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1 L'EMBRIONE UMANO NELLA FASE DEL PREIMPIANTO ASPETTI SCIENTIFICI E CONSIDERAZIONI BIOETICHE ATTI DELLA DODICESIMA ASSEMBLEA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA Città del Vaticano, 27 Febbraio -1 Marzo 2006 A cura di : ELIO SGRECCIA JEAN LAFFITTE LIBRERIA EDITRICE VATICANA 2007 Presentazione S.E.R. Mons. ELIO SGRECCIA, Mons. JEAN LAFFITTE Discorso del Santo Padre BENEDETTO XVI Comunicato finale CONTRIBUTI DELLA TASK-FORCE - S.Em. R. Card. J. LOZANO BARRAGÁN, Prolusione: La cultura della morte contro la cultura della vita nell'insegnamento dell'Evangelium Vitae - Prof. M.ZERNICKA-GOETZ, Lo sviluppo orientato ma flessibile delle cellule embrionali di topo - Prof. R. COLOMBO, Il processo di fecondazione e le sue fasi. Dai gameti dei genitori all'embrione unicellulare - Prof. G. SICA, Lo sviluppo dell'embrione preimpiantatorio - Prof. G. SICA, Il dialogo materno-embrionale e la preparazione all’impianto - Prof. C. BELLIENI, Diagnosi preimpianto, diagnosi prenatale - Prof. K. FITZGERALD, Considerazioni bio-mediche ed etiche sulla diagnosi preimpiantatoria - Prof. M.O. RETHORE', Diagnosi prenatale e diagnosi preimpiantatoria: il punto di vista dei genitori

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L'EMBRIONE UMANO NELLA FASE DEL PREIMPIANTO ASPETTI SCIENTIFICI E CONSIDERAZIONI BIOETICHE ATTI DELLA DODICESIMA ASSEMBLEA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA Città del Vaticano, 27 Febbraio -1 Marzo 2006 A cura di : ELIO SGRECCIA JEAN LAFFITTE LIBRERIA EDITRICE VATICANA 2007 Presentazione S.E.R. Mons. ELIO SGRECCIA, Mons. JEAN LAFFITTE Discorso del Santo Padre BENEDETTO XVI Comunicato finale CONTRIBUTI DELLA TASK-FORCE - S.Em. R. Card. J. LOZANO BARRAGÁN, Prolusione: La cultura della morte contro la cultura della vita nell'insegnamento dell'Evangelium Vitae - Prof. M.ZERNICKA-GOETZ, Lo sviluppo orientato ma flessibile delle cellule embrionali di topo - Prof. R. COLOMBO, Il processo di fecondazione e le sue fasi. Dai gameti dei genitori all'embrione unicellulare - Prof. G. SICA, Lo sviluppo dell'embrione preimpiantatorio - Prof. G. SICA, Il dialogo materno-embrionale e la preparazione all’impianto - Prof. C. BELLIENI, Diagnosi preimpianto, diagnosi prenatale - Prof. K. FITZGERALD, Considerazioni bio-mediche ed etiche sulla diagnosi preimpiantatoria - Prof. M.O. RETHORE', Diagnosi prenatale e diagnosi preimpiantatoria: il punto di vista dei genitori

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- S.E. Mons. W.J. EJIK, I criteri dell'individualità organica e lo statuto bio-antropologico dell'embrione preimpiantatorio - Prof. M. PANGALLO, Il pensiero di San Tommaso riguardo all’embrione umano - Prof. P. IDE, L'embrione umano è persona? Status questionis e determinazione INTERVENTI NELLA TAVOLA ROTONDA "L'embrione è persona?" - Prof. A. GIL LOPES, L'embrione preimpiantatorio tra biologia e filosofia: l'individuo - Prof. I. CARRASCO DE PAULA, L'embrione pre-impiantatorio tra natura e persona - Prof. R. SPAEMANN, Quando l'uomo inizia a essere persona? - Dr. J.-M. LE MENE', Perché il dovere della tutela giuridica dell'embrione? - Rev. P. WOJCIECH GIERTYCH, Generato, non creato ? - Prof. P. SERGEJ FILIMONOV, Si può considerare l'embrione come persona?

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ELIO  SGRECCIA,    JEAN  LAFFITTE          PRESENTAZIONE    Con  ondate  successive,  nel  mondo  della  ricerca  scientifica,  nell'ambito  della  medicina  d'avanguardia  e  nel  dibattito  etico,  politico  e  giuridico,  si  torna  a  discutere  sull'identità  e  sullo  statuto  dell'embrione  umano.  Tre  sono  state  le  stagioni  di  maggiore  vivacità  su  questo  tema  nei  tempi  più  recenti.  La  prima  ondata  si  verificò  negli  anni  '70,  all'epoca  in  cui  in  Europa  si  sviluppavano  le  pressanti  campagne  a  favore  della  legalizzazione  dell'aborto,  campagne  ideologiche  e  finanziate  da  gruppi  di  pressione  internazionalmente  riconosciuti,  che  ottennero,  sorrette  com'erano  anche  dalla  c.d.  rivoluzione  sessuale,  leggi  permissive  in  quasi  tutti  gli  Stati  europei,  con  l'eccezione  di  Irlanda,  Malta  e  S.  Marino.  Tra  questi  Stati  dove  l'aborto  è  stato  legalizzato,  soltanto  la  Polonia  è  tornata  a  ristabilirne  il  divieto,  cancellando  la  legge  abortista  (Sentenza  della  Corte  Costituzionale  del  29  maggio  1997).  In  tale  stagione  nacque  una  copiosa  letteratura  di  sostegno  alla  legalizzazione  dell'aborto.  Innanzitutto  si  tentò  di  porre  in  evidenza  il  principio  dell'autonomia  della  madre  (il  diritto  alla  scelta,  pro  choice).  Come  conseguenza,  il  valore  pieno  del  feto  veniva  riconosciuto  a  partire  dall'accettazione  da  parte  della  madre;  tale  accettazione,  dunque,  era  considerata  la  verarelazione  costitutiva  di  un  nuovo  individuo  umano.  Secondo  altri,  invece,  il  valore  umano  dell'embrione  andava  riconosciuto  solo  a  partire  dall'assunzione  da  parte  del  feto  della  figura  (fisionomia  umana).  La  ratio  philosophica  (autonomia  della  donna)  e  la  sensibilità  psicologica  si  associavano  per  negare  la  piena  dignità  umana  dell'embrione  e  il  suo  diritto  alla  vita  fin  dall'inizio  della  fecondazione.  Una  seconda  ondata  venne  con  l'impiego  della  fecondazione  artificiale  a  partire  dagli  anni  '80  e,  in  particolare,  con  la  pubblicazione  del  Rapporto  Warnock  nel  Regno  Unito  (1984).  È  stata  l'era  del  15°  giorno,  il  famoso  preteso  confine  tra  il  cosiddetto  pre-­‐embrione  e  l'embrione,  che  corrisponderebbe  al  periodo  preimpiantatorio  dello  sviluppo  embrionale;  prima  dell'impianto,  infatti,  l'embrione  “non  sarebbe  ancora”,  mentre  dopo  possederebbe  un  itinerario  biologicamente  ben  definito.  A  riguardo,  vennero  accampate  varie  teorie  come  quelle  sull'incertezza  dell'impianto,  sulla  possibilità  della  gemellarità  (entro  i  primi  15  giorni  di  sviluppo),  sulla  necessaria  presenza  del  primo  abbozzo  del  tessuto  nervoso  come  preannuncio  della  possibilità  di  pensare  in  maniera  umana.  Durante  quegli  anni,  molte  volte  siamo  stati  costretti  a  discutere  e  a  ribattere  gli  argomenti  del  15°  giorno,  mentre  lo  stesso  Rapporto  Warnock  confessava  che  lo  sviluppo  dell'embrione,  a  partire  dalla  fecondazione,  è  continuo  e  che  la  data  delle  due  settimane  di  sviluppo  era  una  sorta  di  soglia  convenzionale,  frutto  di  una  decisione  necessaria  per  mettere  fine  all'ansia  degli  sperimentatori.  Questi  ultimi  anni  rappresentano  la  third  wave,  il  cui  asse  principale  continua  a  ruotare  intorno  all'evento  della  fecondazione  e  ai  primi  giorni  di  sviluppo  dell'embrione  all'interno  dell'organismo  materno  o  in  laboratorio.  Anzitutto  c'è  il  fatto  nuovo  dell'embrione  agamico,  quello  cioè  non  risultante  dall'incontro  dei  due  gameti,  ma  originato  dal  trasferimento  del  nucleo  di  una  cellula  somatica  in  un  ovulo  denucleizzato,  in  altre  parole  con  un  procedimento  di  clonazione.  Si  tratta  di  un  vero  essere  umano?  

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C'è  poi  la  scoperta  delle  cellule  staminali  nell'organismo  umano,  vera  risorsa  per  la  medicina  rigenerativa,  che  apre  una  nuova  pagina  nella  storia  stessa  della  medicina.  Proprio  questa  scoperta  induce  alcuni  ricercatori  d'avanguardia  a  pensare  che  l'uso  di  cellule  staminali  derivate  dagli  embrioni  possa  dare  risultati  “più  efficaci”.  Si  apre  così  il  fronte  di  combattimento  tra  una  parte  di  ricercatori,  fautori  dell'uso  delle  cellule  staminali  somatiche  provenienti  dall'organismo  adulto,  rivelatesi  capaci  di  rigenerare  tessuti  nell'organismo  malato  secondo  le  prime  promettenti  esperienze,  e  un'altra  parte  di  essi,  fautori  dell'ipotetico  impiego  di  cellule  embrionali,  derivate  da  embrioni  fecondati  in  vitro  o  clonati  o  congelati;  purtroppo,  l'estrazione  delle  cellule  embrionali  dalla  massa  cellulare  interna  implica  inevitabilmente  (con  le  possibilità  tecniche  attuali)  la  dissezione  dell'embrione  (=  la  sua  soppressione)  allo  stadio  di  blastocisti.  In  questa  ipotesi,  si  arriva  a  sognare  e  a  divulgare  la  vittoria  finale  sopra  malattie  gravi,  quali  il  Parkinson,  l'Alzheimer,  il  diabete  e  tante  altre,  per  decine  di  milioni  di  malati,  con  un  volo  di  fantasia,  al  limite  della  “fantascienza”,  ancora  privo  di  supporti  scientifici  e,  persino,  di  sufficiente  sperimentazione  sugli  animali.  C'è  chi  chiede  fondi  per  la  prima  linea  di  ricerca  e  chi  li  pretende  per  la  seconda;  c'è  chi  ipotizza  ricerche  per  produrre  cellule  staminali  embrionali,  senza  produrre  l'embrione  con  vari  marchingegni  genetici  e  c'è  sempre  chi  accusa  la  Chiesa,  che  ricorda  costantemente  l'illiceità  della  soppressione  dell'embrione,  richiamando  la  sua  dignità  di  essere  umano  individuale,  di  oscurantismo  e  di  attitudine  sadica  verso  i  poveri  malati,  i  quali  non  possono  essere  guariti  senza  la  soppressione  (questa  sì  veramente  sadica  ed  inutile)  degli  embrioni  clonati  o  fecondati  in  vitro  o  scongelati  per  essere  sezionati  e  utilizzati  come  medicina  miracolosa  e  panacea.  Un  vero  delirio  antiscientifico  e  molto  piazzaiolo,  assunto  da  questa  pseudo-­‐scienza  sulla  quale,  ultimamente,  si  è  affacciata  anche  la  frode.  Per  giustificare  tutta  questa  corsa  all'embrione  miracoloso  da  sfruttare,  da  clonare,  da  brevettare,  da  commercializzare  conjoint  ventures  internazionali,  era  necessario  proclamare  che  egli,  l'embrione,  altro  non  è  che  un  mucchietto  di  cellule,  facendo  anche  a  meno  di  chiamarlo  pre-­‐embrione.  Si  muta  così  lo  sguardo  sull'inizio  della  vita  abbandonando  la  prospettiva  del  finalismo,  secondo  la  quale  l'inizio  va  valutato  tenendo  conto  del  suo  naturale  ed  autonomo  esito  finale,  e  si  finisce  per  giudicarlo  solo  in  base  alla  sua  quantità  attuale  o,  magari,  a  ciò  che  esso  può  produrre  a  vantaggio  di  chi  lo  sfrutta,  riducendolo  a  merce  e  finendo  per  sopprimerlo.  Su  questa  linea  si  è  mossa  ancora  un'altra  impresa,  quella  della  pillola  del  giorno  dopo  e  della  ancor  più  micidiale  RU486:  la  prima  è  intercettiva  (impedisce  l'impianto  dell'eventuale  embrione  nel  caso  di  un  rapporto  sessuale  fecondo),  la  seconda,  invece,  è  in  grado  di  estirpare  l'embrione  anche  dopo  l'impianto  fino  a  più  di  40  giorni  dopo  la  fecondazione.  Coloro  che  sono  favorevoli  ad  una  privatizzazione  dell'aborto,  con  conseguente  risparmio  per  le  casse  dello  Statosocializzato  che  da  tempo  ha  legalizzato  e  reso  gratuito  l'aborto  chirurgico,  hanno  ingrossato  le  fila  di  quanti  affermano  che  l'embrione  è  qualcosa  e  non  ancora  qualcuno;  perciò,  essi  dicono,  l'aborto  chimico  non  costituisce  delitto  e  può  essere  gestito  come  un  affare  privato.  E  infine  –  ma  la  storia  non  finisce  qui  –  negli  ultimi  tempi  sono  stati  importati  dagli  USA  i  neologismi  ootide  e  prezigote,per  qualificare  (anzi  squalificare)  l'embrione  all'inizio  del  processo  di  fecondazione,  quando  lo  spermatozoo  è  penetrato  nella  membrana  pellucida,  ma  non  ha  ancora  provocato  il  completo  rimescolamento  e  riordino  del  suo  materiale  genetico  con  quello  dell'ovulo.  E  questo  dovrebbe  consentire  di  congelare  l'ootide,  ovulo  fecondato  che  non  sarebbe  ancora  un  embrione,  in  vista  di  un  successivo  trasferimento  in  utero,  pensando  che  così  facendo  non  si  distrugga  un  embrione,  uno  zigote  vero  e  proprio,  ma  soltanto  un  pre-­‐embrione,  un  qualcosa  che  non  è  ancora  qualcuno.  

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Tralascio  la  citazione  di  altre  ricerche  sulla  frontiera  delle  prime  fasi  della  fecondazione,  come  ad  es.  la  partenogenesi,  ottenuta  senza  l'impiego  del  gamete  maschile,  che  darebbe  luogo  al  cosiddetto  partenote;  e  questo  cosa  sarebbe?  O  meglio,  chi  sarebbe?  Si  sente  la  necessità  di  fare  chiarezza,  anzitutto  sul  terreno  della  scienza,  ma  anche  su  quello  dell'etica.  Questa  è  la  pesante  motivazione  per  cui  la  Pontificia  Accademia  per  la  Vita  ha  promosso  il  Congresso  dal  titolo:  “L'Embrione  Umano  nella  Fase  del  Preimpianto.  Aspetti  Scientifici  e  Considerazioni  Bioetiche”.  Si  tratta  di  sapere  se  c'è  o  non  c'è  un  essere  umano  nella  fase  del  preimpianto,  con  le  sue  qualificazioni  umane  e  con  un'identità  antropologicamente  vera,  da  identificarsi  con  quella  individualità  che,  strutturata  e  animata  da  una  vitalità  spirituale,  è  già  in  possesso  della  piena  dignità  umana:  quella  dignità  peculiare  di  un  essere  che  non  è  semplicemente  prodotto  biologico,  né  soltanto  opera  dell'uomo  e  della  donna,  ma  fa  appello  al  Creatore,  alla  Sua  dignità,  al  Suo  Amore  e  alla  Sua  protezione,  prima  ancora  che  a  quella  -­‐doverosa-­‐  dei  genitori  e  della  legge.  Il  programma  del  Congresso  ha  previsto,  dopo  la  sessione  di  apertura,  in  cui  hanno  preso  la  parola  il  Presidente  della  PAV  e  il  Presidente  del  Pontificio  Consiglio  per  la  Pastorale  della  Salute,  S.E.  il  Card.  Javier  Lozano  Barragán,  due  sessioni  scientifiche  dedicate  alla  descrizione  dei  processi  di  fecondazione  e  delle  primissime  fasi  dello  sviluppo  dell'embrione  fino  all'impianto;  in  questa  parte,  la  parola  è  stata  data  agli  specialisti  della  biologia  e  della  genetica,  provenienti  da  diversi  Paesi  (M.  Zernicka-­‐Goetz  dal  Regno  Unito;  R.  Colombo,  G.  Sica  e  C.  Bellieni  dall'Italia;  K.  FitzGerald  degli  USA;  M.O.  Rethoré  dalla  Francia).  La  terza  sessione  ha  presentato  il  contenuto  antropologico,  la  riflessione  sui  criteri  di  individualità  organismica  e  sullo  statuto  bio-­‐antropologico  dell'embrione  (W.J.  Eijk,  Olanda);  è  seguito  un  richiamo  delle  teorie  classiche  e  medioevali  sull'embrione  umano  (M.  Pangallo,  Italia)  e  l'esposizione  delle  teorie  sull'embrione  umano  non  ancora  uomo  (P.  Ide,  Francia).  La  quarta  sessione  è  stata  dedicata  alle  domande  conclusive  di  carattere  antropologico-­‐etico  alla  Tavola  Rotonda  l'Embrione  è  Persona?  sono  intervenuti:  lo  scienziato  brasiliano  A.  Gil  Lopes,  il  noto  pensatore  di  filosofia  morale  R.  Spaemann  (Germania),  il  teologo  moralista  e  direttore  dell'Istituto  di  Bioetica  dell'Università  Cattolica  del  Sacro  Cuore  di  Roma  I.  Carrasco  De  Paula  e  J.M.  Le  Méné,  giurista  e  magistrato,  direttore  della  Fondazione  Jérôme  Lejeune  (Parigi).  Nell'Udienza,  concessa  agli  Accademici  ed  ai  partecipanti  al  Congresso,  il  S.  Padre  Benedetto  XVI  ha  confermato  con  il  Suo  Magistero  che:  “L'amore  di  Dio  non  fa  differenze  fra  il  neoconcepito  ancora  nel  grembo  di  sua  madre,  e  il  bambino,  o  il  giovane,  o  l'uomo  maturo  o  l'anziano.  Non  fa  differenza  perché  in  ognuno  di  essi  vede  l'impronta  della  propria  immagine  e  somiglianza  (Gn  1,  26).  Non  fa  differenza  perché  in  tutti  ravvisa  riflesso  il  volto  del  suo  Figlio  Unigenito,  in  cui  ci  ha  scelti  prima  della  creazione  del  mondo...predestinandoci  a  essere  suoi  figli  adottivi...secondo  il  beneplacito  della  sua  volontà”  (Ef  1,  4-­‐6).  

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BENEDETTO  XVI          DISCORSO  AI  PARTECIPANTI    Venerati  Fratelli  nell’Episcopato  e  nel  Sacerdozio,  Illustri  Signori  e  Signore!      A  tutti  rivolgo  il  mio  saluto  deferente  e  cordiale  in  occasione  dell’Assemblea  Generale  della  Pontificia  Accademia  per  la  Vita  e  del  Congresso  internazionale,  appena  iniziato,  su  "L'embrione  umano  nella  fase  del  preimpianto".  In  modo  speciale  saluto  il  Cardinale  Javier  Lozano  Barragán,  Presidente  del  Pontificio  Consiglio  per  la  Pastorale  della  Salute,  come  anche  Mons.  Elio  Sgreccia,  Presidente  della  Pontificia  Accademia  per  la  Vita,  che  ringrazio  per  le  gentili  parole  con  le  quali  ha  messo  in  luce  l'interesse  particolare  delle  tematiche  che  vengono  affrontate  in  questa  circostanza.  In  effetti,  l'argomento  di  studio  scelto  per  la  vostra  Assemblea,  "L'embrione  umano  nella  fase  del  preimpianto",  cioè  nei  primissimi  giorni  che  seguono  il  concepimento,  é  una  questione  estremamente  importante  oggi,  sia  per  le  evidenti  ripercussioni  sulla  riflessione  filosofico-­‐antropologica  ed  etica,  sia  per  le  prospettive  applicative  nell'ambito  delle  scienze  biomediche  e  giuridiche.  Si  tratta  indubbiamente  di  un  argomento  affascinante,  ma  difficile  e  impegnativo,  data  la  delicata  natura  del  soggetto  in  esame  e  la  complessità  dei  problemi  epistemologici  che  riguardano  il  rapporto  tra  la  rilevazione  dei  fatti  a  livello  delle  scienze  sperimentali  e  la  susseguente  e  necessaria  riflessione  sui  valori  a  livello  antropologico.  Come  si  può  ben  comprendere,  né  la  Sacra  Scrittura  né  la  Tradizione  cristiana  più  antica  possono  contenere  trattazioni  esplicite  del  vostro  tema.  Ciononostante,  San  Luca  nel  raccontare  l'incontro  della  Madre  di  Gesù,  che  lo  aveva  concepito  nel  suo  seno  verginale  solo  da  pochi  giorni,  con  la  madre  di  Giovanni  Battista,  già  al  sesto  mese  di  gravidanza,  testimonia  la  presenza  attiva,  sebbene  nascosta,  dei  due  bambini:  "Appena  Elisabetta  ebbe  udito  il  saluto  di  Maria,  il  bambino  le  sussultò  nel  grembo"  (Lc  1,41).  Sant’Ambrogio  commenta:  Elisabetta  "percepì  l'arrivo  di  Maria,  lui  (Giovanni)  l'arrivo  del  Signore;  la  donna  l'arrivo  della  donna,  il  bambino  l'arrivo  del  bambino"  (Comm.  in  Luc.,  2,19.22-­‐26).  Tuttavia,  anche  in  mancanza  di  espliciti  insegnamenti  sui  primissimi  giorni  di  vita  del  nascituro,  è  possibile  trovare  nella  Sacra  Scrittura  preziose  indicazioni  che  motivano  sentimenti  d'ammirazione  e  di  riguardo  nei  confronti  dell'uomo  appena  concepito,  specialmente  in  chi,  come  voi,  si  propone  di  studiare  il  mistero  della  generazione  umana.  I  libri  sacri,  infatti,  intendono  mostrare  l'amore  di  Dio  verso  ciascun  essere  umano  ancor  prima  del  suo  prender  forma  nel  seno  della  madre.  "Prima  di  formarti  nel  grembo  materno,  ti  conoscevo,  prima  che  tu  venissi  alla  luce,  ti  avevo  consacrato"  (Ger  1,5),  dice  Dio  al  profeta  Geremia.  E  il  Salmista  riconosce  con  gratitudine:  "Sei  tu  che  hai  creato  le  mie  viscere  e  mi  hai  tessuto  nel  seno  di  mia  madre.  Ti  lodo,  perché  mi  hai  fatto  come  un  prodigio;  sono  stupende  le  tue  opere,  tu  mi  conosci  fino  in  fondo"  (Sal139,13-­‐14).  Sono  parole,  queste,  che  acquistano  tutta  la  loro  ricchezza  di  significato  quando  si  pensa  che  Dio  interviene  direttamente  nella  creazione  dell’anima  di  ogni  nuovo  essere  umano.  L'amore  di  Dio  non  fa  differenza  fra  il  neoconcepito  ancora  nel  grembo  di  sua  madre,  e  il  bambino,  o  il  giovane,  o  l'uomo  maturo  o  l'anziano.  Non  fa  differenza  perché  in  ognuno  di  essi  vede  l'impronta  della  propria  immagine  e  somiglianza  (Gn1,26).  Non  fa  differenza  perché  in  tutti  ravvisa  riflesso  il  volto  del  suo  Figlio  Unigenito,  in  cui  "ci  ha  scelti  prima  della  creazione  del  mondo,  ...  predestinandoci  a  essere  suoi  figli  adottivi  ...  secondo  il  beneplacito  della  sua  volontà"  (Ef  1,4-­‐6).  Questo  amore  sconfinato  e  quasi  incomprensibile  di  Dio  per  l'uomo  rivela  fino  a  che  punto  la  persona  umana  sia  degna  di  essere  amata  in  se  stessa,  indipendentemente  da  qualsiasi  altra  considerazione  -­‐  intelligenza,  bellezza,  salute,  giovinezza,  integrità  e  così  via.  In  definitiva,  la  

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vita  umana  è  sempre  un  bene,  poiché  "essa  è  nel  mondo  manifestazione  di  Dio,  segno  della  sua  presenza,  orma  della  sua  gloria"  (cfr  Evangelium  vitae,  34).  All'uomo,  infatti,  è  donata  un'altissima  dignità,  che  ha  le  sue  radici  nell'intimo  legame  che  lo  unisce  al  suo  Creatore:  nell'uomo,  in  ogni  uomo,  in  qualunque  stadio  o  condizione  della  sua  vita,  risplende  un  riflesso  della  stessa  realtà  di  Dio.  Per  questo  il  Magistero  della  Chiesa  ha  costantemente  proclamato  il  carattere  sacro  e  inviolabile  di  ogni  vita  umana,  dal  suo  concepimento  sino  alla  sua  fine  naturale  (cfr  Evangelium  vitae,  57).  Questo  giudizio  morale  vale  già  agli  inizi  della  vita  di  un  embrione,  prima  ancora  che  si  sia  impiantato  nel  seno  materno,  che  lo  custodirà  e  nutrirà  per  nove  mesi  fino  al  momento  della  nascita:  "La  vita  umana  è  sacra  e  inviolabile  in  ogni  momento  della  sua  esistenza,  anche  in  quello  iniziale  che  precede  la  nascita"  (ibid.,  n.  61).  So  bene,  cari  studiosi,  con  quali  sentimenti  di  meraviglia  e  di  profondo  rispetto  per  l'uomo  voi  portiate  avanti  il  vostro  impegnativo  e  fruttuoso  lavoro  di  ricerca  proprio  sull'origine  stessa  della  vita  umana:  un  mistero  il  cui  significato  la  scienza  sarà  in  grado  di  illuminare  sempre  di  più,  anche  se  difficilmente  riuscirà  a  decifrarlo  del  tutto.  Infatti,  appena  la  ragione  riesce  a  superare  un  limite  ritenuto  invalicabile,  altri  limiti  fino  allora  sconosciuti  la  sfidano.  L'uomo  rimarrà  sempre  un  enigma  profondo  e  impenetrabile.  Già  nel  secolo  IV,  S.  Cirillo  di  Gerusalemme  presentava  ai  catecumeni  che  si  preparavano  a  ricevere  il  battesimo  la  seguente  riflessione:  "Chi  è  colui  che  ha  predisposto  le  cavità  dell'utero  alla  procreazione  dei  figli?  Chi  ha  animato  in  esso  il  feto  inanimato?  Chi  ci  ha  provvisto  di  nervi  e  di  ossa  circondandoci,  poi,  di  pelle  e  di  carne  (cfr  Gb  10,11)  e,  non  appena  il  bambino  è  nato,  fa  uscire  dal  seno  abbondanza  di  latte?  In  qual  modo  il  bambino,  crescendo,  diventa  adolescente,  da  adolescente  si  muta  in  giovane,  successivamente  in  uomo  e  infine  in  vecchio,  senza  che  nessuno  riesca  a  cogliere  il  giorno  preciso  nel  quale  si  verifichi  il  mutamento?"  E  concludeva:  "Stai  vedendo,  o  uomo,  l'artefice;  stai  vedendo  il  sapiente  Creatore"  (Catechesi  battesimale,  9,  15-­‐16).  All'inizio  del  terzo  millennio,  rimangono  ancora  valide  queste  considerazioni  che  si  rivolgono,  non  tanto  al  fenomeno  fisico  o  fisiologico,  quanto  al  suo  significato  antropologico  e  metafisico.  Abbiamo  enormemente  migliorato  le  nostre  conoscenze  e  identificato  meglio  i  limiti  della  nostra  ignoranza;  ma  per  l'intelligenza  umana  sembra  sia  diventato  troppo  arduo  rendersi  conto  che,  guardando  il  creato,  ci  si  incontra  con  l'impronta  del  Creatore.  In  realtà,  chi  ama  la  verità,  come  voi  cari  studiosi,  dovrebbe  percepire  che  la  ricerca  su  temi  così  profondi  ci  pone  nella  condizione  di  vedere  e  anche  quasi  di  toccare  la  mano  di  Dio.  Al  di  là  dei  limiti  del  metodo  sperimentale,  al  confine  del  regno  che  alcuni  chiamano  meta-­‐analisi,  là  dove  non  basta  più  o  non  è  possibile  la  sola  percezione  sensoriale  né  la  verifica  scientifica,  inizia  l'avventura  della  trascendenza,  l’impegno  del  "procedere  oltre".  Cari  ricercatori  e  studiosi,  vi  auguro  che  riusciate  sempre  più  non  solo  ad  esaminare  la  realtà  oggetto  delle  vostre  fatiche,  ma  anche  a  contemplarla  in  modo  tale  che,  insieme  alle  vostre  scoperte,  sorgano  pure  le  domande  che  portano  a  scoprire  nella  bellezza  delle  creature  il  riflesso  del  Creatore.  In  questo  contesto,  mi  è  caro  esprimere  un  apprezzamento  ed  un  ringraziamento  alla  Pontificia  Accademia  per  la  Vita  per  il  suo  prezioso  lavoro  di  "studio,  formazione  e  informazione"  di  cui  si  avvantaggiano  i  Dicasteri  della  Santa  Sede,  le  Chiese  locali  e  gli  studiosi  attenti  a  quanto  la  Chiesa  propone  sul  terreno  della  ricerca  scientifica  e  intorno  alla  vita  umana  nel  suo  rapporto  con  l'etica  e  il  diritto.  Per  l'urgenza  e  l'importanza  di  questi  problemi,  ritengo  provvidenziale  l'istituzione  da  parte  del  mio  venerato  predecessore  Giovanni  Paolo  II  di  questo  Organismo.  A  tutti  voi,  pertanto,  Presidenza,  personale  e  membri  della  Pontificia  Accademia  per  la  Vita,  desidero  esprimere  con  sincera  cordialità  la  mia  vicinanza  ed  il  mio  sostegno.  Con  questi  sentimenti,  affidando  il  vostro  lavoro  alla  protezione  di  Maria,  imparto  a  Voi  tutti  l'Apostolica  Benedizione.      ©  Copyright  2006  -­‐  Libreria  Editrice  Vaticana  

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COMUNICATO  FINALE    In  occasione  della  sua  XII  Assemblea  Generale,  la  Pontificia  Accademia  per  la  Vita  (PAV)  ha  celebrato  un  Congresso  Internazionale  sul  tema:  “L'Embrione  Umano  nella  Fase  del  Preimpianto.  Aspetti  Scientifici  e  Considerazioni  Bioetiche”.  Al  termine  dei  lavori  svolti,  la  PAV  desidera  offrire  alla  comunità  ecclesiale  ed  alla  società  civile  nel  suo  insieme  alcune  considerazioni  su  quanto  è  stato  oggetto  della  sua  riflessione.  A  nessuno  sfugge  come  gran  parte  del  dibattito  bioetico  contemporaneo,  soprattutto  in  questi  ultimi  anni,  si  sia  concentrato  attorno  alla  realtà  dell'embrione  umano,  sia  egli  considerato  in  se  stesso  oppure  in  relazione  all'agire  degli  altri  esseri  umani  nei  suoi  confronti;  ciò  si  spiega  bene  dal  momento  che  le  molteplici  implicazioni  (scientifiche,  filosofiche,  etiche,  religiose,  legislative,  economiche,  ideologiche)  legate  a  questi  ambiti  inevitabilmente  finiscono  per  catalizzare  differenti  interessi,  oltre  che  attirare  l'attenzione  di  chi  è  alla  ricerca  di  un  agire  etico  autentico.  Diventa  perciò  ineludibile  affrontare  un  quesito  di  fondo:  “Chi  o  cosa  è  l'embrione  umano?”,  per  poter  derivare  da  una  risposta  fondata  e  coerente  a  tale  domanda  criteri  d'azione  che  siano  pienamente  rispettosi  della  verità  integrale  dell'embrione  stesso.  A  tal  fine,  secondo  una  corretta  metodologia  bioetica,  è  necessario  innanzitutto  volgere  lo  sguardo  ai  dati  che  la  più  aggiornata  scienza  mette  oggi  a  nostra  disposizione,  consentendoci  di  conoscere  in  gran  dettaglio  i  diversi  processi  attraverso  i  quali  un  nuovo  essere  umano  inizia  la  sua  esistenza.  Tali  dati  dovranno  poi  essere  sottoposti  all'interpretazione  antropologica,  al  fine  di  evidenziarne  i  significati  ed  i  valori  emergenti,  ai  quali,  infine,  fare  riferimento  per  derivare  le  norme  morali  dell'agire  concreto,  della  prassi  operativa.  Alla  luce,  dunque,  delle  acquisizioni  più  recenti  dell'embriologia  è  possibile  fissare  alcuni  punti  essenziali  universalmente  riconosciuti:  il  momento  che  segna  l'inizio  dell'esistenza  di  un  nuovo  essere  umano  è  rappresentato  dalla  penetrazione  dello  spermatozoo  nell'ovocita.  La  fecondazione  induce  tutta  una  serie  di  eventi  articolati  e  trasforma  la  cellula  uovo  inzigote.  Nella  specie  umana  entrano  all'interno  dell'ovocita  il  nucleo  dello  spermatozoo  (compreso  nella  testa)  e  un  centriolo  (il  quale  avrà  un  ruolo  determinante  nella  formazione  del  fuso  mitotico  all'atto  della  prima  divisione  cellulare);  la  membrana  plasmatica  resta  all'esterno.  Il  nucleo  maschile  subisce  profonde  modificazioni  biochimiche  e  strutturali  che  dipendono  dal  citoplasma  ovulare  e  che  vanno  a  predisporre  la  funzione  che  il  genoma  maschile  inizierà  subito  a  svolgere.  Si  assiste  infatti  alla  decondensazione  della  cromatina  (indotta  da  fattori  sintetizzati  nelle  ultime  fasi  dell'ovogenesi)  che  rende  possibile  la  trascrizione  dei  geni  paterni.  L'ovocita,  dopo  l'ingresso  dello  spermatozoo,  completa  la  sua  seconda  divisione  meiotica  ed  espelle  il  secondo  globulo  polare,  riducendo  il  suo  genoma  ad  un  numero  aploide  di  cromosomi  al  fine  di  ricostituire  insieme  ai  cromosomi  portati  dal  nucleo  maschile  il  cariotipo  caratteristico  della  specie.  Al  tempo  stesso  esso  va  incontro  ad  un'attivazione  dal  punto  di  vista  metabolico  in  vista  della  prima  mitosi.  È  sempre  l'ambiente  citoplasmatico  dell'ovocita  ad  indurre  il  centriolo  dello  spermatozoo  a  duplicarsi,  costituendo  così  il  centrosoma  dello  zigote.  Tale  centrosoma  si  duplica  in  vista  della  costituzione  dei  microtubuli  che  comporranno  il  fuso  mitotico.  I  due  set  cromosomici  trovano  il  fuso  mitotico  già  formato  e  si  dispongono  all'equatore  in  posizione  di  metafase.  Seguono  le  altre  fasi  della  mitosi  ed  alla  fine  il  citoplasma  si  divide  e  lo  zigote  dà  vita  ai  primi  due  blastomeri.  L'attivazione  del  genoma  embrionale  è  probabilmente  un  processo  graduale.  Nell'embrione  unicellulare  umano  sono  già  attivi  7  geni,  altri  sono  espressi  nel  passaggio  dallo  stadio  di  zigote  a  quello  a  due  cellule.  

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La  biologia,  e  più  in  particolare  l'embriologia,  forniscono  la  documentazione  di  una  definita  direzione  di  sviluppo:  ciò  significa  che  il  processo  è  orientato  –  nel  tempo  –  nella  direzione  di  una  progressiva  differenziazione  e  acquisizione  di  complessità  e  non  può  regredire  su  stadi  già  percorsi.  Un  ulteriore  punto  acquisito  con  le  primissime  fasi  di  sviluppo  è  quello  dell'autonomia  del  nuovo  essere  nel  processo  di  autoduplicazione  del  materiale  genetico.  Strettamente  correlate  alla  proprietà  della  continuità  sono  anche  le  caratteristiche  di  gradualità  (il  passaggio  necessitato  nel  tempo  da  uno  stadio  meno  differenziato  a  quello  più  differenziato)  e  di  coordinazione  dello  sviluppo  (esistenza  di  meccanismi  che  regolano  in  un  insieme  unitario  il  processo  di  sviluppo).  Queste  proprietà  –  all'inizio  quasi  trascurate  nel  dibattito  bioetico  –  vengono  sempre  più  considerate  importanti  in  epoca  recente,  a  motivo  delle  progressive  acquisizioni  che  la  ricerca  offre  sulla  dinamica  dello  sviluppo  embrionale  anche  allo  stadio  di  morula  che  precede  la  formazione  della  blastocisti.  L'insieme  di  queste  tendenze  costituisce  la  base  per  interpretare  lo  zigote  già  come  un  organismo  primordiale  (organismo  monocellulare)  che  esprime  coerentemente  le  sue  potenzialità  di  sviluppo  attraverso  una  continua  integrazione  dapprima  fra  i  vari  componenti  interni  e  poi  fra  le  cellule  cui  dà  progressivamente  luogo.  L'integrazione  è  sia  morfologica  che  biochimica.  Le  ricerche  in  corso  già  da  qualche  anno  non  fanno  che  apportare  ulteriori  prove  di  queste  realtà.  Tali  acquisizioni  della  moderna  embriologia  necessitano  di  essere  sottoposte  al  vaglio  dell'interpretazione  filosofico-­‐antropologica  per  poter  cogliere  la  preziosità  valoriale  che  ogni  essere  umano,  pur  allo  stadio  embrionale,  porta  con  sé  ed  esprime.  Si  tratta,  dunque,  di  affrontare  la  questione  basilare  dello  status  morale  dell'embrione.  È  noto  come,  tra  le  varie  proposte  ermeneutiche  presenti  nel  dibattito  bioetico  attuale,  siano  stati  indicati  diversi  momenti  dello  sviluppo  embrionale  umano  a  cui  legare  l'attribuzione  di  un  suo  status  morale,  accampando  spesso  ragioni  fondate  su  criteri  estrinseci  (partendo  cioè  da  fattori  esterni  all'embrione  stesso).  Ma  tale  modo  di  procedere  non  risulta  essere  idoneo  ad  identificare  realmente  lo  status  morale  dell'embrione,  dal  momento  che  ogni  possibile  giudizio  finisce  per  basarsi  su  elementi  del  tutto  convenzionali  ed  arbitrari.  Per  poter  formulare  un  giudizio  più  oggettivo  sulla  realtà  dell'embrione  umano  e  dedurne,  quindi,  delle  indicazioni  etiche,  bisogna  piuttosto  prendere  in  considerazione  dei  criteri  intrinseci  all'embrione  stesso,  a  cominciare  proprio  dai  dati  che  la  conoscenza  scientifica  mette  a  nostra  disposizione.  A  partire  da  essi,  si  può  asserire  che  l'embrione  umano  nella  fase  del  preimpianto  è:  a)  un  essere  della  specie  umana;  b)  un  essere  individuale;  c)  un  essere  che  possiede  in  sé  la  finalità  di  svilupparsi  in  quanto  persona  umana  ed  insieme  la  capacità  intrinseca  di  operare  tale  sviluppo.  Da  tutto  ciò  si  può  concludere  che  l'embrione  umano  nella  fase  del  preimpianto  sia  già  realmente  una  persona?  È  ovvio  che,  trattandosi  di  un'interpretazione  filosofica,  la  risposta  a  tale  interrogativo  non  sia  di  fede  definita  e  rimanga  aperta,  in  ogni  caso,  ad  ulteriori  considerazioni.  Tuttavia,  proprio  a  partire  dai  dati  biologici  disponibili,  riteniamo  non  esservi  alcuna  ragione  significativa  che  porti  a  negare  l'essere  persona  dell'embrione,  già  in  questa  fase.  Naturalmente,  ciò  presuppone  un'interpretazione  del  concetto  di  persona  di  tipo  sostanziale,  riferita  cioè  alla  stessa  natura  umana  in  quanto  tale,  ricca  di  potenzialità  che  si  esprimeranno  lungo  tutto  lo  sviluppo  embrionale  e  anche  dopo  la  nascita.  A  supporto  di  tale  posizione,  va  osservato  come  la  teoria  dell'animazione  immediata,  applicata  ad  ogni  essere  umano  che  viene  all'esistenza,  si  mostri  pienamente  coerente  con  la  sua  realtà  biologica  (oltre  che  in  sostanziale  continuità  col  pensiero  della  Tradizione).  “Sei  tu  che  hai  creato  le  mie  viscere  e  mi  hai  tessuto  nel  seno  di  mia  madre.  Ti  lodo,  perché  mi  hai  fatto  come  un  prodigio;  sono  stupende  le  tue  opere,  tu  mi  conosci  

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fino  in  fondo”  recita  il  Salmo  (Sal  139,  13-­‐14),  riferendosi  all'intervento  diretto  di  Dio  nella  creazione  dell'anima  di  ogni  nuovo  essere  umano.  Dal  punto  di  vista  morale,  poi,  al  di  là  di  ogni  considerazione  sulla  personalità  dell'embrione  umano,  il  semplice  fatto  di  essere  in  presenza  di  un  essere  umano  (e  sarebbe  sufficiente  persino  il  dubbio  di  trovarsi  alla  sua  presenza)  esige  nei  suoi  confronti  il  pieno  rispetto  della  sua  integrità  e  dignità:  ogni  comportamento  che  in  qualche  modo  possa  costituire  una  minaccia  o  un'offesa  per  i  suoi  diritti  fondamentali,  primo  fra  tutti  il  diritto  alla  vita,  è  da  considerarsi  come  gravemente  immorale.  In  conclusione,  desideriamo  fare  nostre  le  parole  che  il  Santo  Padre  Benedetto  XVI  ha  pronunciato  nel  suo  indirizzo  al  nostro  Congresso:  “L'amore  di  Dio  non  fa  differenza  fra  il  neoconcepito  ancora  nel  grembo  di  sua  madre,  e  il  bambino,  o  il  giovane,  o  l'uomo  maturo  o  l'anziano.  Non  fa  differenza  perché  in  ognuno  di  essi  vede  l'impronta  della  propria  immagine  e  somiglianza  (Gn  1,  26).  Non  fa  differenza  perché  in  tutti  ravvisa  riflesso  il  volto  del  suo  Figlio  Unigenito,  in  cui  ci  ha  scelti  prima  della  creazione  del  mondo,  predestinandoci  a  essere  suoi  figli  adottivi...secondo  il  beneplacito  della  sua  volontà'  (Ef  1,  4-­‐6)”.   (Da  L'Osservatore  Romano,  23  marzo  2006,  p.  6  )  

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JAVIER  LOZANO  BARRAGÁN          LA  CULTURA  DELLA  MORTE  CONTRO  LA  CULTURA  DELLA  VITA    NELL'INSEGNAMENTO  DELLA  “EVANGELIUM  VITAE”    INTRODUZIONE  Il  Congresso  Internazionale  organizzato  dalla  Pontificia  Accademia  per  la  Vita  è  dedicato  all'embrione  umano  nella  fase  del  preimpianto.  Verrano  analizzati  gli  aspetti  scientifici  e  le  considerazioni  bioetiche.  In  questa  introduzione,  che  mi  è  stato  chiesto  di  fare  da  un  punto  di  vista  teologico,  mi  è  sembrato  che  mi  si  presentasse  una  scelta:  o  il  tentativo  di  elaborare  una  riflessione  teologica  sull'origine  della  vita,  oppure  cercare  di  presentare  un  quadro  culturale,  filosofico  e  teologico  che  introduca  il  tema  scientifico  e  bioetico.  Dato  che  ho  già  avuto  modo  di  trattare  il  primo  tema  in  questa  stessa  sede,  ho  scelto,  in  questa  occasione,  la  seconda  possibilità.  È  un  tema,  questo,  molto  sviluppato  dal  venerato  Giovanni  Paolo  II  nella  sua  Enciclica  Evangelium  Vitae.  Pertanto  mi  è  parso  opportuno  di  analizzare  alcune  idee  a  partire  da  questa  Enciclica  in  merito  ad  alcuni  aspetti  filosofici  e  teologici  trattati  in  quella  sede  da  Giovanni  Paolo  II  e  che  ci  condurranno  al  centro  del  pensiero  di  Benedetto  XVI  nella  sua  prima  Enciclica  Deus  Caritas  Est.      SITUAZIONE  ATTUALE  Credo  che  non  sia  difficile  rendersi  conto  che  viviamo  in  un  mondo  caratterizzato  da  una  mentalità  malthusiana.  C'è  il  timore,  soprattutto  nel  Primo  Mondo,  che  i  beni  di  consumo  non  bastino  per  tutti.  Da  qui  l'idea  di  sopprimere  i  nuovi  commensali  al  banchetto  della  vita,  in  particolare  se  provengono  dal  Terzo  Mondo  ponendo  ancor  più  a  rischio,  in  questo  modo,  i  vantaggi  che  credono  di  avere  nel  proprio  ambito  di  privilegi.  Così  si  sono  moltiplicate  dovunque  le  campagne  di  controllo  della  natalità,  sia  attraverso  l'uso  degli  anticoncezionali,  sia  anche  attraverso  la  sterilizzazione,  la  legittimazione  dell'aborto  attraverso  le  leggi  dello  stato,  gli  omicidi  malavitosi,  la  corruzione.  Questo  anche  a  livello  statale  come  nel  caso  dell'omicidio  delle  bambine  in  Cina  dove,  avendo  lo  stato  imposto  alla  coppià  la  possibilità  di  avere  un  unico  figlio,  se  nasce  una  figlia  femmina  si  sopprime  in  modo  da  avere  un'altra  opportunità  di  avere  un  figlio  maschio;  e  lo  stesso  dicasi  per  le  guerre,  che  non  mancano  mai,  oppure  per  l'eutanasia,  sempre  più  diffusa.  Altri  modi  di  sopprimere  la  vita  sono  l'utilizzo  degli  embrioni  a  fini  scientifici,  quando  questi  vengono  considerati  come  mero  materiale  di  sperimentazione,  e  in  generale  tutti  i  tipi  di  manipolazione  possibili  grazie  all'ingegneria  genetica  in  cui  si  procede  senza  alcun  rispetto  per  la  vita  in  quanto  tale.      LA  CULTURA  DELLA  MORTE  Davanti  a  questi  avvenimenti,  riflettendo  sulla  loro  ragione  d'essere  troviamo  una  giustificazione  nella  cultura  della  morte  che,  a  sua  volta,  affonda  le  radici  nel  secolarismo.  Giovanni  Paolo  II,  nella  suddetta  Enciclica,  ci  indica  le  sue  radici  nell'ira,  nell'avidità,  nell'irresponsabilità,  nella  menzogna,  nel  materialismo.  Nella  recente  Enciclica,  Fides  et  Ratio,  ci  parla  della  messa  al  bando  della  metafisica,  del  relativismo  e  della  fuga  dalla  verità.  Cercherò  ora  di  orientare  in  questa  direzione  la  mia  riflessione.      Cartesianesimo  e  Secolarismo  Il  secolarismo,  come  forma  di  cultura  occidentale  che  si  si  è  diffusa  poi  in  tutto  il  mondo,  credo  che,  in  parte,  abbia  origine  nel  pensiero  del  filosofo  francese  René  Descartes:  egli,  per  risolvere  la  

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questione  del  dubbio  e  arrivare  alla  certezza  irrefutabile,  pensò  che  si  potesse  accettare  solo  ciò  che  si  reggesse  su  una  certezza  chiara  e  distinta.  Pertanto  affermò  l'esistenza  di  tre  sole  realtà  delle  quali  si  potesse  affermare  tale  certezza  e  cioè  Dio,  l'uomo  e  il  mondo.  Dio,  descritto  come  tale,  l'uomo  come  res  cogitans  e  il  mondo  come  res  extensa.  Ma  affinché  queste  realtà  fossero  accessibili  come  idee  chiare  e  distinte,  era  necessario  che  la  loro  esistenza  non  presupponesse  nessun'altra  realtà  e  chiamò  questa  indipendenzasostanza.  Definì  quindi  la  sostanza  come  ciò  che  esiste  e  che  non  necessita  di  niente  e  nessuno  per  esistere.  Da  questo  punto  di  vista,  ciò  che  conferisce  chiarezza  e  distinzione  al  pensiero,  e  quindi  la  certezza,  è  l'autonomia.  Qualcosa  che  esiste  di  per  sé.  I  problemi  che  si  presentarono  furono  diversi,  innanzitutto  come  mettere  in  relazione  queste  tre  entità;  poi,  non  avendo  bisogno  nessuna  delle  altre  per  esistere,  si  giunse  facilmente  all'eliminazione  di  Dio  e  quindi  si  pensò  che  la  cosa  più  chiara  fosse  la  materia;  da  un  lato  colui  che  pensa  si  identifica  con  la  materia,  dall'altro  afferma  l'esistenza  solo  di  ciò  che  egli  pensa.  Prima  di  Cartesio  la  realtà  si  concepiva  come  ciò  che  esiste,  ora  invece  si  concepisce  come  ciò  che  è  pensato  e  che  pertanto  esiste  nella  misura  in  cui  è  pensato.  Da  qui  si  svilupperanno  due  tendenze  filosofico-­‐culturali:  il  materialismo  e  l'idealismo  che  avranno  varie  ripercussioni  e  influenze  reciproche.      Secolarismo  ed  Evoluzionismo  Si  afferma  innanzitutto  il  secolarismo  e  in  seguito  si  prescinde  da  Dio.  Ora  l'uomo  si  considera  come  chiuso  in  se  stesso,  nelle  sue  proprie  creazioni  che  appaiono  come  prolungamenti  del  proprio  essere.  La  sua  comprensione  si  riduce,  come  dicevamo,  ora  al  pensiero,  ora  alla  materia,  dando  spazio  a  diverse  concezioni  sul  significato  dell'uomo  nelle  sue  creazioni  culturali.  Ridotto  alla  res  extensa  da  una  corrente  di  pensiero,  il  positivismo  prima  e  il  neopositivismo  poi,  l'uomo  si  è  interrogato  sulle  sue  origini  trovando  una  risposta  nell'evoluzionismo  il  cui  elemento  fondamentale  è  la  lotta  per  la  sopravvivenza,  the  struggle  for  life.  L'uomo  è  considerato  come  risultato  della  lotta  per  la  sopravvivenza  di  una  specie  superiore  contro  quelle  inferiori.  È  importante  notare  che  in  questa  concezione  la  vita  appare  come  conseguenza  della  lotta,  una  lotta  fino  alla  morte,  che  pertanto  significa  volontà  di  distruzione  dell'altro  o,  che  è  lo  stesso,  odio.  Per  tornare  all'uomo,  la  vita  si  considera  vissuta  in  questo  quadro  di  riferimento,  la  vita  come  conquista,  come  risultato  dell'odio  che  ha  portato  alla  soppressione  dell'altro.  Nell'ambito  di  questa  battaglia  campale  che  è  la  vita,  tutto  è  permesso,  dato  che  l'obiettivo  è  vivere  e  sopravvivere.  Questotutto  indica,  come  dice  il  Papa  nell'Evangelium  Vitae,  l'ira,  l'avidità,  l'irresponsabilità,  la  menzogna,  il  materialismo  totale.  La  vita  tocca  l'uomo  e  si  perpetua  in  lui  come  frutto  dell'odio  e  della  distruzione.  Questa  è  la  vita,  vivono  dunque  i  più  forti,  i  più  deboli  vengono  soppressi  sia  come  individui  che  come  gruppi.  Così  si  afferma  la  cultura  della  morte.      Secolarismo,  Individualismo  e  Idoli  In  questa  cultura  di  conquista  si  giunge  ad  una  situazione  di  forte  individualismo,  l'uomo  si  chiude  in  se  stesso  e  in  ciò  che  gli  conviene  per  continuare  a  vivere;  questo  individualismo  di  chiusura,  frutto  della  conquista,  lo  proietta  nei  suoi  desideri  che  chiamiamo  idoli  e  che  sono  la  sua  convenienza  che  appare  sotto  forma  degli  idoli  dell'avere,  del  potere  e  del  piacere:  vive  per  possedere,  più  si  ha  e  meglio  è,  ha  bisogno  del  potere,  di  strappare  agli  altri,  di  soggiogarli.  Si  sente  e  lotta  per  essere  il  padrone  dispotico  di  tutto  ciò  che  esiste.  In  questo  prova  la  sua  massima  soddisfazione,  soprattutto  nell'ambito  di  ciò  che  può  sperimentare  nella  sfera  dei  sensi.  Così  il  mondo  esterno  esiste  per  essere  dominato,  tutto  assume  valore  per  se  stesso,  all'interno  della  propria  “estensione”  o  materialità;  così  la  natura  non  viene  considerata  come  qualcosa  di  

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sacro,  che  deve  essere  rispettata  e  condotta  al  suo  compimento,  ma  è  l'uomo  a  diventare  il  fine  della  natura,  manipolandola  senza  limiti  e  depredandola  a  suo  piacimento  e  convenienza.  La  materia  appare  all'uomo  come  manipolabile,  senza  eccezioni,  considerando  allo  stesso  modo  gli  altri  uomini  e  le  altre  forme  di  vita.  Per  questa  ragione  anche  l'origine  della  vita  rappresenta  un  elemento  totalmente  manipolabile  in  base  al  capriccio  del  manipolatore.  Nel  campo  dell'ingegneria  genetica  non  esistono  limiti  se  non  nella  convenienza  e  la  volontà  di  chi  vi  opera.  La  tecnica,  allora,  sembra  rispondere  ad  un'unica  legge:  ciò  che  è  possibile.  La  finalità  dell'uomo  come  tale  resta  esclusa,  a  meno  che  non  sia  intesa  come  finalità  di  questo  uomo  concreto,  del  tecnologo,  dello  scienziato,  del  politico,  che  manipolerà  la  natura  a  suo  proprio  piacimento,  unico  limite  e  unica  legge.  Anche  quando  si  tratta  della  sfera  sessuale,  è  questa  l'unica  legge:  tutto  si  interpreta  dal  punto  di  vista  del  piacere  cercando  di  evitare  tutto  ciò  che  possa  causare  dolore.  Quando  nell'attività  sessuale  si  incappa  nella  vita  a  due,  poiché  non  importa  condividere  la  vita  a  due,  se  ciò  non  va  d'accordo  con  le  esigenze  di  questo  individuo,  si  condividerà  semplicemente  la  vita  nella  misura  in  cui  questa  sia  in  qualche  modo  conveniente  per  questo  individuo.  Così  nasce  la  mentalità  malthusiana  e  si  giunge  ai  vari  modi  per  limitare,  o  meglio,  per  sopprimere  la  natalità  quando  questa  non  sia  completamente  asservita  al  capriccio  egoista  di  quest'uomo.  Chi  è  quest'uomo?  Sarà  colui  che  ha  conquistato  il  mondo  con  la  tecnica,  la  politica  e  l'economia  e  in  forza  di  questa  conquista  detta  le  leggi  a  cui  dovranno  sottostare  coloro  che  non  hanno  fatto  questa  conquista,  che  restano  nella  scala  degli  esseri  inferiori  e,  in  ogni  caso,  dei  vinti.  Questo  uomo,  come  abbiamo  detto,  vive  sì  in  comunità,  ma  in  comunità  fatte  di  individualità  egoiste  che  mirano  solo  al  proprio  interesse,  incuranti  del  benessere  di  quanti  non  abbiano  raggiunto  i  vertici,  dei  vinti.  Questa  è  la  cultura  della  morte.      LA  CULTURA  DELLA  VITA  Fede  in  Dio  Creatore  e  Redentore  In  una  posizione  completamente  opposta  a  questa,  si  trova  la  cultura  della  vita.  La  cultura  della  vita,  frutto  della  fede  in  Dio,  sorgente  di  tutta  la  vita,  il  Creatore,  il  Verbo  Incarnato,  Cristo  morto  e  resuscitato.  È  la  fede  come  piena  apertura  a  Dio  che  ci  rivela  il  mistero  della  sua  esistenza  e  al  quale  ci  rivolgiamo  riverenti,  davanti  al  mistero  della  sua  Trascendenza  fatta  intimità  per  l'uomo  nell'incarnazione  del  Verbo.  È  una  posizione,  questa,  diametralmente  opposta  a  quella  precedente,  così  come  sono  opposte  la  vita  e  la  morte.  La  vita  ha  un  paradigma  che  è  Dio,  nostro  Signore,  con  cui  possiamo  entrare  in  contatto  attraverso  l'Incarnazione  del  Verbo,  la  sua  morte  e  la  resurrezione  redentrice.  Questo  è  il  vero  paradigma  della  vita.  In  questo  modo  la  vita  dell'uomo  si  apre  ad  una  relazione  fondamentale:  è  creatura,  è  creato  da  Dio.  La  vita  non  l'acquisisce  conquistandola  come  un  diritto  al  piacere,  ma  ricevendola  gratuitamente  come  un  dono  ineffabile  che  significa  la  creazione,  ma  che  dal  Verbo  incarnato,  acquisisce  nuovi  e  interminabili  orizzonti  proiettati  verso  la  vita  eterna.  Dio  si  è  fatto  uomo  affinché  l'uomo  si  facesse  Dio,  dicono  i  Santi  Padri.  La  vita  specificamente  umana  ha  una  strada  da  percorrere  che  non  terminerà  mai.  È  una  qualità  in  continua  crescita  verso  il  suo  orizzonte  che  è  la  vita  eterna,  Dio.  Ed  è  la  vita  eterna  che  si  è  fatta  storia  in  Cristo,  Verbo  Incarnato.  Così  la  vita  nasce  dall'amore  di  Dio  ed  è  amore  in  sé.  Qui  entriamo  nel  nucleo  dell'Enciclica  Deus  Caritas  Est  di  Benedetto  XVI.  Seguendo  il  pensiero  del  Papa,  la  vita  è,  di  conseguenza,  una  mera  relazione  di  gratitudine  tra  l'uomo  e  Dio  ed  ha,  quindi,  una  finalità:  rispecchiare  questa  relazione  di  gratuità  nel  servizio  agli  altri,  non  come  conquista,  ma  come  condivisione,  specialmente  con  coloro  che  non  hanno  nulla,  quindi  la  vita  viene  dalla  creazione,  dal  nulla.      

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La  partecipazione  alla  Vita  della  Santissima  Trinità  La  pienezza  della  vita  ha  una  finalità  eterna,  è  un  ricevere  che  va  oltre  la  stessa  creaturalità  dell'uomo  e  lo  eleva  allo  stato  di  figlio  di  Dio.  La  sua  dimensione  contingente  sarà  vinta  dall'eternità,  dalla  vita  eterna.  È  una  partecipazione  di  Dio  Uno  e  Trino,  la  cui  vita  consiste  in  una  infinita  donazione  dal  Padre  al  Figlio  e  dal  Figlio  al  Padre,  donazione  che  nell'amore  pieno  è  lo  Spirito  Santo.  Quindi,  la  vita  umana  dovrà  essere  una  donazione  senza  limiti  per  gli  altri,  lontano  dall'essere  chiusa  e  individualista,  sarà  un'apertura  e  un  vivere  sempre  per  gli  altri.  L'uomo  è  sempre  un  essere  in  relazione,  così  come  Dio  è  l'Essere  in  relazione;  dalla  relazione  con  Dio,  deriva  la  relazione  tra  gli  uomini  e  tra  l'uomo  e  le  altre  creature.  In  questo  senso  possiamo  comprendere  la  definizione  che  Boezio  dà  dell'eternità  quando  la  definisce  come  interminabilis  vitae  tota  simul  atque  perfecta  possessio.      Dominio  della  Creazione  Dominerà  su  tutti  gli  altri  esseri  della  creazione,  ma  sempre  rispettando  la  finalità  per  la  quale  sono  stati  creati.  Dunque,  l'orizzonte  della  scienza  e  della  tecnica  non  è  solo  ciò  che  è  possibile,  ma  anche  la  finalità  delle  cose.  È  vero  che  la  natura  deve  essere  manipolata,  ma  rispettando  le  sue  leggi  precipue  che  provengono  da  Dio  e  che  contribuiscono  al  bene  dell'uomo  stesso.  Nel  più  profondo  di  ogni  essere  creato,  riluce  una  finalità  voluta  da  Dio  la  cui  consistenza  è  stata  rivelata  all'uomo  affinche  egli  la  realizzi.  In  questo  modo  tutti  gli  esseri  creati  vanno  a  confluire  nell'uomo,  unico  essere  della  creazione  che  è  stato  voluto  per  se  stesso  e  che  può  usare  come  mezzo  tutte  le  altre  creature.      L’ORIGINE  DELLA  VITA  UMANA  Se  prendiamo  ora  in  considerazione  l'origine  della  vita  umana  e  ci  riferiamo  all'atto  sessuale,  questo  dovrà  essere  ritenuto  un  autentico  atto  di  donazione  d'amore,  di  agape,  secondo  Benedetto  XVI,  come  il  simbolo  vitale  profondo  della  relazione  di  amore  dalla  quale  sgorga  la  vita  a  immagine  della  donazione  d'amore  che  è  la  vita  stessa  in  Dio.  Essendo  un  amore  di  donazione  totale,  l'atto  sessuale  appare  come  espressione  totalizzante  dell'amore  che  si  dà  solo  in  questa  totalità  di  relazione  personale  che  assume  il  nome  di  matrimonio  e  famiglia.  L'ingegneria  genetica  applicata  alla  generazione  umana  dovrà  avere  uno  scopo:  quello  di  facilitare  e  perfezionare  questa  donazione  personale  totale  e  non  di  impedirla  o  distruggerla.  Tutto  l'ambito  dell'ingegneria  genetica,  quando  ha  a  che  fare  con  la  vita  umana,  non  ha  come  oggetto  qualcosa  di  manipolabile  liberamente,  ma  qualcosa  a  cui  si  deve  rispetto  secondo  la  piena  qualità  di  vita,  ossia  la  vita  umana  e  divina  di  ciascuna  persona.  La  vita  umana  implica  dunque  un'etica,  un  ethos,  una  tendenza  ad  aprirsi  alla  propria  finalità;  questa  finalità  la  riceve  dal  suo  modello,  cioè  la  vita  divina  del  Verbo  Incarnato  e  che  si  realizza  nella  storia  con  la  morte  e  la  resurrezione  di  Cristo.  Di  conseguenza  la  vita  umana  è  una  vita  di  donazione  totale  fino  alla  morte.  Questa  è  la  sua  etica;  invece  di  chiudersi  in  un  individualismo  totale,  si  apre  pienamente  e  si  dà  agli  altri  fino  alla  morte,  come  via  verso  la  divinizzazione,  che  è  la  resurrezione.  Quindi  la  donazione  non  esclude  la  sofferenza  e  il  dolore,  ma  li  include  nella  croce  di  Cristo.  La  vita  è  una  vita  piena,  è  verità,  non  esente,  tuttavia,  da  difficoltà,  dal  dolore  e  dalla  morte,  ma  una  morte  transitoria  che,  nella  remissione  amorosa  dello  Spirito  di  amore  nelle  mani  del  Padre  del  Cielo,  germina  in  una  vita  eterna,  che  è  la  vera  vita  e  che  sta  per  realizzarsi.  In  questo  modo  la  vita  entra  nella  sfera  della  divinità  e  più  che  in  qualcosa  da  dominare  e  manipolare,  è  racchiusa  nel  mistero  cristiano  che  si  adora  e  si  contempla.      

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LA  QUALITÀ  DELLA  VITA   Questa  è  l'autentica  qualità  della  vita.  La  qualità  della  vita  giustifica  il  rispetto  dovuto  alla  vita  stessa  in  ogni  ambito,  ed  è  evidente  che  la  qualità  della  vita  umana  non  si  misura  solo  in  base  a  coefficienti  economici,  e  neanche  meramemente  sociali  o  ecologici,  ma  la  sua  qualità  è  determinata  essenzialmente  dall'eternità  pasquale  che  caratterizza  e  specifica  la  vita  umana.  La  contemplazione  di  questa  qualità  della  vita  è  l'attitudine  propria  per  accedervi  e  fondare  realmente  la  cultura  della  vita.  Il  fondamento  è  la  relazione  di  questa  vita  con  la  vita  del  Verbo  Incarnato,  relazione  non  meramente  esterna,  ma  che  si  proietta  nell'essenza  stessa  della  vita  umana  per  il  fatto  che  l'uomo  è  elevato  alla  dignità  dell'essere  figlio  di  Dio  attraverso  il  Figlio  di  Dio.  C'è  qualcosa  di  intrinseco  nella  stessa  vita  umana,  non  un  semplice  riferimento,  ma  qualcosa  di  profondo  che  in  se  stesso  qualifica  la  vita  e  ci  permette  di  accedere  al  mistero  della  vita  nella  piena  adorazione  di  Dio.  Pertanto  risulta  evidente  che  la  vita  non  è  il  frutto  di  una  conquista,  ma  la  grata  accoglienza  di  un  dono  che,  come  tale,  è  assolutamente  gratuito  e  ci  viene  fatto  come  inizio  di  una  nuova  logica:  la  logica  della  gratuità.      L’Evoluzione  Affermando  che  la  vita  non  è  una  conquista,  non  contraddiciamo  esattamente  la  possibilità  evoluzionistica  dell'origine  della  vita,  semplicemente,  con  l'insegnamento  della  Chiesa,  riteniamo  che,  nel  caso  dell'evoluzione  della  vita  in  una  scala  ascendente,  arrivando  all'uomo  non  ci  si  imbatta  in  un  mero  sviluppo  di  ciò  che  va  realizzandosi  nelle  sfere  inferiori,  in  cui  non  si  nega  la  selezione  delle  specie  e  la  sopravvivenza  degli  individui  attraverso  la  lotta  e  il  prevalere  del  più  forte,  ma  che  l'uomo  non  sia  semplicemente  il  risultato  della  lotta,  il  primate  più  forte;  riteniamo  che  quando  si  arriva  a  questa  tappa  culminante  della  vita,  si  scorga  in  essa  un'azione  speciale  di  Dio  che  si  ripete  continuamente  in  ogni  uomo  e  si  identifica  nella  creazione  dell'anima,  del  proprio  principio  vitale  che  è  divino  per  la  partecipazione  della  vita  del  Verbo  Incarnato  nella  sua  morte  e  resurrezione.      Trionfo  della  cultura  della  vita  Come  abbiamo  detto  all'inizio,  il  mondo  attuale  è  caratterizzato  da  una  cultura  della  morte,  ma  la  cultura  della  vita  uscirà  sempre  vincitrice.  Nella  Enciclica  Evangelium  Vitae,  Papa  Giovanni  Paolo  II  usa  tre  esempi  per  indicarci  questa  certezza  della  speranza,  esempi  che  ritengo  opportuno  riportare  qui:  l'esempio  del  Faraone  che  fa  uccidere  tutti  i  neonati  ebrei,  l'esempio  di  Erode  che  uccide  tutti  i  piccoli  di  Betlemme  e  l'esempio  della  misteriosa  donna  dell'Apocalisse  che  sta  per  dare  alla  luce  suo  figlio  mentre  c'è  vicino  il  drago  pronto  a  divorarlo,  ma  alla  donna  vengono  date  ali  per  volare  verso  il  deserto  dove  partorisce  suo  figlio  al  sicuro.  Nel  mondo  attuale  vediamo  come  da  ogni  parte  si  trovino  minacce  alla  vita  umana  al  suo  inizio,  tuttavia,  come  il  Faraone,  Erode  e  il  drago  fallirono  nella  loro  missione  di  morte,  così  anche  queste  insidie  non  avranno  successo,  la  vita  andrà  avanti  e  continueremo  ad  apprezzarla  come  il  gran  regalo  che  ci  dà  Dio  e  che  ci  innalza  alla  dignità  della  filiazione  divina.  La  verità  della  vita  consiste  nella  donazione,  nel  vero  amore  che  si  costruisce  in  questa  relazione  con  l'esercizio  della  libertà.  La  libertà  che  edifica  la  vita  e  la  personalità.  Vita,  amore  e  libertà  si  relazionano  in  modo  così  profondo  che  l'uno  non  può  esistere  senza  gli  altri  e  insieme  costruiscono  la  vera  cultura  della  vita.        

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CONCLUSIONE   La  distruzione  dell'embrione  obbedisce  ad  una  mentalità  malthusiana  mista  ad  un  positivismo  meccanicista  e  ad  un  idealismo  in  cui  il  pensiero  soggettivo  è  norma  dell'azione.  Così  nasce  la  cultura  della  morte,  in  piena  chiusura  verso  il  trascendente.  L'unica  norma  etica  dell'azione  è  il  contratto  come  espressione  della  volontà  del  più  forte.  Nella  cultura  della  morte,  la  scienza  e  la  tecnica  sono  strumenti  dell'uomo  inteso  come  padrone  dispotico  della  natura,  compresa  la  vita  umana.  Il  suo  limite  è  solo  nella  possibilità.  La  cultura  della  vita,  partendo  dalle  verità  della  creazione  e  della  redenzione,  si  oppone  alla  cultura  della  morte.  L'autentica  cultura  della  vita  è  la  partecipazione  alla  vita  divina.  Lo  sfondo  della  cultura  della  vita  è  la  gratuità.  La  vita  consiste  nella  donazione  d'amore  reciproca.  Nella  cultura  della  vita,  l'uomo  appare  come  signore  della  creazione  per  soddisfare  le  proprie  necessità.  È  questo  il  limite  della  scienza  e  della  tecnica:  soddisfare  i  bisogni  autentici  dell'uomo.  Pertanto  l'orizzonte  della  tecnica  non  è  la  mera  possibilità,  ma  la  finalità.  Attraverso  la  virtù  della  speranza,  il  cristiano  si  apre  all'ottimismo  e  alla  consapevolezza  che  la  cultura  della  morte  non  prevarrà  su  quella  della  vita.  La  Santissima  Vergine  è  il  nostro  modello  per  la  cultura  della  vita.  Cristo  è  venuto  perché  avessimo  la  vita  e  l'avessimo  in  abbondanza.  Cristo  arriva  a  noi  attraverso  Maria.  Maria  è  fonte  di  vita,  da  Lei,  per  opera  dello  Spirito  Santo,  nasce  Cristo,  Dio  e  vero  uomo,  l'unico  che  ci  dà  la  vita  vera.  Nella  lotta  contro  la  cultura  della  morte,  è  Maria,  la  donna  dell'Apocalisse,  che  difenderà  la  vita  e  che  farà  sì  che  nel  mondo  si  imponga  definitivamente  la  cultura  della  vita.  Possa  Lei  da  qui,  dalla  Pontificia  Accademia  per  la  Vita,  intercedere  per  la  vita  del  mondo,  affinché  in  questo  nostro  mondo,  così  afflitto  dalle  conseguenze  della  cultura  della  morte,  abbia  vita  e  l'abbia  in  abbondanza.  

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M.ZERNICKA-­‐GOETZ          LO  SVILUPPO  ORIENTATO  MA  FLESSIBILE  DELLE  CELLULE  EMBRIONALI  DI  TOPO    Lo  sviluppo  dell'embrione  precoce  di  mammifero  è  regolativo,  il  che  significa  che  è  flessibile  e  sensibile  all'intervento  sperimentale.  Tale  flessibilità  si  potrebbe  spiegare  se  l'embriogenesi  fosse  originariamente  non  orientata  producendo  cellule  identiche.  In  alternativa,  lo  sviluppo  regolativo  potrebbe  significare  che  l'embrione  abbia  un  certo  orientamento  sin  dall'inizio,  e  che  ci  sia  una  restrizione  del  destino  cellulare  che  aumenti  costantemente  nel  tempo.  L'interesse  per  l'embrione  precoce  di  mammifero  ha  avuto  una  rinascita  in  seguito  alla  scoperta  di  un  certo  orientamento  nello  sviluppo  del  patterning  embrionario  di  topo  prima  dell'impianto.  Questo  patterning  non  riduce  la  flessibilità  dello  sviluppo  delle  singole  cellule  dell'embrione  di  topo  o  dell'embrione  come  un  tutto.  Pertanto,  il  patterning  e  la  capacità  regolativa  dell'embrione  coesistono  pacificamente.  In  molti  organismi,  la  polarità  dell'embrione  è  determinata  sin  dai  primissimi  momenti  dello  sviluppo  poiché  essi  ereditano  fattori  citoplasmatici  spazialmente  localizzati  che  agiscono  come  determinanti  per  garantire  il  destino  specifico  della  cellula.1  Tuttavia,  lo  sviluppo  dell'embrione  del  mammifero  è  regolativo  e  non  determinativo.  Ciò  solleva  l'importante  questione  di  come  si  sviluppi  il  destino  cellulare  in  assenza  di  fattori  determinativi.  Il  destino  della  prima  cellula  è  deciso  completamente  dal  caso?  O  esistono  schemi  non  rigidi  che  possono  influenzarne  lo  sviluppo  e  tuttavia  permettere  la  flessibilità?  Nel  mio  intervento  propongo  i  risultati  di  un  riesame  dei  nostri  studi  che  mostrano  come  la  polarità  e  il  destino  della  cellula  emergano  progressivamente  nel  processo  di  sviluppo  dell'embrione  di  topo.      I  Primi  Segni  di  Differenza      L'embrione  di  topo  al  terzo  giorno  di  sviluppo,  allo  stadio  di  blastocisti,  è  già  chiaramente  polarizzato.  Per  generare  la  polarità,  due  diversi  gruppi  di  cellule  devono  essere  stati  organizzati:  le  cellule  interne,  che  manteranno  la  pluripotenza  e  daranno  luogo  alla  massa  cellulare  interna  (ICM)  che  fornirà  le  cellule  progenitrici  per  la  costituzione  del  corpo  dell'embrione  e  per  alcune  cellule  extra-­‐embrionali,  e  le  cellule  esterne  che  si  differenzieranno  nel  trofectoderma  che  presiederà  solo  alla  formazione  di  strutture  extra-­‐embrionali.  Quando  le  cellule  assumono  la  loro  posizione  interna  o  esterna,  acquisiscono  proprietà  diverse  o  perché  questi  ambienti  alternativi  inducono  la  loro  differenziazione  2  o  perché  ereditano  il  dominio  apicale  o  basale  dalla  divisione  asimmetrica  dei  loro  progenitori  polarizzati.3  Oppure  sono  attivi  entrambi  i  meccanismi.4  Con  la  formazione  della  cavità  della  blastocisti,  la  ICM  si  localizza  asimmetricamente  verso  un  polo  dell'embrione:  il  polo  embrionale.  Quindi  la  blastocisti  ha  un  asse  embrionale-­‐abembrionale  chiaramente  polarizzato.  Negli  ultimi  anni  sono  stati  fatti  progressi  per  risolvere  due  questioni  importanti  e  correlate.  Primo:  come  si  sviluppa  l'asse  embrionale-­‐  abembrionale  dell'embrione?  Secondo:  quando  cominciano  a  differenziarsi  le  cellule?  Con  lo  scopo  di  rispondere  ad  entrambe  le  domande,  abbiamo  iniziato  a  sviluppare  strumenti  che  ci  permettessero  di  seguire,  senza  interferire,  lo  sviluppo  temporale  e  spaziale  dell'embrione  di  topo,  e  di  identificarne  le  singole  cellule  seguendo  il  loro  sviluppo  in  circostanze  normali  e  in  circostanze  condizionate.      

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La  Forma  della  Cellula  Influenza  la  Prima  Divisione  di  Segmentazione      L'ovulo  fecondato  di  topo  appare  uniforme,  tuttavia  un  prodotto  della  precedente  divisione  meiotica,  il  secondo  globulo  polare  (Polar  Body,  PB),  è  una  struttura  asimmetrica  che  definisce  convenzionalmente  la  posizione  del  polo  animale.5Un'altra  struttura  asimmetrica  è  il  cono  di  fecondazione,  che  indica  il  punto  di  entrata  dello  spermatozoo  (Sperm  Entry  Position,  SEP).  Inoltre,  al  momento  della  fecondazione,  la  cellula  uovo  cambia  forma  e  si  appiattisce  cosicché  il  punto  di  entrata  dello  spermatozoo  segnerà  l'asse  corto  dell'ovocita  fecondato.6  Abbiamo  osservato  che  l'orientamento  della  prima  divisione  cellulare  non  si  verifica  casualmente  rispetto  a  questi  fattori,  ma  viene  da  questi  “influenzato”.7  Nella  maggior  parte  degli  ovuli  fecondati  la  prima  divisione  è  significativamente  più  frequente  lungo  l'asse  animale-­‐vegetativo  piuttosto  che  perpendicolare  ad  esso.  La  correlazione  tra  la  prima  segmentazione  e  il  SEP  potrebbe  essere  dovuta  all'influenza  dello  spermatozoo  sulla  forma  dell'uovo,  poiché  il  SEP  è  in  relazione  all'asse  corto  dell'uovo  attraverso  il  quale  tende  a  verificarsi  la  divisione.  Abbiamo  osservato  altresì  che  la  forma  della  cellula  ha  una  maggiore  influenza  sulla  segmentazione  poichè,  quando  cambiamo  sperimentalmente  la  forma  delle  cellule  uovo,  ciò  porta  alla  divisione  attraverso  i  loro  nuovi  assi  corti.  Questo  effetto  dominante  della  forma  dell'ovulo  potrebbe  spiegare  alcune  variazioni  tra  gli  ovuli  fecondati  nell'orientamento  della  segmentazione  poiché  la  forma  dell'ovulo  potrebbe  essere  influenzata  dalle  condizioni  sperimentali.8      Pattern  di  Divisione  e  Destino  della  Cellula      Per  capire  se  esiste  un  pattern  per  lo  sviluppo  dell'embrione  precoce  di  topo  bisogna  impiegare  metodi  non  invasivi  per  individuarlo.  Questo  perché  lo  sviluppo  è  regolativo  e  quindi,  se  disturbato,  le  cellule  embrionali  prenderanno  percorsi  diversi.  Quindi,  solo  lo  sviluppo  di  sistemi  di  marcatura  non  invasiva  e  di  tecniche  di  immagine  tridimensionali  ha  permesso  di  riconoscere  l'origine  e  il  destino  delle  singole  cellule  embrionali.  Questa  marcatura  non  invasiva  indica  che,  indipendentemente  dall'orientamento  della  prima  divisione  cellulare,  il  suo  piano  di  divisione  spesso  permette  di  prevedere  l'orientamento  dell'asse  embrionale-­‐abembrionale  della  blastocisti.  Innanzitutto,  si  è  osservato  che  la  posizione  del  PB  non  marca  solo  il  piano  lungo  cui  si  effettua  la  prima  divisione  cellulare,  ma  più  tardi  anche  il  confine  tra  parti  embrionali  ed  abembrionali  della  blastocisti.9  Ciò  ha  portato  a  ipotizzare  che  l'asse  animale-­‐vegetativo  dell'ovulo  sia  conservato  durante  lo  sviluppo  pre-­‐impianto  e  sia  correlato  con  la  polarità  della  blastocisti.  È  stato  quindi  osservato  che  il  PB  ed  una  perlina  collocata  al  punto  di  entrata  dello  spermatozoo,  tendono  entrambi  a  segnare  il  piano  di  divisione  tra  i  due  blastomeri  e,  a  livello  di  blastocisti,  il  confine  embrionale-­‐abembrionale.10  Queste  osservazioni  hanno  rivelato  delle  correlazioni  che  non  si  verificherebbero  se  la  blastocisti  si  sviluppasse  solo  casualmente.  In  accordo  con  questi  risultati,  è  stato  evidenziato  che  i  blastomeri  allo  stadio  di  2  cellule  mostrano  differenze  condizionate  nel  loro  destino.11  Entrambi  i  blastomeri  contribuiscono  alla  formazione  della  ICM  e  del  trofectoderma  (TE),  ma  uno  contribuisce  maggiormente  alla  parte  embrionale  (contenente  il  TE  polare)  e  l'altro  alla  parte  abembrionale  (contenente  il  TE  murale)  della  blastocisti.  Questi  risultati  sono  attualmente  in  accordo  con  diversi  studi  precedenti  che  hanno  dimostrato  che  uno  dei  due  blastomeri  (il  primo  a  dividersi)  contribuisce  ad  un  maggior  numero  di  cellule  della  ICM,  la  maggior  parte  delle  quali  si  troverà  nella  parte  embrionale.12  È  difficile  quantificare  la  relazione  tra  l'orientamento  del  piano  che  separa  i  due  blastomeri  e  quello  del  confine  embrionale-­‐abembrionale  della  blastocisti  e  ciò  ha  portato  ad  una  certa  varietà  

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di  conclusioni  e  a  qualche  controversia.13Quindi,  per  permettere  una  misurazione  quantitativa  della  posizione  delle  cellule  discendenti,  la  più  recente  tecnica  di  marcatura  della  discendenza  cellulare  ha  usato  una  linea  di  riferimento  che  ha  consentito  l'identificazione  delle  cellule  in  strati  differenti  della  blastocisti  sezionata  otticamente.14  Ciò  ha  rivelato  la  proporzione  di  parti  embrionali  e  abembrionali  occupate  dalla  progenie  dei  singoli  blastomeri  dell'embrione  allo  stadio  di  2-­‐  e  4-­‐cellule,  che  ha  confermato  l'influenza  dei  primi  2  blastomeri  nel  contribuire  alla  formazione  di  più  cellule  sia  nella  parte  embrionale,  sia  in  quella  abembrionale.  Inoltre,  ciò  ha  dimostrato  che  tale  influenza  dipende  dallo  schema  della  seconda  divisione  di  segmentazione.      La  Seconda  Divisione  Cellulare  e  il  Destino  della  Cellula      Le  seconde  divisioni  di  segmentazione  sono  asincrone  e  il  loro  orientamento  è  variabile:  si  possono  verificare  pressappoco  lungo  l'asse  animale-­‐vegetativo,  meridionalmente  (M),  com  la  prima  divisione  cellulare,  oppure  equatorialmente/obliquamente  (E).15  Si  può  verificare  qualsiasi  combinazione  della  sequenza  temporale  di  queste  divisioni,  anche  se  sono  più  comuni  divisioni  sequenziali  M  ed  E.16  Quando  la  prima  divisione  che  si  verifica  è  M,  e  la  successiva  è  E,  la  prima  delle  due  cellule  a  dividersi  contribuirà  maggiormente  alla  parte  embrionale,  mentre  la  seconda  alla  parte  abembrionale.  Se  invece  si  verifica  prima  la  divisione  E  e  poi  M,  la  prima  cellula  a  dividersi  costituisce  sia  la  parte  embrionale  sia  quella  abembrionale.  Al  contrario,  quando  le  seconde  divisioni  di  segmentazione  sono  di  orientamento  simile,  la  distribuzione  della  progenie  dei  blastomeri  appare  casuale.  Pertanto,  il  fatto  che  le  prime  due  cellule  si  dividano  meridionalmente  piuttosto  che  equatorialmente  sembra  influenzare  il  loro  destino.  È  importante  questo  per  il  loro  potenziale  di  sviluppo?  Un  modo  per  rispondere  alla  domanda  sarebbe  quello  di  separare  le  cellule  e  seguire  il  loro  sviluppo.  Per  questa  via  è  stato  dimostrato  che  i  blastomeri  dell'embrione  di  topo  allo  stadio  di  2  cellule  sono  totipotenti:  se  ne  viene  distrutto  uno,  l'altro  è  in  grado  di  portare  a  termine  lo  sviluppo.17Nonostante  gli  sforzi,  ciò  non  si  è  mai  ottenuto  con  embrioni  derivati  da  singoli  blastomeri  di  embrione  di  topo  allo  stadio  di  4  cellule.  Ma  questo  può  essere  dovuto  alle  piccole  dimensioni  degli  embrioni  ottenuti  piuttosto  che  ad  una  differenza  di  potenzialità  tra  i  blastomeri  dell'embrione  a  4  cellule.  Quindi,  i  blastomeri  allo  stadio  di  4  cellule  sono  identici  tra  di  loro?  Per  rispondere,  è  fondamentale  combinare  ciascuno  dei  4  blastomeri,  presi  singolarmente,  con  cellule  equivalenti  per  generare  chimere  di  ciascun  tipo  di  cellula.  Il  gruppo  di  embrioni  più  comune  in  cui  la  seconda  divisione  più  precoce  è  M  e  la  successiva  è  E,  è  un  gruppo  interessante  per  questo  tipo  di  studi  poiché  i  loro  4  blastomeri  hanno  origine  e  destino  prevedibili  all'interno  della  blastocisti  permettendo  di  identificare  tipologie  simili  di  cellule  da  un  embrione  all'altro.  La  combinazione  di  cellule  simili  per  creare  chimere  di  singoli  tipi  di  cellule  ha  dimostrato  che  i  blastomeri  possono  essere  diversi  fra  loro  già  allo  stadio  di  4  cellule.  Le  chimere  di  blastomeri  derivanti  da  una  prima  divisione  M  (porzioneanimale-­‐vegetativa)  si  sono  sviluppate  normalmente  fino  alla  fine.  Tuttavia,  al  contrario,  lo  sviluppo  di  chimere  di  blastomeri  derivanti  dalle  divisioni  E  (parte  solo  animale  o  solo  vegetativa)  è  stato  compromesso.  Inoltre,  mentre  le  chimere  derivanti  da  blastomeri  della  parte  animale  sono  riuscite  a  svilupparsi  a  termine,  per  quelle  derivanti  dalla  partevegetativa  non  si  è  potuto  ottenere  lo  stesso  risultano.  Pensiamo  che,  almeno  in  parte,  tale  difetto  possa  essere  dovuto  ad  una  ridotta  capacità  proliferativa  dei  blastomeri  derivanti  dalle  successive  divisioni  equatoriali  poiché  essi  hanno  dato  luogo  a  embrioni  post-­‐  impianto  molto  più  piccoli.  Pertanto,  la  mia  analisi  porta  a  concludere  che  un  numero  crescente  di  blastomeri  nelle  chimere  vegetative  dovrebbe  portare  ad  un  loro  migliore  sviluppo.  

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I  risultati  sopra  esposti  sono  stati  davvero  sorprendenti  in  quanto  si  pensava  che  i  blastomeri  allo  stadio  di  4  cellule  fossero  identici.  Questi  risultati  sono  di  fatto  in  accordo  con  gli  studi  precedenti  che  hanno  dimostrato  come  i  blastomeri  allo  stadio  di  4  cellule  possano  contribuire  a  diverse  linee  cellulari.18  Certamente  Piotrowska-­‐Nitsche  e  colleghi  hanno  dimostrato  che,  sebbene  lo  sviluppo  dei  blastomeri  vegetativi  sia  compromesso  quando  è  contornato  da  cellule  simili,  quando  esso  è  contornato,  invece,  da  blastomeri  di  diversa  origine  può  contribuire  a  tutte  le  linee  cellulari.19  Quindi,  il  successo  dello  sviluppo  potrebbe  dipendere  dall'ambiente  cellulare  in  cui  si  trova  la  cellula.      Considerazioni  Conclusive      Il  patterning  dell'embrione  di  topo,  così  come  di  altre  specie,  è  un  processo  emergente  costruito  su  asimmetrie  successive  che  si  susseguono  man  mano  che  l'ovulo  si  sviluppa  dopo  la  fecondazione.  Ma  nel  topo,  a  differenza  di  molti  altri  organismi,  il  destino  della  cellula  e  il  patterning  non  sembrano  essere  regolati  da  determinanti  citoplasmatici.  Piuttosto,  le  cellule  “imparano”  la  loro  strada  dai  segnali  che  incontrano  durante  il  loro  sviluppo.  Questa  acquisizione  graduale  di  informazioni  è  compatibile  con  la  plasticità  delle  cellule  embrionali  di  avviare  diverse  opzioni  di  sviluppo  quando  cambia  il  contesto  cellulare  (le  cellule  vicine  o  altri  elementi  dell'ambiente).  

 1  St  Johnston  D.,  Nusslein-­‐Volhard  C.,  The  origin  of  pattern  and  polarity  in  the  Drosophila  embryo,  Cell  1992,  68:  201-­‐219;  Gurdon  J.B.,  The  generation  of  diversity  and  pattern  in  animal  development,  Cell  1992,  68:  185-­‐99.  2  Tarkowski  A.K.,  Wroblewska  J.,  Development  of  blastomeres  of  mouse  eggs  isolated  at  the  4  and  8-­‐cell  stage,  J.  Embryol.  Exp.  Morphol.  1967,  18:  155-­‐180.  3  Johnson  M.H.,  Ziomek  C.A.,  The  foundation  of  two  distinct  cell  lineages  within  the  mouse  morula,  Cell  1981,  24:  71-­‐80.  4  Per  una  review  si  veda:  Zernicka-­‐Goetz  M.,  Developmental  cell  biology:  cleavage  pattern  and  emerging  asymmetry  of  the  mouse  embryo,  Na.t  Rev.  Mo.l  Cell  Biol.  2005,  6:  919-­‐928.  5  Gulyas  B.A.,  A  re-­‐examination  of  cleavage  patterns  in  eutherian  mammalian  eggs:  rotation  of  blastomere  pairs  during  second  cleavage  in  the  rabbit,  J.  Exp.  Zool.  1975,  193:  235-­‐248;  Gardner  R.L.,  The  early  blastocyst  is  bilaterally  symmetrical  and  its  axis  of  symmetry  is  aligned  with  the  animal-­‐vegetal  axis  of  the  zygote  in  the  mouse,  Development  1997,  124:  289-­‐301.  6  Gray  D.,  First  cleavage  of  the  mouse  embryos  responds  to  change  in  egg  shape  at  fertilization,  Curr.  Biol.  2004,  14:  397-­‐405.  7  Zernicka-­‐Goetz  M.,  Patterning  of  the  embryo:  the  first  spatial  decisions  in  the  life  of  a  mouse,  Development  2002,  129:  815-­‐829.  8  Plusa  B.,  Hadjantonakis  AK.,  Gray  D.  et  Al.,  The  first  cleavage  of  the  mouse  zygote  predicts  the  blastocyst  axis,  Nature  2005,  434:  391-­‐395.  9  Gardner,  The  early  blastocystis...,  pp.  289-­‐301.  10  Piotrowska  K.,  Zernicka-­‐Goetz  M.,  Role  for  sperm  in  spatial  patterning  of  early  mouse  embryos,  Nature  2002,  409:  517-­‐521.  11  Piotrowska  K.,  Wianny  F.,  Pedersen  R.A.  et  Al.,  Blastomeres  arising  from  the  first  cleavage  division  have  distinguishable  fates  in  normal  mouse  development,  Development  2001,  128:  3739-­‐  3748;  Gardner  R.L.,  Specification  of  embryonic  axes  begins  before  cleavage  in  normal  mouse  

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development,  Development  2001,  128:  839-­‐847;  Fujimori  T.,  Kurotaki  Y.,  Miyazaki  J.I.  et  Al.,  Analysis  of  cell  lineage  in  2-­‐  and  4-­‐cell  mouse  embryos,  Development  2003,  21:  5113-­‐5122.  12  Hillman  N.,  Sherman  M.I.,  Graham  C.F.,  The  effect  of  spatial  arrangement  on  cell  determination  during  mouse  development,  J.  Embryol.  Exp.  Morphol.  1972,  28:  263-­‐278;  Graham  C.F.,  Deussen  Z.A.,  Features  of  cell  lineage  in  pre-­‐implantation  mouse  development,  J.  Embryol.  Exp.  Morphol.  1978,  48:  53-­‐72;  Surani  M.A.,  Barton  S.C.,  Spatial  distribution  of  blastomeres  is  dependent  on  cell  division  order  and  interactions  in  mouse  morulae,  Dev.  Biol.  1984,  102:  335-­‐343.  13  Gardner,  Specification  of  embryonic  axes...,  pp.  839-­‐847;  Piotrowska,  Wianny,  Pedersen,  Blastomeres  arising  from  the...,  pp.  3739-­‐3748;  Fujimori,  Kurotaki,  Miyazaki,  Analysis  of  cell  lineage  in...,  pp.  5113-­‐5122;  Alarcon  V.B.,  Marikawa  Y.,  Deviation  of  the  blastocyst  axis  from  the  first  cleavage  plane  does  not  affect  the  quality  of  mouse  postimplantation  development,  Biol.  Reprod  2003,  69:  1208-­‐1212;  Chroscicka  A.,  Komorowski  S.,  Maleszewski  M.,  Both  blastomeres  of  the  mouse  2-­‐cell  embryo  contribute  to  the  embryonic  portion  of  the  blastocyst,  Mol.  Reprod.  Dev.  2004,  68:  308-­‐312;  Motosugi  N.,  Bauer  T.,  Polanski  Z.  et  Al.,  Polarity  of  the  mouse  embryo  is  established  at  blastocyst  and  is  not  prepatterned,  Genes  &  Development  2005,  19:  1-­‐12.  14  Piotrowska-­‐Nitsche  K.,  Zernicka-­‐Goetz  M.,  Spatial  arrangement  of  individual  4-­‐cell  stage  blastomeres  and  the  order  in  which  they  are  generated  correlate  with  blastocyst  pattern  in  the  mouse  embryo,  Mechanisms  of  Development  2005,  122:  487-­‐500;  Piotrowska-­‐Nitsche  K.,  Perea-­‐Gomez  A.,  Haraguchi  S.  et  Al.,  Four-­‐cell  stage  mouse  blastomeres  have  different  developmental  properties,  Development  2005,  132:  479-­‐490.  15  Gardner  R.L.,  Experimental  analysis  of  second  cleavage  in  the  mouse,  Hum.  Reprod  2002,  12:  3178-­‐3189.  16  Piotrowska-­‐Nitsche,  Zernicka-­‐Goetz,  Spatial  arrangement  of  individual...,  pp.  487-­‐500.  17  Tarkowski  A.K.,  Experiments  on  the  development  of  isolated  blastomeres  of  mouse  eggs,  Nature  1959,  184:  1286-­‐1287.  18  Kelly  S.J.,  Studies  of  the  developmental  potential  of  4  -­‐and  8-­‐cell  stage  mouse  blastomeres,  J.  Exp.  Zool.  1977,  200:  365-­‐376;  Hillman,  Shermann,  Graham,  The  effect  of  spatial  arrangement...,  pp.  263-­‐278;  Kelly  S.J.,  Mulnard  J.G.,  Graham  C.F.,  Cell  division  and  cell  allocation  in  early  mouse  development,  J.  Embryol.  Exp.  Morphol.  1978,  48:  37-­‐51.  19  Piotrowska-­‐Nitsche,  Zernicka-­‐Goetz,  Spatial  arrangement  of  individual...,  pp.  487-­‐500.  

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R.  COLOMBO      Il  processo  di  fecondazione  e  le  sue  fasi.    Dai  gameti  dei  genitori  all’embrione  unicellulare    Nell'introduzione  al  suo  storico  saggio  del  1930,  The  Interpretation  of  Development  and  Heredity,  Edward  Stuart  Russell  rammentava  al  lettore  che  il  "problema  dello  sviluppo  è  indiscutibilmente  uno  dei  più  difficili  e  affascinanti  di  tutta  la  sfera  della  conoscenza.  Che  da  un  minuscolo  germe  dotato  di  una  struttura  relativamente  semplice  si  sviluppi  gradualmente,  attraverso  una  serie  di  processi  meravigliosamente  coordinati  nello  spazio  e  nel  tempo,  la  complessa  organizzazione  dell'adulto,  è  cosa  che  non  ha  mai  cessato  di  suscitare  lo  stupore  del  genere  umano.  Questo  problema  ha  rappresentato  una  sfida  incessante  all'intelletto  umano,  e  molte  e  disparate  sono  le  teorie  inventate  per  spiegarlo.  Esso  si  annovera  fra  i  problemi  principali  della  biologia".[1]  Lo  "stupore  del  genere  umano"  per  i  "meravigliosi  processi"  che  intervengono  nel  concepimento  e  nello  sviluppo  dell'essere  umano  è  espresso  in  maniera  viva  e  appassionata  dal  Salmista:  "Sei  tu  che  hai  creato  le  mie  viscere  e  mi  hai  tessuto  nel  seno  di  mia  madre.  Ti  lodo,  perché  mi  hai  fatto  come  un  prodigio;  sono  stupende  le  tue  opere".[2]  Fra  gli  scienziati  che  hanno  dedicato  tutta  la  loro  vita  professionale  a  indagare  come  l'embrione  si  formi  e  si  sviluppi  diventando  prima  un  feto  e  poi  un  adulto,  vi  è  una  comune  sensazione  che  Lewis  Wolpert  esprime  in  modo  conciso  ed  efficace  con  queste  parole:  "Chiunque  studi  lo  sviluppo  non  può  non  sentirsi  colmare  da  un  senso  di  stupore  e  di  letizia.  Lo  sviluppo  dell'embrione  è  un  processo  davvero  notevole,  e  comprenderlo  nulla  toglie  a  quel  senso  di  stupore".[3]  Una  breve  panoramica  della  biologia  della  riproduzione  umana  e  delle  prime  fasi  dello  sviluppo  embrionale  è  già  presente  negli  Atti  della  III  Assemblea  della  Pontificia  Accademia  per  la  Vita,[4]  e  la  conclusione  generale  che  è  stata  tratta  è  tuttora  coerente  con  le  più  recenti  evidenze  scientifiche  sul  processo  di  fecondazione:  "Alla  fusione  dei  due  gameti,  un  nuovo  reale  individuo  umano  incomincia  la  propria  esistenza"[5]  Tuttavia,  in  tempi  più  recenti,  si  sono  ottenuti  ulteriori  dettagli  circa  le  fasi  della  fecondazione  in  vitro  dei  mammiferi  e  circa  l'inizio  stesso  dello  sviluppo  dell'embrione  grazie  a  varie  osservazioni  ed  esperimenti  di  tipo  citologico,  genetico  e  molecolare.  Questi  nuovi  dati  biologici  di  per  sé  soli  non  suffragano  né  escludono  la  visione  del  processo  di  fecondazione  come  inizio  della  vita  umana  individuale,  un  concetto  saldo  della  biologia  della  riproduzione  sessuale  dei  mammiferi  che  poggia  sulla  considerazione  complessiva  di  evidenze  disponibili  da  tempo  nonché  di  acquisizioni  recenti.  Nondimeno,  buona  parte  di  quanto  è  stato  scoperto  negli  ultimi  anni  circa  la  struttura,  la  funzione  e  l'interazione  dei  gameti,  nonché  della  formazione  dell'embrione  unicellulare  e  della  sua  scissione,  è  rilevante  per  una  più  profonda  comprensione  del  modo  in  cui  nasce  e  comincia  il  suo  sviluppo  la  vita  individuale.  Per  favorire  l'integrazione  delle  osservazioni  biologiche  vecchie  e  nuove  circa  il  processo  complesso  e  coordinato  che  conduce  alla  fusione  dei  gameti  e  all'avvio  dello  sviluppo  embrionale,  esporremo  le  conoscenze  attuali  su  questo  processo  e  le  sue  fasi  in  una  prospettiva  storica.  Lo  scopo  non  è  passare  in  rassegna  tutta  l'enorme  mole  di  letteratura  scientifica  sull'argomento,  bensì  contribuire  all'avanzamento  dello  studio  delle  questioni  antropologiche  ed  etiche  riguardanti  l'inizio  della  vita  umana  individuale  fornendo  una  breve  e  aggiornata  panoramica  di  alcuni  aspetti  della  fecondazione  e  dei  suoi  prodromi,  con  particolare  riferimento  ai  mammiferi  e  all'uomo.  

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BREVE  PANORAMICA  STORICA  DELLE  OSSERVAZIONI  E  DELLE  TEORIE  DEL  CONCEPIMENTO  UMANO   L'antichità  e  il  medioevo      Per  tutta  la  lunga  storia  della  filosofia,  della  biologia  e  della  medicina  occidentale,  la  questione  di  quando  e  come  un  nuovo  essere  umano  si  formi  e  cominci  il  suo  sviluppo  prenatale  è  sempre  stata  oggetto  di  studi  approfonditi,  e  in  alcuni  periodi  anche  di  aspre  controversie.  Ben  prima  della  scoperta  della  fisiologia  e  della  genetica  della  riproduzione  sessuale  negli  animali  e  nell'uomo,  qualsiasi  attento  osservatore  della  vita  umana  poteva  vedere  che  una  gravidanza  ha  origine  da  un  rapporto  sessuale  fra  un  uomo  e  una  donna  in  età  fertile,  nel  quale  il  seme  maschile  passa  nell'utero  femminile.  Durante  l'antichità  furono  formulate  varie  congetture  per  spiegare  il  nesso  fra  la  presenza  di  seme  nei  genitali  interni  della  donna  e  la  comparsa  di  un  embrione.  Nel  suo  Περì  ζώων  γενέσεως,  Aristotele  (384-­‐322  a.C.)  sostenne  la  tesi  -­‐condivisa  anche  da  altri  autori  greci,  in  particolare  dall'autore  dell'ippocratico  Περì  φύσιος  παιδίου[6]-­‐  che  il  sangue  mestruale  (καταμήνια)  fosse  il  materiale  biologico  dal  quale  si  formavano  i  tessuti  e  gli  organi  dell'embrione.  A  quella  diffusa  convinzione  lo  Stagirita  aggiunse  la  tesi  che  il  maschio  fornisca  l'elemento  dinamico  germinale  (τò  'άρρεν  ποιητιχόν)  che  dà  forma  all'elemento  femminile  passivo  (τò θη̃λυ  παθητιχόν).  Contrariamente  alla  concezione  aristotelica  del  solo  germe  maschile,[7]  il  trattato  ippocratico  Περì  γονη̃ς  sostiene  la  "dottrina  dei  due  semi"  (l'elemento  germinale  maschile  e  quello  femminile),[8]  la  cui  origine  risale  ad  Alcmenone  di  Crotone  (n.  ca.  535  a.C.),  a  Parmenide  di  Elea  (ca.  515  dopo  il  540  a.C.),  a  Democrito  (fine  del  V  sec.  a.C.)[9]  e  a  Empedocle  di  Agrigento  (ca.  492-­‐432  a.C.).[10]  Il  medico  e  naturalista  greco  Claudio  Galeno  (129/130-­‐199/200  d.C.),  che  esercitò  a  Roma  sotto  gli  imperatori  Marco  Aurelio  e  Lucio  Commodo,  prese  le  distanze  dalla  dottrina  aristotelica  proponendo  la  tesi  che  la  femmina  elabori  il  proprio  seme  nelle  ovaie  (chiamate  testicoli  femminili)  per  filtrazione  dal  flusso  sanguigno.[11]  Tale  seme  sarebbe  poi  trasportato  attraverso  gli  ovidotti,  che  -­‐osservò  Galeno  correttamente-­‐  conducono  all'utero,  dove  avverrebbe  la  commistione  con  il  seme  maschile.  La  teoria  dei  due  semi  si  misurò  per  molti  secoli  con  la  "dottrina  del  sangue  mestruale",  ma  rispetto  a  questa  riuscì  a  catturare  meno  l'attenzione  dei  filosofi,  dei  medici  e  dei  naturalisti  del  Medioevo.[12]L'autorità  indiscussa  di  Aristotele,  come  filosofo  e  come  scienziato,  svolse  un  ruolo  decisivo  nell'accoglienza  della  sua  teoria  della  generazione.  Oltre  a  ciò,  la  teoria  biologica  del  seme  maschile  come  elemento  che  plasma  e  organizza  e  del  sangue  femminile  come  materiale  plasmabile  e  rudimentale  fu  favorita  dalla  sua  coerenza  prima  facie  con  la  teoria  metafisica  aristotelico-­‐scolastica  secondo  cui  i  due  principi  di  ogni  corpo  naturale  esistente  sarebbero  la  forma  sostanziale  e  la  materia  prima,  fra  cui  la  prima  sarebbe  il  principio  attuale  e  determinante,  e  la  seconda  rappresenterebbe  il  principio  potenziale  e  determinabile  (teoria  ilomorfica).[13]  La  teoria  del  concepimento  basata  sul  seme  e  sul  sangue  fu  bene  accolta  sia  dai  cristiani  che  dai  musulmani,  anche  in  virtù  della  sua  apparente  conformità  ad  alcuni  passi  rispettivamente  della  Bibbia  e  del  Corano.  Infatti,  nell'Antico  Testamento  l'embrione  è  chiamato  "frutto  dell'utero",  [14]  e  durante  la  visitazione  di  Maria  a  Elisabetta  quest'ultima  esclama:  "Benedetto  il  frutto  del  tuo  grembo  (καρπòς  τη̃ς  χοιλίας)".[15]Persino  l'esempio  fornito  da  Aristotele  per  spiegare  l'effetto  del  seme  sul  sangue  della  donna  ("l'azione  del  maschio  nel  porre  la  secrezione  femminile  nell'utero  è  simile  a  quella  del  caglio  [πυετία]  sul  sangue")[16]  riecheggia  il  passo  di  Giobbe:  "Non  m'hai  colato  forse  come  latte  e  fatto  accagliare  come  cacio?".[17]  Questa  "analogia  casearia"  del  concepimento  ebbe  grande  fortuna  fino  al  Medioevo:  portata  ad  Alessandria,  l'analogia  aristotelica  si  inserì  nella  letteratura  araba,  e  attraverso  questa  rientrò  in  Occidente.[18]  Fra  i  testi  medioevali,  l'immagine  del  coagulo  si  trova  

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nella  IV  Tavola  del  Codice  di  Wiesbaden  B  del  Liber  Scivias  di  Hildegard  di  Bingen  (1098-­‐1179),  che  deve  averla  mutuata  dalLiber  Totius  di  Haly-­‐Habbas,  pubblicato  in  quanto  tale  in  latino  nel  1523,  ma  in  realtà  molto  prima,  fra  il  1070  e  il  1085,  a  Monte  Cassino,  dal  monaco  e  traduttore  di  testi  greci  di  medicina  Costantino  l'Africano  (ca.  1010-­‐1087),  il  quale  l'aveva  intitolato  Liber  de  Humana  Natura,  spacciandolo  per  opera  sua.  Nel  Corano,  la  creazione  dell'uomo  da  parte  di  Dio  è  descritta  così:  "Poi  trasformammo  la  goccia  di  sperma  [nutfata:  una  goccia  di  liquido  seminale]  in  sangue  coagulato  [khalaqna:  coagulo  sanguigno],  poi  il  sangue  coagulato  in  un  pezzo  di  carne,  il  pezzo  di  carne  in  ossa,  e  le  ossa  Noi  rivestimmo  di  carne,  quindi  portammo  esso  alla  luce,  come  un'altra  creazione".[19]  Ancora  una  volta  si  fa  riferimento  al  sangue  della  madre  come  alla  materia  a  partire  dalla  quale  viene  formato  il  corpo  umano.  Ultimo,  ma  non  per  importanza:  dal  momento  che  gli  studiosi  antichi  e  medioevali  non  disponevano  di  prove  dell'esistenza  di  uova  nell'apparato  riproduttivo  femminile  dei  mammiferi,  alla  teoria  dei  due  germi,  come  spiegazione  razionale  della  loro  riproduzione  sessuale,  mancava  la  metà  del  suo  fondamento  empirico.  E'  vero  che  Aristotele  aveva  descritto  l'embrione  dei  mammiferi  (κύημα)  come  "simile  a  un  uovo"  ('ωοειδές)[20]  nello  stadio  in  cui  il  concepito  comincia  a  essere  avvolto  da  una  membrana  (amnios)  simile  a  quella  che  avvolge  le  uova  degli  anfibi  (sacco  vitellino).  Tuttavia,  secondo  lo  Stagirita,  l'embrione  "simile  a  un  uovo"  non  trae  assolutamente  origine  da  un  uovo  già  presente  in  precedenza  nel  corpo  della  donna:  il  contributo  della  madre  al  processo  generativo  è  rappresentato  esclusivamente  dalla  sua  καταμήνια.  Il  concetto  moderno  di  uovo  euterio  -­‐un'entità  biologica  prodotta  dalla  femmina  e  capace  di  svilupparsi,  per  effetto  di  un  rapporto  sessuale  fecondante,  in  un  nuovo  individuo  vivente  della  stessa  specie-­‐  sarà  introdotto  da  William  Harvey  (1578-­‐1657)  nel  suo  Exercitationes  de  generatione  animalium.  Pur  non  essendo  riuscito  a  individuare  uova  dissezionando  un  cadavere  di  cerbiatta  nella  stagione  degli  amori  (probabilmente  per  la  mancanza  di  opportuni  strumenti  ottici),  Harvey  fu  il  primo  ad  affermare  che  "tutti  gli  animali  si  producono  in  qualche  maniera  dalle  uova...Gli  uni  e  gli  altri  animali  (ovipari  o  vivipari)  traggono  origine  da  un  uovo  o  almeno  da  qualcosa  che  per  analogia  si  definisce  tale".[21]  Seguendo  Aristotele,  Tommaso  d'Aquino  sostenne  che  negli  animali  a  riproduzione  sessuale  la  causa  efficiente  della  generazione  è  il  maschio,  mentre  la  femmina  è  la  causa  materiale.  Secondo  quanto  riportato  dal  filosofo  nel  De  generatione  animalium:  "Negli  animali  perfetti,  generati  mediante  il  coito,  la  forza  attiva  (virtus  activa)  è  il  seme  del  maschio  (in  semine  maris),  ma  la  materia  del  feto  (materia  foetus])  è  quella  fornita  dalla  femmina".[22]  Secondo  Tommaso,  nel  generare  la  prole  il  maschio  agisce  tramite  un  mezzo  -­‐il  suo  seme-­‐  che  è  la  causa  strumentale  della  riproduzione.  Il  seme  è  dotato  di  una  virtus  formativa  che  organizza  la  materia  fornita  dalla  femmina  nel  sangue  mestruale  e  che  rimane  finché  il  seme  non  è  scomparso.  In  un  breve  compendio  delle  radici  storiche  delle  odierne  conoscenze  in  materia  di  biologia  della  riproduzione,  non  v'è  motivo  di  addentrarsi  nella  vexata  quaestio  metafisica  dell'infusione  dell'anima  nell'embrione  umano  e  della  sequenza  delle  anime  -­‐vegetativa,  sensitiva  e  razionale-­‐  discussa  negli  scritti  delDoctor  Angelicus.[23]  In  considerazione  delle  sue  implicazioni  per  il  dibattito  in  atto  sul  significato  biologico  e  antropologico  dei  primi  eventi  biologici  della  vita  dell'individuo  umano,  tuttavia,  vale  la  pena  soffermarsi  brevemente  sulla  causa  dello  sviluppo  embrionale.  Per  l'Aquinate,  "è  evidente  che  deve  esservi  una  causa  adeguata  e  continua  di  questo  processo  formativo".[24]  Nelle  primissime  fasi,  la  causa  risiede  nel  seme  stesso:  lo  "spirito  animale",  grazie  al  quale  una  forza  formativa  (virtus  formativa)  opera  avviando  la  trasformazione  del  sangue  femminile  nel  primordiumdell'embrione,  è  presente  in  ogni  sperma.  L'attività  del  seme  rende  possibile  la  comparsa  dell'anima  vegetativa,  seguita  da  quella  sensitiva.  "E  dopo  che  l'anima  sensitiva,  in  virtù  del  principio  attivo  (virtutem  principii  activi)  contenuto  nel  seme,  è  stata  prodotta  in  una  delle  parti  principali  della  cosa  generata,  l'anima  sensitiva  della  prole  comincia  a  operare  verso  la  perfezione  del  proprio  corpo  mediante  il  

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nutrimento  e  la  crescita.  La  forza  attiva  (virtus  activa)  che  era  nel  seme  cessa  di  esistere  quando  il  seme  si  dissolve  (dissoluto  semine)  e  il  suo  spirito  svanisce  (evanescente  spiritu)".[25]  Pertanto  è  la  causalità  strumentale  del  seme,  conferitagli  dalla  causa  principale  (il  maschio),  ad  avviare  il  processo  generativo  agendo  sul  sangue  della  femmina  e  preparandolo  a  ricevere  le  anime  vegetativa  e  sensitiva.  Infine,  nel  solo  embrione  umano,  quando  è  stata  raggiunta  la  perfecta  dispositio  corporis,  viene  immediatamente  creata  e  infusa  da  Dio  l'anima  razionale,  che  prende  il  posto  di  quella  sensitiva  e  ne  assume  le  funzioni.  Per  la  determinazione  di  quando  tale  perfecta  dispositio  sia  presente  nell'embrione,  Tommaso  segue  Aristotele,  secondo  il  quale  l'anima  è  "l'atto  primo  ['εντελέχεια]  di  un  corpo  naturale  dotato  di  organi  [σώματος  φυσικοû  'οργανικοû]".[26]  Nella  sua  trattazione  della  fisiologia  animale  e  umana,  Aristotele  sottolinea  l'importanza  dei  sensi  (un  animale  deve  avere  sensazioni),[27]  in  particolare  del  tatto  (senza  tatto  è  impossibile  avere  ogni  altra  sensazione,  perché  ogni  corpo  che  possieda  un'anima  ha  il  senso  del  tatto,  come  si  è  detto),[28]  nonché  del  movimento.  Secondo  il  Filosofo,  la  presunta  manifestazione  del  movimento  nell'embrione  maschile  e  femminile,  rispettivamente  circa  6  e  13  settimane  dopo  il  rapporto  sessuale,  rappresenta  il  primo  segnale  della  presenza  di  un'anima  sensitiva.[29]  Per  l'Aquinate  ciò  adempie  al  requisito  che  il  corpo  sia  opportunamente  disposto  a  ricevere  l'anima  razionale  da  Dio.[30]  Quest'attenzione  sulla  comparsa  dei  sensi  e  dei  loro  organi  -­‐nonché  del  movimento-­‐  come  tappe  fondamentali  dello  sviluppo  animale  è  condivisa  da  tutta  l'embriologia  pre-­‐moderna.  Questo  tratto  delle  indagini  sulla  generazione  e  la  vita  intrauterina  è  comprensibile  a  causa  dell'assenza  di  ogni  conoscenza  cellulare,  genetica  o  molecolare  delle  funzioni  vitali,  delle  strutture  biologiche  che  le  supportano  e  dei  processi  evolutivi  che  conducono  alla  loro  formazione.  Pertanto,  in  una  prospettiva  storica  corretta,  leggere  pagine  come  quelle  sopra  citate  non  sorprende.  Sorprende  invece  vedere  che  talvolta  la  metafisica  di  Aristotele  e  di  Tommaso  d'Aquino  viene  ancor  oggi  applicata  alla  questione  dello  statuto  antropologico  dell'embrione  umano,  senza  prima  ripensarne  le  basi  biologiche  alla  luce  delle  conoscenze  scientifiche  contemporanee.  Infatti,  a  partire  dalla  metà  del  XIX  secolo,  la  teoria  cellulare,  la  citogenetica,  la  biochimica  e  la  genetica  molecolare  hanno  aggiunto  molto  valore  alla  ricerca  nel  campo  della  biologia  riproduttiva  ed  evolutiva,  e  i  risultati  di  queste  indagini  hanno  qualcosa  da  dire  sul  ruolo  dello  sperma  nell'avvio  dello  sviluppo  embrionale,  o  su  quali  siano  i  requisiti  intrinseci  perché  l'embrione  umano  divenga  un  feto,  un  neonato  e  una  donna  o  un  uomo  adulto.  Il  seicento  e  il  settecento  Alcuni  autori  del  Rinascimento  anticiparono  il  ritorno  alla  teoria  dei  due  germi,  maschile  e  femminile,  che  avrebbe  caratterizzato  le  indagini  sulla  generazione  sessuale  dei  tempi  moderni.  Nel  XVII  secolo,  poi,  il  realismo  dello  studio  scientifico  del  concepimento  e  del  primo  sviluppo  dell'essere  umano  fu  messo  a  dura  prova  dalle  fantasiose  speculazioni  di  un  nuovo  trend  dell'embriologia,  quello  delle  teorie  preformiste.  A  parte  il  fondamentale  contributo  arrecato  con  i  suoiQuaderni  d'Anatomia  alla  descrizione  dello  sviluppo  del  feto  e  alla  fondazione  dell'approccio  quantitativo  in  ostetricia,[31]  Leonardo  da  Vinci  (1452-­‐1519)  sostenne  fermamente  che  "il  seme  della  femmina  fosse  altrettanto  potente  di  quello  del  maschio  nella  procreazione".[32]  Sul  versante  opposto,  il  De  Conceptu  et  Generatione  Hominis  di  Jacob  Rueff  (1500-­‐1558)  rappresenta  la  prosecuzione  delle  tesi  aristotelico-­‐tomistiche  secondo  cui  sarebbe  il  seme  maschile  a  far  coagulare  il  sangue  della  madre  nell'utero[33]  (Fig.1).  Il  grande  anatomista  fiammingo  Andrea  Vesalio  (1514-­‐1564)  avrebbe  potuto  facilmente  smentire  questa  tesi  con  le  sue  rigorose  indagini  sperimentali,  ma  non  ebbe  l'occasione  di  dissezionare  uteri  gravidi,  ed  è  notorio  il  suo  scarso  interesse  per  l'embriologia.[34]      

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 Fig.  1.  La  teoria  aristotelica  del  seme  maschile  e  del  coagulo  femminile  nell'utero,  come  illustrato  nel  Rueff  J.,  De  conceptu  et  generatione  hominis  et  iis  quae  circa  haec  potissimum  consyderantur  libri  sex,  Tiguri:  Fraschoverus,  1554.  L'utero  appare  pieno  di  sangue  mestruale  (A-­‐B),  sul  quale  il  seme  agisce  progressivamente,  costruendo  i  vasi  e  dando  forma  agli  organi  del  corpo  (C-­‐F).  Approssimativamente  tra  quaranta  e  novanta  giorni  (conceptus  maschio  e  femmina  rispettivamente),  il  feto  appare  come  formatus  (G).      Impossibile  sottovalutare  l'importanza  del  contributo  di  Harvey  all'emergere  del  concetto  di  fecondazione  interna  nei  mammiferi.  Nondimeno,  nel  suo  De  Generatione  Animalium  1651,  (Fig.2)[35]  non  si  fa  alcuna  menzione  di  un  uovo  preesistente  all'introduzione  del  seme  maschile  nel  corpo  femminile,  né  si  parla  di  un  contatto  diretto  fra  il  seme  e  qualcosa  di  simile  a  un  uovo,  quale  che  sia  la  sua  origine  biologica.  Secondo  Harvey,  ogni  animale  ed  essere  umano  deriva  da  un  uovo  (ex  ovo  omnia)  tramite  uno  sviluppo  progressivo,  e  la  causa  di  questo  processo  è  lo  sperma.  Al  pari  di  Aristotele,  Harvey  era  un  sostenitore  dell'epigenesi,  cioè  della  graduale  crescita  e  differenziazione  del  concepito,  che  è  presente  come  tale  solo  dopo  che  il  rapporto  sessuale  ha  permesso  al  seme  maschile  di  entrare  nel  corpo  femminile.  L'opposta  dottrina  della  

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preformazione  sorse  più  o  meno  mentre  Harvey  era  ancora  invita.  Sebbene  sia  impossibile  stabilire  con  certezza  la  paternità  della  teoria  della  preformazione,  di  solito  la  comparsa  di  questa  idea  è  associata  al  nome  di  alcuni  autori.  In  una  lettera  datata  31  ottobre  1625,[36]  il  medico  veneziano  Giuseppe  degli  Aromatari  (1586-­‐1660)  menziona  un'opera  sulla  generazione  animale  che  va  scrivendo  da  anni,  ma  che  non  ha  ancora  avuto  il  tempo  di  terminare.  In  questa  lettera,  il  riferimento  alla  preformazione  è  assai  fugace:  l'autore  dice  solo  che  il  pulcino  si  forma  nell'uovo  prima  che  questo  sia  covato  dalla  chioccia,  e  deve  la  sua  successiva  crescita  al  calore  materno  e  alle  sostanze  nutrienti  contenute  nell'uovo,  assistiti  dai  "principi  vitali"  presenti  nell'atmosfera.  Nel  1644,  Sir  Kenelm  Digby  (1603-­‐1665)  si  riferisce  a  una  dottrina  della  preformazione,  "da  alcuni  sostenuta",  secondo  la  quale  "l'embrione  si  forma  effettivamente  nel  seme,  anche  se  in  parti  talmente  piccole  che  è  impossibile  discernerle  finché  ciascuna  parte  non  si  accresce  e  si  ingrandisce  attraendo  in  sé  dai  corpi  circostanti  nuova  sostanza  della  loro  natura".[37]  Marcello  Malpighi  (1628-­‐1694),  il  fisiologo  italiano  spesso  definito  uno  dei  padri  della  teoria  della  preformazione,  occupa  una  posizione  davvero  singolare  nella  storia  di  questa  dottrina.  Malpighi  definiva  lo  sviluppo  come  un  processo  graduale,  ma  non  credeva  che  le  parti  dell'embrione  si  formassero  gradualmente,  anzi:  secondo  lui  si  formavano  tutte  nello  stesso  momento  per  una  sorta  di  "precipitazione",  dopo  e  per  effetto  del  concepimento.  Fig.2.Copertina  dell'edizione  originale  in  latino  di  Harvey  G.,  Exercitationes  de  generatione  animalium,  London:  Pulleyn,  1651.  

