En FONaDAZsIONaE rco Magazine11 · 2020. 8. 26. · Impressioni di settembre, e oltre 3 EDITORIALE...

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Enasarco Magazine FONDAZIONE 11 Enasarco: presente chiama futuro Intervista al DG Carlo Bravi Bilancio consuntivo 2012 Un utile chiamato rinnovamento Agenti finanziari e immobiliari Verso una tutela più ampia GIPA/C/CONV/006/2010

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  • EnasarcoMagazineFONDAZIONE 11Enasarco: presente chiama futuroIntervista al DG Carlo Bravi

    Bilancio consuntivo 2012Un utile chiamato rinnovamento

    Agenti finanziari e immobiliariVerso una tutela più ampia

    GIPA/C/CONV/006/2010

  • “Enasarco, nel pieno di una crisi economica generale senza precedenti, ha dovuto farfronte al rapido susseguirsi di nuovi e complessi scenari, normativi e non solo, spessonon favorevoli alle Casse privatizzate. Ciò ha inevitabilmente richiesto la messa incampo di un insieme di strategie e azioni che sono state elaborate e realizzate tenendoconto della non facile situazione della categoria degli agenti [...] e del Paese nella suainterezza”. Queste parole, in apertura dell’intervista al Direttore Generale Carlo Braviche a sua volta apre questo numero della rivista, descrivono con grande sintesi e niti-dezza lo stato dell’arte, il punto in cui siamo, il presente in continuo divenire della Fon-dazione e dei suoi iscritti.Vi si legge – e non è purtroppo una novità – la parola “crisi”, a fotografare una situa-zione diffusa e ben nota. Vi si legge anche, però, l’espressione “far fronte”, a indicare lasolidità, la lena, quasi la testardaggine, con cui Enasarco reagisce a un contesto, e nelcontesto si rimodella, sempre affiancando energia e discernimento, con l’obiettivo uni-co di adempiere a quel compito di tutela degli iscritti che è nel suo mandato e che sen-te come propria ragion d’essere.Sfogliare ancora qualche pagina del giornale darà modo di vedere che questa volontàdi lavorare comunque per il meglio riesce a dare frutti anche in una situazione genera-le che non può certo definirsi rosea. Questo dicono le prospettive di allargamento del-le tutele offerte da Enasarco a nuove categorie di lavoratori; questo dice il risultato fat-to registrare dal Bilancio consuntivo 2012, positivo nonostante il clima di intemperiein cui è maturato. Guardare avanti è adesso l’imperativo. Settembre è, per molti versi, il vero inizio del-l’anno, il momento in cui – gesto consueto, e ogni volta nuovo – ci si rimboccano lemaniche, si scelgono gli obiettivi, si pianificano le prossime mosse.È questo un settembre in cui, con timidezza che rasenta il bisbiglio, da più parti si co-minciano a udire quelle tre sillabe, “ripresa”, bandite ormai da qualche anno da ogni di-scorso pubblico, se non per dire che essa è “ancora lontana”.Noi preferiamo, per ora, stare ai fatti, e lavorare un giorno alla volta. E i fatti ci parla-no di una Fondazione che è viva e tira calci, che sente i destini di aziende e agenti co-me fossero i suoi, e che oggi più di ieri concorre alla vita del Paese con idee, coraggio,voglia di fare.

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    EDITORIALE

    Impressioni di settembre, e oltre

    3 EDITORIALEPRIMO PIANO

    4 zTempi certi, efficienza, più garanzie.La nuova Enasarco è già cominciata

    8 zL’utile e il ragionevole10 zAgenti finanziari: verso una nuova tutela

    SCENARIO

    12 zC’è la crisi. Prezzo, salvaci tu!

    CASE HISTORY

    16 z Il pulito, porta a porta

    PIANETA AGENTI

    20 z Io, agentessa23 zWalk this way

    TERZO MILLENNIO

    26 zVedere per vendere

    28 NOTIZIE30 PIAZZA GRANDE31 TEMPI SUPPLEMENTARI

    Quadrimestrale della Fondazione Enasarco

    Numero 11 / Settembre 2013

    Direzione, redazione, amministrazioneVia Antoniotto Usodimare, 31 – 00154 Roma

    Direttore editorialeBrunetto Boco

    Direttore responsabileMichele Alberti

    Art directorMario Peliti

    Consulenza editorialeAlessandro Mauro

    Progetto graficoPeliti Associati

    ImpaginazioneFulvio Forleo

    Hanno collaboratoSimona Corsetti, Ilaria De Santis,Gabriele Manu, Angelo Raffaele Marmo,Giovanni Medioli, Gianluca Morabito,Diego Pierini

    Si ringraziano per i contributiFrancesca Aquilino, Carlo Bravi, Pamela Carloni,Alfredo Di Michele, Carolina Farina, Fabiana Pardo, Andrea Ricci, Sandro Tibaldeschi

    IllustrazioniArchivio Corbis

    StampaPostel SpA

    Registrazione Tribunale di Roman. 3807 del 27.02.1954

    3ANNO IV / SETTEMBRE 2013

  • PRIMO PIANO

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    D ottor Bravi, lei ha assunto l’incari-co di Direttore Generale della Fon-dazione in un momento particola-re e delicato.Effettivamente è così. Enasarco, nelpieno di una crisi economica generalesenza precedenti, ha dovuto far fronteal rapido susseguirsi di nuovi e com-plessi scenari, normativi e non solo,spesso non favorevoli alle Casse priva-tizzate. Ciò ha inevitabilmente richie-sto la messa in campo di un insieme distrategie e azioni che sono state elabo-rate e realizzate tenendo conto dellanon facile situazione della categoriadegli agenti – con ogni evidenza in-scindibile da quella che più in generaleriguarda le imprese – e del Paese nellasua interezza. Tali azioni, peraltro, sonostate di volta in volta ‘rimodulate’ in ra-gione della necessità di far fronte acambiamenti che ci hanno costretto achiedere qualche sacrificio, seppurspalmato nel tempo, agli iscritti. Essen-

    zialmente abbiamo dovuto adottareuna revisione, nel 2011, del Regola-mento delle attività istituzionali, e poiun’altra più di recente, per poter garan-tire piena sostenibilità e adeguatezzadelle prestazioni, così come richiestodalle legge, per i prossimi 50 anni.

    Ed è possibile conciliare le rilevanti con-trazioni di costi con l’eff icienza delle pre-stazioni e del servizio reso agli iscritti?La sfida in cui siamo impegnati è esat-tamente questa. Mettere i nostri iscrit-ti sempre più ‘al centro’ del nostro ope-rato e delle nostre scelte è il principaletratto della fase che Enasarco sta attra-versando. A questo proposito, è benericordare che di recente la Fondazione,per la prima volta, ha deciso autonoma-mente di adottare un ‘Disciplinare deilivelli di servizio’, una vera e propriaCarta dei servizi, in base alla quale gliuffici sono tenuti a svolgere e conclu-dere i procedimenti di liquidazionedelle prestazioni pensionistiche e assi-stenziali entro termini massimi certi edichiarati preventivamente. Le tempi-stiche individuate sono decisamenteconcorrenziali rispetto a quelle rileva-bili in casi analoghi, ma lo sono ancorpiù i tempi medi di evasione. In più, mifa piacere poter ribadire che si trattasoltanto di un punto di partenza: il Di-sciplinare, infatti, includerà, mano amano, tutte le altre prestazioni erogatedalla Fondazione e che nel documentoattuale non sono contemplate.

    Perciò, come conseguenza di questa inizia-tiva, chiunque si rivolga a Enasarco peruna pratica, dalla domanda di pensionealla liquidazione del Firr o a qualsiasi al-

    tra richiesta, può sapere entro quanto tem-po otterrà una risposta? Esattamente. E credo che Enasarco siauna delle poche Casse previdenziali ita-liane ad aver messo nero su bianco la ta-bella di marcia dei tempi massimi di la-vorazione delle richieste presentate dagliiscritti. La Carta dei servizi, che in ter-mini tecnici si chiama Disciplinare deilivelli di servizio, è pubblicata sul nostroportale (www.enasarco.it/Guida/livel-li_servizio) e permette a chiunque di co-noscere in anticipo i tempi massimi diattesa per avere un riscontro rispetto al-la domanda presentata.

    Un cambiamento non da poco, in primoluogo per gli iscritti, ma anche per la Fon-dazione stessa...

    La Carta è funzionale a mettere al pri-mo posto, con efficacia, il rispetto del-l’iscritto e delle sue esigenze: regolandoe determinando i tempi massimi di la-vorazione delle domande relative allediverse prestazioni, l’agente di com-mercio avrà precise assicurazioni e benfondate certezze sui tempi di erogazio-ne delle prestazioni stesse. Insomma,l’iscritto, una volta che ha presentatouna domanda, non naviga più a vista.Per l’Enasarco e per coloro che vi ope-rano, d’altro canto, la Carta comportasenza dubbio un impegno più signifi-cativo, una maggiore responsabilizza-zione e il perseguimento di un crescen-te livello di efficienza. Tutti effetti checorrispondono agli obiettivi che ci sia-mo prefissi quando abbiamo varato ilDisciplinare.

    Proviamo a fare un esempio concreto.Come e in che tempi si può svolgere unapratica?Ciascuna domanda, ovviamente corre-data dell’opportuna documentazione,può essere inviata attraverso raccoman-data con ricevuta di ritorno o consegna-ta manualmente presso gli uffici dellaFondazione Enasarco. Dalla data di ar-rivo della raccomandata o da quella del-la consegna manuale della richiesta agliuffici decorreranno i tempi massimi dilavorazione previsti dalla Carta dei ser-vizi. A seconda del tipo di prestazione, latempistica può variare: per la pensionedi vecchiaia ordinaria sono fissati massi-mo 50 giorni, per quella di reversibilità40 giorni, per la liquidazione del Firr 90,per i mutui 60 e così via. Inoltre, è in fa-se di realizzazione un apposito pro-gramma per la redazione on line delle

    stesse domande di prestazioni, con con-seguente ulteriore riduzione dei tempidi erogazione.

    Ma il richiedente potrà seguire in qual-che modo le fasi di lavorazione della suapratica? Certamente. Per conoscere lo stato diavanzamento della richiesta presentata,l’iscritto può seguire più di una strada:collegarsi all’area riservata del nostrosito all’indirizzo https://in.enasarco.it eselezionare la voce Documenti – Statoavanzamento pratiche; scrivere un’e-mail all’indirizzo [email protected]; chiamare il Contact Center al nu-mero 199.30.30.33; recarsi, infine,presso una delle sedi Enasarco. Come èfacile immaginare, la Carta, con laconnessa possibilità di seguire l’istan-za inviata, permette anche la tracciabi-lità completa delle pratiche, uno deifattori-chiave di trasparenza e verifi-cabilità dell’operato della Fondazione,nonché uno dei punti di forza di que-sta innovazione.

    Abbiamo parlato dei tempi massimi stabi-

    liti dalla Carta. Ma cosa ci dicono i datireali?Intanto ricordo che sul nostro portale,oltre ai tempi massimi, abbiamo indi-cato anche i tempi medi, che sono giàpiù bassi. Ma arrivati a questo puntoposso aggiungere che i risultati del pri-mo quadrimestre 2013 confermanoquanto previsto e in molti casi vannooltre: 58 giorni per la liquidazione delFirr, invece dei 90 stabiliti dalla Carta edei 75 indicati come tempi medi; 25giorni per la concessione dell’assegnoper nascita o adozione, che ha un tem-po massimo previsto di 60 giorni e untempo medio di 35; soltanto 10 giorniper i mutui ipotecari, a fronte di untempo massimo fissato in 60 giorni eun tempo medio di 20 giorni.

