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  • 8/16/2019 Energetica Generale

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    ENERGETICA

    GENERALE

    a cura di

     A. Bernardinis V. Bortolotti A.Centioni M.Miramontes

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    INTRODUZIONE

     Axel Bernardinis, Valerio Bortolotti, Alberto Centioni e Marco Miramontes sono un gruppo di studenti del corso di Ingegneria Gestionale Industriale dell’Università degli Studi di Udine. 

     Appassionati delle varie forme di produzione di energia, hanno scelto “Energetica Generale” come esame a scelta. Questo lavoro è frutto di una attenta cooperazione, fatta per agevolare lo studio.

    Queste dispense sono un utile strumento per lo studio e il superamento dell’esame di “Energetica Generale” tenuto dal Prof. Giulio Croce; gli autori ci tengono a sottolineare che queste dispense non sostituiscono in alcun modo lo studio dal libro, ma hanno l’unico scopo di inquadrare gli argomenti e riassumerne i contenuti.È rigorosamente vietato lucrare con questo fascicolo: l’opera è gratuita ed open source! Per  eventuali modifiche, mandate una mail a: [email protected] e sarete aggiunti alla 

    cartella di google drive per poter modificare qualsiasi domanda in formato google docs. Tutti gli eventuali miglioramenti sono ben graditi: così facendo renderemo lo studio meno pesante per il prossimo.

    INDICE

    Queste dispense rispondono in modo completo ed approfondito alle seguenti domande:

    1. Previsione dei fabbisogni energetici (V.Bortolotti)2. Raffinazione del petrolio (V.Bortolotti)3. Gassificazione di combustibili solidi (A.Centioni)4. Combustione diretta di solidi (A.Centioni)5. Biocombustibili da colture energetiche: rese energetiche, sequestro CO2(A.Bernardinis)6. Inquinamento termico diretto da processi di combustione (V.Bortolotti)7. Inquinamento termico indiretto da processi di combustione (V.Bortolotti)8. Inquinamento da ossidi di zolfo (V.Bortolotti)9. Inquinamento da ossidi di azoto (V.Bortolotti)

    10. Inquinamento da polveri (V.Bortolotti)11. Inquinamento da traffico (V.Bortolotti)12. Fissione nucleare (tradizionale ed autofertilizzata) (A.Bernardinis)13. Centrali nucleari a fissione (tradizionali ed autofertilizzati) (A.Bernardinis)14. Fusione nucleare (A.Bernardinis)15. Pannelli solari (A.Bernardinis)

    mailto:[email protected]

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    16. Produzione di acqua sanitaria con pannelli solari (A.Bernardinis)17. Stagni solari (A.Bernardinis)18. Energia solare, applicazioni a media temperatura: centrali eliotermiche e stagni solari(A.Bernardinis)19. Conversione diretta dell'energia solare (A.Bernardinis)20. Sfruttamento dell'energia idraulica: curve di durata, impianti ad acqua fluente,diagrammi z-a per la gestione di bacino (M.Miramontes)21. Impianti di pompaggio (M.Miramontes)22. Dimensionamento del serbatoio di un impianto idraulico (M.Miramontes)23. Massima energia eolica sfruttabile (limite di Betz) (A.Centioni)24. Valutazione del potenziale eolico di un sito: dai diagrammi di ventosità alla energiaproducibile, data la curva caratteristica della turbina (M.Miramontes)25. Impianti geotermoelettrici a vapore dominante (M.Miramontes)26. Impianti geotermoelettrici ad acqua ad alta e media temperatura (M.Miramontes)

    27. Riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti (Compost, CDR) (A.Bernardinis)28. Combustione (rifiuti) con recupero energetico (A.Bernardinis)29. Controllo emissioni di microinquinanti negli inceneritori per RSU (V.Bortolotti)30. Controllo emissioni di macroinquinanti negli inceneritori per RSU (V.Bortolotti)31. Cogenerazione con motori Diesel e turbine a gas (inclusi cicli combinati gas vapore)(A.Centioni)32. Cogenerazione con turbina a vapore a contropressione (A.Centioni)33. Consumi termici (V.Bortolotti)34. Rete di teleriscaldamento (A.Bernardinis)

    35. Pompe di calore: analisi energetica ed economica. (M.Miramontes)36. Cicli ad assorbimento e trigenerazione. (M.Miramontes)37. Idrogeno: caratteristiche, produzione, stoccaggio, prospettive di utilizzo (A.Bernardinis)38. Celle a combustibile (A.Bernardinis)

    BIBLIOGRAFIA

    ● “Energetica generale” di Gianni Comini, Giulio Croce, Stefano Savino (Editore: S.G.E.;Edizione: 5; Data di Pubblicazione: 2011)

    http://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-editore_SGE-sge.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNF2sliVLTttdLYwZb_cdCqO0d-67whttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-editore_SGE-sge.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNF2sliVLTttdLYwZb_cdCqO0d-67whttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-autore_savino%2Bstefano-stefano_savino.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNGpOYxcVap-BZVWCKKfnJuoSKsYJQhttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-autore_savino%2Bstefano-stefano_savino.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNGpOYxcVap-BZVWCKKfnJuoSKsYJQhttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-autore_croce%2Bgiulio-giulio_croce.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNFmN3cB9nvJGhnN8Oyyvdouk60NjQhttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-autore_croce%2Bgiulio-giulio_croce.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNFmN3cB9nvJGhnN8Oyyvdouk60NjQhttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-autore_comini%2Bgianni-gianni_comini.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNFGDGO3Y3RJqqjQLhJk3ZJRaEkjGQhttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fwww.libreriauniversitaria.it%2Flibri-autore_comini%2Bgianni-gianni_comini.htm&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNFGDGO3Y3RJqqjQLhJk3ZJRaEkjGQ

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    1. Previsione dei fabbisogni energetici 

    I fabbisogni energetici complessivi di un gruppo omogeneo di persone si possono stimare

    con questa formula:

     E 

     E 0=

      C 

    C 0

     P IL

     PIL0

     F 

     F 0   η

    η0 

    dove:

    ● Il pedice 0 denota i valori di riferimento

    ● E è il fabbisogno misurato in tonnellate equivalenti di petrolio al anno (tep/anno)

    ● C è il fattore adimensionale geografico-climatico (dipende dalla necessità di 

    consumare più o meno energia per riscaldamento e trasporti. Vale 0,75 per paesi 

    caldi e molto popolati,1 per paesi temperati e mediamente popolati,1,5 per paesi 

    freddi e poco popolati). Perchè C dipende dalla densità di popolazione? Esempio. Se 

    una zona è densamente abitata le persone non si spostantano perchè hanno tutto a 

    disposizione in zona: consumano poco come trasporti. Al contrario, una persona 

    isolata che deve fare 100 km per andare a lavoro o al supermercato consuma più 

    energia.● PIL=prodotto interno lordo

    ● fattore sociale adimensionale calcolato con la formula:

     xp[− .08( ) ] F  = 1 − e   0   G G a

    dove G è il prodotto totale e G a  il prodotto agricolo. F tende a 1 per economie industriali e a 0

    per economie agricole.

    ●   η  è l’efficienza globale media. Stimata mediante l’equazione:

    og    .006419θ 3.40l   η

    1−η  = 0 − 1  

    Tale equazione è diagrammata in figura (scala logaritmica). In ascisse troviamo il tempo. 

    Dalla curva logistica del l'efficienza mondiale media si ha, ad esempio: 7% per l’anno 1913 e 

    il 50% per l’anno 2088.

    Un'altra situazione in cui è possibile stimare η, è la valutazione dei consumi energetici  di una

    nazione industrializzata e demograficamente stabile come l'Italia (C = cost ed F = l).

    Pertanto:  E / E 0

     PIL/ P IL0=

      I 

     I 0=

    η

    η0  

    evidenziando che, per nazioni industrializzate e demograficamente stabili, sussiste una

    proporzionalità inversa tra intensità energetica I (I=E\PIL) ed efficienza globale media η.

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    Talvolta si è interessati a valutare l'incremento annuale dei fabbisogni. A tale fine si usa la

    formula: 

     E 

    Δ E =

    ΔC +

     PIL

    Δ( P IL)+

     F 

    Δ F −

    η

    Δη 

    dove al numeratore compaiono gli incrementi (tra un anno e l’altro), mentre al denominatore

    compaiono i valori caratteristici dell'anno di riferimento. Esempio: incremento tra il 2007 e il

    2008. Al numeratore mettiamo la differenza fra i valori nei 2 anni. Al denominatore il valore del

    2007 (valore di riferimento).

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    2. Raffinazione del petrolio

    Il petrolio greggio non è mai usato come tale ma viene sempre sottoposto a “raffinazione”,

    cioè ad un insieme di trattamenti che danno luogo a prodotti diversi.

    Le tecniche di raffinazione più usate prevedono la distillazione frazionata del greggio (coneventuali interventi successivi con lo scopo di aumentare la resa delle frazioni leggere

    “pregiate”).

    Il petrolio greggio viene riscaldato fino ad una temperatura di circa 360 °C e fatto entrare a

    pressione atmosferica nella colonna di distillazione vera e propria. Una frazione del totale,

    però, non è vaporizzata e viene estratta dal basso come residuo pesante.

    La parte vaporizzata sale nella zona alta della colonna e, man mano che si raffredda,

    deposita per condensazione le varie frazioni di idrocarburi.

    Dal alto al basso (quindi dalla “zona” più fredda a quella più calda) fuoriescono: 

    ● frazione gassosa (gas come metano, propano e butano: gli ultimi due danno vita al

    GPL-Gas di Petrolio liquefatti)

    ● frazione leggera (benzine)

    ● frazione leggero-media (cherosene)

    ● frazione media (gasolio)

    ● residuo pesante (oli combustibili*).

    Fra parentesi sono indicati i “prodotti petrolifici” derivanti dalle diverse frazioni.

    Le diverse frazioni ottenute sono caratterizzate da:

    1. un numero diverso di atomi di carbonio

    2. diverse densità medie

    3. diverse "curve di distillazione", cioè da diversi intervalli di temperature di ebollizione a

    pressione ambiente.

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    *  Dal residuo pesante, più o meno mescolato con il gasolio, si ottengono gli oli combustibili.

    Essi sono tanto più pregiati quanto minore è la loro viscosità (in pratica, quanto maggiore è il

    loro contenuto in gasolio). Gli oli combustibili, al diminuire della viscosità misurata in gradi

    engler °E, sono classificati rispettivamente in densi, semifluidi, fluidi e fluidissimi. Dal residuo

    di lavorazione degli oli combustibili si ottengono alcuni prodotti destinati ad usi non energetici(ad esempio, i lubrificanti e gli asfalti).

    Come migliorare le rese dei prodotti “pregiati”?