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 Tuttavia,  spiegava  Malpighi,  tali  parti  sono  talmente  piccole  che  diventano  percettibili,  anche  al  microscopio,  solo  quando  raggiungono  una  determinata  dimensione.[38]  Il  contributo  di  Anthoni  Van  Leeuwenhoek  (1632-­‐1723)  alla  storia  del  preformismo  risale  al  1677,  quando  riferì  per  la  prima  volta,  in  una  lettera  indirizzata  al  segretario  della  Royal  Society  di  Londra  Nehemiah  Grew,[39]  che  il  seme  di  un  maschio  sano,  raccolto  «subito  dopo  l'eiaculazione»,  conteneva  un  numero  altissimo  di  piccoli  animalculi  dotati  di  "una  lunga  coda",  un  milione  dei  quali  "non  raggiungerebbe  le  dimensioni  di  un  grosso  granello  di  sabbia"  (Fig.3A).  Nel  corso  degli  anni  seguenti,  il  naturalista  olandese  si  dedicò  allo  studio  della  natura  e  delle  caratteristiche  di  questi  animalculi  seminali.  Nel  1683,  Van  Leeuwenhoek  affrontò  il  tema  dell'importanza  degli  spermatozoi  nella  riproduzione  animale.[40]  Egli  era  convinto  che  lo  sperma  impregnasse  l'uovo,  ma  che  l'embrione  non  provenisse  dall'uovo,  che  serviva  soltanto  al  nutrimento  e  alla  crescita  del  concepito  il  quale  derivava  ex  animalculo.  Tali  infatti  erano  i  rispettivi  ruoli  che  Van  Leeuwenhoek  supponeva  che  lo  sperma  e  l'uovo  svolgessero  nella  procreazione.  Tuttavia,  quindici  anni  dopo  -­‐in  un  commento  a  una  lettera  di  Dalenpatius  pubblicata  

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contemporaneamente  ad  Amsterdam,  a  Londra  e  a  Edimburgo,  sullo  studio  dei  "costituenti  del  seme  umano"  per  mezzo  di  lenti  biconvesse  e  della  scoperta  dicerti  animalculi  contenenti  un  minuscolo  "corpo  umano"  (homunculus)-­‐  Van  Leeuwenhoek  riproduceva  gli  incredibili  disegni  degli  homunculi  (Fig.3B)  e  dichiarava  di  aver  esaminato  il  seme  umano  cento  volte  e  di  non  aver  mai  visto  nulla  di  simile  alle  immagini  di  Dalenpatius,  che  giudicava  completamente  fantastiche  e  immaginarie[41].  Secondo  Cole,  la  sua  vera  idea  era  che  "la  sostanza  del  corpo  umano  debba  essere  contenuta  nell'animalculo  seminale",  ma  che  "in  essa  il  microscopio  non  scorgerà  mai  alcuna  forma  umana  definita".[42]  Questa  versione  moderata  del  preformismo  professata  da  van  Leeuwenhoek  è  documentata  anche  dalle  critiche  da  lui  rivolte  all'homunculus  seminale  di  Hartsoeker  (Fig.3D):  ogni  animalculo  spermatico  dell'ariete  contiene,  affermava,  un  agnello,  ma  il  ben  noto  aspetto  di  quest'ultimo  è  presente  soltanto  dopo  che  è  stato  nutrito  ed  è  cresciuto  nell'utero  della  femmina.  Van  Leeuwenhoek  confrontava  questo  sviluppo  con  la  vita  di  una  mosca,  in  cui  gli  stadi  precedenti  dell'insetto  comprendono,  benché  non  in  modo  visibile,  quello  adulto.[43]  

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 Fig.  3.  Le  dottrine  della  preformazione  (secoli  XVII-­‐XIII).  (A)  Disegno  dei  animalcules  spermatici,  secondo  Van  Leeuwenhoek  A.,  The  observations  of  Mr.  Antoni  Leeuwenhoek  on  animalcules  engendered  in  the  semen,  in  The  Collected  Letters  of  Antoni  Van  Leeuwenhoek,  Amsterdam:  Swets  and  Zeitlinger,  1941:  279.  (B)  Homunculi  nello  sperma  umano  maschile,  secondo  Dalenpatius  (disegni  di  Van  Leeuwenhoek,  1699).  (C)  La  preformazione,  secondo  la  teoria  dell'uovo:  il  piccolo  corpo  del  nascituro  Ã¨  racchiuso  nell'uovo  (illustrazione  di  Cook  1925-­‐1926);  ridisegnato  da  Needham  J.,  History  of  Embriology,  Cambridge:  Cambridge  University  Press,  1959.  (D)  Spermatozoo  umano  con  homunculus,  racchiuso  dentro,  secondo  Hartsoeker  N.,  Essay  de  dioptrique,  Paris:  Jean  Anisson,  1694.      Lazzaro  Spallanzani  (1729-­‐1799)  ebbe  un  grande  influsso  sul  dibattito  in  corso  ai  suoi  tempi  in  materia  di  riproduzione.  Partendo  da  accurate  osservazioni  al  microscopio  da  lui  personalmente  effettuate,  il  naturalista  italiano  confutò  lo  spermismo,  considerando  che  gli  animalculi  dei  

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parassiti  dello  sperma  non  svolgevano  alcun  ruolo  nella  riproduzione.  Tuttavia  «è  del  tutto  naturale  credere»,  scriveva  nel  1780,  "che  (quest)i  diversi  ordini  di  feti  che  appaiono  ogni  anno  nelle  ovaie  non  si  formino  successivamente,  ma  coesistano  fin  dall'inizio  con  la  (rana)  femmina,  e  che  si  sviluppino  e  solo  allora  divengano  visibili".[44]  Benché  Spallanzani  non  fosse  incline  a  congetture  riguardo  la  presenza  di  esseri  umani  preformati  nell'utero  della  madre,  la  sua  autorità  indiscussa  suffragò  indirettamente  quelle  degli  ovisti,  alcuni  dei  quali  credettero  di  vedere  nell'ovulo  umano  un  corpo  umano,  piccolissimo  ma  completo  (Fig.3C).  Come  le  idee  preformiste  furono  influenzate  e  a  loro  volta  influenzarono  la  preesistente  teoria  della  generazione,  risulta  evidente  dalle  parole  del  filosofo  francese  Nicholas  Malebranche  (1638-­‐1715),  sacerdote  dell'oratorio  del  Cardinale  de  Bérulle  che  coltivava  un  acuto  interesse  per  i  dibattiti  scientifici  del  suo  tempo:  "Vediamo  nel  germe  di  un  uovo  fresco,  che  non  è  stato  covato,  un  pollo  perfettamente  formato.  Vediamo  rane  nelle  uova  di  rana,  e  vedremo  altri  animali  nei  loro  germi,  quando  avremo  sufficiente  abilità  ed  esperienza  per  scoprirli...Dobbiamo  supporre  che  tutti  i  corpi,  di  uomini  e  di  bestie,  che  nasceranno  o  saranno  prodotti  fino  alla  fine  del  mondo,  potrebbero  essere  stati  creati  fin  dal  suo  inizio,  in  altre  parole,  che  le  prime  femmine  furono  create  con  dentro  tutti  i  successivi  individui  della  loro  specie".[45]  La  dottrina  della  preesistenza  degli  uomini  nel  gamete  maschile  fu  esplicitamente  professata  da  Nicolas  Hartsoeker  (1656-­‐1725),  il  primo  autore  a  raffigurare  un  embrione  (homunculus)  racchiuso  nella  testa  di  uno  spermatozoo[46]  (Fig.3D).  Nel  1722,  tuttavia,  Hartsoeker  aveva  definitivamente  abbandonato  il  preformismo  sotto  qualsiasi  forma,  e  il  motivo  per  cui  cambiò  idea  fu  lo  studio  della  rigenerazione  di  parti  del  corpo  di  animali,  fenomeno  che  giudicò  incoerente  con  la  preformazione.  Infatti,  nella  sua  risposta  alle  critiche  mosse  all'homunculus  da  Von  Leeuwenhoek,  pubblicata  postuma  nel  1730,[47]  Hartsoeker  non  fece  alcun  serio  tentativo  di  difendere  la  sua  precedente  convinzione.  Alla  metà  del  XVIII  secolo  l'ovismo  era  ormai  tramontato  e  l'animalculismo,  benché  ancora  parzialmente  in  voga,  aveva  progressivamente  cambiato  caratteristiche.  Attente  osservazioni  al  microscopio  non  erano  riuscite  a  rivelare  l'esistenza  di  animalcula  o  di  homunculi  nel  liquido  seminale.  Nel  frattempo,  "l'epigenesi  stava  lentamente  ma  costantemente  guadagnando  terreno".[48]  Tuttavia,  la  transizione  teorica  dal  preformismo  all'epigenesi  fu  ostacolata  da  alcuni  scienziati  che  rifiutavano  entrambe  le  scuole  di  pensiero.      L'ottocento      Secondo  Farley,[49]  nel  XIX  secolo  il  dibattito  sulla  natura  del  concepimento  e  sull'avvio  del  processo  evolutivo  è  stato  fortemente  dominato  da  quattro  influssi.  Nei  primi  decenni  del  secolo  predominò  il  retaggio  culturale  delle  teorie  della  pre-­‐esistenza,  mentre  verso  la  metà  del  secolo  la  nascita  della  teoria  cellulare  pose  la  questione  sotto  una  luce  nuova.  Successivamente,  l'introduzione  nel  pensiero  biologico  delle  spiegazioni  fisiche  e  chimiche  aprì  una  finestra  sul  "mondo  invisibile"  della  fecondazione.  Infine,  l'adozione,  da  parte  di  studiosi  tedeschi,  dell'approccio  sperimentale  in  materia  di  riproduzione  e  di  embriologia  offrì  un'opportunità  inedita  di  verificare  vecchie  e  nuove  ipotesi.  Nel  1803,  benché  l'ipotesi  epigenetica  avesse  compiuto  progressi  importanti,  il  naturalista  scozzese  John  Graham  Dalyell  (1775-­‐1851)  esprimeva  ancora  una  fiducia  incrollabile  nell'esistenza  del  feto  nell'uovo  molto  prima  della  fecondazione.  Ciò,  diceva,  è  "universalmente  noto"  e  poggia  su  "osservazioni  indiscutibili".[50]  Ma  le  idee  sulla  generazione  sessuale  cambiavano  rapidamente,  e  il  new  deal  è  esemplificato  dall'opera  di  Lorenz  Oken  (1779-­‐1851),[51]  scritta  quando  era  ancora  studente  ma  pubblicata  soltanto  nel  1805.  Secondo  Oken,  non  esiste  preformazione;  ogni  generazione  inizia  de  novo  e  non  da  uno  stadio  organizzato  come  una  sorta  di  miniatura  preformata:  nullum  vivum  ex  ovo.  Oken  contestò  la  preformazione,  che  avvenisse  nell'uovo  o  nello  sperma.  Quando  lo  

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scienziato  tedesco  Carl  Ernst  von  Baer  (1792-­‐1876)  scrisse  il  suo  famoso  trattato  di  embriologia  (1828),[52]  l'ovismo  -­‐la  versione  del  preformismo  che  ha  avuto  vita  più  lunga-­‐  era  praticamente  morto,  ed  egli  ne  rese  impossibile  la  resurrezione.  "La  mole  di  osservazioni  attente  e  saldamente  fondate  che  quella  grande  opera  contiene  ridusse  a  proporzioni  trascurabili  i  metodi  retorici  e  argomentativi  dei  preformazionisti,  e  dimostrò,  come  opere  del  genere  fanno  sempre,  che  il  biologo  può  sperare  di  avanzare  soltanto  per  mezzo  dell'osservazione  e  della  sperimentazione".[53]  Lo  sviluppo  della  teoria  cellulare  durante  gli  anni  Cinquanta  e  Sessanta  dell'Ottocento[54]  dette  luogo  alla  concezione  della  cellula  come  unità  fondamentale  della  riproduzione  in  tutti  gli  esseri  viventi.  Ben  presto  si  riconobbe  che  sia  l'ovulo  sia  lo  spermatozoo  sono  cellule  uniche  e  si  sostenne  che  lo  sviluppo  di  un  nuovo  organismo  avesse  luogo  attraverso  la  divisione  e  la  crescita  delle  cellule.  Tuttavia,  agli  albori  della  biologia  moderna,  sotto  l'influsso  non  equilibrato  della  teoria  cellulare  su  ogni  aspetto  della  vita,  si  mise  eccessivamente  l'accento  sulla  moltiplicazione  delle  cellule  nell'embriogenesi  iniziale,  trascurando  l'individualità  dell'organismo  in  via  di  evoluzione.  Come  osservò  Russell,  "si  è  pensato  che  la  segmentazione  fosse  essenzialmente  un  processo  di  duplicazione  e  reduplicazione  di  quella  che  è  ormai  accettata  come  l'unità  biologica  fondamentale  -­‐la  cellula-­‐  e  che  la  differenziazione  fosse  basata  sulla  moltiplicazione  cellulare".[55]  Se  è  stata  ribadita  la  "ovvia  verità  che,  nonostante  la  moltiplicazione  delle  cellule,  l'organismo  è  e  rimane  un'unità  unica  dai  primi  agli  ultimi  stadi  del  suo  sviluppo",[56]  ciò  si  deve  all'opera  dell'anatomista  bavarese  August  Rauber  (1841-­‐1917).[57]  Secondo  Rauber,  l'organismo  vivente  non  è  costruito  come  un  edificio,  aggiungendo  pietra  su  pietra  in  modo  ordinato.  Al  contrario,  la  sua  unità  e  il  suo  piano  primario  esistono  dall'inizio,  cosicché  l'organismo  è  un  intero  a  ogni  stadio  dello  sviluppo,  e  le  sue  parti  derivano  dal  tutto  per  auto-­‐differenziazione:  "L'uovo  fecondato  è  l'intero  allo  stadio  più  giovanile".[58]  Anche  Rauber  dette  una  definizione  delle  prime  fasi  dello  sviluppo,  in  cui  l'embrione  "si  divide  in  diverse  dimensioni  dello  spazio  e  si  differenzia  ordinatamente  sotto  il  profilo  chimico  e  istologico".[59]  Nello  stesso  periodo,  l'approccio  "organismico"  anziché  cellulare  alla  comprensione  del  piano  di  sviluppo  dell'embrione  fu  condiviso,  fra  gli  altri,  da  Adam  Sedgwick  (1854-­‐1913)[60]  e  da  Charles  Whitman  (1842-­‐1910).[61]  Nella  sua  famosa  conferenza  sulla  teoria  cellulare,  Whitman  sostenne  che  un  organismo  è  tale  dall'uovo  fecondato  in  avanti  e  che  la  caratteristica  fondamentale  dello  sviluppo  dell'embrione  è  la  continuità  dell'organizzazione  biologica.  Tuttavia,  come  fece  chiaramente  notare,  questa  concezione  dello  sviluppo  non  è  una  riproposizione  del  preformismo:  "Continuità  dell'organizzazione  naturalmente  non  significa  organi  preformati.  Significa  soltanto  che  come  punto  di  partenza  di  ciascun  organismo  va  preso  un  fondamento  strutturale  definito,  e  che  l'organismo  non  si  moltiplica  per  divisione  cellulare,  ma  piuttosto  prosegue  come  individualità  attraverso  tutti  gli  stadi  della  trasformazione".[62]Sorprende  constatare  che  Whitman  anticipò  genialmente  il  dibattito  contemporaneo  sull'unità  e  l'individualità  dell'embrione  in  via  di  sviluppo!  Un  decennio  più  tardi,  uno  dei  suoi  allievi  all'università  di  Chicago,  Frank  Lillie  (1870-­‐1947),  espresse  le  stesse  vedute  in  un  passaggio  ancor  più  incisivo:  «Se  l'immensa  mole  di  indagini  sui  fenomeni  elementari  giustifica  qualche  conclusione  radicale,  è  che  le  cellule  sono  subordinate  all'organismo  che  le  produce  e  le  fa  grandi  o  piccole,  con  un  ritmo  di  suddivisione  lento  o  rapido,  le  fa  dividere  ora  in  questa  direzione  ora  in  quella,  e  le  dispone  sotto  tutti  i  profili  cosicché  l'essere  latente  raggiunga  la  sua  piena  espressione...L'organismo  è  primario,  non  secondario;  (una)  proprietà  dell'intero  distinta  dalle  proprietà  discernibili  delle  sue  parti".[63]  La  disponibilità  della  lente  acromatica,[64]  le  cui  immagini  erano  meno  offuscate  da  aberrazioni,  svolse  un  ruolo  importante  nella  comprensione  della  struttura  e  della  funzione  dell'ovulo.  Usando  le  nuove  lenti,  molti  eminenti  scienziati  cominciarono  a  indagare  la  natura  stessa  dell'ovulo  dei  mammiferi  e  la  sua  interazione  con  lo  spermatozoo.  L'opinione  prevalente,  secondo  

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cui  gli  ovuli  erano  fecondati  in  situ  nell'ovaio,  fu  messa  in  discussione  dal  medico  svizzero  Jean-­‐Louis  Prévost  (1831-­‐1927)  e  dallo  scienziato  francese  Jean-­‐Baptiste  Dumas  (1800-­‐1884).  Nel  1824  i  due  studiosi  dettero  un'eccellente  descrizione  dello  sviluppo  del  follicolo  di  Graaf  nella  cagna  e  nella  coniglia,  della  formazione  del  corpo  luteo  e  delle  prime  fasi  di  sviluppo  dell'ovocita  fecondato.[65]  Descrissero  la  rottura  della  superficie  dell'ovaio  e  la  liberazione  dell'ovocita  maturo,  e  stabilirono  la  distinzione  fra  le  "vescicole"  presenti  nella  gonade  femminile  (i  follicoli)  -­‐misurandone  il  diametro  in  7-­‐8  mm-­‐  e  dei  piccoli  "ovuli"  trovati  nei  "corni  dell'utero"  (le  tube  di  Falloppio),  che  "molto  probabilmente"  in  origine  erano  alloggiati  nelle  "vescicole"  ovariche.  Non  è  certo,  tuttavia,  che  Prévost  e  Dumas  siano  stati  i  primi  a  osservare  l'ovocita  dei  mammiferi:  le  dimensioni  riferite  dai  due  studiosi  (ca.  1  mm)  depongono  a  sfavore  dell'ipotesi  che  abbiano  davvero  isolato  un  ovulo  non  fecondato.  Nel  1827,  Karl  Ernst  Von  Baer  (1792-­‐1876)  fornì  una  precisa  descrizione  microscopica  dell'ovulo,  prima  di  cagna  e  poi  di  altri  mammiferi.[66]  Tuttavia  gli  sfuggì  il  nucleo,  che  era  stato  osservato  per  la  prima  volta  due  anni  prima  in  un  uovo  d'uccello  non  fecondato  -­‐e  definito  vescicola  germinale-­‐  dall'anatomista  boemo  Jan  Evangelista  PurkynÄ?  (1787-­‐1869),  uno  dei  padri  dell'istologia  moderna.[67]  Il  che  non  sorprende,  visto  che  ai  tempi  di  Von  Baer  l'ovulo  era  ancora  sconosciuto  in  quanto  cellula.[68]  Nei  primi  anni  del  XIX  secolo,  con  il  tramonto  della  teoria  degli  animalculi,  si  pensò  che  gli  spermatozoi  fossero  organismi  parassitari  specifici  del  testicolo  maschile.  Karl  Friedrich  Burdach  (1776-­‐1847)  sostenne,  nel  suo  trattato  di  fisiologia,  che  gli  spermatozoi  "vanno  considerati  al  pari  degli  entozoi  (vermi  parassitari)  come  prodotti  di  una  sostanza  organica  che  si  decompone  all'interno  di  un  organismo  vivente...Mi  sembra  dunque  che  gli  animali  spermatici  siano  gli  entozoi  del  seme".[69]  Negli  anni  Trenta  del  XIX  secolo  i  microscopisti  erano  ormai  passati  progressivamente  dalla  tesi  della  natura  parassitaria  degli  spermatozoi  all'idea  che  questi  svolgessero  un  ruolo  importante  nella  fecondazione.  Durante  i  decenni  successivi,  la  teoria  parassitaria  sembra  aver  conosciuto  un  rapido  declino,  a  causa  sia  del  tramonto  della  teoria  della  generazione  spontanea,  sia  dell'avvento  della  teoria  cellulare.  Theodor  Ludwig  Bischoff  (1807-­‐1882)  fu  il  primo  a  capire  che  gli  spermatozoi  svolgevano  un  ruolo  essenziale  nella  fecondazione.  L'embrione,  sostenne,  si  sviluppa  per  effetto  di  un  "movimento  interno"  (attivazione)  di  certi  elementi  presenti  nell'ovulo.  Tale  movimento  diverrebbe  rapidamente  disorganizzato,  e  l'ovulo  si  "dissolverebbe"  (degenerazione)  se  "non  ricevesse  una  certa  direzione  e  intensità,  e  questa  la  danno  gli  spermatozoi".  Tale  "movimento  interno",  aggiunse  Bischoff,  non  è  il  "movimento  visibile"  del  germe  maschile,  bensì  un  invisibile  "moto  molecolare"  all'interno  dello  sperma,  di  cui  il  "movimento  visibile"  non  è  che  una  manifestazione.  E'  il  moto  molecolare  che,  "impresso  agli  atomi  dell'ovulo,  stimola  il  movimento  interno  e  la  sua  costante  regolazione,  che  costituiscono  la  fecondazione".  Pertanto,  "il  seme  opera  per  contatto,  toccando,  attraverso  un  potere  catalitico".[70]  La  teoria  della  fecondazione  per  contatto  avanzata  da  Bischoff  fu  ben  accolta  in  Germania[71]  e  in  Francia.[72]  Se  molti  dei  suoi  sostenitori  erano  convinti  che  la  fecondazione  avvenisse  dopo  un  semplice  contatto  degli  spermatozoi  con  l'ovulo,  quindi  senza  un'effettiva  penetrazione,  Bischoff  era  meno  contrario  all'idea  che  lo  sperma  penetrasse  nell'ovulo.  Difatti  ammise  che  esso  potesse  effettivamente  penetrare  nell'ovulo  immediatamente  dopo  l'uscita  di  questo  dall'ovaio,  ma,  nello  stesso  lavoro  del  1847,  aggiunse:  "Non  voglio  sostenere  che  tutti  i  costituenti  del  seme  penetrino  all'interno  dell'ovulo  ed  esercitino  il  loro  influsso  solo  qui".[73]  Come  osservò  Farley,  a  quel  tempo  "la  sua  opposizione  alla  tesi  della  penetrazione  dipendeva  dal  fatto  di  aver  negato  che  gli  spermatozoi  svolgessero  un  qualche  ruolo  materiale".[74]  Se  Bischoff  era  stato  alquanto  vago  o  ambiguo  nelle  sue  affermazioni  circa  la  questione  se  il  ruolo  decisivo  di  contatto  nella  fecondazione  fosse  svolto  dai  soli  spermatozoi,  oppure  da  tutto  il  liquido  seminale,  il  naturalista  britannico  George  Newport  (1803-­‐1854)  effettuò  alcuni  esperimenti  i  cui  risultati  furono  "molto  sfavorevoli  alla  tesi  che  gli  spermatozoi  

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penetrino  materialmente  attraverso  le  membrane  dell'ovulo".[75]  Per  giunta,  visto  che  la  segmentazione  (cioè  il  primo  stadio  di  sviluppo  dell'embrione)  avveniva  poco  dopo  il  contatto  dell'uovo  di  rana  con  lo  sperma,  Newport  concluse  che  "l'atto  della  fecondazione...deve  aver  luogo  o  iniziare  molto  rapidamente;  e  all'apparenza  quasi  nell'istante  del  contatto  dello  spermatozoo  con  i  rivestimenti  dell'uovo".[76]  Ma  il  suo  contributo  più  eminente  alla  comprensione  del  ruolo  decisivo  della  fecondazione  nella  riproduzione  sessuale  fu  l'aver  compreso  che  la  fecondazione  "comporta  non  soltanto  un  processo  nel  quale  l'uovo  è  stimolato  a  svilupparsi,  ma  anche  un  processo  nel  quale  i  caratteri  del  genitore  maschio  sono  trasmessi  alla  prole".[77]Newport  osservò  acutamente  che  il  semplice  contatto  con  lo  sperma  può  essere  sufficiente  a  indurre  l'attivazione  e  la  divisione  dell'uovo,  ma  non  "a  determinare  la  trasmissione  di  un  numero  maggiore  o  minore  delle  caratteristiche  materiali  strutturali  del  genitore  maschio  alla  prole".[78]  Era  quindi  concepibile  che  la  fecondazione,  oltre  al  contatto  sperma-­‐uovo,  comportasse  un  passo  ulteriore:  "l'ingresso  fisico  di  materiale  seminale  mediante  il  quale  le  caratteristiche  maschili  passavano  in  qualche  modo  nell'uovo.  La  questione  dell'ereditarietà  dei  caratteri  maschili  aveva  riscosso  scarso  interesse  negli  studiosi  formati  in  laboratorio,  che  l'avevano  sorvolata  o  ignorata.  Ma  per  un  naturalista  come  Newport,  tale  questione  assumeva  un  rilievo  fondamentale".[79]  Nel  1852,  Henry  Nelson  (1822-­‐1875)  riferì  che,  nel  nematode  Ascaris  mystax,  alcune  particelle  spermatiche  sono  visibili  nell'uovo  dopo  che  si  è  osservato  un  contatto  con  il  gamete  maschile.  Lo  stesso  autore  affermò  che  "la  presente  indagine  sembra  essere  la  prima  in  cui  il  fatto  della  penetrazione  degli  spermatozoi  nell'uovo  è  stato  visto  distintamente  e  appurato  con  chiarezza"  grazie  al  fatto  che  l'uovo  di  questo  nematode  è  perfettamente  trasparente.[80]  Nonostante  questa  conclusione  -­‐e  la  cosa  sorprende-­‐  Nelson  negò  poi  qualsiasi  ruolo  biologico  dello  sperma  nella  fecondazione.  Le  tesi  vitaliste  di  Nelson  (l'attivazione  e  la  divisione  dell'uovo  è  causata  da  una  vitalità  intrinseca)  e  la  sua  propensione  a  riportare  in  auge  le  teorie  ovistiche  della  preesistenza  (la  vita  è  trasmessa  dalla  madre  alla  prole,  pervadendo  e  sviluppandosi  nuovamente  in  ciascun  singolo  membro  della  specie)[81]  gli  impedirono  di  riconoscere  l'importanza  del  contributo  dello  sperma  allo  sviluppo  dell'embrione.  L'anno  seguente  apparvero  due  memorie  che  descrivono  l'ingresso  dello  spermatozoo  nell'uovo  di  due  cozze,  un  nematode  e  una  rana.  Ferdinand  Keber  (1816-­‐1871)  fornì  prove  insufficienti  del  passaggio  degli  spermatozoi  nell'uovo  di  Unio  e  di  Anodonta.[82]  Georg  Meissner  (1829-­‐1905),  lavorando  sul  nematode  Mermis  albicans,  descrisse  l'istogenesi  delle  sue  uova  e  la  formazione  di  un  micropilo  attraverso  il  quale  si  supponeva  che  uno  o  più  spermatozoi  entrassero  nell'uovo;[83]ma  quella  descrizione  fu  smentita  poco  dopo  la  sua  pubblicazione.[84]  Il  contributo  di  Newport[85]  fu  più  solido,  e  il  merito  della  scoperta  è  comunemente  attribuito  all'entomologo  londinese.  Egli  osservò  la  penetrazione  della  membrana  vitellina  dell'uovo  di  rana  da  parte  degli  spermatozoi  e  fornì  questo  preciso  resoconto  delle  sue  osservazioni:  "Sono  riuscito...a  individuare  spermatozoi  nella  cavità  vitellina  in  comunicazione  diretta  con  il  tuorlo  e  nell'atto  di  penetrarvi.  Sono  stati  i  primi  che  ho  visto  personalmente,  in  compagnia  di  un  amico,  il  25  marzo  di  quest'anno  (1853)  dentro  la  camera  trasparente  (cioè,  come  oggi  si  dice,  il  funicolo  d'ingresso)  al  di  sopra  del  tuorlo,  circa  40  minuti  dopo  la  fecondazione,  quando  la  camera  comincia  a  formarsi...Gli  spermatozoi  non  raggiungono  il  tuorlo  dell'uovo  di  rana  attraverso  qualche  speciale  orifizio  o  canale  dei  rivestimenti,  ma  perforano  la  sostanza  dei  rivestimenti  in  qualsiasi  parte  con  cui  siano  entrati  in  contatto,  come  ho  costantemente  osservato  mentre  assistevo  al  loro  ingresso.  Qualche  tempo  dopo  essere  entrati  nella  camera  del  tuorlo  essi  si  disintegrano  e  si  dissolvono  in  granuli  elementari".[86]  Negli  anni  Settanta  dell'Ottocento,  era  ancora  tesi  generalmente  accettata  che  la  fecondazione  comportasse  l'ingresso  e  la  dissoluzione  di  una  o  più  cellule  spermatiche  in  una  cellula  uovo,  ma  si  discuteva  ancora  in  che  modo  le  cellule  dell'embrione  emergessero  dall'uovo  fecondato.  Il  ruolo  svolto  dal  nucleo  nell'avvio  dello  

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sviluppo  non  era  chiaro.  Alcuni  credevano  che  la  prima  divisione  cellulare  fosse  preceduta  da  un  restringimento  e  da  una  scissione  del  nucleo  in  due  metà,  ma  altri,  come  il  biologo  tedesco  Eduart  Strasburger  (1844-­‐1912),  riferirono  che  il  nucleo  si  disintegrava  prima  della  divisione  cellulare  e  che  i  nuclei-­‐figlia  comparivano  de  novo.[87]  Nel  quadro  di  questo  dibattito,  Oskar  Hertwig  (1849-­‐1922),  formatosi  a  Jena  sotto  Ernest  Haeckel  (1834-­‐1919)  e  poi  divenuto  professore  di  anatomia  a  Berlino,  «propose  una  teoria  morfologica  della  fecondazione  che  metteva  in  discussione  l'interpretazione  fisico-­‐chimica  generalmente  condivisa».[88]  Nei  suoi  due  famosi  lavori  pubblicati  nel  1876-­‐1877,[89]  Hertwig  sostenne  che  il  "nucleo  di  scissione  (cioè  il  nucleo  dello  zigote)  deriva  dalla  coniugazione  di  due  diversi  nuclei  sessuali,  uno  femminile  che  deriva  dalla  vescicola  germinale,  e  uno  maschile  che  deriva  dal  corpo  di  uno  spermatozoo  che  vi  entra".[90]  Negli  stessi  anni,  il  citologo  svizzero  Hermann  Fol  (1845-­‐1892),  allievo  di  Haeckel  come  Hertwig,  studiò  la  fecondazione  nella  stella  marina  e  in  altri  animali,  e  concluse  che  la  vescicola  germinale  subiva  due  rapidissime  divisioni.  Secondo  le  sue  osservazioni  pionieristiche  ma  esatte,  soltanto  un  nucleo  -­‐il  pronucleo  femminile-­‐  restava  nell'uovo,  mentre  gli  altri  erano  espulsi.  Fol  descrisse  inoltre  la  vera  e  propria  penetrazione  di  un  unico  spermatozoo  nell'uovo,  dove,  secondo  lui,  si  fonde  con  un  certo  quantitativo  di  protoplasma[91]del  gamete  femminile,  formando  il  pronucleo  maschile.  A  un  certo  punto,  questo  pronucleo  si  unisce  con  quello  femminile  dopo  aver  attraversato  l'uovo  fecondato.[92]  Le  basi  della  comprensione  della  migrazione,  apposizione  e  fusione  dei  pronuclei  furono  dunque  poste  già  130  anni  orsono.      Il  XX  secolo      Nonostante  gli  incessanti  tentativi  effettuati  in  vari  laboratori  a  partire  dalla  seconda  metà  del  XIX  secolo,  all'inizio  degli  anni  Settanta  del  Novecento  le  conoscenze  sugli  aspetti  morfologici,  fisiologici  e  molecolari  della  fecondazione  nei  mammiferi  erano  ancora  frammentarie  e  rozze  in  confronto  a  quelle  sulla  fecondazione  degli  anfibi  e  dei  ricci  di  mare.  "I  progressi  della  ricerca  sono  stati  ostacolati  dall'ubicazione  interna  della  fecondazione  nei  mammiferi,  il  che  significa  che  gli  eventi  della  fecondazione  degli  ovuli  e  dei  primi  stadi  dello  sviluppo  embrionale  nei  mammiferi  non  si  possono  studiare  tempestivamente  nel  loro  ambiente  naturale".[93]  L'avvento  della  fecondazione  in  vitro  (IVF  nella  sigla  inglese,  FIV  in  quella  italiana)  dei  mammiferi  come  procedura  di  laboratorio  nella  riproduzione  veterinariamente  assistita  degli  animali  da  latte  prima,  e  nelle  cliniche  per  l'infertilità  umana  poi,  hanno  reso  disponibili  per  lo  studio  diretto  i  gameti  interagenti  e  gli  embrioni  non  impiantati.  Per  giunta,  i  requisiti  cellulari  e  ambientali  per  la  riuscita  della  FIV  e  dello  sviluppo  embrionale  hanno  costretto  i  biologi  a  studiare  vari  aspetti  della  fisiologia,  patologia,  genetica  e  biochimica  dei  gameti  e  degli  zigoti,  come  anche  i  meccanismi  che  stanno  alla  base  delle  fasi  della  fecondazione,  al  fine  di  accrescere  le  probabilità  di  produrre  un  embrione  in  grado  di  sopravvivere.  Fra  il  1878  e  il  1953,  sono  stati  compiuti  numerosi  tentativi  di  fecondare  in  vitro  un  ovocita  di  mammifero.  Molti  rapporti  hanno  riferito  risultati  positivi.  Ma  alla  luce  delle  attuali  conoscenze,  buona  parte  di  questi  non  forniscono  prove  convincenti  del  fatto  che  la  fecondazione  sia  riuscita.  Gran  parte  dei  pionieri  di  queste  tecniche  ha  usato  ovociti  ovarici  che  probabilmente  non  erano  abbastanza  maturi  da  essere  preparati  per  la  fecondazione.[94]  Per  superare  questo  problema,  Rock  e  Menkin[95]  hanno  realizzato  colture  in  vitro  di  ovociti  umani  prima  di  porli  in  contatto  con  gli  spermatozoi,  ma,  considerato  retrospettivamente,[96]  il  tempo  consentito  per  la  maturazione  (sulla  base  di  un  lavoro  precedente)[97]  era  insufficiente.  Inoltre,  in  alcuni  esperimenti,  è  possibile  che  sia  avvenuta,  anziché  una  fecondazione,  un'attivazione  partenogenetica,  essendo  noto  che  questa  può  essere  indotta  raffreddando  gli  ovociti  di  alcune  specie  (ad  esempio  di  ratto  e  di  criceto).[98]  Con  una  sola  eccezione,[99]  nessuno  degli  studiosi  impegnati  nei  primi  tentativi  di  fecondare  in  

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vitro  ovociti  di  mammiferi  -­‐da  Schenk[100]  a  Shettles[101]-­‐  ha  mantenuto  la  temperatura  fisiologica  (37°C)  per  tutta  la  durata  dell'esperimento  per  evitare  il  rischio  di  un'attivazione  del  gamete  femminile  indotta  dal  raffreddamento.  Da  ultimo,  ma  non  per  importanza,  "è  possibile  che  incubare  le  uova  per  periodi  di  tempo  prolungati  a  una  temperatura  inferiore  a  quella  corporea  normale  ne  abbia  distrutto  la  capacità  di  subire  una  normale  fecondazione  e  un  normale  sviluppo".[102]  Gli  studi  condotti  su  mammiferi  prima  del  1954  non  hanno  univocamente  dimostrato  la  penetrazione  degli  spermatozoi  negli  ovociti,  né  hanno  fornito  chiare  prove  microfotografiche  della  formazione  di  pronuclei  e  di  estrusione  di  secondi  corpi  polari.[103]  Il  probabile  motivo  per  cui  la  maggior  parte  degli  esperimenti  di  FIV  è  fallita  è  che  gli  spermatozoi  aggiunti  al  medium  contenente  ovociti  non  erano  capacitati.  Poco  tempo  dopo  la  scoperta  della  capacitazione,  a  opera  di  Austin[104]  e  Chang,[105]  sono  stati  compiuti  vari  tentativi  di  realizzare  la  FIV  usando  spermatozoi  post-­‐coitali  recuperati  dall'utero,  cioè  capacitati  in  vivo;  e  nel  giro  di  pochi  anni  sono  stati  fecondati  in  vitro  per  la  prima  volta  degli  ovociti  di  coniglia.[106]  Nel  1959  Chang  ha  mostrato  che  embrioni  di  coniglia  derivati  da  FIV  potevano  svilupparsi  normalmente  se  trasferiti  in  madri  surrogate,[107]  e  la  sua  descrizione  dei  segni  morfologici  della  fecondazione  (compresa  la  segmentazione  degli  zigoti)  dissipa  ogni  dubbio  sul  fatto  che  gli  ovociti  possano  essere  stati  fecondati  in  vivo  dagli  spermatozoi.  Negli  anni  seguenti  la  FIV  è  stata  estesa  a  una  vasta  gamma  di  specie  di  mammiferi.[108]  Ciò  ha  segnato  l'inizio  della  stagione  contemporanea  delle  indagini  morfologiche,  ultrastrutturali,  citogenetiche  e  molecolari  sulla  fecondazione  e  sullo  sviluppo  embrionale  iniziale  nei  mammiferi,  che  ha  prodotto  e  continua  a  produrre  una  vasta  mole  di  dati  riguardanti  il  processo  di  interazione  e  fusione  dei  gameti  e  gli  eventi  biologici  che  danno  avvio  allo  sviluppo  di  un  nuovo  organismo.  La  fusione  spermatozoo-­‐ovocita,  l'emissione  del  secondo  corpo  polare  e  la  formazione  di  pronuclei  femminili  e  maschili  sono  state  studiate  per  la  prima  volta  nel  corso  di  FIV  effettuate  su  criceti.[109]  Tuttavia,  il  noto  fenomeno  del  "two-­‐cell  block"  impediva  agli  embrioni  di  criceto  di  svilupparsi  a  termine.[110]  La  FIV  di  ovociti  di  topo  usando  spermatozoi  capacitati  in  vitro  è  stata  descritta  fra  il  1968  e  il  1971.[111]  Ben  presto  sono  pervenute  dai  ratti,[112]  dalle  pecore,[113]  dai  gatti,[114]  dalle  cavie[115]  e  dai  cani[116]  ulteriori  informazioni  pionieristiche  circa  la  FIV  nei  mammiferi.  Bavister,  Edwards  e  Steptoe  sono  stati  i  primi  a  documentare  in  modo  convincente,  nel  1969,  la  FIV  umana.[117]  Fra  le  evidenze  che  riferiscono  nei  loro  studi  vi  sono  la  penetrazione  degli  spermatozoi  nell'ovoplasma,  l'estrusione  dei  secondi  corpi  polari  e  la  formazione  di  entrambi  i  pronuclei.  Sperimentalmente,  la  fecondazione  in  vitro  di  ovociti  umani  è  divenuta  fattibile  soprattutto  grazie  alle  modifiche  del  protocollo  di  coltura  usato  da  Yanagimachi  e  Chang  per  la  FIV  dei  criceti.[118]  Alcuni  degli  zigoti  umani  così  ottenuti  sono  riusciti  a  svilupparsi  normalmente  in  coltura  fino  allo  stadio  di  blastocisti.[119]  Ma  il  primo  bambino  generato  mediante  FIV  è  nato  soltanto  nel  1978,[120]  "a  quanto  pare  perché  i  regimi  di  stimolazione  ovarica  potrebbero  aver  interferito  con  l'avvio  della  gravidanza  o  prodotto  ovuli  di  scarsa  qualità".[121]  Più  difficili  da  realizzare  i  progressi  nella  FIV  dei  primati  non  umani.  Dopo  le  prime  notizie  nella  prima  metà  degli  anni  Settanta,[122]  evidenze  non  equivoche  di  FIV  in  macachi  Rhesus  e  in  scimpanzé  sono  state  disponibili  soltanto  nel  1983.[123]  All'epoca  in  cui  la  FIV  ha  cominciato  a  diffondersi  rapidamente,  le  informazioni  sullo  sviluppo  di  embrioni  umani  derivanti  da  concepimenti  naturali  erano  scarse.  La  prima  descrizione  formale  di  un  embrione  umano  prima  dell'impianto  è  attribuita  a  Hamilton,  il  quale  ne  riferì  nel  1949.[124]  Più  di  15  anni  dopo,  uno  studio  ultrastrutturale  della  fecondazione  negli  umani  allo  stadio  pronucleare  è  stato  effettuato  da  Zamboni.[125]  L'esatta  morfologia  di  embrioni  di  2,  4  e  7  cellule  sviluppati  in  vivo  è  stata  anche  descritta  da  Pereda,  Croxatto  e  Coppo  nei  due  decenni  seguenti.[126]  Gli  embrioni  sono  stati  recuperati  lavando  le  tube  di  Falloppio[127]  e  osservati  al  microscopio  ottico  ed  elettronico.  

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I  primi  studi  sugli  eventi  iniziali  delle  interazioni  spermatozoo-­‐ovocita[128]  e  dello  sviluppo  embrionale  umano[129]  in  vitro  sono  stati  riportati  fra  la  metà  degli  anni  Settanta  e  gli  anni  Ottanta.  Ma  poiché  solo  "un  numero  limitato  di  tali  embrioni  si  può  considerare  normale  se  si  applicano  criteri  rigidi  di  normalità",[130]  l'utilità  dei  dati  morfologici  ottenuti  da  questi  studi  è  discutibile.  La  penetrazione  degli  spermatozoi  attraverso  il  cumulus  oophorus,  il  rivestimento  più  esterno  dell'uovo  euterico,  è  stata  studiata  fra  gli  altri  da  Austin  nel  1948[131]  e  da  Blandau  nel  1961.[132]  Il  ruolo  dell'enzima  acrosomiale  ialuronidasi  nella  penetrazione  del  cumulus  è  stata  molto  dibattuta  negli  anni  seguenti,  e  nel  1988  Yanagimachi  ha  riconosciuto  che  "è  alquanto  sorprendente  che  la  funzione  esatta  della  ialuronidasi  nella  fecondazione  sia  tuttora  oggetto  di  controversie".[133]  Partendo  dall'osservazione  che  la  ialuronidasi  acrosomiale,  almeno  in  certe  specie,  non  è  necessariamente  coinvolta  nell'agevolare  il  passaggio  degli  spermatozoi  attraverso  il  cumulus,  Metz[134]  e  Anand[135]hanno  fornito  le  prime  prove  a  favore  dell'idea  che  anche  sulla  superficie  degli  spermatozoi  sia  presente  una  ialuronidasi,  che  in  parte  deriva  dal  tratto  genitale  maschile,  e  che  questo  enzima  di  superficie  -­‐non  quello  acrosomiale-­‐  contribuisca  alla  penetrazione  degli  spermatozoi  attraverso  il  cumulus.  Una  volta  attraversato  il  cumulus,  gli  spermatozoi  devono  completare  la  reazione  acrosomiale  prima  di  entrare  nella  zona  pellucida,  il  rivestimento  più  interno  dell'ovocita.  Ciò  è  stato  osservato  per  la  prima  volta  da  Austin  e  Bishop  nel  1958[136]  e  confermato  poi  da  vari  altri  studiosi.[137]  Lo  spermatozoo  che  ha  compiuto  la  reazione  acrosomiale,  mentre  attraversa  la  zona,  perde  tutte  le  componenti  acrosomiali  salvo  il  segmento  equatoriale  e  la  membrana  acrosomiale  interna  che  ricopre  la  parte  anteriore  della  testa.  Nel  corso  di  molti  anni  di  studio  sono  state  raccolte  evidenze  di  come  lo  spermatozoo  attraversi  la  zona,  ma  non  è  stata  raggiunta  l'unanimità  attorno  a  un'unica  spiegazione.  Rimangono  due  ipotesi:  quella  enzimatica  e  quella  meccanica.  Le  intuizioni  circa  le  interazioni  tra  gamete,  plasma  e  membrane  si  debbono  innanzitutto  a  eleganti  studi  microscopici  condotti  con  microscopi  ottici,  elettronici  a  scansione  e  a  trasmissione  e  videomicroscopi.[138]  Le  modificazioni  della  superficie  della  membrana  plasmatica  dell'ovocita  (oolemma)  durante  la  maturazione  del  gamete  femminile  sono  state  indagate  da  Eberspaecher  e  Barros:[139]  la  regione  che  ricopre  il  fuso  meiotico  è  libera  dai  microvilli  che  ricoprono  la  rimanente  superficie  dell'oolemma,  ed  è  stato  dimostrato  che  in  questa  regione  la  fusione  spermatozoo-­‐ovocita  avviene  di  rado.  Huang  e  Yanagimachi[140]  hanno  fornito  evidenze  che  interazioni  degli  spermatozoi  con  l'oolemma  avvengono  in  modo  spazialmente  definito,  con  la  membrana  acrosomiale  interna  della  testa  dello  spermatozoo  -­‐esposta  dopo  la  reazione  acrosomiale-­‐  che  entra  in  contatto  con  l'oolemma.  A  seguito  di  questo  primo  approccio,  il  segmento  equatoriale  e  la  testa  posteriore  aderiscono  alla  membrana  dell'ovocita  e  poi  si  fondono  con  essa.[141]  Come  è  stato  dimostrato  nel  roditore,  lo  spermatozoo  acrosoma-­‐intatto  può  aderire  all'oolemma,  ma  soltanto  la  testa  acrosoma-­‐intatta  può  fondersi  con  esso.[142]Nel  1982,  studi  sullo  spermatozoo  umano  hanno  evidenziato  che  la  reazione  acrosomiale  è  importante  per  l'adesione  del  gamete  maschile  all'oolemma,[143]  e  4  anni  prima  Wolf  e  Armstrong[144]  hanno  riferito  che  l'attaccamento  iniziale  dello  spermatozoo  a  questa  membrana  cellulare  è  reversibile  e  richiede  la  motilità  degli  spermatozoi,  anche  se  gli  spermatozoi  con  scarsa  motilità  possono  fondersi  con  gli  ovociti.[145]  Gli  stessi  autori  hanno  mostrato  chiaramente  che  il  movimento  della  coda  dello  spermatozoo  diminuisce  o  si  arresta  entro  pochi  secondi  dalla  fusione.[146]  Alla  fine  la  coda  dello  spermatozoo  è  anche  incorporata  nel  citoplasma  dell'ovocita  (ooplasma).[147]  Questi  e  altri  aspetti  morfologici  della  fusione  della  membrana  dei  gameti  hanno  costituito  la  base  delle  conoscenze  disponibili  due  decenni  fa  su  questa  fase  fondamentale  della  fecondazione  nei  mammiferi.  A  quel  tempo  sono  stati  avviati,  e  sono  ancora  in  corso,  gli  studi  molecolari  sulle  interazioni  delle  membrane,  e  i  risultati  di  tali  

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studi  forniscono  continuamente  nuove  conoscenze  sui  prodigiosi  meccanismi  della  fusione  dei  gameti.  Fino  agli  anni  Settanta,  molti  studi  riguardanti  il  processo  di  fecondazione  condotti  da  studiosi  che  utilizzavano  il  microscopio  ottico  avevano  fornito  descrizioni  preliminari,  ma  esatte,  degli  eventi  che  preludono  e  accompagnano  la  formazione  del  genoma  dell'embrione.[148]  Queste  indagini  hanno  costituito  il  background  necessario  per  studi  più  dettagliati  avvalendosi  della  maggiore  risoluzione  morfologica  raggiunta  dal  microscopio  elettronico  e  delle  successive  tecniche  molecolari  più  recenti.  Inoltre  i  primi  studi  hanno  indicato  che  l'associazione  dei  genomi  di  derivazione  materna  e  paterna  può  assumere  essenzialmente  due  forme.  La  prima  consiste  nella  fusione  dei  pronuclei  a  formare  un  unico  nucleo  zigotico.  La  formazione  del  nucleo  zigotico  in  questo  modo  si  definisce  "fusione  pronucleare"  o  cariogamia.  Degli  ovuli  che  mostrano  questo  processo  si  dice  che  abbiano  una  "fecondazione  del  tipo  riccio  di  mare".[149]  Nella  seconda  forma,  i  pronuclei  sia  paterno  che  materno  danno  luogo  a  un  gruppo  di  cromosomi  pronti  per  la  prima  divisione  cellulare  (segmentazione  zigotica).  In  questo  modo  sembra  che  vi  sia  una  mescolanza  dei  cromosomi  materni  e  paterni  senza  fusione  dei  rispettivi  pronuclei.  In  casi  del  genere,  i  sacchi  nucleari  di  entrambi  i  pronuclei  scompaiono  prima  dell'associazione  dei  due  genomi.  Nei  mammiferi,  due  gruppi  di  cromosomi  -­‐uno  derivante  dal  pronucleo  maschile,  l'altro  da  quello  femminile-­‐  si  avvicinano  e  formano  un  unico  gruppo  che  rappresenta  lo  stadio  prometafasico  della  prima  mitosi.  Così,  in  questa  forma  di  singamia,  non  esiste  un  vero  nucleo  zigotico.  Degli  ovuli  che  presentano  questa  serie  di  eventi  -­‐compreso  l'ovocita  umano-­‐  si  dice  che  abbiano  una  "fecondazione  del  tipo  Ascaris".[150]  Wilson,  che  è  stato  il  primo  a  riconoscere  e  classificare  le  due  forme  di  unione  dei  genomi  durante  l'ultimo  stadio  della  fecondazione,  ha  indicato  che  i  fattori  che  governano  l'associazione  dei  pronuclei  maschile  e  femminile  può  essere  strettamente,  ma  non  necessariamente,  correlata  con  la  relazione  fra  lo  stadio  meiotico  dell'ovulo  e  il  momento  in  cui  viene  inseminato  normalmente.[151]  L'analisi  strutturale  dettagliata  dei  vari  aspetti  della  fecondazione  in  una  qualsiasi  delle  classi  di  ovuli  menzionate  più  sopra  è  un  campo  d'indagine  relativamente  recente,  visto  che  buona  parte  dei  lavori  sono  stati  pubblicati  dopo  il  1960.[152]  Questo  non  perché  questi  eventi  fossero  scarsamente  interessanti,  ma  piuttosto  per  le  difficoltà  di  gestione  dei  gameti  e  degli  embrioni  da  esaminare.  Prima  degli  anni  Ottanta  il  numero  degli  studi  sullo  sviluppo  e  la  migrazione  dei  pronuclei  maschile  e  femminile  e  la  loro  successiva  associazione  è  stato  piuttosto  esiguo.  La  formazione  del  pronucleo  maschile  per  effetto  della  dissoluzione  del  sacco  nucleare  dello  spermatozoo  è  stata  studiata  per  la  prima  volta  in  relazione  alla  dispersione  della  cromatina.[153]  La  dissoluzione  del  sacco  nucleare  dello  spermatozoo  espone  la  cromatina  condensata  al  citoplasma  dell'ovocita  (ooplasma)  circostante  e  sembra  permettere  la  sua  riorganizzazione.  E'  stato  osservato  che  solitamente  la  dispersione  della  cromatina  comincia  alla  periferia  del  nucleo  dello  spermatozoo  e  produce  varie  regioni  circoscritte  di  conformazione  della  cromatina  che  sono  meno  elettron-­‐opache  rispetto  alla  forma  condensata  presente  nel  nucleo  del  gamete  maschile.  Nei  mammiferi,  la  dispersione  solitamente  inizia  alla  periferia  della  regione  mediana  del  nucleo  dello  spermatozoo  e  procede  anteriormente  e  posteriormente.[154]  Nel  topo[155]  e  nel  criceto,[156]  il  profilo  della  cromatina  dispersa  si  presentava  ellissoidale  e  ricordava  la  forma  originaria  del  nucleo  dello  spermatozoo.  Lo  sviluppo  del  sacco  pronucleare  maschile  è  stato  studiato  per  la  prima  volta  nel  riccio  di  mare  e  in  vari  molluschi  ed  è  sembrato  coinvolgere  una  serie  di  eventi  simili  in  ciascun  caso.  Analisi  strutturali  dettagliate  sulla  formazione  di  questo  sistema  lamellare  nel  criceto  hanno  indicato  che  lo  sviluppo  del  pronucleo  maschile  in  questo  mammifero  è  simile  a  quello  osservato  negli  invertebrati.[157]  L'aspetto  del  sacco  pronucleare  è  osservato  per  la  prima  volta  come  un  

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aggregato  di  vescicole  alla  periferia  della  vescicolazione  diffusa  del  sacco  nucleare  dello  spermatozoo  e  di  elementi  del  reticolo  endoplasmico,  che  derivano  dalla  madre.  Questa  osservazione  avvalora  la  tesi,  ancora  solida,  che  esista  una  profonda  differenza  citogenetica  fra  il  nucleo  dello  spermatozoo  e  il  pronucleo  maschile,  e  che  quest'ultimo  sia  conseguenza  di  una  fecondazione  che  raggiunge  uno  stadio  che  già  determina  la  piena  integrazione  dei  due  gameti  in  un'unica  nuova  cellula.  Riesaminando  questo  aspetto  della  fecondazione  così  come  lo  si  conosceva  nel  1973,  Longo  ha  affermato:  "E'  improbabile  che  il  sacco  pronucleare  maschile  tragga  origine  esclusivamente  da  elementi  derivati  dal  sacco  nucleare  dello  spermatozoo,  dal  momento  che:  a)  il  sacco  pronucleare  appare  accresciuto  dalla  fusione  delle  vescicole  durante  stadi  di  sviluppo  successivi,  b)  le  dimensioni  del  sacco  pronucleare  sono  notevolmente  maggiori  del  sacco  nucleare  dello  spermatozoo,  e  c)  non  è  stato  osservato  sacco  nucleare  ridondante  dello  spermatozoo  che  potesse  delimitare  il  pronucleo  maschile  relativamente  più  grande".[158]  E'  stato  dimostrato  che,  in  seguito  alla  sua  formazione  e  fino  al  momento  dell'associazione  pronucleare,  il  pronucleo  maschile  continua  a  subire  mutamenti  morfogenetici,  che  possono  comprendere  il  suo  aumento  di  dimensioni,[159]  la  progressione  della  dispersione  della  cromatina[160]  e  l'acquisizione  di  strutture  intranucleari  come  nucleoli[161]  e  lamelle  annulate.[162]  Lo  studio  della  formazione  dell'aster  spermatico  e  della  migrazione  dei  pronuclei  è  stato  iniziato  ben  presto,  anche  prima  dell'uso  estensivo  della  microscopia  elettronica.  Una  delle  prime  indicazioni  dello  sviluppo  dell'aster  spermatico  è  la  dissociazione  dei  centrioli  dal  flagello  spermatico.  Benché  il  ruolo  principale  del  centriolo  fornito  dallo  spermatozoo  nella  ricostituzione  del  centrosoma  zigotico  sia  stata  assodata  nella  maggioranza  delle  specie  di  mammiferi,  compreso  l'uomo,  in  anni  più  recenti,[163]  e  sia  in  contrasto  con  l'ereditarietà  centrosomica  strettamente  materna  nei  roditori,  l'associazione  del  centriolo  con  l'aster  spermatico  in  via  di  sviluppo  come  centro  organizzativo  è  stata  già  suggerita  da  Tilney  e  Goddard  nel  1970.[164]  Alla  fine  degli  anni  Sessanta  e  nei  primi  anni  Settanta,  sono  stati  studiati  in  alcune  specie  gli  eventi  implicati  nell'associazione  dei  pronuclei  maschile  e  femminile  in  un  ovocita  fecondato  alla  seconda  metafase  della  meiosi,  come  avviene  di  solito  nei  mammiferi  e  nell'uomo.  Sono  state  effettuate  osservazioni  ultrastrutturali  dei  pronuclei  successivamente  alla  loro  migrazione  negli  ovociti  fecondati  del  coniglio,  del  topo,  della  scimmia  e  dell'uomo.[165]  Dopo  la  migrazione,  i  pronuclei  si  dispongono  centralmente.  Nella  maggior  parte  dei  casi  uno  di  essi  è  prossimale  alla  porzione  mediana  dello  spermatozoo  incorporato,  e  questa  associazione  suggerisce  che  questo  possa  essere  il  pronucleo  maschile.  Benché  negli  zigoti  di  alcuni  mammiferi  sia  difficile  distinguere  i  due  pronuclei  fra  loro  al  microscopio  elettronico,  Austin  ha  affermato  che  essi  possono  essere  identificati  al  microscopio  luminoso  in  base  alla  differenza  di  forma  e  dimensione.[166]  In  seguito  all'apposizione  ravvicinata  dei  pronuclei,  la  cromatina  comincia  a  condensarsi,  come  evidenzia  l'accumulo  di  materiale  reticolare  elettron-­‐denso  che  è  ubicato  prevalentemente  lungo  le  regioni  dove  i  pronuclei  sono  in  intima  associazione.  La  dissoluzione  dei  sacchi  pronucleari  segue  la  condensazione  della  cromatina  e  comporta  un  processo  di  vescicolazione  che  appare  simile  a  quello  osservato  nei  molluschi.  Durante  la  dissoluzione  dei  sacchi,  i  cromosomi  condensanti  diventano  associati  a  microtubuli  coinvolti  nell'organizzazione  dell'apparato  del  fuso.  Successivamente,  i  cromosomi  si  avvicinano  e  si  mescolano  su  quella  che  diventa  la  piastra  metafasica  della  prima  scissione  mitotica.  Secondo  la  "fecondazione  di  tipo  Ascaris",  nel  coniglio  e  nel  topo  non  è  stato  osservato  un  nucleo  zigotico  interfase,  e  i  genomi  di  derivazione  parentale  -­‐che  costituiscono  il  genoma  dell'embrione  unicellulare-­‐  sono  racchiusi  per  la  prima  volta  in  un  unico  sacco  nucleare  allo  stadio  bicellulare.  Come  sottolineava  Longo  in  un  lavoro  pubblicato  più  di  30  anni  fa,  "molti  testi  e  molte  riviste  presentano  come  schema  generale  della  meiosi  e  della  fecondazione"  quello  che  "attiene  specificamente  a  quegli  ovuli  che  

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sono  fecondati  allo  stadio  pronucleare,  ad  es.  il  riccio  di  mare  Arbacia",  mentre  nei  mammiferi  e  nell'uomo  questo  schema  non  corrispondeva  alla  realtà.  "E'  vero  che  questa  situazione  è  conseguenza  di  un  tentativo  di  semplificare  una  serie  complessa  di  eventi.  Purtroppo,  però,  essa  distorce  il  quadro  reale  e  ignora  completamente  il  fatto  che  nella  maggior  parte  degli  animali  gli  ovuli  vengono  inseminati  allo  stadio  della  meiosi".[167]  Questa  osservazione  resta  valida  a  tutt'oggi  per  quanto  riguarda  molti  dei  testi  divulgativi  su  cui  si  basa  il  pubblico  dibattito  sull'inizio  della  vita  umana  individuale.  PRELUDI  ALLA  FECONDAZIONE      La  procreazione  sessuale  di  un  nuovo  individuo  richiede  due  processi  biologici  altamente  coordinati  fra  loro:  la  gametogenesi  e  la  fecondazione.  Il  primo  è  preludio  indispensabile  del  secondo,  stante  che  i  suoi  prodotti  -­‐le  cellule  germinali-­‐  sono  essenziali  perché  vi  sia  fecondazione.  Pertanto,  trattando  di  riproduzione  gamica,  occorre  considerare  i  due  processi  ad  modum  unius.  La  gametogenesi  rappresenta  i  processi  collettivi  della  mitosi,  della  meiosi  e  della  morfogenesi  cellulare,  che  sono  ncessari  alla  produzione  di  gameti  maschili  e  femminili  maturi.  Si  dice  spermatogenesi  la  produzine  di  cellule  spermatiche  nel  testicolo  maschile;  si  dice  oogenesi  la  produzione  di  ovuli  nell'ovaio  femminile.  La  base  citogenetica  della  gametogenesi  è  la  meiosi,[168]  una  forma  di  divisione  nucleare  del  tutto  unica  (detta  anchecariocinesi  riduzionale)  nella  quale  una  cellula  diploie  produce  gameti  aploidi  geneticamente  distinti.  Mentre  la  mitosi  (ocariocinesi  equazionale)  preserva  il  livello  di  ploidia  originario  della  cellula  -­‐che  nelle  cellule  somatiche  umane  è  di  46  cromosomi-­‐  la  meiosi  separa  una  copia  di  ciascun  cromosoma  omologo  in  ciascuna  cellula  germinale,  dividendo  così  il  numero  dei  cromosomi  per  due.  Sono  due  gli  aspetti  che  rendono  speciali  le  cellule  germinali.  Primo:  le  cellule  germinali  sono  le  uniche  cellule  del  corpo  che  trasmettono  il  genoma  alla  generazione  successiva.  Secondo:  queste  cellule  possono  subire  soltanto  una  divisione  di  tipo  riduttivo,  cioè  meiotica,  che  svolge  un  ruolo  fondamentale  nel  generare,  nell'embrione  in  via  di  sviluppo,  il  cariotipo  giusto.  Nelle  pagine  che  seguono  saranno  presentati  e  discussi  alla  luce  dei  più  recenti  studi  sulla  spermatogenesi  e  sull'oogenesi  alcune  importanti  caratteristiche  dei  processi  che  intervengono  a  preparare  il  gamete  maschile  e  quello  femminile  alla  fusione  che  avverrà  durante  la  fecondazione.      Maturazione  e  capacitazione  del  gamete  maschile      Nei  mammiferi  la  spermatogenesi  è  organizzata  in  vista  della  produzione  efficiente  di  un  gran  numero  di  spermatozoi  a  partire  da  una  popolazione  di  cellule  staminali  spermatogoniche  rinnovabili.[169]  Il  processo  si  svolge  interamente  dentro  i  tubuli  seminiferi  del  testicolo  sotto  un  attento  controllo  sia  temporale  che  spaziale.  Entro  l'epitelio  spermatogeno  dei  tubuli  il  processo  è  sostenuto  da  un'interazione  estensiva  fra  le  cellule  di  Sertoli[170]  e  le  cellule  germinali,  che  sono  soggette  a  un  controllo  endocrino  da  parte  dell'FSH  (ormone  pituitario  che  stimola  i  follicoli)  e  a  un  controllo  paracrino  da  parte  di  fattori  locali,  fra  cui  gli  androgeni  prodotti  dalle  cellule  di  Leydig[171]  sotto  la  regolazione  primaria  dell'LH  (ormone  luteinizzante).  Alla  regolazione  della  funzione  testicolare  partecipano  anche  le  inibine  e  le  attivine,[172]prodotte  dalle  cellule  di  Sertoli.  La  spermatogenesi  include  la  divisione  mitotica  degli  spermatogoni,  seguita  dalle  divisioni  meiotiche  degli  spermatociti  che  ne  risultano  (aploidizzazione  del  genoma  paterno)[173]  e  dalla  trasformazione  degli  spermatidi  rotondi  così  ottenuti  in  spermatozoi  (spermiogenesi).[174]  Gli  spermatogoni  si  sviluppano  a  partire  da  cellule  germinali  primordiali  (PGC  nella  sigla  inglese)  che  migrano  nella  gonade  ancora  indifferenziata  nelle  fasi  iniziali  dell'embriogenesi,  cioè  fra  la  3ª  e  la  5ª  settimana.  Durante  il  

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periodo  fetale  della  vita  del  maschio  gli  spermatogoni  entrano  in  una  fase  dormiente  e  il  loro  sviluppo  si  arresta.  Al  momento  della  pubertà  il  loro  numero  comincia  ad  aumentare  e  la  spermatogenesi  ha  inizio.  La  fase  spermatogonica  della  spermatogenesi  implica  la  proliferazione  degli  spermatogoni  di  tipo  A,  i  cui  4  sottotipi  sempre  più  differenziati  (dall'A1  all'A4,  come  sono  stati  classificati  nel  ratto)  sono  generati  in  modo  continuo,  per  tutta  la  vita  adulta,  a  partire  da  spermatogoni  indifferenziati.  Gli  spermatogoni  passano  dalla  morfologia  di  tipo  A  a  quella  di  tipo  B  e  poi  entrano  nella  meiosi  I  formando  spermatociti  diploidi  preleptoteni,  che  via  via  diventano  spermatociti  primari  leptoteni,  zigoteni,  pachiteni  e  diploteni,  e  al  termine  della  prima  divisione  meiotica  danno  luogo  a  spermatociti  aploidi  secondari.  Completata  la  meiosi  II  si  hanno  gli  spermatidi  aploidi  rotondi.  Da  ogni  spermatocita  primario  si  formano  4  spermatidi.[175]  Infine,  la  spermiogenesi  trasforma  gli  spermatidi  in  spermatozoi  (Fig.4)  passando  per  alcuni  stadi  morfogenetici:  formazione  di  acrosomi  per  coalescenza  dei  granuli  proacrosomiali  che  vanno  a  formare  una  grande  vescicola  acrosomiale  avvolta  da  una  membrana,  la  quale  si  sposta  vicino  al  nucleo  e  aderisce  al  sacco  nucleare;  migrazione  dei  centrioli  verso  il  polo  posteriore  dello  spermatide  e  la  formazione  del  flagello;  migrazione  dei  mitocondri  fino  a  formare  un  colletto  spiraliforme  attorno  alla  porzione  prossimale  della  coda  (middle  piece);  circondamento  del  nucleo  da  parte  di  una  fascia  cilindrica  di  microtubuli  (manchette)[176]  che  sono  associati  con  il  bordo  posteriore  dell'acrosoma;  

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 Fig.  4.  Strutture  di  un  spermatozoo  umano:  (1),  testa;  (2),  collo;  (3),  pezzo  intermedio  con  il  manicotto  mitocondriale;  (4)  coda;  (5),  segmento  terminale  della  coda.  La  testa  del  gamete  maschile  è  parzialmente  coperta  dall'acrosoma  (A);  il  resto  della  testa  è  nominato  regione  post-­‐acrosomale  (B).  (Da  Rosati  P.,  De  Simone  I.,  Guidotti  L.  et  Al.,  Embriologia  Generale,  Milano:  Edi-­‐Ermes,  1993).      condensazione  della  cromatina  nucleare  e  appiattimento  e  allungamento  del  nucleo;  riduzione  del  citoplasma.  Negli  esseri  umani,  la  proliferazione  e  la  differenziazione  delle  cellule  staminali,  la  meiosi,  la  generazione  di  cellule  germinali  aploidi  e  la  morfogenesi  dello  spermatozoo  in  via  di  sviluppo  durano  circa  2  mesi,  mentre  il  periodo  della  spermiogenesi  dura  circa  5-­‐6  settimane.[177]  Negli  stadi  finali  della  spermiogenesi,  i  profondi  mutamenti  morfologici  che  trasformano  gli  spermatidi  in  spermatozoi  danno  luogo  alla  perdita  di  tutto  il  citoplasma,  salvo  un  sottile  strato  compresso  nella  teca  perinucleare,  una  guaina  situata  nella  testa  fra  il  nucleo  e  l'acrosoma  e/o  la  

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membrana  cellulare.  La  formazione  di  questa  teca  è  parallela  all'estrusione  e  all'eliminazione  della  porzione  citoplasmatica  (goccia  citoplasmatica)[178]  che  viene  fagocitata  dalle  cellule  di  Sertoli  prima  che  gli  spermatozoi  siano  rilasciati  nel  lume  nel  tubulo  seminifero.  Per  interagire  con  l'ovocita  nel  processo  di  fecondazione,  la  testa  dello  spermatozoo  dispone  di  strutture  altamente  specializzate.  L'acrosoma  è  una  struttura  simile  a  un  cappuccio  che  copre  la  porzione  anteriore  del  nucleo  dello  spermatozoo  (Fig.5).  Forma  e  dimensione  dell'acrosoma  variano  da  una  specie  all'altra,  ma  in  tutti  i  mammiferi  la  sua  struttura  è  fondamentalmente  la  stessa.  Contiene  una  varietà  di  enzimi  idrolitici  che  vengono  rilasciati  durante  la  "reazione  acrosomiale"  e  svolgono  funzioni  importanti  nel  processo  di  fecondazione,  quali  l'idrolisi  delle  matrici  quando  passano  attraverso  il  cumulus  e  la  zona  pellucida.  L'acrosoma  nasce  nell'apparato  di  Golgi  e  le  sue  componenti  vengono  trasportate  da  questo  apparato  alla  struttura  acrosomiale  in  evoluzione  dalle  vescicole  del  trans-­‐Golgi,  che  nascono  nel  dittiosoma  dell'apparato  di  Golgi  durante  le  fasi  iniziali  della  spermiogenesi.[179]  Benché  siano  state  individuate  diverse  proteine  localizzate  nell'acrosoma  dello  spermatozoo  umano  maturo,[180]  l'organizzazione  di  queste  molecole  non  è  ancora  ben  compresa,  

 Fig.  5.  Testa  dello  spermatozoo  umano  (sezione).  La  membrana  interna  dell'acrosama  copre  il  nucleo,  mentre  la  membrana  esterna  sta  a  contatto  con  la  membrana  citoplasmatica.  Nella  parte  più  posteriore  della  regione  coperta  dall'acrosoma,  la  testa  dello  spermatozoo  Ã¨  nominata  segmento  equatoriale.  (Modificato  da  Talansky  B.E.,  Fertilization  and  early  embrionic  development  in  the  human,  in  Cohen  J.,  Malter  H.E.,  Id.  et  Al.,  Micromanipulation  of  Human  Gametes  and  Embryos,  New  York:  Raven  Press,  1992:  84-­‐112).      salvo  per  quanto  riguarda  la  SP-­‐10,  la  proacrosina,  la  acrin1  (MN7)  e  poche  altre.  Vi  sono  evidenze  crescenti  del  fatto  che  le  proteine  acrosomiali  subiscano  una  graduale  suddivisione  durante  il  passaggio  degli  spermatozoi  attraverso  l'epididimo,  e  alcune  di  esse  si  modificano  ulteriormente  durante  il  processo  di  fecondazione.  Queste  osservazioni  indicano  che  le  molecole  acrosomiali  non  si  limitano  a  una  regione  specifica  dell'acrosoma  stesso,  ma  vengono  

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continuamente  ricollocate  in  modo  stadio-­‐specifico  durante  la  maturazione  degli  spermatozoi  nel  testicolo  e  nell'epididimo.  Queste  modificazioni  associate  alla  maturazione  sono  considerate  essenziali  per  far  sì  che  le  molecole  dello  sperma  raggiungano  il  sito  corretto  o  definitivo  prima  della  fecondazione.[181]  Durante  la  spermiogenesi,  nei  mammiferi,  si  ha  un  esteso  rimodellamento  della  cromatina.  L'allungamento  nuclere  e  la  condensazione  della  cromatina  si  verificano  contemporaneamente  alle  modificazioni  nelle  proteine  nucleari  basiche  associate  al  DNA.  Una  serie  di  eventi  biochimici  accompagnano  lo  spostamento  degli  istoni  e  la  comparsa  di  un  insieme  di  proteine  nucleari  basiche  come  la  tH2A,  la  tH2B,  l'H1t,  l'H2B  spermatide-­‐specifica  (ssH2B),  la  proteina  nucleare  1  aploide  cellula  germinale-­‐specifica  (Hanp1),  l'HMG  testicolo-­‐specifica  o  tsHMG,  la  proteina  istone  H1-­‐simile  negli  spermatidi  1  (Hils1),  le  "proteine  di  transizione"  (TP)  e  le  protamine.  Durante  la  spermiogenesi  la  sintesi  degli  istoni  si  arresta  ed  essi  vengono  sostituiti  da  un  insieme  di  TP[182]  che  poi  a  loro  volta  vengono  sostituite  da  protamine.[183]  Tutto  il  processo  dà  luogo  a  una  condensazione  più  che  sestupla  dei  cromosomi,  che  produce  una  struttura  della  cromatina  molto  compatta.  Alcuni  aspetti  della  struttura  della  cromatina  negli  spermatozoi  sono  stati  chiariti,  ma  si  stanno  ancora  studiando  i  meccanismi  molecolari  che  contribuiscono  alla  ristrutturazione  della  cromatina.  La  maggior  parte  dei  mammiferi  ha  una  sola  forma  di  protamina  che  rimpiazza  le  TP,  ma  alcune  specie,  compreso  l'uomo  e  il  topo,  hanno  2  forme  di  protamina.  Esperimenti  di  separazione  genica  riguardanti  la  protamina  1  o  2  nei  topi  hanno  dimostrato  che  entrambe  le  protamine  sono  essenziali  per  la  fecondità,  e  che  l'aploinsufficienza  è  provocata  da  una  mutazione  che  interviene  in  un  allele  della  protamina.  [184]  Inoltre,  quando  viene  scissa  la  protamina  2,  gli  spermatozoi  così  prodotti  non  sono  in  grado  di  generare  un  embrione  capace  di  svilupparsi.  [185]  Questi  risultati  indicano  che  la  protamina  2  è  indispensabile  per  il  processo  di  compattazione  nucleare  durante  la  spermiogenesi.  Molte  proteine  nucleari  sono  espresse  sistematicamente  durante  il  periodo  di  condensazione  nucleare.  [186]  Quasi  tutte  queste  proteine  derivano  dall'istone  H1  e  subiscono  complessi  processi  di  modificazione  post-­‐traslazione  nei  mammiferi.  Nello  sperma  umano,  il  rapporto  fra  protamine  e  istoni  presenti  è  di  ca.  85:15.  [187]  A  differenza  di  quanto  accade  nel  suo  omologo  somatico,  l'insieme  DNA/proteine  dello  spermatozoo  è  disposto  in  una  serie  di  fogli  paralleli.  L'affastellamento  di  questi  fogli  e  la  loro  stabilizzazione  per  mezzo  di  legami  disolfurici  permettono  di  assemblarli  in  una  struttura  toroidale.  [188]  Questa  condensa  la  cromatina  del  nucleo  dello  spermatozoo  così  che  questa  diventa  almeno  6  volte  più  compatta  di  quella  del  nucleo  somatico.  [189]  Ciò  nonostante,  alcune  regioni  del  genoma  permangono  in  una  conformazione  desossiribonucleasi-­‐I-­‐sensibile  più  rilassata  [190]  che  contiene  segmenti  corti,  arricchiti  di  istoni  [191]  che  sono  legati  alla  matrice  nucleare.  [192]  Studi  sulla  deplezione  della  matrice  nucleare  nel  topo  hanno  suggerito  che  questa  struttura  possa  fornire  segni  epigenetici  che  sono  necessari  per  lo  sviluppo  iniziale  dell'embrione  post-­‐fecondazione,  mantenendo  al  tempo  stesso  l'integrità  del  genoma  paterno.  [193]  I  cromosomi  materni  si  decondensano  prontamente  nel  pronucleo  femminile  dopo  che  la  meiosi  II  è  stata  ultimata  alla  fecondazione.  La  cromatina  paterna,  al  contrario,  per  poter  partecipare  allo  sviluppo  del  pronucleo  richiede  un  ulteriore  stadio  di  elaborazione  che  comprende  il  rilascio  dei  legami  disolfuro  crociati  e  la  sostituzione  delle  protamine  con  istoni  derivati  dall'ovocita.  A  lungo  si  è  sostenuto  che  la  cromatina  fortemente  addensata  dentro  il  nucleo  dello  spermatozoo  fosse  trascrizionalmente  silente.  [194]  Tuttavia,  esperimenti  di  ibridizzazione  in  situ  hanno  localizzato  sia  Î²-­‐actina,  sia  mRNA  prm2  nella  regione  della  testa  degli  spermatozoi  umani  normali,  [195]  inducendo  a  ritenere  che  questo  RNA  sia  una  componente  regolare  del  gamete  maschile  terminalmente  differenziato.  Ulteriori  studi  [196]  «hanno  confermato  in  modo  indipendente  che  gli  spermatozoi  contengono  una  quantità  di  RNA  codificanti  e  non  codificanti  

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noti  e  sconosciuti.  La  presenza  di  questa  serie  di  RNA  colpisce,  se  si  pensa  che  gli  spermatozoi  maturi  hanno  un  citoplasma  scarso  o  nullo».  [197]  Dei  microRNA  [198]sono  stati  individuati  anche  nello  spermatozoo  umano.  [199]  Al  momento  della  fecondazione,  tutti  questi  mRNA  sono  trasferiti  all'ooplasma  per  effetto  della  fusione  spermatozoo-­‐ovocita,  [200]  aggiungendo  un  ulteriore  insieme  di  fattori  maschili  che  contribuisce  alla  formazione  e  allo  sviluppo  dello  zigote  prima  ancora  che  i  cromosomi  materni  e  paterni  si  mescolino,  e  "sollevando  alcuni  interrogativi  interessanti  circa  il  suo  ruolo  potenziale  nello  sviluppo  embrionale  iniziale".[201]      Maturazione  degli  spermatozoi:  acquisizione  della  motilità  e  capacitazione      Gli  spermatozoi  testicolari  sono  privi  di  motilità  e  non  sono  neanche  in  grado  di  subire  il  processo  di  capacitazione  che  consentirà  loro  di  fecondare  l'ovocita.  Durante  il  loro  transito  dal  testicolo  al  dotto  eiaculatorio,  si  verifica  una  serie  complessa  di  eventi  detta  maturazione  epididimale,  [202]  la  quale  permette  agli  spermatozoi  di  acquisire  l'abilità  di  muoversi  e  di  capacitare.  Questi  cambiamenti  funzionali  hanno  luogo  nell'epididimo,  attraverso  il  quale  i  gameti  maschili  passano  e  nel  quale  sono  immagazzinati.  Gli  spermatozoi  umani  impiegano  circa  10  giorni  a  raggiungere  la  coda  dell'epididimo,  cioè  il  luogo  dove  vengono  immagazzinati  prima  dell'eiaculazione.  Durante  questo  transito  l'epididimo  offre  uno  specifico  ambiente  intraluminare  dove  ha  luogo  la  maturazione  degli  spermatozoi.  A  tal  fine  sono  immersi  dalla  testa  alla  coda  in  un  gradiente  di  ribonucleasi,  [203]  glicosidasi  [204]  e  proteasi,  compreso  il  proteasoma  26S.  [205]Questo  complesso  di  enzimi  permette  l'eliminazione  di  componenti  molecolari  che  vengono  estruse  dallo  spermatozoo  in  via  di  maturazione  in  quanto  non  necessarie  (o  addirittura  ostative)  alla  riuscita  della  fecondazione.  Gli  spermatozoi  della  maggioranza  dei  mammiferi,  compresi  quelli  umani,  presentano  due  tipi  di  motilità  fisiologica:  motilità  attivata  (definita  anche  semplicemente  motilità  spermatica)  e  motilità  iperattivata.  [206]  Il  flagello  di  uno  spermatozoo  attivato  genera  una  forma  d'onda  simmetrica  di  scarsa  ampiezza  che  fa  avanzare  lo  spermatozoo  relativamente  in  linea  retta.  Nello  spermatozoo  iperattivato,  il  battito  del  flagello  diventa  asimmetrico  e  la  sua  ampiezza  aumenta  dando  luogo  a  traiettorie  circolari  o  a  forma  di  "8".  Per  la  fertilità  normale  sono  importanti  entrambi  i  tipi  di  motilità,  attivata  e  iperattivata:  la  prima  è  acquisita  dagli  spermatozoi  durante  il  loro  transito  attraverso  l'epididimo;  la  seconda  in  rapporto  al  processo  di  capacitazione.  [207]  Fra  gli  ioni  coinvolti  nella  regolazione  della  motilità  degli  spermatozoi  nell'uomo,  Ca2+  è  uno  dei  più  importanti.  [208]  Il  ruolo  della  concentrazione  extracellulare  di  calcio  ([Ca2+]e)  nell'attivazione  degli  spermatozoi  è  stato  oggetto  di  grande  dibattito.  Mentre  è  indubbio  che  il  calcio  esterno  sia  essenziale  per  la  motilità  spermatica,  è  la  concentrazione  ionica  intracellulare  ([Ca2+]i)  che  va  regolata  rigorosamente  per  consentire  una  tempistica  precisa  per  l'attivazione  degli  spermatozoi.  Livelli  decrescenti  di  [Ca2+]e  fra  la  testa  e  la  coda  dell'epididimo  sono  associati  con  il  progressivo  sviluppo  della  motilità  spermatica  e  con  l'aumentata  fosforilazione  della  tirosina  della  proteina.  [209]  I  meccanismi  molecolari  connessi  con  l'effetto  nocivo  di  un  eccesso  di  [Ca2+]e  sulla  motilità  spermatica  sono  tuttora  oscuri  e  si  stanno  vagliando  varie  ipotesi.  [210]  Varie  evidenze  indicano  l'importanza  della  fosforilazione  della  proteina  nella  trasduzione  dei  segnali  stimolatori  alla  motilità.  E'  stato  dimostrato  che  il  sistema  adenilato-­‐cyclase-­‐cAMP-­‐PKA  è  implicato  nella  fosforilazione  della  tirosina  di  diverse  proteine  del  flagello  associate  alla  motilità  spermatica,  [211]  e  sono  stati  descritti  difetti  di  fosforilazione  di  questa  proteina  in  pazienti  astenozoospermici,  cioè  i  cui  gameti  maturi  presentano  ridotta  motilità  e  iperattivazione.  [212]  Vi  sono  evidenze  crescenti  che  "la  maturazione  epididimale  si  può  considerare  come  la  fase  di  controllo  di  qualità  che  garantisce  uno  spermatozoo  sano".  [213]  Il  marcamento  con  molecole  di  

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ubiquitina  di  alcune  componenti  cellulari,  compresi  i  mitocondri  paterni,  è  essenziale  perché  uno  spermatozoo  contribuisca  correttamente  alla  fecondazione  e  allo  sviluppo  embrionale.  [214]  L'efficace  rimozione  delle  strutture  mitocondriali  paterne  assicura  l'eredità  esclusivamente  materna  di  questi  organelli  essenziali  al  metabolismo  cellulare:  la  regola  è  nota  anche  come  omoplasmia  mitocondriale  materna.  [215]  Tale  meccanismo  protettivo  rappresenta  un  modo  controllato  per  rimuovere  prodotti  di  danno  ossidativo,  e  durante  la  vita  dello  spermatozoo  i  mitocondri  sono  soggetti  a  danno  ossidativo  a  causa  della  limitata  capacità  riparatoria  del  loro  genoma.  Nell'uomo,  la  mancata  sorveglianza  dell'ubiquitina  compromette  lo  sviluppo  embrionale  [216]  e  il  primo  caso  clinico  di  eteroplasmia  conferma  che  la  sopravvivenza  alla  nascita  è  problematica  a  causa  di  una  grave  intolleranza  all'esercizio  fisico.  [217]  Le  proprietà  fusogeniche  della  membrana  plasmatica  dello  spermatozoo  che  sono  essenziali  alla  fecondazione  richiedono  la  presenza  di  alte  concentrazioni  di  acidi  grassi  poliinsaturi  (PUFA).  Questa  predominanza  dei  PUFA  rende  gli  spermatozoi  facilmente  suscettibili  alla  perossidazione  lipidica  dovuta  ad  attacchi  di  specie  reattive  dell'ossigeno  (ROS),  fenomeno  noto  come  "stress  ossidativo".  [218]  Le  strategie  antiossidanti  che  proteggono  lo  spermatozoo  durante  il  suo  transito  epididimario  coinvolgono  determinati  enzimi,  fra  cui  alcuni  membri  della  famiglia  del  glutatione  perossidasi  (GPX),  la  catalasi,  l'indolamina  diossigenasi  e  la  superossido  dismutasi.  [219]      La  capacitazione  degli  spermatozoi:  acquisire  il  potere  di  fecondare  ovociti      E'  noto  da  più  di  50  anni  che  gli  spermatozoi  dei  mammiferi,  al  momento  dell'emissione  da  parte  dell'apparato  riproduttivo  maschile,  non  sono  in  grado  di  fecondare  gli  ovociti:  per  penetrare  attraverso  i  rivestimenti  dell'ovocita  e  fondersi  con  esso,  devono  trovarsi  in  uno  specifico  stato  di  preparazione,  detto  "capacitazione".  In  origine,  quando  fu  coniato,  questo  termine  indicava  la  "necessità  che  gli  spermatozoi  permangano  per  un  certo  tempo...nell'apparato  femminile  prima  di  poter  penetrare  nella  zona"  pellucida[220]  e  il  "tempo  occorrente  perché  gli  spermatozoi  compiano  un  cambiamento  fisiologico  che  li  mette  in  condizione  di  raggiungere  la  capacità  fecondante".[221]  Poi,  con  l'avvento  della  fecondazione  in  vitro(FIV,  nella  sigla  inglese),  i  biologi  hanno  cominciato  a  studiare  la  capacitazione  degli  spermatozoi  dei  mammiferi  al  di  fuori  dell'apparato  riproduttivo  femminile  e  a  indurla  in  laboratorio  manipolando  i  gameti.  Ciò  "ha  reso  possibile  studiare  la  capacitazione  a  livello  molecolare,  ma  al  tempo  stesso  ha  oscurato  il  significato  originario  di  questo  processo".[222]Per  questo,  oggi  questo  termine  è  talvolta  usato  in  maniera  non  corretta.  A  lungo  si  è  pensato  che  la  capacitazione  fosse  una  proprietà  statica  e  protratta  degli  spermatozoi.  Questo  fino  a  quando  è  stato  chiaramente  dimostrato  che,  nell'uomo,  "in  ogni  dato  momento  è  capacitata  soltanto  una  piccola  frazione  della  popolazione  di  spermatozoi;  che  questo  stato  di  capacitazione  è  passeggero  (1-­‐4  ore  della  durata  di  vita);  che  si  verifica  una  sola  volta  nella  vita  dello  spermatozoo;  che  i  diversi  spermatozoi  raggiungono  questo  stato  in  momenti  diversi,  e  che  di  conseguenza,  nella  popolazione,  si  verifica  una  sostituzione  continua  delle  cellule  capacitate".[223]  Tutti  questi  fenomeni  hanno  sollevato  due  appassionanti  interrogativi:  perché  nell'uomo  lo  stato  di  capacitazione  abbia  durata  così  breve  e  perché  in  ogni  dato  momento  gli  spermatozoi  capacitati  siano  così  pochi.  Michael  Eisenbach  [224]  e  i  suoi  collaboratori  avanzano  l'ipotesi  che  il  ruolo  di  queste  caratteristiche  sia  prolungare  la  presenza,  nell'apparato  genitale  femminile,  di  un  certo  numero  di  spermatozoi  capacitati:  l'incessante  sostituzione  dei  gameti  capacitati  sarebbe  un  meccanismo  che  compensa  la  mancanza  di  uno  stretto  coordinamento  temporale  fra  coito  e  ovulazione  protraendo  la  capacità  fecondante  complessiva  della  popolazione  di  spermatozoi  depositata  fino  a  qualche  giorno  dopo  la  loro  penetrazione  nel  muco  

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cervicale.  Di  recente,  uno  studio  comparativo  dei  tempi  della  capacitazione  in  vitro  negli  spermatozoi  del  coniglio  e  dell'uomo  ha  fornito  un'evidenza  sperimentale  indiretta  che  suffraga  questa  ipotesi:  la  capacitazione  durava  più  a  lungo  nell'uomo  che  nel  coniglio.  Dal  momento  che  nella  coniglia  l'ovulazione  è  indotta  dal  coito,  mentre  nella  donna  è  periodica  (cioè  indipendente  dai  rapporti  sessuali),  l'osservazione  riferita  nello  studio  "suggerisce  che  lo  stato  di  capacitazione  sia  programmato  per  massimizzare  le  probabilità  che  un  uovo  ovulato  si  incontri  con  spermatozoi  nel  miglior  stato  funzionale  possibile".[225]  La  capacitazione  è  preceduta  dalla  perdita  o  dalla  rimozione  di  fattori  inibitori  associati  alla  superficie  dello  spermatozoo,  che  hanno  origine  nelle  secrezioni  dei  tubuli  e  dotti  dell'apparato  maschile  attraverso  cui  sono  passati  gli  spermatozoi.  L'eliminazione  di  tali  fattori  "decapacitanti"  dagli  spermatozoi  non  capacitati  dà  luogo  a  un  rapido  aumento  della  loro  capacità  fecondante  in  vitro,[226]  e  la  reintroduzione  degli  stessi  fattori  inibisce  prontamente  la  loro  capacità  di  fecondare  l'ovocita.[227]  Il  fattore  di  decapacitazione  meglio  caratterizzato  è  il  DF,  una  glicoproteina  40  kDa  situata  sulla  regione  della  testa  posto-­‐acrosomiale  degli  spermatozoi  di  topo  non  capacitati.[228]  Restano  largamente  sconosciuti  l'identità  e  i  meccanismi  molecolari  di  azione  di  alcune  altre  proteine  che  si  presume  intervengano  nel  blocco  della  capacitazione  degli  spermatozoi.  Un  nuovo  candidato  a  fattore  decapacitante  è  stato  individuato  recentemente  in  una  proteina  che  si  lega  alla  fosfatidiletanolamina  (PBP).[229]  Durante  il  processo  di  capacitazione,  sugli  spermatozoi  si  verificano  alcuni  cambiamenti  biochimici.  Fra  questi:  aumentata  attività  dell'adenilil  ciclasi  ed  elevati  livelli  di  adenosina  monofosfato  ciclico  (cAMP);  fosforilazione  della  proteina  tirosina  di  un  sottoinsieme  di  componenti  dello  sperma;  aumento  del  pH  intracellulare  (pHi);  influsso  di  Ca2+;  modificazioni  delle  proteine,  dei  carboidrati  e  dei  lipidi  della  membrana  plasmatica  degli  spermatozoi;  cambiamento  dei  pattern  di  lectin  binding  a  seguito  di  alterazioni  dei  carboidrati  superficiali.[230]  Benché  sia  noto  da  tempo  che  il  cAMP  svolga  un  ruolo  importante  nella  capacitazione  degli  spermatozoi,  solo  di  recente  sono  stati  scoperti  vari  leganti  capaci  di  fungere  da  "primi  messaggeri"  quando  si  legano  a  certi  specifici  recettori  separati  situati  sulla  membrana  plasmatica  dello  spermatozoo,  e  quindi  di  influenzare  la  produzione  di  cAMP.[231]  I  cambiamenti  dei  lipidi  della  membrana  cui  abbiamo  accennato  potrebbero  essere  legati  allo  smascheramento  dei  recettori  spermatici  per  le  proteine  della  zona  pellucida,  che  si  verifica  durante  l'acquisizione  della  capacità  della  reazione  acrosomiale.[232]  E'  stata  riconosciuta  l'importanza  del  ruolo  del  citoscheletro  di  actina  nella  capacitazione  degli  spermatozoi  nei  mammiferi.  La  polimerizzazione  dell'actina  globulare,  o  actina  G,  in  actina  filamentosa,  o  actina  F,  si  verifica  durante  la  capacitazione  e  dipende  dall'attivazione  della  proteina  kinase  A  (PKA),  dalla  fosforilazione  della  proteina  tirosina  e  dall'attivazione  della  fosfolipasi  D.[233]  La  polimerizzazione  dell'actina  è  necessaria  per  l'incorporazione  dello  spermatozoo  nell'ooplasma[234]  e  per  la  successiva  decondensazione  del  suo  nucleo.[235]  Per  la  traslocazione  della  fosfolipasi  C  dal  citosolo  alla  membrana  plasmatica  dello  spermatozoo  che  si  verifica  durante  la  capacitazione  è  necessaria  la  formazione  di  actina  F.[236]      Maturazione  e  ovulazione  del  gamete  femminile      "La  crescita  degli  ovociti  nei  follicoli  ovarici  e  il  loro  sviluppo  fino  a  diventare  ovuli  maturi  è  un  tema  che  appassiona  i  biologi  da  secoli.  Da  molto  tempo  gli  scienziati  hanno  colto  l'importanza  delle  cellule  somatiche  del  follicolo  ovarico  per  promuovere  l'oogenesi  e  immettere  l'ovocita  nell'ovidotto  mediante  l'ovulazione".[237]  Nel  suo  sviluppo,  mirante  a  produrre  un  gamete  maturo,  competente  per  la  fecondazione,  la  cellula  germinale  femminile  dei  mammiferi  passa  attraverso  varie  transizioni  e  vari  blocchi.  Queste  trasformazioni  iniziano  con  la  specificazione  

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delle  cellule  germinali  primordiali  (PGC)  nell'embrione.  Nei  mammiferi,  le  cellule  germinali  primordiali  sembrano  essere  indotte  de  novo  da  altre  cellule  all'inizio  della  gastrulazione  dell'embrione.[238]  L'origine  embriologica  delle  PGC  è  extragonadica:  per  raggiungere  il  rudimento  gonadico  migrano  attraverso  vari  tessuti.  I  meccanismi  della  migrazione  delle  PGC  durante  l'ontogenesi  sono  altamente  conservati  filogeneticamente  e  comprendono  cues  intrinseci  e  somatici,  attrazione  e  repulsione,  nonché  motilità  ameboide.[239]  Nelle  cellule  germinali  primordiali  di  diverse  specie  sono  stati  scoperti  vari  fattori  coinvolti  nei  meccanismi  molecolari  che  portano  alla  formazione  della  linea  germinale  (fra  i  determinanti  conservati:  vasa,  tudor,  pumilio,  nanos,  germ  cell  less  e  mago  nashi)[240].  Si  suppone  che  Oct-­‐4,  un  fattore  ereditato  dalla  madre  che  è  essenziale  per  la  linea  germinale  dei  mammiferi[241],  funga  da  attivatore  trascrizionale  dei  geni  necessario  per  mantenere  uno  stato  totipotente  indifferenziato,  e  possa  reprimere  la  trascrizione  dei  geni  regolatorilineage-­‐specific.  Durante  la  migrazione,  il  numero  delle  PGC  si  accresce  per  mitosi[242].  Quando  giungono  nell'ovaio  che  si  sta  sviluppando,  se  non  è  presente  nel  genoma  e  non  è  propriamente  espresso  un  fattore  determinante  del  sesso  maschile,  le  PGC  sono  differenziate  in  ovogoni  e  continuano  a  moltiplicarsi  mitoticamente  fino  all'inizio  della  meiosi  I.  Da  questo  stadio  in  poi  si  definiscono  con  un  nuovo  termine  (ovociti  primari)  e  il  loro  numero  cala  progressivamente  (rispettivamente  a  ca.  7  milioni  al  5°  mese  di  gestazione,  tra  700  mila  e  2  milioni  alla  nascita  e  ca.  400  mila  alla  pubertà).  Nei  mammiferi,  la  meiosi  della  linea  germinale  femminile  ha  inizio  ben  prima  della  nascita.  Ma  ben  presto  questo  processo  si  arresta  allo  stadio  di  diplotene  della  profase  I  (P-­‐I),  per  riprendere  soltanto  attorno  al  momento  dell'ovulazione,  negli  anni  di  vita  fertile  della  donna.  "Il  destino  delle  cellule  germinali  viene  deciso  dopo  l'inizio  della  meiosi.  Una  cellula  germinale  meiotica  può  degenerare  oppure  completare  la  meiosi,  ma  non  può  ritornare  alla  proliferazione  mitotica"[243].  In  ogni  donna  adulta,  infatti,  solo  pochi  ovociti  (400-­‐500  circa)  maturano  fino  allo  stadio  ovulatorio,  e  in  caso  di  fecondazione  quelli  che  completano  la  meiosi  II  sono  un  numero  ancora  più  limitato.  Nell'ovaio  perinatale,  gli  ovociti  fermi  allo  stadio  di  diplotene  della  meiosis  I[244]  e  circondati  da  un  unico  strato  squamoso  di  cellule  somatiche  formano  una  popolazione  definita  di  follicoli  primordiali  che  non  crescono.  Un  certo  numero  di  questi  follicoli  viene  reclutato  e  le  loro  cellule  somatiche  (dette  cellule  della  granulosa)  diventano  cuboidali  e  proliferano  dando  luogo  a  un  pool  di  follicoli  primari  destinati  ai  successivi  stadi  di  sviluppo  follicolare  per  tutta  la  vita  riproduttiva  della  donna.      Dalla  rottura  della  vescicola  germinale  al  blocco  in  metafase-­‐II      L'ovocita  è  una  cellula  altamente  differenziata.  Si  "specializza  per  le  sue  funzioni  uniche  e  attraversa  progressivamente  una  serie  di  stadi  evolutivi  fino  ad  acquisire  un  fenotipo  competente  per  la  fecondazione"[245]  (Fig.6).  In  confronto  alle  cellule  somatiche  dei  mammiferi,  gli  ovociti  hanno  un'architettura  citologica  tutta  diversa.  Sono  le  cellule  più  grandi  della  femmina  adulta  (nell'uomo  il  loro  diametro  in  vitro  è  di  160±20  Î¼m,  n  =  545)[246]  e  contengono  riserve  di  tutti  gli  elementi  citoplasmatici  (organelli,  macro-­‐  e  micromolecole)  necessari  a  supportare  le  prime,  rapide  segmentazioni  dell'embrione  che  avvengono  dopo  la  fecondazione.  Oltre  a  disporre  di  un  gran  numero  di  organelli  tipici  delle  cellule  eucariotiche  -­‐come  il  reticolo  endoplasmatico  (ER  nella  sigla  inglese),  i  mitocondri  (MT)  e  l'apparato  di  Golgi  (GA)-­‐  gli  ovociti  posseggono      

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 Fig.  6.  Struttura  del  cumulus  oophorus  (sezione).  Al  tempo  dell'ovulazione,  l'ovocito,  arrestato  nello  stadio  di  metafase  II  della  meiosi,  sta  racchiuso  dentro  un  involucro  glicoproteico  (zona  pellucida)  circondato  da  cellule  follicolari  della  corona  radiata,  che  sono  tenute  insieme  da  una  matrice  di  acido  ialuronico.  Il  sottile  spazio  tra  la  membrana  della  cellula  gamete  (oolemma)  e  la  zona  pellucida  Ã¨  chiamato  spazio  perivitellino  ed  accoglie  i  globuli  polari  che  sono  espulsi  dal  citoplasma  (ooplasma)  dell'ovocito  alla  fine  della  prima  e  della  seconda  cariocinesi  (karyokinesis)  meiotica  (rispettivamente  globulo  polare  1º  e  globulo  polare  2º).  (Modificato  da  Rosati,  De  Simone,  Guidotti,  Embriologia  Generale...).      strutture  non  osservabili  altrove,  fra  cui  le  lamelle  anulate  e  i  granuli  corticali.[247]  Inoltre,  se  gli  ovuli  di  tutti  gli  animali  sono  coperti  da  uno  o  più  rivestimenti  extracellulari,  gli  ovociti  di  mammiferi  sono  circondati  da  uno  spesso  strato  di  glicoproteine,  detto  zona  pellucida  (ZP),[248]  e  da  una  matrice  extracellulare,  detta  spazio  perivitellino  (PVS).[249]  Il  nucleo  degli  ovociti  che  si  arrestano  all'inizio  della  meiosi  I  è  molto  grande  e  si  definisce  vescicola  germinale  (GV).  Il  sacco  nucleare  (NE)  di  quest'ultima  contiene  molti  più  complessi  porosi  nucleari  (NPC)  -­‐cioè  strutture  che  mediano  il  trasporto  fra  citoplasma  e  nucleo[250]-­‐  di  quanti  ne  contenga  il  nucleo  di  una  tipica  cellula  somatica,  ad  es.  un  fibroblasto.  Di  contro,  le  dimensioni  dei  cromosomi  cariocinetici  e  degli  astri  di  microtubuli  del  fuso  sono  assai  simili  a  quelle  delle  cellule  somatiche  in  via  di  divisione.  "La  rilevanza  funzionale  di  questa  enorme  vescicola  germinale  non  è  del  tutto  chiara,  ma  potrebbe  trattarsi  di  un  mezzo  per  immagazzinare  

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per  un  lungo  periodo  di  tempo  componenti  del  sacco  nucleare  che  si  assemblano  spontaneamente,  come  i  complessi  porosi  e  le  lamine  nucleari".[251]  Quando  gli  ovociti  escono  dal  blocco  P-­‐I  e  rientrano  nella  meiosi,  la  vescicola  germinale  si  disintegra.  Poco  dopo  questo  processo,  provocato  dalle  forze  meccaniche  del  citoscheletro  insieme  alla  scomposizione  biochimica  dei  complessi  proteici  del  sacco  nucleare,[252]  i  cromosomi  dell'ovocita  passano  alla  piastra  della  metafase-­‐I  (M-­‐I),  entrano  rapidamente  nell'anafase  (A-­‐I)  e  nella  telofase-­‐I  (T-­‐I)  e  a  quel  punto  viene  estruso  il  primo  corpo  polare  (PB-­‐1).  I  cromosomi  rimasti  dentro  l'ovocita  si  riallineano  prontamente  formando  il  secondo  fuso  meiotico.  Gli  ovociti  dei  mammiferi  si  arrestano  a  questo  stadio  (metafase-­‐II  o  M-­‐II)  ed  entrano  nell'anafase-­‐II  (A-­‐II)  solo  al  momento  della  fecondazione.[253]  Durante  la  meiosi  I  e  II,  gli  ovociti  si  trovano  nella  fase  M  del  ciclo  cellulare,  con  un'elevata  attività  del  maturation-­‐promoting  factor  (MPF).[254]  Per  effetto  dell'alta  espressione  di  MPF,  le  proteine  del  sacco  nucleare,  come  le  lamine  e  le  nucleoporine,  vengono  fosforilate,  impedendo  la  polimerizzazione  delle  lamine  e  il  montaggio  dei  complessi  porosi  nucleari.  Tuttavia,  benché  fra  la  meiosi  I  e  II  l'attività  dell'MPF  subisca  un  netto  calo,  non  si  riforma  il  sacco  nucleare  attorno  ai  cromosomi.  Come  hanno  osservato  Lénárt  ed  Ellenberg,  "probabilmente,  impedire  la  formazione  del  sacco  nucleare  è  un  prerequisito  importante  per  inibire  la  replicazione  del  DNA  durante  la  divisione  riduttiva".[255]  A  cominciare  dalla  formazione  del  follicolo  per  continuare  attraverso  tutto  il  suo  sviluppo,  una  comunicazione  bidirezionale  fra  l'ovocita  e  le  cellule  della  granulosa  che  lo  circondano  è  essenziale  per  la  maturazione  coordinata  sia  del  gamete,  sia  delle  cellule  somatiche.[256]  Ad  esempio,  difetti  della  maturazione  meiotica  sono  documentati  nei  topi  che  mancano  della  proteina  giunzionale  connexina  37,  coinvolta  nelle  interazioni  fra  ovocita  e  cellule  della  granulosa.[257]Gli  ovociti  dipendono  dalle  cellule  somatiche  per  crescere  e  svilupparsi,[258]  per  la  regolazione  della  meiosi[259]  e  per  la  modulazione  trascrizionale  del  genoma.[260]  Perché  lo  sviluppo  follicolare  progredisca  oltre  lo  stadio  primario,  occorrono  segnalazioni  bidirezionali.  Alcune  delle  proteine  specifiche  che  partecipano  a  questo  processo  di  regolazione  sono  state  identificate:  fra  queste,  il  fattore  di  differenziazione  9  o  GDF9,  secreto  dall'ovocita;  il  recettore  KIT  (superficie  dell'ovocita)  e  il  suo  legando  KITL  (prodotto  dalle  cellule  della  granulosa).[261]  Oltre  a  ciò,  i  follicoli  diventano  sensibili  alle  gonadotropine.  Ad  esempio,  il  GDF9  favorisce  la  formazione  e  l'integrità  del  complesso  cumulo-­‐ovocita  inducendo  ialuronidasi  2,  pentraxina  3  e  fattore  6  indotto  dal  fattore  di  necrosi  tumorale,  e  sopprimendo  l'attivatore  del  plasminogeno-­‐urochinasi.[262]      Dall'ambiente  follicolare  all'ambiente  tubale      L'ovulazione  -­‐innescata  dal  rialzo  dei  livelli  di  ormone  luteinizzante  (LH)  che  avviene  a  metà  ciclo-­‐  è  l'evento  che  segna  il  passaggio  del  gamete  femminile  dall'antro  follicolare  all'ambiente  extraovarico,  rappresentata  normalmente  dal  lume  dell'endosalpinge,  in  cui  l'ovocita  è  bagnato  dal  fluido  oviduttale.[263]  Poco  prima  dell'ovulazione,  le  gonadotropine  stimolano  le  cellule  della  granulosa  a  produrre  e  secernere  acido  ialuronico  (HA),  un  glicosaminoglicano  non  solfato,  che  disperde  queste  cellule  e  le  ingloba  in  una  matrice  simile  al  muco,  in  un  processo  detto  "espansione  (o  mucificazione)  del  cumulo".[264]  La  formazione  della  matrice  del  cumulo  ooforo  è  controllata  anche  da  un  fattore  derivato  dall'ovocita.  Evidenze  sperimentali  provenienti  da  studi  in  vitro  sulle  cellule  del  cumulo  depongono  fortemente  a  favore  della  tesi  che  il  fattore  che  stimola  la  sintesi  dell'acido  ialuronico  sia  il  GDF9.[265]  Nel  complesso  cumulo-­‐ovocita  (COC)  pienamente  espanso,  l'acido  ialuronico  è  presente,  con  una  concentrazione  pari  a  0,5-­‐1  mg/ml,  come  componente  predominante  della  matrice,  che  determina  le  proprietà  viscoelastiche  del  complesso.  Nella  matrice  del  COC  sono  

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presenti  anche  altri  glicosaminoglicani,  fra  cui  condroitina  solfato,  dermatano  solfato  e  una  sostanza  simile  all'eparina.  La  matrice  sembra  ancorata  alla  superficie  delle  cellule  del  cumulo  dal  recettore  dell'acido  ialuronico  CD44.[266]  A  questo  punto  l'ovocita  ha  completato  la  meiosi  I,  dando  luogo  a  un  grosso  ovocita  secondario  che  contiene  quasi  tutto  il  materiale  citoplasmatico  più  una  piccola  struttura  rotonda  -­‐il  primo  corpo  polare  (PB1)-­‐  in  cui  si  trova  la  metà  dei  cromosomi  omologhi  della  madre.  Il  corpo  polare  è  localizzato  entro  lo  spazio  perivitellino  (PVS),  cioè  il  piccolo  insterstizio  fra  l'ovocita  e  la  zona  pellucida  (Fig.6).  La  meiosi  II  segue  immediatamente,  ma  si  arresterà  alla  metafase  e  rimarrà  così  fino  alla  fecondazione.  L'apparato  del  fuso  della  seconda  divisione  meiotica  fa  la  sua  comparsa  al  momento  dell'ovulazione.  Un  secondo  corpo  polare  (PB2)  contenente  metà  delle  cromatidi  sorelle  si  formerà  durante  la  fecondazione,  poco  dopo  la  fusione  delle  membrane  plasmatiche  dei  gameti  e  l'inglobamento  degli  spermatozoi.[267]  La  risposta  follicolare  al  rialzo  dell'ormone  luteinizzante  LH,  che  culmina  nell'ovulazione,  è  un  processo  complesso,  ma  ben  orchestrato,  che  comporta  un  continuo  cross-­‐talking  fra  le  cellule  della  granulosa  e  l'ovocita.  L'LH  attiva  una  serie  di  segnali  attraverso  il  suo  recettore  specifico.[268]  Inoltre  alcuni  segnali  -­‐ad  esempio  l'aumento  di  Ca2+  e  di  cAMP-­‐  si  diffondono  nell'ovocita  attraverso  la  rete  dei  gap  junction  per  sollecitare  le  risposte  del  gamete.[269]  La  rottura  del  follicolo  graafiano[270]  si  verifica  entro  24-­‐36  ore  dal  rialzo  dell'LH.  Sembrano  essere  essenziali  per  la  rottura  follicolare  le  prostaglandine  localizzate  localmente,  essendo  le  principali  responsabili  dell'aumento  della  permeabilità  vascolare  che  sostiene  la  pressione  intrafollicolare  positiva.[271]  La  riduzione  progressiva  della  forza  tensile  della  parete  follicolare  dà  luogo  alla  sua  rottura  completa.[272]  A  quel  punto,  il  flusso  di  fluido  e  transudato  vascolare  trasporta  il  complesso  cumulo-­‐ovocita  fuori  dal  follicolo  e  sulla  superficie  dell'ovaio,  dove  esso  viene  prelevato  dall'infundibolo  ed  entra  nell'ampolla  della  tuba  di  Falloppio.[273]  "E'  riconosciuto  da  oltre  50  anni  che  l'ovidotto  è  un  organo  riproduttivo  responsabile  della  creazione  di  un  microambiente  che  serve  ad  agevolare  le  funzioni  dei  gameti,  la  fecondazione  e  lo  sviluppo  embrionale  iniziale.  Questa  evidenza  proviene  da  numerose  specie  e  dagli  scienziati  che  usano  una  varietà  di  tecniche  per  recuperare  le  secrezioni  dell'ovidotto  e  sottoporle  ad  analisi  funzionali  e  composizionali".[274]  Studi  molecolari  delle  secrezioni  tubali  documentano  che  questo  fluido  è  biochimicamente  assai  complesso  e  ha  come  componente  principale  le  proteine.  Benché  gran  parte  di  queste  proteine  si  trovino  anche  in  altri  tessuti,  c'è  un  gruppo  di  glicoproteine  specifiche  dell'ovidotto  (le  oviduttine  o  OSG)  che  è  stato  descritto  sia  nell'uomo[275]  sia  in  altre  specie  (topo,  criceto,  pecora,  mucca,  maiale,  cavallo  e  babbuino).[276]  Il  fatto  che  le  oviduttine  abbiano  origine  esclusivamente  tubale  e  la  loro  secrezione  sia  massima  nel  periodo  periovulatorio,  ha  suscitato  notevole  attenzione  per  valutare  la  loro  funzione.  Gli  effetti  delle  oviduttine  in  vitrosui  gameti  femminili  e  maschili  e  sull'embrione  sono  stati  dettagliatamente  esaminati  altrove[277]  e  comprendono:  mantenimento  della  motilità  degli  spermatozoi,  stimolazione  della  capacitazione,  aumento  dei  tassi  di  fecondazione  e  agevolazione  dei  primi  stadi  di  sviluppo  dell'embrione.[278]  Tuttavia  l'ipotesi  attraente  che  le  oviduttine  svolgessero  un  ruolo  cruciale  nella  promozione  della  fecondazione  e  nell'embriogenesi  preimpianto  è  stata  posta  in  discussione  dall'osservazione  che  i  topi  null  per  le  oviduttine  hanno  una  fecondità  normale.[279]  Gabler,  Chapman  e  Kilian[280]hanno  recentemente  stabilito  che  il  fluido  oviduttale  contiene  osteopontina,  una  glicoproteina  che  si  trova  in  numerosi  tessuti  ed  è  notoriamente  implicata  nell'adesione  cellulare  e  nella  segnalazione  cellulare  legandosi  alle  integrine.  L'osteopontina  è  espressa  dall'epitelio  dell'ovidotto,  e  al  pari  delle  oviduttine  sembra  avere  molteplici  effetti  benefici  sulla  fisiologia  dei  gameti  e  dell'embrione  in  vitro.  Ciò  nonostante,  il  topo  null  per  l'osteopontina  è  fertile.[281]  

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Sono  in  corso  ulteriori  studi  volti  a  valutare  la  funzione  di  specifici  fattori  dell'ambiente  tubale,  che  serviranno  a  meglio  definire  i  loro  contributi  all'azione  promotrice  della  fecondazione  e  dello  sviluppo  embrionale  svolta  dal  fluido  oviduttale.  Il  quadro  che  sta  emergendo  è  che,  nel  loro  insieme,  le  secrezioni  dell'endosalpinge  costituiscano  un  sistema  a  prova  di  guasto  per  garantire  la  fecondità:  ossia  che  l'ambiente  favorevole  non  dipenda  da  un'unica  componente.  IL  PROCESSO  DELLA  FECONDAZIONE      Il  processo,  i  suoi  stadi  e  i  relativi  eventi:  comprendere  che  cosa  avviene  al  momento  della  fecondazione  La  fecondazione  non  è  né  un  fenomeno  istantaneo  né  un  unico  riassetto  spaziale  degli  elementi  che  la  rendono  possibile.  Con  il  contributo  degli  spermatozoi,  la  fecondazione  "riorganizza  l'ovulo  nello  zigote  mediante  una  serie  interattiva  di  cambiamenti  strutturali  e  biochimici  che  si  verificano  in  un  distinto  modello  temporale  e  spaziale".[282]  Come  quasi  tutti  gli  eventi  fisiologici  della  vita  degli  organismi,  anche  la  fecondazione  è  un  processo  biologico  complesso,  cioè  una  serie  ben  orchestrata  di  cause  ed  effetti  di  natura  cellulare,  genetica,  chimica  e  fisica  la  cui  finalità  è  espletare  una  specifica  funzione.  Nel  nostro  caso,  la  finalità  biologica  è  la  generazione  di  una  cellula  evolutivamente  totipotente  (lo  zigote  o  embrione  unicellulare)  "che  costituisce  l'inizio,  o  il  primordio,  di  un  nuovo  individuo"[283]  riprodotto  gamicamente.  Questa  cellula,  geneticamente  e  citologicamente  nuova,  è  l'esito  di  un  gran  numero  di  eventi  molecolari  e  ultrastrutturali  coordinati  che  favoriscono  l'interazione  dei  due  gameti.  I  delicati  passaggi  successivi  di  questo  progresso  verso  la  costituzione  dell'entità  biologica  nuova  sono  detti  "stadi  della  fecondazione".  Distinguere  il  processo  della  fecondazione  in  vari  stadi  non  serve  soltanto  a  organizzare  i  singoli  eventi  ultrastrutturali  e  molecolari  in  un  modello  intelligibile  che  renda  comprensibile  la  funzione  della  fecondazione:  ci  introduce  anche  a  una  più  profonda  comprensione  del  rapporto  causa-­‐effetto  che  sottende  a  questo  processo  fondamentale  della  vita.  In  questa  prospettiva  euristica  nei  confronti  degli  articolati  fenomeni  della  vita,  le  cui  basi  teoriche  sono  elaborate  dalla  filosofia  della  biologia,  un  ruolo  speciale  è  attribuito  all'individuazione  della  "fase  critica",  cioè  la  fase  in  cui  il  processo  stesso  si  distacca  dal  suo  stato  di  indeterminazione  circa  quale  di  due  o  più  possibilità  sarà  attuata,  o  da  una  condizione  di  reversibilità  che  consente  al  sistema  biologico  di  arrestarsi  in  un  punto  d'equilibrio  o  di  tornare  al  suo  stato  originario.  Una  volta  che  la  "fase  critica"  è  stata  intrapresa  o  superata,  il  processo  viene  spinto  avanti  e  a  tempo  debito  raggiungerà  il  suo  fine,  sempre  che  siano  disponibili  tutti  i  fattori  genetici,  molecolari  e  cellulari  occorrenti  e  che  non  si  verifichino  eventi  avversi.  Nel  ripercorrere  qui  di  seguito  i  principali  eventi  che  contribuiscono  all'avvio  e  alla  prosecuzione  degli  stadi  della  fecondazione  nei  mammiferi  (con  qualche  riferimento,  ove  necessario,  ad  altri  modelli  animali),  saranno  riportati  e  discussi  dati  recenti  che  possono  contribuire  alla  comprensione  di  questo  fondamentale  processo  del  ciclo  vitale,  alla  definizione  delle  sue  caratteristiche  citologiche,  genetiche  e  biochimiche  salienti,  e  all'individuazione  della  sua  "fase  critica".  Secondo  la  letteratura  recente,  nei  mammiferi  gli  eventi  coinvolti  nel  processo  della  fecondazione  si  possono  raggruppare  in  stadi  successivi,  il  modo  in  cui  comunemente  "due  cellule  sessuali  (gameti)  si  fondono  a  creare  un  nuovo  individuo  con  potenzialità  genetiche  derivanti  da  entrambi  i  genitori".[284]  Usando  svariati  modelli  animali,  e  più  recentemente  anche  per  mezzo  dello  studio  della  fecondazione  in  vitro  (FIV)  nell'uomo,[285]  ciascuno  di  questi  stadi  è  stato  indagato  in  dettaglio  e  caratterizzato  a  livello  ultrasttrutturale,  genetico  e  molecolare,  e  attualmente  in  molti  laboratori  sono  in  corso  studi  volti  a  far  luce  sui  meccanismi  più  riposti  che  vi  danno  luogo  e  li  controllano.  Queste  indagini  hanno  prodotto  una  vasta  letteratura  il  cui  contributo  alla  comprensione  del  processo  di  fecondazione  è  difficile  da  riassumere  in  uno  spazio  limitato.  

