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60 L e emozioni sono reazioni affettive brevi ma inten- se che insorgono all’improvviso in risposta a de- gli stimoli esterni che, per un qualunque motivo, ci colpiscono. Le emozioni sono l’essenza della qualità e della varietà delle esperienze umane; senza la capacità di emozionarsi, la vita non avrebbe né colore, né significato. Le emozioni si formano at- traverso il vis- suto psicologi- co di ognuno di noi, perciò sono uniche, ma pa- radossalmente uguali per tutti. Sono «sentite» in modo sog- gettivo, ma di- chiarate attra- verso le stesse manifestazioni fisiche: espres- sioni del volto, rossore, sudora- zione, batticuo- re, coinvolgi- mento del siste- ma nervoso. Come una marea la musica sovente mi rapisce e inalbe- ro la vela sotto neb- biosa volta O nell’azzur- ro verso la mia pallida stella.Petto in avanti, come vela gonfio, scavalco Dei gran flutti accavallati le creste, che la notte mi nasconde. In me sento vibrare affetti opposti come una vela che patisce. Il vento che l’asseconda e i convulsi strappi della tempesta sull’immenso abisso mi cullano. Altre vol- te poi, bonaccia. Charles Baudelaire, «La musica», in I fiori del male Potrebbe sembrare scontato dire che la musica suscita emozioni, che l’ascolto di una melodia attiva in noi stati d’animo «particolari», che cantando, suonando o compo- nendo possiamo manifestare e comunicare anche i nostri sentimenti. Nessuno può dirsi totalmente indifferente ad almeno qualche tipo di musica. Pratiche musicali ed espe- rienze emotive sembrano quindi un binomio inscindibi- le. Se i fattori emotivi sono fondamentali per l’esistenza della musica, diventa allora necessario, sul piano della ri- cerca psicologica, domandarsi come la musica riesca a in- fluire sulle persone. Quali sono gli elementi della musica (melodia, ritmo, tempo, modo, struttura, ecc.) che deter- minano e suscitano in noi un «certo stato d’animo». Se- condo John A. Sloboda, psicologo cognitivista della mu- sica, «se una persona è coinvolta dalla musica che ascolta, se si commuove, se prova un’emozione, deve essere pas- sata attraverso quella fase cognitiva che implica la forma- zione di una rappresentazione interna astratta o simboli- ca di quella musica». La natura di tale rappresentazione interna, le emozio- ni che l’ascolto musicale consente di provare, sono tra i temi più complicati dello studio della psicologia perché rievocano stati d’animo ed esperienze che hanno con- tribuito alla formazione e allo sviluppo della personali- tà di ogni essere umano e perciò non si prestano alla ri- gidità di teorie precise, ma dipendono dalla soggettività dell’ascoltatore. Sono diversi gli aspetti della musica che ci portano a «sentire» un’emozione. Tra i fattori che giocano un ruo- lo significativo, la struttura del brano musicale occupa un posto di rilievo, esiste infatti una relazione tra l’intensità e la qualità delle emozioni provate e la struttura del bra- no. Questa relazione permette di spiegare come un pezzo che all’inizio dà una sensazione di calma, divenga in se- guito gioioso per concludersi poi magari con un tono ma- linconico. Anche il tempo sembra avere un ruolo privile- giato. Non a caso alcune delle indicazioni usate dai com- positori per segnalare a che tempo una determinata opera musicale debba essere eseguita, hanno una connotazione emotiva: allegro, vivace, lento, ecc. Fin dall’antichità ve- niva dato grande risalto al modo* in cui la musica doveva Emozioni e musica di Cecilia Dolcetti Cose di musica

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Le emozioni sono reazioni affettive brevi ma inten-se che insorgono all’improvviso in risposta a de-gli stimoli esterni che, per un qualunque motivo,

ci colpiscono.Le emozioni sono l’essenza della qualità e della varietà

delle esperienze umane; senza la capacità di emozionarsi, la vita non avrebbe né colore, né significato.

Le emozioni si formano at-traverso il vis-suto psicologi-co di ognuno di noi, perciò sono uniche, ma pa-radossalmente uguali per tutti. Sono «sentite» in modo sog-gettivo, ma di-chiarate attra-verso le stesse manifestazioni fisiche: espres-sioni del volto, rossore, sudora-zione, batticuo-re, coinvolgi-mento del siste-ma nervoso.