     Al netto di perdite e consumi, la distillazione conduce a rese in frazioni leggere dell'ordine del

    15-20%, ed a rese in frazioni medie dell'ordine del 30-50%. Per migliorare la resa nelle

    frazioni leggere pregiate, si ricorre ai processi di pirolisi (o piroscissione, in inglese

    "cracking") che permettono di rompere le molecole più complesse:

    ●   per sola azione termica (cracking termico, che ha luogo a temperature dell'ordine di

    480 °C) ●   per azione del riscaldamento, a temperature più ridotte ma in presenza di

    catalizzatori (cracking catalitico). 

    Per indirizzare il cracking verso gli idrocarburi caratterizzati da un rapporto H/C più alto (un

    rapporto più alto aumenta il potere calorifico), si può operare in presenza di idrogeno

    (idrogenazione). In questo modo i legami multipli degli idrocarburi insaturi vengono rotti e

    risaturati con idrogeno (un idrocarburo saturo significa che gli atomi non hanno doppi legami

    tra di loro). Così, ad esempio, è possibile passare da etilene C2H4, insaturo a doppio

    legame, ad etano C2H5, saturo a semplice legame, attraverso la reazione:

    C H C H   H 2   = C    2 +  H 2⇒  H 3   − C    3  

    Per aumentare la resa in benzine si possono poi far combinare tra loro, in presenza di

    catalizzatore, anche le frazioni gassose che si liberano durante il cracking, ottenendo

    idrocarburi che restano liquidi a temperatura e pressione ambiente (alchilazione: aggiunta di

    un gruppo alchilico, -CH3  o -CH2-CH3, ad una molecola). Infine, per aumentare il potere

    antidetonante delle benzine, è possibile modificare la struttura molecolare degli idrocarburi

    paraffinici (alcani: cioè saturi) che le compongono, passando da catene lineari a catene

    ramificate (reforming). (reforming è anche la deidrogenazione di cicloesani per ottenere

    idrocarburi aromatici, cioè il benzene). 

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    3. Gassificazione di combustibili solidi 

    A) DISTILLAZIONE O PIROLISI DEL CARBONE:

    E’ un riscaldamento a temperature di 800-100°C in assenza di ossidanti.

    Segue separazione fase solida (Coke) da gassosa, con prodotto finale il “gas di cok

    cokeria”.

    B) GASSIFICAZIONE DEL CARBONE:

    Il carbone viene sottoposto a ossidazione parziale, facendolo reagire con ossigeno e

    acqua in apparecchiature chiamate gassificatori. 

    - Fasi della gassificazione:

    1) L’ossidazione parziale* è una reazione esotermica e fornisce il calore necessario

    alla gassificazione;

    2) Il forte aumento di temperature genera inizialmente la separazione delle molecole

    di idrocarburi, poi raggiunti gli ottocento gradi anche il carbonio si combina con

    ossigeno o con il vapore. Quindi si hanno:

    con l’aria* eO O  111C +21

    2 ⇒ C    + MJ kmol 

     

    con il vapore. (“steam reforming”)O O  131C +  H 2   ⇒  H 2 + C    − MJ kmol   

    Il vapore d’acqua interviene anche sul bilaciamento anidride carbonica, monossido di

    carbonio:

    (“shift”)O O   CO   41C    + H 2   ⇒  H 2   + 2   + MJ kmol   

     All’uscita del gassificatore è necessario raffreddare il gas grezzo e successivamente

    depurarlo da polveri come ammoniaca e acido solforico.

    il gas di sintesi ottenuto “syngas” è sostanzialmente miscela di CO, H2, e CO2  con

    una presenza di CH4.

    -Tipi di gassificatore:

    a letto fisso;a letto fluido;

    a fluido trascinato.

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    Gassificatore e letto fisso: 

    Carbone introdotto dall’alto con pezzature da 5 a 50 mm.

    Velocità aria e vapore minore da quella di sostentamento particelle.

    Zone a temperatura diversa, la gassificazione avviene nella zona intermedia.

    Tempo di permanenza del carbone di un’ora.

    Gassificatore a letto fluido:

     Alimentati a particelle di carbone tra 0,5 e 5mm.Ricordano i combustori a letto fluido (vedi domanda 4).

    Due zone: in basso le particelle non gassificate alimentano il letto fluido, in alto

    all’ingresso dell’ossidante secondario avviene gassificazione a T più alta.

    Tempo di permanenza del carbone di un minuto circa.

     

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    Gassificatore a flusso trascinato:

     Alimentati da polverino di carbone.

    Velocità corrente ossidante è almeno dieci volte più grande della velocità di

    sostentamento del polverino.

    Grande velocità di gassificazione.

    Tempo di permanenza di pochi secondi

    Differenze tra gassificatori:

    La qualità del gas prodotto dipende dal tempo di gassificazione e quindi dal tipo di

    gassificatore; al diminuire del tempo di permanenza, per costruzione, si raggiungono

    temperature operative più alte.

     All’aumentare della temperatura operativa aumenta la frazione di ossido di carbonio e si

    riducono la frazione di ossigeno e soprattutto di metano. I poteri calorifici del gas sono

    maggiori quindi nel caso della gassificazione mediante letto fisso a discapito del tempo di

    azione.

    Rendimento chimico:

    Rapporto tra energia chimica ottenuta nel gas prodotto e l’energia chimica contenuta nel

    carbone in ingresso.

    ηchim =  ∑

     

     j(mH  )˙   i j

    (mHi)˙   carbone 

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    Rendimento di primo principio: 

    Rapporto tra energia ottenuta ed energia chimica fornita

    η I  = (mH  )˙   i carbone

    [ ]+q∑ 

     j(mH  )˙   i j

     

    Perchè fare la gassificazione?

    ● c’è la possibilità di catturare e stoccare l’anidride carbonica prodotta in depositi

    geologici o fondali oceanici (anche se per adesso non è una pratica molto frequente)

    ● si producono combustibili fluidi che sono più “flessibili” e possono essere usati in

    turbine a gas in cicli combinati in modo da avere rendimenti molto più elevati (anche

    60%) rispetto alle centrali termoelettriche classiche, il tutto in prossimità del

    gassificatore

    ● si producono combustibili che non producono polveri (le polveri vengono prodotte

    nella gassificazioni e possono essere trattate)

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    4. Combustione diretta di solidi (carbone, biomasse) 

    CARBONE: è un combustibile formato da resti vegetali fossili;

    Classificazione geologica: 

    Torba: forma più recente, resti vegetali palustri, spugnoso, elevata umidità.

    Lignite: tende a vaporizzarsi a contatto con l’aria, presenta rischi di

    autoaccensione.

    Litantrace: formazione abbastanza antica, impiegato in centrali termoelettriche

    “carbone da vapore” o per produrre coke per le acciaierie “carbone

    metallurgico”.

     Antracite: antica formazione, alto contenuto di carbonio, brucia senza produrre

    fumo per ridotta percentuale di umidità e di sostanze volatili.

    Filiera del carbone italiana:Il 97% del carbone consumato in Italia proviene da importazioni, più dei due terzi viene

    utilizzato nelle centrali termoelettriche, il restante prevalentemente nell’industria

    siderurgica.

    Nelle centrali elettriche il carbone viene trasformato per macinazione in polverino

    adatto all’alimentazione pneumatica dei bruciatori. Nell’industria siderurgica viene

    trasformato in coke per alimentare gli altiforni. Nelle fasi di estrazione, trasporto,

    stoccaggio e uso finale vi è una perdita media di circa il 5% di materiale.

    Utilizzazione energetica:

    Combustione direttaPirolisi *

    Gassificazione *

    *vedi domanda 3

    Combustione diretta del carbone:

    ● Combustione su griglia: pezzatura carbone dai 5 ai 50 mm.

    La griglia sostiene il combustibile e al tempo stesso consente all’aria di

    raggiungere tutta la zona di reazione.

    E’ necessaria molta aria data la grossa dimensione dei pezzi, (per

    adeguata miscelazione aria-combustibile ) a cui viene anche affidato ilcompito di raffreddare la griglia.

    ● Combustione in bruciatori: carbone polverizzato (0.1-0.5 mm).

    Migliore miscelazione comburente-carbone.

    Camere combustione e bruciatori simili a quelli impiegati per

    combustibili liquidi, si può quindi fare ricorso a miscele “carbone-olio

    combustibile” per aumentare flessibilità di approvvigionamento.

    (“Slurry”: miscele polverino di carbone-liquido, anche acqua se non

    supera il 30% della miscela).

    ● Combustione a letto fluido: è forma moderna di combustione su griglia.

    Particelle di carbone tra 0.5 e 5 mm. Vi è aria che fluisce da due parti,

    una in basso per portare in sospensione le particelle, una in alto perbruciare le particelle più leggere. Le particelle più grosse iniziano a

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    bruciare dal basso e mano a mano si alzano bruciando la propria

    massa.

    La forte agitazione consente di ridurre l’eccesso d’aria.

    Molto diffusa l’aggiunta di calcare per assorbire l’anidride solforosa

    formando gesso e anidride carbonica.

    Ha applicazioni come camera di combustione nel ciclo di Rankine.

    BIOCOMBUSTIBILI SOLIDI:  tronchetti, cippato “chips”, pellets e bricchetti.

    I tronchetti   sono la comune legna da ardere, non si prestano al caricamento automatizzato

    dei grandi generatori e quindi sono prevalentemente usate in focolari o caldaie.

    Il cippato  è sostanzialmente combustibile solido sminuzzato, reso quindi omogeneo e idoneo

    all’alimentazione automatica nei generatori.

    I pellets  o pastiglie sono forme densificate ottenute con un processo di polverizzazione e

    successiva compressione. Grazie alla pressatura hanno basso contenuto di umidità e

    elevato potere calorifico

    ( Hi≅ 25 MJ/kg). Le ridotte dimensioni rendono i pellets particolarmente adatti

    all’alimentazione automatica. Possono essere ottenuti da biomasse erbacee.

    I bricchetti   si ottengono comprimendo la biomassa in parallelepipedi di sezione quadrata e

    lunghezza dell’ordine dei 30 cm. Data la loro geometria si prestano all’imagazzinamento inspazi ridotti, sono alternativi ai tronchetti.

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    5. Biocombustibili da colture energetiche: rese energetiche, sequestro CO2 

    I biocombustibili sono combustibili derivanti da biomasse, cioè:

    ● prodotti o rifiuti biodegradabili provenienti dall’agricoltura e da industrie connesse

    ● la parte biodegradabili dei rifiuti industriali e urbani.

    Le colture energetiche  sono: coltivazioni il cui fine è produrre biomassa per scopi energetici.

    Nella valutazione dei biocombustibili provenienti da colture energetiche bisogna tenere a

    mente due caratteristiche principali, cioè le rese energetiche e il sequestro di CO2 .