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Pertanto,  è  stata  operata  una  selezione  di  quegli  aspetti  della  ricerca  contemporanea  che  chiariscono  ulteriormente  ciò  che  avviene  "nel  processo  tramite  cui  uno  spermatozoo  e  un  ovulo  si  uniscono  a  formare  la  prima  cellula  dello  sviluppo  di  un  organismo  multicellulare".[286]  La  citata  distinzione  in  stadi  non  comporta  l'unità  complessiva  del  processo  della  fecondazione,  che  poggia  sul  fine  cui  sono  orientati  tutti  gli  stadi  e  in  vista  del  quale  essi  forniscono  il  repertorio  completo  di  strutture,  funzioni  e  regolazioni,  cioè  "trasmettere  il  genoma  da  una  generazione  all'altra  e  dare  avvio  allo  sviluppo  di  un  nuovo  organismo".[287]  Inoltre,  poiché  "nei  mammiferi  il  processo  della  fecondazione  consiste  in  numerosi  eventi  che  devono  avere  luogo  in  un  ordine  obbligatorio  per  produrre  uno  zigote  in  grado  di  sopravvivere",[288]  è  tale  ordine  intrinseco  di  cause  ed  effetti  che  ci  consente  di  definire  i  confini  del  processo  per  quanto  riguarda  il  suo  inizio  e  la  sua  fine  e  di  cercare  lo  stadio  che  indirizza  con  certezza  il  processo  a  produrre  il  suo  effetto  finale,  cioè  "avviare  lo  sviluppo  embrionale  di  un  nuovo  individuo".[289]      Superare  le  barriere:  dal  contatto  fra  gameti  all'ingresso  nello  spazio  perivitellino      La  penetrazione  del  cumulo  ooforo      Gli  spermatozoi  si  avvicinano  al  cumulo  ooforo  espanso  con  lo  scopo  di  raggiungere  la  zona  pellucida  e  attraversarla  (Fig.7).  A  paragone  con  l'abbondanza  di  dati  e  considerazioni  sull'importanza  dell'interazione  cumulo-­‐ovocita  durante  la  maturazione  dell'ovocita,  meno  attenzione  è  stata  rivolta  al  ruolo  delle  cellule  del  cumulo  nel  processo  di  fecondazione.  Mentre  per  la  FIV  non  occorrono  ovociti  cumulo-­‐intatti  (anzi,  di  solito  gli  ovociti  vengono  "decoronizzati"  prima  di  aggiungere  i  gameti  maschili  al  mezzo  di  coltura  o  di  iniettare  gli  spermatozoi  nell'ovocita),  in  alcune  specie  le  cellule  del  cumulo  migliorano  nettamente  i  tassi  di  fecondazione.[290]  Come  hanno  chiaramente  evidenziato  Olds  e  Clarke,  "è  un  errore  partire  dal  presupposto  che  le  interazioni  spermatozoo-­‐cellula  del  cumulo  siano  superflue,  visto  che  la  penetrazione  della  zona  pellucida  da  parte  degli  spermatozoi  è  significativamente  accresciuta  se  le  cellule  del  cumulo  sono  lasciate  sul  posto".[291]  Tuttavia,  i  meccanismi  mediante  i  quali  il  cumulo  e  la  su  matrice  extracellulare  condizionano  l'interazione  degli  spermatozoi  con  la  zona  pellucida  non  sono  ancora  noti  in  via  definitiva.  Potrebbero  comprendere  segnali  chimici  rivolti  alle  vie  di  trasduzione  del  segnale  spermatico  che  forse  modificano  la  motilità  e/o  le  fasi  finali  della  capacitazione,  e  forse  le  cellule  del  cumulo  continuano  a  rifornire  l'ovocita  di  utili  metaboliti  anche  dopo  l'ovulazione.  Per  giunta,  la  matrice  ricca  di  acido  ialuronico  appare  continua  con  il  rivestimento  degli  spazi  nella  parte  esterna  della  zona  pellucida,  e  quindi  potrebbe  avere  un  effetto  benefico  via  via  che  gli  spermatozoi  la  penetrano.[292]  Infine,  nelle  interazioni  spermatozoi-­‐zona  pellucida  è  probabilmente  significativa  la  resistenza  fisica  del  cumulo  ooforo.[293]  

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 Fig.  7.  La  successione  dei  primi  stadi  nella  fertilizzazione  umana.  (a)  Uno  spermatozoo  capacitato  penetra  il  cumulo  ooforo  e  (b)  aderisce  alla  zona  pellucida,  nella  quale  accade  la  reazione  acrosiomiale.  Uno  o  più  spermatozoi  con  reazione  acrosomiale  compiuta  attraverso  la  zona  pellucida  e  (c)  passano  nello  spazio  perivitellino.  L'adesione  della  testa  dello  spermatozoo  all'oolemma  Ã¨  seguita  dalla  (d)  fusione  della  membrana  della  testa  dello  spermatozoo  con  l'oolemma  seguita  dall'immersione  di  questo  spermatozoo  nell'ooplasma.  (Modificato  da  Evans  J.P.,  Florman  H.M.,  The  state  of  the  union:  the  cell  biology  of  fertilization,  Nature  Cell  Biology  2002,  4(1):  S57-­‐S63).      Per  penetrare  il  cumulo  ooforo  gli  spermatozoi  usano  una  motilità  iperattivata[294]  e  una  ialuronidasi  di  superficie  glicosilfosfatidilinositolo-­‐ancorata  detta  PH-­‐20.[295]  Visto  che  nessuna  proteasi  è  ancora  stata  coinvolta  in  questa  penetrazione,  secondo  alcuni  autori  l'ipermotilità  degli  spermatozoi  e  la  ialuronidasi  situata  sulla  loro  superficie  "sono  necessarie,  e  forse  sufficienti,  a  creare  una  via  attraverso  la  matrice  extracellulare  delle  cellule  del  cumulo.[296]  In  ogni  caso,  i  topi  mancanti  della  PH-­‐20  hanno  una  fecondità  normale  in  vivo,  benché  la  ritardata  penetrazione  del  cumulo  determini  tassi  di  FIV  ridotti.[297]  Quindi,  "potrebbero  esservi  ialuronidasi  aggiuntive  che  compensano  l'assenza  di  PH-­‐20,  oppure  occorre  rivalutare  l'importanza  delle  attività  enzimatiche  nella  penetrazione  del  cumulo".[298]      L'adesione  spermatozoi-­‐zona  pellucida      Il  contatto  spermatozoi-­‐zona  pellucida  (ZP)  si  chiama  "adesione"  anziché  "legame"  perché  il  primo  termine  si  riferisce  ad  associazioni  cellula-­‐cellula  o  cellula-­‐matrice  extracellulare,  mentre  il  secondo  è  più  propriamente  riservato  per  la  specifica  associazione  fra  due  molecole.  Mentre  una  

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(o  forse  due)  delle  glicoproteine  solubilizzate  della  ZP  si  lega(no)  specificamente  con  vari  "recettori  ZP"  putativi  localizzati  nella  membrana  cellulare  dello  spermatozoo,[299]l'associazione  degli  spermatozoi  con  la  ZP  intatta  che  racchiude  l'ovocita  si  verifica  fra  una  cellula  (gamete  maschile)  e  una  matrice  extracellulare,  costituendo  pertanto  un'adesione.[300]  L'adesione  degli  spermatozoi  alla  ZP  avviene  in  vari  stadi  che  non  sono  sempre  visibili  al  microscopio  ottico.  Il  contatto  iniziale  fra  gli  spermatozoi  e  la  superficie  della  ZP  avviene  a  livello  della  regione  equatoriale  e/o  postacrosomiale  del  gamete  maschile  acrosoma-­‐intatto.  Come  documentano  registrazioni  video  effettuate  nel  criceto,  dapprima  lo  spermatozoo  ruota  liberamente  intorno  a  questo  punto  di  contatto,  benché  il  suo  grado  di  movimento  sia  ridotto  dalle  cellule  del  cumulo.[301]  Drobnis  e  collaboratori  hanno  suggerito  che  il  cumulo  potrebbe  contribuire  a  orientare  la  testa  dello  spermatozoo  per  la  penetrazione  della  ZP  e  opporre  una  resistenza  meccanica  alle  forze  flagellari  dirette  alla  porzione  prossimale  della  coda.[302]  In  ogni  caso,  indipendentemente  dall'eventuale  ruolo  del  cumulo,  "sembra  che  lo  spermatozoo  acrosoma-­‐intatto  non  si  limiti  a  giacere  nella  zona  pellucida  ma  vi  aderisca.  Se  vi  fosse  contatto  ma  non  adesione,  il  movimento  flagellare  allontanerebbe  la  testa  dalla  zona".[303]  Nella  regione  equatoriale  della  testa  dello  spermatozoo,  ponti  intermembranosi  stabilizzano  la  membrana  acrosomiale  esterna  e  la  membrana  plasmatica  che  la  ricopre,  alla  quale  la  guaina  postacrosomiale  è  strettamente  legata  da  creste  o  sporgenze  periodiche.[304]  Nei  mammiferi,  o  almeno  nella  maggior  parte  di  essi,  è  probabile  che  la  fase  iniziale  dell'adesione  alla  zona  pellucida  abbia  luogo  soltanto  con  spermatozoi  acrosoma-­‐intatti.[305]  Evidenze  considerevoli  indicano  che  il  riconoscimento  dei  carboidrati  svolge  un  ruolo  chiave  in  questa  interazione.[306]  Il  modello  animale  preferito  per  indagare  il  ruolo  del  riconoscimento  dei  carboidrati  nella  fecondazione  nei  mammiferi  è  il  topo.  Gli  spermatozoi  murini  danno  luogo  alla  fecondazione  legandosi  alla  ZP,  una  matrice  composta  di  tre  grandi  glicoproteine  dette  mZP1,  mZP2  e  mZP3.[307]  Si  ritiene  che  la  mZP3  sia  la  componente  che  media  sia  il  legame  iniziale,  sia  l'induzione  della  reazione  acrosomiale.[308]  La  sua  delezione  genetica  determina  la  perdita  completa  di  una  zona  pellucida  funzionale  e  l'infertilità.[309]  Nel  topo,  le  evidenze  suggeriscono  che  l'adesione  iniziale  dei  gameti  sia  mediata  da  un  insolito  ricettore  della  superficie  dello  spermatozoo,  la  Î²1,4-­‐galattosiltransferasi-­‐I  (GalT),  che  si  lega  ad  alcune  specifiche  catene  di  oligosaccaridi  sulla  glicoproteina  della  zona  pellucida  ZP3.[310]  Il  legame  delle  catene  di  oligosaccaridi  di  ZP3  induce  l'aggregazione  della  GalT,  attivando  così,  in  modo  diretto  o  indiretto,  l'esocitosi  acrosomiale.[311]  Tuttavia,  studi  più  recenti  hanno  sollevato  la  questione  se  il  legame  spermatozoo-­‐ovulo  si  possa  spiegare  unicamente  con  la  GalT  dello  spermatozoo  che  si  lega  agli  oligosaccaridi  della  ZP3,  e  suggeriscono  che  il  legame  spermatozoo-­‐ovulo  probabilmente  è  mediato  da  recettori  aggiuntivi  alla  GalT  e  alla  ZP3.  Il  riconoscimento  dei  gameti  sembra  essere  più  complesso  di  un'unica  interazione  recettore-­‐legante  e  si  può  risolvere  in  almeno  due  eventi  di  legame  distinti:  un'interazione  ZP3-­‐  e  GalT-­‐indipendente,  responsabile  dell'adesione  dei  gameti,  e  un'interazione  ZP3-­‐  e  GalT-­‐dipendente  che  agevola  l'esocitosi  acrosomiale.[312]      La  reazione  acrosomiale      L'esocitosi  dell'acrosoma,  o  reazione  acrosomiale  (AR),  è  un'alterazione  morfologica  che  si  verifica  prima  della  penetrazione  della  zona  pellucida.  L'AR  "costituisce  una  strategia  riproduttiva  fondamentale  che  è  un  prerequisito  della  riuscita  della  fecondazione".[313]  Come  nel  caso  dell'esocitosi  regolata  delle  cellule  somatiche,  Ca2+  è  un  mediatore  essenziale  dell'AR.[314]  Tuttavia  l'AR  differisce  da  altri  fenomeni  esocitotici  noti  per  vari  aspetti,  

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principalmente  per  il  fatto  che  lo  spermatozoo  contiene  un'unica  vescicola  secretiva  (acrosoma),  il  cui  svuotamento  è  un  evento  unico.  Nondimeno  "si  sospetta  che  lo  spermatozoo  utilizzi  lo  stesso  meccanismo  molecolare  per  la  fusione  (delle  membrane)  e  gli  stessi  componenti  regolatori  che  caratterizzano  altri  eventi  secretivi".[315]  L'esocitosi  è  un  evento  multifase  altamente  regolato,  che  comprende  l'indirizzamento,  l'aggancio,  l'innesco,  l'entrata  e  la  fusione  delle  vescicole  secretive  con  la  membrana  plasmatica  della  cellula.  Esistono  evidenze  convincenti  del  fatto  che  l'AR  sia  completata  dopo  che  lo  spermatozoo  si  è  legato  alla  zona  pellucida  e  che  una  o  più  componenti  della  ZP  hanno  indotto  lo  spermatozoo  a  completare  l'AR.  Attualmente  si  pensa  che  sia  coinvolta  nel  completamento  dell'AR  anche  la  ZP3,  cioè  il  recettore  dell'ovocita  per  lo  spermatozoo.[316]  La  ZP3  agisce  stimolando  la  depolarizzazione  del  potenziale  di  membrana  dello  spermatozoo  (ca.  -­‐25  mV)  e  questo  effetto  è  specifico  di  questa  glicoproteina  della  zona  pellucida.[317]  Recentemente  sono  state  identificate  varie  fasi  della  trasduzione  del  segnale  della  ZP3,[318]  fra  cui  l'attivazione  di  una  proteina  eterotrimerica  GTP-­‐legante,  un  incremento  transitorio  dell'attivazione  del  pH  intracellulare  (pHi),  l'attivazione  della  fosfolipasi  C  (PLC)  e  un  transitorio  innalzamento  del  [Ca2+]iattraverso  canali  del  Ca2+  di  Tipo-­‐T.  Nella  fase  successiva  della  trasduzione  di  segnale  (da  ZP3)  questi  eventi  iniziali  ZP3  indotti  producono  un  ulteriore  ingresso  di  Ca2+  attraverso  canali  cationici  Ca2+-­‐conduttori  della  famiglia  delle  proteine  TRPC  (Transient  Receptor  Potential  Channel),[319]  che  ha  esito  in  un  innalzamento  sostenuto  del  [Ca2+]i  fino  a  ca.  500  nM,  il  quale  scatena  l'esocitosi.  La  reazione  acrosomiale  ha  luogo  qualche  minuto  dopo  l'inizio  del  segnale  Ca2+sollecitato  dalla  ZP3.  E'  stato  riportato  che  la  TRPC2  (la  seconda  proteina  canale  cationica  per  il  trasporto  del  Ca2+  della  famiglia  delle  TRPC),  si  co-­‐localizza  con  i  siti  di  attaccamento  della  ZP3  dello  spermatozoo  di  topo  e  che  un  anticorpo  diretto  contro  i  domini  extracellulari  della  TRPC2  inibisce  l'innalzamento  sostenuto  del  [Ca2+]i.[320]  tuttavia  la  TRPC2  potrebbe  non  essere  l'unica  TRCP  coinvolta  nella  trasduzione  del  segnale  AR  Ca2+,  visto  che  i  topi  null  per  TRPC2  sono  fertili.[321]  L'AR  è  caratterizzata  da  fusioni  multiple  -­‐nella  regione  anteriore  della  testa  dello  spermatozoo-­‐  della  membrana  plasmatica  con  la  membrana  acrosomiale  esterna  che  sta  sotto  la  prima  (Fig.8).  La  depolimerizzazione  della  F-­‐actina  permette  alle  due  membrane  di  entrare  in  stretta  prossimità  e  di  fondersi.[322]  Per  effetto  di  questi  eventi  di  fusione,  si  producono  numerose  vescicole  con  membrana  ibrida  (composta  di  membrana  plasmatica  e  membrana  acrosomiale  esterna)  e  la  membrana  acrosomiale  interna  (con  le  componenti  che  le  sono  associate),  come  anche  il  contenuto  enzimatico  dell'acrosoma,  sono  esposti  alla  superficie  della  zona  pellucida.  In  questo  fenomeno  sono  coinvolti  enzimi  litici  (proteasi,  glicosidasi):  le  proteasi  potrebbero  essere  enzimi  superficiali  legati  alla  membrana[323]  oppure  proteasi  solubili  provenienti  dal  contenuto  acrosomiale.[324]  

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 Fig.  8.  Cambiamenti  nella  morfologia  della  testa  dello  spermatozoo  mammifero  durante  la  reazione  acrosomiale.  (A)  Vescicola  acrosomiale  intatta  prima  della  reazione.  (B)  Fusione  della  membrana  acrosomiale  esterna  con  la  membrana  citoplasmatica  dello  spermatozoo,  risultando  nella  vescicolazione  dell'acrosoma.  (C)  Perdita  progressiva  della  membrana  e  del  contenuto  dell'acrosoma.  (D)  Compimento  delle  reazione  acrosomiale  ed  esposizione  della  membrana  acrosomiale  interna.  (Modificazione  da  Yanagimachi  R.,  Mechanism  of  fertilization  in  mammmals,  in  Mastroianni  I.,  Bigger  J.D.  (a  cura  di),  In  vitro  fertilization  and  embryo  transfer,  New  York:  Plenum  Press,  1981:  81-­‐182;  Talansky,  Fertilization  and  early  embryonic...).      Solo  gli  spermatozoi  che  hanno  compiuto  la  reazione  acrosomiale  si  trovano  nello  spazio  perivitellino  e  possono  fondersi  con  l'oolemma.[325]  Attraversamento  della  zona  pellucida  ed  ingresso  nello  spazio  perivitellino  Nella  maggior  parte  dei  mammiferi,  quando  lo  spermatozoo  inizia  a  penetrare  nella  zona  pellucida,  l'asse  longitudinale  di  solito  è  obliquo  o  addirittura  perpendicolare  alla  superficie  della  zona  stessa.[326]  Il  cambio  di  orientamento  della  testa  dello  spermatozoo  -­‐dalla  geometria  parallela  (tipica  dell'adesione)  a  quella  diagonale  od  ortogonale  (caratteristica  della  penetrazione)-­‐  potrebbe  essere  determinato  dalla  formazione  di  una  "depressione"  o  "buca"  poco  profonda  nella  superficie  della  ZP  attorno  alla  regione  acrosomiale  svuotata  della  testa.  Via  via  che  si  forma  questa  depressione,  la  regione  sprofonderebbe  progressivamente  nella  ZP.  In  questo  modo  la  punta  anteriore  della  testa  dello  spermatozoo  è  rivolta  verso  la  superficie  interna  della  ZP.  Studi  sull'interazione  spermatozoi-­‐zona  pellucida  nel  criceto  e  nel  topo  effettuati  per  mezzo  del  microscopio  elettronico  a  scansione  (SEM)  hanno  rivelato  la  presenza  di  una  buca  poco  profonda  attorno  alla  punta  anteriore  dello  spermatozoo  (regione  acrosomiale  ormai  svuotata).[327]  Affrontando  la  questione  alla  luce  delle  informazioni  disponibili  vent'anni  fa,  Hunter[328]  poneva  l'accento  sull'esigenza  di  una  visione  equilibrata  che  almeno  ipotizzasse  un  ruolo  per  i  fattori  sia  enzimatici,  sia  meccanici.  Yanagimachi[329]  ha  esposto  in  dettaglio  molte  delle  evidenze  che  militano  a  favore  e  contro  il  concetto  di  lisi  della  zona  pellucida.  Tuttavia,  nella  maggior  parte  dei  testi  generali  e  in  molti  studi  analitici  della  funzione  dello  spermatozoo,  la  lisi  da  parte  dello  spermatozoo  di  una  via  attraverso  la  zona  pellucida  nei  mammiferi  è  ancora  

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considerata  alla  stregua  di  un  dato  di  fatto.[330]  Come  osservavano  Austin  e  Bishop  nel  1957,  "una  lisina  della  zona  pellucida  nei  mammiferi  è  ancora  da  dimostrare,  ma  della  sua  probabile  esistenza  testimonia  un  piccolo  foro  rimasto  nella  zona  dopo  il  passaggio  dello  spermatozoo".[331]  L'anno  seguente,  gli  stessi  autori  osservavano  che  "forse  il  perforatorium  trasporta  una  lisina  capace  di  modificare  la  sostanza  della  zona  in  modo  da  consentire  allo  spermatozoo  di  attraversarla  ed  entrare  nello  spazio  perivitellino".[332]  Così,  la  convinzione  che  gli  spermatozoi  utilizzino  enzimi  acrosomiali  per  penetrare  nella  zona  pellucida,  molto  più  spessa,  dei  mammiferi  euteriani  era,  in  un  certo  senso,  preordinata.  Da  allora  nell'acrosoma  dei  mammiferi  sono  stati  individuati  diversi  enzimi,  idrolitici  e  di  altro  tipo,[333]  e  un  sostegno  alla  tesi  della  lisi  della  zona  pellucida  è  venuto  da  gli  effetti  degli  estratti  acrosomiali  o  di  singoli  enzimi  sull'integrità  della  ZP;  le  robuste  evidenze  del  fatto  che  per  la  penetrazione  dello  spermatozoo  attraverso  la  zona  occorra  una  reazione  acrosomiale;  gli  studi  sulla  soppressione  della  fecondazione  in  presenza  di  inibitori  della  proteasi.  Attualmente,  alcune  evidenze  mettono  implicitamente  in  dubbio  la  probabilità  che  la  penetrazione  della  matrice  della  ZP  nei  mammiferi  euteriani  dipenda  dall'acrosina  e/o  da  altre  idrolasi  acrosomiali.  Questi  dubbi  scaturiscono  da  osservazioni  comparative  della  disposizione  e  del  comportamento  degli  spermatozoi  fecondanti  e  dallo  studio  della  penetrazione  della  ZP  come  funzione  dell'architettura  della  testa  dello  spermatozoo  e  della  stessa  ZP.  In  considerazione  delle  evidenze  attualmente  disponibili,  non  si  può  più  supporre  che  nei  mammiferi  euteriani  la  penetrazione  della  zona  pellucida  da  parte  dello  spermatozoo  dipenda  dall'azione  litica  di  alcuni  enzimi  acrosomiali.  I  dati  attuali  e  le  loro  interpretazioni  non  dimostrano  che  la  lisi  non  svolga  alcun  ruolo  in  questa  penetrazione,  ma  le  evidenze  opposte  sono  troppo  significative  per  continuare  a  giustificare  tale  supposizione.  Benché  la  solubilizzazione  finale  da  parte  di  estratti  acrosomiali  o  dell'acrosina  sia  stata  citata  come  prova  indiretta  che  il  mezzo  della  sua  penetrazione  sia  la  lisi,  la  ZP  non  mostra  alcuna  risposta  al  contenuto  acrosomiale  rilasciato  là  dove  la  testa  dello  spermatozoo  si  lega  e  reagisce.  All'apparenza,  anche  la  più  lenta  fecondazione  da  parte  degli  spermatozoi  di  topo  acrosina-­‐  o  galattosiltransferasi-­‐deficienti[334]  rispecchia  un  ritardo  dello  sviluppo  della  reazione  acrosomiale  e/o  del  legame  funzionale,  non  un'incapacità  di  penetrare  nella  ZP  o  di  subire  la  fusione  con  l'oolemma  ed  attivare  l'ovulo.  Nel  caso  dell'uomo,  gli  studi  effettuati  col  microscopio  elettronico  a  trasmissione  (TEM)  mostrano  spesso  le  teste  degli  spermatozoi  dentro  stretti  canali  comparabili  a  quelli  che  si  vedono  generalmente  nelle  uova  di  animali.  A  volte,  negli  ovociti  umani  fissati  48-­‐60  ore  dopo  l'inseminazione,  sono  presenti  degli  spazi  che  sembrano  suggerire  una  lisi  locale,  benché  con  qualche  evidenza  di  degenerazione.[335]      L'unione  dei  gameti:  l'adesione  spermatozoo-­‐oolemma  e  la  fusione  delle  membrane  cellulari      L'adesione  all'oolemma  da  parte  della  testa  dello  spermatozoo  che  ha  subito  la  reazione  acrosomiale      Prima  di  fondersi  con  essa,  lo  spermatozoo  aderisce  specificamente  alla  membrana  plasmatica  dell'ovocita  (oolemma).[336]  Per  l'adesione  non  è  necessaria  la  motilità  del  gamete  maschile:  spermatozoi  immobili  provenienti  da  soggetti  con  discinesia  ciliare  primaria,  iniettati  direttamente  nello  spazio  perivitellino  (PVS),  sono  in  grado  di  fondersi  con  oociti  umani.[337]  Tuttavia,  soltanto  gli  spermatozoi  che  hanno  subito  la  reazione  acrosomiale  sono  in  grado  di  legarsi  e  fondersi  con  l'oolemma  usando  la  membrana  plasmatica  della  regione  posteriore  della  testa  dello  spermatozoo.[338]  La  forza  del  legame  spermatozoo-­‐oolemma  è  ben  documentata  sperimentalmente  dall'osservazione  microscopica  che  alcuni  spermatozoi  restano  

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aderenti  all'oolemma  anche  dopo  il  lavaggio  dell'ovocita  da  cui  è  stata  rimossa  la  zona  pellucida:  questo  fenomeno,  detto  anche  tenacious  adherence,  rende  altamente  probabile  la  fusione  dei  gameti  a  seguito  dell'adesione.[339]  Da  quasi  vent'anni  alcuni  membri  della  famiglia  di  proteine  ADAM[340]  presenti  sulla  testa  dello  spermatozoo  e  le  integrine  presenti  sull'oolemma  sono  considerati  partner  complementari  nell'adesione  e  fusione  dei  gameti.[341]  In  particolare,  la  fertilina  Î±  e  Î²  e  la  ciritestina  presenti  sullo  spermatozoo  e  l'integrina  α6β1presente  sull'ovocita  sono  state  fortemente  implicate  nelle  interazioni  fra  le  membrane  cellulari  dei  gameti.  La  fertilina  Î²  (ADAM-­‐2)  è  stata  implicata  per  la  prima  volta  perché  identificata  come  l'antigene  di  un  anticorpo,  PH-­‐30,  che  bloccava  la  fecondazione  degli  ovociti  di  cavia.[342]  La  fertilina  α  (ADAM-­‐1)  è  stata  isolata  e  caratterizzata  insieme  alla  fertilina  β,  poiché  queste  due  proteine  formano  un  eterodimero.[343]  La  ciritestina  (ADAM-­‐3)  è  stata  identificata  nel  topo  e  nella  scimmia  mediante  clonazione  molecolare.[344]  Le  fertiline  α  e  β,  come  la  ciritestina,  subiscono  un  processo  proteolitico  fra  il  dominio  metalloproteasico  e  il  dominio  disintegrinico,  e  questo  dà  luogo  alla  conservazione  del  dominio  disintegrinico,  al  dominio  ricco  di  cisteina,  e  alla  ripetizione  tipo-­‐EGF  solo  sulla  superficie  dello  spermatozoo  maturo.  La  fertilina  α  è  processata  intracellularmente  durante  la  spermatogenesi  nel  testicolo,[345]  mentre  fertilina  β  e  ciritestina  vengono  scisse  durante  la  maturazione  epididimale.[346]  Dal  momento  che  le  integrine  mediano  l'adesione  delle  cellule  somatiche,  si  è  ipotizzato  che  queste  e  altre  molecole  dell'adesione  cellulare  (ad  es.  le  caderine)  medino  anche  l'adesione  spermatozoo-­‐ovocita.  L'individuazione  di  un  dominio  tipo  integrina  leganti  nella  fertilina  α  e  β  e  nella  ciritestina[347]  ha  indotto  a  ipotizzare  che  questi  leganti  spermatici  potessero  legarsi  alle  integrine  dell'oolemma.  L'integrina  α6β1  riconosce  principalmente  le  laminine  e  si  è  ipotizzato  che  intervenga  nella  fecondazione.  Sulla  base  di  esperimenti  di  cross-­‐linking  chimico  con  un  peptide  della  fertilina  β,[348]  e  a  partire  da  studi  effettuati  con  un  anticorpo  monoclonale  anti-­‐α6,[349]  si  suppone  che  l'integrina  α6β1  sia  implicata  come  recettore  dell'ovocita  per  ADAM-­‐2.  Tuttavia,  la  subunità  α6  non  è  strettamente  necessaria  per  la  fecondazione[350]  e  sono  falliti  vari  tentativi  di  inibire  le  interazioni  della  fertilina  β  e  di  altre  proteine  ADAM  sia  con  l'oolemma,  sia  con  altre  membrane  cellulari,  usando  lo  stesso  anticorpo  anti-­‐α6.[351]  Recentemente,  cercando  di  capire  se  le  integrine  siano  strettamente  necessarie  per  eventi  come  l'adesione  e  la  fusione  spermatozoo-­‐ovocita  nell'uomo,  Sengoku  et  al.[352]  hanno  concluso  che  in  queste  interazioni  fra  le  membrane  dei  gameti  operano  due  meccanismi  molecolari,  ma  uno  solo  di  essi  può  essere  inibito  da  anticorpi  delle  integrine,  e  questo,  secondo  gli  autori,  non  svolge  un  ruolo  essenziale  nei  processi  di  adesione  e  di  fusione  spermatozoo-­‐oolemma  nell'uomo.  In  passato,  molti  studi  funzionali  su  animali  hanno  fornito  evidenze  del  fatto  che  i  tre  membri  della  famiglia  ADAM  menzionati  più  sopra  intervengano  nell'adesione  spermatozoo-­‐ovocita.[353]  Ma  nonostante  queste  abbondanti  evidenze  sperimentali,  gli  esiti  di  altre  indagini  non  suffragano  un  ruolo  decisivo  delle  fertiline  dello  spermatozoo  e  delle  integrine  dell'ovocita  nella  fusione  fra  i  gameti.  I  maschi  null  per  la  fertilina  β  o  per  la  ciritestina  (topo  [-­‐/-­‐]ADAM-­‐2  o  [-­‐/-­‐]ADAM-­‐3)  e  le  femmine  null  per  l'integrina  α6β1  producono  rispettivamente  spermatozoi  e  ovociti  in  grado  di  aderire  gli  uni  agli  altri  e  fondersi  insieme  regolarmente.[354]  Gli  effetti  avversi  riferiti  delle  proteine  di  membrana  mancanti  sulla  fecondazione  «si  potrebbero  attribuire  a  un'organizzazione  superficiale  alterata  di  spermatozoi  ed  ovuli  mutanti  che  mancano  di  una  qualsiasi  di  queste  proteine,  tanto  che  potrebbero  non  rassomigliare  a  gameti  di  tipo  selvatico».[355]  Sono  state  fornite  evidenze  che  la  CD9  dell'ovocita,  che  fa  parte  della  superfamiglia  delle  tetraspanine  (TM4SF  o  tetraspan),[356]  potrebbe  svolgere  un  ruolo  chiave  nelle  interazioni  fra  le  membrane  dei  gameti.  Nelle  femmine  di  topo  knockout  per  CD9,  infatti,  l'ovulazione  avviene  regolarmente,  e  così  la  maturazione  degli  ovociti  fino  allo  stadio  M-­‐II;  ma  gli  ovociti  mancanti  di  CD9  vengono  raramente  fecondati.[357]  L'osservazione  che  lo  spermatozoo  può  aderire  all'oolemma  anche  in  

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assenza  di  CD9,  ma  senza  fondersi  regolarmente  con  esso,  suggerisce  che  la  CD9  svolga  forse  un  ruolo  nella  fusione  spermatozoo-­‐ovocita.  Si  è  molto  discusso  sul  ruolo,  diretto  o  indiretto  (cioè  attraverso  la  rete  di  tetraspanine),  della  CD9  nell'adesione  spermatozoo-­‐ovocita.  Dati  sperimentali  mostrano  che  gli  ovociti  privati  della  zona  pellucida  e  trattati  con  anticorpi  anti-­‐CD9  sono  caratterizzati  da  livelli  ridotti  di  legame  con  i  leganti  della  glicoproteina  ADAM  degli  spermatozoi.[358]  Ciò  è  coerente  con  "un  ruolo  della  proteina  CD9  nel  rafforzare  le  adesioni  create  mediante  le  proteine  ADAM  dello  spermatozoo  piuttosto  che  nell'intervento  diretto  come  agente  iniziale  nell'interazione  dei  leganti  dello  spermatozoo  con  i  recettori  dell'ovocita".[359]  Infine,  è  concepibile  che  la  CD9  possa  fungere  da  recettore  per  la  PSG17  dello  spermatozoo,  una  componente  della  superfamiglia  delle  immunoglobuline  o  IG.[360]  Recentemente,  Inoue[361]  e  i  suoi  collaboratori  hanno  studiato  un  nuovo  fattore  implicato  nella  fusione  fra  le  membrane  dei  gameti  al  momento  della  fecondazione.  Usando  un  anticorpo  monoclonale  che  inibisce  la  fusione  e  la  clonazione  dei  geni,  questi  scienziati  giapponesi  hanno  identificato  un  antigene  che  gioca  un  ruolo  nella  fusione  dello  spermatozoo  del  topo  e  hanno  dimostrato  che  tale  antigene  è  una  nuova  proteina  della  superfamiglia  delle  IG.  Hanno  chiamato  questa  proteina  Izumo  e  hanno  prodotto  tramite  ricombinazione  omologa  una  linea  di  topi  izumo-­‐deficienti.  I  topi  (-­‐/)Izumo  erano  sani,  ma  i  maschi  erano  sterili.  Producevano  spermatozoi  d'aspetto  normale  che  si  legavano  alla  zona  pellucida  e  vi  penetravano,  ma  non  erano  in  grado  di  fondersi  con  gli  ovociti.  Anche  gli  spermatozoi  umani  contengono  la  proteina  Izumo.  Un  modello  plausibile  di  adesione  spermatozoo-­‐ovocita  sembra  essere  il  meccanismo  mediante  cui  i  leucociti  interagiscono  con  le  cellule  endoteliali.  In  questo  modello,  l'adesione  si  verifica  per  stadi,  cominciando  con  un  attaccamento  debole  (detto  rolling  and  tethering,  "rotolamento"  e  allacciamento")  e  raggiungendo  una  "adesione  fissa"  che  pone  le  due  membrane  in  stretta  apposizione.  Nel  sistema  leucocita-­‐endotelio,  specifiche  coppie  di  leganti  e  recettori  mediano  ciascuno  dei  successivi  stadi  di  adesione.  Ad  esempio,  il  "rotolamento"  è  mediato  dall'interazione  selectine  e  carboidrati  che  è  veloce,  mentre  la  "adesione  fissa"  si  realizza  per  primo  tramite  l'accoppiamento  integrine-­‐α4β1-­‐VCAM-­‐1  e  poi  tramite  l'accoppiamento  delle  integrineαβ2/αβ2lm  e  delle  molecole  dell'adesione  intracellulare  (ICAM,  Intracellular  adhesion  molecules).[362]  Anche  l'interazione  fra  le  membrane  cellulari  spermatozoo-­‐ovocita  procede  per  stadi  in  termini  tanto  di  disposizioni  spaziali  come  di  riconoscimento  molecolare.      La  fusione  delle  membrane  e  l'inglobamento  dello  spermatozoo      "La  fusione  spermatozoo-­‐ovocita  è  uno  degli  eventi  più  impressionanti  della  riproduzione  sessuale,  e  da  molto  tempo  gli  studiosi  si  appassionano  al  tentativo  di  chiarirne  il  meccanismo  molecolare".[363]  Tuttavia,  a  causa  della  scarsa  disponibilità  dei  materiali  biologici  e  della  difficoltà  di  analizzare  le  interazioni  fra  proteine,  numerosi  tentativi  di  studiare  la  fusione  delle  membrane  al  momento  della  fecondazione  nei  mammiferi  non  sono  riusciti  a  raggiungere  lo  scopo.  Gli  ovociti  differiscono  dalle  cellule  somatiche  per  la  struttura  della  superficie  della  loro  membrana  plasmatica,[364]ricoperta  di  microvilli  a  eccezione  della  regione  sovrastante  il  fuso  meiotico.  I  microvilli  circondano  la  testa  dello  spermatozoo  prima  della  fusione  spermatozoo-­‐ovocita,  e  si  è  osservato  che  di  rado  gli  spermatozoi  si  fondono  con  gli  ovociti  nella  regione  mancante  di  microvilli.  Queste  osservazioni  suggeriscono  che  i  microvilli  dell'ovocita  e  il  segmento  equatoriale  della  testa  dello  spermatozoo  dovrebbero  essere  ricchi  di  molecole  implicate  nella  fusione  dei  due  gameti.[365]  Indagini  ultrastrutturali  indicano  che  la  fusione  e  l'inglobamento  della  testa  dello  spermatozoo  coinvolgono  regioni  diverse  dello  spermatozoo  che  ha  subito  la  reazione  acrosomiale  e  che  l'incorporazione  dello  spermatozoo  da  parte  dell'ovocita  

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è  in  apparenza  quasi-­‐fagocitica.[366]  La  fusione  delle  membrane  ha  luogo  al  segmento  equatoriale  della  testa  dello  spermatozoo,  mentre  la  porzione  rostrale  della  testa  (cioè  la  porzione  che  negli  spermatozoi  che  hanno  subito  la  reazione  acrosomiale  è  limitata  dalla  membrana  acrosomiale  interna)  è  incorporata  in  una  vescicola  derivante  dall'oolemma  (Fig.9).  Quindici  anni  fa  Richard  Bronson  e  il  suo  gruppo  hanno  studiato  l'interazione  spermatozoo-­‐ovocita  a  livello  dell'oolemma  mediante  la  microscopia  elettronica  a  scansione  (SEM),  usando  la  tecnica  detta  "stop-­‐fix",[367]grazie  alla  quale  si  possono  osservare  serialmente  un  numero  limitato  di  spermatozoi  che  aderiscono  a  ovociti  liberi  dalla  zona  pellucida.  

 Fig.  9.  Fusione  delle  membrane  dello  spermatozoo  e  dell'ovocita  ed  incorporazione  della  testa  dello  spermatozoo  dopo  reazione  acrosomiche  in  una  vescicola  derivata  dall'oolemma.  (A)  La  fusione  accade  tra  il  segmento  equatoriale  della  testa  dello  spermatozoo  e  l'oolemma.  La  membrana  acrosomicale  interna,  che  Ã¨  la  membrana  che  limita  la  parte  rostrale  della  testa  dello  spermatozoo  dopo  la  reazione  acrosomiale,  non  partecipa  nei  primi  eventi  morfologici  della  

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fusione  dei  gameti.  (B)  I  microvilli  dell'oolemma  ingolfano  la  testa  dello  spermatozoo  dopo  la  sua  adesione  e  la  fusione  delle  membrane.  (C)  La  parte  rostrale  della  testa  dello  spermatozoo  Ã¨  completamente  ingolfata  in  una  vescicola  derivata  dall'oolemma.  (Modificato  da  Bedford  J.M.,  Cooper  G.W.,  Membrane  fusion  events  infertilization  of  vertebrate  eggs,  Membrane  Surface  Reviews  1978,  5:  65-­‐125;  Bronson  R.,  Is  the  oocyte  a  non-­‐professional  phagocyte?,  Human  Reproduction  Update  1998,  4:  763-­‐775.      Microfotografie  SEM  scattate  al  momento  dell'ingresso  dello  spermatozoo  nell'ovocita  hanno  rivelato  un  apparente  allungamento  dei  microvilli  dell'oolemma  al  di  sopra  del  segmento  equatoriale  della  testa  dello  spermatozoo,  mentre  gli  spermatozoi  sembravano  affondare  nell'ooplasma  corticale.  Mentre  osservavano  l'allungamento  dei  microvilli  attorno  alla  singola  testa  di  spermatozoo,  in  prossimità  di  altri  spermatozoi  vicini  sulla  superficie  dello  stesso  ovocita  l'oolemma  non  mostrava  lo  stesso  fenomeno  ultrastrutturale.  Gli  spermatozoi  aderenti  all'oolemma  là  dove  non  si  registrava  un  allungamento  dei  microvilli  non  entravano  nell'ooplasma.  "Queste  osservazioni  suggeriscono  che  l'inglobamento  dello  spermatozoo  da  parte  dell'ovocita  comporta  interazioni  locali  fra  le  membrane  dei  gameti  sulla  superficie  dell'ovulo  e  mostra  alcune  somiglianze  morfologiche  con  eventi  osservati  durante  la  fagocitosi  di  particelle  target  da  parte  dei  macrofagi".[368]  Benché  l'analogia  con  la  fagocitosi  non  sia  stata  accettata  unanimemente  dalla  comunità  scientifica,  essa  costituisce  un'utile  ipotesi  di  lavoro  che  merita  ulteriori  indagini.  Data  la  presenza  sugli  ovociti  di  recettori  promotori  della  fagocitosi,  nonché  l'apparenza  ultrastrutturale  dell'ingresso  in  essi  degli  spermatozoi,  non  è  irragionevole  avanzare  l'ipotesi  che  durante  la  fusione  dei  gameti  si  verifichino  meccanismi  fagocitici.  Sugli  ovociti  dei  mammiferi  sono  presenti  recettori  funzionali  dell'oolemma  per  IgG-­‐FC  (FcγR).  Tanto  gli  ovuli  di  criceto  privati  della  zona  pellucida  e  ovulati  come  gli  ovociti  umani  preovulatori  ottenuti  da  aspirati  follicolari  uniscono  specificamente  peptidi  IgG-­‐Fc  umani  e  murini.[369]  E'  stato  osservato  che  preparazioni  Fab  di  anticorpi  monoclonali  diretti  contro  i  recettori  Fcγ  I,  II  e  III  si  legavano  specificamente  agli  ovociti,  fornendo  indizi  della  presenza  di  questi  recettori.[370]  Una  volta  avvenuta  la  fusione  delle  membrane  dei  gameti,  il  battito  della  coda  dello  spermatozoo  si  arresta.[371]  Quindi,  mentre  è  essenziale  per  la  penetrazione  della  corona  e  della  zona  pellucida,  la  motilità  non  è  indispensabile  per  l'inglobamento  della  testa  dello  spermatozoo  nell'ovocita,  com'è  stato  ben  documentato  a  seguito  della  microiniezione  nello  spazio  perivitellino  di  spermatozoi  non  motili  provenienti  da  uomini  con  anomalie  del  braccio  di  dineina.[372]      L'attivazione  dell'ovocita  tramite  oscillazioni  di  Ca+2      La  fusione  dello  spermatozoo  con  il  gamete  femminile  scatena  immediatamente  una  serie  complessa  di  eventi  che  si  definiscono  collettivamente  "attivazione  ovocitaria"  (AO).  Nei  mammiferi  questi  eventi  conducono  all'esocitosi  del  contenuto  dei  granuli  corticali  per  bloccare  la  polispermia;[373]  l'uscita  dall'arresto  della  M-­‐II  e  il  completamento  della  meiosi  attraverso  la  distruzione  Ca+2-­‐dipendente  della  ciclina  B;[374]  il  rimodellamento  del  citoscheletro;  la  formazione,  migrazione  e  apposizione  del  pronucleo;[375]  il  reclutamento  degli  mRNA  materni;[376]  infine,  l'avvio  delle  "divisioni  mitotiche  che  svelano  il  programma  completo  dello  sviluppo"[377]  (Fig.10).  I  pathway  della  trasduzione  dei  segnali  che  vengono  utilizzati  durante  l'attivazione  ovocitaria  sono  oggetto  di  studio  da  molti  anni.  Benché  il  Ca+2  libero  ooplasmatico  sia  stato  identificato  da  tempo  come  secondo  messaggero  universale  durante  l'attivazione  ovocitaria,  i  meccanismi  molecolari  mediante  cui  lo  spermatozoo  fecondante  induce  variazioni  del  [Ca+2]i  all'interno  dell'ovocita  sono  stati  indagati  in  modo  sistematico  soltanto  in  anni  più  recenti.  In  queste  pagine  riassumeremo  concisamente  le  attuali  nozioni  circa  i  meccanismi  di  

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trasduzione  dei  segnali  che  sono  importanti  per  l'AO,  e  accenneremo  ad  alcune  recenti  scoperte  che  hanno  fatto  luce  sul  modo  in  cui  lo  spermatozoo  innesca  questi  signalling  pathways.  Il  primo  evento  di  signalling  durante  l'attivazione  ovocitaria  che  sia  stato  scoperto  è  il  rilascio  di  Ca2+  dalle  riserve  intracellulari  nel  reticolo  endoplasmatico.[378]  

 Fig.  10.  Ruolo  centrale  dell'aumento  della  concentrazione  intracellulare  del  Ca+2  per  la  stimolazione  di  eventi  maggiori  nell'attivazione  dell'ovocito:  esocitosi  del  contenuto  dei  granuli  corticali  nello  spazio  perivitellino,  modificazione  chimica  della  zona  pellucida  ("indurirsi  delle  zone"),  e  bloccaggio  dell'entrata  di  altri  spermatozoi;  ripresa  della  meiosi  femminile  a  partire  dallo  stato  di  arresto  in  metafase  II  ed  estrusione  del  secondo  globulo  polare;  reclutamento  del  mRNA  materno  per  cominciare  la  sintesi  proteica.  (Modificato  da  Abbott  A.L.,  Ducibella  T.,  Calcium  and  the  control  of  mammalian  cortical  granule  exocytosis,  Frontiers  in  Bioscience  2001,  6:  792-­‐806).      Negli  ovociti  M-­‐II  dei  mammiferi,  i  livelli  basali  di  [Ca+2]i  sono  di  circa  0.1  μM.  Negli  ovociti  fecondati,  il  rilascio  di  Ca2+si  verifica  poco  dopo  la  fusione  delle  membrane  dei  gameti[379]  e  si  manifesta  in  una  serie  impressionante  di  oscillazioni  di  [Ca+2]i  a  bassa  frequenza  (intervalli:  6-­‐31  minuti  nel  topo;  8-­‐25  minuti  nella  mucca),  della  durata  di  diverse  ore,  solitamente  con  una  diminuzione  dell'ampiezza[380]  (Fig.11).  I  livelli  di  calcio  aumentano  fino  a  circa  1  μM.  Nel  topo  -­‐  dato  interessante  -­‐  la  risposta  del  [Ca+2]i  avviata  dallo  spermatozoo  sperm-­‐initiated  cessa  in  coincidenza  con  la  formazione  dei  pronuclei,[381]  mentre  in  mammiferi  di  altre  specie  le  oscillazioni  persistono  per  tutto  il  primo  ciclo  cellulare.[382]  

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 Fig.  11.  Oscillazioni  Ca2+  negli  ovociti  di  un  topolino  dopo  fusione  con  uno  spermatozoo  durante  la  fertilizzazione  in  vitro,  misurate  tramite  fotometria  in  fluorescenza  con  doppia  eccitazione  (dual  excitation  fluorescence  photometry).  Il  grafico  figura  il  rapporto  dell'intensità  di  fluorescenza  (F340/F380)  con  il  tempo  dopo  addizione  del  gamete  maschile.  La  fluorescenza,  emessa  dall'ovocito  fertilizzato  in  presenza  del  chelatore  fluorescente  fura-­‐2  eccitato  da  340  e  380  nm  luce,  riflette  la  concentrazione  intracellulare  Ca2+.  Le  oscillazioni  durano  3-­‐5  ore  e  cessano  quando  i  pronuclei  maschile  e  femminile  sono  formati.  (Modificato  da  Miyazaki  S.,  Ito  M.,  Calcium  signals  for  egg  activation  mammals,  Journal  of  Pharmacological  Sciences  2006,  100:545-­‐552).      Considerato  il  fondamentale  ruolo  svolto  dal  Ca2+  nell'attivazione  ovocitaria  e  nell'avvio  dello  sviluppo  embrionale,  non  sorprende  che  il  meccanismo  di  rilascio  di  questo  ione  dentro  l'ovocita  subisca  una  notevole  riorganizzazione  durante  la  sua  maturazione.  Fra  gli  altri  cambiamenti  che  intervengono,  la  distribuzione  spaziale  del  reticolo  endoplasmatico,  principale  riserva  di  Ca2+  della  cellula,[383]  e  del  recettore  dell'inositol-­‐1,4,5-­‐trifosfato  (IP3)  di  tipo  I  (IP3R1)  passa  dalla  regione  perinucleare  della  vescicola  germinale  a  distinti  cluster  focali  situati  in  corrispondenza  della  corteccia  dell'ovocita  M-­‐II.[384]  Al  tempo  stesso  l'espressione  di  IP3R1  è  accresciuta  a  causa  del  reclutamento  e  della  traslazione  dell'mRNA  di  IP3R1.[385]  Inoltre,  può  aver  luogo  anche  la  modificazione  diretta  di  IP3R1  e  di  altre  proteine  implicate  nell'omeostasi  di  Ca2+  -­‐come  le  pompe  del  Ca2+  e  i  canali  del  Ca2+  della  membrana  plasmatica-­‐  per  effetto  dell'ambiente  chinasico  prevalente  nell'ovocita  in  via  di  maturazione.  "Si  pensa  che  questi  adattamenti  conducano  collettivamente  a  una  serie  massimale  e  organizzata  spazialmente  di  oscillazioni,  il  cui  verificarsi  è  cruciale  per  l'avvio  di  uno  sviluppo  normale".[386]  Nonostante  due  decenni  di  studi  tesi  a  far  luce  sui  meccanismi  mediante  cui  lo  spermatozoo  innesca  il  rilascio  del  Ca2+  che  è  responsabile  di  completare  il  processo  di  fecondazione  e  di  avviare  lo  sviluppo  embrionale,  questo  fenomeno  biochimico  continua  ad  attirare  l'attenzione  di  molti  scienziati  ed  è  tutt'altro  che  adeguatamente  spiegato.  Partendo  dai  dati  sperimentali  fin  qui  disponibili  sono  state  avanzate  due  classi  di  ipotesi.[387]  La  prima  classe  suggerisce  che  le  oscillazioni  del  Ca2+  sono  dovute  al  legame  dello  spermatozoo  a  un  recettore  della  membrana  plasmatica  dell'ovocita  che  attiva  un  meccanismo  di  trasduzione  del  segnale.  La  seconda  classe  attribuisce  le  oscillazioni  alla  liberazione  di  un  fattore  solubile  dello  spermatozoo  nell'ooplasma  che  sarebbe  una  delle  prime  conseguenze  della  fusione  spermatozoo-­‐ovocita.  Tutte  le  riviste  più  recenti  e  

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autorevoli  su  questo  punto  propendono  per  la  tesi  del  fattore  solubile  dello  spermatozoo,  il  che  rispecchia  il  consenso  che  si  è  determinato  nella  stragrande  maggioranza  degli  specialisti  del  settore.[388]  Mentre  non  è  stato  ancora  chiarito  appieno  il  meccanismo  preciso  che  sta  dietro  lo  spiking  del  Ca2+  indotto  dallo  spermatozoo,  si  è  stabilito  in  tutte  le  specie  animali  studiate  finora  che  esso  comporta  l'attivazione  della  via  della  fosfoinositide  (PI).[389]  L'attivazione  della  via  della  fosfoinositide  (PI)  negli  ovociti  (Fig.12)  dà  luogo  alla  produzione  di  IP3  e  di  1,2-­‐diacilglicerolo  (DAG)  attraverso  l'idrolisi  del  fosfatidil  4,5-­‐bisfosfato  (PIP2)  da  parte  di  un'isoforma  PI-­‐specifica  della  fosfolipasi  C  (PLC).[390]  Entrambi  i  prodotti  della  via  della  fosfoinositide  sono  coinvolti  nella  modulazione  delle  risposte  del  Ca2+.  L'aumento  della  concentrazione  intracellulare  di  IP3  è  responsabile  di  mediare  il  rilascio  del  Ca2+  tramite  il  legame  ed  accesso  (binding  and  gating)  al  recettore  IP3R1,[391]  un  canale  del  Ca2+tetramerico  attivato  da  agonisti  (ligand-­‐gated)  situato  sulla  membrana  del  reticolo  endoplasmatico,  principale  riserva  di  Ca2+  della  cellula.[392]  

 Fig.  12.  Meccanismi  proposti  per  l'aumento  del  calcio  intracellulare  ([Ca+2]i)  dopo  la  fusione  della  membrana  dello  spermatozoo  e  dell'ovocito  durante  la  fertilizzazione  mammifera.  Lo  spermatozoo  rilascia  nell'ooplasma  una  sostanza  solubile,  probabilmente  la  fosfolipasi  C  fosfoinositide-­‐specifica  (PI-­‐PLC)  (PLCf)  capace  di  idrolizzare  il  fosfatidilinositolo  4,5  di  bisosfato  (PIP2)  in  due  molecole  segnale,  l'inositolo  1,4,5-­‐trifosfato  (IP3)  e  il  diacilglicerolo  (DAG).  IP3  Ã¨  convolto  nel  rilascio  del  Ca2+  dal  reticolo  endoplasmatico,  il  magazzino  cellulare  del  Ca2+,  tramite  il  legame  con  il  suo  recettore  IP3R1  ed  apertura  di  questo.  DAG  potrebbe  avere  un  ruolo  nella  segnalazione  di  eventi  nella  membrana  plasmatica.  Insieme  con  l'elevazione  del  ([Ca2+]i),  DGA  potrebbe  puntare  ed  attivare  la  proteina  kinasi  C  (PKC)  nella  membrana  plasmatica,  dentro  la  quale  PKC  potrebbe  controllare  l'afflusso  del  Ca2+  per  riempire  le  riserve  intracellulari,  rendendo  possibile  la  persistenza  di  oscillazioni.  I  canali  ed  i  mecanismi  responsabili  per  l'afflusso  del  Ca2+  non  sono  conosciuti,  benché  i  canali  TRP  (transient  receptor  potential)  ed  i  meccanismi  dell'entrata  del  Ca2+  nelle  riserve  sono  state  dimostrate  negli  ovociti  di  mammiferi.  

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(Modificato  da  Malcuit  C.,  Kurokawa  M.,  Fissore  R.A.,  Calcium  oscillations  and  mammalian  egg.  activation,  Journal  of  Cellular  Physiology  2006,  206:  565-­‐573).      La  produzione  di  1,2-­‐diacilglicerolo,  diretta[393]  o  indiretta,  cioè  tramite  l'attivazione  della  proteina  chinasi  C  (PKC),  potrebbe  essere  coinvolta  nella  regolazione  dell'influsso  del  Ca2+.[394]  Vi  è  stata  molta  incertezza  circa  i/l  meccanismo/i  che  scatena/no  l'attivazione  della  via  della  fosfoinositide  (PI)  e  le  oscillazioni  del  Ca2+  durante  la  fecondazione  nei  mammiferi,  e  ciò  ha  indotto  a  proporre  diverse  spiegazioni  molecolari  di  questo  fondamentale  evento  cellulare.  A  seguito  della  scoperta  che  le  risposte  iniziali  del  calcio  procedono  immutate  anche  in  assenza  di  [Ca2+]e,[395]  è  stata  presto  abbandonata  l'ipotesi  iniziale,  definita  "ipotesi  del  condotto"  (secondo  cui  la  fusione  spermatozoo-­‐ovocita  consentirebbe  al  Ca2+  extracellulare  di  entrare  nell'ovocita).  Una  classe  di  ipotesi  più  solida,  le  "ipotesi  del  recettore",  suggerisce  che  al  momento  del  contatto  fra  le  membrane  dello  spermatozoo  e  dell'ovocita,  le  interazioni  recettore-­‐legando  sulla  superficie  dei  gameti  relay  eventi  di  signaling  intracellulare  che  avviano  il  rilascio  del  Ca2+  nell'ooplasma.  Una  delle  cascate  di  segnale  che  si  ritiene  siano  impegnate  dall'interazione  dei  gameti  è  quella  mediata  dalle  proteine  tirosina  chinasi  (PTK).  Nella  fecondazione  negli  echinodermi  e  nelle  ascidie,  la  Src-­‐family  delle  PTK  (SFK)  potrebbe  attivare  una  delle  isoforme  di  PLC  (PLCg),[396]  scatenando  così  il  rilascio  del  Ca2+  tramite  la  produzione  di  IP3.  Nei  mammiferi,  in  cui  il  processo  di  riconoscimento  cellula-­‐cellula  è  mediato  in  genere  da  un'interazione  integrina/disintegrina  che  coinvolge  le  proteasi  ADAM  e  la  proteina  della  fusione  tetraspanina  CD9,[397]  la  PLC  con  ogni  probabilità  è  PLCz.[398]  Il  riconoscimento  cellula-­‐cellula  è  la  seconda  interazione  specie-­‐specifica  che  avviene  al  momento  della  fecondazione.[399]  La  classe  di  ipotesi  cui  abbiamo  accennato  postula  che  l'interazione  dei  recettori  spermatozoo-­‐ovocita  comprenda  una  componente  di  trasduzione  del  segnale  che  attiva  l'ovocita.  Di  certo,  i  recettori  dell'integrina  possono  trasdurre  un  segnale  transmembrana  per  determinare  una  risposta  del  calcio  in  generale.[400]  I  peptidi  che  contengono  il  motivo  di  riconoscimento  dell'integrina  RDG  possono  indurre  l'attivazione  degli  ovociti  nella  rana  e  nei  bovini[401]  e  inibire  il  legame  dello  spermatozoo  e  la  fusione.[402]  Non  è  stata  ancora  confermata,  tuttavia,  la  precedente  comunicazione  di  Abassi  e  Foltz  riguardo  all'esistenza  di  un  recettore  della  membrana  dell'ovulo  per  lo  spermatozoo  che  possedeva  motivi  di  trasduzione  del  segnale.[403]  Ciò  nondimeno,  "resta  una  possibilità  che,  negli  ovociti  dei  mammiferi,  la  segnalazione  dell'integrina  attivi  le  vie  della  tirosina  chinasi[404]  che  sono  distinte  presumibilmente,  dalla  via  del  PLC<  style="font-­‐family:  Symbol;">g  che  è  stato  dimostrato  non  operante  nella  fecondazione[405]".[406]  La  seconda  classe  di  ipotesi  volte  a  spiegare  il  rilascio  del  Ca2+  dell'ovocita  parte  dalla  premessa  che  tale  segnale  di  attivazione  richieda  la  fusione  fra  spermatozoo  e  ovocita.  Il  tratto  distintivo  delle  "ipotesi  della  fusione"  è  che  l'attivazione  si  verifica  conseguentemente  alla  fusione  spermatozoo-­‐ovocita.  L'idea  che  lo  spermatozoo  sia  il  veicolo  che  trasmette  al  gamete  femminile  un  fattore  attivante  (genericamente  definito  "fattore  spermatico"  [SF])  è  stata  assai  popolare  fra  i  ricercatori,[407]  principalmente  perché  è  stato  osservato  che  gli  estratti  di  citoplasma  spermatico,  quando  vengono  iniettati  negli  ovociti,  inducono  transienti  del  calcio.[408]  L'avvento  dell'iniezione  intracitoplasmica  di  spermatozoi  (ICSI)  in  quanto  tecnica  di  micromanipolazione  gametica  nella  FIV[409]  ha  fornito  un'evidenza  ulteriore  del  fatto  che,  negli  ovuli  dei  mammiferi,  una  o  più  molecole  contenute  nello  spermatozoo  siano  responsabili  di  scatenare  oscillazioni  del  Ca2+.  L'esame  dell'aumento  di  [Ca2+]i  indotto  dalla  ICSI[410]  ha  però  rivelato  che  "gli  eventi  che  hanno  luogo  durante  l'interazione  delle  membrane  dei  gameti  sono  cruciali  per  una  normale  fecondazione".[411]  Non  è  stata  ancora  chiarita  appieno  l'identità  molecolare  del  fattore  spermatico.  Vi  sono  evidenze  crescenti  del  fatto  che  i  candidati  con  maggiori  chance  di  essere  il  fattore  spermatico  siano  alcune  isoforme  della  fosfolipasi  C  (PLC)  espresse  nello  spermatozoo  dei  

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mammiferi.[412]  Studi  iniziali  hanno  rivelato  che  la  PLC  spermatozoo-­‐specifica,  la  PLCζ,[413]  mostra  un'attività  di  induzione  delle  oscillazioni  del  [Ca2+]i  molto  vicina  a  quella  dello  spermatozoo  o  degli  estratti  di  citoplasma  spermatico.  L'iniezione  di  PLCζ  ricombinante  o  di  RNA  complementare  alla  PLCζ  (cRNA)  in  ovociti  murini,[414]  bovini[415]  e  umani[416]  suscita  oscillazioni  del  Ca2+  simili  a  quelle  generate  dallo  spermatozoo.  Per  giunta,  come  si  osserva  dopo  la  FIV  convenzionale,  le  oscillazioni  indotte  da  PLCζ  cRNA  cessano  all'incirca  al  momento  della  comparsa  del  pronucleo.[417]  A  queste  evidenze  che  del  fatto  che  la  PLCζ  potrebbe  essere  il  fattore  spermatico  che  gli  studiosi  stanno  cercando,  Fujimoto[418]  e  altri  autori  ne  hanno  aggiunta  un'altra,  localizzando  la  proteina  nella  regione  post-­‐acrosomiale  della  testa  dello  spermatozoo  del  topo,  che  di  questo  è  normalmente  la  prima  parte  a  fondersi  con  l'ovocita.  Il  rilascio  del  Ca2+  al  momento  della  fecondazione  è  essenziale  per  condurre  la  fusione  delle  membrane  della  cellula  maschile  e  femminile  al  suo  scopo  regolare,  cioè  l'inizio  dello  sviluppo  embrionale:  "Una  volta  avvenuta  questa  interazione  delle  membrane  plasmatiche,  inizia  una  cascata  di  trasduzione  del  segnale  che  ha  per  effetto  la  conversione  dell'ovocita  in  un  embrione  diploide,  in  grado  di  formare  un  nuovo  organismo".[419]  "L'attivazione  dell'ovulo...dà  il  segnale  d'avvio  allo  sviluppo  embrionale"[420]  e  il  prematuro  arresto  delle  oscillazioni  del  [Ca2+]i  impedisce  la  formazione  dei  pronuclei,[421]  cioè  lo  stadio  della  fecondazione  che  precede  e  rende  possibile  la  comparsa  di  un  embrione  bicellulare  qualche  ora  dopo  la  loro  apposizione  e  il  mescolamento  dei  cromosomi  materni  e  paterni.  La  cascata  di  eventi  molecolari  che  dà  luogo  al  rilascio  del  Ca2+  "è  responsabile  di  innescare  lo  sviluppo  embrionale".[422]  

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[1] Russell E.S., The Interpretation of Development and Heredity: A Study in Biological Method, Oxford: Clarendon Press, 1930: 1. [2] Sal 139 (138), 13-14. [3] Wolpert L., The Triumph of the Embryo, Oxford University Press, New York 1991: 199. [4] Serra A., Colombo R., Identità e statuto dell’embrione umano: il contributo della biologia, in Vial Correa J. de D., Sgreccia E. (a cura di), Identità e statuto dell’embrione umano, Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1998: 106-158. [5] Ibid., p.146. [6] Cf. Corpus Hippocraticum, Περì φύσιος παιδίου, III (testo curato e tradotto in francese da Joly R., Hippocrate, Paris: Les Belles Lettres, 1970, tomo XI, XVI, 1-2). Come buona parte dei trattati che formano il cosiddetto Corpus Hippocraticum, anche questo fu scritto fra il 430 e il 380 a.C. [7] “ Che la femmina non concorre con liquido seminale alla riproduzione, e tuttavia ci concorre in qualche modo, con il mestruo (καταµηνίων σύστασις), e negli animali non sanguigni, con ciò che è analogo al mestruo, risulta dunque chiaro...Perciò, se vi è il maschio come agente e trasformatore [κινοûν καì ποιοûν], e la femmina come paziente (παθητικόν), la femmina non potrà aggiungere al liquido seminale del maschio liquido seminale, ma materia (‛ύλη)”.Aristotele, Περì ζώων γενέσεως, I, 729a 22-30 (tradotto it. M. Vegetti, Lanza D., Aristotele, vol. V, Riproduzione degli animali, Bari: Editori Laterza, 2001: 187). [8] Cf. Corpus Hippocraticum, Περì γονη̃ς, VI-VII (testo curato e tradotto in francese da Joly, Hippocrate, VI-VII). Per una ricostruzione storica delle teorie contrarie vedi: Boylan M., The Galenic and Hippocratic challenges to Aristotle’s conception theory, Journal of History of Biology 1984, 17: 83-112. [9] Una concisa presentazione delle teorie presocratiche sulla generazione sessuale si trova in Schuhl P.-M., Les premières étapes de la philosophie biologique, Revue de l’Histoire des Sciences 1952, 5: 197-221. [10] Cf. Empedocle, Frammento B 23 (ed. critica di Bollack J., Empédocle, Paris: Editions de Minuit, 1965-1969, tomo I, p.213]. Per una discussione del frammento del filosofo siculo e della sua teoria della generazione vedi: De Ley H.,Empedocle’s sexual theory: a note on fragment B23, Antiquité Classique 1978, 47: 153-165. [11] Cf.. Galenus C., De usu partium corporis humani, XIV, 10.11.14 (Kühn K.G. (a cura di), Claudii Galeni Opera Omnia, vol. IV, Lipsiae: C. Cnoblochii, 1821-1833: 180.193.208). Ulteriori informazioni sulla biologia della riproduzione in Galeno si trovano in Penso G., La médicine romaine: l’art d’Esculape dans la Rome antique, Paris: Roger Dacosta, 1984: 187-190; Preus A., Galen’s criticism of Aristotle’s conception theory, Journal of History of Biology 1977, 10: 65-84; Boylan, The Galenic and Hippocratic challenges...; Id., Galen’s conception theory, Journal of History of Biology 1986, 19: 47-77. [12] Nella seconda metà del XIX secolo, il grande morfologo Wilhelm His riconobbe l’importanza della disputa secolare fra queste due dottrine per la storia della biologia e ne riassunse lo sviluppo: His W., Die Theorien der geschlechtlichen Zeugung, Archiv für Anthropologie 1870, 4: 197-220; pp.317-332; 1871, 5: 69-111. [13] Vanni Rovighi S., Elementi di filosofia, Brescia: La Scuola, 1963: 53-71. Vedi anche: Descoqs P., Essai critique sur l’hylémorphism, Paris: Beauchesne, 1924. [14] Gen 30, 2; Dt 7, 13; 28, 4.53; Sal 127(126), 3; 132(131), 11; Mi 6, 7. [15] Lc 1, 42. [16] Aristotele, op. cit., II, 739b 22 (trad.: Vegetti, Lanza, Aristotele..., p.214). [17] Giobbe 10, 10. Cf. Sap 7, 2. [18] Cf. Needham J., A History of Embryology, Cambridge: Cambridge University Press, 1959: 50.83.85. [19] Bonelli L. (a cura di ), Il Corano XXIII, 14, Milano: Hoepli, 1991.

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[20] Aristotele, op. cit., III, 758 b3 (trad.: Vegetti, Lanza, Aristotele..., p.258). [21] Harveus G., Exercitationes de generatione animalium quibus accedunt quaedam de partu, de membranis ac humoribus uteri & de conceptione, Londini: Octavianum Pulleyn, 1651: 38, b, ex. 63 (traduzione ingl. di Willis R., The Works of William Harvey, London: Sydenham Society, 1847: 460). Come ha osservato E.B. Gasking nel suo ben documentato saggio Investigations into Generation 1651-1828 (London: Hutchinson, 1967), Harvey “non è affatto chiaro sul significato tecnico che vuole attribuire al termine “ovulo”. Per i biologi moderni, l’ovulo si definisce nel quadro della teoria cellulare, e il termine si riferisce a una precisa struttura morfologica (o citologica). L’ovulo di Harvery ha qualche legame con questa concezione moderna. Harvey lo ritiene prodotto dalla femmina e dotato del potere di svilupparsi dopo il rapporto sessuale, dando luogo al nuovo individuo. E pur negando che il seme entri materialmente in contatto con l’ovulo, insiste che è il seme a conferirgli la capacità di svilupparsi pienamente” (p.28). [22] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 118, a. 1, ad 4. [23] La questione è presentata e discussa in dettaglio da Pangallo M. nel suo contributo al presente volume: Il pensiero di san Tommaso riguardo all’embrione umano, pp.? [24] Haldane J., Lee P., Aquinas on human ensoulment, abortion and the value of life, Philosophy 2003, 78: 255-278; p.271. [25] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I, q. 118, a. 1, ad 4.; cf. Id., Summa Contra Gentiles, q. 3, a. 11, ad 8. [26] Aristotele, Περì φυχη̃ς, II, 412 b5. [27] Ibid., III, 434 a30. [28] Ibid., III, 435 a14. [29] “ Nel caso della progenie maschile, il primo movimento di solito si registra all’incirca al quarantesimo giorno nel lato destro del grembo, nel caso del sesso femminile, invece, al novantesimo giorno e nel lato sinistro. Tuttavia, non si può assolutamente affermare che questa sia un’accurata esposizione dei fatti, poichè esistono molte eccezioni in cui il movimento si è manifestato sul lato destro sebbene si trattasse di una bambina o sul lato sinistro per un bambino. In breve, questi ed altri fenomeni simili sono solitamente caratterizzati da differenze che possono essere catalogate come differenze di grado. In questo periodo l’embrione comincia a sviluppare le varie parti, essendo stato costituito fino a questo momento di una sostanza simile alla carne senza distinzione di parti”: Aristotele, Περì ζώων µορίων, VII, 3, 583 b 2-10 (traduzione ingl. di DThompson D.W., Historia Animalium, in Smith J.A., Ross W.D. (a cura di), The Works of Aristotle, Oxford: Oxford University Press, 1967: 583). [30] Cf. San Tommaso d’Aquino, In III Sententiarum, dist. III, q. 5, a. 2. [31] Le osservazioni di Leonardo sullo sviluppo del feto umano e sulle dimensioni relative delle sue parti anatomiche sono sorprendentemente in linea con i dati che è oggi possibile ottenere per mezzo delle misurazioni ecografiche. [32] Leonardo da Vinci, Quaderni d’Anatomia. [33] Rueff J., De Conceptu et Generatione hominis et iis quae circa haec potissimum consyderantur libri sex, Tiguri: C. Froschoverus, 1554. [34] Cf. Vesalius A., De Humani Corporis Fabrica libri septem, J. Oporinus, Basilea 1543 [copia fotostatica: Bruxelles: Culture et Civilization, 1964]. [35] In origine, il trattato fu pubblicato in quattro edizioni latine uscite nello stesso anno: Harvey W., Exercitationes de generatione animalium, Ludovicum Elzevirium, Amstelodamium 1651; Id., Ioannem Ravesteynium, Amstelodamium 1651; Id., Joannem Janssonium, Amstelodamium 1651; Id., Octavianum Pulleyn, Londinium 1651. la prima traduzione inglese dell’opera fu pubblicata quattro anni dopo: Harvey W., Anatomical exercitations concerning the generation of living creatures, London: Octavian Pulleyn, 1653.

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[36] Degli Aromatari G., Epistola ad Bartholomeum Nanti de generatione plantarum ex seminibus (Venetiis, 1625), Philosophical Transactions of the Royal Society 1694, 18: 150-152. [37] Digby K., The nature of Bodies, Paris: Gilles Blaizot, 1644. [38] Malpighi M., De formatione pulli in ovo, Londra: manoscritto, 1772. [39] Van Leeuwenhoek A., The observations of Mr. Antoni Leeuwenhoek on animalcules engendered in the semen, in The Collected Letters of Antoni van Leeuwenhoek, Amsterdam: Swets and Zeitlinger, 1941: 279. La lettera fu pubblicata per la prima volta nel 1679 nelle Philosophical Transactions della Royal Society di Londra. [40] Id., Generation by an animalcule of the male seed. Animals in the seed of a frog, Philosophical Transactions of the Royal Society 1683, 13: 347-355. [41] Id., Concerning the animalcula in semine humano, Philosophical Transactions of the Royal Society 1699, 21: 301-308.In questo articolo Van Leeuwenhoek ha riassunto la lettera di Dalenpatius (pseudonimo di Mr. de Plantade) pubblicata nello stesso anno. I celebri disegni di Dalenpatius, riprodotti da Van Leeuwenhoek, furono quasi certamente un falso; cf.Cole F.J., Early Theories of Sexual Generation, Oxford: Clarendon Press, 1930: 68ss. [42] Ibid., p.56. [43] Van Leeuwenhoek A., Further observations on the animalcula in semine masculino, Philosophical Transactions of the Royal Society 1701, 22: 739-746. [44] Spallanzani L., De la génération de quelques animaux amphibies, in:Oeuvres de M. l'Abbé Spallanzani, Paris: Pierre J. Duplain, 1787: 101. Si tratta della traduzione francese delle Dissertazioni di fisica animale e vegetabile, Società Tipografica, Modena 1780, vol. 2. pt. 1. [45] Malebranche N., De la recherche de la vérité, vol. I, Paris: André Pralard, 1673, cap.6. [46] Cf. Hartsoeker N., Essay de dioptrique, Paris: Jean Anisson, 1694. La prima descrizione degli animalculi nel seme maschile apparsa sulla stampa fu quella dello scienziato olandese Christiaan Huygens, al quale Hartsoeker aveva comunicato la sua fantasiosa ipotesi (Hartsoeker N., Three letters to C. Huygens dated 1678, in Huygens C., Oeuvres complètes, publiées par la Société Hollandaise des Sciences, vol. VIIII, L’Aia: M. Nijhoff, 1888-1950: 96-98). Huygens non menzionò la tesi di Hartsoeker in un primo saggio in cui descriveva gli animalculi dello sperma (Journal des Sçavans 1678, 28: 331-332), ma gli riconobbe il merito di aver formulato l’ipotesi sulla stessa rivista due settimane dopo. [47] Hartsoeker N., Cours de physique... et d’un extrait critique des lettres de M. Leeuwenhoek, L’Aia: Jean Swart, 1730. [48] Cole, Early Theories of..., p.86. [49] Farley J., Gametes & Spores. Ideas about sexual reproduction: 1750-1914, Baltimore-London: The Johns Hopkins University Press, 1982: 35. [50] L’opera principale di Dalyell fu pubblicata a cominciare da due anni dopo la sua morte: Dalyell J.G., The powers of the Creator displayed in the creation, London: John Van Voorst, 1853-1858. [51] Oken L., Die Zeugung, Bamberg, Wirzburg : Joseph Anton Goebhardt, 1805. [52] Von Baer C.E., über Entwickelungsgeschichte der Thiere, Königsberg: Gebrüdern Bornträger, 1828. [53] Cole, Early Theories..., p.127. [54] Nel 1838, Matthias Jakob Schleiden (1804-1881), professore di botanica all’Università di Jena, ipotizzò che “ogni elementro strutturale delle piante si componesse di cellule o di loro prodotti” (Schleiden M.J., Beiträge zur Phytogenesis, Johannes Müllers Archiv für Anatomie, Physiologie und Wissenschaftliche Medizin 1838, 13: 137-176). L’anno seguente, conclusioni analoghe rispetto agli animali furono formulate dallo zoologo Theodor Schwann (1810-1882), allievo del grande anatomista Johannes Peter Müller (1801-1858) presso l’università Humboldt di Berlino. Schwann sostenne che “le parti elementari di tutti i tessuti sono formate da cellule” e che “vi è un unico principio universale dello sviluppo per le componenti elementari degli organismi...e questo principio risiede nella formazione di

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cellule” (Schwann T.,Mikroskopische Untersuchungen über die Übereinstimmung in der Struktur und dem Wachstum der Tiere und Pflanzen, Berlin: Sander’schen Buchhandlung, 1839). Secondo Schleiden, tuttavia, la prima fase della generazione delle cellule era la formazione di un nucleo di “cristallizazione” nella sostanza intracellulare (che chiamò citoblasto), con il successivo ingrandimento progressivo di questo materiale condensato fino a diventare una nuova cellula. Questa teoria –una sorta di variante cellulare della dottrina della generazione spontanea– fu confutata negli anni Cinquanta del XIX secolo da Robert Remak (1815-1865, scopritore dei tre strati germinali dell’embrione iniziale: ectoderma, mesoderma ed endoderma (1842), da Rudolf Karl Virchow (1821-1902), e da Rudolph Albert von Kölliker (1817-1905), i quali dimostrarono che le cellule si formano per suddivisione di cellule preesistenti. Si attribuisce proprio a Virchow il popolare aforisma omnis cellula e cellula, che esprimeva in forma sintetica il consenso sulla cellula come unità biologia della riproduzione oltre che della struttura e della funzione. Nella seconda metà del XIX secolo, Virchow fu il principale sostenitore della teoria cellulare, che contribuì grandemente a diffondere con il suo grande trattato Die Cellularpathologie in ihrer Begründung auf physiologische und pathologische Gewebelehre (Berlin: A. Hirschwald, 1858). Per una storia completa e critica della teoria cellulare e della sua influenza sullo sviluppo del pensiero biologico moderno, vedi: Mayr E., The Growth of the Biological Thought, Cambridge: Belknap, 1982; Harris H., The Birth of the Cell, New Haven: Yale University Press, 1998;Mazzarello P., A unifying concept: the history of cell theory, Nature Cell Biology 1999, 1: E13-E15. [55] Russell, The interpretation of Development..., p.239. [56] Ibid., p.239. [57] Rauber A., Neue Grundlegungen zur Kenntnis der Zelle, Morphologisches Jahrbuch 1883, 8: 233-338. [58] Ibid., p.251. [59] Ibid., p.332. [60] Sedgwick A., On the inadequacy of the cellular theory of development, Quarterly Journal of Microscopical Science 1895, 37: 87-101. [61] Whitman C.O., The inadequacy of the cell-theory of development, Boston: Wood’s Hell Biological Lectures, 1894: 105-124. [62] Ibid., p.112. [63] Lillie F.R., Observations and experiments concerning the elementary phenomena of embryonic development inChaetopterus, Journal of Experimental Zoology 1906, 3: 153-268; pp.252-253. [64] Alla fine del XVIII secolo, i fabbricanti di microscopi si erano ormai resi conto che le immagini ottenute mediante i loro strumenti erano affette da aberrazioni sferiche e cromatiche. Come osservò George Adams nei suoi Essays on the Microscope (1787), “(A causa della) diversa rifrangibilità dei raggi luminosi, che sovente provoca questa deviazione dalla verità nell’aspetto delle cose, molti hanno immaginato di aver fatto scoperte sorprendenti e come tali le hanno comunicate al mondo, quando in realtà queste erano altrettante illusioni ottiche dovute alla rifrazione disuguale dei raggi” (citato daBradbury S., The Evolution of the Microscope, Oxford: Pergamon Press, 1967: 164). A quel tempo gli stessi fabbricanti erano ormai consapevoli che una delle “illusioni ottiche” –cioè le aberrazioni cromatiche– si poteva ridurre al minimo combinando lenti dotate di proprietà diverse. Ai primi del XIX secolo, “questa combinazione di vetro crown-vetro flint dava immagini soddisfacenti soltanto a basso ingrandimento. Poi però, durante gli anni Venti del secolo, fu possibile ottenere immagini acromatiche ad alta potenza, quando Giovanni Amici e altri riuscirono a produrre lenti combinate dotate di lunghezza focale assai ridotta” (Farley, Gametes & Spores..., pp.35-36). Fra i più eminenti utilizzatori di quei nuovi obiettivi microscopici vi furono le équipe di scienziati che operavano nel laboratorio berlinese di Johannes Müller e in quello di Jan Purkyně a Bratislava. [65] Prévost J.-L., Dumas J.-B.A., De la génération dans les mammifères, et des premiers indices du développement de l’embryon, Annales des Sciences Naturelles 1824, 3: 113-128.

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[66] Von Baer K.E., De ovi mammalium et hominis genesi: epistolam ad Academiam Imperialem Scientiarum Petropolitanam, Lipsia: L. Vossii, 1827. [67] Purkyně J.E., Symbolae ad ovi avium historiam ante incubationem, Bratislava: Vratislaviae typis universitatis, 1825 (trad. ingl. di Barthelmez G.W., in: Essays in Biology. In honor of H. M. Evans. Written by his friends, Berkeley-Los Angeles: University of California Press, 1943: 53-93). [68] Nel 1839, Theodor Schwann ipotizzò che l’ovulo fosse una cellula, ma senza considerarlo un assunto dimostrato. La questione dell’identità della vescicola osservata da Purkyně nell’uovo di uccello era ancora in dubbio. L’opinione di Schwann era che la vescicola fosse il nucleo e il tuorlo il corpo cellulare. Cf. Schwann, Mikroskopische Untersuchungen... [69] Burdach K.F., Die Physiologie als Erfahrungswissenschaft, Lipsia: L. Voss, 1832: 84. La teoria dei parassiti fu ulteriormente rafforzata quando alcuni microscopisti postularono l’esistenza di “organi” nello spermatozoo. Nel 1939, ad esempio, Gustav Valentin, un professore di fisiologia dell’università di Bonn, riferì della presenza, nello spermatozoo dell’orso, di una bocca, un ano e delle vesciche interne. Un anno dopo, presso la medesima università, Friedrich Gerber descrisse analoghe strutture nello spermatozoo della cavia e descrisse persino la presenza in essa di organi sessuali. Tali speculazioni furono suffragate dal tedesco Christian Ehrenburg e dai francesi Antoine Dugès e Felix Pouchet. Cf. Farley,Gametes & Spores..., p.44. [70] Bischoff T.L.W., Theorie der Befruchtung und über die Rolle, welche die Spermatozoiden dabei spielen, Archiv für Anatomie, Physiologie und wissenschaftliche Medicin 1847, pp.422-440; pp.433-435. [71] Fra gli scienziati tedeschi che aderirono alla teoria della fecondazione di Bischoff, Rudolf Wagner e Rudolf Leuckart contribuirono grandemente alla sua diffusione nei paesi anglofoni con il loro saggio intitolato Semen, in: Todd R.B. (a cura di), The Cyclopaedia of Anatomy and Physiology, vol.IV, London: Sherwood, Gilbert & Piper, 1836-1859: 472-508. [72] Cf. fra l’altro de Quatrefages J.-L., Recherches expérimentales sur les spermatozoides des hermelles de Tarets, Annales des Sciences Naturelles 1850, 13: 111-125. [73] Bischoff, Die Physiologie als..., p.437. [74] Farley, Gametes & Spores..., p.60. Bischoff riteneva che l’ovulo è un tutto e possiede tutte le parti costituenti(Bischoff, Die Physiologie als..., p.437). Nessuna parte del germe maschile è strettamente necessaria per perfezionare il patrimonio naturale dell’ovulo, “che in genere necessita soltanto di un cambio di movimento per venire eccitato”. Pertanto, secondo lo studioso tedesco, “l’ardua questione dell’ingresso o non ingresso dello sperma e dei suoi costituenti non è affatto essenziale” (Bischoff T.L.W, Entwicklungsgeschicte des Meerschweinchens, Giessen: Ricker, 1852:15). [75] Newport G., On the impregnation of the ovum in the amphibia, Philosophical Transactions of the Royal Society 1851, 141(Pt 11): 169-242; p.221. Dopo aver dimostrato che il carminio non aveva effetti indesiderabili sulla fecondazione, Newport immerse 41 uova di rana in una miscela di liquido seminale dello stesso anfibio e carminio, e osservò che nell’uovo non passava nessun granulo di carminio di dimensioni paragonabili a quelle di uno spermatozoo di rana. [76] Ibid., p.232. [77] Farley, Gametes & Spores..., p.62. [78] Newport, On the impregnation of..., p.242. [79] Farley, Gametes & Spores..., p.62. L’osservazione di Newport circa il possibile ruolo dello sperma nella trasmissione ereditaria di elementi paterni è ancor più notevole se si considera che fu fatta 15 anni prima che Johann Gregor Mendel pubblicasse i risultati dei suoi esperimenti sull’incrocio del Pisum sativum e la loro interpretazione, che collegava i gameti alla trasmissione dei fattori genetici (Mendel G., Versuche über Pflanzen-Hybriden, Verhandlungen des naturforschenden Vereines in Brünn 1866, Bd. IV: Abhandlungen, 3-47). [80] Nelson H., The reproduction of the Ascaris mystax, Philosophical Transactions of the Royal Society 1852, 142: 563-594; p.578.

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[81] Ibid., p.586. [82] Keber F., De spermatozoorum introitu in ovula. Additamenta ad physiologiam generationis, Königsberg: Bernträger, 1853. [83] Meissner G., Beitrage zur Anatomie and Physiologie von Mermis albicans, Ztschr. Wissensch. Zoo1. 1853, 5: 207-284. [84] Cole, Early Theories..., p.193. [85] Newport, On the Impregnation of the Ovum in the..., 1953, 6: 214-217. [86] Id., On the Impregnation of the..., 1853: 270. [87] Cf. Strasburger E., über Zellbildung und Zelltheilung, Jena: Dabis, 1875: 309. [88] Farley, Gametes & Spores..., p.161. [89] Hertwig O., Beiträge zur Kenntniss der Bildung, Befruchtung und Theilung des thierischen Eies, Gegenbaurs Morphologische Jahrbuch 1876, 1: 347-452; 1877, 3: 1-86. [90] Ibid., 1877, 3: 30. [91] Il termine “protoplasma”, coniato dal botanico tedesco Hugo Von Mohl nel 1846, era usato per indicare la materia vivente presente nella cellula. Al livello più elementare esso si può dividere in citoplasma e nucleoplasma. Questa distinzione rispecchia gran parte delle conoscenze più primitive dell’architettura cellulare che precedettero lo sviluppo di potenti indagini microscopiche (citologia ultrastrutturale) e di analisi molecolari (biochimica cellulare). Il termine “protoplasma” si riferiva alle sostanze organiche e inorganiche che compongono una cellula, dirette in modo misterioso dal nucleo e controllate dalla membrana cellulare. Oggigiorno si sa che il citoplasma è assai complesso sul piano strutturale e che il protoplasma è vivente a causa della complessità degli organelli citoplasmatici e della loro attenta separazione e orchestrazione di molteplici processi biochimici. Nell’ultimo decennio del XIX secolo furono condotti studi pionieristici sulla composizione chimica del protoplasma e furono avanzate varie ipotesi sulla sua natura e origine. Vedi fra l’altro Bütschli O., Investigations on Microscopic Foams and Protoplasm, London: Adam and Charles Black, 894;Delage Y., La structure du protoplasma et les theories sur l'heredite et les grands problemes de la biologie generale, Paris: C. Reinwald, 1895; Cvet M.S., Études de physiologie cellulaire. Contributions à la connaissance des mouvements du protoplasme, des membranes plasmiques et des chloroplasten, Genève: Rey&Malavallon,1896; Fischer A., Fixierung, Färbung und Bau der Protoplasmas, Jena: G. Fischer, 1899; Ghesquier D., La centrifugation et la cellule. La déconstruction du protoplasme entre 1880 et 1910, Revue d'histoire des sciences 2002, 55: 323-377. [92] Fol H., Sur le commencement de l’hénogénie chez divers animaux, Archives de Zoologie Expérimentale et Générale 1877, 6: 145-169. Due anni dopo, Fol discusse più estesamente i medesimi aspetti della fecondazione in: Id., Recherches sur la fécondation et le commencement de l’hénogénie chez divers animaux, Mémoires de la Société de Physique et d'Histoire Naturelle de Genève 1879, 26: 92-397. [93] Bavister B.D., Early history of in vitro fertilization, Reproduction 2002, 124: 181-196; p.182. [94] Schenk S.L., Das Säugetierei Künstlich befruchtet ausserhalb des Muttertieres, Mittheilungen aus dem Embryonischen Institute der Kaiserlich-Königlichen Universität in Wien 1878, 1: 107-184; Pincus G., Enzmann E.V., The comparative behaviour of mammalian eggs in vivo and in vitro, Journal of Experimental Medicine 1935, 62: 665-675;Pincus G., Development of fertilized and artificially activated rabbit eggs, Journal of Experimental Zoology 1939, 82: 65-129. [95] Rock J., Menkin M.F., In vitro fertilization and cleavage of human ovarian eggs, Science 1944, 100: 105-106;Menkin M.F., Rock J., In vitro fertilization and cleavage of human ovarian eggs, American Journal of Obstetrics and Gynecology 1948, 55: 440-452. [96] I tempi di maturazione esatti degli ovociti umani in vitro sono stati descritti per la prima volta da Edwards R.G.,Maturation in vitro of human ovarian eggs, Lancet 1965, II: 926-929. Come osserva correttamente Bavister, “sebbene sia possibile che la maturazione di alcuni ovociti sia giunta a termine

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entro il periodo durante il quale gli spermatozoi e gli ovuli sono stati incubati insieme, ciò non fornisce ancora la prova che la fecondazione sia stata effettuata in vitro”.(Bavister, Early history of..., p.182) [97] Pincus G., Saunders B., The maturation of human ovarian ova, Anatomical Record 1939, 75: 537-542. [98] Gli ovociti di ratto usati da J.A. Long (The living eggs of rats and mice with a description of apparatus for obtaining and observing them, Publications in Zoology of the University of California1912, 9: 105-136) sono particolarmente suscettibili di attivazione partenogenetica. Per i dettagli delle condizioni sperimentali, vedi: Austin C.R., Activation of eggs by hypothermia in rats and hamsters, Journal of Experimental Biology 1956, 33: 338-347; Id., Effects of hypothermia and hyperthermia on fertilization in rat eggs, Journal of Experimental Biology 1956, 33: 348-357. [99] Smith A.U., Fertilization in vitro of the mammalian egg, Biochemical Society Simposia 1951, 7: 3-10. [100] Schenk, Das Säugetierei.... [101] Shettles L.B., Observations on human follicular and tubal ova, American Journal of Obstetrics and Gynecology 1953, 66: 235-247. [102] Bavister, Early history..., p.182. [103] Vedi fra gli altri Moricard R., Bossu J., Premières études du passage du spermatozoïde au travers de la membrane pellucide d’ovocytes de lapine fécondes in vitro, Comptes Rendus de l’Academie de Medicine 1949, 33: 659-665;Moricard R., Penetration of the spermatozoon in vitro into the mammalian ovum, Nature 1950, 165: 763;Smith,Fertilization in vitro...; Shettles, Observations on human...Le prove della realizzazione della FIV nei conigli presentate da G. Pincus, E.V. Enzmann (Can mammalian eggs undergo normal development in vitro?, Proceedings of the National Academy of Sciences USA 1934, 20: 121-132) appaiono più convincenti, poiché dopo aver trasferito ovociti che erano stati a contatto con spermatozoi in vitro, hanno ottenuto prole. Sono state avanzate tuttavia delle critiche per il fatto che gli ovociti potrebbero essere stati fecondati dopo il trasferimento all’ovidotto della femmina ricevente. Effettivamente la rimozione di tutti gli spermatozoi aderenti a ovociti appena ovulati e cumulo-intatti mediante procedura di lavaggio è di difficile esecuzione (vedi: Chang M.C., In vitro fertilization of mammalian eggs, Journal of Animal Science 1968, 27(1): 15-22). La stessa obiezione vale per gli esperimenti di Venge O. (Experiments on fertilization of rabbit ova in vitro with subsequent transfer to alien does, in Wolstenholme G.E.W. (a cura di), Mammalian Germ Cells, London: Churchill, 1953: 243-252), che ha riferito della nascita di due cucciolate di conigli: l’intervallo temporale fra il contatto dei gameti e il trasferimento (3h.30’) è considerato insufficiente a escludere la possibilità di fecondazione in vivo (vedi Bavister, Early history of..., p.183). [104] Austin C.R., Observations on the penetration of sperm into the mammalian egg, Australian Journal of Scientific Research 1951, 4: 581-596. [105] Chang M.C., Fertilizing capacity of spermatozoa deposited into the Fallopian tubes, Nature 1951, 168: 697-698. [106] Dauzier L., Thibault C., Wintenberger S., La fecondation in vitro de l’oeuf de la lapine, Comptes Rendus de l’Academie de Science 1954, 238: 844-845; Thibault C., Dauzier L., Wintenberger S., étude cytologique de la fécondationin vitro de l’oeuf de la lapine, Comptes Rendus de la Société de Biologie 1954, 148: 789-790. Questi risultati sono stati confermati da altri studiosi che hanno usato anch’essi spermatozoi capacitati in vivo. [107] Chang M.C., Fertilization of rabbit ova in vitro, Nature 1959, 179: 466-467. Risultati simili a quelli ottenuti da Chang sono stati riferiti fra gli altri da Thibault C., Dauzier L., Analyse des conditions de la fécondation in vitro de l’oeuf de la lapine, Années de la Biologie Animale et de Biochimie et Biophysique 1961, 1: 277-294. [108] Per una disamina critica delle prime tecniche e dei primi risultati della FIV applicata a gameti di mammiferi, vedi:Rogers B.J., Mammalian sperm capacitation and fertilization in vitro: a critique of methodology, Gamete Research 1978, 1: 165-223.

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[109] Yanagimachi R., Chang M.C., Fertilisation of hamster eggs in vitro, Nature 1963, 200: 281-282; Id., In vitrofertilisation of golden hamster ova, Journal of Experimental Zoology 1964, 156: 361-376; Barros C., Austin C.R., In vitrofertilisation and the sperm acrosome reaction in the hamster, Journal of Experimental Zoology 1967, 166: 317-323;Pickworth S., Chang M.C., Fertilisation of Chinese hamster eggs in vitro, Journal of Reproduction and Fertility 1969, 19: 371-374. [110] I primi cuccioli di hamster ottenuti con la FIV sono nati soltanto nel 1992: Barnett D.K., Bavister B.D.,Hypotaurine requirement for in vitro development of golden hamster one-cell embryos into morulae and blastocysts, and production of term offspring from in vitro fertilized ova, Biology of Reproduction 1992, 47: 297-304. [111] Whittingham D.G., Fertilisation of mouse eggs in vitro, Nature 1968, 220: 592-593; Iwamatsu T., Chang M.C., In vitro fertilization of mouse eggs in the presence of bovine follicular fluid, Nature 1969, 224: 919-920; Id., Further investigation of capacitation of sperm and fertilisation of mouse eggs in vitro, Journal of Experimental Zoology 1970, 175: 271-281; Cross P.C., Brinster R.L., In vitro development of mouse ovocytes, Biology of Reproduction 1970, 3: 298-307; Mukherjee A.B., Cohen M.M., Development of normal mice by in vitro fertilisation, Nature 1970, 228: 472-473;Toyoda Y.M., Yokoyama M., Hoshi T., Studies on the fertilization of mouse eggs in vitro. I. In vitro fertilization of eggs by fresh epididymal sperm, Japanese Journal of Animal Reproduction 1971, 16: 147-151; Id., Studies on the fertilization of mouse eggs in vitro. II. Effects of in vitro preincubation on time of sperm penetration of mouse eggs in vitro, Japanese Journal of Animal Reproduction 1971, 16: 152-157. [112] Toyoda Y., Chang M.C., Sperm penetration of rat eggs in vitro after dissolution of zona pellucida by chymotrypsin, Nature 1968, 220 589-591; Miyamoto H., Chang M.C., In vitro fertilization of rat eggs, Nature 1973, 241: 50-52; Id.,Fertilization of rat eggs in vitro, Biology of Reproduction 1973, 9: 384-393; Toyoda Y., Chang M.C., Fertilization of rat eggs in vitro by epididymal spermatozoa and the development of eggs following transfer, Journal of Reproduction and Fertility 1974, 36: 9-22; Id., Capacitation of epididymal spermatozoa in a medium with high K-Na ratio and cyclic AMP for the fertilization of rat eggs in vitro, Journal of Reproduction and Fertility 1974, 36: 125-134. [113] Bondioli K.R., Wright R.W. Jr., Influence of culture media on in vitro fertilization of ovine tubal ovocytes, Journal of Animal Science 1980, 51: 660-667. [114] Hamner C.E., Jennings L.L., Sojka N.J., Cat (Felis catus L.) spermatozoa require capacitation, Journal of Reproduction and Fertility 1970, 23: 477-480; Bowen R.A., Fertilization in vitro of feline ova by spermatozoa from the ductus deferens, Biology of Reproduction, 17: 144-147. [115] Yanagimachi R., Fertilization of guinea pig eggs in vitro, Anatomical Record 1972, 174: 9-19; Rogers B.J, Yanagimachi R., Retardation of guinea pig sperm acrosome reaction by glucose: the possible importance of pyruvate and lactate metabolism in capacitation and the acrosome reaction, Biology of Reproduction 1975, 13: 568-575; Id.,Competitive effect of magnesium on the calcium-dependent acrosome reaction in guinea pig spermatozoa, Biology of Reproduction 1976, 15: 614-619; Rogers B.J., Chang L., Yanagimachi R., Glucose effect on respiration: possible mechanism for capacitation in guinea pig spermatozoa, Journal of Experimental Zoology 1979, 207: 107-112. [116] Mahi C.A., Yanagimachi R., Maturation and sperm penetration of canine ovarian ovocytes in vitro, Journal of Experimental Zoology 1976, 196: 189-196. [117] Bavister B.D., Edwards R.G., Steptoe P.C., Identification of the midpiece and tail of the spermatozoon during fertilisation of human eggs in vitro, Journal of Reproduction and Fertility 1969, 20: 159-160; Edwards R.G., Bavister B.D., Steptoe P.C., Early stages of fertilisation in vitro of human ovocytes matured in vitro, Nature 1969, 221: 632-635. [118] Yanagimachi, Chang, Fertilisation of hamster....; Id., In vitro fertilisation... [119] Edwards R.G., Steptoe P.C., Purdy J.M., Fertilisation and cleavage in vitro of preovulatory human ovocytes, Nature 1970, 227: 1307-1309; Steptoe P.C., Edwards R.G., Purdy J.M., Human blastocysts grown in culture, Nature 1971, 229: 132-133.

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[120] Steptoe P.C., Edwards R.G., Birth after the reimplantation of a human embryo, Lancet 1978, II: 366. [121] Bavister, Early history of..., p.184. [122] Gould K.G., Cline E.M., Williams W.L., Observations on the induction of ovulation and fertilization in vitro in the squirrel monkey (Saimiri sciureus), Fertility and Sterility 1973, 24: 260-268; Kuehl T.J., Dukelow W.R., Fertilization in vitro of Saimiri sciureus follicular ovocytes, Journal of Medical Primatology 1975, 4: 209-216. In entrambi gli studi, la capacità evolutiva degli zigoti generati mediante FIV (o degli ovociti attivati partenogeneticamente?) era scarsa. Ed effettivamente non è stata presentata alcuna prova chiara che la fecondazione fosse avvenuta. [123] Bavister B.D., Boatman D.E., Leibfried M.L. et Al., Fertilization and cleavage of rhesus monkey ovocytes in vitro, Biology of Reproduction 1983, 28: 983-999; Gould K.G., Ovum recovery and in vitro fertilization in the chimpanzee, Fertility and Sterility 1983, 40: 378-383. [124] Hamilton W.J., Early stages of human development, Annals of the Royal College of Surgeons of England 1949, 4: 281-294. [125] Zamboni L., Mishell D.R., Bell J.H.et Al., Fine structure of the human ovum in the pronuclear stage, Journal of Cell Biology 1966, 30: 579-600. [126] Pereda J., Croxatto H.B., Ultrastructure of a seven-cell human embryo, Biology of Reproduction 1978, 18: 481-489; Pereda J., Coppo M., Ultrastructure of a two-cell human embryo, Anatomy and Embryology 1987, 177: 91-96; Pereda J., Ultrastructural observation on early human eggs. Analysis of four concepti, in Motta P.M. (a cura di), Developments in Ultrastructure of Reproduction, New York: Alan R. Liss, 1989: 367-379. [127] Avendaño S., Crosatto H.D., Pereda J.et Al., A seven-cell human egg recovered from the oviduct, Fertility and Sterility 1975, 26: 1167-1172. [128] Soupart P., Strong P.A., Ultrastructural observations on human ovocytes fertilized in vitro, Fertility and Sterility 1974, 25: 11-43; Sathananthan A.H., Chen C., Sperm-ovocyte membrane fusion in the human during monospermic fertilization, Gamete Research 1986, 15: 117-186 [129] Sundström P., Nilsson O., Liedholm P., Cleavage rate and morphology of early human embryos obtained after artificial fertilization and culture, Acta Obstetrica and Gynaecologica Scandinavica 1981, 60: 109-120; Dvorač M., Tesarik J., Pilka L. et Al., Fine structure of human two-cell ova fertilized and cleaved in vitro, Fertility and Sterility 1982, 37: 661-667; Lopata A., Sathananthan A.H., Mc Bain J.C. et Al., The ultrastructure of the preovulatory human egg fertilized in vitro, Fertility and Sterility 1980, 33: 12-20; Van Blerkom J., Henry G.H., Porreco R., Preimplantation human embryonic development from polypronuclear eggs after in vitro fertilization, Fertility and Sterility 1984, 41: 686-696. [130] Pereda, Ultrastructural observation..., p.367. [131] Austin C.R., Function of hyaluronidase in fertilization, Nature 1948, 162: 63. [132] Blandau R.J., Biology of eggs and implantation, in Young W.C. (a cura di), Sex and Internal Secretions, vol.II, Baltimore: Williams & Wilkins,1961: 797-882. [133] Yanagimachi R., Mammalian fertilization, in Knobil E., Neill J.D. (a cura di), The Physiology of Reproduction, vol.I, New York: Raven Press, 1988: 135-185; p.155. [134] Metz C.B., Seiguer A.C., Castro A.E., Inhibition of the cumulus dispersing and hyaluronidase activities of sperm by heterologous and isologous antisperm antibodies, Proceedings of the Society for Experimental Biology and Medicine 1972, 140: 776-781. [135] Anand S.R., Kaur S.P., Chaundhry P.S., Distribution of β-N-acetylglucosaminidase, hyaluronoglucosaminidase and acrosin in buffalo and goat spermatozoa, Hoppe-Seyler’s Zeitschrift für Physiologische Chemie 1977, 358: 685-688. [136] Austin C.R., Bishop M.W.H., Early reaction of the rodent egg to spermatozoa penetration, Journal of Experimental Biology 1956, 33: 358-365.

