Emozioni e Affetti - Cesarina Lobello 18.04.11
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Chieti, 18 aprile 2011
EMOZIONI ed AFFETTI
(d.ssa Cesarina Lobello)
Le Slide indicate nel testo si trovano da pagina 10 in poi.
Se vi chiedessi cos’è l’emozione immagino che qualche esempio ognuno di voi
potrebbe farlo correttamente “…si è emozionati ad un esame.. quando si è innamorati
..spaventati..ect” esprimendo situazioni contrastanti . Se invece la domanda verte
sugli affetti generalmente c’è un orientamento a definire affetti dei sentimenti di
segno positivo, “buoni” in quanto l’affettività viene scambiata per una superficiale
affettuosità come la madre premurosa che dà carezze e baci al figlio.
Quello che intendiamo svolgere soprattutto sugli affetti è un discorso un po’ più
profondo e complesso che vedremo.
Ritorniamo alle emozioni e diamo una definizione tecnica: (dal latino e-movere =
smuovere) sono reazioni affettive intense, acute, di breve durata in risposta a stimoli
ambientali.
L’emozione comporta una risposta a livello fisiologico (neurovegetativo con
tachicardia e sudorazione), a livello espressivo corporeo (mimica e gestualità) , a
livello psichico (vissuti emotivi quali gioia, tristezza, sorpresa, paura, collera). Slide 1
Da notare lo stretto legame col corpo per cui si può parlare di una fusione fisico-
psichica.
Lo sviluppo delle emozioni nel bambino è infatti basata su questa fusione che in lui è
maggiore (è prassi quotidiana osservare che il bambino nelle fasi preverbali
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soprattutto si esprima con tutto il corpo ).
L’ emotività poi si sviluppa nel rapporto con l’ambiente umano e possono cominciare
i problemi per cui un ambiente non sano può invece ostacolare lo sviluppo emotivo.
A questo proposito vorrei fare un esempio di vita vissuta : all’uscita da scuola una
bimba offre al bimbo che le piace una caramella, la nonna del bimbo interviene
impedendo il movimento del nipotino facendo notare le mani “sporche” di colori
della bimba. Ora di per sé non sarebbe un grave episodio ma si può immaginare che
questa nonna non agisca solo una volta in questo modo.. immaginiamo cosa può
succedere se continuamente si blocca la spontaneità dei bambini a cui fino a 3
anni circa non si possono dare frustrazioni ma solo gratificazioni.
Danni addirittura più gravi riguardano il mondo degli affetti su cui mi soffermerò in
quanto sono situazioni che si affrontano direi sempre nel mio lavoro di psichiatra.
Intanto vorrei esprimere la mia perplessità quando sfogliando altri manuali di
Psicologia Generale (oltre quello consigliato al vostro corso che apprezzo ) ho notato
l’assenza dall’indice del capitolo sugli affetti pur essendoci quello sulle emozioni..
Mi è parsa una grave assenza in quanto il mondo affettivo di una persona è
fondamentale. L’affettività è la dimensione interna che dà “movimento” al pensiero,
al comportamento, alla percezione, alla memoria, ect.
Storicamente c’è stata una visione negativa degli affetti che opponendosi alla ragione
sarebbero stati fonte di confusione, offuscamento del pensiero ( dai filosofi Platone ,
Aristotele, al pensiero religioso che pone il male nelle passioni del corpo,
all’Illuminismo che vede nella ragione lucida l’unica strada per la realizzazione
dell’uomo libero , fino alla psicanalisi che vede negli affetti irrazionali definiti come
Es la parte da reprimere , in quanto bestialità insita nell’uomo) . Slide 2
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Io andrei a ritroso parlando prima dei disturbi dell’affettività per poi tentare di
dimostrare la necessità per un essere umano di una valida affettività.
Uno dei principali affetti è la rabbia che ha sempre un’ accezione negativa.
Prima vorrei distinguere una reazione affettiva non patologica che rientra nelle
emozioni che è l’arrabbiatura che scatta di fronte a situazioni ( anche materiali ) non
corrispondenti alla propria realtà interna ( dal banale caos del traffico cittadino alla
più grave “buca” ricevuta ad un appuntamento). Slide 3
Quando si passa alla rabbia che è sempre patologica bisogna dire che è un affetto che
segue un vissuto di delusione alla quale non è riusciti ad esprimere un rifiuto. La
conseguenza è l’alterarsi, il guastarsi dentro.
