorando l’impat-to della ricerca pubblica e i suoi collega-menti con l’industria e rafforzando ilsostegno pubblico e il suo effetto levasugli investimenti da parte del settoreprivato.

Attuare azioni orizzontali e misure afavore della cooperazione internaziona-le (180 M€)Sostenere la competitività europeamediante partenariati strategici con pae-si terzi in settori scientifici selezionati einvitando i migliori scienziati dei paesi ter-zi a lavorare in e con l’Europa. Agevolarei contatti con i partner dei paesi terzi perfavorire un migliore accesso alle ricerchecondotte nel mondo. Affrontare proble-mi specifici che colpiscono i paesi terzi oproblemi di portata mondiale sulla basedell’interesse e dei vantaggi reciproci.

Azioni non nucleari del Centro Comunedi Ricerca (CCR)Fornire un supporto scientifico e tecnicoorientato alle esigenze dei clienti nel pro-cesso di elaborazione delle politichecomunitarie, facilitando l’attuazione e ilcontrollo delle politiche esistenti e rispon-dendo alle nuove esigenze strategiche.

Bilancio

Il bilancio approvato è di 50,5 miliardidi euro a cui si aggiungono i 2,751miliardi per il programma quadro EURA-TOM per le attività di ricerca e forma-zione nucleare per il periodo 2007-2011(vedi riquadro). Lo stanziamento defini-tivo è inferiore a quello inizialmente pro-posto dalla Commissione (72 miliardi dieuro) e tale riduzione è stata determi-nata dall’accordo sulle prospettive finan-ziarie dell’ UE per il 2007-2013.

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La dotazione media annuale è di 7miliardi di euro ma è stato previsto ilraddoppio della dotazione annualedisponibile per i bandi dal primo all’ul-timo anno del programma; infatti, l’im-porto disponibile nel 2007 per il finan-ziamento delle attività è di circa 5

miliardi di euro che saranno incremen-tati negli anni seguenti fino a raggiun-gere quasi i 10 miliardi nel 2013.Il 64% del bilancio sarà assorbito dal pro-gramma Cooperazione (aree tematiche)e il 15% circa dal programma Idee (ricer-ca di frontiera).p

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EURATOM (CEEA)

La Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA) adotta un programma quadroseparato per la ricerca nucleare e le attività di formazione. L’iniziale periodo quin-quennale 2007-2011 può essere prolungato a sette anni arrivando al 2013.Il programma quadro per le attività di ricerca e formazione nel settore nucleare compren-de la ricerca comunitaria, lo sviluppo tecnologico, la cooperazione internazionale, la dif-fusione di informazioni tecniche e attività di valorizzazione, nonché la formazione. Sono previsti due programmi specifici: • Ricerca sull’energia di fusione, che mira allo sviluppo della tecnologia al fine di otte-

nere una risorsa energetica sicura e sostenibile, che sia responsabile dal punto di vistaambientale e attuabile dal punto di vista economico. Tra le attività figurano la realiz-zazione di ITER (quale infrastruttura internazionale di ricerca), la ricerca e lo sviluppodel funzionamento dell’ITER, attività tecnologiche preparatorie di DEMO, la prepara-zione di un Impianto internazionale di irraggiamento di materiali di fusione (IFMIF). Sono anche progettate attività di ricerca e di sviluppo a lungo termine, così comeil potenziamento di risorse umane, iniziative di istruzione e di formazione.

• Fissione nucleare e protezione da radiazione con l’obiettivo di incrementa-re in particolare la sicurezza e il rendimento delle risorse nonché migliorare il rap-porto costi-benefici della fissione nucleare e di altri usi delle radiazioni nel setto-re industriale e medico. Tali attività comprenderanno:

- la gestione di rifiuti radioattivi; - sistemi di reazione; - protezione da radiazioni; - infrastrutture; - risorse umane, mobilità e formazione;

Il secondo programma coprirà le Attività del Centro Comune di Ricerca (CCR) inmateria di energia nucleare, comprese le attività di:

- gestione di rifiuti nucleari e impatto ambientale; - antinfortunistica nel settore del nucleare; - sicurezza nucleare.

Bilancio (2,751 miliardi di euro per il periodo 2007-2011)Ricerca sull’energia di fusione* 1.947 milioni di euroFissione nucleare e protezione da radiazione 287 milioni di euroAttività nucleari del Centro Comune di Ricerca 517 milioni di euro

*Della somma prevista per la ricerca sull’ energia di fusione almeno 900 milioni di euro saranno riservati adattività diverse dalla costruzione dell’impianto di energia di fusione ITER.

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Attuazione del 7PQ

La attività previste saranno attuate attra-verso il finanziamento di diverse tipolo-gie di progetti ed attività.Per quanto riguarda il programma Coo-perazione sono previste azioni finanzia-te principalmente attraverso inviti a pre-sentare proposte e un processo divalutazione e selezione.I progetti di ricerca saranno sviluppati daipartecipanti di diversi paesi con l’obiettivodi sviluppare nuova conoscenza, nuova tec-nologia, prodotti, attività di dimostrazioneo risorse comuni per la ricerca. La taglia, loscopo e l’organizzazione interna dei pro-getti varierà secondo il tema e il settore. Lataglia dei progetti potrà essere piccola omedia fino a grandi progetti integrati peril raggiungimento di obiettivi specifici.Le reti di eccellenza attueranno un pro-gramma congiunto di attività e sarannocostituite da organizzazioni di ricercache integreranno i loro gruppi di ricer-catori nel quadro di una collaborazionea lungo termine.Le azioni di coordinamento e supportoprevedono il coordinamento e il suppor-to di attività di ricerca e di politiche (reti,scambi, accesso transnazionale a infra-strutture di ricerca, studi, conferenze).

Le dieci aree tematiche saranno inoltreaperte al finanziamento di progetti dicooperazione internazionale attraverso:

• l’apertura di tutte le attività del PQ (conrestrizioni solo per il tema “sicurezza”)ai ricercatori e organismi di ricerca ditutti i paesi terzi, con un forte incorag-giamento alla partecipazione;

• azioni specifiche di cooperazione inogni area tematica dedicata a paesiterzi in caso di mutuo interesse a coo-perare su particolari temi (strettamen-te associata ad accordi di cooperazio-ne bilaterale o multilaterale).

Sono previste inoltre attività di coordi-namento di programmi di ricerca noncomunitari relativi alla partecipazionedella Comunità all’implementazione diprogrammi congiunti di ricerca naziona-le (art. 169 del Trattato) e allo sviluppoe il rafforzamento del coordinamentodelle attività di ricerca nazionali e regio-nali secondo lo schema ERA NET. Altre attività saranno invece finanzia-te attraverso una decisione del Consi-glio sulla base di una proposta dellaCommissione e riguarderanno le inizia-tive tecnologiche congiunte (JointTechnology Initiatives) previste dall’art.

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Figura 1Andamento dei fi-nanziamenti annua-li tra il 1984 e il 2013dei Programmi Qua-dro di ricerca EU Fonte: Commissio-ne Europea

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171 del Trattato che scaturiscono dal-la necessità di stabilire la collaborazio-ne pubblica e privata a lungo terminesu uno o pochi selezionati aspetti di untema di ricerca che richiede grandirisorse.Queste iniziative risulteranno dall’unio-ne di investimenti privati, pubblici nazio-nali ed europei incluso il finanziamentodel 7PQ e prestiti della Banca Europeadegli Investimenti.Potenziali iniziative congiunte sarannoidentificate sulla base di una serie di cri-teri che includono:

• incapacità degli strumenti esistenti diconseguire l’obiettivo;

• entità dell’impatto sulla competitivitàe la crescita industriali;

• valore aggiunto dell’intervento a livel-lo europeo;

• grado di definizione e chiarezza del-l’obiettivo e dei risultati tangibili daperseguire;

• portata dell’impegno finanziario e intermini di risorse dell’industria;

• importanza del contributo a favore diobiettivi strategici più ampi, incluso ilvantaggio per la società;

• capacità di attirare aiuti nazionali sup-plementari e incentivare finanziamen-ti industriali, subito e in futuro.

Si tratta di uno strumento nuovo per ilPQ, risultante principalmente dalle attivi-tà delle Piattaforme Tecnologiche Euro-pee (PTE) che mettono insieme le partiinteressate (imprese, istituzioni di ricerca,mondo finanziario e autorità nazionali alivello europeo) guidate dall’industria perdefinire un’agenda comune su un temadi ricerca che dovrebbe mobilizzare unamassa critica di risorse pubbliche e priva-te, nazionali ed europee. Sono state vara-te oltre trenta Piattaforme Tecnologichema pochissime di queste diventeranno ini-ziative tecnologiche congiunte; la loroattività ha, tra l’altro fornito un importan-te contributo all’elaborazione dei conte-nuti dei programmi di lavoro del 7PQ.

Regole di partecipazione

Le regole per la partecipazione di impre-se, centri di ricerca e università alle azio-ni nell’ambito del 7PQ e per la diffusio-ne dei risultati della ricerca sono statepubblicate sulla GU CE L391 del 30 dicem-bre 2006 e stabiliscono le condizioni dipartecipazione, le procedure di presen-tazione e di valutazione dei progetti, idiritti e gli obblighi dei partecipanti, lenorme finanziarie e le norme relative allatutela della proprietà intellettuale.Le nuove regole di partecipazione perse-guono l’obiettivo della semplificazionedelle procedure e della riduzione dei ritar-di nel passaggio dalla fase di presentazio-ne del progetto alla firma del contratto.Resta confermata la condizione mini-ma di partecipazione di tre soggettigiuridici stabiliti ognuno in uno Statomembro o paese associato al 7PQ, coneccezioni per azioni particolari comequelle di cooperazioni specifiche incen-trate su paesi partner (quattro sogget-ti) o per le azioni di formazione e svi-luppo dei ricercatori e i progetti diricerca “di frontiera” (un solo sogget-to giuridico).p

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Capacità4,097

CCR1,751

Persone4,750

Idee7,51

Cooperazione32,413

Figura 27 PQ - ripartizione in-dicativa tra i program-mi (miliardi di euro)Fonte: elaborazio-ne ENEA su dati CE

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Le principali novità rispetto al precedentePQ riguardano anche l’eliminazione dellaresponsabilità finanziaria collettiva tra ipartecipanti allo stesso progetto. Per cau-telarsi la Commissione ha introdotto unapposito Fondo di garanzia alimentato dauna trattenuta del 5% sul primo anticipoche sarà riversato ai partner a fine proget-to. Gli interessi maturati sul fondo costi-tuiscono per la Commissione la garanziabancaria e copriranno eventuali fallimen-ti dei partner.L’accordo consortile (consortium agreement)diventa, nel 7PQ, obbligatorio se non diver-samente specificato nell’invito a presenta-re proposte e la Commissione, a differenzadi quanto avveniva nel sesto PQ, fissa nel-le regole di partecipazione i punti essenzia-li dell’accordo (art. 24). Sarà inoltre più semplice modificare lacomposizione dei partecipanti secondole procedure indicate nell’accordo con-sortile senza ricorrere ad accordi aggiun-tivi notificando le modifiche alla Com-missione.Con il 7PQ cambia anche il sistema dirimborso dei costi: sparisce la definizio-ne di “modello di costo” e tutti i parte-cipanti rendiconteranno i costi eleggibi-li direttamente imputabili al progetto ele spese generali calcolate secondo unapercentuale. È stata inoltre incrementata la percen-tuale di cofinanziamento della Com-missione per organismi pubblici senzascopo di lucro, istituti di istruzionesecondaria e superiore, organismi diricerca e PMI. Per le attività di ricerca e sviluppo tec-nologico, il contributo finanziario dellaCommissione arriverà fino al 75% (anzi-ché il 50%). La stessa percentuale di cofi-nanziamento sarà attribuita a progettidi ricerca e sviluppo tecnologico nel cam-po della sicurezza. Per le attività di dimostrazione il contri-buto finanziario della Commissione arri-

verà al 50% (anziché il 35%).Il finanziamento potrà arrivare, per tutti ipartecipanti, al 100% per le azioni di ricer-ca di frontiera, azioni di coordinamento esostegno e azioni per la formazione e svi-luppo della carriera dei ricercatori nonchéper le attività di gestione (inclusi i certifi-cati relativi agli stati finanziari).È stato inoltre ridotto, rispetto a quantorichiesto nel Sesto PQ, il numero dei certi-ficati relativo agli stati finanziari che saran-no necessari solo al raggiungimento dellimite di 375.000 euro di contributo finan-ziario e, comunque, alla fine del progetto.Per quanto riguarda infine i diritti diproprietà intellettuale, la Commissioneha ridotto la necessità di approvazionepreventiva da parte della Commissionee quella preventiva tra i partner stessimodificando, rispetto al Sesto PQ, anchele definizioni di conoscenze preesisten-ti e conoscenze acquisite nel progetto.

Primi inviti a presentare proposte

Il 22 dicembre 2006 sono stati pubblica-ti sulla GU CE C316 i primi inviti a pre-sentare proposte con scadenze diversenel corso del 2007.La presentazione sarà esclusivamenteelettronica (CORDIS: http://cordis.euro-pa.eu/fp7/calls/) e la procedura di valu-tazione sarà principalmente in due fasisecondo quanto specificato nei relativiinviti a presentare proposte.

Per informazioni

ENEA - Ufficio di Presidenza/Relazioni Internazionali

[email protected]

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Il Prof. Ferrari è il fondatore e il Direttore del Centro di Ricer-ca sulle Applicazioni della Telematica alle Organizzazioni ealla Società (CRATOS) presso la Facoltà di Economia dell’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore, Sede di Piacenza. È Profes-sore ordinario di Informatica generale presso la stessa Facol-tà, e Professor Emeritus of Computer Science all’Universitàdella California a Berkeley. È membro del Consiglio Scientifi-co dell’ENEA. è Fellow dell’Institute of Electrical and Electro-nic Engineers dal 1987, e ha ricevuto nello stesso anno l’A.A.Michelson Award del Computer Measurement Group. Nel2001 è diventato Fellow dell’Association for Computing Machi-nary (ACM). Quest’anno ha ricevuto l’ ACM SIGCOMM (Special Interest Group onData Communications) Award come riconoscimento per i fondamentali contribu-ti resi nel campo delle “communication networks”, per aver co-fondato e diret-to l’ICSI International Computer Science Institute), Istituto di fama internaziona-le, e per la sua dedizione nella formazione di una nuova generazione di ricercatori.Domenico Ferrari si è laureato in ingegneria elettronica al Politecnico di Milanonel 1963. Nel 1970, è stato nominato Assistant Professor of Computer Scienceall’Università della California a Berkeley e, nel 1979, Full Professor. Nel 1976 è sta-

to chiamato al Politecnico di Milanocome Professore Straordinario diImpianti per l’Elaborazione dell’Infor-mazione. Nel 1977-79 è stato Vice-Chairman for Graduate Matters delDipartimento di Electrical Engineeringand Computer Sciences a Berkeley e,dal 1983 al 1987, Chairman della Com-puter Science Division della stessa Uni-versità. Le sue ricerche dal 1970 a oggisi sono concentrate prima sui proble-

mi della valutazione delle prestazioni dei sistemi informatici, poi sui sistemi distri-buiti, e infine sulle reti informatiche ad alta velocità per la trasmissione di traffi-co contenente immagini, suoni e sequenze video nonché dati e informazionitestuali. Con i suoi studenti di dottorato di Berkeley, ha progettato e costruitouno dei primissimi insiemi di protocolli di comunicazione in grado di garantire laqualità delle trasmissioni digitali multimediali su reti informatiche a pacchetti.Attualmente, si occupa anche di applicazioni industriali, commerciali e sociali del-le reti informatiche. Coordina un grande progetto sulla “e-logistics” co-finanzia-to dalla Regione Emilia-Romagna, e, sempre per la Regione, dirige l’InnovationLab, una struttura che fa parte dell’Innovation Center di Piacenza e che promuo-ve il trasferimento alle piccole imprese e agli enti pubblici locali dell’innovazio-ne organizzativa basata sull’uso dell’ICT.

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Intervista al Prof.Domenico Ferrari

A cura di Osvaldo Aronica

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energia, ambiente e innovazioneIntervista al Prof. Domenico Ferrari

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Prof. Ferrari, lei si è laureato e ha insegnato per alcuni anni in Italia per poi trasfe-rirsi negli Stati Uniti, presso l’Università di Berkeley in California. Quanto e comehanno influito le due diverse esperienze nella sua formazione?La mia formazione scolastica e accademica è stata tutta italiana. Anche i primi annidella mia attività di ricercatore si sono svolti in Italia, al Politecnico di Milano. Quan-do mi trasferii (solo per restarvi un anno!) negli Stati Uniti, avevo già 29 anni com-piuti. Questo, naturalmente, non vuol dire che negli Stati Uniti io non abbia impa-rato nulla: al contrario, vi ho imparato moltissimo, così come ora, che vivo in Italiadal 1995, continuo a imparare nuove cose e nuovi approcci ogni giorno. È difficileper me dire quali esperienze hanno contato di più: direi tutte, in misure non mol-to diverse tra loro.

Per anni lei ha insegnato Computer Science all’Università di Berkeley e da una deci-na d’anni insegna presso l’Università Cattolica di Piacenza, conosce dunque beneentrambe le realtà formative. Quali sono le differenze principali, quali i punti diforza e di debolezza?I due sistemi universitari sono, visti da vicino, molto diversi. Le mentalità dei docen-ti e degli studenti sono soltanto simili in superficie, ma ci sono veri abissi nei par-ticolari che contano. La differenza forse più profonda è questa: il sistema statuni-tense ha un senso compiuto, è un sistema ragionevole, le sue parti “tengono” e sipossono giustificare con gli obiettivi generali del sistema stesso; quello italiano no.Forse, un tempo anche il sistema italiano era coerente; la sua centralizzazione esa-sperata era inescusabile e soffocante ma almeno ne giustificava la struttura e leregole. Negli ultimi due decenni, è stata introdotta una autonomia a metà, conrisultati veramente risibili (per esempio, le università dovrebbero competere traloro, il che significa disputarsi i docenti e gli studenti migliori, ma i loro docentisono nominati da comitati nazionali in cui i docenti delle università “avversarie”sono in maggioranza).

Lei è uno dei pochi “cervelli” rientrati in Italia, a fronte di tanti “cervelli” che con-tinuano ad emigrare oltreoceano o in altri paesi europei. Dopo un decennio, comevaluta la sua scelta di tornare?Buona dal punto di vista affettivo (sono tornato nella mia città, vivo nella casa dicampagna in cui sono nato). Molto meno buona dal punto di vista del lavoro (ma,alla mia età, ….).

I finanziamenti per le attività di ricerca nelle Università degli Stati Uniti, anche nel cam-po dell’informatica, provengono sia dal settore pubblico sia da quello privato. Ritieneche questo modello di collaborazione possa trovare applicazione nel nostro Paese?Non so se il settore privato italiano sia culturalmente preparato ad agire come ilsuo corrispondente americano in questo campo. Temo che non lo sia, con la solaeccezione delle grandi imprese, che peraltro sono quasi scomparse. Toccherebbeal settore pubblico incentivare adeguatamente i comportamenti virtuosi di quelloprivato, almeno inizialmente. Una volta innescato il fenomeno (ammesso che essosi inneschi), gli incentivi potrebbero essere gradualmente rimossi, in modo che icontributi privati fossero genuinamente e totalmente privati.

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Qual è lo stato della ricerca nel campo dell’informatica in Italia e in Europa? L’in-formatica è ormai appannaggio degli Usa, del Giappone e fra non molto anche deipaesi emergenti dell’Asia (Cina in primis). Quali possibilità in termini di mercati edi percorsi, se ce ne sono, sono ancora possibili per l’Europa e l’Italia?La domanda è assolutamente corretta: Usa e Giappone sono nettamente più fortidell’Europa, e i paesi emergenti dell’Asia stanno dimostrando che chi non vuoleperdere un treno lo può sempre prendere, purché seriamente lo voglia. È ormaidagli anni Sessanta che si sente dire che l’Europa (e, con essa, l’Italia; in certi casi,solo l’Italia) ha ormai perso il treno dello hardware, il treno del software, il trenodei servizi telematici, il treno di Internet ecc. La Cina ci dimostra che nessun trenoè mai definitivamente perso, se non da chi si rassegna ad averlo perso. D’altro can-to, è possibile che l’Europa e l’Italia si mettano seriamente a rincorrere uno dei tre-ni dell’informatica? Io credo di sì, ma, conoscendole, credo anche che sia estrema-mente difficile.

L’informatica, la Computer Science e più in generale l’ICT (Information and Com-munications Technology) ormai, oltre a investire pressoché ogni nostra attività lavo-rativa e il nostro vivere di tutti i giorni, sembrano rappresentare quasi la piattafor-ma comune, “ il catalizzatore” per altre discipline scientifiche anche molto distantifra loro. Basti pensare, uno per tutti, al progetto Genoma. È corretto pensare a unritorno a una cultura che non faccia più distinzione fra quella umanistica e quellascientifica? Cosa ci riserva il futuro?Credo che sia certamente possibile, e molto stimolante, pensarci; questo riavvici-namento tra le “due culture” potrebbe effettivamente continuare fino a portare,se non ad una fusione, almeno ad una vicinanza ora impensabile. Forse, questopotrebbe avvenire anche senza richiedere l’ormai impossibile regresso della sem-pre più spinta specializzazione. Quanto tempo potrebbe volerci per raggiungerequesto ipotetico traguardo? Se si dovesse rispondere alla domanda dal punto diosservazione offerto da una città di provincia italiana d’oggi, si sarebbe tentati didire che questo tempo risulterà quasi infinito.

Lei è stato recentemente insignito dell’ACM SIGCOMM Award 2006, che premia iricercatori delle reti. Può farci capire meglio gli studi che sta sviluppando e cosa le havalso il premio? Cosa può dirci sul futuro di Internet? Cosa dobbiamo aspettarci?Il premio mi è stato dato principalmente per il lavoro da me svolto a Berkeley trail 1987 e il 1995 (vi sono anche altri argomenti nella motivazione del premio, maqui mi sto riferendo al primo, che è anche quello che ha più direttamente a chefare con la ricerca fatta da me e dal mio gruppo). L’obiettivo della ricerca era deter-minare l’ottenibilità di un’elevata qualità per il trasporto di audio e video su reti apacchetto come quelle che costituiscono Internet; queste reti sono governate daprotocolli (quelli classici di Internet) intrinsecamente incapaci di fornire garanziesui ritardi con cui i vari pacchetti che contengono i brani vocali o i fotogrammi ven-gono consegnati alla destinazione. Io sono stato uno dei primi ricercatori a propor-re e studiare protocolli capaci di garantire valori massimi per i ritardi; con i mieistudenti, ho anche costruito alcuni prototipi di tali protocolli. Il nostro lavoro haavuto grande risonanza ed è stato seguito, nello stesso periodo, da quello di nume-rosi altri gruppi operanti in tutto il mondo. Dalla metà degli anni Novanta, l’inte-

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Intervista al Prof. Domenico Ferrari

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istaresse si è molto ridotto, e io stesso non ho più lavorato su quel tema. Ora, si sta

aspettando che i protocolli già pronti per Internet vengano “varati” su di essa, maper il momento nessuno è in grado di prevedere se ciò avverrà o no, e quando.Cos’altro dobbiamo aspettarci? L’avvento di svolte imprevedibili è sempre possibi-le, anzi, piuttosto probabile, ma non ne posso dire nulla proprio a causa dell’im-prevedibilità di questi sviluppi. Posso solo accennare al continuo espandersi del-l’uso di Internet e del Web in vecchi e nuovi settori di applicazione. Io, ad esempio,sto lavorando anche, e soprattutto, nel settore della e-logistics, dove Internet puòessere usata non solo per ridurre i costi della logistica aziendale, ma anche per ridur-ne i negativi effetti ambientali.

Dal febbraio del 2005, lei fa parte del Consiglio Scientifico dell’ENEA. Un Ente carat-terizzato da una profonda interdisciplinarietà sia nei programmi di ricerca sia nel-la struttura. Qual è il suo giudizio di esperto di fama mondiale nel campo dallaComputer Science sulle attività connesse con l’innovazione tecnologica dell’Ente esulle loro possibili linee di sviluppo? All’ENEA nascono continuamente idee innovative, alcune delle quali, ma troppopoche rispetto al dovuto, trovano modo di raggiungere la luce, cioè, in ultima ana-lisi, il mercato. Le condizioni perché l’ENEA diventi veramente una delle due o tre“fabbriche pubbliche di innovazioni” d’Italia ci sono tutte. Bisognerebbe aumen-tare gli incentivi per i ricercatori alle visite sabbatiche presso università e centri diricerca italiani e stranieri, all’ospitalità nei confronti di scienziati di tutto il mondo,e soprattutto alla brevettazione e alla creazione di spin-off. Tutte le attività in gra-do di stimolare la creazione di idee nuove e la loro realizzazione e sperimentazio-ne dovrebbero essere premiate come meritorie, sia con onori che in modi più con-creti e tangibili, così che nascano nobili gare tra innovatori riconosciuti o aspirantiinnovatori. In altri termini, occorre spingere e promuovere con tutti i mezzi la cul-tura dell’innovazione, che in Italia è molto poco diffusa.

Per informazioni

ENEA - Dipartimento Tecnologie Fisiche e Nuovi Materiali

[email protected]

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Il Quinto Rapporto 2006 dell’Osservatorio ENEA riprende

l’analisi degli andamenti della competitività tecnologica

internazionale e italiana, aggiornando dati e riflessioni

agli ultimi anni. La disponibilità di serie storiche ha consentito

di ampliare la conoscenza dei varimodelli e dei vari sistemi innova-

tivi adottati nei diversi paesi con risvolti interpretativi

di possibile interesse per le policy

Lo scenario mondiale

Terminata nel 2001 la fase recessiva, l’eco-nomia mondiale ha ripreso ad espandersie ad essa si è accompagnato un andamen-to sostanzialmente coerente del commer-cio internazionale. In tale contesto si con-ferma lo sviluppo degli scambi di prodottimanifatturieri ad alto contenuto tecnolo-gico, che continuano a registrare ritmi dicrescita mediamente maggiori di quellirelativi agli scambi di prodotti a tecnolo-gia medio-bassa (figura 1).Al vertice delle più recenti dinamichedegli scambi di prodotti high tech sipongono in particolare i settori degliStrumenti e materiali ottici, degli Elet-tromedicali e della Farmaceutica, contassi di crescita che nell’ultimo quin-quennio hanno largamente superatoquello medio degli scambi di prodottihigh-tech – pari al 39% – con incremen-ti rispettivamente dell’81%, del 72% edel 59%. Dinamiche inferiori alla mediasono invece presenti nei settori dell’Au-tomazione, dell’Aerospazio e delle Mac-chine per ufficio.

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su L’Italia

nella competizionetecnologica

internazionaleA cura di Daniela Palma

Italy in internationaltechnological competition

The Fifth report of ENEAObservatory resumes ENEA’s analysis of thetrends in international and Italian technologicalcompetitiveness, updating data and reflections on the past few years. The availability of longer historical seriesbroadens our knowledge of the models and innovative systems used indifferent countries, with interpretiveimplications that should interest policymakers

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L’Italia nella competizione tecnologica internazionale

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Il consolidamento di trasformazioni strut-turali dell’economia mondiale di naturatecnologica che l’evoluzione degli scam-bi commerciali consente di rilevare, nonè tuttavia pienamente compreso se nonsi tiene conto dell’intenso processo diinternazionalizzazione produttiva che hacaratterizzato l’ultimo decennio. In que-sto senso si profila uno scenario competi-tivo che è non solo più ampio, ma anchepiù complesso e che per questo imponeuna lettura qualitativamente diversa del-

la leadership economica dei maggiori pae-si industriali.Relativamente alle grandi aree geo-eco-nomiche, l’andamento delle quote diesportazioni mondiali dell’insieme dei pro-dotti manifatturieri [1] conferma il pesocrescente dei paesi in via di sviluppo e, inparticolare, dell’area asiatica, a scapito deipaesi industrializzati che perdono oltre 6punti percentuali nel corso degli ultimi seianni. Il significativo peso acquisito dai pae-si dell’Asia nell’economia mondiale, anche

Osservatorio su “L’Italia nella competizione tecnologica internazionale”

L’Osservatorio, costituito dall’ENEA nel 1993, nasce in risposta all’esigenza di valutarele performance e le potenzialità innovative del sistema industriale italiano, tenuto con-to dei contesti internazionali entro i quali hanno significato gli andamenti nazionali edei contesti regionali che danno luogo a tali andamenti, e al fine di fornire un suppor-to conoscitivo a istituzioni pubbliche centrali e regionali coinvolte in responsabilità diindirizzo e/o controllo e/o attuazione di interventi in materia di innovazione tecnolo-gica. L’attività dell’Osservatorio ENEA è strutturata sulla definizione di una classifica-zione di produzioni ad alta tecnologia e, con riferimento a questa, sull’elaborazione eanalisi di indicatori basati sulle statistiche del commercio estero, dei brevetti e degliinvestimenti diretti esteri. L’apparato statistico ed analitico così delineato consente, daun lato di cogliere un aggregato di produzioni high tech non convenzionale, ma cen-trato sull’indicazione diretta del contenuto tecnologico dei prodotti da parte di tecno-logi ed esperti di settore e in questo senso indicativo della “dinamica tecnologica glo-bale”, dall’altro, mediante il sopracitato insieme di indicatori, di cogliere la complessitàdell’attività innovativa del sistema paese e degli importanti nessi che legano questa aiprocessi di globalizzazione delle economie. L’Osservatorio pubblica con cadenza bien-nale il Rapporto su “L’Italia nella competizione tecnologica internazionale”.

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M e d i u m - l o w t e c h

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Figura 1Andamento delleesportazioni mon-diali (1998=100)Fonte: elaborazioneENEA su dati ONU

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nel campo delle produzioni tecnologica-mente avanzate, deve comunque esserericondotto alla crescente dinamica dei flus-si di Investimenti Diretti Esteri (Ide) e, inparticolare, alla forte concentrazione cheproprio in quest’area essi hanno raggiun-to, pari a circa il 40% dei flussi totali.La redistribuzione delle quote di commer-cio manifatturiero a vantaggio delle areeemergenti risulta più accentuata nell’am-bito dei settori dell’alta tecnologia, con unaforte concentrazione nei settori delle Mac-chine per ufficio, delle Telecomunicazionie della Componentistica elettronica. Nel-l’ambito della Triade (UE, USA, Giappone),a fronte di una relativa stabilità della quo-ta mondiale di export high-tech dell’UE(15),che registra fluttuazioni intorno al 38%,assai significative sono le perdite riportatedagli Stati Uniti, che da una quota del23,6% nel 1998, passano nel 2004 al 16%con una perdita di oltre il 30%, e del Giap-pone, con una contrazione di più del 23%della propria quota, scesa sotto il 10%, allaquale si accompagna anche una flessionedei Nic’s asiatici [2] (New IndustrializedCountries), collegati ad esso sotto il profi-lo produttivo e commerciale. Il nuovo sce-nario appare in effetti sorprendente rispet-to al carattere del confronto competitivocaratterizzato per lungo tempo dalle lea-dership tecnologiche di Stati Uniti e Giap-pone, con una storia, iniziata negli anni 60,in cui ha prevalso una dinamica di sostan-ziale alternanza tra i due paesi. Conquista-no, invece, quote di mercato nelle espor-tazioni di prodotti high-tech i Nec’s [3]asiatici (New Exporting Countries) e, soprat-tutto, la Cina la cui quota raddoppia tra il2000 e il 2003 attestandosi quasi sul 9%.sSignificativo è tuttavia l’emergere disegnali che inducono a rilevare lo stabi-lirsi di condizioni che potranno operare– e in alcune situazioni già operano – perallentare la sostanziale dipendenza tec-nologica dei paesi emergenti dai leadertecnologici: la Corea, ad esempio, ha

raggiunto una quota dei brevetti mon-diali nei settori high-tech di quasi il 2%,confrontabile con quella di paesi indu-strializzati, mentre in Cina, negli ultimisei-sette anni la spesa in ricerca è pres-soché raddoppiata e il numero di ricer-catori è aumentato del 60%.