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[137] Per una panoramica degli studi che sono seguiti negli anni Sessanta, vedi: Bedford J.M., Sperm capacitation and fertilization in mammals, Biology of Reproduction 1970, 2: 128-158. [138] Una rassegna esauriente di questi studi si trova in Yanagimachi R., Sperm-egg fusion, Current Topics in Membrane Transport 1988, 32: 3-43. [139] Eberspaecher U., Barros C., Changes at the hamster ovocyte surface from the germinal vesicle stage to ovulation, Gamete Research 1984, 9: 387-397. [140] Huang T.T.F. Jr., Yanagimachi R., Inner acrosomal membrane of mammalian spermatozoa: its properties and possible functions in fertilization, American Journal of Anatomy 1985, 174: 249-268. [141] Yanagimachi R., Noda Y.D., Physiological changes in the post-nuclear cap region of mammalian spermatozoa: a necessary preliminary to the membrane fusion between sperm and egg cells, Journal of Ultrastructural Research 1970, 31: 486-493. [142] Ibid. Cf. anche Phillips D.M., Yanagimachi R., Difference in tha manner of association of acrosome-intact and acrosome-reacted hamster spermatozoa with egg microvilli as revealed by scanning electron microscopy, Development, Growth and Differentiation 1982, 24: 543-551. [143] Talbot P., Chacon R.S., Ultrastructural observations on binding and membrane fusion between human sperm and zona pellucida-free hamster ovocytes, Fertility and Sterility 1982, 37: 240-248. [144] Wolf D.P., Armstrong P.B., Penetration of the zona-free mouse egg by capacitated epididymal sperm cinematographic observations, Gamete Research 1978, 1: 39-46. [145] Negli anni Novanta del XX secolo, la discinesia flagellare (parametri abnormi di motilità degli spermatozoi) offrirà un modello interessante per studiare il ruolo del movimento degli spermatozoi nei processi di fusione fra spermatozoo e oolemma. Cf. Wolf J.P., Feneux D., Ducot B. et Al., Influence of sperm movement parameters on human sperm-oolemma fusion, Journal of Reproduction and Fertility 1995, 105: 185-192. [146] Wolf, Armstrong, Penetration of the zona-free... [147] Hirao Y., Hiraoka J., Surface architecture of sperm tail entry into the hamster ovocyte, Development, Growth and Differentiation 1987, 29: 123-132. [148] Wilson E.B., The Cell in Development and Heredity, New York: Macmillan, 1925; Rothschild L., The fertilizing spermatozoon, Discovery 1956, 18: 64-65; Austin C.R., Fertilization, Englewood Cliffs: Prentice Hall, 1965; Monroy A.,Chemistry and Physiology of Fertilization, New York: Holt, Rinehart and Winston, 1965. [149] Wilson, The Cell in Development... [150] Ibid. [151] Ibid. Rispetto all’ipotesi di Wilson, gli studiosi hanno suddiviso le classi di uova in quattro tipi, in base al loro stato di meiosi e al momento in cui sono state inseminate. Cf. Austin C.R. , Walton A., Fertilization, in Parkes A.S. (a cura di),Marshall’s Physiology of Reproduction, vol.I, London: Longmans, Green and Co., 1960: 310-416; Dalcq A.M.,Introduction to General Embryology, Oxford: Oxford University Press, 1957. [152] Per una recensione vedi: Austin C.R., Ultrastructure of Fertilization, New York: Holt-Rinehart and Winston, 1968. [153] Longo F.J., Anderson E., The fine structure of pronuclear development and fusion in the sea urchin, Arbacia punctulata, Journal of Cell Biology 1968, 39: 339-368. [154] Bedford J.M., Ultrastructural changes of the sperm head during fertilization in the rabbit, American Journal of Anatomy 1968, 123: 329-358; Id., Sperm capacitation....; Id., The saga of mammalian sperm from ejaculation to syngamy, in Gibian H., Plotz E.J. (a cura di), Mammalian Reproduction, New York: Springer Verlag, 1970: 124-182; Pikó L., Gamete structure and sperm entry in mammals, in Metz C.B., Monroy A. (a cura di.), Fertilization: Comparative Morphology, Biochemistry and Immunology, New York: Academic Press, 1969: 325-403; Stefanini M., Oura C., Zamboni L.,Ultrastructure of fertilization in the mouse. II. Penetration of sperm into the ovum, Journal of Submicroscopic Cytology 1969, 1: 1-23; Szollosi D., Ris H., Observations on sperm penetration in

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the rat, Journal of Biophysical and. Biochemical Cytology 1961, 10: 275-283; Yanagimachi R., Noda Y.D., Electron microscope studies of sperm incorporation into the golden hamster egg, American Journal of Anatomy 1970, 128: 429-462; Zamboni L., Fine Morphology of Mammalian Fertilization, New York: Harper and Row, 1971. [155] Stefanini, Oura, Zamboni, Ultrastructure of fertilization....; Zamboni, Morphology of... [156] Yanagimachi R., Noda Y.D., Physiological changes in the postnuclear cap region of mammalian spermatozoa: a necessary preliminary to the membrane fusion between sperm and egg cells, Journal of Ultrastructural Research 1970, 31: 486-494. [157] Yanagimachi, Noda, Electron microscope studies... [158] Longo F.J., Fertilization: a comparative ultrastructural review, Biology of Reproduction 1973, 9: 149-215; pp.163-164. [159] Longo F.J., Anderson E., The effects of nicotine on fertilization in the sea urchin, Arbacia punctulata, Journal of Cell Biology 1968. 46: 308-325; Id., Id., A cytological study of the relation of the cortical reaction to subsequent events of fertilization in urethane-treated eggs of the sea urchin, Arbacia punctulata, Journal of Cell Biology 1970, 47: 646-665. [160] Ibid. [161] Bedford, Ultrastructural changes [...], art. cit.; Yanagimachi, Noda, Electron microscope studies [...], art. cit. [162] Zamboni L., Mastroianni L., Electron microscopic studies on rabbit ova. I. Penetrated tubal ovum, Journal of Ultrastructural Research 1966, 14: 118-132. [163] Fu psotulato 120 anni fa che l’ovocita maturo possedesse tutti gli elementi necessari per lo sviluppo dell’embrione a eccezione di un “centro di divisione” attivo, e sebbene si credesse che gli spermatozoi contenessero un centro siffatto, si pensava che mancassero del substrato protoplasmatico in cui operare (Boveri T., Über die Befruchtung der Eier vonAscaris megalocephala, Sitzungsberichte der Gesellschaft für Morphologie und Physiologie 1887, 3: 71-80). “Sussistono ormai pochi dubbi che negli esseri umani soltanto il gamete maschile possieda un centrosoma attivo” (Palermo G.D., Colombero L.T., Rosenwaks Z., The human sperm centrosome is responsible for normal syngamy and early embryonic development, Reviews of Reproduction 1997, 2: 19-27; p.23). Analisi estensive condotte per mezzo della microscopia elettronica a trasmissione hanno dimostrato la presenza di centrioli negli spermatozoi e negli oviciti fecondati e la loro assenza da ovociti in metafase II; ciò conferma l’ereditarietà paterna del centrosoma nell’uomo (Sathananthan A.H., Kola I., Osborne J. et Al., Centrioles in the beginning of human development, Proceedings of the National Academy of Sciences USA 1991, 88: 4806-4810). Inoltre, la valutazione della distribuzione cromosomica per mezzo dell’ibridazione fluorescente in situ (in inglese FISH, fluorescence in situ hybridization) ha rivelato che il centrosoma dello spermatozoo è l’unica struttura responsabile dell’organizzazione della prima divisione mitotica degli embrioni umani (Palermo G., Munné S., Cohen J., The human zygote inherits its mitotic potential from the male gamete, Human Reproduction 1994, 9: 1220-1225). [164] Tilney L.C, Goddard J., Nucleating sites for the assembly of cytoplasmic microtubules in the ectodermal cells of blastulae of Arbacia punctulata, Journal of Cell Biology 1970, 46: 564-575. [165] Per una rassegna degli studi fino al 1972, vedi: Longo, Fertilization a comparative..., pp.190-195. [166] Austin C.R., The Mammalian Egg, Oxford: Blackwell, 1961. [167] Longo, Fertilization a comparitive..., p.208. [168] Il termine “meiosi” proviene dal greco µειοũν, che significa “diminuire”, poiché questo tipo di cariocinesi (divisione del nucleo) dà luogo a una diminuzione del numero dei cromosomi della cellula. La meiosi fu descritta per la prima volta nell’uovo di riccio di mare nel 1876 dallo zoologo tedesco Oskar Hertwig (Hertwig O., Beiträge zur Kenntnis der Bildung, Befruchtung und Teilung des tierischen Eies, Morphologische Jahrbücher 1876, 1: 347-434), e poi nuovamente osservata nell’uovo di Ascaris megalocephala nel 1883 dall’embriologo belga Edouard van Beneden (Van Beneden

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E., Recherches sur la maturation de l'oeuf et la fécondation, Archives de Biologie 1883, 4: 610-620). Tuttavia l’importanza della meiosi ai fini della riproduzione e dell’ereditarietà fu descritta soltanto nel 1890 da August Weismann, il quale osservò che erano necessarie due divisioni cellulari per trasformare una cellula diploide in 4 cellule aploidi. Nel 1911, il genetista statunitense Thomas Hunt Morgan osservò il fenomeno del crossing-over nelle cellule germinali diDrosophila melanogaster e fornì la prima interpretazione genetica della meiosi (Morgan T.H., The origin of nine wing mutations in Drosophila, Science 1911, 33: 496-499). [169] “ Nell’arco della vita di un uomo, il suo testicolo produce fino a 2´1012 spermatozoi”: Grootegoed J.A., The testis: spermatogenesis, in Hillier S.G., Kitchener H.C. e Neilson J.P. (a cura di), Scientific Essentials of Reproductive Medicine, London: W.B. Saunders, 1996: 172-183; p.172. [170] Le cellule di Sertoli sono cellule allungate dei tubuli seminiferi del testicolo, alle quali gli spermatidi si attaccano per nutrirsi durante la spermatogenesi. Un’unica cellula di Sertoli si estende dalla membrana basale al lume del tubulo, benché a livello di microscopia ottica il suo citoplasma sia difficile da distinguere. Le cellule di Sertoli sono caratterizzate dalla presenza di un nucleo vescicolare, ovale, posizionato basalmente che contiene un nucleolo prominente. Queste cellule furono scoperte nel 1865 dal fisiologo italiano Enrico Sertoli, il quale le definì “cellule madri” (Sertoli E.,Dell’esistenza di particolari cellule ramificate nei canalicoli seminiferi del testicolo umano, Il Morgagni 1865, 7: 31-40). [171] Dal nome dello zoologo tedesco Franz Von Leydig, il quale descrisse il tessuto intertubulare testicolare nel 1850 e fu il primo a osservare la scarsità di queste cellule (meno dell’1%) rispetto ad altre cellule del parenchima testicolare (Von Leydig F., Zur Anatomie der männlichen Geschlechtsorgane und Analdrüsen der Säugethiere, Zeitschrift für wissenschaftliche Zoologie 1850; 2:1-57). [172] Deffieux X., Antoine J.M., Inhibines, activines et hormone anti-mullérienne: structure, signalisation, roles et valeur prédictive en médecine de la réproduction, Gynécologie, Obstétrique&Fertilité 2003, 31: 900-911; O'Connor A.E., De Kretser D.M., Inhibins in normal male physiology, Seminars in Reproductive Medicine 2004, 22: 177-185. [173] Champion M.D., Hawley R.S., Playing for half deck: the molecular biology of meiosis, Nature Cell Biology 2002, 4: s50-s56. [174] De Krester D.M., Kerr J.B., The cytology of the testis, in Knobil, Neil, op. cit., pp.1177-1290. [175] Una caratteristica unica della spermatogenesi è il fatto che le cellule germinali maschili in via di sviluppo non completano la citocinesi dopo la cariocinesi (sia mitosi che meiosi), cosicché la cellula figlia resta collegata mediante ponti di citoplasma fino alla fine della differenziazione dello spermatozoo (Dym M., Fawcett D.W., Further observations on the numbers of spermatogonia, spermatocytes, and spermatids connected by intercellular bridges in the mammalian testis, Biology of Reproduction 1971, 4: 195-215). Una spiegazione parziale ma plausibile del fenomeno poggia sul fato che nel maschio la meiosi dà luogo a cellule aploidi contenenti o un cromosoma X o un cromosoma Y: dato che entrambli gli eterosomi possono contenere geni che codificano proteine essenziali alla spermiogenesi e/o alla funzione spermatica, i ponti di citoplasma costituiscono un modo di scambiare prodotti genici fra cellule germinali contenenti X e Y. Si hanno evidenze sperimentali del fatto che gli spermatidi che hanno un citoplasma in comune possono scambiarsi proteine, il che significa che queste cellule sono funzionalmente diploidi (Braun R.E., Beheringer R.R., Peschon J.J. et Al., Genetically haploid spermatids are phenotypically diploid, Nature 1989, 337: 373-376; Caldwell K.A., Handel M.A., Protamine transcript sharing among post-meiotic spermatids, Proceedings of the National Academy of Sciences USA 1991, 88: 2407-2411). [176] La manchette è una struttura transitoria che si sviluppa durante la spermiogenesi. Essa consiste di 3 componenti: un anello perinucleare; un involucro microtubulare inserito nell’anello; placche dense attaccate all’estremità distale dell’involucro. La manchette microtubulare differisce dai singoli

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microtubuli del citoplasma per la posizione perinucleare che le è specifica; perché rimane strutturalmente stabile per circa 2 settimane; per i suoi tempi organizzativi: infatti comincia a costituirsi quando l’assonema contenente tubulina è già presente. Ulteriori dettagli si trovano in Meistrich M.L., Nuclear morphogenesis during spermiogenesis, in De Kretser D. (a cura di), Molecular Biology of the Male Reproductive System, New York: Academic Press, 1993: 67-97; Tachibana M., Terada Y., Murakawa H. et Al., Dynamic changes in the cytoskeleton during human spermiogenesis, Fertility and Sterility 2005, 84 (2): 1241-1248. [177] Heller C.G. , Clermont Y., Spermatogenesis in man: an estimate of its duration, Science 1963, 140: 184-186;Clermont Y., The cycle of the seminiferous epithelium cycle in man, American Journal of Anatomy 1963, 112: 35-51. [178] Cooper T.G., Yeung, C.H., Fetic S., Sobhani A., Nieschlag E., Cytoplasmic droplets are normal structures of human sperm but are not well preserved by routine procedures for assessing sperm morphology, Human Reproduction 2004, 19: 2283-2288; Cooper T.G., Cytoplasmic droplets: The good, the bad or just confusing?, Human Reproduction 2005, 20: 9-11. [179] Burgos M.H., Fawcett D.W., Studies on the fine structure of the mammalian testis, Journal of Biophysical and Biochemical Cytology 1955, 1: 287-315; Fawcett D.W., Hollenberg R.D., Changes in the acrosome of guinea pig spermatozoa during passage through the epididymis, Zeitschrift für Zellforsch 1963, 60: 276-292; Susi F.R., Leblond C.P., Clermont Y., Changes in the Golgi apparatus during spermiogenesis in the rat, American Journal of Anatomy 1971, 130: 251-267; Tang X.M., Lalli M.F., Clermont Y., A cytochemical study of the Golgi apparatus of the spermatid during spermiogenesis in the rat, American Journal of Anatomy 1982, 163: 283-294; Clermont Y., Tang X.M., Glycoprotein synthesis in the Golgi apparatus of spermatids during spermiogenesis of the rat, The Anatomical Record 1985, 213: 33-43; Thorne-Tjomsland G., Clermont Y., Hermo L., Contribution of the Golgi apparatus components to the formation of the acrosomic system and chromatoid body in rat spermatids, The Anatomical Record 1988, 221: 591-598. [180] Lee C.Y., Wong E., Richter D.E. et Al., Monoclonal antibodies to human sperm antigens, Journal of Reproductive Immunology 1984, 6: 227-238; Kew D., Muffly K.E., Kilpatrick D.L., Proenkephalin products are stored in the sperm acrosome and may function in fertilization, Proceedings of the National Academy of Sciences USA 1990, 87: 9143-9147;Gallo J.M., Escalier D., Grellier P. et Al., Characterization of a monoclonal antibody to human proacrosin and its use in acrosomal status evaluation, Journal of Histochemistry and Cytochemistry 1991, 39: 273-282; Foster J.A., Klotz K.L., Flickinger C.J. et Al., Human SP-10: acrosomal distribution, processing, and fate after the acrosome reaction, Biology of Reproduction 1994, 51: 1222-1231; Naz R.K., Morte C., Garcia-Framis V. et Al., Characterization of a sperm-specific monoclonal antibody and isolation of 95-kilodalton fertilization antigen-2 from human sperm, Biology of Reproduction 1993, 49: 1236-1244; Burks D.J., Carballada R., Moore H.D. et Al., , Interaction of a tyrosine kinase from human sperm with the zona pellucida at fertilization, Science 1995, 269: 83-86; Sabeur K., Cherr G.N., Yudin A.I. et Al., The PH-20 protein in human spermatozoa, Journal of Andrology 1997, 18: 151-158; Oh-Oka T., Tanii I., Wakayama T. et Al., Partial characterization of an intra-acrosomal protein, human acrin1 (MN7), Journal of Andrology 2001, 22: 17-24. [181] Per una disamina degli aspetti molecolari dell’organizzazione acrosomiale, vedi: Yoshinaga K., Toshimori K.,Organization and modifications of sperm acrosomal molecules during spermatogenesis and epididymal maturation, Microscopy Research and Technique 2003, 61: 39-45. [182] Meistrich M.L., Mohapatra B., Shirley C.R. et Al., Roles of transition nuclear proteins in spermiogenesis, Chromosoma 2003, 111: 483-488. [183] Balhorn R., A model for the structure of chromatin in mammalian sperm, Journal of Cell Biology 1982, 93: 298-305. [184] Cho C., Willis W.D., Goulding E.H. et Al., Haploinsufficiency of protamine-1 or -2 causes infertility in mice, Nature Genetics 2001, 28: 82-86.

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[185] Cho C., Jung-Ha H., Willis W.D. et Al., Protamine 2 deficiency leads to sperm DNA damage and embryo death in mice, Biology of Reproduction 2003, 69: 211-217. [186] Tanaka H., Baba T., Gene expression in spermiogenesis, Cellular and Molecular Life Sciences 2005, 62: 344-354. [187] Wykas S.M., Krawetz S.A., The structural organization of sperm chromatin, Journal of Biological Chemistry 2003, 278: 29471-29477. [188] McCarthy S., Ward W.S., Functional aspects of mammalian sperm chromatin, Human Fertility 1999, 2: 56-60. [189] Braun R.E., Packing paternal chromosomes with protamines, Nature Genetics 2001, 28: 10-12. [190] Kramer J.A., McCarrey J.R., Djakiew D. et Al., Human spermatogenesis as a model to examine gene potentiation, Molecular Reproduction and Development 2000, 56: 254-258. [191] Wykas, Krawetz, The structural organization of... [192] Kramer J.A., Krawetz S.A., Nuclear matrix interactions with the sperm genome, Journal of Biological Chemistry 1996, 271: 11619-11622. [193] Ward S.A., Kimura Y., Yanagimachi R., An intact sperm nuclear matrix may be necessary for the mouse paternal genome to participate in embryonic development, Biology of Reproduction 1999, 60: 702-706. [194] Hecht N.B., Molecular mechanism of male germ cell differentiation, Bioessays 1998, 20: 555-561. [195] Wykes S.M., Visscher D.W., Krawetz S.A., Haploid transcripts persist in mature human spermatozoa, Molecular Human Reproduction 1997, 3: 15-19. [196] La complessità di trascrizione degli spermatozoi è stata affrontata per la prima volta analizzando una serie di cloni di cDNa selezionati a caso (Miller D., Briggs D., Snowden H. et Al., A complex population of RNAs exists in human ejaculate spermatozoa: implications for understanding molecular aspects of spermiogenesis, Gene 1999, 237: 385-392). Per un’ampia panoramica delle evidenze attualmente disponibili, vedi: Miller D., Ostermeier G.C., Krawetz S.A., The controversy, potential and roles of spermatozoal RNA, Trends in Molecular Medicine 2005, 11: 156-163. [197] Martins R.P., Krawetz S.A., RNA in human sperm, Asian Journal of Andrology 2005, 7: 115-120; p.116. [198] I microRNA (miRNA) sono RNA non codificanti lunghi approssimativamente 22 nucleotidi che partecipano alla regolazione dei geni. I miRNAs conferiscono la loro regolazione a livello post-trascrizionale, dove o si scindono o reprimono la traduzione dei mRNA. È stato testato sperimentalmente per la loro funzione un numero relativamente basso di miRNA, e di quelli testati sono state proposte funzioni comprendenti la differenziazione cellulare, la proliferazione, l’apoptosi, le difese antivirali e il cancro. E’ possibile che si scopra che i miRNA svolgono un ruolo praticamente in tutti gli aspetti della regolazione dei geni. Per una panoramica recente dell’identificazione, della struttura e della funzione dei miRNA, vedi: Wang Y., Stricker H.M., Gou D. et Al., MicroRNA: past and present, Frontiers in Bioscience 2007, 12: 2316-2329; Zhang B., Wang Q., Pan X., MicroRNAs and their regulatory roles in animals and plants, Journal of Cell Physiology 2007, 210: 279-289. [199] Ostermeier G.C., Dix D.J., Miller D. et Al.,Spermatozoal RNA profiles of normal fertile men, Lancet 2002, 360: 772-777. [200] Ostermeier G.C., Miller D., Huntriss J.D. et Al., Delivering spermatozoan RNA to the oocyte, Nature 2004, 429: 154. [201] Miller, Ostermeier, Krawetz, The controversy, potential and..., p.156. [202] Toshimory K., Biology of sperm maturation: An overview with an introduction to this issue, Microscopy Research and Technique 2003, 61: 1-6. [203] Penttinen J., Pujianto D.A., Sipila P. et Al., Discovery in silico and characterization in vitro of novel genes exclusively expressed in the mouse epididymis, Molecular Endocrinology 2003, 17: 2138-2151.

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[204] Tulsiani D.R., Glycan modifying enzymes in luminal fluid of rat epididymis: are they involved in altering sperm surface glycoproteins during maturation?, Microscopy Research and Technique 2003, 61: 18-27. [205] Jones R., Sperm survival versus degradation in the mammalian epididymis: A hypothesis, Biology of Reproduction 2004, 71: 1405-1411. Il proteasoma 26S è un complesso di diverse sub unità che catalizza la proteolisi ATP-dipendente delle proteine cellulari. Elimina le proteine mal piegate nonché le proteine regolatorie labili, svolgendo così un ruolo centrale nel mantenimento dell’omeostasi cellulare. [206] Turner R.M., Tales from the tail: what do we really know about sperm motility?, Journal of Andrology 2003, 24: 790-803. [207] Luconi M., Forti G., Baldi E., Pathophysiology of sperm motility, Frontiers in Bioscience 2006, 11: 1433-1447. [208] Luconi M., Baldi E., How do sperm swim? Molecular mechanisms underlying sperm motility, Cell and Molecular Biology 2003, 49: 357-369. [209] Vijayaraghavan S., Hoskins D.D., Changes in the mitichondrial calcium influx and efflux properties are responsible for the decline in sperm calcium during epididymal maturation, Molecular Reproduction and Development 1990, 25, 186-194; Lewis A., Aitken R.J., Impact of epididymal maturation on the tyrosine phosphorylation patterns exhibited by rat spermatozoa, Biology of Reproduction 2001, 64: 1545-1556. [210] Luconi, Forti, Baldi, Pathophysiology of sperm..., p.1435 e riferimenti ivi citati. [211] Ficarro S., Chertihin O, Westbrook V.A. et Al., Phosphoproteome analysis of capacitated human spermatozoa, Journal of Biological Chemistry 2003, 278: 11579-11589. [212] Yunes R., Doncel G.F., Acosta A.A., Incidence of sperm-tail tyrosine phosphorylation and hyperactivated motility in normozoospermic and asthenozoospermic human sperm samples, Biocell 2003, 27: 29-36; Buffone M.G., Calamera J.C, Verstraeten S.V. et Al., Capacitation-associated protein tyrosine phosphorylation and membrane fluidity changes are impaired in the spermatozoa of asthenozoospermic patients, Reproduction 2005, 129: 697-705. [213] Krawetz S.A., Paternal contribution: New insights and future challenges, Nature Reviews Genetics 2005, 633-642; p.634. [214] Sutovsky P., Ubiquitin-dependent proteolysis in mammalian spermatogenesis, fertilization, and sperm quality control: killing three birds with one stone, Microscopy Research and Technique 2003, 61: 88-102. [215] Cummins J., Mitochondrial DNA in mammalian reproduction, Reviews of Reproduction 1998, 3: 172-182. [216] St. John J., Sakkas D., Dimitriadi K. et Al., Failure of elimination of paternal mitochondrial DNA in abnormal embryos, Lancet 2000, 355: 200. [217] Schwartz M., Vissing J., Paternal inheritance of mitochondrial DNA, New England Journal of Medicine 2002, 347: 576-580. [218] Se gli spermatozoi sono esposti a livelli eccessivi di ROS, la loro capacità fecondante e la loro integrità genetica potrebbero venirne compromesse: Aitken R.J., Clarkson J.S., Cellular basis of defective sperm function and its association with the genesis of reactive oxygen species by human spermatozoa, Journal of Reproduction and Fertility 1987, 81: 459-469. [219] Vernet P., Aitken R.J., Drevet J.R., Antioxidant strategies in the epididymis, Molecular and Cellular Endocrinology 2004, 216: 31-39. [220] Austin C.R., Observations on the penetration of sperm into the mammalian egg, Australian Journal of Scientific Research 1951, 4: 581-596; p.583. [221] Chang M.C., Fertilizing capacity of spermatozoa deposited into the Fallopian tubes, Nature 1951, 168: 697-698; p.697. Trent’anni dopo la prima definizione di “capacitazione” da parte sua e di

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Austin, Chang ha riportato l’attenzione sul significato originario del termine: Id., The meaning of sperm capacitation, Journal of Andrology 1984, 5: 45-50. [222] Olds-Clarke P., Unresolved issues in mammalian fertilization, International Review of Cytology 2003, 232: 129-184; p.130. [223] Giojalas L.C., Rovasio R.A., Fabro G. et Al., Timing of sperm capacitation appers to be programmed according to egg availability in the female genital tract, Fertility and Sterility 2004, 82: 247-249; p.247. Queste osservazioni sono in linea con altre precedenti, secondo cui soltanto una piccola percentuale di una popolazione spermatica è un grado di fecondare l’ovocita in vivo: Cohen J., Adeghe A.J.-H., The other spermatozoa: fate and functions, in Mohri H. (a cura di),New Horizons in Sperm Cell Research, Tokyo-New York: Japan Science Press, Gordon and Breach, 1987: 125-134. Per una panoramica esauriente, vedi: Jaiswal B.S., Eisenbach M., Capacitation, in Hardy D.M. (a cura di), Fertilization, San Diego: Academic Press, 2002: 57-117. [224] Eisenbach M., Ralt D., Precontact mammalian sperm-egg communication and role in fertilization, American Journal of Physiology 1992, 262: C1091-C1101; Cohen-Dayag A., Tur-Kaspa I., Dor J. et Al., Sperm capacitation in humans is transient and correlates with chemotactic responsiveness to follicular factors, Proceedings of the National Academy of Sciences USA 1995, 92: 11039-11043; Jaiswal, Eisenbach, Capacitation... [225] Giojalas, Rovasio, Fabro, Timing of sperm..., p.247. [226] Fraser L.R., Mouse sperm capacitation in vitro involves loss of a surface-associated inhibitory component, Journal of Reproduction and Fertility 1984, 72: 373-384. [227] Id., Harrison R.A., Herod J.E., Characterization of a decapacitation factor associated with epididymal mouse spermatozoa, Journal of Reproduction and Fertility 1990, 89: 135-148. [228] Fraser, Mouse sperm capacitation....; Fraser, Harrison, Herod, Characterization of a....; Fraser L.R., Interactions between a decapacitation factor and mouse spermatozoa appear to involve a fucose residues and a GPI-anchored receptor, Molecular Reproduction and Development 1998, 51: 193-202. [229] Nixon B., MacIntyre D.A., Mitchell L.A. et Al., The identification of mouse sperm surface-associated proteins and characterization of their ability to act as decapacitation factors, Biology of Reproduction 2006, 74: 275-287, e riferimenti ivi citati. [230] De Lamirande E., Leclerc P., Gagnon C., Capacitation as a regulatory event that primes spermatozoa for the acrosome reaction and fertilization, Molecular Human Reproduction 1997, 3: 175-194; Westbrock V.A., Diekman A.B. etal., Capacitation signaling pathways involved in sperm acquisition of fertilizing capacity, in Tulsiani D.R.P. (a cura di),Introduction to Mammalian Fertilization, Norwell: Kluwer Academic, 2003: 237-256; Breitbart H., Signaling pathways in sperm capacitation and acrosome reaction, Cellular and Molecular Biology 2003, 49: 321-327; Tulsiani D.R.P., Abou-Haila A., Is sperm capacitation analogous to early phases of Ca2+-triggered membrane fusion in somatic cells and viruses?, BioEssays 2004, 26: 281-290; Fraser L.R., Adeoya-Osiguwa S., Baxendale R.W. et Al., First messenger regulation of mammalian sperm function via adenylyl cyclase / cAMP, Journal of Reproduction and Development 2005, 51: 37-46. Per una panormaica aggiornata degli studi sul modo in cui la capacitazione degli spermatozoi è regolata da alcuni “primi messaggeri” fra cui il peptide che promuove la fecondazione, l’adenosina, la calcitonina e l’angiotensina II (che si trovnao tutti nel plasma seminale), vedi: Fraser L.R., Adeoya-Osiguwa S.A., Baxendale R.W. et Al., Regulation of mammalian sperm capacitation by endogenous molecules, Frontiers in Bioscience 2006, 11: 1636-1645. [231] Fraser, Adeoya-Osiguwa, Baxendale, First messenger regulation... [232] Harkema W., Harrison R.A., Miller N.G. et Al., Enhanced binding of zona pellucida proteins to the acrosomal region of the intact boar spermatozoa in response to fertilizing conditions: a flow cytometric study, Biology of Reproduction 1998, 58: 421-430. [233] Breitbart H., Cohen G., Rubinstein S., Role of acting cytoskeleton in mammalian sperm capacitation and the acrosome reaction, Reproduction 2005, 129: 263-268.

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[234] Sanchez-Gutierrez M., Contreras R.G., Mujica A., Cytochalasin-D retards sperm incorporation deep into the egg cytoplasm but not membrane fusion with the egg plasma membrane, Molecular Reproduction and Development 2002, 63: 518-528. [235] Kumakiri J., Oda S., Kinoshita K. et Al., Involvement of Rho family G protein in the cell signaling for sperm incorporation during fertilization of mouse eggs: inhibition by Clostridium difficile toxin B, Developmental Biology 2003, 260: 522-535. [236] Cohen G., Rubinstein S., Gur Y. et Al., Crosstalk between protein kinase A and C regulates phospholipase D and F-actin formation during sperm capacitation, Developmental Biology 2004, 267: 230-241. [237] Matzuk M.M., Burns, K.H., Viveriros M.M. et Al., Intercellular communication in the mammalian ovary: oocytes carry the conversation, Science 2002, 296: 2178-2180; p.2178. [238] Lawson K.A. , Hage W.J., Clonal analysis of the origin of primordial germ cells in the mouse, Ciba Foundation Symposia 1994, 182: 68-84 (discussion: pp.84-91); McLaren A., Primordial germ cells in the mouse, Developmental Biology 2003, 262: 1-15. [239] Matova N., Cooley L., Comparative aspects of animal oogenesis, Developmental Biology 2001, 231: 291-320;McLaren A., Primordial germ cells...; Raz E., Primordial germ-cell development: the zebrafish perspective, Nature Reviews Genetics 2003, 4: 690-700. [240] Matova, Cooley, Comparitive aspects of....; Extavour C.G., Akam M., Mechanisms of germ cell specification across the metazoans: epigenesis and preformation, Development 2003, 1320: 5869-5884. [241] Pesce M., Gross M.K., Scholer H.R., In line with our ancestor: Oct-4 and the mammalian germ, Bioessays 1998; Id., Scholer H.R., Oct-4: Control of totipotency and germline determination, Molecular Reproduction and Development 2000, 55: 452-457; Kurosaka S., Eckardt S., McLaughlin K.J., Pluripotent lineage definition in bovine embryos by Oct-4 transcript localization, Biology of Reproduction 2004, 71: 1578-1582. [242] Nell’embrione umano di 5 settimane, il numero delle cellule germinali migranti varia fra 700 e 1.300: Witschi E.,Migration of the germ cells of human embryos from the yolksac to the primitive gonadal fold, Contributions in Embryology 1948, 32: 67-80. [243] Andersen C.Y., Byskov A.G., Gonadal differentiation, in Hillier, Kitchener, Neilson, op. cit., pp.105-119; pp.108-109. [244] La meiosi I si divide in 4 fasi: profase, metafase, anafase e telofase. Nella profase I (P-I) avviene la maggior parte degli eventi determinanti che differenziano la meiosi dalla mitosi, fra cui l’appaiamento dei cromosomi omologhi nonché la formazione e risoluzione di double-strand break (DSB) che conduce al crossover o ricombinazione fra cromosomi omologhi. La P-I si può ulteriormente suddividere in 5 sottofasi: leptotene, zigotene, pachitene, diplotene e diacinesi. Durante la P-I è presente una struttura proteinacea, specifica della meiosi, detta “complesso sinaptonemico” (SC). Esso si compone di due elementi laterali, o LE (che nel pachitene si dicono elementi assiali, o AE), i quali formano l’intera lunghezza di ciascuna cromatide sorella, e di un elemento centrale (CE) che “fa da cerniera lampo” fra i due elementi laterali e lega i due cromosomi omologhi in un processo detto “sinapsi”. Le diverse fasi della P-I sono definite dalla formazione del complesso sinaptonemico e si possono seguire mediante immunostaining delle componenti dell’SC, in particolare della proteina degli elementi laterali (proteina 3 del complesso sinaptonemico, o SYCP3) e la proteina dell’elemento centrale (proteina 1 del complesso sinaptonemico, o SYCP1). Vedi ad es. Di Carlo A.D., Travia G., De Felici M., The meiotic specific synaptonemal complex protein SYCP3 is expressed by female and male primordial germ cells of the mouse embryo, International Journal of Developmental Biology 2000, 44: 241-244; Costa Y., Speed R., Ollinger R. et Al., Two novel proteins recruited by synaptonemal complex protein 1 (SYCP1) are at the centre of meiosis, Journal of Cell Science 2005, 118 (Pt 12): 2755-2762. Il fenomeno noto come crossing-over, cioè lo scambio di informazioni genetiche fra cromosomi di diversa origine parentale, rende possibile un’aumentata variabilità genetica della prole, in

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quanto i figli non si limitano a ereditare un omologo paterno o materno per ciascun cromosoma, ma possono ereditare un cromosoma ibrido con informazioni genetiche provenienti da entrambi i genitori. Pertanto il crossing-over è un passaggio cruciale della meiosi ed è lo scopo primario degli eventi specializzati della P-I. [245] Song J.L. , Wessel G.M., How to make an egg: transcriptional regulation in oocytes, Differentiation 2005, 73: 1-17; p.1. [246] Wolf J.P., Bulwa S., Rodrigues D. et Al., Human oocyte cytometry and fertilisation rate after subzonal insemination, Zygote 1995, 3: 101-109. [247] Kessel R.G., Fine structure of annulate lamellae, Journal of Cell Biology 1968, 36: 658-663; Id., The structure and function of annulate lamellae: porous cytoplasmic and intranuclear membranes, International Review of Cytology 1983, 82: 181-303; Cran D.G., Esper C.R., Cortical granules and the cortical reaction in mammals, Journal of Reproduction and Fertility 1990, 42: 177-188; Kessel R.G., Annulate lamellae: a last frontier in cellular organelles, International Review of Cytology 1992, 133: 43-120; Hoodbhoy T., Talbot P., Mammalian cortical granules: contents, fate, and function, Molecular Reproduction and Development 1994, 39: 439-448; Sathananthan A.H., Ultrastructure of the human egg, Hum Cell 1997, 10: 21-38; Wessel G.M., Brooks J.M., Green E. et Al., The biology of cortical granules, International Review of Cytology 2001, 209: 117-206; Rawe V.Y., Olmedo S.B., Nodar F.N et Al., Abnormal assembly of annulate lamellae and nuclear pore complexes coincides with fertilization arrest at the pronuclear stage of human zygotic development, Human Reproduction 2003, 18: 576-582. [248] Rankin T., Dean J., The zona pellucida: using molecular genetics to study the mammalian egg coat, Reviews of Reproduction 2000, 5: 114-121; Sinowatz F., Topfer-Petersen E., Kolle S. et Al., Functional morphology of the zona pellucida, Anatomy, Histology and Embryology 2001, 30: 257-263; Oehninger S., Biochemical and functional characterization of the human zona pellucida, Reproductive Biomedicine Online 2003, 7: 641-648; Conner S.J., Lefievre L., Hughes D.C. et Al., Cracking the egg: increased complexity in the zona pellucida, Human Reproduction 2005, 20: 1148-1152.; Jovine L., Darie C.C., Litscher E.S. et Al., Zona pellucida domain proteins, Annual Review of Biochemistry 2005, 74: 83-114. [249] Sathananthan, Ultrastructure of the...; Talbot P., Dandekar P., Perivitelline space: does it play a role in blocking polyspermy in mammals?, Microscopy Research and Technique 2003, 61: 349-357; Dandekar P., Aggeler J., Talbot P.,Structure, distribution and composition of the extracellular matrix of human oocytes and cumulus masses, Human Reproduction 1992, 7: 391-398. [250] Gerace L., Burke B., Functional organization of the nuclear envelope, Annual Review of Cell Biology 1988, 4: 335-374. [251] Lénárt P., Ellenberg J., Nuclear envelope dynamics in oocytes: from germinal vesicle breakdown to mitosis, Current Opinion in Cell Biology 2003, 15: 88-95; p.88. [252] Salina D., Bodoor K., Eckley D.M. et Al., Cytoplasmic dynein as a facilitator of nuclear envelope breakdown, Cell 2002, 108: 97-107; Lénárt, Ellenberg, Nuclear envelope dynamics... [253] Invece le uova della maggior parte degli echinodermi completano la meiosi prima della fecondazione e formano il secondo corpo polare e il pronucleo femminile prima dell’ingresso degli spermatozoi. [254] Nebreda A.R., Ferby I., Regulation of the meiotic cell cycle in oocytes, Current Opinion in Cell Biology 2000, 12: 666-675. [255] Lénárt, Ellenberg, Ultrastructure of the..., p.91. [256] Eppig J.J., Oocyte control of ovarian follicular development and function in mammals, Reproduction 2001, 122: 829-838. [257] Carabatsos M.J., Sellitto C., Goodenough D.A. et Al., Oocyte-granulosa cell heterologous gap junctions are required for the coordination of nuclear and cytoplasmic meiotic competence, Developmental Biology 2000, 226: 167-179

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[258] Brower P.T., Schultz R.M., Intercellular communication between granulosa cells and mouse oocytes: existence and possible nutritional role during oocyte growth, Developmental Biology 1982, 90: 144-153. [259] Chesnel F., Wigglesworth K., Eppig J.J., Acquisition of meiotic competence by denuded mouse oocytes: participation of somatic-cell product(s) and cAMP, Developmental Biology 1994, 161: 285-295. [260] De La Fuente R., Eppig J.J., Transcriptional activity of the mouse oocyte genome: companion granulosa cells modulate transcription and chromatin remodeling, Developmental Biology 2001, 229: 224-236. [261] Gittens J.E., Barr K.J., Vanderhyden B.C. et Al., Interplay between paracrine signaling and gap junctional communication in ovarian follicles, Journal of Cell Science 2005, 118(Pt 1): 113-122. [262] Elvin J.A., Yan C., Matzuk M.M., Oocyte-expressed TGF-beta superfamily members in female fertility, Molecular and Cellular Endocrinology 2000, 159: 1-5; Varani S., Elvin J.A., Yan C. et Al., Knockout of pentraxin 3, a downstream target of growth differentiation factor-9, causes female subfertility, Molecular Endocrinology 2002, 16: 1154-1167. [263] La natura istologica dell’ovulazoine è stata spesso oggetto di grande interesse e vivace dibattito fra fisiologi.L’ipotesi di Espey –quella di un fenomeno simil-infiammatorio (Espey L.L., Ovulation as an inflammatory reaction: a hypothesis, Biology of Reproduction 1980, 22: 73-106)– è attualmente ben accolta: cf. Richards J.S., Russel D.L., Ochsner S. et Al., Ovulation: new dimensions and new regulators of the inflammatory-like response, Annual Review of Physiology 2002, 64: 69-72. [264] Eppig J.J., FSH stimulates hyaluronic acid synthesis by oocyte-cumulus cell complexes from mouse preovulatory follicles, Nature 1979, 281: 483-484; Salustri A., Yanagishita M., Hascall V.C., Synthesis and accumulation of hyaluronic acid and proteoglycans in the mouse cumulus cells-oocyte complex during follicle-stimulating hormone-induced mucification, Journal of Biological Chemistry 1989, 264: 13840-13847. [265] Elvin J.A., Clark A.T., Wang P., Wolfman N.M., Matzuk M.M., Paracrine actions of growth differentiation factor-9 in the mammalian ovary, Molecular Endocrinology 1999, 13: 1035-1048. Il topo knock-out per il GDF9 è infertile, anche se in questo modello animale la follicologenesi è stata arrestata a stadi precedenti l’espansione del cumulo ooforo: Dong J., Albertini D.F., Nishimori K. et Al., Growth differentiation factor-9 is required during early ovarian folliculogenesis, Nature 1996, 383: 531-535; Solloway M.J., Dudley A.T., Bikoff E.K. et Al., Mice lacking Bmp6 function, Developmental Genetics 1998, 22: 321-339. [266] Campbell S., Swann H.R., Aplin J.D. et Al., CD44 is expressed throughout pre-implantation human embryo development, Human Reproduction 1995, 10: 425-430; Ohta N., Saito H., Kuzumaki T. et Al., Expression of CD44 in human cumulus and mural granulosa cells of individual patients in in vitro fertilization programmes, Molecular Human Reproduction 1999, 5: 22-28. [267] Per una panoramica recente degli aspetti citogenetici dell’oogenesi nei mammiferi, vedi: Morelli M.A., Cohen P.E.,Not all germ cells are created equal: Aspects of sexual dimorphism in mammalian meiosis, Reproduction 2005, 130: 761-781. [268] Mattioli M., Balboni B., Signal transduction mechanisms for LH in the cumulus-oocyte complex, Molecular and Cellular Endocrinology 2000, 161: 19-23. [269] Ibid. [270] Follicolo ovarico maturo, che prende il nome dal medico e anatomista olandese Reinier de Graaf, il quale lo descrisse nel 1672 (De Graaf R., De mulierum organis generationi inservientibus tractatus novus, Lugduni Batavorum: Hackiana, 1672) benché questi follicoli fossero già stati osservati da altri, fra i quali Gabriele Falloppio. [271] Tsafriri A., Dekel N., Molecular mechanisms in ovulation, in Findlay J.K. (a cura di), Molecular Biology of the Female Reproductive System, London: Academic Press, 1994: 207-258.

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[272] Zeleznik A.J., Hillier S.G., The ovary: endocrine function, in Hillier, Kitchener, Neilson, op. cit., pp.133-146; pp.140-141. [273] Sebbene le tube di Falloppio abbiano preso il nome dal medico e anatomista italiano Gabriele Falloppio –il primo a descrivere queste strutture nel 1561 (Falloppio G., Observationes anatomicae, Venetiis: M.A. Ulmum, 1561)– Reinier de Graaf fu probabilmente il primo a comprenderne la vera funzione nella riproduzione (De Graaf, De mulierum organis...). [274] Killian G.J., Evidence for the role of oviduct secretions in sperm function, fertilization and embryo development, Animal Reproduction Sciences 2004, 82-83: 141-153; p.141. [275] Verhage H.G., Fazleabas A.T., Donnelly K., The in vitro synthesis and release of proteins by the human oviduct, Endocrinology 1988, 122: 1639-1645. [276] Killian, Evidence for the..., e riferimenti ivi citati. [277] Buhi W.C., Characterization and biological roles of oviduct-specific, oestrogen-dependent glycoprotein, Reproduction 2002, 123: 355-362; Killian G.J., Estrogen-associated glycoproteins in oviduct secretions: structure and evidence for a role in fertilization, in Tulsiani D. (a cura di), Introduction to Mammalian Reproduction, Boston: Kluwer Academic 2002, 187-201. [278] Cf. Killian, Evidence for..., p.148, tavola 4. [279] Araki Y., Nohara M., Yoshida-Komiya H. et Al., Effect of a null mutation of the oviduct-specific glycoprotein gene on mouse fertilization, Biochemical Journal 2003, 374(Pt 2): 551-557. [280] Gabler C., Chapman D.A., Killian G.J., Expression and presence of osteopontin and integrins in the bovine oviduct during the oestrous cycle, Reproduction 2003, 126: 721-729. [281] Rittling S.R., Matsumoto H.N., McKee M.D. et Al., Mice lacking osteopontin show normal development and bone structure but display altered osteoclast formation in vitro, Journal of Bone and Mineral Research 1998, 13: 1101-1111.Come ha osservato Killian con acuto senso critico, “la strategia per valutare la funzione delle singole secrezioni dell’ovidotto in vitro...non deve perdere di vista il fatto che in vivo le singole componenti agiscono di concerto con altre componenti presenti nell’ambiente oviduttale. Ciò spiega forse perché i topi null per proteine oviduttali come l’OSP o l’osteopontina siano fertili” (Killian, Evidence for the..., p.148). [282] Baluch D.P., Koeneman B.A., Hatch K.R. et Al., PKC isotypes in post-activated and fertilized eggs: association with the meiotioc spindle, Developmental Biology 2004, 274: 45-55; p.45. [283] Moore K.L., Essentials of Human Embryology, Toronto: Decker, 1988: 2. [284] Gilbert S.F., Developmental Biology, Sunderland: Sinauer, 2000: 185. [285] Riferendo dati ottenuti tramite osservazioni ed esperimenti sulla fecondazione in vitro e su embrioni unicellulari umani, l’Autore del presente saggio non intende né appoggiare la decisione di effettuare tali osservazioni ed esperimenti, né incoraggiare più l’uso del modello umano di fecondazione e di sviluppo iniziale per indagare la biologia della riproduzione gamica. [286] Mayor S., ACEing GPI release, Nature Structural and Molecular Biology 2005, 12: 107-108; p.107. [287] Primakoff P., Myles D.G., Penetration, adhesion, and fusion in mammalian sperm-egg interaction, Science 2002, 296: 2183-2185; p.2183. [288] Wassarman P.M., Contribution of mouse egg zona pellucida glycoproteins to gamete recognition during fertilization, Journal of Cell Physiology 2005, 204: 388-391; p.388. [289] Larsen W.J., Essentials of Human Embryology, New York: Churchill Livingstone, 1998: 1. [290] Tajik P., Niwa K., Murase T., Effects of different protein supplements in fertilization medium on in vitro penetration of cumulus-intact oocytes matured in culture, Theriogenology 1993, 40: 949-958; Zhang L., Jiang S., Wozniak P.J. et Al.,Cumulus cell function during bovine oocyte maturation, fertilization, and embryo development in vitro, Molecular Reproduction and Development 1995, 40: 338-344; Suzuki K., Eriksson B., Shimuzu H. et Al., Effect of hyaluronan on monospermic penetration of porcine oocytes fertilized in vitro, International Journal of Andrology 2000. 23: 13-21.

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[291] Olds-Clarke, Unresolved issues in..., Vedi anche Drobnis E.Z., Yudin A.I., Cherr G.N. et Al., Hamster sperm penetration of the zona pellucida: kinematic analysis and mechanical implications, Developmental Biology 1988, 130: 311-323. [292] Yudin A.I., Cherr G.N., Katz D.F., Structure of the cumulus matrix and zona pellucida in the golden hamster: a new view of sperm interaction with oocyte-associated extracellular matrices, Cell and Tissue Research 1988, 251: 555-564. [293] Olds-Clarke, Unresolved issues in..., pp.152-157. [294] Yanagimachi R., Mammalian fertilization, in Knobil, Neill, op. cit., 1988: 135-185; pp.152-154. [295] Lin Y., Mahan K., Lathrop W.F. et Al., A hyaluronidase activity of the sperm plasma membrane protein PH-20 enables sperm to penetrate the cumulus cell layer surrounding the egg, Journal of Cell Biology 1994, 125: 1157-1163. [296] Primakoff, Myles, Penetration, adhesion, and..., p.2183. [297] Baba D., Kashiwabara S., Honda A. et Al., Mouse sperm lacking cell surface hyaluronidase PH-20 can pass through the layer of cumulus cells and fertilize the egg, Journal of Biological Chemistry 2002, 277: 30310-30314. [298] Dean J., Reassessing the molecular biology of sperm-egg recognition with mouse genetics, BioEssays 2003, 26: 29-38; p.29. See also Talbot P., DiCarlantonio G., Zao P. et Al., Motile cells lacking hyaluronidase can penetrate the hamster oocyte cumulus complex, Developmental Biology 1985, 108: 387-398. [299] Tulsiani D.R.P., Yoshida-Komiua H., Araki Y., Mammalian fertilization: a carbohydrate-mediated event, Biology of Reproduction 1997, 57: 487-494; Bi M., Wassler, Hardy, Sperm adhesion to..., pp.153-180. [300] Thaler C.D., Cardullo R.A., Defining oligosaccharide specificity for initial sperm-zona pellucida adhesion in the mouse, Molecular Reproduction and Development 1996, 45: 535-546; Wassler, Hardy, Sperm adhesion to...; Olds-Clarke,Unresolved issues in..., p.135. [301] Suarez S.S., Katz D.F., Meizel S., Changes in motility that accompany the acrosome reaction in hyperactivated hamster spermatozoa, Gamete Research 1984, 10: 253-265; Katz D.F., Cherr G.N., Lambert H., The evolution of hamster sperm motility during capacitation and interaction with the ovum in vitro, Gamete Research 1986, 14: 333-346. [302] Drobnis, Yudin, Cherr, Hamster sperm penetration.... [303] Olds-Clarke, Unresolved issues in..., p.153. [304] Olson G.E., Noland T.D., Winfrey V.P. et Al., Substructure of the postacrosomal sheath of bovine spernatozoa, Journal of Ultrastructure Research 1983, 85: 204-218. [305] Lee M.A., Storey B., Evidence for plasma membrane impermeability to small ions in acrosome-intact mouse spermatozoa bound to mouse zonae pellucidae, using an aminoacridine fluorescent pH probe: time course of the zona-induced acrosome reaction monitored by both chlortetracycline and pH probe fluorescence, Biology of Reproduction 1985, 33: 235-246. In vitro, tutti gli spermatozoi di topo che aderiscono alla ZP intatta mostrano un pattern B dopo uno staining con clortetraciclina (CTC) (Storey B.T., Lee M.A., Muller C. et Al., Binding of mouse spermatozoa to the zonae pellucidae of mouse eggs in cumulus: evidence that the acrosome remain substantially intact, Biology of Reproduction 1984, 31: 1119-1128), e ciò indica spermatozoi acrosoma-intatti (Saling P.M., Storey B.T., Mouse gamete interactions during fertilization in vitro: chlortetracycline as fluorescent probe for the mouse sperm acrosome reaction, Journal of Cell Biology 1979, 83: 544-555). [306] Dell A., Morris H.R., Easton R.L. et Al., The glycobiology of gametes and fertilization, Biochimica et Biophysica Acta 1999, 1473: 196-205; Tulsiani D.R., Yoshida-Komiya H., Araki Y., Mammalian fertilization: a carbohydrate-mediated event, Biology of Reproduction 1997, 57: 487-494. [307] Bleil J.D., Wassarman P.M., Structure and function of the zona pellucida: identification and characterization of the proteins of the mouse oocyte's zona pellucida, Developmental Biology 1980,

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76: 185-202. Gli esperimenti, condotti principalmente sul topo, hanno portato a concludere che la ZP sia composta da tre proteine (ZP1, ZP2 e ZP3). La ZP murina è il modello accettato di struttura della ZP nei vertebrati superiori ed è composta di unità ricorrenti di eterodimeri ZP2-ZP3 organizzati in filamenti incrociati da dimeri ZP1 (Greve J.M., Wassarman P.M., Mouse egg extracellular coat is a matrix of interconnected filaments possessing a structural repeat, Journal of Molecular Biology 1985, 181: 253-264). Studi sui geni che codificano le proteine della ZP hanno condotto alla recente scoperta di un 4° glicoproteina della ZP nell’uomo. Questa non è presente nel topo ma si trova in altre specie di mammiferi (Spargo S.C., Hope R.M., Evolution and nomenclature of the zona pellucida gene family, Biology of Reproduction 2003, 68: 358-362; Lefievre L., Conner S.J., Salpekar A. et Al., Four zona pellucida glycoproteins are expressed in the human, Human Reproduction 2004, 19: 1580-1586). La nuova glicoproteina, detta ZP4, svolge un ruolo strutturale e, insieme alla ZP3, è coinvolta nello sperm binding e nell’induzione della reazione acrosomiale (Yurewicz E.C., Sacco A.G., Gupta S.K. et Al., Hetero-oligomerization-dependent binding of pig oocyte zona pellucida glycoproteins ZPB and ZPC to boar sperm membrane vesicles, Journal of Biological Chemistry 1998, 273: 7488-7494; Yonezawa N., Fukui N., Kuno M. et Al., Molecular cloning of bovine zona pellucida glycoproteins ZPA and ZPB and analysis for sperm-binding component of zona, European Journal of Biochemistry 2001, 268: 587-594; Chakravarty S., Suraj K., Gupta S.K., Baculovirus-expressed recombinant human zona pellucida glycoprotein-B induces acrosomal exocytosis in capacitated spermatozoa in addition to zona pellucida glycoprotein-C, Molecular Human Reproduction 2005, 11: 365-372; Caballero-Campo P., Chirinos M., Fan X.J. et Al.,Biological effects of recombinant human zona pellucida on sperm function, Biology of Reproduction 2006, 74: 760-768). L’identificazione della ZP4 introduce la possibilità che il modello classico di interazione spermatozoi-ZP stabilito nel topo possa non applicarsi alle specie che producono ZP4. [308] Bleil J.D., Wassarman P.M., Mammalian sperm-egg interaction: identification of a glycoprotein in mouse egg zonae pellucidae possessing receptor activity for sperm, Cell 1980, 20: 873-882. [309] Liu C., Litscher E.S., Mortillo S. et Al., Targeted disruption of the mZP3 gene results in production of eggs lacking a zona pellucida and infertility in female mice, Proceedings of the National Academy of Sciences USA 1996, 93: 5431-5436. [310] Wassarman P.M., Jovine L., Litscher E.S., A profile of fertilization in mammals, Nature Cell Biology 2001, 3: 59-64;Rodeheffer C., Shur B.D., Targeted mutations in β1,4-galactosyltransferase I reveal its multiple cellular functions, Biochimica et Biophysica Acta 2002, 1573: 258-270. [311] Macek M.B., Lopez L.C., Shur B.D., Aggregation of β1,4-galactosyltransferase on mouse sperm induces the acrosome reaction, Developmental Biology 1991, 147: 440-444; Gong X., Dubois D.H., Miller D.J. et Al., Activation of a G-protein complex by aggregation of β1,4-galactosyltransferase on the surface of sperm, Science 1995, 269: 1718-1721. [312] Per un’analisi recente delle ipotesi correnti sui meccanismi molecolari alla base del riconoscimento del gamete da parte della zona pellucida, vedi: Shur B.D., Rodeheffer C., Ensslin M.A. et Al., Identification of novel gamete receptors that mediate sperm adhesion to the egg coat, Molecular and Cellular Endocrinology 2006, 250: 137-148. [313] Felix R., Molecular physiology and pathology of Ca2+-conducting channels in the plasma membrane of mammalian sperm, Reproduction 2005, 129: 251-262; p.251. [314] In tutte le specie studiate fino ad oggi, il Ca2+ è assolutamente indispensabile per l’AR fisiologico dello spermatozoo: Florman H.M., Arnoult C., Kazam I.G. et Al., A perspective on the control of mammalian fertilization by oocyte-activated io channels in sperm: a tale of two channels, Biology of Reproduction 1998, 59: 12-16; Publicover S.J., Barratt C.L., Voltage-operated Ca2+ channels and the acrosome reaction: which channels are present and what do they do?, Human Reproduction 1999, 14: 873-879; Darszon A., Beltrán C., Felix R. et Al., Ion transport in sperm signaling, Developmental Biology 2001, 240: 1-14.

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[315] Tomes C.N., De Blas G.A., Michaut M.A. et Al., α-SNAP and NSF are required in a priming step during the human sperm acrosome reaction, Molecular Human Reproduction 2004, 11: 43-51; p.43. Vedi anche Tomes C.N., Michaut M., De Blas G. et Al., SNARE complex assembly is required for human sperm acrosome reaction, Developmental Biology 2002, 243: 326-338, e i riferimenti ivi citati. [316] Bleil J.D., Wassarman P.M., Mammalian sperm-egg interaction: sequence of events and induction of the acrosome reaction by a zona pellucida glycoprotein, Developmental Biology 1983, 95: 317-324. [317] Arnoult C., Zeng Y., Florman H.M., ZP3-dependent activation of sperm cation channels regulates acrosomal secretion during mammalian fertilization, Journal of Cell Biology 1996, 134: 637-645. [318] Per una breve panoramica su questo aspetto dell’AR, vedi Evans J.P., Florman H.M., The state of the union: the cell biology of fertilization, Nature Cell Biology 2002, 4(1), S57-S63; Wassarman P.M., Jovine L., Litscher E.S., A profile of fertilization in mammals, Nature Cell Biology 2002, 4(1), E59-E64. Una descrizione più dettagliata della trasduzione del segnale della ZP3 si può trovare in Florman H.M., Kirkman-Brown J., Brown J.C. et Al., The acrosome reaction: an example of egg-activated signal transduction in sperm, ChemTracts Biochemistry and Molecular Biology 2003, 16: 126-133. [319] La famiglia di proteine TRP (Transient Receptor Potential) sono componenti di canali cationici che vengono attivate in risposta a diversi stimoli, che vanno dal fattore di crescita e stimolazione dei recettori della membrana plasmatica da parte di neurotrasmettitori a una varietà di segnali chimici e sensori. Attualmente, i membri della sottofamiglia TRPC sembrano essere i candidati più forti per i canali di flusso di Ca2+ che vengono attivati in risposta alla stimolazione dei recettori della membrana plasmatica che dà luogo all’idrolisi di PIP2, alla produzione di IP3 e DAG, e al rilascio di Ca2+ indotto da IP3 dalla riserva di Ca2+ intracellulare attraverso il recettore dell’IP3. Le interazioni omomeriche o eteromeriche selettive fra monomeri TRPC generano canali distinti che contribuiscono a meccanismi d’ingresso del Ca2+ store-operated o store-independent (dipendenti o non dipendenti dalle riserve di Ca2+ nel reticolo endoplasmico). Sebbene non sia stato ancora stabilito in modo definitivo quale sia esattamente la funzione fisiologica dei canali TRPC, né come questi siano regolati, è evidente che una varietà di funzioni cellulari è regolata dall’ingresso di Ca2+attraverso questi canali. Per una rassegna recente della struttura e delle funzioni dei canali TRPC-Ca2+, vedi: Ambudkar I.S., Bandyopadhyay B.C., Liu X. et Al., Functional organization of TRPC- Ca2+ channels and regulation of calcium microdomains, Cell Calcium 2006, 40: 495-504; Minke B., TRP channels and Ca2+ signaling, Cell Calcium 2006, 40: 261-275. [320] Jungnickel M.K., Marrero H, Birnbaumer L. et Al., Trp2 regulates entry of Ca2+ into mouse sperm triggered by egg ZP3, Nature Cell Biology 2001, 3: 499-502. [321] Leypold B.C., Yu C.R., Leinders-Zufall T. et Al., Altered sexual and social behaviors in trp2 mutant mice, Proceedings of the National Academy of Sciences USA 2002, 99: 6376-6381. [322] Breitbart, Cohen, Rubinstein, art. cit. [323] Zhu G.Z, Myles D.G., Primakoff P., Testase 1 (ADAM 24) a plasma membrane-anchored sperm protease implicated in sperm function during epididymal maturation or fertilization, Journal of Cell Science 2001, 114: 1787-1794. [324] Ohmura K., Kohno N., Kobayashi Y. et Al., A homologue of pancreatic trypsin is localized in the acrosome of mammalian sperm and is released during acrosome reaction, Journal of Biological Chemistry 1999, 274: 29426-29432. [325] Talbot P., Dandekar P., Perivitelline space: does it play a role in blocking polyspermy in mammals?, Microscopy Research and Technique 2003, 61: 349-357; Yanagimachi R., Fertilization and development initiation of orthodox and unorthodox ways: from normal fertilization to cloning, Advances in Biophysics 2003, 37: 49-89. [326] Yanagimachi R., Kamiguchi Y., Sugawara S. et Al., Gametes and fertilization in the Chinese hamster, Gamete Research 1983, 8: 97-117.

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[327] Yanagimachi R., Philips D.M., The status of acrosomal caps of hamster spermatozoa immediately before fertilizationin vivo, Gamete Research 1984, 9: 1-19; Barros C., Vigil P., Herrera E. et Al., Selection of morphologically abnormal sperm by human cervical mucus, Archives of Andrology 1984, 12: 95-107; Jedlicki A., Barros C., Scanning electron microscope study of in vitro pre-penetration gamete interactions, Gamete Research 1985, 11: 121-131; Soldani P., Rosati F., Sperm-egg interaction in the mouse using live and glutaraldehyde-fixed eggs, Gamete Reseach 1987, 18: 225-235. [328] Hunter R.H.F., The Fallopian Tubes, Berlin: Springer Verlag, 1988: 95-96. [329] Yanagimachi R., Mammalian fertilization, in Knobil, Neill, op. cit., pp.135-185; pp.159-162. [330] Vedi, ad es., McLeskey S.B., Dowds C., Carballada R. et Al., Molecules involved in mammalian sperm-egg interaction, International Review of Cytology 1998, 177: 57-113. [331] Austin C.R., Bishop M.W., Fertilization in mammals, Biological Reviews 1957, 32: 296-349. [332] Id., Role of the rodent acrosome and perforatorium in fertilization, Proceedings of the Royal Society 1958, 149: 241-248. [333] Zaneveld L.J.D., De Jonge C.J., Mammalian acrosomal enzymes and the acrosome reaction, in Dunbar B.S., O'Rand M.G. (a cura di), A Comparative Overview of Mammalian Fertilization, New York: Plenum Press, 1991: 63-79. [334] Baba T., Azuma S., Kashiwabara S. et Al., Sperm from mice carrying a targeted mutation of the acrosin gene can penetrate the oocyte zona pellucida and effect fertilization, Journal of Biological Chemistry 1994, 269: 31845-31849;Adham I.M., Nayernia K., Engel W., Spermatozoa lacking acrosin protein show delayed fertilization, Molecular Reproduction and Development 1997, 46: 370-376, Lu Q., Shur B.D., Sperm from β-1,4-galactosyltransferase-null mice are refractory to ZP3-induced acrosome reactions and penetrate the zona pellucida poorly, Development 1997, 124: 4121-4131. [335] Sathananthan A.H., Trounson A.O., Wood C. et Al., Ultrastructural observations on the penetration of human sperm into the zona pellucida of the human egg in vitro, Journal of Andrology 1982, 3: 356-364. [336] Yanagimachi R., Mammalian fertilization, in Knobil, Neill op. cit., pp.135-185; pp.162-163; Bronson R.A., Bronson S.K., Oula L. Et Al., An investigation of the latency period between sperm oolemmal adhesion and oocyte penetration, Molecular Reproduction and Development 1999, 52: 319-327; Primakoff P., Myles D.G., Gamete fusion in mammals, in Hardy, Sperm adhesion..., pp.303-318; Olds-Clarke, Unresolved issues in..., pp.162-164. [337] Terriou P., Giorgetti C., Hans E. et Al., Subzonal sperm insemination and total or extreme asthenozoospermia: an effective technique for an uncommon cause of male infertility, Fertility and Sterility 1993, 60: 1057-1061; Wolf J.P., Feneux D., Escalier D. et Al., Pregnancy after subzonal insemination with spermatozoa lacking outer dynein arms, Journal of Reproduction and Fertility 1993, 97: 487-492. [338] Talbot P., Chacon R.S., Ultrastructural observations on binding and membrane fusion between human sperm and zona pellucida-free hamster oocytes, Fertility and Sterility 1982, 37: 240-248. [339] Redkar A.A., Olds-Clarke P., An improved mouse sperm-oocyte plasmalemma binding assay: studies on characteristics of sperm binding in medium with and without glucose, Journal of Andrology 1999, 20: 500-508; Olds-Clarke, Unresolved issues in..., p.163. Durante studi in vitro sui topi si è osservato che non esiste una corrispondenza “uno a uno” fra il numero degli spermatozoi che aderiscono e il numero degli spermatozoi che si fondono con ovociti da cui è stata rimossa la zona pellucida. Tuttavia, un tasso significativamente basso di “adesione tenace”, resistente al lavaggio è indicativo di scarsa fusione con l’oolemma. [340] ADAM è l’acronimo inglese per “a disintegrin and a metalloprotease”: si tratta di una famiglia di glicoproteine che contengono un dominio disintegrina e metalloproteasi. Struttura e funzioni delle proteine ADAM sono illustrate in: White J.M., ADAMs: modulators of cell-cell and cell-matrix interactions, Current Opinion in Cell Biology 2003, 15: 598-606;Seals D.F., Courtneidge S.A., The ADAMs family of metalloproteases: multidomain proteins with multiple functions, Genes and

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Development 2003, 17: 7-30; Huovila A.P., Turner A.J., Pelto-Huikko M. et Al., Shedding light on ADAM metalloproteinases, Trends in Biochemical Sciences 2005, 30: 413-422. [341] Per una review di questa evidenza, vedi: Wasserman, Jovine, Litscher, A profile of fertilization...; Evans J.P., The molecular basis of sperm-oocyte membrane interactions during mammalian fertilization, Human Reproduction Update 2002, 8: 297-311; Evans, Florman, The state of the union...; Oh E., Wortzman G.B., Zhu X. et Al., Getting sperm and egg together: the molecules of gamete membrane interactions, ChemTracts Biochemistry and Molecular Biology 2003, 16: 142-157; White J.M., ADAMs: modulators of cell-cell and cell-matrix interactions, Current Opinion in Cell Biology 2003, 15: 598-606; Civetta A., Positive selection within sperm-egg adhesion domains of fertilin: an ADAM gene with a potential role in fertilization, Molecular Biology and Evolution 2003, 20: 21-29; Kim T., Oh J., Woo J.M. et Al., Expression and Relationship of Male Reproductive ADAMs in Mouse, Biology of Reproduction 2006, 74: 744-750. [342] Primakoff P., Hyatt H., Tredick-Kline J., Identification and purification of a sperm surface protein with a potential role in sperm-egg membrane fusion, Journal of Cell Biology 1987, 104: 141-149. [343] Ibid.; Waters S.I., White J.M., Biochemical and molecular characterization of bovine fertilin α and β (ADAM1 and ADAM 2): a candidate sperm-egg binding/fusion complex, Biology of Reproduction 1997, 56: 1245-1254. [344] Barker H.L., Perry A.C., Jones R. et Al., Sequence and expression of a monkey testicular transcript encoding tMDC I, a novel member of the metalloproteinase-like, disintegrin-like, cysteine-rich (MDC) protein family, Biochimica et Biophysica Acta 1994, 1218: 429-431; Wolfsberg T.G., Straight P.D., Gerena R.L. et Al., ADAM, a widely distributed and developmentally regulated gene family encoding membrane proteins with a disintegrin and metalloprotease domain, Developmental Biology 1995, 169: 378-383; Heinlein U.A.O., Wallat S., Senftleben A. et Al., Male germ cell-expressed mouse gene TAZ83 encodes a putative, cysteine-rich transmembrane protein (cyritestin) sharing homologies with snake toxins and sperm-egg fusion proteins, Development, Growth and Differentiation 1996, 36: 49-58. [345] Lum L., Blobel C.P., Evidence for distinct serine protease activities with a potential role in processing the sperm protein fertilin, Developmental Biology 1997, 191: 131-145. [346] Linder B., Bammer S., Heinlein U.A., Delayed translation and posttranslational processing of cyritestin, an integral transmembrane protein of the mouse acrosome, Experimental Cell Research 1995, 221: 66-72; Hunnicutt G.R., Koppel D.E., Myles D.G., Analysis of the process of localization of fertilin to the sperm posterior head plasma membrane domain during sperm maturation in the epididymis, Developmental Biology 1997, 191: 146-159; Lum, Blobel, Evidence for distinct... [347] Ibid., Waters, White, Biochemical and molecular... [348] Chen H., Sampson N.S., Mediation of sperm-egg fusion: evidence that mouse egg α6β1 integrin is the receptor for sperm fertilin β, Chemistry and Biology 1999, 6: 1-10. [349] Almeida E.A., Huovila A.P., Sutherland A.E. et Al., Mouse egg integrin α6β1 functions as a sperm receptor, Cell 1995, 81: 1095-1104; Bigler D., Takahashi Y., Chen M.S. et Al., Sequence-specific interaction between the disintegrin domain of mouse ADAM2 (fertilin β) and murine eggs. Role of the α6 integrin subunit, Journal of Biological Chemistry 2000, 275: 11576-11584; Takahashi Y., Bigler D., Ito Y. et Al., Sequence-specific interaction between the disintegrin domain of mouse ADAM3 and murine eggs: role of β1 integrin-associated proteins CD9, CD81, and CD98, Molecular Biology of the Cell 2001, 12: 809-820. [350] Miller B.J., Georges-Labouesse E., Primakoff P. et Al., Normal fertilization occurs with eggs lacking the integrin α6β1 and is CD9-dependent, Journal of Cell Biology 2000, 149: 1289-1295. [351] Evans J.P., Kopf G.S., Schultz R.M., Characterization of the binding of recombinant mouse sperm fertilin beta subunit to mouse eggs: evidence for adhesive activity via an egg β1 integrin-mediated interaction, Developmental Biology 1997, 187: 79-93; Eto K., Huet C., Tarui T. H.Z. et

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effettuata a fini di fecondazione assistita, bensì per dimostrare che la decondensazione del nucleo dello spermatozoo e la formazione del pronucleo maschile non richiedevano una precedente interazione fra lo spermatozoo e le membrane dell’ovocita (Hiramoto Y., Microinjection of the live spermatozoa into sea urchin eggs, Experimental Cell Research 1966, 27: 416-426). Seguirono vari esperimenti, e i miglioramenti della microiniezione ottenuti usando un modello di coniglio hanno dato luogo non soltanto alla formazione del pronucleo a seguito di una fecondazione indotta dalla ICSI, ma anche alla prosecuzione della divisione embrionale e alla nascita di prole viva e normale. La ICSI è stata applicata per la prima volta a ovociti umani nel 1988 (LanzendorfS.M., Slusser J., Maloney M.K. et Al., A preclinical evaluation of pronuclear formation by microinjection of human spermatozoa into human oocytes, Fertility and Sterility 1988, 49: 835-842). Tali esperimenti hanno dimostrato che gli ovociti umani erano in grado di sopravvivere alla microiniezione e, successivamente, di supportare la formazione di pronuclei maschili e femminili. Nel 1992, Palermo et al. hanno dato notizia delle prime gravidanze umane ottenute in seguito a ICSI (Palermo G., Joris H., Devroey P. et Al., Pregnancies after intracytoplasmic injection of single spermatozoon into an oocyte, Lancet 1992, 340: 17-18). Per una panoramica recente di questa tecnica, delle sue conseguenze e delle sue applicazioni, vedi: Yanagimachi R., Intracytoplasmic injection of spermatozoa and spermatogenic cells: its biology and applications in humans and animals, Reproductive Biomedicine Online 2005, 10: 247-288. [410] Kurokawa e Fissore hanno riferito che, nel topo, le oscillazioni indotte dalla ICSI si verificano con minore frequenza dopo la prima ora e terminano prematuramente (Kurokawa M., Fissore R.A., ICSI-generated mouse zygotes exhibit altered calcium oscillations, inositol 1,4,5-trisphosphate receptor-1 down-regulation, and embryo development, Molecular Human Reproduction 2003, 9: 523-533). Nel cavallo, inoltre, la ICSI non riesce a indurre regolari oscillazioni del Ca2+ (Bedford S.J., Kurokawa M., Hinrichs K. et Al., Patterns of intracellular calcium oscillations in horse oocytes fertilized by intracytoplasmic sperm injection: possible explanations for the low success of this assisted reproduction technique in the horse, Biology of Reproduction 2004, 70: 936-944). [411] Malcuit, Kurokawa, Fissore, Calcium oscillations and...,p.566. [412] Choi D., Lee E., Hwang S. et Al., The biological significance of phospholipase Cβ1 gene mutation in mouse sperm in the acrosome reaction, fertilization, and embryo development, Journal of Assisted Reproduction and Genetics 2001, 18: 305-310; Fukami K., Nakao K., Inoue T. et Al., Requirement of phospholipase Cδ4 for the zona pellucida-induced acrosome reaction, Science 2001, 292: 920-923; Parrington J., Jones M.L., Tunwell R. et Al., Phospholipase C isoforms in mammalian spermatozoa: potential components of the sperm factor that causes Ca2+ release in eggs, Reproduction 2002, 123: 31-39. [413] Saunders, Larman, Parrington, PLCζ: a sperm-specific trigger... [414] Cox L.J., Larman M.G., Saunders C.M. et Al., Sperm phospholipase Cζ from humans and cynomolgus monkeys triggers Ca2+ oscillations, activation and development of mouse oocytes, Reproduction 2002, 124: 611-623; Fujimoto S., Yoshida N., Fukui T. et Al., Mammalian phospholipase Cζ induces oocyte activation from the sperm perinuclear matrix, Developmental Biology 2004, 274: 370-383; Kouchi Z., Fukami K., Shikano T. et Al., Recombinant phospholipase Cζ has high Ca2+ sensitivity and induces Ca2+ oscillations in mouse eggs, Journal of Biological Chemistry 2004, 279: 10408-10412; Larman M.G., Saunders C.M., Carroll J. et Al., Cell cycle-dependent Ca2+ oscillations in mouse embryos are regulated by nuclear targeting of PLCζ, Journal of Cell Science 2004, 117(Pt. 12): 2513-2521. [415] Malcuit C., Knott J.G., He C. et Al., Fertilization and inositol 1,4,5-trisphosphate (IP3)-induced calcium release in type-1 inositol 1,4,5-trisphosphate receptor down-regulated bovine eggs, Biology of Reproduction 2005, 73: 2-13. [416] Rogers N.T., Hobson E., Pickering S. et Al., Phospholipase Cζ causes Ca2+ oscillations and parthenogenetic activation of human oocytes, Reproduction 2005, 129: 128.

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[417] Larman, Saunders, Carroll, Cell cycle-dependent Ca2+; Yoda A., Oda S., Shikano T. et Al., Ca2+ oscillation-inducing phospholipase Cζ expressed in mouse eggs is accumulated to the pronucleus during egg activation, Developmental Biology 2004, 268: 245-257. [418] Fujimoto S., Yoshida N., Fukui T. et Al., Mammalian phospholipase Cζ induces oocyte activation from the sperm perinuclear matrix, Developmental Biology 2004, 274: 370-383. [419] Williams C.J., Signalling mechanisms of mammalian oocyte activation, Human Reproduction Update 2002, 4: 313-321; p.313. [420] Evans J.P., Florman H.M., The state of the union: the cell biology of fertilization, Nature Cell Biology 2002, 4(1): S57-S63. [421] Lawrence Y., Ozil J.P., Swann K., The effects of a Ca2+ chelator and heavy-metal-ion chelators upon Ca2+oscillations and activation at fertilization in mouse oocytes suggest a role for repetitive Ca2+ increases, Biochemical Journal 1998, 335: 335-342. [422] Malcuit, Kurokawa, Fissore, Calcium oscillations and...., p.565.

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G. SICA LO SVILUPPO DELL'EMBRIONE PREIMPIANTATORIO L'espressione embrione preimpiantatorio fu introdotta da Clifford Grobstein in un lavoro pubblicato su Scientific American nel 1979.1 Essa si riferisce allo sviluppo embrionale dallo zigote allo stadio di blastocisti, sviluppo che si verifica durante il percorso compiuto lungo le vie genitali femminili e che comprende tutte le importanti modificazioni che fanno seguito alla fecondazione e l'inizio della differenziazione cellulare. La fecondazione consiste nell'ingresso di uno spermatozoo, portatore di un corredo cromosomico aploide, in una cellula uovo. Lo spermatozoo, che ha subito il processo di capacitazione, per poter penetrare la membrana ovulare, deve oltrepassare la barriera costituita dalle cellule della corona radiata e la zona pellucida che avvolge direttamente l'ovocita. La capacitazione avviene nelle vie genitali femminili; essa consiste nella rimozione dalla superficie dello spermatozoo di una glicoproteina simile alla fibronectina e rende possibile la reazione acrosomiale.2 Si ritiene che fattori liberati dalla corona radiata determinino l'attivazione dello spermatozoo, processo che include la reazione acrosomiale, una modificazione nel movimento della coda e la capacità della membrana cellulare dello spermatozoo di fondersi con la membrana ovulare.3 In vivo l'intero processo di attivazione ha luogo solo quando lo spermatozoo è prossimo all'ovocita dal momento che la cellula germinativa maschile può sopravvivere solo per un periodo di tempo molto limitato. La reazione acrosomiale consiste nella fusione in vari punti della membrana esterna dell'acrosoma con la membrana plasmatica dello spermatozoo; in questi punti si aprono degli spiragli verso l'esterno. Il nucleo dello spermatozoo rimane coperto dalla membrana acrosomiale interna e dal materiale stesso presente nell'acrosoma. Da quest'ultimo vengono rilasciati enzimi che vanno a disperdere le cellule costituenti la corona radiata: tra essi la ialuronidasi (PH20) che digerisce l'acido ialuronico presente nella matrice extracellulare che circonda tali cellule e “l'enzima di dispersione della corona” che rompe i contatti intercellulari.4 È importante ricordare che nel follicolo ovarico le cellule che formano la corona radiata inviano delle protrusioni citoplasmatiche attraverso la zona pellucida a stabilire dei contatti con la membrana dell'ovocita. In particolare, la presenza a questo livello di gap junctions supporta l'idea che attraverso le giunzioni si effettui il trasporto di alcune molecole. Quando lo spermatozoo si trova a contatto con la zona pellucida, esso si lega ad alcune proteine altamente glicosilate presenti nella zona, in particolare la ZP3, che attua un meccanismo di riconoscimento e di legame di tipo recettoriale. Successivamente un altro enzima, l'acrosina, viene rilasciato a supporto dell'avvicinamento dello spermatozoo alla membrana ovulare. Il segmento equatoriale della testa dello spermatozoo aderisce all'oolemma che è ricoperto di microvilli. Anche in questo caso si attiva un meccanismo di tipo recettoriale.5 Sulla superficie ovulare sono stati riscontrati recettori integrinici specifici per alcune proteine presenti sullo spermatozoo quali i membri della famiglia ADAM o CRISP1.6 Tuttavia, le basi molecolari di tali interazioni sono poco conosciute e i risultati sperimentali non attribuiscono un ruolo decisivo, almeno ai componenti della famiglia ADAM, nella fusione dei gameti.7 Il nucleo dello spermatozoo ed un centriolo vengono incorporati nell'ovocita. Tuttavia, recentemente, è stato suggerito che alcune molecole di RNAm paterno abbiano accesso nell'ovocita e siano coinvolte nello sviluppo embrionale.8 La fusione dei gameti determina tutta una serie di eventi che segna l'esistenza di una nuova cellula: lo zigote. Gli eventi hanno inizio con l'idrolisi del fosfatidilinositolo bifosfato nell'oolemma, seguita da modificazioni elettriche e dall'aumento dei livelli di calcio intracellulari.9

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Fattori di origine paterna controllano l'omeostasi intracellulare del calcio, le pompe ed i canali per il calcio e le proteine calcio-leganti, modulandoli in maniera tale che si verifichino delle oscillazioni del calcio libero intracellulare. Questopattern determina l'uscita dell'ovocita dall'arresto in metafase II ed il completamento della meiosi. Il centriolo di derivazione paterna si rende responsabile della formazione dei microtubuli e del funzionamento del fuso mitotico all'atto della prima divisione cellulare, mentre il centrosoma dell'ovocita è inattivato dopo la fecondazione.10 L'innalzamento dei livelli di calcio nell'ovocita induce delle modificazioni nelle caratteristiche della membrana ovulare ed una alterazione nella zona pellucida prodotta dalla esocitosi del contenuto di granuli corticali presenti alla periferia del citoplasma ovulare. Tale contenuto è di natura enzimatica e non solo rende per così dire impermeabile la membrana ovulare allo spermatozoo, ma induce una diminuita espressione di ZP3 nella zona, bloccando la polispermia. La determinazione del sesso è dovuta alla penetrazione dello spermatozoo e, nello stesso tempo, una serie di eventi biochimici e biofisici portano alla costituzione dei due pronuclei con drammatiche modificazioni in ambedue i nuclei (quello dello spermatozoo e quello dell'ovocita) che vanno incontro a ciò che Stanley Shostak ha definito come “un appuntamento con il destino”.11 Il pronucleo maschile, che è più grande di quello femminile nella specie umana, si costituisce in vicinanza dell'ingresso dello spermatozoo, mentre quello femminile si forma all'estremità del fuso mitotico situata nell'ooplasma. La membrana, che avvolgeva il nucleo maschile e che era priva di comunicazioni con il citoplasma, va incontro a rottura e questo rappresenta il primo di una serie di eventi nella formazione del pronucleo maschile. Tale membrana singola viene sostituita da un vero e proprio involucro nucleare, fatto da due membrane interrotte da pori, ed il materiale che forma tale involucro deriva interamente dal citoplasma ovulare. La cromatina dello spermatozoo va incontro ad un rimodellamento; istoni materni vanno a sostituire le protamine ed altre proteine vengono incorporate nel DNA, che diviene despiralizzato. La decondensazione della cromatina viene indotta da fattori presenti nel citoplasma ovulare prodotti nelle ultime fasi dell'ovogenesi; questo evento comanda la trascrizione dei geni paterni. L'ovocita completa la sua seconda divisione meiotica; la cromatina si decondensa e si ha così la formazione del pronucleo femminile.12 Entro 3-6 ore dalla penetrazione dello spermatozoo i microtubuli dello zigote si organizzano a formare l'aster dal centriolo. Sembra che i microtubuli abbiano un ruolo importante anche nella migrazione dei due pronuclei verso il centro della cellula; essi, infatti, all'atto della loro costituzione, sono collocati ad una certa distanza l'uno dall'altro. La migrazione dura 12-16 ore. I pronuclei non si fondono ma rimangono separati da una stretta striscia di citoplasma che contiene mitocondri ed elementi del reticolo endoplasmico liscio. La rottura degli involucri nucleari dei due pronuclei è seguita dalla migrazione dei cromosomi verso il fuso mitotico. La prima divisione cellulare interviene dopo 24-30 ore dalla fecondazione.13 Opinioni disparate sussistono in merito all'importanza del sito di ingresso dello spermatozoo nel determinismo delle polarità dell'embrione. Alcuni autori hanno riportato che tale sito avrebbe un ruolo significativo nel configurare il piano lungo il quale si effettua la prima divisione di segmentazione, altri sostengono invece che quest'ultima abbia rapporto con la sede di formazione del secondo globulo polare. Inoltre, è stato ipotizzato che l'intero ooplasma subisca una rotazione al momento dell'ingresso dello spermatozoo per adeguarsi alla posizione del suo sistema microtubulare.14 Dopo la prima divisione, si costituiscono 2 blastomeri, di dimensioni inferiori a quelle dell'ovocita. Le mitosi successive intervengono ad un ritmo più rapido. Il risultato è la formazione della morula composta di elementi cellulari lassamente aggregati. Le divisioni cellulari non sono accompagnate da un accrescimento volumetrico, pertanto le cellule embrionali sono progressivamente più piccole stabilendosi nel contempo un rapporto nucleo/citoplasma caratteristico delle cellule adulte. Quando la morula è formata da 8-16 cellule, essa va incontro al fenomeno della compattazione. Questo evento è associato a profondi cambiamenti di natura strutturale e metabolica.

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Dal punto di vista metabolico si assiste ad un aumento della sintesi proteica e dell'RNA e ad una modificazione del rapporto tra fosfolipidi e colesterolo. Dal punto di vista strutturale, i blastomeri rivolti verso l'esterno diventano polarizzati. Il loro nucleo migra nella porzione basale della cellula, mentre all'apice si assiste ad un accumulo di actina e clatrina; dalla superficie cellulare protrudono microvilli. I blastomeri stabiliscono dei contatti molto stretti manifestando dapprima delle giunzioni di tipo aderente e successivamente delle giunzioni di tipo occludente, in particolare giunzioni strette. Nelle giunzioni aderenti sono espresse le caderine, proteine che appartengono ad una superfamiglia di molecole di adesione. In particolare la E-caderina è presente nell'ovocita e durante le prime fasi dello sviluppo embrionale; ciononostante la sua espressione stabile non si verifica prima dell'inizio della fase di compattazione.15 Nelle giunzioni strette a livello della membrana vengono espresse occludina e claudina; a livello citoplasmatico sono presenti ZO-1, ZO-2 e cingulina.16 I blastomeri che costituiscono lo strato rivolto verso l'esterno sono destinati a costituire il trofoblasto, mentre quelli disposti all'interno formeranno la massa cellulare interna (ICM). Questi ultimi esibiscono giunzioni comunicanti composte da proteine denominate connessine. Un gruppo di 6 connessine costituisce dei canali intercellulari funzionali al trasporto di metaboliti e molecole che regolano la divisione cellulare.17 La zona pellucida è responsabile della differenziazione di queste due distinte popolazioni cellulari e, allorché tale differenziazione si è stabilita, la totipotenza dei blastomeri viene perduta. Approssimativamente 4 giorni dopo la fecondazione, la morula si trasforma nella blastocisti. Questa trasformazione sarebbe imputabile alla presenza a livello dei blastomeri collocati verso l'esterno di una pompa NaK-ATPase che trasporta sodio e causa un passaggio di acqua verso l'interno della struttura, acqua che si raccoglie in una cavità denominata blastocele, laddove un agglomerato di cellule collocate eccentricamente, la ICM, è identificabile con l'embrioblasto. Le cellule del trofoblasto, polarizzate e dotate di estrema coesione, non contribuiranno assolutamente alla formazione di alcun tessuto del feto, ma organizzeranno la placenta e le membrane extraembrionali.18 Recenti esperimenti hanno sollevato dei dubbi sul ruolo svolto dalle pompe NaK-ATPase nel determinismo degli eventi descritti ed hanno suggerito che i mediatori fisiologici del passaggio dei fluidi attraverso il trofoectoderma siano le acquaporine, piccole proteine integrali di membrana che provvedono al trasporto dell'acqua. In aggiunta, sembrano essere coinvolte nella formazione della blastocisti le MAP-chinasi, una famiglia di proteine enzimatiche impegnate nel controllo della proliferazione e della differenziazione cellulare, ed in particolare la p38, che regola la compattazione della morula e lo sviluppo pre- impiantatorio.19 Durante il periodo pre-impiantatorio l'embrione viene trasportato attraverso la tuba ed approssimativamente 7 giorni dopo la fecondazione la blastocisti si impianta nell'utero. In questo periodo si verificano notevoli cambiamenti morfologici associati a variazioni di tipo metabolico in termini diuptake di aminoacidi, sintesi proteica e richieste di tipo energetico. I meccanismi che controllano la divisione cellulare ed i processi differenziativi illustrati sono scarsamente conosciuti ed in essi sono coinvolti un grande numero di geni e sistemi complessi. Le divisioni mitotiche sono soggette ad uno stringente controllo a livello di check-points del ciclo cellulare; ciononostante, si osserva un certo numero di anomalie cromosomiche.20 Dopo la fecondazione l'evento più importante è rappresentato probabilmente dall'attivazione del genoma embrionale, laddove i trascritti espressi dallo zigote e dall'embrione vanno a rimpiazzare i trascritti materni che controllano lo sviluppo embrionale precoce attraverso RNAm accumulatisi durante la crescita e la maturazione dell'ovocita. Questo drammatico cambiamento determina la trasformazione dell'ovocita altamente differenziato nei blastomeri totipotenti che formano l'embrione delle prime fasi dello sviluppo pre-impiantatorio. Come detto in precedenza, le protamine vengono rimpiazzate dagli istoni, il genoma aploide metilato dei due genitori va incontro a demetilazione nello zigote diploide; il controllo materno è sostituito dal controllo dello zigote.

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L'attivazione del genoma embrionale è probabilmente un processo graduale. Uno stato di globale repressione trascrizionale succede ad un periodo permissivo che consente la continua espressione di geni regolati da forti promotersed enhancers. Nel topo, la più rilevante attivazione si verifica allo stadio di 2 cellule; in altre specie di mammiferi essa sembra verificarsi un po' più tardi. Tuttavia, recentemente, esperimenti condotti mediante metodologie molto sensibili hanno condotto alla determinazione che nello stadio ad 1 cellula si verifica l'attivazione del genoma zigotico e che in quello stadio esistono differenze nell'attivazione trascrizionale del pronucleo maschile rispetto a quello femminile.21 Nello zigote umano almeno 7 geni (SRY, ZFY, XIST, HPRT, APRT, DK ed a-globina) sono attivi.22 Il gene COX1 viene espresso durante il passaggio dallo zigote allo stadio a due cellule.23 Nello stadio pronucleare sono attivi alcuni geni che regolano l'apoptosi (bcl-2, Bax, Bad) ed essi continuano ad essere espressi durante tutto il periodo pre-impiantatorio. In aggiunta, inizia in questo periodo l'espressione della famiglia dei geni dell'Insulin-like Growth Factor e dei geni omeotici HOXA4, HOXA7, HOXB4, HOXB5 ed HOXC6.24 Recentemente, uno studio condotto nei topi ha stabilito il profilo di espressione di più di 20.000 geni in embrioni coltivatiin vitro a differenti stadi (zigote, embrioni a 2, 4, 8 cellule, morula e blastocisti) ed ha comparato tale profilo con quello di embrioni in vivo. Non sono state riscontrate molte differenze, se si prescinde dai geni della DNA metiltransferasi-1 e della caderina-11.25 Durante il periodo preimpiantatorio non si osservano processi apoptotici prima dell'attivazione del genoma embrionale. Negli embrioni prodotti in vitro non si verifica apoptosi prima della compattazione. Tutte le specie dei mammiferi mostrano il più alto livello di morte cellulare programmata allo stadio di blastocisti. Dal topo all'uomo modificazioni di tipo apoptotico sono state osservate nel 70-80% delle blastocisti sia in vivo che prodotte in vitro. Negli embrioni umani si osserva il 7-8% di cellule morte sia nel trofoectoderma che nella ICM. I fenomeni apoptotici hanno un obiettivo positivo; infatti mirano alla rimozione di cellule geneticamente anomale o che abbiano subito delle mutazioni. È da sottolineare il concetto che la qualità della blastocisti fa prevedere lo sviluppo ulteriore dell'embrione. Se si osserva un incremento dei fenomeni apoptotici, la morte cellulare massiva crea uno squilibrio nella omeostasi dell'embrione e la crescita si arresta.26 Lo sviluppo embrionale è controllato da fattori di crescita, ormoni, aminoacidi, carboidrati e vitamine. La maggior parte delle informazioni concernenti l'importanza di tali sostanze deriva da sperimentazioni condotte in vitro e non necessariamente identifica i fattori realmente determinanti nello sviluppo che si effettua in vivo. Ad esempio, sebbene il glucosio sia presente nel fluido tubarico, esso può addirittura risultare nocivo per lo sviluppo in vitro dell'embrione prima della compattazione, causando l'arresto delle divisioni cellulari o un rallentamento nel ritmo di tali divisioni. Il Transforming Growth Factor-a (TGF-a), il Fibroblast Growth Factor, il Platelet- derived Growth Factor, l'Insulin-like Growth Factor II (IGF-II), il recettore per l'insulina, il recettore per l'IGF (IGF-R) ed il recettore per l'Epidermal Growth Factor (EGF-R) sono tutti stati trovati nell'embrione di topo nei primi stadi di divisione cellulare. EGF, TGF-a ed EGF-R sono particolarmente legati, nel topo, alla fisiologia del trofoectoderma, all'espansione della blastocisti e all'impianto. Il TGF-a è un prodotto dell'embrione e può costituire un fattore di regolazione endogeno. L'EGF, come l'insulina, non viene prodotto dall'embrione e viene secreto dal pancreas materno. Gli EGF-R sono stati soprattutto trovati nel trofoectoderma, mentre gli IGF-R sono distribuiti uniformemente nelle membrane delle cellule che compongono la blastocisti. In vivo, nel periodo preimpiantatorio, opera un circuito determinato dai fattori di crescita. Si stabiliscono interazioni di tipo autocrino e paracrino tra l'embrione stesso e l'ambiente materno: il trofoectoderma e la ICM sono bersaglio dell'insulina pancreatica materna; il TGF-a dalla ICM è diretto

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verso gli EGF-R localizzati nel trofoectoderma e l'IGF-I endometriale verso gli IGF-R di tipo I localizzati nel trofoectoderma. Il Tumor Necrosis Factor (TNF-a) ha una influenza inibitoria sullo sviluppo preimpiantatorio. Questo fattore ed i suoi recettori sono stati riscontarti negli ovociti, nell'endometrio e nelle ghiandole endometriali di differenti specie. Il TNF-a peraltro inibisce la proliferazione cellulare e la formazione della blastocisti in vitro. L'ormone della crescita, tradizionalmente coinvolto nella regolazione dello sviluppo post-natale, regola l'azione dell'IGF durante le prime fasi dello sviluppo embrionale.27 Tutte queste vie sembrano essere orchestrate dagli steroidi materni suggerendo che lo sviluppo preimpiantatorio sia modulato dalla madre. Tuttavia, come già spiegato in precedenza, tale sviluppo è in parte frutto di una funzione di autoregolazione. L'embrione nelle sue prime fasi non è un organismo quiescente che si sviluppi nel contesto dell'ambiente materno favorevole con scarso controllo del suo stesso destino. Un interessante esempio di autoregolazione è rappresentato dal PAF (1-o-alkyl-2-acetyl-sn-glycero-3-phosphocholine), un fattore solubile che viene sintetizzato subito dopo la fecondazione e persiste in tutta la fase del preimpianto in tutte le specie di mammiferi studiate sinora. Il rilascio di PAF causa tutta una serie di modificazioni nella fisiologia materna, inclusa la funzione immunitaria. PAF agisce anche in maniera autocrina tramite recettori espressi dallo stesso embrione e rappresenta un fattore di sopravvivenza, attività in parte legata alla mobilizzazione del calcio. Negli stadi più avanzati PAF esercita un'azione trofica stimolando il metabolismo embrionale, la progressione nel ciclo cellulare e la vitalità dell'embrione. PAF è una molecola di straordinaria potenza e può anche promuovere la migrazione dell'embrione, migliorando l'ambiente in cui esso si sviluppa tramite variazioni delle funzioni tubariche.28 Nel topo il tasso di divisioni cellulari è controllato dal gene PED (Preimplantation Embryo Development). Sembra che ci sia un omologo di questo gene nell'uomo. Analisi di genetica molecolare condotte nel topo hanno consentito di mappare il gene PED nella regione Q del Complesso Maggiore di Istocompatibilità.29 Negli embrioni coltivati in vitro il fenotipo controllato da PED è mantenuto, il che suggerisce una dipendenza delle divisioni cellulari dai geni dell'embrione stesso e non dall'ambiente uterino.30 Nel corso dello sviluppo preimpiantatorio le scelte energetiche dell'embrione costituiscono un aspetto suscettibile di modificazioni. Esperimenti in vitro hanno dimostrato che l'ovocita e lo zigote del topo necessitano assolutamente di piruvato; il glucosio non può supportare lo sviluppo embrionale fino allo stadio di 8 cellule. Solo dopo questo stadio c'è uno switch verso l'utilizzazione del glucosio. Al momento della compattazione, si osserva un'aumentata richiesta energetica poiché la sintesi proteica aumenta all'atto della formazione del blastocele. Allo stadio di blastocisti l'embrione sviluppa una considerevole capacità di effettuare glicolisi anaerobia in vista dell'ambiente anossico che esso incontra al momento dell'impianto. Il livello di respirazione, il numero, le dimensioni e la distribuzione spaziale dei mitocondri influenzano segnatamente la normalità dello sviluppo embrionale. I mitocondri partecipano alla regolazione dell'omeostasi intracellulare del calcio che ha importanti implicazioni funzionali. Essi sono i più abbondanti tra gli organelli nell'ovocita e contengono poche creste. Questo fenotipo persiste durante le prime divisioni cellulari e fino allo stadio di morula. Lo sviluppo di creste lamellari che attraversano completamente la matrice mitocondriale rappresenta un aspetto caratteristico dello stadio di blastocisti. Nell'ovocita l'attività respiratoria è molto modesta, ma durante il periodo preimpiantatorio la fosforilazione ossidativa mitocondriale fornisce il maggior contributo in termini di ATP e nel topo l'80% dell'ATP deriva dai mitocondri. È bene ricordare che se l'apporto di ATP supera la richiesta cellulare, esso si traduce in un danno tossico.

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Nel topo, dopo la fecondazione, i mitocondri migrano nella regione perinucleare e formano un aggregato che circonda i due pronuclei. Una collocazione simile viene assunta dai mitocondri nei blastomeri durante le prime fasi di divisione cellulare e la vitalità dell'embrione è influenzata da eventuali sproporzioni che si verifichino in questa sorta di segregazione mitocondriale.31

1Grobstein C., External Human Fertilization, Sci Am 1979, 240(6): 57-67. 2Shostak S., The embryo's beginning, in Id., Embryology. An introduction to developmental biology, New York: Harper Collins Publishers, 1991: 231. 3Barbieri M., Carinci P., La fecondazione, in Id., Embriologia, Milano: Casa Editrice Ambrosiana, 2005: 109. 4Primakoff P., Myles D.G., Penetration, adhesion and fusion in mammalian sperm-egg interaction, Science 2002, 296: 2183-2185. 5Shostak, The embryo's beginning..., p. 231. 6Frayne J., Hall L., Mammalian sperm-egg recognition: does fertilin ß have a major role to play?, Bioessays 1999, 21(3): 183-187; Cuasnicù P.S., Ellerman D.A., Cohen D.J. et Al., Molecular mechanisms involved in mammalian gamete fusion, Arch Med Res 2001, 32(6): 614-618. 7Nishimura H., Cho C., Branciforte D.R. et Al., Analysis of loss of adhesive function in sperm lacking cyritestin or fertilin ß, Dev Biol 2001, 233: 204-213; He Z.Y., Brakebusch C., Fassler R. et Al., None of the integrins known to be present on the mouse egg or to be ADAM receptors are essential for sperm-egg binding and fusion, Dev Biol 2003, 254: 226-237. 8Ostermeier G.C., Miller D., Huntriss J.D. et Al., Reproductive biology: delivering spermatozoan RNA to the oocyte, Nature 2004, 429: 154. 9Veeck L.L., Zaninovic N., An atlas of human blastocyst, London-New York-Washington: Parthenon Publishing Group, 2003: 20. 10Tesarik J., Paternal effects on cell division in the human pre-implantation embryo, Reprod Biomed Online 2005, 10(3): 370-375. 11Barbieri, Carinci, La fecondazione..., p. 113; Shostak, Reorganizing the zygote..., p. 272. 12Barbieri, Carinci, La fecondazione..., p. 114. 13Veeck, Zaninovic, An atlas of human..., p. 22; Barbieri, Carinci, La prima settimana..., p. 122. 14Edwards R.G., Genetics of polarity in mammalian embryo, Reprod Biomed Online 2005, 11(1): 104-114. 15Watson A.J., Natale D.R., Barcroft L.C., Molecular regulation of blastocyst formation, Anim Reprod Sci 2004, 82(83): 583-592. 16Fleming T.P., McConnell J., Johnson M.H. et Al., Development of tight junctions de novo in the mouse early embryo: control of assembly of the tight junction-specific protein ZO-1, J Cell Biol 1989, 108(4): 1407-1418. 17Barbieri, Carinci, La prima settimana..., p. 124; Veeck, Zaninovic, An Atlas of human..., p. 62. 18Wiley L.M., Cavitation in the mouse pre-implantation embryo: NaK-ATPase and the origin of nascent blastocoel fluid, Dev Biol 1984, 105(2): 330-342. 19Sakkas D., Vassalli J.D., The pre-implantation embryo: development and experimental manipulation, in Geneva Foundation for Medical Education and Research, Reproductive Health, 2003 (www.gfmer.ch); Watson, Natale, Barcroft,Molecular regulation of blastocyst..., pp. 583-592. 20Tesarik, Paternal effects on cell..., pp. 370-375. 21Kanka J., Gene expression and chromatin structure in the pre-implantation embryo, Theriogenology 2003, 59(1): 3-19.

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22Adjaye J., Bolton V., Monk M., Developmental expression of specific genes detected in high- quality cDNA libraries from single human pre-implantation embyos, Gene 1999, 237(2): 373-383. 23Wang H., Wen Y., Mooney S. et Al., Phospholipase (A2) and cyclooxigenase gene expression in human pre-implantation embryos, J Clin Endocrinol Metab 2002, 87(6): 2629-2634. 24Liu H.C., He Z.Y., Mele C.A. et Al., Expression of apoptosis-related genes in human oocytes and embryos, J Assist Reprod Genet 2000, 17(9): 521-533; Liu H.C., He Z.Y., Tang Y.X. et Al., Simultaneous detection of multiple gene expression in mouse and human individual pre-implantation embryos, Fertil Steril 1997, 67(4): 733-741; Kuliev A., Kukharenko V., Morozov G. et Al., Expression of homeobox-containing genes in human pre-implantation development and in embryos with chromosomal aneuploidies, J Assist Reprod Genet 1996, 13(2): 177-181. 25Wang S., Cowan C.A., Chipperfield H. et Al., Gene expression in the pre-implantation embryo: in vitro developmental changes, Reprod Biomed Online 2005, 10(5): 607-616. 26Fabian D., Koppel J., Maddox-Hyttel P., Apoptotic processes during mammalian pre- implantation development, Theriogenology 2005, 64(2): 221-231. 27Kaye P.L., Pre-implantation growth factor physiology, Rev Reprod 1997, 2(2): 121-127. 28O'Neill C., The role of paf in embryo physiology, Hum Reprod Update 2005, 11(3): 215-228. 29Xu Y., Jin P., Warner C.M., Modulation of pre-implantation embryonic development by antisense oligonucleotides to Major Histocompatibility Complex genes, Biol Reprod 1993, 48: 1042-1046. 30Sakkas, Vassalli, The pre-implantation embryo development and... 31Van Blerkom J., Mitochondria in human oogenesis and pre-implantation embryogenesis: engines of metabolism, ionic regulation and developmental competence, Reproduction 2004, 128(3): 269-280. * L'autore ringrazia la dr. Anna Giuli e la dr. Fortunata Iacopino per la collaborazione offerta nella raccolta della bibliografia e nella revisione del manoscritto.

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C. BELLIENI DIAGNOSI PREIMPIANTO, DIAGNOSI PRENATALE Questa relazione vuole dare brevi nozioni sugli ultimi progressi in campo di diagnosi prenatale e diagnosi preimpianto, per poi portare alcune valutazioni che sorgono dalla pratica clinica e dalla letteratura scientifica specializzata. Diagnosi Preimpianto La diagnosi genetica preimpianto (PGD) è costituita dall'analisi di singole cellule (blastomeri) biopsiate da embrioni 3 giorni dopo la fecondazione o da corpi polari presi dagli oociti durante la meiosi. Lo scopo di questi test è di determinare quale embrione sia esente da una malattia dovuta ad alterazione di un singolo gene (SGD)o da anomalie cromosomiche.1Gli embrioni che vengono determinati normali geneticamente per quanto riguarda il gene/cromosoma interessato, sono poi trasferiti nella madre preferendoli a quelli anomali. Malattie da singolo gene (SGD) I primi casi di PGD utilizzarono la polimerase chain reaction (PCR) per determinare il sesso dell'embrione, permettendo così il trasferimento elettivo di femmine non affette in famiglie portatrici di malattie x-legate.2 Questi primi successi furono presto seguiti da test basati sulla PCR per SGD come il deficit di alfa-1-antitripsina e fibrosi cistica, in cui un frammento di DNA contenente la mutazione colpevole della malattia veniva amplificato e analizzato.3Ora è possibile analizzare più di 40 malattie ereditarie allo stato di preimpianto.4 Per evitare gli errori dovuti a insuccesso dell'amplificazione,5 molti test di PGD ora usano la multiplex-PCR. Questa tecnica è costituita dalla simultanea amplificazione di vari frammenti di DNA in una singola reazione. La multiplex-PCR ha anche aiutato a evitare un altro grave problema della PCR single- cell, cioè la contaminazione della reazione con DNA estraneo. Analisi cromosomica L'analisi cromosomica degli embrioni umani preimpianto fu all'inizio introdotta per identificare cromosomi X e Y allo scopo di determinare il sesso dell'embrione ed evitare malattie X-legate. Le tecniche PCR inizialmente usate per questo scopo furono rapidamente soppiantate da metodi più validi basati sull'ibridazione per fluorescenza in situ (FISH).6 Da allora le indicazioni per il test cromosomico sono aumentate e il numero di cromosomi vagliati in ciascuna cellula è aumentato significativamente. Lo screening cromosomico oggi è offerto a vari gruppi di pazienti che si suppone essere a rischio di produrre gameti aneuploidi. Tra questi sono compresi i portatori di riarrangiamenti cromosomici come le traslocazioni 7 aborti spontanei pregressi, fallimenti di IVF, donne in età avanzata.8 L'identificazione e il trasferimento elettivo di embrioni cromosomicamente normali riduce l'incidenza di nascita di bambini con trisomia. Inoltre, questo screening può migliorare il successo di IVF per certi pazienti.9 Questo avviene perché molti degli squilibri cromosomici ravvisati nella fase di preimpianto sono letali. Gli embrioni che portano queste anomalie sono spesso morfologicamente normali allo stadio di preimpianto e di conseguenza sono trasferiti alla madre. L'investigazione citogenetica del materiale di aborti spontanei e cellule prese da embrioni nella fase preimpianto indicano che l'aneuploidia può spiegare molte dei casi in cui non si arriva ad una gravidanza evoluta.10 Per lo screening del corpo polare,11 la maggiore limitazione è che esso può solo essere usato per scoprire errori che insorgono dalla meiosi femminile, e non tutti gli errori meiotici hanno origine materna.

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Diagnosi Prenatale non Invasiva: Evoluzioni Recenti Esistono tecniche di diagnosi prenatale non invasiva basate sull'analisi nel sangue materno di una serie di markers (Tab. 1) Recentemente è stato messo a punto un sistema per la determinazione del sesso del nascituro tramite l'analisi del sangue materno a 6 settimane di gravidanza. Le attuali raccomandazioni del National Institute of Clinical Excellence (NICE) sono che a tutte le donne incinte venga offerto un test che dia un tasso di accuratezza del 60% minimo e un tasso di falsi positivi del 5% massimo. Per il 2007 questo dovrà passare rispettivamente a 75% e 3%. La ricerca nel sangue materno di globuli rossi fetali, cellule staminali mesenchimali, e trofoblasti è stata utilizzata per vari test prenatali diagnostici.12 Il principale fattore limitante sembra essere la rarità di queste cellule nel circolo materno (occorrono tecniche di arricchimento per aumentare la produzione). A questo quadro si può poi aggiungere le possibilità diagnostiche offerte dai recenti progressi dell'ecografia fetale. Diagnosi Prenatale Invasiva Sia l'amniocentesi del secondo trimestre che il prelievo di villi corionici (CVS) sono tecniche ben assodate per ottenere un'informazione genetica sul feto. Esistono comunque altre tecniche meno comuni come la cordocentesi, eseguita di solito dopo le 18 settimane di gestazione e la amniocentesi precoce, eseguibile tra la 11a e la 14a settimana di gestazione. L'amniocentesi è considerata il gold standard della diagnosi prenatale invasiva; fu introdotta nel 195213 per identificare malattie emolitiche in età prenatale ed è stata usata per individuare malattie genetiche dalla metà degli anni '70. Usata inizialmente per ottenere cellule fetali per il cariotipo, l'amniocentesi del secondo trimestre è ora usata per la diagnosi molecolare e biochimica di quei disordini fetali in cui l'analisi degli amniociti o del liquido amniotico è informativa, così come fornisce informazioni molto attendibili per i difetti del tubo neurale. Il tempo necessario per ottenere un cariotipo è di 10-14 giorni. Lo svantaggio maggiore dell'amniocentesi del secondo trimestre è che il risultato è di solito disponibile solo dopo la 18asettimana di gestazione. Il CVS e l'amniocentesi precoce possono essere fatti tra la 10a e la 14a settimana e offrono un'alternativa più precoce, ma soprattutto l'amniocentesi precoce, sono scarsamente utilizzate per i rischi prodotti. Sebbene sia il CVS che l'amniocentesi siano molto attendibili, il maggior tasso di mosaicismo visto con il CVS può risultare in differenze per quello che concerne il valore predittivo positivo (cioè la concordanza di anomalia fetale con un risultato anormale del test). Uno studio collaborativo canadese ha determinato che il valore predittivo positivo dell'amniocentesi è di 0,909, mentre quello del CVS è solo 0,525.14 Come tutte le procedure invasive prenatali, sia l'amniocentesi che il CVS talora portano a perdita della gravidanza. Per l'amniocentesi del secondo trimestre, la perdita fetale è stimata essere 0,5-1% al di sopra di quella del tasso di abortività naturale.15 La Cochraine library 16 ha analizzato, nel 2003, 14 studi randomizzati per valutare i rischi delle varie tecniche rispetto a morte fetale e deformazione degli arti. Vari autori sostengono che la visualizzazione diretta dell'ago migliori la sicurezza.17 Un recente studio randomizzato del 2004 ha fatto notare che l'amniocentesi precoce provoca un tasso di abortività e piede equino-varo maggiore del CVS.18 Altri lavori confermano il rischio per il feto della diagnostica prenatale invasiva.19

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Rischi e Preoccupazioni sulla Diagnosi Prenatale Invasiva Nei 35 anni da quando Jacobson e Barten riportarono i primi 56 casi di amniocentesi,20 il numero di amniocentesi è aumentato progressivamente: l'International Genetic Laboratory Directory ha indicato che vengono effettuate 190.000 amniocentesi l'anno in USA.21 Recentemente si sta cercando di superare la necessità degli esami invasivi in gravidanza, per il rischio di abortività che comportano. Se si considera che nel 2003 in Italia sono state eseguite circa 100.000 amniocentesi,22 ne consegue che circa 500-1000 gravidanze normali e volute sono esitate in aborto a causa di questa tecnica, con conseguente trauma per la donna. Non è un dato trascurabile. Sappiamo che questo esame viene affrontato talvolta sottovalutandone i rischi. Scrive Stranc sul Lancet 23 (40): “Quando il CVS o l'amniocentesi del 2o trimestre sono ugualmente indicati, la preferenza della donna, o la procedura che le dà il maggior grado di certezza sarà il fattore per decidere...alcune donne vogliono un test prenatale precoce indipendentemente dalla rilevanza del rischio: alcune donne vogliono un test prenatale precoce indipendentemente dalla possibilità di un maggior rischio di complicazioni legate alla procedura o al rapporto tra rischio da procedura e probabilità di un'anomalia del feto. Heckerling e collaboratori trovarono che la scelta tra diagnosi precoce e tardiva era il primo fattore di preferenza della CVS nei confronti dell'amniocentesi e che l'aborto legato al test, i livelli di errore nel determinare il cariotipo con conseguente terminazione della gravidanza, o la morbidità materna in seguito ad aborto terapeutico non influenzavano significativamente la scelta del tipo di test. Similmente, Evans e collaboratori riportarono che le donne di maggior età e migliore educazione, con un tasso minore di gravidanze e parti alle spalle, erano più inclini a scegliere il CVS piuttosto che l'amniocentesi”.24 Non sono da sottovalutare i rischi psicologici della ricerca della perfezione del nascituro, cui si affida il compimento di un'attesa eccessiva dei genitori: “Ogni esplorazione fetale non abituale, in particolare la realizzazione di un cariotipo, provoca, soprattutto nella madre, una vera interruzione della relazione col bambino, che non finirà se non con il risultato di normalità. I genitori descrivono quasi tutti queste sospensioni del loro progetto, che si manifesta con l'arresto di ogni preparazione materiale della nascita, ma anche con un distacco transitorio da questo bambino sospettato di non dover sopravvivere, nella preoccupazione di non attaccarsi inutilmente. Alla minima anomalia, il sospetto portato sulla qualità del bambino, il dubbio sulla sua integrità presente e soprattutto futura, inducono nei genitori una reazione di rigetto, un desiderio di morte, spesso del tutto sproporzionato con la gravità reale. Questi sentimenti mettono in pericolo grave l'attaccamento, fino ad un vero e proprio lutto anticipato, che, se il bambino sopravvive, lascerà una traccia indelebile. Si corregge più facilmente una diagnosi che una rappresentazione psichica”.25 Anche il Comitato Nazionale Italiano di Bioetica 26 mette in guardia rispetto all'eccesso di intromissione nel patrimonio cromosomico fetale, prefigurando un'intromissione nella privacy dell'individuo,27 in particolare allorché si vadano a scrutare delle malattie non letali e magari ad esordio tardivo: “La capacità di predire -attraverso l'analisi del genoma in epoca prenatale o della costituzione genetica di individui adulti- che un soggetto si ammalerà di una determinata malattia, o di accertare che, pur privo di specifiche patologie, è comunque predisposto a contrarle, può anche comportare un costo elevato in termini psicologici e sociali. È infatti possibile sottoporre l'individuo a discriminazioni in vari ambiti della sua vita quotidiana (sul lavoro, come da parte di società assicuratrici, o addirittura del proprio partner), spesso soltanto sulla base di una maggiore probabilità, ma non della certezza, che un giorno egli possa ammalarsi. Si pone pertanto la necessità di proteggerlo da un cattivo uso delle informazioni genetiche, tale da condurre a comportamenti collettivi discriminanti e limitativi, a qualsiasi livello, dei diritti fondamentali della persona”.28 Infine, non bisogna sottovalutare il pericolo dell'abuso nell'uso di queste tecniche: “Non sanno che il rischio zero non esiste, neppure per una ventenne, e che comunque resta il 3% di possibilità che il feto abbia un'anomalia. Oltretutto si tratta di tecniche invasive, che mettono a repentaglio la sopravvivenza del piccolo e non aggiungono quasi nulla a livello predittivo. A 20 anni il rischio di fare figli con

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handicap è di uno su 1.500. Mentre la possibilità di procurare un aborto con l'amniocentesi è una su 200”. Proprio per questo le attuali tendenze vanno nel senso di trovare tecniche alternative all'indagine invasiva. Inoltre l'orientamento attuale è fornire una maggiore informazione delle indicazioni reali delle varie opzioni di diagnosi prenatale, tramite un uso sempre più attento del consenso informato. Rischi e Preoccupazioni sulla Diagnosi Preimpianto Il primo punto da ricordare è che diagnosi preimpianto vuol dire selezione. In altri termini, vuol dire che siamo di fronte non ad una diagnosi fatta per curare, ma per eliminare gli embrioni malati. Il dibattito si sta oggi ponendo non sul fatto se sia eticamente giusto selezionare degli embrioni, ma su quali bisogna selezionare. C'è chi argomenta che è corretto permettere l'accesso alla diagnosi preimpianto solo per malattie ad alta gravità, altrimenti si rischia di cadere nel consumismo procreativo 29 e altri spiegano che invece così facendo si ledono la dignità dei malati di quelle malattie (per esempio spina bifida, mucoviscidosi) che si sentirebbero così considerati portatori di una vita non degna: i sostenitori di questa seconda teoria invocano invece un accesso alla selezione del figlio unicamente secondo le richieste dei genitori.30Anche l'accesso alla selezione del sesso non deve, secondo loro, essere vietata; l'importante, spiegano, è che il sesso del nascituro venga scelto per “bilanciare” il sesso dei figli preesistenti, e non per scegliere il sesso del primo figlio. Julian Savulescu scrive: “Le coppie dovrebbero selezionare gli embrioni o feti che si presume avranno la miglior vita, sulla base delle informazioni genetiche disponibili, includendo quelle sui geni non patologici. Sostengo pure che dovremmo permettere la selezione per i geni non patologici anche se questo mantiene o aumenta la disuguaglianza sociale. In particolare parlerò dei geni dell'intelligenza e la selezione in base al sesso”.31 Stiamo assistendo allora alla giustificazione della selezione sulla base addirittura di anomalie dentarie del concepito 32 o – se un domani sarà possibile diagnosticarla in sede embrionaria – della tendenza sessuale di quest'ultimo,33 o anche della caratteristica di una predisposizione per la musica.34 Esiste anche una tendenza a selezionare il figlio sulla base non di un “completo benessere” di quest'ultimo, ma anche per imporgli dei caratteri che ai più non sembrerebbero desiderabili, come ad esempio la sordità.35 Con la diagnosi preimpianto per definizione si eliminano dunque degli embrioni sulla base delle caratteristiche genetiche. Esistono poi i rischi a lungo termine, legati alla manipolazione e all'asportazione di 1-2 cellule da un gruppo di 8, ancora ignoti non essendoci ovviamente un follow-up temporalmente adeguato. Un Rischio in Comune: la Perdita della Nostra Privacy Prenatale È recentemente stata data la notizia della produzione di un kit fai-da-te per la determinazione del sesso del nascituro. Il test è possibile a 5 settimane di gestazione, proprio nel periodo in cui l'interruzione di gravidanza è permessa in molti Stati. Alte proteste si sono levate soprattutto dai Paesi in cui, come in India, il problema della eliminazione dei feti di sesso femminile è molto grave. Ma anche ambienti sensibili ai diritti della donna si sono lamentati della commercializzazione di un prodotto a possibile ricaduta sessista. Dunque è possibile sempre più agire per conoscere i segreti del nascituro, spesso non a suo vantaggio. Da varie parti in letteratura scientifica si sta sempre più parlando dei diritti alla privacy del nascituro al fine di non subire discriminazioni prima e dopo la nascita. Nel 1989 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha tracciato le linee per una tutela della nostra privacy prenatale. Ogni persona ha diritto a non subire discriminazioni anche prima della nascita, in base al sesso, alle caratteristiche o attitudini future e l'OMS suggerisce di limitare la possibilità per i genitori di ottenere eccessive informazioni sul figlio: “La diagnosi prenatale è eseguita solo per dare ai genitori e ai medici informazioni sulla salute del feto. L'uso della diagnosi prenatale per test di paternità, eccetto in caso di stupro o incesto, o per selezione legata al sesso, eccetto nei casi di malattia legata al sesso, non è accettabile”.36 Scriveva il genetista tedesco Wolfram Henn nel 2000: “Ci può essere dubbio che un kit

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per il DNA che prometta ai futuri genitori una buona chance di avere un figlio alto, magro, brillante non sarebbe un best-seller? Credo che questa sia incompatibile col principio di nil nocere. Perciò c'è urgenza di estendere l'attuale proibizione di test per la paternità o per il sesso ad ogni parametro che non sia correlato a gravi malattie del nascituro”. Tuttavia si discute oggi, come ad esempio fa David Wasserman della Yale University, se questa selezione prenatale in base ai caratteri debba essere fatta solo per le malattie gravi (sindrome Down, in testa) oppure, al fine di non stigmatizzare i disabili, debba essere consentito l'accesso ad ogni possibile tipo di curiosità su embrione e feto.37 Dorothy Wertz and John Fletcher38 riportano che “più di un quarto dei genetisti nei Paesi occidentali sarebbe pronto a eseguire diagnosi prenatale per la selezione in base al sesso, e l'8% afferma che i pazienti hanno il diritto a qualunque servizio per cui possono pagare”, e in India il problema è così grave che esiste una legge contro la selezione legata al sesso e lo stato di Maharashtra ha varato una legge che punisce i medici che partecipano a tali azioni.39 Esistono altri rischi di abuso, e il Comitato Nazionale Italiano di Bioetica si è pronunciato su questo argomento. Dall'Utah, Botkin, pediatra e bioeticista sottolinea, in un articolo intitolato “Privacy fetale”, che “man mano che la tecnologia avanza, sarà possibile lo screening per condizioni che non producono gravi difetti. I futuri genitori potranno perciò presto selezionare l'embrione in vitro più desiderabile, o terminare i feti indesiderabili fino ad ottenere il figlio desiderato. La professione medica deve assumersi la responsabilità di stabilire le linee-guida per l'uso della tecnologia riproduttiva”.40 È ovviamente giusto conoscere prima della nascita la possibilità di patologie curabili, ma che dire della possibilità di rivelare la predisposizione a quelle che curabili non sono e che magari si presenteranno ad un'età avanzata? È diritto dei genitori sapere tutto del figlio quando questo sapere tutto non va nell'interesse del figlio stesso? Come non intravedere invece un conflitto di interessi per la possibilità che queste informazioni rischiano di andare a detrimento del nascituro? “Un domani che noi sapremo vedere dall'embrione che il bambino avrà tale o talaltra caratteristica ...che sarà maschio, femmina, che avrà gli occhi blu e il bernoccolo della matematica ci saranno genitori che diranno: non lo vogliamo così. Immaginate l'imbarazzo dei medici tra 50 anni quando saranno interpellati per casi analoghi?”.41 Ma l'intrusione nella privacy prenatale non solo lede il diritto alla riservatezza perché può portare a terminazione della gravidanza, ma va oltre: chi nasce dopo l'intrusione prenatale nel suo DNA si trova già dalla nascita con i suoi “segreti genetici” decifrati. E si trova nella condizione di conoscere cose che forse avrebbe preferito non sapere. La riservatezza delle notizie riguardanti la sfera della fisiologia e della salute personali può essere aggirata se i miei dati, che da adulto non darei a nessuno, vengono decodificati prima della nascita. Un Rischio Ulteriore: la Generazione dei Sopravvissuti La diagnostica prenatale-preimpianto pone un altro problema: qual è il sentire dei bambini nati nell'attuale stato di possibilità selettiva prenatale? C'è chi parla dell'attuale come una “generazione di sopravvissuti”. In realtà, questa immagine è forse eccessiva, ma chi nasce oggi, sa di esser nato in un clima culturale in cui nascere è un diritto di chi è conforme al piano dei genitori. “La nozione di bambino desiderato è divenuta quella di bambino programmato. Lentamente si è instaurata una nuova logica dicotomica: una donna è o incinta o sterile; il bambino è o programmato,dunque desiderato, oppure non programmato, dunque indesiderabile”.42 Queste parole la dicono lunga sul clima culturale del concepimento oggi: il figlio viene programmato, è una scelta, se ne procrastina sempre più la nascita, si lascia unico,al massimo con un fratellino, è oltremodo viziato per liberarsi dei sensi di colpa, e oltretutto si vizia non con le cose che lui realmente vuole, ma con quello che è nel desiderio dell'infanzia non realizzata degli adulti. Dunque il bambino oggi parte con il peso di chi sa che la norma è concepire per soddisfare un bisogno. E di chi sa che se non fosse stato adattosarebbe (forse) stato respinto prima di nascere. Il fatto che la sua propria famiglia non faccia appieno parte di questo clima e l'abbia concepito in modo del tutto gratuito, allevia ma non del tutto questo peso. “Il bambino sottoposto al desiderio altrui è un bambino onnipotente cui è forse difficile fissare dei limiti. I suoi genitori hanno, prima o dopo di lui, soppresso uno o più bambini in fin dei conti per desiderio di lui,

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perché potesse vivere. Quanto deve valere allora lui, per cui un tale sacrificio è stato consumato?”.43 Dunque diagnosi preimpianto o diagnosi prenatale sono segni di paura per il figlio non voluto, ma anche segni del sentore che la società del terzo millennio sia fatta solo per chi è conforme. Non a caso il conformismo è la guideline dell'attuale generazione dei teenagers, dai sociologi detta degli echo-boomers, cioè caratterizzata dal vivere senza desideri veri, ma solo riflettendo (come una eco) le idee e le aspirazioni dei genitori.44 Conclusione Come infine non menzionare però il vero problema che è alla base di tutto questo; di questo accanimento diagnostico e di questa ingerenza nella vita prenatale? Da quanto riportato, credo che il succo della questione stia nella paura della vitainaspettata. Che il figlio indesiderato sia diventato indesiderabile, che ormai esista una vera handifobia,45 una fobia vera e propria verso l'evento duro e difficile della malattia, del figlio malato, che rapidamente, invece di generare affetto e solidarietà genera fuga e rimozione. Quali saranno le ripercussioni psicologiche su chi verrà a sapere di essere sopravvissuto di una fratria di embrioni? È possibile superare la logica consumista che lega la nascita al compimento dei desideri dei genitori? È possibile educare a non temere quello che non si è programmato, sapendo che fa più paura la realtà immaginata della realtà reale? Rispondere e superare questo è un imperativo per chi fa cultura e per chi è chiamato a tutelare la salute.