L’immagine della rabbia è la “bocca che morde”. Alla rabbia si accompagna spesso
l’affetto gemello che è l’odio che vedremo dopo. Slide 4
Prima di scandagliare la psiche umana come è mio compito vorrei citare un libro che
mi è stato consigliato “Io e te” di Niccolò Ammanniti scrittore contemporaneo,
autore del più noto “Io non ho paura” da cui è stato tratto l’omonimo film.
Nel breve romanzo viene descritto un passaggio fondamentale per un quattordicenne
problematico del quale viene fuori la rabbia nei confronti della madre nelle prime
pagine:
“La rabbia cominciava a salire. Ho preso a battermi i pugni sulle gambe…Avrei
potuto strappare lo specchietto retrovisore e romperci il vetro del finestrino. Sei tu
che mi tratti come un coglione..( sbotta contro la madre )”. Così racconta il difficile
rapporto con i coetanei “Se gli altri non mi lasciavano in pace , se mi stavano troppo
addosso , un fluido rosso mi saliva per le gambe, mi inondava lo stomaco e mi si
irradiava fino alle punte delle mani, allora chiudevo i pugni e reagivo”. Arrivato al
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liceo la situazione precipita “Mi hanno preso in giro per come mi vestivo, perché non
parlavo..imploravo i miei genitori di farmi cambiare scuola, una per disadattati o
sordomuti sarebbe stata perfetta. Trovavo ogni scusa per rimanere a casa. Non
studiavo più.” Ad un certo punto decide di mimetizzarsi vestendo come gli altri,
imitandone gli atteggiamenti ma in realtà restando sempre più isolato.
La rabbia sembra nel romanzo lasciare il posto all’ angoscia e poi ad una
“indifferenza” patologica verso gli altri che definiamo anaffettività. Al culmine il
ragazzo finge coi genitori una partenza in vacanza con amici con i quali in realtà non
ha alcun rapporto e si rinchiude nella cantina di famiglia con provviste e tutto
l’occorrente per trascorrere una settimana in autosufficienza non capendo bene lui
stesso il motivo di tutta la finzione. “Mi sono buttato sul letto.. con la sensazione che
qualcuno mi avesse scaricato addosso una tonnellata di calcinacci ..”. Nella cantina
poi si abitua all’isolamento finché viene a scombinargli tutto la sorellastra più grande
con la quale non ha quasi mai avuto rapporto (dati i cattivi rapporti familiari) e che
lo obbliga ad occuparsi di lei che va nella stessa cantina a smaltire una tremenda crisi
d’astinenza svelando la propria tossicodipendenza.
Nella cantina che appare come un luogo simbolico dopo le ostilità, le rabbie
reciproche il ragazzo apre gli occhi e accetta un rapporto con la realtà seppur
patologica della sorella e lo racconta così “dentro di me qualcosa si è spezzato. Il
gigante che mi teneva contro il suo petto di pietra mi aveva liberato.. e sono scoppiato
a piangere”.
Come vedete parlare di affetti non è e non può essere un discorso razionale e la realtà
psichica non può essere sezionata come si fa con i vetrini del cervello ad anatomia
per cui in questa storia non c’è solo rabbia ma si accenna anche all’anaffettività in cui
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scivolava il protagonista.
Adesso mi tocca fare qualche considerazione intanto sulla rabbia che trae origine da
un rapporto deludente. C’ è una teoria psichiatrica, cosiddetta “teoria della nascita”
di Massimo Fagioli, per cui il bambino appunto alla nascita ha il primo rapporto con
l’ambiente inanimato nei confronti del quale fa una reazione diciamo di rifiuto in
quanto gli appare aggressivo (immaginiamo il feto immerso nel calore e
nell’omeostasi del liquido amniotico che esce fuori al freddo , alla luce ,ai rumori
ect. e si difende facendo “sparire” questo ambiente). La reazione avviene per lo
stimolo della luce che attiva il cervello (la retina è sostanza cerebrale).
Ci guadagna che ricrea un’immagine interna propria con cui si rivolge al mondo
umano in particolare alla madre anche con la evidente ricerca del seno che lo farà
vivere.
Cosa succede a questo punto? Che di fronte si può trovare una madre presente ed
affettiva che risponde al desiderio del bambino oppure si trova una madre magari che
allatta fisicamente bene ma fredda o anche depressa che non sa rispondere alle
esigenze psichiche del bambino. Da qui parte una delusione psichica che ripetuta e
protratta potrà influenzare lo sviluppo affettivo del bambino ( le delusioni possono
arrivare anche dal padre ) e pur non essendo tavoletta di cera nei primi anni di vita
si affida però agli adulti significativi.