Come una marea la musica sovente mi rapisce e inalbe-ro la vela sotto neb-biosa volta

O nell’azzur -ro verso la mia pallida stella.Petto in avanti, come vela gonfio, scavalco

Dei gran flutti accavallati le creste, che la notte mi nasconde. In me sento vibrare

affetti opposti come una vela che patisce. Il vento che l’asseconda e i convulsi

strappi della tempesta sull’immenso abisso mi cullano. Altre vol-te poi, bonaccia.

Charles Baudelaire, «La musica», in I fiori del male

Potrebbe sembrare scontato dire che la musica suscita emozioni, che l’ascolto di una melodia attiva in noi stati d’animo «particolari», che cantando, suonando o compo-nendo possiamo manifestare e comunicare anche i nostri sentimenti. Nessuno può dirsi totalmente indifferente ad almeno qualche tipo di musica. Pratiche musicali ed espe-rienze emotive sembrano quindi un binomio inscindibi-le. Se i fattori emotivi sono fondamentali per l’esistenza della musica, diventa allora necessario, sul piano della ri-cerca psicologica, domandarsi come la musica riesca a in-fluire sulle persone. Quali sono gli elementi della musica (melodia, ritmo, tempo, modo, struttura, ecc.) che deter-

minano e suscitano in noi un «certo stato d’animo». Se-condo John A. Sloboda, psicologo cognitivista della mu-sica, «se una persona è coinvolta dalla musica che ascolta, se si commuove, se prova un’emozione, deve essere pas-sata attraverso quella fase cognitiva che implica la forma-zione di una rappresentazione interna astratta o simboli-ca di quella musica».

La natura di tale rappresentazione interna, le emozio-ni che l’ascolto musicale consente di provare, sono tra i temi più complicati dello studio della psicologia perché rievocano stati d’animo ed esperienze che hanno con-tribuito alla formazione e allo sviluppo della personali-tà di ogni essere umano e perciò non si prestano alla ri-gidità di teorie precise, ma dipendono dalla soggettività dell’ascoltatore.

Sono diversi gli aspetti della musica che ci portano a «sentire» un’emozione. Tra i fattori che giocano un ruo-lo significativo, la struttura del brano musicale occupa un posto di rilievo, esiste infatti una relazione tra l’intensità e la qualità delle emozioni provate e la struttura del bra-no. Questa relazione permette di spiegare come un pezzo che all’inizio dà una sensazione di calma, divenga in se-guito gioioso per concludersi poi magari con un tono ma-linconico. Anche il tempo sembra avere un ruolo privile-giato. Non a caso alcune delle indicazioni usate dai com-positori per segnalare a che tempo una determinata opera musicale debba essere eseguita, hanno una connotazione emotiva: allegro, vivace, lento, ecc. Fin dall’antichità ve-niva dato grande risalto al modo* in cui la musica doveva

Emozioni e musicadi Cecilia Dolcetti

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essere suonata. I greci utilizzavano infatti diversi modi e ognuno prendeva il nome e una connotazione ben defi-nita da un popolo che poteva rappresentarlo: lidio, dori-co, frigio ecc.

Altri elementi che contribuiscono al manifestarsi del-l’emozione sono: il timbro degli strumenti: acuto, medio, grave. Il ritmo: non a caso musiche troppo dissonanti o con ritmi irregolari, come è spesso il caso di certa musica contemporanea, hanno una connotazione acusticamen-te sgradevole.

Il piano temporale che rende la musica imprevedibile, in quanto non vi è modo di sapere, a un dato istante, quel-

lo che accadrà l’istante successivo. La curiosità, il deside-rio di scoprire ciò che non si conosce, ci portano ad avere delle attese e quindi a generare delle emozioni.

Finora si è cercato di analizzare le emozioni legate alla musica, indipendentemente dal vissuto dell’ascoltatore e dalla sua storia personale, ma le emozioni musicali, come accennato all’inizio, sono influenzate anche e soprattutto dalle nostre esperienze, dagli stati d’animo legati a deter-minati momenti della nostra vita. Una certa musica ci può ricordare una circostanza importante, come l’incontro o la perdita di una persona cara. Un’altra musica può essere legata a un evento significativo o essere stata, per un certo periodo, la nostra musica preferita, la «canzone del cuo-re», e riascoltarla ci fa riaffiorare ricordi ed emozioni di quel momento. Altre volte l’associazione musica-emozio-ne può essere dettata da un film, da una pièce teatrale che ci ha particolarmente colpito. Alcune musiche sono lega-te a ideali e utilizzate affinché si crei un legame emozio-nale forte tra chi ascolta e l’ideale stesso che si vuole met-tere in risalto: l’inno nazionale fa suscitare l’amor patrio, la musica di Wagner, durante la seconda guerra mondia-le, era utilizzata dal regime nazista per incutere terrore. I