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ability of chromosomally abnormal human embryos 459 to develop to the blastocyst stage, Hum Reprod 2001, 16: 1954-1958. 11Corpo polare: piccola struttura cellulare espulsa da un'ovocita, costituita da materiale nucleare e da una piccola quantità di citoplasma. 12Choolani M., O'Donnell H., Campagnoli C. et Al., Simultaneous fetal cell identification and diagnosis by epsilonglobin chain immunophenotyping and chromosomal fluorescence in situ hybridization, Blood 2001, 98: 554-557; Campagnoli C., Roberts I.A., Kumar S. et Al., Identification of mesenchymal stem/progenitor cells in human first trimester fetal blood,liver, and bone marrow, Blood 2001, 98: 2396-402. 13Bevis D.C., The antenatal prediction of haemolytic disease of the newborn, Lancet 1952, 1: 395-398. 14Lippman A., Tomkins D.T., Shine J., Canadian Collaborative CVS Amniocentesis Clinical Trial Group, Canadian multicentre randomised clinical trial of chorion villus sampling and amniocentesis: final report, Prenat Diag 1992, 12: 385-467. 15Tabor A., Madsen M., Obel E.B. et Al., Randomised controlled trial of genetic amniocentesis in 4606 low-risk women, Lancet 1986, 1287-1292; Nichhd National Registry for Amniocentesis Study Group, Midtrimester amniocentesis for prenatal diagnosis. Safety and accuracy, Jama 1976, 236: 1471-1476; Smidt-Jensen S., Permin M., Philip J. et Al.,Randomised comparison of amniocentesis and transabdominal and transcervical villus sampling, Lancet 1992, 340: 1237-1244; Bellieni C., Plantulli A., Buonocore G., Amniocentesi: rischi e indicazioni, Biol Ital. 2004, 9: 43-46. 16Alfirevic Z., Sundberg K., Brigham S., Amniocentesis and chorionic villus sampling for prenatal diagnosis, Cochrane Database Syst Rev. 2003, (3): CD003252. 17Carpenter R.J., Hinkley C.M., Carpenter A.F., Midtrimester genetic amniocentesis: use of ultrasound direction vs. blind needle insertion, J Reprod Med 1983, 28: 35-40; Williamson R.A., Varner M.W., Grant S.S., Reduction in amniocentesis risks using a real-time needle guide procedure, Obstet Gynecol 1985, 65: 751-755. 18Seeds J.W., Diagnostic mid trimester amniocentesis: How safe?, Am J Obstet Gynecol. 2004, 191(2): 607-615. 19Sangalli M., Langdana F, Thurlow C., Pregnancy loss rate following routine genetic amniocentesis at Wellington Hospital, N Z Med J. 2004, 117(1191): U818; Id., Pregnancy loss rate following routine genetic amniocentesis at Wellington Hospital, N Z Med J 2004, 117(1191): U818. 20Jacobson C.B., Barter R.H., Intrauterine diagnosis and management of genetic defects, Am J Obstet Gynecol 1967, 99: 796-805. 21Rebolloso F., Knutsen T. (a cura di), 1998-1999 International Genetic Laboratory Directory. Association of Genetic Technologists, Lenexa: Kan, 1998. 22De Bac M., “In un anno 230 mila esami sui cromosomi e 164 mila sul Dna. Troppi e usati male”, Corriere della Sera (3 novembre 2003); Novelli G., In gravidanza servono sempre? In Italia boom dei testi genetici, Newton (1 dicembre 2003). 23Stranc L.C., Evans J.A., Hamerton J.L., Chorionic villus sampling and amniocentesis for prenatal diagnosis, Lancet 1997, 349: 711-714. 24Heckerling P.S., Verp M.S., Hadro T.A., Preferences of pregnant women for amniocentesis or chorionic villus sampling for prenatal testing: comparison of patients' choices and those of a decision-analytic model, J Clin Epidemiol 1994, 47(11): 1215-1228. 25Vial M., Benoit A., Schneider Z. et Al., Maltraitance du foetus et du nouveau-né, Ann Pédiatr 1996, 43: 446-455. 26Handyside A.H., Lesko J.G., Tarin J.J. et Al., Birth of a normal girl after in vitro fertilization and pre-implantation diagnostic testing for cystic fibrosis, N Engl J Med 1992, 327: 905-909. 27Botkin J.R., Fetal privacy and confidentiality, Hastings Cent Rep. 1995, 25(5): 32-39. 28Comitato Nazionale per la Bioetica, Orientamenti bioetica per i test genetici (19 novembre 1999); http://www.genomica.net/PREDITTIVA/test%20genetici/CNB_test_genetici.pdf.

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29Henn W., Consumerism in prenatal diagnosis: a challenge for ethical guidelines, J Med Ethics 2000, 26(6): 444-446. 30Savulescu J., Procreative beneficence: why we should select the best children, Bioethics 2001, 15(5-6): 413-426. 31Ibid. 32Aldred M., Crawford P.J., Savarirayan R. et Al., It's only teeth are there limits to genetic testing?, Clin Genet. 2003, 63(5): 333-339. 33Dahl E., Ethical issues in new uses of pre-implantation genetic diagnosis: should parents be allowed to use pre-implantation genetic diagnosis to choose the sexual orientation of their children?, Hum Reprod. 2003, 18(7): 1368-1369. 34Robertson J.A., Extending pre-implantation genetic diagnosis: medical and non-medical uses, J Med Ethics 2003, 29(4): 213-216. 35Savulescu J., Deaf lesbians, designer disability and the future of medicine, BMJ 2002, 325: 771-773. 36World Health Organization, Proposed international guidelines on ethical issues in medical genetics and genetic services, Geneva: WHO, 1998. 37Wasserman D., A choice of evils in prenatal testing, FSU Law Review 2003, 30(2). 38Wertz D.C., Fletcher J.C., Ethical and social issues in prenatal sex selection: a survey of geneticists in 37 nations, Social Science and Medicine 1998, 46: 255-273. 39Henn, Consumerism in prenatal diagnosis..., pp. 444-446. 40Botkin, Fetal privacy and..., pp. 32-39. 41Delefosse S., Fecondation in vitro, Devenir 1999, 11(3): 87-108. 42Chatel M.M., Malaise dans la procréation, Paris: Albin Michel, 1993. 43Bayle B., L'embryon sur le divan. Psychopathologie de la reproduction, Paris: Masson, 2003: 46-47. 44Vatter R.H., Taking stock of America's youth, Stat Bull Metrop Insur Co. 1995, 76(2): 2-9. 45Handifobia: fobia verso l'handicap.

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GIGLIOLA SICA IL DIALOGO MATERNO-EMBRIONALE E LA PREPARAZIONE ALL'IMPIANTO Lo stabilirsi di una gravidanza include tutta una serie di eventi che precedono l'impianto rappresentati dalla capacitazione degli spermatozoi, dal trasporto dei gameti, dalla fecondazione, dalle prime fasi dello sviluppo embrionale e dal trasporto dell'embrione. Tali eventi si verificano nel contesto della tuba la quale fornisce tutta una serie di sostanze, in particolare delle proteine, che creano l'ambiente adeguato per supportare le relazioni esistenti tra la tuba stessa ed i gameti e, successivamente, tra la tuba e l'embrione. Infatti, a questo livello, la comunicazione non è a senso unico, poiché l'embrione produce a sua volta una vasta gamma di molecole impegnate nel dialogo. Le cellule non ciliate dell'epitelio della tuba forniscono innanzitutto alcune proteine (albumina, transferrina, immunoglobuline e proteine di trasporto), citochine e fattori di crescita in un trasudato derivante sostanzialmente dal siero. Inoltre, esse liberano attivamente macromolecole nel contesto di un processo di sintesi regolato dagli estrogeni (E). In particolare, una proteina sintetizzata de novo, la glicoproteina secretoria E- dipendente dell'ovidutto (OSP), è conservata in tutta una serie di mammiferi. L'OSP è associata alla zona pellucida, allo spazio perivitellino, alle membrane cellulari dei blastomeri e all'embrione preimpiantatorio. Essa fa aumentare il legame dello spermatozoo all'ovocita e la sua penetrazione; inoltre influenza marcatamente lo sviluppo embrionale. La presenza di OSP è massima durante l'ovulazione, la fecondazione ed i primi stadi di segmentazione ma si va riducendo quando i livelli di progesterone (P) si innalzano. In parallelo, vengono secreti dalla tuba inibitori delle proteasi che proteggono l'integrità dell'ovocita, dell'embrione e della tuba stessa e promuovono lo sviluppo embrionale. A questa famiglia di proteine appartengono il Tissue Inhibitor of Metalloproteinase-1 (TIMP-1) ed il Plasminogen Activator Inhibitor-1 (PAI-1). Il TIMP-1 svolge una serie di attività tra cui il miglioramento del ritmo di segmentazione, il ritardo della schiusa della blastocisti e la prevenzione della degradazione dell'embrione. Il PAI-1 invece inibisce l'attivatore del plasminogeno e l'attivatore del plasminogeno tessuto-specifico, implicati nella cascata proteolitica che converte il plasminogeno in plasmina. Esso controlla il rimodellamento della matrice extracellulare (ECM), la fibrinolisi, la migrazione cellulare e il processo di metastatizzazione.1 Nel fluido tubarico sono presenti fattori di crescita e citochine in grado di agire sia per via autocrina che per via paracrina per regolare le funzioni stesse della tuba e lo sviluppo embrionale. La loro importanza è testimoniata dal fatto che la crescita dell'embrione è influenzata positivamente in vitro dalla presenza del fluido tubarico.2 In particolare, i fattori in questione fanno aumentare il numero delle cellule che compongono le blastocisti coltivate in vitro.3 Anche l'epitelio endometriale produce fattori di crescita che contribuiscono al milieu dell'embrione in via di sviluppo. In questo contesto un ruolo importante viene attribuito all'Epidermal Growth Factor (EGF), al Transforming Growth Factor(TGF-a), all'Insulin-Like Growth Factor, all'Attivina, al Leukemia Inhibiting Factor (LIF) ed al Fibroblast Growth Factor.4 Il Granulocyte-Macrophage Colony Stimulating Factor viene prodotto dall'epitelio uterino sotto stimolazione estrogenica ed interagisce con recettori espressi dall'embrione. Sembra che esso regoli il numero di cellule presenti nella massa cellulare interna (ICM).5 Gli ormoni ovarici controllano il ciclo mestruale, che, attraverso una serie di processi morfologici e biochimici, prepara l'utero all'impianto della blastocisti.

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L'endometrio è reso recettivo da questi ormoni in un periodo limitato di tempo denominato finestra dell'impianto. Al di fuori di questo periodo, l'endometrio non è capace di accogliere l'embrione e può addirittura manifestare ostilità nei suoi confronti. L'attività ormonale è mediata da recettori che sono espressi nei differenti tipi cellulari e compartimenti tessutali a livello dell'endometrio. Nella fase proliferativa, che segue a quella mestruale, gli E determinano la ricostituzione dello strato più superficiale della mucosa uterina, regolando in particolare la crescita dell'epitelio ghiandolare e di superficie, che si verifica normalmente in presenza di recettori estrogenici (ER) nello stroma suggerendo che tra epitelio e tessuto connettivo sottostante intervengano relazioni di tipo paracrino. Due tipi di ER sono stati trovati nell'endometrio: ER- , che classicamente media gli effetti estrogenici nell'utero, ed ER- che, a sua volta, modula l'espressione di ER-a.6 Anche a livello del tessuto connettivo si osservano mitosi e le nuove cellule, unitamente alla sostanza intercellulare deposta nella tonaca propria contribuiscono alla crescita dell'endometrio. La fase secretoria, che segue a quella proliferativa, è regolata dal P che agisce mediante specifici recettori sulle ghiandole, sviluppatesi sotto l'influsso estrogenico. Esse diventano tortuose e producono glicoproteine utili alla sopravvivenza dell'embrione. Il P inoltre in questa fase induce, a livello dello stroma endometriale, un edema che determina un notevole aumento di spessore della mucosa, e stimola inoltre le cellule stromali a produrre TGF-, che, a sua volta, sopprime la produzione della Metalloproteasi della Matrice (MMP) di tipo 7. Questo enzima è coinvolto nel rimodellamento dell'ECM ed è attivo quando i livelli del P si abbassano.7 Altri ormoni oltre gli steroidi ovarici prendono parte allo scambio di informazioni che intercorre tra l'embrione e l'apparato riproduttivo femminile. Durante il suo sviluppo la blastocisti produce la Gonadotropina Corionica Umana (HCG) che mette in allerta l'organismo umano della presenza dell'embrione. L'HCG interagisce con specifici recettori localizzati sulle cellule endometriali ed espressi a livelli molto elevati durante la finestra di impianto. Inoltre l'HCG regola per via autocrina lo sviluppo del trofoblasto.8 Il Parathyroid-related Hormone, prodotto dall'endometrio, induce la differenziazione in vitro delle cellule del trofoblasto di topo in cellule giganti, mentre la prolattina, secreta dalla decidua, attiva recettori espressi sui linfociti presenti nell'endometrio, influenzando potenzialmente il loro ruolo nel periodo successivo all'impianto.9 È opportuno ricordare che con il termine di decidua ci si riferisce al tessuto in cui si trasforma lo stroma endometriale venuto a contatto con il trofoblasto, stroma che verrà eliminato al momento del parto. La formazione della decidua implica delle modificazioni nella composizione della ECM, con perdita di fibre collagene, e delle cellule stromali. Queste ultime da affusolate diventano rotondeggianti, sviluppano un esteso reticolo endoplasmico, molti lisosomi, gocciole lipidiche e granuli di glicogeno. Indubbiamente esse producono sostanze nutritizie per la blastocisti, ma rappresentano anche la creazione di una sorta di barriera, di un meccanismo di difesa teso a limitare l'invasione del trofoblasto. Il Corticotropin Releasing Hormone (CRH) è stato localizzato nell'epitelio e nello stroma endometriale, nella decidua e nel trofoblasto. Ha una potente azione antinfiammatoria, inibisce la produzione di Prostaglandina E2 (PGE2), stimola la produzione di interleuchina 1 e 6 (IL-1 ed IL-6) e partecipa al processo di decidualizzazione. La blastocisti, a sua volta, produce IL-1 e PGE2 che inducono l'espressione di CRH nell'endometrio.10 Il CRH è coinvolto nell'attenuazione della difesa immunitaria materna nei confronti dell'embrione. Esso aumenta la capacità delle cellule deciduali di indurre apoptosi nei linfociti T materni attivati dalla presenza embrionale. La risposta immunitaria materna viene inibita attraverso l'espressione di un peptide pro-apoptotico, il ligando di Fas, nella decidua e nel trofoblasto stesso. Questo peptide si lega al recettore Fas ed induce la morte delle cellule, quali i linfociti, che esprimono il recettore.11

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In risposta al P le ghiandole endometriali producono calcitonina che agisce tramite specifici recettori sull'embrione pre-impiantatorio ed induce un aumento del calcio intracellulare, l'attivazione di adenil-ciclasi e l'espressione di integrine. La calcitonina sembra essere responsabile del passaggio dalla fase di quiescenza delle prime divisioni cellulari all'aumentata attività metabolica della blastocisti.12 Dopo la schiusa della blastocisti, e cioè quando essa si libera della zona pellucida che costituirebbe un ostacolo ai fini dell'impianto, l'embrione dirige il polo embrionale verso l'endometrio che appare ricoperto di muco. Il muco dovrà scomparire ai fini della realizzazione dell'impianto che è un processo dinamico nel corso del quale si verificano in successione: apposizione, adesione ed invasione. All'atto dell'apposizione si realizza un forte avvicinamento del trofoblasto all'epitelio endometriale, ma, successivamente, i microvilli espressi dalle membrane cellulari delle cellule trofoblastiche stabiliscono dei contatti con speciali protrusioni manifestate dalle cellule epiteliali dell'endometrio (uterodomes). Queste protrusioni a mo' di bulbo compaiono nei soggetti di sesso femminile 5-6 giorni dopo l'ovulazione ed hanno un'emivita di circa 48 ore. Successivamente la membrana basale, che sottende l'epitelio endometriale, è invasa dal trofoblasto che penetra, dopo averla superata, nel tessuto connettivo della tonaca mucosa.13 Nella fase di adesione tra l'embrione e la superficie dell'endometrio sono impegnate le integrine, una famiglia di recettori transmembrana che media l'adesione cellulare a vari tipi di ligandi, inclusi i componenti dell'ECM. Durante la finestra di impianto nell'endometrio è stata documentata una specifica espressione spazio-temporale di almeno tre tipi di integrine (41, 11 ed v3) che sarebbero cruciali per la sua recettività. In particolare, la finestra si apre con l'espressione di v3 e si chiude con la scomparsa di 41. Da parte sua anche la blastocisti esprime durante il periodo preimpiantatorio tutta una serie di subunità integriniche e nel trofoblasto si possono osservare dei cambiamenti nella qualità delle integrine espresse.14 Steroidi ovarici, citochine e fattori di crescita regolano l'espressione delle integrine sui due versanti ed in particolare il P induce l'aumento di tale espressione nell'endometrio dopo l'ovulazione. L'infertilità può essere legata a presenza aberrante dei recettori integrinici.15 L'adesività mediata dalle integrine richiede la presenza di ligandi e tra questi un'importanza particolare va assegnata alla fibronectina. Nel corso dello sviluppo preimpiantatorio la fibronectina si accumula nella ECM sottostante alla membrana basale dell'endometrio e promuove l'ancoraggio del trofoblasto, modulando altresì l'attività proteasica.16 L'interazione tra trofoblasto ed epitelio uterino è facilitata anche da un cambiamento nell'organizzazione delle cellule epiteliali, che sembrano poi andare incontro a morte cellulare programmata, il che supporta l'invasione dello stroma sottostante da parte del trofoblasto. Per quel che riguarda l'organizzazione strutturale dell'epitelio, il glicocalice apicale va incontro ad una sorta di rimodellamento. Nell'uomo, la mucina MUC-1 scompare all'altezza delle cellule presenti nell'area che circonda l'embrione che si sta impiantando.17 I contatti intercellulari, responsabili della corretta architettura tessutale, risultano alterati; infatti la E-caderina, presente a livello delle giunzioni aderenti, viene degradata e vengono espresse a livelli più bassi le proteine caratteristiche dei desmosomi.18 La propensione del trofoblasto ad invadere è supportata dalla produzione di MMP che iniziano ad essere espresse nell'embrione di 7 giorni. Le MMP sono indotte da IL-1 e da TNF-a durante il primo trimestre. La Leptina ed il LIF hanno un effetto opposto, provocando rispettivamente aumento e riduzione delle MMPs.19 Il ruolo della Leptina, prodotta dal gene ob, non risulta completamente chiarito, a prescindere dalla attività sopra indicata. Questo piccolo peptide viene prodotto dal tessuto adiposo, ma si ritiene che esso sia coinvolto anche nella funzione riproduttiva, agendo per via endocrina e paracrina. La Leptina è presente nell'endometrio ed aumenta nella fase luteinica. Essa si riscontra anche nella blastocisti;

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inoltre sia la Leptina che i recettori con i quali essa interagisce sono stati individuati nelle sedi di impianto.20 Il LIF è una glicoproteina polifunzionale appartenente alla famiglia dell'IL- 6, il suo segnale viene trasdotto da un recettore specifico (LIF-receptor ß) che a livello della membrana cellulare è unito alla glicoproteina gp-130. Sia gli E che l'HCG stimolano la secrezione di LIF nelle cellule epiteliali dell'endometrio ed è probabile che il LIF promuova la decidualizzazione in collaborazione con altri segnali che derivano dalla blastocisti. Il LIF determina altresì l'acquisizione da parte del trofoblasto delle caratteristiche fenotipiche legate alla capacità di ancorarsi alla parete materna.21 Durante l'impianto si assiste all'instaurasi di una sorta di tolleranza da parte dell'organismo materno nei confronti dell'embrione ed in questo periodo nonché nelle prime fasi della gravidanza interviene tutta una serie di citochine ad attività sia pro che anti-infiammatoria che regolano i processi immunologici che si verificano all'interno dell'utero. Tali citochine sono localizzate sia nell'endometrio umano sia nell'embrione preimpiantatorio. La famiglia dell'IL-1, che ha probabilmente l'impatto più ampio, consiste di 4 peptidi correlati, cruciali per l'impianto. Questi peptidi modulano la proliferazione e la differenziazione cellulare e stimolano la produzione di altre citochine, quali IL-6 ed IL-8, TNF-, e delle prostaglandine, influenzano l'espressione di integrine e di MMPs. Inoltre essi modulano la sintesi di steroidi, di HCG e di CRH nel trofoblasto e nelle cellule endometriali.22 L'IL-6 è espressa costitutivamente dal trofoblasto e può, inducendo l'espressione di MMPs, stimolarne le capacità invasive, ma nel controllo dell'impianto sono coinvolte anche IL-10, IL-11 e IL-15. L'IL-10 inibisce l'invasività del trofoblasto sia in vivo che in vitro determinando una down-regulation di MMPs. L'IL-11 è importante per la decidualizzazione delle cellule stromali endometriali e l'IL-15 agisce come mediatore dell'interazione tra le cellule deciduali e le cellule NK che infiltrano l'endometrio durante il primo trimestre di gravidanza.23 L'espressione di IL-18, una delle più potenti citochine pro-infiammatorie, sembra possa essere utilizzata come markerdella recettività endometriale. Questa citochina è nociva all'instaurarsi della gravidanza; infatti è risultata fortemente presente nello stroma uterino di pazienti in cui l'impianto era fallito.24 È importante sottolineare che le cellule del trofoblasto non esprimono HLA (Human Leukocyte Antigens) se si esclude l'HLA-G, una molecola della classe I del Complesso Maggiore di Istocompatibilità. Essa esercita una immunosoppressione inducendo l'apoptosi delle cellule T CD8(+) attivate ed una riduzione della proliferazione cellulare delle cellule T CD4(+). L'HLA-G inoltre regola la secrezione di citochine da parte delle cellule NK nella decidua. Durante la gestazione il numero delle cellule NK diminuisce ed infine i leucociti appaiono assenti.25 I macrofagi rappresentano il 20-30% delle cellule deciduali al sito di impianto e persistono lungo tutta la gravidanza. Essi sono con molta probabilità coinvolti nell'aggiustamento dell'immunità materno-fetale.26 Risale a venti anni fa il primo lavoro che segnalava la produzione da parte dell'embrione di un fattore solubile che causa l'attivazione piastrinica. Questo fattore, denominato PAF, viene anche prodotto dagli spermatozoi, dall'ovaio, dall'endometrio e dal feto. Esso non solo ha un effetto trofico sull'embrione, ma è coinvolto nella regolazione delle funzioni immunitarie materne. Infatti, la liberazione di PAF da parte dell'embrione determina una modificazione nella formazione delle rosette da parte dei linfociti T, modificazione che potrebbe rappresentare un segno della immunosoppressione materna.27 Infine, un ulteriore elemento che può condizionare l'impianto è dato dalla contrattilità uterina che è controllata dagli ormoni ovarici. La muscolatura liscia dell'utero deve essere rilassata all'atto della invasione trofoblastica ed il P è sostanzialmente responsabile di tale rilassamento mediante la liberazione di ossido nitrico che induce altresì vasodilatazione locale.

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Un'adeguata contrattilità muscolare è richiesta peraltro per il trasporto dell'embrione nella cavità tubarica fino all'impianto in utero.28

1Buhi W.C., Alvarez I.M., Kouba A.J., Secreted proteins of the oviduct, Cells Tissues Organs 2000, 166(2): 165-179. 2Kane M.T., Morgan P.M., Coonan C., Peptide growth factors and pre-implantation development, Hum Reprod Update 1997, 3(2): 137-157; Srivastava M.D., Lippes J., Srivastava B.I.S., Cytokines of the human reproductive tract, Am J Reprod Immunol 1996, 36(3): 157-166. 3Diaz-Cueto L., Gerton G.L., The influence of growth factors on the development of pre- implantation mammalian embryos, Arch Med Res 2001, 32(6): 619-626. 4Buhi, Alvarez, Kouba, Secreted proteins of the..., pp. 165-179. 5Aplin J.D., Kimber S.J., Trophoblast-uterine interactions at implantation, Reprod Biol Endocrinol 2004, 2: 48. 6Aplin, Kimber, Trophoblast-uterine interactions..., p. 48; Dupont S., Krust A., Gansmuller A. et Al., Effects of single and compound knockouts of E receptors (ER) and (ER) on mouse reproductive phenotypes, Development 2000, 127(19): 4277-4291. 7Osteen K.G., Rodgers W.H., Gaire M. et Al., Stromal-epithelial interaction mediates steroidal regulation of metalloproteinase expression in human endometrium, Proc Natl Acad Sci 1994, 91(21): 10129-10133. 8Fanchin R., Peltier E., Frydman R. et Al., Human chorionic gonadotropin: does it affect human endometrial morphology in vivo?, Semin Reprod Med 2001, 19(1): 31-35; Yang M., Lei Z.M., Rao C.V., The central role of human chorionic gonadotropin in the formation of human placental syncytium, Endocrinology 2003, 144(3): 1108-1120. 9Aplin, Kimber, Trophoblast-uterine interactions..., p. 48. 10Minas V., Loutradis D., Makrigiannakis A., Factors controlling blastocyst implantation, Reprod Bio Med Online 2005, 10(2): 205-216. 11Makrigiannakis A., Zoumakis E., Kalantaridou S. et Al., Corticotropin-releasing hormone promotes blastocyst implantation and early maternal tolerance, Nat Immunol 2001, 2(11): 1018-1024. 12Aplin, Kimber, Trophoblast-uterine interactions..., p. 48. 13Bentin-Ley U., Sjogren A., Nilsson L. et Al., Presence of uterine pinopodes at the embryo- endometrial interface during human implantation in vitro, Hum Reprod 1999, 14(2): 515-520; Usadi R.S., Murray M.J., Bagnell R.C., Temporal and morphologic characteristics of pinopod expression across the secretory phase of the endometrial cycle in normally cycling women with proven fertility, Fertil Steril 2003, 79(4): 970-974. 14Minas, Loutradis, Makrigiannakis, Factors controlling blastocyst..., pp. 205-216; Sueoka K., Shiokawa S., Miyazaki T. et Al., Integrins and reproductive physiology: expression and modulation in fertilization, embryogenesis, and implantation, Fertil Steril 1997, 67(5): 799-811. 15Minas, Loutradis, Makrigiannakis, Factors controlling blastocyst..., pp. 205-216. 16Wartiovaara J., Leivo I., Vaheri A., Expression of the cell surface-associated glycoprotein, fibronectin, in the early mouse embryo, Dev Biol 1979, 69(1): 247-257; Armant D.R., Bastocysts don't go it alone. Extrinsic signals fine-tune the intrinsic developmental program to trophoblast cells, Dev Biol 2005, 280(2): 260-280. 17Meseguer M., Aplin J.D., Caballero-Campo P. et Al, Human endometrial mucin MUC 1 is up-regulated by progesterone and down-regulated in vitro by the human blastocyst, Biol Reprod 2001, 64(2): 590-601.

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18Potter S.W., Gaza G., Morris J.E., Estradiol induces E-cadherin degradation in mouse uterine epithelium during the estrous cycle and early pregnancy, J Cell Physiol 1996, 169(1): 1-14. 19Meisser A., Chardonnens D., Campana A. et Al., Effects of tumor necrosis factor-a, interleukin-1 a, macrophage colony stimulating factor and transforming growth factor ß on trophoblastic matrix metalloproteinases, Mol Hum Reprod 1999, 5(3): 252-260. 20Cervero A., Horcajadas J.A., Dominguez F. et Al., Leptin system in embryo development and implantation: a protein in search of a function, Reprod Bio Med Online 2005, 10(2): 217-223. 21Kimber S.J., Leukaemia inhibitory factor in implantation and uterine biology, Reproduction 2005, 130(2): 131-145. 22Minas, Loutradis, Makrigiannakis, Factors controlling blastocyst..., pp. 205-216; Feinberg B.B., Anderson D.J., Steller M.A. et Al., Cytokine regulation of trophoblast steroidogenesis, J Clin Endocrinol Metab 1994, 78(3): 586-591; Yanushpolsky E.H., Ozturk M., Polgar K. et Al., The effects of cytokines on human chorionic gonadotropin (HCG) production by a trophoblast cell line, J Reprod Immunol 1993, 25(3): 235-247. 23Minas, Loutradis, Makrigiannakis, Factors controlling blastocyst..., pp. 205-216; Dunn C.L., Kelly R.W., Critchley H.O.,Decidualization of the human endometrial stromal cell: an enigmatic transformation, Reprod Biomed Online 2003, 7(2): 151-161. 24Leede-Bataille N., Olivennes F., Kadoch J. et Al., Detectable levels of interleukin-18 in uterine luminal secretions at oocyte retrieval predict failure of the embryo transfer, Hum Reprod 2004, 19(9): 1968-1973. 25Le Bouteiller P., The role of HLA-G expression in the embryo during implantation, J Gynecol Obstet Biol Reprod 2004, 33 (1 Pt 2): S 9-12. 26Abrahams V.M., Kim Y.M., Straszewski S.L. et Al., Macrophages and apoptotic cell clearance during pregnancy, Am J Reprod Immunol 2004, 51(4): 275-282. 27O' Neill C., The role of paf in embryo physiology, Human Reprod Update 2005, 11(3): 215-228. 28Bulletti C., De Ziegler D., Uterine contractility and embryo implantation, Curr Opin Obstet Gynecol 2005, 17(3): 265-276. * L'autore ringrazia le dott.sse Anna Giuli e Fortunata Iacopino per la collaborazione offerta nella revisione del manoscritto e nella raccolta della bibliografia.

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KEVIN T. FITZGERALD CONSIDERAZIONI BIO-MEDICHE ED ETICHE SULLA DIAGNOSI PREIMPIANTATORIA Nell'aprile del 1990, Alan H. Handyside e colleghi pubblicarono una lettera sulla rivista Nature.1 La rilevanza della lettera era nel fatto che per la prima volta si annunciava lo sviluppo di una gravidanza in seguito ad un processo che comprendeva la diagnosi genetica preimpianto (PGD) di embrioni fecondati in vitro (IVF) prima di essere impiantati nell'utero di due donne. Furono selezionati solo embrioni di sesso femminile da trasferire nel corpo delle due donne poiché ognuna aveva il 50% di probabilità di trasmettere una mutazione del cromosoma X che avrebbe colpito la discendenza maschile. Dato che non era possibile diagnosticare direttamente la malattia, i ricercatori cercarono il cromosoma Y negli embrioni. Quindi selezionarono per il trasferimento in utero solo quegli embrioni che non avevano il cromosoma Y avendo ipotizzato che la discendenza di sesso femminile non sarebbe stata colpita dalle mutazioni del cromosoma X poiché la discendenza femminile erediterebbe anche un cromosoma X dal padre che non contiene le mutazioni identificate. La pubblicazione di questo primo successo della PGD fu il risultato dei tentativi della ricerca di combinare la rapida espansione nel campo dei test genetici con la crescente pratica della IVF. L'idea alla base dello sviluppo della PGD era la possibilità di effettuare test sugli embrioni allo scopo di individuare malattie genetiche prima del loro impianto nell'utero materno e dell'inizio di una gravidanza. La scoperta di un problema genetico prima dell'impianto porta al presunto vantaggio della soppressione dell'embrione piuttosto che dell'interruzione di una gravidanza “ nell'ipotesi che altri esami effettuati prima della nascita rivelino il problema genetico e il feto sia abortito o muoia in utero ” o la nascita di un bambino con una malattia genetica. Questi presunti vantaggi dell'impiego della PGD implicano molti presupposti, valutazioni e affermazioni che richiedono un'analisi attenta e approfondita circa la loro accuratezza e legittimità. Non è intenzione di questa presentazione effettuare tale analisi approfondita. Tuttavia, si porranno alcune questioni riguardanti i presunti vantaggi e obiettivi della PGD come parte dell'analisi della tecnologia della PGD con lo scopo di fornire una breve descrizione della tecnologia stessa e dei problemi etici che essa solleva. Come affermato precedentemente, la PGD è il risultato della combinazione di IVF e test genetici. Il vantaggio di utilizzare embrioni fecondati in vitro deriva dal fatto che sono accessibili prima che la gravidanza abbia inizio. Questi embrioni vengono creati in un disco di Petri, al di fuori del corpo della donna. Gli embrioni sono formati utilizzando lo sperma di un donatore (che può essere o non essere il marito della donna che riceverà gli embrioni) e gli ovociti ottenuti attraverso iperstimolazione delle ovaie della donna (che può essere o non essere colei che riceverà gli embrioni) così che diversi follicoli possano essere prelevati in una volta sola. Dopo la fecondazione dell'ovulo da parte dello spermatozoo, esistono metodi più o meno diretti per fare delle analisi sull'embrione con tecnologie PGD. La tecnica più comune è anche l'approccio più diretto e consiste nella penetrazione della zona pellucida (uno strato protettivo che circonda l'embrione durante lo sviluppo) e nel prelievo di una o due cellule per l'effettuazione del test. Questa tecnica si usa normalmente allo stadio di 6-8 cellule dello sviluppo embrionale ossia, approssimativamente, a 3 giorni dalla fecondazione. In alternativa, il prelievo di cellule dall'embrione si può effettuare allo stadio di blastocisti (l'embrione di 100 o più cellule al 5o o 6o giorno circa dalla fecondazione) che è tecnicamente più semplice e permette il prelievo di più cellule per l'analisi. Tuttavia l'effettuazione del test sulla blastocisti lascia meno tempo per l'analisi, l'interpretazione e la decisione prima che gli embrioni selezionati siano trasferiti nell'utero. Indipendentemente dal metodo diretto utilizzato per ottenere cellule embrionali da testare, l'obiettivo dell'esame è quello di individuare gli embrioni più adatti ad essere trasferiti nell'utero della donna.2 Di qui, la grande attenzione necessaria affinché non si danneggino gli embrioni soggetti a PGD dato che

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tale tecnica può presumibilmente compromettere lo sviluppo successivo degli embrioni. Naturalmente la stessa ragion d'essere della PGD sarebbe messa in dubbio se il processo stesso creasse embrioni con una minore probabilità di impianto e sviluppo dopo trasferimento in utero. Il metodo più indiretto, utilizzato più di rado rispetto al primo, ha il vantaggio di non prevedere il prelievo di cellule dall'embrione e, quindi, ha meno possibilità di danneggiare l'embrione stesso. Potrebbe anche essere l'unico metodo disponibile laddove fosse proibita la biopsia diretta dell'embrione.3 Tuttavia, poiché non si esamina direttamente l'embrione, si utilizza il risultato del test per inferire il contributo materno alla costituzione genetica dell'embrione. Le cellule che si esaminano sono i corpi polari che contengono i cromosomi scartati nel momento in cui i cromosomi della cellula uovo si riducono ad una singola copia per potersi unire adeguatamente alla singola copia dei cromosomi derivanti dallo spermatozoo durante la fecondazione. Il primo corpo polare si crea durante il processo di meiosi quando i cromosomi materni duplicati si dividono a metà da uno stato 4N (cromosomi duplicati in quattro copie per preparare la divisione cellulare) ad un normale stato diploide 2N (due copie). Usando come riferimento la costituzione genetica materna, l'esame di questo corpo polare permette di capire quali degli alleli materni (normalmente ciascun gene in ogni essere umano ha due copie, o alleli, uno su ogni paio di cromosomi) è stato trasmesso alla cellula uovo. Il secondo corpo polare si ottiene quando viene rimossa la metà dei cromosomi della cellula uovo così che il corredo cromosomico aploide (1N) dell'ovocita materno si unisce al corredo cromosomico aploide dello sperma per dar vita ad un normale embrione diploide (2N). L'esame dei due corpi polari permette di individuare lo specifico allele materno ereditato dall'embrione. Il limite ovvio di questo metodo indiretto, è rappresentato dal fatto che non si conoscono gli alleli paterni ereditati dall'embrione. Un ulteriore limite è rappresentato dal rischio del deperimento del corpo polare che può causare l'insuccesso dell'esame. Indipendentemente dal metodo usato, le modalità di analisi del materiale genetico delle cellule prelevate sono le stesse. Se l'obiettivo dell'esame è il numero o la composizione dei cromosomi nelle cellule di un embrione, allora si marcano i cromosomi delle cellule selezionate in modo da poterle riconoscere al microscopio. Se invece l'obiettivo dell'esame è un allele specifico o la sequenza genica, allora la sequenza del DNA in questione può essere amplificata attraverso un processo denominato Polymerase Chain Reaction (PCR). Tale processo permette di riprodurre copie sufficienti di sequenze di DNA allo scopo di effettuare una lettura accurata della sequenza stessa e individuare quelle sequenzedifettose. Certamente l'attendibilità dei risultati della PGD dipende anche dall'esperienza di chi effettua il test. Ma anche con uno staff esperto rimane un certo margine di rischio che l'esame produca risultati ambigui o falsi. Tale inattendibilità può essere determinata da errori tecnici o da alcune caratteristiche dell'embrione stesso, come il mosaicismo (cioè, quando l'embrione è costituito da un insieme di cellule di diversa costituzione genetica).4 Una breve indagine online sulle cliniche in cui si pratica la IVF mostra che il tasso medio di errore nella diagnosi in questione si aggira intorno al 10%. Un centro per la fertilità ha quantificato il rischio di risultati falsi o ambigui in una percentuale che varia dal 5 al 15% circa.5 Oltre a questo tipo di rischio, ci sono anche i rischi legati alla manipolazione in vitro di cui si è detto. Nonostante non ci siano ancora dati sufficienti per quantificare tali rischi, specialmente i rischi a lungo termine dopo la nascita, il processo di PGD che prevede il prelievo di una o più cellule dall'embrione precoce, porta ovviamente con sé la possibilità di danneggiamento dell'embrione, provocando danni che, magari, non possono manifestarsi se non dopo la nascita. Inoltre se la PCR viene utilizzata nell'esame delle cellule prelevate dall'embrione, si considera raccomandabile che l'uovo sia fecondato attraverso l'iniezione diretta dello spermatozoo nell'ovocita (ICSI).6 Tale tecnica è di per sé correlata ad alcuni rischi come quello di anomalie genetiche o di trasmissione di fattori determinanti l'infertilità maschile nella progenie.7 Oltre ai rischi della PGD e dell'ICSI, ci sono i rischi derivanti dallo stesso processo di IVF. Esistono evidenze di un aumento significativo del rischio di parti plurigemellari con la IVF (naturalmente

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dipendente dal numero di embrioni trasferiti in utero) così come un rischio aumentato di basso peso alla nascita, di parto prematuro e di mortalità perinatale nei parti non gemellari.8 Pertanto, come già ricordato, qualsiasi fattore che aumenti il rischio nei processi di IVF/ICSI/PGD, non producendo il risultato atteso di un bambino sano o con determinate caratteristiche, mette in dubbio le ragioni che i sostenitori della PGD usano spesso per giustificare l'impiego di tali tecniche. Tuttavia, nella considerazione degli obiettivi e dei rischi di questi processi è importante notare che anche nelle linee guida della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia riguardanti la PGD, la considerazione del benessere del bambino nato con IVF/PGD sono semplicemente controbilanciatedall'autonomia e libertà riproduttive della coppia.9 Quindi, come vedremo, il benessere del bambino, che nascerà in seguito a PGD, non è l'unica ragione, né la più importante, per l'impiego della PGD stessa. Attualmente negli Stati Uniti il costo della PGD è valutato tra i 1500 e i 3500 dollari.10 Di norma la spesa non è coperta dall'assicurazione e ad essa bisogna aggiungere il costo normale della IVF. Inoltre, sebbene la PGD sia costosa e preveda rischi determinabili e indeterminabili, il numero di esami effettuati e quello di bambini nati in seguito a PGD continua ad aumentare (più di 1000 nascite dopo PGD in tutto il mondo).11 Questo aumento nella pratica di PGD è dovuto in parte al rapido allungamento della lista di patologie o condizioni che possono essere individuate grazie all'uso di questo tipo di esame. Uno dei motivi sempre più comuni che spingono ad effettuare la PGD è l'identificazione degli embrioni aneuploidi (con un numero di cromosomi diverso dal normale) o con altre anomalie cromosomiche. Questo tipo di esame è anche chiamato PGD a basso rischio o screening genetico preimpianto (PGS).12 I primi test per l'aneuploidia erano finalizzati essenzialmente all'identificazione di embrioni con un corredo cromosomico anomalo associato a malattie note come la Sindrome di Down (trisomia 21) e la Sindrome di Turner (singolo cromosoma X). Più di recente, la ricerca si è interessata alla correlazione tra embrioni con aneuploidia (in tutte o solo in alcune delle cellule) e riduzione dei tassi di gravidanze a termine. Questi studi hanno avuto una rapida evoluzione e sono iniziati con la normale PGD utilizzata per studiare tale correlazione tra gli scarsi risultati in termini di gravidanze e l'aneuploidia dell'embrione.13 Attualmente questo indirizzo di ricerca coinvolge molti studi sui limiti della PGD nello stabilire tale correlazione tra aneuploidia e tassi di nascita dovuti al numero non uniforme e instabile dei cromosomi analizzati in diverse cellule dell'embrione precoce.14 Quindi, come succede spesso in ambito scientifico, ulteriori ricerche hanno rivelato che ciò che inizialmente appariva come una relazione relativamente semplice tra una condizione osservata (aneuploidia in una o due cellule di un embrione di 8 cellule) ed un risultato specifico (insuccesso della gravidanza), può rivelarsi, in realtà, un fatto molto più complesso, ancor più difficile da prevedere. Tale complessità deve essere riconosciuta e considerata con attenzione, specialmente quando l'effettuazione della PGD richieda alti livelli di precisione e affidabilità che potrebbero non essere possibili a causa dell'insufficienza dei dati di cui si dispone.15 Oltre ai test per l'aneuploidia, oggi si possono trovare cliniche della fertilità che praticano dozzine di esami per malattie genetiche. La gamma di queste va da malattie con singole mutazioni conosciute (anemia falciforme e fibrosi cistica) a condizioni genetiche più complesse che non esitano necessariamente in uno stato patologico, ma aumentano semplicemente la probabilità che si verifichino le patologie, alcune delle quali in età non troppo avanzata (come l'Alzheimer, la Chorea di Huntington e il tumore del seno BRCA-relato). In parte, l'aumento del numero di PGD effettuate è dovuto al desiderio di non trasmettere alla propria progenie queste caratteristiche genetiche. La lista delle condizioni genetiche per le quali è possibile effettuare l'esame è probabile che continui ad allungarsi fintanto che si potrà tecnicamente testare ogni sequenza genica una volta che sia stata associata ad una particolare condizione o a fattori di interesse. Tale situazione solleva la questione della selezione degli embrioni sulla base di caratteristiche non correlate ad una malattia, problema che già riguarda la PGD per la selezione del sesso e la tipizzazione

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tissutale. Per quanto riguarda quest'ultima, la PGD è utilizzata per identificare embrioni che non solo non abbiano malattie genetiche di cui i genitori possono essere portatori, ma che siano anche HLA (histocompatibility/human leukocyte antigen) compatibili con un fratello/sorella maggiore al quale sia stata trasmessa o che abbia acquisito una patologia. Impiantare embrioni istocompatibili offre la possibilità di far crescere un feto che può successivamente diventare donatore di tessuto o organo per il fratello malato. Tale recente applicazione della PGD solleva il problema della selezione embrionale non finalizzata al benessere degli embrioni selezionati, ma a quello di altri. Fino ad oggi, la selezione per istocompatibilità è stata utilizzata per acquisire tessuti per un fratello. Non è questa l'unica possibilità, ma è quella che offre più probabilità in merito alla compatibilità. Attualmente, la problematica della tipizzazione tissutale si concentra nei casi di coppie che decidono di avere un bambino allo scopo di fornire tessuti o organi per un fratello malato.16 In ogni caso, la tecnologia legata all'uso di cellule staminali embrionali umane potrebbe progredire fino a rendere tecnicamente più conveniente l'impiego di embrioni selezionati per produrre linee di cellule staminali destinate al trapianto di tessuti piuttosto che il trasferimento in utero degli embrioni. Tale sviluppo eliminerebbe il problema etico legato al valore, qualità e indipendenza del bambino nato in seguito a PGD e sposterebbe il fulcro della questione sugli embrioni selezionati e la loro necessaria distruzione. Naturalmente, la ricerca necessaria ad ottenere queste capacità tecniche, richiederebbe il sacrificio di embrioni umani che verrebbero distrutti per arrivare a definire la sicurezza e la prevedibilità del processo. Come ricordato all'inizio di questa presentazione, la PGD venne usata inizialmente per identificare e scartare gli embrioni di sesso maschile, poiché il sesso maschile era associato ad un rischio molto maggiore di nascere con le malattie genetiche che si volevano combattere. Non esiste una ragione tecnica per limitare la selezione di embrioni XX o XY allo scopo di ridurre il rischio di malattia. Infatti, già esiste un ampio dibattito sull'uso della PGD per la selezione del sesso e il “bilanciamento familiare” (una versione delle tesi sulla selezione del sesso che riconosce un'ulteriore giustificazione alla selezione del sesso degli embrioni se in una famiglia già ci sono uno o più bambini dello stesso sesso). Un tale uso della PGD per la selezione del sesso mette a margine il problema medico per spostarsi più chiaramente verso l'ambito della scelta individuale come base della selezione degli embrioni. Se questa tendenza ad utilizzare la PGD per la selezione degli embrioni basata sulla scelta dei genitori o dei clienti perdurasse o si incrementasse, i sostenitori di questo modo d'impiego della PGD dovranno giustificare l'accesso, i costi e i rischi della PGD (per non parlare della distruzione di embrioni umani) soprattutto o esclusivamente sulla base dell'autonomia e della scelta individuali. Questo slittamento della giustificazione dell'uso della PGD da ragioni mediche a ragioni basate soprattutto o esclusivamente sull'autonomia individuale o di gruppo, è già presente nel dibattito riguardante la PGD e non sorprende molto se si considera che tutto ciò che ha a che fare con la medicina e con la tecnologia medica sia ormai soggetto a questo spostamento. Nel decidere sulla legittimità di un intervento medico o tecnologico sugli esseri umani, la professione medica e la società devono sempre valutare i benefici attesi rispetto ai danni che si verificheranno o che potrebbero verificarsi. Una parziale spiegazione dell'attuale allontanamento da ragioni mediche e terapeutiche verso la preminenza dell'autonomia individuale nella giustificazione di alcuni rischi, è la crescente confusione intorno al significato della salute e della terapia. Da un lato vi è il sempre maggiore riconoscimento, da parte dei bioeticisti, della difficoltà, se non dell'impossibilità, di distinguere tra terapie e interventi migliorativi.17 Dall'altro lato, anche se è ritenuto necessario che ci sia qualche tipo di malattia o di malessere per giustificare l'assunzione del rischio di una procedura, non sono chiari i parametri valutativi poiché ciò che si intende per malattia o per malessere dipende essenzialmente da chi osserva. Ad esempio, qual è il punto oltre il quale i rischi associati alla chirurgia ricostruttiva diventano più importanti dei benefici, soprattutto se questi ultimi riguardano primariamente l'accettazione sociale? Il dibattito attuale sul trapianto del volto su individui gravemente sfigurati è un esempio emblematico della tensione esistente in un procedimento medico ad alto rischio

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che implichi principalmente un fattore negativo psicologico o sociale. La confusione sulla la definizione di salute e di malattia è stata incrementata anche dalla rapida espansione delle conoscenze genetiche e di biologia molecolare. Già sappiamo che alleli che risultano essere nocivi in alcune condizioni, possono invece essere benefici in altre (per esempio, l'anemia falciforme e fibrosi cistica). Scartando alcuni alleli o condizioni genetiche influenzeremo la diversità e il vigore delle generazioni future per seguire le mode morfologiche o comportamentali? In questo caso, che pressione si eserciterà sui bambini nati da una selezione fatta per queste ragioni “ compresa la scelta del sesso? Che succederebbe se un bambino selezionato per sesso decidesse di cambiarlo per via chirurgica o comportamentale? Se l'autonomia è il criterio fondamentale, i genitori di un bambino hanno il diritto di scegliere il sesso del bambino, considerando il fatto che al bambino potrebbe non piacere il sesso scelto per lui? I genitori, come loro dovere, prendono molte decisioni per i propri figli. Tuttavia cambiare i vestiti o uno strumento musicale al bambino, è molto più semplice che alterare un carattere fisiologico come il sesso. Inoltre, i bambini si comporteranno in modo "salutare" una volta venuti a sapere di essere stati selezionati perché resistenti all'obesità, al cancro, ect.? Potrebbe succedere che tale selezione abbia come esito una popolazione ancora più esposta a causa di un falso senso di sicurezza. Sappiamo che si possono avere figli per diversi motivi, compresi i motivi egoistici, dovremmo allora aggravare questa situazione permettendo che la PGD sia usata per assecondare questi desideri egoistici che riguardano direttamente il bambino? Se l'autonomia individuale diventa la giustificazione ultima per l'impiego di tecnologie come la PGD, diventerà ancora più difficile evitare queste situazioni negative. Lo scopo di questa presentazione era quello di fare una breve analisi della diagnosi genetica preimpianto e di alcune delle questioni etiche più importanti ad essa correlate e che trovano spazio nell'ambito più ampio della medicina e dell'etica. Le conclusioni raggiunte su un eventuale uso legittimo della PGD influenzeranno, ma saranno anche influenzate, da problemi etici di più ampia portata, come la definizione di salute e del ruolo dell'autonomia individuale rispetto alla professione medica e alla società. Il rapido progresso delle scoperte biologiche e della tecnologia medica possono rendere i giudizi su cui si basano le conclusioni ancora più difficili e importanti. In considerazione di tale importanza, bisogna aggiungere un'ultima considerazione sull'uso o il non uso della PGD: che impatto avranno i nostri giudizi sulla PGD sulle persone più deboli e bisognose della nostra società? I nostri giudizi sulla PGD creeranno divisioni ancora maggiori tra chi conta e chi non conta nelle nostre società oppure contribuirà a ridurre questa distanza? Da questo punto di vista la PGD ha un problema intrinseco: qualsiasi tecnologia che offra la possibilità di discriminazione tende ad aumentare le differenze e le distanze tra le persone. È questo quello che vogliamo?

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1Handyside A.H., Pregnancies from biopsied human pre-implantation embryos sexed by Y-specific DNA amplification, Nature 1990, 344: 768-770. 2Per una spiegazione più esauriente dei metodi di biopsia embrionale, si veda European Society of Human Reproduction and Embryology Guidelines for PGD, nella sezione dedicata a “Embryo culture and biopsy”, in Thornhill A.R., Eshre PGD Consortium, Best practice guidelines for clinical pre-implantation genetic diagnosis (PGD) and pre-implantation genetic screening (PGS), Human Reproduction 2005, 20(1): 35-48. 3Ibid., pp. 39-40. 4Baart E.B., Pre-implantation genetic screening reveals a high incidence of aneuploidy and mosaicism in embryos from young women undergoing IVF, Human Reproduction 2005. 5Si veda, ad esempio il sito Web del Advanced Fertility Center di Chicago (www.advancedfertility.com). 6Thornhill, Eshre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 40. 7Foresta C., Genetic Abnormalities among Severely Oligospermic Men Who Are Candidates for Intracytoplasmic Sperm Injection, The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 2005, 90(1): 152-156. 8http://www.dnapolicy.org/tools-content/pdfs/1/64441.pdf. 9Thornhill, Eshre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 45. 10Ibid. 11www.dnapolicy.org, Reproductive Genetic Testing: Issues and Options for Policymakers, 2004: 23. 12Thornhill, Eshre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 35. 13Delhanty J.D., Pre-implantation genetics: an explanation for poor human fertility? Annals of Human Genetics 2001, 65: 331-338. 14Baart, Pre-implantation genetic screening... 15Shahine L.K., Cedars M.I., Pre-implantation genetic diagnosis does not increase pregnancy rates in patients at risk for aneuploidy, Fertility and Sterility 2006, 85(1): 51-56. 16Thornhill, Ehre PGD Consortium, Best practica guidelines..., p. 38. 17President's Council on Bioethics, Beyond Therapy: Biotechnology and the Pursuit of Happiness, New York: Harper Collins Publishers Inc., 2003: 13-16.

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MARIE-ODILE RETHORÉ DIAGNOSI PRENATALE E DIAGNOSI PREIMPIANTATORIA: IL PUNTO DI VISTA DEI GENITORI Le conquiste della medicina sono un fatto concreto e meraviglioso! La ricerca va avanti e non ha alcuna intenzione di fermarsi. Si potrebbe fare ottima ricerca anche senza mettere a rischio neppure la vita di una sola persona. Non trascorre una settimana senza una scoperta sensazionale...Il lavoro è enorme! Le difficoltà che si incontrano oggi nel portare avanti una buona ricerca non sono un fatto recente. Quando Bourneville chiese alla Public Health un credito per migliorare l'assistenza degli handicappati nell suo reparto al Salpetriere Hospital, gli fu risposto: “I bambini idioti non meritano questi investimenti. Essi sono degli assoluti non-valori”. Nonostante ciò, come piaceva ripetere al professor Lejeune, noi non li abbandoneremo! Far nascere un bambino handicappato è estremamente doloroso e niente o nessuno è in grado di lenire tale dolore. Coloro che hanno il compito di accompagnare i genitori, specialmente all'inizio, hanno una pesante responsabilità. Il futuro del bambino e l'armonia della coppia dipenderanno in larga misura dal loro modo di porsi. Le malattie invalidanti sono terribili. Le ricerche per conoscerle meglio e limitare le loro conseguenze devono andare avanti. Vale la pena dedicare la vita a questo. Come diceva spesso il professor Lejeune, noi non ci stancheremo mai. Ma ciò non può essere fatto ad ogni costo. Dobbiamo smetterla di fingere di credere che la ricerca sia neutrale e che solo le sue applicazioni possano essere qualificate come buone o cattive. Le scelte si fanno ben prima delle scoperte. Gli strumenti tecnici per l'osservazione del bambino durante la sua vita intruterina sono sempre più efficaci. Gli ultrasuoni o l'ecografia (l'immagine tridimensionale a colori del bambino), l'amnioscopia, sono in grado, quando effettuate da mani esperte, di vedere anche le più lievi malformazioni. Ma dobbiamo renderci conto, nel bene e nel male, che molto spesso si trova solo ciò che si sta cercando. Alcune immagini sono difficili da interpretare. Alcuni falsi negativi sono erroneamente rassicuranti e alcuni falsi positivi, che comprensibilmente creano grande angoscia nei genitori, conducono anche ad abortire bambini perfettamente formati. L'esame dei cromosomi del bambino può essere effettuato, a partire dalla settima settimana di vita intrauterina, attraverso la vagina con una biopsia della placenta o più tardi, alla sedicesima settimana di vita, attraverso punzione del liquido amniotico in cui desquama la pelle del feto. L'analisi del cariotipo rende possibile conoscere il sesso del bambino (importante nelle malattie sesso-relate) e se il bambino è affetto da malattie correlate ad aberrazione cromosomica. Tali patologie sono piuttosto frequenti: si verificano in un concepimento su due. Una delle malattie più frequenti, a termine, è la Trisomia 21: 1 bambino su 650. Il 98% dei casi si verifica in famiglie che non hanno particolari precedenti. La loro frequenza aumenta con l'età della madre. Sono causa di malformazioni viscerali più o meno gravi nel bambino, ma soprattutto di un ritardo nello sviluppo psicomotorio la cui gravità varia da un'anormalità cromosomica ad un'altra e, per la stessa anormalità, da un bambino ad un altro. In nome del principio di precauzione, sempre più donne si sottopongono ad amniocentesi. Attualmente, si effettuano 80.000 esami all'anno, che rappresentano l'11-12% delle donne in gravidanza. La percentuale sale al 15% nell'area di Parigi. In un dibattito organizzato nel marzo del 2005 all'Ospedale Clamart, il prof. Frydman, direttore del Reparto di Ostetricia, ha affermato, “il numero di questi esami è in continua crescita nonostante esponga al rischio di aborto a causa della microlesione delle membrane (come nello scudo termico dello Shuttle americano) in una percentuale che oscilla tra lo 0.5 e l'1% dei casi, fino al 2%, e al rischio di parto prematuro alla 25a-26a settimana”.

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Pertanto oggi, cercando la perfezione, si provocano molti aborti in donne che portano in grembo bambini perfettamente sani nei quali non sono state rilevate patologie che potrebbero indurre, altrimenti, a ricorrere all'aborto. A tale proposito, vale la pena notare che attualmente a Parigi, in questi casi, meno del 50% delle coppie richiede un aborto e lo fa solo quando la patologia cromosomica riguarda un deficit mentale. Secondo il prof. Frydman, questa proliferazione di amniocentesi, dovuta ad un eccesso di precauzione, solleva un grave problema di sanità pubblica. È necessario, ha affermato il prof. Frydman, “spiegare alle donne i pericoli e i rischi di questa tecnica poiché sappiamo quanto sia facile indurre preoccupazione in una donna gravida proponendole una serie di esami con lo scopo, diciamo così, di rassicurarla”. La Francia è il primo Paese al mondo per il numero di diagnosi prenatali e il rilievo di malformazioni fetali attraverso l'ecografia, l'amniocentesi e il dosaggio di alcuni markers presenti nel sangue della madre per i quali una concentrazione abnorme può essere associata a malattie o malformazioni del bambino. Tuttavia, secondo il prof. Frydman, “la ricerca di questi markers tra la quindicesima e la diciottesima settimana di gravidanza sono lungi dall'essere affidabili”. Questo tipo di esame ha cominciato ad essere proposto alle donne gravide nel 1996. Nel 1997, quando il test era a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ne furono fatti 380.000. Il numero è aumentato del 20% nel 1998 ed è costato allo Stato 124 milioni di franchi. Oggi è proposto – non imposto – a tutte le donne gravide. Tutti gli esami effettuati sul feto provocano indubbiamente stress e sofferenza nel feto stesso, effetti che oggi siamo in grado di analizzare e misurare e che hanno conseguenze nel futuro del feto. Oggi sappiamo che la composizione del liquido amniotico cambia dopo la punzione o dopo il prelievo di un campione di sangue dal feto. Un'ecografia fatta in questo frangente mostra che il feto ha una reazione di arretramento, proprio come qualsiasi bambino, e il suo battito cardiaco aumenta. Queste osservazioni hanno portato a consigliare l'analgesia durante i test. In Francia, l'anestesia per il feto è obbligatoria se l'aborto ha luogo dopo la 24a settimana di vita intrauterina. Non bisognerebbe trascurare le conseguenze delle ansie materne sul bambino che è nell'utero, ma neppure l'amore della madre. Il prof. Relier, direttore del Reparto di Medicina Neonatale presso l'Ospedale Port-Royal, ha fortemente enfatizzato proprio questo aspetto durante un Congresso in Italia del 1999. “È stato dimostrato che, come il supporto nutritivo o la qualità degli scambi tra la placenta e il feto, le emozioni della madre, la gioia, la sofferenza, hanno una forte influenza sul feto. Alla luce di ciò, l'amore rappresenta senza dubbio lo stimolo più appropriato per la crescita e l'equilibrio armonioso di un essere di qualità”. La diagnosi genetica preimpianto rappresenta un'alternativa alla diagnosi prenatale. Consiste nell'effettuare un'analisi genetica degli embrioni ottenuti attraverso fecondazione in vitro e il trasferimento all'interno dell'utero solo degli embrioni sani. Fino ad oggi, il test non è stato autorizzato dalla legge, tranne che per le coppie con un rischio specifico di mettere al mondo un bambino affetto da una malattia genetica ritenuta incurabile all'epoca della diagnosi. Molti lo considerano come un mezzo per prevenire l'aborto dopo la diagnosi prenatale, come un male minore per ridurre la sofferenza dei genitori, dato che un aborto lascia sempre tracce indelebili. È ovvio che se si elimina un embrione allo stadio di quattro cellule, non sarà necessario uccidere un feto e ancora meno sopprimere un bambino o un anziano malato, ma questo non mi sembra un modo accettabile per risolvere il problema! La diagnosi preimpianto richiede la fecondazione in vitro che generalmente si realizza iniettando lo spermatozoo all'interno dell'ovocita ottenuto attraverso una iperstimolazione ovarica. Allo stadio di sei-dieci cellule dell'embrione, viene prelevato un campione di una o due cellule che vengono messe in coltura per l'esame genetico. Le altre cellule sono tenute in attesa o congelate. In base ai risultati delle colture, poi, si scelgono gli embrioni sani mentre gli altri vengono scartati. Tale procedura solleva molte questioni, innanzitutto in merito alla tecnica usata. L'azione invasiva di rimuovere una o due cellule dall'embrione di tre giorni può compromettere lo sviluppo successivo delle cellule rimanenti che verranno trasferite nell'utero? L'embriologia sperimentale offre delle risposte

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rassicuranti sugli animali, ma abbiamo il diritto di sperimentare sull'uomo? A Parigi, degli 872 ovociti raccolti dal gennaio 2000 al luglio 2001, 731 furono fecondati e 127 impiantati. Ad oggi sono nati 16 bambini, comprese 4 coppie di gemelli. Non sono stati rilevati errori diagnostici in seguito ai controlli. Tutti questi bambini saranno sotto osservazione per tre anni. Sono facilmente immaginabili i rischi di deviazione aggravati, nel nostro Paese, dalla mancanza di una definizione dello status dell'embrione che ingenera il timore di una minore protezione dell'embrione rispetto al feto. Il fatto meno traumatico che si agisca al di fuori dell'organismo materno può condurre alla banalizzazione del fenomeno e quindi alla diffusione della pratica verso una sorta di medicina predittiva con confini molto vaghi. Si teme che le richieste possano essere dettate da motivazioni di carattere meramente utilitaristico come la scelta del sesso o anche la pressione sociale, o il rischio di strumentalizzazione del bambino che potrebbe essere concepito non per se stesso, ma per essere usato come mezzo terapeutico per uno dei suoi fratelli o sorelle. Si possono accettare quelli che alcuni brutalmente chiamano bambini-medicina? È questo il caso di Adam, un bimbo nato negli Stati Uniti il 29 agosto 2000. Adam fu concepito in vitro e selezionato tra altri embrioni sani come lui, ma che a causa della loro incompatibilità immunitaria del sistema HLA non potevano essere utilizzati come donatori di cellule ematiche, il cui innesto rappresentava l'unica possibilità di cura per la sorella maggiore. In Francia, circa 40 coppie hanno chiesto questo tipo di manipolazione. Questa procedura risulta gravosa per la madre che deve essere sottoposta a iperstimolazione ovarica per produrre, se non è sterile, diversi embrioni. Dopo essere stati esaminati, solo due embrioni saranno impiantati con una probabilità di ottenere una gravidanza di appena il 12-15%. L'analisi della compatibilità con il bambino da salvare è molto delicata...e cosa succederà se nessuno degli embrioni prodotti sarà compatibile? Che ne sarà di quegli embrioni che non verranno impiantati, anche se sono sani e compatibili, qualora la coppia decidesse di non avere più figli? Le quaranta settimane di questa gravidanza iper-medicalizzata appariranno sicuramente molto lunghe, soprattutto se le condizioni di salute del bambino malato peggiorassero. Allora non si avrà forse la tentazione di provocare il parto, anche se molto prematuramente, per salvare il bambino malato? Come vivrà la sua situazione il bambino salvatore? Come si porrà di fronte all'eventualità che siano necessari ulteriori innesti e come vivrà la morte del fratello/ sorella maggiore che non sarà riuscito a salvare? Ci sono molte domande che non hanno una risposta semplice, e sia il team medico sia i genitori ne devono essere coscienti. Il Comitato Nazionale di Etica ha espresso il proprio parere a questo proposito nel luglio 2002: “Se la procreazione medicalmente assistita non fosse più finalizzata a favorire la nascita dei bambini per se stessi, ma per essere utilizzati allo scopo di salvare un altro bambino, allora vivremmo in una società che disprezza se stessa”. Alcune malattie genetiche, tra cui la Chorea di Huntington causate da un gene dominante localizzato sul cromosoma 4, compaiono tardivamente, generalmente dopo i 50 anni di età. Quando la persona portatrice di questo gene è giovane è in perfetta salute e può avere dei figli, ma ha il 50% di possibilità di trasmettere il gene ai propri figli. Se la persona volesse procreare con la certezza di non correre rischi di questo genere, potrebbe, attraverso un'analisi genetica, scoprire se è portatrice o meno del gene in questione. Di fatto, la maggior parte delle persone preferisce non sapere. Abbiamo il diritto di comunicare ad un uomo di 30 anni in perfetta salute che è portatore di un gene che è stato rilevato anche nel padre all'età di 55 anni e che causa la demenza? E abbiamo il diritto di dirgli che c'è una possibilità su due di trasmettere il gene ai propri figli...che non esistono terapie per questa malattia che inevitabilmente condurrà alla demenza intorno ai 50 anni di età? Ciascuno ha il proprio peso da portare nella vita che gli viene dalla propria storia, dalla famiglia, ma è davvero compito del medico fornire informazioni di questo tipo che non sempre si vogliono conoscere? È necessario porsi queste domande per conoscere il limite oltre il quale non andare quando la medicina ha la tentazione di irrompere nella vita delle persone. Ciò richiede una estrema attenzione in termini di rispetto della

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persona e del diritto di ciascuno di accettare o meno un test così come il desiderio di ciascuno di sapere o di non sapere. Il prof. François Gros, Segretario Permanente dell'Accademia delle Scienze, ammonisce: “Possiamo facilmente immaginare a cosa assomiglierebbe una società in cui la ricerca di predisposizioni genetiche fosse sistematica o, peggio, se diventasse obbligatoria...in cui l'individuo fosse subordinato al volere eugenico della collettività”. Se l'uomo di 30 anni non volesse sapere – e sarebbe un suo legittimo diritto – ma volesse essere sicuro che il suo bambino non abbia il gene, gli si potrebbe proporre una diagnosi prenatale che rivelerebbe se il feto ha ricevuto un cromosoma 4 dal nonno paterno. Ma non si farebbe alcun tentativo per capire se è il cromosoma 4 che porta il gene nocivo o se è un altro (una possibilità su due) dato che se si sapesse che è il gene nocivo, allora il padre verrebbe a conoscenza di esserne portatore. Ma egli non vuole sapere...In questo caso si accetta a priori il rischio di eliminare un feto sano nel 50% dei casi. Gli si potrebbe proporre anche una diagnosi preimpianto in modo da impiantare un embrione sicuramente sano. Ma cosa si farebbe se tutti gli embrioni prodotti fossero malati? Il mancato impianto farebbe intendere al padre di essere anch'egli malato...In una situazione come questa si può vedere come la volontà di non sapere non sia così semplice da rispettare come si potrebbe immaginare e quindi il diritto a non sapere non può essere condannato in assoluto e deve essere rispettato. Si può immaginare come in tutto ciò, per le famiglie e per i medici, ci sia una terribile tentazione. Queste malattie sono gravi. La maggior parte di queste, per il momento, non ha soluzioni terapeutiche. Tutti propongono l'aborto in caso di anomalie durante la vita intrauterina. Ci sono anche alcuni che pensano che sarebbe un errore professionale non farlo. Alcune famiglie intentano processi quando il bambino nasce portatore di una di queste patologie, perché non gli è stata data la possibilità di abortire. Molti medici, per autoassolversi, propongono e addirittura suggeriscono l'abbandono. Ad oggi a Parigi, un bambino su quattro, affetto da trisomia 21, viene abbandonato alla nascita. Alcuni genitori riescono a resistere alla tentazione con un grande coraggio che tuttavia non allevia la sofferenza. Pochi giorni dopo aver incontrato tre giovani genitori che stavano vivendo questo dramma, ho ricevuto questa lettera: “Signora, il mio grazie di cuore per l'accoglienza che ci ha riservato in ospedale martedì. L'abbiamo lasciata incoraggiati e ricaricati. Penso che ci abbia rassicurato sul futuro, che per noi è molto confuso. All'annuncio di questa nascita, c'è stata una sorta di crollo, poi l'accettazione ed infine è subentrata la paura. Ora questa comincia ad affievolirsi. La sua esistenza e quella della Fondazione Lejeune è rassicurante. Grazie ancora”. L'aborto volontario è considerato un crimine abominevole da tutta la tradizione cristiana e Giovanni Paolo II lo ha ribadito nell'Evangelium Vitae: “L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento. Queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente...accade non poche volte che queste tecniche siano messe al servizio di una mentalità eugenetica, che accetta l'aborto selettivo, per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile mentalità è ignominiosa e quanto mai riprovevole, perché pretende di misurare il valore di una vita umana soltanto secondo parametri di normalità e di benessere fisico, aprendo così la strada alla legittimazione anche dell'infanticidio e dell'eutanasia” (Evangelium Vitae, n. 60; n. 58; n. 63). La diagnosi prenatale deve essere proposta e favorita nel caso in cui sia possibile curare il bambino quando è ancora nell'utero. Allo stato attuale ciò è possibile solo in pochi casi attraverso la chirurgia o terapie somministrate alla madre che mirano ad evitare malformazioni. Come medici e ricercatori, è nostro dovere fare tutto il possibile per incentivare la ricerca in questo settore. Per i bambini malati, è una questione di vita o di morte. Se la diagnosi prenatale viene proposta come mezzo selettivo solo per scegliere coloro, tra i bambini, la cui vita corrisponde ai criteri richiesti dalla nostra società, allora ci si ridurrà a nascondere definitivamente i loro volti umani con un'etichetta che recita: “Condannato a morire per l'ignoranza della medicina”.

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È molto difficile parlare ai genitori di un bambino che loro conoscono solo attraverso la diagnosi di una malattia di cui è portatore, che non hanno mai visto, che non può essere toccato, che non può essere tenuto tra le braccia. Quando è possibile, cerco di aiutarli a guardare non solo ai risultati dei test, ma anche alla persona del loro bambino, molto semplicemente proponendogli di chiamarlo per nome...ed un grande passo è già fatto! La scoperta di una grave malattia genetica o di una malformazione incurabile durante la gravidanza è una prova terribile per una coppia e per tutta la famiglia. Dopo aver ricevuto la notizia dal medico, i genitori si precipitano a leggere i siti internet dove incontrano parole che non sempre capiscono poiché non sono medici, ma che sembrano terribili ai loro orecchi e che che suonano come una condanna per il loro bambino. Coloro che rifiutano l'aborto in virtù delle loro convinzioni, hanno bisogno di vivere giorno per giorno la gravidanza fino al momento del parto, circa 20 settimane, e questo tempo è terribilmente lungo. Incontreranno molte persone piene di buone intenzioni, nelle loro famiglie e tra gli amici, che gli diranno che la loro decisione non è ragionevole, che dovrebbero pensare al futuro del loro bambino, che sarà infelice per tutta la vita, che sarà un peso per la società, etc. Alcune di queste coppie mi hanno raccontato di aver cambiato i loro itinerari quotidiani per non passare davanti a vetrine per bambini, dove tutto sembra felice e pieno di serenità. Quando la malattia del bambino prevede il rischio di una morte più o meno rapida dopo il parto, parliamo dell'accoglienza a questo piccolo che non andrà a casa, ma anche del modo di preparare gli altri figli che stanno impazientemente aspettando il loro fratellino o la loro sorellina. I genitori dovrebbero parlare loro del bambino chiamandolo per nome e, appena possibile, portare loro le fotografie e spiegare loro che non sta soffrendo e che è come addormentato nelle braccia dei genitori. Se i genitori sono cristiani, li aiutiamo a preparare il Battesimo e la Cresima del loro bambino. Non conosco genitori che si siano rifiutati di agire in questo modo. Nonostante la loro sofferenza, sorprendentemente riescono a ritrovare la pace piuttosto in fretta. Quando mi trovo con coppie che stanno attraversando questi momenti, mi sento estremamente povera ed ho l'intima convinzione che siano loro i santi dei tempi moderni, ma la santità non li protegge dalla tentazione e ancora una volta non dobbiamo dimenticare che una gravidanza è lunga! L'articolo molto critico di Jean-Yves Nau: Lo sradicamento programmato del mongolismo sintetizza perfettamente la situazione. “È tutto pronto per far sì che non si registrino più, a breve e medio termine, nascite di bambini affetti da Trisomia 21. Bisogna notare che così facendo la natura dell'attività medica cambia radicalmente, esce dallo schema della relazione individuale per rispondere di fatto, a politiche di sanità pubblica”. In questo articolo, Jean-Yves Nau cita Bernard Andrieu, un filosofo delle scienze della vita: “In nome della libertà individuale, gli Stati instaurano un eugenismo mascherato, accollando il peso della colpa all'individuo...Oggi la donna ha il diritto di decidere la qualità del bambino non ancora nato. È davvero questo il modo per evitare le derive dell'eugenismo?”. L'eugenismo non è un fenomeno recente. Platone ne diede una formulazione particolarmente crudele nella Repubblica: “I maschi migliori devono unirsi il più spesso possibile alle femmine migliori, e al contrario i maschi peggiori alle femmine peggiori; e i figli degli uni vanno allevati, quelli degli altri no, se il gregge dev'essere quanto mai eccellente. Ma nessuno, fuor che i governanti, deve sapere che avviene tutto questo, se il gregge dei guardiani vorrà essere il più possibile immune dalla discordia”. In un editoriale della rivista della Società Francese di Genetica (giugno 1999), Jean Gayon oppone il vecchio al nuovo eugenismo: “Una pseudo scienza messa al servizio dei pregiudizi di classe o di razza, un'ideologia biologizzante associata alle peggiori estorsioni nella storia del ventesimo secolo, una medicina ed una sanità pubblica che si rivoltano contro i malati, gli handicappati ed i ritardati mentali. Tali sono oggi le rappresentazioni più comuni dell'eugenetica. La semplice parola è oramai oggetto di tale avversione che la sola qualifica di un'idea o di una pratica come eugenetica equivale molto spesso a condannarli. Tuttavia, si dice, che la questione eugenetica è tornata alla ribalta...abbiamo due motivi per non dimenticare troppo rapidamente questa parola. Per quanto riguarda il passato, ci ricorda dove

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non bisogna assolutamente ritornare. Per quanto riguarda in modo utopistico un possibile futuro, ci permette di non lasciarci ipnotizzare da questa in alcun modo, di guardarla in faccia” e conclude: “Le parole non sono colpevoli per se stesse, solo le azioni sono colpevoli”. Trasmettere la vita significa accettare anticipatamente il bambino che nascerà, con le sue ombre e le sue luci. Significa accettare anticipatamente di adottare il bambino ogni giorno perché possa diventare ciò che egli relamente è: cioè, quest'uomo, questa donna, che è irriducibile ad un altro e che dal momento del concepimento appartiene esclusivamente a se stesso e al suo Creatore. “Non abbiate paura, aprite, aprite le porte a Cristo”. Questo è quello che Giovanni Paolo II ha gridato al mondo all'inizio del suo Pontificato, il 22 ottobre del 1978. Ed ha continuato: “Oggi troppo spesso l'uomo ignora ciò che ha dentro di sé. Molto spesso è incerto sul senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che diventa disperazione. Perciò lasciamo che Cristo parli all'uomo”. Se la gloria di Dio è l'uomo vivente, come amava dire S. Ireneo, onore dell'uomo è servire la vita, dovunque essa sia in pericolo. Oggi l'uomo sofferente, l'uomo malato è davanti alla scienza e alla tecnologia che vogliono essere padroni del nostro destino, davanti alla coscienza del mondo. Giovanni Paolo II ha spiegato la posizione della Chiesa in occasione della conclusione dell'incontro della Pontificia Accademia delle Scienze il 22 novembre del 1993: “L'approfondimento permanente delle conoscenze sulla persona vivente è un bene in sé perché la ricerca della verità fa parte della vocazione primordiale dell'uomo e rappresenta la prima lode verso Colui che ha formato il genere umano e che è all'origine di ogni cosa. La scienza è seducente ed affascinante. Tuttavia, non sarebbe in grado da sola di enunciare la verità ultima e di proporre la felicità che l'uomo anela di raggiungere, né di dettare i criteri morali per giungere al bene. Pertanto è importante prendere coscienza dei problemi morali legati non alla conoscenza in sé, ma ai mezzi per l'acquisizione della conoscenza e alle sue applicazioni possibili o prevedibili. Non spetta alla Chiesa stabilire i criteri scientifici e tecnici della ricerca medica, ma è compito della Chiesa, in nome della sua missione, ricordare i limiti entro i quali si agisce per il bene dell'uomo”. Ed ha aggiunto ancora: “Il criterio morale della ricerca è sempre l'uomo, nella sua essenza corporea e spirituale”. La maggior parte dei medici e dei ricercatori che si abbandona alla tentazione di queste tecniche, dice di agire secondo la propria coscienza. Gli credo volentieri, e in ogni caso non sta a me giudicare. Ma per quanto riguarda noi, medici cristiani, non possiamo avere una buona coscienza. Come persone battezzate e confermate, ci è richiesto di illuminare le nostre coscienze alla luce della preghiera, della vita sacramentale, dei testi sacri e dell'insegnamento della Chiesa che, come scrisse Padre de Lubac, “dissipa le tenebre dove tutti si intorpidiscono o si disperano o, pietosamente, si creano, a proprio piacimento, la loro storia infinita. Senza scoraggiarci per nessun compito, ci tiene lontani dai falsi miti e ci evita le distrazioni e il disgusto di tutte le chiese costruite da mano umana. Ci salva dalla rovina in presenza del nostro Dio!”. Di conseguenza, sta a noi prenderci le nostre responsabilità, non temere di remare contro corrente fermamente, ma umilmente, consapevoli di essere peccatori e vulnerabili e che il male esiste, ma che un Uomo è venuto sulla terra per farsi carico di questo fardello. Egli è morto per questo, ma è servito per risorgere!

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W.J. EIJK I CRITERI DELL’INDIVIDUALITÀ ORGANICA E LO STATUTO BIO-ANTROPOLOGICO DELL’EMBRIONE PREIMPIANTATORIO Uno dei temi centrali nella discussione sulla liceità dell'aborto e degli esperimenti sull'embrione, è quello del suo status. L'aver raggiunto lo status di individuo umano o persona umana significa che l'embrione ha lo status morale relativo, una dignità da cui provengono i diritti attribuiti a tutti gli esseri umani. Prima di raggiungere questo status, sarebbe lecito abortire l'embrione o usarlo come materiale da esperimento, sopprimendolo. La difficoltà è che esistono opinioni molto divergenti riguardanti il momento in cui si dovrebbe attribuire uno status morale all'embrione. Così si identificano, quali indicatori del momento in cui l'embrione diventa un vero essere umano o una persona umana, il concepimento, l'annidamento (dopo circa 2 settimane), l'inizio delle attività cerebrali, la capacità di provare dolore, la vitalità al di fuori dell'utero (in genere dalla 24a settimana di gestazione),1 la nascita o una fase di sviluppo successiva alla nascita. Negli ultimi anni si tende sempre più diffusamente ad indicare un momento preciso in cui l'embrione diventerebbe un individuo umano, parlando di una umanizzazione progressiva graduale o di una crescita graduale della dignità dell'embrione. Ciò significa che esisterebbe un dovere di proteggere l'embrione proporzionale al suo grado di sviluppo. Questo era fra l'altro l'argomento utilizzato dal governo olandese per legalizzare esperimenti con embrioni umani nel 2002: l'embrione precoce ha una dignità tale che il progresso della medicina può compensare la perdita di embrioni per la ricerca.2 A parte il concepimento, i momenti elencati concedono scarsa possibilità di attribuire all'embrione fino al settimo giorno dalla fertilizzazione la dignità di un individuo umano. I momenti elencati, però, sono conclusioni che traggono la loro validità dai criteri usati per valutare lo status dell'embrione. Il criterio usato dipende dalla visione dell'uomo che si assume come punto di partenza. Bisogna quindi fare una netta distinzione fra: il momento in cui si attribuisce all'embrione lo status di individuo umano con tutti i diritti relativi, il criterio usato per valutare lo status dell'embrione e l'antropologia che è il fondamento di detto criterio. La grande varietà dei momenti considerati come l'inizio dell'esistenza dell'individuo umano rende assai difficile la discussione sullo status dell'embrione. Quando non è chiaro quale criterio si usa e quale antropologia si prende come punto di partenza, la discussione, inevitabilmente, si arena. Perciò, dobbiamo prima di tutto prendere in considerazione i vari criteri a riguardo, soprattutto in relazione ai dati biologici rilevanti. La distinzione fra criteri estrinseci e intrinseci ci aiuta a chiarire i termini della questione. I criteri estrinseci sono quelli che non derivano dall'embrione in quanto tale, ma da fattori esterni. Sia in passato sia ancora oggi incontriamo nella discussione sullo status dell'embrione umano i seguenti criteri estrinseci: i rapporti umani: l'embrione diventa un individuo umano dal momento in cui instaura rapporti con altri individui umani; la legge positiva: l'embrione diventa un individuo umano dal momento in cui viene riconosciuto come tale dalla legge positiva, e la possibilità di sviluppo:l'embrione è da considerare un individuo umano se sussiste la possibilità di un ulteriore sviluppo. I criteri intrinseci, invece, riguardano alcune caratteristiche dell'embrione stesso, cioè: l'indipendenza dal corpo della madre: l'embrione diventa un individuo umano dal momento in cui non è più una parte dell'organismo della madre; la natura biologica umana: l'embrione è un individuo umano per il semplice fatto di essere biologicamente un essere umano;l'individualità: l'embrione diventa individuo umano solo dal momento in cui non può più dividersi dando vita ad un gemello o unirsi ad un altro

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embrione; l'essere persona: l'embrione diventa un individuo umano, quando diventa una persona umana; la finalità intrinseca: l'embrione, anche se non ancora individuo umano, deve essere rispettato come tale per la sua finalità intrinseca, ossia per il fatto che lo diventerà. Solo dopo aver stabilito il criterio, si può indicare il momento dello sviluppo embrionale in cui l'embrione riceve lo status morale di essere umano: il concepimento, l'inizio delle attività celebrali, il momento della nascita o quello in cui la società lo riconosce come un soggetto di diritti. Bisogna tenere in considerazione che i criteri enumerati non si escludono a vicenda. Certe correnti di pensiero applicano alcuni di essi contemporaneamente. Per una valutazione approfondita bisognerà però analizzarli separatamente. I Criteri Estrinseci Rapporti umani: l'embrione diventa un individuo umano dal momento in cui instaura rapporti con altri individui umani Nella filosofia del ventesimo secolo, specialmente nello strutturalismo, esiste una forte tendenza a cercare lo specifico dell'uomo non in ciò che è, ma nelle sue relazioni. Alcuni addirittura considerano le relazioni dell'uomo come l'unica caratteristica specifica che distingue l'uomo dagli altri esseri viventi. Secondo i moralisti francesi Ribes, Pohier e Roqueplo, l'embrione raggiunge uno status pienamente personale e umano, solo avendo relazioni umane. L'esempio è quello di un embrione che fosse desiderato dai genitori e, in un certo senso, anche dalla società. Nel caso in cui non ci sia stata l'intenzionalità, da parte dei genitori, di concepire un figlio e abbiano anche tentato di prevenire il concepimento, l'embrione non avrebbe uno status specificamente umano.3 Pertanto, le fasi dello sviluppo biologico dell'embrione non hanno alcuna rilevanza secondo questo modo di vedere. Ovviamente, vi sono importanti obiezioni contro questa visione. Questa implica che si potrebbe negare ogni rispetto anche al neonato indesiderato con la possibilità di sopprimerlo. Infatti non si potrebbe indicare un momento preciso in cui l'embrione inizi ad acquisire uno status umano. In questo modo si potrebbe anche negare lo status umano di alcuni adulti. Che cosa dovremmo allora pensare della donna anziana indiana a Calcutta, lasciata dal figlio in una discarica in un sacco di plastica? Ella smette per questo di essere una persona umana? E lo diventa di nuovo, quando viene portata dalle suore di Madre Teresa in una delle sue case, per essere curata amorevolmente? In base alla ovvia superficialità e alle conclusioni estreme a cui porta, la riduzione dell'individuo umano alla pura relazionalità non trova molti aderenti. Altri sono dell'idea che lo status di essere umano e la personalità dell'individuo emergano dal momento dell'annidamento: l'annidamento, poiché implica l'inizio di un rapporto stretto con la madre, rende chiara la trascendenza verso l'altro, considerata essenziale per la persona umana; il corpo umano è infatti il fondamento e il simbolo reale di questa trascendenza verso l'altro.4 In base a questo, Böckle e altri giustificavano, negli anni sessanta e settanta, l'uso degli intercettivi e la pillola del giorno dopo: il fatto che l'embrione prima dell'annidamento, non avendo relazioni umane, non sia ancora da considerare come individuo umano, rende possibile una valutazione comparativa dei valori in gioco: il valore dell'embrione non ancora persona umana da una parte, e il bene della madre in situazioni di emergenza dall'altra. Questo implica che l'uso della pillola del giorno dopo è accettabile in caso di stupro e risulta accettabile anche l'uso del dispositivo intrauterino quando vi siano motivi gravi per il controllo della nascita, come la necessità di prevenire una gravidanza, o per motivi demografici.5 Tuttavia, non è corretto riconoscere troppa importanza al momento dell'annidamento, come se non esistesse un rapporto esistenziale fra la madre e l'embrione anche prima di questo avvenimento. Un tale rapporto si costituisce già nella fusione dello spermatozoo e dell'ovulo come frutto del rapporto sessuale dei genitori. Inoltre l'embrione riceve anche prima dell'annidamento i nutrimenti necessari e

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l'ossigeno per la crescita dalla madre. L'annidamento non è perciò l'inizio di un rapporto trascendentale con la madre che caratterizzerebbe l'embrione come un individuo veramente umano. L'embrione diventa un individuo umano quando viene riconosciuto tale dalla legge positiva Sembra evidente che la legge positiva garantisca e protegga i diritti oggettivi di ogni individuo umano. Nella nostra società pluralista, l'unica soluzione pratica possibile alla controversia sullo status dell'embrione umano sarebbe, secondo molti, che lo status dell'embrione venga definito attraverso il consenso democratico. Se l'embrione merita rispetto, pertanto, dipenderebbe esclusivamente da ciò che è stato stabilito, a questo proposito, dalla legge. Nella maggior parte dei paesi, l'aborto provocato è permesso entro un certo limite temporale e a determinate condizioni. In alcuni paesi, sperimenti con embrioni umani prima del momento in cui si sarebbero impiantati nell'utero nelle condizioni naturali, cioè fino a 14 giorni dopo il concepimento, sono legalizzati (da esempio in Inghilterra e nei Paesi Bassi). Molti, nella nostra società, non si soffermano sulla questione dello status oggettivo dell'embrione, ma si adattano alla legge positiva in vigore. Hubert Marktl, già Preside della Max-Plank-Gesellschaft, che pone come alternative le idee che l'essere umano sia un fatto puramente biologico, oppure un concetto che si riconosce da un punto di vista culturale, parla di un atto di ricognizione da cui l'essere vivente, durante il suo sviluppo, diventerà un essere umano in senso pieno.6 La legge civile In una democrazia un compromesso sarà spesso inevitabile e in molti casi accettabile. Tuttavia, la verità, anche quella riguardante lo status dell'embrione, non può essere stabilita mediante un'indagine statistica. Sarebbe estremamente pericoloso se una società determinasse, attraverso il raggiungimento di un consenso, quale status si debba attribuire alle persone umane o a certe fasi di sviluppo. Anche se in una nazione fondata su una legge accettata dalla maggioranza, si realizzassero delle epurazioni, non concluderemmo che i membri delle minoranze etniche perseguitati non siano persone con uno status morale e i diritti relativi. Quindi anche l'obiezione secondo cui i bambini non nati, indesiderati o handicappati avranno una vita qualitativamente scarsa o rappresenteranno un grave fardello per i loro genitori, non è una ragione oggettiva per rifiutare loro uno status morale riconosciuto dalla legge. Neanche le persone che chiedono asilo in un altro paese in cui si rifugiano sono sempre ben accette, né si aspettano un futuro facile. Pertanto, anche se costretti a fuggire dal loro paese, restano persone con il diritto ad essere soccorse e aiutate da parte dei paesi che le accolgono. In questo ambito si nota come una dottrina come quella della Chiesa, fondata sulla realtà oggettiva, non è autoritaria e intollerante, ma lo è invece il relativismo etico, ritenuto da molti come una condizione essenziale per la democrazia. Secondo l'Enciclica Evangelium Vitae: “È proprio la problematica del rispetto della vita a mostrare quali equivoci e contraddizioni, accompagnati da terribili esiti pratici, si celino in questa posizione. È vero che la storia registra casi in cui si sono commessi dei crimini in nome della verità. Ma crimini non meno gravi e radicali negazioni della libertà si sono commessi e si commettono anche in nome del relativismo etico. Quando una maggioranza parlamentare o sociale decreta la legittimità della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non ancora nata, non assume forse una decisionetirannica nei confronti dell'essere umano più debole e indifeso?” (n. 70). Il relativismo etico non è solo una minaccia per la vita dei più deboli, specialmente i non nati, che non hanno possibilità di voto, ma anche per la democrazia stessa. La democrazia non è un fine in sé, ma – come ogni forma di governo – un mezzo per garantire il bene comune. Ovviamente, il bene comune, implicando tutte le condizioni necessarie affinché ogni membro individuale della società possa raggiungere il suo destino, esige il rispetto della vita che è un bene fondamentale. Sebbene la libertà sia un bene più alto rispetto a quello della vita fisica, l'essere umano non può esercitare la propria libertà

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senza essere vivo. La vita è quindi un bene fondamentale rispetto alla libertà. Il non riconoscere la vita come bene fondamentale rappresenta una minaccia grave per la libertà e la democrazia: “Ma il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili, nonché l'assunzione del bene comune come fine e criterio regolativo della vita politica...Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio persino i principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi” (Ibid.). La legge divina positiva Anche fra coloro che si appellano alla Sacra Scrittura, ci sono alcuni che fondano lo status morale dell'embrione su una traduzione particolare della Gen. 9, 6, cioè: “Chi sparge il sangue dell'uomo nell'uomo, il suo sangue sarà sparso...”,7invece della traduzione usuale: chi sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso... (corsivo mio).8 Gen 9,6 tradotto nel primo modo, implica una proibizione dell'aborto procurato. Combinando l'esegesi letterale di testi biblici isolati con un criterio biologico, come fanno alcuni gruppi ebraici ortodossi, si afferma la liceità della ricerca scientifica con embrioni creati mediante fecondazione in vitro, ma non trasferiti nell'utero, per poter sviluppare terapie per malattie finora incurabili per l'uomo. La traduzione il sangue dell'uomo nell'uomo esige infatti solo il rispetto dell'embrione intrauterino, ma non di quello extrauterino. Si valuta in maniera ammissibile, in questo modo, anche la creazione di embrioni umani a scopo di ricerca e di clonazione terapeutica. Gen 9,6 giustifica la clonazione terapeutica? La traduzione usuale “chi sparge il sangue dell'uomo dall'uomo il suo sangue sarà sparso” implica una proibizione generale di uccidere esseri umani. Il dall'uomo è in ebraico ba¯'a¯da¯m. Il prefisso be può avere due significati: in, come preposizione per indicare un posto, oppure da, in senso causale. Qual è la traduzione più corretta? 9 In primo luogo bisogna osservare che il testo originale ammette, di principio, ambedue le traduzioni.10 La traduzione dall'uomo nel contesto della Gen 9,6 è però più evidente ed è usata praticamente da tutte le versioni della Sacra Scrittura. Due argomenti a favore di questa interpretazione sono: l'espressione ba¯'a¯da¯m si trova 19 volte: in nessun posto significa nell'uomo.11 In secondo luogo, Gen 9,6 è costruito, nel testo originale ebraico, secondo un chiasmo, una figura retorica che consiste nella disposizione incrociata di parole connesse tra loro, come in un'immagine speculare: chi sparge il sangue di un uomo, dall'uomo sarà sparso il suo sangue. Le parole sangue e uomo sono usate in modo rovesciato. Questo implica che la seconda parola uomo non appartiene alla relativa, come appare nella traduzione sangue dell'uomo nell'uomo, ma alla frase principale: dall'uomo sarà sparsa il suo sangue. Un secondo punto, più importante, riguarda l'uso della Sacra Scrittura nella teologia in genere e, in particolare, nella teologia morale e nella bioetica. Anche se la traduzione l'uomo nell'uomo, quindi l'essere umano non nato nell'utero, fosse corretta, Gen 9,6 non costituirebbe comunque una giustificazione della soppressione e della strumentalizzazione degli embrioni umani fuori dell'utero: In Gen 9,6 si direbbe allora esplicitamente che non è lecito uccidere embrioni umani fuori dal grembo materno. Ma il fatto che non sia detto esplicitamente non significa che sia lecito uccidere embrioni fuori del grembo materno. Tale conclusione è un errore logico: non si può trarre una conclusione positiva da una premessa negativa. Per quanto gli autori umani della Bibbia siano ispirati dallo Spirito Santo, la Bibbia non è una fonte delle scienze naturali. Per gli autori della Bibbia non esisteva la possibilità di generare embrioni e salvare la loro vita al di fuori del grembo materno. Nella Rivelazione non ci si rendeva conto del fatto

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che la biotecnologia sarebbe arrivata al punto di generare esseri umani fuori dell'utero, in laboratorio. Per fare un paragone: i principi della dottrina sociale della Chiesa sono formulati in base alla problematica sociale del diciannovesimo secolo, caratterizzata dall'industrializzazione e dall'emergere del proletariato. Questi principi hanno senz'altro un fondamento biblico, ma come tali non sono formulati nella Sacra Scrittura. Testi biblici non possono essere interpretati come a sé stanti, ma solo in relazione all'intero contesto biblico. La Sacra Scrittura non dà una risposta univoca alla domanda su quale sia lo statuto dell'embrione umano.12 Dato che all'interno della Bibbia non troviamo criteri esplicativi, sono necessari criteri supplementari per un'interpretazione sensata. Nella Chiesa Cattolica i criteri più importanti ci vengono offerti dalla Tradizione e dai Documenti del Magistero. La possibilità di sviluppo: l'embrione è da considerare un individuo umano se sussiste la possibilità di un'ulteriore sviluppo Un embrione concepito mediante fecondazione in vitro che non viene impiantato nell'utero, ma rimane nel laboratorio vivrà, secondo le attuali possibilità tecniche, al massimo nove o dieci giorni. Solo se trasferito nell'utero avrà la possibilità di svilupparsi. La decisione di non impiantarlo ha delle conseguenze importanti per lo status dell'embrione, come afferma Tauer: “La questione delle condizioni normali per uno zigote in provetta, se non si intende procedere al trasferimento dell'embrione e all'impianto, solleva dei dubbi. Se le condizioni normali dello zigote in laboratorio sono essenzialmente le stesse dell'oocita prima della fecondazione, cosa che sembra essere vera, allora lo zigote non si svilupperà mai come persona. Dunque sarebbe meglio classificarlo come una persona possibile, una persona che potrebbe diventare tale soltanto a certe condizioni possibili da un punto di vista causale (e deliberate scelte)”.13 Se l'embrione fosse destinato ad essere trasferito nell'utero, avrebbe uno status più alto. Ciò significa che dovrebbe essere classificato come una persona potenziale (potential person), avendo una possibilità effettiva di svilupparsi. Allora avrebbe un valore maggiore rispetto a quello puramente strumentale.14 Dopo aver concluso che l'embrione umano in provetta, non essendo in grado di sentire e di agire e non essendo cosciente, ha uno status morale debole,15 Meyer e Nelson concludono che lo status dell'embrione è determinato dai gameti da cui proviene, cioè dai genitori genetici. Questi hanno il diritto esclusivo di decidere se gli embrioni debbano essere usati per la procreazione di figli propri, di altri, per la ricerca o se debbano semplicemente essere buttati via. L'uso di embrioni creati in laboratorio da più di 14 giorni deve essere evitato perché alcuni considerano questo momento come l'inizio moralmente significativo dell'individuazione embrionale.16 Lo status dell'embrione, inteso in questo modo, lo si fa dipendere dalle scelte di altri, soprattutto del ricercatore e dei genitori. Si potrebbe argomentare che questa scelta può essere fatta soltanto nella fase precedente all'impianto dell'embrione e che in questo caso vengono considerate le possibilità intrinseche dell'embrione. Tuttavia, un criterio estrinseco, cioè la decisione arbitraria presa da altri, condiziona il giudizio sulla questione se l'embrione abbia lo stesso status di un gamete o uno status più alto. Pertanto le possibilità intrinseche vengono decisamente negate. Valutazione I criteri estrinseci non sono idonei per indicare lo status morale dell'embrione, perché sono secondari rispetto a ciò che è l'embrione. Solo in base a criteri intrinseci si può avere un giudizio oggettivo sul rispetto dovuto all'embrione. A parte questo e a parte le critiche espresse in precedenza, c'è ancora un'obiezione fondamentale: nei criteri estrinseci i fattori biologici o non hanno alcun ruolo oppure ne hanno uno solo marginale. Questo è tuttavia inammissibile, dato che l'essere umano è un'unità sostanziale con una dimensione spirituale e materiale. L'aspetto materiale è una dimensione intrinseca

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dell'essere umano per cui è impossibile sia identificare l'individuo umano con tale dimensione, sia concepirlo a prescindere dalla sua dimensione fisica/biologica senza attribuirle un ruolo intrinseco. I Criteri Intrinseci Da ciò che è stato detto sopra si capisce che si possono usare solo i criteri intrinseci per la definizione dello status dell'embrione come individuo umano e che questi criteri devono tenere in considerazione anche i dati biologici. L'indipendenza dal corpo della madre: l'embrione diventa un individuo umano quando non è più parte dell'organismo della madre Alla fine degli anni sessanta e durante gli anni settanta gruppi di femministe rivendicarono il diritto all'aborto provocato, con la motivazione che il non nato sarebbe una parte del loro corpo e perciò la donna dovrebbe poterne disporre: siamo padrone nella nostra pancia. L'idea che il non nato fa parte del corpo della madre è in linea con una interpretazione della posizione del diritto romano riguardante lo stato del feto, sorta dopo la prima traduzione dell'opera Digesta in tedesco nel 1831, che è seguita poi da quasi tutti i commentatori.17 Si tratta di un detto di Ulpiano (giurista romano, morto nel 228 p.C.): partus, antequam edatur, mulieris portio est vel viscerum.18 Siccome nelle traduzioni i termini portio e viscera sono intesi in senso fisico, è sorta la convinzione generale che Ulpiano vedeva il non nato come una parte del corpo della madre (mulieris portio) o dei suoi organi (viscerum) fino al parto. Mediante argomenti sottili e in base a una lettura precisa del contesto e allo stato del figlio non nato nel diritto romano in genere Waldstein conclude che mulieris portio significa l'interesse della madre e cheviscera deve essere tradotto come il più caro per qualcuno, il proprio figlio o parte della famiglia di qualcuno. Questo implica che fino al parto il figlio rientra nella sfera dell'interesse della madre e che prima del parto il padre non ha nessun diritto al figlio.19 La discussione sullo status dell'embrione preimpiantatorio riguarda soprattutto i problemi etici della sperimentazione sull'embrione in vitro, creato attraverso la fecondazione artificiale, che non è quindi parte del corpo materno. I dati biologici forniti dalle scienze moderne, però, hanno chiarito che l'embrione, a partire dal concepimento, ha una propria esistenza. Dipende dalla madre per il nutrimento, l'idratazione e l'espulsione della materia organica. Tuttavia, il suo sviluppo e la sua crescita come individuo sono guidati, sin dal concepimento, dal proprio genoma, diverso da quello della madre. Perciò, in base alle conoscenze genetiche attuali non si può in nessun modo ritenere che il non nato sia una parte del corpo della madre. Sulla base di questo argomento non è ammissibile, da parte della madre, rivendicare il diritto di disporre della vita dell'embrione. La natura biologica umana: l'embrione è un individuo umano per il semplice fatto di essere biologicamente un essere umano La coppia Wilke fonda il suo rifiuto dell'aborto provocato sul dato che la vita umana, dal punto di vista biologico, comincia con il concepimento. La teologia o la filosofia non servono a risolvere la questione dello statuto dell'embrione, dato che in entrambe esistono molte opinioni divergenti su questo tema.20 La definizione biologica dell'inizio della vita, cioè il concepimento, non potendo essere messa in dubbio da nessuno, è quindi secondo la coppia Willke il criterio più solido per attribuire uno status morale all'embrione umano a partire dal concepimento. Questa conclusione, per quanto ritenuta interessante dai movimenti Pro Life, incontra alcune obiezioni insuperabili. Non si tiene conto del fatto, ad esempio, che, come vedremo più avanti, molti eticisti moderni operano una distinzione fra esseri umani in senso strettamente biologico e persone umane. I dati embriologici o biologici di per sé, interpretati in modo diverso nelle varie visioni dell'uomo, non

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possono dare una risposta definitiva riguardo allo status dell'embrione. Secondo certe visioni dell'uomo è escluso che l'embrione sia un essere umano dal concepimento. Inoltre una definizione puramente biologica tenderebbe ad una concezione biologistica e materialista dell'uomo, secondo cui l'uomo non può avere una dignità intrinseca, ma al massimo un valore strumentale. Un appello alla mera presenza biologica di un essere umano, prescindendo da altri aspetti quali la sua dimensione spirituale e la sua finalità intrinseca, è insufficiente, come vedremo. L'individualità: l'embrione diventa individuo umano solo dal momento in cui non può più dividersi dando vita ad un gemello o unirsi ad un altro embrione Nel 1990 in Inghilterra è stata approvata, su Raccomandazione della Commissione Warnock, una legge che permette esperimenti su embrioni in vitro a certe condizioni fino ai quattordici giorni dal concepimento. Nel suo Rapporto pubblicato nel 1984 la Commissione conclude che l'embrione precoce, avendo ancora la possibilità di dividersi, non può essere considerato come un essere individuale e perciò neanche come un individuo umano.21 Anche eticisti cattolici hanno assunto questa visione.22 Il moralista Häring afferma: “L'obiezione più grande contro la teoria dell'animazione al momento della fecondazione è posta dal fenomeno dei gemelli identici”.23 La Commissione Warnock prende come inizio dell'individualità dell'embrione il momento della formazione della stria primitiva (primitive streak), assumendo che prima di questa (ma non dopo) l'embrione è in grado di dividersi in due individui geneticamente identici. La stria primitiva è la concentrazione bislunga di cellule a uno degli estremi del disco embrionale che avviene il quattordicesimo o quindicesimo giorno dopo il concepimento. Essa è una manifestazione dell'asse anteroposteriore dell'embrione e si verifica nel luogo in cui si svilupperà dopo breve tempo la tuba nervosa da cui si formeranno il cervello e la spina dorsale. In questo luogo sorge un numero di strati di cellule differenziate a seguito della loro migrazione. Nel disco embrionale si possono formare al massimo due linee primitive, ma questo non porterà alla divisione dell'embrione a causa della differenziazione appena cominciata. Questo periodo di due settimane coincide approssimativamente con il periodo prima dell'impianto dell'embrione nella mucosa dell'utero, che si completa tra l'undicesimo e il tredicesimo giorno. In questo periodo si parla spesso di pre-embrione, termine che suggerisce che l'embrione non sia ancora un individuo umano e non merita dunque di essere rispettato come tale.24 Questo ragionamento ha origine dalla presunzione che l'embrione non sia un individuo finché sussista la possibilità di scissione e quindi non può essere ritenuto neanche persona perché la persona è l'essere individuale più perfetto. Un primo problema è se sia veramente certo che la gemellazione monozigotica è possibile fino al momento della formazione della stria primitiva. Nei manuali di embriologia si indica in genere tre fasi in cui la gemellazione può occorrere, in rapporto con le fasi della formazione delle membrane estraembrioniali, cioè del trofoblasto, dell'amnio e del corio.25 Quando la gemellazione si realizza prima della formazione del trofoblasto, che succede il quinto giorno, ogni gemello ha un proprio amnio e un proprio corio (e quindi una propria placenta). Si stima che questo è la causa della gemellazione in _+ 1/3 dei casi. Dopo la formazione del trofoblasto, ma prima della formazione dell'amnion, che ha luogo il nono giorno, la gemellazione consiste in una divisione della massa cellulare interna, in tale caso si formeranno due amni e un coro comune di ambedue gli embrioni (e una placenta). Questo sarebbe la causa della gemellazione in _+ 2/3 dei casi. Molto raramente si svolgerebbe una divisione dopo la formazione dell'amnion, cioè nel disco embrionale, ultimamente prima dell'apparire della stria primitiva. In questo caso i gemelli condivideranno un unico amnio e un unico corio (e un'unica placenta). Bisogna notare che questo schema si fonda su una teoria morfologica basata su deduzione dalla sistemazione della placenta e delle membrane fetali visibili nella fase fetale e durante il parto. Ci sono rari esemplari embrionali da supportare detta teoria.26 In ogni caso manca un'osservazione diretta di una gemellazione mediante la

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divisione del disco embrionale. Mancano anche immagini di fasi precoci di questo tipo di gemellazione con embrioni normali. Nel 1955 Corner indicava una fotografia di due embrioni mostri (parte della collezione Carnegie), con un età di 28 fino al 30 giorni, che si trovano insieme in un unico coro, come una “prova assoluta che la gemellazione può occorrere dopo che la cavità amniotica si è formata”.27 Tuttavia, Corner stesso afferma che non è possibile escludere totalmente che le membrane amniotiche e quelle coriali possono fondersi l'uno con l'altro, cosicché sorgono gemelli pseudo-mono-amniotici of pseudo-monocoriali.28 Anche gli attuali manuali di embriologia affermano che lo schema della gemellazione in rapporto con la formazione delle varie membrane diverse rimane finora una teoria. O' Rahilly e Müller parlano di un “modo presunto dello sviluppo di gemelli monozigotici nell'essere umano”.29 Bisogna chiederci se sia giustificabile il fondare una conclusione con delle conseguenze di grossa portata per il rispetto dovuto all'embrione preimpiantatorio, cioè che sperimenti con embrioni sono da legittimare fino a 14 giorni dopo la fecondazione, su una supposizione per cui manca un'evidenza scientifica. La domanda fondamentale è se la possibilità della divisione dell'embrione escluda veramente il suo essere individuale e quindi il suo essere persona. C'è anche un'altra interpretazione possibile, cioè che l'uomo sia in grado di procreare in modo asessuale fino alla formazione della stria primitiva. Quando io, dissodando il giardino, taglio un verme in due, entrambe le parti seguono la propria strada apparentemente indisturbate. Sembra un pensiero poco attraente che anche nell'uomo possa succedere qualcosa del genere, ma chi potrebbe provare il contrario? Che la procreazione asessuale sia possibile anche nell'uomo, sarebbe dimostrato – così affermano Ashley e O'Rourke nella terza edizione del loro manuale Health Care Ethics – dagli scienziati che saranno una volta in grado di clonare uomini adulti, senz'altro considerati come persone, mediante il trapianto nucleare.30 Un ulteriore argomento che escluderebbe che l'embrione nelle prime fasi di sviluppo sia un individuo, è la possibilità della ricombinazione degli embrioni. In esperimenti con animali è stata dimostrata la possibilità di combinare due31 o al massimo tre32 embrioni (blastomeri) di un genotipo differente in un unico embrione che contiene cellule geneticamente diverse che provengono dagli embrioni originari. La scoperta, alla fine degli anni sessanta, dell'esistenza di esseri umani che possiedono sia cellule con due cromosomi X che cellule con un cromosoma X e un cromosoma Y, è vista come un'indicazione che la ricombinazione avviene anche in embrioni umani.33 Da un punto di vista scientifico questo fenomeno può però essere spiegato anche da una colonizzazione di cellule provenienti da un gemello dizigotico o dalla madre nel corpo dell'individuo coinvolto durante lo sviluppo intrauterino. Tuttavia, anche se tali individui fossero veramente il risultato di una ricombinazione di due embrioni, questo fenomeno non rappresenterebbe una prova che l'embrione nelle prime fasi non sia un individuo. A buon diritto si potrebbe anche obiettare che, nel caso della ricombinazione di due embrioni, il corpo dell'uno sia assorbito dall'altro che riesce a mantenere la sua individualità, e perciò che il primo embrione termina di esistere come individuo e muore da un punto di vista metafisico. Molti vedono una prova dell'individualità dell'embrione precoce nel fatto che la composizione del materiale genetico dei cromosomi è stato stabilito nel momento della fecondazione. Altri obiettano che il programma dello sviluppo che i cromosomi contengono, non è immediatamente attivo dopo il concepimento. All'inizio l'energia nell'embrione viene fornita dai mitocondri provenienti della madre. Lo sviluppo nelle primissime fasi non viene, dunque, guidato dal DNA proprio dello zigote, ma dal DNA dei mitocondri che provengono dalla madre, dall'RNA-messaggero e da proteine che erano presenti nello spermatozoo e nell'ovulo.34 Anche questo di per sé non è un motivo valido per dubitare dell'individualità dell'embrione. Il programma dello sviluppo nei cromosomi, pur diventando attivo immediatamente o solo dopo alcuni giorni, è stato fissato dal concepimento e guiderà e regolerà lo sviluppo successivo dell'embrione, se non intervengono fattori disturbanti. I risultati della ricerca più recente indicano però che il DNA dell'embrione inizia a guidare il suo sviluppo praticamente allo stadio di zigote in cui un primo gene responsabile per la differenziazione gonadica è già attivo.35 Il criterio

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dell'individualità dell'embrione è spesso assimilato a quello in cui l'embrione diventerebbe una persona, cosa di cui parleremo nel prosieguo. Questo implica che l'embrione non può essere considerato come una persona finché non è un individuo, una presunzione di per sé ovviamente giusta. Così Ford ha combinato la formazione della stria primitiva con il momento dell'animazione.36 L'essere persona: l'embrione diventa un individuo umano quando diventa una persona La domanda se l'embrione sia una persona o no, sembra un interrogativo chiaro e semplice. Se è una persona, merita il rispetto come tale. Se fosse soltanto un pre-embrione o una persona potenziale, avrebbe meno diritti. Tuttavia, il momento in cui l'embrione diventa una persona, è molto discusso. Esso dipende in primo luogo dalla visione dell'uomo che si prende come punto di partenza. Inoltre, perfino avendo un'unica visione dell'uomo, ci possono essere ancora idee diverse circa il momento a partire dal quale l'embrione umano debba essere considerato persona. Il criterio dell'animazione Fino al passato recente, nel mondo cattolico la discussione sul momento in cui l'embrione umano diventa una persona, era connessa al momento dell'animazione. D'altronde, anche la visione cristiana tradizionale dell'uomo, avendo difeso sia l'animazione diretta che quella indiretta o ritardata, non ha dato una risposta definitiva alla domanda su quando l'embrione diventi una persona. La teoria dell'animazione diretta, che implica che l'embrione venga animato da un'anima umana sin dal concepimento, ha la sua origine negli scritti di Ippocrate. Secondo Ippocrate l'embrione nasce dallo sperma del padre, che si coagula nell'utero. Il sangue lì presente, non secreto durante la gravidanza come durante la mestruazione, è usato dall'embrione per nutrirsi.37 L'embrione è un individuo umano vivente fin dall'inizio e ha, dunque, un'anima umana. La teoria opposta è quella dell'animazione indiretta o ritardata, esposta da Aristotele. Nel suo pensiero il corpo dell'embrione sorge dal sangue mestruale, trattenuto nell'utero durante la gravidanza. Questo sangue, inteso come la causa materiale dell'embrione, sarebbe coagulato dallo sperma che agisce come causa efficiente e formale, come latte sotto l'influsso del succo di fico o del caglio di formaggio.38 Così il sangue sarebbe trasformato nel corpo embrionale. Mediante lo sperma il sangue mestruale riceve un'anima vegetativa: “Così la parte fisica, il corpo, proviene dalla donna e l'anima dall'uomo...”.39 In questo modo, alla fine della prima settimana, il sangue diventa un essere vivente, paragonabile ad una pianta. L'anima vegetativa è sostituita, dopo qualche tempo, da un'anima sensitiva, e ciò è evidenziato dalla formazione degli organi sensoriali. Quest'anima è a sua volta sostituita da un'anima razionale, che proviene dall'esterno e deve avere un'origine divina.40 L'anima razionale non può essere presente sin dall'inizio poiché la sua attività esige un certo grado di sviluppo degli organi, specialmente di quelli sensoriali: “L'anima è, perciò, il primo atto (perfezione) di un corpo che ha la vita in potenza. Il corpo è quello quando possiede degli organi...Se vogliamo menzionare qualcosa di comune a ogni anima, questo è che l'anima è il primo atto dei corpi naturali che possiedono degli organi”.41 In base all'osservazione di embrioni abortiti, Aristotele concluse che l'embrione maschile veniva animato da un principio razionale di vita al quarantesimo giorno e quello femminile all'ottantesimo.42 La scelta per la teoria dell'animazione indiretta o per quella diretta viene chiaramente determinata dalla differenza nella visione dello sviluppo embriologico. Al contrario di Ippocrate, Aristotele, pensando che il corpo dell'embrione sorgesse dal sangue mestruale, non poteva assumere che l'embrione fosse animato a partire dal concepimento. La sua convinzione che solo un corpo organico potesse essere animato, rendeva infatti impensabile che un pezzo amorfo di sangue contenesse un'anima umana come principio di vita. A questo proposito Tommaso d'Aquino segue Aristotele, benché non senza modificazioni e aggiunte alle tesi di Aristotele.43 Fino al secolo scorso c'erano ancora dei tomisti che sostenevano la teoria dell'animazione ritardata in base alla requisito di ciò che

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chiamavano una disposizione sufficiente della materia per essere animata da un'anima razionale, come si afferma nel numero 15 delle 24 tesi tomiste pubblicate dalla Sacra Congregazione degli Studi il 27 luglio 1914: “Al contrario, di per sé sussiste l'anima umana, che, quando può essere infusa in un soggetto sufficientemente disposto, è creata da Dio, e, per sua natura, è incorruttibile ed immortale”.44 Nel 1827, Karl-Ernst Von Baer scoprì l'ovulo nei mammiferi e nell'uomo e anche il meccanismo della fecondazione, per cui fu provato definitivamente che il corpo umano non inizia come coagulo di sangue, ma come un ovulo fecondato. Questo era, secondo la maggior parte dei teologi, il motivo per ritenere che l'animazione avvenisse nel momento del concepimento e non più tardi.45 Per difendere l'aborto provocato, tuttavia, teologi moralisti ed eticisti ripresero la teoria dell'animazione ritardata a partire dagli anni sessanta.46 E dato che oggi i ricercatori hanno a che fare con l'ovulo fecondato, con l'embrione a causa della fecondazione in vitro, la teoria dell'animazione ritardata serve anche a giustificare esperimenti sugli embrioni. Per avvalorare tale teoria, da una parte ci si fondava sull'argomento aristotelico, secondo cui per l'animazione è richiesto un certo sviluppo del sistema sensoriale: “Il minimo che dobbiamo supporre prima di ammettere la presenza di un'anima umana è la disponibilità di questi organi: i sensi, il sistema nervoso, il cervello e particolarmente la corteccia. Siccome questi organi non sono ancora maturi durante le primissime fasi della gravidanza, penso che sia certo che non esista una persona umana se non dopo parecchie settimane”.47 D'altra parte teologi ed eticisti si richiamavano spesso – e si richiamano tuttora – ad alcune scoperte scientifiche nel campo dell'embriologia nel secolo scorso: la perdita spontanea di ovuli fecondati in misura considerevole, la formazione di gemelli monozigotici e la possibilità di ricombinare due o tre embrioni in un unico individuo. Abbiamo già parlato degli ultimi due fenomeni, non ancora del primo. In base ad osservazioni sperimentali, Needham postulava, negli anni venti e trenta, che probabilmente si perde spontaneamente fino al 50% degli ovuli fecondati. Ciò rende improbabile per molti il fatto che l'ovulo fecondato sia già animato.48 Questo, infatti, significherebbe che la metà delle persone umane, con un'anima creata direttamente da Dio, si perde nelle prime settimane o nei primi mesi della gravidanza. Questa obiezione non è, d'altronde, nuova, ma risale ad Agostino49 e ad Anselmo.50 Secondo loro, era impensabile che un concepito ai primissimi stadi di sviluppo fosse già animato, poiché ciò avrebbe significato che questi individui avevano la possibilità di essere riconciliati con Dio mediante il battesimo. L'argomento come tale, però, non contrasta necessariamente con l'animazione diretta. L'alta mortalità nei bambini, che fino al secolo XIX era ancora intorno al 50%, non è neanch'esso un argomento per mettere in dubbio il loro essere persona.51 Dal momento in cui l'embrione è animato, diventa una persona e raggiunge, perciò, il grado più alto dell'essere individuo. La divisione dell'embrione in gemelli, possibile fino alla formazione della stria primitiva al quattordicesimo o al quindicesimo giorno, proverebbe secondo il Rapporto Warnock, come abbiamo visto, che l'embrione nelle prime fasi non sia un individuo e dunque neanche una persona. Il filosofo moralista Ford conclude, perciò, che l'animazione possa verificarsi solo dopo la formazione della stria primitiva.52 Abbiamo constatato, però, che la possibilità della gemellazione o di ricombinazione con altri embrioni, non esclude che l'embrione precoce sia un individuo umano. Il criterio della manifestazione di attività specificamente umane Nella bioetica secolare odierna, la discussione sullo status dell'embrione viene determinata soprattutto dall'antropologia dell'identity theory. Questa teoria di origine australiana, accettata da molti eticisti nel mondo anglosassone e seppure inconsapevolmente anche da molti medici, è caratterizzata da un forte dualismo che separa la natura biologica dell'uomo e le funzioni specifiche che lo rendono persona. Lo specifico umano è rappresentato dalla coscienza psicologica, dalla facoltà razionale e dalla capacità di comunicazione sociale. È chiaro che, secondo questa visione, l'embrione non potrà mai essere una persona prima che si abbia un certo sviluppo del sistema nervoso.