    Che cosa signif icano questi risultati perEnasarco? E che obiettivi si dà la Fonda-zione? Questi primi risultati riflettono un im-portante salto di qualità nell’approccioda utilizzare nell’erogazione delle pre-stazioni, un salto di qualità che nascedalla consapevolezza di intendere il

    INTERVISTA A CARLO BRAVI, CHE DAGENNAIO HA ASSUNTO IL RUOLO DIDIRETTORE GENERALE DELLA FONDA-ZIONE. IL MANAGER TRATTEGGIA ILPRESENTE E IL FUTURO PROSSIMO DIUNA REALTÀ CHE CAMBIA: DALL’AV-VIO DI UNA CARTA DEI SERVIZI IN PIE-NA REGOLA PER GARANTIRE TEMPINON SOLO CERTI, MA ANCHE RAPIDI,PER L’EROGAZIONE DELLE PRESTAZIO-NI, E CHE STA GIÀ PRODUCENDO RI-SULTATI DI MAGGIORE EFFICIENZA ETRASPARENZA, AGLI ACCORDI PERESTENDERE IL RAGGIO DELLA COPER-TURA PREVIDENZIALE OFFERTA DAUNA ENASARCO SEMPRE PIÙ ORIEN-TATA AGLI ISCRITTI

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    Tempi certi, efficienza, piùgaranzie. La nuova Enasarcoè già cominciata

    4 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE

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    lavoro della Fondazione Enasarco co-me il migliore servizio possibile da of-frire agli iscritti. È altrettanto eviden-te che alla base di questi risultati ci so-no importanti scelte in ambito orga-nizzativo e informatico, che comincia-no a dare i frutti attesi. Per il futuro,che vuol dire i prossimi mesi, l’impe-gno della Fondazione Enasarco nonpuò che essere rivolto a incrementarela qualità dell’offerta attraverso la pro-secuzione della progressiva semplifi-cazione e velocizzazione delle proce-dure interne, in uno spirito di conti-nuo miglioramento e di trasparenzaverso iscritti e stakeholder.

    Un’altra importante novità di questo perio-do, dal punto di vista della tutela degli agen-ti, riguarda i collaboratori delle agenzie im-mobiliari. Può spiegare di cosa si tratta?È un Protocollo d’intesa che abbiamofirmato lo scorso giugno con le asso-ciazioni di categoria Anama e Fimaa,aderenti a Confesercenti e Confcom-mercio e rappresentative delle agenzieimmobiliari. L’accordo in pratica sta-bilisce che i collaboratori non abilitatidelle agenzie immobiliari, ossia queicollaboratori che non svolgono attivitàdi mediazione, ma attività connesse estrumentali (come quella finalizzata apromuovere, nei confronti della poten-ziale clientela, i servizi di mediazionedell’agenzia stessa), quando operanocon caratteristiche di continuità e sta-bilità, sono legati all’agenzia immobi-liare stessa da un rapporto riconduci-bile al contratto di agenzia, come rego-lato dall’articolo 1742 c.c., con conse-guente obbligo di iscrizione e contri-buzione Enasarco.

    Come si è arrivati a questa comune deter-minazione tra Enasarco e le associazionidi categoria delle agenzie immobiliari? Il costante presidio da parte degli ufficidella Fondazione dell’evoluzione delleforme di intermediazione commercialeaveva fatto emergere l’esistenza di rap-porti (spesso dissimulati sotto diverseforme di collaborazione) riconducibili alcontratto di agenzia anche in un settore,quello immobiliare, che nel passatosembrava estraneo a tale tipologia dicontratti. Ma, nonostante una giurispru-denza favorevole, abbiamo preferito so-spendere, come Fondazione, l’attivitàispettiva nel settore per avviare un per-corso di dialogo e di piena collaborazio-ne con le associazioni di categoria. Ab-

    biamo riscontrato corrispondenza econdivisione, dopo un confronto duratopiù di un anno, con l’Anama e la Fimaae questo ci ha condotto alla firma di unaccordo in grado di soddisfare gli inte-ressi di tutte le parti interessate.

    Quali effetti produrrà e come sarà attuatol’accordo def inito? L’accordo prevede che Anama e Fimaapromuovano tra i propri associati l’iscri-zione, entro il 31 dicembre 2013, deicollaboratori non abilitati alla Fonda-zione Enasarco che, da parte sua, forni-rà tutta la consulenza e il supporto ne-cessari al fine di rendere più agevole lafase di regolarizzazione delle iscrizioni.Va subito aggiunto, però, che per i pros-

    simi cinque anni, le agenzie immobiliariche a seguito di verifica ispettiva non ri-sultassero in regola con l’iscrizione deipropri collaboratori potranno comun-que godere di una sostanziale riduzionedelle sanzioni, fissate in misura pari altasso legale in ragione d’anno. Una mi-sura adottata dalle parti per non fare ri-cadere sugli operatori le conseguenzedel ritardo con il quale è stato adottato ilcontratto di agenzia.

    Una soluzione positiva, dunque, sia per icollaboratori sia per le agenzie...L’operazione che abbiamo realizzato è asomma positiva per tutti. Per i collabo-ratori delle agenzie, perché otterrannouna copertura previdenziale e assisten-

    ziale rilevante e poco onerosa, con unaforma di stabilizzazione del loro rap-porto di lavoro. Per le stesse agenzie im-mobiliari, perché offre loro una cornicedi certezze contrattuali nel rapportocon i loro collaboratori, senza introdur-re nuovi costi fissi, considerando che ilcontributo da versare è proporzionalealle provvigioni e dunque al fatturato‘prodotto’ dall’agente, dentro un massi-male e un minimale che può essere an-che pari a zero. La Fondazione Enasar-co, a sua volta, scongiura il rischio di av-venturarsi in un lungo e pesante con-tenzioso giudiziario con le agenzie im-mobiliari ponendosi sempre più comeente previdenziale di riferimento pertutti gli operatori che agiscono nell’in-

    termediazione di beni e servizi, a pre-scindere dal settore di riferimento. Tut-to questo come prodotto di una sceltastrategica che è risultata vincente, basa-ta soprattutto su un principio di colla-borazione e su un atteggiamento asso-lutamente dialogante nei confronti del-le associazioni di categoria.

    Insomma, una Fondazione tutta orienta-ta verso l’iscritto e sempre meno autorefe-renziale? Agenti e rappresentanti, in qualsiasisegmento di mercato operino, sono, coni loro bisogni, le loro aspettative e le lo-ro domande di welfare, il fulcro attornoal quale ruotano le attività della Fonda-zione Enasarco. La volontà di includeremolti lavoratori dell’ambito immobilia-re nel nostro sistema di tutela – così co-me anche l’accordo stipulato di recentecon l’OAM per quanto riguarda agentifinanziari e mediatori creditizi (se neparla nelle pagine che seguono ndr) –va in questa direzione. Che poi è la stes-sa che ha determinato la scelta di misu-rare in modo puntuale gli standard diperformance, per avere un monitorag-gio continuo del grado di soddisfazionedei nostri iscritti.

    Tempi certi, efficienza, più garanzie.La nuova Enasarco è già cominciata

    I collaboratori interessati dal Protocollod’intesa sottoscritto da Enasarco con leassociazioni di categoria Anama e Fi-maa saranno iscritti alla Fondazionedalle agenzie immobiliari per cui opera-no e, grazie all’inquadramento offertodal contratto d’agenzia, troveranno unaforma di stabilizzazione del loro rap-porto di lavoro con effetti positivi so-prattutto sotto il profilo previdenziale.Ma non solo. In primo luogo potrannomaturare la pensione Enasarco (di vec-chiaia, invalidità, inabilità e superstiti),che integra quella Inps, e che permette-rà loro di mantenere un adeguato teno-re di vita al momento della cessazionedell’attività, con un onere relativamentecontenuto in considerazione del fatto

    che, a differenza di quanto avviene perla gestione commercianti Inps, il contri-buto previdenziale è per il 50% a caricodell’agenzia immobiliare e per il 50% acarico del collaboratore. Quest’ultimopotrà inoltre accedere a una serie di pre-stazioni assistenziali (tecnicamente de-finite prestazioni integrative di previ-denza) tra le quali di particolare interes-se risulta la polizza assicurativa che laFondazione stipula con una primariacompagnia del settore e che tutela gliiscritti all’Enasarco in caso di infortunioo malattia. Tra le altre prestazioni figu-rano gli assegni per nascita o adozione eil contributo di maternità; le borse distudio per i figli degli agenti o gli agentistessi; i mutui ipotecari convenzionati;

    le colonie estive per i figli degli iscritti; isoggiorni terapeutici presso località ter-mali o climatiche convenzionate; le ero-gazioni straordinarie di somme a favoredi agenti in particolare stato di bisogno.Si tratta di prestazioni alle quali gliiscritti alla Fondazione, una volta accer-tato il possesso di alcuni requisiti contri-butivi di base, accedono a titolo gratuitopotendo così beneficiare di una gammadi servizi che, rispetto al panorama pre-videnziale italiano, è tra le più complete.La sottoscrizione del Protocollo d’inte-sa ha di fatto consentito alle agenzie im-mobiliari di uscire da quella situazionedi sostanziale incertezza che caratteriz-zava il settore in tema di inquadramen-to contrattuale dei collaboratori cosid-detti non abilitati delle agenzie stesse,individuando appunto il contratto diagenzia come strumento giuridico ap-propriato a regolare il rapporto. L’ado-

    zione di uno strumento giuridico uni-forme da parte di tutte le agenzie im-mobiliari consentirà alle stesse di porsisul mercato in condizioni di parità com-petitiva e di superare le criticità correla-te alle restrizioni in materia di partiteIva introdotte dalla riforma Fornero. Ilcontratto di agenzia, peraltro, presentacaratteristiche di estrema flessibilità an-che dal punto di vista dei costi previden-ziali che genera per la ditta preponente(in questo caso l’agenzia immobiliare),poiché l’onere è strettamente correlatoalla produttività. Il contributo Enasarcoinfatti è dovuto solo laddove venganoeffettivamente maturate provvigioni daparte del collaboratore ed è ad esse pro-porzionato entro determinati limiti. Lostesso contributo minimo è comunquelegato a un principio di produttività, inquanto, in totale assenza di provvigionimaturate nell’anno, non è dovuto.