Quando avviene il rifiuto della situazione deludente non ci si ammala e non si perde
quella primitiva disposizione del bambino al rapporto interumano che anche da adulti
ci farà essere esseri sociali.
La situazione più grave è l’anaffettività cioè un’anestesia nei confronti della realtà
psichica propria e degli altri; ci sono vari livelli di gravità fino alla perdita totale del
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rapporto interumano che si ritrova in particolari casi di cronaca di omicidi freddi e
lucidi. Si diagnostica una grave anaffettività nella patologia schizofrenica (ricordo per
tutti il caso terribile della madre che mise la figlia in lavatrice perché indossava una
tutina rossa come la tovaglia che era da lavare, cioè aveva completamento annullato
l’essere umano che era diventato “uguale” alla realtà materiale).
L’anaffettività è più difficile da diagnosticare nei casi in cui il comportamento è
normale addirittura affettuoso ma la realtà interna è fredda e lucida. Slide 5
La conoscenza di queste situazioni quindi deve basarsi su una propria sensibilità
profonda non sulla visione cosciente che non mostra nulla. Nella pratica clinica è la
realtà umana del terapeuta che coglie questa dimensione di anaffettività della persona
ripeto “normale” e confesso che ci facciamo aiutare nella diagnosi dai sogni.
I sogni di neve e ghiaccio alludono alla freddezza interna. Recentemente ho ascoltato
e poi ovviamente interpretato (per fortuna non era difficile) un sogno significativo
“una lastra di ghiaccio si rompeva e poi la paziente si tuffava in acqua andando
particolarmente a fondo”.
Nella prima immagine la paziente non aveva possibilità di immergersi ed andare a
fondo fintanto che c’era una situazione di freddezza. L’immagine del rapporto col
terapeuta è acqua che accarezza la pelle e allude al feto nel liquido amniotico che è
l’omeostasi precedente alla nascita.
Sotto l’anaffettività ci sarebbe una perdita di vitalità.
Il crollo dell’anaffettività (tanto più è grave) di solito lascia il posto ad una grave
depressione con vissuti di devitalizzazione .
Durante la terapia il paziente dovrebbe recuperare la vitalità perduta nei rapporti
deludenti perché malati .
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Ora so che voi non dovete fare i terapeuti ma soprattutto quando si lavora con
bambini (so che alcuni di voi lo faranno) è necessario chiedersi come siano i rapporti
sani opposti a quelli deludenti.
Quindi accennerei al nostro lavoro di psicoterapia che parte proprio dalla realtà
umana del terapeuta.
Cardini della psicoterapia sono la presenza del terapeuta che ovviamente non è solo
un fatto fisico, il rapporto , l’interpretazione , la frustrazione.
La presenza indica proprio la sensibilità , l’esperienza, tutta la realtà umana del
terapeuta e qui si apre tutto il capitolo della formazione che deve andare al di là dei
titoli accademici (assolutamente necessari ma non sufficienti) per essere personale,
teorica, professionale.
Tutto questo si oppone e frustra appunto l’aspettativa negativa del paziente rispetto al
terapeuta che viene assimilato ai rapporti precedenti deludenti che l’hanno fatto
ammalare.
Passerei a dire qualcosa su una situazione di cui si parla comunemente che è l’invidia
la quale sottende un affetto patologico quale l’odio. Usiamo il termine invidia solo
per situazioni patologiche e distinguiamo invece l’ammirazione per un amico che è
stato bravo e che può essere uno stimolo. Esempi che alludono ad un’invidia
patologica possono venire dalle favole dove troviamo le sorellastre invidiose della
bellezza di Cenerentola che cercano di imbruttirla e la tengono chiusa in casa, e
sempre le sorelle di Psiche nella favola di Apuleio “Amore e Psiche” (so che ne avete
parlato) invidiose della storia d’amore di lei riescono ad insinuarle il dubbio che il
principe che aveva sposato con la promessa di non guardarlo alla luce (in realtà era il
Dio Cupido e per questo non poteva essere visto dalla sposa! ) fosse un terribile
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mostro.
Nonostante Psiche al buio con lo sposo si sentisse amata e felice, dopo queste
insinuazioni non sente più se stessa ma crede alle sorelle e una notte accende una
lampada e guarda il dio che svegliato da una goccia d’olio bollente la ripudia. Anche
qui c’è il lieto fine in quanto lei supera terribili prove per riconquistarlo. Ma ci
interessa l’allusione alla perdita del rapporto sulla base della sensibilità generica,
psichica e del lasciarsi andare per credere a pensieri negativi che rovinano
l’immagine bella.