    Le rese energetiche  sono un modo per valutare l’energia ottenibile da un biocombustibile

    proveniente dalla coltivazione di una specifica pianta, e di solito sono espresse o in gigajoule

    per ettaro ed anno [GJ/(hm2a)] oppure in tonnellate di petrolio equivalente per ettaro ed anno

    [tep/(hm2a)] (un tep è la quantià di quantità di energia rilasciata dalla combustione di una

    tonnellata di petrolio grezzo).

    Per calcolare questo parametro:

    Potere Calorifico * Produttività Agricola media annua

    ● il potere calorifico del combustibile espresso in GJ /t

    ● la produttività agricola media delle colture energetica, misurata in tonnellate di

    sostanza secca per ettaro ed anno [t/(hm2a)].

    Valutando i dati delle rese energetiche, si può notare che le rese dei biocombustibili liquidi e

    biocarburanti (es: bioetanolo da barbabietole 1,9 biodiesel da colza 0,9) sono nettamente

    inferiori a quelle dei biocombustibili solidi (es: pioppo 5,4 miscanto e canna comune 12,2).

    Questo è dovuto principalmente al fatto che per ottenere biocarburanti ci vogliono molte

    lavorazioni industriali e di conseguenza si hanno molti scarti.

    La seconda caratteristica delle colture energetiche è il sequestro di CO2 , cioè il fatto che le

    piante crescendo catturano anidride carbonica dall’atmosfera. Teoricamente, il sequestro di

    anidride carbonica lo si ha anche piantando qualsiasi vegetale, però è meno rilevante che

    nelle colture energetiche perchè una volta giunte a regime, le piante non crescono più e

    quindi non catturano più nuova anidride carbonica. Nelle colture energetiche, invece, le piante

    cresciute vengono raccolte, per creare biocombustibili, e sostituite così che il processo di

    cattura di anidride carbonica può continuare.

    Biocombustibili (produttività, bilancio CO2) e processo produzione biodiesel ebioetanolo

    NOTA: non è una delle domande della lista, ma mi è stata chiesta quindi la metto.

    Produzione di bioetanolo

    Il bioetanolo è ottenuto attraverso una trasformazione anaerobica dei glucidi (amidi e

    zuccheri) in etanolo (C2H

    5OH), attuata da specifici microrganismi (batteri e, soprattutto, lieviti)

    chiamata fermentazione alcolica.

    Questo processo può interessare:

    1. i prodotti ricchi di glucosio (C6H

    12O

    6), come le barbabietole

    2. oppure i prodotti ricchi di amido (C6H

    10O

    5)n, come i cereali

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    1) si può fare direttamente la fermentazione alcolica:

     H O C H OH COC 6 12 6  ⇒ 2   2 5   + 2   2  

    2) bisogna prima fare l’idrolisi dell’amido:

     H O O H OC 6 10 5 + H 2   ⇒ C 6 12 6  

    e poi la fermentazione.NOTA: l’amido non è altro che tante molecole di glucosio attaccate tra di loro, per questo si

    mette il pedice n, per indicare che non è una molecola singola ma sono tante molecole

    legate. In pratica, una molecola di glucosio è legata con altre due. Con una molecola perde

    l’atomo H del gruppo OH e mette in comune il suo atomo di O con la molecola con cui si

    lega. Con l’altra molecola a cui è legata, perde l’intero gruppo OH e si lega all’atomo di O

    dell’altra molecola. Quindi si vede che legandosi perde 2 H e 1 O.

     A livello industriale la concentrazione massima di etanolo nel "liquore" ottenuto dalla

    fermentazione è inferiore al 15%, perché contenuti maggiori ostacolano la fermentazione

    stessa. Pertanto l'tanolo deve essere successivamente separato dal liquore, mediantedistillazione ad una temperatura superiore a 78 °C (temperatura di ebollizione dell'etanolo).

    Oltre all'etanolo, si ottengono sottoprodotti ad alto contenuto proteico: i DDGS (Dried

    Distillers's Grains with Solubles, ovvero sostanze solubili essiccate provenienti dalla

    distillazione dei cereali) che sono impiegati nell'alimentazione animale.

    Per la produzione di bioetanolo servono specie vegetali ricche di glucosio e amidi.

    Nei paesi a climi temperati come l'Italia, a differenza di quello che succede nei paesi a climi

    tropicali come il Brasile e l'India, le colture zuccherine ed amidacee non sono caratterizzate

    da altissimi livelli di produttività.

    Per questo si sta studiando la separazione fisica della cellulosa per sfruttarla nella

    produzione di bioetanolo, visto che le materie prime ricche di cellulosa come, ad esempio,

    paglia, stacchi di mais e residui legnosi hanno costi molto ridotti

    Il bioetanolo presenta delle caratteristiche chimico-fisiche che lo rendono affine alla benzina.

    Il bioetanolo:

    ● può essere usato come combustibile puro in motori opportunamente predisposti

    (E100)

    ● oppure può essere mescolato alla benzina in percentuali

    Solitamente si opta per la seconda con percentuali che non superano il 10% (E10), in modo

    da usare motori non modificati.

    In quest'ultimo caso il vantaggio principale è l'aumento del numero di ottano (misura il potere

    antidetonante, più alto è più è antidetonante e quindi è meglio perchè evita che si combustioni

    in anticipo rispettto a quando la candela del motore emette la scintilla). Il numero di ottano del

    bioetanolo puro è pari a 109. Quindi mescolando la benzina con il bioetanolo non servono i

    vecchi additivi a base di piombo tetraetile o ad idrocarburi aromatici.

    Le caratteristiche più negati 

    ve del bioetanolo sono:

    ● il potere calorifico, dell'ordine dei 2/3 appena di quello della benzina

    ● la bassa tensione di vapore.

    Un potere calorifico più basso significa un' autonomia inferiore a parità di volume di serbatoio,

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    mentre la bassa tensione di vapore può creare difficoltà nelle partenze a freddo (se la

    tensione di vapore è bassa è più difficile creare una miscela arricchita perchè ho bisogno di

    maggiori pressioni per tenerlo in forma liquida con densità più elevata).

    Le caratteristiche positive sono:

    ● il numero di ottano, più alto di quello della benzina

    ● una maggior efficienza di combustione, collegata all'elevato contenuto di ossigeno

    nella molecola.

    Produzione di oli vegetali e biodiesel

    La prima tappa nella produzione di un carburante derivato da semi oleosi, come colza e

    girasole, è costituita dall' estrazione dell'olio attraverso la spremitura dei semi da cui si ricava

    un olio vegetale puro (POV) e, come sottoprodotto, una farina ad alto contenuto proteico

    adatta all'alimentazione animale.

    I POV  sono dei biocombustibili liquidi però non sono adatti all'utilizzo nei motori a ciclo Diesel

    normali, a causa della loro viscosità fino a 20 volte maggiore di quella del gasolio. Essi

    trovano impiego, tuttavia, in motori a ciclo Diesel adattati e provvisti di un "sistema a due

    serbatoi". In questi casi il gasolio viene utilizzato nella fase di avvio, prima di passare

    all'alimentazione a POV una volta che il motore sia a

    regime.

    Per avere un carburante utilizzabile nei comuni motori a ciclo Diesel, è necessario ricorrere

    al biodiesel.

    Il biodiesel è ricavato miscelando al metanolo (CH3OH) un POV che, chimicamente,

    è un trigliceride rappresentabile mediante la formula generale:

     H COOR H COOR H COORC   2   −

    C   2

      ′−

    C   2

      ′′ 

    dove R, R' ed R" sono dei radicali rappresentabili, a loro volta, mediante la formula generale

    (CnH

    2n+1) in quanto derivati dagli idrocarburi paraffinici saturi a catena lineare (C

    nH

    2n+2)

    eliminando un atomo di idrogeno. La transesterificazione dei POV ha luogo in presenza di

    catalizzatori , e può essere riassunta nella formula:

     H COOR H COOR H COOR   CH OH  C    2   − C    2   ′ − C    2   ′′   + 3   3   ⇒  

     H COOR H COOR H COOR   H   (OH )C    3   + C    3   ′ + C    3   ′′  + C 3 5 3  

    dove, al secondo membro, compaiono i tre esteri metilici derivati che trovano impiego come

    carburante, ed il sottoprodotto glicerolo, o glicerina C3H

    5(OH)

    3  , che può essere utilizzato

    nelle industrie chimiche e farmaceutiche. La reazione ha come risultato più evidente larottura della molecola del trigliceride in tre molecole più piccole e, quindi, meno viscose.

    Il bilancio di massa semplificato della reazione precedente può essere scritto nella forma:

    000 kg  di olio  110 kg  di metanolo  000 kg  estere metilico  10kg  di  glicerina  1 + ⇒ 1 + 1  

    dalla quale si evincono, più facilmente, consumi e rese.

    Da un punto di vista motoristico il biodiesel ha, invece, caratteristiche confrontabili con quelle

    del gasolio tradizionale in quanto:

    ● la viscosità cinematica non è troppo superiore● il basso potere calorifico è parzialmente compensato da una densità elevata (di modo

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    che, a parità di volume del serbatoio, l' autonomia di funzionamento non si riduce

    troppo)

    ● il numero di cetano (proporzionale alla facilità di avviamento a freddo) può essere

    addirittura superiore a quello del gasolio

    ● la presenza di ossigeno nella molecola migliora l'efficienza di combustione

    ● il punto di infiammabilità più alto rende il biodiesel un combustibile più sicuro

    Grazie alle sue caratteristiche, il biodiesel trova ampia utilizzazione sia nei motori

    Diesel normali, mescolato al gasolio fino ad un massimo del 5 % (B5), sia nelle usuali

    caldaie degli impianti da riscaldamento, dove può sostituire integralmente il gasolio

    (B100). L'uso del biodiesel puro (B100) nei motori per autotrazione è anche possibile

    purché, nel circuito carburante, si sostituiscano le guarnizioni in gomma con altre in

    materiali compatibili come, ad esempio, rame o polietilene.

    NOTA: per chi vuole capirne di più.

    Ogni spigolo rapprensenta un atomo di carbonio che deve fare 4 legami. Nello schema a

    sinistra, come si vede, non vengono disegnati gli atomi di H attaccati al carbonio perchè è

    sottointeso che i legami che mancano sono dei legami con atomi di idrogeno. Ad esempio

    l’atomo di carbonio più a sinistra ha un legame con il gruppo OH e un legame con l’atomo C

    centrale, quindi per completare i 4 legami deve per forza avere due atomi di H legati. Quello

    centrale invece ne ha solo 1 di atomo di H.

    Glicerolo:

    Trigliceridi:

    Le righe a zig zag sarebbero i

    radicali provenienti dagli idrocarburi

    paraffinici (alcani). Anche qua ogni

    spigolo rappresenta un atomo di

    carbonio.

    Nella foto sono tutti e 3 della

    stessa lunghezza, ma ovviamente

    non è detto che sia così.