    Agenzie immobiliari: i benefici per collaboratori e imprese

    76 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE 7ANNO IV / SETTEMBRE 2013

  • 98 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE 9ANNO IV / SETTEMBRE 2013

    PRIMO PIANO

    Lo scorso 27 giugno il Consiglio diAmministrazione della Fondazio-ne Enasarco ha esaminato e ap-provato il Bilancio consuntivo 2012,che si chiude con un utile pari a 102milioni di euro (566.000 circa dei qua-li costituiscono la somma destinatapreventivamente al Fondo Firr, il trat-tamento di fine rapporto degli iscritti).L’esercizio 2012, al pari di quello pre-cedente, ha riguardato un anno digrandi difficoltà a causa della crisi eco-nomica e finanziaria che, ancora oggi,fa sentire i suoi effetti sulla categoriarappresentata. A questo scenario si so-no aggiunti gli effetti delle ultime no-vità normative. L’inserimento dellaFondazione nel Conto economicoconsolidato della P.A. ha infatti coin-volto Enasarco in una molteplicità dinuovi provvedimenti normativi chestanno costringendo anche a risparmi,pur doverosi, senza che questi ultimipossano essere inseriti in un circolovirtuoso a favore degli iscritti.La Fondazione, in ogni caso, già allafine del 2010 aveva varato la nuova ri-forma del Regolamento delle attivitàistituzionali, approvata dai Ministerivigilanti nel 2011 e in vigore dal 2012:una riforma pensata nell’ottica sia diassicurare equilibrio e sostenibilità nellungo termine sia di dare concretezza a

    un patto intergenerazionale che salva-guardasse i più giovani.Conseguentemente il flusso contribu-tivo ha fatto registrate nel 2012 una si-gnificativa crescita, consolidando unpositivo incremento rispetto al 2011,pari a circa 44 milioni di euro. Anche icontributi dell’assistenza sono decisa-mente aumentati: circa 9 milioni dieuro in più rispetto al 2011.I contributi previdenziali registrati nel2012, in particolare, ammontano a 820milioni di euro, rispetto ai 776 del2011, mentre la spesa per pensioni ècresciuta del 3%.Il disavanzo della previdenza è dimi-nuito, rispetto al 2011, di circa 14 mi-lioni di euro mentre il saldo della ge-stione assistenza è stato positivo per45,6 milioni di euro. La gestione isti-tuzionale evidenzia così, complessiva-mente, un risultato positivo di 13 mi-lioni di euro, a fronte del disavanzo di12 milioni nel 2011.La riforma del Regolamento dellaPrevidenza, nello specifico, ha previstomodifiche graduali, diluite lungo unarco temporale esteso. È chiaro che sei provvedimenti fossero stati previstisu un arco temporale più breve, già nel2012 il disavanzo della previdenza sa-rebbe stato completamente riassorbitoe oggi si potrebbe parlare di un avan-zo previdenziale. Ma la volontàespressa dalle Parti Sociali e dal Con-siglio d’Amministrazione è stata quel-la di garantire la sostenibilità, senzagravare troppo, però, su agenti e azien-de in un momento di forte crisi comequello attuale. Il rapporto tra il patri-monio e le pensioni erogate è stato pa-ri a 5, mentre il patrimonio netto del-

    la Fondazione Enasarco, per effettodell’utile realizzato, è pari a 4.248 mi-lioni di euro contro i 4.146 milioni dieuro del 2011.Positivi, inoltre, i risultati nell’ambitodella gestione immobiliare e finanzia-ria: la gestione immobiliare mostra unsaldo positivo di 8 milioni di euro (41milioni di euro nel 2011), la cui dimi-nuzione, rispetto all'anno precedente,deriva dall'incremento dell’onere fisca-le a sua volta derivante dall’IMU, che,nonostante le dismissioni effettuate,ha visto raddoppiare di fatto l'ammon-tare dell'imposta versata, rispetto al2011, portandola a circa 30 milioni.L’esercizio 2012 ha fatto registrare, inogni caso, i risultati del processo di di-smissione immobiliare, con una plu-svalenza netta di 155 milioni di eurocirca. Tale risultato, al netto della quo-ta utile a coprire il disavanzo della pre-videnza, è stato vincolato in una riser-va del patrimonio netto destinato allaprevidenza, in linea con i contenuti delbilancio tecnico. Il rendimento deri-vante dall’operazione di alienazionedel patrimonio immobiliare, al nettodei costi strettamente connessi alla di-smissione, è pari al 32%.La gestione finanziaria ordinaria, no-nostante la pesante situazione dei mer-cati, evidenzia, a sua volta, un saldopositivo di 30 milioni di euro (27 mi-lioni di euro nel 2011). I fatti di natu-ra straordinaria e le svalutazioni opera-te hanno pesato per 20 milioni di euro.Il portafoglio ha consolidato un rendi-mento netto contabile dello 0,70%, su-periore alle ipotesi adottate nel Bilan-cio tecnico (che prevedevano un rendi-mento negativo).

    Il Bilancio consuntivo 2012 evidenzia,ancora, il contenimento delle spese perconsumi intermedi che, sulla base diquanto previsto dalla normativa sullaspending review, sono rimaste al di sot-to di quelle dell’esercizio 2010 per ol-tre il 5% richiesto. La Fondazione, ot-temperando al disposto del D.L.95/2011, ha versato alle casse dello

    Stato 247.000 euro.Il Consiglio di Amministrazione haportato e sta portando avanti, dunque,un importante percorso di riorganizza-zione e rinnovamento che ha già inparte ridisegnato il volto e la sostanzadella Fondazione, mirando a definireun tessuto di regole e procedure in gra-do di garantire una sempre più diffusa

    trasparenza, una migliore qualità deiservizi erogati, una più puntuale effi-cienza gestionale.In questo ambito di azioni rientra l'ap-provazione dei nuovi organigramma efunzionigramma che, prevedendo la ra-zionalizzazione e la riduzione delle po-sizioni manageriali, consentiranno unrisparmio di costi superiore al 10% sta-bilito nell’ultimo Bilancio tecnico ap-provato dai Ministeri vigilanti, oltre agarantire la semplificazione dei proces-si decisionali e la più corretta individua-zione di ruoli e responsabilità. Parallela-mente, la Fondazione ha avviato unprocesso di riassetto della governance,prima con l’introduzione della funzioneinterna di Controllo del rischio, poi conl’adozione del Regolamento per l’im-piego delle risorse finanziarie, inviato aiMinisteri vigilanti per l’approvazione.Tutto questo mentre sono altresì in cor-so di predisposizione il Regolamentoper il funzionamento degli organi equello relativo ai flussi informativi tra ivari servizi della Fondazione.I risultati del Bilancio 2012, in defini-tiva, dimostrano come gli sforzi richie-sti alla platea degli iscritti (nella quale,a partire dal 2013, saranno inclusi an-che gli agenti immobiliari e quelli im-pegnati in attività finanziarie, sullascorta degli accordi siglati di recentetra la Fondazione e alcune organizza-zioni sindacali di categoria) stianoproducendo i frutti sperati. Il disavan-zo della previdenza mostra un’inver-sione di tendenza e fa registrare un’im-portante diminuzione. Compatibil-mente con la situazione economica delPaese, si è certi che tale disavanzo sipossa azzerare.

    IL BILANCIO CONSUNTIVO 2012 DELLAFONDAZIONE ENASARCO SI CHIUDECON UTILI SUPERIORI AI 100 MILIONI DIEURO. RISULTATI CHE DIMOSTRANOCOME LE DECISIONI ASSUNTE PER ILRINNOVAMENTO E LA TRASPARENZAGESTIONALE DELLA FONDAZIONE STIA-NO PRODUCENDO I RISULTATI SPERATI

    L’utile e il ragionevole

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    PRIMO PIANO

    11ANNO IV / SETTEMBRE 2013

    L’Organismo per la gestione deglielenchi degli agenti in attività finan-ziaria e dei mediatori creditizi (de-nominato OAM) è un’associazionedi natura privata con personalitàgiuridica, senza finalità di lucro, isti-tuito dal decreto legislativo 13 ago-sto 2010, n. 141. È dotato di autono-mia finanziaria, organizzativa e sta-tutaria, provvede all’iscrizione degliagenti in attività finanziaria e deimediatori creditizi nei rispettivielenchi, nonché dei loro collaborato-ri, previa verifica dei requisiti previstidalla legge.Il nuovo quadro legislativo prevede lacollaborazione e lo scambio di infor-mazioni tra l’OAM e gli enti di previ-denza. Questo presupposto ha inco-raggiato l’ipotesi di un Protocollod’intesa tra l’OAM e la FondazioneEnasarco che identifichi le modalitàper un proficuo scambio di informa-zioni e risorse tra i due enti.Ecco i compiti dell’OAM:• istituisce l’elenco degli agenti in at-tività finanziaria e l'elenco dei me-diatori creditizi, provvede alla lorogestione, determina e riscuote icontributi e le altre somme dovute

    per l'iscrizione negli elenchi stessi;• verifica la permanenza dei requisitinecessari per l'iscrizione neglielenchi;• verifica l'assenza di cause di incom-patibilità, di sospensione e di can-cellazione nei confronti degli iscrit-ti negli elenchi;• verifica che sia rispettato il limiteche definisce il numero massimo dimandati che gli agenti in attività fi-nanziaria possono assumere, ai finidella permanenza dell'iscrizionenegli elenchi;• accerta la sussistenza dei requisiti diprofessionalità ai fini dell'iscrizionenell'elenco degli agenti in attività fi-nanziaria e dei mediatori creditizi ecura l'aggiornamento professionaledegli iscritti;• stabilisce gli standard dei corsi diformazione che le società di media-zione e gli agenti in attività finanzia-ria sono tenuti a svolgere nei con-fronti dei propri amministratori, di-rettori, dipendenti e collaboratori;• stabilisce i contenuti della prova va-lutativa, cui si sottopongono i di-pendenti e collaboratori delle socie-tà iscritte negli elenchi, e vigila sulrispetto del dovere di aggiornamen-to professionale.

    Che cos’è l’OAM

    Accordo fatto tra FondazioneEnasarco e OAM (Organismodegli Agenti e dei Mediatori), larealtà che gestisce gli elenchi degliagenti finanziari e dei mediatori credi-tizi, per una più efficace copertura pre-videnziale dei professionisti impegnatiin attività finanziaria. Il Presidente diEnasarco, Brunetto Boco, e il Direttoregenerale dell’OAM, Federico Lucchet-ti, hanno firmato di recente il Protocol-lo d’intesa per una più proficua collabo-ratore tra i due enti in tre aree di inter-vento: lo scambio di informazioni, l’at-tività ispettiva e le attività formative.“Si tratta – ha osservato Boco – di unaccordo che premia il lavoro della Fon-dazione per allargare la platea degliiscritti. E l'aspetto più interessante èche questo allargamento avviene attra-verso un'intesa con le categorie degliagenti finanziari, come è accaduto an-che per quanto riguarda le rappresen-tanze delle agenzie immobiliari per i lo-ro collaboratori, in uno spirito di opero-sa collaborazione”. Ma vediamo come nasce e che cosa pre-vede in dettaglio l’accordo. Recenti nor-me hanno regolato il settore dell’attivi-tà finanziaria, coinvolgendo in partico-

    lare gli agenti in attività finanziaria, imediatori creditizi e i loro collaboratorie istituendo un apposito organismo,l’OAM, per la gestione degli elenchi, untempo tenuti dall’Ufficio Italiano Cam-bi e successivamente dalla Banca d’Ita-lia. Il nuovo quadro legislativo compor-ta l’iscrizione alla Fondazione Enasarcodegli operatori in ambito creditizio.Hanno dunque obblighi di iscrizione econtribuzione i soggetti che eroganocredito (intermediari finanziari, istitutidi pagamento, istituti di moneta elet-tronica, banche e Poste Italiane), i qualisono preponenti degli agenti in attivitàfinanziaria; gli agenti in attività finan-ziaria, in qualità di mandatari dei sog-getti che erogano credito e come prepo-nenti dei collaboratori (per cui hanno latutela previdenziale Enasarco e versanoi contributi per i collaboratori); i me-diatori creditizi, in qualità di soggettipreponenti dei collaboratori (per i qua-li versano i contributi); i collaboratori,in qualità di mandatari di un agente inattività finanziaria o di un mediatorecreditizio (per cui ricevono la tutelaprevidenziale Enasarco).