La posizione competitiva dell’Unione Europea

L’evoluzione generale

Nel corso dell’ultimo decennio i paesi del-l’UE(15) sono riusciti ad arginare un preoc-cupante processo di declino tecnologico,superando sui mercati internazionali unagravosa situazione deficitaria. Rispetto a talepositivo risultato, la posizione dei singolipaesi appare, tuttavia, assai differenziata.Lo scenario dell’UE(15) si presenta tuttoracome una sommatoria di singoli sistemi-pae-se, ognuno ancora molto peculiare dal pun-to di vista dei percorsi innovativi intrapresie riconducibili a scelte essenzialmente nazio-nali, ancorché, nei casi positivi, attente alledinamiche degli scambi e della competitivi-tà tecnologica internazionale.In linea generale si conferma, e per certiversi si accentua una tripartizione geo-eco-nomica tra un’Europa del Nord e scandi-nava, con forte sviluppo della spesa in R&Se di alcune specializzazioni tecnologiche,un’Europa Centrale con i tradizionali “gran-di” paesi industrializzati, apprezzabilmen-te competitivi ma più equilibrati nella distri-buzione delle specializzazioni tecnologiche,e un’Europa del Sud – Spagna, Italia, Por-togallo e Grecia – debole sotto il profilotecnologico e caratterizzata da crescentideficit dei saldi commerciali.Andando ad approfondire le caratteristi-che della struttura tecnologica dei paesipiù competitivi, è importante sottolinearecome in essi sia presente una percentualemediamente più elevata di addetti allaricerca nelle imprese, con il conseguente

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incremento della spesa totale in R&S. Sitratta di una condizione che esprime capa-cità di interiorizzare lo sviluppo tecnologi-co da parte delle stesse imprese e che quin-di rappresenta un connotato strutturale diparticolare rilievo. Anche in questo camposi distinguono i paesi di minori dimensio-ni come Finlandia, Svezia, Danimarca e Bel-gio che hanno superato i valori non solo diFrancia e Germania ma anche di paesi lea-der come il Giappone e gli Stati Uniti. L’analisi dell’indicatore dei brevetti, espres-so come rapporto tra le quota di brevettimondiali nei settori ad alta tecnologia ela quota di Pil mondiale, e assunto comeproxy della propensione all’innovazionedi ciascun paese, conferma e rafforza leconsiderazioni precedenti circa le varietàdei sistemi innovativi dei singoli paesi euro-pei, da un lato, e le posizioni da questioccupate nello scenario internazionale del-la competitività tecnologica, dall’altro. Inquesta classifica occupano infatti i primiposti la Finlandia, la Svezia, la Germania,mentre sono presenti in coda la Spagna el’Italia (oltre a Grecia e Portogallo) con l’ag-giunta, in questo specifico caso, dell’Irlan-da, in relazione alle origini esogene dellapropria specializzazione produttiva. Non meno rilevante sotto il profilo econo-mico e tecnologico espresso negli anni piùrecenti dai diversi paesi europei risulta, infi-ne, il mutamento che ha interessato la desti-nazione economica dei beni manifatturie-ri scambiati sul mercato internazionale. Lapreminenza dei beni capitali, inizialmentecentrale nel tradurre il ruolo del cambia-mento tecnologico, si è infatti ridimensio-nata lasciando spazi crescenti ai beni di con-sumo, sempre più innovativi e decisivi nelcontribuire all’attuale variegata evoluzio-ne dello scenario tecnologico mondiale [4].Di particolare interesse è in questo sensol’incremento pari a circa il 15% registratonel periodo 2000-2004 dai beni di consumonella composizione dell’export manifattu-riero dell’UE(15), a fronte di una flessione

di circa l’8% dei beni capitali. Parallelamen-te si è consolidato, infatti, l’aumento del-l’incidenza di beni high-tech sulle esporta-zioni totali di beni di consumo, attualmentecirca il 15%, pari ad un incremento di piùdel 20% in un decennio, alla quale hannocontribuito molti tra i più significativi inter-preti del recupero della competitività tec-nologica europea, come Svezia, Danimar-ca, Irlanda e Paesi Bassi in ambito nordeuropeo, e Francia e Germania per quantoriguarda le maggiori economie. La signifi-catività di queste dinamiche, unitamentealla non banale quota di high-tech che nel-le esportazioni di beni di consumo di que-sti paesi si attesta su valori intorno al 20%,esprime naturalmente lo straordinario svi-luppo delle particolari specializzazioni pro-duttive che hanno avuto impulso in questearee, ma sottolinea anche con forza il ruo-lo trainante che le nuove produzioni orien-tate al consumo stanno assumendo nellosviluppo tecnologico dei paesi industriali enel ridisegnare la nuova mappa della divi-sione internazionale del lavoro.

Le policy per l’innovazione

La positiva collocazione competitiva acqui-sita da molti paesi europei negli scambi diprodotti ad alta tecnologia appare certa-mente l’esito di scelte compiute in tempi emodi diversi, ma è innegabile l’emergeredi una tendenza prevalente determinatadal progressivo miglioramento dei saldicommerciali nei comparti dei beni d’inve-stimento e dei beni intermedi. Questa ten-denza deve essere letta come una logicaconseguenza dei processi innovativi realiche si presentano con probabilità maggio-ri in questi due comparti. Rispetto all’evo-luzione della “divisione internazionale dellavoro”, una competitività da costo dei fat-tori si presenta, invece, in termini accen-tuati in molti prodotti appartenenti ai set-tori dei beni di consumo finali, sospingendola presenza competitiva dei Paesi emergen-

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ti e in via di sviluppo. Negli ultimi ventianni, tuttavia, lo spazio che la quota di pro-dotti high-tech è andata ad occupare anchenei beni di consumo è cresciuta sempre più. In qualche misura un’analoga puntualiz-zazione deve essere svolta nei confrontidell’altro fattore considerato in via gene-rale come negativo agli effetti di uno svi-luppo della competitività tecnologica. Inparticolare se è fuori discussione la mag-giore potenzialità della grande impresanello sviluppare attività di ricerca e svilup-po, tuttavia questa considerazione non puòessere estesa automaticamente a tutte legrandi imprese e, analogamente non puòessere applicata l’osservazione contraria alcaso delle piccole imprese.In definitiva l’analisi dei diversi sistemi inno-vativi offerti dal panorama dei paesi europeitende a rilevare come, in sistemi sufficien-temente spostati sulle frontiere tecnologi-che avanzate, esistono spazi anche per lePmi [5] analogamente specializzate, men-tre anche grandi imprese collocate sui bina-ri di produzioni in cui prevalgono i tradizio-nali fattori competitivi possono rappresen-tare elementi di freno, o persino di ritardo,diffuso sull’intero sistema produttivo.Un ulteriore elemento generale che sem-bra qualificare i sistemi innovativi dei pae-si leader in campo tecnologico è rappre-sentato dalla “ridondanza” della spesa inR&S nel senso di una presenza di attivitàdi ricerca non solo nei settori in cui si mani-festa la specializzazione tecnologico-pro-duttiva, ma allargata a variegati compartidella conoscenza scientifico-tecnologica. Sitratta di una condizione strategica sia aifini degli obiettivi economici di breve-medio termine, sia con riferimento alledinamiche dei processi innovativi, entram-bi vincolati dalla convergenza di diversi set-tori conoscitivi sia, in ultima analisi, ai finidi assicurare nel tempo la tenuta dellecapacità economiche in relazione alle evo-luzioni delle basi conoscitive necessarie.Un fattore non meno importante che inci-

de sull’efficacia della spesa pubblica e pri-vata in R&S è rappresentato inoltre dallecondizioni gestionali e dalla azione di coor-dinamento tra i diversi attori. In questi ruo-li una funzione centrale viene svolta daistituzioni non solo dotate di competenzee capacità dirette in materia di R&S tali daassicurare le necessarie conoscenze, maanche in qualche misura garanti del man-dato pubblico. L’emergere di singole com-petitività settoriali appare il frutto, infat-ti, di un sistema di “decisioni” condivise,coordinate e, come già accennato, dall’esi-stenza di una condizione di programma-bilità dell’innovazione, cui ha fatto ricor-so sino dagli anni 60 il Giappone. Idenominatori comuni generali delle poli-cy di tutti i paesi che si sono posti il pro-blema della sfida tecnologico-competiti-va e quindi delle condizioni per l’esistenzadi sistemi d’innovazione efficaci possonoessere in qualche misura riassunti neiseguenti punti [6]:

a) dimensioni sostenute delle risorse finan-ziarie, e particolarmente degli addettidedicati alla ricerca e all’innovazionetecnologica, accompagnate da criteridi ridondanza nelle spese in ricerca eda sistemi di valutazione delle diversestrutture articolate nei criteri e nei para-metri assunti a riferimento;

b) sistemi di coordinamento dei diversiattori nelle fasi di selezione e gestio-ne dei progetti d’interesse generale;

c) capacità di investimenti a redditivitàdifferita e alle volte anche fortemen-te differita;

d) permanenza nel tempo delle scelte stra-tegiche e della criticità relativa all’en-tità delle risorse in uomini e mezzi;

e) sistemi articolati di integrazione trastrutture pubbliche di ricerca e impre-se, con attenzione ai vincoli relativi ailimiti comunitari in materia di aiuti alleimprese ma flessibili in materia di tra-sferimenti di conoscenze e tecnologie;

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L’Italia nella competizione tecnologica internazionale

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f) accompagnamento degli investimenti alivello micro e macro da capacità di anali-si, di valutazione degli scenari tecnologi-ci, di intervento sulle capacità operativedelle imprese con agevolazioni anche perl’elaborazione di analisi di mercato, di stu-di tecnologici-economici di fattibilità.

Si tratta di componenti di “sistema”, chepossono essere presenti in misura varia-bile, coniugandosi con fattori specifici diordine storico e culturale nazionale, mache difficilmente possono essere conside-rati eliminabili ai fini di una presenza sul-lo scenario tecnologico internazionale.

La posizione competitiva dell’Italia

Il quadro generale

Nel periodo 2003-2004 di consolidamentodella ripresa economica mondiale avviata-si nel 2002 e di forte ripresa del commer-cio internazionale, la perdita di competiti-vità dell’Italia nell’industria manifatturieranon ha accennato a ridursi. Le quote dimercato sulle esportazioni mondiali di pro-dotti manifatturieri sono infatti passate dal4,8% del 2001 al 4,6% del 2004, registran-do complessivamente nel periodo 2001-2004 una contrazione del 3% in controten-denza con la sostanziale tenuta della quotadi mercato dell’UE(15).Assai accentuata è risultata, in partico-lare, la riduzione della quota di merca-to relativa alle esportazioni di prodottihigh-tech, passata da un valore del 2,1%nel 2001 ad un valore dell’1,9% nel 2004,che ha così riportato una contrazionedell’8,5% contro un 6% circa dell’UE(15). Lo squilibrio appare tanto più rilevantequanto più si considerano le perdite accu-mulate nei confronti dei partner europeiche a partire dal 2002 si traducono in unpassivo crescente, pari nel 2004 a più di800 milioni di euro. L’andamento negati-vo dei nostri saldi commerciali manifattu-

rieri con l’UE(15) deriva da un deficit dilungo periodo e crescente dei settori high-tech, ma recentemente anche da una per-dita di competitività nei settori mediumlow-tech (figura 2). È tuttavia innegabilecome, nell’ultimo quinquennio, un impor-tante contributo al peggioramento dei sal-di manifatturieri sia derivato anche dallecrescenti perdite nel commercio di prodot-ti high-tech con tutte le maggiori areegeo-economiche esterne all’UE (15), com-presa l’area asiatica e la stessa Cina.Importanti conferme sull’andamento del-la nostra competitività tecnologica proven-gono dagli esiti dell’attività innovativa rile-vata attraverso i brevetti sulla quale incidein particolare l’effetto cumulato delle mino-ri spese in R&S rispetto alla media dei pae-si dell’UE (15). La minore entità relativa deinostri dati di brevetto, se commisurata allaspesa e al numero di addetti alla ricerca,indica, comunque, come l’elemento didebolezza del nostro sistema innovativonon debba essere ricercato nella scarsa pro-duttività del nostro sistema di ricerca. Que-sta produttività, misurata in termini di bre-vetti per ricercatore non appare, infatti,dissimile da quella di altri paesi industria-lizzati. Riemerge, invece, la differenza delsistema innovativo italiano quando questaproduttività è valutata con riferimento alrapporto brevetti high-tech per ricercato-re che traduce la diversa specializzazionedel nostro sistema produttivo.Nello scenario tracciato un ulteriore fatto-re di debolezza è peraltro segnalato dallaperdurante marginalità del Paese nell’am-bito dei processi di internazionalizzazioneproduttiva, divenuti sempre più centralinei meccanismi di diffusione dell’innova-zione tecnologica a livello globale. Com-misurati al Pil, i flussi di investimenti diret-ti esteri (Ide) dell’Italia sono, infatti, tra ipiù bassi tra i paesi membri dell’UE (15). L’ulteriore arretramento della competiti-vità tecnologica dell’Italia negli ultimi annisi conferma dunque come l’effetto, ormai

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accentuato, di un ritardo che il sistemaproduttivo ha accumulato con particola-re intensità lungo il corso degli anni 90proprio nei confronti dei maggiori par-tner europei. Relativamente a questi ulti-mi il periodo intorno al nuovo decenniofa emergere, in particolare, la sostanzia-le indifferenza delle performance com-merciali del Paese sia a fattori di naturavalutaria, sia a variazioni del ciclo econo-mico internazionale, mentre progredisce,accelerando, una divergenza della quali-ficazione tecnologica del sistema produt-tivo dal contesto economico europeo. Taleperdita di competitività è presente peral-tro diffusamente in tutte le ripartizioniterritoriali del Paese, anche se con accen-tuazioni diverse determinate dalle speci-fiche specializzazioni produttive. In que-sto senso negli ultimi anni (2002-2004)sembra consolidarsi la tendenza verso unnuovo divario di competitività tecnologi-ca tra il Nord e il Sud del Paese, compar-so proprio all’inizio del decennio e a cuisi era accennato nel Quarto Rapporto del-l’Osservatorio. Nel nuovo scenario, tutta-via, la crisi del Mezzogiorno si confrontacon una assai più precaria posizione delCentro e con un’area settentrionale in cuipesa l’arretramento del Nord Ovest, men-tre il Nord Est, essenzialmente specializ-zato in produzioni a medio contenuto tec-nologico, stabilizza appena il positivopercorso di crescita della competitività tec-nologica avviato negli anni 90.

L’analisi strutturale

Andando al cuore della valutazione dellacrisi di competitività tecnologica che ha inve-stito l’Italia e partendo per questo dall’ana-lisi del “sistema di accumulo delle conoscen-ze” occorre ricordare come la ben notaridotta entità della spesa in R&S da partedel sistema delle imprese italiano non deri-vi da una minore propensione delle nostreimprese negli investimenti in R&S, quantopiuttosto da una struttura e da una specia-lizzazione produttiva il cui modello di inno-vazione tecnologica si basa essenzialmen-te sull’acquisto all’estero di prodotti e dimacchine ad alta tecnologia e da una bas-sa necessità/possibilità di sviluppare auto-nomi processi di ricerca e innovazione tec-nologica (figura 3). Da questo punto di vistal’analisi di un fattore rilevante del sistemainnovativo nazionale, quale quello rappre-sentato dalla dinamica della composizioneprofessionale in termini di addetti alla ricer-ca nel sistema delle imprese, conferma nonsolo il divario complessivo, ma anche unritardo crescente e non facilmente supera-bile. La composizione professionale degliaddetti traduce in linea generale due con-dizioni specifiche di ogni sistema produtti-vo: la dimensione media delle imprese e lecaratteristiche tecnologiche che ne defini-scono la specializzazione produttiva [7]. Come peraltro è intuitivo, la domanda e lepotenzialità economiche dell’investimentoin R&S sono determinate in tutti i paesi svi-

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Figura 2Saldi commercialidell’Italia verso l’UE(15) (miliardi di €)Fonte: elaborazioneOsservatorio ENEAsu dati ISTAT

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L’Italia nella competizione tecnologica internazionale

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luppati essenzialmente da queste due con-dizioni. Tuttavia occorre rilevare come, afronte di queste condizioni che collocanole nostre imprese in una situazione di mino-re domanda relativa di R&S, esista ancheun andamento nel tempo della spesa edegli addetti in ricerca nelle imprese italia-ne che sembra non indurre a modificarnele condizioni strutturali e tecnologiche.Il fatto, evidenziato già in precedenza (cfr.Quarto Rapporto dell’Osservatorio) e con-fermato dalle indagini condotte in sedecomunitaria, che la situazione di minoreinvestimento in R&S da parte del sistemaproduttivo italiano non sia modificata daipur maggiori trasferimenti pubblici ope-rati sotto questa voce, da un lato apparecome una logica conseguenza delle carat-teristiche strutturali di questo sistemasopra esaminate, dall’altra pone proble-mi di policy in termini di efficacia di talitrasferimenti e, con ancora maggiore rilie-vo, in termini di strategie d’intervento.In un contesto di elevata e dinamica com-petitività tecnologica internazionale unsistema produttivo quale quello italiano sipone automaticamente in condizione didover ricorrere alle importazioni per sod-

disfare quella parte della domanda inter-na che, per livello di reddito e condizionisocio-economiche generali, da un lato, eper natura del livello tecnologico dei pro-dotti richiesti, dall’altro, intende collocarsisu livelli di sviluppo e di consumo non dis-simili da quelle dei paesi avanzati. Di con-seguenza l’andamento del nostro deficitcommerciale tecnologico tende ad aumen-tare proprio con la crescita degli investimen-ti fissi e, in generale, con la crescita delladomanda interna, inducendo una situazio-ne di perdita di risorse interne, sino all’emer-gere concreto di un vincolo estero alla cre-scita. L’entità di questo deficit, avendoraggiunto valori intorno all’1% del Pil edessendo tendenzialmente crescente, rap-presenta in termini evidenti l’importanzadi questo vincolo. Deficit e conseguente vin-colo potrebbero, tuttavia, essere compen-sati da una migliore competitività nei set-tori a minore contenuto tecnologico,considerato che in questi settori, nel casoitaliano, anche la produttività del sistemainnovativo misurata in termini di brevettinon appare inferiore a quella dei paesiavanzati e che in questi settori si manifestaanche una nostra tradizionale capacità pro-

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Figura 3Spesa in R&S per ad-detto nelle impresehigh-tech e nelle im-prese medium-lowtech in funzione delnumero di addetti(migliaia di €): in Ita-lia 1998 e Francia2002Fonte: elaborazioneENEA su dati Euro-stat

Italia 1998

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duttiva. Ma perché questa ipotesi “com-pensativa” possa realizzarsi occorrono unaserie di altre condizioni tali, non solo da cor-reggere gli effetti sul disavanzo commer-ciale nei prodotti high-tech, ma anche quel-li derivanti dal fatto che l’intero sistemaproduttivo è centrato su settori a medio-bassa tecnologia.In primo luogo è necessario osservarecome differenze nel valore aggiunto mag-giori dell’ordine del 25% a favore delleimprese ad alta tecnologia, e con tenden-za ad un aumento nel tempo, rappresen-tino ormai un dato strutturale. Il sistemaeconomico italiano, con un apparato pro-duttivo fortemente sbilanciato verso lestrutture d’impresa con piccole dimensio-ni e verso produzioni a minor contenutotecnologico, deve quindi scontare, a pari-tà di occupazione, un minore contributoalla variazione del Pil rispetto a quanto siverifica nei paesi maggiormente avanza-ti, compresi i nostri partner dell’UnioneEuropea, aggiuntivo rispetto al vincolo del-l’equilibrio degli scambi commerciali. Il minore valore aggiunto prodotto dalleimprese a medio-basso livello tecnologicotraina a sua volta un’altra variabile, e cioèil livello retributivo per dipendente che pre-senta un valore inferiore dello stesso ordi-ne di grandezza. Questo ulteriore elemen-to a sua volta si riflette sulla dinamica delladomanda interna che appare, infatti,mediamente inferiore a quella dei paesidell’UE (15). Sembra determinarsi così uncircolo vizioso tale da determinare una pro-gressiva diminuzione della produzioneindustriale e quindi degli investimenti, chesi segnalano recentemente come un ulte-riore elemento di divergenza dall’UE (15).L’ipotesi di un modello di sviluppo le cuifonti di progresso tecnologico siano affida-te solo alle innovazioni di tipo incrementa-le, quali quelle che si realizzano attraversoi meccanismi dell’apprendimento pratico oalle modalità dell’inseguimento attraversol’importazione di prodotti e/o processi ad

alta tecnologia, appare difficilmente rea-lizzabile in un paese avanzato, almeno inuna fase storica come quella attuale carat-terizzata, oltre che dalla apertura dei mer-cati, da un intenso e diffuso processo diinnovazione tecnologica. Questo meccanismo consente certamen-te di favorire l’aumento della produttivi-tà del lavoro a livello di impresa, ma devescontare una serie di effetti negativi aiquali si è accennato. Lungo questa linead’analisi occorre sviluppare un ulterioreapprofondimento connesso alle logicheinterne espresse dalle interdipendenzesettoriali e tecnologiche. Il rinnovamen-to anche di settori tradizionali, superatele potenzialità innovative derivanti dalleconoscenze e dai paradigmi tecnologicigià acquisiti, viene infatti essenzialmen-te determinato dall’emergere di nuoviparadigmi e dalle corrispondenti poten-zialità applicative di tali innovazionianche in settori tradizionali. Emblematici sono in questo senso i casi delsettore della Automazione industriale edelle ICT (Information and communicationtechnology) che rappresentano in qualchemisura i due estremi del sistema competi-tivo-tecnologico del nostro Paese. Nel caso dell’Automazione, dove ilnostro Paese ha da tempo sviluppatouna notevole capacità produttiva e com-petitiva, il livello tecnologico è statorivoluzionato dalla riprogettazione deicorrispondenti prodotti attraverso l’in-serimento e l’utilizzo di sistemi e com-ponenti ad alta tecnologia provenientida altri settori produttivi (nuovi mate-riali, strumenti di misura e di precisio-ne, componenti elettronici ecc.). È allo-ra significativo osservare come lemaggiori difficoltà di tenuta competiti-va si verifichino proprio per quei pro-dotti del settore dell’Automazione chesono stati maggiormente investiti daqueste trasformazioni tecnologiche lecui origini e i cui prodotti si ritrovano in

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settori deficitari dei nostri scambi com-merciali (figura 4).Diverso appare il caso delle ICT che hannocontribuito sostanzialmente al necessarioprocesso di ammodernamento del nostrosistema produttivo senza tuttavia assicu-rare un mutamento nella competitivitàtecnologica sul piano internazionale. A dif-ferenza del caso dell’Automazione, infat-ti, non si assiste in Italia al consolidamen-to o alla nascita di un settore ad altatecnologia, essendo state abbandonate lepotenzialità espresse a suo tempo in alcu-ni comparti avanzati delle ICT. Attualmen-te i saldi commerciali che attengono alsistema delle ICT accumulano nel nostroPaese valori negativi crescenti e superioria quelle di tutti gli altri settori ad alta tec-nologia, confrontabili solo con quelli ener-getici che, tuttavia, presentano scarse rela-zioni con le questioni della competitivitàtecnologica.

Gli esiti del modello di innovazione ita-liano: una valutazione comparativa

Il minore ricorso all’utilizzo delle conoscen-ze scientifico-tecnologiche da parte delnostro sistema produttivo come fattore disviluppo rappresenta una caratteristica sto-rica. In particolare, dal secondo dopoguer-ra, nella trasformazione da economia agri-cola a economia industrializzata il Paesesi è giovato delle favorevoli condizioni dicosto del lavoro e di un processo di inse-guimento caratteristico di tali situazioni,mentre la spesa in ricerca e sviluppo rima-neva significativamente inferiore a quel-la di molti altri paesi europei (figura 5).L’affermarsi in Italia di un modello eco-nomico-produttivo fortemente caratte-rizzato dalla presenza di una dinamicaimprenditoriale fatta di piccole impresee di produzioni di beni di consumo fina-li è stato oggetto di numerose analisi. Laripresa di tale tema in questa occasioneintende tuttavia approfondire i motivi

che hanno permesso l’operare di questomodello oltre le condizioni che ne aveva-no consentito un indubbio successo e, dal-l’altro, verificare come le istituzioni abbia-no partecipato a questo processo. La crisi della grande impresa, avviata giànella seconda metà degli anni 60 e accom-pagnata anche dalla progressiva perdita diprogettualità dell’impresa pubblica, avevacertamente consentito una sollecitazioneper ripiegare su una imprenditorialità dipiccola-media impresa che rappresentavainsieme una antica vocazione locale e unadimensione sociale politicamente assecon-data. Ma queste scelte implicavano, tutta-via, anche logiche socio-culturali da capita-lismo familiare, da relazioni condiscendenticon le istituzioni, da forme amministrativo-gestionali e da relazioni industriali a lorovolta altrettanto flessibili. Negli anni 80 il successo di questo sistematrova una apparente conferma nella capa-cità del Paese di essere concorrenziale sumercati e prodotti di paesi come quelli euro-pei, trovando nei distretti industriali la for-ma più compiuta attraverso la valorizzazio-ne delle economie esterne all’impresa malocali, e le forme di flessibilità organizzati-ve tipiche di questo livello d’impresa. L’apparenza di questo successo deriva-va, almeno in parte, anche dal fatto chenei paesi avanzati si avviava in queglistessi anni un processo di innovazionetecnologica e di spostamento su produ-zioni diverse, abbandonando o trasfor-mando almeno in parte quelle produ-zioni presenti in comparti produttivi neiquali è attivo proprio quel nostro siste-ma di piccole e medie imprese. In talmodo il nostro apparato industrialeapparve non solo un sistema di successoma per certi versi un modello vincente. Il fatto che tutto questo si accompagnassea periodiche svalutazioni della lira e ad unprogressivo forte deterioramento dellafinanza pubblica che non riusciva a soppe-rire con le nuove entrate ai paralleli proces-

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si di ammodernamento e di assistenza socia-le, era il prezzo che la politica economicapagava alla stabilità politica generale. Sirealizza in quegli anni quello che C. Triglia[8] chiama “il rapporto tra dinamismo pri-vato e disordine pubblico”. Si tratta, tutta-via, di un dinamismo privato che si circoscri-ve a livelli dimensionali e di specializzazionecoerenti più con l’evoluzione di una baseproduttiva artigianale che con lo sviluppodi un vero e proprio humus imprenditoria-le. Non a caso questo dinamismo aveva allesue spalle anche vicende come quelle incampo informatico, dove condizioni di par-tenza tutt’altro che di retroguardia eranostate cancellate proprio dall’inadeguatez-za del sistema finanziario-imprenditoriale[9]. Occorre aggiungere che ai fini dellenostra analisi non è affatto ininfluente lapermanente marginalità del nostro Mez-zogiorno che proprio sugli indicatori dellaricerca e sviluppo conserva differenzialimaggiori di quelli socio-economici. Negli anni 80, dunque, mentre si avvia una“nuova” stagione di apertura dei mercatiinternazionali e si acuiscono le debolezzedei sistemi produttivi colpiti dalle crisi ener-

getiche di varia origine, che inducono imaggiori paesi industrializzati a corregge-re i propri assetti competitivi per recupera-re l’equilibrio della bilancia commerciale,l’Italia intraprende un percorso di sviluppoin forte contro tendenza. Il Paese sembrainfatti aver trovato soluzioni alternative,basate essenzialmente sull’ipotesi di quel-lo che sarà chiamato “il miracolo economi-co senza R&S”, un modello di sviluppo gio-cato sulla applicazione e diffusione delleinnovazioni generate all’esterno del siste-ma, ma le cui possibilità di equilibrio eco-nomico richiedono condizioni del tutto par-ticolari. A nulla peraltro sembrano valere icaveat che vengono espressi verso questomodello e le analisi che già da allora ne sot-tolineano la debolezza [10]. Quando in anni più recenti è apparsa evi-dente la precarietà di tale modello, mainsostenibili sono al contempo divenute lecondizioni della finanza pubblica, l’inter-vento pubblico si è concentrato su questeultime, affidando la correzione del model-lo di sviluppo a quella logica “culturale” estrutturale su cui fino ad allora si era for-giato il sistema produttivo. Così facendo si

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Figure 4 e 5Sopra: Italia - saldicommerciali nell’au-tomazione industria-le (milioni di €)Fonte : elaborazioneOsservatorio ENEAsu dati ISTATSotto: spesa naziona-le in R&S in percen-tuale del PilFonte: OCSE

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è però perpetuata un’ottica di breve perio-do, contraddittoria con i “processi di accu-mulo delle conoscenze”, del cambiamen-to tecnologico, degli investimenti in ricerca.Questi ultimi, in contro tendenza con gliandamenti dei maggiori paesi industrializ-zati, sono infatti progressivamente ridottidalle imprese italiane sia in termini finan-ziari, sia in termini di addetti, accrescendol’entità relativa degli investimenti fissi lor-di in tecnologie estere. Ma anche l’intervento pubblico manifestain materia gli stessi limiti, aggravati dallasopravalutazione delle autonoma capaci-tà del nostro sistema produttivo nell’af-frontare le nuove sfide competitive inter-nazionali. Sono significativi la constatazionee l’interrogativo espressi da parte degli stes-si attori di quelle riforme secondo cui: “Leprincipali istituzioni e le principali analisiconcordano sulla diagnosi della stagnazio-ne dell’economia italiana che è caratteriz-zata da scarsa innovazione, scarsa crescitadella produttività, scarsa crescita delladimensione aziendale e un peggioramen-to della qualità dei servizi collettivi.” “Èallora doveroso chiedersi come sia possibi-le che essendo state ridisegnate, quasi perintero, le istituzioni del mercato e dello Sta-to… tale crisi persista” [11]. Premesso chela distinzione tra scarsa innovazione e scar-sa crescita della produttività, dimensioniaziendali e peggioramento dei servizi col-lettivi, rappresentano degli anelli logici con-nessi e non aspetti separati, l’interrogati-vo traduce compiutamente i limiti di quellapolitica.Le modificazioni dei mercati e delle istitu-zioni che si realizzano nel nostro Paese neglianni 90 risentono di questa storia, oltre chedell’urgenza di intervenire su una condizio-ne di finanza pubblica non più sostenibile.Secondo quelle riforme i processi innovati-vi dovrebbero funzionare in base alla cor-retta allocazione degli investimenti regola-ti dal mercato in considerazione delle diverseredditività. È vero che in materia di libera-

lizzazioni si è avviato un piano di dismissio-ni delle imprese pubbliche tra i maggiori alivello mondiale, ma tra gli esiti molto discus-si appare non marginale proprio la sottova-lutazione del ruolo che avrebbero dovutoavere gli asset scientifico-tecnologici anchenel guidare quelle stesse operazioni. Non siè percepito che altre erano le novità strut-turali alle quali prepararsi e che queste novi-tà mettevano in gioco, oltre alla competiti-vità dei tradizionali fattori della produzione,la dimensione dei mercati, l’ottica strategi-ca degli investimenti e, in particolare, ladimensione della competitività tecnologicamisurata ben al di là dei confini nazionali eche coglieva in contro tendenza il nostrosistema produttivo [12]. Per converso appare sostenibile l’ipotesiche, paradossalmente, lo stesso successo del“modello” italiano abbia costituito nelnostro Paese, insieme certamente ad altrevicende, una barriera alla comprensione ealla partecipazione alle nuove dinamichetecnologiche in atto. Se quel modello ave-va esaltato alcune peculiarità, rappresen-tate emblematicamente dai “distretti indu-striali” – che la crisi dell’organizzazionefordista delle grandi fabbriche aveva, tral’altro, sollecitato anche al di fuori di situa-zioni distrettuali storiche – la scelta com-plessiva che ne derivava sul piano della spe-cializzazione produttiva diveniva anche uncondizionamento potente a fronte dei cam-biamenti che andavano maturando sul pia-no internazionale. Questa specializzazionesi orientava infatti verso i prodotti di con-sumo finale e, soprattutto, si realizzava nelcontesto di una base manageriale ispiratada una cultura di tipo meccanico-artigiana-le, con un ruolo preminente delle piccole emicro imprese, a sua volta sostenuta da unconsenso politico-sociale molto ampio. E sea questo quadro si aggiunge l’agire di unapolitica che faceva leva su aspettative diallocazione ottimale del capitale in funzio-ne dei vantaggi derivanti dalla gestione del-le strutture privatizzate piuttosto che da