tipici canti partigiani infondevano ardore e infervorava-no gli animi nelle imprese più disperate. I canti degli alpi-ni ci danno la misura della loro fatica, della lotta per la so-pravvivenza. I canti degli agricoltori, delle mondine da-vano sostegno e continuità al lavoro. Il tango argentino insieme all’ardore e alla passionalità trasmette melanco-nia. Il canto materno, le ninnananne, le filastrocche dan-no tranquillità e sicurezza al bambino. La musica sacra in-duce al raccoglimento e al misticismo. Questi e molti al-tri sono esempi del ruolo e dell’influenza che la musica ha sulle nostre emozioni e potremmo chiederci anche il per-ché di tale impatto reattivo. La psicologia non ha ancora

una risposta ben chiara a questa domanda. Sul piano teorico potremmo di-re che la grande forza emozio-nale della musi-ca sta nella sua quasi totale as-senza di signi-ficato denotiva-tivo. In altre pa-role, non vi è al-cuna relazione tra un brano musica-le e una realtà non musicale. La mu-sica, in questo senso, può esse-re rappresentata come «un con-tenitore» aperto alle nostre emo-zioni. Chi ascol-ta ha la possibi-lità di «riempi-re» questo con-tenitore-musica

con le sue emozioni del momento. «Mi mancano le parole», usiamo dire quando provia-

mo un’emozione profonda, quasi a dimostrare che gli sta-ti d’animo più intensi, le sensazioni più viscerali, le per-cepiamo ascoltando e non parlando. La musica, qualun-que essa sia, sa suscitare e comunicare le nostre emozioni quando raggiunge il cuore, e non è traducibile con le pa-role. Per questo aspetto, in qualche modo, può essere pa-ragonata a quella «comunicazione privilegiata», anch’es-sa non verbale, a quello stato di «beatitudine assoluta» do-ve le sensazioni si esprimevano attraverso un linguaggio gestuale dettato esclusivamente dalle emozioni provoca-te dal suono della voce materna .

* Per modo si intende l’insieme ordinato di intervalli musicali che defi-nisce i rapporti gerarchici tra i vari gradi della scala corrispondente. Nel-la musica occidentale si distinguono il Modo maggiore e quello minore. La scala modo maggiore ha due semitoni, la scala modo minore può es-sere di quattro specie: naturale, armonica, melodica o mista.

In questa pagina: Alberto Savinio (1891-1952) Il fiume, tempe-ra su masonite, 1950; nella pagina a fronte: Oggetti nella foresta, olio su tela, 1928.

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Marc Chagall (Vitebsk, 1887-Saint-Paul-de-Ven-ce, 1985) è l’artista che forse più di ogni altro ha rappresentato nelle sue opere l’aspetto visio-

nario, sacrale e profano della musica, fluido emozionale dell’inconscio ed espressione del-l’ immag inar io soggettivo e fan-tastico. «Ebreo errante» per tra-dizione e di fat-to, visse preva-lentemente tra la Russia e la Fran-cia, conservan-do sino alla fi-ne i suoni e i co-lori del suo pae-se d’origine, Vi-tebsk. Permeato inizialmente dal-l’esprit russe e dalle concezioni sim-boliste del Mondo dell’arte dei mae-stri pietrobur-ghesi – tra i qua-li Dobužinskij, Diaghilev e Stra-vinskij – passò attraverso il Fau-vismo e l’Espres-sionismo, il Cu-bismo e il Futu-rismo, il Surrea-lismo e le Avan-g ua rd ie r us -se, per citare so-lo alcuni dei mo-vimenti che lo influenzarono, sapendo alternativamen-te cogliere e rifiutare tutto ciò che lo interessava o che al contrario costituiva un tradimento della sua libertà in-teriore e un allontanamento da quella estetica persona-le connotata dalla dimensione lirico-fiabesca, per lo più giocosa e senza tempo, in lui prevalente. In A ma Femme (Parigi, Musée National d’Art Moderne), dove tutto ciò che è sogno e ricordo gioca un ruolo fondamentale, ci troviamo, infatti, di fronte a una straordinaria invenzio-ne poetica: una proiezione della mente e dell’anima, pro-babilmente scaturita dall’ascolto del Flauto magico di Mo-zart, liberamente trasfigurato in immagini e sensazioni della memoria, inerenti anche al vissuto di Chagall. Il di-pinto, dall’accentuato cromatismo, si divide in due par-