    Nella reazione del biodiesel

    praticamente si vanno a spezzare i

    2 legami tra i 3 atomi di C più a

    sinistra, e vengono quindi aggiunti

    atomi di H per “compensare” i

    legami rotti. Ottenendo così i le tre

    molecole del tipo:

     H COORC    3  

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    Inquinamento da combustione (in grassetto possibili domande su questo

    argomento)

    La liberazione di energia da combustibili fossili mediante combustione crea inquinamento.

    I rischi più gravi sono: l’inquinamento termico dell’ambiente e l’inquinamento chimico dell’aria.

    L’inquinamento termico dell’ambiente può essere diviso in:

    1.   Diretto  (liberazione di calore provocato dalla combustione)

    2.   Indiretto (emissione di sostanze dalla combustione che interagiscono con i processi

    di assorbimento dell’energia: effetto serra ed effetto diffrazione)

    L’inquinamento chimico dell’aria può essere diviso in:

    1. primario (emissioni di sostanze prodotte dalle combustioni: gas, vapori o particelle in

    sospensione)2. secondario (sostanze che si formano in seguito a reazioni chimiche causate dalla

    liberazione nell’ambiente di sostanze prodotte dalle combustioni: inquinamento da

    zolfo, inquinamento da ossidi di azoto, inquinamento da polveri, inquinamento

    da traffico)

    6. Inquinamento termico diretto da processi di combustione 

    L'inquinamento termico diretto: problema non globale, ma solo locale.

    Ovvero: su scala planetaria la produzione di calore antropico (prodotto dal uomo) è moltominore del l'assorbimento di calore solare. Su scala locale, invece, non è infrequente avere

    aumenti di temperatura sensibili nelle vicinanze di impianti a forte intensità energetica:

    ● tra città e campagna possono esserci differenze di temperatura di 1-2K d’estate e

    fino a 3-4K d’inverno

    ● in fiumi, laghi e mari dove si riversano le acque di condensazione delle centrali

    termoelettriche, si possono avere differenze di temperatura dell'ordine di 8-10 K.

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    7. Inquinamento termico indiretto da processi di combustione

    (Appendice: combustione stechiometrica del metano con rapporto tra energia e

    anidride carbonica liberata) 

    L’inquinamento termico indiretto è legato al rilascio nell’atmosfera di gas e particelle,

    generate da combustione: queste influenzano gli scambi termici radiativi tra la Terra e lo

    spazio (quindi, il clima terrestre).

    Gli scambi radiativi sono influenzati da: 

    1.   Le variazioni della composizione atmosferica (gas serra, polveri e nubi) influenzano

    l’assorbimento delle radiazioni in arrivo (dal sole) e in partenza (dalla terra) 

    2.   le variazioni nella vegetazione e nell'estensione degli specchi d'acqua influenzano

    l’assorbimento di anidride carbonica (di conseguenza, la concentrazione atmosferica

    del più importante tra i gas serra) 3.   le variazioni nel paesaggio e l'urbanizzazione influenzano fortemente l'assorbimento

    delle radiazioni solari, mentre influenzano solo debolmente l'emissione delle

    radiazioni infrarosse da parte della superficie terrestre. 

    Se si trascurano l'emissione di calore endogeno (proveniente dal centro della Terra) ed i

    flussi termici prodotti dalle combustioni, il bilancio termico della Terra diventa un bilancio degli

    scambi radiativi con lo spazio.  Si può scrivere:

    q sol  − qrT   = qaT   = qeT  

    dove●   qsol è il flusso radiativo proveniente dal Sole 

    ●   qrT è i l flusso totale riflesso verso lo spazio

    ●   qaT è il flusso totale assorbito 

    ●   qeT è i l flusso totale radiativo emesso dalla Terra.

    Le radiazioni solari in arrivo sono parzialmente riflesse verso lo spazio dai gas che

    compongono l'atmosfera, dalle nubi e dalle polveri presenti nell'atmosfera e dalla superficie

    terrestre:

    4 1%qrT   = qra + qrp + qrs  = 4 + 2 + 3 = 3  

    Le radiazioni solari non riflesse sono assorbite dall’atmosfera terrestre (intesa come nubi,

    polveri e gas atmosferici) e dalla superficie terrestre:

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    0 9 69%qaT   = qaa + qas = 2 + 4 =

    Le radiazioni solari assorbite innescano una serie di scambi termici interni ed esterni che

    coinvolgono la superficie terrestre, l'atmosfera (intesa come nubi, polveri e gas atmosferici) e

    lo spazio.

    La superficie terrestre: 

    ●   cede calore all'atmosfera attraverso scambi termici interni convettivi sensibili (correnti

    d'aria) e latenti (evaporazione d'acqua), e scambi termici interni radiativi nel

    l'infrarosso che, complessivamente, ammontano a:

    8%qint  = 2  

    ●   emette verso lo spazio nell'infrarosso il calore assorbito dal Sole ed il calore ricevuto

    dalla superficie terrestre:

    0 8 8%qeap = qaa + qint  = 2 + 2 = 4  

    Quindi, il flusso totale emesso è pari a:

    1 8 69%qeT   = qes + qeap = 2 + 4 =

    La temperatura media terrestre sarà quel valore che fa in modo che le radiazioni emessedalla Terra compensino la radiazione solare assorbita. 

    La deforestazione, le attività industriali e le eruzioni vulcaniche fanno aumentare la

    concentrazione atmosferica di polveri, riducendo la radiazione solare assorbita (effetto

    riflessione). Ciò potrebbe tradursi in una progressiva diminuzione della temperatura media

    terrestre se, nel contempo, i processi di combustione e molte attività industriali non

    facessero aumentare anche la concentrazione atmosferica dei gas che ostacolano

    l'emissione delle radiazioni infrarosse verso lo spazio (effetto serra: ad esempio l’anidride

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    carbonica non assorbe le radiazioni entranti ma assorbe parzialmente le radiazioni infrarosse

    “uscenti dalla terra” aumentando così la temperatura).

    Appendice:

     H   2O   CO   2 H O   X  C    4   + 2   ⇒   2   + 2   + MJ mol  

    Quindi per ogni mole di metano di produce una mole di anidride carbonica e una certa

    quantità X di energia si può vedere quanta anidride carbonica viene prodotta per unità di

    energia (esempio g di CO2 per MJ di energia).

    NOTA: non ho messo i numeri tanto al prof. interessa il concetto

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    8. Inquinamento da ossidi di zolfo 

    Lo zolfo contenuto nei combustibili brucia formando anidride solforosa (SO2).

    Una piccola parte dell’anidride solforosa (SO2) emessa viene depositata al suolo , mentre la

    frazione residua subisce un processo di ossidazione (con O2

    ) ad anidride solforica(SO3

    ):

    OSO2 + 21

    2 ⇒ SO3  

    Si parla dell'emissione di ossidi di zolfo, indicati con la sigla SO x  dove x può assumere il

    valore 2 o 3. 

    L’anidride solforica (SO3) combinandosi con il vapore d’acqua (H2O) presente nell’atmosfera

    forma l’acido solforico (H2SO4):

    O SOSO3 +  H 2   ⇒  H 2 4 

    L’acido solforico resta nell’atmosfera e viaggia fino a quando la pioggia lo trascina al suolo.

    Poiché l'anidride solforica (SO3) si forma lentamente, ed una volta formata reagisce

    rapidamente con il vapore acqueo, l'inquinante di riferimento tra gli SOx  è l'anidride solforosa

    (SO2). L'anidride solforosa è un gas più denso dell'aria e, di conseguenza, tende a

    stratificarsi a livello del suolo dove risulta particolarmente pericolosa per la salute (gola, occhi

    e vie respiratorie). 

    Possibili rimedi:

    ● Primo provvedimento adottato: costruzione di camini più alti (si ottiene l’unico risultato

    di allontanare la ricaduta dalla centrale, luogo della combustione)

    ● Utilizzare valori limite di emissione (per ridurre anidride solforosa) utilizzando due

    possibili metodi:

    1. Trattare i combustibili al fine di ridurre lo zolfo (metodo facile)

    2. Desolforizzare i fumi all’uscita della caldaia (metodo difficile)

    Vediamo la desolforizzazione dei fumi all’uscita della caldaia.

    I fumi vengono lavati con soluzioni assorbenti composte da acqua e idrato di calcio oppure

    soluzioni calcaree (in entrambi i casi il prodotto finale è il gesso idrato che essicato può

    essere utilizzato come materiale da costruzione). Una conseguenza del lavaggio è un

    abbassamento della temperatura che farebbe precipitare i fumi se non si adoperasse un

    ventilatore ausiliario con lo scopo di facilitare l’evacuazione del camino.

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    9. Inquinamento da ossidi di azoto

    Ossigeno (O) ed azoto (N) non reagiscono a temperatura ambiente. Ad alta temperatura

    invece generano l’ossido di azoto (NO):

     N OO2 +

     N 2⇒ 2

     Più è alta la temperatura di combustione e maggiore risulta la quantità di ossido di azoto

    (NO) generata.

    Valore limite produzione NO in combustioni: 200 mg/Nm3

    L’ossido di azoto (NO), emesso dai fumi, combinato con l’ossigeno presente nell’atmosfera

    dà origine al biossido di azoto (NO2):

    O O O N    +2

    12 ⇒  N    2 

    Il biossido di azoto (NO2) unito al vapore d’acqua (H2O) e all’ossigeno (O2) presente

    nell’atmosfera fornisce un acido pericolosissimo, l’acido nitrico (HNO3):

    O   N O O HN O H 2   + 2   2 +2

    12 ⇒ 2   3  

    L’ossidazione che forma il biossido di azoto (NO2) e la reazione che genera l’acido nitrico

    (HNO3): rimuovono gli ossidi di azoto dall’atmosfera e quindi non contribuiscono all’effetto

    serra (solitamente gli ossidi salgono fino alla stratosfera contribuendo all’effetto serra).

    L’acido nitrico viene trasportato dai venti come una particella in sospensione  e quando viene

    trascinato al suolo dalla pioggia dà vita al fenomeno delle piogge acide.

     A bassa quota, invece, gli ossidi di azoto (biossido di azoto: NO2) sono responsabili dello

    smog. Il biossido di azoto, infatti, assorbe l’energia delle radiazioni solari, scindendosi in

    ossigeno di azoto (NO) e ossigeno atomico (O-):

    nergia  O N O2 + e   ⇒  N    + O−  

    Quindi con l’O2 presente nell’atmosfera:

    O2 + O−⇒ O3  

    (ozono: benefico nella stratosfera perché filtra le radiazioni ultraviolette, a livello del suolo è

    un potente inquinante)

    Possibili rimedi:

    ● Riduzione durante combustione (ridurre la temperatura della fiamma tramite miscela

    con acqua)

    ● Rimuovere gli ossidi dai fumi tramite riduzione catalitica selettiva (SCR)

    Vediamo la seconda.Con una temperatura compresa tra 300 e 400 °C

    aggiungiamo ammoniaca e catalizzatori con

    ossidi metallici e struttura a nido d’ape. Vedi

    figura. Reazione:

     N O N H N H O4 + 4   3 + O2 ⇒ 4   2 + 6   2  

    Difetto: non utilizzabile negli impianti di

    riscaldamento domestici.