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quelli della competizione tecnologica, sipuò forse tentare di chiudere il cerchio delpercorso economico di questi anni nelnostro Paese. È con riferimento alla situazione dellafinanza pubblica e all’ipotesi di funzio-namento del mercato di cui si è appenadetto che, in definitiva, le risorse dedi-cate alla ricerca pubblica vengono signi-ficativamente ridotte; un percorso chealtri paesi nelle medesime condizioni,come ad esempio il Belgio, si guarderan-no bene dal seguire, pur essendo dota-ti di una dinamica tecnologica da partedelle imprese nettamente superiore. Questa politica di contenimento della spe-sa in R&S si è riversata prevalentementesulla componente pubblica, salvaguardan-do almeno per alcuni anni i trasferimential sistema delle imprese nella convinzioneche la difesa della competitività tecnolo-gica sarebbe stata attuata attraverso l’ope-rare incentivato di tale sistema. Questaipotesi, tuttavia, non si è verificata, nésarebbe potuto essere altrimenti, ed è cosìemerso un risultato del tutto contrario alleaspettative formulate. Mentre non si è cor-retta la debolezza tecnologica dell’appa-rato economico, si è infatti fortementeindebolita l’unica sede di “accumulo del-le conoscenze” tuttavia disponibile, rap-presentato dal sistema pubblico di R&S. In definitiva le “ipotesi di lavoro” adottatein Italia e il modello sotteso implicano unasottovalutazione se non una assenza delruolo di un “sistema innovativo nazionale”non essendo così possibile cogliere piena-mente le complessità delle relazioni tra isoggetti, il nuovo ruolo delle istituzioni, ilcontesto socio-economico preesistente, lelogiche delle aperture crescenti degli scam-bi internazionali, le differenze tra beneficidi singoli privati e benefici generali. L’esistenza di una anomalia italiana appa-re per certi versi tanto più singolare inquanto i percorsi di modificazione tecno-logica nelle specializzazioni produttive sono

stati in varia misura attuati da tutti i paesieuropei, nonostante le differenze dimen-sionali delle rispettive economie, le diffe-renze nella struttura e nella specializzazio-ni produttive preesistenti, in alcuni casipartendo da forti presenze ancora del set-tore agricolo, con livelli economici di par-tenza sostanzialmente deboli e con altret-tanto deboli culture tecnologiche eindustriali. In sostanza s’intende porre inevidenza come percorsi di trasformazionetecnologica si siano verificati non solo inpaesi con una forte e tradizionale culturaindustriale quali Germania, Regno Unito,Francia ecc., ma anche in paesi come la Fin-landia, la Danimarca, l’Irlanda. Apparequindi complesso e problematico ricavareda questo quadro una regola o un’indica-zione relativamente unitaria circa le pre-condizioni necessarie, i punti di leva e lepolitiche messe in opera nei singoli paesiper partecipare alle dinamiche tecnologi-che internazionali. I tre fattori che – oltrea quelli istituzionali – compongono un siste-ma nazionale dell’innovazione e cioè l’ac-cumulo della conoscenza, la dimensioneimprenditoriale, la finanza di rischio, nel-la situazione italiana risultano certamen-te, in un confronto internazionale e comeè emerso dalle analisi precedenti, forte-mente insufficienti. Una insufficienza diordine strutturale e non congiunturale. Attualmente l’intervento istituzionale pub-blico nel sistema italiano d’innovazione sem-bra basarsi su alcuni elementi centrali: unruolo delle Regioni per quanto riguarda gliaspetti territoriali e delle Pmi, con preva-lenti distribuzioni finanziarie scarsamentevalutate sul piano dell’efficacia [13]; il tra-sferimento in forme ed entità varie, di risor-se finanziarie direttamente a singole impre-se a livello centrale con effetti sostituivipiuttosto che aggiuntivi non trascurabili; ladefinizioni di bandi o accordi su tematichericerca-innovazione di entità temporale efinanziaria in genere relativamente mode-ste e occasionali, tali comunque da non con-

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sentire un consolidamento tecnologico,avendo carattere aleatorio e orizzonti tem-porali di tipo amministrativo del tuttoimpropri rispetto ai tempi richiesti per il rag-giungimento di effettivi risultati di valen-za tecnologico-economica. Tutte e tre queste tipologie d’interventoappaiono difficilmente coerenti con un dise-gno di cambiamento tecnologico e dellaspecializzazione produttiva del sistemaindustriale e, dall’altro, con le dimensionitemporali, di scala e di ordine interdiscipli-nare che caratterizzano in termini struttu-rali i processi dell’innovazione tecnologicain questa fase storica. Inoltre la mancatadistinzione e separazione tra organismi poli-tici di indirizzo e controllo e organismi tec-nici di gestione rappresenta in effetti unasoluzione che, mentre non assicura una allo-cazione ottimale delle risorse, risente deglieffetti dei conseguenti eccessi di normati-ve, attente agli aspetti formali, spesso ancheonerosi, ma prive di riscontri in termini diefficacia, poco compatibili con le flessibili-tà, le tempistiche e le articolazioni degliinterventi in un sistema complesso comequello dell’innovazione tecnologica. Dal confronto con gli altri paesi avanzatiemerge come le strade per una partecipa-zione a questi percorsi competitivi sianovarie, differenziate e funzionali al contestoin cui si opera e alle normative possibili.Occorre tuttavia sottolineare come per mol-ti paesi all’avanguardia la funzione delladomanda pubblica – in settori particolari omeno quali il militare, lo spazio, ma anchealtri, come in Francia – abbia giocato e con-tinui a giocare una parte importante; in altrisembra prevalere l’effetto della strutturaculturale e sociale coniugata con una azio-ne di forte concertazione (paesi scandina-vi); in altri emergono forme di coordina-mento pubblico centrale e orizzontali moltoforti (Giappone e la stessa Francia e Olan-da ) o forme di “direzione” guidate da unsistema di grandi imprese già collocate sul-le frontiere tecnologiche (Germania); in altri

ancora si distinguono le particolari politi-che pubbliche messe in campo in termini dicondizioni fiscali o di costo dei fattori comeattrattiva per gli Ide, (Irlanda e più recen-temente Cina, India, Ungheria ecc.). Si tratta nel complesso di condizioni nonalternative quanto piuttosto complemen-tari, variamente presenti e calibrate.

Conclusioni ed elementi di policy

Lo scenario e le analisi che si è cercato diillustrare nei paragrafi precedenti solleci-tano una riflessione in termini di policy,ancorché queste indicazioni non rappre-sentino l’oggetto specifico del Quinto Rap-porto dell’Osservatorio. Le indicazionigenerali rilevate dai sistemi d’innovazio-ne dei diversi paesi intorno ai quali si èavuto occasione di approfondirne la com-petitività tecnologica possono costituireun utile riferimento in questa direzione euna guida all’operare. Tuttavia occorreconsiderare i limiti di ipotesi di interventibasati su percorsi essenzialmente imitati-vi e come tali potenzialmente privi di coe-renza rispetto agli specifici contesti. Se ègià improprio, in linea di principio, copia-re acriticamente ricette prelevate dall’espe-rienza degli altri paesi, nel caso della par-tecipazione alle dinamiche tecnologichequesti fattori di contesto, che hanno allabase elementi di ordine storico e sociale,hanno posto in discussione la validità stes-sa del concetto di “best practice” [14].Peraltro una tale possibilità, come si è visto,non riceve nemmeno il supporto dall’esi-stenza di un modello unitario. Possonoinvece essere utili alcune riflessione offer-te dall’esistenza di alcune costanti presen-ti nei pur differenti “sistemi d’innovazio-ne” che attualmente si offrono all’analisi.Le considerazioni che in questi anni si sonoandate accumulando consentono di pro-porre alcune indicazioni circa queste“costanti” o comunque circa aspetti chesembrano condizionare una presenza sul-

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la scena internazionale di questi “sistemi”[15]. Questi elementi ricorrenti possonoessere sinteticamente indicati nei punti cheseguono.• Livelli di spesa in R&S tali da affronta-

re anche le necessità derivanti dalledimensioni critiche specifiche dellediverse scelte, e comunque con unaarticolazione settoriale di tale spesaridondante rispetto alle specializzazio-ni produttive. Alle volte la debolezzadelle conoscenze in campi apparente-mente marginali o di natura eteroge-nea può costituire una barriera o unadifficoltà che si rivela proprio nella fasepiù propriamente tecnologica del pro-cesso, impedendo di poterne coglierele opportunità tecnologico-economi-che. La non erraticità nei livelli di spe-sa, con andamenti tendenzialmentecrescenti, ancorché con possibili fles-sioni congiunturali, rappresenta unaulteriore costante.

• Sistemi di finanziamento della R&S talida assicurare il metabolismo di base ela selezione delle qualità insieme ad ero-gazioni verso specifici progetti in formeflessibili ma certe e non vincolate a tem-pistiche amministrative o a scadenzenon coerenti con i fini progettuali. Sitratta di due “linee” di spesa tra lorocomplementari e aventi diversi criteri digestione e verifica.

• Assenza di processi esclusivamente imi-tativi e di diffusione, ma presenza diforti scambi tecnologici intersettoria-li, di interdipendenze tecnologiche,sinergiche con la citata ridondanza del-le attività di ricerca anche in relazioneai possibili vincoli di conoscenze rile-vabili da percorsi innovativi non pre-determinabili.

• Forte presenza di capacità scientifico-tecnologiche e di accumulo delle stes-se sulla base di istituzioni di ricercapubbliche o private strutturalmenteconsistenti.

• Crescita sostenuta dei processi di inte-riorizzazione delle conoscenze all’in-terno delle imprese con valori dellaspesa e degli addetti in R&S crescenti,pur partendo da livelli tre-quattro vol-te superiori a quelli attuali italiani.

• Partecipazione responsabile di strutturepubbliche ai processi innovativi, oltre chedi ricerca avanzata, fondamentale e diformazione, con ruoli alle volte centralinelle diverse forme del processo di svilup-po tecnologico: dalla attuazione di gran-di progetti nazionali, agli incentivi mira-ti ai diversi attori, dai processi di creazionedi nuove imprese high-tech, ai sistemi didiffusione e trasferimento, agli strumen-ti della valutazione e della certificazione.

• Elaborazione di uno spettro di possibiliimpegni progettuali e a diversi livelli didefinizione, validi per un arco di oppor-tunità e per un arco temporale diversifi-cato. Presenza anche di articolazioni ter-ritoriali di ricerca, particolarmente neimedio-grandi paesi e di organizzazionidi strutture ad hoc ma collegate alle strut-ture di ricerca, per lo sviluppo e la diffu-sione dell’innovazione tecnologica svi-luppata complessivamente dal sistemad’innovazione nazionale. Buoni livelli diistruzione generale di base con oltre il20% della popolazione in età lavorativacon istruzione secondaria, nonché di ricer-catori sul totale della popolazione pari adue-tre volte, e oltre, quello italiano.Naturalmente un tale livello di ricercato-ri – così come il livello scolastico medio –si deve combinare con l’esistenza di unadomanda di lavoro qualificato.

• Capacità di interagire con i potenzialiinvestitori esteri nei comparti high-techa sua volta connessa con la capacità difornire elementi positivi per l’attratti-vità di investimenti esteri qualificati.

• Utilizzo della committenza pubblicache, pur all’interno dei vincoli comu-nitari, consente margini operativi rile-vanti sul piano tecnologico.

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• Sistemi di indirizzo e di coordinamen-to politico del “sistema” basato sull’ac-quisizione e valutazione di elementi affi-dabili relativi al quadro e agli scenaritecnologici ed economici nazionali edinternazionali, affidati in genere ad isti-tuzioni intermedie con un forte profilodi qualificazione e potenzialità scienti-fico-tecnologico ed economico.

Come si vede si tratta di una serie di con-dizioni, alcune di contesto ed altre speci-fiche, la cui presenza e il cui rilievo posso-no avere pesi relativi diversi nei diversipaesi, ma che in varia misura sembranoessere disponibili e presenti nei sistemiinnovativi efficaci [16]. La questione del-le “best practices” si presenta allora nel-la veste complessa di un processo attra-verso il quale realizzare, in dosi opportunee specifiche, tali costanti. In questo sensole nostre condizioni di partenza suggeri-scono un intervento pubblico accentua-to, certamente per mettere a frutto unsistema della ricerca pubblica maggior-mente qualificato ai fini indicati, una fasetemporale di sostituzione di asset finan-ziari altrimenti inesistenti.

Per informazioni ENEA - Ufficio di [email protected]

Bibliografia

[1] Si ricorda che, tranne diversa indicazione, l’in-sieme dei prodotti manifatturieri consideratinon contiene i prodotti energetici.

[2] Comprendono: Corea, Hong Kong, Singapo-re e Taiwan.

[3] Comprendono: Filippine, Indonesia, Malaysia,Thailandia.

[4] Palma D., Prezioso S., Progresso tecnico e dina-mica del prodotto in una economia in ritar-do, ENEA-Svimez, 2006.

[5] Piccole e medie imprese.

[6] Queste prime considerazioni in materia dipolicy si avvalgono anche di uno studio, tut-tora in corso, recentemente avviato dall’Os-servatorio dell’ENEA.

[7] Evidenziare i dati relativi al fattore professio-nale consente di correggere alcune approssi-mazioni che derivano, in genere, dalla lettu-ra del dato della spesa in R&S espresso intermini di quota del Pil. Assumendo ad esem-pio un valore dell’1% all’anno e una quota del40% da parte del sistema delle imprese nelcaso italiano, e del 2% all’anno con una quo-ta del 60% da parte delle imprese per un altropaese (o gruppo di paesi), si afferma spessoche la dimensione della spesa pubblica italia-na è in linea se non superiore a quella del pae-se di riferimento, mentre la spesa delle impre-se è inferiore di un 20%. In realtà in questoesempio la spesa totale italiana è la metà equella delle imprese è un terzo. Valori che sononon a caso prossimi a quelli rilevati dal nume-ro di addetti alla ricerca.

[8] Triglia C., “Dinamismo privato e disordine pub-blico”, in Storia dell’Italia repubblicana, vol.2, pp. 713-770, Einaudi, Torino, 1995.

[9] AA.VV., 50 anni di informatica in Italia, Pri-stem/Storia, Centro Eleusi, Università “Bocco-ni”, Milano, 2005.

[10]Onida F. (a cura di), Vincolo estero, strutturaindustriale e credito all’esportazione, Il Muli-no, Bologna, 1986.

[11] Barca F., Italia frenata, Donzelli, Roma, 2006.

[12] Un tentativo di esplorare modelli interpreta-tivi alternativi per l’analisi delle difficoltà di svi-luppo dell’Italia è stato intrapreso, nell’ambitodell’attività dell’Osservatorio ENEA, riprenden-do il tema dell’estensione al lungo periodo delprincipio di domanda effettiva keynesiano ecollegandolo alla dinamica strutturale dei siste-mi economici. Ne deriva una particolare atten-zione per i processi decisionali degli investimen-ti e per i fattori che li condizionano in ColettaG., L’estensione del principio di domanda effet-tiva all’analisi dello sviluppo economico: unaproposta, RT/2005/44/UDA, 2005.

[13] Brancati R., Le politiche per la competitivitàdelle imprese: internazionalizzazione e poli-tiche regionali. Rapporto Met 2005, Donzel-li, Roma, 2005.

[14] Kotilainen V.H., “Best practices in innovationpolicies”, in Technology Review, 177/2005.

[15] Anche le osservazioni riportate in questocapitolo si avvalgono di alcune prime risultan-ze dello studio, in corso presso l’OsservatorioEnea, relativo all’analisi dei sistemi innovati-vi di alcuni paesi dell’UE(15).

[16] Gruppo di Lavoro dell’Ipi sul tema delle poli-tiche per la ricerca e l’innovazione (coordina-mento di Mariotti S.): Politiche per la Ricercae l’Innovazione, Milano, 16 gennaio 2006.

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200746

Immagazzinare e trasportare un composto chimico

che agevolmente si trasforma in idrogeno è possibile

anche se ancora non economico.Un’economia basata sull’idrogeno

può affrontare questa sfida e investire su questa tecnologia

I principali ostacoli all’utilizzo diffuso del-l’idrogeno come vettore di energia sonorelativi a problemi irrisolti nelle modali-tà di accumulo, nel trasporto, nella distri-buzione e nella scelta del sistema ottima-le di produzione di energia [1,2].Uno dei sistemi più promettenti di impie-go dell’idrogeno è rappresentato dallecelle a combustibile [3] che, attraversol’alimentazione con questo gas, sono ingrado di produrre direttamente energiaelettrica, con rendimenti più elevatirispetto ai tradizionali cicli termici. Mal-grado problemi di natura tecnico-eco-nomica [4], un’ampia diffusione dellecelle a combustibile è prevista nel futu-ro sia nel settore dei trasporti che civile.L’utilizzo di idrogeno puro, rispetto aicombustibili convenzionali, ridurrebbeo delocalizzerebbe le emissioni di ani-dride carbonica [5], il cui effetto sul-l’ambiente appare come uno dei mag-giori problemi ecologici del nostrosecolo. Il reale vantaggio dell’uso del-l’idrogeno ci sarebbe solo nel caso incui la sua produzione fosse priva diemissione di CO2, utilizzando sostan-

studi

& ricerc

he Immagazzinamento

e generazione di idrogeno

da boroidruri alcaliniA. Pozio, M. De Francesco, G. Monteleone,

R. Oronzio, S. Galli

Hydrogen storage and generation

by alkaline boron-hydrides An analysis of hydrogen-storage methods, with specialattention to hydrogen produced from sodium boron-hydride (NaBH4). The kinetics and stability ofcatalysts used in the hydrolysis of this salt were studied,and the article describes an innovative commercial device for the production of hydrogen gasfrom sodium boron-hydride solutions. Compared with already-known materials, the catalysts studied for this device provide high reactionkinetics and notable chemical stability over time

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Immagazzinamento e la generazione di idrogeno da boroidruri alcalini

energia, ambiente e innovazione

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007 47

zialmente le varie forme in cui è conver-tita l’energia solare.La possibilità di immagazzinare medianteidrogeno l’energia proveniente da fontiprimarie, quali l’eolico [6], il fotovoltaico[7], l’idroelettrico [8] e il solare termico [9],è connessa da un parte allo sviluppo diprocessi efficienti per la produzione dellostesso per via termica (termolisi e cicli ter-mochimici) ed elettrochimica (elettrolisi),e dall’altra alla capacità di accumularlo. Parte da questo secondo punto la necessi-tà di individuare un sistema di accumulo etrasporto dell’idrogeno che ne consentauna distribuzione semplice, economica,sicura e altamente capillare.

L’idrogeno come vettore energetico

L’idrogeno si può immagazzinare ed accu-mulare in diversi modi ognuno dei qualiha i suoi vantaggi e svantaggi [10, 11]:1. gas compresso;2. gas liquefatto;3. in idruri metallici;4. in nanotubi di carbonio;5. in composti chimici.

L’idrogeno gassoso è caratterizzato,rispetto ad altri combustibili, da una bas-sa densità volumetrica ma da un’elevatadensità di energia in massa (tabella 1). Infase liquida, tuttavia, osserviamo che lasua densità di energia è inferiore a quel-la di tutti gli altri.

Idrogeno gassoso

Il metodo più semplice utilizzato è lacompressione in bombole, a temperatu-ra ambiente ed a pressione compresa tra150 e 200 bar (figura1). Sulla base dei serbatoi attualmente dispo-nibili in commercio, la densità minima paria 0,5 kWh/kg è raggiunta dai serbatoi inacciaio a 200 bar, mentre la massima, paria 2,15 kWh/kg, è raggiunta dai serbatoiin composito a 250 bar (la densità di ener-gia si riferisce all’intero sistema combusti-

Tabella 1 - Confronto tra idrogeno e combustibili convenzionali

Combustibile Frazione ponderale Stato in condizioni Densità di energia Densità di energiarispetto all’H2 ambiente (kWh/kg) (kWh/L)

(liquido)

Idrogeno 1 Gas 33,3 2,3÷2,9Metano 0,25 Gas 13,9 (11,9)2 5,8 (4,9)3Etano 0,20 Gas 13,2 6,6

Propano 0,18 Gas (liquido)1 12,9 6,3Benzina 0,16 Liquido 12,3 8,6Etanolo 0,13 Liquido 7,4 5,9

Metanolo 0,12 Liquido 5,5 4,4(1) Gas a temperatura ambiente, ma normalmente liquido a bassa pressione.(2) Valori maggiori per metano puro. Tra parentesi sono i valori per il gas naturale tipico.(3) Il valore più alto si riferisce alla densità al punto triplo.

Figura 1Bombole cilindricheper accumulo a bor-do di un veicoloFonte: ENEA

Figura 2Serbatoi commercia-li per H2,gas (350-700bar) in materialecompositoFonte: Lincoln Incomposites Inc.

studi &

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Gli idruri si dividono a seconda della tem-peratura di assorbimento/desorbimentoin idruri a bassa temperatura (20-90 °C)ed alta (150-300 °C), con la capacità diaccumulo maggiore per gli idruri ad altatemperatura. Per questi la pressione diassorbimento varia tra 33 e 55 bar, men-tre quella di rilascio tra 0,7 e 10 bar. I vantaggi dell’accumulo in idruri metal-lici sono costituiti, oltre alla sicurezzaintrinseca, dalla relativamente bassapressione di carica e dall’elevata densi-tà di energia in volume raggiungibile(2,7÷3,4 kWh/L). La densità gravimetri-ca dell’idrogeno accumulato è interes-sante rispetto ai due precedenti sistemidi accumulo, soprattutto per gli idruridel tipo Mg2FeH6 (figura 4) [14].Tuttavia i costi di gestione di tali sistemi,il loro peso elevato, la limitata percen-tuale in peso di idrogeno immagazzina-

A. Pozio, M. De Francesco, G. Monteleone, R. Oronzio, S. Galli

studi &

ricerc

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200748

bile + serbatoio). Si può incrementare ladensità energetica dell’idrogeno gassosoaumentandone la pressione ma in questocaso è necessario utilizzare serbatoi inmateriali compositi rinforzati con fibre dicarbonio (figura 2). Gli sviluppi più recen-ti hanno permesso di raggiungere pres-sioni fino a 700 bar con una densità dienergia di appena 1,3 kWh/L [12]. Inoltrei costi elevati e le problematiche relativealla sicurezza vanno fortemente a grava-re su questo tipo di accumulo.

Idrogeno liquido

Per incrementare la densità di energia,l’idrogeno è liquefatto a -253 °C [13], maanche qui l’idrogeno ha una densità dienergia tre volte inferiore a quella del-la benzina (tabella 1). A questa limita-zione si aggiunge quella relativa allaprogressiva perdita dell’idrogeno liqui-do per evaporazione (circa 1-2% al gior-no) anche con particolari accorgimentitecnologici, ed al notevole dispendioenergetico necessario all’intero proces-so (circa il 30% dell’energia contenutanell’idrogeno liquefatto).

Idruri metallici

Gli idruri metallici sono leghe di magne-sio, alluminio, ferro o lantanio, che con-tengono all’interno della struttura cristal-lina composti di nichel, vanadio, titanio,cromo, terre rare, in grado di assorbireidrogeno nello spazio interatomico.Il processo di carica-scarica è reversibile esi ottiene attraverso processi di assorbi-mento esotermico e desorbimento endo-termico. Inoltre, usando leghe con diffe-renti composizioni, è possibile otteneresistemi in grado di rilasciare l’idrogeno adifferenti pressioni. È possibile quindi,ponendo l’idruro metallico in polvereall’interno di contenitori, accumularel’idrogeno allo stato “solido” (figura 3).

Figura 3Schema dell’imma-gazzinamento del-l’idrogeno nel retico-lo di un idruroFonte: K. Sopian,W.R.W. Daud, Rene-wable Energy 31,2006, 719–727 [4]

Figura 4Confronto volumetricoper l’immagazzinamen-to di idrogeno a bordodi un’autovettura traidruri di ferro/magnesio,lantanio/nichel, idroge-no liquido e idrogenogassosoFonte: K. Sopian,W.R.W. Daud, Rene-

wable Energy 31, 2006,719–727 [4]

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Immagazzinamento e la generazione di idrogeno da boroidruri alcalini

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to e la progressiva riduzione della capa-cità di accumulo in funzione del numerodi cicli di adsorbimento/desorbimento nelimitano fortemente la convenienza.

Nanotubi di Carbonio

Il metodo di accumulo in nanotubi di car-bonio [15,16] sembra consentire, a paritàdi peso, un maggior volume di idrogenoaccumulato rispetto agli idruri metallici edanche costi relativi inferiori. Nei micropo-ri di queste strutture (diametro inferiore a2 nm) l’H2 può essere assorbito a densitàpiù elevate che in fase liquida. I risultatiottenuti in termini di densità di energiavolumetrica non sono del tutto concordi esono compresi nell’intervallo 4,2÷6,0 kWh/L,senza comprendere il serbatoio di imma-gazzinamento, con concentrazioni in pesodi H2 accumulato tra 70% [17] e solo il 14%[18]. La tecnologia appare promettente perle applicazioni mobili, anche se il meccani-smo non è chiaro ed è difficilmente ripro-ducibile [19]. Non esistono sistemi che pos-sano essere sfruttati commercialmente.

Composti chimici

Le quattro modalità di trasporto del-l’idrogeno fin qui descritte (tabella 2) sibasano tutte sul fatto che l’idrogeno siaprodotto per altra via. In alternativa sipuò pensare di immagazzinare chimica-

mente l’idrogeno, ovvero di trasportareun composto chimico che possa agevol-mente essere trasformato in idrogeno arichiesta. Anche se qualsiasi combustibi-le fossile convenzionale (ad es. metano,benzina, metanolo) può essere conside-rato come un vettore energetico, questipresentano sempre la difficoltà tecnicadi impianti di dimensioni adatte al tra-sporto e l’inconveniente di essere anchegeneratori di CO2.Nell’ambito di questa analisi ci indiriz-ziamo dunque solo a composti chimiciprivi di ossigeno e carbonio quali gliidruri, l’idrazina, l’ammoniaca, l’ammo-nio-borano (NH3-BH3).L’ammoniaca rappresenta il secondo com-posto chimico più comunemente prodottonel mondo. Per produrre idrogeno daammoniaca [21] è necessario esporre i vapo-ri di tale liquido alla presenza di un cataliz-zatore ad ossido di ferro a temperaturesuperiori ai 700 °C. Esistono infrastruttureper la produzione il trasporto e la distribu-zione. In forma liquida a media pressione ebassa temperatura l’ammoniaca possiedeun’elevata densità di idrogeno. In alterna-tiva l’ammoniaca liquida, miscelata conacqua, permetterebbe lo stoccaggio anchea temperatura e pressione ambiente. Il rila-scio dell’idrogeno immagazzinato chimica-mente può avvenire attraverso un sistemadi reforming catalitico senza produzione discarti tossici e pericoli di infiammabilità. Per

Tabella 2 - Quadro riassuntivo delle caratteristiche dei sistemi di accumulo [20]

Densità di Energia Temperatura[kWh/kg] [kWh/L] [°C]

Benzina 10 8,5 20Idrogeno gassoso compresso

Stazionario (50 bar) 0,24÷0,31 0,135 20Mobile (200 bar) 0,50÷0,75 20Mobile (250 bar) 1,75÷2,15 20Idrogeno liquido

Stazionario 3800 m3 - 1,70÷2,00 -253Mobile 190 L 4,5 2,13 -253

Idruri metalliciA bassa temperatura 0,60÷1,80 2,96÷3,20 50÷80Ad alta temperatura 1,20÷2,50 2,70÷3,37 250÷300

Carbonio Attivato a 55 bar 3,34÷4,34 1.17 -196Nanotubi di carbonio 4,67÷6,68 4,20÷6,00

Nanofibre di carbonio (113 bar) 14,0÷22,7 15

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contro, il suo processo di produzione è mol-to costoso ed inoltre, il reforming necessitadi temperature operative elevate. Infinel’ammoniaca stessa è, a temperatura e pres-sione ambiente, un gas tossico con un for-te odore sgradevole. In alternativa esistel’idrazina NH2-NH2, già sperimentata comecombustibile per fuel cell [22], che tuttaviapresenta, oltre i problemi già evidenziati perl’ammoniaca, anche problemi di tossicità.L’ammonio borano è uno dei candidati piùinteressanti per l’immagazzinamento chi-mico dell’idrogeno [23]. Si tratta di un soli-do cristallino, stabile a temperatura ambien-te, che inizia a rilasciare idrogeno sescaldato a 120-130 °C. La sua percentualein peso di idrogeno, superiore al 19%, lorende uno dei materiali con la più alta capa-cità teorica di immagazzinamento. Purtrop-po, oltre il rilascio di idrogeno, il compostopuò subire altre reazioni di decomposizio-ne dando origine ad ammoniaca, borani eborazine volatili. In aggiunta, si possonoformare prodotti ceramici refrattari diffici-li e costosi da rigenerare e ritrattare. Sonoin corso studi per cercare di sviluppare cata-lizzatori e condizioni di reazione che facili-tino il rilascio controllato di idrogeno dalcomposto prevenendo la formazione dicomposti volatili e ceramici. Restano da considerare gli idruri chesono sostanzialmente di tre tipi: idrurialcalini (NaH, LiH, MgH2, CaH2) [24],boroidruri alcalini (LiBH4 e NaBH4) e ala-nati (AlH3, LiAlH4, NaAlH4) [25,26].

Alcuni idruri possono dare reazioni dicombustione violenta se esposti all’ariain presenza di umidità e spesso sonoabbastanza tossici a contatto con la pel-le e gli occhi e quindi difficili da maneg-giare (es. LiAlH4). Il confronto tra diversi tipi di idruri (figu-ra 5) in relazione alla percentuale in pesodi idrogeno immagazzinato dal compo-sto o da miscele acqua/composto e alcalore sviluppato durante l’idrolisimostra che il boroidruro di sodio svi-luppa meno calore rispetto a tutti glialtri (possiede cioè la termodinamica piùfavorevole) e con una percentuale inpeso di idrogeno di tutto rispetto e infe-riore solo a LiH e LiBH4. Tuttavia questidue composti sono meno stabili e di con-seguenza più difficili da manipolare.L’idruro di sodio (NaH) per quanto evi-dentemente inferiore ad altri composti hagià un’applicazione commerciale. Si trattadelle Powerballs [27], sfere di idruro del dia-metro di 1,2 pollici rivestite da uno stratodi polietilene impermeabile all’acqua. Unsistema meccanico provvede a sezionare lesfere prima di inserirle in un serbatoio pie-no di acqua nel quale avviene la reazione:

NaH + H2O = NaOH + H2 (1)

Il vantaggio del NaH rispetto al boroi-druro è rappresentato dal fatto che ilcosto del processo di preparazione èminore di quello del boroidruro di sodio.