Nel rapporto invidioso c’è l’intuizione delle qualità dell’altro che devono essere
alterate negativamente cioè noi diciamo negate perché ritenute impossibili da
raggiungere (per la legge dell’uguaglianza lo devo rovinare per renderlo simile a me).
Anche per la negazione mi viene di raccontarvi sogni in cui una persona magra, bella,
alta viene vista nel sogno grassa, brutta, bassa. Ma siccome non è la dote fisica quella
più colpita dall’invidia patologica ma sono le qualità psichiche si allude ad
un’immagine interna che viene sognata deteriorata. La parola invidia deriva dal latino
invidere cioè guardare contro, guardare con odio. L’odio è infatti legato all’uso degli
occhi, occhi che guardano per danneggiare, uccidere. L’odio può essere percepito
dalla persona a cui è indirizzato a livello neurovegetativo. Tornando all’invidia
ripetiamo che le qualità psichiche possedute dall’altro scatenano l’odio fintanto che si
credano impossibili per se stessi. Slide 6 e 7
La terapia è sempre basata sui cardini suddetti (realtà umana del terapeuta, rapporto,
interpretazione,frustrazione) ed in particolare sull’ interpretazione della negazione e
sul puntare alle possibilità intuitive del paziente che eliminata la negazione gli
possono permettere di realizzare un pensiero sano e riconoscere l’altro come
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finalmente simile a se stesso.
Spero di essere riuscita a comunicarvi qualcosa sugli affetti deteriorati (rabbia, odio,
anaffettività) ma mi preme ribadire l’importanza per un essere umano di recuperare
un’affettività valida che è capacità di rapporto interumano profondo. Questo come
dicevamo all’inizio non è assimilabile all’affettuosità di dare baci e carezze che
purtroppo può fare anche una persona anaffettiva che non si rivela nel
comportamento ma solo attraverso una conoscenza basta sul sentire e sull’intuizione.
L’affettività come vero interesse per l’altro è permettere che l’altro sviluppi la propria
identità umana non solo lasciando libero chi si realizza ma anche opponendosi alle
situazioni che ostacolano questo sviluppo.
Concludo con due esempi. Il primo caso è il bambino che deve sviluppare non solo
fisicamente ma anche psichicamente le proprie potenzialità; il secondo caso opposto
al primo è la persona malata psichicamente alle cui dimensioni patologiche ci si deve
opporre proprio per amore.
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EMOZIONI 1 Reazioni affettive intense, acute, di breve durata in
risposta a stimoli ambientali.
2 Risposta fisiologica neurovegetativa (es. tachicardia, sudorazione).
3 Risposta espressiva corporea (mimica e gestualità).
4 Risposta a livello psichico (gioia, tristezza, sorpresa, paura, collera).
AFFETTI 1 Considerati storicamente e culturalmente in contrasto
alla ragione.
2 Secondo Platone ed Aristotele sarebbero fonti di confusione ed offuscamento del pensiero.
3 Secondo il pensiero religioso le passioni sarebbero il male legato al corpo.
4 Secondo la psicoanalisi freudiana sarebbero collocati nell’Es ossia l’inconscio naturalmente perverso da mettere sotto il controllo del Super-io
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ARRABBIATURA
RABBIA 1 E’ un affetto che segue un vissuto di delusione.
2 Non si riesce ad esprimere il rifiuto di questa situazione deludente.
3 Invece ci si altera, ci si guasta dentro.
4 E’ la “bocca” che morde.
5 Dove c’è rabbia compare il gemello che è l’odio.
1 Reazione fisiologica di fronte a situazioni (anche materiali) che non corrispondono alla propria realtà.
2 Fa parte ancora delle emozioni.
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ANAFFETTIVITA’ 1 Perdita del proprio mondo affettivo.
2 Perdita di vitalità.
3 Si manifesta nei rapporti interumani (distinzione dall’indifferenza che è nei confronti della realtà materiale o di rapporti non significativi).
4 Anaffettività nella patologia schizofrenica: la madre che mette la bambina in lavatrice perché indossa una tutina rossa come la tovaglia.
5 Anaffettività con comportamento normale, ma con realtà interna fredda e lucida.
ODIO 1 Legato all’uso degli occhi: “guardare con odio” con
l’intento di danneggiare o uccidere l’altro.
2 L’odio può essere percepito dall’altro a livello neurovegetativo.
3 L’affetto dell’odio porta spesso alla dinamica dell’invidia.
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INVIDIA 1 Intuizione – visione delle qualità psichiche dell’altro.
2 Credenza di non poter ritrovare proprie qualità che lo rendano simile all’altro.
3 Negazione delle qualità dell’altro per renderlo simile a sé.