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    10. Inquinamento da polveri 

    I combustibili solidi (legna inclusa) sono caratterizzati dalla presenza di sostanze

    incombustibili (carbone in particolare):

    ● Ceneri (restano nel focolare)

    ● Polveri sottili (vengono trascinate in sospensione dai fumi)

    Diciamo subito che non è possibile controllare il particolato (=polveri sottili) emesso dagli

    impianti domestici che bruciano carbone o olio combustibile; è invece possibile controllare i

    grandi impianti (limite: 50 mg/Nm3):

    ● I fumi in uscita dai generatori di vapore vengono fatti passare attraverso elettrofiltri

    ● Nel filtro viene creato un campo elettrostatico (Specogna merda merda chi non lo

    dice merda!!!) ad alta tensione tra 2 grandi piastre, una carica negativamente e una

    collegata a terra

    ● Le particelle in sospensione ricevono una carica negativa; di conseguenza vengono

    attratte dalla piastra a terra; sulla piastra a terra si scaricano per contatto. Vedi figura.

    Questo sistema è efficace al 99,5%; sfuggono le particelle più piccole, più pericolose (perché

    restano in sospensione nell’atmosfera per un periodo più lungo) e più dannose per l’uomo

    (superano facilmente le prime barriere delle vie respiratorie).

    Perchè si formano le polveri?

    ● impurità carbone: le impurità non bruciano e quindi le si trovano nei fumi sottoforma di

    polveri

    ● pirolisi carbone: cioè un riscaldamento del carbone in assenza di ossigeno che

    spezza i legami chimici del carbone formando delle polveri. Questo riscaldamento in

    assenza di ossigeno può essere dovuto al fatto che il carbone non è stato macinato

    finemente. 

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    11. Inquinamento da traffico 

    L’ossido di carbonio CO (pericoloso perché interferisce con il trasporto di ossigeno al

    cervello) è prodotto da:

    ● combustioni incomplete causate dalla mancanza di aria

    ● motori a combustione interna

    Nei motori a benzina, aria e combustibile vengono miscelati in percentuali molto vicine a

    quelle stechiometriche e devono bruciare in un tempo limitato (inoltre, durante l’avviamento a

    freddo o con la marcia a piena potenza la miscela è arricchita). Di conseguenza, il

    carburante non brucia completamente e vengono emessi ossido di carbonio CO e

    idrocarburi HC.

    ● Le “benzine tradizionali” contenevano piombo tetraetile che restava nei fumi e veniva

    immesso nell’atmosfera; il piombo poi precipitava e si accumulava nell’ambiente; una

    volta depositato sulle colture vegetali, entrava nel ciclo alimentare (pericoloso perché

    non metabolizzabile da organismi viventi). Come si può capire dal tempo verbaleutilizzato, le “benzine tradizionali” non sono più usate.

    ● Le “benzine verdi” senza piombo hanno il difetto di contenere diversi idrocarburi

    aromatici (come il benzene-C6H6) aggiunti ad alcoli (come il metanolo o etanolo). Il

    benzene è cancerogeno e alte concentrazioni provoca vari effetti indesiderabili

    (sonnolenza, vertigini, tachicardia, mal di testa, tremori, stato confusionale).

    Sarebbero più pericolose delle “benzine tradizionali” se utilizzate senza motore

    sprovvisto di marmitta catalitica.

     Anche nei motori a gasolio  le combustioni non complete producono CO e HC: tuttavia, essi

    usano molta aria e quindi la percentuale di inquinamento è minore. In fase di accelerazione,

    quando la miscela viene arricchita, si possono avere emissioni di particolato ( il gasolio

    polverizzato, a differenza della benzina, non evapora immediatamente; pertanto, se

    l'iniezione è mal regolata e le goccioline sono di dimensioni tali che nella parte interna della

    goccia avviene un processo di pirolisi, dovuto al fatto che la parte interna si scalda in

    assenza di ossigeno, si può avere una carbonizzazione delle goccioline che non bruciano,

    con la formazione conseguente di fuliggine; il "fumo nero" dei motori a gasolio, quindi, è

    indice di mal funzionamento).

    In tutti i motori a combustione interna la combustione ha luogo ad alta temperatura e, quindi,

    in condizioni tali da favorire la formazione di ossidi d'azoto NO. Inoltre con benzine e gasolio

    la tensione di vapore è non nulla e quindi evaporano dai serbatoi o da eventuali perdite

    durante i rifornimenti.

    COME RIDURRE LE EMISSIONI DI INQUINANTI?

    1.   marmitte catalitiche trivalenti per i motori a benzina 

    2.   filtri anti-particolato per i motori a gasolio.

    1) Motori a benzina

    Le marmitte catalitiche si dicono trivalenti perché sono in grado di rimuovere,

    contemporaneamente, i tre principali inquinanti (CO,NO e HC). Sono costituite da un

    involucro metallico contenente, al suo interno, una struttura a nido d'ape. I canali del nido

    d'ape sono rivestiti con uno strato di allumina porosa che contiene i catalizzatori a base di

    platino e di radio, capaci di accelerare notevolmente, ma senza prendervi parte, sia le

    reazioni di ossidazione sia la reazione di riduzione. 

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    Le reazioni di ossidazione, favorite dal catalizzatore a base di platino, sono:

    CO CO2 + O2 ⇒ 2   2  

    CH O CO H O2   2 + 3   2 ⇒ 2   2 + 2   2  mentre quella di riduzione, favorita dal catalizzatore a base di rodio, è:

     N O CO CO2 + 2   ⇒  N 2 + 2   2 

    Pur facilitate dai catalizzatori, le reazioni di ossidazione e quella di riduzione possono 

    avvenire contemporaneamente solo in un intervallo molto ristretto del rapporto 

    aria-combustibile, nelle vicinanze del rapporto stechiometrico. Da questo fatto deriva la

    necessità di dotare gli autoveicoli con marmitta catalitica di un dispositivo di  iniezione

    elettronica; ovvero un sensore della presenza di ossigeno nei gas di scarico (la cosiddetta

    "sonda lambda"). Grazie alla sonda lambda, il sistema di controllo può garantire che, allo

    scarico del motore, vi sia ancora abbastanza ossigeno per completare le reazioni di

    ossidazione, ma non troppo ossigeno da impedire le reazioni di riduzione .

    2) Motori a gasolio 

    Un filtro antiparticolato ha una struttura filtrante (contenuta all'interno di un involucro metallico)

    costituita da un insieme di numerosissimi canali con pareti porose, metalliche o ceramiche. I

    gas combusti sono costretti ad attraversare le pareti che trattengono le particelle di

    dimensioni superiori a quelle dei pori. Il continuo accumulo di particelle all'interno del filtro

    provoca un progressivo intasamento che influenza in maniera negativa il comportamento del

    motore. Per questo è necessario rimuovere il particolato attraverso un qualche processo di

    rigenerazione (innescare periodicamente la combustione del particolato all'interno del filtro

    mediante un'iniezione supplementare di carburante). 

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    12. Fissione nucleare (tradizionale ed autofertilizzata)

    STRUTTURA DOMANDA:-STRUTTURA ATOMO

    -DA DOVE VIENE ENERGIA SFRUTTABILE

    -ELEMENTI INSTABILI E RADIAZIONI

    -DECADIMENTO (lungo => non sfruttabile)=> fissione a catena

    -FISSIONARE CON NEUTRONE LENTO

    -AUTOSOSTENTAMENTO

    -MODERAZIONE (3 tipi)

    -AUTOFERTILIZZATA

    STRUTTURA ATOMO

    Gli atomi sono costituiti da un nucleo centrale di neutroni (neutri) e protoni (caricatipositivamente), attorno al quale orbita la "nube" degli elettroni (con carica uguale ed oppostaai protoni). Le masse dei neutroni e protoni sono uguali mentre la massa degli elettroni è

    molto inferiore, trascurabile nei confronti dei neutroni e protoni.Si dicono isotopi gli atomi che hanno lo stesso numero atomico ma diverse masse atomiche,quindi numero di neutroni diversi. Le forze che uniscono tra loro elettroni e protoni sonodi tipo elettrico e sono responsabili dei legami chimici, (DA DOVE VIENE ENERGIASFRUTTABILE) mentre le forze che legano neutroni e protoni nel nucleo milioni di volte piùgrandi di quelle dei legami chimici. Da tali forze nucleari derivano le quantità di energia,enormemente superiori a quelle liberate dalle reazioni chimiche, che vengono messe in giocodurante le reazioni nucleari.

    ELEMENTI INSTABILI E RADIAZIONI

    I nuclei degli elementi leggeri sono molto più stabili dei nuclei degli elementi pesanti. I nucleidegli elementi pesanti (instabili) possono trasformarsi spontaneamente in nuclei di elementipiùleggeri (e più stabili), emettendo radiazioni durante questo processo, detto "decadimento". Leradiazioni emesse dai nuclei pesanti instabili appartengono a quattro gruppi principali:

    1. radiazioni neutroniche costituite, appunto, da neutroni (n);2. radiazioni alfa costituite da particelle simili ai nuclei di elio, in quanto formate da due

    protoni e due neutroni ;3. radiazioni beta costituite da elettroni ;4. radiazioni gamma costituite da onde elettromagnetiche di lunghezza con frontabile

    con quella dei raggi X.Le prime tre, viaggiano con velocità dell'ordine degli 8.000 km/s, mentre le radiazionielettromagnetiche gamma viaggiano alla velocità della luce. L'assorbimento dell’energia delleradiazioni, energia che ha origine dalle trasformazioni di massa in energia, emesse dai nucleipesanti ec cita i movimenti di vibrazione degli atomi bersaglio, traducendosi in un processo digenerazione interna di calore.

    DECADIMENTO

    Il processo di decadimento può avere una sequenza di trasformazioni e può duraremoltissimo. Il decadimento viene spesso misurato con il tempo di dimezzamento, cioè daltempo necessario perché la quantità dell' isotopo in questione si riduca a metà in seguito alla

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    sua consunzione radioattiva. (esempio: da uranio 235 a torio 231 è di 700 * 10^6 anni). A causa della lentezza dei processi di decadimento radioattivo, non è possibile uti lizzare afini energetici le emissioni radioattive della maggior parte delle sostanze naturali. (=> fissionea catena) Per generare energia nucleare utile ai fini pratici occorre, infatti, sfruttare ilprocesso di fissione a catena di alcuni atomi particolari.