    L’OAM, a sua volta, deve collaborare escambiare informazioni con gli enti diprevidenza per svolgere al meglio leproprie funzioni, tra cui quelle relativealla verifica dei requisiti di professiona-lità previsti dalla legge e le altre attivitàstrumentali o connesse che risultinonecessarie o utili per la gestione deinuovi elenchi. Da qui l’intesa tra Enasarco e OAM. IlProtocollo, in particolare, prevede pro-prio e innanzitutto lo scambio di infor-mazioni tra le due istituzioni: così laFondazione Enasarco avrà la disponibi-lità degli elenchi OAM che fanno rife-rimento agli agenti in attività finanzia-ria, ai mediatori creditizi e ai collabora-tori al fine di aggiornare le informazio-ni anagrafiche contenute nelle banchedati della Fondazione stessa, nonché diagevolare l’attività di controllo nel set-tore. In secondo luogo, la FondazioneEnasarco metterà a disposizione la pro-pria forza ispettiva affinché, oltre aiconsueti accertamenti sulla regolaritàcontributiva, volti a tutelare la previ-denza degli agenti, siano verificati il ri-spetto delle prescrizioni normative vin-

    colanti (come il numero massimo dimandati) e gli adempimenti in materiadi prova valutativa. Da parte sual’OAM curerà specifiche sessioni for-mative a favore degli ispettori. L’attivitàdi controllo dei requisiti da parte degliispettori della Fondazione Enasarcocertifica la qualità professionale degli

    agenti e conferisce credibilità e autore-volezza al sistema del credito. Gli inter-venti formativi e di aggiornamento, in-fine, hanno l’obiettivo di accrescere lecompetenze professionali degli agentioperanti in forma di società di capitali esono resi possibili dal ‘Programma deicriteri e delle procedure delle prestazio-

    ni integrative’ che prevede iniziative de-dicate all’alta formazione e specializza-zione per le persone giuridiche titolaridi mandato di agenzia.Il Protocollo d’intesa conferma la posi-zione della Fondazione Enasarco comepartner efficiente, affidabile, capace disupportare strategicamente e operativa-mente altri soggetti grazie all’esperien-za, alla competenza e alle risorse sulcampo. Sarà dunque importante racco-gliere i frutti dell’accordo con l’OAM edocumentare un ‘caso di studio’ chepossa tornare utile per accordi futuri.“L’accordo con L’OAM – ha spiegatoancora Boco – è un’ottima occasione perdare una buona accoglienza agli iscrittidel settore, con un piano di comunica-zione via email, a costo zero, che pre-senti la gamma di prodotti offerti dallaFondazione Enasarco, dalla previdenzaalle prestazioni integrative. L’attivitàprevede un ciclo di comunicazioni at-traverso una newsletter che racconterà ivantaggi che offriamo e che avràl’obiettivo di aumentare la registrazioneai servizi on line, disponibili 24 ore su24”. Il Protocollo, infine, dimostra l’at-tualità del contratto di agenzia, capacedi garantire un’adeguata tutela ai pro-fessionisti di ogni settore, così comeavviene con successo da oltre settan-t’anni per il commercio. Può essereadottato con duplice vantaggio da pre-ponenti e mandatari perché è flessibilee abbatte i costi fissi per le aziende chedovrebbero altrimenti ricorrere a con-tratti di lavoro subordinato. Inoltre, ul-timo ma non meno importante, garan-tisce la previdenza e l’assistenza Ena-sarco a ogni lavoratore che opera comeagente o rappresentante.

    INTESA TRA FONDAZIONE ENASARCO EOAM (ORGANISMO DEGLI AGENTI E DEIMEDIATORI). OBIETTIVO: FORMAZIONEE CONTROLLI, E SOPRATTUTTO SCAM-BIO DI INFORMAZIONI, VOLTI A UNAPIÙ EFFICACE COPERTURA PREVIDEN-ZIALE DEI PROFESSIONISTI IMPE-GNATI IN ATTIVITÀ FINANZIARIA. ILTUTTO, COME SOTTOLINEA IL PRESI-DENTE BOCO, “IN UNO SPIRITO DIOPEROSA COLLABORAZIONE”

    Agenti finanziari:verso una nuova tutela

  • SCENARIO

    Isaldi estivi 2013 non erano ancorapartiti che già c’era chi si affannava adire che sarebbero andati male, conun crollo di almeno il 20% rispetto al-l’anno precedente. Dopo qualche gior-

    no, puntuale, è arrivata la quasi confer-ma di Confesercenti: - 15% nella primasettimana. Va bene, ma allora se la crisi continua acolpire i consumi e non c’è nessunatraccia di ripresa, chi erano quelle per-

    cartolerie, profumerie, casalinghi) cheintegrano e definiscono meglio l’offer-ta. Non certo, infine, con l’alternativadelle vendite on line, che in Italia con-tinuano a essere molto meno sviluppa-te che in altri Paesi e non più per labassa diffusione di internet (secondo ilPolitecnico di Milano ormai gli italia-ni, grazie agli smartphone, hanno rag-giunto i livelli di connessione in retedella maggior parte dei Paesi del NordEuropa: non ancora quelli di Norvegia,Svezia e Finlandia ma quelli del RegnoUnito sì, superando anche la Francia).Internet, però, si usa per confrontareofferte e prezzi, non ancora per acqui-stare oggetti fisici: ha sostituito leagenzie di viaggio per i biglietti aerei,dei treni e degli spettacoli, un po’ piùlentamente sta crescendo per la venditadi e-book. Per tutto il resto nella stra-grande maggioranza dei casi si cercaancora un negozio. Al di là del diminuito potere d’acqui-sto, quello che è certo è che le abitudi-ni degli italiani sono cambiate. Non èsolo la crisi, si affannano a dire consu-lenti e sociologi che studiano il feno-meno. Il problema è molto più profon-do: anche l’illusione che comunque “illusso regge” si è rivelata, appunto, un’il-lusione. Infatti se è vero che una partedel made in Italy più caro non conoscecrisi, è grazie alle esportazioni, non cer-to per i consumi interni. Certi compor-tamenti di consumo gli italiani li han-no persi, e probabilmente non li riac-quisiranno più. Francesco Morace, sociologo, fondato-re e Presidente di Future Concept Lab,uno dei laboratori sulle tendenze diconsumo più avanzate d’Italia, titolare

    di una rubrica sul Sole 24 Ore parla giàda tempo di “fine degli status symbol”.Insomma, nessuno (o quasi, in Italia)comprerebbe più solo per ostentare og-getti che sono ‘necessari’ per dimostra-re la propria appartenenza a un gruppoo a un’élite. Il professionista (italiano)non si riconosce più dall’orologio o dal-le scarpe che porta. Questo tipo di con-sumi (fortunatamente per il made inItaly) caratterizza ancora i ricchi cinesi,brasiliani, russi. Ma non gli italiani, cheoggi acquistano (se acquistano) spintipiù da altre leve: la felicità che può da-re possedere (e dunque utilizzare) unoggetto, la sua sostenibilità, cioè il fat-to che non inquini e non derivi da pro-cessi industriali eticamente discutibili,al limite che “faccia bene” (calano levendite di prodotti alimentari, ma nel2013 la vendita di prodotti biologici sa-rà ancora in crescita a doppia cifra co-me nel 2012 e nel 2011).Di sostenibilità come nuovo concettocardine dell’offerta commerciale parlaormai in maniera continuativa ancheGSK Eurisko, il maggior istituto cheopera in Italia nelle ricerche sul consu-matore, che ha dedicato al tema diversistudi approfonditi dimostrando che leaziende che hanno adottato politichesostenibili per orientare la loro offertasono quelle che stanno resistendo me-glio alla crisi e probabilmente domine-ranno il mercato nei prossimi anni.Remo Lucchi, presidente emerito diEurisko, spiega che “è necessario ren-dersi conto che negli ultimi venti annila composizione dei consumatori italia-ni, intesi come persone che effettuanodirettamente gli acquisti, è cambiatadrasticamente. Quelli che hanno con-

    seguito almeno un diploma di scuolasuperiore erano poco più del 30% nel1992, oggi sono circa il 60%. Credo cheraramente nella storia umana ci sia sta-ta una trasformazione culturale altret-tanto rapida e profonda. Tutti i valorisu cui si basavano le decisioni di acqui-sto sono cambiati. Non è cambiata al-trettanto la comunicazione di prodotto,che continua a reggersi soprattutto sul-l’idea di suggestionare il potenzialeconsumatore, come negli anni Sessan-ta. Nei prossimi 20 anni, probabilmen-te, la percentuale di consumatori conun’istruzione superiore arriverà a supe-rare l’80% del totale”. L’equazione non è quella che consuma-tori più istruiti voglia dire consumatoripiù svogliati, ma i messaggi commer-ciali devono prendere atto di questatrasformazione epocale, e ancora nonsembrano averlo fatto. In altre parole iconsumatori di oggi e ancor più di do-mani più che ‘sedotti’ vanno ‘convinti’della bontà di un prodotto o di un’of-ferta commerciale, o quantomeno l’ele-mento di seduzione va bilanciato conelementi razionali che possano spin-gerlo a una scelta più consapevole.

    La chiave? È nel pricingQuesto non significa che non ci sianopiù acquisti di impulso, o che produtto-ri e negozianti debbano sposare solouna fredda razionalità al posto di uncoinvolgimento ‘caldo’ del consumato-re. Anzi, ci sono elementi emozionaliche giocano ruoli sempre più impor-tanti nella segmentazione e nell’identi-ficazione dei target di consumatori(quelli che hanno una passione per de-terminate categorie di prodotti). Ma

    sone diligentemente in fila fuori dainegozi del quadrilatero della moda (maanche di alcune insegne di abbiglia-mento – tutt’altro che di lusso – chevanno per la maggiore) a Milano in at-tesa dell’apertura il primo giorno disaldi? Solo ricchi turisti russi e cinesi?Molti, per verità, avevano proprio facceitaliane. Così come erano per la mag-gior parte composte da italiani le mas-se di persone che affollavano nei primigiorni di saldi gli outlet park vicino alleuscite dell’autostrada che ormai si tro-vano un po’ in tutta Italia. E non si puòdire che non abbiano comperato. Se-condo alcuni outlet park il fatturato2013 dei saldi sarebbe in netta crescita

    (a due cifre) rispetto a quello già posi-tivo del 2012.Nella ‘crisi infinita’ di cui non si riescemai a vedere veramente la fine il pessi-mismo più che d’obbligo sembra quasiun vezzo. Tutto va male perché tutti

    pensiamo che così debba andare, e piùci affanniamo a ripeterlo più in effettile cose sembrano andare anche peggio.

    Negozi di quartiere: fine della storia?Ma, come spiega Confcommercio aMilano, la tragedia sono i negozi di vi-cinato soprattutto fuori dal centro edalle grandi vie commerciali, le bouti-que che una volta animavano i quartie-ri anche periferici e che ormai stannoinesorabilmente tirando giù le claire. Cisono interi quartieri senza una sola pa-netteria o un fruttivendolo, per nonparlare di negozi di abbigliamento, car-toleria, merceria: se hanno la farmacia èperché c’è un piano comunale che neprevede le aperture e la dislocazione.Altrimenti solo qualche raro supermer-cato e qualche negozio etnico. Il mo-dello dell’offerta commerciale diffusain tutte le zone delle aree urbane, tipi-co dell’Italia (e che un tempo lasciavastupefatti, per varietà e capillarità, glistranieri che arrivavano da Paesi comegli Stati Uniti o la Germania), è entra-to in crisi da tempo e non sembra averancora trovato alternative durevoli: nonla sostituzione con i centri commercia-li ‘periurbani’ che dopo anni di espan-sione registrano forti contrazioni divendita legate anche alla crisi della mo-bilità (aumenta il costo della benzina,gli italiani prendono meno la macchinaper andare negli ipermercati in perife-ria); non la sostituzione dei piccoliesercizi familiari con i supermercati diquartiere e le superette, che ci sono efunzionano per alcuni generi (alimen-tari, detersivi, una parte dei casalinghi)ma che continuano a convivere conpiccoli negozi specializzati (mercerie,

    C’è la crisi. Prezzo, salvaci tu!