A. Pozio, M. De Francesco, G. Monteleone, R. Oronzio, S. Galli

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Figura 5Confronto tra di-versi tipi di idruri inrelazione alla per-centuale in peso diidrogeno immagaz-zinato e al caloresviluppato durantel’idrolisiFonte: MillenniumCell

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Immagazzinamento e la generazione di idrogeno da boroidruri alcalini

energia, ambiente e innovazione

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studi

& ricerc

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Il Boroidruro di Sodio

Come abbiamo visto dalla figura 5, ilboridruro di sodio è, rispetto agli altriidruri, molto interessante. L’utilizzo deiboroidruri alcalini non è recente: laNASA li aveva già adottati come additi-vi del combustibile per alimentare i raz-zi dello Shuttle [28] e all’epoca i tecnicisostenevano che il boroidruro di sodioavrebbe avuto possibilità di impiegocome combustibile sia per usi militariche civili tra la fine del XX e l’inizio delXXI secolo.Nel caso dei boroidruri alcalini l’idro-geno viene imprigionato nei legamichimici del boro e del metallo alcalinoformando un sale. Una soluzioneacquosa composta ad esempio al 50%pda boroidruro di sodio e 50%p daacqua fornirebbe, reagendo su unadatto catalizzatore, idrogeno con unrapporto energetico simile, in volume,alla benzina. Oltre l’idrogeno, l’altroprodotto della reazione suddetta è ilborato di sodio, un composto chimiconaturale utilizzato comunemente neidetersivi e nelle colle che può essereritrasformato nuovamente in boroidru-ro di sodio. Considerando che già una soluzione diboroidruro di sodio al 30%p contienecirca il 7% in peso di idrogeno (63 gH2/L), tale metodo di immagazzinamen-to è di sicuro interesse rispetto all’idro-geno compresso in bombole (23 g H2/La 330 bar) o liquido (71 g H2/L) [29]. A quanto detto si aggiunga che tale solu-zione è stabile in ambiente basico, noninfiammabile, non esplosiva, non produ-ce emissioni inquinanti o sottoprodotti ingrado di contribuire all’effetto serra edinfine è l’unico sistema di accumulo del-l’idrogeno in forma liquida (acquosa) atemperatura ambiente che potrebbe sfrut-tare facilmente l’attuale sistema di distri-buzione alla pompa per l’autotrazione.

Per contro i problemi da superare sono:

I. l’alto costo attuale dei boroidruri, chetuttavia è superiore all’effettivo costodelle materie di base e dei processi chi-mici a causa del ristretto numero di pro-duttori (la finlandese Finnish Chemicalse l’americana Rohm and Haas );

II. la messa a punto di un buon processodi riconversione boroidruro-borato-boroidruro;

III. l’ottimizzazione del catalizzatore, sianella cinetica di reazione che nella sta-bilità chimica.

In rapporto al costo del boroidruro (I) eal riciclo del metaborato (II) vanno preci-sati alcuni punti. La sintesi del boroidru-ro si ottiene partendo da sodio metallico(il più economico dei metalli esistenti, 3,5$/kg) e idrogeno che reagiscono insiemeper formare NaH secondo l’equazione (2).

H2 + Na = NaH (2)

L’idruro di sodio reagisce a sua volta conil trimetilborato (B(OCH3)3) per formareboroidruro e metanoato di sodio (3). Siail trimetilborato che il metanoato disodio sono prodotti chimici a basso costoche possono tranquillamente essere rici-clati nel corso del processo.

Dall’equazione (3) si osserva che per for-mare una mole di boroidruro di sodiosono necessarie 4 moli di NaH. Il costocommerciale attuale del boroidruro tut-tavia non è pari a 4 volte quello dell’idru-ro di sodio ma da sette a 11 volte mag-giore, secondo il quantitativo (25-40 $/Kg). Del resto il costo del processo di pro-duzione del NaH è sostanzialmentelegato al costo dell’energia elettrica,poichè sia l’idrogeno che il sodio ven-gono prodotti per elettrolisi. L’accre-

4 NaH + B(OCH3)3 = NaBH4 + Na3(OCH3)3 (3)

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sciuto interesse nei confronti del boroi-druro e dei processi di produzione [30]ha già portato a risultati molto interes-santi in rapporto alla riduzione delcosto del sodio metallico. Recentemen-te, Icelandic New Energy Ltd., Millen-nium Cell (USA) and Technological Insti-tute of Iceland hanno collaborato conl’obiettivo di verificare un nuovo meto-do per la produzione del sodio metal-lico [31]. Il metodo è basato sull’elet-trolisi dell’idrossido di sodio utilizzandomembrane di sodio β-alumina inseritein celle di elettrolisi. La figura 6 mostra il costo reale delboroidruro (16 $/kg), basato sull’effet-tivo consumo energetico, e la sua ridu-zione attraverso un processo di produ-zione del sodio a maggiore rendimentorispetto a quello attuale. In particola-re, l’obiettivo della riduzione del costodel sodio ad 1,2 $/Kg e del boroidruroa 7 $/kg sarebbe già ottenibile utiliz-zando proprio l’elettrolisi di NaOHpiuttosto che quella del NaCl corrente-mente impiegata. Le stime effettuate,considerando la possibilità di riciclareil borato e ulteriori progressi nella sin-tesi del sodio metallico, lasciano pre-vedere la possibilità di produrre NaBH4a 1 $/kg.In riferimento al terzo problema, si èeffettuata in ENEA un’attività esplorati-va di ricerca volta ad affrontare il pro-blema del controllo della cinetica di pro-duzione dell’idrogeno dal NaBH4 e dellastabilità chimica di catalizzatori innova-tivi rispetto a quelli esistenti. Il NaBH4 è un sale bianco cristallino ter-micamente stabile ed igroscopico chedecompone per idrolisi secondo la rea-zione esotermica:

NaBH4 + 2 H2O → NaBO2 + 4 H2 (4)

La velocità di decomposizione delle solu-zioni acquose di boroidruro è convenien-

temente stimata dall’ eq. 5, espressa nel-la sua emivita (tempo necessario perl’idrolisi del 50% in peso del boroidruroiniziale) in funzione del pH e della tem-peratura:

La (4) può quindi essere controllatavariando l’acidità e/o la temperatura.La completa idrolisi di 1 grammo diboroidruro libera 2,374 litri di idroge-no in condizioni standard con unacinetica che in poco tempo rallentaper l’aumento del pH causato dallaformazione del sale basico metabora-to. Adatte soluzioni acquose stabiliper la generazione di idrogeno sononell’intervallo di concentrazione di 1-30% in peso di NaBH4 e di NaOH oKOH con concentrazioni maggiori del5% in peso.Dalla letteratura è noto [32] che appro-priati sali di metalli, come il nichel e ilcobalto e di metalli nobili come rute-nio, platino, rodio, iridio, ecc., sianoeffettivi acceleratori catalitici della rea-zione (4). Nel brevetto di Amendola etal. [33], a base della tecnologia dellaMillennium Cell leader nel settore, sidescrive la preparazione di un cataliz-zatore di rutenio metallico supportatosu una resina anionica. Quest’ultimadovrebbe favorire l’aggancio dello ione

A. Pozio, M. De Francesco, G. Monteleone, R. Oronzio, S. Galli

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Figura 6Stime di riduzionedel costo del NaBH4attraverso la riduzio-ne del costo del pro-cesso di produzionedel sodio metallicoFonte: MillenniumCell

log10 t1/2 = pH (0,034 T - 1,92) (t1/2 in min., T in K) (5)

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Immagazzinamento e la generazione di idrogeno da boroidruri alcalini

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boroidruro (BH4-) in prossimità delrutenio aumentandone il tempo di con-tatto e quindi la cinetica di idrolisi, cheinfatti risulta elevata. Verifiche effet-tuate presso i laboratori ENEA hannocomunque mostrato che, per gli altivalori di pH, sia la resina anionica cheil rutenio sono instabili: la resina, ini-zialmente presente in piccole sferette,tende a sfibrarsi nel tempo, il ruteniosi distacca dalla resina per le tensioniprodotte al suo interfaccia durante losviluppo dell’idrogeno. Ancora piùimportante, lo stesso rutenio è persoper dissoluzione in virtù del forte pote-re corrosivo dell’ambiente alcalino,come già previsto sperimentalmenteda M. Pourbaix [34].Nel brevetto di Amendola citato ilcatalizzatore è inserito in un reattoreprovvisto in testa e in coda di filtri pertrattenere le particelle di circa 0,025mm di diametro, la soluzione diNaBH4/NaOH/H2O è flussata all’inter-no mediante una pompa peristalticaattraverso cui si può regolare la velo-cità di generazione dell’idrogeno. Allo scopo di superare le suddette limi-tazioni riscontrate sperimentalmentedagli autori, la ricerca ENEA è stataindirizzata alla realizzazione di uncatalizzatore con una cinetica almenoparagonabile a quella evidenziata dailavori citati ma con una maggiore sta-bilità chimica. Allo stesso tempo è sta-to affrontato il problema della perdi-ta del catalizzatore per effetto deltrascinamento da parte della soluzio-ne di alimentazione. È stato così mes-so a punto in scala di laboratorio undispositivo che, inserito nel circuito dialimentazione di soluzioni acquose diboroidruro di sodio/idrossido di sodio,esplicasse al meglio le tre seguenticaratteristiche fondamentali:1) rapida cinetica di generazione di idro-geno;

2) controllo del volume di idrogeno pro-dotto nell’unità di tempo;3) alta stabilità chimica nel tempo.

Il dispositivo realizzato è basato sul-l’azione di un campo magnetico diret-tamente su una parte della linea del cir-cuito di alimentazione della soluzioneNaBH4/NaOH/H2O. Le linee di forza delcampo sono tra loro parallele e di den-sità omogenea ed esplicano la loro azio-ne con una geometria trasversale rispet-to alla linea del circuito attraversandonel’intero lume e per un tratto di lunghez-za ben stabilito (figura 7).All’interno della zona di azione delcampo magnetico viene posizionatoun materiale catalitico sotto forma dipolvere a granulometria variabile rea-lizzato ad hoc e in grado di promuo-vere la reazione di idrolisi del boroi-druro di sodio per la generazione diidrogeno. Ovviamente questo materia-le gode di proprietà ferromagnetichetali che l’intensità del campo magne-tico applicato dall’esterno del circuitoè adeguata in modo tale da bloccarein modo stabile il materiale cataliticostesso nel tratto di circuito considera-to, senza alcuna perdita per effetto deltrascinamento da parte della soluzio-ne di alimentazione o della turbolen-za creata dalla formazione di bolle digas di idrogeno sulla sua superficie. Il

Figura 7Reattore a confina-mento magneticoFonte: ENEA

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catalizzatore prodotto è costituito daun cuore di materiale ferromagneticoscelto tra elementi metallici singoli oin lega quali il ferro, il cobalto, ilnichel; leghe quali ferro-cromo, ferro-platino; acciai ferromagnetici (es. serieAISI 400); ossidi di ferro (es. magneti-te). Uno strato protettivo a base dimetallo nobile avvolge il nucleo ferro-magnetico. Infine un terzo stratometallico a base di metalli nobili e nonnobili in lega fra di loro esplica la verae propria azione catalitica. Le propor-zioni tra i vari strati sono tali da ave-re un prodotto finale costituito all’80-99% dal materiale/i ferromagnetico,all’1-10% dallo strato protettivo e allo0,1-10% dallo strato catalitico.Prima della realizzazione del disposi-tivo, il catalizzatore sperimentale èstato sottoposto a due diverse proveper la generazione di idrogeno daNaBH4: nella prima prova è stata con-frontata la cinetica di idrolisi del nuo-vo catalizzatore rispetto a quella otte-nuta con catalizzatore IRA-400/Ru5%realizzato secondo la metodologia diAmendola et al., in cui il catalizzato-re è stato messo a contatto con unasoluzione acquosa termostatata a 35°C di NaBH4 20%p/NaOH 10%p. Il gra-fico di figura 8 mostra il volume diidrogeno generato in cm3 (STP) in fun-zione del tempo trascorso in secondidall’inizio della reazione di catalisi. La

pendenza della retta rappresenta lacinetica dell’idrolisi del NaBH4 (cineti-ca di ordine 0) sui differenti catalizza-tori e risulta: 7,1 cm3 di H2/sec pergrammo di catalizzatore per il cataliz-zatore ENEA contro i 5,6 cm3 di H2/secper grammo di catalizzatore per ilcatalizzatore IRA-400/Ru 5% del bre-vetto di Amendola et al.La seconda prova, riguardante la stabi-lità chimica e quindi l’attività cataliticanel tempo, è stata eseguita utilizzandouna coppia di magneti permanenti,affacciati, il cui campo magnetico, conintensità di circa 1 KGauss, agiva su untratto di un circuito chiuso di diametrodi 16 mm e di lunghezza di 50 mm. Unaquantità pari a 0,50 g del catalizzatoreENEA è stata confinata in questa zonadel circuito. Una pompa peristalticaprovvedeva a flussare, a circuito chiu-so, una soluzione acquosa di 1 litro diNaBH4 20%p/NaOH 10%p alla velocitàdi circa 1 mL/minuto, a temperaturaambiente per 6 giorni. Al termine del-la prova il catalizzatore è stato recupe-rato e sottoposto alla prova cinetica giàdescritta precedente (0,25 g cat. / T=35°C / V=30 mL sol.). L’idrogeno generatoè stato di 6,8 cm3 H2/sec per grammo dicatalizzatore, mostrando una diminu-zione di appena il 4% rispetto alla cine-tica originaria.

Generatori di idrogeno da sodioboroidruro

Come già, detto pioniere e leader diqueste applicazioni è la Millennium Cellproprietaria di numerosi brevetti sullaproduzione di idrogeno mediante NaBH4[35, 36, 37, 38]. Non esistono prodotticommerciali di questo tipo di dispositivima numerosi prototipi realizzati dallaMillennium in collaborazione con caseautomobilistiche o di produttori di fuelcell, come la Natrium, una veicolo a cel-

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Figura 8Volume di idrogenoprodotto vs. tempoper catalizzatoreIRA-400/Ru5% (•) ecatalizzatore ENEA (o)Fonte: ENEA

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le a combustibile sviluppato in collabo-razione con Daimler Chrysler e la Hpo-wer con la Peugeot/Citroen.Sia la Millennium, in collaborazione conHydrogenics, che l’americana Manhat-tan Scientifics hanno sviluppato sistemidi produzione di idrogeno con NaBH4per usi portatili, che appare come unsettore di applicazione particolarmen-te interessante, soprattutto nell’ambi-to militare.Goldstein et al. [39] hanno brevettatoun sistema di generazione di idrogenoda boroidruro in fase solida in cui ilboroidruro viene inserito in capsule dilunghezza 40 mm che rilasciano idro-geno per dissoluzione in ambienteacquoso o per polverizzazione attra-verso mezzo meccanico. Anche l’ENEA è presente in questo set-tore con Prosini et al. [40], con un bre-vetto su un dispositivo portatile per laproduzione di idrogeno basato sullamiscelazione controllata di una soluzio-ne di acido cloridrico in un reattore con-tenente NaBH4 solido. Gli stessi hannomesso a punto un procedimento per laproduzione di idrogeno mediante idro-lisi di NaBH4 solido [41].

Il generatore ErreDue

La società ErreDue di Livorno, già pro-duttrice di elettrolizzatori alcalini egeneratori di gas per applicazioni indu-striali, ha ingegnerizzato un prototiposperimentale basato sulla tecnologia svi-luppata da ENEA [42]. Il primo dispositi-vo commerciale è in grado di generareidrogeno a richiesta partendo da solu-zioni di NaBH4 (figura 9).Il sistema può fornire piccole quantità diidrogeno (portata massima 150 NmL/min)con un elevato grado di purezza a pres-sione basse (massimo 4,5 bar). Il dispositivo è indicato per tutte le appli-cazioni che richiedono la produzione di

idrogeno locale, in limitate quantità econ elevata purezza, come ad esempiorichiesto in laboratori di analisi (gas car-rier per la gascromatografia).Lo schema del processo è rappresentatoin figura 10: una soluzione di NaBH4 èricircolata in modo discontinuo per mez-zo di una pompa dal serbatoio nel reat-tore, dove si sviluppa idrogeno e si pro-duce metaborato (NaBO2) che rimanedisciolto in soluzione. L’idrogeno che sisviluppa è convogliato in un letto diessiccazione e quindi reso disponibile inuscita, a pressione costante. Durante l’esercizio, la soluzione di boroi-druro in ricircolo tende ad esaurirsi dive-nendo sempre più satura di metabora-to; quando la concentrazione di NaBH4risulta insufficiente per la produzione diidrogeno richiesta, è necessaria la sosti-tuzione della soluzione esausta con altranuova. Il sistema consente di operare allaportata nominale per 24 ore.I vantaggi di usare un processo di questotipo sono la sicurezza, operando con ridot-

Figura 10Schema del processoFonte: ErreDue

Figura 9 Generatore di idro-geno ErreDue mod.GBH02Fonte: ErreDue

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ti quantitativi di idrogeno a bassa pressio-ne, la semplicità nella gestione e la purez-za del gas prodotto (99,9995%). La manu-tenzione è ridotta grazie all’adozione delcatalizzatore a confinamento magneticoche, a differenza di altre soluzioni, non habisogno di essere periodicamente ripristi-nato a causa di dispersione e trascinamen-to durante il processo stesso.

Sperimentazione

L’obiettivo della sperimentazione è sta-to quello di caratterizzare il dispositivoGBH02 in modo tale da valutarne le pre-stazioni e da definirne un modello mate-matico ed i relativi parametri.Nella tabella 3 si riportano le condizionioperative scelte per la campagna di prove.Il funzionamento del sistema è disconti-nuo, governato dalla pressione massimadi esercizio. Dall’analisi del funziona-mento del reattore sono state individua-te due fasi di produzione dell’idrogeno: • “fase ATTIVA” in cui la produzione di

idrogeno è dovuta al contatto tra solu-zione e catalizzatore;

• “fase PASSIVA” quando, nonostante lasoluzione non stia più nel reattore, si hauna decrescente produzione oraria diidrogeno, dovuta probabilmente a pic-cole quantità di soluzione di sodiobo-roidruro rimaste adese al catalizzatore.

La figura 11 evidenzia l’andamento dellapressione e della temperatura del rettoredurante la fase passiva ed attiva del gene-ratore. I dati mostrano che, con il proce-dere della reazione, si registra una varia-zione della pressione di esercizio, tra unvalore minimo, corrispondente all’istante

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iniziale della fase attiva del reattore, e unvalore massimo che è funzione della quan-tità di idrogeno prodotto, e quindi dell’im-poverimento della soluzione.Nella figura 12 è riportato il volumetotale di idrogeno prodotto durante lasperimentazione ottenuto sommando ivolumi prodotti durante tre test succes-sivi. Nel diagramma si riportano anche i

Figura 12Volume di idrogenoprodotto vs. tempoda una soluzioneall’8% (g/L) di sodio-boroidruroFonte: ENEA

Figura 11Pressione e tempe-ratura del reattorevs. tempo durantele varie fasi di fun-zionamento. Con-centrazione NaBH47.4wt.%, volume1150 cc, Psp 3,5 barFonte: ENEA

Tabella 3 - Condizioni operative di sperimentazione del generatore GBH02

Concentrazione iniziale di sol. NaBH4 (p/V) mol CAO 0,08Volume iniziale di NaBH4 L VO

A,S-1 1,175Valore di set point per la pressione bar Psp 3,5Portata media oraria di H2 NL/min FH2 100Volume di H2 atteso L VOH2 161,6

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volumi complessivi prodotti nei singolitest. Il volume di gas prodotto, ovvia-mente, diminuisce all’impoverirsi dellasoluzione di boroidruro. La pendenzadella curva che risulta proporzionale allavelocità di reazione e quindi di produ-zione di gas, si mantiene abbastanza sta-bile nel tempo di funzionamento. Le prove sperimentali sul generatore diidrogeno e i risultati ottenuti hanno per-messo di verificare il modello matema-tico che descrivere il processo di idrolisicatalitica del sodioboroidruro e indivi-duarne i parametri. Il generatore di idrogeno è costituito dalreattore, dal separatore di gas dalla solu-zione e da un serbatoio e pompa per ilricircolo della soluzione (figura 13). Tale schema nel suo insieme si può assi-

milare ad un reattore ideale a mescola-mento perfetto con flusso continuo (Con-tinuous Stirred Tank Reactor - CSTR). Perdefinire l’equazione del modello è statoconsiderato il bilancio di materia per ilCSTR espresso dall’equazione seguente:

(6)

In cui CA indica la concentrazione della solu-zione di NaBH4 in soluzione, V il volumedel reattore, ed r la velocità di reazione. Tenendo conto delle condizioni di lavo-ro ed introducendo il tempo di residen-za idraulico della soluzione nel reatto-re, τ, definito come rapporto tra ilvolume del reattore V e Fin, si ottiene:

(7)

con cui è possibile calcolare la concen-trazione del reagente A (sodioboroidru-ro) in funzione del tempo.La concentrazione di sodioboroidruropresente nei campioni liquidi presi duran-te la reazione si ricava dalla stechiome-tria della reazione 4, calcolando la quan-tità di idrogeno da essi sviluppato. I dati sperimentali evidenziano un pro-filo lineare decrescente della concen-trazione di sodioboroidruro in solu-zione nel tempo, confermando lavalidità del modello utilizzato (eq. 7)e l’ordine zero della reazione di idro-

(0

1S,AF − : portata di so luz ione di N aB H4 in ingresso a t0, inF : po rtata d i soluz ion e entrante dal reatto re,

outF : port ata di so luz ion e usc ente dal reattore, 2H : port ata d i idrogeno usc ente dal reattore)

Serbatoio S

Reattore R

Pompa PFin

FoutH2

FoA, S-1

Figura 13Rappresentazioneschematica del reat-tore CSTRFonte: ENEA

Figura 14Efficienza del gene-ratore GBH02Fonte: ENEA

V * dCAdt = F

in − F out ± r *V

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lisi (n=0), non dipendendo la velocitàdi reazione dalla concentrazione (CA),ma solo dalla costante cinetica (K). Daidati si è ottenuto un valore di K pari a0,0002 s-1.La resa del generatore è stata quindivalutata sulla base del volume di idro-geno prodotto rispetto alla quantitàaccumulato nella soluzione caricata.La figura 14 mostra l’andamento ditale resa nel corso di prove successive,utilizzando una soluzione di parten-za di 1,2 litri contenente l’8% diNaBH4 (peso/volume). Si nota un anda-mento lineare e quindi asintoticointorno ad un valore del 60% di idro-geno erogato.

Conclusioni

La possibilità che si realizzi un’econo-mia basata sull’idrogeno è legata a que-stioni di carattere prevalentemente eco-nomico, politico e tecnico, tuttestrettamente in relazione tra di loro edi non facile soluzione. Dal punto divista tecnico uno dei punti nodali darisolvere è certamente rappresentatodalla capacità di accumulare e traspor-tare l’idrogeno in modo perlomenoparagonabile a quello offerto dai com-bustibili tradizionali. In questa ottica, i risultati di questo lavo-ro rappresentano un punto fondamen-tale per successivi sviluppi. Si è infattidimostrata la fattibilità, sia in fase dilaboratorio che in fase di ingegnerizza-zione, di un sistema per la produzionedi idrogeno a partire da soluzioni diboroidruro di sodio (NaBH4) in grado difunzionare in maniera costante e affida-bile. Il prodotto finale del lavoro è giàin una fase di commercializzazione adimostrazione dell’avvenuta maturità diquesta tecnologia per future applicazio-ni che implichino la produzione e l’uti-lizzo dell’idrogeno a richiesta.

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Sull’effettiva possibilità di usare questotipo di tecnologia nel settore dei traspor-ti pesa certamente l’elevato costo delboroidruro di sodio che, allo stato attua-le, non può competere con i combustibi-li fossili. È altrettanto certo che per pro-durre boroidruro di sodio serve piùenergia di quanta se ne ricava. Tuttaviaqueste considerazioni che sono valideoggi al costo attuale dei combustibili fos-sili potrebbero rapidamente non esserlodomani. Inoltre, un analisi del processodi produzione del boroidruro evidenziauno scostamento tra il costo effettivo delprocesso e il costo del materiale, ciò dovu-to ad una atipicità del mercato della pro-duzione che incide pesantemente sulcosto finale del materiale. Appaiono esi-stere margini di riduzione del costo delprocesso di produzione che dovrebberospingere e motivare la ricerca ad investi-re in maniera mirata in questo campo.

Per informazioni ENEA - Dipartimento Tecnologie per l’Energia, Fonti Rinnovabili e Risparmio [email protected]

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200760

Le potenzialità offerte dalle nanotecnologie

nei vari settori applicativi appaiono davvero notevoli.

Le innovazioni allo studio o già sviluppate per il settore

agroalimentare includono in pratica tutti gli aspetti produttivi:dalla coltivazione al processamentodei prodotti alimentari, al controllodi qualità, al “packaging intelligente”.

Lo sviluppo di queste tecnologie va accompagnato da un’attenta

analisi degli eventuali rischi e delle implicazioni sociali

Esistono varie definizioni delle nanotec-nologie, che vengono talvolta usatemagnificando oltremodo potenzialità etimori per i rischi collegati, trascurandociò che la ricerca sta effettivamente svi-luppando o ciò che si propone di otte-nere: le nanotecnologie per alcuniaspetti sono ancora alla frontiera trarealtà scientifica e visioni futuristiche. Iltermine “nanotecnologie” fu coniatoda un ricercatore dell’Università di Tokionel 1974 e in pratica viene oggi usatoper indicare sia ricerca e acquisizione diconoscenza che tecnologia per crearenuove strutture, materiali, sistemi allascala nanometrica, ossia del miliardesi-mo di metro (nm). Per dare un terminedi paragone, ricordiamo che nell’univer-so nano sono compresi ovviamente ato-mi e molecole, incluse quelle organichee biologiche, i virus, mentre le cellulearrivano già a misurare migliaia di nme un capello umano ha il diametro didecine di migliaia di nm. Le nanotecno-logie sono un insieme di differenti tec-nologie e approcci, tutte legate alladimensione nano, tra uno e 100 nm; si

studi

& ricerc

he Nanotecnologie:

innovazioni nel settore

agroalimentareVincenzo Capuano

Nanotechnology-basedinnovations

in the agri-food sectorNanotechnologies have high potential for useful applications in many sectors. Innovations nowunder development or already on the market address practically all aspectsof the food-products industry, from farming toprocessing, quality control and smart packaging. The development of these technologies should beaccompanied by a careful assessment of their risks andsocial implications

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Nanotecnologie: innovazioni nel settore agroalimentare

energia, ambiente e innovazione

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parla pertanto di nanomateriali, nanoe-lettronica, nanobiotecnologie, nanome-dicina, nanomacchine. La dimensionenano, a causa dell’aumentata influenzadegli effetti superficiali, comporta l’esi-stenza di proprietà fisiche molto diver-se rispetto alla materia considerata nel-le normali dimensioni micro o macro.Infatti, ad esempio, l’oro a scala macroè giallo, ma nel nanomondo ha colorerosso; il carbonio a livello nanometricoconduce molto bene la corrente elettri-ca ecc. Gli strumenti per l’osservazionedel nanomondo: il microscopio a scan-sione e quello a forza atomica, realizza-ti sul finire degli anni 80, hanno consen-tito anche le prime manipolazioni dellamateria a livello atomico e molecolare.Negli stessi anni venivano scoperte lenanoparticelle di carbonio: nanotubi efullereni, che ricevono molta attenzio-ne oggi per varie applicazioni.Attraverso l’uso delle nanotecnologie èpossibile creare nuovi materiali funzio-nali, strumenti e sistemi con straordina-rie proprietà derivanti dalla loro strut-tura e implementare qualità ecaratteristiche di processi e prodotti esi-stenti. I sistemi di nanofabbricazioneseguono due tipi di approccio: quellotop-down, col quale si realizzano nano-strutture partendo da dimensionimacro/micro per asportazione e prelie-vo di materiale con tecniche di tipo lito-grafico, già sperimentate nella elettro-nica avanzata, oppure partendo dalbasso (bottom-up), realizzando struttu-re a partire da nanoparticelle (nanotu-bi, fullereni, dendrimeri, quantum dot).In quest’ultimo caso assume un ruolosempre più importante l’impiego di mec-canismi e strutture biologiche, il cui fun-zionamento avviene normalmente a sca-la nano negli esseri viventi. Questaevidente intersezione tra materia viven-te e non vivente porta a vedere le nano-tecnologie in un’ottica ancora più ampia:

quella della convergenza a scala nanotra varie scienze e tecnologie, con infor-matica e tecnologie della comunicazio-ne, scienze cognitive, biotecnologie. Leconvergenze tecnologiche, su cui già siinveste negli Usa e in Europa, potrebbe-ro aprire nuovi scenari nell’evoluzionedel progresso umano.L’ottenimento di nuovi materiali nano-strutturati, i progressi nella nanoelettro-nica e nelle nanobiotecnologie lascianointravedere i settori in cui sono previstele maggiori applicazioni delle nanotec-nologie: immagazzinamento, produzio-ne e conversione di energia; tecnologiedell’informazione e comunicazione; dia-gnostica e terapia umana e veterinaria;agricoltura e agroalimentare; inquina-mento ambientale e trattamento delleacque; materiali e costruzioni.

Nuove frontiere nelle nanoscienze e nanotecnologie

La capacità di manipolazione della mate-ria alla scala di un miliardesimo di metro,la possibilità quindi di creare strumenti,materiali e strutture con caratteristiche deltutto nuove consentono di immaginare eprogettare innovazioni di notevole impat-to nei vari settori produttivi, non esclusiquelli dell’agricoltura e della produzionealimentare. In pratica molteplici aspettilegati alla coltivazione, processamentodegli alimenti, impatto ambientale dellaproduzione agricola possono essere ogget-to delle applicazioni delle nanotecnolo-gie. Nanosensori possono dare informa-zioni su contaminazioni chimico-biologichenelle varie fasi di produzione, sistemi“intelligenti” possono consentire il con-trollo a distanza delle colture, con bene-fici in termini di efficienza e sicurezza,innovativi materiali possono contribuiread un migliore packaging ecc. Osservando quanto sinora realizzato etenuto conto delle prospettive che si apro-

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no per il futuro, si può dire che per glianni tra il 2000 e il 2040 si possono consi-derare quattro generazioni possibili diprodotti e processi delle nanotecnologie.Tra i primi vanno ricordate le nanostrut-ture passive, sotto forma di dispersioniaerosol o colloidali, oppure di nanostrut-ture incorporate in prodotti, come rive-stimenti, materiali nanocompositi enanostrutturati, polimeri, ceramici.Si sono poi più recentemente studiatenanostrutture attive, sia dal punto divista biologico (es. nanocarrier per far-maci), che chimico-fisico (amplificatori,transistor 3-D, attuatori). Tra gli esempidi questi nanoprodotti di seconda gene-razione si può ricordare il nanomotorevirale guidato da RNA sintetico e svilup-pato da P. Guo dell’Università Purdue,Usa, nel 2004, le piattaforme multifun-zionali sviluppate da Kulovska-Latallo,Baker et al. [1] (figura 2) e quelle elabo-rate da Y. Benenson, predisposte per tro-vare, misurare e trattare un analista diinteresse.La terza generazione di prodotti allo stu-dio è rappresentata dai sistemi di nanosi-stemi (assemblatori, architetture e net-work, nanorobotica, strutture adattative).Tra questi vanno annoverati ad esempio ipolimeri (essenzialmente polipirrolo) nano-

strutturati biocompatibili, biodegradabi-li, studiati per l’impiego come sonde neu-rovascolari presso il MIT di Boston, Usa [2].Anche i micro-nanorobot di S. Goldstein(Carnegie Mellon University, Usa) appar-tengono a questa classe di prodotti allostudio. Essi rappresentano una forma dimateria programmabile, in grado di svi-luppare il concetto di robot modulari(claytronics). Una materia programma-bile deve contenere capacità di calcolo,attuatori, energia, sensori, comunicazio-ne, per costituire forme e configurazio-ni di interesse [3]. Tra una quindicina dianni si prevede di poter sviluppare laquarta generazione dei prodotti dellenanotecnologie, secondo il parere espres-

Figura 1Quattro generazio-ni di prodotti e pro-cessi delle nanotec-nologieFonte: M. C. Roco [4]

Figura 2Piattaforma polifun-zionale (nanopro-dotto di seconda ge-nerazione)Fonte: Kulovska-La-tallo, Baker et al.[1]

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Nanotecnologie: innovazioni nel settore agroalimentare

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so da M. Roco, responsabile del Program-ma Nanotecnologie Usa: nanosistemimolecolari, ossia strutture molecolariappositamente progettate, struttureautoassemblanti ecc.[4]. Una interessan-te iniziativa, per restare all’oggi, è quel-la relativa all’inventario dei prodotti giàesistenti sul mercato, intrapresa dal Pro-ject on Emerging Nanotechnologies1 diWashington, Usa. Si può notare come esi-stano oltre 200 prodotti da 15 paesi, chepossono essere acquistati in supermerca-ti, farmacie, negozi di articoli sportivi ein internet e che variano da cosmetici, aindumenti, articoli sportivi o elettronici,integratori alimentari.