    Un neutrone emesso durante il decadimento di una sostanza radioattiva può colpire il nucleodi un elemento pesante e fissionarlo, cioè spezzarlo in due nuclei più piccoli liberando, nelcontempo, neutroni dotati di energia cinetica. L'energia cinetica risultante deriva, ovviamente,da una corrispondente perdita di massa.

    Tutti i nuclei degli elementi del sistema periodico con una elevata massa atomica possonofissionarsi se colpiti da un neutrone dotato di energia cinetica sufficientemente alta. In natura,in vece, esiste un solo elemento caratterizzato da una elevata probabilità di fissionarsi anchese colpito da un neutrone "lento". Questo elemento è l ' isotopo 235 del  l 'uranio che sifissiona secondo diverse possibili reazioni, la più probabile delle qualiè:

    1n   Ba Kr n  200 M eV U 92

    235+ ⇒ 

    56

    141+

    92

    36 + 3 +

    dove 1 MeV = 1 ,60 ∙ 10^-13 J. L 'energia liberata complessivamente, dovuta alla perdita di

    massa, da un singolo processo di fusione dell’uranio è di circa 212 MeV ma solo 200 MeV èl’energia sfruttabile ai fini termici perchè gli altri 12 MeV rappresentano l'energia fornita informa cinetica ai tre neutroni.

    AUTOSOSTENTAMENTO

     Affinché le reazioni di fissione si autosostengano, occorre che i neutroni liberati vadano acolpire altri nuclei che si fissionano a loro volta.

     All'inizio della reazione a catena, un reattore nucleare deve contenere del materialecosiddetto "fissile" (come, ad esempio, l ' U-235), in una concentrazione sufficiente a liberare

    neutroni in eccesso rispetto al minimo richiesto per l'autosostentamento per poter far"divergere" la

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    reazione fino al livello di potenza voluta e poi "stabilizzarla". Per questo, il reattore deve poteressere controllato con sistemi opportuni che tolgano di mezzo i neutroni non necessari. Aregime, una parte dei neutroni liberati si autoelimina attraverso l'assorbimento nei materialistrutturali . Inoltre, si hanno molte collisioni senza fissione, per esempio con l'U-235 1 voltasu 6 non si ha alcuna reazione. Infine, un'altra frazione dei neutroni liberati viene assorbita

    dalle barre di controllo composte da materiali , come boro e cadmio, che possono essereintrodotte in misura maggiore o minore per controllare la reazione.

    MODERAZIONE (3 tipi)

    La probabilità che un nucleo di U-235 si fissioni quando è colpito da un neutrone aumenta se l' energia cinetica del neutrone non è troppo elevata perchè un neutrone "lento", rimane più alungo nelle vicinanze del nucleo e viene catturato più facilmente. Pertanto, occorre che ineutroni generati vengano rallentati, cioè moderati, attraverso urti successivi con nucleicapaci di ridurnela velocità senza catturarli .I moderatori usati nei reattori nucleari sono essenzialmente tre: il carbonio, sotto forma digrafite, i nuclei di deuterio ( l'isotopo pesante del l'idrogeno D) che si trovano nel l'acqua"pesante" D20, ed i nuclei di idrogeno normale H, che si trovano nell' acqua "leggera" H20. Imoderatori più efficaci sono l'acqua pesante e la grafite, in quanto sia il deuterio sia ilcarbonio sono caratterizzati da probabilità molto basse di cattura neutronica. D' altra partel'acqua pesante è molto costosa e difficile da produrre, mentre la grafite si infiammafacilmente ad alta temperatura se entra a contatto con l'aria. Siccome l’acqua normale costamolto meno dell’acqua pesante e siccome non si infiamma, la maggior parte dei reattorinucleari a neutroni lenti in esercizio sono moderati con acqua normale nonostante abbia unassorbimento neutronico più alto.Poiché l'acqua normale viene già usata come moderatore nella maggior parte dei reattori aneutroni lenti, è abbastanza logico che venga usata la stessa acqua anche come vettoretermico. Analogamente, l'acqua pesante viene usata anche come fluido termico nei reattorimoderati con essa. Nei reattori moderati a grafite, invece, il fluido refrigerante è, di solito,l'anidride carbonica che ha la proprietà di essere chimicamente inerte rispetto al moderatore.

    AUTOFERTILIZZAZIONE:

    Soltanto l’uranio 235 ha forti probabilità di fissionarsi anche se colpito da neutroni lenti equindi è l'unico elemento naturale utilizzabile comecombustibi le nucleare. Esso, tuttavia, èdisponibile inquantità molto limitate rispetto all'uranio 238, e ciò costituisce una limitazione all’usodell’energia nucleare. È però possibile produrre artificialmente degli elementi capaci difissionarsi anche quando vengono colpiti con neutroni lenti.

     Ad esempio, quando un nucleo di U-238 viene colpito da un neutrone, si innesca la seguentecatena di reazioni:

    n U 92

    238+ 1   ⇒ U 

    92

    239  dove U-239 è instabile ed ha vita media di 23 minuti prima di decadere emettendo unaradiazione beta, cioè un elettrone

    eU 92

    239⇒ N p

    93

    239+ 1   −

     

    dove il nettunio 239 è instabile ed ha vita media di 2,3 giorni prima di decadere emettendo

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    ancora una radiazione beta

    e N p93

    239⇒ P u

    94

    239+ 1   −

     

    dove il plutonio 239 è l ' elemento fissile artificiale.

    Dunque, l ' U-238 non è "fissile" ma, in seguito alla cattura di un neutrone, può trasformarsi inPu-239, cioè in un elemento fissile artificiale. Pertanto l'U-238 viene definito elemento fertile.Nei reattori nucleari a fissione autofertilizzanti, si ha un rapporto di conversione tracombustibile formato e combustibile bruciato maggiore di uno, e quindi si crea più fissile, apartire da materiale fertile (U-238), di quanto si consuma per la fissione. Ad esempio si partecon una miscela di U-238 e plutonio contenente una percentuale del 40% di Pu-239 fissile, equindi il Plutonio fissionandosi alimenta sia la catena di fissione ma allo stesso tempoinnesca il processo con cui l’U-238 si trasforma in Pu-239 così da creare nuovo fissile apartire da materiale fertile (U-238).

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    13. Centrali nucleari a fissione (tradizionali ed autofertilizzati)

    Esistono molti reattori nucleari basati su tecnologie alquanto diverse tra loro. Lo sviluppo di

    diverse tecnologie è dovuto a vari motivi.

    IL PRIMO motivo è che U-235 (fissile) ed U-238 (fertile) hanno le stesse proprietà

    chimico-fisiche avendo lo stesso numero atomico e, quindi, non  possono essere separati

    con processi di tipo chimico. Le tecnologie di separazione sono perciò basate su processi

    di centrifugazione molto sofisticati, che sono rimasti segreti per lungo tempo (avendo, tra

    l'altro, un notevole interesse militare).

    IL SECONDO FATTORE  responsabile delle diverse scelte tecnologiche, è l’arrichimento

    dell’uranio. L'uranio arricchito è una miscela di isotopi dell'uranio, che differisce dall'uranio

    naturale estratto dalle miniere per un maggior contenuto dell'isotopo U-235.

    Stati Uniti

    Infatti, gli Stati Uniti, hanno utilizzato come moderatore l'acqua normale nonostante

    abbia un significativo assorbimento neutronico proprio perchè potevano contare sulla

    tecnologia di arricchimento del 

    l’uranio. Essi hanno quindi sviluppato reattori con le

    seguenti caratteristiche:

    ● reattori "lenti" ad uranio arricchito

    ● moderati e raffreddati con acqua leggera

     Alcuni esempi sono: reattori a ciclo diretto BWR (Boiling Water Reactors), ed a ciclo

    indiretto PWR (Pressurized Water Reactors).

    Gran Bretagna e Canada

    Stati come Gran Bretagna e Canada, non in possesso delle tecnologie di

    separazione, si sono necessariamente orientati verso:● reattori "lenti" alimentati con uranio naturale

    ● moderatori che non assorbono neutroni (non essendo arricchito, la miscela ha

    poco U-235 e quindi non posso “perdere” i neutroni liberati dal’U-235, se no la

    reazione finisce)

    In Gran Bretagna è stata sviluppata una filiera di reattori GCR (Gas Cooled Reactors):

    ● moderati a grafite

    ● raffreddati con anidride carbonica

    In Canada sono stati svilup 

    pati i reattori a ciclo indiretto PHWR (Pressurized Heavy

    Water Reactors):

    ● moderati e raffreddati con acqua pesante.

    Secondo molti esperti, sia i reattori britannici sia quelli canadesi presentano carat 

    teristiche di

    sicurezza ed affidabilità maggiori di quelle, pur ottime, dei reattori Statunitensi. Nei reattori

    britannici, infatti, le possibilità di perdita totale del refrigerante gassoso sono quasi inesistenti

    ed, inoltre, la capacità termica della grande quantità di grafite utilizzata è tale da far durare

    diverse ore il transitorio termico necessario al nocciolo per raggiungere temperature

    pericolose.

    I reattori PHWR canadesi, poi, risultano necessariamente più sicuri degli omologhi reattori

    PWR statunitensi inquanto impiegano uranio naturale, che è meno reattivo dell' uranio

    arricchito.

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    Occidente

    In Occidente, i costi inferiori dei reattori Statunitensi e la potenza commerciale degli

    Stati

    Uniti hanno, tuttavia, imposto i reattori ad uranio arricchito.

    Russia

    Le scelte tecnologiche Sovietiche, invece, sono state molto diverse avendo portato

    allo sviluppo dei reattori LWGR (Light Water-cooled Graphite-moderated Reactors)

    che, col senno del dopo Cernobil, è fin troppo facile definire insicuri.

    IL TERZO FATTORE  che ha indirizzato le scelte tecnologiche in passato è derivato dal

    timore che le riserve mondiali di uranio fossero in via di esaurimento. Ciò ha spinto verso lo

    sviluppo di reattori veloci autofertilizzanti in grado di sfruttare pressoché integralmente il

    combustibile nucleare (cioè anche U-238). L’autofertilizzazione ha perso interesse dopo il

    1990 quando ci si è resi conto che le riserve mondiali di uranio non erano così scarse.

    Nonostante ciò, la tecnologia è migliorata al punto che, ora, si pensa di riprenderla per i

    reattori di quarta generazione.

    Reattori a ciclo diretto (BWR)

    Nei reattori a ciclo diretto il fluido refrigerante viene a contatto con il combustibile nucleare ed

    è quindi radioattivo. Pertanto, tutti componenti dell'impianto (turbine, condensatore, pompe, escambiatori) devono essere a perfetta tenuta.

    Il vapore, generato nel nocciolo del reattore, attraversa il separatore di gocce che si trova nel

    nocciolo stesso prima di espandersi nella turbina di alta pressione. Poiché il vapore in

    partenza è saturo, è necessario un secondo separatore di liquido tra la turbina di alta e quella

    di bassa pressione. Dati i valori limitati della temperatura massima di ciclo, il rendimento

    complessivo risulta abbastanza modesto, dell'ordine del 32% nonostante l'impiego di

    scambiatori rigenerativi.