    COME È NOTO, LA PESANTE E ORMAIPLURIENNALE CONGIUNTURA NEGATI-VA HA DETERMINATO UNA FORTECONTRAZIONE DEI CONSUMI. EPPURE,SI AFFERMANO NUOVI MARCHI E PER-FINO NUOVI LUOGHI PER IL COMMER-CIO. STRATEGIA: OFFRIRE TANTO A ME-NO. IL PRICING DIVENTA DUNQUE UNELEMENTO FONDAMENTALE NELLEPOLITICHE DI VENDITA DI UN PRODOT-TO O DI UN NEGOZIO

    12 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE 1313ANNO IV / SETTEMBRE 2013

  • 14 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE

    SCENARIO

    vuol dire che le decisioni di acquistotengono conto, sempre di più, anche dielementi razionali. Negozi bellissimi,invitanti, sempre più accoglienti sonoancora necessari per attirare il consu-matore. Ma una volta che è entrato nelnegozio sempre più spesso si chiede:“Mi serve veramente quello che stocomperando?”, “Ho veramente vogliadi acquistarlo?”, “Ne vale la pena?”. E,soprattutto: “Il prezzo è giusto?”.Prima conseguenza: sembra essere fini-ta l’era dei prezzi che continuano adaumentare senza un preciso perché. Senon è chiaro perché un prezzo aumen-ta, il consumatore non abbocca. Abi-tuato da anni di deflazione in terminireali su molti prodotti di consumo (icomputer ma anche tutta l’elettronica.Gli smartphone che due anni fa costa-vano 700 euro e oggi 380. I televisoriche costavano più di 1.000 euro e oggimeno di 500, le tariffe telefoniche checontinuano a scendere ma anche il co-sto dei biglietti aerei, ormai low costper definizione) il consumatore sembraessere sempre più respinto da prodottiche diventano più cari senza una ragio-ne precisa.L’inflazione, l’aumento di prezzo, sem-bra essere sempre di più la caratteristi-ca dei prezzi amministrati, delle odiatetariffe che non risentono della concor-renza e dove il consumatore è costrettoa pagare comunque, le bollette del gas edell’elettricità, il costo della benzina edelle sigarette, il biglietto del tram e deltreno. Tutto il resto cala, o sarebbe me-glio che calasse. Questo non significache il consumatore non guardi allaqualità di quello che compra, al contra-rio. Ma vuole avere sempre di più con

    sistenza, più accessori. Non solo ‘di piùcon meno’ ma anche, per esempio, unadefinizione più chiara di che cosa stocomperando e perché. Tutto questo sichiama pricing ed è uno dei rami delmarketing che sta prendendo semprepiù piede. Un ramo in cui il ruolo degliagenti di commercio è, e soprattuttopuò essere, fondamentale.

    Applicazioni scientificheÈ uscito un paio di anni fa negli StatiUniti il libro La manna dell ’1%: usare laleva del prezzo per incrementare i profit-ti del consulente di marketing RafiMohammed. L’autore sostiene che ilpricing è la leva più potente e sottouti-lizzata dalle aziende per vendere. Unostudio Mc Kinsey (una delle più notecase di consulenza mondiali) sulle pri-me 1.200 società del mondo rivela co-me un aumento o un calo strategico diprezzo dell’1%, a domanda costante,può portare a un incremento medio deiprofitti netti dell’11%. Per le aziende didistribuzione può significare un incre-mento di profitti anche superiore: un1% in più o in meno sui prezzi di Sears(uno dei giganti americani della grandedistribuzione non alimentare) ha incre-mentato i profitti del 155%. A patto dinon perdere mai di vista il fatto che ilprezzo è un elemento chiave che i con-sumatori prendono in considerazioneprima di effettuare un acquisto. Il libro

    lavora molto sul concetto di ‘prezzo so-glia’ (quello che non si vende a 100, a99 può essere accolto molto meglio dalconsumatore) ma anche sul concetto digiusta remunerazione: vendere sottoco-sto può convenire in determinate circo-stanze e per brevissimi periodi, se di-venta un’abitudine lavorare sempre ospesso con margini all’osso o negativi sifinisce per distruggere valore, non percrearlo. In altre parole non è detto chescendere a 99 da 100 sia sempre la stra-da giusta, a volte è meglio salire a 101(o 100,90) perché magari non si vendedi più ma neanche di meno e si riesce astare dentro i costi e ad avere una re-munerazione migliore della singolavendita. A patto di farlo in manierachiara: quello che il consumatore nonaccetta più è di non capire qual è ilprezzo ‘giusto’. Le offerte devono esse-re sempre ‘chiavi in mano’, senza sor-prese o variazioni dell’ultimo minuto.Nulla irrita di più di spendere oggi 100per un bene che domani viene offerto a70: si rischia di perdere il cliente. Tuttoquesto, da anni, si chiama customer va-lue management (gestione del valorepercepito dal cliente) di cui il pricing èuna parte essenziale, e una parte anco-ra più essenziale è il dynamic pricing,ovvero la definizione del prezzo in fun-zione delle condizioni e della situazio-ne in cui avviene la vendita. Cosa vuoldire? Se il sole splende alto in cielo e un

    ambulante vi offre un ombrello a 4 eu-ro, probabilmente non sarete disposti aspenderli. Se scoppia un temporale im-provviso e l’ambulante di euro ve nechiede 8 per lo stesso ombrello, è pro-babile che la vostra mano corra alla ta-sca per darglieli. In altre parole prezziimposti uguali per tutti in qualsiasi ne-gozio e in qualsiasi situazione di solitonon sono la risposta giusta per seguirele dinamiche di mercato: lo stesso og-getto, se lo acquisto in un negozio incentro con vetrine bellissime potrà ave-re un prezzo leggermente superiore aquello scovato in un negozietto di se-miperiferia. Quanto è questo differen-ziale? Attenzione, il consumatore oggiè sempre più diffidente, non può essereesagerato: 15, 25% sì. 100% no, se no sifinisce per cannibalizzare l’offerta pre-mium delle belle vetrine del centro. Madi sicuro il negozietto semiperiferico(per quei generi e marchi che non han-no canali alternativi negli outlet o neglihard discount) può diventare per il di-stributore o l’agente un valido alleatoper far fuori le giacenze, i fine serie, ivecchi assortimenti, i resi, a patto di ap-plicare scale sconti interessanti ancheper il rivenditore. Non solo saldi, dun-que, ma prezzi differenziati (e conve-nienti) tutto l’anno. In molti li promet-tono. Chi riesce a farli sul serio proba-bilmente, crisi o non crisi, non smettemai di vendere.

    meno, perché così l’ha abituato il mer-cato in questi anni. H&M e Zara han-no abituato le signore ad avere propo-ste moda a prezzi abbordabilissimi. Seè vero che soffrono tutti i beni semidu-revoli perché gli italiani con la crisi noncambiano più casa, è anche vero che nelcaso volessero rinnovare l’arredamentohanno a disposizione l’Ikea, che ormaifunge da calmiere per mobili, casalin-ghi, oggetti da arredamento, biancheriaper la casa. Non esiste (quasi) più l’ideadel mobile che compro oggi per me eche utilizzeranno i miei figli e i mieinipoti. Si compra se il prezzo conviene,non c’è un’aspettativa di utilizzo per lavita e oltre, anche se i mobili dei nonnicontinuano a essere apprezzatissimi. Ladinamica dei prezzi dei divani negli ul-timi vent’anni è una chiara dimostra-zione di quest’idea: vent’anni fa unbuon divano costava come un’automo-bile, oggi meno di una lavatrice. Peravere successo con prezzi superiori bi-sogna che anche l’offerta sia superiore,e comunque parametrata ai prezzi diIkea, H&M e Zara, visibili a tutti an-che su internet.Il signor Mario (il nome è di fantasia),titolare di un casalinghi in una zona se-mi centrale di Milano spiega che il suomestiere è completamente cambiatonegli ultimi dieci anni: “Da sempre so-no specializzato nella coltelleria sporti-va: coltellini pieghevoli, da pesca, dacaccia, per chi va a funghi. Gli appas-sionati sono tanti, vengono da me per-ché posso procurare articoli che vedonoin centro con prezzi leggermente piùabbordabili. Dieci anni fa avevo molticlienti disposti a spendere. Non ne hopersi molti, ma sono completamente

    cambiate le soglie psicologiche di spe-sa. Chi entrava da me con l’idea dispendere 110/150 euro, oggi ne spendela metà. Sopra i 100 euro si fa fatica aspingere la merce. Ripeto: i clienti sonogli stessi, non hanno cambiato gusti.Solo che hanno meno soldi e soprat-tutto non vogliono spenderli. Se primaall’incirca vendevo tanti coltelli da100/150 euro quanti da 50/90 euro,adesso siamo a un rapporto di uno adieci. Sopra i 100 euro faccio un paio divendite al mese, fra i 50 e i 100 quattroo cinque a settimana. La dimostrazio-ne? Ho avuto qui esposto un coltello dimarca a 120 euro per più di un anno: lohanno guardato in tanti, nessuno lo hapreso. Lo ho messo in saldo a 99 euro,in due giorni è andato. Il mercato deglioggetti sopra i 200/250 euro non c’èpiù. Devo anche dire che alcuni pro-duttori lo hanno capito. L’offerta sottoi 100 euro è molto più ricca e varia diqualche anno fa. Francamente facciofatica anch’io a capire perché certi og-getti sono prezzati tre volte più di altriche hanno esattamente le stesse carat-teristiche”.Fare bene il prezzo diventa dunque unesercizio non solo tattico, ma un ele-mento fondamentale della strategia divendita di un prodotto o di un negozio.Questo non significa dover svendere atutti i costi. Al contrario svendere puòavere anche un impatto psicologico ne-gativo (“spendo meno, mi danno me-no”). Può esserci lo spazio per far paga-re un po’ di più, ma solo (e sempre) afronte di caratteristiche riconoscibili daparte del cliente finale. Non solo unamigliore qualità ma, per esempio, uncontenuto di servizio superiore, più as-

    C’è la crisi.Prezzo, salvaci tu!

    1515ANNO IV / SETTEMBRE 2013

  • 16 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE 1717ANNO IV / SETTEMBRE 2013

    CASE HISTORY

    Se c’è un oggetto che più di tutti èdiventato nel tempo emblema divendita e venditori, questo èl’aspirapolvere. E se c’è un marchio, unprodotto che simboleggia la simbiositra quello che una volta si chiamavapiazzista e la sua merce, una sorta diaspirapolvere degli aspirapolveri, nonc’è praticamente dubbio che risponda alnome di Folletto, che quasi tutti cono-scono per averne parlato o sentito par-lare – nel ruolo di venditore, o di poten-ziale acquirente – nella pratica anticadel porta a porta, modalità che identifi-

    ca dal principio, e tuttora, l’attività del-l’azienda – la Vorwerk Folletto – che stadietro a tutto ciò.Ne parliamo con Patrizio Barsotti, cheè presidente per l’Italia di quello che inrealtà si configura come un gruppo in-ternazionale di dimensioni impressio-nanti, che abbraccia una serie di settorimerceologici in 70 Paesi del mondo eannovera oltre 600.000 collaboratori, dicui 37.000 sono agenti e impiegati nel-la vendita di apparecchi domestici.In Italia, dove la società è stata costitui-ta il 9 aprile del 1938, e festeggia perciòi 75 anni, i ben noti aspirapolvere fannoregistrare un fatturato annuo che si ag-gira intorno a 490 milioni di euro. Tra iprodotti del gruppo figura poi, da qual-che tempo, anche il Bimby, apprezzatorobot da cucina con un fatturato di cir-ca 156 milioni di euro.“Si tratta – precisa però Barsotti – didue aziende collegate ma distinte. Fac-ciamo parte dello stesso gruppo ma sia-

    mo due realtà diverse, come forza ven-dita, come struttura, come metodologiadi vendita”.

    A proposito di metodologia, la vostra èproprio una realtà che si identif ica con laforza vendita. Anche per il modo in cuiviene percepita dalle persone. Come sietestrutturati?Al momento abbiamo una forza vendi-ta di 4.000 venditori, suddivisi in agen-ti e procacciatori. Gli agenti di com-mercio sono circa 1.600. Poi ci sono piùo meno altrettanti promotori, e poi altriancora. In realtà quelli che non sonoagenti sono tutti promotori, però alcunidi loro sono considerati junior: è una fa-se che riguarda i primi cinque mesi inazienda, che prevedono un percorso aparte, con incentivi a parte e guadagnidiversi. In questo periodo i venditorisono trattati in modo un po’ differente.C’è una fase di avviamento che prevedeun programma di formazione com-prensivo di affiancamento e supporto. Ec’è un trattamento diverso anche da unpunto di vista economico. Ovviamente poi la formazione conti-nua, ma nei primi cinque mesi c’è unpercorso differenziato: diciamo un’altaconcentrazione di affiancamento.