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Tauer pensa che, quando il sistema nervoso si sia sviluppato al punto da registrare alcune esperienze dell'ambiente, l'embrione abbia maturato una personalità psichica, che avvicina l'embrione all'essere persona in senso stretto. Queste esperienze possono essere inconsapevoli, ma – come sappiamo dalla psicoanalisi – già portare alla formazione di memorie che influiscono successivamente sulla coscienza. In base a ciò, Tauer pensa che ci siano ragioni sufficienti per attribuire all'embrione dalla settima settimana non solo un valore morale, ma anche l'inizio dell'essere persona in un senso moralmente significativo.53 Altri, come McMahan, ritengono invece che l'embrione diventi un essere umano in un momento successivo: “Io credo che la visione più credibile è che noi siamo menti incarnate (embodied minds) io ho cominciato ad esistere quando il cervello in questo corpo – il mio corpo – ha acquisito per la prima volta la capacità di avere consapevolezza”.54 Questo implica che l'essere umano inizia la sua esistenza tra la 28a e la 30a settimana. Engelhardt, invece, per poter parlare di persona, esige la presenza attuale dell'autocoscienza, un'attività razionale manifesta e la manifesta capacità di comunicazione sociale. Dato che tali funzioni sono presenti probabilmente solo molto tempo dopo la nascita, i non nati e i neonati – inclusi gli handicappati mentali che non hanno mai avuto una capacità razionale – non sarebbero persone umane a tutti gli effetti con il relativo status morale. Prima di essere persone sarebbero soltanto esseri umani nel senso biologico.55 Questo mostra tanto più l'urgenza di un'attenta riflessione antropologica sulla natura biologica umana dell'embrione precoce. Questa visione ha diverse conseguenze pratiche anche per altri campi dell'etica medica. Se fosse applicata strettamente, il paziente in stato vegetativo permanente non potrebbe essere considerato più una persona. E qualcuno ha suggerito che potrebbe dunque essere considerato come donatore di organi.56 Un'obiezione fondamentale contro la identity theory è che essa difficilmente riesce a spiegare la persona umana come un'unità. L'essere umano viene considerato in antitesi alla persona umana, come la natura biologica e quella spirituale, cioè la capacità razionale. La finalità intrinseca: l'embrione, anche nel caso in cui non fosse ancora un individuo umano, deve essere rispettato come tale per la sua capacità intrinseca di diventarlo Supposto che l'embrione precoce non sia un individuo umano, non sarebbe ovvio concludere che la sua soppressione mediante l'aborto procurato e il suo impiego nella ricerca o nelle pratiche di clonazione terapeutica, siano leciti, proprio per il fatto che non implicano l'uccisione di un individuo umano? Secondo McMahan: “...Questo non costituirebbe l'uccisione di uno di noi, ma soltanto il prevenire la sua esistenza”.57 Come argomento a favore della liceità dell'aborto provocato o di esperimenti con embrioni si indica il fatto che la tradizione cristiana ha preferito la teoria dell'animazione ritardata fino al XIX secolo.58 Questo fa sorgere la domanda circa il motivo per cui i teologi cristiani, pur accettando detta teoria, hanno rifiutato l'aborto all'unanimità – fino alla seconda metà di questo secolo – anche prima del momento supposto dell'animazione. A questo proposito il celebre testo di Tertulliano è indicativo: “Dato che l'uccisione è sempre proibita, è illecita anche la distruzione del feto durante il periodo in cui il sangue si trasforma in un essere umano. Il prevenire la nascita è lo stesso di una uccisione precoce; e non fa differenza se qualcuno uccida la vita già nata, o interrompa la vita già avviata alla nascita e in via di sviluppo: è già uomo colui che lo sarà; come il frutto è già nel seme”.59 Con la trasformazione del sangue, Tertulliano allude al concepimento così come inteso da Aristotele, secondo il quale il sangue che si trova nell'utero, durante la gravidanza non viene espulso come nei periodi normali di mestruazione, ma rimane lì e si trasforma nel corpo dell'embrione sotto l'influsso della forza attiva del seme maschile. Nel momento in cui questo processo è ancora in corso, secondo lo stesso Tertulliano, c'è qualcosa nell'utero che deve essere rispettata come un individuo umano, almeno perché lo diventerà. Come argomento a rinforzo di questa tesi viene aggiunto che ogni frutto è già virtualmente presente nel seme.

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L'argomento fondamentale in questo testo è che il processo dello sviluppo dell'embrione si svolge in modo finalizzato. C'è nel concepito, e soprattutto nel seme, la finalità intrinseca di diventare un individuo umano. Da ciò scaturisce la necessità del rispetto. Nel suo commento al Vangelo di Luca Ambrogio dice: “Per frenare la tua leggerezza, tu riconosci le mani del Tuo Autore che forma un uomo nell'utero. Lui sta lavorando, e tu violi con la tua libidine il segreto del sacro utero?”.60Qui non si tratta dell'aborto. Ambrogio sembra affermare che passioni sessuali sfrenate portino alla sterilità. In ogni caso ci insegna che la formazione dell'embrione nel piano dell'agire creativo di Dio è un processo finalizzato. Lo stesso pensiero si trova in Agostino: “E tuttavia in tutti gli uomini che nascono malati Dio, formando il corpo, dandogli la vita e nutrendolo, realizza ciò che è buono...”.61 Egli non pensa a un intervento diretto da parte di Dio nello sviluppo biologico dell'embrione, ma a una causalità trascendentale che racchiude le cause biologiche dirette.62 La stessa finalità legata alla dottrina della creazione si evidenzia nel modo in cui Tommaso d'Aquino descrive l'origine dell'uomo.63 Il prevenire la procreazione è visto, dai teologi cristiani, come il rifiuto di realizzare un fine del matrimonio, stabilito nell'ordine della creazione. È in base a questo pensiero che i Padri della Chiesa e i teologi medievali mettono sullo stesso piano l'uso dei mezzi di sterilizzazione (contraccettivi), l'uccisione del feto, sia quello animato sia quello non ancora animato, e l'infanticidio: “Si tradiscono però, quando giungono al punto da esporre i propri figli, nati contro la loro volontà. Detestano di allevare e tenere presso di sé i figli che temevano di generare. Quando, dunque, la tenebrosa iniquità incrudelisce contro i propri figli, generati contro il proprio volere, viene portata alla luce da una chiara iniquità e la segreta turpitudine viene messa a nudo da una manifesta crudeltà. Talvolta, questa voluttuosa crudeltà o se vuoi questa crudele voluttà si spinge fino al punto di procurarsi sostanze contraccettive e, in caso di insuccesso, fino ad uccidere in qualche modo nell'utero i feti concepiti e ad espellerli, volendo che il proprio figlio perisca prima di vivere oppure, nel caso che già vivesse nell'utero, che egli sia ucciso prima di nascere. Non c'è dubbio: se sono tutti e due di tale pasta, essi non sono sposi; e se si comportarono così fin dal principio, non si unirono in matrimonio ma nella lussuria. Se poi non sono tutti e due a comportarsi così, io oserei dire che o lei è in un certo senso la prostituta del marito o lui è l'adultero della moglie”.64 Benché secondo questi teologi l'aborto prima dell'animazione non possa essere ritenuto un omicidio, nondimeno parlano di un intervento illecito, perché viola la finalità intrinseca dell'embrione di raggiungere il momento dell'animazione. Al massimo in certe occasioni l'aborto di un feto considerato come inanimato, viene valutato in modo meno severo 65 o, nel caso di minaccia per la vita della madre, lo si ammette esplicitamente.66 Il ritorno della teoria dell'animazione ritardata fra i teologi cristiani nel volgere dei secoli non giustifica tuttavia in nessun modo la conclusione secondo la quale, in base alla Tradizione cristiana, sia legittimo l'aborto o la soppressione degli embrioni a scopo di ricerca. Questa Tradizione attribuiva pure all'embrione inanimato uno status morale e una dignità relativa in merito alla sua finalità intrinseca. Secondo la biologia odierna ciò lo si trova nel programma di sviluppo che avviene sotto la guida dei cromosomi la cui composizione è stata stabilita a partire dal concepimento. Se si volesse usare un elemento della Tradizione, perché si tralasciano gli altri elementi della stessa Tradizione, pure compatibili con i dati dell'embriologia odierna? Valutazione Quale criterio intrinseco e quale antropologia di base prendiamo come punto di partenza nella considerazione dell'embrione nella prima settimana dopo il concepimento? Da quanto detto, risulta che l'embrione preimpiantatorio è: un essere con una propria vita, separata da quella della madre, un essere umano dal punto di vista biologico, un individuo e un essere con una finalità intrinseca. Tuttavia, possiamo anche concludere che l'embrione preimpiantatorio sia un individuo umano o una persona umana? Nella sua valutazione dello stato dell'embrione umano nell'Enciclica Evangelium Vitae Giovanni Paolo II, evitando di dichiarare espressamente che il momento dell'animazione coincida

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con il concepimento, fa riferimento alle conclusioni delle scienza biologica moderna mediante una domanda retorica: “Anche se la presenza di un'anima spirituale non può essere rilevata dall'osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull'embrione umano a fornire una indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana? (Donum Vitae, I, 1;Evangelium Vitae, n. 60)”.67 Prendendo come punto di partenza la conoscenza embriologica attuale e soprattutto la genetica moderna, come si potrà non identificare l'embrione precoce con l'individuo umano o con la persona umana in modo razionale? L'Identificazione dell'Embrione Precoce con l'Individuo Umano o la Persona Umana Una spiegazione solo materialista, come quella tipica della identity theory sulle funzioni specifiche della mente umana, è insufficiente. Il processo del pensiero, sviluppandosi in idee astratte, pur se dipendente da informazioni sensoriali, è in ultima analisi una funzione immateriale. Lo stesso si può dire della libertà: i processi materiali, come i processi chimici, sviluppandosi secondo un modello predeterminato, non spiegano la libertà. Senza una dimensione spirituale la libertà umana sarebbe inesistente. Sia la capacità razionale che la libertà presuppongono nell'uomo un principio spirituale di vita. Per essere un individuo umano o una persona umana, l'embrione deve avere sia una dimensione spirituale che una dimensione fisica. Tuttavia, la presenza di una dimensione spirituale non si può dimostrare attraverso il metodo di ricerca della scienze positive. In modo empirico la dimensione spirituale si rivela soltanto nella capacità attualizzata di esercitare funzioni che hanno in ultima analisi la loro origine nello spirito umano. Nell'embrione preimpiantatorio dopo il concepimento mancano segni manifesti di una dimensione spirituale. Il processo del pensare e quello del volere sono funzioni in cui sia la dimensione spirituale che quella corporea dell'uomo hanno un loro proprio ruolo, ma in modo integrato. Il contenuto della coscienza razionale sono i simboli che derivano dall'esperienza sensoriale dell'ambiente e del proprio corpo. Il fatto che questo contenuto manchi nell'embrione precoce, a causa del fatto che gli organi sensoriali non si sono ancora sufficientemente sviluppati, di per sé non esclude la possibilità che la capacità di pensare e quella di volere siano già presenti in potenza, potenza che sarà gradualmente attualizzata in proporzione allo sviluppo dei sensi. Anzi, tenteremo di mostrare che è difficilmente pensabile che la dimensione spirituale non sia presente sin dal momento in cui l'embrione si manifesta come essere umano in senso biologico, cioè dal concepimento. Ritornando all'embrione della prima settimana, dobbiamo chiederci: possiamo identificare un essere di cui costatiamo solo la natura biologica umana, come un individuo umano o una persona umana o no? Secondo il passo della Evangelium Vitae citato in precedenza, le conoscenze embriologiche e genetiche attuali possono fornire “un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana (n. 60)”. Come possono essere utili queste scienze nello scoprire nell'embrione umano una presenza personale sin dal concepimento? In ogni caso le conoscenze embriologiche attuali contraddicono la nozione classica contraria all'animazione (e perciò all'umanizzazione) diretta, nozione secondo cui l'embrione umano comincerebbe il suo sviluppo come coagulo di sangue, cioè come un essere non vivente, dunque non animato. L'embriologia attuale conferma la concezione secondo la quale l'embrione umano è, sin dal concepimento, un essere vivente, biologicamente umano. A questo si aggiunge il fatto che, dal concepimento, lo sviluppo embrionale si svolge in modo autonomo, coordinato, continuo e graduale.68 Non avvengono delle cesure nel processo successivo di sviluppo, come potrebbe essere se intervenisse nel corso dello sviluppo embrionale un altro meccanismo della coordinazione o dell'integrazione della vita dell'embrione, da interpretare come un momento in cui l'embrione diventi veramente un individuo umano, ricevendo una dimensione spirituale. La genetica ha scoperto il meccanismo di questo sviluppo embrionale: a partire dal concepimento esso è guidato dal genoma, il concepimento rappresenta il risultato della fusione dei cromosomi dell'ovulo con quelli della

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spermatozoo. Sapendo che il genoma è il fondamento più importante dell'identità biologica dell'essere umano, potremmo chiederci quali indicazioni possa fornire la genetica, oltre a quelle dell'embriologia, per ritenere l'embrione umano una persona umana sin dalla fecondazione. Per rispondere a questa domanda bisogna sapere in che cosa consiste l'identità ontologica della persona umana. L'identità ontologica dell'uomo, in base alla definizione classica della persona secondo Boezio, naturae rationalis individua substantia,69 ripresa da Tommaso d'Aquino,70 implica in certo senso una doppia identità: cioè un'identità generica, la natura razionale, ed un'identità numerica, in quanto la natura generica non esiste da sé, ma in relazione ad una sostanza individuale.71 Leggendo sul giornale che a causa di un incidente ferroviario sono morte dieci persone, vengo a conoscenza del carattere generale, l'identità generica delle vittime, cioè che sono esseri umani. Di fatto, però, sono individui che, avendo una propria identità numerica, attualizzano questa identità generica in modo diverso. L'identità numerica, in fondo, significa che questo individuo concreto è una persona umana, indipendentemente dallo stadio del suo sviluppo, dalla sua perfezione fisica, dal suo successo o dai suoi difetti. La persona è l'essere individuale più perfetto: il carattere individuale appartiene dunque essenzialmente alla persona. Questo significa che l'identità numerica è una dimensione intrinseca della persona umana. La domanda è: che ruolo svolge il genoma, presente dal concepimento, nella definizione dell'identità generica e di quella numerica dell'individuo umano? Il genoma è il fondamento biologico più profondo del corpo. Visto che l'essere umano è un'unità sostanziale di spirito e corpo, il genoma ha un ruolo intrinseco riguardo alla identità generica. Dato che anche l'identità numerica è un aspetto intrinseco della persona umana, una domanda altrettanto affascinante è quale sia il ruolo del genoma riguardante l'identità numerica. Un aspetto dell'identità numerica è che la capacità intellettuale può differire notevolmente fra i vari individui della specie umana. Che cosa spiega questa differenza? Bisogna supporre che i vari individui umani non abbiano la stessa dimensione spirituale? Premesso che lo spirito umano (l'anima) è la forma sostanziale (o meglio sussistente) dell'individuo umano,72 uno spirito umano differente fra i membri della specie umana avrebbe come conseguenza che questi non abbiano la stessa identità generica. In ogni caso, la capacità di pensare mediante concetti astratti è quella di agire liberamente, non sono, in sé, diverse fra gli individui umani. La differenza della capacità intellettuale si spiega con le differenze delle reti neuronali nel cervello, per cui la capacità di elaborare dati sensoriali può variare notevolmente. La differenza sta, in ultima analisi, non nelle capacità di pensare mediante concetti astratti di per sé, ma nella disposizione della dimensione materiale dell'individuo umano. La dimensione materiale è dunque determinante per l'identità numerica.73 Ora sappiamo che le reti neuronali sono virtualmente presenti nel genoma (anche se altri fattori ambientali hanno anch'essi, probabilmente, il loro ruolo nello sviluppo anatomico e funzionale del cervello). Il DNA contiene la base biologica di tutti i tratti che caratterizzano l'essere umano dal concepimento fino alla morte. Visto che l'identità numerica come dimensione di base materiale e come dimensione intrinseca costituisce – insieme con l'identità generica dell'uomo come essere formato da spirito e corpo – l'identità ontologica dell'essere umano, è difficilmente pensabile che il principio formale, la dimensione spirituale, non sia ancora presente al momento del concepimento, mentre c'è ovviamente la dimensione materiale.74 Questo ragionamento fornisce anche una risposta alla identità theory che parla di persona umana solo in presenza di una manifesta coscienza razionale. Nell'emergenza dell'identità numerica, lo sviluppo della coscienza razionale ha un suo ruolo particolare, benché non isolato. In questo, la dimensione spirituale e quella materiale hanno un ruolo intrinseco, dato che la capacità intellettuale si realizza mediante una funzione integrata della capacità di pensare mediante concetti astratti da un lato, e della capacità delle reti neuronali del cervello di elaborare dati sensoriali dall'altro. Per questo, è difficilmente pensabile che la dimensione spirituale non sia presente in uno stadio tanto fondamentale per lo sviluppo dell'identità numerica dell'individuo umano. Si capisce che nella prima settimana dopo il concepimento l'embrione non possiede ancora queste reti neuronali, visto che il sistema nervoso inizia il suo sviluppo dal 21o giorno. Tuttavia, tutte le strutture neuronali sono già presenti virtualmente

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nel DNA dal concepimento, compreso il loro contributo in senso biologico all'identità numerica dell'individuo umano. Un'obiezione di Lanza e Donceel contro questo argomento è che ciò implica una coincidenza di una causalità formale e una causalità efficiente della dimensione spirituale: la dimensione spirituale, se presente dal concepimento, sarebbe sia la causa formale sia quella efficiente del corpo umano.75 La causa formale non può essere la causa efficiente della generazione della cosa di cui è la forma sostanziale. A questo proposito è utile distinguere fra generazione e crescita.76 Lo sviluppo successivo dopo il momento dell'inizio dell'esistenza è diverso dalla generazione: è la crescita. La crescita è un processo dell'essere vivente già generato. La dimensione spirituale, una volta formatosi il corpo umano, è il principio movente, cioè la causa efficiente, della vita. Essa è la radice di tutti i processi della vita, compreso quello della crescita dell'embrione. Abbiamo visto che, fra l'altro, Lanza e Donceel pensano che un certo sviluppo delle strutture neuronali e del cervello sia necessario per raggiungere una disposizione dell'embrione tale che la dimensione spirituale possa informarlo della sua essenza. Tuttavia, il cervello primitivo, pur mostrando a livello macroscopico e forse anche a quello microscopico una certa somiglianza con il cervello adulto e avendo qualche attività funzionale, dovrà ancora subire molti cambiamenti macroscopici, microscopici e biochimici per rendere possibili i processi elettrochimici complessi richiesti per il processo del pensiero. Anche dopo la settima settimana, momento a partire dal quale, secondo Tauer, l'embrione, avendo fatto esperienze dell'ambiente che possono influire sulla coscienza successiva, acquisisce una personalità psichica, il cervello non ha ancora completato il suo sviluppo. Il fatto che le esperienze in quello stadio siano ancora inconsapevoli, non esclude una dimensione spirituale attuale. Anche l'essere umano che ha sicuramente una dimensione spirituale, data la manifesta coscienza razionale, può avere delle esperienze inconsapevoli che influiscono sul sviluppo della sua identità o il cui significato ai fini della costituzione dell'identità affiora soltanto in un secondo momento. Alla luce delle conoscenze scientifiche attuali è quanto meno azzardato, dunque, ritenere che un certo livello di sviluppo del cervello o delle strutture neuronali sia necessario per poter affermare che l'essere umano abbia una dimensione spirituale. Conclusione Nella valutazione dei vari e diversi criteri usati per valutare lo status dell'embrione umano risulta essenziale che questo abbia uno statuto biologicamente umano dal concepimento. L'embrione è un essere vivente il cui sviluppo, guidato dal genoma presente e attivo dal concepimento, si realizza in modo autonomo, coordinato, continuo e graduale. Un'umanizzazione indiretta è difficilmente compatibile con il fatto che l'identità generica dell'essere umano è costituita intrinsecamente sia dalla dimensione spirituale che da quella materiale, soprattutto visto che il fondamento biologico della dimensione fisica, il DNA, è presente, appunto, dal concepimento. Inoltre il DNA è la base biologica dell'identità numerica, un elemento anch'esso intrinseco dell'individuo umano. Il fatto che l'identità numerica costituisca insieme a quella generica l'identità ontologica dell'individuo umano, è a sua volta difficilmente compatibile con la tesi dell'umanizzazione indiretta o graduale. Benché sia impossibile dimostrare empiricamente una presenza personale dal concepimento, la riflessione filosofica sullo stato bio-antropologico dell'embrione umano indica una incongruenza dell'umanizzazione indiretta o graduale con la visione dell'individuo umano come un'unità sostanziale di spirito e corpo.

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1Così afferma il premio Nobel americano, Varmus, secondo il quale non si può dare una risposta alla domanda sul momento in cui inizi ad esistere l'essere umano. Egli condivide l'idea di coloro che considerano l'embrione come essere umano dal momento in cui si sviluppano i neuroni, una circolazione sanguigna quindi, può sopravvivere, fuori dall'utero: “La piena individualità si può affermare solo dopo la nascita”, vedi l'intervista, Varnus H., Ich sehe eine moralische Pflicht zum Embryoverbrauch, Frankfurter Algemeine Zeitung (25 agosto 2001), p. 43. 2Kamer T., Vergaderjaar 2000-2001, 5: 4-6; questa valutazione sullo status dell'embrione è molto diffusa anche nel mondo protestante, vedi: Honecker M., Divergenzen in der evangelischen Ethik beim Untergang mit Embryonen, Zeitschrift für medizinische Ethik 2003, 49(2): 23-136, particolarmente p. 127. 3Avortement et respect de la vie humaine, Paris: Editions du Seuil, 1972: 93-104; pp. 174-184; pp. 194-204. 4Böckle F., Um den Beginn des Lebens, Arzt und Christ 1968, 14: 70; Sporken P., Voorlopige diagnose. Inleiding tot een medische ethiek, Utrecht: Ambo, 1969: 68-69 (Sporken usa anche altri argomenti per indicare l'annidamento come il momento iniziale della vita umana: la possibilità della divisione degli embrioni come origine dei gemelli; e la grande perdita di embrioni prima dell'annidamento, argomenti sui quali torneremo. Nel suo libro: Id., Ethiek en Gezondheidszorg, Baarn: Ambo, 1977: 118 attenua questa idea, ritenendo l'annidamento un primo passo, seppure fondamentale, nel processo graduale di ominizzazione dell'embrione accanto alla fase della differenziazione dei neuroni del cervello. 5Böckle, Um den Beginn des..., p. 70; Sporken, Voorlopige diagnose. Inleiding..., pp. 94-97; Id., Ethiek en Gezondheidszorg..., pp. 154-158. 6Marktl H., Von Caesar lernen heißt forschen lernen, Frankfurter Allgemeine Zeitung 2001, p. 52. 7Il rabbino olandese Evers è convinto che l'embrione umano fuori dell'utero non meriti di essere protetto, in base a detta traduzione particolare del testo della Gen 9,6 analizzando il testo si legge soltanto: “Chi sparge il sangue dell'uomo nell'uomo, il suo sangue sarà sparso. L'obbligo di proteggere la vita è subordinato alla permanenza nel grembo materno”, vedi: Evers R., Evers A.P., Bijbel positief over klonen van embryo's, Trouw 2004, p. 14; gli autori vedono l'embrione prima di 40 giorni dal concepimento come vita inanimata. Gli embrioni in vitro, non potendo continuare a vivere senza assistenza artificiale, non sarebbero esseri viventi umani. Per l'uso sperimentale di embrioni in vitro non è importante però l'essere inanimato – anche gli embrioni nell'utero non sono ancora animati – ma è importante la traduzione della Gen 9,6 in cui gli autori vedono una legge che attribuisce il diritto alla protezione soltanto all'embrione che si trovi all'interno dell'utero. 8Ripreso dalla Bibbia di Gerusalemme, Bologna: Edizioni Dehoniane, 1996. 9“Therapeutisch kloneren nog problematischer dan reproductief kloneren: een bijdrage vanuit katholiek-bijbels perpectief”, Pro Vita Humanae 2005, 12(2): 47-53. 10Connery, Abortion: the development of the Roman Catholic perspective, Chicago: Loyola University Press, 1977: 13. 11Gen 6, 3; 9, 6; Es 8, 13.14; 9, 10; 13, 2; Nm 8, 17; 17, 15; 31, 11.26; Lv 24, 20; 2 Sam 23, 3; Ger 32, 20; 9, 15; Mi 7, 2; Sal68, 18; 78, 60; 118, 8; Qo 2, 24. Per questo ho consultato J. Liesen, professore di Esegesi al Seminario Maggiore di Rolduc e membro della Commissione Teologica Internazionale, che fonda la sua risposta su Eben-Shoshan A., Qonqordantsia chadasha, Gerusalemme: Kiryat-Sefer, 1986. 12“Embryo en christelijke mensvisie: wanneer wordt het embryo een menselijke persoon?”, Pro Vita Humana 1994, 1(3): 107-116. 13Tauer C.A., Personhood and Human Embryos and Fetuses, The Journal of Medicine and Philosophy 1985, 10: 264. 14Ibid., pp. 263-264.

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15Questa conclusione è fondata sui 7 criteri intrinseci e relazionali, avanzati da Warren, per indicare lo stato morale di qualsiasi essere: 1) l'essere vivente non deve essere ucciso senza buoni motivi; 2) un essere senziente non deve essere trattato crudelmente; 3) gli agenti morali hanno diritti pieni ed uguali alla vita e alla libertà; 4) gli esseri umani capaci di sentire, ma non di agire moralmente hanno gli stessi diritti morali che hanno quelli che agiscono moralmente; 5) le entità ecologicamente importanti (viventi o non viventi) hanno uno status morale più forte di quello che avrebbero se fossero indipendenti dall'ecosistema; 6) gli animali che sono parte di una comunità umana hanno un status morale più forte di quello che avrebbero da soli; 7) nel quadro dei primi sei criteri gli agenti morali devono rispettare il riconoscimento dello status morale da parte di altri (transitivity of respect), vedi: Warren M.A., Moral status: obligations to persons and other living things, Oxford: Oxford University Press, 1997: 148-177. 16Meyer M.J., Nelson L.J. , Respecting what we destroy. Reflections on human embryo research, The Hastings Center Report 2001, 31(1): 16-23. 17Connery, Abortion: the development of the..., pp. 22-23. 18Ulpiano, Digesta, 25, 4, 1, 1. 19Waldstein W., Ulpian and the legal position of the unborn child in Roman Law, comunicazione. 20Willke J., Willke B., Abortion: Questions and Answers, Cincinnati: Hayes Publishing Company, 1988: 5-6. 21The Warnock Report, n. 11.5 e n. 11.22, in Warnock M., A Question of Life. The Warnock Report on Human Fertilization and Embryology, Oxford: Basil Blackwell, 1985: 59; p. 66. 22Ford N.M., When did I begin?, Cambridge: Cambridge University Press, 1988; Shannon T.A., Wolter A.B., Reflections on the moral status of the pre-embryo, Theological Studies 1990, 51: 612-614. 23Häring B., Medical Ethics, Middlegreen: St. Paul Publications, 1991: 73. 24Alcuni sono dell'opinione che il termine pre-embrione non suggerisca questo, poiché secondo l'embriologia classica si potrebbe parlare di embrione solo dopo l'impianto nella mucosa dell'utero. Prima di questo momento si dovrebbe parlare della blastogenesi e in seguito della genesi dell'embrione; vedi: De Wert G.M.W.R., Geraedts J.P.M., IVF, pre-embryo-research en ethiek, Metamedica 1988, 67: 106-133, specialmente la nota a piè di pagina 1; tuttavia, il termine pre-embrione non è mai stato usato nell'embriologia classica, ma è stato introdotto di recente. 25O'Rahilly R., Müller F., Developmental stages in human embryos, Washington: Carnegie Institute of Washington, 1987: 13-26, particolarmente la figura 5.2. alla p. 26; Gilbert S.F., Developmental biology, Sunderland (Massachusetts): Sinauer Associates, 2000: 362-363; Carlson B.M., Human embryology and developmental biology, Philadelphia: Mosby, 2004: 53. 26Corner G.W., The observed embryology of human single-ovum twins and other multiple births, Am J Obstet Gynecol 1955, 70: 933-951, particolarmente p. 934 (grazie al prof. Gonzalo Herranz che mi ha indicato la mancanza di evidenza per detta teoria durante il Congresso). 27Ibid., p. 943. 28Ibid., pp. 946-947. 29O'Rahilly, Müller, Developmental stages in human..., p. 26, figura 5.2; Carlson, Human embryology and developmental..., p. 53. 30Ashley B.M., O'Rourke K.D., Health Care Ethics. A Theological Analysis, St. Louis: The Catholic Health Association of the United States, 1989: 212. 31Mintz B., Genetic mosaicism in adult mice of quadriparental lineage, Science 1965, 148: 1232- 1233. 32Markert C.L., Petters R.M., Manufactured hexaparental mice show that adults are derived from three embryonic cells, Science 1978, 202: 56-58. 33Hellegers A., Fetal development, Theological Studies 1970, 31: 5; De La Chapelle A., Schröder J., Early fusion of two human embryos?, Annals of Human Genetics 1974, 38: 63-75; Mayr W.R., Pausch V., Schnedl W., Human chimaera detectable only by investigation of her progeny, Nature 1979, 277: 210-211. 34Shannon, Wolter, Reflections on the moral status of..., p. 608.

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35Pergament E., Fiddler M., Cho N. et Al., Sexual differentation and pre-implantation growth, Human Reproduction 1994, 9: 1730-1732; Fiddler M., Abdel-Rahman B., Rappolee D.A. et Al., Expression of SRY transscripts in pre-implantation human embryos, American Journal of Medical Genetics 1995, 55: 80-84. 36Ford, When did I begin?..., pp. 170-177. 37Ippocrate, Du foetus de sept mois, Paris: E. Littré, VII, 1851: 492. 38Aristotele, The generation of animals, Cambridge-London: Harvard University Press- William Heinemann, 1979: I, XIX-XX, 727a., 729a., pp. 95-111. 39Ibid., II, IV, 738 b., pp. 184-185. 40Ibid., II, III, 736 b., pp. 170-171. 41Id., De Anima, II, I, 412a., 27-412b. 1, 4-6, in Siwek P., Aristotelis de anima, vol. II, Roma: Pontificia Universitatà Gregoriana, 1954: 92-93. 42Aristotele, De animalibus historiae, VII, III, in Id., Opera omnia, vol. III, Parigi 1927: 137-138. 43San Tommaso discute su questo argomento in diverse sue opere: S. Tommaso d'Aquino, Scriptum super libros sententiarum Petri Lombardi, 2, d. 18, q. 2, a. 3; Id., De potentia, q. 3, ad 9, in Id., Quaestiones disputatae, vol. II; Id.,Summa contra gentiles, 2, 87-89; Id., Summa Theologiae, 1, q. 76, a. 3, ad 3, and 1, q. 118, a. 2, ad 2; Id., De spiritualibus creaturis, a. 3, ad 12, in Id., Quaestiones disputatae; Id., De anima, a. 11, in Id., Quaestiones disputatae, vol. II. 44Sacra Studiorum Congregatio, “Theses quaedam, in doctrina Sancti Thomae Aquinatis contentae, et a philosophiae magistris propositae, adprobantur”, XV, AAS 6 (1914) 385: “Contra, per se subsistit anima humana, quae, cum subiecto sufficienter disposito potest infundi, a Deo creatur, et sua natura incorruptibilis est atque immortalis”; DH n. 3615; Hering H.-M., De tempore animationis foetus humani, Angelicum 1951, 28: 18-29; Lanza A., La questione del momento in cui l'anima razionale infusa nel corpo, Roma: Istituto Grafico Tiberino, 1939. 45Gury J.P., Compendium theologiae moralis, vol. I, 1866: 431; Genicot E., Salsmans I., Institutiones theologiae moralis, vol. I, Leuven-Brussel, 1931: 375; Prmmer D.M., Manuale theologiae moralis, vol. II, Barcelona: Herder, 1945: 138. 46Donceel J.F., Immediate animation and delayed hominization, Theological Studies 1370, 31: pp. 76-105. 47Ibid., p. 101. 48Rahner K., The problem of genetic manipulation, in Theological Investigations, vol. IX, London: Darton, Longman, Todd, 1981: 226, nota a piè di pagina 2; Donceel, Immediate animation and..., pp. 99-100; Diamond J.J., Abortion, animation, and biological hominization, Theological Studies 1975, 36: 312-313. 49Vedi nota n. 64. 50S. Anselmo, De conceptu virginali, 7 (PL 158, 440): “Quod autem mox ab ipsa conceptione rationalem animam habeat, nullus humanus suscipit sensus. Sequitur enim ut quoties susceptum semen humanum, etiam ab ipso momento susceptionis perit antequam perveniat ad humanam figuram; toties damnetur in illo anima humana; quoniam non reconciliatur per Christum: quod est nimis absurdum”. 51Ford N.M., When did I begin?, Cambridge: Cambridge University Press, 1988: 180-181. 52Ibid., pp. 170-177. 53Tauer, Personhood and Human Embryo..., pp. 253-266. 54McMahan J., Cloning, killing, and identity, Journal of Medical Ethics 1999, 25(2): 77-86, quotazione ripresa da p. 83. 55Engelhardt H.T., Viability and the use of the fetus, in Bondeson W.B., Id. (a cura di), Abortion and the status of the fetus, Dordrecht: D. Reidel, 1983: 184-191; Engelhardt H.T., The Foundations of Bioethics, New York-Oxford: Oxford University Press, 1996: 135-140. 56Truog R.D., Fletcher J.C., Brain Death and the Anencephalic Newborn, Bioethics 1990, 4: 199-215. 57McMahan, Cloning, killing, and identity..., p. 83.

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58Dunstan G.R., The human embryo in the western moral tradition, in Id., Seller M.J. (a cura di), The status of the human embryo. Perspectives from moral tradition, London: King Edward's Hospital Fund for London, 1990: 55. 59Tertulliano, Apologeticus adversus gentes pro christianis, c. IX (PL 1, 319-320): “Nobis vero, homicidio semel interdicto, etiam conceptum utero, dum adhuc sanguis in hominem delibatur, dissolvere non licet. Homicidii festinatio est prohibere nasci; nec refert natam quis eripiat animam, an nascentem disturbet: homo est, et qui est futurus; etiam fructus omnis jam in semine est”. 60S. Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, l. I, 44 (PL 15, 1632): “Ad cohibendam petulantiam tuam, manus quasdam tui auctoris in utero hominem formantis advertis. Ille operatur, et tu sacri uteri secretum incestas libidine? ” Un'indicazione di questo pensiero si trova già nei primi testi cristiani, per esempio nella Lettera di Barnaba (tra il I e il II secolo) XX, 2, in cui l'autore dice che coloro che seguono la via delle tenebre sono, fra l'altro, “uccisori dei figli, distruttori del plasma creato da Dio” (PG 1,1230; qui citato da: Quacquarelli A., I Padri Apostolici, Roma: Città Nuova Editrice, 1986: 213). Cf Didaché, vol. V, 2: sulla via della morte camminano fra l'altro uccisori di figli, distruttori della creatura di Dio (Ibid., I Padri Apostolici..., p. 33). 61S. Agostino, Sermo CLVI, c. II (PL 38, 851): “Et tamen in omnibus qui nascuntur infirmis Deus quod bonum est operatur, formando corpus, vivificando corpus, alimenta praebendo”; cf. Id., Contra Julianum Pelagianum, l. V, 34 (PL 44, 804): “Ut autem concipiatur fetus atque nascatur, divini est operis, non humani”. 62Id., De anima et ejus origine, l. I, c. XVI (PL 44, 488-489). 63S. Tommaso d'Aquino, Scriptum super libros sententiarum Petri Lombardi, 2, d. 18, q. 2, a. 3; Id., De potentia, q. 3, ad 9; Id., Summa contra gentiles, 2, 87-89; Id., Summa Theologiae, 1, q. 76, a. 3, ad 3, en 1, q. 118, a. 2, ad 2; Id., De spiritualibus creaturis, a. 3, ad 12; Id., De anima, a. 11. 64S. Agostino, De nuptiis et concupiscentia, l. I, c. XV (PL 44, 423-424): produntur autem quando eo usque progrediuntur, ut exponant filios, qui nascunutur invitis. Oderunt enim nutrire vel habere, quos gignere metuebant. Itaque cum in suos saevit, quos nolens genuit tenebrosa iniquitas, clara iniquitate in lucem promitur, et occulta turpitudo manifesta crudelitate convincitur. Aliquando eo usque pervenit haec libidinosa crudelitas, vel libido crudelis, ut etiam sterilitatis velenam procuret; et si nihil valuerit, conceptos fetus aliquo modo intra viscera exstinguat ac fundat, volendo suam prolem prius interire quam vivere; aut si in utero jam vivebat, occidi antequam nasci. Prorsus si ambo tales sunt, conjuges non sunt: et si ab initio tales fuerunt, non sibi per connubium, sed per struprum potius convenerunt. Si autem non ambo sunt tales, audeo dicere, aut illa est quodammodo meretrix mariti, aut ille adulter uxoris; Petrus Lombardus, Sententiae, l. IV, d. 31, c. 3-4; S. Tommaso d'Aquino, Scriptum super libros sententiarum Petri Lombardi, IV, d. 31, expositio textus. 65Connery J., Abortion: the Development of the Roman Catholic Perspective, Chicago: Loyola University Press, 1977: 142-148. 66Grisez G., Abortion: the Myths, the Realities, and the Arguments, New York: Corpus Books, 1970: 165-184. 67Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum Vitae, I, 1, AAS 1988, 80, pp. 78-79. 68Serra A., Colombo R., Identità e statuto dell'embrione umano: il contributo della biologia, in Aa.Vv., Identità e statuto dell'embrione umano, Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1998: 143-146. 69Boezio: Contra Eutychen et Nestorium, III, in Id., Opusculi Teologici, Catania: Università di Catania, 1960: 52: “Quocirca si persona in solis substantiis est atque in his rationabilibus substantiaque omnis natura est nec in universalibus sed in individuis constat, reperta personae est definitio: naturae rationabilis individua substantia”. 70S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, 1, q. 29, a. 1; Id., De Potentia, q. 9, a. 2; Id., Sententiarum, d. 25, q. 1, a. 1; cf. Lobato A., La persona, Roma: Pontificia Università S. Tommaso, 1973: 231.

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71Fetz R.T., Personbegriff and Identitätstheorie, Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie 1988, 35: 69-106. 72Questa tesi aristotelica-tomista è stata ripresa dalla dottrina della Chiesa Cattolica durante il Concilio di Vienna nel 1312 (DS n. 902) e il Concilio Lateranense V dal 1512 fino al 1517 (Ibid., n. 1440) e nell'Enciclica Veritatis Splendor (n. 48ss.). 73Riguardo a tutto questo, Tommaso d'Aquino ha delle idee affascinanti e ispiratrici. La forma sussistente è secondo Tommaso d'Aquino la stessa per tutte le persone umane. Infatti, esseri con una forma differente appartengono a specie differenti. Tuttavia, benché sia vero che tutti gli uomini hanno la stessa forma, come spiegare le differenze fra di loro? Questa domanda è affascinante soprattutto riguardo all'evidente differenza, fra gli esseri umani, nella capacità di capire le cose, capacità che è direttamente collegata alla forma spirituale dell'uomo. La risposta di Tommaso è che la differenza della forma fra gli uomini non può essere che accidentale: “C'è una doppia varietà formale. C'è la varietà della forma in sé riguardo ai suoi contenuti essenziali; e tale diversità porta a una varietà di specie. Tuttavia, c'è anche una varietà della forma non in sé, ma in modo accidentale, che risulta dalla varietà della materia, nel senso che una materia meglio disposta parteciperà nella forma in modo più degno; e tale varietà non causa una distinzione fra specie e questa è la varietà delle anime” (S. Tommaso d'Aquino, Scriptum super libros sententiarum, II, d. 32, q. 2, a. 3, ad 1). Questo dà la base per la spiegazione di Tommaso delle differenze fra gli individui all'interno di una specie, cioè della distinzione numerica degli individui: “...La differenza della forma che non proviene che dalla disposizione diversa della materia, non fa una diversità secondo la specie, ma solo secondo il numero; infatti ci sono forme diverse di individui diversi, diversificate secondo la materia” (Id., Summa Theologiae, 1, q. 85, a. 8, ad 3: “...Differentiae formae quae non provenit nisi ex diversa dispositione materiae, non facit diversitatem secundum speciem, sed solum secundum numerum; sunt enim diversorum individuorum diversae formae, secundum materiam diversificatae”). Così si spiega perché un uomo può capire la stessa cosa meglio di un altro, pur avendo la stessa forma spirituale: la capacità intellettuale dipende anche dalla disposizione delle facoltà più basse di cui l'intelletto ha bisogno per la sua attività, cioè l'immaginazione, la facoltà cogitativa e la memoria sensitiva (Ibid., 1, q. 85, a. 7 in c.). 74Molti, sentendo la parola identità, pensano spontaneamente ai documenti di identità o agli archivi della polizia (police-records). Questo significato di identità concerne dati come il colore della cute, dei capelli o degli occhi, l'altezza e il peso, la corporatura e eventualmente alcune caratteristiche psichiche. La sociologia usa la distinzione fra l'identità naturale e quella convenzionale. Con l'identità naturale s'intende la capacità della persona di dire io, di vedere tutte le cose in rapporto a se stessa e di introdursi in una conversazione con altre persone. L'identità convenzionale o la role-identity(identità di ruolo) è il risultato dell'integrazione sociale dell'individuo umano che lo fa essere un membro di una comunità. A questi concetti di identità se ne potrebbe aggiungere un terzo, cioè quello dell'identità dell'io autonomo, derivato dalla concezione kantiana di una persona autonoma: riguarda l'identità della persona che riesce a sottomettersi liberamente alle leggi e alle convenzioni generali di una società (vedi: Fetz, Personbegriff and Identitätstheorie..., pp. 69-106). Tutti i vari tipi finora elencati di identità a cui pensiamo spontaneamente o che la sociologia usa, non si applicano all'embrione preimpiantatorio. Per questa ragione l'embrione precoce, non riuscendo a fare appello a un sentimento di solidarietà tra individui o alla società con altri esseri umani in genere, si trova in una posizione in un certo senso svantaggiata. Il fondamento della solidarietà è infatti che si riconosce nel prossimo qualcosa di se stesso. Tuttavia, questi tipi di identità non possono essere considerati come totalmente indipendenti da ciò che l'embrione è: non concernono infatti il livello più profondo dell'identità della persona umana. Le caratteristiche fisiche e psichiche degli archivi della polizia, l'identità naturale e sociale secondo la descrizione della sociologia e anche quella dell'io autonomo, che deve crescere in tutti noi, possono cambiare e di fatti lo fanno durante la vita. Questi tipi di identità sono accidentali. Bisogna trovare l'identità ontologica della persona che è il soggetto di tutti questi cambiamenti. Il concetto di identità delle scienze sociali e il concetto ontologico di Boezio si completano a vicenda. L'individuo umano è

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capace di sviluppare forse varie identità sociali, ma solo grazie alla sua identità generica e numerica che forniscono anche i limiti delle possibilità di sviluppare un'identità sociale. Limitandosi all'identità sociale e dimenticando quella ontologica, si corre il rischio di attribuire l'essere persona solo a quelli che sono capaci di raggiungere un'identità sociale secondo un certo standard. 75Lanza, La questione del momento in cui l'anima razionale..., pp. 230-231; Donceel, Immediate animation and delayed...,p. 101. 76Chollet A., Animation, in Dictionnaire de Théologie Catholique, vol. I, Paris, 1923: 1314.

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MARIO PANGALLO IL PENSIERO DI SAN TOMMASO RIGUARDO ALL’EMBRIONE UMANO La Vita Umana nella Filosofia Classica e Cristiana Prima di S. Tommaso La finalità di questo intervento è illustrare la posizione di San Tommaso riguardo all'embrione umano, rilevando gli aspetti teoreticamente più importanti per definire l'identità dell'embrione, il suo statuto ontologico oltre che biologico. Per introdurci adeguatamente nella questione, mi sembra opportuno accennare al percorso storico precedente S. Tommaso, cioè al pensiero della cosiddetta antichità classica e cristiana intorno al concetto di vita umana, a cui l'Aquinate e i pensatori medievali hanno attinto. È facile constatare, a tale proposito, che il discorso filosofico sulla vita umana in generale, e sulla vita umana nascente, nell'antichità greca ed ellenistica, non può fare a meno del discorso sull'anima(psiche). È noto, infatti, che per gli antichi la psiche è il principio vitale di ogni corpo vivente: essere vivo significa essere un corpo animato. Il problema dell'anima, cioè della vita, è il problema fondamentale dei cosiddetti filosofi grecinaturalisti. E se inizialmente l'anima sembra essere soltanto una realtà fisica sottile e penetrante, man mano che la riflessione intorno ad essa si sviluppa, soprattutto grazie ai pitagorici, l'anima assume la configurazione di realtà spirituale; secondo Platone, essa ha nell'uomo un qualcosa di divino, di coessenziale con il mondo delle Idee, è in certo modo sintesi di finito ed infinito, nel senso che comunica al corpo umano finito un'energia di essere e di agire aperta a ciò che trascende il finito stesso. La terminologia platonica, e, molto più tardi, quella neoplatonica, riguarda l'anima umana, coinvolge anche la nozione di logos e l'uomo viene visto come microcosmo, il vivente in cui si manifesta e si capisce l'antico detto anassagoreo tutto in tutto, capace di afferrare l'anima del mondo intero, cioè il logos immanente nella natura, quale fonte di vita e di ordine. Platone sostiene che l'anima umana è sostanza per sé stante, è principio di movimento, è razionale, è spirituale, è immortale, cioè separabile dal corpo. Queste note costitutive principali dell'anima umana secondo Platone, vengono accolte da Aristotele, ma con decisive modifiche, che si capiscono proprio a partire dalla considerazione della vita umana nascente, della vita embrionale, poiché, per Aristotele, il discorso sulla vita è sì il discorso sull'anima, ma anche il discorso sulla generazione e sulla corruzione delle forme viventi. Per Aristotele l'anima è sostanza in quanto forma o atto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza ed è dotato di organi (De Anima, I, 1, 412 a 19-21; 28-30; 412b 11-12). La concezione aristotelica dell'anima come forma e principio di organizzazione del corpo è, a buon diritto, avvicinata alla nozione di codice genetico o di programma genetico inscritto nei cromosomi. Tale accostamento è in parte sensato in parte improprio: comunque è chiaro che per lo Stagirita l'anima è intimamente unita al corpo nella generazione: quello che noi chiamiamo embrione umano è già fin dall'inizio, cioè fin dall'avvenuta fecondazione dell'ovulo femminile da parte del seme maschile, sintesi di anima e corpo. Anzi, il corpo stesso è tale, è corpo, cioè materia seconda, materia organizzata, in quanto è informato dall'anima. L'anima in quanto forma è causa per cui il corpo possiede le proprietà che lo caratterizzano, è cioè il vivere, il percepire, il pensare. In quanto principio del vivere Aristotele denomina l'animanutritiva (o, più in generale, vegetativa); in quanto principio del percepire, parla di anima sensitiva; in quanto forma delle attività del pensiero, propriamente umane, parla dell'anima razionale o intellettiva. L'anima inferiore è condizione dell'esserci di quella superiore, e questa contiene in potenza quella, essendo così in grado di svolgere le funzioni di quella; il che è illustrato da Aristotele con l'esempio geometrico, che vedremo in seguito essere ripreso da S. Tommaso, del pentagono in cui è inscritto il quadrilatero, in cui a sua volta è inscritto il triangolo (Ibid., II, 3, 414 b 29-32). La dottrina della consecuzione o successione delle anime nell'embrione umano permette ad Aristotele di saldare l'aspetto filosofico della considerazione dell'anima con l'aspetto empirico-scientifico con cui si guarda alla vita umana. La teleologia insita nella forma inferiore, che guida lo sviluppo embrionale verso funzioni superiori, è garanzia dell'unità del

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vivente nelle diverse fasi di sviluppo dell'embrione, contro la tricotomia platonica; l'anima è essenzialmente entelécheia del corpo, principio che ha in sé il fine (télos) per cui il corpo esiste, si sviluppa, agisce. In tal modo la dottrina platonica dell'anima come principio del movimento (cioè di qualsiasi mutamento e trasformazione) del corpo è assimilata da Aristotele nell'ambito della sua interpretazione ilemorfica del fenomeno della generazione e corruzione dei viventi, senza possibili fraintendimenti dualistici o estrinsecisti, cui aveva dato luogo la tradizione orfico-pitagorica. Il rapporto di successione che collega le anime tra loro nella vita umana nascente, significa alla fine che l'anima vera e propria e unica dell'uomo è l'anima intellettiva, e, più precisamente, l'intelletto attivo o produttivo (nous poietikòs). Infatti soltanto l'intelletto attivo è atto per essenza, sempre capace di operare; esso, scrive Aristotele, è separato (choristòs; cf. De Anima, III, 4, 429 b 5) e sopraggiunge in noi dal di fuori e quindi ha qualcosa di divino in sé, ed è immortale. Scrive Aristotele: “Si esprimono bene coloro i quali affermano che l'anima è il luogo delle forme, solo che tale non è l'intera anima, ma quella intellettiva, ed essa non è in atto, ma in potenza le forme...Il senso non è in grado di percepire dopo l'azione di un sensibile troppo intenso; ad esempio non può udire il suono dopo aver percepito suoni troppo forti, né può vedere o odorare dopo aver percepito colori o odori troppo intensi. Invece l'intelletto, quando ha pensato qualcosa di molto intelligibile, non è meno, ma anzi più capace di pensare gli intelligibili inferiori, giacché la facoltà sensitiva non è indipendente dal corpo, mentre l'intelletto è separato. Quando poi l'intelletto è divenuto ciascuno dei suoi oggetti...anche allora è in certo modo in potenza, ma non come lo era prima di avere appreso; ed allora può pensare se stesso”.1 Alla fine del brano, come si vede, Aristotele sottolinea che il momento più alto della vita intellettiva o spirituale dell'uomo è l'autocoscienza. Più avanti Aristotele ritorna sui due aspetti della vita intellettiva, passivo ed attivo, affermando: “E c'è intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto. E questo intelletto è separabile, impassibile e non mescolato, essendo atto per essenza, poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il principio è superiore alla materia”.2 Mi sembra chiaro, pertanto, che l'umanità dell'uomo si identifica, propriamente, con la presenza di un principio vitale per sé incorporeo, unito sostanzialmente al corpo, che è l'anima razionale, capace di svolgere i compiti dell'anima sensitiva e vegetativa. In questo senso si può dire che l'intelletto è la forma delle forme (eìdos eidòn; Ibid., III, 8, 432 a 2 ). S. Tommaso interpreta Aristotele in favore dell'unità e unicità della forma sostanziale, entrando in contrasto con i numerosi sostenitori della pluralità delle anime nell'uomo nel XIII secolo. L'anima è sostanza, ma non è sostanza completa: senza il corpo dotato di organi non si possono svolgere le funzioni di cui essa è principio o potenza attiva. In questo senso per Aristotele l'anima, vegetativa e sensitiva, è unita agli organi, senza i quali non può operare, ma la sua essenza è diversa rispetto a quella degli organi, perché l'organo e la capacità per cui l'organo è nel corpo sono diverse (cf.De Anima, II, 12, 424 a 25-30). Da ciò risulta chiaro perché, come si è detto sopra, gli eccessi dei sensibili distruggono i sensori, ma non sopprimono l'anima (se non per accidens ed in taluni casi). Mediante la dottrina del rapporto di anteriorità e posteriorità Aristotele, pur differenziando chiaramente le tre anime nell'uomo, sottolinea senza equivoci che esse formano un'unità, un'unica anima che è causa formale, motrice e finale del corpo e quindi condizione primaria del finalismo del vivente. Inoltre, come si può riscontrare leggendo soprattutto i primi 3 capitoli del II libro Sull'Anima, Aristotele, trattando il rapporto di successione che connette le tre anime e le diverse facoltà, pone un ordine gerarchico di funzioni vitali e psichiche che via via si esprimono nello sviluppo umano, al cui vertice ovviamente c'è la funzione razionale: questa è ultima rispetto alle altre, e perciò rappresenta il fine a cui le altre sono orientate ed il loro compimento. Poiché, come ho accennato, Aristotele vuole saldare armoniosamente l'aspetto ontologico con l'aspetto biologico, gli sembrava coerente sostenere, con alcuni scienziati dell'epoca, che il

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compimento del principio vitale umano, cioè l'anima spirituale, fosse ultimo non soltanto in senso teleologico ma anche in senso cronologico, venendo ad informare il corpo umano solo dopo un certo sviluppo della sua vita embrionale, vale a dire più o meno dopo circa 40 giorni di vita per il feto maschile e dopo circa 80-90 giorni di vita per il feto femminile. A differenza delle scuole empedoclea e democritea, e di altri autori, per cui nella formazione dell'embrione concorrono sia il maschio che la femmina, per Aristotele, e per molti altri filosofi antichi, il principio attivo della generazione è soltanto il padre, datore del seme; la madre contribuisce alla generazione in quanto fornisce la materia, (katamenia, lat. menstrua), ed è dunque completamente passiva. Più tardi Galeno tenterà di mettere assieme le due linee di pensiero attribuendo una certa attività nella generazione anche alla madre, mediante un proprio seme, sebbene con un ruolo subordinato rispetto al seme maschile. Concludendo, in armonia con le tesi filosofiche sopra descritte, Aristotele, nell'ambito scientifico, si schiera in favore dell'epigenesi, ossia della teoria che sostiene la graduale apparizione delle differenziazioni fra gli organi nello sviluppo embrionale, contro il preformismo. Scrive per esempio nella Riproduzione degli animali: “Non si diventa simultaneamente animale e uomo, né animale e cavallo, e così per tutti gli animali. Il compimento si produce per ultimo...In un primo tempo sembra che tutti i viventi vivano la vita delle piante. Ma in seguito è chiaro che si deve parlare anche dell'anima percettiva e di quella intellettiva. Essi devono possedere tutte queste anime prima in potenza che in atto”.3 È interessante, leggendo lo stesso testo, notare perché secondo Aristotele, più anime non possono preesistere fin dalla fecondazione: “Ora che tutte preesistono è chiaro che non può essere per le seguenti ragioni: è evidentemente impossibile che esistano senza corpo tutti i principi la cui attività è corporea, come, p. es., il camminare senza piedi. Conseguentemente è anche impossibile che provengano da fuori perché essi, non essendo dotati di un-esistenza separata, non possono né giungere da sé, né giungere in un corpo...Resta dunque che solo l'intelligenza giunge dall'esterno e solo essa è divina, perché l'attività corporea non ha nulla in comune con la sua attività”.4 Mi sembra di poter dire, alla luce di quest'ultima affermazione, che in Aristotele la successione delle tre anime nell'embrione non comporta che l'anima intellettiva sia il risultato dell'evoluzione delle due anime precedenti: essa rappresenta un salto qualitativo, a causa dell'immaterialità dell'intelletto, che ha origini divine. Per questo S. Tommaso non vedrà nella fisiologia ed antropologia aristotelica un'opposizione al creazionismo cristiano, secondo cui l'anima spirituale è creata direttamente da Dio ed infusa nell'embrione umano adeguatamente predisposto. Quando avviene questa infusio animae rationalis? E come e quando si ha quella perfecta dispositio corporis presupposta dall'atto creativo? Prima di esaminare e valutare la risposta di S. Tommaso, accenno alle principali posizioni precedenti il Dottore Angelico, che troviamo nella Patristica e nella Scolastica. Nella Patristica si possono distinguere quattro linee di pensiero a riguardo delle modalità dell'animazione: 1) la tesi delle preesistenza delle anime che ha in Origene il suo maggiore rappresentante; 2) la tesi del traducianismo, per cui l'anima umana è trasmessa materialmente dai genitori, che ha il suo maggiore rappresentante in Tertulliano; 3) la tesi del generazionismo, che concepisce il traduce come forma spirituale trasmessa dai genitori e quindi, in ordine al problema dell'animazione, è assimilabile al traducianismo; 4) la tesi del creazionismo, per la quale l'anima umana spirituale è creata direttamente da Dio ed infusa nel corpo del concepito. La tesi creazionista prevale chiaramente nell'epoca patristica; l'origenismo è condannato, e anche il traducianismo e il generazionismo verranno alla fine rifiutati dalla Chiesa, nonostante le oscillazioni di S. Agostino, che, alla fine, confessa la propria incapacità a risolvere adeguatamente il problema (cf. De natura et origine animae, I, 15, 25). È noto che il problema delle modalità dell'animazione era collegato con la questione teologica delle modalità di trasmissione del peccato originale nel concepito. Circa il momento dell'infusione dell'anima intellettiva nella Patristica già si delineano le due opposte tesi che ritroviamo in seguito nell'epoca medioevale: la tesi dell'animazione ritardata, che segue più o meno Aristotele e che ho già esposto sopra; la tesi dell'animazione immediata o simultanea, per cui l'anima intellettiva è

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già presente nel concepito, fin dall'istante della fecondazione. S. Agostino, respingendo sia la tricotomia platonica sia la distinzione aristotelica delle tre anime (e quindi la teoria della loro successione nell'embrione umano), sosteneva che esiste nell'uomo un'unica anima, semplice e immortale, principio che dà all'organismo non solo la vita vegetativa e sensitiva, ma la stessa sussistenza personale: l'anima umana è presente nel corpo ancora informe, benché non sia ancora capace di operare in senso specificamente umano. Nella Patristica orientale, i Padri Cappadoci si pronunciano per l'animazione immediata: S. Basilio è favorevole all'animazione simultanea soprattutto per una preoccupazione etica; il concepito è uomo fin dalla fecondazione e sopprimerlo equivale ad omicidio, prescindendo dalla distinzione tra feto formato e feto informe. S. Gregorio Nisseno, paragonando l'embrione al seme di grano in cui esiste già l'essenza del grano, sostiene nel De hominis opificio (cap. 29), che l'anima razionale è presente fin dal principio nel concepito, ne guida lo sviluppo ed è principio della stessa differenziazione degli organi; come lo sviluppo del seme anche lo sviluppo dell'embrione umano non è dovuto ad una facoltà o forza formativa estranea all'anima razionale, ma insita in essa e infusa grazie ad essa nel sostrato corporeo del concepito. Non mancano voci in favore dell'animazione ritardata nella Patristica greca, come p. es. quella di Teodoreto di Ciro, che nell'opera Terapia dei morbi pagani difendeva l'animazione ritardata con argomenti scritturistici oltre che filosofici. Decisamente in favore dell'animazione immediata si pronuncia S. Massimo il Confessore nell'opera Ambigua: è assurdo pensare a uno stadio in cui l'embrione generato da uomini sia pianta o animale. Bisogna notare che dal punto di vista metafisico la questione dell'animazione dell'embrione si collega nella filosofia cristiana, sebbene questo non appaia subito chiaramente, con la questione della personalità dell'embrione. Considerando infatti la celebre definizione di persona umana diffusa dopo Boezio, essere persona significa sussistere in una natura razionale; pertanto nel momento in cui un corpo è animato dall'anima razionale sussiste in una natura razionale ed è dunque persona umana. Occorre ancora notare che la questione nella filosofia cristiana è pure condizionata dalla questione cristologica: il Verbo si è incarnato nel momento stesso del concepimento del corpo di Gesù, che fin dall'inizio deve considerarsi perfettamente uomo. La tesi dell'animazione ritardata doveva dunque ammettere per Cristo un'eccezione, mentre per i sostenitori dell'animazione immediata il Mistero dell'Incarnazione del Verbo non creava alcun problema filosofico. Per una serie di ragioni di cui in questa sede non mi sembra necessario trattare, nell'Alto Medioevo e nella Scolastica dei secoli XI–XIII la tesi dell'animazione ritardata divenne prevalente. Ad essa possiamo ascrivere, con sfumature diverse, autori come S. Anselmo, Guglielmo di Champeaux, Ugo di S. Vittore, Guglielmo di Conches (per il quale l'anima razionale è creata da Dio dopo la quinta settimana di vita dell'embrione), Pietro Lombardo (cf. 2 Sent., dist. 18, 8; Ibid., 3 Sent., dist. 2,2), Guglielmo d'Auvergne, Giovanni de la Rochelle, S. Bonaventura (per il quale l'anima razionale è composta di forma e di una materia incorruttibile), S. Alberto Magno. La questione nel XIII secolo si intrecciava con la questione dell'unità o pluralità delle forme sostanziali nell'uomo, ma non mediante una connessione diretta: infatti i sostenitori dell'animazione ritardata appartenevano tanto alla schiera dei sostenitori dell'unità della forma sostanziale (linea aristotelica) quanto alla schiera dei sostenitori della pluralità delle forme sostanziali nell'uomo (linea neoplatonica). Tra i pochi testi che sostengono l'animazione immediata si può segnalare il De motu cordis di Alfredo di Sareshel, autore degli inizi del XIII secolo: poiché l'embrione vive, esso è vivificato dall'anima razionale, che è propriamente e specificamente umana, altrimenti l'embrione non vivrebbe di vita umana, non sarebbe embrione umano, il che è inconcepibile. La posizione di Alfredo è però piuttosto confusa e il suo influsso limitato. In molti autori medievali si fa strada nella trattazione della vita embrionale l'idea, ripresa da Aristotele, che esista una vis formativa insita nell'embrione umano e ad esso comunicata dal seme paterno, grazie alla quale esso si sviluppa in modo umano pur non essendo ancora informato dall'anima specificamente umana (cioè dall'anima intellettiva). Tale idea, come vedremo, sarà pienamente accolta da S. Tommaso d'Aquino.

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La Posizione di S. Tommaso riguardo all'Embrione Umano S. Tommaso aderisce alla dottrina aristotelica della successione delle anime nell'embrione umano e sostiene che l'anima razionale è infusa dopo circa 40 giorni dalla fecondazione. Secondo il Dottore Angelico, il seme maschile deriva dal superfluo dell'alimento (e non dalla sostanza del generante) e possiede una virtus formativa, che si aggiunge allo spirito vitale (spiritus vitae) dello sperma e, aiutata da una triplice forma di calore (calore elementare, calore dell'anima e calore del cielo) guida lo sviluppo embrionale umano.5 La dottrina della successione delle anime si accorda con il principio platonico dionisiano della contiguità dei gradi di perfezione, per cui il punto supremo del grado ontologico inferiore tocca il punto infimo del grado immediatamente superiore ed è ad esso teleologicamente orientato.6 Prima di entrare nell'analisi dei principali testi dell'embriologia tomista, è opportuno riprodurre per grandi linee il contesto generale psicologico-metafisico entro il quale tali testi sono collocati. Anche per S. Tommaso, come per Aristotele, l'anima umana svolge una triplice funzione, vegetativa, sensitiva e intellettiva, cosicché le funzioni sensitiva e vegetativa sono contenute in quella intellettiva come il triangolo e il quadrilatero sono contenuti nel pentagono.7 La successione delle anime nell'embrione umano non va però intesa come progressiva attuazione di una forma inferiore, come se l'anima vegetativa contenesse in potenza l'anima sensitiva e questa l'anima razionale: si tratta invece di sostituzione della forma inferiore quando sopraggiunge la forma superiore.8 L'anima razionale è l'unica forma sostanziale del corpo umano (tesi notoriamente avversata nel XIII secolo dagli agostinisti e da molti esponenti della scuola francescana, e condannata a Parigi nel 1277), atto primo del corpo umano debitamente organizzato e predisposto a riceverla. L'unione tra il corpo umano e l'anima intellettiva è immediata e in forza di tale unione l'embrione umano può dirsi persona.9 La natura dell'anima intellettiva è spirituale e immortale, creata direttamente e immediatamente da Dio, ed infusa quando il corpo è perfettamente disposto.10 Si deve inoltre collocare l'embriologia di S. Tommaso nel quadro di una fisica e di una metafisica per cui forma dat esse materiae, principio che, a mio parere, ha in S. Tommaso due importanti significati: 1) la forma dà l'essere formale, ossia è l'elemento costitutivo di ogni essenza reale, in quanto atto della materia per quel che riguarda le sostanze corporee: in tal senso si può anche dire forma causat esse materiae; 2) la forma è principium essendi, nel senso di soggetto che rende la sostanza in potenza all'atto di essere e l'abilita a ricevere l'essere; in questo secondo senso, la forma può dirsi complementum substantiae, in quanto unifica nell'atto sostanziale la realtà dinamica dell'atto d'essere sia a livello categoriale che trascendentale.11 L'anima razionale, dunque, comunica l'atto d'essere al corpo umano e così ne fa un essere spirituale e immortale simile a Dio, uscito, per così dire, direttamente e immediatamente dalla virtù creatrice divina.12 Fatte queste premesse, passiamo ad analizzare i principali testi tomisti riguardo all'embrione umano. Fin dal Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo (il Magister, anch'egli, come già detto, favorevole all'animazione ritardata), S. Tommaso, baccalaureus sententiarius, afferma che il concepito perviene a ricevere l'anima razionale solo dopo un certo sviluppo corporeo. Nel Commento al Libro II delle Sentenze, dist. 18, q. 2, a. 3, ci si chiede se l'anima sensitiva sia ex traduce. S. Tommaso, dopo aver esposto e criticato le tesi di Platone, Temistio ed Avicenna, ritiene più ragionevole la posizione di Aristotele: “Ma la posizione di Aristotele è molto più ragionevole. Infatti niente comincia o viene fatto o è generato se non secondo il modo in cui ha l'essere. E perciò concediamo che l'anima sensitiva e quella vegetativa sono ex traduce. Ora, la modalità di tale trasmissione è la seguente, poiché ogni agente univoco e prossimo induce la sua specie nel paziente, e il cibo – in quanto è paziente e alterato – si trasforma in nutrimento del corpo (poiché nutre in quanto è in potenza carne come dice Aristotele), è necessario che alla fine (il cibo) riceva la specie e la virtù del nutrimento. Prima dunque dell'ultima assimilazione quando è reso in atto parte determinata, come carne o osso, c'è in esso la virtù della specie in maniera indeterminata a questo o a quello. Infatti la determinazione a questo o a quello è secondo la virtù propria della parte determinata. Perciò, poiché il seme è il residuo dell'ultimo cibo vicinissimo all'ultima conversione, c'è in esso in

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potenza l'intero, e non in atto una qualche parte. Prima, invero, che (il seme) sia rilasciato mediante l'azione della virtù vegetativa separato dal rimanente del suo genere, c'è in esso tale potenza indistinta come la forma dell'intero non è nella parte se non in potenza. Quando, invece, il seme viene separato, è reso in atto avente potenza o forma...Ora, mentre la potenza presente nel mestruo femminile è una potenza passiva cioè come sono casa in potenza i legni e le pietre, questa potenza presente nel seme maschile è una potenza attiva ossia come è casa in potenza la forma della casa nella mente dell'artefice. Di conseguenza Aristotele...paragona la potenza presente nel seme maschile all'arte, e Avicenna e Averroè la chiamano virtù formativa. Tale virtù formativa, quanto al modo di operare, è media fra l'intelletto e le altre forze dell'anima. Infatti le altre forze si avvalgono, nelle loro operazioni, di determinati organi; l'intelletto, invece, di nessuno; la suddetta virtù formativa da parte sua si avvale, nella sua operazione, di un qualcosa di corporeo che ancora non ha una specie determinata. Invero il soggetto e l'organo di siffatta virtù formativa è lo spirito vitale incluso nel seme – sicché, per il fatto che ri-contiene siffatto spirito, il seme risulta spumoso; ed è questa la causa della sua bianchezza...C'è da dire anche che a tale spirito corporeo risulta congiunto un triplice calore ossia il calore elementare, che è come lo strumento che libera e impiega e aziona tale spirito; il calore dell'anima, il quale è vivificante; il calore del cielo, per la virtù del quale tale spirito muove alla specie determinata. E con la virtù di tale triplice calore la virtù formativa converte la materia preparata dalla donna nella sostanza delle membra, secondo il modo in cui si dà la trasmutazione del corpo nell'accrescimento come dice Aristotele. E man mano che si produce verso la perfezione degli organi, l'anima comincia sempre più a essere in atto nel seme mentre prima era in potenza, sicché il concepito dapprima partecipa alle opere della vita nutritiva e allora è detto vivere della vita della pianta; e così via, finché perviene alla completa somiglianza del generante”.13 È chiaro che la completa somiglianza del generante si ottiene solo quando il concepito è informato dall'anima intellettiva. Il testo in cui S. Tommaso tratta con una certa ampiezza lo stato ontologico e biologico dell'embrione umano è contenuto nelle Quaestiones disputatae de Potentia, q. III (de creatione quae est primus effectus divinae potentiae), nell'articolo 9 (utrum anima rationalis educatur in esse per creationem, vel per seminis traductionem). Nel Corpus articuli S. Tommaso, prima di esporre il proprio pensiero, riporta alcune opinioni dell'antichità classica e cristiana. La prima tesi è quella del traducianismo, subito dopo quella della preesistenza delle anime rispetto ai corpi e, infine, viene menzionata la tesi dell'animazione immediata. “In merito a questa questione nell'antichità diversi autori sostennero diverse posizioni. Alcuni infatti affermavano che l'anima del figlio si riproduce dall'anima del genitore come il corpo si riproduce dal corpo. Altri invece affermavano che tutte le anime vengono create una per una, ma sostenevano che da principio esse erano state create tutte insieme fuori dai corpi e che in seguito si univano ai corpi generati o con un loro proprio movimento della volontà, secondo alcuni, o su ordine e per l'azione di Dio, secondo altri. Altri invece affermavano che le anime vengono infuse nei corpi nel momento stesso in cui vengono create. Per un certo tempo sono state sostenute tutte queste opinioni e restò in dubbio quale di esse fosse più vera, come si vede nel caso di Agostino. In seguito tuttavia le prime due sono state condannate con il giudizio della Chiesa e la terza è stata approvata”.14 Fatte queste premesse, S. Tommaso risponde al quesito dell'articolo affermando che l'anima razionale non può essere trasmessa con il seme: “A ben vedere poi risulta che è stata condannata con ragione quella opinione – che è quella adesso in discussione – che sosteneva che l'anima razionale si riproduce con il seme. E questo lo si può vedere ora con tre argomenti”. Il primo argomento parte dall'essere sussistente dell'anima razionale. Poiché l'anima razionale, a differenza dell'anima vegetativa e sensitiva, possiede un essere sussistente, viene all'essere in modo differente rispetto alle altre forme: mentre infatti le altre forme sono generate da una materia suscettibile di ricevere forme contrarie, l'anima razionale, essendo per sé immateriale, non può essere generata a partire da un sostrato materiale, ma viene all'essere dal nulla, e quindi grazie ad un atto

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creativo divino, dato che essere fatto dal nulla significa appunto essere creato. Chi invece sostenesse il contrario, dovrebbe ammettere che l'anima che razionale non è immateriale e quindi non è sussistente e non è immortale.15 Il secondo argomento è simile al primo: poiché l'anima razionale è una forma interamente spirituale, in nessun modo può essere riprodotta tramite la generazione del corpo né tramite una qualche capacità insita nel seme.16 Nel terzo argomento S. Tommaso, ricordando con Aristotele che l'anima razionale è capace di operazioni separate dal corpo in virtù del proprio essere sussistente, afferma che non può essere edotta dalla potenza della materia.17 Dopo aver risposto al quesito dell'articolo, S. Tommaso passa a rispondere alle obiezioni. Tra queste, ci interessa particolarmente la IX obiezione: “L'embrione, prima che sia compiuto con l'anima razionale, presenta una certa attività dell'anima, perché cresce, si nutre e ha sensazioni. Ma l'attività dell'anima non c'è se non c'è vita. Dunque è vivo. Il principio della vita del corpo d'altra parte è l'anima. Dunque ha l'anima. Ma non si può dire che gli si aggiunga poi un'altra anima, perché in tal caso ci sarebbero due anime in un corpo solo. Dunque la stessa anima che si era riprodotta da principio nel seme è l'anima razionale”.18 Rispondendo a questa obiezione, il Dottore Angelico delinea la sua embriologia, respingendo chiaramente non solo la tesi per cui l'anima razionale è trasmessa con il seme ma anche la tesi dell'animazione immediata. Anche in questo caso, prima di rispondere, S. Tommaso espone alcune opinioni contrarie. La prima opinione è attribuita a Gregorio di Nissa: “Alcuni stabilirono un parallelo nel processo generativo umano tra lo sviluppo dell'anima razionale e lo sviluppo del corpo dell'uomo. Costoro affermano che come il corpo umano è presente virtualmente nel seme, senza possedere in atto la compiutezza del corpo umano, che consiste nella differenziazione degli organi, ma giunge a tale compiutezza a poco a poco grazie alla capacità del seme, così all'inizio della generazione vi è nel seme l'anima, che ha per un qualche virtualità tutta la compiutezza che poi appare nell'uomo completo, senza averla tuttavia in atto, dato che non appaiono le attività dell'anima, ma la acquisisce a poco a poco con il passare del tempo in modo tale che in un primo momento appaiono in lei le attività dell'anima vegetativa, in seguito quelle dell'anima sensitiva e infine quelle dell'anima razionale. A questa opinione si avvicina Gregorio di Nissa nel libro che egli scrisse sull'uomo.19 Della risposta di S. Tommaso a questa opinione, ci interessa la prima parte, in cui l'Angelico, seguendo Aristotele, sostiene che non è possibile affermare che l'anima razionale sia presente fin dal principio nel seme, in quanto l'embrione è ancora privo di attività compiute, a causa dell'insufficienza degli organi: “È detto infatti nel II libro Dell'anima che la potenza della vita che è in un corpo fisico organico, di cui l'anima è l'atto, non è ciò che è senza l'anima, come sono il seme e il frutto. Da ciò si può capire che il seme è in potenza rispetto all'anima in maniera tale da essere privo di anima. Dato che il seme non è ancora assimilato nelle membra con l'ultima assimilazione, ma è il residuo dell'ultima digestione, come è detto nel XV libro Sugli animali, non era ancora nel corpo di colui che genera un esistente compiuto con l'anima. Per cui non può essere che all'inizio della sua divisione ci sia in esso l'anima. Posto che con esso si divida l'anima, questo non si può dire tuttavia dell'anima razionale, che, non essendo atto di una qualche parte del corpo, non può dividersi se si divide il corpo”.20 Una seconda opinione ritiene che la successione delle anime nell'embrione umano avvenga in modo tale che, alla fine dello sviluppo embrionale, si avrebbero tre anime diverse per essenza: teoria, quindi, molti vicina a quelle che sostengono la pluralità delle forme sostanziali nell'uomo. Risponde S. Tommaso: “È impossibile che di un'unica ed identica cosa ci siano più forme sostanziali. Infatti, poiché la forma sostanziale fa essere non solo da un certo punto di vista, ma in assoluto, e pone una determinata cosa nel genere della sostanza, se la prima forma fa ciò, la seconda che vi si aggiunge, trovando il sostrato già costituito nell'essere sostanziale, vi si aggiunge in modo accidentale. Quindi ne conseguirebbe che l'anima sensitiva e l'anima razionale nell'uomo sono unite al corpo in modo accidentale. E non si può dire che l'anima vegetativa che in una pianta è forma sostanziale nell'uomo

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non sia forma sostanziale, ma disposizione alla forma, perché ciò che appartiene al genere della sostanza non può essere accidente di niente, come è detto nel I libro della Fisica”.21 Una terza opinione sostiene che l'anima razionale dell'uomo deriva in parte dall'esterno, quanto alla natura intellettivo-spirituale, in parte dall'interno, quanto alla natura vegetativa e sensitiva. S. Tommaso riconduce questa opinione a quella per cui la forma sostanziale viene condotta in atto in momenti successivi, ipotesi assolutamente da escludere per il Dottore Angelico perché, come si è già detto, per lui (e per lo stesso Aristotele) è inammissibile pensare che una forma spirituale sussistente possa, in parte o in toto, derivare da un'altra forma precedente edotta da un sostrato materiale: nessun processo evolutivo può produrre un'entità spirituale.22 Segue la confutazione di altre due opinioni, per cui l'embrione umano non avrebbe l'anima fintanto che esso non sia completamente sviluppato grazie all'infusione dell'anima razionale. S. Tommaso risponde che nel seme fin dall'inizio della separazione non c'è l'anima, ma una capacità dell'anima (virtus animae). Questa capacità poi agisce dando disposizione alla materia in vista della recezione dell'anima; quindi si formano l'anima vegetativa e l'anima sensitiva, come dimostra il fatto che l'embrione umano a un certo stadio di sviluppo manifesta di avere funzioni vitali organizzate e, successivamente, anche una sua sensibilità. L'Aquinate osserva che le attività vitali dell'embrione umano, quali la nutrizione e la crescita, non possono dipendere dall'anima della madre, né tanto meno la sensibilità: si tratta, infatti di operazioni immanenti, (termine tecnico della fisica aristotelico-tomista), caratteristiche del vivente, che, proprio perché immanenti, non possono dipendere da un principio esterno all'embrione.23 Per meglio chiarire la questione, S. Tommaso introduce una spiegazione della differenza che c'è tra la generazione di un embrione umano (e di un embrione animale) e la generazione degli elementi, quali l'acqua o l'aria. Secondo S. Tommaso la generazione degli elementi è semplice, mentre nella generazione di un embrione animale appaiono diverse forme sostanziali, per cui il processo generativo contiene in se stesso più generazioni e corruzioni, e non si può ammettere che un'unica e identica forma sostanziale venga portata in atto gradualmente, come aveva già dimostrato sopra.24 Si arriva dunque alla conclusione della risposta alla IX obiezione, che riassume bene la principale tesi embriologica di S. Tommaso: “Così dunque grazie a una capacità formatrice che è nel seme fin dal principio, tolta la forma dello sperma, viene introdotta un'altra forma e, tolta questa, ne viene introdotta un'altra ancora. Così dapprima viene introdotta l'anima vegetativa, poi, tolta questa, viene introdotta l'anima insieme sensitiva e vegetativa, tolta la quale è introdotta, non grazie a questa capacità ma dal Creatore, l'anima che è insieme razionale, sensitiva e vegetativa. In base a questa spiegazione la risposta è quindi che l'embrione, prima di avere l'anima razionale, è vivo ed ha un'anima, tolta la quale, viene introdotta l'anima razionale. E quindi non si ha la conseguenza che ci sono due anime nello stesso corpo, né che l'anima è trasmessa con il seme”.25 Il testo è una sintesi della dottrina tomistica dell'animazione ritardata, che il Dottore Angelico ripropone più o meno in questa forma in altre sue opere, con diversità di sfumature di nessuna rilevanza teoretica. Vediamo quali sono gli altri principali testi tomisti in proposito.26 Nella Summa Theologiae, I, q. 118, trattando della generazione umana quanto all'anima (de traductione hominis ex homine quantum ad animam), S. Tommaso dedica al nostro tema i primi due articoli. Nel primo articolo ci si chiede se l'anima sensitiva si trasmette all'embrione umano mediante il seme maschile. S. Tommaso risponde che l'anima dell'embrione generato è causata dall'anima (sensitiva) del generante nel senso che deriva dall'azione della forza vitale inclusa nel seme del generante. Nelle risposte alle obiezioni troviamo la descrizione dell'attività del seme maschile dopo il coito, di cui si è già detto in precedenza: si può notare, in aggiunta, che S. Tommaso crede di poter ricostruire i processi di formazione dell'anima vegetativa e sensitiva dell'embrione attraverso l'esame delle trasmutazioni subite dalla materia dell'embrione in forza dell'azione dello sperma nell'utero femminile.27 Nel secondo articolo ci si chiede se l'anima intellettiva sia causata dal seme. Sappiamo già che la risposta del Dottore Angelico è negativa: “Trattandosi di una sostanza immateriale, essa non può venir

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causata per generazione, ma solo per creazione da parte di Dio”.28 Al termine della risposta alla II obiezione si trova enunciata la tesi dell'animazione ritardata dell'embrione umano: “Dobbiamo perciò dire che, al sopraggiungere d'una forma più perfetta, si opera la corruzione della forma precedente, poiché la generazione di un essere implica sempre la corruzione di un altro essere, tanto nell'uomo che negli animali: e questo avviene in maniera che la forma seguente abbia tutte le perfezioni della precedente, e qualche cosa in più. Così attraverso varie generazioni e corruzioni, si giunge all'ultima forma sostanziale, tanto nell'uomo quanto negli altri animali. E ciò si vede anche sensibilmente negli animali generati dalla putredine. Quindi bisogna affermare che l'anima intellettiva è creata da Dio al termine della generazione umana, con la scomparsa delle forme preesistenti, e che essa è insieme sensitiva e nutritiva”.29 Nella Summa contra Gentiles S. Tommaso dedica i capitoli 86 e 87 del II libro all'origine dell'anima umana, proponendo le stesse tesi sopra esaminate, e cioè che l'anima umana non si trasmette con il seme (S.C.G., II, cap. 86) e che l'anima umana è prodotta da Dio per creazione (S.C.G., II, cap. 87); quindi, nel cap. 88 espone gli argomenti di coloro che affermano che l'anima umana è prodotta dal seme e nel cap. 89 li confuta uno per uno. La tesi dell'animazione ritardata è sostenuta da S. Tommaso indirettamente quando, nel cap. 86, afferma: “L'anima nutritiva e sensitiva cominciano la loro esistenza mediante la trasmissione del seme, non così l'anima intellettiva” (che quindi sopraggiunge in un momento successivo).30 Ancor più esplicitamente si esprime l'Angelico nel cap. 89: “Il fatto che il concepito è prima animale che uomo non dimostra che l'anima razionale viene trasmessa col seme. Infatti l'anima sensitiva per cui il feto era animale non rimane, ma le subentra un'anima che è insieme sensitiva e intellettiva, per cui (l'embrione) diviene insieme animale e uomo”.31 Per il resto, i capitoli della Summa Contra Gentiles sopra menzionati presentano le stesse dottrine viste nel De Potentia, con qualche argomento diversamente impostato. Nel Compendium Theologiae, cap. 93, S. Tommaso parla dell'anima razionale come ultima et perfectissima formadell'embrione umano creata da Dio, supremum agens; scrive l'Aquinate: “È evidente che l'anima razionale è l'ultima e più perfetta forma che la materia dei corpi generabili e corruttibili può acquisire. Pertanto le cause agenti naturali provocano convenientemente nei corpi inferiori le disposizioni e le forme precedenti; mentre la causa agente suprema, cioè Dio, causa la forma ultima, che è l'anima razionale”.32 Il contesto è sempre quello della difesa della creazione dell'anima spirituale da parte di Dio contro il traducianismo (de productione animae rationalis, quod non sit ex traductione). La medesima posizione si trova nelle Quaestiones quodlibetales (q. 5, a. 1), dove si ribadisce che la dottrina della creazione dell'anima intellettiva è dimostrabile a partire dall'essere sussistente dell'anima umana spirituale, che non può essere prodotta per actionem compositorum ma è ab extrinseco per creationem.33 Nel Commento alla Lettera di San Paolo ai Romani, S. Tommaso riprende l'idea che nel seme esiste una capacità di disporre il corpo a ricevere l'anima, senza però contenere in alcun modo l'anima.34 Credo sia inutile dilungarsi nella citazione e nell'analisi di altri testi tomisti che ripropongono le stesse concezioni circa la vita embrionale umana e lo sviluppo del feto e non si discostano dalla tesi dell'animazione ritardata. Un posto speciale occupano, all'interno del nostro problema, i testi cristologici di S. Tommaso, quando trattano dell'Incarnazione del Verbo e del concepimento di Cristo. Consideriamo il testo principale della Summa Theologiae, III, q. 33, a. 2: S. Tommaso pone il problema “se il corpo di Cristo abbia ricevuto l'anima nel primo istante del suo concepimento” (utrum corpus Christi fuerit animatum in primo instanti conceptionis). Nell'articolo precedente, il primo (Summa Theologiae, III, q. 33, a. 1), l'Aquinate aveva affermato che il Corpo di Cristo era stato formato perfettamente fin dal primo istante del concepimento: “Nel primo istante in cui la materia si unì nel luogo della generazione, il corpo di Cristo fu perfettamente formato e assunto dal Verbo”.35 Le ragioni di questo sono due: 1) colui che ha formato il corpo di Cristo nel seno della Vergine Maria fu lo spirito

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Santo, la cui potenza è infinita e quindi capace di formare in un istante ciò che le cause naturali formano in modo graduale e progressivo; 2) colui che avrebbe dovuto assumere quel corpo era la Persona del Figlio; e dunque non era conveniente che assumesse un corpo non perfettamente formato.36 Con queste premesse è chiaro che nell'articolo seguente S. Tommaso non poteva più sostenere l'animazione ritardata nel caso del corpo di Cristo; doveva ammettere una perfecta dispositio corporis dell'embrione in primo instanti conceptionise quindi l'animazione immediata e l'immediata assunzione di quel corpo umano da parte del Verbo nell'istante stesso del concepimento. Scrive dunque S. Tommaso: “Perché si possa attribuire il concepimento allo stesso Figlio di Dio, come professiamo nel Simbolo con le parole: il quale fu concepito di Spirito Santo, è necessario affermare che lo stesso corpo fu assunto dal Verbo di Dio nel medesimo istante in cui veniva concepito. Ma sopra abbiamo dimostrato che il Verbo di Dio assume il corpo mediante l'anima, e l'anima mediante lo spirito, cioè l'intelligenza. Quindi era necessario che il corpo di Cristo fosse informato dall'anima razionale nel primo istante del suo concepimento”.37 Nell'articolo 3 della medesima questione il Dottore Angelico sostiene con decisione l'istantaneità dell'assunzione della natura umana da parte del Verbo, con un ragionamento squisitamente teologico: “Se il corpo di Cristo fosse stato concepito prima di essere assunto dal Verbo, avrebbe avuto per un certo tempo un'altra ipostasi diversa da quella del Verbo di Dio. Ciò è contro il concetto dell'incarnazione, secondo il quale affermiamo che il Verbo di Dio si è unito alla natura umana e a tutte le sue parti nell'unità dell'ipostasi. E sarebbe stato disdicevole che il Verbo di Dio avesse distrutto, con la sua unione, l'ipostasi preesistente della natura umana, o di qualcuna delle sue parti. È quindi contro la fede affermare che il corpo di Cristo fu prima concepito, e poi assunto dal Verbo di Dio”.38 Tuttavia per S. Tommaso il caso del corpo di Cristo rimane un'eccezione; nello stesso contesto cristologico, infatti, egli ribadisce che l'animazione immediata dell'embrione umano fin dal primo istante del concepimento vale solo per il concepimento di Cristo e non per gli altri uomini. Pertanto all'obiezione di chi si appellava all'autorità di Aristotele (nella generazione dell'uomo uno prima è vivente poi animale e infine uomo; quindi Cristo non poté ricevere l'anima nel primo istante del concepimento), S. Tommaso risponde: “Ciò che dice Aristotele ha luogo nella generazione degli altri uomini, perché il loro corpo si forma e si dispone a ricevere l'anima per gradi: in un primo momento, finché la sua disposizione è imperfetta; poi, raggiunta la perfetta disposizione, riceve l'anima perfetta. Ma il corpo di Cristo, grazie all'infinita potenza della causa agente, si trovò perfettamente predisposto all'istante. Dunque nel primo istante ricevette la forma perfetta, cioè l'anima razionale”.39 Si può osservare che, ammettendo l'animazione immediata nel caso unico del concepimento di Cristo, ipso facto S. Tommaso concede almeno la non assurdità metafisica della tesi dell'animazione simultanea, il che consente, a mio avviso, di ricondurre la questione nell'ambito delle dottrine fisiche, certamente collegate con i principi metafisici, ma soprattutto condizionate dalle conoscenze scientifiche dell'epoca. Mi sembra che l'analisi dei principali testi di embriologia nell'opera di S. Tommaso, particolarmente di quelli dove è sostenuta la tesi dell'animazione ritardata, consenta di esprimere una sintesi al riguardo. Emerge chiaramente dall'analisi dei testi che S. Tommaso segue la dottrina dell'animazione ritardata non solo per l'autorità di Aristotele e per la larga diffusione che tale dottrina aveva avuto nel XIII secolo, ma soprattutto per ragioni di ordine fisico-metafisico. Tra questi ragioni, le principali sono le seguenti: è necessaria una perfecta dispositio corporis perché l'anima razionale possa essere infusa nell'embrione. Infatti l'anima intellettiva può divenire forma sostanziale del corpo solo quando questo ha acquisito quegli organi che lo rendano adatto strumento dell'intelligenza umana nelle sue operazioni specifiche. In altre parole, l'anima razionale è creata ed infusa da Dio solo quando l'embrione umano ha ricevuto un'adeguata organizzazione. La generazione degli animali, a differenza di altri processi naturali, si realizza grazie al succedersi di forme diverse: nell'uomo questo succedersi di forme diverse culmina con l'infusione dell'anima razionale, che sostituisce la forma precedente (l'anima sensitiva) e ne assume le funzioni. In tal senso la

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forma sostanziale propriamente umana inizia ad essere nella materia solo nell'ultimo istante del processo di alterazione della materia stessa; va dunque esclusa unainchoatio formae substantialis. L'anima razionale non può essere contenuta potenzialmente nell'embrione umano nel primo istante del concepimento e poi attuarsi a sviluppo embrionale compiuto; infatti la forma sostanziale non ammette nel suo essere uno sviluppo dalla potenza all'atto, cioè il moto, perché il moto è proprio della qualità. Il seme maschile non è della sostanza del generante ma deriva dal superfluo dell'alimento, come già detto; l'ovulo femminile è considerato solo materia informe; dunque, nel primo istante del concepimento non c'è ancora un individuo umano con una sua propria identità, perché l'embrione non ha immediatamente una sua anima, neppure vegetativa, ma la possiede solo dopo vari processi di trasformazione del subietto. Precisato questo, ci si chiede se queste ragioni siano decisive per aderire alla posizione di S. Tommaso, o non sia più ragionevole aderire all'animazione immediata; in questo secondo caso, si può anche considerare se l'animazione immediata contraddica i principi fondamentali della metafisica tomista o non sia piuttosto con essi compatibile. Riflessione Teoretica sulla Posizione di S. Tommaso Proporre una riflessione teoretica sulla embriologia di S. Tommaso non è precisamente l'obiettivo specifico del presente contributo. Mi limiterò pertanto agli aspetti essenziali della mia elaborazione del problema dell'animazione dell'embrione umano, favorevole all'animazione immediata, pur in una convinta adesione alla metafisica aristotelico-tomista. Riguardo all'embrione umano in primo instanti conceptionis la genetica è giunta ad una conclusione completamente sconosciuta all'epoca di S. Tommaso: l'embrione umano fin dall'inizio della sua esistenza è un essere vitale umano, geneticamente terzo rispetto al padre e alla madre. Abbiamo visto che S. Tommaso ammetteva che l'embrione umano fosse vitale fin dall'inizio, ma, non conoscendo le leggi della genetica, non riteneva di dover ammettere subito un'anima vegetativa, perché non riteneva l'embrione fin dall'inizio un essere umano con una propria identità distinta da quella dei genitori. Inoltre, poiché per S. Tommaso l'infusione dell'anima razionale avviene solo quando la causalità dispositiva materiale diventa adeguata rispetto alla forma spirituale, la questione si riduce a stabilire se il sostrato materiale può essere adeguatamente disposto fin dal concepimento oppure dopo un certo tempo dalla fecondazione. A mio avviso si può affermare che un'adeguata dispositio corporis è ontologicamente compiuta fin dal concepimento. Infatti il corpo è già fin dalla prima fase della fecondazione determinato, nelle sue grandi linee di sviluppo, dal suo patrimonio genetico, pur con il concorso di altri fattori: dunque non vedo perché l'atto d'essere non debba venirgli subito partecipato con l'infusione della forma sostanziale che è anima razionale e, nel contempo, anima sensitiva e vegetativa, secondo il principio per cui una forma contiene e può assolvere le funzioni delle forme inferiori, come dice lo stesso S. Tommaso. Non si vede la necessità di ammettere una sorta di metamorfosi dell'embrione, che prima sarebbe pianta, poi animale e infine uomo; ciò comprometterebbe l'unità- identità dell'atto d'essere del concepito, come già aveva osservato Paolo Zacchia, archiatra di Innocenzo X, nel II volume delle sue Questioni medico-legali (pubblicato postumo nel 1661), sebbene con argomenti piuttosto confusi, non bene organizzati dal punto di vista filosofico. Rispondendo ai principali argomenti in favore dell'animazione ritardata, riassunti sopra nel § 2, occorre premettere un'importante distinzione tra actus essendi, quale atto della forma sostanziale, ed exsistentia, intesa come fatticità, come fatto di stare concretamente nel mondo, distinzione che mi sembra radicata negli stessi testi dell'Aquinate contro l'estrinsecismo dell'ontologia di Avicenna. Sul piano dell'esistenza, ovvero dell'attuazione concreta dell'ente nelle sue determinazioni, c'è senza dubbio una strutturazione per strati. Ma sul piano dell'essere, ritengo che anima vegetativa, sensitiva e razionale siano comunicate all'embrione umano in un solo atto che lo pone in essere. Simultaneità

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dunque sul piano ontologico, differenziazione sul piano esistenziale. A causa dell'inadeguate conoscenze scientifiche del tempo, S. Tommaso non ha distinto i piani nella questione dell'animazione, perché ciò non gli sembrava necessario: ma che la nozione di actus essendi tomistico sia cosa diversa dalla nozione di esse existentiae di una certa corrente della Scolastica di matrice formalistica, e dal concetto di esistenza dell'Esistenzialismo del XX secolo, mi sembra ormai dimostrato.40 Mentre S. Tommaso afferma il succedersi di forme diverse nell'embrione, io credo che si debba affermare il succedersi di manifestazioni ed esplicazioni progressive delle diverse funzioni di cui è capace l'anima razionale: dapprima la funzione vegetativa, poi quella sensitiva, infine quella intellettiva. Questo non significa né affermare una inchoatio formae né il divenire della forma sostanziale: infatti quanto al proprio atto d'essere l'anima razionale è già tutta interamente in atto fin dall'inizio del concepimento; quanto alle manifestazioni delle sue potenze attive, si richiede invece progressione: lo stesso S. Tommaso ha sostenuto la distinzione reale dell'essenza dell'anima dalle sue facoltà operative e quindi dalle sue stesse operazioni. L'embrione umano è dunque persona fin dal concepimento, sebbene non abbia ancora manifestato esistenzialmente tutto ciò che implica l'essere personale, e non è detto che riesca a manifestarlo. Infatti potrebbe accadere che l'embrione muoia nelle fasi iniziali del suo sviluppo o diventi un feto mostruoso, p. es. gravemente cerebroleso. Tali mostri umani non sono dal punto di vista ontologico sottospecie di uomini, subumani; lo sono soltanto dal punto di vista empirico, perché è precluso per loro, per cause accidentali, uno sviluppo esistenziale concreto adeguato. Invece i tomisti sostenitori dell'animazione ritardata considerano i feti umani mostruosi appartenenti alle specie umanareductive.41 Ma chi nega la dignità di persona ai mostri umani dovrebbe allora ritenere che non sono più pienamente persone i malati terminali affetti da patologie come il morbo di Alzheimer, la cui vita è ridotta allo stato vegetativo, con alcune parti dell'organo-strumento specifico della conoscenza umana razionale, il cervello, gravemente danneggiate. I sostenitori dell'animazione ritardata ricorrono anche all'obiezione dei gemelli monozigoti. Questa è l'obiezione: se l'embrione umano possedesse l'anima spirituale fin dal concepimento la sua suddivisione nelle prime due settimane di vita non sarebbe possibile: perché dovrebbe essere individuo umano e l'individuo umano è indivisibile; perché dovrebbe dividersi anche la forma spirituale che non è mai divisibile nec per se nec per accidens. Rispondo: è certamente vero che nel caso dei gemelli monozigoti non si suddivide l'anima spirituale né l'individuo umano in quanto tale. Si suddivide, nonper se ma per accidens, il sostrato materiale, dando luogo così a una nuova realtà embrionale che, nell'istante stesso della suddivisione, viene ad essere informata da un'altra anima spirituale creata immediatamente da Dio. I gemelli monozigoti mantengono così una grande somiglianza quanto al sostrato materiale ma possiedono ciascuno in atto primo una propria identità umana, numerica e personale, unica ed irripetibile. Da quanto detto emerge che la tesi dell'animazione immediata non presuppone necessariamente il preformismo, come, nella I metà del XX secolo, forse alcuni tomisti favorevoli all'animazione simultanea hanno potuto far credere, loro malgrado.42 Infatti la tesi dell'animazione immediata non comporta che tutte le differenziazioni organiche siano già precontenute nell'embrione fin dal primo istante del concepimento; comporta piuttosto che esista nell'embrione umano, fin dal primo istante del concepimento, una causalità dispositiva del sostrato materiale capace di guidare il graduale apparire delle differenziazioni nella linea della specie umana; che tale processo possa interrompersi o possa essere alterato, degenerando in forme di vita umana mostruose, dipende da cause accidentali, che possono essere genetiche o provenienti da agenti estrinseci (per es. una terapia farmacologica). Mi sembra, pertanto, che la tesi dell'animazione immediata possa bene accordarsi anche con l'epigenesi. Concludendo, la tesi dell'animazione immediata, pur non concordando con l'embriologia di S. Tommaso, non è in contraddizione con i principi fondamentali della metafisica tomista.

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Considerazioni Etiche Conclusive I sostenitori dell'animazione ritardata non possono ammettere che l'embrione è persona fin dal concepimento e pertanto, se sono coerenti, non possono ammettere l'esistenza di diritti del concepito nelle prime due settimane di vita. Coerentemente, devono valutare l'aborto compiuto prima dell'infusione dell'anima razionale come una violenza gravemente illecita, che però non è classificabile come un delitto contro la persona umana, ma come un attentato grave all'ordine stabilito dalla natura e, tutt'al più, come un delitto contro la famiglia, assimilabile alle pratiche anticoncezionali non naturali. Il vero e proprio omicidio si avrebbe solo quando l'aborto è provocato dopo l'infusione dell'anima razionale nell'embrione.43 Gli antichi sostenitori dell'animazione ritardata riconoscono tuttavia che, dal punto di vista morale e giuridico, anche l'aborto provocato nelle fasi iniziali della vita dell'embrione può essere equiparato all'aborto eseguito nelle fasi successive, per un principio prudenziale pratico: trattandosi pur sempre di vita umana, non si può applicare il probabilismo e nemmeno il probabiliorismo, ma si deve applicare il tuziorismo mitigato: cioè, nel dubbio, non si deve sopprimere l'embrione nemmeno se l'ipotesi più probabile fosse in favore della sua non-personalità.44 Ciò spiega perché la maggior parte dei moralisti e dei canonisti della I metà del XX secolo, anche se tomisti, non hanno accolto pienamente la tesi dell'animazione ritardata. Ma alcuni recenti sostenitori dell'animazione ritardata, o autori che comunque negano i diritti del concepito nelle prime due settimane di vita, si spingono ad ammettere la liceità, o almeno, la non gravità, dell'aborto nelle prime fasi della vita dell'embrione; taluni chiamano l'embrione in queste prime fasi pre- embrione. Ometto di citare nomi e studi, perché non è l'aspetto polemico che qui interessa; mi preme piuttosto sottolineare che la tesi dell'animazione ritardata provoca inevitabilmente una tensione tra teoresi e prassi nell'ambito della visione cristiana; il che non rappresenta un argomento decisivo, ma è pur sempre per lo meno un sostanzioso indizio in contrario. La tesi dell'animazione immediata, invece, non ritiene importante ai fini della valutazione etica il momento in cui l'aborto viene provocato: il concepito ha diritto alla vita e la sua soppressione è un delitto contro la persona umana. L'abolizione della distinzione tra feto animato e feto inanimato, sancita dal Beato Pio IX nella Costituzione Apostolicae Sedis del 1869, per i sostenitori dell'animazione ritardata ha un valore eminentemente pratico, perché comporta una stessa valutazione morale e una stessa sanzione per la soppressione dell'embrione in qualsiasi momento della sua vita; per i sostenitori dell'animazione immediata, invece, l'abolizione della distinzione tra feto animato e feto inanimato è soprattutto la logica conseguenza di una posizione teoretica favorevole alla personalità dell'embrione fin dal primo istante del concepimento.45 Tuttora la Chiesa Cattolica prudentemente non si pronuncia in modo definitivo su una questione per sé squisitamente filosofica. Mi sembra però che la direzione presa dal Magistero sia quella della tesi dell'animazione immediata. Infatti nella Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede Donum Vitae, del 1987, viene ripresa e sviluppata un'importante affermazione della Dichiarazione sull'aborto procurato del 1974, della medesima Congregazione: “Dal momento in cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una nuova vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano...Fin dalla fecondazione è iniziata l'avventura di una vita umana...Questa dottrina rimane valida e viene peraltro confermata, se ve ne fosse bisogno, dalle recenti acquisizioni della biologia umana, la quale riconosce che nello zigote derivante dalla fecondazione si è già costituita l'identità biologica di un nuovo individuo umano. Certamente nessun dato sperimentale può essere per sé sufficiente e a far riconoscere un'anima spirituale; tuttavia le conclusioni della scienza sull'embrione umano forniscono un'indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana? Il Magistero non si è espressamente impegnato su un'affermazione d'indole filosofica, ma ribadisce in

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maniera costante la condanna morale di qualsiasi aborto procurato. Questo insegnamento non è mutato ed è immutabile. Pertanto il frutto della generazione umana dal primo momento della sua esistenza, e cioè a partire dal costituirsi dello zigote, esige il rispetto incondizionato che è moralmente dovuto all'essere umano nella sua totalità corporale e spirituale. L'essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita”.46 Non soltanto l'aborto ma anche tutti gli interventi di manipolazione ai danni dell'embrione umano, compreso il congelamento, che si verificano nelle diverse tecniche di fecondazione artificiale, sono gravemente contrarie alla dignità dell'uomo.