Applicazioni delle nanotecnologienell’agroindustria e nell’agroalimentare

Le nanoscienze e le nanotecnologie stan-no ricevendo una sempre maggioreattenzione sia nei paesi più sviluppatiche in quelli in crescita rapida come laCina e negli altri in via di sviluppo. Anchese in generale i maggiori finanziamentisono rivolti verso la biomedicina, l’ener-gia, l’ICT, le potenziali applicazioni del-le nanotecnologie nel settore agroindu-striale e agroalimentare non appaionoda meno, per quanto riguarda le pro-spettive di innovazione e di impatto eco-nomico, rispetto a quelle degli altri set-tori applicativi. Si delineano soluzioniche vanno nella direzione di maggioreconoscenza e trasformazione dei biosi-stemi, diagnosi e trattamento in agricol-tura, preparazione e conservazione ali-mentare, bioprocessi ecc. In questoquadro anche l’agricoltura in ambientecontrollato, derivata dalle tecniche dicoltura idroponica, potrà avvantaggiar-si dall’introduzione delle nanotecnolo-gie. Alcuni analisti si spingono a preve-dere addirittura un intervento direttodelle nanotecnologie sulla progettazio-

ne di alimenti, manipolandone moleco-le e atomi costituenti, mentre la conver-genza di nano, bio, info tecnologie lasciaprevedere un impatto davvero impor-tante sul settore agroindustriale. Le principali applicazioni di interesse neivari settori dell’agroindustria e del-l’agroalimentare sono rivolte, schemati-camente, a:

• somministrazione con sistemi innova-tivi di pesticidi, farmaci, fertilizzantialle varie colture;

• controllo e localizzazione a distanzadelle colture;

• monitoraggio precoce di agenti pato-geni o di sostanze chimiche contami-nanti;

• rilevamento, con alto grado di sensibi-lità, del grado di purezza dei prodotti;

• innovazioni di prodotto e di processonell’industria alimentare;

• metodi innovativi per diagnosi e tera-pia in zootecnia;

• “packaging intelligente”;• sistemi innovativi di processo/prodot-

to in combinazione con la tecnologiadei fluidi supercritici.

Un database on line che elenca circa 160applicazioni delle nanotecnologie nel-l’agroalimentare, evidenzia un ampiospettro di progetti che vanno dai bio-processi al monitoraggio dei patogeni econtaminazioni a sistemi intelligenti ditrattamento dei prodotti e può essereconsultato sul sito http://www.nanotechnology.org/inven-tories .

Sistemi innovativi di somministrazionedi fertilizzanti, pesticidi o farmaci

Lo sviluppo di nuove tecnologie, basatesu applicazioni in scala nano e rivolte aivari settori dell’agroindustria risulta dadiversi progetti in atto. Si va dalla propo-sta di ricercatori dell’Università di Kyoto

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che stanno sperimentando l’uso di C60(nanoparticelle di carbonio formate dasessanta atomi: fullereni) per la produ-zione di ammoniaca, a quella dell’Acca-demia delle Scienze russa che prevede ladispersione sui campi di nanoparticelle diFe che si sarebbero dimostrate in gradodi stimolare la germinazione dei semi dipomodoro, a quella di ricercatori corea-ni che impiegano nanoparticelle di ossi-do di titanio per aumentare la fotosinte-si e stimolare la crescita del riso2. Ancheil settore della purificazione delle acquedi superficie, da impiegare per scopi pro-duttivi (agricoltura, acquacoltura), riceveattenzione in diverse iniziative. L’impie-go di nanofibre di ossido di Al del diame-tro di 2 nm si è rivelato utile nella ultra-filtrazione di batteri e virus, secondoquanto offerto dalla Argonide, un’azien-da Usa. Un forte impegno nella purifica-zione delle acque si registra anche da par-te di Basf, Dow e varie aziende in Francia,India e Sud Africa. In parallelo si studia-no inoltre sistemi in cui nanoparticellecatalizzano l’ossidazione e la degradazio-ne di inquinanti recalcitranti, facilitando-ne la rimozione da siti contaminati e daacque di superficie3. Iniziative per la rimo-zione di fosfati e per contrastare la cre-scita di alghe da bacini acquiferi conimpiego di nanoparticelle di ossido di tita-nio, che sono state sviluppate da alcuneaziende, potrebbero risultare utili anchein impianti di acquacoltura4.Pesticidi in formulazione nano (particel-le di dimensioni tra 10 e qualche centi-naio di nm) sono già sul mercato e pre-sentano vantaggi sul versante di unamigliore capacità di dissoluzione inacqua, maggiore stabilità nel tempo,prevenzione dell’intasamento filtri del-le macchine di somministrazione (Basf,Bayer, Syngenta, Monsanto). Le nano-capsule contenenti i pesticidi presenta-no la possibilità di rilasciare il compo-nente attivo mediante varie modalità,

dipendenti dalle caratteristiche costrut-tive: per reazione chimica, variazioneumidità, temperatura, pH, azione diultrasuoni, di campo magnetico ecc. Adesempio un insetticida nanoincapsulatodi Syngenta diventa attivo all’internodell’apparato digerente degli insetti ber-saglio, a causa del pH alcalino ivi presen-te. Queste tecniche di rilascio controlla-to sono peraltro impiegate anche innanocapsule progettate per impieghi inanimali per scopi diagnostici e/o tera-peutici. A questo riguardo va detto chesono numerose le ricerche rivolte all’im-piego nell’uomo, per cui si otterrà unaestesa possibilità di applicazione anchenel settore veterinario di nanocapsule enanosistemi in grado di recare in modomirato e selettivo farmaci nei tessuti ocellule malate.

Sistemi di localizzazione e controllo adistanza di parametri di interesse nellecolture e negli allevamenti

L’impiego delle più recenti acquisizioni nel-le ICT, l’uso del sistema GPS e delle nano-biotecnologie, con lo sviluppo di specialisensori wireless ad altissima sensibilità, col-legati tra loro in una o più reti, lascia intra-vedere una agricoltura sempre più legataalla tecnologia (“precision farming”). Poi-ché molte caratteristiche chimico-fisiche ebiologiche delle colture da monitoraresono legate alla dimensione nano, senso-ri ad azione multipla e capaci di monito-rare piccolissime quantità (livello moleco-lare) degli agenti biochimici, collegati inrete, possono consentire l’elaborazionedei dati e l’effettuazione dell’azione piùappropriata. In questi sistemi intelligentisi ottiene un automatico monitoraggio divari parametri nelle piante, la localizzazio-ne precisa nella coltivazione e l’interven-to necessario in irrigazione, somministra-zione pesticidi, fertilizzante. Va aggiuntoche nell’estate 2006 si è tenuto in Califor-

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nia il primo workshop internazionale sul-le reti di sensori, mentre alcune applica-zioni sono già attive in vigne della Califor-nia e Australia; le aziende interessate alloro sviluppo sono diverse: CrossbowTechnologies, Dust, Motorola, Intel ecc. Ildipartimento di agricoltura Usa (USDA)lavora allo sviluppo di un “Smart FieldSystem”, un sistema che misuri i vari para-metri per le migliori condizioni di crescitadelle colture, localizzi in campo le aree diintervento (anche sulla singola pianta) eintervenga automaticamente per ottene-re o ripristinare le condizioni desideratedi umidità, quantità di fertilizzante o dipesticida. Il governo Usa ha inoltre lancia-to un progetto (SensorNet) che intendeintegrare nanosensori, microsensori e sen-sori convenzionali in una rete nazionaleper obiettivi non più solo di sorveglianzaagroambientale ma di sicurezza5. Nello svi-luppo di reti di sensori avanzati è coinvol-ta anche l’UE con progetti di ricerca spe-cifici, tra cui il progetto Eyes, coordinatodal prof. Havinga dell’Università di Twen-te in Olanda che, oltre al monitoraggioambientale, ha proposto l’impiego di unnetwork di sensori multifunzionali (“intel-ligenti”) per il monitoraggio del latte, del-la sua quantità e qualità, delle eventualimalattie presenti negli allevamenti6.

Monitoraggio patogeni e contaminan-ti, sicurezza e qualità alimentare

La precoce identificazione di malattie oalterazioni nella normale fisiologia di cre-scita di piante in coltura o animali in alle-vamento può consentire interventi decisi-vi per il contrasto di questi fenomeni, conevidenti ripercussioni positive sugli aspet-ti produttivi ed economici, oltre cheambientali, ove si consideri la possibile ridu-zione in quantità di pesticidi o farmaci. Lapossibilità di combinare biotecnologie enanotecnologie può consentire la predi-sposizione di nanobiosensori in grado di

rilevare patogeni, contaminanti, aspettifisico-chimici come temperatura, umiditàecc. metalli pesanti, contaminanti chimici,a livelli di sensibilità molto spinti.Ad esempio il progetto Goodfood, finan-ziato dall’UE nell’ambito del 6PQ, prevedevarie applicazioni nella catena alimentare(in particolare nei settori lattiero-caseario,frutta, pesce e vino), sia per il monitoraggiodi sostanze chimico-biologiche che per il con-trollo della sicurezza e della qualità di pro-duzione. Il progetto, coordinato dal prof. C.Canè (CSIC, Spagna) registra la partecipa-zione di un consorzio di imprese tra cui laNestlè e di vari centri di ricerca europei edovrebbe completare le proprie attività nelcorso del 2007. Tra gli obiettivi si evidenzia-no iniziative per la rapida analisi di residuidi pesticidi, antibiotici, micotossine, patoge-ni, per lo sviluppo di microsistemi multisen-sing di controllo logistica e qualità. Attra-verso l’integrazione multidisciplinare delleconoscenze sensoristiche e di miniaturizza-zione e delle tecnologie di computazione etrasmissione, ci si prefigge il miglioramen-to della sicurezza e della qualità del cibo. Losviluppo di sistemi di rilevazione caratteriz-zati da piccole dimensioni, basso costo, bas-so consumo energetico, semplicità d’uso,tempi di risposta rapidi e con connessionediretta a nodi di decisione autonoma, ren-derà possibile utilizzare sistemi di controllonei punti critici del ciclo alimentare, dallamateria prima fino al prodotto finale. Cen-trale appare la interconnessione e comuni-cazione di sistemi sensoriali eterogenei inpiattaforme integrate per la fornitura di ser-vizi, basate sul paradigma dell’”AmbientIntelligence”7. Tra le varie iniziative tendenti al rilevamen-to rapido di contaminanti biologici, rima-nendo in tema di sicurezza alimentare, puòessere utile ricordare il “NanoBiolumine-scence Detection Spray”, uno spray conte-nente una proteina che in caso di presen-ze indesiderate nei cibi (salmonella, coli)produce luminescenza visibile. Ciò è quan-

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to promette uno dei prodotti che unaazienda, la Agromicron, intende portaresul mercato. La molecola proteica si legain modo specifico sulla superficie del bat-terio dando luogo ad una luminescenzaproporzionale al grado di contaminazio-ne8. La stessa azienda è impegnata anchenello sviluppo di un test rapido per la rile-vazione del virus dell’influenza aviaria.L’identificazione e la caratterizzazionedi popolazioni batteriche di interesseagricolo e ambientale, nonché la possi-bilità di monitorare in modo rapido esicuro l’eventuale presenza di patogeni,può essere perseguita anche attraversol’impiego di un interessante sistemabasato su nanostrutture di DNA a formadi dendrimero, ossia molecole ramifica-te di DNA. Le strutture ottenute vengo-no marcate con coloranti fluorescentirosso e verde, in proporzioni controlla-te in modo da costituire una sorta dicodice a barre, inoltre le strutture sonoanche legate a sonde specifiche per i variDNA da ricercare nei campioni (figura3). Ne risulta un sistema - DNA nanobar-code - che mediante citometria a flussoo elettroforesi su gel di agarosio, puòconsentire analisi molto sensibili (a livel-lo di attomole) e rapide (pochi secondiin citometria a flusso) [5].La sempre maggiore miniaturizzazione

dei sistemi di analisi a piastra multipla(anche 105 “pozzetti di reazione” percm2), ove in ciascun pozzetto si esegueuno specifico test, ha consentito di stu-diare simultaneamente numerosi para-metri. Questi microsistemi di analisi mul-tipla o chip vengono in generefunzionalizzati con DNA o proteine.Aziende come Affimetrix hanno postosul mercato dei chip a DNA per la rile-vazione simultanea nel campione in esa-me di diversi genomi, basandosi su unareazione di ibridazione che viene evi-denziata per fluorescenza. La sua loca-lizzazione e intensità sul chip dà infor-mazioni su quali geni sono espressi e inche misura. Infatti, ad esempio il FoodExpert ID, sviluppato da Affymetrix, con-sente di rilevare la presenza o l’assenzadi ben 33 differenti specie di DNA e ciòpuò risultare utile in controlli su alimen-ti o altri prodotti, salvaguardandone lapurezza e l’autenticità. Sul mercato sonopresenti anche altri biosensori con bio-chip per monitoraggio di patogeni,come quello prodotto dalla Zyomyx(www.zyomyx.com).I vari metodi (ottici, elettrici, elettrochi-mici e gravimetrici) impiegati per la rile-vazione dei dati ottenuti con gene-chipevidenziano la vasta scelta della piatta-forma potenzialmente utile per l’anali-

Figura 3DNA nanobarcode:un sistema per mo-nitoraggio rapido dicontaminanti biolo-giciFonte: M. N. Da-dlani, Cornell Uni-versity, USA. 2005.http://hdl.handle.net/1813/2148

Partendo da DNA Y si ottengono strutture dendrimeriche che vengono funzionalizzate con varie sonde molecolari (acidi nuclei-ci, anticorpi) a cui vengono legati i coloranti fluorescenti in vari rapporti, ma in modo controllato. La presenza nel campione delDNA cercato darà luogo ad una specifica fluorescenza rilevata con la flow cytometry.

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si del DNA, in funzione della selettività,sensibilità, velocità di ottenimento deidati, portabilità e costi. I microchip aDNA vengono prodotti sia sintetizzan-do in loco l’oligonucleotide che deposi-tandolo e immobilizzandolo sul chip.I chip a proteine, invece, rappresentanouna sfida impegnativa, considerato ilgran numero di proteine presenti, men-tre la loro funzionalità legata alla strut-tura tridimensionale ne rende difficilela sintesi e l’amplificazione, cosa invecepossibile con la PCR per il DNA. La pro-duzione di chip proteici è alla fase ini-ziale, a causa di queste caratteristicheproprie delle proteine, e un approccioche viene seguito è quello di farle rea-gire con anticorpi fissati sui chip, con rile-vazione fluorescente della reazioneintervenuta. Quantità di pochi nanolitridi campione contenente le proteine instudio consentono la predisposizione dichip con circa 1600 punti di reazione(spot) per cm2 , tuttavia il processamen-to di volumi dell’ordine dei femtolitri(10-15 litri) risulta al momento ancoracomplesso. Va aggiunto che l’impiegodelle tecniche di nanolitografia con dip-pen, che sfrutta la estremità di scansio-ne di un microscopio a forza atomica perdepositare nano quantità di molecole diinteresse, potrebbe condurre alla pro-duzione di spot di circa 100 nm. L’evoluzione dei chip porta a intravederela creazione di dispositivi che andranno asostituire interi laboratori di analisi. Si par-la infatti di lab-on-a-chip (LOC), laborato-rio su chip, in cui la miniaturizzazione,spinta oltre il livello micro, consentiràl’analisi multipla di numerosi parametrisu quantità davvero minime di campione(tra 10-12 e 10-18 litri). Piattaforme LOCsono già state sviluppate da alcune azien-de (www.agilent.com). Un particolare chipè invece quello costituito dalla immobi-lizzazione di cellule su di esso, cosa checonsente di evitare i problemi posti, ad

esempio dalla denaturazione delle pro-teine, nel caso di chip destinati allo stu-dio delle interazioni tra proteine. La manipolazione biologica a livellimicro/nano derivante dalle nuove acqui-sizioni tecnologiche consente anche losviluppo di strumenti per la selezione del-le cellule riproduttive nel settore dell’al-levamento. Sistemi microfluidici sono sta-ti impiegati per segregare gli spermimaschili e femminili in cavalli, pecore,maiali sulla base del loro diverso peso: lastart-up company Arryx può selezionareoltre 3000 spermi al secondo e si prepa-ra a commercializzare lo strumento perimpieghi anche nel settore bovino, men-tre sono in corso studi per automatizza-re anche la fecondazione selezionata conproduzione di embrioni9.Gli impieghi di sensori evoluti sonoandati sempre più affermandosi e diffe-renziandosi e alcuni di essi impieganopolimeri conduttivi che sono interessan-ti poichè mostrano variazioni di proprie-tà ottiche ed elettriche per effetto di rea-zioni di ossidoriduzione. I polimeri piùusati sono la polianilina, il polipirrolo eil politiofene. Questi polimeri sono pro-dotti sottoforma di nanostrutture (nano-fibre, nanofilm) e sono adatti alla rile-vazione di gas e anche di particolaricomposti come le diamine. Notevoli sonoanche le altre possibilità di impiego deipolimeri conduttivi, che vanno da inno-vazioni nel campo di elettrodi, batterie,a sensori e attuatori. Lo sviluppo di sensori avanzati viene per-seguito anche mediante l’impiego di can-tilever multipli (array) di microscopi a for-za atomica (MFA), per il monitoraggiodelle biomolecole. Sono stati sviluppatiinfatti cantilever di varie dimensioni ofunzionalizzati diversamente, presenti inun unico array, allo scopo di monitoraredifferenti concentrazioni delle molecoledi interesse, sfruttando la deflessione dicantilever multipli a seguito di reazione

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specifica con le molecole da monitorare,oppure la variazione della risonanza postreazione. Un interessante biosensore è scaturito dalprogetto europeo Optonanogen (5PQ). Sitratta di un dispositivo optonanomecca-nico portatile della grandezza di unamano, costituito da un array di 20 micro-cantilever che possono essere funzionaliz-zati per il rilevamento di DNA, proteine,contaminanti negli alimenti. L’interazionecon le molecole in esame della superficiefunzionalizzata del cantilever comportauna deflessione di quest’ultimo e vienemisurata mediante raggio laser. Ne è pre-vista la commercializzazione tramite unaspin-off company (Sensia). Particolareappare il sistema microfluidico di entratae uscita del campione nell’array dei canti-lever e che è stato brevettato: ciascun can-tilever usa una propria entrata e uscita,anziché impiegare un’unica entrata e usci-ta per l’intero array.Esistono anche array di cantilever fun-zionanti sulla variazione di risonanza,generata in presenza di proteine o virusche si vengano a legare sulla superficieopportunamente funzionalizzata (6). Èinteressante notare come, nel caso divirus, si sia pervenuti a valutare la mas-sa di un singolo virus, stimata tra 8 e 12femtogrammi fg (1 fg = 10-15 grammi).In genere si riscontra che una maggioresensibilità dei cantilever è legata alle lorominori dimensioni e ciò ha spinto per unaprogressiva miniaturizzazione degli array,ma alcuni autori hanno mostrato che talesensibilità è legata anche alle cinetichedi adesione e diffusione delle biomole-cole sulla superficie dei cantilever.

Alimenti interattivi e personalizzati,nanoincapsulazione per cibi funzionali

Le nanotecnologie si affacciano anchenella preparazione e formulazione ali-mentare. Ad esempio nell’allestimento

di sistemi nanofiltranti (membrane conporosità nanometrica uniforme) daimpiegare in varie fasi della preparazio-ne di alcuni alimenti, al fine di migliorar-ne le caratteristiche organolettiche, omediante l’impiego di nanoemulsioni perrendere maggiormente utilizzabili alcu-ni principi attivi da parte dell’organismo.Il futuro dell’alimentazione sembra risie-dere, secondo alcune iniziative in corso,anche nel cibo interattivo: attraente,sano e adattabile alle esigenze del con-sumatore. L’idea che un domani si possascegliere, come consumatori, di cambia-re il colore, il gusto o le componentinutrizionali di un alimento può appari-re da un lato eccitante ma anche lascia-re interdetto qualche buongustaio.Aziende come Nestlè, Kraft Nanoteklavorano a progetti che impiegano nano-tecnologie per produrre cibi che libere-rebbero sapori o colori diversi in funzio-ne delle esigenze del consumatore,oppure che sarebbero in grado di rispon-dere alle sue esigenze nutrizionali, men-tre una azienda giapponese intendereb-be addirittura produrre alimenti in gradodi liberare essenze profumate alla rosao alla vaniglia attraverso la pelle10!Anche se al momento pochi prodotti del“nanofood” sono sul mercato, si prevedeuna sua forte crescita e alcune stime loposizionano sui 20 MD di $ per il 2010,mentre per il cibo funzionale le stime par-lano di 37,7 MD di $ per l’anno 2007. Il Pro-ject on Emerging Nanotechnologies, cui siè fatto cenno in precedenza, è una inizia-tiva attivata nel 2005 dal Woodrow Wil-son International Center di Washington,con lo scopo di informare il pubblico suipossibili rischi e benefici per i consumato-ri delle applicazioni nanotecnologiche. Nelsuo sito www.nanotechproject.org è pos-sibile avere informazioni sui prodotti e leapplicazioni nei vari campi. Sui circa 280prodotti elencati, 23 sono relativi al setto-re alimentare: integratori in formulazio-

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Nanotecnologie: innovazioni nel settore agroalimentare

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ne nano (c’è una richiesta di brevetto peril termine “nanoceutico”) per rimuoverepiù efficacemente i radicali liberi, formu-lazioni per ridurre la tensione superficia-le di cibi e integratori per un miglioreassorbimento e così via. Tra le iniziativeintese all’innovazione nella preparazionee processamento degli alimenti, vannoricordate quelle di alcune aziende (Unile-ver, Nestlè) che studiano l’impiego di nano-particelle in alimenti come cioccolato, mar-garina, gelati, burro, maionese, al fine direnderne più facile la lavorazione, prolun-garne la conservazione e la stabilità,migliorarne il gusto, mentre la Basf com-mercializza carotenoidi (incluso il licope-ne) a scala nano da impiegare come addi-tivi. Il licopene è al centro di interessi ancheper il suo impiego in cosmetica e aziendeattive nel settore alimentare e in quellocosmetico (Nestlè, L’Oréal) lavorano con-giuntamente per lo sviluppo di prodottida ingerire e che avrebbero effetti cosme-tici per l’accumulo nella pelle dei principiattivi. Ciò rappresenterebbe un esempiodelle molteplici intersezioni rese possibilidalle nanotecnologie: un ponte tra indu-stria alimentare, cosmetica e medicina.Si è fatto cenno in precedenza allenanoemulsioni, che rappresentano i pun-ti di forza di alcune interessanti iniziati-ve tese a migliorare la qualità degli ali-menti o a rendere più stabili alcuni

componenti di prodotti alimentari.Com’è noto, le emulsioni sono misceledi liquidi non miscibili (dispersioni col-loidali) e rappresentano un sistema ter-modinamicamente instabile. Per confe-rire maggiore stabilità a questi sistemisi aggiungono in genere degli emulsifi-canti in quanto queste sostanze, agen-do sulla tensione superficiale, tendonoa formare membrane protettive intornoalla gocce di liquido sospeso o adaumentare la repulsione tra le goccestesse. Ricerche in corso tendono invecea produrre emulsioni di principi attivi informa di particelle di dimensioni nano-metriche e perciò più stabili. La figura 4mostra le foto di una emulsione norma-le e di una nanoemulsione e si può nota-re la differenza nelle dimensioni e nel-la uniformità delle goccioline indispersione.Gli aromi sono una componente essen-ziale dei cibi e l’industria alimentare faricorso a quelli naturali e a quelli artifi-ciali nella preparazione di molti prodot-ti. In genere tutti gli alimenti presenta-no un proprio caratteristico aroma, maspesso questo è legato a vari compostivolatili che tendono ad evaporare o avenire ossidati in presenza di calore, lucee umidità. Si è notato che gli aromiimpiegati nelle preparazioni alimenta-ri, se usati in forma di nanoemulsioni,

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Figura 4Emulsioni: a sini-stra nanoemulsio-ne; a destra emul-sione normaleFonte: Q. Huang.The future of inte-ractive food. Perso-nalizing taste andtexture in the foodindustry. Procee-dings Nanotechno-logy in Food andAgricolture Confe-rence, Washington,June 2006

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sono molto più stabili. Analogamenteaccade per i polifenoli, e tra essi i flavo-noidi, composti molto utili presenti neicibi, ma che risultano scarsamente solu-bili in acqua e di difficile assorbimentonell’intestino. In definitiva, esistono naturalmente neicibi molti componenti, presenti spessoin piccole quantità, che hanno un’azio-ne benefica sul nostro organismo, comeben sappiamo. Da tempo le innovazio-ni nella tecnologia alimentare si sforza-no di incrementare la biodisponibilità diquesti nutrienti. Mediante il procedi-mento della nanoincapsulazione è pos-sibile introdurre queste sostanze innanocapsule che possono essere traspor-tate nell’intestino e lì liberare il loro con-tenuto. In tal modo sostanze idrofobi-che possono essere rese solubili in acqua,viceversa sostanze idrofiliche possonodivenire solubili nei grassi. Aquanova,una società tedesca attiva nel settore,ha in portafoglio diversi prodotti sottoforma di solubilizzati; tra i prodottil’azienda annovera vitamine, coenzimaQ10, acido sorbico, β− carotene, luteina,acidi omega 3. I vari prodotti risultanostabili in varie condizioni biochimiche,di pH, temperatura e sono ad alta bio-disponibilità, risultando solubili sia insistemi acquosi che lipidici. Uno degli aspetti che vengono eviden-ziati da queste applicazioni è la possibi-lità di far pervenire direttamente ilnutriente nei tessuti di assorbimento: adesempio nel caso di pane recante nano-capsule di olio di pesce ricco in omega 3il consumatore non avverte il gusto dipesce e può assumere l’olio che vienerilasciato nell’apparato digerente. Lastessa tecnologia è posta in atto nel casodi yogurt e alimenti per bambini. Tra levarie aziende attive in questo campo, varicordata anche la BioDelivery ScienceIntl. che produce “nanococleati”, sortadi fogli di fosfatidil serina (derivata dal-

la soia), avvolti ad elica, del diametro dicirca 50 nm. Essi sono in grado di incor-porare nutrienti e composti vari (vitami-ne, acidi grassi insaturi, antiossidanti,carotenoidi ecc.) e trasferirli alle celluledella parete intestinale, senza degrada-zione da parte dei succhi gastrici e sen-za alterare il gusto o l’odore dell’alimen-to in cui vengono introdotti.