    A parte il periodo iniziale, che differenzac’è tra promotore e agente quanto a man-sioni svolte?Per quanto riguarda l’attività operativa,la differenza non c’è: svolgono lo stessolavoro. Quello che cambia è proprio ilrapporto contrattuale. Nei primi mesi noi non siamo partico-larmente selettivi: li viviamo soprattut-to come momento di addestramentoper poter poi esercitare. Non dico cheprendiamo tutti ma quasi: compresi an-che tanti ragazzi senza esperienza.L’importante è che siano volenterosi eche non abbiano precedenti penali.

    Quindi, specialmente al principio, c’è unacomponente di rotazione forte...Sì, c’è un bel turn over. Specialmentenel primo anno. Anche perché, passati icinque mesi, molti non possono ancoradiventare agenti, con l’eccezione diquelli che hanno un titolo di studio ri-conosciuto dalla Camera di Commer-cio. L’iscrizione insomma richiede deirequisiti che non tutti hanno: gli altridevono fare un corso con esame allaRegione e ricevere un attestato. Chinon fa questo può lavorare con noi co-me semplice incaricato, ma non è unagente di commercio. In questo periodonormalmente si vede chi ha voglia dicontinuare il percorso, e comincia a faredelle vendite decenti. Essendo un lavoro autonomo non pos-siamo imporci. Non possiamo né vo-gliamo costringere nessuno a lavorare.Perciò la selezione si determina in basealle capacità e alla volontà.

    E alla formazione...Certamente. Noi abbiamo una forma-

    z i o -ne inter-na accredita-ta dalla Regione.In pratica facciamoin forma gratuita deicorsi che fuori hanno un co-sto, destinati a chi dimostra divoler fare questa professione. Ce nesono a Milano, dove abbiamo la sedecentrale, oppure localmente a Roma,Potenza e Brescia. Normalmente il cor-so è diviso in due fasi e dura di media120 ore, con qualche variazione tra re-gione e regione. Alla fine c’è un esameda sostenere, e siccome i corsi sono ac-creditati, gli esaminatori vengono pro-prio dalla Regione. Con l’attestato chesi riceve ci si può iscrivere alla Cameradi Commercio e diventare agenti.

    E le cose cambiano...Bè, i nostri 1.600 agenti sono sicura-mente persone che hanno sposato laprofessione. E quindi costituiscono lozoccolo duro dell’azienda. Da questopunto in poi, mediamente, il rapportodiventa di lungo periodo. Per rinsalda-re la relazione tra agente e azienda poi,al di là del fatto che diamo provvigioniinteressanti, ci sono anche altri ele-menti. Per esempio paghiamo per loroil 56% delle spese contributive perl’Inps, e quando hanno un’anzianità su-periore ai cinque anni addirittura il96%. In più, riconosciamo agli agenti dicommercio una copertura delle speseper eventuali incidenti automobilistici,spese dentistiche, malattia. Questi perchi fa questo mestiere sono supportifondamentali, e non è scontato che sitrovino altrove.

    Per non parlare delfatto che vendere Fol-

    letto signif ica far partedi una rete di vendita con

    tutti i crismi, e rappresentareun prodotto che tende a vincere.

    La cosa migliore per descrivere lanostra rete sono i numeri: in Italia ab-biamo 60 uffici commerciali e 380 cen-tri assistenza. Un’altra cosa che rendepiuttosto bene l’idea è il dato di pene-trazione del mercato: una famiglia sutre ha il nostro prodotto in casa. Parlia-mo di chi utilizza questo tipo di elettro-domestico, ma ormai il 90% delle fami-glie italiane possiede un aspirapolvere,perciò il calcolo va fatto sulla quasi to-talità della popolazione.

    Quanto alla retribuzione, si guadagnasolo con le provvigioni o c’è un f isso?Il guadagno è esclusivamente provvi-gionale, con delle scale premio trime-strali che possono aumentare i guada-gni in conseguenza del raggiungimentodi target specifici. Le percentuali varia-no: se si vende a rate c’è una provvigio-ne, se si vende in contanti ce n’è un’altra.E qualche prodotto ha percentuali di-verse rispetto agli altri. Il range comun-que va dal 17 al 24 per cento. Dipendedal prodotto e dalla tipologia di paga-mento. Poi possono esservi altri incen-tivi, come per esempio viaggi.

    Voi siete proprio identif icati in modo as-soluto con il porta a porta, che è dichiara-tamente il vostro approccio, il vostro si-stema di vendita. Lei in materia haun’esperienza diretta?Ho iniziato suonando i campanelli.

    AZIENDA E PRODOTTO, NEL NOSTROPAESE DA 75 ANNI, COSTITUISCONOPER MERITI CONQUISTATI SUL CAM-PO IL SIMBOLO DELLA VENDITA DI-RETTA: QUELLA DI UNO DEGLI ASPIRA-POLVERE PIÙ FAMOSI DEL MONDO. NEPARLIAMO CON PATRIZIO BARSOTTI,PRESIDENTE PER L’ITALIA DI VOR-WERK FOLLETTO

    Il pulito, porta a porta

  • 18 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE 1919ANNO IV / SETTEMBRE 2013

    E perciò potrà darci un parere che ha va-lenza duplice. Oggi per lo più si guarda alporta a porta come a una modalità che haconosciuto tempi migliori, che per certiversi sembra appartenere al passato. Oraci sono mille timori, la società che è cam-biata, siamo forse più chiusi. Per non par-lare di internet. Per tutti questi motivi èmolto interessante capire che cos’è nel2013 il porta a porta. Quali diff icoltàpresenta, e però anche quali possibilità.Non c’è dubbio che con il grande ruoloacquisito dalla tecnologia, il mondo simuova in modo molto più veloce. Oggiaziende che si prendono venti anni ditempo per crescere non ce ne sono. Esi-stono canali che nella stagione in cui siè sviluppato il porta a porta assoluta-mente non c’erano: internet ma anche icentri commerciali, che oggi sono unarealtà in cui si incontrano tantissimiconsumatori. Una volta, oltre alla ven-dita tradizionale nei negozi, il porta aporta era forse l’unico canale persegui-bile, e quindi lo si utilizzava per stimo-lare il mercato.

    Però poi in molti lo hanno abbandonato,e a parte alcuni ‘ritorni’ eccellenti, daparte di grandi compagnie del settoreenergetico, a praticarlo ci siete soltantovoi, che siete ‘storici’.Perché fare il porta a porta è difficile.Suonare il campanello è difficile, ovvia-mente a livello emotivo. Molti vivonoquesto scoglio, questa sorta di ‘paura dacampanello’. Temono di andare a scoc-ciare. Invece la vendita, tutta la vendita,passa per il “no”. La vendita e i vendito-ri esistono perché esiste il potenziale“no” di un mercato, altrimenti non ser-virebbero. Il porta a porta, insomma, è

    complesso da fare e da gestire, ma noi lomanteniamo perché abbiamo le compe-tenze, la storia, la struttura e le capacitàmanageriali per poterlo fare. Parlo diuna struttura radicata sul campo, svi-luppata da un capogruppo, un capodi-stretto, un capozona, che esiste per far sìche le persone facciano la professione esuonino al campanello. Questa si sta ri-velando una scelta vincente, perché co-me azienda in questi quattro o cinqueanni non abbiamo avuto flessioni.Nemmeno grandi exploit, perché la si-tuazione è quella che è. Però siamo an-che riusciti a crescere un po’, che di que-sti tempi equivale a vincere alla lotteria.

    Effettivamente non siamo di fronte a be-ni di primissima necessità, quindi in unasituazione di crisi sarebbe anche lecitoattendersi una flessione.Non ne siamo certo immuni. Però riu-sciamo a resistere in questo modo pro-prio perché facciamo la vendita diretta.Noi dobbiamo stimolare il mercato,anche perché abbiamo concorrenza, equesto cambia le cose. Il Bimby, peresempio, vive una realtà diversa, da pro-dotto unico: se lei vuole un robot dacucina veramente fatto bene, è quello.Di aspirapolvere invece ce ne sono tan-ti. E viviamo proprio grazie al fatto chesuoniamo il campanello. Noi stimolia-mo il mercato. È chiaro che se ieri perfare una vendita bastava girare tre case,fare tre dimostrazioni, oggi ne dovremofare quattro. Il mercato si è irrigidito, lagente spende meno. Lo vediamo anchedalla corposità degli ordini: Folletto èun sistema, noi vendiamo anche moltiaccessori. E se ieri un ordine ammon-tava, per dire, a 2.000 euro, oggi è ma-

    gari più facile trovarne da 1.500 o1.400. Si spende meno ed è, in genera-le, più dura. Però lavorando un po’ dipiù si riesce a sopperire e a portare acasa comunque dei guadagni che pos-sono essere significativi.

    Avete lo stesso successo su tutto il territo-rio nazionale o ci sono delle differenze?Posso dire che ci sono agenti di succes-so in tutta Italia. Poi esistono delle re-gioni in cui facciamo un fatturato mag-giore, ma ciò è dovuto al fatto che lì ab-biamo più venditori. Le faccio l’esem-pio della Campania, dove ci sono mol-te più persone di quante ne troviamo inLombardia.

    Lei interpreta questa differenza come unmaggior bisogno di lavoro che caratte-rizza alcune zone?Basta guardare l’Italia. Già lavoro ce n’èpoco, poi più si va giù e più manca. Ilporta a porta, come dicevamo poco fa,non è facile, perciò molti hanno un po’di resistenza a fare questo tipo di lavo-ro. Prima magari cercano altro, e nontrovandolo vengono da noi. Forse in unposto come Milano, per fare un esem-pio, ci sono più opportunità.

    Dal punto di vista delle stagionalità c’èun momento in cui andate più forte?Le rispondo come venditore. Non c’èun mese migliore, c’è il mese che io de-cido che sia migliore. Detto questo, nelcorso del tempo ci sono stati dei cam-

    biamenti sostanziali, anche un po’ in ba-se alla cultura dei consumatori. Fino avent’anni fa il mese di agosto andavamotutti in ferie. Oggi agosto e settembresono i mesi migliori. E chiaro che in unperiodo del genere, invece di andare acercare il cliente nel centro di Roma an-drò a Ostia. Oppure, invece di andare aMilano andrò ai laghi, o in montagna.A noi, per dirla com’è, servono case conla gente dentro. Altre impennate posso-no poi verificarsi quando l’azienda met-te incettivi particolari, perché la vendi-ta, se la spingi di più offrendo opportu-nità maggiori di guadagno, è chiaro cherende di più.

    Può capitare che l’impulso alla venditaarrivi da iniziative di comunicazione,pubblicità e cose di questo genere?Per vari decenni noi non abbiamo fattoalcuna pubblicità, perché l’idea è semprestata che la nostra pubblicità ce la fannole persone. Dal 2007 invece abbiamodato vita ad alcune iniziative di comuni-cazione e ufficio stampa, finalizzate albrand e a valorizzare la professione delvenditore porta a porta, anche conl’obiettivo di far venir meno certi pregiu-dizi. Dall’anno scorso siamo diventatisponsor del Parma Calcio, proprio per-ché vogliamo far conoscere l’azienda.Tutti conoscono il Folletto, ma pochiconoscevano l’entità dell’azienda. Moltipensano che fatturi dai 10 ai 70 milionidi euro, invece ne fattura quasi 500.