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1Aristotele, De Anima, III, 4, 429 b 1-10. 2Ibid., III, 5, 430 a 15-20. 3Ibid., II (B), 3, 736 b, 1-4; 12-16. 4Ibid., II (B), 3, 736 b, 21-29. 5Ad Tertium Dicendum Dicendum quod illa vis activa quae est in semine, ex anima generantis derivata, est quasi quaedam motio ipsius animae generantis: nec est anima, aut pars animae, nisi in virtute; sicut in serra vel securi non est forma lecti, sed motio quaedam ad talem formam. Et ideo non oportet quod ista vis activa habeat aliquod organum in actu; sed fundatur in ipso spiritu incluso in semine, quod est spumosum, ut attestaur eius albedo. In quo etiam spiritu est quidam calor ex virtute caelestium corporum, quorum etiam virtute agentia inferiora agunt ad speciem, ut supra [q. 115, a. 3, ad 2] dictum est. Et quia in huiusmodi spiritu concurrit virtus animae cum virtute caelesti, dicitur quod homo generat hominem, et sol (Aristotele, 2 Physic., c. 2, lect. 4). Calidum autem elementare se habet instrumentaliter ad virtutem animae, sicut etiam ad virtutem nutritivam, ut dicitur in 2 De Anima (c. 4, lect. 8, 9; S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I, q. 118, a. 1, ad 3). Sulla convinzione di S. Tommaso che il seme sia il residuo dell'ultima digestione, cf. Id., De Potentia, q. 3, a. 9, ad 9 (b), dove l'Angelico fa riferimento alla Riproduzione degli animali di Aristotele (I, 18, 725 a 11-13; 724 b 23-726 a 28). 6Cf. S. Tommaso d'Aquino, De Veritate, q. 16, a. 1; Id., De substantiis separatis, 8. 7“Similiter dicendum esset quod vegetativum et sensitivum sunt in intellectivo, ut trigonum et tetragonum in pentagono ...Unde anima intellectiva, quamvis sit ab exteriori agente, habet tamen virtutes quas habent anima vegetativa et sensitiva, quae sunt ab interioribus agentibus” (Id., De Unitate Intellectus contra Averroistas, Città di Castello: De Maria, 1886: 469). Manifestum est autem quod primum quo corpus vivit, est anima. Et cum vita manifestetur secundum diversas operationes in diversis gradibus viventium, id quo primo operamur unumquodque horum operum vitae, est anima: anima enim est primum quo nutrimur, et sentimus, et movemur secundum locum; et similiter quo primo intelligimus. Hoc ergo principium quo primo intelligimus, sive dicatur intellectus sive anima intellectiva, est forma corporis. – Et haec est demonstratio Aristotelis in De Anima; Id., Summa Theologiae, I, q. 76, a. 1. 8Id., De Potentia, q. 3, a. 9, ad 9 (c). 9“Et ideo sicut corpus habet esse per animam, sicut per formam, ita et unitur animae immediate, in quantum est forma corporis”; S. Tommaso d'Aquino, In Lib. Anima, II, lect. I, Torino: Pirotta, 1925: 234; Id., Summa Theologiae, I, q. 76. 10“In generatione aliorum hominum locum habet quod dicit Philosophus propter hoc quod successive corpus formatur et disponitur ad animam: unde primo, tamquam imperfecte dispositum, recepit animam imperfectam et postmodum, quando perfecte est dispositum, recipit animam perfectam” (Ibid., III, q. 33, a. 2, ad 3). Tra i tanti testi tomisti in cui si sostiene e si dimostra la spiritualità e immortalità dell'anima umana, cf. Ibid.,., I, q. 75, aa. 5-6. 11A tal proposito, mi permetto di rinviare per un approfondimento al mio: Pangallo M., Il principio di causalità nella metafisica di S. Tommaso, Citta del Vaticano: LEV, 1991: 53-64. 12“Ad Quintum Dicendum quod anima illud esse in quo ipsa subsistit, communicat materiae corporali, ex qua et anima intellectiva fit unum, ita quod illud esse quod est totius compositi, est etiam ipsius animae. Quod non accidit in aliis formis, quae non sunt subsistentes. Et propter hoc anima humana remanet in suo esse, destructo corpore: non autem aliae formae” (Ibid., I, q. 76, a. 1, ad 5). 13“Sed positio Aristotelis multo rationabilior est: quia nihi incipit vel fit vel generatur nisi secundum modum quo esse habet: et ideo concedimus animam sensibilem et vegetabilem ex traduce esse. Modus autem traductionis talis est; cum enim omne agens univocum et proximum inducat speciem suam in patiente, et cibus, secundum quod est patiens et alteratum, in nutrimentum corporis cedat (quia nutrit secundum quod est potentia caro, ut in 1 Gener., text. 39 et in De Anima a text. 45 usque ad 50 dicitur),

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oportet quod in fine speciem et virtutem nutrimenti recipiat. Ante ergo ultimam assimilationem, quando efficitur actu pars determinata, ut caro vel os, est in eo virtus speciei indeterminate ad hoc vel illud: quia determinata ad hoc vel illud est secundum propriam virtutem determinatae partis: et ideo cum semen sit residuum ultimi cibi propinquissimi ad ultimam conversionem, est in eo potentia totum et non actu aliqua pars: ante vero quam resolvatur per actum virtutis generativae separatum a reliquo sui generis, est in eo potentia illa indistinta sicut forma totius non est in parte nisi in potentia: quando autem separatur, efficitur actu habens talem potentiam vel formam...Haec autem potentia non est passiva in semine maris sicut dicimus ligna et lapides esse in potentia domus (sic enim est potentia in mestruo mulieris), sed est potentia activa, sicut dicimus formam domus in mente artificis esse potentia domum; unde arti comparat eam Philosophus in 17 de Animalibus (De generat. animal, 2, 20); et hanc potentiam Avicenna et Commentator in 7 Metaphysic. vocant virtutem formativam: quae quidam virtus quantum ad modum operandi media est inter intellectum et alias vires animae. Aliae enim vires utuntur in suis operationibus determinatis organis: intellectus autem nullo: haec autem utitur aliquo corporali in sua operatione quod nondum habet determinatam speciem. Subiectum autem et organum huius virtutis est spiritus vitalis inclusus in semine; unde ad continendum huiusmodi spiritum semen est spumosum, et haec est causa albendinis eius...Illi autem corporali spiritui coniungitur triplex calor: scilicet calor elementaris, qui est sicut instrumentum resolvens et consumens et huiusmodi operans; et calor animae, qui est vivificans; et calor caeli cuius virtute movet ad speciem determinatam: et virtute huius triplicis caloris, virtus formativa convertit materiam a muliere praeparatam in substantiam membrorum per modum quo est transmutatio corporis in augmento ut 15 (De generat. animal. 2, 1 et 3) de Animalibus dicitur; et secundum quod proceditur in perfectione organorum, secundum hoc anima incipit magis ac magis actu esse in semine, quae prius erat in potentia: ita quod conceptum primo participat opera vitae nutritivae, et tunc dicitur vivere vita plantae; et sic deinceps, donec perveniat ad completam similitudinem generatis”. 14Respondeo. Dicendum quod, circa hanc quaestionem antiquitus diversa dicebantur a diversis. Quidam namque dicebant, animam filii ex parentis anima propagari, sicut et corpus propagatur ex corpore. Alii vero dicebant, omnes animas seorsum creari; sed ponebant a principio eas extra corpora fuisse creatas simul, et post modum corporibus seminatis coniungebantur, vel proprio motu voluntatis, secundum quosdam, vel Deo mandante et faciente, secundum alios. Alii vero dicebant, animas simul cum creantur, corporibus infundi. Quae quidem opiniones, quamvis aliquo tempore sustinerentur, et quae earum esset verior in dubium verteretur, ut patet ex Augustino (in X super Genes. ad litter., cap. XXI et XXII), et in libris quos scribit de origine animae; tamen primae duae postmodum iudicio Ecclesiae sunt damnatae, et tertia approbata. 15Diligenter autem consideranti apparet rationabiliter illam opinionem esse damnatam quae ponebat animam rationalem cum semine propagari, de qua nunc est quaestio. Et hoc tribus rationibus potest videri ad praesens: Prima est, quia rationalis anima in hoc a ceteris formis differt, quod aliis formis non competit esse in quo ipsae subsistant, sed quo eis res formatae subsistant; anima vero rationalis sic habet esse ut in eo subsistens; et hoc declarat diversus modus agendi. Cum enim agere non possit nisi quod est, unumquodue hoc modo se habet ad operandum vel agendum, quomodo se habet ad esse; unde, cum in operatione aliarum formarum necesse sit comunicare corpus, non autem in operatione rationalis animae, quae est intelligere et velle; necesse est ipsi rationali animae esse attribui quasi rei subsistenti, non autem aliis formis. Et ex hoc est quod inter formas, sola rationalis anima a corpore separatur. Ex hoc ergo patet quod anima rationalis exit in esse, non sicut formae aliae, quibus proprie non convenit fieri, sed dicuntur fieri facto quodam. Sed res quae fit, proprie et per se fit. Quod autem fit, fit vel ex materia vel ex nihilio. Quod vero ex materria fit, necesse est fieri ex materia contrarietati subiecta. Generationes enim ex contraris sunt, secundum Philosophum (lib. I De generatione animalium, capit. XVIII): unde cun anima vel omnino materiam non habeat, vel ad minus non habeat materiam contrarietati subiectam, non potest fieri ex aliquo. Unde restat quod exeat in esse per

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creationem, quasi ex nihilo facta. Ponere autem quod per generationem corporis fiat, est ponere ipsam non esse subsistentem, et per consequens cum corpore corrumpi. 16Secunda ratio est, quia impossibile est actionem corporeae virtutis ad hoc elevari quod virtutem penitus spiritualem et incorpoream causare possit; nihil enim agit ultra suam speciem; immo agens oportet esse praestantius patiente, secundum Augustinum (XII super Genesim ad litteram, capit. XVI). Generatio autem hominis fit per virtutem generativam, quae organum habet corporale; virtus etiam quae est in semine, non agit nisi mediante calore, ut dicitur in XVI de Animalibus(lib. II de Gen. animal., cap. III); unde, cum anima rationalis sit forma penitus spiritualis, non dependens a corpore nec communicans corpori in operatione, nullo modo per generationem corporis potest propagari, nec produci in esse per aliquam virtutem quae sit in semine. 17Tertia ratio est, quia, omnis forma quae exit in esse per generationem, vel per virtutem naturae, educitur de potentia materiae, ut probatur in VII Metaph. Anima vero rationalis non potest educi de potentia materiae. Formae enim quarum operationes non sunt cum corpore, non possunt de materia corporali educi. Unde relinquitur quod anima rationalis non propagetur per virtutem generantis; et haec est ratio Aristotelis. 18Praeterea, embrio antequam anima rationali perficiatur, habet aliquam operationem animae; quia augetur et nutritur et sentit. Sed operatio animae non est sine vita. Ergo vivit. Vitae vero corporis principium est anima. Ergo habet animam. Sed non potest dici quod adveniat ei alia anima; quia tunc in uno corpore essent duae animae. Ergo ipsa anima quae prius erat in semine propagata, est anima rationalis. 19Quidam namque assimilaverunt in generatione humana progressum animae rationalis progressui corporis umani, dicentes, quod sicut corpus humanum in semine est virtualiter, non tamen habens actu humani corporis perfectionem, quae distinctione organorum consistit, sed paulatim per virtutem seminis ad perfectionem huiusmodi pervenitur; ita in principio generationis est ibi anima, virtute quadam habens omnem perfectionem quae postea apparet in homine completo, non tamen eam habens actu, cum non apparent animae actiones, sed processu temporis paulatim eam acquirit; ita quod primo appareant in ea actiones animae vegetabilis, et postmodum animae sensibilis, et tandem animae rationalis. Et hanc opinionem tangit Gregorius Nyssenus in lib. quem fecit de homine. 20Dicitur enim in II De Anima, quod potentia vitae est in corpore physico organico, cuius actus est anima, non est abiiciens animam, sicut semen et fructus; ex quo datur intelligi, quod semen est ista in potentia ad animam quod anima caret.Secundo, quia cum semen nondum sit ultima assimilatione membris assimilatum (sic enim eius resolutio esset corruptio quaedam) sed sit superfluitas ultimatae digestionis, ut dicitur XV de Animalibus, nondum fuit in corpore generantis existens anima perfectum; unde non potest esse quod in principio suae decisionis sit in eo anima. Tertio, quia dato quod cum eo decideretur anima, non tamen potest hod dici de anima rationali; quae cum non sit actus alicuius partis corporis, non potest deciso corpore decidi. I principali testi aristotelici cui S. Tommaso si riferisce sono: Sull'Anima, II, 1, 412 b 25;La Riproduzione degli Animali, I, 18, 725 a 11-13; 724 b 23-726 a 28; I, 19, 726 a 28-b1. 21Et iterum impossibile est unius et eiusdem rei esse plures formas substantiales nam cum forma substantialis faciat esse non solum secundum quid, sed simpliciter, et constituat hoc aliquid in genere substantiae, si prima forma hoc facit, secunda adveniens, inveniens subiectum iam in esse substantiali constitutum, accidentaliter ei adveniet; et sic sequeretur quod anima sensibilis et rationalis in homine corpori accidentaliter uniantur. Nec potest dici quod anima vegetabilis quae in planta est forma substantialis, in homine non sit forma substantialis, sed dispositio ad formam: quia quod est de genere substantiae nullius accidens esse potest, ut dicitur in I Physic. 22Sed hoc nullo modo potest stare: quia vel hoc ita intelligitur quod natura intellectualis sit alia anima a vegetabilis et sensibili, et sic redit in idem cum secunda opinione: vel intelligitur ita quod ex istis tribus naturis constituatur substantia animae in qua natura intellectualis erit ut formae, et natura sensibilis et vegetabilis erit ut materiale. Ex quo sequitur quod cum natura sensibilis et vegetabilis sint corruptibiles,

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utpote de materia eductae, substantia animae humanae non possit esse perpetua. Sequitur idem etiam inconveniens quod inductum est contra primam, scilicet quod forma substantialis successive educatur in actum. 23Alii vero dicunt, quod embrio non habet animam, quousque perficiatur anima rationali: operationes autem vitae quae in eo apparent sunt ex anima matris. Sed hoc non potest esse: nam in hoc viventia a non viventibus differunt, quia viventia movent se ipsa secundum operationes vitae, quod de non viventibus dici non potest; unde non potest esse quod nutriri et augeri, quae sunt propriae operationes viventis, sint in embrione a principio exstrinseco, scilicet ab anima matris. Etpraetera virtus nutritiva matris assimilaret cibum corpori matris, et non corpori embrionis; cum nutritiva deserviat individuo sicut generativa speciei. Et iterum sentire non posset esse in embrione ex anima matris...Et ideo aliter est dicendum, quod in semine a principio suae decisionis non est anima, sed virtus animae; quae fundatur in spiritu qui in semine continetur quod de natura sui spumosum est, et consequens corporalis spiritus contentivum. Ista autem virtus agit disponendo materiam et formando ad susceptionem animae. 24In generatione autem animalis apparent diversae formae substantiales, cum primo appareat sperma, et postea sanguis, et sic deinceps quousque sit forma hominis vel animalis. Et sic oportet quod huiusmondi generatio non sit simplex, sed continens in se plures generationes et corruptiones. Non enim potest esse quod una et eadem forma substantialis gradatim educatur in actum, ut ostensum est. 25Sic ergo per virtutem formativam quae a principio est in semine, abiecta forma spermatis, inducitur alia forma; qua abiecta, iterum inducatur alia: et sic primo inducatur anima vegetabilis; deinde ea abiecta, inducatur anima sensibilis et vegetabilis simul; qua abiecta inducator non per virtutem praedictam sed a creante, anima quae simul est rationalis sensibilis et vegetabilis. Et sic dicendum est secundum hanc opinionem quod embrio antequam habeat anima rationalem, vivit et habet animam, qua abiecta, inducitur anima rationalis. Et sic non sequitur duas animas esse in eodem corpore, nec animam rationalem traduci cum semine. 26Lascio da parte la questione della cronologia degli scritti dell'Aquinate, visto che non c'è un'evoluzione significativa del suo pensiero per quanto riguarda l'embrione umano, e mi attengo alla sostanza teoretica dei vari testi. 27Ad Quartum Dicendum quod in animalibus perfectis, quae generantur ex coitu, virtus activa est in semine maris, secundum Philosophum in libro 2 De generat. animal. (cc. 3, 4); materia autem foetus est illud quod ministratur a femina. In qua quidem materia statim a principio est anima vegetabilis, non quidem secundum actum secundum, sed secundum actum primum, sicut anima sensitiva est in dormientibus. Cum autem incipit attrahere alimentum, tunc iam actu operatur. Huiusmodi igitur materia transmutatur a virtute quae est in semine maris, quousque perducatur in actum animae sensitivae: non ita quod ipsamet vis quae erat in semine, fiat anima sensitiva; quia sic idem esset generans et generatum; et hoc magis esset simile nutritioni et augmento, quam generationi, ut Philosophus dicit (1 De Gen., et Cor., c. 5, lect. 14). Postquam autem per virtutem principii activi quod erat in semine, producta est anima sensitiva in generato quantum ad aliquam partem eius principalem, tunc iam illa anima sensitiva prolis incipit operari ad complementum proprii corporis, per modum nutritionis et augmenti. – Virtus autem activa quae erat in semine, esse desinit, dissoluto semine, et evanescente spiritu qui inerat. Nec hoc est inconveniens: quia vis ista non est principale agens, sed instrumentale: molto autem instrumenti cessat, effectu iam producto in esse (S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae., I, q. 118, a. 1, ad 4). 28Similiter etiam anima intellectiva, cum habeat operationem sine corpore, est subsistens, ut supra habitum est: et ita sibi debetur esse et fieri. Et cum sit immaterialis substantia, non potest causari per generationem, sed solum per creationem a Deo (Ibid., I, q. 118, a. 2). 29Et ideo dicendum est quod, cum generatio unius semper sit corruptio alterius, necesse est dicere quod tam in homine quam in animalibus aliis, quando perfectior forma advenit, fit corruptio prioris: ita tamen quod sequens forma habet quidquid habebat prima, et adhuc amplius. Et sic per multas generationes et corruptiones pervenitur ad ultimam formam substantialem, tam in homine quam in aliis

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animalibus. Et hoc ad sensum apparet in animalibus ex putrefatctione generantis. Sic igitur dicendum est quod anima intellectiva creatur a Deo in fine generationis humanae, quae simul est et sensitiva et nutritiva, corruptiis formis praeexistentibus (Ibid., I, q. 118, a. 2 ad 2). 30Igitur anima nutritiva et sensitiva esse incipiunt per seminis traductionem, non autem intellectiva (S. Tommaso d'Aquino, Summa Contra Gentiles, II, c. 86). 31“Conceptum prius esse animal quam hominem, non ostendit rationalem animam cum semine propagari, Nam anima sensitiva per quam animal erat, non manet, sed ei succedit anima quae est simul sensitiva et intellectiva, ex qua est animal et homo simul” (Ibid., II, c. 89). 32Manifestum est autem quod anima rationalis est ultima et perfectissima forma quam potest consequi materia generabilium et corruptibilium. Convenienter igitur naturalia agentia in inferiora causant praecedentes dispositiones et formas; supremum vero agens, scilicet Deus, causat ultimam formam, quae est anima rationalis (Id., Compendium Theologiae, c. 93). 33Anima autem vegetabilis et sensibilis non sunt formae subsistentes, alias remanerent post corpora; unde oportet quod fiant a generante per actionem compositorum, sicut et ceterae formae materiales. Sola autem anima intellectiva, quae habet esse subsistens, cum maneat post corpus, est ab extrinseco per creationem. Si autem sensibile et vegetabile et intellectivum in homine in diversis substantiis animae radicantur, tunc et vegetabilis et sensibilis hominis in generante erit (S. Tommaso d'Aquino, Quaestiones Quodlibetales, q. 5, a. 1). 34“Licet in semine non sit anima, est tamen in semine virtus dispositiva corporis ad animae receptionem, quae cum corpori infunditur, etiam ei suo modo conformatur, eo quod omne receptum est in recipiente per modum recipientis (Id., In Epist. Pauli ad Romanos Expositio, cap. V, lect. III). 35“Et ideo in primo instanti quo materia adunata pervenit ad locum generationis, fuit perfecte formatum corpus Christi et assumptum” (Id., Summa Theologiae, III, q. 33, a. 1). 36Sed ipsa formatio corporis, in qua principaliter ratio conceptionis consistit, fuit in instanti, duplici ratione. Primo quidem, propter virtutem agentis infinitam, scilicet Spiritus Sancti, per quem corpus Christi est formatum, ut supra (q. 32, a. 1) dictum est. Tanto enim aliquod agens citius potest materiam disponere, quanto fuerit maioris virtutis. Unde agens infinitae virtutis potest in instanti materiam disponere ad debitam formam. Secondo, ex parte personae Filii, cuius corpus formabatur. Non enim erat congruum ut corpus humanum assumeret nisi formatum. Si autem ante formationem perfectam aliquod tempus conceptionis praecessisset, non posset tota conceptio attribui filio Dei, quae non attribuitur ei nisi ratione assumptionis (Ibid.). 37Ad hoc quod conceptio ipsi Filio Dei attribuatur, ut in Symbolo (Apostolorum) confitemur, dicentes: “Qui conceptus est de Spiritu Sancto”; necesse est dicere quod ipsum corpus, dum conciperetur, esset a Verbo Dei assumptum. Ostensum est autem supra (q. 6, aa. 1, 2) quod Verbum Dei assumpsit corpus mediante anima, et animam mediante spiritu, idest intellectu. Unde oportuit quod in primo instanti conceptionis corpus Christi esset animatum anima rationali (S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae., III, q. 33, a. 2). 38Si autem caro Christi fuisset concepta antequam susciperetur a Verbo, habuisset aliquando aliquam hypostasim praeter hypostasim Verbi Dei. Quod est contra rationem incarnationis, secundum quam ponimus Verbum Dei esse unitum humanae naturae, et omnibus partibus eius, in unitate hypostasis: nec fuit conveniens quod hypostasim praexistentem humanae naturae, vel alicuius partis eius, Verbum Dei sua assumptione destrueret. Et ideo contra fidem est dicere quod caro Christi prius fuerit concepta, et postmodum assumpta a Verbo Dei (Ibid., III, q. 33, a. 3). 39In generatione aliorum hominum locum habet quod dicit Philosophus, propter hoc quod successive corpus formatur et disponitur ad animam: unde primo, tanquam imperfecte dispositum, recipit animam imperfectam; et postmodum, quando perfecte est dispositum, recipit animam pefectam. Sed corpus Christi, propter infinitam virtutem agentis, fuit perfecte dispositum in instanti. Unde statim in primo instanti recepit formam perfectam, idest animam rationalem (Id., Summa Theologiae, III, q. 33, a. 2, ad 3).

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40Mi riferisco in particolare agli studi studi ormai ben noti di Etienne Gilson e Cornelio Fabro, i quali, sebbene da prospettive ermeneutiche differenti, convergono nel sottolineare la originalità della nozione metafisica di esse ut actus in S. Tommaso, irriducibile alla nozione di existentia. La stessa distinzione reale tra essentia ed esse nell'ente finito non può interpretarsi semplicemente come distinzione tra essentia ed existentia. Cf. Fabro C., Partecipazione e causalità, Torino: SEI, 1961; Id., Dall'essere all'esistente, Brescia: Morcelliana, 1957; Id., Esegesi tomistica, Roma: PUL, 1969. 41Significativa in tal senso è l'affermazione dell'insigne moralista Lanza, sostenitore della tesi dell'animazione ritardata nel suo saggio storico-sistematico: Lanza A., La questione del momento in cui l'anima razionale è infusa nel corpo, Roma 1939: “È certo che il mostro umano, per quanto malformato e lontano dalla perfezione dell'individuo normale, appartienereductive alla specie umana” (p. 279). Questa opinione riflette una convinzione allora diffusa tra i sostenitori dell'animazione ritardata, anche dopo lo studio del Lanza. Per un'esposizione sintetica delle ragioni in favore dell'animazione ritardata cf. Hering H., De tempore animationis foetus umani, Angelicum 1951, 28: 18-29; Hudeczek M.,De tempore animationis foetus umani secundum Embryologiam modernam, Angelicum, 1952, 29: 162-181. 42Cf. Gredt J., Elementa philosophiae aristotelico-thomisticae, vol. I, Friburgo: Herder, 1937: 347-351, nn. 439-452; Ibid., n. 536, pp. 421-422. Scriveva il Gredt: “Adnotatio circa Aristotelis veterumque scholasticorum doctrinam de generatione. Veteres, cum cellulas germinales ignorarent, semina neque organisata neque viventia putabant” (Ibid., n. 452, 4: 350-351); “Attamen cum recentibus optime dicitur: statim ab initio, coniunctis cellulis germinalibus, haberi organisationem specialem et dispositiones proximas ad animae intellectivae infusionem” (Ibid., n. 536, 2: 422). La suddetta formulazione è accusata di preformismo da Hudeczek: “Et si respondetur, quod materia haec sit semper a principio disposita ad animam humanam suscipiendam quia ex ea nonnisi homo generari potest, caute hoc accipiendum...Quodsi aliqui – (e qui cita espressamente Gredt) – hoc est similia affirmant, dicendum est eorum scientiam, in certo sensu preformisticam, novo progressu Biologiae iam superatam esse” (Ibid., p. 177). 43Scrive il Lanza: “Considerando le cose dal punto di vista astratto...diversa deve essere la valutazione, sia morale che giuridica del delitto di aborto prima e dopo l'infusione dell'anima razionale: dopo l'animazione si tratta di una vera violazione del diritto che ha la persona alla vita; prima, invece, mancando l'anima razionale, non si può parlare di una simile violazione; ma si tratta di una violenza, sempre illecita, inflitta all'ordine stabilito dalla natura, che dal punto di vista morale, potrebbe essere ricondotta sullo stesso piano delle pratiche anticoncezionali e potrebbe essere considerata come un delitto contro la famiglia” (Lanza, La questione del momento in cui..., p. 297). 44Lo stesso Lanza, infatti, precisa: “Ciò non vieta, però, che allo stato attuale del dibattito, anche noi, da un punto di vistaconcreto, riteniamo obbligatorie le norme dettate al proposito dalla legislazione ecclesiastica ed ispirate a quei saggi criteri di prudenza pratica che hanno sempre guidata la disciplina della Chiesa” (Ibid.). 45Già il Pontefice Sisto V con la Costituzione Ad effraenatam del 1588, pur ritenendo in teoria la distinzione tra feto animato e inanimato, comminava le stesse pene previste per l'omicidio volontario anche a coloro che avessero procurato l'aborto, in qualunque momento della gestazione. Il rigore della Costituzione di Sisto V sarà mitigato nel 1591 da Gregorio XIV. Sui riflessi della Apostolicae Sedis di Pio IX nel dibattito teologico-morale di fine Ottocento circa la craniotomia e circa l'aborto nelle prime fasi di vita dell'embrione, mi permetto di rinviare al mio: Pangallo M., La craniotomia nella Summula Theologiae Moralis del Card. Giuseppe D'Annibale, Divinitas 1986, 2: 167-174. 46Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum Vitae (22 febbraio 1987), parte I, n. 1.

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P. IDE L'EMBRIONE UMANO È PERSONA? STATUS QUESTIONIS E DETERMINAZIONE Il mio breve intervento ha come obiettivo quello di chiarire il seguente punto: l'embrione umano è persona? 1 Con il termine embrione intendo un essere umano dopo il concepimento o, in altre parole, dopo la fecondazione. Infatti lo zigote viene definito anche embrione unicellulare. In seguito, preciserò cosa intendo col termine persona. Nel rispondere alla domanda posta, farò riferimento esclusivamente ai dati scientifici e filosofici. Lascerò quindi da parte l'approccio più specificamente teologico, anche in considerazione del fatto che la stessa Chiesa Cattolica ci invita a farlo: “Come un individuo umano non sarebbe una persona umana? Il Magistero non si è espressamente impegnato su un'affermazione d'indole filosofica”.2 Infine, allo scopo di essere il più chiaro possibile, presenterò l'argomento nella forma rigorosa della quaestio disputata. Status Questionis La risposta negativa Ad un primo approccio, sembrerebbe che la risposta alla domanda iniziale debba essere negativa. In quest'ottica lo zigote dovrebbe passare attraverso un certo numero di stadi prima di poter essere considerato pienamente o realmente un essere umano.3 Secondo il principio dell'umanizzazione, l'embrione diventerebbe un essere umano a tutti gli effetti: quando i due patrimoni genetici, quello del padre e quello della madre, si ricombinano per formare il nuovo genoma dell'embrione, o dopo 21-22 ore dalla fecondazione; 4 dopo l'impianto; 5 al quattordicesimo giorno,6 quando non vi è più totipotenza e appare la stria primitiva; 7 quando l'unità dell'organismo umano diventa irreversibile e testimoniata da un'organizzazione specifica che determina l'impossibilità della formazione di gemelli omozigoti tra il 14o e il 18o giorno; 8 quando si cominciano a delineare gli organi principali (ottava settimana); 9 quando è possibile registrare una qualche attività elettro-encefalica; 10 quando il cervello sviluppa alcune funzione come la sensazione, la memoria, o una qualche capacità di apprendimento (ventesima settimana); 11 “ad uno stadio di maturazione tale che sia possibile una vita autonoma”; 12 cioè al sesto o settimo mese,13 quando sorge l'autocoscienza, ossia in un momento successivo alla nascita e non meglio identificabile;14 in base al criterio del riconoscimento da parte dei genitori, che risulta ancora più indefinito in quanto, richiedendo la consapevolezza dell'esistenza dello zigote, si realizza necessariamente dopo la sua creazione.15 Infine, c'è chi afferma l'esistenza di una continuità tra gameti e zigote facendo risalire così l'individualità umana ai gameti.16 Ora, la logica ci insegna che il punto cruciale di una dimostrazione sta nel termine medio e non nella conclusione. Dato che a volte per lo stesso argomento si propongono due date diverse, distribuirò queste dimostrazioni in funzione non del calendario di accesso all'umanizzazione – la cui multiforme distribuzione rivela una qualche incertezza – ma degli argomenti. Ne prenderò in considerazione sei, i primi cinque dei quali sono i più comuni. Svilupperò poi il sesto poiché è ancora presente in qualche forma tra i cattolici e ciò mi permetterà di entrare in relazione con i filosofi tomisti. La possibilità dei gemelli omozigoti Una persona è un individuo ossia, etimologicamente, un essere indivisibile. Ora, un embrione è divisibile almeno fino al quindicesimo giorno quando può svilupparsi un gemello omozigote: vale a dire, originantesi dalla stessa cellula iniziale. Pertanto un embrione non può essere una persona umana. Non si può, cioè, parlare di persona umana finché non si supera il limite temporale o di sviluppo oltre il quale non è più possibile la gemellazione. “Se considerassimo persona l'uovo fecondato”, ha scritto Xavier Thévenot, “come si potrebbe rendere conto, dal punto di vista filosofico e teologico, del fatto

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che, nel caso della gemellazione (che può verificarsi fino al 14o giorno dal concepimento) una persona possa diventare due persone? Come si può considerare persona una realtà la cui individualità non è ancora certa?”.17 La presenza di cellule totipotenti Un individuo vivente completo è un organismo differenziato costituito di diversi organi ordinati ad una o più funzioni. Fino allo stadio di otto cellule,18 l'embrione è costituito di cellule totipotenti: cioè, cellule in grado di diventare qualsiasi organo. Quindi, all'inizio, non siamo in presenza di un individuo pienamente costituito, e ancor meno di una persona umana. La necessità di una coscienza Una persona è un individuo in grado di soffrire, entrare in relazione, ragionare, essere libero, etc.19 L'esercizio di queste capacità presuppone l'esistenza del cervello. Tuttavia il sistema nervoso centrale si forma soltanto tra la sesta e l'ottava settimana dalla fusione dei gameti. Pertanto, poiché l'embrione non è dotato di cervello, non può considerarsi persona.20 Si può precisare il concetto sulla base della posizione di Paul Ricoeur espressa nella sua opera principale: “Soi-meme comme une autre”. L'ermeneutica del sé è considerata in una dialettica di seità e ipseità che si risolve nel concetto di identità narrativa. In altre parole, il sé ha accesso alla propria ipseità attraverso la narrazione. Infatti, la costituzione del sé, afferrando la sua permanenza, si declina in due modi: l'identità come seità (o identità-idem) alla quale corrisponde una permanenza del substrato, e l'identità come ipseità (o identità-ipse) alla quale corrisponde una permanenza narrativa. La prima permanenza introduce alcune aporie irrisolvibili.21 Perciò la sola risposta alla domanda è sì facendo riferimento ad un altro tipo di permanenza che si introduce con la parola attraverso la quale il soggetto entra nell'auto-possesso e nella comprensione del sè.22 È ovvio che un embrione abbia una identità-idem e non una identità-ipse. Il suo sé non può essere narrato. Di conseguenza, l'embrione non può essere umano sin dal principio. La necessità del riconoscimento da parte di altri L'Io sorge solo attraverso un Tu che lo riconosce, in questo caso i genitori. Questo riconoscimento di fronte ad una nuova vita, non ha nulla di spontaneo: esso implica il desiderio di un figlio e un progetto genitoriale. Pertanto, un embrione diventa persona soltanto a certe condizioni determinate dai genitori. “Un embrione diventa persona a due condizioni”, spiega il professor René Frydman: “Deve avere la capacità fisiologica di svilupparsi e deve essere accettato. Esso appartiene esclusivamente al desiderio delle persone che lo hanno realizzato nel pensiero e nei fatti. Una donna decide in coscienza se lo vuole portare in grembo. Non si può trovare un destino agli embrioni contro la volontà dei genitori...Ciò che conta sono la democrazia e la dignità”.23 La frequenza degli aborti spontanei Il numero degli aborti spontanei che si verificano durante i primi giorni dell'ontogenesi è molto alto.24 Ciò che è naturale si verifica più spesso di ciò che non lo è. L'estrema regolarità delle leggi fisiche non è forse un criterio della loro naturalità? Di conseguenza, sarebbe contro natura per uno zigote essere una persona umana. Sulla base del fatto che metà degli ovuli fecondati non si impiantano, il teologo Karl Rahner si chiede, “come si può pensare che il 50% degli esseri umani...non superino mai a priori questo primo stadio dell'esistenza?”.25 La necessità di un corpo organizzato Presenterò in dettagli questo argomento per il fatto che è piuttosto comune tra i filosofi tomisti, a partire almeno dagli anni ‘70.26 L'aporia può essere formulata sulla base della definizione aristotelica di principio vitale. L'anima è l'atto primo di un corpo organizzato. Ora, uno zigote e un embrione, nei loro primi stadi, non presentano una sufficiente organizzazione da poter effettuare un'operazione che prepari la vita intellettiva. Pertanto un embrione non è adatto a ricevere un'anima umana.27 Benedicte Mathonat elabora meglio l'argomentazione. Il punto di partenza è ancora una volta la definizione aristotelica di anima: “Il corpo, il soggetto dell'anima...è organizzato”. Essere organizzato equivale ad essere un principio di operazione: “L'organizzazione in questione è...quella che manifesta il

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potere di operare del corpo”. “Il corpo, il soggetto dell'anima, deve essere quindi capace di espletare le operazioni proprie della vita umana”. L'operazione tipica della vita umana è l'operazione intellettuale. Ma “la conoscenza dell'intelletto umano si basa esclusivamente sui sensi”. Pertanto, “l'anima umana ha, come suo soggetto specifico, un corpo sensibile”. Ma il sistema nervoso è il principio organico della sensibilità.28 Quindi, per essere informato da un'anima umana, un embrione deve essere dotato di sistema nervoso, ed è evidente che questo manchi all'embrione nelle primissime fasi dello sviluppo.29 Si obietterà, tuttavia, che lungi dal cercare un modo per aggirare l'insegnamento magisteriale, Aline Lizotte 30 dichiara espressamente di non voler presentare una tesi coerente con il Magistero, specialmente con la Donum Vitae. L'Istruzione afferma la presenza creatrice di Dio dal momento del concepimento. La tesi dell'infusione mediata invece non rifiuta proprio questa ipotesi? La risposta a tale obiezione rappresenta un altro contributo originale dell'articolo. Ispirata da Aristorele, Aline Lizotte distingue due modi della presenza dell'anima nell'embrione: secondo la causalità formale e secondo la causalità finale. L'anima è presente nel corpo secondo la prima modalità (formale) quando è unita ad esso come un atto alla potenza che riceve, così come la forma è unita alla materia, che gli è propria, in vista di costituire un essere che è sostanzialmente uno, con un'unità intrinseca che rifiuta qualsiasi dualismo. L'anima è presente nel corpo nella seconda modalità (finale) quando orienta tutto il divenire come un fine attrattivo e attualizzante. Ora la finalità, in senso autenticamente aristotelico, è sicuramente un termine, un risultato e anche l'effetto per eccellenza, ma è anche molto più di questo: infatti, prima di essere un effetto, il fine è una causa. Ma una causa agisce solo attraverso la sua realtà; la causa prende dunque la sua efficienza dalla sua effettività. Dunque essa è dotata di un certo realismo che, per una mancata comprensione, è stato piuttosto sfibrato da diverse concezioni attuali. In altre parole, la presenza nella modalità finale è una presenza reale; si potrebbe dire che il fine è intenzionalmente presente, se non si oppone l'intenzionale al reale. La Risposta Positiva Tuttavia, alcuni fatti rimettono in discussione la tesi della personalizzazione ritardata. La precocità della vita intrauterina La fisiologia e la psicologia moderne prendono sempre più in considerazione la vita del bambino anche nel periodo intrauterino.31 Dalle origini dell'Io, sembra che il feto sia già in grado di percepire, di avere sensazioni, di immaginare, di memorizzare, come ha chiarito un relatore di questo Convegno, il prof. Bellieni.32 Un numero sempre crescente di dati porta anche a ritenere che nel periodo che si avvicina al concepimento si verifichino dei traumi psichici.33 Il dr. Benoit Bayle, psichiatra presso l'Ospedale Henri Ey di Chartres, ritiene che alcuni fenomeni della vita embrionale compromettano seriamente lo sviluppo del futuro bambino o la personalità dell'adulto. Coloro che parlano di esperienza soggettiva indicano, anche a parole, l'esistenza di un soggetto che vive l'esperienza. Questo è il motivo per cui il dr. Bayle parla dipsicogenoma e scena concezionale.34 Il trauma dell'aborto Non si può negare, oggigiorno, il trauma correlato all'interruzione volontaria (e anche spontanea) della gravidanza. In un recente e pregevole studio sull'aborto, il sociologo Luc Boltanski ricorda proprio questo e, allo stesso tempo, illustra le numerose strategie messe in atto dalla società per chiudersi gli occhi di fronte all'umanità dell'embrione per eliminarlo senza rimorsi.35 L'offesa dell'esclusione L'uomo è molto sensibile a qualsiasi forma di esclusione, ed è buona cosa, specialmente verso le persone più vulnerabili. Ora, nessuno è più vulnerabile e più innocente di un nuovo essere umano nel grembo di sua madre.36 “L'unico modo di essere rispettosi della vita è rispettare il più piccolo degli esseri viventi”.37 Si potrebbe dire, quindi, che la buona salute di una società si misura dalla sua capacità di accogliere questi esseri così fragili che sono gli embrioni umani. Inoltre, esiste una sorprendente analogia tra le attuali ragioni che giustificano – agli occhi dei politici e della gente – l'uso degli

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embrioni in nome della presunta assenza in essi della natura umana, e gli argomenti usati cinque secoli fa rispetto alla natura degli Indiani dell'America Latina. Entrambi sono esseri vulnerabili che, a causa della nostra brama di potere, corrono il rischio di estinzione. Il Re Carlo V e la sua corte furono impressionati dall'apprendere il modo inumano con cui venivano trattati gli Indios. Ma, per farla breve, poiché aveva bisogno di denaro per le sue imprese belliche, non riformò pienamente le leggi “Indie”. Allo stesso modo, molti personaggi del mondo medico e politico pensano che l'embrione rappresenti il primo stadio della persona umana, ma ciononostante nascondono dietro i potenziali benefici per i malati, il bisogno di mantenere laboratori farmaceutici nei loro paesi.38 Risposta Siamo gravemente carenti di una filosofia della natura adatta non solo alle novità della visione cosmologica legata alle numerose scoperte scientifiche del secolo passato, ma anche ai bisogni di regolamentazione etica rispetto alla tecnologia. Vorrei proporre quattro argomentazioni che saranno presentate in maniera progressiva e apparentemente esclusiva. In realtà, credo che siano complementari e spero che i limiti di una saranno compensati dai limiti dell'altra. Le presenterò con una breve introduzione, soprattutto epistemologica. Condizioni preliminari Il rigoroso ragionamento filosofico che sto per affrontare implica due condizioni preliminari. La prima è di ordine scientifico. Darò per presupposti i numerosi sviluppi che sono stati esposti dai professori Colombo, Sica e Bellieni, con la loro riconosciuta autorevolezza, riguardo la fecondazione (quindi la formazione dello zigote o embrione unicellulare) e i primi stadi della vita embrionale. La seconda condizione preliminare è di natura epistemologica.39 Essa ha a che fare con il legame tra filosofia e scienza. In parole povere, siamo di fronte a due posizioni parziali e, quindi, non esaustive. Secondo la prima posizione, quella della continuità, c'è un passaggio senza interruzione dai fatti scientifici alla filosofia per quanto riguarda la questione di cui ci stiamo occupando, cioè l'identità dell'embrione. Ma tale posizione, che è sostanzialmente scientista, conduce alle peggiori conseguenze. Essa fa da substrato alla maggior parte delle posizioni sull'animazione ritardata e nega ogni differenza tra i punti di vista.40 Sulla scia di Emile Boutroux, Maurice Blondel critica duramente lo scientismo. Le scienze hanno in comune, nel loro metodo, il calcolo e l'esperienza, la sperimentazione e l'argomentazione, l'empirismo e la formalizzazione, ma come spiegare la riuscita di questo connubio? La scienza usa questa felice armonia: di più, la vive quotidianamente, ma non ne rende conto.41 Questa unione testimonia lo spirito: “Non sono le scienze che fanno il mondo e l'uomo. È l'uomo che fa la scienza, che la domina sempre, così come domina, senza di essa o con essa, ma meglio con, questo universo in cui sembra immerso, ma che sempre supera infinitamente con il solo sorgere del pensiero o con un semplice atto della sua libertà. Non è il mondo che ci interroga e ci domina, nè è esso a produrre scienza; siamo noi che coltiviamo la scienza e che, attraverso il mondo, ci interroghiamo su un altro mistero, diverso da quello di cui si occupano gli scienziati”.42 Pertanto lo spirito è “questo potere senza confini in questa infermità senza rimedio” che sono le scienze.43 La seconda posizione, che è esattamente all'opposto, ritiene che le due diverse discipline siano in un rapporto di discontinuità. Una posizione epistemologica di questo tipo è alla base, ad esempio, del ragionamento di alcuni filosofi tomisti.44 Per riassumere brevemente, la filosofia sta alle scienze come le affermazioni universali basate sul senso comune stanno alle affermazioni più particolari basate su ipotesi, su categorie paradigmatiche. Il grado di certezza è in funzione dell'universalità e della fondazione su fatti molto comuni.45 Ma una siffatta posizione conduce ad un dualismo che rende stagnanti i campi del sapere e che è confutato dalla pratica. Non possiamo dunque fare a meno di una riflessione epistemologica e di compiere un tentativo di articolare i due campi del sapere rispettando la loro autonomia e la loro interazione e, oseremmo dire,

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la loro gerarchia.46 Su questo argomento può essere utile fare di nuovo riferimento a Maurice Blondel – e precisamente alla distinzione tra due tipi di pensiero, noetico e pneumatico.47 È evidente, scrive Georges Cottier, “che il filosofo della natura che studia, dal suo punto di vista, l'origine e la genesi degli esseri viventi, deve disporre di informazioni di prima mano sui risultati e gli sviluppi della ricerca scientifica. Questa è una condizione necessaria per la validità del suo studio. Si dovrà dimostrare pronto a eventuali revisioni poiché la filosofia della natura, come la scienza, si misura sulla base di fatti debitamente accertati”. E, confermando che la scienza arricchisce la filosofia dall'interno e non collateralmente per il gran numero di fatti che adduce, aggiunge: “Questo non significa rinunciare precipitosamente, senza un confronto serio con i dati scientifici, ad alcune intuizioni di natura filosofica che fanno parte del patrimonio di conoscenza ereditato da Aristotele e da San Tommaso in particolare”.48 La Persona come Individuo Presentazione Parlare di una persona equivale a parlare di un essere individuale della specie umana, un'individualità si caratterizza per i due seguenti caratteri: unicità (divisum ab alio) e indivisibilità (indivisum in se). L'embriologia e la genetica ci indicano che dal momento del concepimento l'embrione costituisce: 1) un essere con una natura specifica, in questo caso una natura umana, diverso da qualsiasi altro animale e specie vivente, per esempio, da quella dei pongidi (scimpanzè, gorilla, orangutan); e 2) un essere individuale, unico e distinto da qualsiasi altro,49individuale e originale nel suo genoma e nella sua espressione fenotipica. Ciò è ancor più vero per l'embrione che, nel suo sviluppo, manifesta da una parte la sua indivisibilità (quando viene meno la possibilità della formazione di un gemello) e, dall'altra, ne guadagna in originalità (instaurando relazioni uniche con l'ambiente che plasma la sua morfologia e riecheggia nel genoma; e ancor più appropriandosi ad un certo momento, attraverso la sua libertà, del dato biologico all'interno di una storia).50 Pertanto bisogna affermare con certezza che lo zigote umano è un individuo. E tale individualità deve essere ritenuta umana in quanto le caratteristiche genetiche sono specifiche prima ancora di essere individuali. Infine, bisogna affermare che questa individualità è personale. L'argomentazione si basa implicitamente sulla totalità e la continuità. In nome della totalità: “Poiché la persona umana è un tutto – corpo, spirito e anima”, come scrive un'infermiera, “sembrerebbe logico pensare che questa vita umana in sviluppo possegga già questa indivisibile totalità...Un embrione non è forse anch'esso apparentemente diverso da un neonato allo stesso modo in cui un neonato è diverso da un quarantenne? Egli è già e sarà sempre la stessa persona, geneticamente definita fino alla propria morte biologica”.51 In nome della continuità: “Oggi, se l'embrione è sacro”, afferma il ginecologo Jacques Milliez, “lo è dalla formazione dello zigote. C'è infatti una continuità assoluta dei fenomeni a partire dalla fecondazione che non solleva più dubbi tra gli scienziati”.52 Limiti È sufficiente dimostrare che uno zigote è un individuo umano per concludere che è una persona umana? L'affermazione secondo cui dalla fecondazione fino alla morte, senza interruzioni, l'embrione è pienamente dotato di individualità, allo scopo di dimostrare la sua natura spirituale, solleva alcune perplessità.53 Infatti questa argomentazione è supportata da un presupposto filosofico che potrebbe definirsi parmenidiano. Essa sottolinea la continuità, l'identità. Tralascia l'emergere di nuovi elementi che sono usati dai sostenitori della personalizzazione ritardata: l'impianto uterino e la relazione con la madre, l'indivisibilità, la placca neurale, gli organi, specialmente il cervello, la coscienza, il progetto genitoriale, il riconoscimento da parte degli altri. In nome di cosa si sottovalutano o addirittura si negano queste novità? Inoltre, tale continuità vale per il genoma, ma perché si valorizza di più il genoma rispetto alle determinazioni fenotipiche ed epigenetiche? Ancora, questi nuovi elementi sono

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solo potenzialmente presenti. In questo modo ci si presenta la difficoltà di definire l'embrione come persona potenziale. Infine, la continuità in questione emerge soltanto dall'osservazione. La considerevole rottura della generazione o della corruzione sfuggono al punto di vista semplicemente empirico: ciò è vero per quel che riguarda la morte. Ma si può dire lo stesso per il sorgere della vita. Di conseguenza, l'assenza della rilevazione di una interruzione nello sviluppo non significa affatto che non ci sia un divenire sostanziale, in questo caso, l'irruzione di un'anima intellettiva. In fondo, ritroviamo ancora il dilemma che contrapponeva Parmenide di Elea ed Eraclito di Efeso, almeno nel modo in cui fu elaborato da Aristotele.54 Bisogna cercare, in ogni caso, la soluzione. La concezione dell'alterità e della storia del criterio di continuità non solleva il problema dell'identità-idem, per usare le parole di Ricoeur? Peraltro, riprendiamo la definizione tradizionale della persona, proposta da Boezio e che ha influenzato profondamente l'occidente. Anche se elaborata in ambito cristologico, la sua prospettiva è rigorosamente razionale: “La persona – dice Boezio – è sostanza individuale di natura razionale”.55 Tale approccio sottolinea direttamente l'individualità, ma solo indirettamente la razionalità, a partire dalla continuità. Pertanto non si potrà dire dello zigote che sia persona. Infine, ci si potrebbe chiedere se l'argomento non sia troppo remoto. Si basa, infatti, sulla nozione di individualità, che è metafisica, quando invece la domanda si riferisce all'ambito specifico della filosofia della natura e della bio- filosofia. Un ragionamento è decisivo se fornisce una ragione prossima.56 I neo-aristotelici ed i neotomisti favorevoli ad un personalizzazione mediata, pur affermando molto fermamente l'individualità umana dell'embrione e la sua continuità dal concepimento, ci obbliga ad affinare l'approccio all'essere umano. In dialogo con essi, avanzerà ora la mia argomentazione. La persona come corpo organizzato e animato da uno spirito Basandosi su e postulando la definizione aristotelica dell'anima come principio vitale, i due paragrafi seguenti, appariranno a molti ricercatori e a non scienziati come una ingenua riesumazione di una problematica di un'altra epoca, come il dibattito polemico suscitato dal vitalismo e che i progressi delle scienze biologiche, in particolare della genetica e della biologia molecolare, sembravano avere definitivamente messo a tacere. Tuttavia, non credo che tale approccio sia privo di utilità anche se necessita di un importante aggiornamento e di una paziente captatio benevolentiae. Innanzitutto, tale argomento è ancora usato dai tomisti (e dagli aristotelici), sostenitori della posizione mediata.57 Poi, permette di rispondere all'ultima obiezione (la proporzione dell'argomentazione). Inoltre, il paradosso della vita,58 le aporie del riduzionismo biologico,59 la significativa molteplicità dei modelli esplicativi della vita,60 la complessità ontologica61 di un mondo a mosaico62 dimostrano indirettamente che il tema in questione non può essere frettolosamente liquidato come obsoleto, o non all'altezza degli approcci moderni. Infine, a livello puramente filosofico, la sola prospettiva cosmologica continua a non essere sufficiente. Perciò l'integreremo con altri due approcci: uno più metafisico e l'altro più fenomenologico. Enunciato Come sappiamo, Aristotele distingueva tra esseri viventi ed esseri inanimati, riconoscendo ai primi un principio vitale: l'anima. In una definizione classica, Aristotele definì l'anima come atto primo di un corpo organizzato.63 Tale definizione afferma due cose in particolare: da una parte, che la psuchè è un atto, una forma; dall'altra, che essa esercita la sua azione su un soggetto disposto a riceverla, ossia un corpo sufficientemente differenziato e funzionale come principio di operazioni proprie di un essere vivente, in altre parole, un corpo organizzato o organismo. Naturalmente, la cellula fecondata ha una organizzazione strutturale reale, con diversi livelli di integrazione dal nucleotide alla cellula nella sua totalità, passando attraverso il gene e l'intero genoma. Di conseguenza, l'embrione unicellulare è il soggetto di un'anima umana spirituale. Sviluppiamo questa argomentazione. Cos'è un corpo organizzato? Per spiegare il significato del termine organo, ritengo opportuno fare riferimento alla spiegazione dettagliata che dà Tommasso del termine organizzato commentando la definizione di Aristotele dell'anima nella sua Peri psuchès: 64 “In seguito Aristotele giunge a questa parte della definizione che

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riguarda l'argomento dell'anima. Egli dice che l'anima è l'atto di un corpo fisico che ha la vita in potenza, dice ancora che ciò qualifica ogni corpo organizzato. Chiama corpo organizzato, il corpo che ha una diversità di organi. Questa diversità di organi è necessaria al corpo, soggetto della vita, a causa della diversità delle operazioni dell'anima (diversitas autem organorum necessaria est in corpore suscipiente vitam propter diversas operationes animae). Infatti, l'anima, essendo la forma più perfetta tra le forme degli esseri corporali, è principio di operazioni diverse; essa richiede dunque una diversità di organi per la sua perfettibilità. D'altra parte, le forme delle cose inanimate, a causa della loro imperfezione, sono principi di poche operazioni, per cui non esigono questa diversità di organi in conformità alla loro perfezione”.65 Pertanto un organo è definito come principio materiale di un'operazione; in questo caso, il principio operativo di un essere vivente. L'organo spesso evoca in prima istanza una struttura. Tuttavia il termine ha un significato che non è soltanto statico, ma anche dinamico. Nell'etimologia greca, organon, significa strumento. Secondo Aristotele, un organo è uno strumento fisico mosso dalla causa principale che è l'anima in vista della sua finalità, l'operazione vitale, che la biologia moderna chiama funzione. E se un corpo vivente è necessariamente un corpo organizzato, la ragione è la seguente: essere organizzato, è essere dotato di parecchi organi; ora, a differenza di un essere inerte, il vivente deve effettuare un gran numero di operazioni, a cominciare dalle operazioni fondamentali della vita, come l'assimilazione; ma, come ho già detto, l'organo è lo strumento materiale, principio dell'operazione; ecco perché un corpo animato è un corpo organizzato. Inoltre, si possono distinguere tre gradi di vita: vegetativa, sensitiva ed intellettiva.66 I principi che precedono permettono di specificare la natura del corpo organizzato necessario a seconda del tipo di vivente. Un corpo vivente sarà informato da un'anima vegetativa (in altre parole, sarà un vegetale) solamente se è atto alle operazioni vegetative, dunque se è dotato degli organi che esercitano questi atti, cioè, per Aristotele, la nutrizione, la crescita e la generazione. Parimenti, un corpo animato potrà essere attualizzato soltanto da un'anima sensitiva (tipica dell'animale) se possiede il grado di organizzazione sufficiente ad effettuare le operazioni proprie della vita animale, cioè, almeno, la sensazione e la sensazione prima e fondamentale che è il toccare. Infine, l'anima spirituale che effettua delle operazioni che non dipendono dalla materia, che non possiede organo proprio; d'altra parte, essa richiede una perfezione della vita sensibile e dei suoi organi sufficiente a preparare adeguatamente gli atti dell'intelligenza e della volontà: ecco perché è impossibile pensare senza la presenza di un cervello, anche se questo non è l'organo del pensiero. Come si può vedere, il realismo dell'ilemorfismo aristotelico esige ben più dell'individuazione per parlare di un essere vivente. Questa individualità del corpo vivente è una condizione necessaria, ma non sufficiente per parlare di un essere animato. L'anima è il principio dell'essere, ma anche dell'azione. Il corpo che gli è unito, secondo il suo modo proprio di causa materiale, è anche informato dall'anima e strumento da essa diretto, dunque preparato a tal fine: in altre parole, è organizzato. Lo zigote è un corpo organizzato? A questo punto la domanda posta è più chiara: la cellula fecondata presenta la perfezione organica, cioè l'organizzazione, che gli permette di essere principio (materiale) dell'azione di un'anima spirituale? No, rispondono i discepoli di San Tommaso favorevoli all'animazione mediata (e, con essi, un buon numero di sostenitori di altre tendenze filosofiche o implicitamente aristoteliche). Infatti, queste operazioni non possono spiegarsi senza la presenza di organi specifici, in particolare il sistema nervoso centrale e soprattutto il cervello. Questo è il motivo per cui, privo di questi organi, lo zigote non ha ancora una sufficiente disposizione per essere informato da un'anima umana. Personalmente, credo che si debba rispondere in modo affermativo in considerazione delle conoscenze acquisite dalle scienze biologiche e interpretate filosoficamente. Ciò per due ragioni: una strutturale (che ha a che fare con l'essere), l'altra funzionale (riguardante l'agire). Parlando di organizzazione, si parla di complessità differenziata o, in altre parole, di sistema. Ora, come si è visto, lo zigote, come ogni cellula, presenta una struttura di una complessità e di una

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disposizione eccezionali, sfidando ogni tentativo attuale di elaborazione di un modello. Questa strutturazione specializzata vale tanto per il genoma presente nel nucleo quanto per il citoplasma, la cui struttura è stata rivelata67 dalla tomografia con criomicroscopia elettronica (ad alta risoluzione spaziale). Tale organizzazione complessa, lungi dall'essere un caos disordinato, è ben strutturata. Ciò non soddisfa forse l'esigenza di organizzazione del soggetto dell'anima umana? Inoltre, la nostra conoscenza morfologica della cellula presa separatamente ci mostra un'organizzazione che è ancor più completa e complessa rispetto a quello che gli antichi conoscevano del corpo umano nella sua totalità; tuttavia, non negavano che questo corpo potesse essere la materia dell'anima razionale. Ancora, Tommaso D'Aquino vedeva in questa complessità armoniosa la specificità del corpo umano e il motivo per cui esso rappresenta il soggetto proporzionato dell'anima spirituale: “Era necessario che il corpo al quale è legata l'anima intellettiva, fosse un corpo misto e, tra tutti i corpi misti, quello con la composizione più equilibrata (æqualitatem complexionis)”.68 Perciò, l'argomentazione vale anche oggi e lo zigote è in grado di ricevere questa anima spirituale. Si ricorda, infine, che Aristotele afferma che l'embrione è solo un assemblamento di carne indifferenziata.69 Infatti, “l'iniziale combinazione di una femmina e un maschio è chiamata embrione”.70 Al punto che si può definire larva: “In un certo senso, sembra che quasi tutti gli esseri generino un prodotto che inizia con l'essere una larva: l'embrione nella sua forma più imperfetta è infatti qualcosa di simile ad una larva, e tra tutti i vivipari e gli ovipari le cui uova appaiono complete, l'embrione risulta inizialmente indistinto e in seguito si sviluppa”.71 Basandosi sull'esperienza dell'emergenza del primo movimento, così come sull'osservazione degli embrioni abortiti, Aristotele, seguito da Tommaso, pensava che “il concepimento (cioè, la presenza di un'anima umana) si realizzasse al 40o giorno per gli embrioni maschili e al 90o per quelli femminili, con notevoli variazioni tra gli individui.72 Nonostante il fatto che la conoscenza che si aveva all'epoca della strutturazione organica di un embrione al 40o o 90o fosse molto reale,73 era anche estremamente rudimentale e approssimativa, pur tuttavia ciò era sufficiente per lo stagirita. Chi oserebbe negare che un animale unicellulare (protozoo o protofita) è un essere vivente secondo la classificazione aristotelica e che esso compie le tre operazioni della nutrizione, crescita e riproduzione? Eppure, un protozoo o un protofita, hanno organi visibili o differenziabili in modo evidente? Perciò un corpo organizzato non si identifica con un corpo che abbia organi visibili, isolati e identificabili. Ciò non vuol dire che la definizione di Aristotele sia errata: un corpo organico continua ad essere il soggetto necessario per vivere; un organo continua ad essere il principio di operazione vitale, come diremo. D'altro canto, non si può più legare l'aggettivo organico e il termine organo solo alla realtà morfologicamente identificabile, come faceva Aristotele. E ciò che è vero dell'operazione vegetativa, è anche vero dell'azione sensitiva: la vita animale inizia ed esiste ancora prima che gli occhi riescano a percepirla. Essa non si riferisce più a un organismo nel senso di entità differenziata. Ma in questo modo abbiamo già anticipato il secondo punto. Un organo è definito dalla propria struttura, ma ancor più dalla propria funzione, dalla propria finalità: cioè dall'essere principio d'azione. Le operazioni caratteristiche della struttura dell'uovo fecondato sono tipiche dell'uomo? Lo zigote umano può essere il principio delle operazioni specifiche di un essere vivente razionale? Si potrebbe argomentare che la struttura (morfologia) sta al funzionamento (fisiologia) come l'atto primo sta all'atto secondo. Si è come si agisce, secondo l'assioma scolastico già ricordato. In realtà, un argomento del genere è troppo universale per portare ad una conclusione: è un argomento mutuato dalla metafisica è non adeguato alla nostra questione che riguarda invece la filosofia della natura. Non è tuttavia da scartare: se Aristotele e Tommaso pensavano che la struttura poco differenziata di un embrione di quaranta giorni fosse un principio d'azione sufficiente ad essere soggetto dell'anima umana, cosa direbbero oggi considerando le strutture straordinariamente complesse della cellula? Infatti, le operazioni dello zigote sono di una complessità commisurata alla propria struttura. Al più

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complesso genoma del mondo vivente, che è il DNA umano, corrisponde l'attività più sofisticata del cosiddetto universo biologico. Innanzitutto, le scienze biologiche ci insegnano che lo zigote è ampiamente attivo sin dall'inizio, espletando funzioni metaboliche tipiche di tutti gli esseri viventi. Perciò è, come minimo, soggetto di un'anima vegetativa. Inoltre, purtroppo fino ad oggi non abbiamo studi riguardanti le operazioni sensitive dello zigote (umano o animale). La sola osservazione, ad esempio, di una sensazione tattile elementare ci obbligherebbe a concludere, in via definitiva, che questo essere vivente è informato almeno da un'anima sensitiva o, per riprendere la formulazione più esatta del Contra Gentiles, che esso vive una vita animale. Tuttavia, rimane il fatto che lo zigote possiede tutto ciò che possiede un protozoo eucariote e nulla del protofita.74 Oggi – e questo fatto va sottolineato – i protozoi danno prova di sensibilità, in questo caso, di conoscenza tattile e, secondo alcuni, di mobilità. Infine, è necessario compiere il passo decisivo e dire che anche senza neuroni e cervello, l'unione dell'ovulo e dello spermatozoo umani è adeguata a ricevere un principio spirituale? Come si può asserire che l'embrione compie atti di intelligenza e volontà? Ma ciò non è richiesto né da Tommaso né dai suoi seguaci che sostengono l'animazione mediata (altrimenti, neanche un bambino alla nascita sarebbe un essere umano!). Si potrebbe rispondere che le operazioni sensitive sono atti della combinazione corpo-anima, mentre invece le operazioni dello spirito esigono di essere libere da ogni causalità materiale, da ogni corporeità. Di conseguenza, è possibile asserire la presenza di un'anima spirituale concomitante. Ma è possibile dire ancora di più e va detto, dell'anima umana, che sebbene sia spirituale, essa resta come atto del corpo. L'unità della persona esige che il corpo umano sia disposto ad essere informato da un'anima spirituale. Pertanto deve differire da un corpo puramente animale che riduce all'atto un'anima semplicemente sensibile. Infatti, l'organizzazione dello zigote è il principio delle operazioni sensibili che preparano gli atti spirituali. In realtà, il genoma dell'ovulo fecondato, a partire dalla fusione dei gameti, ha in sè tutte le informazioni: cioè, il piano dell'organizzazione per la costruzione dell'organismo, in particolare la corteccia prefrontale che, attraverso la mediazione dei sensi interni, prepara le operazioni dello spirito. Inoltre, questa informazione, lungi dall'essere immagazzinata passivamente, si dispiega, fin dalla fecondazione, in un'attività immediata ed instancabile. Come scrisse François Jacob trent'anni fa: “Ogni ovulo quindi contiene, nei cromosomi ricevuti dai genitori, tutto il suo futuro, le tappe del suo sviluppo, la forma e le proprietà dell'essere che emergerà da esso. L'organismo, pertanto, diviene la realizzazione di un programma prescritto ereditariamente. All'intenzione di una Psychè si è sostituita la traduzione di un messaggio”.75 Non a caso il grande libro del Nobel per la Medicina descrive la storia della biologia come un viaggio meraviglioso all'interno di strutture sempre più microscopiche dell'essere vivente. Questa è senza dubbio una conseguenza del metodo riduzionista, ma può anche essere interpretata come un tributo alla determinazione miniaturizzata del vivente e, più precisamente, la gerarchia differenziata dei gradi di determinazione presenti nell'essere animato. Tutto ciò porta ad affermare chiaramente che dalla fecondazione un embrione è già persona. Non una persona potenziale, come dice il Comité Consultatif d'Ethique, ma una persona con un potenziale. Tale affermazione si basa sul carattere pienamente umano del corpo. Lo zigote umano è il corpo organizzato adatto a ricevere un'anima spirituale e immortale come suo atto primo. Obiezione A questa dimostrazione, è stata avanzata la seguente obiezione: l'argomento in questione si basa sull'attività iniziale dello zigote. Alcune specie animali possiedono un genoma con una complessità e un'attività quasi paragonabili a quello umano. Di conseguenza, lo zigote umano non presenta dall'inizio alcuna specificità rispetto ad un ovulo fecondato di altri animali. Allora perché sarebbe informato da un'anima spirituale? “La straordinaria attività di cui l'embrione è capace sin dai suoi primi stadi – scrive Georges Cottier – non costituisce ancora una prova della presenza dell'anima spirituale. Infatti, una simile potenza attiva si trova anche in embrioni di altre specie animali”.76 Si può aggiungere una

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ulteriore difficoltà: la nostra argomentazione si basa, ancora di più, sulla complessa organizzazione del genoma. Lo zigote umano condivide questa complessità strutturale in particolare con lo scimpanzè dato che il 98, 4% dei geni sono in comune tra la specie umana e quella di questi pongidi. Ciò può essere affermato in un altro modo: tutto, nel corpo umano compiuto, significa la sua umanità. Già Aristotele lo aveva dimostrato con grande acume di osservazione. Dalla finezza delle venature della sua pelle fino alla statura verticale passando attraverso la voce articolata e la scioltezza della bocca; al contrario, niente, nello zigote e nel suo genoma, può manifestare questa differenza.77 Nondimeno, nessuna di queste differenze si rileva nello zigote o nel suo genoma. Risposta Questi argomenti impressionano molto in quanto sono dati per immagini e sembrano condurre al seguente paragone: l'uomo differisce dall'animale solo per poco più dell'1%. “L'errore maggiore, che spesso si commette – ribatte il biologo Jean-Didier Vincent – consiste nel dire che siamo paragonabili al 99% agli scimpanzé”.78 Innanzitutto, la quantità non è così trascurabile. Il genoma umano è costituito di tre miliardi di basi di nucleotidi. Secondo le ultime stime, la differenza è dell'1. 2%, per cui ci sono meno di 40 milioni di nucleotidi di differenza tra l'uomo e lo scimpanzè. Secondo, la quantità non ci dice tutto. Bisogna considerare anche l'ordine. L'analisi diretta delle porzioni di genoma mostra che ci sono mutazioni selettive tra i geni (essendo i nucleotidi rimpiazzati da altri)79 inserimento o scomparsa di brevi sequenze di DNA,80 duplicazioni di frammenti di gene,81 e ricostituzione di intere porzioni di cromosomi.82 Messi insieme, tutti questi elementi aumentano la distanza genetica tra l'uomo e lo scimpanzè ad un 5%. Pertanto, Svante Paabo, Direttore del Dipartimento di Genetica presso il Max- Planck Institute dell'Antropologia dell'Evoluzione a Leipzig, afferma: “Questo piccolo 1. 2% (di differenza tra la sequenza del DNA dell'uomo e quella dello scimpanzè) può significare molto, soprattutto se le diverse ridisposizioni, duplicazioni e delezioni osservate sono aggiunte ai 40 milioni di mutazioni selettive”.83 Allo stesso modo, se i geni si riassemblano molto, i cariotipi si diversificano: quello dell'uomo ha 46 cromosomi, quello dello scimpanzè 48, e quello di alcuni tipi di scimmie arriva fino a 70. Le differenze nell'architettura dei cromosomi porta ad una differenza nell'espressione dei geni e quindi anche dei geni regolatori da cui dipendono molti altri geni. Inoltre, la prossimità e la somiglianza genetica sono sorprendenti solo se vengono interpretati ingenuamente in modo lineare e analitico. Attualmente la genetica è orientata verso un'interpretazione del genoma non lineare, ma piuttosto combinatoria o addirittura sistemica.84 “L'effetto combinante dei geni spiega come piccole differenze genetiche possano avere considerevoli conseguenze sugli esseri”, nota il genetista Axel Kahn.85 Il problema sollevato dalla continuità tra genoma umano e genoma animale è molto intrigante anche, in particolare, per gli esperti in neurogenesi. Essi, infatti, vanno contro un paradosso problematico.86 Per dirla in maniera semplice, da un verme ad un topo il numero di geni aumenta da 6 a 8 volte. D'altra parte, dal topo all'uomo il numero rimane approssimativamente costante, cioè circa 30 mila geni. Fatto ancor più strano: a giudicare dalle osservazioni disponibili, questi sembrano relativamente simili. Tuttavia è evidente che questi due organismi hanno cervelli profondamente diversi:87 da un topo ad un uomo, la superficie e le pieghe della corteccia (o la parte frontale del cervello) hanno avuto una crescita considerevole da una percentuale molto bassa fino a quasi il 30%.88 Quindi, a parte la questione filosofica riguardante il momento dell'animazione dello zigote, questa non-linearità fa sorgere un'aporia che richiede di essere risolta ad un livello rigorosamente scientifico. In questo ambito, due soluzioni sembrano essere proposte ad oggi: la prima è di tipo combinatorio: sembra che esista una grande riserva nei 30 mila geni; la seconda, che prende in considerazione il tempo, è di tipo sequenziale: i geni non sono espressi una sola volta, ma più volte durante lo sviluppo. Sebbene spettacolare nei suoi risultati, la differenza può essere molto economica nei mezzi: quella del ruolo critico giocato da certi geni nella separazione tra le specie. Per esempio, un gene codifica

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l'enzima CMAH. La funzione di questo enzima è quella di favorire l'aggiunta di un particolare zucchero, l'acido sialico, alla superficie delle cellule. Nell'uomo, a differenza dei primati, questo gene ha subito una mutazione. Di conseguenza, l'enzima CMAH non può essere codificato. Uno studio coordinato da Ajit Varki dell'Università della California, a San Diego, ha dimostrato che l'inattivazione di questo gene si è verificata senza dubbio poco prima della spettacolare crescita del cervello negli ominidi, due milioni di anni fa. Tale concordanza di tempi, rende possibile ipotizzare che la mutazione del gene del CMAH abbia avuto un ruolo specifico nell'aumento del volume del cervello.89 Comunque sia, tale ipotesi dimostra che una piccola causa (genetica) è in grado di generare grandi effetti (fenotipici).90 Infine, vale la pena di ribadire la necessità epistemologica di una corretta distinzione tra discorso scientifico e filosofico: inferire, dalla sottile distanza genetica tra l'uomo e lo scimpanzè (fatto scientifico) la non-specificità dell'uomo (affermazione filosofica) è un sofisma. Questa è la conclusione cui giunge un articolo su questo argomento: “Bisogna...diffidare di conclusioni pseudo- filosofiche che, secondo alcuni autori, deriverebbero dal lavoro dei biologi. Dedurre da questi che l'uomo è un nulla, un accidente non è “una conseguenza derivante dai fatti scientifici. Allo stesso modo, il carattere unico dell'essere umano non è messo in questione dalla piccola distanza genetica che lo separa dalla scimmia. Il valore attribuito ai fatti scientifici non deriva dalla scienza”.91 Limiti L'argomentazione precedente, per quanto pertinente, ha alcuni limiti. Oltre alla difficoltà relativa all'attuale mancanza di osservazione di operazioni propriamente sensitive dello zigote (l'organo nel suo agere), rimane la difficoltà della disposizione del soggetto (l'organo nel suo esse). L'obiezione relativa alla grande somiglianza tra i genomi del pongide e dell'uomo, sebbene non conclusiva, mostra la difficoltà di discernere nell'organizzazione individuata ed attiva dell'embrione unicellulare, il corpo preparato a ricevere l'atto dell'anima spirituale. Infatti, resta aperta la distanza tra la potenzialità iniziale e l'atto finale, a seconda della tesi sostenuta, i sostenitori dell'animazione immediata e quelli dell'animazione mediata metteranno sempre in risalto i primi l'organizzazione che è già presente e gli altri l'attualizzazione ancora mancante. Questa aporia nasce forse da un'accentuazione troppo unilaterale della psuché come forma. La Persona come Corpo Organizzato da uno Spirito Presentazione Finora, abbiamo considerato l'anima come causa formale: cioè, come atto del corpo umano. Ora, il principio dell'essere vivente esercita anche una funzione efficiente,92 e ciò nel prolungamento della forma, come spiega in termini più generali Michel Bastit: “La causa efficiente è distinta dalla causa formale in quanto determina quando può agire o quando agisce, ma si confonde con questa nel senso che l'efficienza è solo l'estensione esterna della causalità della causa formale già attiva nella causa efficiente”.93 Si può affrontare la questione dell'animazione dello zigote non più in funzione delle disposizioni del soggetto, ma del motore dello sviluppo dell'embrione. In altre parole, finora tutte le argomentazioni si sono basate sull'essere dello zigote, ma non hanno preso in considerazione il suo divenire e la causa. Credo che la concezione dell'ordine dinamico confermi in modo decisivo l'argomentazione dell'anima come forma del corpo. Sulla base di questa nuova prospettiva, il dibattito tra immediatisti e mediatisti può essere formulato in un altro modo: il processo che porta dallo zigote all'essere umano formato, con gli organi visibili, è, per i primi, un divenire accidentale, precisamente ciò che Aristotele chiama un movimento quantitativo di crescita, e, per i secondi, un divenire sostanziale, esattamente ciò che Aristotele chiama generazione di una nuova forma sostanziale, in questo caso una forma umana, accompagnata dalla corruzione di una forma che è sostanziale e sensitiva (o anche un doppio processo di generazione-corruzione in Aristotele e Tommaso). Ogni divenire richiede una causa. Nel caso del divenire sostanziale dell'essere vivente,

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tale causa deve essere un agente univoco. Cosa potrebbe essere? Detto in maniera più semplice, ogni divenire richiede una causa proporzionata. Ora, l'antropogenesi è un divenire. Quale sarà allora la causa motrice che attualizza il soggetto? L'imbarazzo è grande per Tommaso d'Aquino che segue molto fedelmente Aristotele. Vale la pena seguire la sempre rigorosa formulazione che fornisce l'Aquinate chiedendosi se il seme può essere la causa dell'anima animale: “Qualsiasi essere generante, genererà un essere simile a se stesso. Pertanto l'essere generato deve essere in atto nella causa che lo genera. L'anima sensitiva non è in atto nel seme, nè in tutto, nè in parte: poiché non c'è nessuna parte dell'anima sensitiva se non in una certa parte del corpo. Nel seme non c'è nessuna particella (particula) del corpo poiché nessuna particella del corpo viene dal seme o dalla sua virtù. Di conseguenza, l'anima sensitiva non è causata dal seme”.94 Una semplice lettura dell'obiezione dimostra come per la conoscenza dell'epoca, il seme non può contenere una particella del corpo. Sarà necessario tornare su questa necessità di una epigenesi totale, assoluta, senza alcuna pre- formazione. Rifiutando di accettare qualsiasi creazione dell'anima sensitiva,95 e non essendo in grado di basarsi su una capacità organicamente presente nel seme, Tommaso deve quindi ricorrere ad una vis activa, un'energia o potenza attiva che solo parzialmente sarà nel seme.96 Tale causalità è triplice: la causalità contenuta nel seme, il suo potere formativo risiede nel carattere spumoso dello sperma,97 “così come dimostra il suo biancore” (albedo). Tommaso parla anche di uno “spirito” (intellectus o spiritus) presente nel seme,98 ma il termine non deve trarre in inganno. Averroè spiega che se il Filosofo usa il termine spirito per designare la virtù presente nel seme, ciò va inteso in senso figurativo: ciò che è proprio dello spirito, è operare attraverso un organo; e il seme è privo proprio di organi.99 Ma questa causalità interna opera, di fatto, per delega: “La virtù attiva che è nel seme, derivata dalla stessa anima del generante, è una sorta di moto (motio) della stessa anima del generante”. Più precisamente, il seme è un agente strumentale mosso da un agente principale che è l'anima del generante, in questo caso, del padre. Il potere formativo dell'anima, “poiché si basa, come il suo soggetto, sullo spirito che il seme è adatto a sostenere, poiché è qualcosa di spumoso, esso comporta la formazione del corpo in quanto agisce attraverso il potere dell'anima del padre, al quale è attribuita la generazione come suo agente principale, e attraverso il potere dell'anima del concepito, quando l'anima è in lui”.100 Infine, Tommaso aggiunge una terza causa, seguendo Aristotele: il sole. Infatti, vediamo che attraverso il suo calore il seme è in grado di generare. Tutto il calore deriva dai corpi celesti come sua causa prima. Di qui il famoso detto di Aristotele: “Ciò che crea l'uomo è l'uomo più il sole”.101 Pertanto, sono tre le cause che concorrono alla formazione dell'anima sensitiva e sono coniugate secondo la gerarchia duale causa strumentale – causa principale, causa univoca – causa equivoca: a) l'agente strumentale, ossia il seme; b) l'agente principale, che è l'anima generativa del padre che agisce come causa univoca; c) l'agente equivoco, il sole.102 Perciò si comprende come, essendo la vis formativa solo strumentale, essa debba prendere le sue energie da una causa molto più potente: l'anima del genitore e i corpi celesti. Ma ciò che il seme guadagna in potere, lo perde in prossimità ed in immanenza. La filosofia può rimanere ad una tale visione se viene illuminata dalle nuove conoscenze sull'inizio degli esseri animati derivanti dalle scienze biologiche? Finora, la misteriosa vis formativa di S. Tommaso è stata identificata con le sorprendenti capacità presenti nello zigote e dimostrate dalla biologia. Questa è in parte nei cromosomi, ma, così come si sta capendo sempre meglio, è anche negli istoni, nel citoplasma e quindi in tutto lo zigote nella sua progressiva interazione con l'ambiente. Mentre Aristotele e, in seguito, S. Tommaso avevano bisogno della “vertu dell'atto generativo umano”, per usare le parole di Maritain, le scienze biologiche hanno reso immanente il processo dello sviluppo. La filosofia dell'essere vivente non può ignorare questo importante contributo che non può essere dedotto dalle nozioni comuni ed è assolutamente certo, indipendentemente da ciò che può provenire da una conoscenza distinta: ogni essere animato è una cellula o composto di cellule. Ogni cellula contiene un genoma portatore del programma di

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costruzione di tutto l'organismo e della coordinazione degli agenti ad esso preposti. Quindi sappiamo che, per quanto piccolo, lo zigote contiene in sé, nel suo nucleo, tutto ciò che diventerà. Bisogna tenere in considerazione la novità costituita da questa conoscenza, probabilmente l'informazione più decisiva che derivi dalle scienze biologiche e certamente la più insperata per l'epoca antica e il medioevo. In termini filosofici, le scienze biologiche hanno reso l'ontogenesi dell'essere vivente totalmente immanente. Aristotele aveva intuito che l'originalità dell'essere vivente consisteva nel suo moto autonomo; ma questo era inteso proprio dell'essere non compiuto (secondo lo Stagirita, la crescita era una delle tre operazioni tipiche dell'essere vivente), almeno del suo essere, già in possesso di organi funzionali visibili. Ma l'embriologia e la genetica hanno fatto tornare all'origine questa autonomia e, quindi, la capacità immanente di auto-organizzazione, comprendendo il moto autonomo nell'interezza del divenire. Pertanto, non risulta più necessario ricorrere a queste “stampelle”, a questi principi transitivi, esteriori che sono l'atto generativo e il cielo. La vis informativa è stata identificata: è il genoma. Ogni spiegazione fornita da Aristotele e Tommaso che non tiene conto della spontaneità propria dello zigote e dell'attività immanente deve essere ora rigettata. Si può affermare, inoltre, che oggi è stato spiegato il processo della causalità univoca esercitata dal vivente: il meccanismo efficiente e materiale – che per Aristotele risulta dall'osservazione che simile produce simile – è stato chiarito dalla genetica. L'azione parentale non ha bisogno di continuare nel seme attraverso un meccanismo che priva lo zigote della sua efficacia.103 Fino a che non è stata rivelata la presenza del genoma e la sua trasmissione attraverso i gameti (ossia finché non è stato possibile l'utilizzo di strumenti tecnici), l'ipotesi di un'azione continua dell'atto generativo, sebbene transitiva e a distanza, ha dimostrato di essere coerente. La conoscenza acquisita dalla biologia ha reso tale attività obsoleta: l'azione efficiente dei genitori si ferma quando si verifica la fecondazione. Allo stesso modo, lo zigote non è più uno strumento mosso dall'agente principale, che è l'anima del genitore. “Il fatto più importante”, scrive Elio Sgreccia in relazione allo zigote e alla formazione di un nuovo essere umano, “è che questo nuovo programma non è inerte, né è realizzato con l'aiuto degli organi fisiologici materni che usano il programma allo stesso modo in cui un architetto usa il progetto come modello passivo; ciò ha a che fare con un progetto nuovo che si costruisce da solo e di cui è l'artefice principale. Sebbene il sistema informativo di origine materna che ha portato l'ovulo alla maturazione rimanga attivo per un certo periodo di tempo, dal primo momento della fecondazione, i sistemi di controllo dello zigote entrano in azione e prendono completamente il controllo già ben prima dell'impianto”.104 Per dirla in termini simbolici: dando – lasciando – ai gameti il segreto della vita, i genitori offrono tutto l'essenziale al nuovo essere e gli concedono, in piena fiducia, la più grande autonomia possibile. Abbandonando ogni partecipazione diretta ed essenziale nella biogenesi, i genitori offrono al neoconcepito, da parte della madre, una calda e intima accoglienza che protegge e nutre e, da parte del padre, in modo più mediato, una protezione esterna, ma reale che è sempre una forma di amore. Per ritornare ad uno stile più ontologico, nella dibattuta questione De anima, Tommaso riprende la definizione aristotelica dell'anima: l'anima è actus corporis organici physici e aggiunge quia anima facit ipsum esse corpus organicum:105“L'anima è l'atto di un corpo fisico organizzato poiché l'anima rende il corpo organizzato”. In questo modo, l'anima non è solo il termine, ma anche il principio dell'organizzazione. In altre parole, l'anima come causa formale ha come proprio soggetto il corpo organizzato; ma come causa efficiente ha, come materia, il corpo da organizzare. Limiti Tale risposta non è sufficiente. Abbiamo visto che il concetto classico di strumento non tiene sufficientemente in considerazione la specificità dell'azione del genoma. Inoltre alcuni, non senza apprensione, vedranno risorgere in questo approccio il fantasma del vitalismo di Hans Driesch – e temeranno una logica circolare.106 Il DNA cromosomiale ha un ruolo essenziale nello sviluppo dell'essere umano sin dal concepimento. Ma, ancora una volta, è necessario contestualizzare il suo ruolo: esso rappresenta lo strumento privilegiato dello sviluppo, ma non è lo sviluppo. È il supporto materiale per l'informazione; non è l'informazione genetica (sistematizzata nel famoso codice che è

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stato quindi falsamente identificato con il DNA) e ancora meno l'informazione che è l'anima, principio dell'essere e dell'operare. Ancora, l'argomentazione suddetta, identifica implicitamente il genoma e lo zigote e lo isola astrattamente dal citoplasma. La cellula fecondata costituisce un tutto, una totalità vivente. Solo per dare un esempio molto recente, un gruppo di lavoro anglo-americano avrebbe appena dimostrato che lo spermatozoo, lungi dal donare all'ovocita solo i suoi cromosomi, trasferirebbe anche alcune parti di DNA messaggero, sei delle quali sono già state identificate.107 Infine, il genoma e il fenotipo (questa stessa nozione ha assunto molteplici significati secondo il grado di organizzazione considerato: cellulare, tissutale, organico, individuale) possono essere considerati in una relazione di potenzialità rispetto all'attualizzazione. Ma essi costituiscono anche due livelli di organizzazione e quindi di attuazione. Ora, questa differenza non è mai pensata come tale. L'osservazione di questo fatto inimmaginabile non richede forse una riflessione specifica o, addirittura, non manifesta un limite intrinseco all'applicazione della coppia atto-potenza nella comprensione della struttura dell'essere vivente e quindi non invita forse a un nuovo studio? Un ultimo approccio, che non è alternativo, ma complementare a quelli precedenti, permetterà, auspicabilmente, di eliminare queste aporie. La Persona come Centro Organizzatore Presentazione Facciamo un passo indietro e consideriamo non solo la relazione tra il genoma e il fenotipo, ma anche la relazione dello zigote nella sua totalità con l'embrione multicellulare che diventerà, fino a trasformarsi in corpo completo adulto. Per i sostenitori dell'informazione mediata, solo un corpo dotato di macroscopici organi funzionali è adatto a ricevere una forma spirituale. Qui sorge un duplice problema, qui esegetico e dottrinale. Innanzitutto il problema esegetico, qui si sollevano due questioni: Aristotele richiede che il corpo vivente animato sia organico, cioè organizzato. Per i filosofi greci, questa definizione richiede la presenza di organi, organi macroscopici che siano empiricamente identificabili e isolabili individualmente. Questa duplice identificazione è stata adottata dai Greci in poi fino al Medioevo e al Rinascimento. Ma le acquisizioni delle varie scienze biologiche obbligano ad una revisione profonda almeno da due punti di vista: da un lato, la struttura organica come attività fisiologica inizia ben prima che gli occhi possano percepirla. Abbiamo trattato sopra questo punto. D'altro canto, le attività funzionali dell'essere vivente non sono relazionate soltanto agli organi, ma anche a sistemi ubiquitari (sistema immunitario, nervoso, ormonale, vascolare). Pertanto, è ambiguo continuare a spiegare il termine organico come “dotato di organi” almeno se si interpreta in modo strettamente rigoroso la parola organo come principio di azione isolato e macroscopico. Inoltre, è stato dimostrato che il termine organico può essere inteso in un altro senso che non è più passivo, ma attivo: organizzatore. Il corpo sarebbe quindi sia già organizzato sia ancora da organizzare. Pertanto, l'anima non è più presente alla fine del processo (come causa formale), ma anche, necessariamente, all'inizio (come causa efficiente delle operazioni, ma anche della crescita). Ora il problema dottrinale. Per considerare la relazione esistente tra lo zigote e l'embrione, si può fare riferimento innanzitutto alle risorse della metafisica tradizionale. Sulla base dell'informazione fattuale derivante dal senso comune o dalla scienza, i sostenitori dell'animazione immediata e dell'animazione ritardata le interpreteranno a modo loro dando risalto ad un aspetto o ad un altro: a) in termini di causa intrinseca, gli immediatisti metteranno in maggiore evidenza l'attualità, mentre gli immediatisti la potenzialità; b) in termini di causa efficiente, i primi faranno riferimento alla nozione di divenire immanente e causa principale, i secondi al divenire transitivo (fare) e alla capacità di formare organi. Senza negare la validità delle categorie precedenti e la loro pertinenza nel chiarire la questione dell'identità dello zigote, ci potremmo chiedere se possa essere utile ricorrere alla fenomenologia.108 Non mi riferisco alla fenomenologia post-metafisica, ma a quella strettamente legata

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alla metafisica.109 Per dirla in breve, in modo anche caricaturale, la fenomenologia in questo senso costituisce un approccio ai fenomeni fisici (a fortiori del soggetto riflessivo), considerati nella loro immanenza, dati a se stessi, per esplorare le loro risorse e vedere come superino addirittura loro stessi, portando ad una fondazione intrinseca finita che non è affatto ridotta a una causa meccanica o ad un'apertura in cui la trascendenza è eliminata.110 Si tratta – o piuttosto si tratterebbe, dato che un tale sviluppo è ancora ampiamente inesplorato – non di una “metafisica alla seconda potenza”, come dice Blondel, ma di una “fenomenologia alla seconda potenza”. Nel quadro di questa fenomenologia alla seconda potenza (e, qui, della filosofia della natura), farei riferimento alla distinzione tra essenza ed emergenza come elaborata da Hans Urs Von Balthasar,111 il quale lungi dal lasciarla in una prospettiva solamente fenomenica, l'impregna di metafisica.112 E proporrei le ipotesi seguenti: il genoma è al fenotipo e lo zigote è all'organismo formato ciò che l'essenza è all'apparenza.113 Sviluppiamo questi due punti. Il genoma costituisce l'essenza, nel significato fenomenologico del termine, dell'essere vivente. Infatti, l'organizzazione fenotipica, morfologica esprime ciò che è nascosto, ma attualmente presente. Ora, la differenza non statica tra l'essenza e l'apparenza, ma dinamica tra l'essenza segreta, o misteriosa, e la figura (Gestalt),114 svelata nella manifestazione, appartiene all'essenza di uno stesso e unico evento dello sviluppo.115 Inoltre, le obiezioni hanno giustamente messo in evidenza il ruolo attivo del genoma: questo è un agente che, come un architetto, dirige le trasformazioni materiali e organizza le molecole presenti nel citoplasma in una totalità strutturata e funzionale. Infine, il genoma rappresenta un centro attivo. Come nota il Centro di Bioetica dell'Università di Milano rispetto allo zigote: “Il centro biologico o la struttura coordinante (il corsivo è mio) di questa nuova unità è il nuovo genoma (corsivo nel testo) di cui è dotato l'embrione unicellulare”.116 Si noterà che il testo parla di centro e non di centro coordinato, ma coordinante, evidenziando quindi il ruolo efficiente. Inoltre, negli eucarioti la macromolecola di DNA è situata in un punto chiamato nucleo. Inizialmente (1530), questo termine indicava la parte dura di un frutto, più tardi la parte compatta nel centro di un elemento naturale o artificiale e in seguito il termine è stato progressivamente introdotto in tutta l'area delle scienze naturali (astronomia, geologia, medicina, biologia, elettricità, fisica, meteorologia), delle scienze umane (psicoanalisi, linguistica), e anche delle tecnologie (nel quindicesimo secolo l'asse centrale di una scala; nel diciassettesimo, la parte piena di uno stampo).117 Infine, in senso figurativo, nucleo designa “un piccolo gruppo di persone” “che hanno fatto sorgere un gruppo più ampio” (1794) o che svolge “un'attività in un ambiente ostile” (1844). Per analogia, questo nucleusindica il centro, il luogo segreto e la fonte attiva che attesta la presenza ubiquitaria di questa logica figurativa in cui si svela l'essenza di un essere attraverso la mediazione del suo apparire. Ciò che è vero nella relazione tra genotipo e fenotipo è anche vero nella relazione tra zigote ed embrione nell'ontogenesi. Lo zigote si presenta come centro attivo da cui deriva tutto con ordine ed efficacia. La distinzione interno- esterno cessa di essere semplicemente simbolica o spaziale e diventa ontologica. Anche Angelo Serra è giunto a tale conclusione: “Il neoconcepito...è un individuo pienamente umano che, in modo autonomo, attimo dopo attimo e senza discontinuità,costruisce la sua stessa forma sviluppando, attraverso un'attività intrinseca, un piano progettato e programmato dal suo stesso genoma”.118 Da un tale punto di vista, la totalità è sigillata (nell'atto primo, non nella potenzialità) in questo frammento unico, che è il cuore, il centro. Questo costituisce allo stesso tempo l'essenza nascosta, la fonte di ogni manifestazione e la causa di ogni dinamismo. Ma è l'anima che muove il corpo. Di conseguenza, una prospettiva fenomenologica conclude a favore della presenza, sia motrice che manifestativa, dell'anima intellettiva nel cuore dello zigote.119 Conferme Questa ipotesi trova eloquente conferma nei dati scientifici, soprattutto embriologici. Infatti, il punto di partenza di questa disciplina è il problema seguente: “Ognuno di noi ha iniziato la propria vita come cellula, l'ovulo”, scrive Nicole Le Douarin. “In questo caso, per la specie umana, un piccolo corpuscolo

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di materia vivente di 100 mm di diametro”. “Questo pensiero suscita, quando ci si sofferma, incredulità e domande” – i Greci avrebbero detto, ammirazione e stupore. Da ciò deriva la questione fondamentale dell'embriologia: “Come può essere che da questa sola cellula isolata vengano fuori le parti del corpo di un adulto, costituite da diversi miliardi di cellule armoniosamente ordinate per formare organi diversi e complessi come il cervello, le membra, gli occhi o il volto?”.120 Come si può affermare meglio che lo zigote è la cellula fondatrice, il cuore da cui proviene tutto l'essere vivente? La biologia dello sviluppo ha progressivamente dimostrato che le cellule hanno preso vita non secondo una crescita continua, ma a partire da centri organizzatori, sorgenti di induzione, sorgendo in modo discreto e in un unico atto. Il primo di questi fu scoperto dal biologo Hans Spemann121 (che continuò gli esperimenti sulla regolazione fatti da Hans Driesch). Ma studi sperimentali hanno stabilito che l'organizzatore di Spemann è preceduto a monte da un centro ancor più primordiale, quello scoperto dall'embriologo olandese Pieter D. Nieuwkoop e che ora porta il suo nome.122 Inoltre, “è stato ora stabilito che il centro di Nieuwkoop si costituisce al momento della fecondazione”.123 Questa ipotesi non è così lontana dalla visione di Aristotele come potrebbe sembrare. Infatti, per lo Stagirita, il cuore è il principio dell'essere vivente. È primo cronologicamente: “Il cuore è la prima parte a differenziarsi ed esiste in atto”124 e ontologicamente.125 Mentre il principio primo (come il seme) contiene tutto l'essere vivente solo in potenza “nell'embrione, dove in un certo modo tutti gli organi si trovano in potenza”,126 questo principio è attualizzato e, per questo motivo, individualizzato in questo primissimo organo che è il cuore; inoltre, “esso contiene il principio della crescita”.127 Pertanto, per Aristotele il cuore è l'equivalente di ciò che più tardi per gli embriologi sarà il principio di organizzazione. Anche Rodolphe Kempf giunge a tale conclusione in un articolo in cui paragona Spemann ad Aristotele su questo punto, affermando che si è autorizzati a vedere nel centro organizzatore l'analogia contemporanea del cuore nella teoria aristorelica. Egli spiega: “Il filosofo vede le sue idee più importanti confermate dalla scienza contemporanea: la morfogenesi animale usa un centro poiché un animale è fondamentalmente un individuo centralizzato”.128 Questo centro organizzatore è la causa strumentale, mossa dall'anima spirituale, della costruzione e manifestazione della totalità. Pertanto, bisogna affermare (e distinguere) una duplice stratificazione fenomenica. Secondo la prima, la realtà visibile (qui il corpo vivente organizzato, ma già la struttura dello zigote), esprime, rivela una realtà invisivile (in questo caso, lo spirito che anima). Questa prospettiva più classica129 non è quella sviluppata qui, anche se è implicitamente presente. La seconda stratificazione è interna ai corpi: la stessa struttura somatica verifica questa logica dimostrativa e, ancora una volta, a livelli diversi: il nucleo si esprime nell'organizzazione della cellula; la cellula iniziale e iniziatrice, lo zigote, è il centro e la fonte di tutta l'architettura del corpo. Infine, quando l'organismo si è già aperto, sviluppato, si dota di alcuni centri parziali di organizzazione (Nieuwkoop's, etc.). La realtà sembra dunque obbedire ad una logica di costruzione fenomenica e ciò secondo un processo di imbottigliamento in bambole russe, che i frattali cercano di sistematizzare. Comunque sia, un essere vivente si costituisce a partire da una realtà nodale o nucleare o cordiale130 che presenta la quadruplice caratteristica: geografica, di essere centrale; storica, di essere originale; dinamica, di essere fontale; e fenomenologico-ontologica, di essere l'essenza misteriosa che si esprime, senza mai esaurirsi, nella totalità organica.131Ora, abbiamo appena visto che la fenomenologia metafisica rende significativa la distinzione interno- esterno/essenza-figura. Essa, dunque, valorizza la capacità morfologica dell'embrione e considera la membrana molto più che una frontiera esterna: è la manifestazione esteriore che un essere vivente si dà a partire dalla sua intimità.132

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Alcune Risposte Gemelli omozigoti L'argomento dei gemelli omozigoti confonde l'individualità con l'indivisibilità: un individuo è caratterizzato dalla sua individualità (in atto), non dalla sua indivisibilità (in potenza). Inoltre, la formazione di gemelli omozigoti è presentata come la divisione in due parti di un embrione. La maggior parte delle volte, invece, si tratta della separazione di un blastomero da tutti gli altri. Pertanto non è un embrione che si divide in due, ma un embrione che nasce dall'altro. Se dovessimo riferirci ad un'immagine, potremmo fare riferimento alla ricca simbologia biblica della nascita di Eva da una parte del corpo di Adamo (la costola, metafora del cuore, è una parte significativa della totalità). Vincent Bourguet ha proposto la seguente precisazione: “Invece di dire che uno diventa due, bisognerebbe dire che lo zigote originario rimane dopo la separazione in uno dei due gemelli”.133 Due cose, poi, inducono in errore. La prima è lo stesso termine gemello. Esso implica la perfetta uguaglianza o convertibilità tra i due embrioni, mentre si tratta piuttosto di un processo di filiazione (asessuale, ma non partenogenetico). Questo termine, che nasce dal riassemblamento morfologico, è stato erroneamente riferito all'origine. La seconda cosa consiste nel breve periodo di tempo che intercorre tra la formazione del primo e del secondo gemello, che tende ad essere trascurato in relazione a tutto l'arco della vita. Tale differenza risulta essere notevole se considerata a livello non cronologico, ma ontologico: uno degli esseri non è l'origine, bensì all'origine – corporea – dell'altro. Ciò è messo in evidenza da un indizio: se sono necessari alcuni giorni per passare da 1 a 64 cellule, immaginiamo per un adulto. Infine, Philippe Caspar ha dimostrato, a mio parere in modo definitivo, una delle principali origini storiche della confusione concettuale tra individualità e indivisibilità: la metafisica della monade di Leibniz. Per fare solo un esempio, esiste un sorprendente legame, non solo concettuale ma anche verbale, tra la teoria di Leibniz e quella di Jean-François Malherbe e di Edouard Boné: “Per individuo intendo un essere che distrugge la sua stessa scissione e la cui fusione con un altro essere è impossibile”.134 Infatti, Leibniz ha bloccato i concetti di individuo monadico e di indivisibilità: secondo il principio degli indiscernibili, non possono esistere due individui assolutamente identici. Ora, due gemelli omozigoti sono geneticamente identici perciò non possono esistere: “una sostanza non può essere divisa in due, né da due può derivarne una”.135 Cellule totipotenti La totipotenzialità può essere interpretata in due modi opposti: come una indeterminazione indifferenziata, come da obiezione, oppure come una riserva al servizio del bene dell'embrione. È questa seconda linea interpretativa che si rivela vera, come ha dimostrato il famoso embriologo Pedersen: il processo di sviluppo richiede che l'embrione, ai primissimi stadi, sia in grado di accettare modifiche del programma e di imporle alle cellule che sono già differenziate nell'interesse della totalità che si sta formando.136 Inoltre, la recente scoperta della presenza di cellule pluripotenti nell'adulto (chiamate cellule staminali) è a favore della seconda ipotesi. Esse servono a riparare gli organi malati. Per esempio, un gruppo svedese ha dimostrato che cellule staminali del sistema nervoso erano in grado di formare un cuore normale.137 Alla luce di questa obiezione, che ricorre quasi quanto quella dei gemelli omozigoti, mi domando se non dovremmo interrogarci sul concetto di potenzialità e attualità alla luce delle nuove nozioni introdotte dalle scienze biologiche. In un'espressione, all'atto come potere sulla potenza o potere sotto di essa. Quindi, l'indeterminazione delle cellule totipotenti costituisce una potenzialità su cui l'anima può esercitare il proprio dominio, il proprio atto: l'atto non è una imperfezione in attesa di determinazione, ma una perfezione, una fonte di determinazione.138 L'embrione come essere di relazioni e parole L'argomento deriva dal sofisma del pesce rosso: togli l'acqua dal contenitore e il pesce morirà; se rimetti l'acqua non necessariamente il pesce tornerà a vivere. Così il cervello è la condizione del

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pensiero, non la sua causa. Come ha notato anche il grande biologo Pierre-Paul Grassé, “si è preteso che l'embrione non fosse uomo finché non avesse acquisito il sistema nervoso. Non è nulla. Tale acquisizione, che si realizza ad uno stadio precoce della vita embrionale, non cambia la natura dell'essere che è già dotato di tutte le potenzialità della sua specie. Essa non aggiunge nulla all'embrione, neanche la coscienza, che apparirà solo dopo la nascita”.139 Fondamentalmente, coloro che obiettano si basano sul carattere non-significante della vita umana; essi postulano che l'unica fonte di significato sia lo spirito.140 Un tale concetto risale alla separazione tra natura e spirito, caratteristica dell'eredità galileiana-cartesiana. Inoltre, l'obiezione riduce eccessivamente la comunicazione tra madre e zigote allo scambio di nutrimento e informazioni. L'ambiente e il contenitore non sono estrinseci al contenuto, in questo caso l'essere vivente, se non in una riduzione geometrica da luogo a spazio. La madre dà allo zigote più del nutrimento e dell'informazione: la calda amorevole protezione del suo corpo, il luogo protettivo, segreto nascosto, la comunicazione delle sue intime emozioni, a partire dalla sua gioiosa accettazione della maternità, etc. Lungi dall'essere solo fisico e fisiologico, questo avvolgimento riveste una funzione sensibile ed anche realmente spirituale dato che riguarda sia il corpo che i tre gradi della vita.141 Senza entrare nella valutazione dettagliata dell'approccio all'ipseità proposto da Ricoeur, ci potremmo chiedere se, volendo esorcizzare i rischi dell'ontologizzazione o anche della biologizzazione dell'identità-idem, egli non cada nell'errore simmetrico – svalutando troppo la continuità corporea, l'origine spirituale di ogni essere umano e non vedendo quanto presuppone la narrazione e quanto si adegui a questi fatti primordiali. Errore basato sulla dicotomia post-cartesiana della natura e della libertà e da una disperata assenza di riflessione metafisica.142 Il riconoscimento da parte di altri Per l'umanizzazione del nuovo essere è essenziale che questo sia riconosciuto dai suoi genitori, soprattutto dalla madre. Quando ad un bambino non si parla o non gli si danno segni d'amore, si produce una deprivazione affettiva che può portare alla morte.143 L'obiezione, quindi, indica una verità che non sarà mai sottolineata abbastanza e che può essere riassunta in una formula drastica: solo alcuni bambini sono adottivi; tutti i bambini invece devono essere adottati da un atto di riconoscimento genitoriale.144 Tale riconoscimento, tuttavia, presuppone i sensi, non li costituisce. Non è per il fatto di essere accettato dai genitori che l'embrione è un uomo, ma per il fatto che l'embrione è uomo che nei genitori nasce la questione della sua accettazione. È ciò che il fondatore della maternologia ha affermato in diverso modo: “Il bambino non proviene dal pensiero, a meno che non si abbandoni alla carne, se si fa carne. Ogni manipolazione mentale o genetica si ritorce contro la carne; ogni apertura dello spirito alla carne lo conduce fino alla sorgente dove nasce la vita. E la vita ritorna alla carne. La vita non esce dal laboratorio, sarebbe solo vita, non un essere vivente. La vita ritorna alla carne anche se è divenuta spirito – e lo spirito si ritempra nella sua sostanza che non è il pensiero, ma la sensazione a partire da cui può pensare, la sua immersione nel sogno che rende possibile la carne, l'unione delle carni”.145 Infine, l'obiezione afferma in pratica ciò che nega in teoria. Nessun biologo coerente costruirebbe la propria obiezione o la deciderebbe attraverso un atto verbale. Nella sua pratica biologica, René Frydman sa che i gameti umani e gli zigoti che si presentano all'occhio del suo microscopio obbediscono a leggi specifiche e che se lui le trasgredisse, non osserverebbe nulla e, al di là di ogni valutazione etica, non otterrebbe alcuna fecondazione in vitro. Il numero degli aborti spontanei L'argomento è fallace dal punto di vista scientifico. Il numero degli aborti spontanei è stato sopravalutato per lungo tempo (come molti altri autori, Patrick Verspieren parla di metà, senza citare le sue fonti). Di 198 concepimenti diagnosticati attraverso test basati sull'HCG, A.J. Wilcox e il suo gruppo ne individuano 155 come gravidanze clinicamente identificabili e 136 come portate a termine.146 Inoltre, oggi sappiamo che gli aborti spontanei non sono random, eventi arbitrari. Molti

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aborti precoci sono legati ad anomalie non viabili. Perciò, un embrione abortito naturalmente è un organismo non sufficientemente adatto o anche resistente all'animazione. Una poliploidia, ad esempio, è incompatibile con l'identità umana. “Si sa – afferma Anne MacLaren – che nella nostra specie (umana) è molto alta l'incidenza di anormalità cromosomiche”, molto più rispetto ad altre specie animali conosciute, “e non sappiamo perchè”.147 L'errore è anche filosofico. Ammettiamo che gli aborti spontanei siano frequenti, o anche che le cause possano non essere patologiche. Tuttavia, la loro frequenza li rende naturali? Questa è una proprietà o un accidente, non l'essenza della naturalità di un processo. Un processo è considerato naturale perché orientato verso un completamento: l'acquisizione di una determinazione, ciò che Aristotele chiamerebbe una forma.148 L'aborto spontaneo è per definizione la scomparsa di un essere, quindi la privazione di una determinazione. Inoltre, esso rappresenta un fallimento. Il fallimento si verifica per accidente: per definizione, esso è al di fuori dell'ordine intenzionale. Ma la natura è principio di movimento per sè, non per accidente.149 Di conseguenza, a rigore non si può affermare che un aborto spontaneo sia naturale.150 Certamente, l'uso attuale del termine naturale si è gradualmente identificato con spontaneo, nel qual caso risulterebbe ridondante, pleonastico per descrivere un aborto spontaneo come naturale. Ma nel suo senso pieno, rigoroso, naturale indica una logica intima presente negli esseri fisici, e la nota polisemia di questo epiteto rischia di condurre ad un pericoloso cambiamento di significato. Inoltre, questo fatto presumibilmente naturale ancor meno può essere usato come base per una sua imitazione. La necessità di un corpo organizzato Nel corpo del testo si è ampiamente risposto a questo argomento, perciò non ci ritorneremo. Vorrei solo aggiungere un'osservazione di carattere psicologico: il blocco tra organizzazione e presenza di organi identificabili non rappresenta un'ulteriore offesa all'intelligenza da parte di un monismo metodologico, cioè, di una polarizzazione esclusiva su un tipo di approccio a ciò che è reale? Infatti, uno zigote può essere considerato da un punto di vista genotipico o fenotipico rispetto alla sua morfologia macroscopica finale (non ho detto completa) o rispetto alla sua morfologia microscopica iniziale (non ho detto abbozzata). È significativo che Aline Lizotte non adotti, o approcci, il punto di vista genetico e che nemmeno a titolo di obiezione affronti la questione dello status dell'organizzazione del genoma (sul duplice piano strutturale e operativo).151 Vince Bourguet – come Philippe Caspar – ha giustamente criticato proprio il privilegio indebito attribuito ai criteri morfologici ed anatomici. Sebbene egli non fosse in grado di distinguere l'aspetto morfologico (essere) e fisiologico (agire) presente nei termini organizzazione e organo e l'importanza che Aristotele dà al secondo, in nome della sua definizione di natura come principio interno di operazione, Vincent Bourguet ha giustamente evidenziato la confusione tra umano e adulto: “Un individuo può appartenere alla specie umana senza avere alcuna proprietà morfologica dell'adulto”. “È il caso dello zigote. Esso non è un essere umano potenziale, è un essere umano attuale con la potenzialità di essere adulto”. Rovesciando l'interpretazione classica, l'autore pensa che bisogna lasciarsi informare dal caso del vivente umano su ciò che è l'individualità piuttosto che applicare a questo la nostra concezione più generale dell'individualità: “Lo studio dell'uomo ci insegna che egli esiste inizialmente in forma di una cellula, poi di più cellule chiuse da una membrana, questo ci sembra essere l'insegnamento della biologia sull'uomo. Un essere umano passa attraverso ordini differenti di realtà, dall'elementare al complesso e alla coscienza ed è questa traiettoria ascendente attraverso cui passa l'uomo che definisce la sua individualità”.152 Per guarire l'intelligenza da questo unilateralismo o, in ogni caso, per favorire un dialogo tra le due prospettive, non è necessario recuperare la capacità di stupirsi di fronte alla prodigiosa organizzazione dell'embrione? Il filosofo Malebranche, nel suo coltivare assiduamente la scienza ha provato questo quando ha osservato la formazione di un pulcino nell'uovo: “Sì, Ari, l'uovo è opera di una intelligenza infinita”.153 “Il processo di sviluppo embrionale”, dice Wolpert, “è uno dei problemi più eccitanti della biologia moderna”.154 Inoltre, gli avanzamenti nelle scienze biologiche negli ultimi 150 anni ci hanno

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impedito di dissociare la nostra prospettiva strutturale e fisiologica dell'essere vivente dal suo approccio storico (che non ha nulla di storicistico). La storia ci insegna l'importanza decisiva dell'inizio. Allo stesso modo, le scienze del vivente ci portano a stupirci davanti a questi inizi che non solo sono molto ricchi di promesse, ma anche di contenuti attuali: “L'unità dell'origine di tutte le cellule di un metazoo hanno più importanza della loro attuale molteplicità”, ha affermato Georges Canguilhem. “L'origine del metazoo è l'uovo; quella cellula unica iniziale che si è divisa, non alcune cellule preesistenti che si sarebbero raggruppate”.155 Il fatto che l'essere vivente non sia costituisca per agglomerazione, ma per crescita interna, non evidenzia la ricchezza insondabile dell'origine? Conclusione In ogni epoca, l'uomo è stato impressionato dallo straordinario sviluppo che si verifica dalla fecondazione alla nascita. Oggi, tuttavia, le scienze non ci permettono di vedere questo sviluppo solo come un passaggio dalla potenza all'atto. Già dall'inizio è un essere straordinariamente organizzato e attivo, in altre parole, un essere in atto. Non è una persona potenziale, ma una persona con un potenziale. Alcuni anni fa, un Presidente della Repubblica francese affermò che il ventesimo secolo era il secolo della biologia.156 Ci auguriamo che il ventunesimo secolo sia il secolo di una filosofia della biologia in grado di renderne conto in modo soddisfacente. Come Cristiano, aggiungerò una parola: dalla creazione del mondo, l'unica vera e assoluta novità – parlo di novità nell'essere, non nell'operare – è l'essere umano. Dopo che Dio, attraverso la sua Parola creatrice, fece l'universo dal nulla, ma ancora di più dal suo amore, Egli non è intervenuto direttamente, immediatamente per creare un nuovo essere prima della formazione del primo uomo. Ed Egli agisce, muove, se posso dirlo, attraverso ogni embrione che inserisce nella trama dell'universo e dell'umanità. Questo per dimostrare la sua importanza e il suo valore.

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1. Per i dettagli sugli argomenti e i riferimenti mi permetto di rinviare a: Ide P., Le zygote est-il une

personne humaine?, Paris: Téqui, 2004. 2. Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum Vitae, I, 1, AAS 1988, 80: 79. Come noto,

questo passaggio fondamentale è citato da Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae (25 marzo 1995), n. 60.

3. Jones H.W., Ethics of in Vitro Fertilization: 1984, in Vitro Fertilization and Embryo Transfer, Annals of the New York Academy of Sciences 1985, 442: 577-582. In questo articolo l'autore presenta l'argomento principale.

4. La teoria della cosiddetta cariogamia si trova in Dawson K., Fertilization and Moral Status: a Scientific Perspective, in Singer P. (ed.), Embryo Experimentation, Cambridge, 1990: 43-52.

5. Ethical Advisory Board (DHEW), HEW Support of research involving human in vitro fertilization and embryo-transfer, Washington: US Government Printing Office, 1979. Per il DHEW, l'impianto uterino è completo al 14ogiorno.

6. Il famoso Rapporto Warnock (Warnock Committee, Report of Inquiry into Human Fertilization and Embryology, London: Her Majesty's Stationery Office, 1984) giustifica l'uso dell'embrione umano a scopo di ricerca fino a questa data, ma senza fare riferimento ad alcun argomento preciso. Tuttavia, l'argomento della linea primitiva è trattato da un membro del Comitato Warnock, la dottoressa Anne McLaren, di cui si parlerà in seguito.

7. L'argomento basato sulla formazione della linea primitiva si trova nella Commissione Waller in Australia: nel corso di questa formazione, si afferma, la differenziazione dell'embrione diventa evidente (Committee to Consider the Social, Ethical and Legal Issues arising from in vitro fertilization, Waller L., Report of the embryos produced by in vitro fertilization, Melbourne, 1984). “Il sorgere della stria primitiva è il segno che si è formato ed ha iniziato a vivere un embrione in senso proprio, un individuo umano. Prima di questo stadio, parlare della presenza di un essere umano ontologicamente reale, non avrebbe senso” (Ford N.M., When did I Begin? Conception of the Human Individual in History, Philosophy and Science, Cambridge: Cambridge University Press, 1988: 168)

8. Questa è l'opinione difesa dal sacerdote domenicano Pastrana G., Personhood and the beginning of human life, The Thomist 1977, 41: 247-294.

9. A partire da questo stadio, non si parla più di embrione, ma di feto. Tuttavia, come spiegherò, non faccio uso di questa distinzione, così come non distinguo tra embrione e pre- embrione per motivi analoghi.

10. Goldenring J.M., The brain-life theory: towards a consistent biological definition of humanness, Journal of Medical Ethics 1985, 11: 198-204. “La vita umana può essere vista come uno spettro continuo dall'inizio della vita cerebrale in utero (8 settimane di gestazione) fino alla morte cerebrale. In ogni circostanza, possono essere presenti tessuti e sistemi di organi, ma senza la presenza di un cervello umano funzionale, essi non possono costituire un essere umano, almeno nel senso medico dell'espressione”.

11. Korein J., Ontogenesis of the Fetal Nervous System: the Onset of Brain Life, Transplantation Proceedings 1990, 3: 82.

12. Comité Consultatif National d'Ethique Français pour les Sciences de la Vie et de la Santé (CCNE), Avis sur les prélèvements de tissus d'embryons ou de fœtus humains morts à des fins thérapeutiques, diagnostiques et scientifiques (22 maggio 1984), in CCNE, Avis de recherches sur l'embryon, Arles: Actes Sud/Inserm, 1987: 11-31; p. 13. Precedentemente, secondo la formula divenuta celebre, “l'embrione o il feto deve essere riconosciuto comepersona umana in potenza” (Ibid., p. 15, corsivo mio).

13. Secondo l'esegesi di Bourguet V., L'être en gestation. Réflexions éthiques sur l'embryon humain, Paris: Presses de la Renaissance, 1999: 167. Sulla critica di tale concetto, cf. pp. 167-195.

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14. Questa, per esempio, è la posizione di Engelhardt che richiede la presenza di attività razionale che implica l'autocoscienza e la capacità di comunicare (Bondeson W.B., Engelhardt H.T., Viability and the Use of the Fetus, Abortion and the Status of the Fetus, Philosophy and Medicine 1983, 13: 184-191).

15. Cf. il quarto argomento a seguire. 16. Cf. Mori M., Aborto e morale, Milano: Il Saggiatore, 1996. 17. Thévenot X., Le statut de l'embryon, Projet. Vers la procréatique, 1985, 195: 45-56. 18. Mi riferisco alla presentazione fatta in questo stesso volume dalla prof. Sica G., Lo sviluppo

dell'embrione preimpiantatorio. Per essere più precisi, bisogna fare una distinzione tra la totipotenza dei blastomeri considerati separatamente – secondo le osservazioni, essa scompare dopo lo stadio di 8 cellule – e la potenzialità della blastocisti, quindi dell'embrione considerato nella sua totalità – che, d'altro canto, rimane per 15 giorni (da cui l'apparizione tardiva di gemelli).

19. Come si può vedere, tale argomento può assumere varie forme, a seconda del criterio utilizzato. Questo è il motivo per cui alcuni, come Peter Singer, mettono in evidenza la capacità di soffrire (cf. Singer P., La libération animale, Parigi: Grasset, 1993: 37) traendone conclusioni etiche (Id., Pratical Ethics, Cambridge: Cambridge University Press, 1993; Id., Questions d'éthique pratique, Paris: Bayard, 1997).

20. “Da un punto di vista ontologico, l'embrione prima dei 5 mesi è il corpo di un essere in cui è assente la coscienza, la ragione, l'intelligenza, la memoria, la capacità di entrare in relazione con se stesso, con gli altri e col mondo, tra queste vie vi è un'innegabile relazione. Per quanto riguarda l'umanità, entrambi derivano più dal nulla che dall'essere, essi fluttuano ciecamente nella vita, ma non ancora, o non più, nell'umano” (Onfray M., Féeries anatomiques.Généalogie du corps faustien, Paris: Grasset, 2004).

21. Ricoeur P., Soi-même comme un autre, Paris: Seuil, 1990, cinquième étude: L'identité personnelle et l'identité narrative.

22. Ibid., sixième étude: Le soi et l'identité narrative. 23. “L'embrione non è un fuorilegge”, L'Express (19 novembre 1992). Cf. la stessa proposta di

Frydman R., Dieu, la médecine et l'embryon, Paris: Odile Jacob, 1997: 79-107. 24. Fagot-Largeault, e Delaisi De Parseval, parlano di “due ovuli fecondati su tre” che “muoiono nel

corso delle prime 6 settimane” (Fagot-Largeault A., Delaisi De Parseval G., Qu'est-ce qu'un embryon? Panorama des positions philosophiques actuelles, Esprit, 1989, p. 95).

25. Raner K., À propos du problème de la manipulation génétique. Ecrits théologiques, tom. XII, Problèmes moraux et sciences humaines, Paris: DDB-Mame, 1970: 80.

26. Esattamente dopo il noto articolo di Donceel F., Immediate Animation and Delayed Hominization, Theological Studies 1970, 31: 76-110.

27. Questa è la posizione costante di Lizotte: “Sembra difficile affermare che nell'embrione nei primi giorni, quando è ancora solo un blastomero o una morula, sia presente un'anima umana la cui funzione principale sia intellettiva e volitiva. L'embrione non sembra avere, anzi ne sembra lontano, l'organizzazione di materia sufficiente per agire come supporto strumentale e organico per queste operazioni della vita intellettiva. – C'è bisogno di un cervello per pensare!” (Lizotte A., Réflexions philosophiques sur l'âme et la personne de l'embryon, Anthropotes 1987, III(2): 155-195; p. 156) “perciò lo zigote non ha la potenzialità per operazioni sensibili poiché non ha ancora un'organizzazione neuronale, e questa privazione rappresenta un ostacolo importante che rende impossibile l'operazione” (Ibid., p. 186). “La materia non è solo forma potenziale, in atto primo (entéléchéia), essa è operazione potenziale (énergéia). Se l'anima deve essere l'atto primo di questa triplice causalità (formale, efficiente e finale), allora non solo la sua presenza è necessaria per vivificare la materia: la materia deve anche essere in grado di compiere le operazioni per le quali è stata animata. Come insegna Aristotele, le facoltà o i poteri attraverso

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cui l'anima opera non può esistere prima del corpo, strumento di questo operare. Quanto all'intelligenza, essa non compie i suoi atti attraverso un organo. Tuttavia, rimane il fatto che essa ha bisogno dell'attività dei sensi per agire e, come aggiungerebbe Tommaso, i sensi devono aver raggiunto la loro massima perfezione per servire l'anima razionale. Se l'anima è la causa formale, essa deve essere l'atto primo di un corpo con vita potenziale; un corpo con un'organizzazione sufficiente da essere immediatamente capace di operazione” (Ibid., pp. 179-180). Corsivo nel seguito. L'autore cita Tommaso d'Aquino, Q. D. De Anima, q. un., a. 8 e In Aristotelis Librum De Anima Commentarium, L. II, l. 2, n. 240; cf. Kreits., Introduction à Saint Thomas d'Aquin. Bref résumé de la foi chrétienne. Compendium theologiae, Paris: Nouvelles Editions Latines, 1985: XVI.

28. Mathonat B., Le début de la vie humaine chez Saint Thomas, Cahiers de la Faculté Libre de Philosophie Comparée 2000, 59: 79-114; pp. 104-107. Questo argomento è in accordo con quanto sviluppato da Shea, dove, nella vita embrionale, l'attività cerebrale rende possibile il passaggio dal livello cellulare, che è frammentato, al livello olistico o unificato. Infatti, il cervello realizza l'unificazione dei vari organi e tessuti in un unico individuo umano (Shea M.C., Embryonic Life and Human Life, Journal of Medical Ethics 1985, 11: 205-209). Ora, un essere umano è necessariamente unificato. Pertanto bisogna aspettare che emerga l'attività cerebrale per essere davanti ad un vero embrione umano.