Packaging “intelligente”

Il cosiddetto packaging intelligente pre-vede che il confezionamento, nel casodei prodotti alimentari, risponda nonsolo alla necessità di conservarne l’igie-ne e la freschezza, ma possa anche, tral’altro, fornire informazioni più o menocomplesse al produttore o al consuma-tore sull’effettivo stato di conservazio-ne del prodotto, agire per allungare ladurata della confezione, dare la possibi-lità di controllarne la disponibilità inmagazzino, la tracciabilità negli sposta-menti ecc. Le attività di sviluppo in que-sto campo sono ovviamente in continuaevoluzione: vanno registrate, ad esem-pio, anche quelle relative a confeziona-menti in grado di “parlare” al consuma-tore con suoni o voci11, per affermareuna qualità o mettere in guardia per unacorretta conservazione del prodotto.I primi requisiti chiesti sono verosimil-mente la tracciabilità e la registrazionedella temperatura di alcuni prodotti (sur-gelati) e a questo riguardo si può accen-nare allo sviluppo di quei sensori a chipin grado di trasmettere in radio frequen-za (Rfid), che possono essere incorpora-ti nell’imballaggio e in alcuni casi nelprodotto stesso. Sono già stati introdot-ti in alcune confezioni da varie aziende,come il colosso WalMart, Home Depot,Metro e Tesco. Con alcune modifiche alRfid, i prodotti potrebbero essere “segui-ti” non solo all’interno dei negozi (confinalità antitaccheggio) ma anche dopo

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Nanotecnologie: innovazioni nel settore agroalimentare

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l’acquisto da parte del consumatore eciò ha sollevato più di un interrogativo,per gli aspetti legati alla privacy. Direcente anche in Italia un Consorzio diproduzione del Grana Padano ha intro-dotto l’impiego di sensori Rfid in ogniforma del prodotto, al fine di preservar-ne l’identità di produzione. Sono allostudio evoluzioni dei Rfid che consenta-no l’acquisizione di ulteriori dati comeumidità, contenuto di ossigeno o anidri-de carbonica.L’imballaggio di prodotti alimentari chepossa incorporare sensori capaci di daremolteplici informazioni sulla correttaconservazione degli alimenti rappresen-ta pertanto una forte innovazione nelsettore, rispondendo anche a unadomanda di trasparenza da parte deiconsumatori. Esistono già, a tale propo-sito, iniziative per lo sviluppo di specia-li pellicole protettive che fanno ricorsoalle nanotecnologie. La Bayer ad esempio ha sviluppato unapellicola poliamidica (Durethan) cheincorpora nanoparticelle di argilla e ini-bisce il passaggio di gas come ossigenoo anidride carbonica. Il polimero è anchepiù resistente e leggero di quelli piùcomunemente usati. Silice amorfa e ossidi di titanio in scalanano vengono inoltre proposti comecomponente inorganica di sottilissimirivestimenti (0,5 - 20 nm) per prepara-zioni alimentari, aventi lo scopo di pre-venire il contatto con l’ossigeno o l’umi-dità. La Mars, grande multinazionalealimentare, ha ottenuto un brevetto perquesto tipo di rivestimenti12. La sottilis-sima pellicola inorganica andrebbe arivestire direttamente dei dolciumi, evi-tando l’assorbimento di umidità atmo-sferica e il contatto con l’aria e preser-vando in tal modo la consistenzaoriginale del prodotto. L’azienda si èindirizzata su queste componenti di ori-gine inorganica perché ritenute sicure

dall’agenzia Usa FDA, almeno nel lorostato macrodimensionale.La Nanocor sta invece lavorando, tra l’al-tro, allo studio di bottiglie in plastica dimateriale nanocomposito, in grado dicontenere in modo soddisfacente la bir-ra. Mediante incorporazione di nano-particelle di argilla (montmorillonite, unsilicato idrato di alluminio e magnesio)si ottiene una plastica in cui le nanopar-ticelle omogeneamente diffuse creanopercorsi molto tortuosi per il passaggiodelle molecole gassose. Ne deriva anchequi la impenetrabilità all’ossigeno e latenuta dell’anidride carbonica. Kraft, che nel 2000 ha creato con altreaziende e università il consorzio inter-nazionale Nanotek e che appare forte-mente interessata agli alimenti interat-tivi, si è indirizzata, in tema di packagingintelligente, allo sviluppo di film con sen-sori incorporati per il monitoraggio dieventuali patogeni nei cibi. In caso dipresenza di questi ospiti indesiderati siotterrebbe una variazione di colore,mentre sono in corso anche ricerche indi-rizzate allo sviluppo di pellicole in gra-do di produrre preservanti, in caso di ini-zio di un processo di alterazione nel ciboimballato. Sensori avanzati da incorpo-rare nella confezione alimentare, confunzione di “naso” e “lingua” elettro-nici, sfrutterebbero perciò la loro alta especifica sensibilità per dare tempestiveinformazioni sulla qualità dell’alimento.La University of Connecticut (associataal consorzio Nanotek) lavora tra l’altroallo sviluppo di sensori da impiegare nelconfezionamento della carne e chedarebbero informazioni sui primi segna-li di alterazione del prodotto medianteuna variazione di colore della confezio-ne13. Si sta pensando però anche ad imbal-laggi attivi, ad esempio a sistemi in gra-do di rimuovere l’ossigeno presente ocontenenti sostanze antimicrobiche

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come le nanoparticelle di argento cheinterferiscono con l’RNA dei batteri econ la crescita di funghi nelle confezio-ni alimentari. Nel caso degli alimentifreschi refrigerati, è noto che uno deiprincipali elementi da tenere sotto con-trollo è la pressione parziale di ossige-no all’interno della confezione. Occor-re quindi intervenire o per evitarel’ingresso di ossigeno o per rimuoverequello presente. Tra le pellicole svilup-pate recentemente va ricordato il filmmultistrato della Cryovac, che consistedi un polimero ossidabile, un fotoini-ziatore e un catalizzatore. In pratica ilsistema è ideato in modo tale che ilpolimero reagente contenuto nel filmdiventi attivo grazie alla esposizione airaggi ultravioletti, generati da unapposito sistema di illuminazione postoall’interno del sistema di lavorazione.Una azienda californiana, produttricetra l’altro di confezioni di petto di tac-chino, garantisce in tal modo la conser-vazione del prodotto refrigerato finoa 55 giorni. La Nanoplex (California) lavora inveceallo sviluppo di nanoparticelle recantiun codice a barre (nano barcode). Si trat-ta di elementi metallici (oro, argento,palladio, platino) in forma di piccolissi-me barrette in cui differenti lunghezzedei vari metalli formano appunto uncodice a barre, a lettura ottica, dallenumerosissime combinazioni. In praticaquesto sistema rappresenta la versionemolecolare del codice a barre e connanoelementi opportunamente funzio-nalizzati può essere in grado di rilevareanche la presenza di patogeni nei cibi.Come si vede esiste una serie di iniziati-ve tendenti a sviluppare l’idea stessa delconfezionamento, che viene a rappre-sentare non più solo una semplice sepa-razione fisica tra il prodotto e l’ambien-te circostante, ma un sistema complessoin grado di monitorare lo stato del pro-

dotto, la sua collocazione, fornire mol-teplici informazioni. Una etichetta, unaconfezione possono essere quindi in gra-do di effettuare una diagnosi sulle carat-teristiche del prodotto, controllando variparametri indicatori. L’evoluzione di que-ste etichette intelligenti va nella direzio-ne di fare a meno di data base e lettori,rendendo l’etichetta capace di mostra-re direttamente l’informazione richie-sta, mediante le nuove tecnologie distampa dei circuiti integrati.Si stima difatti che nel giro di pochianni saranno disponibili etichetterecanti circuiti elettronici direttamen-te stampati sui substrati, al costo dipochi euro. In questo ambito va ricor-dato anche che esistono tecnologieche usano display elettrocromici e cheappaiono avere un forte potenzialeapplicativo. In esse si impiegano poli-meri conduttivi, in grado cambiarecolore al passaggio di una piccola cor-rente, che può essere fornita da bat-terie anch’esse incorporate nel sub-strato. I polimeri più usati sono ilpolietilendiossitiofene/acido sulfoni-co del polistirene (PEDOT/PSSH), lapolianilina, il polipirrolo, il poliesiltio-fene. Le straordinarie capacità condut-tive e semiconduttive dei polimeri, laloro versatilità chimico-fisica, li rendo-no idonei all’impiego come “inchio-stro” per la stampa di svariati compo-nenti elettronici. Con queste tecnologie è possibile quin-di stampare su fogli sottili e flessibili(metà dello spessore di una carta di cre-dito) display elettrocromici numerici ealfanumerici, integrati con microproces-sori, batterie, Rfid. La Aveso, una spinoff di Dow Chemical, la Siemens, laAcreo (azienda che collabora con la sve-dese Linkoping Universitet) e alcunealtre sono attive nello sviluppo di siste-mi intelligenti di packaging che si avval-gono di queste tecnologie.

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Nanotecnologie: innovazioni nel settore agroalimentare

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Fluidi supercritici e nanotecnologie

I fluidi supercritici, com’è noto, sonosostanze che si trovano a temperaturae pressione maggiori di quelle critiche;essi mostrano densità paragonabili aquelle dei liquidi, viscosità pari all’in-circa a quelle dei normali gas e diffu-sività maggiore di almeno due ordinidi grandezza rispetto ai liquidi. Per illoro alto potere solvente e per la faci-lità con cui possono essere rimossi dal-le reazioni in cui sono coinvolti (persemplice variazione della pressione),sono impiegati in un gran numero diapplicazioni. Tra essi il più usato, spe-cie nell’industria agroalimentare, è rap-presentato dalla CO2, essendo moltodiffusa, economica e con una tempe-ratura critica di appena 31 °C, oltre checon basso impatto ambientale. E infat-ti sono numerose le applicazioni dellaCO2 supercritica (CO2 sc) in estrazioni,purificazioni, cristallizzazioni, volte adottenere nutrienti e principi attivi comelecitina di soia, betacarotene, licope-ne, oli essenziali ecc.Di recente l’interesse nei confronti del-la CO2 sc si è focalizzato inoltre suaspetti della chimica dei materiali,microelettronica e nanotecnologie. LaCO2 sc viene infatti impiegata, tra l’al-

tro, nei processi per l’ottenimento dinanocristalli, nanoparticelle e mate-riali polimerici nanoporosi e nanocom-positi, per lo sviluppo di biosensori edi catalizzatori. Al momento si regi-stra una maggiore concentrazione diattività nella preparazione di nano-materiali a base metallica o minerale,ma si prevede una crescita notevoledei nanopolimeri e delle nanoplasti-che con conseguenti importanti appli-cazioni. L’impiego di CO2 sc si rivela utile per l’ot-tenimento di catalizzatori basati sunanoparticelle di metalli, leghe e semi-conduttori incorporate in matrici poli-meriche, in cui le nanoparticelle riman-gono uniformemente disaggregate, siain superficie che all’interno della matri-ce polimerica. La CO2 sc è anche usataper lo sviluppo di catalizzatori costituitida nanofilamenti metallici (Pd, Ni, Cu)all’interno di nanotubi di carbonio aparete multipla, più omogenei e unifor-mi rispetto ad altre tecniche o per l’ot-tenimento di film sottili recanti nano-particelle uniformemente ordinate efunzionalizzate da impiegare per cata-lisi e sviluppo sensori [7].Per quanto riguarda la preparazionedi materiali polimerici, va detto che èpossibile legare molecole biologichealla superficie del polimero, oppureincorporare nanoparticelle per la crea-zione di materiali nanocompositi aven-ti una maggiore resistenza rispetto alsemplice polimero. La NanoscienceEngineering Corporation (una spin-outdella Wayne State University, Usa) habrevettato una tecnologia per l’otte-nimento di polimeri nanocompositi adalta resistenza, stabilità al calore eridotta permeabilità, con l’impiego diCO2 sc; uno dei previsti impieghi perquesti polimeri è nel food packaging14.Altre ricerche sono rivolte all’otteni-mento di polimeri e copolimeri nano-

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Figura 5Etichette intellgen-ti: circuiti integratistampati su plasticaFonte: Aveso. www.aveso-display.com

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che hanno ricevuto negli anni 1997-2005fondi pubblici per oltre 4,9 MD di $,mentre nello stesso periodo il Giappo-ne stanziava circa 4,5 MD di $ e l’UE cir-ca 3,9 MD di $. In totale l’investimentomondiale è stato di oltre 17 MD di $ inquegli stessi anni. Secondo dati recen-ti, nel solo 2005 le nanotecnologie han-no ricevuto globalmente finanziamen-ti, tra pubblici e privati, per circa 9,6 MDdi $15. Nell’esaminare l’impegno difinanziamento dei vari governi si notail significativo sforzo dei paesi asiaticiprima ricordati. Tale impegno apparevieppiù notevole se rapportato allapopolazione, in particolare per la Coreadel Sud e Taiwan.Per quanto riguarda gli Usa, va ricorda-to il programma “National Nanotechno-logy Iniziative”, lanciato nel 1999, cheha ricevuto finanziamenti sempre piùcrescenti, ottenendo nel solo 2006 1,2MD di $, mentre per il 2007 sono statirichiesti circa 1,3 MD di $16. Anche l’an-damento dei finanziamenti in UE mostraun forte aumento negli ultimi anni, nel-l’ambito dei vari programmi quadro. Col6PQ (2002-2006), l’UE ha finanziato inparticolare attività di R&S nelle nano-scienze e nanotecnologie per 1.429 MLdi €, mentre il finanziamento approva-to per il 7PQ prevede circa 3,5 MD di €per gli anni 2007-2013. Nel novembre2006 la Commissione Europea ha inoltrepredisposto un rapporto sulle prospet-tive di sviluppo economico delle nano-tecnologie17.In Italia, ove si registrano finanziamen-ti per circa 47 ML di € nel 2005, ascri-vibili alle attività dei vari istituti uni-versitari e di ricerca pubblici, è statocreato il Centro Italiano Nanotecnolo-gie, Nanotec It, per lo sviluppo e lapromozione di queste tecnologie trale imprese, per favorire la diffusionedi nuovi prodotti e processi. Membridel Nanotec It sono varie imprese e

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porosi, sfruttando la evaporazione del-la CO2 sc. Con la CO2sc si investiga anche per l’ot-tenimento di schiume polimeriche con-duttive (polipirroli e poliuretani) al finedi impiegare questi polimeri come “nasoelettronico” per l’identificazione disostanze chimiche, sulla base di unavariazione di conduttività.Altri impieghi si registrano nei proces-si per l’ottenimento di integratori ali-mentari in forme maggiormente bio-disponibili. Ad esempio nel caso deifitosteroli (impiegati come integratorialimentari o alimenti funzionali per laloro capacità ipocolesterolemizzante),che hanno solubilità molto scarsa, siriscontra che la loro biodisponibilitàpuò essere aumentata diminuendo ledimensioni delle particelle in fase diproduzione. Sfruttando la rapidaespansione della CO2sc si possono otte-nere sospensioni acquose stabili di sub-microparticelle (< 500 nm) di fitostero-lo, aumentandone in tal modo labiodisponibilità.Appare pertanto chiaro, dai pochi esem-pi ricordati, che la CO2sc per le sue pecu-liari caratteristiche ben si presta ad atti-vità di preparazione di nanoparticelle enanostrutture complesse, utilizzabili invari ambiti applicativi, incluso quelloagroalimentare.

Aspetti economici: investimenti,brevetti, impatto sui Pvs

I finanziamenti che le nanotecnologiehanno complessivamente ricevuto nelmondo sono andati notevolmente cre-scendo negli anni. Essi vedono ai primiposti i paesi più industrializzati, ma lapresenza di realtà come Cina, Corea delSud e Taiwan appare sempre più degnadi considerazione. Gli Usa guidano laschiera dei paesi maggiormente impe-gnati nel settore, con le attività di R&S

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Nanotecnologie: innovazioni nel settore agroalimentare

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centri di ricerca, tra cui Brembo, SaesGetters, STMicroelectronics, Pirelli,CNR, ENEA, INFN, Enitecnologie, Vene-to Nanotec ecc. Recentemente Nano-tec It ha prodotto il “2° censimentodelle nanotecnologie in Italia”, un rap-porto che fotografa l’evoluzione chehanno avuto nel Paese le nanotecno-logie in questi anni con l’ingresso dinuovi attori e l’avvio di nuove inizia-tive volte a favorire l’impegno in que-sto settore. Le attività dell’ENEA, inparticolare, riflettono tipicamente lapresenza di competenze e programmimultidisciplinari e sono rivolte sia allostudio e alla caratterizzazione dei nuo-vi materiali che alle conseguenti appli-cazioni nei vari campi. Così agli studisui materiali compositi ceramici, metal-lici, nanocristallini e amorfi, si aggiun-gono quelli sui nanotubi di carbonio emateriali nanostrutturati, con poten-ziali applicazioni nella sensoristica edelettronica avanzata. Presso i labora-tori dell’ENEA sono inoltre condottericerche volte alla sperimentazione dinanotecnologie per l’integrazione disistemi molecolari e supramolecolariorganici e biologici all’interno di dispo-sitivi micro e nanoelettronici. Anche ipolimeri nanocompositi ricevono gran-de attenzione, soprattutto per impie-ghi in campo sensoristico o per la rea-lizzazione di pellicole sensibili perimpieghi nell’industria alimentare.Vengono inoltre effettuati studi per losviluppo di sistemi diagnostici per laqualità e sicurezza alimentare, basatisu approcci integrati di biotecnologie,nanotecnologie e tecnologie fisiche.Il mercato delle nanotecnologie, secon-do alcune stime di Lux Research,dovrebbe raggiungere i 2.600 MD di $nel 2014. Per quanto concerne il setto-re agroalimentare, va detto che sonoallo studio globalmente più di 300applicazioni nei vari stadi del processo

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produttivo e alcune di esse risultanogià sul mercato, come risulta ad esem-pio dal citato inventario dei prodottiderivanti dalle nanotecnologie che ilProject on Emerging Nanotechnologiesdi Washington ha redatto18.Il mercato del “nanofood” viene stima-to in crescita, dai 7 MD di $ del 2006 ai20,4 MD di $ nel 2010, con circa 400aziende attualmente attive nel mon-do, in ricerca, sviluppo e produzione19.Secondo queste stime le nanotecnolo-gie e le convergenze tecnologichenano-bio-info influenzeranno per oltreil 40% il mercato agroalimentare entroil 2015, comprendendo le innovazioninella produzione e processamentodegli alimenti, nella sicurezza alimen-tare, negli alimenti funzionali e nutra-ceutici, nel packaging intelligente. Inquest’ultimo segmento si prevede unacrescita fino a 3,7 MD di $ nel 2010, alivello mondiale.Le innovazioni hanno bisogno di nuo-ve conoscenze e può essere utile a que-sto punto dare anche uno sguardoall’andamento delle pubblicazioni e deibrevetti nei vari paesi, dopo averneosservato gli impegni nei finanziamen-ti. Si riscontra anche qui una significa-tiva presenza di Cina e Corea del Sud,mentre per i brevetti è da notare chela sola Cina totalizza (nel 2004) unnumero di brevetti maggiore di quellodell’Unione Europea. Secondo moltianalisti i brevetti ottenuti, in particola-re quelli relativamente meno recenti,risultano estremamente ampi nellerivendicazioni e possono pregiudicarel’ulteriore sviluppo del settore. La stes-sa associazione degli industriali nano-tec Usa ha espresso qualche anno fapreoccupazione per questo aspetto,anche per le inevitabili dispute legaliche sorgeranno. Infatti rivendicazioniampie comportano sovrapposizioni conaltri brevetti e quindi possibili denun-

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do ricorso ad aerogel nanostrutturatodi silice, come un brevetto della Goo-dyear induce a pensare20.

Potenziali rischi, percezione pubblica e implicazioni sociali

L’innovazione tecnologica ha consenti-to nel corso degli anni il miglioramentodelle condizioni di vita, ma ha determi-nato anche il sorgere di preoccupazioniper i rischi, sia per la salute che per l’am-biente, legati alle varie tecnologie.Anche le applicazioni delle nanotecno-logie comporteranno, pertanto, rischi ebenefici che la società dovrà valutare,ma alcuni aspetti appaiono del tuttonuovi rispetto a quanto si è verificatosinora. La complessità dei nanomateria-li prodotti o in fase di progettazione faràsì che i loro effetti, il loro comportamen-to non saranno esclusivamente determi-nati dalla loro chimica, ma anche dalladimensione, dalla forma, dalla reattivi-tà della superficie e ciò è fortementediverso dal comportamento di analoghimateriali in forma macro o convenzio-nale. Per questi motivi da alcune parti sitende ad auspicare, oltre che approfon-dite indagini e ricerche sugli effetti sul-la salute e sull’ambiente, anche una spe-cifica regolamentazione, mentre diverseaziende del settore alimentare o farma-ceutico, che hanno sviluppato -o si accin-gono a farlo- prodotti contenenti nano-particelle, agiscono con cautela primadella loro introduzione sul mercato. Ineffetti, a livello internazionale, il mon-do industriale appare conscio di nondover assolutamente ripetere gli erroricompiuti con le coltivazioni e gli alimen-ti Ogm. Infatti prima di una estesa dif-fusione nel mercato vanno affrontati iproblemi relativi ai rischi, reali o perce-piti, eventualmente associati ai nanopro-dotti, in particolare per quelli destinatiad impieghi farmaceutici o alimentari.

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ce di violazioni brevettuali, con mag-giori probabilità di affermazione, nellungo termine, per le imprese con mag-giori risorse economiche. Insieme con le entusiastiche prospetti-ve che molti analisti suggeriscono, circal’impatto economico che le applicazio-ni delle nanotecnologie avranno sui varisettori produttivi nei paesi tecnologica-mente avanzati, occorre considerareanche le possibili conseguenze che essepotranno avere sulle economie menoforti dei paesi in via di sviluppo (Pvs).Storicamente si è spesso verificato, difat-ti, che le varie innovazioni tecnologichehanno comportato notevoli ripercussio-ni negative sulle economie più deboli,a partire dal commercio delle varie spe-cie “esotiche” vegetali come conseguen-za del colonialismo e dalla rivoluzioneindustriale inglese nel settore manifat-turiero. La maggioranza dei Pvs trovaancora oggi in alcune materie prime lamaggioranza dei proventi da esporta-zione e le nanotecnologie, che hanno ilpotenziale di alterare completamentela situazione attuale praticamente inogni settore industriale e produttivo,dall’agroalimentare all’energia ai nuo-vi materiali all’elettronica, potrebberodrasticamente sostituire i materiali tra-dizionali, recando notevoli danni adeconomie che si reggono sostanzialmen-te sulla loro esportazione. Particolareimpatto negativo potrebbe aversi neipaesi che esportano cotone (tra essiIndia, Pakistan, ma anche 22 paesi afri-cani) e gomma naturale (Tailandia, Indo-nesia, Malaysia, Vietnam). Esistono giàinnovazioni nel tessile per la produzio-ne di fibre artificiali rese traspirantimediante le nanotecnologie, mentrel’aggiunta di nanoparticelle ai pneuma-tici potrebbe raddoppiarne la durata,riducendo al contempo la necessità dinuovi acquisti. Ma già si pensa alla sosti-tuzione della gomma come tale, facen-

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Nanotecnologie: innovazioni nel settore agroalimentare

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Sintomatico il caso accaduto in Germa-nia nel marzo 2006: un sigillante pervetro denominato MagicNano è appar-so creare problemi respiratori ai consu-matori. È stato immediatamente toltodal mercato, anche se si è poi appuratoche non conteneva nella formulazione,al di là del nome, alcuna nanoparticel-la. Va ricordato che circa un terzo dellecentinaia di prodotti relativi alle appli-cazioni nanotecnologiche già sul merca-to, in prevalenza negli Usa, sono desti-nati ad essere ingeriti o applicati sullapelle. Anche se al momento non emer-ge una ben documentata evidenza didanni alla salute o all’ambiente, ciò vaconsiderato come una possibile conse-guenza di scarsi studi sull’argomento ocome una ancora limitata diffusione diquesti prodotti. Nella valutazione deipotenziali rischi sembrerebbe che, almomento, una maggiore attenzionedebba essere posta nei confronti del per-sonale direttamente impegnato nellaproduzione dei nuovi materiali, rispet-to ai consumatori o alla popolazione ingenerale e all’ambiente. Va però aggiunto che prodotti cosmeti-ci, integratori e additivi alimentari e pro-dotti di largo consumo che fanno ricor-so alle nanotecnologie sono presenti sulmercato, soprattutto negli Usa per ades-so, senza che siano intervenuti control-li preventivi sugli eventuali rischi per lasalute e per l’ambiente ad essi legati. Adesempio l’Oréal e una ditta australiana(Advanced Nanotechnology Ltd) recla-mizzano prodotti cosmetici contenentinanoparticelle atte a penetrare nell’epi-dermide, mentre come si è detto poco ènoto circa eventuali effetti negativi,anche per gli aspetti di diffusione nel-l’ambiente. Anche per gli integratori ali-mentari non sono richiesti studi preven-tivi per stabilire l’assenza di effettinegativi. Gli additivi alimentari a lorovolta, specie quelli impiegati per la pro-

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duzione o il packaging e che non fannoparte dell’alimento in sé, godonoanch’essi di una assenza di valutazioneobbligatoria degli eventuali rischi asso-ciati. Ciò appare sorprendente se si con-sidera che queste applicazioni prevedo-no, anche se in misura diversa, l’ingressonel corpo umano di nanomateriali (8).Anche in Europa, ovviamente, esiste unaforte attenzione per lo studio dei rischiassociati alle nuove tecnologie. Da quan-to sinora pubblicato emerge la notevo-le carenza di informazioni sul compor-tamento biologico delle nanoparticelle,sulla loro distribuzione, accumulazione,metabolismo ed eventuale tossicità orga-no-specifica. Oltre alla necessità di unaapprofondita conoscenza dei potenzia-li effetti negativi legati a queste tecno-logie, la Commissione Europea suggeri-sce di tener conto, il più precocementepossibile nella fase di ricerca e sviluppo,delle considerazioni etiche, sanitarie,ambientali e normative correlate alle tec-nologie, e di incoraggiare il dialogo colpubblico. A tal fine va ricordato il pro-getto Nanologue, che si inserisce pro-prio in tale contesto. Finanziato nell’am-bito del 6PQ, ha sviluppato il Nanometer,uno strumento on line che aiuta ricerca-tori e sviluppatori di prodotti a condur-re rapide valutazioni sociali in materiadi applicazioni nanotecnologiche primadella commercializzazione. Lo strumen-to consente di analizzare con accuratez-za i rischi e vantaggi delle singole appli-cazioni nanotecnologiche in base a setteindicatori etici, sociali e giuridici, tra cuifigurano i vantaggi per la società, la salu-te e l’ambiente, i requisiti in termini dirisorse, la privacy e la trasparenza. In occasione del Forum europeo sullenanoscienze tenutosi a Bruxelles nell’ot-tobre 2006 è stata ribadita la necessitàdi un approccio comune da parte discienziati, mondo politico e società nelsuo complesso, tenendo in forte consi-

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strazione con sistemi innovativi di pesti-cidi, farmaci, fertilizzanti alle varie col-ture; al controllo e localizzazione adistanza delle colture; al monitoraggioprecoce di agenti patogeni o di sostan-ze chimiche contaminanti; alla possibili-tà del rilevamento, con alto grado disensibilità, del grado di purezza dei pro-dotti; ad innovazioni di prodotto e diprocesso nell’industria alimentare, anchein combinazione con la tecnologia deifluidi supercritici; a metodi innovativiper diagnosi e terapia in zootecnia; allosviluppo di un “packaging intelligente”.In sintesi si può prevedere che le nano-tecnologie potranno trasformare l’inte-ra industria agroalimentare, modifican-do il modo con cui gli alimenti vengonoprodotti, processati, confezionati, tra-sportati e consumati. Nel frattempo siregistrano alleanze strategiche tra “cor-porations” alimentari, farmaceutiche edella cosmesi che mettono anche in evi-denza il potenziale superamento di alcu-ni confini finora ritenuti abbastanza net-ti per differenziare un alimento da unfarmaco o da un prodotto cosmetico. Le nuove tecnologie e i nuovi materiali pos-seggono un elevato impatto economico esociale e da più parti ne viene pertantoauspicato uno sviluppo responsabile. Ciòrichiede di perseguire un equilibrio tra glisforzi tesi ad ottenere i massimi beneficipossibili e quelli volti a ridurne al minimole eventuali conseguenze negative. Leapplicazioni delle nanotecnologie compor-teranno in definitiva rischi e benefici chela società dovrà valutare, ma alcuni aspet-ti appaiono del tutto nuovi rispetto a quan-to si è verificato sinora, per quanto concer-ne lo sviluppo industriale. L’UE manifestaovviamente attenzione per i potenzialieffetti negativi legati a queste tecnologiee in vari documenti suggerisce di tener con-to, il più precocemente possibile nella fasedi ricerca e sviluppo, delle considerazionietiche, sanitarie, ambientali e normative

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derazione le preoccupazioni del pubbli-co, siano esse o no ritenute giustificate.Una relazione del Parlamento Europeonel settembre 2006 ha inoltre esortatol’UE a fare luce sul contesto giuridico ecommerciale delle nanotecnologie, e acreare un sistema di monitoraggio deibrevetti nel campo delle nanoscienze edelle nanotecnologie sotto l’egida dal-l’Ufficio europeo dei brevetti21.

Conclusioni

Le nanotecnologie possono consentireun così vasto numero di applicazioni chedi esse si parla talvolta come artefici diuna nuova rivoluzione industriale. Sitratta di una realtà che vede il conver-gere di molteplici discipline scientifichee i prodotti e processi derivanti dallamanipolazione della materia a scalanano, che già sono sul mercato o cuipotremmo avere accesso nei prossimianni, vanno delineando diverse genera-zioni o tipologie, con crescente comples-sità. Questi futuri sviluppi saranno sem-pre più legati, in particolare, allenanobiotecnologie, all’interazione stret-ta a livello nano tra la materia vivente equella non vivente, evidenziando la pos-sibilità di impiego dei sistemi biologicial di fuori delle cellule viventi per con-sentire l’ottenimento di nanostrutture,nanostrumenti, autoassemblatori. I maggiori finanziamenti delle nanotec-nologie generalmente sono rivolti ver-so la biomedicina, l’energia, l’elettroni-ca, tuttavia le potenziali applicazionidelle nanotecnologie nel settore agroin-dustriale e agroalimentare aprono pro-spettive di innovazione e di impatto eco-nomico che non appaiono inferioririspetto a quelle degli altri settori. Leprincipali applicazioni di interesse neivari settori dell’agroindustria e del-l’agroalimentare sono rivolte schemati-camente, come si è visto, alla sommini-

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correlate alle tecnologie, e di incoraggia-re il dialogo col pubblico. Da più parti, inEuropa come negli Usa, si sostiene comesia preferibile avviare per tempo su questitemi il dibattito tra tutte le parti interessa-te, per evitare di ripetere l’errore commes-so con gli Ogm, nel cui caso il pubblico si èrivelato riluttante ad accettare qualsiasicosa avesse un lontano sentore di Ogm. In definitiva appare chiaro che le applica-zioni delle nanotecnologie, in particolarequelle rivolte alla salute, all’industria ali-mentare, all’agricoltura (per ciò che con-cerne, ad esempio le formulazioni nanodei pesticidi e dei fertilizzanti, il trattamen-to suoli), richiedono un attento esame pri-ma di estenderne la diffusione nel merca-to. Se da un lato le potenzialità che esseoffrono sono estremamente interessanti,è pur vero che le convergenze con le altretecnologie e la peculiarità della manipo-lazione della materia a dimensione nano,rendono obbligatoria una forte attenzio-ne da parte della scienza e da parte dellasocietà nel suo complesso.

Glossario

Attuatori. Dispositivi attraverso cui siorigina un’azione in risposta ad unostimolo proveniente da un ambienteesterno. Esempi: un motore elettrico,un braccio umano, parti di robot cheinteragiscono con l’esterno.

Biosensori. Dispositivi per la rilevazio-ne di sostanze, formati da un compo-nente biologico (tessuti, cellule, enzimi,anticorpi, acidi nucleici ecc.), un trasdut-tore e un elemento di lettura, general-mente di tipo chimico-fisico (ottico, elet-trochimico, piezoelettrico ecc.).

Claytronics. Nanorobot riconfigurabi-li, progettati per costituire, associando-si, apparati, macchine, forme o strumen-ti in scala macro. Allo studio presso la

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Carnegie Mellon University (Usa). Defi-niti anche come materia programmabi-le, dovrebbero avere la capacità di assu-mere la morfologia di qualsiasi oggetto,anche repliche del corpo umano. Dota-ti di capacità di elaborazione, attuatori,sensori, immagazzinamento di energia.

Convergenze tecnologiche. Interse-zione a scala nanometrica di varie scien-ze e tecnologie: nanotecnologie, biotec-nologie, tecnologie dell’informazione edella comunicazione, neuroscienze escienze cognitive. Vengono accreditatedi elevate potenzialità di incisione sulleprestazioni dell’uomo e sul miglioramen-to della qualità della vita.

Dendrimeri. Nanoparticelle di forma glo-bulare, formate da macromolecole polime-rizzate, estremamente ramificate, che pre-sentano cavità e canali interni. Questacaratteristica le rende adatte al trasportodi molecole con specifiche funzioni, in appli-cazioni biomediche, chimiche, elettroniche.

Fullereni. Nanoparticelle scoperte sulfinire degli anni 80, costituite da 60 ato-mi di carbonio e aventi la forma di unpallone da calcio. Studiate come costi-tuenti di varie strutture nella nanofab-bricazione e in varie applicazioni anchebiomediche.

Microscopio a scansione a effettotunnel. Brevettato nel 1982. Prevedeuna sottile punta che scorre in prossimi-tà del campione (che deve essere con-duttivo), traducendo in immagini levariazioni di corrente elettrica che si veri-ficano tra il campione e la punta sensi-bile: l’intensità della corrente aumentamoltissimo al diminuire della distanzatra campione e punta. Impiegato ancheper la nanofabbricazione, potendo pre-levare e rilasciare atomi dal campione.Microscopio a forza atomica. In questo

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per visualizzare cellule o tessuti, sfruttandola caratteristica di emettere per fluorescen-za una luce il cui colore dipende dalle dimen-sioni delle nanoparticelle: tendente al rossoin quelle più grandi, al blu in quelle minori.

Sensori. Strumenti capaci di percepirevariazioni fisiche, chimiche, biologichenell’ambiente (luce, suoni, temperatura,radiazioni, movimento, pressione, sostan-ze, batteri ecc.). I sensori possono sia dareun’indicazione diretta (ad esempio untermometro a mercurio) o essere accop-piati ad un indicatore in modo che il valo-re rilevato possa essere letto facilmente.

Sistemi fluidici. Dispositivi che impiega-no fluidi per operazioni analogiche o digi-tali, simili a quelle ottenute con circuitielettronici. Con la loro miniaturizzazionesi parla di sistemi microfluidici e nanoflui-dici. Al di fuori del fluido non ci sono par-ti in movimento. Le nanotecnologie spes-so includono sistemi fluidici, in cui le forzedi interfaccia solido-liquido e liquido-liqui-do divengono altamente importanti.

Strutture adattative. Materiali e for-me strutturali che possono reagire acambiamenti dell’ambiente, fornendomigliori prestazioni. Necessitano pertan-to di sensori ed attuatori.