    Niente pubblicità di prodotto quindi?In realtà, di recente abbiamo ampliatola gamma dei prodotti, sostanzialmenteintroducendo il robot e l’aspirabriciole,che hanno un target diverso e che non

    consideriamo facilmente collocabilinell’ambito della vendita diretta. O me-glio: costituiscono comunque un’oppor-tunità in più per i nostri agenti, peròutilizziamo anche altri canali in cui cipare che la pubblicità possa aiutarci, el’abbiamo fatta. Per quanto invece ri-guarda il nostro prodotto simbolo, lapubblicità la fanno gli agenti con le di-mostrazioni. È affidata alla fiducia e auna modalità di vendita che funziona eche ci continua a distinguere.

    Quante donne ci sono nella vostra rete divendita? Fino a vent’anni fa non c’erano donne.Oggi sono il 30%. E molte di loro sonobrave. Lo scorso anno una donna è sta-ta la miglior venditrice d’Italia.

    C’è qualche caratteristica di genere checontraddistingue le donne nel mondodella vendita? Oppure, per metterla inaltri termini, chi vende meglio?Non c’è una differenza specifica: si trat-ta di avere voglia e capacità di mettersiin gioco, di cambiare un po’. E tanta vo-glia di arrivare. A partire da questi pre-supposti, il venditore lo possono faretutti. Bisogna essere un po’ ambi-ziosi, avere voglia di emergere.Uomini e donne hanno en-trambi pregi e difetti,ognuno si gioca le suecarte. La differenza lafa ciò che hannodentro. Però c’èanche da direche per ledonne an-cora oggiarriva-

    re a grandi livelli è un po’ più difficile,perché spesso non dedicano al lavoromoltissimo tempo per una quantità diimpegni, soprattutto familiari, che ca-ratterizzano il loro quotidiano.

    La presenza di persone straniere è altanella vostra forza vendita? Non particolarmente, ma per il sempli-ce fatto che per stare con noi occorreche tutto quanto sia in regola. Per cia-scun venditore che entra a far parte del-la nostra rete di vendita noi mandiamotutti gli estremi alla Questura di Mila-no, da cui riceviamo un nulla osta. Co-munque sono in aumento di anno inanno. Più cresce l’integrazione, più cene sono tra le nostre fila.

    Una domanda al presidente, ma anche achi ha cominciato suonando i campanelli:che caratteristiche ci vogliono per essereun buon venditore?

    Venditori non si nasce, sidiventa, anche se magarinon è sempre facile. Ci vo-gliono delle caratteristiche

    relazionali. Non farsi proble-mi a parlare, a comunicare, a

    relazionarsi, è già una buona ba-se di partenza per poter diventa-re un venditore. In primo luogo,insomma, ci vuole un’attitudinealla relazione con l’altro. Alcunitimidi, comunque, sono diventa-ti degli ottimi venditori. È unascuola, e in qualche caso si imparaa vivere, non soltanto a vendere.

    La vita è comunicazione, e per vende-re bisogna comunicare. Vendendo siimpara a farlo, e di conseguenza anche,per certi versi, a stare al mondo.

    CASE HISTORY

    Il pulito, porta a porta

  • 20 FONDAZIONE ENASARCO MAGAZINE

    PIANETA AGENTI

    Il mondo delle vendite si tinge di ro-sa. È ormai da tempo che le donne sisono fatte strada in questa professio-ne, a lungo ritenuta appannaggio quasiesclusivo dei colleghi maschi. Oggi illoro numero è in continuo aumento, esi delineano i tratti di una nuova figuraprofessionale che si afferma, accantoagli uomini, rivendicando con forza ilproprio ruolo, e con esso tutti i pregi ele virtù dell’essere donna. Ne avevamogià parlato, su queste pagine, alcuninumeri fa; stavolta abbiamo chie-sto ad alcune agenti di commer-cio di raccontarci in prima per-sona la loro esperienza. “Se mi sono mai sentita

    rie. Alcuni settori, come quelloin cui ho operato io, permetto-no di fare molte cose al telefonoo tramite computer: in questomodo si possono gestire meglioanche altri impegni ed evitaretanti spostamenti, cosa non dapoco se si lavora in città grandie difficili come Roma”. Permolte donne, infatti, la flessibi-lità rappresenta una delle princi-pali attrattive della professione,proprio perché permette di deci-dere quanto tempo dedicare al la-voro in base alle proprie necessità,ricavando nei limiti del possibile unospazio per la famiglia. La gestione au-tonoma del tempo e degli impegni dauna parte, e la discontinuità dei guada-gni dall’altra, rappresentano però duefacce di una stessa medaglia. Senzacontare che, purtroppo, le aspettative diconciliazione di lavoro e vita privataspesso non trovano conferma nella re-altà dei fatti, specie quando il ritmoserrato con cui si svolge il lavoro divendita non consente una facile gestio-ne del tempo libero. Proprio per que-sto, capacità organizzativa e mente pre-parata sono alcune delle qualità im-mancabili in un agente di commercio.Ne abbiamo parlato con Tiziana Pizzi-co, che svolge da diversi anni la sua at-tività di vendita nel settore farmaceuti-co. “Non sono fatta per restare sedutadietro una scrivania. Ho scelto questaprofessione perché il lavoro indipen-dente mi consente di gestire come me-glio credo il mio tempo, anche se spes-so non è affatto facile. Il nostro è unmestiere che a volte ti assorbe total-mente, e sebbene non abbia dei figli ho

    dovuto imparare con gli anni a gestire imiei impegni in modo da non sacrifi-care la mia vita privata. Le maggioridifficoltà si incontrano all’inizio, quan-do non conosci bene il settore e non hail’esperienza che gioca a tuo favore nelrapporto con il cliente: spesso ti ritrovia subire molte umiliazioni, ma è anchegrazie a queste prime esperienze nega-tive che acquisti sicurezza e impari qualè il modo giusto per trattare con chi haidavanti, guadagnando la sua fiducia. Inquesto lavoro, l’arma vincente sei tu”.Tenacia e forza di volontà sono ancorauna volta le parole d’ordine: “Bisognaavere carattere per tenere duro anchenei momenti più difficili, perché puòcapitare che a un periodo di buoni gua-dagni ne segua uno di magra. Precisio-ne e perseveranza sono alcune dellequalità che ci contraddistinguono inquanto donne, e questo ci aiuta moltonei momenti critici, oltre a essere par-

    in difficoltà in quanto donna? Avendolavorato in un ambito tradizionalmen-te riservato agli uomini, all’inizio non èstato facile”. Così esordisce PaolaMancini, ora in pensione ma un tempoimpegnata nel settore dei materiali perl’edilizia e l’arredo: “I miei referentierano sempre uomini, sia tra le ditteche si occupavano dell’approvvigiona-mento dei materiali sia, soprattutto, trai clienti. Proprio questi ultimi rappre-sentavano la parte più difficile del miolavoro: mentre non ho mai avuto diffi-coltà con i grandi istituti come banchee associazioni che ci contattavano perlavori di ammodernamento, i problemisorgevano nei cantieri, dove la presen-za delle donne era praticamente inesi-stente. L’impatto iniziale da parte delcliente era caratterizzato da un atteg-giamento riassumibile nella frase ‘che

    ne sai tu di queste cose?’. La miafortuna è stata di lavorare conun socio, per cui alla fine cisiamo naturalmente divisi icompiti in modo tale chelui andava in cantiere perproporre il prodotto, e io mioccupavo della parte am-

    ministrativa, parlandodirettamente con ilcliente di questionicome fatture e tempidi pagamento... inquesto caso esseredonna ha decisa-mente giocato a

    mio favore”. Avere a che fare con persone abituate atrattare con venditori maschi, diffiden-ti nei confronti della componente fem-minile della categoria, è un ostacolo incui si sono imbattute anche molte altredonne come Paola. Certo è che ognisettore fa storia a sé, e che questa è so-lo una delle problematiche cui può an-dare incontro il mondo delle vendite ‘inrosa’. Perché quando si parla di occupa-zione femminile, spesso ci si riferisce aun contesto di svalutazione e difficoltàgenerale che non risparmia la vita pri-vata, soprattutto se pensiamo a quelledonne costantemente impegnate nel-l’impresa, a volte titanica, di conciliarelavoro e famiglia, due aspetti della lorovita che spesso sembrano correre su bi-nari paralleli senza riuscire a incontrar-si mai. “Ho iniziato la mia attività divenditrice nel 1990. Ero già adulta econ i figli grandi, per cui a differenza diquanto accade a molte altre colleghenon ho avuto problemi nell’assicurareuna presenza continua sul lavoro” pro-segue Paola. “Non è vero che il mondodelle vendite è chiuso alle donne. Spa-zio per loro c’è, e molto anche, ma il ri-sultato dipende in larga parte dalla ca-pacità di ognuna di organizzare il pro-prio tempo e fare delle scelte. Avere deifigli può rappresentare un momentomolto delicato e ancora scarsamentetutelato nella carriera lavorativa, matalvolta si fanno delle esagerazioni:lunghe assenze per maternità, seguite

    da orario ridotto e permessi,spesso non sarebbero necessa-

    Io, agentessa

    TRE DONNE DI ETÀ DIFFERENTI RAC-CONTANO PREGI E DIFETTI DEL LAVO-RO DI AGENTE DI COMMERCIO VISSU-TO ‘AL FEMMINILE’. UN VIAGGIO, AN-CHE NEL TEMPO, ALLA SCOPERTA DIUN MODO DIVERSO DI VIVERE UNAPROFESSIONE, DI CUI MOLTE APPREZ-ZANO FLESSIBILITÀ E CAPACITÀ DI AU-TO-ORGANIZZARSI

    ticolarmente ap-prezzato dalle personecon cui hai a che fare.Devo dire che nel miosettore non sono maistata vittima di discrimi-nazione di genere: alcliente non importa se seiuomo o donna, conta piut-

    tosto il tuo modo di porti ela conoscenza che hai del pro-

    dotto. Purtroppo quello che man-ca sono le tutele e le agevolazioni perquanto riguarda pensioni e maternità,qui c’è ancora molta strada da fare”. Ilproblema della conciliazione tra lavoro,famiglia e tempo libero resta quindiparticolarmente sentito da chi esercitaquesta professione, ma soprattutto dal-le donne, e può essere un ostacolo in-sormontabile se non si è supportati an-che all’interno dell’ambiente di lavoro:“Il gioco di squadra è molto importan-te, perché ognuno può dare il propriocontributo negli aspetti che gli sonopiù congeniali. Avere dei colleghi che tisostengono è fondamentale anche perle madri di famiglia che possono avereparticolari esigenze di orario: in un set-tore come quello farmaceutico, dove èimportante che l’agente sia presente dipersona per seguire ogni aspetto delrapporto con il cliente, è difficile pen-sare di poter lavorare da casa o trattaregli ordini per telefono. L’unica cosa chepuoi fare è cercare di concentrare gli

    2121ANNO IV / SETTEMBRE 2013

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    PIANETA AGENTI

    appuntamenti in una stessa zona, ma èmolto complicato programmare tantevisite in un giorno, soprattutto quandoci si occupa di un’area vasta come quel-la che tratto io, dal centro storico diRoma fino a Nettuno! Per non parlaredel fatto che bisogna avallare le richie-ste del cliente e soddisfare le sue neces-sità, e questo può voler dire anche cam-biare continuamente gli orari degli ap-puntamenti, rendendo inutile ogni ten-tativo di pianificazione”. Nonostante queste difficoltà, la profes-sione dell’agente di commercio conti-nua a esercitare una grande attrattivasulle nuove generazioni, interessate so-prattutto alla possibilità di guadagnograzie alle provvigioni. Oltre tre milio-ni: è questa la cifra che, secondo l’Istat,individua il numero dei giovani disoc-cupati vittime della crisi economica,purtroppo in continua ascesa. In unmomento in cui il posto fisso assume itratti dell’utopia, il lavoro indipendentepuò rappresentare per molti un’alterna-tiva su cui puntare. “Mi sono avvicina-ta a questa professione quasi per caso,sfogliando gli annunci di lavoro. Nonavrei mai pensato di diventare un gior-no agente di commercio, ma spinta daaltri amici che lavorano nel campo hodeciso di lanciarmi in questa nuova av-ventura”. Eleonora, giovane venditriceimpegnata da qualche anno nel settoreimmobiliare, racconta così la sua espe-rienza: “Mi piace lavorare a contattocon le persone, e questa predisposizio-ne mi è senz’altro stata d’aiuto nei pri-mi tempi. Purtroppo la situazione delmercato non è facile, anche le venditehanno risentito della crisi e tutto que-sto ha contribuito a rendere particolar-