    Nel nocciolo di un reattore BWR l'acqua fluisce attraverso gli spazi lasciati liberi dal

    combustibile, evaporando parzialmente. Il combustibile è contenuto in cilindri in lega di

    zirconio.

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    Il controllo della reazione nucleare è ottenuto attraverso l’impiego di barre mobili, con forte

    capacità di assorbimento neutronico. Le barre si interpongono tra gli elementi di

    combustibile.

    La circolazione del l'acqua nel nocciolo è assistita da un sistema di pompe ma la

    circolazione naturale, da sola, è sufficiente a garantire un certo grado di raffreddamento

    d'emergenza finché viene mantenuto il livello del liquido. In caso di perdita parziale del liquido

    di raffreddamento, l'aumento del titolo ( tutto x   =mv

    m   +mv   l  assa vapore;mv = m massa liquidoml  =

    relativo all’acqua)  di vapore abbassa l'attività moderatrice (perchè è “meno denso”, cioè le

    molecole di acqua sono più lontane tra loro essendoci una maggiore parte di acqua sotto

    forma di vapore)  e, quindi, riduce la frazione di neutroni lenti rispetto alla frazio 

    ne di neutroni

    veloci. Siccome i neutroni veloci sono più difficili da catturare, nel caso di perdita parziale del

    liquido la reazione nucleare tende a spegnersi.

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    Reattori a ciclo indiretto (PWR)

    I reattori a ciclo indiretto, sono i più diffusi. In essi, il fluido moderatore cede il calore acquisito

    ad uno scambiatore-generatore di vapore e, di conseguenza, l'acqua che percorre il ciclo

    Rankine non è radioattiva. Nonostante l'impiego degli scambiatori rigenerativi, il rendimento

    complessivo di un impianto a ciclo indiretto è dell'ordine del 31 % e, quindi, lievemente più

    basso di quello dei

    reattori a ciclo diretto. Ciò si spiega con l'abbassamento della temperatura massima

    provocato dalla necessità di impiegare uno scambiatore intermedio per la produzione del

    vapore.

    Il vantaggio principale sta nel contenimento del materiale radioattivo che risulta più facile

    siccome il fluido moderatore è in un circuito separato dall’acqua usata nel ciclo rankine.

    Per quanto riguarda:

    ● il controllo della reazione nucleare

    ● il sistema di contenimento del combustibile ed il passaggio del fluido moderatore

    ● il tipo di combustibile usato

    i PWR sono simili ai BWR.

     Anche nei PWR la circolazione dell'acqua nel reattore è garantita da un sistema di pompe

    multiple, e quindi in caso di guasto delle pompe si ha una rapida vaporizzazione che riduce

    l'attività mode 

    ratrice e quindi la reazione tende a spegnersi.

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    Centrali con reattori autofertilizzanti

    Negli anni intorno al 1980, la tecnologia più promettente per realizzare l' autofertilizzazione

    appariva essere l'impiego di una miscela di uranio 238 e plutonio 239 in reattori non moderati,

    nei quali i neutroni erano prevalentemente veloci. A causa della mancanza di moderazione,

    occorre usare combustibile molto arricchito in isoto 

    pi fissili per mantenere la reazione.

    Inoltre, non si può impiegare acqua per il raffreddamento, in quanto l'acqua agirebbe anche

    da moderatore.

     Anche in questi reattori, la reazione viene con trollata con barre a forte assorbimento

    neutronico. Il refrigerante usato è il sodio liquido che, grazie alla sua elevatissima conduttività

    termica,

    riesce ad asportare le enormi quantità di calore generate per unità di volume all'inter  

    no del

    reattore. La necessità di isolare il sodio primario, radioattivo, dal vapore che evolve in turbina,

    impone il ricorso ad un circuito intermedio, ancora a sodio perchè è caratterizzato da una

    bassissima tensione di vapore (cioè la pressione a cui si ha vapore saturo, quindi

    schicciandolo un po’ il vapore torna subito ad essere liquido)  e, quindi, non induce forti

    sollecitazioni meccaniche nel contenitore (siccome tensione vapore bassa allora basta poca

    pressione per mantenerlo liquido, quindi poca pressione poche sollecitazioni meccaniche). Si

    noti inoltre che, grazie alle elevate temperature del sodio, il vapore d'acqua immesso in

    turbina può essere surriscaldato. Il ciclo termico a valle del reattore è, infatti, un normale ciclo

    Rankine con surriscaldamento e rigenerazione. Pertanto, il rendimento complessivo dell'

    impianto può raggiungere valori del 42-43%, che sono notevolmente più elevati di quelli

    ottenibili nei reattori BWR e PWR, nei quali le temperature medie di fornitura del calore sono

    molto più basse.

    http://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fit.wikipedia.org%2Fwiki%2FPressione_di_vapore&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNEjv1DS2l4joUJlJ6Ow9V5_MiVYbghttp://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Fit.wikipedia.org%2Fwiki%2FPressione_di_vapore&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNEjv1DS2l4joUJlJ6Ow9V5_MiVYbg

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    14. Fusione nucleare

    L'energia generata dal Sole è energia di fusione nucleare, in quanto deriva dalla fu

    sione di nuclei leggeri, quali gli isotopi di idrogeno, elio e litio. Siccome idrogeno, elio e litio

    abbondano anche sulla Terra è naturale la speranza di potere utilizzare la fusione nucleare

    come una sorgente di energia primaria sostanzialmente inesauribile.

    La più promettente tra le possibili reazioni di fusione è la seguente:

    n  7,  MeV  H 2

    1 + H 

    3

    1  ⇒  He

    4

    2 + 1 + 1 5  

    ovvero:

    Deuterio + Trizio => Elio + 1 neutrone + 17,5 MeV

    Perché sia raggiunta l'accensione controllata di una reazione di fusione occorre:

    ● che la temperatura sia mantenuta nell’ordine di 100 milioni di Kelvin

    ● che il prodotto della densità N della miscela (espressa in particelle per centimetro

    cubo) per il tempo di permanenza a quella densità (espresso in secondi)ϑ  

    soddisfino la condizione di Lawson:

     N  ∙ϑ > 5 ∙ 1014

    centimetro cubo

     particelle  ∙ secondo 

    Il deuterio occorrente per la reazione si può ricavare dall 'acqua del mare, mentre non

    è reperibile nel l'ambiente il trizio che ha un nucleo radioattivo. Il trizio si può, comunque,

    ottenere dal litio tramite la seguente reazione:

    n  , 5 MeV   Li63

     + 1   ⇒  H 31

     + He42

     + 2 7  

    Si può quindi pensare che i neutroni generati dalla fusione vengono utilizzati più o meno

    come nei rettori autofertilizzanti.

    Sino ad oggi la reazione di fusione non è stata ancora realizzata in laboratorio. La

    sola fusione realizzata dall'uomo è quella che si verifica durante l'esplosione delle

    bombe ad idrogeno, dove temperature e densità critiche vengono raggiunte mediante

    la pre-esplosione di una piccola bomba atomica. Pertanto, non si può pensare che la fusione

    nucleare possa giungere a maturità industriale in un futuro vicino.

    Impatto ambientale dell'energia di fusione 

    La fusione nucleare non è del tutto priva di rischi ambientali, infatti nonostante, a differenza

    della fissione, non vengano prodotte scorie radioattivo bisogna comunque tenere presenteche il trizio è radioattivo e combinandosi con l’ossigeno può dar luogo ad acqua radioattiva.

  • 8/16/2019 Energetica Generale

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    15. Pannelli solari

    STRUTTURA

    La struttura dei pannelli solari è costituita da una cassa di contenimento rigida isolata all'

    interno. Una lastra di vetro sulla parte superiore permette il passaggio delle radia 

    zioni che

    vengono catturate dalla piastra metallica nera sottostante che deve avere una bassa

    resistenza termica. Per questo motivo, di solito si usano piastre in rame, in alluminio oppure

    in acciaio. Quest’ultimo, oltre ad avere una conduttività termica più bassa rispetto al rame e

    all’alluminio, hanno una capacità termica maggiore e, di conseguenza, sono meno efficienti

    nello sfrutta 

    re i transitori termici legati al passaggio delle nubi. Il fluido termovettore (di solito

    una miscela di acqua ed antigelo), che circola nelle tubazioni poste a stretto contatto della

    superficie metallica, asporta il calore assorbito. Di solito, si ricavano delle canalizzazioni

    piegando e saldando le lamiere superiore ed inferiore della piastra stessa secondo il sistema

    "roll bond".

    E’ importante che la cassa dei collettori solari sia a perfetta tenuta per impedire l'ingres 

    so di

    umidità. In caso contrario, l'umidità entrata evapora al contatto con la piastra calda ma, se la

    temperatura esterna è bassa, condensa sulla faccia interna del vetro riducendone la

    trasparenza. Inoltre, l'umidità può elevare la conduttività termica dei materiali fibrosi (tipo lana

    di vetro) che sono spesso utilizzati per la coibentazione interna dei pannelli.

    Come si è detto, la superficie assorbente

    del pannello è nera e schermata da unvetro (trasparente alla radiazione solare

    entrante, ma opaco alla radiazione

    infrarossa uscente). Il pannello è isolato

    per evitare le perdite convettive attraverso

    il fondo ed i lati ma non si possono evitare

    le perdite per convezione verso l'alto.

     Al fine di ridurre le perdite per convezione

    si possono realizzare pannelli con doppio

    vetro. Nei pannelli con doppio vetro siriduce la convezione, grazie alla presenza

    di un' intercapedine aggiuntiva ma si

    riduce anche il flusso radiante in arrivo

    perché l'angolo limite (angolo oltre cui si

    ha riflessione totale e quindi niente

    rifrazione) è più piccolo per i doppi vetri.

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    RENDIMENTO 

    Il rendimento dei pannelli solari è definito come:

    η =q

    i

    "

    q"a  

    dove è il flusso termico specifico assorbito mentre è il flusso termico speci 

    ficoq"a   q

    "

    i  

    incidente. I rendimenti dei pannelli solari vengono rappresentati da curve in cui il rendimento

    dipende solo dal parametro:

    qi

    "

    Δt =

    qi

    "

    t  −t  s   ∞ 

    che tiene conto:

    ● delle perdite per convezione (prevalenti quan 

    do vi è un 'elevata differenza di

    temperatura )t Δ  

    ● e delle perdite per mancato assorbimento delle radiazioni (prevalenti quando vi sono

    elevati flussi termici specifici incidenti qi"

     

    Si nota che i panelli con un vetro hanno un rendimento più elevato perchè hanno un angolo

    limite più grande (“accettano” più radiazioni) di quelli a vetro doppio, però, siccome hanno

    maggiori perdite per convezione verso l’alto, il rendimento si riduce più drasticamente alla

    aumentare di rispetto a quelli a doppio vetro.t Δ  

    SCHEMI COLLEGAMENTO 

    Gli schemi di collegamento idraulico più utilizzati per i pannelli solari si possono

    ricondurre ai tipi fondamentali:

    ● parallelo semplice: i pannelli funzionano con la stessa temperatura di mandata e lastessa temperatura di ritorno 

    ●   parallelo con ritorno inverso:  il fluido percorre sempre la stessa distanza e nessun

    pannello risulta favorito in termini di perdite di carico

    ●   serie:  (max 5 pannelli) la temperatura aumenta progressivamente e le perdite di

    carico sono maggiori ma, in questo modo, si possono ottenere temperature finali più

    alte

    ●   serie/parallelo: (max 5 pannelli) è il più economico, dal punto di vista della

    realizzazione e, quindi, viene utilizzato nella maggior parte dei piccoli impianti dove,

    generalmente, si impiegano due soli pannelli.