Transistor 3-D. Innovativi transistor atriplo gate, sviluppati per otteneremigliori prestazioni anche a scala vicinaai 30 nm, con minore produzione di calo-re rispetto ai transistor convenzionali.

Trasduttori. Dispositivi in grado di con-vertire un segnale (energia) in un altrodifferente, per scopi di misura o di tra-sferimento di informazione. Sono spes-so di tipo elettrico, elettronico o elettro-meccanico. Usati talvolta come sinonimodi sensore e attuatore.Per informazioni ENEA - Dipartimento Biotecnologie, Agroindustria

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caso si possono analizzare anche campio-ni non conduttivi. La punta sensibile, gran-de pochi nm, si sposta lungo la superficieda cui viene respinta da forze repulsivedovute agli elettroni. Appositi meccanismidi regolazione mantengono costantemen-te a contatto la punta sul campione e intal modo è possibile avere, mediante sen-sori ed elaborazioni, un’immagine dellasuperficie del campione in osservazione.Utilizzato per nanomanipolazioni.

Nanocompositi. Classe di materiali inno-vativi in cui sono presenti nanoparticelle(spesso nanotubi di carbonio) in piccolaquantità e che conferiscono interessantiproprietà al materiale originario.

Nanomotore. Struttura di dimensioninanometriche in grado di sviluppare unlavoro, con elementi in movimento. Puòessere costituito anche da elementi deri-vati dal mondo biologico, come protei-ne, acidi nucleici.

Nanotubi. Nanostrutture aventi forma ditubo, con diametro di pochi nm e lunghez-za variabile, ma generalmente di vari ordi-ni di grandezza maggiore. In gran partesono di carbonio, ma ne esistono ancheinorganici e di acidi nucleici. I più studiatisono quelli di carbonio, che possono esse-re a parete singola o multipla. Sono dota-ti di interessanti proprietà conduttive, semi-conduttive e di alta resistenza meccanica.Ne sono previste molteplici applicazioni.

Polimeri nanostrutturati. Polimeri,aventi spesso caratteristiche conduttive,in cui sono introdotte in modo funzio-nale nanoparticelle.

Quantum dot. Nanocristalli, in genere rife-riti a materiale semiconduttore (es. seleniu-ro di cadmio) delle dimensioni di poche deci-ne di nm. Vengono prodotti per vari scopiin nanoelettronica, e anche in biomedicina

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Idrogeno come vettore energeticoA cura di Stefano Giammartini

L’idrogeno è l’elemento più leggero e più abbondante nell’universo, tuttaviaesso è sempre legato ad altri elementi in molecole più o meno complesse:dall’acqua agli idrocarburi. Nella forma di molecola biatomica H2 è pressochèinesistente, deve quindi essere prodotto, e ciò implica un significativo dispendiodi energia. Per tale motivo l’idrogeno è tecnicamente considerato un vettoreenergetico, alla stregua dell’energia elettrica, e non una vera e propria fonteenergetica primaria. L’interesse per il suo impiego come combustibile, sia perapplicazioni stazionarie che per la trazione, deriva dal fatto che l’inquinamentoda esso prodotto è quasi nullo; infatti, se bruciato con aria, produce vapord’acqua e tracce di ossidi di azoto che è facile ridurre con tecnologie note eprovate, oppure solo vapor d’acqua se utilizzato con sistemi elettrochimici (cellea combustibile). Inoltre, in virtù della sua bassissima densità, presenta un ridottocontenuto energetico per unità di volume, mentre ha il più alto contenuto perunità di massa. Per fare un confronto con un combustibile tradizionale,possiamo dire che un litro di gasolio equivale, come contenuto energetico, a3,12 m3 di idrogeno gassoso (in condizioni normali) e 4,13 litri di idrogenoliquido. Peraltro, la facilità di diffusione dell’idrogeno in qualunque mezzo, equindi anche nel comburente aria, la sua alta reattività ed il suo vasto campo diinfiammabilità, consentono di ottenere la più alta efficienza energetica. Afronte di queste qualità energetiche e soprattutto ambientali, l’introduzionedell’idrogeno come combustibile - e più in generale come vettore energetico -richiede che siano messe a punto le tecnologie necessarie per agevolarne laproduzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo.

Produrre l’idrogeno

L’idrogeno può essere prodotto dall’elettrolisi dell’acqua con grande dispendiodi energia. Nel futuro, tale energia potrebbe provenire da fonti rinnovabili(eolico, solare) o da centrali nucleari. Correntemente l’idrogeno viene prodottoa partire da gas naturale e petrolio, generando però anidride carbonica (tipicogas serra), e viene impiegato soprattutto nell’industria petrolchimica e chimica.Già oggi un veicolo a celle a combustibile che utilizzasse idrogeno prodotto pervia tradizionale determinerebbe, tenendo conto delle emissioni prodotte per lasua produzione, una riduzione del 43% di gas serra rispetto ad uno alimentatoa benzina. Una via alternativa, che avrebbe il vantaggio di limitare o evitare leemissioni di gas serra, è rappresentata dalla gassificazione del carbone, concontemporanea produzione di CO2 concentrata e successivo sequestro econfinamento geologico di quest’ultima. Un’ulteriore alternativa èrappresentata dalla gassificazione di biomasse (legno e scarti agricoli). Conquesto metodo non si altera l’equilibrio dei gas serra nell’atmosfera perché leemissioni di CO2 sono compensate dal suo assorbimento durante la fase dicrescita delle piante.

Vantaggi e svantaggi dell’idrogeno

L’idrogeno rappresenta un componente ideale di un futuro sistema energeticosostenibile, avendo come unico prodotto di combustione vapore. Se prodotto dacombustibili fossili, con sequestro e confinamento dell’anidride carbonica, puòessere considerato come il modo più pulito di utilizzo di tali combustibili. Può esse-

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Idrogeno come vettore energetico

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re distribuito in rete abbastanza agevolmente, compatibilmente con gli usi finalie con lo sviluppo delle tecnologie di trasporto e di stoccaggio; può essere impie-gato in diverse applicazioni (produzione di energia elettrica centralizzata o distri-buita, generazione di calore, trazione) con un impatto locale nullo o estremamen-te ridotto. Esso tuttavia presenta alcune problematiche, in primo luogo i costi diproduzione. L’affermarsi di nuove tecnologie renderanno rapidamente l’uso diidrogeno più competitivo. Circa le applicazioni legate al trasporto veicolare, le pro-blematiche riguardano la disponibilità di un’adeguata rete di distribuzione, ela forma di immagazzinamento, che assicuri una sufficiente autonomia. In fasegassosa l’idrogeno va conservato ad alta pressione in serbatoi ingombranti. L’au-mento della pressione comporta problemi di sicurezza che incidono sui costi. Informa liquida l’idrogeno occupa meno spazio ma va mantenuto a -253°C e ciò impli-ca un grosso dispendio energetico (1/3 dell’energia potenziale). Si sperimentanosistemi a idruri metallici che assorbono idrogeno sotto pressione, ma hanno lo svan-taggio del peso ingente. Nei micropori di nanotubi di carbonio l’idrogeno puòessere assorbito a densità più elevate che in fase liquida. La tecnologia appare pro-mettente, anche se ancora scarsamente riproducibile. Alternativamente all’imma-gazzinamento fisico descritto, si può pensare di immagazzinare chimicamentel’idrogeno, ovvero di trasportare un composto chimico (ammonio borato, idruri eboroidruri alcalini) che possa liberare idrogeno a richiesta. La soluzione è tecnica-mente vantaggiosa, ma atipicità del mercato di produzione incidono negativamen-te sul costo del materiale che è ancora troppo elevato. Vi è infine il problema del-la sicurezza. L’idrogeno è altamente infiammabile ma la sua temperatura diaccensione, più alta di quella di combustibili convenzionali, come pure la capaci-tà di disperdersi in aria, riducono il rischio di incendio. L’industria chimica e petrol-chimica in particolare hanno peraltro imparato a convivere con queste problema-tiche senza particolari rischi; si tratta di esportare tali standard alle applicazionicommerciali.

L’utilizzo

Le due principali utilizzazioni previste in futuro per l’idrogeno, riguardanol’impiego come combustibile per la generazione di energia elettrica e per iltrasporto. Impianti per la produzione centralizzata di energia elettrica (turbine agas) e motori a combustione interna alimentati a idrogeno sono già fattibili sullabase delle tecnologie esistenti, con emissioni sensibilmente ridotte. Sono poiindubbi i vantaggi energetici e soprattutto ambientali che conseguirebberodall’uso esteso dell’idrogeno in particolari sistemi elettrochimici, denominati“celle a combustibile”, che trasformano l’energia chimica contenuta nel gasdirettamente in energia elettrica, senza altre emissioni dannose. Il loro sviluppocondizionerà pesantemente il futuro dell’idrogeno come vettore energetico. Unacella a combustibile converte direttamente l’energia di un combustibile inelettricità e calore senza passare attraverso cicli termici e quindi senza risentiredelle limitazioni imposte dalla termodinamica. Una cella è composta da dueelettrodi in materiale poroso, separati da un elettrolita. Le reazioni cheavvengono agli elettrodi consumano fondamentalmente idrogeno e ossigeno eproducono acqua, attivando un passaggio di corrente elettrica nel circuitoesterno. L’elettrolita, che ha la funzione di condurre gli ioni prodotti da unareazione e consumati dall’altra, chiude il circuito elettrico all’interno della cella.Costruttivamente le celle sono disposte in serie e assemblate in moduli perottenere la potenza richiesta. Nonostante i notevoli progressi compiuti a livellomondiale, la tecnologia richiede ulteriori sviluppi per giungere alla disponibilitàdi prodotti competitivi.

ENEA - Dipartimento Tecnologie per l’Energia, Fonti Rinnovabili e Risparmio [email protected]

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Neutroni per trattare

i rifiuti nucleari

Nel corso del 2006 si è svoltoMEGAPIE (Megawatt Pilot Ex-periment), il più innovativoesperimento scientifico inter-nazionale finalizzato a dimo-strare la possibilità di produr-re una sorgente di neutroni dielevata potenza da impiega-re in vari settori della ricercae, in particolare, per l’incene-rimento delle scorie nuclearinei reattori sottocritici.L’esperimento è consistito inuna prima fase di irraggia-mento, in cui si è riusciti ac

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Neutroni per trattare

i rifiuti nucleari

Il Rapporto IPCCsullo stato

delle conoscenzescientifiche in materia

di cambiamenti climatici

produrre una sorgente dineutroni di elevata potenzacolpendo un bersaglio dimetallo liquido con un fasciodi protoni ad alta energia. Per l’esperimento è stato uti-lizzato un fascio di neutronida 1 MW, il più potente almondo; si è prodotto unflusso neutronico più elevatodell’80% rispetto a quelloche si ottiene con gli abitua-li bersagli di tipo solido, su-perando di gran lunga leaspettative.MEGAPIE è stato condottoin Svizzera, presso il ciclotro-ne del Paul Scherrer Institu-te, da un team internaziona-le di 170 scienziati prove-nienti da Istituti di ricerca eAgenzie governative tra Eu-ropa (CEA, CNRS, ENEA, FZK,PSI, SCK-CEN), Giappone (JA-EA), Corea (KAERI) e StatiUniti d’America (USDOE). L’Italia ha partecipato al-l’esperimento tramite l’ENEAche ha svolto attività di: pro-gettazione dei sistemi di ca-rico e scarico del “bersagliodi spallazione”; qualificazio-ne dei sistemi per l’asporta-zione di calore; qualificazio-ne dei materiali strutturali incondizione di corrosione dametallo liquido e verifica ter-mo-meccanica del bersaglio. Il supporto italiano all’espe-rimento è stato pari a circal’8% del valore delle realiz-zazioni effettuate, ma l’Ita-lia è risultato il terzo paeseper forniture tecnologichedopo la Svizzera e la Francia.L’industria italiana ha, infat-ti, realizzato alcune delleparti più delicate del siste-ma, tra cui il “target” e isuoi sistemi ausiliari.I costi del progetto MEGAPIE,pari a circa 50 milioni di eu-ro complessivi, sono stati sud-divisi tra i vari partecipanti,compresa l’Unione Europea.

Il rapporto IPCCsullo stato

delle conoscenzescientifiche in materia

di cambiamenticlimatici

Dal 29 gennaio al 2 febbra-io 2007 si è tenuta a Parigila sessione plenaria del WG-1 (il Working Group 1) diIPCC (IntergovernmentalPanel on Climate Change).Il WG-1 è quello che si oc-cupa di scienza del clima eche, dopo 5 anni di lavoro,ha prodotto un rapportosullo stato delle conoscen-ze del clima e dei cambia-menti climatici e sulla pos-sibile evoluzione futura delclima globale. All’ordine delgiorno della sessione plena-ria di Parigi c’è stata la di-scussione e l’approvazionedei documenti di sintesi fi-nale ed in particolare del“Sommario per i decisoripolitici” nonché l’approva-zione di tutto il lavoro svol-to dal 2002 al 2006. Il rapporto finale del WG-1costituisce la prima partedel “Quarto rapporto diIPCC”, che sarà pubblicatoalla fine del 2007 e di cuimancano ancora, ma sonoin via di conclusione, anchela seconda parte (quella su-gli impatti dei cambiamen-ti climatici e l’adattamentoai cambiamenti climatici) ela terza parte (quella sullamitigazione dei cambia-menti climatici). Il prece-dente rapporto di IPCC (ilterzo) risale al 2001, men-tre il secondo e il primo

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rapporto di IPCC sono rispet-tivamente del 1995 e del1990.In quest’ultimo rapportol’IPCC affronta il problemadei cambiamenti climatici inatto in modo molto appro-fondito, analizzando tutte leosservazioni sperimentali di-sponibili sulla base dellequali l’IPCC conclude, nonsolo che è in corso un cam-biamento climatico globale,ma che tale cambiamento, inquesti ultimi anni, è in fasedi progressiva accelerazione.Dopo l’analisi della situazio-ne l’IPCC affronta il proble-ma della possibile evoluzio-ne futura dei cambiamenticlimatici in atto. Tale evoluzione, che non èprevedibile in modo determi-nistico, viene descritta sottoforma di scenari, i quali sonostati spesso oggetto di forticritiche, essendo basati suipotesi discutibili di svilupposocio economico mondiale esu imprecisi modelli numeri-ci di simulazione climatica.Ebbene, in quest’ultimo rap-porto l’IPCC riesamina critica-mente tutta la problematicae giunge alla conclusione chele proiezioni e gli scenari cheerano stati valutati nel Terzorapporto di IPCC, pur rima-nendo esattamente gli stes-si, devono essere interpretaticorrettamente. L’interpreta-zione viene cosi condotta intermini di affidabilità di taliscenari, anche in relazioneagli errori commessi, e in ter-mini di probabilità che pos-sano realmente manifestarsi. I punti principali sullo statodel clima globale, sono i se-guenti.

1) Le concentrazioni atmosfe-riche attuali di anidride carbo-nica (380 ppm) e degli altri gasserra sono le più alte mai ve-

rificatesi negli ultimi 650 mi-la anni durante i quali il mas-simo valore di anidride car-bonica atmosferica si erasempre mantenuto inferiorea 290 ppm. L’aumento del-l’anidride carbonica atmosfe-rica che è passata negli ulti-mi 200 anni circa da 280 a380 ppm con un incrementodi oltre 35%, è causato dal-lo squilibrio complessivo traemissioni globali di anidridecarbonica provenienti dalleattività umane ed assorbi-menti globali naturali da par-te del suolo degli oceani edegli ecosistemi terrestri emarini. Le capacità "naturali"globali (denominati "sinks"globali) sono attualmente ingrado di assorbire meno del-la metà delle emissioni an-tropogeniche globali, il restosi accumula in atmosfera e vipermane per periodi mediche per l’anidride carbonicaarrivano fino a 200 anni. Vie-ne sottolineato, inoltre, il fat-to che le capacità naturaliglobali di assorbimento era-no maggiori nel passato eche negli anni più recentistanno via via diminuendocon l’aumentare progressivodella temperatura media delpianeta.

2) Rispetto all’effetto serranaturale è stato introdottoun effetto serra aggiuntivocosì composto: una parte ri-scaldante dovuta ai gas ser-ra di origine antropica pari acirca +3,0 watt m2, una par-te riscaldante naturale dovu-ta all’attività solare pari a cir-ca +0,12 watt/m2 e, infine,una parte raffreddante do-vuta agli aerosol sia di origi-ne naturale, sia di origine an-tropica pari circa a -1,6watt/m2. Il bilancio comples-sivo mostra che l’incrementonetto dell’effetto serra è sta-

to pari a circa 1,6 watt/m2 Inaltre parole, senza l’effettoraffreddante degli aerosol ilriscaldamento climatico sa-rebbe stato doppio. Di taleeffetto serra aggiuntivo solouna piccola parte (tra il 10 eil 20%) può essere attribuitaa cause naturali (attività so-lare e aerosol naturali).

3) L’effetto dell’incrementodel contenuto energeticodel sistema climatico è statoosservato e misurato neinumerosi parametri che so-no gli indicatori sperimen-tali dello stato del clima edella sua evoluzione, qualiad esempio: la temperatu-ra media del pianeta (che èaumentata); le precipitazio-ni (che hanno cambiato ca-ratteristiche); le temperatu-ra degli oceani (che sonoaumentate); i ghiacci polarie quelli delle medie latitu-dini (che sono in forte dimi-nuzione) ecc. In particolarela temperatura media glo-bale è aumentata di 0,74 °Cdal 1906 al 2005. Ma, men-tre nei decenni passati au-mentava a un tasso medioinferiore a 0,06 °C per de-cennio, negli ultimi 50 an-ni è, invece, aumentata altasso di 0,13 °C per decen-nio e più recentemente haraggiunto il tasso di circa0,25 °C per decennio. Latemperatura media del ma-re è aumentata sensibil-mente in superficie e mol-to meno negli strati piùprofondi. Tuttavia, il riscal-damento, in alcuni oceani,si è esteso anche fino a3.000 metri di profondità:gli aumenti maggiori ditemperatura delle acquemarine sono stati osservatinell’oceano Indiano setten-trionale e nell’oceano Paci-fico occidentale. Nel nord

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dal Mondo

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200786

Atlantico i maggiori aumen-ti della temperatura sonostati osservati soprattutto inquesti ultimi anni. Inoltre, èaumentata l’intensità deglieventi estremi come i ciclonitropicali (uragani e tifoni), letempeste tropicali ed extra-tropicali, le alluvioni e le sic-cità, le ondate di caldo e difreddo ecc.

Per quanto riguarda l’evolu-zione futura del clima globa-le, l’IPCC nel confermare i ri-sultati degli scenari conside-rati nel suo precedente rap-porto, analizza per ciascunodi essi errori e affidabilità del-le valutazioni, le diverse pro-babilità che tali scenari possa-no effettivamente verificarsi,e i rischi di cambiamenti im-provvisi qualora il sistema cli-matico si destabilizzasse a se-guito di processi non lineari.Gli elementi principali di que-sta analisi possono così sinte-tizzarsi.

1) Nell’ipotesi minimale, cheviene considerata improbabi-le, l’aumento di temperaturamedia globale potrà oscillare,alla fine di questo secolo, tra1,5 e 2,8 °C. Anche l’ipotesimassimale di aumento dellatemperatura media globale aldi sopra di 4,5 °C, viene giudi-cata poco probabile ma anchepoco affidabile, dal momentoche con velocità di aumentodella temperatura così eleva-te è possibile l’insorgenza difenomeni non lineari o di de-stabilizzazione del sistema cli-matico, che determinano unasostanziale imprevedibilitàdelle condizioni future del cli-ma. L’ipotesi più probabile, se-condo IPCC, appare quella se-condo cui l’aumento dellatemperatura media globalesarà, compreso fra 0,6 e 0,7 °Cal 2030 anni e raggiungerà cir-

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nache ca 3 °C o poco più nel 2100.

2) Al 2100 il livello del mareaumenterà mediamente tra i28 ed i 43 cm, e non tra i 15e i 90 cm circa previsti nelrapporto precedente di IPCC,purché, però, non si inne-schino fenomeni non linea-ri o di destabilizzazione delsistema climatico (velocitàdel riscaldamento medioglobale superiore a 0,4° Cper decennio). In tal caso, in-fatti, i ghiacci della Groen-landia e quelli della penisolaAntartica, potrebbero collas-sare e l’innalzamento del li-vello del mare potrebbe ar-rivare perfino a 7 metri, an-che se ciò avverrà nei secolisuccessivi al 2100. Con la ra-pida fusione dei ghiacci del-la Groenlandia si pongono,però, alcuni problemi conco-mitanti, quali ad esempio unsostanziale rallentamentodella corrente del Golfo conuna sua possibile interruzio-ne nel secolo successivo al2100 che a sua volta porte-rà l’emisfero nord verso ilraffreddamento.

3) La calotta polare artica(quella formata dai ghiaccigalleggianti) potrebbe, nel2100, scomparire durante imesi estivi o comunque ri-dursi al 10% dell’attualeestensione. Drastiche ridu-zioni si avrebbero ancheper i ghiacciai delle catenemontuose poste alle mediee basse latitudini con riper-cussioni sulla disponibilitàdi acqua nei bacini idrolo-gici e nelle falde acquiferedipendenti da tali ghiacciai.

4) Gli estremi climatici qualile ondate di calore, le preci-pitazioni intense ed alluvio-nali delle medie ed alte lati-tudini, i prolungati periodi disiccità alle medie e basse la-

titudini diventeranno semprepiù frequenti e intensi. Gliestremi climatici (soprattut-to precipitazioni e vento)connessi con i ciclonici tropi-cali, quali uragani e tifoni, eal fenomeno di El Nino, ten-deranno, invece, a diventaremolto più intensi, pur nonaumentando il numero deicicloni tropicali o la frequen-za di El Nino.

In conclusione l’ultimo rap-porto del WG-1 di IPCC èuna requisitoria sulle condi-zioni climatiche del nostropianeta, dalla quale emer-ge che non sussistono piùmargini di dubbio sui cam-biamenti climatici in corso esull’accelerazione che talicambiamenti stanno assu-mendo in questi ultimi an-ni. Cautela, invece, verso leproiezioni future, ma conun monito: anche se lascienza non in grado di pre-vedere esattamente qualesarà il clima del futuro, laperturbazione energeticache le attività umane han-no introdotto nel sistemaclimatico non è assoluta-mente irrilevante. Al contra-rio, il rischio di innesco diuna futura destabilizzazio-ne del clima del pianeta èormai troppo alto e nonpuò essere sottovalutato.

(Vincenzo Ferrara)

Per informazioniENEA – Direzione Centrale Supporto

Infrastrutture e [email protected]

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dall’Unione Europea

energia, ambiente e innovazione

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007 87

carbonica al di sotto di 550ppm (parti per milione in vo-lume). Per realizzare ciò è ne-cessario ridurre le emissionidi gas serra del 60%, rispet-to al 1990, entro e non oltreil 2050; e come tappa inter-media è necessario fissare trail 2020 ed il 2030, una ridu-zione delle emissioni attor-no al 30%. Parte da questa base la pro-posta, che la Commissioneeuropea ha comunicato il 10gennaio al Parlamento Euro-peo e al Consiglio Europeo,di un pacchetto completo dimisure per istituire una nuo-va politica energetica perl’Europa. Il pacchetto defini-sce una serie di obiettivi am-biziosi con riferimento alleemissioni di gas serra e al-l’energia rinnovabile e pun-ta a creare un vero mercatointerno dell’energia e a ren-dere sempre più efficace lanormativa. Le proposte incentrate suquesti pilastri dovranno es-sere sostenute da una poli-tica estera coerente e credi-bile.La Commissione suggerisceallora una serie di misureconcrete che puntano a raf-forzare gli accordi interna-zionali – ad esempio riguar-do al Trattato sulla Cartadell’Energia, al regime ap-plicabile alla politica clima-tica nel periodo post-Kyo-to e all’estensione del siste-ma di scambio delle emis-sioni a partner di tutto ilmondo - e ad estendere ul-teriormente gli accordi bi-laterali con i paesi terzi, inmodo che l’energia diventiparte integrante di tutte lerelazioni esterne dell’UE edin particolare della politicaeuropea di vicinato. Tra lepiù importanti iniziativenuove che la Commissione

propone figurano la costi-tuzione di un partenariatoAfrica-Europa e un accordointernazionale sull’efficien-za energetica.La realizzazione di questiobiettivi presuppone la ride-finizione dei rapporti conquesti partner per porrel’energia in una posizionecentrale.Forte degli strumenti e deimandati adeguati a parlare“con una voce sola”, l’Unio-ne Europea sarà in grado,ad esempio, di operare me-glio a favore della liberaliz-zazione reciproca delle con-dizioni degli investimenti edegli scambi sui mercati amonte e a valle, ed even-tualmente per ottenere l’ac-cesso alle condotte. Lo stes-so vale per la promozione diuna tariffazione internazio-nale delle emissioni di car-bonio o del commercio deibiocarburanti. Potrà migliorare la coopera-zione con la BEI e la BERSper utilizzare strumenti fi-nanziari che consentirannodi sostenere i partenariatienergetici mediante azioniconcrete, finanziando pro-getti importanti .Sarà in grado di promuove-re condizioni più favorevoliper gli investimenti nei pro-getti internazionali, graziead un quadro chiaramentedefinito e trasparente e conil sostegno dei coordinatorieuropei. Per questo, innan-zitutto, si dovrà nominareun coordinatore europeoper il gasdotto Nabucco, dalBacino del Mar Caspio finoall’Austria e all’Ungheria, epoi, pensare a nominare deicoordinatori per quei pro-getti riguardanti il trasportodi energia da aree partnercome la Turchia, l’Asia cen-trale e l’Africa del Nord.

Una politica energetica

per l’Europa

L’energia è all’origine dell’80%di tutte le emissioni di gas ser-ra nell’UE, ed è alla base deicambiamenti climatici e del-l’inquinamento atmosferico.L’UE si è impegnata ad affron-tare questa problematica atti-vandosi per portare le proprieemissioni e quelle a livellomondiale ad un valore che li-miterebbe l’aumento delletemperature mondiali a 2 °Crispetto ai livelli preindustria-li; il che significa fissare un li-mite massimo delle concentra-zioni atmosferiche di anidride

dall’Unioneeuropea

Una politica energetica

per l’Europa

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dall’Italia

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200788

Nasce a Portici Tripode

È iniziata l’attività a Portici delLaboratorio TRIPODE (Tecnolo-gie e RIcerca per la applicazionedei POlimeri nei Dispositivi Elet-tronici). Vi partecipano l’ENEA- (Dipartimento Tecnologie Fi-siche e Nuovi Materiali-Labora-tori di Portici), il ConsorzioIMAST e l’Università di Salerno.Il Laboratorio TRIPODE costitui-rà uno dei luoghi di più altaspecializzazione in Italia in unodei 12 settori strategici per ilPaese individuati dal MUR: “svi-luppo di materiali polimerici diinteresse elettronico per la rea-lizzazione di nuovi chip”, insie-me all’analogo laboratorio che

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dall’Italia

Nasce a Portici Tripode

Un progetto per imprese e ricercatori

sarà costituito a Catania. L’uti-lizzo dei materiali polimericiin microelettronica rappresen-ta infatti una nuova frontie-ra, aperta verso l’estensione anuovi prodotti come displayflessibili, smart card, sensori ealimentatori integrati nei filmpolimerici, ecc.. Queste nuo-ve tecnologie sono general-mente definite come “elettro-nica organica”.Con la nascita del Laborato-rio TRIPODE, del valore di ol-tre 9 milioni di euro giungea maturazione l’interventodell’ENEA in questo settore,iniziato nel 2001 con l’avvia-mento delle nuove camerepulite del Centro di Portici,finanziate con i Fondi riser-vati alla regioni Obiettivo 1.I settori principali delle ricer-che riguardano:• progettazione e realizza-zione di display OLED (Orga-nic Light-Emitting Diode),anche su substrato plastico;• identificazione di materia-li organici e di materiali poli-merici attivi;• sviluppo di sensori e attua-tori polimerici, singoli e inmatrice;• studio delle tecnologie“ink-jet”, “nano-imprint” e“focused ion beam” per larealizzazione di dispositivi afilm sottile.La maturità raggiunta dallecompetenze e dai laboratoritecnologici creati dall’ENEA nel2001, consentirà di utilizzareil know-how acquisito, nellaformazione di giovani ricerca-tori. Nell’ambito dell’annessoProgetto di Formazione, chesarà avviato nell’estate del2007, sarà possibile addestra-re un primo gruppo di 15 lau-reati, destinati ad acquisirecompetenze integrate di fisi-ca, chimica, ingegneria elet-tronica per queste nuove tec-nologie.

Il bando del Progetto di For-mazione di TRIPODE è pub-blicato anche su www.enea.it– Sezione “Lavoro e Studio”.Con il potenziamento dellacollaborazione ENEA-indu-strie e la nascita di una nuo-va generazione di tecnici spe-cializzati, il Laboratorio TRI-PODE conta di aumentare lacompetitività delle impreseitaliane nel settore emergen-te dell’elettronica organica,e la partecipazione ai bandidel 7° Programma Quadrodella Unione Europea.

(Dario Della Sala)

Un progetto per impresee ricercatori

Si chiama Attila (Advancedtechologies transfer for in-novating Latium) il proget-to mirato al trasferimentodel know-how tecnologicoalle PMI del Lazio più sensi-bili all’innovazione. L’obiet-tivo è quello di consentirealle aziende di incrementa-re i propri modelli di busi-ness ed elaborare nuovestrategie di marketing. Ilprogetto, presentato a Ro-ma il 23 gennaio, è finanzia-to dall’Assessorato all’Istru-zione, della Regione Lazio,tramite la “sovvenzione glo-bale sulla nascita e lo svilup-po dell’impresa”. Il progetto permetterà alleimprese di migliorare il pro-prio bagaglio tecnologico econsentire ai ricercatori di re-stare nel Paese. Per dare con-tinuità al progetto, sono inprogramma workshop inte-rattivi ai quali parteciperan-no ISTAT, CNR, INFN, ENEA eistituzioni finanziarie.

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dall’ENEA

energia, ambiente e innovazione

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Graduatoria finaledella selezione

per 114 assegni di ricerca

(G.U. 4° serie speciale “concor-si ed esami” n. 1 del 3 genna-io 2006)

Biotec 01 N. 1 Assegno di Ricerca1° Moretti Riccardo 70,2

Biotec 02 N. 1 Assegni di Ricerca 1° Aliboni Andrea 78,52° Gatti Rosanna 753° Spirito Francesca 64,84° Martini Elisabetta 645° Masetti Olimpia 60,4

Biotec 03 N. 2 Assegni di Ricerca1° Sangiorgio Paola81,72° Leone Gian Paolo76,43° Nobili Sergio Maria72,7

Biotec 04 N. 2 Assegni di Ricerca1° Presenti Ombretta

67,82° Meloni Claudia 65,6

Biotec 05 N. 1 Assegno di Ricerca1° De Santis Alessandra

84,8

Biotec 06 N. 1 Assegno di Ricerca1° Alfano Vincenzo 68,22° Pacifico Renata 66,53° Aramini Maria 59,84° Tolaini Valentina 56,75° Fiorentino Gabriella

54,36° Faraci Alessandro 50,8

Biotec 07 N. 1 Assegno di RicercaData Nascita – Data Cons.Titolo di Studio1° Massini Giulia 84,32° Marchese Marina 82,93° Gualtieri Alessia 774° Mirabile Marzia 735° Perinelli Emanuela 726° Zivkovic Liliana 69,747° Ciabo' Serena 68,78° Lorenzetti Emanuela

68,259° Rapposelli Luciana 68,110° Frank Beatrice 66,811° Della Bella Valentina66,312° Parente Sofia 65,8313° Sirocchi Lucia 65,514° Fabrizio Mauro 64,9515° Grillo Emanuela 62,116° Di Cesare Serena 61,517° Bonacito Clizia 60,618° Folletto Antonina 60,219° Barile Maria Chiara 6020° Mundula Stefano 5921° Bisceglie Sara 57,122° Carruggio Francesca 5723° Targusi Monica 56,7

dall’Enea

Paganetto nominatoPresidente dell’ENEA

Graduatoria finale della selezione per 114

assegni di ricerca

Luigi Paganetto nominato Presidente dell’ENEA

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, visti i pareri favorevoli espressi dalle com-petenti Commissioni Parlamentari sulla preliminare deliberazione del Consiglio stes-so del 27 dicembre 2006, ha firmato il 7 febbraio il decreto di nomina a Presidentedell’ENEA del Prof. Luigi Paganetto.La nomina del professor Paganetto, che aveva finora espletato il mandato di Com-missario straordinario, completa il rinnovo delle cariche istitutive dell’Ente avviatecon il D.M. 20 dicembre 2006 di designazione degli altri sette membri del Consiglio diAmministrazione.Tutti gli incarichi avranno la durata di quattro anni a partire dal 7 febbraio 2007.