    Io, agentessa

    Il mondo sta cambiando. Sembra unamassima da bar, una di quelle frasitipiche del senso comune tanto ge-nericamente diffuse quanto noiosa-mente tautologiche. E invece, a guar-darsi bene attorno, sfogliando anchepigramente le pagine di un quotidiano,o le schermate di un blog, pare proprioche la società stia subendo una trasfor-mazione radicale a ogni livello. Parole un tempo infrequenti come ‘ri-qualificazione’ e downshift stanno co-minciando ad affiancarsi sempre piùspesso, nei nostri discorsi ma soprattut-to nei progetti di chi si adopera per ri-pensare il mondo, ad altri termini piùconsueti ma di contenuto contestual-mente affine, come decentramento edecrescita. Nell’ottica del recupero degli spazi na-turali del vivere collettivo, nella rinno-vata valorizzazione della ‘distensione’,oltre che (semplicemente) di un più at-tento occhio verso la salute globale del-l’ecosistema urbano, uno dei cardinidella grande maggioranza dei pro-grammi amministrativi (di qualunquecolore politico) è invariabilmentequello della riduzione del

    traffico cittadino a favore della circola-zione pedonale. Le solide ragioni dietro alla diffusionedelle politiche di riconquista di vie epiazze al passeggio sono molteplici, daltentativo di favorire il turismo alla vo-lontà di spronare l’aggregazione, dallasalvaguardia del patrimonio architetto-nico e monumentale alla riduzione del-l’inquinamento da polveri sottili.Eppure, l’impatto presso l’opinionepubblica delle operazioni di chiusura altraffico – peraltro molto diverse tra lo-ro, visti i vari livelli di limitazione checaratterizzano aree differenti – non èsempre positivo. A scatenare i dibattitipiù accesi, di solito, sono le ricadute,stimate o effettive, sul commercio. In linea di massima, a guardare le stril-late prime pagine dei quotidiani locali,il botta e risposta pare sempre lo stesso:una giunta comunale propone la tra-sformazione di un’area viaria in zonapedonale e gli esercenti – leggiamospesso – “insorgono” in un “coro di no”.Esattamente come pare sia accadutonei primi giorni d’estate a Roma, ove ilneosindaco Marino ha inaugurato ilsuo quinquennio di reggenza con unprovvedimento chiaro e a suo modo ri-voluzionario: pedonalizzare via dei Fo-ri Imperiali, modificando al contempo isensi di marcia delle strade attigue. Va da sé che i dubbi, legittimi, degliesercenti, non si sono fatti attendere. Ilproblema, però, è decisamente piùcomplesso di quanto si possa evinceredalle letture più superficiali, imperniate

    su una prospettiva che fa del perennedissidio tra cittadino e amministratorela propria stella polare. Di certo, alla radice delle incertezze, re-se più plumbee da una crisi economicache non accenna a diradarsi, c’è un da-to inequivocabile: modificare in modosostanziale la viabilità di un’area citta-dina significa mutarne profondamentela natura. Cambiano i ritmi orari, cam-bia la tipologia di persone in transito, leattività caratteristiche (e sul medio-lungo termine, anche il residente me-dio): zone semiperiferiche possono tra-sformarsi in centri di aggregazionenotturna, così come arterie di passaggiolavorativo svuotarsi completamente ecostellarsi di bar. Insomma, si imponeuna trasformazione ‘coatta’ cui non èsempre semplice, per un negozio sortoe divenuto florido sulla scorta di varia-bili ben precise, adattarsi. Come rac-conta Carla, titolare di una profumerianel Rione Monti, a ridosso della via diprossima pedonalizzazione: “Noi lavo-riamo da decenni sulla stessa clientelafidelizzata, perché un negozio comequesto non si può rivolgere al turistamedio”. Motivo? “A meno che non sitratti di souvenir, sono pochi quelli chehanno voglia di continuare il loro giroper la città portandosi dietro borse epacchi – prosegue abbattuta la com-merciante – e questo significa che ilprovvedimento di Marino finirà persoffocarci definitivamente”. Al di là del pessimismo assoluto che è,come detto, probabile frutto della con-giuntura economica, queste parole in-troducono un concetto cruciale: perparlare della relazione tra commercio epedonalizzazione è strettamente neces-

    Walk this way

    E SE ANDARE A PIEDI NON IMPEDISSEAL COMMERCIO DI CORRERE? SONOORMAI QUASI CENTO I CAPOLUOGHIDI PROVINCIA ITALIANI DOTATI DIAREE PEDONALI, E SEMPRE PIÙ LOCA-LITÀ NE SEGUONO L’ESEMPIO. MA SEI RISULTATI ECOLOGICI SONO FUORIDISCUSSIONE, L’IMPATTO ECONOMI-CO SUI NEGOZI INTERESSATI È SPES-SO OGGETTO DI ASPRE DIATRIBE. TRALE POSSIBILI SOLUZIONI, SPUNTA LOSHOPTAINMENT

    mente difficile l’impatto con il mionuovo lavoro. Devo dire di non essermimai sentita discriminata in quantodonna, anche se quello dell’immobilia-re è un mondo prevalentemente ma-schile. La nostra furbizia negli affaricertamente gioca a favore, e una voltaacquisite le competenze più stretta-mente tecniche relative alla professio-ne, non abbiamo niente da invidiare aicolleghi maschi. Il vero problema è co-stituito dall’età: essere giovani vienetroppo spesso percepito come sinoni-mo di inesperienza e, di conseguenza,scarsa bravura. Sta a noi dimostrare alcliente (e ai colleghi) che questi pregiu-dizi sono privi di fondamento”. Così, mentre la generalizzata difficoltàdi accesso al mondo del lavoro e le ri-strettezze imposte dalla crisi economi-ca possono influire in maniera negativasull’esperienza delle giovani donne chesi affacciano alla professione, ladiscriminazione di generenon sembra più essere unproblema diffuso. Nono-stante i numeri della di-soccupazione femminilerestino alti anche rispettoa una media che è allar-mante di suo, alcunipassi avanti sonostati fatti, e la te-nacia delle donne èstata in molti casipremiata. Ma nonabbastanza. An-cora oggi, le don-ne che decidonodi intraprendereuna carriera sivedono spesso

    costrette a scegliere tra il lavoro e i figli,e non sono rari i casi in cui i problemiiniziano all’interno del nucleo familia-re stesso, quando il marito entra in cri-si perché è la moglie a portare a casa lostipendio più alto. Insomma, dopo averraggiunto l’incontestabile diritto a rea-lizzarsi professionalmente, c’è di fattoancora qualche ostacolo da rimuovere.Nel frattempo, e forse proprio per le suecaratteristiche di flessibilità e auto-orga-nizzazione, le donne guadagnano sia pu-re lentamente posizioni nel mondo dellevendite, conquistandosi qui, cliente dopocliente, una fetta non trascurabile delproprio futuro.

    2323ANNO IV / SETTEMBRE 2013

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    sario introdurre unacomplessa serie di di-stinzioni al di là di quel-la, classica, tra i settori

    merceologici. Senza contare chenelle analisi del problema, spesso, vienetrascurato un dato importante e diffi-cilmente quantificabile in termini nu-merici, ovvero la qualità della vita delcommerciante stesso, su cui la pedona-lizzazione ha effetti spesso di segnoopposto: da un lato il minor caos e lasalubrità dell’aria, dall’altro, come ri-marca Daniela, titolare di una piccolaboutique romana, “Un sacco di proble-mi in più per raggiungere il posto di la-voro, specie per chi vive abbastanza vi-cino da aver organizzato la propria vitasecondo ritmi ormai collaudati, ma suf-ficientemente lontano da non poter ar-rivare in negozio a piedi”. Conclusione:“Senza macchina, e magari coi mezzi asinghiozzo tipici della grande città, gliorari si trasformeranno in un calvario”,sbotta la commerciante.Ma si parlava di distinzioni. In primoluogo una grande differenza la fa, ap-punto, la natura della località in que-stione: le città di maggior appeal turi-stico ‘reagiscono’ in modo ben diversorispetto alle altre.

    Le zone centrali, infat-ti – ovvero quelle maggiormente inve-stite dai provvedimenti di limitazionedel traffico – sono già dominio di unafrequentazione poco avvezza a spostar-si in automobile, e generalmente vanta-no una suddivisione degli esercizi com-merciali chiaramente sbilanciata a fa-vore dei settori di ristorazione, prodot-ti tipici e souvenir. Più pedoni, in questi casi, significa piùopportunità di vendita, come sottolineacon soddisfazione Fabrizio, romano, af-faccendato nel suo pub dalle parti delColosseo: “Sfido chiunque a lamentar-si: qui ci sono praticamente solo turisti.Più rendiamo queste vie attraenti e pia-cevoli, più tempo ci passano. E gli affa-ri non potranno che risentirne positi-vamente”. “Le macchine sono un de-terrente, molto meglio noleggiare unabicicletta”, gli fa eco Marianna, nego-zio d’abbigliamento pochi passi più inlà. Il problema, semmai, in città comeRoma – o come Firenze, dove la pedo-nalizzazione di un segmento di ViaCavour aveva sollevato non poche cri-

    tiche – è fare “una pedonalizzazionevera”, chiosa Gabriele, titolare di unnegozio di stampa da più di quaran-t’anni affacciato su via del Corso, or-mai da molto tempo parzialmentechiusa al traffico. “Qui bisognava avereil coraggio di puntare sull’aggregazio-ne, sul passeggio, chiudendo totalmen-te l’accesso. Solo così si sarebbe otte-nuto quel ‘piacere’ in grado di spingerei clienti ad aumentare”, conclude conun filo di disillusione. Pedonalizzazio-ne sì, ma di qualità. Discorso, quello di Gabriele, che nonvale in maniera così stringente per lecittà universitarie, anch’esse punteggia-te da zone a elevato traffico pedonalevincolato, tuttavia, alla contiguità delleuniversità. Per il resto, anche in questocaso, come per le località turistiche, lelimitazioni sembrano avere una ricadu-ta positiva sul commercio, come testi-moniano l’area di San Lorenzo a Roma(la cui ZTL è tuttavia a fasce orarie) ole stime proposte lo scorso anno dal-l’assessore bolognese Nadia Monti, cheha rimarcato come nell’area universita-ria del capoluogo emiliano, pedonaliz-zata nel 2009, il numero di esercizicommerciali non sia diminuito, suben-do addirittura un incremento di quat-tro unità (da 55 a 59) a fronte di undrastico calo del traffico (ben 80% inmeno). Tornando alle distinzioni dafare, bisogna prendere atto che i rap-porti tra commercio e aree pedonalisembrano subire un’influenza di carat-tere generazionale: il feedback offertoda tutti gli esercenti interpellati nellazona dei Fori e del Rione Monti èpiuttosto chiaramente polarizzato subase anagrafica. Da un lato – e qui si

    Walk this way

    ritorna al suddetto problema della ge-stione del cambiamento – lo scettici-smo, quando non la plateale ostilità,degli over 50, dall’altro il sostanzialeottimismo (disincantato, va detto) deicommercianti più giovani: complici leradici meno spesse e un mercato del la-voro che sembra averli educati ‘volentio nolenti’ alla flessibilità, sono proprioloro a vedere più di buon occhio la rior-ganizzazione viaria, sulla scorta di unariflessione che è squisito patrimonio diquella che il premi