ti, ognuna delle quali pregna di significati simbolici. Sul-la destra, nuda e mollemente distesa su di un letto, come l’Olympia di Manet o le Veneri di Tiziano, c’è Bella Ro-senfeld, moglie del pittore: dietro di lei, una nuvola di fio-

ri lillà racchiusa in un vaso – il viola è il colore della tem-peranza – cerca la forma armonica del bosso sempervirens. Nella camera della donna entrano i tetti e le case di Vi-tebsk, il paese che ha visto nascere il loro amore. La sfe-ra materiale dei sensi è incarnata in alto dal capro – sim-bolo di libertà e trasgressione – il quale però, nel sorreg-gere una lampada sacra, viene a costituire un preludio sia allo stato del sogno a occhi aperti di Bella che al deside-rio di misticismo della medesima (non a caso il mantello bruno-grigio dell’animale trapassa nel blu chiaro, il colo-re dell’aspirazione spirituale). Si passa quindi alla parte si-nistra del quadro, ovvero alla raffigurazione della visione onirica in atto, in cui personaggi e oggetti fluttuano nel-l’aria notturna e lunare, sulla scia della singspiel mozartia-

Melodie stridenti e struggentitra cielo e terraSul dipinto «A ma femme» di Marc Chagall

di Luisa Turchi

Marc Chagall e Bella Rosenfeld

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na, evocata dalle note di Tamino, il personaggio intento a suonare il flauto magico, seguito dalla regina della notte Astrifiammante con il suo corteo di dame. Questi perso-naggi artefatti non sono che ombre rispetto alla coppia di sposi, ben evidenziata, che rappresenta Chagall stesso in-sieme alla moglie, vestita di bianco. Il violinista che suona appena sopra le loro teste, adombra non solo l’ispirazione artistica tout court ma ricorda anche un musicista apparte-nente alla famiglia del pittore, come lo zio Neuch. La pas-sione dell’artista per Bella si respira nel rosso usato a pro-fusione nel quadro, un colore che assume una accezione meno positiva o vitale nella figura più cupa dell’angelo ca-duto, dalle grandi ali rivolte verso la terra e il cielo, i pie-di legati, a rappresentare la prigionia dei vizi. Il pesce più

in basso – simbolo fallico – ha con sé un ombrello: idea-zione, quest’ultima, dal sapore boschiano e surrealista. Il vicino animale, simile a un agnello, può avere invece un significato ambivalente, incarnando sia le pulsioni auto-distruttive dell’istinto che gli impulsi oblativi, o le inten-zioni. Il biancore della luna richiama la purezza del velo da sposa e del violino proteso verso l’angelo, che è stato fornito da mani divine, come ancora di salvezza e tramite verso «i piani alti» dai quali giunge l’eco della musica ce-lestiale, ritenuta stridente dagli animali, che non la posso-no comprendere nella sua intima essenza. La ritualità del-la spiritualità hassidica, sentita come propria dall’artista, che non seguiva il giudaismo ufficiale, deriva da una esal-tazione della quotidianità nella quale il divino è onnipre-

sente, ed è qui scandita dalla pendola dell’orologio. Essa segna sull’uno, simbolo dell’essere umano e del principio attivo nonché indice del processo d’individuazione, inte-so come capacità di armonizzare le facce contradditto-rie della psiche e quindi come aspirazione verso un nuo-vo indirizzo di vita, che avrebbe inizio con il matrimonio. Il blu profondo della notte è dominante e denota lo stato irreale del sogno; l’albero, che presiede alla fertilità, met-te in comunicazione i tre livelli del creato, ovvero il sot-terraneo, tramite le radici, il terrestre, attraverso il tronco e i rami, e il celeste, per mezzo della cima che si protende verso il cielo. Potrebbe inoltre indicare anche le due va-lenze femminili e maschili che coabitano nella psiche, ov-vero l’anima nell’uomo e l’animus nella donna1. Ci troviamo

di fronte, quindi, a un’opera che, obbedendo a criteri re-lativi allo stile pittorico chagalliano, assume la stessa va-lenza di un viaggio onirico e musicale: un omaggio a co-lei che Chagall aveva sposato nella sua Vitebsk, nel 1915, e che aveva tradotto per lui nel 1928 Ma Vie2, libro delle memorie dell’artista.

1 I simboli del sogno di Serena Foglia, Roma, 1998.

2 Ma Vie, Parigi, 1931.

Sopra: Marc Chagall, A ma Femme.

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