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    (a) parallelo semplice;

    (b) parallelo con ritorno inverso;

    (c) serie, per un massimo di 5 pannelli;

    (d) serie/parallelo, per un massimo di 5 pannelli.

    NOTA sulle perdite di carico:

    il fluido che scorre in un tubo perde pressione a causa degli attriti sulle pareti del tubo. Quindi

    maggiore è la lunghezza del tubo maggiore è la perdita di carico.

    Quindi nello schema in parallelo, il fluido del pannello nell’estremo di sinistra ha un percorso

    più lungo quindi ha una maggiore perdita di carico e quindi è favorito il primo pannello (quello

    più a destra) perchè ha pressione maggiore.

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    16. Produzione di acqua sanitaria con pannelli solari 

    Mediamente, i pannelli solari forniscono 6-8 megajoule per metro quadrato al giorno,

    equivalenti a 50 litri di acqua sanitaria per metro quadrato al giorno, pari al fabbi 

    sogno di una

    persona. Per il nucleo famigliare tipico attuale (3 persone) occorrono quindi 3 m2  di pannelli,

    di solito suddivisi in 2 pannelli da 1,5 m2 ciascuno. Inoltre, a causa della variabilità della

    radiazione solare, i pannelli devono essere corredati da un serbatoio di accumulo della

    capacità di 50 litri per ogni metro quadrato di superficie captante installata ( 150 litri per 3

    persone)

    Accumulo Incorporato 

    Negli ultimi anni hanno incontrato un successo crescente i pannelli con il serbatoio di

    accumulo è incorporato nella parte alta del pannello stesso.

    Con questa configurazione, l'accumulo viene a trovarsi in posizione più elevata della piastra

    captante, e la circolazione del vettore termico può essere naturale. Il fluido che circola nel

    pannello si scalda e sale, poi si raffredda a contatto con l'accumulo (di acqua) e ritorna per

    differenza di densità. Pertanto, la circolazione naturale si arresta senza interventi esterni in

    assenza di irraggiamento. In compenso, l'accumulo deve essere protetto dal gelo mediante

    una resistenza scaldante elettri 

    ca che entri in funzione automaticamente nel caso di

    abbassamenti pericolosi della temperatura dal lato acqua sanitaria.

    Accumulo non incorporato 

    Se si utilizzano pannelli senza accumulo incorporato, l'accumulo esterno è unico per tutti i

    pannelli e si trova, generalmente, nella centrale termica, mentre i pannelli sono sul tetto in

    posizione più elevata. Di conseguenza, per avere circolazione occorre installare una pompa.

    I circuiti idraulici dei pannelli non sono mai attraversati dall'acqua sanitaria, ma sono sempre

    di tipo chiuso e vengono riempiti con antigelo in modo da non doverli svuotare nelle giornate

    particolarmente fredde. L'antigelo impiegato non deve essere tossico, al fine di evitare

    pericoli per le persone in caso di trafilamenti di fluido dallo scambiatore verso il lato acqua

    sanitaria.

    Infine, la possibile assenza di irraggiamento solare anche per periodi relativamen 

    te lunghi

    impone l'impiego di una fonte energetica alternativa. Nella produzione di acqua calda

    sanitaria, l'impianto a pannelli solari viene usualmente affiancato ad un sistema tradizionale

    con caldaia dotata, o meno, di bollitore incorporato.

    Gli schemi di impianto per la produzione di acqua sanitaria rientrano in 4 tipologie

    fondamentali:   (A = alimentazione, U = utenza, R = ricircolo) 

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    Accumulo incorporato e caldaia con bollitore

    ● d'inverno, l'impianto a pannelli funziona da preriscaldatore per il bollitore della caldaia:

    (1) aperto e (2) chiuso;● d'estate è possibile spegnere la caldaia, chiudere (1) ed aprire (2) in modo da

    produrre l'acqua calda con i soli pannelli;

    ● l'eventuale ricircolo dell'acqua calda sanitaria torna al bollitore della caldaia.

    Si noti che un impianto di questo tipo è indicato per le ristrutturazioni, in quanto non prevede

    modifiche importanti alla centrale termica.

    Accumulo non incorporato e caldaia con bollitore

    ● d'inverno, l'impianto a pannelli funziona da preriscaldatore per il bollitore della caldaia:

    (1) aperto e (2) chiuso;

    ● d'estate è possibile spegnere la caldaia, chiudere (1) ed aprire (2) in modo da

    produrre l'acqua calda con i soli pannelli;

    ● l'eventuale ricircolo dell'acqua calda sanitaria può tornare nel bollitore della caldaia ma

    non nell'accumulo, per evitare di rompere la stratifìcazione termica nell'accumulo

    stesso.

    ● la centralina di regolazione (C) consente la partenza della pompa solo se t2  > t1 al fine

    di evitare il possibile raffreddamento dell'accumulo in assenza di irraggiamento

    solare;

    ● la valvola di non ritorno sul circuito pannelli impedisce circolazioni inverse notturne; 

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    Accumulo non incorporato e caldaia senza bollitore

    ● la valvola (1) apre se la temperatura t3  in cima all'accumulo è inferiore a quella

    programmata per l'acqua sanitaria;● lo scambiatore della caldaia deve stare in alto e quello dei pannelli in basso affinché la

    caldaia scaldi solo una zona dell'accumulo ed, eventualmente, pannelli e caldaia

    possano funzionare contemporaneamente.

    Si noti che con un circuito di questo tipo non si deve attuare il ricircolo dell'acqua per non

    rompere la stratificazione termica nel bollitore.

    Eventuale ricircolo

    In premessa, occorre ricordare che

    l'utilità del ricircolo consiste nelmantenere caldo il circuito di

    distribuzione, di modo che anche i

    rubinetti più lontani possano erogare

    subito acqua alla temperatura voluta.

    Per contro, lo svantaggio del ricircolo

    è dato dai maggiori consumi

    energetici per far fronte alla

    movimentazione dell'acqua ed

    all'incremento delle dispersioni di calore

    associate ad una temperatura media didistribuzione più elevata.

    L'eventuale ricircolo non può interessare i

    serbatoi di accumulo dei pannelli nei quali deve

    essere consentita la stratificazione termica.

    Il ricircolo, quindi, deve fare capo al bollitore della

    caldaia.

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    17. Stagni solari

    Gli stagni solari sono dei laghetti artificiali di piccola profondità, impermeabili sul fondo

    mediante una membrana in gomma sintetica avente buone caratteristiche di assorbimento

    delle radiazioni

    solari. L'irraggiamento fa aumentare la temperatura sul fondo del laghetto. Questo

    riscaldamento innescherebbe un processo di convezione naturale caratterizzato da una

    risalita in superficie dell'acqua calda. Per poter sfruttare l’acqua calda si vuole mantenere la

    stratificazione termica, e quindi, per evitare il mescolamento dovuto alla convezione, si crea

    una differenza di densità (tra lo strato superiore e quello in basso) associata alla

    concentrazione salina facendo circolare acqua salata (e, quindi, a densità maggiore) sul

    fondo, e reintegrando l'acqua evaporata con acqua dolce (e, quindi, a densità minore)

    immessa in superficie. In questo modo tra ingresso ed uscita dell'acqua salata sul fondo si

    riescono a mantenere differenze di temperatura dell 'ordine di diverse decine di kelvin,

    sufficienti a fornire calore a cicli Rankine a fluido organico aventi rendimenti dell 'ordine diqualche percento.

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    18. Energia solare, applicazioni a media temperatura: centrali eliotermiche e

    stagni solari

    Le utilizzazioni a media temperatura sono costituite, essenzialmente, da generatori di vapore

    solari che alimentano dei cicli Rankine in quelli che vengono definiti "impianti solaritermodinamici" o “centrali eliotermiche”.

    Ci sono due principali tipi di impianti, il primo produce vapore utilizzando sistemi distribuiti

    collegati idraulicamente, mentre il secondo usa un singolo generatore  su cui vengono

    concentrate tutte le radiazioni captate.

    Nel primo tipo, cioè nei sistemi

    distribuiti, si impiega una serie di

    concentratori cilindrici a semplice

    curvatura, con un tubo-assorbitore posto

    nel fuoco geometrico. I concentratori

    sono parzialmente orientabili in quantopossono solo ruotare intorno al proprio

    asse, ed i tubi-evaporatori sono collegati

    in parallelo tra di loro in modo da dare

    luogo, nell'insieme, ad un solo sistema

    di generazione del vapore. Di solito, i

    sistemi distribuiti vengono utilizzati negli

    impianti di taglia più piccola.

    Gli impianti del secondo tipo, cioè quello ad un solo generatore, vengono usati per gli

    impianti più grandi. In tal caso, il ricevitore-generatore è servito da un numero molto grande dispecchi piani inseguitori (eliostati). Vista la configurazione assunta dal sistema, questo tipo di

    impianto viene detto "a torre con campo di specchi". Per la produzione di energia si utilizza

    un ciclo Rankine, inoltre serve anche un accumulo ad acqua pressurizzata, inserito in

    parallelo nel circuito, per evitare che le irregolarità di irraggiamento si trasformino in

    irregolarità

    nell’alimentazione della turbina.

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    Il ciclo Rankine può avere come fluido operativo, ad esempio, il classico vapore d’acqua o

    anche nitrato di sodio, oppure in alternativa si possono usare fluidi organici bassobollenti

    della famiglia degli idrocarburi alogenati, realizzando così un Ciclo Rankine Organico (ORC).

    Quest’ultima scelta è molto interessante perchè i fluidi organici presentano, rispetto

    all'acqua, un più favorevole rapporto tra pressioni massime e minime di ciclo (= rapporto

    temperature, quindi con un miglior rapporto di temperature si ha un miglior rendimento, infatti

    l’area sotto la curva in un diagramma Ts rappresenta il calore e quindi l’area dentro il ciclo

    rappresenta il lavoro). Inoltre la scelta oculata