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dall’ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200790

24° Ingarao Cristina 56,625° Anastasi Valeria 56,5326° Corbelli Serena 56,3327° Narducci Paolo 5628° Mazziotta Adriano55,4429° Signori Sara 5530° La Porta Barbara 54,831° Zintu Francesca31/09/79 07/04/05

54,632° Lupini Giuliano18/03/7817/11/04 54,633° D'Amen Manuela 54,434° Rossi Francesco 54,335° Polo Federico 54,236° Mele Daniela 53,737° Rondena Gualtiero 53,138° Donadio Gabriella17/12/79 15/08/03

52,539° Della Corte Carmine07/01/77 15/12/03

52,540° Basoccu Fiorella 5241° Maurizi Daniele 51,342° Colamarco Adele 51,143° Cammarota Angelo 5144° De Santis Alessandro50,9545° Farina Federica14/02/8028/05/04 50,546° Amadio Monica12/12/7410/07/03 50,547° Piraino Sergio 5048° Massaro Lucia 49,549° Costagliola Maria 49,1650° Taverniti Ester 13/07/7515/05/01 49,151° Polito Mauro 20/09/7602/07/03 49,152° Brecciaroli Benedetta48,753° Carloni Serena 08/03/7820/04/04 48,554° Guerrera Giuseppe01/12/7630/04/04 48,555° Cannetiello Marcello48,456° Antegiovanni Patrich48,257° Evangelista Marianna4858° Pugnaghi Fabio 47,859° D'Aniso Ciro 47,760° Carotenuto Rita 47,6461° Girimonte Elisa 47,562° De Luca Picione Fabiano

47,363° Perniola Michelangelo47,264° Messana Carolina31/07/8017/12/05 4765° Collatuzzo Simone10/04/7924/12/04 4766° Del Tosto Dina 29/05/7921/03/05 47

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nache 67° Amore Valentina

11/01/7828/02/05 4768° Cannavale Emiliano46,569° Borgognoni Fabio 46,170° Greco Fabio 05/01/7727/07/01 4671° Micozzi Laura 17/05/7309/12/03 4672° Foschi Cristiano20/08/7127/05/04 4673° Trumpy Marta 01/01/7920/12/04 45,574° Merlo Stefano 14/06/7519/03/04 45,575° Puppini Sara 45,2576° Lucchesi Barbara 45,177° DiDomenico Dante03/04/8125/10/05 4579° Tanasi Luna 03/08/7721/10/04 4578° Mastropasqua Fabio05/08/7716/12/05 4580° D'Arpa Stefania 44,281° Marceddu Giuseppe 44

Biotec 08 N. 1 Assegno di RicercaData Nascita – Data Cons.Titolodi Studio1° Landolina Simone

61,332° Casamassima Giuseppe

60,063° Grazioso Immacolata

59,254° Sanna Stefania 595° Donato Silvia 58,66° Olivieri Germana 58,47° Fasano Fabrizio 57,88° Cancelli Daniela 57,669° Gallico Leonardo 53,410° Vittiglio Francesca52,7511° Cardella Mauro 52,2512° Persiani Claudio 51,8213° Fabiani Stefano 51,5814° Zonarelli Federico 50,715° Ciardo Simona 49,7516° diMalta Vincenza 49,2317° Tramontano Tiziano49,1618° De Ieso Giuliana 4819° Vernini Tatiana 46,2520° Salica Stefano 20/07/7915/07/05 4321° Ricciardi Daniela 30/06/7704/07/05 43

Biotec 09 N. 1

Assegno di RicercaData Nascita – Data Cons.Titolodi Studio1° Trotta Claudia 76,42° Faillace Paola Isabella

75,053° Orioli Lorenzo 72,894° Gravina Teresita 71,835° Corradi Chiara 65,88

Assunta Riccarda6° Marconi Gianluca 65,857° Conti Leonardo 63,858° Brocca Marta 62,69° Tenerelli Patrizia 59,110° Pascarella Angela 5711° Fanelli Maria 56,712° D'Elia Ilaria 56,413° Seguini Lorenzo 56,314° Rossetti Andrea 55,615° Dell'osso Daniele 55,3516° Maggi Maria Anna 55,217° Sabia Gianpaolo 55,0218° Petrillo Katia 12/09/8105/12/05 5519° Rossi Gianluigi 04/05/7331/04/04 5520° DiTommaso Davide 54,8221° Tortorelli Gaia 52,822° Procaccianti Daniele

52,523° Della Chiara Ilaria17/10/7927/05/05 51,424° Scialpi Luca 18/10/7701/06/05 51,425° Del Brocco Claudia 51,126° La Vigna Francesco

50,3327° Alberti Francesca 50,228° Asci Maria Grazia 49,529° Colella Paolo Michele

49,130° Acquistapace Alberto12/05/81 19/12/05

4931° Bove Maria Anna28/04/81 20/12/054932° Aleandri Giovanna 48,433° Buccheri Giuseppe 48,234° Montedonico Godoy

47,835° Antonazzo Luigi 47,236° Caputo Francesca24/01/7611/11/05 4737° Saraullo Davide16/10/7405/04/05 4738° Sperone Felice Gianluca07/07/78 23/05/03

46,2539° Belluardo Eugenia19/01/7519/02/01 46,25

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dall’ENEA

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ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007 91

40° Cesare Monica 4641° Troni Patrizia 45,542° Nardelli Orazio 4543° Kiferle Christian 44,644° Schunnach Marco 4445° diGiovanni Alfonso03/11/7813/12/05 4346° Holzammer Giulio20/07/7819/10/05 43

Biotec 10 N. 1 Assegno di Ricerca1° Paganin Patrizia 66,52° Tasso Flavia 64,23° Gentile Anna 60,94° Catalanotti Claudia 555° Bellucci Micol 53,16° Del Chierico Federica51,47° Pizzetti Ilaria 518° Lanza Angela 50,49° Annunziata Anna Lidia5010° Piccioni Enrico 47,411° Olivieri Paola 4712° Voutsinas Emanuela 4613° Despini Massimo 45,5

Biotec 11 N. 1 Assegno di RicercaPosizione Rimasta Scoper-ta Per Mancanza di Candi-dati Idonei

Biotec 12 N. 1 Assegno di Ricerca1° Pietrella Marco 72,62° Sallustio David Emanuele

69,053° Puglia Giuseppe 52,14° Arcidiacono Biagio 495° Careri Rocco 47

Biotec 13 N. 1 Assegno diRicerca1° Ferrante Paola 73,32° Camattari Andrea 72,53° Cipollone Rita 68,84° Falcone Giulia 50,5

Biotec 14 N. 1 Assegno diRicerca1° Diretto Gianfranco71,752° Scossa Federico 71

Biotec 15 N. 1 Assegno diRicerca1° Facella Paolo 70,62° Lopez Loredana 67,73° diBello Francesco 60,84° Tataranni Giuseppe59,75° Carluccio Anna Vittoria58,6

6° Giovinazzo Marianna47,1

Biotec 16 N. 1 Assegno di Ricerca1° Carbone Fabrizio61,92° Mourgues Fabienne

59,23° D'amico Eleonora 57,4

Biotec 17 N. 1 Assegno di Ricerca1° DiCarli Maria Sole69,32° Illiano Elena 663° D'ulisse Valeria 55,5

Biotec 18 N. 1 Assegno di Ricerca1° Lico Chiara 84,22° Bianchi Roberto 78,53° Janni Michela 74,54° Latini Arianna 69,2

Biotec 19 N. 1 Assegno di Ricerca1° Roselli Maria Incoro-nata 69,22° Gennaro Andrea 67,3

Biotec 20 N. 1 Assegno di Ricerca1° Ademollo Nicoletta

82,72° Magliuolo Mariella 70,63° Picciolo Massimiliano68,64° Boccia Priscilla 56,55° Santarcangelo Rosalia486° Fronterre' Annalisa 467° Guidi Elisa 45,5

Biotec 21 N. 1 Assegno di Ricerca1° Varrone Cristiano65,6

Biotec 22 N. 1 Assegno di Ricerca1° Migliore Giada 65,6

Biotec 23 N. 1 Assegno di RicercaData Nascita – Data Cons.Titolodi Studio1° Spada Concita Daniela

662° Rossato Claudia 64,53° Grazioli Valentina 63,54° Giannuzzi Stefania 60,55° Fassina Sara 53,6

6° Marconi Marilena 538° Rusconi Marianna

27/04/7912/10/05 527° Buonfanti Gaetano

20/08/7428/06/05 529° Ricagni Vittorio 5110° Lefebvre Pierre Yves 5011° Gambarana Roberto

06/06/7701/12/04 48,512° Morelli Alessandro15/10/7515/11/04 45,5

Biotec 24 N. 1 Assegno di Ricerca1° Leonardi Simona 66,52° Antenucci Daniele 63,13° Capodieci Raffaele 48

Biotec 25 N. 1 Assegno di Ricerca1° Lopresto Vanni 68,5

Biotec 26 N. 1 Assegno di Ricerca1° Massa Gilda 502° Luce Domenico 44

Ene 01 N. 1 Assegno di Ricerca1° Fiorini Paolo 84,05

Ene 02 N. 1 Assegno di Ricerca1° Stendardo Stefano

70,682° Alestra Alessandro 50

Ene 03 N. 1 Assegno di Ricerca1° Giulietti Emanuele

70,912° Galli Italo 46

Ene 04 N. 1 Assegno di Ricerca1° Mongiello Carmine822° Mongibello Luigi 66,23° Aquilino Antonio 51,54° Ambrosino Fiorenzo

46,5

Ene 05 N. 1 Assegno di Ricerca1° Cafiero Lorenzo Maria

76,52° Bassano Claudia 70,43

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dall’ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200792

3° Scamardella Anna Maria58,58

4° Figliola Roberto 53,415° Veca Elisabetta Maria496° Schiavo Benedetto 487° Genova Salvatore 45,358° Petrino Domenico 44,5

Ene 06 N. 1 Assegno di RicercaPosizione rimasta scoper-ta per mancanza di candi-dati idonei

Ene 07 N. 1 Assegno di Ricerca1° Blasi Alessandro 642° De Nigris Donatella62,13° Minieri Francesco 584° Spada Massimo 475° Crisafulli Antonio 46

Ene 08 N. 1 Assegno di Ricerca1° Molino Antonio 57,7

Ene 09 N. 1 Assegno di Ricerca1° Saraceno Luca 70,362° Trinchieri Raniero 66,453° Compagno Alfonso51,54° Rago Vincenzo 45

Ene 10 N. 1 Assegno di RicercaPosizione rimasta scoper-ta per mancanza di candi-dati idonei

Ene 11 N. 1 Assegno di Ricerca1° Conti Valentina 62,52° Consorte Raffaele 613° Urban Federico 524° Cesarone Francesco50,55° DiPietro Antonio 48

Ene 12 N. 1 Assegno di Ricerca1° De Tommaso Barbara76,842° Magaro' Eugenia 64,393° Sardella Riccardo 63,17

Ene 13 N. 1 Assegno di Ricerca1° Cecere Donato 75,93Ene 14 N. 1 Assegno di Ricerca1° Pastore Giuseppe 692° Donatelli Antonio 67,3

cro

nache 3° Venturini Paolo 63,8

4° Nigro Giovanni 46Ene 15 N. 1 Assegno di Ricerca1° Fanelli Emanuele 512° Alvarez Vincenzo 48,5

Ene 16 N. 1 Assegno di Ricerca1° Di Nardo Antonio

67,52° Marchi Paolo 66,53° Biagetti Tatiana 64,54° De Simone Edoardo 47

Ene 17 N. 1 Assegno di Ricerca1° Troiani Guido 75,782° Puglisi Giovanni 74,933° Daniele Salvatore 64,734° Marchione Teresa 63,15° Lo Castro Maria Gabriella

60,616° Fratini Nicola 55,757° Ratto Antonino 48,5

Ene 18 N.1 Assegno di Ricerca1° Contuzzi Luca 572° Giordano Luca 553° Valente Stefano 514° La Calce Andrea 50

Ene 19 N. 1 Assegno di Ricerca1° Di Pietra Biagio 66,25

Ene 20 N. 1 Assegno di Ricerca1° Palumbo Massimo

52,662° Lombardi Paolo 48,333° Spina Antonio 44

Ene 21 N. 2 Assegni di Ricerca1° Lelli Maria 79,32° Pugliese Francesco 47

Ene 22 N. 2 Assegni di Ricerca1° Pizzuti Stefano 80,52° Di Giamberardino Mau-ro 64,6Ene 23 N. 1 Assegno di Ricerca1° Serenelli Luca 67,172° Ciancaglioni Isabella

52,53° Castagna Francesca50,5

4° Scagnoli Valerio 505° Farese Sara 48,56° Vasco Antonio 47

Ene 24 N. 1 Assegno di Ricerca1° Cerone Nadia 692° Iovane Pierpaolo 65,16

Ene 25 N. 1 Assegno di Ricerca1° Larocca Vincenzo55,12° Fraldi Natascia 53,2

Fis 01 N. 1 Assegno di Ricerca1° Tincani Amelia 65,72° Utili Marco 65,2

Fis 02 N. 1 Assegno di Ricerca1° Scaddozzo Giuseppe

74,82° Tarantino Mariano 69,3

Fis 03 N. 1 Assegno di RicercaPosizione rimasta scoper-ta per mancanza di candi-dati idonei

Fis 04 N. 1 Assegno di Ricerca1° Iurlaro Giorgia 86,5

Fis 05 N. 2 Assegni di Ricerca1° Bruno Annalisa 76,12° Francucci Massimo

72,13° Spizzichino Valeria 71,3

Fis 06 N. 1 Assegno diRicerca1° Sighicelli Maria 65,1

Fis 07 N. 1 Assegno diRicerca1° Foletti Claudia 68,9

Fis 08 N. 1 Assegno di RicercaData Nascita – Data Cons.Titolodi Studio1° Grilli Maria Luisa 902° De Giorgi Raffaella65,753° Buono Edoardo 54,334° Spagnoletta Sebastiano

49

Page 93: energia, ambiente e innovazione · energia, ambiente e innovazione ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007 3 IMMAGAZZINAMENTO E GENERAZIONE DI IDROGENO DA BOROIDRURI ALCALINI HYDROGEN

dall’ENEA

energia, ambiente e innovazione

cro

nache

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007 93

5° Tripaldi Giuseppe 476° Di Lorenzo Giuseppina21/07/78 21/02/05

467° De Rubertis Fabio03/06/7726/10/05 468° Mondelli Rita 43,5

Fis 09 N. 1Assegno di Ricerca1° DiSarcina Ilaria 67,72° Ottaviano Luisa 63,63° Ronzitti Massimiliano46,5

Fis 10 N. 1 Assegno di Ricerca1° Bonfigli Francesca86,52° Surpi Alessandro 683° Surrenti Vincenzo 65,54° Carbone Marco 62,75° Petralia Alberto 46

Fis 11 N. 1 Assegno di Ricerca1° Germano Massimo572° Mauro Egidio 54,5

Fis 12 N. 1 Assegno di RicercaPosizione rimasta scoper-ta per mancanza di candi-dati idonei

Fis 13 N. 1 Assegno di Ricerca1° Ciampichetti Andrea79

Fus 01 N. 1 Assegno di Ricerca1° Picciotto Antonino642° Iacobelli Marco 633° Gaetani Marco 46

Fus 02 N. 3 Assegni di RicercaData Nascita – Data Cons.Titolodi Studio

1° Botrugno Antonio69,35

2° Ferrando Ornella 64,53° Romano Afra 63,54° Ferella Alfredo Davide

62,85° Carloni Lisa 49,56° Di Matteo Lucy18/09/8027/10/04 457 Di Cesare Barbara20/09/7825/07/05 45

Fus 03 N. 1 Assegno di Ricerca1° Annibaldi Silvia 79,12° Di Troia Claudia 653° Raia Salvatore 46

Fus 04 N. 1 Assegno di Ricerca1° Trevisanutto PaoloEmilio 60,42° Aprea Giuseppe 563° Cipiccia Silvia 53

Fus 05 N. 1 Assegno di Ricerca1° Di Falco Mustazzella

Vincenzo 592° Massazza Giovanna57,13° Ciavarella Roberto 544° D'Orazio Maria 43

Fus 06 N. 1 Assegno di Ricerca1° Augieri Andrea 75,352° Angrisani Achille

Armenio 75,13° Almaviva Salvatore

54,88

Fus 07 N. 1 Assegno di Ricerca1° Di Marzi Gianluca

83,762° Amabile Claudio 59,6

Fus 08 N. 1 Assegno di Ricerca1° Reccia Luigi 802° Frosi Paolo 76,93° Mottola Ernesto 71,34° Cutrufi Vincenzo 62,05

Fus 09 N. 1 Assegno di RicercaPosizione rimasta scoper-ta per mancanza di candi-dati idonei

Fus 10 N. 1 Assegno di Ricerca1° Bottari Nicola 50

Fus 11 N. 1 Assegno di Ricerca1° Vannozzi Angelo

67,062° Rizzo Francesco 61,6

Fus 12 N. 1 Assegno di Ricerca

1° Pollastrone Fabio73,88

2° Scalisi Gaetano 51,53° Lodato Rossella 51,25

Fus 13 N. 1 Assegno di RicercaPosizione rimasta scoper-ta per mancanza di candi-dati idonei

Fus 14 N. 1 Assegno di RicercaPosizione rimasta scoper-ta per mancanza di candi-dati idonei

Fus 15 N. 1 Assegno di Ricerca1° Auditore Lucrezia 83

Fus 16 N. 1 Assegno di Ricerca1° Belli Francesco 74,45

Fus 17 N. 2 Assegni di Ricerca1° Mazzuca Roberta87,72° Roccella Selanna

71,153° Rydzy Alexander 59,64° Ravasio Ugo 51,6

Fus 18 N. 1 Assegno di Ricerca 1°Pangione Luigi 72,42° Boncagni Luca 64,833° Sciuto Gregorio 51,75

Idrocomb 01 N. 1 Assegno di Ricerca1° Paoletti Claudia69,052° Moreno Margherita

52,5

Idrocomb 02 N. 1 Assegno di Ricerca1° Zaza Fabio 59

Idrocomb 03 N. 1 Assegno di Ricerca1° Lagana Ivano 62,152° Spagnoletti Joseph

51,333° De Micco Vincenzo 48,334° Mercurio Costanzo 47,45° DiFesta Paola 46

Idrocomb 04 N. 1 Assegno di Ricerca

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dall’ENEA

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200794

Data Nascita – Data Cons.Titolodi Studio1° Amicarelli Andrea55,52° Salcini Sergio 543° Calisi Marco 524° Giubbilini Francesco17/07/78 16/12/05

515° Scalas Emanuele Maria18/08/75 16/12/05

516° Di Stefano Valerio 507° Piscitelli Cesare 498° Torrini Mariagrazia 45,59° Giardina Daniela 43,5

Idrocomb 05 N. 1 Assegno di Ricerca1° Tizzani Cosimo 61,842° Montanino Maria 47,913° Gatto Eloisa 45

Idrocomb 06 N. 1 Assegno di Ricerca1° Mc Phail Stephen John

79,62° Cigolotti Viviana 65,63° Iannotti Rocco Antonio60,54° De Lorenzo Giuseppe58,55° Pellegrino Francesco 586° Iannone Mario 52

Mat 01 N. 1 Assegno di Ricerca1° De Girolamo Anna74,32° Masala Silvia 653° Nenna Giuseppe 63,94° Miscioscia Riccardo63,755° Gambino Salvatore63,386° Chierchia Rosa 63,227° Bombace Mariano60,938° Altavilla Claudia 58,589° Guerra Alfredo 58,4310° D'urso Flavia 5511° Operamolla Alessandra50,512° Ferrari Leonetto 49,513° De Simone Agnello 4814° Mazzocchi Enrico 44,17

Mat 02 N. 1 Assegno di RicercaData Nascita – Data Cons.Titolodi Studio1° Andrenacci Natascia

87,32° Bruno Mauro 74,53° Nucci Luca 534° Zelli Mauro 525° De Simone Calogero51,56° Guarnieri Guido 50

cro

nache 7° Angeletti Arianna 46

8° Quintino Alessandro 29/08/69 19/12/00

459° Solari Egisto 14/12/7019/12/03 4510° Avella Michele 4411° Zeziola Roberta 43

Mat 03 N. 1 Assegno di Ricerca1° Signore M. Assunta67,332° Mangione Alfonso 65,53° Galtieri Giovanna 60,33

Mat 04 N. 1 Assegno di Ricerca1° Salernitano Elena86,22° Cemmi Alessia 813° Gagliardi Serena 69,55

Mat 05 N. 1 Assegno di Ricerca1° Di Girolamo Giovanni68,13

Mat 06 N. 2 Assegni di Ricerca1° Rosetti Valentina64,12° Burgio Federica 53,6

Mat 07 N. 2 Assegni di Ricerca1° Radici Simona 532° Coglitore Antonino45,53° Ambrosetti Andrea 45

Mat 08 N. 1 Assegno di Ricerca1° Primiceli Antonio53,3

Mat 09 N. 2 Assegni di Ricerca1° Panella Barbara 76,52° Mirabile Gattia Danie-le 69,673° Aurora Annalisa 62,54° Piscopiello Manuela 625° Laera Anna Maria 61,56° Vitale Floriana 59,527° Di Lorenzo Paolo Anto-nio 588° D'amato Rosaria 579° Veronesi Simone 5410° Di Claudio Davide 52,511° Scafe' Matteo 50,512° Silvestri Demandt

Claudia Isabel 5013° Luciani Domenico 46,514° Tiso Nicola 4615° Del Monte Antonio45,516° Di Gioia Eugenio Giovanni

44

Mat 10 N. 3 Assegni di Ricerca1° Santini Andrea 84,82° Bellucci Alessandra

83,23° Seralessandri Luca

74,464° Schiavo Loredana 48,5

Mat 11 N. 1 Assegno di Ricerca1° Bellusci Mariangela

78,42° Pendolino Flavio 49,5

Mat 12 N. 1 Assegno diRicercaData Nascita – Data Cons.Titolo di Studio1° Fraraccio Giancarlo

70,22° Mongelli Maria Luisa 693° Cuomo Fabiana 65,54° Coccia Simona 65,35° Cristina Filippo 506° Gorgoglione Davide30/06/79 22/07/04

49,57° Anifantis Alexandros Sotirios 02/02/8022/07/05 49,58° Sgubini Mario 48,059° Panarese Marco 47,510° Stornelli Paola 47

Solterm 01 N. 1 Assegno di Ricerca1° Spadoni Annarita

67,82° Zoani Claudia 65,233° Cafaro Claudia 63,254° Giardina Isabella 55,28

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Inconti

energia, ambiente e innovazione

cro

nache

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/2007 95

ENEA organizza il Convegno

Italiano sui Sensori

Si è tenuta a Napoli, dal 12 al14 febbraio 2007, la XII Con-ferenza italiana su Sensori eMicrosistemi della Associazio-ne Italiana Sensori e Microsi-stemi (AISEM). L’edizione di quest’anno, or-ganizzata da ENEA, Universitàdi Napoli Federico II e CNR-IMM, ha avuto come GeneralChairman, Girolamo Di Fran-cia dell’ENEA (DipartimentoTecnologie Fisiche e NuoviMateriali), a testimonianzadella evidenza nazionale ora-mai raggiunta dalle attività

Incontri

ENEA organizza il Convegno

Italiano sui Sensori

dell’ENEA nel settore deisensori a stato solido.Sensori e microsistemi di ri-velazione, attuazione e mi-sura, costituiscono l’interfac-cia “naturale” verso l’am-biente esterno dei computere di una innumerevole quan-tità di sistemi di elaborazio-ne, fissi e mobili. La fortecrescita di questo settore siinserisce dunque nelle piùampie tematiche della ICT edella “sorveglianza in remo-to” che caratterizzano le so-cietà avanzate in questo de-cennio. Esso interessa piùcomparti, spesso in modotrasversale, con applicazionicome quelle del controllodell’inquinamento ambien-tale, della tracciatura dellacatena di produzione agroa-limentare, della telemedici-na e, in generale, della sicu-rezza dei cittadini, che han-no tutte un crescente impat-to sulla vita quotidiana. Nel nostro Paese operano nelsettore dei sensori e dei mi-crosistemi, circa 50 gruppi diricerca, tra Università, CNR edENEA. Una decina di questihanno caratteristiche e dimen-sioni a livello internazionale. Anche dal punto di vista in-dustriale il settore è in forteespansione: accanto a nume-rose Pmi del settore dellaelettronica e dei servizi, so-no presenti anche aziende digrande dimensione(STmi-croelectronics, Pirelli Labs,FIAT ecc.). La conferenza AISEM è dive-nuta nel corso degli anni l’ap-puntamento nazionale dimaggior rilievo per il settore,con importanti riflessi anchein campo internazionale. Allapresente edizione hanno par-tecipato oltre 200 ricercatoritra ingegneri, fisici, chimici,biologi e medici, a testimo-nianza del carattere multidi-

sciplinare del settore. Gli at-ti della conferenza, in ingle-se, verranno diffusi attraver-so le biblioteche delle mag-giori università, centri di ri-cerca ed aziende di tutto ilmondo. La Conferenza si è articolatasu 8 sessioni: sensori chimici,sensori fisici, microsistemi, bio-sensori, sensori e microsiste-mi ottici, nanosensori, tecno-logie di fabbricazione e as-semblaggio, array e reti disensori e applicazioni, oltre auna sessione speciale a temache, per l’edizione 2007, è sta-ta centrata sul tema “acqua”. Una tavola rotonda, sponso-rizzata dalla Unione Indu-striali, ha analizzato gli sce-nari della ricerca e dello svi-luppo industriale dei senso-ri e dei microsistemi nellaprospettiva del 7PQ. In concomitanza con la con-ferenza si è tenuta una mo-stra dei prodotti industriali edi ricerca nel campo dei co-siddetti “nasi elettronici” pro-dotti nei più avanzati labora-tori di ricerca del Paese, allaquale l’ENEA ha partecipatocon un proprio prototipo.Si tratta di un sistema multi-sensoriale, basato principal-mente su sensori di gas, ri-sultato delle attività di ricer-ca svolte fin dal 2002 dalCentro ENEA di Portici. Il si-stema integra le necessariefunzioni sensoriali, assicura-te da sensori commerciali ofabbricati in ENEA, l’oppor-tuna alimentazione, l’elet-tronica di controllo ed è do-tato di un sottosistema dielaborazione in grado dieseguire semplici algoritmidi sensor fusion per il rico-noscimento e la stima dellaconcentrazione dei gas. Il di-spositivo è utilizzabile anchecon connessione wireless.

(Dario Della Sala)

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Letture

ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 1/200796

cro

nache consiglieri economici di Bill

Clinton e poi vicepresidentedella Banca mondiale, illustracon questo secondo libro sul-l’argomento, una serie di ri-forme che permetterebberoalla globalizzazione di realiz-zare in modo più convincen-te il proprio potenziale, mi-gliorando concretamente lavita delle persone sia nelmondo industrializzato sia inquello in via di sviluppo. Inquanto, è vero che facciamoparte di un’economia semprepiù globale, ma tutti noi vi-viamo in comunità locali econtinuiamo, molto più diquanto si creda, a pensare intermini di realtà locale.Si tratta di cambiamenti daattuarsi nella politica, nelleistituzioni economiche, nel-le regole del gioco e nellamentalità, e quindi l’autoreespone per settori, come inun manuale, le idee per mo-strare che un’altra globaliz-zazione, dal volto umano esolidale è possibile.E allora, rompere un tabù etentare una missione impossi-bile è agire affinché il Proto-collo di Kyoto funzioni davve-ro. Contrariamente alle altreincognite della globalizzazio-ne, i problemi ambientali glo-bali affliggono allo stesso mo-do sia i paesi sviluppati siaquelli in via di sviluppo. E laglobalizzazone, così com’è sta-ta gestita finora, non ha af-frontato il problema comeavrebbe dovuto. Perché il Pro-tocollo di Kyoto funzioni, oc-corre affrontare tre problemi.Innanzitutto, se vogliamo chepartecipino anche gli Stati Uni-ti, è chiaro che bisogna coin-volgere anche i paesi in via disviluppo per i quali occorre pe-rò fissare obiettivi equi e reali-stici. In secondo luogo, unavolta stabiliti determinatiobiettivi, bisogna trovare un

modo per obbligare gli Stati araggiungerli, altrimenti, fin-tantoché ridurre le emissionicomporterà dei costi, tutti fa-ranno il possibile per sottrarsiagli obblighi. Terzo, se i costiper ridurre le emissioni dimi-nuiranno, sarà facile rispetta-re le regole, quindi dobbiamotrovare il modo per abbassa-re questi costi.Ma i problemi sono molti(deforestazione, liberismo,sviluppo sostenibile…) e perognuno c’è l’indicazione dicome “far funzionare la glo-balizzazione”.La conclusione dell’autore sipuò così sintetizzare: affin-ché la globalizzazione si met-ta a funzionare, abbiamo bi-sogno di un regime economi-co internazionale più equili-brato nel garantire il benes-sere sia dei paesi sviluppati,sia di quelli in via di sviluppo:un nuovo contratto socialeglobale tra i paesi più ricchie quelli più svantaggiati, lapromozione della ricerca, re-tribuire i paesi in via di svilup-po per i loro servizi ambien-tali - conservazione della bio-diversità e risoluzione delproblema ambientale -, rico-noscimento che tutti condivi-diamo lo stesso pianeta e cheil riscaldamento globale rap-presenta una minaccia con-creta, aiuto economico e tec-nico da parte dei paesi indu-strializzati ai paesi in via disviluppo per le loro risorsenaturali, condono del debito,riforme dell’architettura fi-nanziaria globale, riformegiuridiche e istituzionali perscongiurare la nascita di mo-nopoli privati, non fornire ar-mi ai paesi in via di sviluppo.Insomma, conclude l’autore:“Perché funzioni davvero, laglobalizzazione deve funzio-nare prima di tutto per loro:per i poveri del mondo”.

La globalizzazioneche funziona

Joseph E. StiglitzGiulio Einaudi ed., 2006, pa-gine 336, 16,50 €

“I critici della globalizzazionehanno visto giusto: troppe per-sone ci hanno rimesso a causadi come è stata gestita finora.Ma io penso che abbiano ra-gione anche gli ottimisti – quel-li che, in assemblee come ilWorld Social Forum di Mum-bai, hanno affermato che unmondo diverso è possibile”.Partendo da questo assunto,Stiglitz, Premio Nobel per l'eco-nomia nel 2001 e già capo dei

Letture

La globalizzazione che funziona