29. L'autore, prudentemente e solo in una nota, specifica un lasso di tempo in cui l'anima umana sarebbe infusa: “Tra la terza e la quarta settimana, cioè tra il 21o e il 28o giorno” (Ibid., nota 67: 107). Non vengono forniti argomenti precisi. In ogni caso, sia nelle tesi di Benedicte Mathonat sia in quelle di Aline Lizotte, gli unici fatti scientifici menzionati appartengono all'ambito dell'embriologia, quindi alla morfologia visibile degli organi.

30. Mathonat, Le début de la vie..., pp. 110-112. 31. Sul solo piano somatico, per lungo tempo il neonato è stato “affare degli ostetrici, delle levatrici

e delle madri. Il pediatra interveniva solo più tardi”, ha affermato il fondatore della neonatologia, Relier (Relier J.P., L'aimer avant qu'il naisse. Le lien mère-enfant avant la naissance, Paris: Robert Laffont, 1993: 19).

32. Bellieni C.V., L'alba dell'io. Dolore, desideri, sogno, memoria del feto, Firenze: Società Editrice Fiorentina, 2004. Lo stesso titolo fa riferimento ad un classico della percezione fetale e neonatale: Herbinet E., Busnel M.C. (a cura di),L'aube des sens, Paris: Stock, 1981.

33. Astelli-Hidalgo N., Sauver ce qui était perdu et le fruit de tes entrailles. La guérison des blessures reçues dans le sein maternel, Paris-Fribourg: Saint-Paul, 1993. Cf. i chiarimenti di Hennaux J.-M., La guérison des souvenirs et des blessures reçues dans le sein maternel, Nouvelle revue théologique 1997, 119(1): 65-84.

34. Bayle B., Introduction à l'étude de la scène conceptionnelle contemporaine, Université de Marne- la-Vallée, 1997; Id., Embryon sur le divan. Psychopathologie de la conception humaine, Médecine et psychothérapie, Paris: Masson, 2003; Id., L'enfant à naître. Conception, grossesse et gestation psychique, Vie de l'enfant, Paris: Érès, 2005.

35. Boltanski L., La condition fœtale. Une sociologie de l'engendrement et de l'avortement, Paris: Gallimard, 2004.

36. Colombo R., La vulnerabilità nella ricerca biomedica. Il caso dell'embrione umano, in Vial Correa J., Sgreccia E. (a cura di), Etica della ricerca biomedica per una visione cristiana, Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2004: 217-244.

37. Hennaux J.-M., Le droit de l'homme à la vie de la conception à la naissance, Bruxelles: IET, 1993: 28.

38. Devo questa vivida analogia a Benoit Laplaize che vorrei, qui, ringraziare. 39. Cf. per ulteriori dettagli, Ide, Le zygote est-il une...

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40. Cf. su questo argomento gli utili chiarimenti di Ricoeur nel dialogo, mancato, con Changeux (Ricoeur P., Ce qui nous fait penser. La nature et la règle, vol. I, Une recontre nécessaire, Paris: Odile Jacob, 1998).

41. Cf. Blondel M., L'action, vol. II, L'action humaine et les conditions de son aboutissement, Paris: P.U.F., 1963: 104-123; Id., L'Action. Essai d'une critique de la vie et d'une science de la pratique, Paris: Alcan, 1893: 51-86.

42. Ibid., p. 122. 43. Ibid., p. 451. 44. Cf. per esempio De Koninck C., Les sciences expérimentales sont-elles distinctes de la

philosophie de la nature?, Culture 1941, II(4). Sviluppato da Boyance M., Le savant et le philosophe. Notes sur la connaissance commune.Actualité de la philosophie, Paris: Nouvelles Editions Latines, 1989: 61-80.

45. Aristotele, Physiques, L. I, ch. 1, 184 a 16-b 14, Paris: Les Belles Lettres, 1990: 29-30. Ricordiamo che secondo Heidegger, il cap. 1 del Libro I della Fisica, rappresenta “l'introduzione classica alla filosofia; ancora oggi essa rende superflue intere biblioteche di opere filosofiche. Chiunque abbia compreso questo capitolo, rischia di fare il primo passo sulla strada del pensiero” (Heidegger M., Le principe de raison, Paris: Gallimard, 1962: 153). Cf. il commento al Prologo fatto da S. Tommaso d'Aquino, Physiques d'Aristote, L. I, l. 1, nn. 6-11, Torino: Marietti, 1965: 4 a 6. Cf. il rimarchevole articolo di sintesi: Id., Summa Theologiae, Ia, q. 85, a. 3.

46. Ide, Le zygote est-il une..., pp. 80-95. 47. Blondel M., La pensée, vol. II, Les responsabilités de la pensée et la possibilité de son

achèvement, Paris: Alcan, 1934. 48. Cottier G., L'embryon humain et l'âme spirituelle, Nova et Vetera 2001, LXXVI(4): 35-51; pp.

48-49. 49. Bernier R., L'ontogenèse de l'individu: ses aspects scientifiques et philosophiques, Archives de

philosophie 1991, 51(1): 33; p. 38; Huarte J., L'individualité de l'embryon humain, Bioéthique 1991, II(5): 248. Diversi studi di biochimica hanno dimostrato che il numero di differenze tra proteine appartenenti a due individui della stessa specie di vertebrati, in questo caso della specie umana, arriva a 6,700. La diversità genetica è dunque identica. Di conseguenza, ogni cellula staminale nel corso della meiosi può produrre 26,700 gameti diversi, oppure 102,017: cioè, 1 seguito da 2,017 zeri! Ora, sulla Terra vivono 6 miliardi (6 x 109) di esseri umani, e si stima che, prima dell'apparizione dell'homo sapiens, ce ne fossero 80 miliardi. Inoltre, gli astrofisici calcolano intorno a 1080 il numero delle particelle stabili che compongono l'universo esistente. Conseguentemente, la probabilità che esistano due individui umani geneticamente identici è talmente bassa che è praticamente impossibile, ma non c'è neanche sufficiente materia nel cosmo per fabbricare il numero totale di cellule sessuali differenti possibili.

50. Ide P., La nature humaine, fondement de la morale, handicap, clonage...La dignité humaine en question, Paris: Éd. de l'Emmanuel, 2004: 79-155, qui pp. 142-153.

51. Bourgois É., La bioéthique pour tous, Paris: Le Sarment, 2001: 191. 52. Milliez J., Le quotidien du médecin, 1999: 29. 53. Perciò alla domanda interro-negativa – chiusa, pertanto, a priori – posta dall'Istruzione Donum

Vitae e ricordata all'inizio di questo intervento, “come un individuo umano non sarebbe una persona umana?”. La risposta è certamente affermativa, ma grazie alla mediazione che non appartiene ad un testo che non si ritiene filosofico.

54. Del resto, non sono gli unici presupposti del dibattito che risale ad un ambito tematico presocratico. Ci si può chiedere così, se la valorizzazione di tale o tal'altra data – penso ai sette giorni del pre-embrione, ai quattordici giorni del Rapporto Warnock, alle dodici settimane della

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legge francese – non riveli un privilegio accordato all'armonia numerica, dunque ad un certo pitagorismo.

55. Boezio, De duabus naturis, PL 64, 1343. Cf. la traduzione più recente: Boezio, Contre Eutychès et Nestorius, III, 1, in Tisserand A., Traités théologiques, Paris: GF Flammarion, 1999: 75; Nedoncelle M., Les variations de Boèce sur la personne, intersubjectivité et ontologie. Le défi personnaliste, Paris: Nauwelaerts, 1974: 235-271 (cf. soprattutto lo schema sintetico da p. 267 a p. 270); S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 29, a. 1. È noto, per esempio, che Richard de Saint-Victor ha criticato la definizione di Boezio scegliendo un'altra definizione di persona (De Saint-Victor R., De Trinitate, L. IV, 21-23, Paris: Le Cerf, 1959: 278-285). Sia detto per inciso che alla luce della definizione di Boezio, non capisco come Mathonat possa negare che lo zigote sia una persona e affermare che sia un individuo di natura razionale (Mathonat B., Le zygote, de la puissance à l'acte. Clarification de termes, Cahiers de la Faculté Libre de Philosophie Comparée 2002, 62: 65-97, nota 51: 85). Cf. l'approccio molto simile del manuale di Cuvillier: una persona è la “forma che prende la vita psichica nell'uomo normale che presuppone: individualità; coscienza; una funzione di sintesi che stabilisce unità e continuità nella vita mentale” (Culliver A., Nouveau vocabulaire philosophique, Paris: Armand Collin, 1956), e dal dizionario classico di Lalande: una persona è “un essere individuale in quanto possiede le caratteristiche che gli permettono di partecipare alla società intellettuale e morale delle menti: autocoscienza, ragione” (Lalande A., Vocabulaire technique et critique de la philosophie, Paris: PUF, 1962).

56. Boezio, Organon, vol. IV, Seconds Analytiques, Paris: Vrin. 57. Ai nomi menzionati si potrebbe aggiungere: Hubert B., Le statut de l'embryon humain: une

relecture d'Aristote, Nova et Vetera 2001, LXXIX(1): 53-81. In modo più sfumato: Cottier G., L'embryon humain et l'âme spirituelle, art. cit. in senso opposto, ma sempre basato sulla definizione aristotelica: Serani Merlo A., L'embryon humain, sa vie et son âme.Une perspective biophilosophique Nova et Vetera 2004, LXXIX (1): 89-103; Antoniotti L.-M., La vérité de la personne humaine. Animation différée ou animation immédiate, Revue Thomiste 2003, CIII: 547-576.

58. Kaplan F., Le paradoxe de la vie. La biologie entre Dieu et Darwin, Paris: La Découverte, 1995, soprattutto i capitoli 1 e 7.

59. Cf. su questo argomento, gli interessanti sviluppi di Duchesneau F., Philosophie de la biologie, Paris: Puf, 1997. Il Riduzionismo è problematico in tutte le questioni che sono al centro della biologia e della biofilosofia: le specie (cap. 1), la teleologia (cap. 2), i due approcci alla genetica, quello di Mendel e quello molecolare (cap. 3), le due strutture, sintattica e semantica, delle teorie biologiche (cap. 4), e la teoria sintetica dell'evoluzione (cap. 5).

60. Fox Keller E., Expliquer la vie. Modèles, métaphores et machines en biologie du développement, Paris: Gallimard, 2004.

61. “La disomogeneità delle scienze non è soltanto una sfortunata conseguenza dei limiti delle nostre capacità di calcolo o delle nostre facoltà cognitive, ma riflette esattamente la complessità ontologica del mondo” (Dupré J., The Disorder of Things: Metaphysical Foundations of the Disunity of Science, Cambridge: Harvard University Press, 1993: 7).

62. Cartwright N., The Dappled World: a Study of the Boundaries of Science, Cambridge: Cambridge University Press, 1999: 1.

63. In particolare, “l'anima è l'atto primo (entelechia) di un corpo naturale con vita potenziale” e specifica, “cioè, un corpo organizzato” (S. Tommaso d'Aquino, De l'âme, L. II, ch. 1, 412 a 26-28, Paris: Vrin, 21972: 68). Per un approccio pedagogico, cf. Ide P., Le corps à cœur. Essai sur le corps, Versailles: Saint-Paul, 1996, parte II, cap. 5.

64. Non approfondirò in questa sede il criticismo contrario al concetto classico di organo. Il punto di vista molto più unitario dell'organismo non suggerisce di rimpiazzarlo con quello del sistema?

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Inoltre, questo tipo di prospettiva ovviamente supporta ancora di più la tesi dell'animazione immediata. Infatti, il genoma e l'embrione unicellulare rappresentano sistemi altamente sofisticati e funzionali.

65. Id., In Aristotelis Librum De Anima Commentarium, L. 2, l. 1, n. 230, Torino: Marietti, 51959: 61 (cf. la traduzione leggermente diversa di Vernier L.-M., Commentaire du traité De l'âme d'Aristote, Paris: Vrin, 1999: 131). Commento a Aristotele di: De l'âme..., L. II, ch. 1, 412 a 28-30. Il proseguo del commentario sullo stesso passaggio non è privo di interesse poiché illustra i principi che emergono nel n. 230 commentando la lettera ellittica di Aristotele (b1-b3, Ibid.: 68): “Tuttavia, tra tutte le anime, quelle delle piante sono le più imperfette; questo perché nelle piante la diversità degli organi è più rudimentale rispetto agli animali. Dunque, per mostrare che ogni corpo che riceve la vita è un corpo organizzato, egli prende come riferimento le piante in cui vi è una minore diversità di organi. Usa queste parole: le parti delle piante stesse sono organi differenti. Ma “le parti delle piante sono di una semplicità estrema” (Aristotele, Parties des animaux, L. II, ch. 10, 655 b 32s), sarebbe a dire che sono molto simili. La diversità che si osserva nelle parti degli animali non c'è nelle piante. Il piede di un animale, per esempio, è costituito da diverse parti, come la carne, i nervi, le ossa e altre cose. Ma le parti organiche della pianta non hanno tutta questa diversità. “Aristotele afferma che le parti delle piante sono organiche mostrando che le diverse parti sono ordinate all'espletamento di varie operazioni. Così il foglietto protegge il pericarpo, la parte in cui nasce il frutto, ma a sua volta il pericarpo protegge il frutto. Le radici sono per la pianta ciò che la bocca è per gli animali poiché entrambe catturano il cibo, le radici nelle piante e la bocca negli animali” (Ibid., nn.231-232). Su questa differenza tra piante e animali, cf. l'interessante convergenza con ciò che afferma Hegel nella sua Filosofia della Natura nella Encyclopédie des Sciences philosophiques (specialmente nei §§ 343-345).

66. Aristotele distingue cinque tipi di facoltà (S. Tommaso d'Aquino, De l'âme..., L. II, ch. 3, 414 a 31-32), di cui il primo (nutritivo) si riferisce alla vita vegetativa, i tre successivi (appetitivo, sensitivo e locomotivo) alla vita sensibile, e il quinto (dianoetico) alla vita intellettiva.

67. Medalia O., Macromolecular Architecture in Eukaryotic Cells Visualized by Cryoelectron Tomography, Science 2002, 298: 1209; Plitzko J., In Vivo Veritas: Electron Cryotomography of Cells, Trends of Biotechnology 2002, 20(8): 40.

68. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 76, a. 5. Allo stesso modo: maggiore è la diversità, maggiore è la perfezione dell'anima (Id., De Spiritualibus creaturis, q. un., a. 4); Ide, Le corps à cœur... pp. 134-138.

69. Aristotele, Histoire des animaux, L. VII, ch. 3, 583 b 10, Paris: Vrin, 1957, vol. II, Pierre Louis, nella sua traduzione, parla di una massa di carne indistinta.

70. Aristotele, De la génération des animaux, L. I, ch. 20, 728 b 34, Paris: Les Belles Lettres, 1961: 38; Ibid. cap. 18, 724 b 18.

71. Ibid., L. III, ch. 9, 758 a 32-36. 72. Aristotele, Histoire des animaux..., L. VII, ch. 3, 583 a 35-b 28. 73. Aristotele dice che un embrione maschio abortito al quarantesimo giorno “ha le dimensioni di

una formica gigante”, ma “le membra sono abbastanza visibili così come tutti gli organi, inclusi il pene e gli occhi che, come negli altri animali, sono considerevolmente grandi” (Ibid., 583 b 17-19).

74. Per esempio, è eterotrofico e privo di scheletro. Secondo Gorenflot e Guern, esistono sei differenze (cf. tavola in: Gorenflot R., Guern M., Organisation et biologie des Thallophytes, Paris: Éd. Doin, 1989: 2). Se ne può aggiungere una settima: la crescita indifferenziata nei vegetali in contrasto con un dato periodo di crescita, dall'inizio dell'esistenza, nell'animale. Cf. anche Geneves L., Biologie végétale. Thallophytes et microorganismes, Paris: Dunod, 1990: 1-2.

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75. Jacob F., La logique du vivant. Une histoire de l'hérédité, Paris: Gallimard, 1970: 10. La relazione tra cromosomi e futuro dell'individuo (compreso l'interno del corpo) necessita ancora di maggiore conoscenza in senso non deterministico.

76. Cottier, L'embryon humain et l'âme..., p. 49. 77. Cf. per esempio, gli interessanti sviluppi di Souchard B., Aristote, de la physique à la

métaphysique. Réceptivité et causalité, Dijon: Éd. Universitaires de Dijon, 2003: 62-73. In questo passaggio l'autore mostra che l'approccio più metafisico, come quello che porta alla distinzione tra potenzialità e attualità, sono radicati nella struttura psico-somatica dell'uomo.

78. Ferry L., Vincent J.-D., Qu'est-ce que l'homme? Sur les fondamentaux de la biologie et de la philosophie, Paris: Odile Jacob, 2000: 183.

79. Pennisi E., Comparative Biology Joins the Moleculer Age, Science 2002, 298: 719. 80. Britten R., Divergence between samples of chimpazee and human DNA sequences in 5%,

couting indels, Proc. Natl. Acad. Sci. USA 2002, 99: 13633. 81. Eichler E.E., Recent duplication, domain accretion and the dynamic mutation of the human

genome Trends in Genetics 2001, 17: 661. 82. Navarro A., Barton N.H., Chromosomel Speciaton and Molecular Divergence. Accelerated

Evolution in Rearranged Chromosomes, Science 2003, 300: 321. 83. Intervista a Paabo S., La Recherche 2004, 377: 73-76; p. 74. 84. Fox Keller E., Génome, postgénome. Quel avenir pour la biologie?, La Recherche 2004, 376:

30-37; pp. 31-33; cf. anche Rossier J., La complexité après le séquençage, Pour la science 2003, 314: 92-96.

85. Comunicazione alla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite: Kahn A., Génome, biologie et racisme, Durban (settembre 2001), riassunta in Le Monde (5 settembre 2001).

86. Il numero relativo di geni rappresenta uno dei due paradossi osservati da Changeux, il secondo paradosso è la variabilità (Changeaux J.-P, Un modèle neurocognitif d'acquisition des connaissances, in Id., (a cura di), La vérité dans les sciences, Paris: Odile Jacob, 2003: 61-79).

87. Prochiantz A., Le développement et l'évolution du système nerveux, in Michaud Y. (a cura di), Qu'est-ce que la vie?, Paris: Odile Jacob, 2000: 302-310.

88. Fuster J., The Prefrontal Cortex, New York: Raven Press, 1997. 89. Chou H.-H., Hayakawa T., Diaz S. et Al., Inactivation of CMP-N acetylneuraminic acid

hydroxylase occured prior to brain expansion during human evolution, Proc. Natl. Acad. Sci USA 2002, 99: 11736.

90. Questo suggerisce, in un altro contesto, l'effetto farfalla sviluppato dalla teoria frattale. 91. Schalchli L., Morange M., Ces gènes qui font l'homme, La Recherche Hors-Série 2003, 12: 30-

33; p. 33. 92. L'anima è la causa e il principio del corpo vivente (Tricot, De l'âme..., L. II, ch. 4, 415 b 7). 93. Bastit M., Les quatre causes de l'être selon la philosophie première d'Aristote, Louvain-La-

Neuve: Peeters, 2002: 308. Cf. gli articoli più degni di nota, il 7o, 8o e 9o, sulla forma, l'efficienza e il fine. Sulla stessa linea di pensiero cf.: Romeyer Dherbey G., Les choses mêmes. La pensée du réel chez Aristote, Lausanne: L'Âge d'Homme, 1983: 208-217.

94. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, Ia, q. 118, a. 1, q. 3. 95. Id., Q. D. De Potentia, q. 3, a. 9. 96. Le citazioni successive senza riferimenti sono tratte dalle risposte della Summa Theologiae, Ia,

q. 118, a. 1, ad 3um. 97. “Nello sperma c'è sempre ciò che rende sempre fruttiferi i semi cioè, quello che viene chiamato

calore. Ora, questo calore non deriva né dal fuoco né da una sostanza simile, ma dal gas presente nello sperma e nella schiuma, e dalla natura intrinseca di questo gas che è analoga all'elemento astrale” (Aristotele, De la génération des animaux, L. II, ch. 3, 736 b 35-737 a 1).

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98. Inoltre l'Aquinate paragona il seme all'arte che, come virtù dell'intelletto pratico, è in relazione allo spirito (S. Tommaso d'Aquino, In Aristotelis Libros Metaphysicorum Commentarium, L. VII, l. 6, n. 1398 et l. 8, n. 1456).

99. Id., Q. D. De Pot., q. 3, a. 9, ad 28um. 100. Id., Somme contre les Gentils, L. II, ch. 89, I, § 7, Paris: GF Flammarion, 1999: 371. 101. Aristotele, Physique, L. 2, ch. 2, 194 b 13. 102. Infine, nel caso dell'anima spirituale, bisogna aggiungere una quarta causa diversa dalle tre

precedenti: quando la materia è sufficientemente preparata, viene infusa la parte divina (per usare le parole di Aristotele), cioè lo Spirito. Ora, la materia non è in grado di condizionare il principio spirituale che la trascende. Poiché esso può essere soltanto infuso, creato, Tommaso afferma che sarà necessario l'intervento della Causa prima che è Dio.

103. Meccanismo che richiama la spiegazione aristorelica del movimento del proietto... 104. Sgreccia E., Manuel de bioéthique. Les fondements de l'éthique biomédicale, Montréal: Wilson

& Lafleur Itée, 1999: 458-459. 105. S. Tommaso d'Aquino, Q. D. De Anima, q. un., a. 1, ad 15um. 106. Si ricorda, tuttavia, che Jacques Maritain (nella prefazione di Driesch H., La philosophie de

l'organisme, Paris: Marcel Rivière, 1921) ha cercato di chiarire le cose distinguendo il concetto elaborato da Driesch, di entelechia (o fattore vitale El) dal concetto aristotelico di anima.

107. Queste sono le conclusioni raggiunte da Ostermeier C., Miller D., Huntriss J.D. et Al., Reproductive biology: delivering spermatozoan RNA to the oocyte, Nature 2004, 429(6988): 154; Le Monde 14 maggio 2004, p. 26.

108. Se il contesto filosofico non fosse così diverso, si potrebbe trarre un aiuto dalla distinzione hegeliana tra in sé e per sé che il filosofo tedesco applica all'embrione. Per esempio: “Se l'embrione (embryo) è uomo in sé, non lo è tuttaviaper sé. L'uomo è per sé solo come ragione praticata che si è fatto ciò che è in sé” (Hyppolyte J., Phénoménologie de l'Esprit, Paris: Aubier- Montaigne, 1966: 55).

109. È ovviamente fuori questione lo sviluppo in questa sede di questo punto. Mi riferisco al lavoro di Tourpe (Tourpe E.,Donation et consentement. Une introduction méthodologique à la métaphysique, Bruxelles: Lessius, 2000, seconda parte: “L'objection phénoméniste à la métaphysique”: pp. 115-172) e Gabellieri E., Saint Thomas: une ontologie sans phénoménologie, Revue Thomiste 1995, XCV(1): 150-192, ma anche ad altri fenomenologi cattolici che attribuiscono un ruolo più o meno importante alla metafisica (Jean-Yves Lacoste, Jean-Louis Chrétien, etc.). I primi due seguono sia la tradizione di Tommaso sia quella di Blondel e Balthasar.

110. Maurice Blondel cerca di unire le due dimensioni: fenomenica e ontologica. Da una parte, “una definizione reale (dell'essere) implica non solo un persorso descrittivo, ma genetico ed esplicativo di tutto ciò che è...Una semantica dell'essere, dunque, non potrebbe essere posta all'inizio; si tratta di fare inizialmente una catalogazione delle relatà che chiamiamo esseri” (Blondel M., L'être et les êtres, Paris: Alcan, 1935). Allo stesso tempo, bisogna sollevarsi “contro una fenomenologia che pretenderebbe di bastare alla scienza dell'essere e sostituire l'integrazione dei fenomeni alla realtà profonda degli esseri” (Ibid., pp. 374-375).

111. Il teologo svizzero ha sviluppato tale distinzione da una prospettiva rigorosamente filosofica nell'opera maggiore: Von Balthasar H.U., La Théologique, vol. I, La vérité du monde, Namur: Culture et Vérité, 1994.

112. “L'approccio di Balthasar – scrive André-Marie Ponnou-Delaffon – riconcilia fenomenologia e metafisica”. Se “a una vera fenomenologia...è negato l'accesso all'in sé dell'essere senza la mediazione del suo apparire”, non può più “abbandonare l'in sé dell'essere per essere ridotta alla sua apparenza” (Barbarin P., Théologie et sainteté. Introduction à Hans-Urs Von Balthasar, Paris: Le Cerf, 1999: 127). Mi sia concesso di fare riferimento all'analisi di questa dimensione

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propriamente metafisica che ho proposto in Ide P., Être et mystère. La philosophie de Hans Urs Von Balthasar, Namur: Culture et vérité, 1995, soprattutto il cap. 1 (per l'analisi) e il cap. 4 (per la difesa della sua originalità che non può essere ridotta alle categorie della metafisica classica, per esempio, sostanza-accidente). Sarebbe ancor più erroneo credere che fenomenologia si identifichi con descrittiva.

113. Eliminiamo subito un'obiezione: può sembrare strano, o anche fuori luogo, introdurre una tale distinzione metafisica nell'ambito biologico. Balthasar non ha mai nascosto di doverla a Goethe che ha concepito questa intuizione sulla base dell'osservazione delle piante (Goethe W., La métamorphose des plantes, Paris: Éd. Triades, 1975; cf. Ide, Être et mystère..., Annexe: La méthode morphologique de Wolfgang Goethe, in La Métamorphose des Plantes, pp. 177-180).Su questo tema (un'interpretazione della natura basata sul binomio interiorità-apparenza) la Naturphilosophie(Friedrich Schelling, Franz Von Baader, Hans André) contiene una ricca prospettiva che è ancora inesplorata dalla filosofia della natura.

114. Un approccio di questo tipo, inoltre, non è poi così strano, nella riflessione di Aristotele, come si potrebbe pensare, soprattutto quando riflette sul limite e la forma propri del vivente: “Per tutti gli esseri la cui costituzione è naturale, esiste un limite e una proporzione per quanto riguarda la grandezza e la crescita” (Aristotele, De l'âme, L. II, ch. 4, 416 a 16-17; Id., De la génération des animaux, L. II, ch. 6, 745 a 5).

115. L'affermazione di Serra e Colombo è simile: “L'individualità appartiene alla forma dinamica, diacronica (fenotipo) di un organismo e non al suo genoma conservativo (genotipo, contenuto genetico informazionale delle sue cellule)”. Gli autori continuano dicendo, “l'individualità di ciascun organismo si fonda sulla singolarità del suo ciclo vitale e non sull'unicità del suo genoma” (Serra, Colombo, Identità e statuto dell'embrione umano..., p. 119).

116. Centro di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Identità e statuto dell'embrione umano, Medicina e Morale 1989, supplemento, 4: 665-666.

117. Riguardo a questi diversi significati, cf. Dictionnaire historique de la langue française, Paris: Le Robert, 1998, II: 2403.

118. Serra A., Il neoconcepito alla luce degli attuali sviluppi della genetica umana, Medicina e Morale 1974, 3: 333-366. Il corsivo è mio.

119. È significativo che in un articolo di questo volume dedicato soprattutto alla teoria di S. Tommaso sull'embrione umano (Il pensiero di San Tommaso riguardo all'embrione umano), Mario Pangallo usi sia il vocabolario della fenomenologia, sia quello dell'ontologia classica: “Credo si debba affermare il succedersi di manifestazioni ed esplicazioni progressive delle diverse funzioni di cui è capace l'anima razionale”; e più oltre: “L'embrione umano è dunque persona fin dal concepimento, sebbene non abbia ancora manifestato esistenzialmente tutto cio che implica l'essere personale”. Inoltre, la suggestiva distinzione ispirata da Cornelo Fabrio, che egli propone tra actus essendis eexistentia, non deriva essa stessa da una fenomenologia imbevuta di metafisica?

120. Le Douarin, Des chimères, des clones..., p. 15. 121. Cf. l'articolo principe che gli è valso il Nobel 11 anni più tardi: Spemann H., Über die

Determination der ersten Organanlagen des Amphibienembryonem, Wilhelms Roux' Archiv für Entwicklungmechanik der Organismen 1918, 43: 448-555.

122. The Formation of the Mesoderm in Urodelean Amphibians. Induction by the Endoderm, Wilhelms Roux' Archiv für Entwicklungmechanik der Organismen 1969, 162: 341-373.

123. Le Douarin, Des chimères, des clones..., p. 159. Riguardo a questo argomento, cf. gli sviluppi dettagliati nella parte II, capp. 1 e 2.

124. Aristotele, De la génération des animaux, L. II, ch. 4, 740 a 3-4; Id., Les parties des animaux, L. III, ch. 4, 666 a 20.

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125. Id., De la jeunesse et de la vieillesse, III, 469 a 5-6; Id., De la génération des animaux, L. II, ch. 6, 743 b 25. Quindi il paragone di Des parties des animaux, L. III, ch. 7, 670 a 23-26. Per i dettagli, cf. Byl S., Note sur la place du cœur et la valorisation de la mesotes dans la biologie d'Aristote, L'Antiquité classique 1968, 37: 467-476.

126. Id., De la génération des animaux, L. II, ch. 4, 740 a 1-2. 127. Ibid., L. II, ch. 1, 735 a 15-17. 128. Kempf R., Le principe du vivant dans l'embryon d'Aristote et le centre organisateur du

développement dans l'embryologie expérimentale, Nova et Vetera 2003, LXXVIII(3): 79-100, p. 95.

129. Mi sia permesso il riferimento a due lavori personali, uno di carattere più filosofico: Ide Le corps à cœur..., L. II, ch. 6, e l'altro teologico: Id., Don et théologie du corps dans les catéchèses de Jean- Paul II sur l'amour dans le plan divin, in Jean-Paul II face à la question de l'homme, Atti del 6o Colloquio Internazionale della Fondazione Guilé, Zurigo: Guilé Foundation Press, 2004: 159-209.

130. Sul cuore in questo senso radicale, ma applicato all'uomo, cf. i brillanti sviluppi proposti da Siewerth G., L'homme et son corps, Paris: Plon, 1957, soprattutto il decisivo e ricco passaggio di cui alle pp. 123-124.

131. Secondo Mathonat, il rapporto che ho stabilito tra genoma e organizzazione macroscopica è dell'ordine dell'azione immanente, dell'agire. Al contrario, secondo la sua opinione, tale relazione è dell'ordine dell'attività transitiva (il fare, l'arte). Infatti, questa consiste nella traformazione della materia in vista di una finalità e questo è il modo in cui opera il genoma: “L'attività del genoma dello zigote realizza l'organizzazione macroscopica del corpo umano” (Mathonat,Le zygote, de la puissance..., p. 81). Ora, l'autore del movimento ha la capacità di produrre la forma; questa deve essere ancora introdotta nella materia. Perciò, all'inizio la forma non è attualmente presente. In altre parole, nell'ordine del fare, il principio e il termine dell'azione differiscono come la potenza e l'atto. Per riprendere l'immagine classica, la costruzione di una casa o anche la capacità di costruirla non è la casa costruita. Il genoma è l'architetto e il fenotipo è la casa costruita. Pertanto, il genotipo sta al fenotipo come l'architetto alla sua opera. Di conseguenza, la differenza tra genoma e organizzazione non è quella dell'atto primo e dell'atto secondo, ma quella della potenza e dell'atto: “Ciò che è inizialmente in atto, al livello del genotipo, è la capacità di produrre organi, nient'altro” (Ibid., p. 83): cioè, non l'esistenza attuale degli organi. Bisogna apprezzare lo sforzo di pensare, a partire da categorie filosofiche, la distinzione tra genotipo e fenotipo. Detto questo, tale critica solleva almeno due obiezioni. 1) Incontestabilmente, il genoma (e lo stesso zigote) riveste un ruolo efficiente nella costruzione dell'embrione, ma la relazione non è forse transitività e, quindi, esteriorità? Infatti, il nucleo è interno allo zigote ed è la sorgente interna a partire dalla quale tutto il vivente cresce e scolpisce una forma (in senso figurato). Ora, la crescita è un divenire immanente. Inoltre, da un altro punto di vista, senz'altro non descrittivo, che presenta un valore ontologico, la costruzione dell'embrione si basa su una fonte, un'essenza. 2) La metafora della costruzione deve essere sviluppata. Se la casa, come causa finale, esiste solo potenzialmente nei materiali, nello spirito dell'architetto esiste in atto come causa esemplare (cioè come causa formale separata) e questo deve essere anche in atto per potere costruire la casa. Quale sarà una causa efficiente sufficientemente perfetta da essere in grado di organizzare la materia modellando l'essere vivente compiuto? L'anima intellettiva è la causa principale e il genoma sarà il suo strumento privilegiato.

132. Tale concezione non è priva di una profonda relazione con la teoria sviluppata da Anzieu D., Le Moi-peau, Paris: Dunod, 1985; Id., Une peau pour les pensées, Montréal: Guenoud, 1988; Id., La fonction contenante de la peau, du moi et de la pensée, Paris: Dunod, 1993; Id., Le penser, du Moi-peau au Moi pensant, Paris: Dunod, 1994. Bisogna notare che, nonostante sia

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psicoanalista, Anzieu stabilisce una relazione fondazionale tra lo psicologico e il biologico: “Ogni attività psichica è supportata da una funzione biologica. L'Io-pelle trova supporto nelle diverse funzioni della pelle” (Id., Le Moi-peau..., p. 39).

133. Bourguet, L'être en gestation..., p. 115. 134. Engendrés par la science, Paris: Le Cerf, 1985: 138. Corsivo nel testo. Incontro molto più

affascinante di quello della nota 49 che segue nel testo, Malherbe e Boné citano i due detti scolastici sui due aspetti dell'unità sopra menzionati, che mostrano fino a che punto la concezione dell'individualità di Leibniz abbia intossicato e deformato la concezione scolastica dell'unum. Riguardo alla posizione dell'opera di Malherbe J.-F., Bone É., Engendrés par la science; Chapelle A., Favraux P., Bioéthique et foi chrétienne. À propos d'un livre récent, Nouvelle Revue Théologique 1986, 108: 249-267, cf. anche il resoconto di Etienne J., Revue Théologique de Louvain 1986, 17: 453-456.

135. Discours de métaphysique et correspondance avec Arnauld, Paris: Vrin, 1970: 44. 136. Pedersen A., Potency, Lineage and Allocation in Pre-Implantation Mouse Embryo; Rossant J.,

Pedersen A. (a cura di),Experimental Approach to Mammalian Embryonic Development, Cambridge: Cambridge University Press, 1986: 3-33.

137. Clarke D.L., Johansson C.B., Frizen J., Generalized Potential of Adult Neural Stem Cells, Science 2000, 28: 1660-1663. È vero che la capacità di differenziazione è maggiore in vivo piuttosto che in vitro?

138. Questa ipotesi, pure essendo differente da quella di una fenomenologia della natura, si inscrive nel suo prolungamento: cerca di comprendere la differenza che esiste tra i diversi livelli di attualità che sono presenti nel vivente.

139. Grassé P.P., L'homme en accusation. De la biologie à la politique, Paris: Albin Michel, 1980: 288.

140. È il caso, ad esempio, del bioeticista australiano Singer: “Abbiamo rifiutato il principio tradizionale della sacralità della vita umana poiché tale principio dà un enorme significato a qualcosa –la specie biologica– che in realtà non ha più alcun significato morale intrinseco” (Singer P., Kuhse H., Should the Baby Live? Problem of Handicapped Infants, Oxford: University Press, 1985: 129). L'autore ritiene l'infanticidio del neonato handicappato legittimo e assolutamente logico.

141. In merito a questa relazione primaria spirituale e d'amore tra la madre e il bambino, cf. la considerevole opera di Siewerth G., Aux sources de l'amour. Métaphysique de l'enfance, Parole et silence, 2001. L'autore tratta molto poco la vita intrauterina (p. 45ss.), ma sarebbe utile estendere le sue riflessioni sulla vita subito dopo la nascita anche al periodo che la precede.

142. Questo è abbozzato infine dal decimo studio del Soi-même comme un autre, ma si ferma alla soglia dell'atto, senza mai affrontare il problema dell'essere. Infine, nel contributo molto poco argomentato di Michel Onfray, notiamo un lapsus divertente: disertato significa lasciato. Ciò significa dunque che tutte le capacità negate dall'autore esistevano prima di cinque mesi? Bisogna notare che più che provocatorio, lo sviluppo della prova è caratterizzato fondamentalmente da un risentimento contro il cristianesimo, mentre la prefazione è caratterizzata da toni sorprendentemente pacati. Onfray si riferisce qui con grande sensibilità al cancro da cui è affetta la sua compagna. Qui, parla il suo cuore; lì, c'è l'intellettuale offeso e offensivo.

143. Questo è quello che è stato stabilito da John Bowlby, fondatore della teoria dell'attaccamento (cf. l'eccellente sintesi di Pierrehumbert P., Le premier lien. Théorie de l'attachement, Paris: Odile Jacob, 2003).

144. È ciò che giustamente mette in luce il costruttivismo psicologico e sociale (cf. Ide, La nature humaine..., pp. 89-92).

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145. Delassus J.-M., Papillaud K., Clone ou enfant?, Paris: Dunod, 2003: 163-164. Nello stesso numero del Nouvel Observateur che riporta l'intervento di Rene Frydman, Tony Anatrella risponde al ricercatore attraverso un intervistatore: “Far dipendere l'esistenza dell'embrione solo da un punto di vista soggettivo, esterno (il progetto parentale) apre la via a ogni tipo di arbitrarietà. In un caso, mostrando l'ecografia, si afferma che lì c'è qualcuno, nell'altro, non esiste mancando un progetto su di lui. Ma la nozione di progetto è così chiara? Mi è stata chiesta una consulenza da una ragazza di 20 anni incinta di poche settimane e in conflitto con sua madre che avrebbe voluto farla abortire. La figlia le aveva risposto in questo modo: se mi obblighi ad abortire, uccidi anche me” (Le Nouvel Observateur 1997, 1711(21-27): 14-15, p. 15).

146. Wilcox A.J., Weinberg C.R., O'Connor J.F., Incidence of Early Loss of Pregnancy, New England Journal of Medicine 1988, 319: 189-194. Cf. oltre per altre referenze.

147. McLaren A., Genetics of the Embryo; Bertazzoni V., Fasella P., Vilepsch A., Human Embryos and Research, Campus Verlag, 1990: 42-53; p. 43; Braunstein G.D., Karow W.G., Gentry W.D. et Al., Subclinical Spontaneous Abortion, Obstetrics and Gynecology 1977, 50(1): 41-44; Edmonds D.K., Lindsay K.S., Miller J.F. et Al., Early Embryonic Mortality in Women, Fertility and Sterility 1982, 38(4): 447-453.

148. Sul termine naturale, mi permetto di fare riferimento agli sviluppi dell'articolo già citato: Aristotele, La nature humaine, fondement de la morale..., pp. 108-142.

149. Tutta questa argomentazione è basata sulla concezione aristotelica della natura (Id., Physique, L. II, ch. 1, 192 b 21-23). La nostra critica della naturalità dell'aborto è vicina alla critica che il filosofo avanza contro l'argomento presumibilmente antifinalistico adottato per l'esistenza di un mostro. Infatti, il mostro rappresenta un accidente, un fallimento, un difetto nell'ordine non della causa efficiente, ma di quella finale. Infatti, se non esiste un motore, non può esistere il difetto. Se non ci fosse stata la biosintesi delle proteine, la anormalità genotipica non si sarebbe potuta esprimere. Di conseguenza, il difetto manca lo scopo e quindi riguarda la finalità. Dunque, non contraddicendo l'esistenza della finalità, come spesso si crede, un mostro, al contrario, la conferma (Ibid., L. II, ch. 8, 199 a 33-b 13; cf. l'illuminante commento di S. Tommaso d'Aquino, In octo libros Physicorum Aristotelis expositio..., L. II, l. 14, 263-266: 129-130).

150. Si può fondare ancor meno un'azione su questa constatazione. Sappiamo che questa argomentazione è usata talvolta per giustificare l'induzione dell'aborto precoce. Questo non vuol dire cadere negli stessi errori dell'etica naturalista, etica che non ha niente a che vedere con quella che la Chiesa chiama morale naturale?

151. Lungo la stessa linea di pensiero, la necessità di organi differenziati e visibili è presentata come cosa ovvia da Mathonat. Il principio è quello in base al quale il corpo deve “essere organizzato, cioè dotato di strumenti di operazione”. Ora, “ciò che necessariamente ne consegue” è quanto segue: “L'organizzazione che caratterizza il soggetto dell'anima umana deve essere quella di una differenziazione organica che renda possibili in particolare la possibilità delle operazioni sensibili; quindi di un corpo dotato almeno di sistema nervoso” (Mathonat, Le zygote de la puissance..., p. 71) E altrove: “Con il genoma, tutto è possibile, ma niente è ancora realizzato in quanto all'organizzazione necessaria per l'esistenza di disposizioni organiche, necessarie ai principi operativi dell'essere umano...Un'organizzazione macroscopica è necessaria per le capacità sensibili di esistere dell'essere umano” (Ibid.,pp. 84-85). In tal modo queste dichiarazioni non definiscono il significato di organo macroscopico, ordine corporeo preciso, etc. Inoltre, che ne è di questa teoria nel caso di un protozoo o di un metazoo costituito da un numero molto piccolo di cellule? Questi organismi non hanno organi macroscopici; e tuttavia sono animali che compiono operazioni sensibili. Perciò sarebbe il caso di riesaminare il termine organizzato nella definizione aristotelica dell'anima. Infine, un sostenitore della teoria aristotelica dell'animazione mediata non può non essere interessato, di fatto o di diritto, al momento in cui si realizza l'animazione spirituale. Il fatto che non si possa determinare l'attimo

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esatto, come sostengono gli immediatisti, non esime dal chiedersi quale sia il momento approssimativo in cui viene infusa l'anima. Ora, in nome del principio richiamato di proporzione tra gli organi visibili e funzionali e la presenza dell'anima intellettiva, la creazione di quest'ultima deve essere ritardata considerevolmente. Lo spirito non può svolgere i suoi atti elementari senza la presenza di un cervello che sia già ben sviluppato e organizzato. Le cellule neuronali non smettono di moltiplicarsi se non alla fine della sedicesima settimana, ma tutto deve ancora essere fatto: l'architettura futura, la figura, è appena abbozzata. Da questo punto di vista, la posizione di Jacques Maritain, che ritarda l'animazione al settimo mese, è coerente. Ma il mediatista aristotelico lo segue? Mathonat fa della “organizzazione macroscopica specifica del corpo umano” (Ibid., p. 86) il soggetto adeguato dell'anima umana. Ma un'organizzazione di questo tipo è lontana dall'essere precoce, soprattutto se si tiene in considerazione il fenomeno della neotenia.

152. Bourguet, L'être en gestation..., pp. 84-86. Corsivo nel testo. Cf. anche pp. 137-142. 153. Malebranche N., Entretiens sur la métaphysique et la religion, in Œuvres, éd. Geneviève Rodis-

Lewis, vol. II, 1992: 880. 154. Wolpert L., The Triumph of the Embryo, Oxford: Oxford University Press, 1991. 155. Canguilhem G., La connaissance de la vie, Paris: Vrin, 1971, citato da Saulnier C., Biologie et

philosophie. Essai sur l'individualité biologique, Montpellier: Presses de l'Université de Montpellier, 1955: 119.

156. Commenti riportati da Mayr E., Qu'est-ce que la biologie?, Paris: Fayard, 1998: 7.

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A. GIL LOPES L’EMBRIONE PREIMPIANTATORIO TRA BIOLOGIA E FILOSOFIA: L’INDIVIDUO In relazione all'embrione preimpianto, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche ed al fine di formulare domande appropriate è necessario analizzare le diverse possibilità che consentono la generazione di un embrione umano. Innanzitutto, come accade naturalmente, bisogna tener presente che l'embrione è generato dal processo di fecondazione, che fa seguito all'atto sessuale, tale processo consente la formazione di un nuovo ed unico zigote attraverso l'unione dei gameti maschili e femminili. Quest'embrione è da considerarsi quindi il risultato di una relazione interpersonale, idealmente basata sull'amore responsabile che unisce marito e moglie. Alcuni decenni fa, per quanto riguarda la riproduzione animale, sono state sviluppate delle metodiche d'inseminazione artificiale, che successivamente sono state utilizzate anche alla specie umana, come tecnica nella riproduzione medica assistita. Lo sviluppo di questa tecnologia ha reso possibile la generazione di un embrione umano senza l'ausilio dell'atto sessuale ma con il solo contributo dei gameti. Negli ultimi decenni sono state introdotte altre tecniche di laboratorio con lo scopo di promuovere la fecondazione in provetta, cioè extra-corporea. Gli zigoti e gli embrioni preimpianto ottenuti in questo modo possono essere conservati a basse temperature per lunghi periodi di tempo, prima di essere adeguatamente trasferiti nell'utero umano, consentendo solo in tal modo il loro sviluppo. Per dar origine a un nuovo embrione, l'attuale progresso scientifico e tecnologico richiede il necessario contributo genetico sia del padre che della madre. Attualmente, tali metodi sono comunemente usati nella procreazione umana. La legislazione, per questo specifico scopo, in diverse nazioni consente la produzione di un gran numero di embrioni preimpiantati, originando così un gran numero di embrioni congelati senza alcuna possibilità di sviluppo. In Brasile, per esempio, tali embrioni solo dopo 3 anni di conservazione, acquisito il consenso dei genitori, sono legalmente utilizzati per la ricerca scientifica. Da alcuni anni sono stati sviluppati dei metodi di clonazione che hanno reso possibile l'ottenimento di un zigote senza la partecipazione di entrambi i gameti. A questo punto ci si auspica che nell'arco di pochi anni, sarà possibile stimolare una cellula somatica tramite adeguati fattori biochimici, con lo scopo di attivare tutti gli eventi coinvolti nei processi che possono originare un embrione, attraverso la corretta successione di espressione e soppressione dei diversi geni coinvolti nell'embriogenesi. D'altra parte, si spera che tali processi di differenzazione e trans-differenzazione saranno chiariti e quindi sarà possibile che colture di cellule specifiche possano essere ottenute da cellule somatiche adulte. A questo punto vorrei sottolineare che l'attuale interesse della maggior parte degli studi nei confronti del preimpianto dell'embrione è rivolto essenzialmente a tre fattori: studi condotti con il proposito di stabilire metodiche appropriate per selezionare in vitro embrioni generati tramite riproduzioni artificiali, usualmente note come riproduzione medica assistita; studi basati sull'uso del preimpianto con lo scopo di ottenere cellule staminali per uso scientifico o terapeutico; studi correlati alla clonazione umana, per uso scientifico o terapeutico delle cellule staminali. Questo significa che in tale contesto gli embrioni preimpianto non sopravviveranno, rappresentando, perciò, un'immagine della cultura della morte. A questo punto, è necessario considerare che dal punto di vista biologico, la vita non comincia ad ogni concepimento, perché il fenomeno vitale è mantenuto tramite la riproduzione e non è estinto e neanche ristabilito, ma va avanti di generazione in generazione. Essa è soltanto la vita di un nuovo essere che comincia. Inoltre, ogni genoma contiene tutte le informazioni, che non solo conferiscono tutte le caratteristiche delle corrispondenti specie, ma determinano anche l'unicità dell'essere. Comunque,

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anche se i cloni ottenuti in laboratorio, senza la compartecipazione dei gameti maschile e femminile, cioè senza nè padre nè madre, essi sono da considerarsi degli esseri umani ed hanno la stessa umanità di quella che hanno i genitori. Dal genoma umano, possono essere generati solo essere umani. L'embrione umano è uno nel senso di unico, concreto, completo, particolare, sostanziale, individuale e totale. Nonostante l'assenza di alcuni elementi naturali nella formazione dello zigote, essi, in realtà, si trovano potenzialmente presenti. Già dal primo momento lo zigote è considerato un essere umano. In altre parole, lo zigote possiede un'essenza che non si cambierà, mantenendosi come realmente è, cioè, un essere umano con la sua identità, la quale non subisce le trasformazioni che avvengono negli eventi che le conferiscono le caratteristiche di ogni tappa del suo sviluppo. Lo zigote presenta tre caratteristiche fondamentali: la capacità di percepire gli stimoli ambientali tramite diversi sensori (recettori); la capacità di far integrare tra loro questi diversi segnali o messaggi biologici; la capacità di produrre risposte appropriate al fine di adattarsi all'ambiente. Infatti, sin dal primo momento, lo zigote ha un vero dialogo con l'ambiente biologico. Ciò rende possibile l'articolazione tra le caratteristiche genetiche e fenotipiche. Lo zigote ha non solo una sua individualità e identità, ma interagisce con l'ambiente, essendo capace di adeguarsi e di correggersi. In altre parole, lo zigote è capace di riconoscere il self dal non self e di stabilire un vero dialogo biochimico e fisico con l'ambiente. Un'immagine precisa dell'interezza e dell'unicità della vita dell'embrione preimpiantato, può essere vista tramite l'analogia con uno spartito musicale, un'orchestra ed una musica. Infatti, quando si forma uno zigote, nel genoma è presente non solo la partitura completa, ma anche tutti gli strumenti biochimici che saranno sintetizzati sequenzialmente e introdotti al fine di effettuare la moltiplicazione e differenziazione cellulare, l'organizzazione strutturale e lo sviluppo temporale di un essere umano completamente nuovo ed unico. Non sono solo definite intrinsecamente le caratteristiche umane, ma anche il lasso di tempo che denota il ciclo vitale sia delle cellule individuali che dell'intero organismo. Come accade a tutte le specie viventi, ogni fase della vita umana è determinata regolarmente e uniformemente, anche se la durata totale della vita umana abbia un limite naturale. Così come i primi suoni sono parte inalienabile di una musica che, una volta iniziata raggiungerà la sua interezza solo all'ultima nota, quando si forma un nuovo zigote, ha inizio una cascata di processi biologici che promuoverà in successione tutti gli eventi della vita che finiranno solo con la morte di questo nuovo essere vivente. Ai primi suoni del Salve Regina, del Vieni Creatore e della Nona sinfonia o di qualsiasi composizione musicale, noi riconosciamo la loro identità, anche se raggiungono la loro pienezza solo nella nota finale dell'ultima battuta. Occorre davvero una continuità senza interruzione che non solo fornisce la sua identità ma anche la sua unicità e pienezza. In qualsiasi fase dello sviluppo, a partire con la formazione dello zigote, noi abbiamo di fronte lo stesso ed unico nuovo essere.

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IGNACIO CARRASCO DE PAULA L'EMBRIONE PREIMPIANTATORIO TRA NATURA E PERSONA L'argomentazione etica in relazione all'embrione nella fase pre-impianto in generale, ed in concreto la discussione sulla possibilità di un suo utilizzo come soggetto di ricerche sperimentali oppure come eventuale donatore di tessuti e/ o di cellule, è strettamente dipendente dal problema ontologico, cioè dalla identificazione della vera natura o identità dell'embrione. Infatti, tra questione etica (come ci si debba comportare nei confronti di un soggetto) e questione ontologica (chi o che cosa sia tale soggetto) esiste un saldo rapporto dal momento che il rispetto dovuto ad un ente deve essere commisurato al suo valore o preziosità. Per valore qui intendiamo non il prezzo eventualmente stabilito dalle regole di mercato, ma il pregio oggettivo che scaturisce dalla perfezione dell'essere. In questo senso riteniamo che i viventi meritino giustamente un rispetto maggiore delle cose inanimate e, soprattutto, che gli esseri razionali siano meritevoli di un riguardo di gran lunga superiore a quello dovuto agli esseri irrazionali. Abbiamo addirittura coniato una parola particolare – dignità – per indicare lo specifico valore o preziosità dell'uomo. Per questo motivo, sciogliere il nodo della questione ontologica dovrebbe costituire un passo decisivo per dare una risposta definitiva alla questione etica nei riguardi dell'embrione umano. Infatti, se si tiene conto che persona significat id quod est perfectissimum in tota natura,1 e si riesce a dimostrare che l'embrione preimpiantatorio è veramente persona – dimostrazione che ritengo plausibile –, allora s'imporrebbe in modo apodittico il dovere di rispettare incondizionatamente la sua vita e la sua integrità. Tutto questo giustifica l'enorme interesse tra gli studiosi per il problema dell'identità dell'embrione. Tuttavia, la questione morale non dipende solo dall'ontologia. Per esempio, l'Istruzione Donum Vitae, un Documento del Magistero della Chiesa Cattolica importante tra l'altro perché ha applicato esplicitamente la norma personalista all'embrione umano fin dal concepimento, cioè il dovere di trattarlo con i riguardi dovuti a una persona, non tenta nemmeno di fondare tale conclusione etica sull'identità personale dell'embrione,2 ma piuttosto su altri tre argomenti; 3 argomento biologico: i dati forniti dall'embriologia e dalla genetica autorizzano la tesi che siamo in presenza di un essere umano individuale nelle prime fasi dello sviluppo; 4 argomento biografico: è evidente che distruggere un embrione significa impedire la nascita di un essere umano; argomento etico: un principio generale della morale stabilisce che non è mai lecito agire con coscienza dubbiosa, pertanto persistendo il dubbio se l'embrione sia vera persona o meno, bisogna rispettarlo come tale, altrimenti si accetta il rischio di commettere un omicidio.5 Natura Umana e Persona Dopo aver presentato questa doverosa premessa, vorrei precisare che le riflessioni che andrò a proporre non si collocano nell'ambito della domanda sull'identità ontologica dell'embrione, ma piuttosto in quello relativo alla domanda sul rispetto dovuto all'embrione. All'origine di queste riflessioni sta una esperienza vissuta più volte, l'anno scorso, nei dibattiti che in Italia hanno preceduto il referendum sulla legge che regola le procedure di procreazione medicalmente assistita. Infatti, in tali circostante è accaduto che, quando la discussione verteva sugli aspetti fondativi, quasi sempre a priori si ritenevano scontati due postulati che in realtà scontati non sono. Primo postulato: chi si dichiara favorevole all'applicazione della norma personalista all'embrione avrebbe l'obbligo di dimostrare inequivocabilmente che l'embrione sia persona. Secondo postulato: dimostrare che l'embrione sia persona sarebbe necessario persino per dirimere se possieda o meno una vera natura umana, poiché si ritiene che l'embrione o è persona o non è umano.6 Proprio in questa prospettiva mi permetto di attirare l'attenzione sulle tesi che intendo ora sostenere, tesi che si collocano sul polo opposto ai due postulati appena citati; cioè: prima tesi: la norma personalista è pertinente all'embrione umano anche indipendentemente del problema metafisico che riguarda la sua identità personale; seconda tesi: non si può escludere – almeno in linea teoretica –

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l'esistenza di enti appartenenti alla specie umana, cioè in possesso di una vera natura umana seppure imperfetta, che non abbiano ancora raggiunto lo statuto di persona. Queste due tesi hanno una valenza epistemologica diversa. Mentre la prima obbedisce alla logica dell'intelletto pratico, dell'etica, la seconda cade in pieno sotto le regole logiche dell'intelletto speculativo costituendosi pertanto in un argomento rigorosamente metafisico che potremmo riassumere nel seguente modo: persona è il modo di essere proprio della natura umana; la natura umana può essere persona sia in actu che in potentia; finché non passa dalla potenza all'atto, raggiungendo così la perfezione dell'essere personale, tale natura sarà umana ma imperfetta; tuttavia si deve parlare di vera natura umana poiché non può diventare attuale quello che non è stato posseduto in modo potenziale. In questo senso, p.e., potrebbe essere interpretata la nota affermazione di Tertulliano: “È già un uomo colui che lo sarà” (Apologeticum, IX, 8). La Questione Morale Sarebbe di estremo interesse soffermarsi sulla dimensioni metafisiche di quanto abbiamo appena esposto. Tuttavia, dato che per questa tavola rotonda mi è stato chiesto di prestare attenzione soprattutto agli aspetti etici, mi propongo ora di esaminare su quali basi teoretiche studiosi di grande autorevolezza, anzi rappresentativi della migliore tradizione morale cattolica, come S. Tommaso d'Aquino e Sant'Alfonso Maria de' Liguori, da una parte concedono che l'embrione nelle prime fasi dello sviluppo non possa essere considerato persona, dall'altra in pratica sostengono un'atteggiamento simile al principio personalista cioè che dal momento della fecondazione l'embrione meriti un rispetto incondizionato come quello dovuto alla persona umana. A questo proposito ritengo indispensabile esaminare non solo gli argomenti addotti a favore di questa tesi ma anche i concetti che ne costituiscono l'impianto teoretico e che consentono loro di attuare una prassi equivalente alla norma personalista.7 Sant'Alfonso Maria de' Liguori, Delitto contro la Vita La posizione adottata da Sant'Alfonso rappresenta il parere comune della tradizione morale cattolica fino all'inizio del secolo ventesimo. La morale post- tridentina, più che illustrare il dovere positivo di accoglienza e di rispetto per la vita nascente, preferiva sottolineare la gravità dell'infrazione di tale dovere. Ora è fuori dubbio che per il Liguori ogni attentato contro la vita del neoconcepito è sempre materia grave; tuttavia solo nel feto già informato da un'anima spirituale – pertanto persona – si potrebbe parlare di omicidio; altrimenti si tratterebbe di un delitto contro la generazione, cioè un peccato che si colloca nella fattispecie della contraccezione.8 Per Sant'Alfonso la questione ontologica gioca, pertanto, un ruolo del tutto secondario, fino al punto che neppure invoca il principio del dubbio peraltro usato spesso in altri passi della sua Theologia moralis; per lui è sufficiente l'evidenza incontrovertibile che, p. e., l'aborto comporta l'interruzione della crescita di una vita umana, il che a rigor di logica costituisce un fatto gravissimo, sebbene perpetrato nelle prime settimane della gravidanza non possa essere considerato un vero omicidio. Di conseguenza, nella prospettiva di Sant'Alfonso, l'embrione umano preimpiantatorio in nessun caso potrebbe essere usato a scopo di ricerca o come eventuale donatore di materiale biologico. Solo si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di usare le spoglie di un embrione una volta accertata la morte, e questo a determinate condizioni, come p. e. che si eviti lo scandalo e venga esclusa qualsiasi relazione causale tra la morte e l'eventuale utilizzo del cadavere. Ma qui entriamo in una problematica del tutto marginale al nostro argomento. San Tommaso d'Aquino La posizione di Tommaso d'Aquino è ben nota; egli è stato, inoltre, citato più volte nei dibattiti italiani intorno alla legge sulla procreazione medicalmente assistita. In continuità con Aristotele,9 e condividendo con lui i concetti metafisici di materia e di forma e l'errata biologia del tempo, sosteneva

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che l'embrione entrava in possesso di un'anima razionale solo qualche settimana dopo la fecondazione. Ora, senza anima spirituale non c'è persona, senza spirito non ci può essere un soggetto sostanziale individuale di natura razionale. Sotto questa luce, possiamo dedurre: o che Tommaso fosse un “liberal” ante litteram, che riteneva l'embrione nelle prime fasi del suo sviluppo privo di dignità, oppure che egli pensasse che non fosse indispensabile riconoscere la presenza di un'anima spirituale nell'embrione per essere obbligati a rispettarlo in modo incondizionato. Detto in un altro modo: 1) alla domanda ontologica: nei primi quindici giorni, l'embrione umano è persona? Tommaso avrebbe sicuramente risposto: non lo è, e nemmeno nei 15 giorni seguenti o almeno – secondo l'autorità di Aristotele – non risulta; 10 2) alla domanda etica: possiamo quindi manipolarlo, strumentalizzarlo o eliminarlo per motivi proporzionati? Altrettanto sicuramente avrebbe risposto: assolutamente no, non ci sono motivi proporzionati che possano giustificare una cosa del genere, non è eticamente permessa l'uccisione deliberata di un essere umano innocente, neanche prima che abbia ricevuto l'anima spirituale. Per valutare il peso reale di queste affermazioni, è doveroso sottolineare che San Tommaso non si è mai posto esplicitamente queste due domande e nemmeno si è interessato in modo diretto al problema dello statuto dell'embrione. La maggior parte dei testi che possono avere un qualche significato in proposito si pongono in particolare contesto teologico: quello cristologico (Gesù è perfectus homo dal momento del concepimento) o quello escatologico (se i bambini non nati godranno o meno del beneficio della risurrezione). Per quanto riguarda le conclusioni sul piano etico, basta l'evidente continuità corporale fra embrione e uomo adulto – tutti siamo stati embrioni – per dedurre che l'embrione partecipa veramente della natura che rende umano ogni uomo che ha raggiunto la piena maturità del suo essere. L'embrione umano, infatti, prima di ricevere l'anima spirituale è pur sempre umano, cioè è un vivente che appartiene alla specie umana, possiede una vita che è veramente umana sebbene imperfetta e destinata a cedere il passo ad un vita umana in senso pieno come è la vita personale.11 È chiaro che questo concetto di natura umana imperfetta versus natura umana perfetta crea parecchia difficoltà alla mentalità moderna, soprattutto perché tale mentalità ha messo in soffitta la nozione metafisica di natura e tende a leggere ogni rapporto tra perfetto e imperfetto in chiave esclusivamente dialettica ed evoluzionista. Per San Tommaso invece le cose stavano in un altro modo, in primo luogo perché lo stesso concetto di vita ammetteva gradazioni,12 e in secondo luogo perché il rapporto fra perfetto e imperfetto era visto dalla prospettiva del concetto chiave di partecipazione13secondo il quale omne imperfectum est quaedam participatio perfecti.14 La partecipazione non appartiene al linguaggio metaforico o simbolico, ma indica un modo di essere reale, una condizione o identità effettivamente posseduta, sebbene non in modo pieno, ma incompleto o parziale. Pertanto, comprendere l'embrione come qualcuno che partecipa dal momento del concepimento dell'essere personale dell'uomo autorizza a sostenere che tale soggetto debba essere rispettato come persona, cioè in modo incondizionato.

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1. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologia, 1, 29, 3. 2. Una tesi peraltro che si ritiene molto probabile. Vedi: Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum Vitae, I, 1. 3. Naturalmente, l'Istruzione presenta soprattutto argomenti ex auctoritattibus theologicis, in particolare della Sacra Scrittura e della Tradizione. 4. Il Documento parla delle “recenti acquisizioni della biologia umana la quale riconosce che nello zigote derivante dalla fecondazione si è già costituita l'identità biologica di un nuovo individuo umano” (Donum Vitae, I, 1). 5. Principio proposto dalla Dichiarazione sull'aborto procurato, del 18.11.1974 n. 13: “Anche se ci fosse un dubbio concernente il fatto che il frutto del concepimento sia già una persona umana, è oggettivamente un grave peccato osare di assumere il rischio di un omicidio”. 6. Forse su questo secondo postulato ha influito un'interpretazione errata di una domanda chiaramente retorica avanzata dalla Donum Vitae (I, 1): “Come un individuo umano non sarebbe una persona umana?”. 7. La domanda non è applicabile alla posizione del Magistero, perché la sua dottrina vale per quello che effettivamente insegna (p. e. l'embrione va rispettato in modo incondizionato) non per le ragioni che vengono fornite a sostegno di tale insegnamento: queste possono cambiare e persino essere assenti. 8. S. Alfonso Maria de' Liguori, Theologia moralis, l. 3, t. 4, c. 1, d. 4, n. 394. 9. Aristotele, De Generatione animalium, II, (B) 1, 731 b – 6, 745 b. 10. La presenza dell'anima spirituale, secondo l'errata biologia del tempo, richiederebbe un corpo con omnia membra distincta anche se ancora molto piccolo: “In quantitate...sicut magna formica” (S. Tommaso d'Aquino, In III Sent. 3 5 2 ad 3). È bene ricordare che queste interpretazioni sono stata superate dalle attuali conoscenze biologiche. 11. “Embrio antequam habeat animam rationalem non est ens perfectum, sed in via ad perfectionem” (Id., De Potentia 3 9 ad 10). 12. “In generatione animalis et hominis in quibus est forma perfectissima, sunt plurimae formae et generationes intermediae, et per consequens corruptiones, quia generatio unius est corruptio alterius. Anima igitur vegetabilis, quae primo inest, cum embryo vivit vita plantae, corrumpitur, et succedit anima perfectior, quae est nutritiva et sensitiva simul, et tunc embryo vivit vita animalis; hac autem corrupta, succedit anima rationalis ab extrinseco immissa” (Id., Summa Contra Gentiles, 2, 89, 11). 13. Il concetto di partecipazione va considerato in questa sede, nel senso qualitativo di partialiter esse e non in senso quantitativo di partem capere. Cf. Fabro C., La nozione metafisica di partecipazione, Torino, 1969. 14. S. Tommaso d'Aquino, I, 93, 2 ad 1.

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ROBERT SPAEMANN QUANDO L'UOMO INIZIA A ESSERE PERSONA? La parola persona non è un termine sortale servendosi del quale determinati individui possono essere inseriti in una classe naturale di oggetti e identificati come esemplari di questa specie. Per sapere se qualcuno è un qualcuno, cioè una persona, e non invece un qualcosa, ovvero una cosa, dobbiamo averlo già identificato come un essere vivente di una certa specie, per esempio come un uomo. Quello di persona non è però neppure un concetto generico, come per esempio quello di "mammifero", un concetto sotto il quale possono essere sussunti più concetti specifici. Il termine persona è piuttosto, come scrive Tommaso d'Aquino, un nomen dignitatis. Chiamare qualcuno una persona significa riconoscergli uno status: lo status di un fine in sé. La nozione di fine in sé ci è familiare grazie all'imperativo categorico di Kant: "Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo".1 Non potremmo esistere senza usare continuamente gli uni degli altri come mezzo per i nostri fini. Ma in linea di principio questa strumentalizzazione deve essere reciproca. Non possiamo ridurre le persone allo status di semplici mezzi per i nostri fini. Di qui viene, per esempio, il divieto della schiavitù. La ragione di questo divieto sta nel fatto che l'uomo, in quanto è un essere dotato di ragione e quindi libero, è in grado di proporsi lui stesso dei fini e di rinunciare ai propri fini quando si convinca che è giusto farlo. Per questo però ha il diritto che gli siano fatte subire soltanto quelle conseguenze dell'agire altrui di cui gli può essere data una giustificazione. Le persone in quanto esseri liberi sono soggetti che hanno il diritto di chiedere ad altri una giustificazione dei loro comportamenti. Ho detto che l'idea di persona come fine in sé ci è familiare grazie a Immanuel Kant. In realtà essa è, naturalmente, più antica. Tommaso d'Aquino scrive in modo lapidario: Homo est naturaliter liber et propter seipsum existens.2 Gli esseri liberi si caratterizzano per il fatto di avere un rapporto diverso da quello di altri esseri viventi con la propria essenza, con la propria natura, con la propria determinazione qualitativa. Non sono semplicemente esemplari, elementi rappresentativi della specie alla quale vengono assegnati da un osservatore esterno, ma hanno un rapporto soggettivo con la propria natura, con la propria determinazione qualitativa. Si potrebbe dire che non sono la propria natura, ma hanno la propria natura. Non sono neppure, come riteneva Sartre, pura soggettività priva di essenza che si dà poi un certo modo di essere. Hanno già un modo di essere, ma non si identificano semplicemente con quello. Il loro essere è il possesso di una natura. Per questa ragione la mente umana ha sempre immaginato storie di metamorfosi, come si vede in Ovidio ma pure nelle favole popolari. La cosa interessante di questi racconti è che in essi gli uomini si trasformano in altri esseri rimanendo però se stessi. Come abbiamo detto: a differenza di tutte le altre cose e di tutti gli altri esseri viventi, le persone hanno un rapporto con ciò che sono. Chi sono non s'identifica con ciò che sono. In un celebre saggio, Harry Frankfurt ha attirato l'attenzione sul fatto che gli esseri umani non soltanto desiderano ciò che desiderano, ma possono pure desiderare di avere desideri diversi.3 Può essere questo il caso per esempio di un tossicodipendente. Gli esseri umani possono essere scontenti del proprio aspetto e del proprio carattere. Frankfurt parla di secondary volitions. Le persone possono averesecondary volitions. Per questo le persone possono fare promesse, cioè possono vincolare il proprio volere futuro concedendo ad altri il diritto di pretendere che vorranno una certa cosa. E per questo alle persone si può perdonare. Non si deve chiudere la questione pensando che una persona sia precisamente quel qualcuno che ha agito in un certo modo e che tale resterà per sempre. Possiamo e dobbiamo concedere agli altri la possibilità di allontanare da sé le proprie azioni. Il nostro concetto di persona, a differenza di quello dell'antichità, è profondamente influenzato dalla teologia cristiana. Nella dottrina trinitaria concepiamo Dio come una natura che ha la caratteristica di essere posseduta in tre modi. E in Cristo concepiamo una persona che possiede due essenze, sebbene in

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modo tale che questa unica persona è definita dal possesso della natura divina ed è questa persona divina che adotta una seconda natura umana. Dottrina trinitaria e cristologia hanno preparato la comprensione strutturale dell'essenza della personalità. Se riflettiamo su quanto detto fin qui, potrebbe sembrare che si debba concludere che il riconoscimento degli esseri umani come persone debba dipendere dalla presenza effettiva in essi delle caratteristiche per mezzo delle quali la personalità è definita. Sembrerebbe ragionevole pensare che si possano considerare persone soltanto gli esseri che possiedono una qualche forma di autocoscienza, cioè un rapporto cosciente con sé e con la propria vita. Proposte che vanno in questa direzione sono state in effetti ripetutamente avanzate nei dibattiti degli ultimi decenni. Si è negato cioè che gli embrioni, i bambini, gli handicappati psichici gravi e gli individui colpiti da demenza senile possano essere considerati persone e si è chiesto che la nozione di dignità dell'uomo presente nelle costituzioni degli Stati europei e dell'ONU venga sostituita con la nozione di dignità della persona. Questo modo di pensare non è privo di radici nella tradizione europea. Mentre il grande rivoluzionario Immanuel Kant si oppone senza mezzi termini a questa concezione, essa trova invece un certo sostegno in Tommaso d'Aquino, il quale riteneva che tutti gli uomini tranne Gesù Cristo nelle prime fasi della loro esistenza embrionale abbiano inizialmente un'anima animale, che con un atto creativo Dio sostituisce poi con un'anima umana, ovvero con un'anima personale. Per motivi scientifici, oggi non c'è praticamente più nessuno che sostenga questa idea. È diventata sempre più dominante, invece, la concezione di persona di John Locke. Locke vuole limitare strettamente il proprio ontological commitment ai contenuti dell'esperienza interna ed esterna, escludendo quindi sia i risultati di una trascendenza ontologica sia quelli di una riflessione trascendentale. La personalità per lui non è perciò un modo di esserericonoscibile grazie a determinati stati di coscienza, ma non è altro che uno stato di coscienza di tale genere. È lo stato di una soggettività che si percepisce come identica attraverso il flusso del tempo. Poiché per l'empirismo vi sono soltanto stati di cui abbiamo esperienza interna ed esterna, ma non vi è un sostrato di tali stati, in questa prospettiva non vi sono neppure persone prive di coscienza o persone che dormono. David Hume ha poi fatto un passo ulteriore arrivando a negare del tutto l'esistenza della personalità. Egli ritiene infatti che non vi sia in realtà alcuna esperienza che si estende nel tempo. Esiste il ricordo, ma ogni ricordo si dà come esperienza presente qui e ora. Il ricordo non è la presenza del passato, ma la presenza di un'immagine attuale di ciò che noi adesso riteniamo essere il passato. Per questo il ricordo può anche ingannare. Vi sono quindi sempre soltanto esperienze attuali istantanee, ma non un'identità estesa nel tempo alla quale il pronome ‘io’ si riferisca. Sulla linea di Locke si colloca oggi per esempio Derek Parfit con il libro Reasons and Persons. Per Parfit non vi è continuità della persona attraverso il sonno. Chi dorme non è una persona e chi si sveglia non è la stessa persona che si era addormentata qualche tempo prima. Ogni volta che qualcuno si addormenta termina l'esistenza di una persona. Colui che si sveglia eredita da colui che si è addormentato certi contenuti della memoria a causa dell'identità fisiologica dell'organismo umano e del suo cervello. È interessante notare che in questo modo Parfit è in grado di dare una giustificazione di altro tipo ai doveri verso se stessi che altrimenti avevano soltanto una giustificazione di tipo religioso. Il dovere di provvedere alla mia salute in questa prospettiva è un dovere nei confronti di un essere diverso da me, ovvero nei confronti di qualcuno che è in un certo senso un mio discendente. Qui la personalità viene dunque chiaramente distinta dall'umanità. Esistono gli uomini, che sono esseri viventi, e vi sono stati personali di molti di questi uomini, ma non di tutti. L'essere della persona non inizia dunque con la sua esistenza come organismo umano vivente ma soltanto con il progressivo destarsi di certi stati di coscienza. Quanto questa concezione si sia diffusa senza che neppure ce ne si accorgesse, lo si può vedere dal fatto che nientedimeno che il Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, intervenendo qualche anno fa nella discussione a proposito della cosiddetta morte cerebrale, affermò che poteva darsi che la morte cerebrale non fosse la morte dell'uomo ma che si trattava comunque della morte della persona.

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Desidero argomentare contro questa concezione e sostenere la tesi che l'essere persona non è una caratteristica dell'uomo, ma è il suo essere, e perciò non inizia in un momento successivo a quello in cui inizia a esistere una nuova vita umana non identica all'organismo dei genitori. Le persone non sono una specie naturale che possiamo identificare con una descrizione. Nessuno ci può prescrivere quando dobbiamo e quando non dobbiamo usare la parola persona. Non si tratta qui innanzitutto di una questione teoretica, ma di una questione pratica, di una questione etica. Chiamare qualcuno qualcuno e non qualcosa è un atto di riconoscimento che nessuno può essere costretto a compiere. Tuttavia questa decisione non è arbitraria. L'atto di riconoscimento di qualcuno come qualcuno e non come qualcosa che è connesso con il nostro uso della parola personaha una sua logica immanente. Una limitazione ingiustificata della cerchia di coloro che ricevono tale riconoscimento cambia la natura di questo atto anche nei confronti di coloro che vengono riconosciuti come persone. E fissare in modo ingiustificato, al principio della vita, un momento nel quale tale riconoscimento abbia inizio porta inevitabilmente a stabilire in modo altrettanto ingiustificato un termine nell'ultimo stadio della vita. Una persona è qualcuno e non qualcosa. Non c'è un passaggio continuativo da qualcosa a qualcuno. Non sarebbe corretto dire: ‘Qualcuno è qualcosa con questa o quella caratteristica’. Qualcuno non è qualcosa. Per questo, per dire che cosa significa la parola qualcuno, dobbiamo esprimerci in modo tautologico: chiamiamo qualcuno qualcuno che ha questa e quella caratteristica. Ma anche questo non è corretto. Noi consideriamo infatti come qualcuno certi esseri e in particolare gli esseri umani anche quando non possiedono di fatto queste caratteristiche. La nostra posizione è forse espressa nel modo migliore da una frase di David Wiggins: ‘‘A person is any animal the physical make-up of whose species constitutes the species' typical members thinking intelligent beings, with reason and reflection, and typically enables them to consider themselves as themselves, the same thinking things, in different times and places’‘.4 L'unico punto in questa definizione su cui avrei qualcosa da ridire è l'espressione thinking things. Nessuno di noi chiama cosa un essere pensante. Che la presenza effettiva delle caratteristiche tipiche delle persone non sia la condizione della personalità, lo possiamo capire facilmente riflettendo sull'uso dei pronomi io e tu. Chiunque tra noi dice: “Io sono nato il tal giorno”, o: “Io sono stato concepito nella tale città”, sebbene l'essere che nacque o fu concepito in quel momento non fosse in grado di dire io. Il pronome personale io non si riferisce a un io-l'io è un'invenzione dei filosofi “ ma a un essere vivente che in un qualche momento successivo ha cominciato a dire io. E l'identità di questo essere vivente è indipendente da ciò di cui egli conserva effettivamente un ricordo. Qualcuno può essere ringraziato o rimproverato per azioni che lui stesso ha dimenticato. E naturalmente una madre dice a suo figlio: “Quando ero incinta di te...”; oppure: “Quando ti ho partorito...”. E non: “Quando portavo in me un organismo dal quale sei poi venuto tu”. Tutti i tentativi di slegare la personalità dalla vitalità, dall'esistenza di un organismo umano sono in contrasto con ciò che consideriamo intuitivamente evidente. Sono inconciliabili con l'uso della lingua da parte di ogni uomo normale. Questa normalità è peraltro la condizione perché gli esseri umani possano sviluppare le caratteristiche proprie delle persone. Una madre non ha l'impressione di condizionare una cosa con le sue parole fino al momento in cui questo qualcosa comincia a sua volta a parlare. Per questo un bambino non impara a parlare da un computer. Nel rapporto con il neonato la madre regredisce anzi essa stessa a un livello infantile e il rapporto tra lei e il bambino è quello che c'è tra due esseri umani. Dice tu al bambino, lo tratta come una piccola persona ed è soltanto perché il bambino viene trattato già come una persona che diventa ciò che egli era fin da principio e quale fin da principio era stato considerato. Chi divide l'essere persona dell'uomo dal suo essere un organismo vivente recide il vincolo dell'interpersonalità all'interno della quale soltanto le persone diventano ciò che sono. Le persone infatti esistono soltanto al plurale (l'uso della parola personain riferimento a Dio ha senso soltanto nel contesto della dottrina trinitaria).

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Un altro argomento contro l'idea di legare l'essere persona alla presenza effettiva di determinate caratteristiche si basa sull'osservazione che ponendo tale condizione si trasforma l'atto di riconoscimento delle persone in un atto di cooptazione. Si consegnano coloro che arrivano dopo all'arbitrio di coloro che già si riconoscono fra loro. Infatti sono costoro che definiscono le caratteristiche in base alle quali qualcuno viene cooptato nella comunità delle persone. Fino a che punto si tratti qui di una decisione arbitraria, lo vediamo dall'estrema varietà delle opinioni degli scienziati a proposito del momento in cui devono essere riconosciuti i diritti della persona. Secondo alcuni la tutela della vita deve cominciare nel terzo mese di gravidanza, secondo altri deve cominciare al momento della nascita, altri ancora ritengono che si debba aspettare la sesta settimana dopo la nascita, mentre Peter Singer, coerentemente, non concede un diritto alla vita ai bambini al di sotto dei due anni. Se abbandoniamo l'unico criterio dell'appartenenza alla specie Homo sapiens e della discendenza da membri di questa specie, stabilire a quali uomini spettino diritti personali e a quali non spettino diventa una pura questione di potere. La dignità della persona comporta che essa prenda il posto che le compete nella comunità universale delle persone non come qualcuno che di questa diventa membro per cooptazione ma come qualcuno che è tale per nascita. Ogni uomo appartiene a tale comunità per il fatto di appartenere alla famiglia degli uomini, cioè per il fatto di avere un rapporto di parentela con degli esseri umani. La biologia evoluzionistica, per esempio con i lavori di Ernst Mayr, ha abbandonato l'idea di definire la specie come una classe alla quale gli esemplari appartengono in virtù di una qualche somiglianza, come accade nel caso della classificazione di cose inanimate. Il concetto di classe viene sostituito dal concetto di popolazione. A una popolazione un animale appartiene in forza di una relazione genealogica, cioè in forza dell'origine comune e dell'interazione sessuale. I rapporti di parentela tra esseri umani non sono però mai una mera realtà biologica. Sono sempre al tempo stesso rapporti personali. Padre e madre, figlio e figlia, fratello e sorella, nonno e nonna, cugino e cugina, zio e zia, cognato e cognata sono posti determinati in una struttura interpersonale. E chiunque occupi uno di questi posti lo occupa fin dal principio della sua esistenza biologica e lo conserva per tutto il tempo della sua vita e anzi anche al di là di quello. Vi è qui una differenza rispetto a quasi tutti gli animali. Un embrione è figlio dei suoi genitori fin dal primo momento della sua esistenza. In quanto membro di una famiglia umana egli è però membro di una comunità di persone, ma in quanto membro di una comunità di persone è egli stesso una persona del tutto a prescindere dal darsi o no di certe caratteristiche. Si racconta che Peter Singer assista in modo ammirevole la madre malata di Alzheimer. Quando gli fu chiesto in un'intervista come il suo comportamento nei confronti della madre si potesse conciliare con la sua convinzione che il morbo di Alzheimer cancella la personalità, pare che egli abbia risposto che si trattava per l'appunto di sua madre. Cioè: la madre resta madre e il figlio resta figlio. Questo è però un rapporto personale, del tutto a prescindere dal fatto che entrambe le persone coinvolte ne siano o no consapevoli soggettivamente, e perciò la madre resta una persona finché vive, così come il figlio è figlio dal momento in cui è vivo. Se la parentela biologica non fosse al tempo stesso qualcosa di personale, come si potrebbe spiegare il fatto che i bambini nati al di fuori del matrimonio o adottati, al più tardi durante la pubertà, manifestano il desiderio di conoscere il proprio padre carnale o i propri genitori carnali? Considerano il rapporto con un parente che non conoscono come parte della propria identità personale. Qualcosa di analogo è vero del resto nel caso del rapporto sessuale tra uomo e donna. Anch'esso non è mai qualcosa di meramente biologico. Quando lo si riduce a questo si tratta di una depravazione. Quello che vi è di intelligente nella perversità del marchese de Sade è il fatto che essa è voluta proprio in quanto depravazione e umiliazione. Allo stesso modo è però anche vero il contrario: la realtà personale nell'uomo ha sempre anche un aspetto biologico. Non per niente la vita eterna viene presentata come cena vitae aeternae, come un mangiare e bere in compagnia. E la verginità della madre di Gesù secondo la fede della Chiesa non è un fatto puramente spirituale, ma la realtà spirituale trova la sua espressione nel fatto che Gesù è stato concepito senza l'intervento di un uomo.

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La domanda sull'inizio temporale della personalità umana, in realtà, è una domanda a cui non si può rispondere. La personalità è infatti qualcosa di sovratemporale. Grazie a essa l'uomo è partecipe del mundus intelligibilis. Essa significa che l'uomo è un essere capace di conoscere la verità. Ma la verità è al di sopra del tempo. Che noi oggi siamo riuniti qui a Roma è sempre stato vero e resterà vero in eterno. Poiché la personalità è partecipazione alla sovratemporalità, è vano ogni tentativo di indicare un momento del tempo in cui essa inizi. Come non possiamo constatare l'istante della morte, ma soltanto dire retrospettivamente: “Adesso quest'uomo non è più in vita”, così, quando abbiamo a che fare con un essere umano, possiamo soltanto dire: “Questa è una persona”. Questo era peraltro anche il modo di vedere di Immanuel Kant, il quale scrive che, “siccome il prodotto è una persona, ed è impossibile farsi un concetto della produzione di un essere dotato di libertà per mezzo di un'operazione fisica, è un'idea assolutamente giusta e anche necessaria, dal punto di vista pratico, il considerare la procreazione come un atto per mezzo del quale abbiamo messa una persona al mondo”.5 Si potrebbe dire che l'identificazione del divenire persona con il momento della generazione consegue dall'impossibilità di fissare in un qualunque modo un inizio della persona nel tempo. Chiunque proponga di identificarla con un momento successivo in definitiva pretende di sapere di più di quello che può sapere. Questo vale anche per San Tommaso d'Aquino, il quale accettava questa identificazione soltanto nel caso di Gesù Cristo. Per tutti gli altri uomini egli riteneva che l'anima razionale e perciò personale venisse creata immediatamente da Dio soltanto nel quarantesimo giorno dal concepimento, sostituendosi all'anima sensitiva (animale) che era stata presente fino a quel momento. Dietro questa ipotesi sta il thyrathen di Aristotele, cioè la dottrina aristotelica secondo cui l'intelletto non viene generato insieme all'anima quale parte di questa ma entra nell'uomo dal di fuori.6 Questa dottrina poggiava sull'idea che l'intelletto non sia definibile richiamandosi a una funzione biologica ma debba invece essere inteso come partecipazione alla realtà sovratemporale. Contrariamente ad Aristotele, Tommaso sostenne che l'intelletto è parte dell'anima, ma soltanto nel senso che l'anima per lui si definisce in base alla sua intellettualità. E proprio per questo essa non può avere origine per via di riproduzione, ma soltanto grazie a un atto creativo immediato, senza che i genitori fungano da cause seconde. Questa dottrina non è più sostenibile dal momento in cui sappiamo che lo sviluppo dell'uomo, guidato dal suo programma genetico, procede senza alcuna soluzione di continuità e che i caratteri ereditari danno anche all'intellettualità del singolo uomo la forma che le è propria. Con questo diventa però poco plausibile anche la supposizione che la genesi dell'anima personale non sia dovuta in alcun modo alla riproduzione, giacché questa idea sta e cade con la tesi dell'animazione successiva. Se infatti l'anima razionale prende possesso dell'uomo soltanto in un momento successivo, allora i genitori generano come tutti gli organismi viventi un organismo di natura animale. Se però questo stadio animale non si dà, che cosa generano allora i genitori? Un organismo inanimato? Non si potrebbe parlare in questo caso di generazione. Se fin dal principio l'essere umano vive grazie all'animazione da parte di un'anima razionale, non può essere che questa animazione non abbia nulla a che vedere con la procreazione da parte dei genitori. In questo senso, dobbiamo comprendere bene quello che Giovanni Paolo II afferma nell'Enciclica Evangelium Vitae quando dice che la creazione dell'anima umana da parte di Dio è per così dire inscritta nell'atto della generazione umana.7 Non si tratta qui di un'affermazione estemporanea, ma di un invito rivolto all'antropologia teologica a ripensare a fondo il nesso tra l'atto generativo e il thyrathen della creazione dell'anima razionale. Da ultimo desidero accennare soltanto brevemente alla domanda sull'inizio della vita umana, che dobbiamo identificare con l'inizio della personalità umana. A questa domanda non si può rispondere senza il contributo della scienza biologica. In questa sede sia permesso al filosofo di fare soltanto tre osservazioni. Non ha senso parlare di vita umana intendendo con ciò qualcosa di diverso dalla vita di esseri umani. Vivere viventibus est esse, scrive Aristotele 8 e con lui San Tommaso. Non esiste una vita umana anonima. Quando inizia la vita embrionale, o abbiamo a che fare con la vita della madre o si

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tratta della vita di un nuovo essere umano. La scienza è però concorde sul fatto che la vita di una nuova struttura di DNA non è la vita della madre. Quindi tale vita è l'esistenza di un nuovo essere umano diverso dalla madre. Non ha senso far cominciare la vita “ e quindi la personalità “ di questo nuovo essere umano soltanto dal momento in cui si sia raggiunto un certo grado di indipendenza dalla vita della madre, per esempio dal momento dell'annidamento, perché, si dice, soltanto da quel momento in poi è possibile uno sviluppo autonomo. Questo è vero, ma ciò che si sviluppa autonomamente esiste già prima di aver trovato il posto a lui conveniente nel ventre materno. D'altra parte questo essere non si sviluppa autonomamente nemmeno dopo quel momento, ma ha invece bisogno continuamente di ciò che gli viene dall'organismo della madre. Ma di questo ha bisogno anche dopo la nascita. Se autonomia significa indipendenza dall'aiuto altrui, allora il bambino raggiunge tale autonomia soltanto molti anni dopo la nascita. Anzi, un'indipendenza completa non la raggiungiamo mai. L'esistenza umana dipende sempre da un certo grado di solidarietà. Quello che è chiesto a Caino è che egli sappia dov'è suo fratello. “Sono forse il custode di mio fratello?”. È la risposta dell'assassino. Come stanno le cose nel caso dei gemelli monozigotici? Ho detto che la vita umana è sempre la vita di un essere umano. Ma non dovremmo dire che fintanto che nello sviluppo della vita embrionale non sia deciso se si tratta di un essere umano o di due o di tre non si tratta ancora di una vita personale? Non mi sembra che questa risposta sia necessaria. Innanzitutto, anche i gemelli monozigotici come gli altri esseri umani, in seguito, quando saranno arrivati all'uso della ragione, diranno che sono stati concepiti nel tale momento o nelle tali circostanze. Indicheranno come loro la vita umana nascente che era la loro. E se a questo proposito invece di dire io diranno noi, è pure vero che il pronome noi non è meno personale del pronome io. Noi significa sempre una pluralità di persone e non una vita anonima e priva di soggetto. E se noi cristiani intendiamo la personalità come un venire interpellati da parte di Dio, allora questo significa che Dio ha da sempre visto nella vita che aveva così avuto origine le due o tre persone del cui comune inizio qui si tratta. È pure possibile la concezione dell'embriologo Blechschmidt, il quale ritiene che lo zigote che in seguito si divide sia unapersona, dalla quale poi, come Eva dalla costola di Adamo, si stacca una seconda persona. Entriamo qui in un ambito in cui si fanno ipotesi di carattere puramente speculativo. Ed è legittimo farle. Anche l'ipotesi di una divisione successiva di una vita anonima in due persone è di carattere puramente speculativo. Ma è un'ipotesi che si trova in conflitto con certe evidenze ontologiche fondamentali. È sufficiente che vi siano ipotesi alternative che sono compatibili con tali evidenze. Chi in questo ambito voglia prescrivere un'astinenza di stampo radicalmente empiristico, dovrebbe essere coerente. È stato coerente David Hume il quale confessò di non sapere che cosa farsene dell'idea di persona e dichiarò di non essere uno di quegli uomini "che hanno la fortuna di avere un io".

1. Kant I., Fondazione della metafisica dei costumi, in Scritti morali, Torino: UTET, 1970: 88. 2. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, IIa IIae, q. 64, a. 2, ad 3. 3. Frankfurt H., Freedom of the Will and the Concept of a Person, The Journal of Philosophy

1971, 68: 5-20. 4. Wiggins D., Sameness and Substance, Cambridge: Harvard University Press, 1980: 188. 5. Kant I., La metafisica dei costumi, Roma-Bari: Laterza, 1989: 99-100. 6. Aristotele, De generatione animalium, II, 3, 736b 27-28. 7. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae, n. 43. 8. Aristotele, De anima, II, 4, 415b 13.

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JEAN-MARIE LE MÉNÉ PERCHÉ IL DOVERE DELLA TUTELA GIURIDICA DELL’EMBRIONE La collocazione di questo intervento nel programma (nella parte conclusiva), l'ambito specialistico cui fa riferimento (la giurisprudenza) e il carattere imperativo della sua formulazione (il dovere) contribuiscono a conferire un tono particolare alla mia presentazione. Nel momento in cui il giurista viene consultato, deve fornire una risposta rapida alla domanda. Non si vuole sapere se l'embrione preimpiantatorio debba essere protetto o meno. Questo si dà per scontato. Quello che si vuol sapere dal giurista è come si giustifichi tale obbligo di tutela. La risposta sarà semplice: se esiste un'ingiustizia, è necessario innanzitutto fermarla; poi bisognerà rimuovere le sue cause profonde. Fermare il Genocidio degli Embrioni Preimpiantatori Il giurista considera che l'embrione preimpiantatorio1 sia l'oggetto di un atto colpevole e di una condanna talmente generale e radicale che si può parlare, senza eccessi, di genocidio. La possibilità di crearlo per poi distruggerlo determina la sua definizione come embrione preimpiantatorio. Prima ancora di essere, l'embrione è utile e utilizzato. Rifiutato per ciò che è, desiderato per ciò che ha. Una disponibilità così totale di un essere non ha precedenti nella storia. Oggi, il Genocidio del 75% degli Embrioni nella fase del Preimpianto Una requisitoria unilaterale a partire dalla fecondazione extracorporea Nei diversi atti normativi, nazionali e internazionali,2 ci si sforza di dimostrare che l'embrione preimpiantatorio non può appartenere alla specie umana. Quando in un testo si fa riferimento all'embrione nei suoi primi stadi di sviluppo, lo si fa riempiendolo di accuse. Prima di tutto egli è colpevole di non essere un individuo. Come proteggere un essere che ha l'audacia di poter diventare più di uno, nella misura in cui l'embrione, in questo stadio così precoce, si può ancora moltiplicare o dividere? Poi, è colpevole di non assomigliare a noi, gli adulti. L'argomento morfologico come criterio dell'umanità – curioso in un procedimento giuridico – porta a cercare la prima traccia rivelatrice di una forma umana riconoscibile: è la famosa stria primitiva del quattordicesimo giorno che sostanzia l'illusione utilitarista del pre-embrione. L'embrione preimpiantatorio è ancora colpevole di non possedere le proprietà biologiche che caratterizzano invece l'essere umano già nato: manca di qualità immunologiche, di sensitività agli agenti teratogeni, di differenziazione sessuale. Infine, è accusato di nomadismo, di non avere un sito di residenza, una dimora fissa prima dell'annidamento in utero e questo ne farebbe un essere senza relazioni e, quindi, senza un posto nella società. Ma, soprattutto, egli è colpevole di non sapere ciò che è destinato a diventare, colpevole di un futuro incerto, di un avvenire indefinito. In natura, si verifica l'aborto spontaneo di un certo numero di ovuli fecondati, allora perché si vuole impedire agli scienziati semplicemente di anticipare questa selezione naturale? In alcuni casi lo sviluppo embrionale non può forse evolvere in tumore? “Come si può considerare allora l'embrione appena formato come una persona umana?” ha scritto M. Etienne Beaulieu, ex-Presidente dell'Accademia delle Science Francese.3 Tutte queste obiezioni rivolte contro l'embrione preimpiantatorio hanno un elemento in comune. L'embrione è colpevole di essere ciò che è, cioè di essere apparentemente elusivo, instabile e misterioso, fino al punto di generare incomprensione, reazioni irrazionali e negazioni della sua umanità.

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Colpevolezza nel 75% dei casi L'embrione preimpiantatorio 4 è soggetto, in pratica, al duplice vincolo del desiderio e della qualità che rappresentano un quadro di valutazione piuttosto povero. In primo luogo, gli embrioni preimpiantatori sono sia desiderati – qualcuno direbbe che vengono al mondo nell'ambito di un progetto parentale – sia indesiderati, se non sono o non sono più inseriti in questo progetto parentale. In secondo luogo, gli embrioni possono essere sani oppure malati. L'incrocio di queste alternative di base può sfociare soltanto in quattro scenari: embrioni desiderati e sani, embrioni desiderati e malati, embrioni non desiderati e sani, embrioni non desiderati e malati.

Embrioni desiderati Embrioni non desiderati Embrioni sani Giudizio sospeso Colpevoli Embrioni malati Colpevoli Colpevoli

A priori, solo l'embrione desiderato e sano merita di essere protetto poiché è l'unico innocente. L'embrione desiderato, ma malato è colpevole di non essere sano e sarà quindi eliminato. Pova di ciò è che la maggior parte dei Paesi industrializzati ha messo a punto metodi di diagnosi preimpianto per individuare embrioni malati allo scopo di far nascere soltanto bambini sani. Va da sé che se questi embrioni non fossero colpevoli, la società non li eliminerebbe, ma ne avrebbe cura e porterebbe avanti ricerche con lo scopo di guarirli. Senza dubbio, l'embrione non desiderato e malato è due volte colpevole. Riceve quindi una doppia condanna a morte sia per il fatto che non è voluto dai suoi genitori, sia perché, da parte sua, manca di sufficiente qualità. Per quanto riguarda l'embrione non desiderato, ma sano, anch'egli è colpevole. Colpevole di opporsi alla solidarietà tra le generazioni. Colpevole di privare la comunità del dono delle sue preziose cellule staminali (ES). Di certo, il diritto alla vita dell'embrione è tenuto in minor considerazione rispetto al diritto degli adulti malati di essere curati con cellule staminali provenienti da un embrione sano, ma non desiderato. “In queste condizioni “ si potrebbe sentir dire “ rifiutare di usare l'embrione equivale a negare l'assistenza medica”, o anche: “Il diritto alla vita dell'embrione, che priverebbe il paziente del beneficio della terapia cellulare, costituirebbe un crimine contro l'umanità”. Facendo i conti, ben il 75% degli embrioni preimpianto è realmente colpevole, nel senso giuridico del termine, nella misura in cui gli si può comminare la pena di morte. In effetti i tre quarti di questi embrioni contribuiscono sia a rendere malata la società, quando essi stessi sono malati, sia a non guarirla, quando non si concedono di buon grado alla scienza. Riguardo agli embrioni desiderati e sani, che rappresentano il rimanente 25%, neanche essi sono definitivamentre fuori pericolo. Il rispetto che gli si riconosce, non è una tutela uniforme dalla fecondazione alla nascita, ma una protezione graduale, progressiva e specifica per ogni momento del loro sviluppo. Bisogna tener presente che il fatto di essere desiderato, per un embrione, è revocabile ad nutum, in qualsiasi momento, e che la sua apparente buona salute può peggiorare.5 Si può dire che l'embrione desiderato e sano si trova in una situazione di rinvio. Domani, il Genocidio del 100% degli Embrioni Clonati Sembra che gli osservatori, quelli cristiani in particolare, non si rendano conto della reale gravità della colpevolezza dell'embrione preimpiantatorio, diventata ormai una nozione ampiamente diffusa. Ciò ha portato all'oscuramento del principio di indisponibilità dell'essere umano: l'embrione può essere selezionato, congelato, messo da parte, sottoposto a sperimentazione, donato, distrutto, etc. Questa nozione è l'anticamera dell'autorizzazione della clonazione umana.

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La clonazione umana, conseguenza della possibilità di disporre dell'embrione Nel 1998, alcuni gruppi americani isolarono e misero in coltura, per la prima volta, alcune cellule staminali embrionali umane. Da allora, si sono rapidamente aperte nuove prospettive “ le cosiddette terapie cellulari ” a partire dalla creazione di linee cellulari derivate dalle cellule staminali embrionali. Di fatto, il carattere terapeutico di queste ricerche è dubbio, soprattutto da quando, nel 1991, un gruppo francese dimostrò la presenza nel sangue degli adulti di cellule staminali mesenchimali pluripotenti.6 Da questo momento in poi, è apparsa dunque un'alternativa etica alla terapia cellulare con cellule staminali embrionali che richiede la soppressione della vita degli embrioni umani. Ma bisogna notare che in vari rapporti al Parlamento su argomenti di bioetica,7 dopo aver raccomandato l'uso degli embrioni soprannumerari, gli esperti hanno espresso da subito qualche riserva riguardo al problema dell'immunocompatibilità che potrebbe derivare dall'iniezione di cellule staminali embrionali nell'organismo adulto. Hanno dunque sistematicamente raccomandato di muoversi verso la soluzione del “trasferimento nucleare”, ossia dell'autorizzazione della clonazione umana. Il legame ideologico tra l'uso dell'embrione preimpiantatorio e la pratica della clonazione è evidente. Eccone una prova. I vari rapporti hanno tutti fatto riferimento alla possibilità di un rigetto, da parte del sistema immunitario, delle cellule staminali embrionali estratte dagli embrioni soprannumerari, quando invece la difficoltà non risiede qui. Per l'esattezza, queste cellule embrionali non vengono rifiutate dall'organismo ricevente. Esse si sviluppano nell'organismo. La questione che sorge è relativa, piuttosto, al controllo e alla gestione di questo sviluppo che tende a procedere in maniera disordinata (tumori). In altre parole, l'argomento presentato per giustificare il passaggio dall'uso degli embrioni soprannumerari alla pratica della clonazione umana, non è fondato scientificamente. Ma è efficace: la clonazione è una conseguenza tecnica inevitabile della disponibilità dell'embrione umano. La clonazione umana, giustificazione della disponibilità dell'embrione La trasgressione rappresentata dall'utilizzo dell'embrione umano non solo conduce logicamente alla clonazione, ma quest'ultima si giustifica anche a posteriori a partire dalla trasgressione iniziale. La clonazione umana è considerata da alcuni come una strumentazione riguardante gli artefatti cellulari prodotti senza la fecondazione, e non gli embrioni umani. Il biologo Henri Atlan,8 per esempio, non vede perché debba essere necessario, da un punto di vista etico, considerare un clone come un embrione umano per il solo fatto che il clone possa svilupparsi in embrione. Spiega perciò: “È una questione di potenzialità dell'embrione, che è una potenzialità della potenzialità! Da questo punto di vista se si considera un embrione come una persona, o una persona potenziale, sin dalla fecondazione, sarebbe molto più coerente contrastare l'uso degli embrioni soprannumerari “ che sono embrioni veri prodotti in vitro attraverso la fecondazione “ piuttosto che contrastare l'uso di cellule prodotte attraverso il trasferimento del nucleo somatico negli ovociti”. Si raggiunge, in questa posizione, il massimo della perversione del ragionamento. L'embrione non è degno di rispetto quando si tratta di difendere il suo utilizzo, ma una volta ottenuto lo scopo, l'embrione ridiventa degno di rispetto per giustificare il passaggio alla clonazione umana considerata, alla fine, come una trasgressione minore. L'argomento, ancora una volta, è efficace. In Francia, quando il Ministro della Sanità, Jean François Mattei, fece votare la legge sulla bioetica del 4 agosto 2004, che comprendeva sia l'autorizzazione all'uso degli embrioni soprannumerari a scopi di ricerca sia il divieto di clonazione umana, i suoi avversari non persero l'occasione per mostrare l'incoerenza e la fragilità di questa posizione. Perché proibire la clonazione umana se l'embrione umano non ha alcun valore, se non per guadagnare del tempo? Effettivamente avendo ceduto il principio del rispetto dell'embrione preimpiantatorio, l'autorizzazione pratica della clonazione umana resta semplicemente una questione di calendario politico.

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Non ci sono dubbi: si sta cambiando paradigma. Nella spirale della trasgressione, la disponibilità dell'embrione non indica il superamento di un ulteriore limite, ma un cambiamento nella natura stessa della trasgressione. Se l'aborto rappresenta ancora una deroga al divieto di uccidere, la sopravvivenza dell'embrione soprannumerario (e dell'embrione clonato) rappresenta già una deroga all'obbligo di uccidere. Questo potere, totale e totalitario, esercitato sull'essere umano, si nutre degli effetti di un processo sleale e permanente in cui non ci sono più né giudici né difensori. Perché, scriveva lo psicanalista Monette Vacquin,9 ”che cosa può il diritto se il delirio oggi è nella scienza?”. Per Mettere Fine all'Iniquo Processo contro l'Embrione Preimpiantatorio Il fallimento dei giudici Non esiste il vuoto giuridico assoluto che ci si immagina talvolta quando si sente recriminare contro la mancanza del riconoscimento dello status dell'embrione. Esistono infatti delle norme di diritto, soprattutto di natura penale, che comprendono il riconoscimento dell'essere umano fin dal concepimento, senza, tuttavia, che da ciò derivino sempre tutte le coseguenze naturali. Si pensi ad esempio al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (19 dicembre 1966), entrati in vigore il 23 marzo del 1976 in cui si stabilisce che non possono essere condannate a morte le donne incinte. Questo testo rappresenta un riconoscimento esplicito dell'autonomia della vita del feto e quindi anche dell'embrione preimpiantatorio. Paradossalmente, le leggi che legalizzano l'aborto (almeno quella francese) spesso riconoscono, in un primo articolo, l'umanità dell'embrione o del feto “a partire dall'inizio della sua esistenza” prima di aprire, in un secondo articolo, diverse brecce in questo principio. Sono queste le prove migliori dell'umanità dell'embrione o del feto. Poiché, affinché una legge autorizzi ad uccidere, bisogna che parta dal postulato che la materia è quella dell'omicidio. Sopprimere un essere che non sarebbe umano non costituirebbe omicidio e non ci sarebbe, dunque, bisogno di una legge. In alcuni Paesi (tra cui, dal 2001, la Francia), la legge punisce l'omicidio involontario del nascituro. In queste disposizioni, si afferma anche che la vita umana deve essere rispettata già dai suoi primissimi stadi “ anche prima dell'impianto. E certamente, anche se non ha avuto mai un'incidenza diretta in materia penale a causa della finzione della nascita, che postula, la massima infans conceptus pro nato habetur ” il bambino concepito sarà considerato come nato ogni volta che il suo interesse è in gioco “ è stata oggetto di una larga applicazione giurisprudenziale. Come notava il prof. Jérôme Lejeune, “la saggezza giuridica non ha aspettato la biologia molecolare per affermare che il bambino sia un erede, anche prima di nascere”.10 Tuttavia, insensibilmente, malgrado il diritto penale e la dottrina che non presentano equivoci sul rispetto dell'essere umano, la pratica ininterrotta dell'aborto, e poi quella della libera disposizione dell'embrione preimpiantatorio, hanno stravolto la giurisprudenza. È come se i giudici ragionassero in questo modo: “Poiché l'aborto è permesso, allora l'embrione non ha valore”. Hanno quindi inventato falsi dibattimenti giuridici intorno al concetto di persona e di essere umano per camuffare la vacuità dei loro giudizi. I falsi dibattiti giuridici sui concetti di persona e di essere umano L'iniquo processo organizzato contro l'embrione preimpiantatorio riposa sull'idea che l'embrione non avrebbe personalità giuridica. Ma è tempo di mettere fine a questa truffa giuridica che fa dire al diritto ciò che in realtà non dice. Infatti, la persona giuridica del diritto civile non ha niente a che fare con la persona giuridica del diritto penale. Ascoltiamo le parole di Jerry Sainte Rose, magistrato, avvocato generale presso la Corte di Cassazione, in Francia: “La personalità, ai sensi del diritto civile che, secondo la dottrina dominante, si acquista alla nascita, è una costruzione astratta destinata a favorire la regolamentazione del commercio tra gli uomini ed è stata estesa alle persone morali. La persona umana (invece), che non è definita da

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nessuna parte, è protetta nella sua integrità e dignità dal diritto penale, sia essa titolare di diritti, vivente o non, viabile o meno”. E l'alto magistrato francese ha mostrato come la morte civile, che una volta consisteva nello spogliare alcuni condannati di tutti i loro diritti, civili e politici, non ha mai significato che si potesse attentare alla loro vita. “La personalità (giuridica), non è dunque una condizione per la protezione giuridica dell'essere umano”. Ha ricordato, inoltre, che un tentato omicidio può essere commesso anche su un cadavere. “Dunque, il nascituro non dovrebbe beneficiare di alcuna protezione dal diritto penale che tutela addirittura una persona già morta?”. Inoltre, poiché la giurisprudenza francese, ha riconosciuto il diritto ad un risarcimento del bambino generato da uno stupro, “la qualità di vittima è stata in questo modo riconosciuta a qualcuno che non era ancora neanche stato concepito al momento in cui si è verificato il fatto”. È ragionevole dunque rifiutarla all'embrione preimpiantatorio? “Non possiamo non constatare che è alla persona fisica, all'essere di carne e di sangue che il diritto penale si interessa in ciò che riguarda le violenze, anche quelle meno gravi. La posizione assunta dalla Corte di Cassazione, che subordina il rispetto della vita allo statuto giuridico della persona “ conclude Sainte Rose “, valuta dunque superficialmente l'autonomia del diritto repressivo”.11 Un altro colpo, con la forza della giurisprudenza, lo ha inferto il Consiglio Costituzionale francese considerando, in una decisione del 27 luglio 1994, che l'embrione preimpiantatorio non faceva più parte dell'umanità. Non solo non sarebbe una persona, ma non sarebbe neanche umano! Si trattava, per il Consiglio Costituzionale, di dichiarare conformi alla Costituzione francese le prime leggi di bioetica del 1994 che, in particolare, autorizzavano la FIVET e la DPI. Nella sua risposta alle questioni sollevate dai parlamentari, il Consiglio ha ritenuto che il principio del rispetto di ogni essere umano fin dall'inizio della vita non era applicabile (agli embrioni in vitro)”.12 Lasciamo al prof. Bernard Edelman il compito di commentare questo testo: “Questi diversi preamboli, bisogna dirlo con tutta la brutalità necessaria, sono evidentemente inammissibili. Contro la volontà del legislatore, il Consiglio Costituzionale ha creato una sotto categoria di esseri umani, risuscitando così una forma inedita di schiavitù. In primo luogo, se il rispetto è il segno distintivo di ogni essere umano “ così come la dignità lo è della persona “ un essere umano che non merita più rispetto è escluso dall'umanità. È un reietto. In secondo luogo, se è un reietto, nessuno ostacolo giuridico può contrastare la sua strumentalizzazione, a meno che non gli si riconoscano delle garanzie come nel caso di un animale o di un biotopo. In terzo luogo, un essere umano cacciato dall'umanità merita di essere considerato come uno schiavo. Cosa è infatti un schiavo, se non un essere umano ridotto ad un'esistenza puramente biologica, così da essere, indifferentemente, uno strumento vivente o pura materia soggetta alla volontà altrui?”.13 Le vere finalità del diritto A questo punto, urge ricordare le finalità del diritto. Lungi dal positivismo giuridico che interpreta la legge solo come somma delle regole esistenti, il diritto non è il riflesso di una politica, non detta le regole della condotta umana, non è una risposta alle aspirazioni degli individui o alle rivendicazioni dei gruppi di pressione. Non è schiavo dei poteri pubblici, né dell'economia. Fondamentalmente, il diritto è al servizio del giudice che emette dei giudizi per rendere a ciascuno ciò che gli è proprio per natura. Per riprendere l'espressione di San Tommaso: suum cuique tribuere. “Di fronte a delle parti che sono in causa per un bene o un riconoscimento di dignità, un ufficio pubblico o il risarcimento di un danno, il giudice ha il compito di definire la parte propria di ciascuno, di attribuire a ciascuno ciò che gli spetta. Il legislatore e i giuristi sono coadiutori del giudice. Essi hanno come obiettivo il giusto, vale a dire la migliore distribuzione di un valore. Ogni tentativo di ridurre questo scopo relazionale a scopi semplici, particolari, equivale ad un fallimento. Essi si occupano della ricerca della migliore proporzione tra persone e cose in un gruppo sociale”.14 In quanto alla legge, rivolgiamoci ancora a San Tommaso che ne dà la seguente definizione: “Lex est quaedam rationis ordinatio ad bonum commune ab eo qui curam communitatis habet promulgata ” la

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legge è un'ordinanza della ragione per il bene comune promulgata da chi è responsabile della comunità”. È stato Papa Giovanni Paolo II, nel suo ultimo lavoro, a fare il miglior commento di questo brano: “In quanto ordinanza della ragione, la legge si appoggia sulla verità dell'essere: la verità di Dio, la verità dell'uomo, la verità della realtà creata essa stessa nel suo insieme. Questa verità è la base della legge naturale. Il legislatore gli aggiunge l'atto di promulgazione. È ciò che è avvenuto sul Sinai per la legge di Dio, è ciò che avviene nei Parlamenti per le varie forme di intervento legislativo”.15 Si comprende, allora, che una legge che non sia un precetto della ragione e/o che non sia stabilita per il bene comune, sarebbe una legge ingiusta: lex injusta non est lex. Disubbidire ad una legge ingiusta può diventare, pertanto, una prescrizione della carità. Il Tradimento dei Difensori La disonestà del processo contro gli embrioni preimpiantatori è dovuta infine “ e soprattutto! “ al tradimento dei suoi difensori. Questi fingono non solo di ignorare la natura umana dell'embrione, ma in realtà ignorano anche le finalità del diritto e della legge, secondo quanto abbiamo appena ricordato, abbandonandosi a veri deliri semantici e giuridici. I tentativi di ri-nominare o dequalificare l'embrione Il primo tradimento, non potendo cambiare la natura umana dell'embrione, consiste nel voler cambiargli il nome. Nell'ottobre del 1999, il prof. Jean-François Mattei, genetista, futuro Ministro della salute in Francia, in un'intervista accordata alla rivista “Science et Vie”, propose “per evitare di dover parlare di manipolazione dell'embrione” dirinominare la struttura vivente. ”Pertanto solo quell'essere generato attraverso la fecondazione di due cellule sessuali lanciate verso la vita attraverso l'efficace annidamento nell'utero materno avrebbe diritto allo status inviolabile di embrione umano”.

Struttura vivente derivante da clonazione Struttura vivente derivante da fecondazione sessuale In vitro ? ? Annidamento mancato nell'utero materno ? ? Annidamento riuscito nell'utero materno ? Embrione

Come si può notare da questa Tabella, la formulazione è “generosa” nell'esclusione. Permette infatti “ con un segno di penna “ di escludere dall'umanità: tutti gli embrioni nati per clonazione, compresi quelli che potrebbero arrivare alla nascita, tutti gli embrioni non impiantati, compresi quelli nati da fecondazione sessuale. Quanto ai criteri dell'annidamento riuscito, ci riportano alla prima Tabella dove devono essere valutati in base al desiderio dei genitori e alla qualità del loro “progetto”. Il secondo tradimento consiste nel suggerire di rivedere la summa divisio del diritto romano che distingue tra persone e cose. Un altro francese, il prof. Claude Sureau, ginecologo, ex presidente dell'Accademia Nazionale di Medicina, membro del CCNE, si è fatto apostolo di questo revisionismo giuridico. Nel giornale “La Croix” del 17 febbraio 2000, dichiarava: “Bisogna rispettare a priori l'embrione costituito da alcune cellule, ma se dei forti argomenti scientifici vengono addotti a favore del suo utilizzo, non si può rifiutarli”. “Evidentemente, non c'è risposta univoca alla domanda se l'embrione sia una persona o una cosa. L'embrione, e poi il feto, rappresenta un'entità in evoluzione. Bisogna prendere le distanze dal diritto romano che distingue solamente le persone e le cose a creare un diritto specifico per la medicina e, in particolare, per la medicina riproduttiva”.16 O ancora: “Per quale strana aberrazione intellettuale, per quale sorprendente sottomissione ad una dottrina binaria falsamente ereditata dal diritto romano, i giuristi si ostinano a negare di vedere

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l'evidenza: la realtà di un statuto specifico (giuridico, filosofico, ontologico e, naturalmente, medico), dell'essere prenatale, né cosa, poiché può diventare un uomo, né persona, sebbene sia molto vicino, con uno statuto che si evolve durante la gravidanza, meritando il rispetto e l'attenzione che accordiamo ai nostri pazienti, ma di cui dobbiamo, talvolta, accettare la trasgressione”.17 Infine, lo statuto che si conferisce all'essere umano non dice di più su colui che lo propone piuttosto che su colui che lo riceve? L'embrione preimpiantatorio ha bisogno innanzitutto di difensori L'embrione preimpiantatorio non necessita di un statuto, che suonerebbe come una deroga del diritto comune. Soprattutto, egli non ha bisogno di avere un diritto specifico o delle leggi particolari. Sarebbe anzi molto pericoloso accettare, su questo argomento, l'inizio di una discussione che potrebbe condurre solamente all'elaborazione di un statuto infra-umano.18 L'embrione preimpiantatorio preesiste al diritto ed alla legge. Non bisogna chiedersi se il diritto penale protegga o meno l'embrione. Dal momento in cui, per definizione, punisce l'omicidio e l'assassinio, la legge tutela naturalmente la vita dell'essere umano, anche quando questo si trovi allo stadio di embrione preimpiantatorio. È per il fatto che i suoi difensori naturali l'hanno tradito, che l'embrione si ritrova ora ai margini dell'applicazione del diritto.19 Ma gli strumenti giuridici di base per tale applicazione esistono già. Naturalmente si può e si deve migliorarli. Ma soprattutto si tratta di applicarli. L'embrione preimpiantatorio, dunque, non ha bisogno che di difensori. Come devono agire? In due modi: con la ragione e la passione. Per parafrasare Pascal, si tratta al tempo stesso di incrementare la ragione e di ridurre le passioni. La novità radicale e la difficoltà, rispetto alla domanda di aborto che sorse negli anni 70, risiedono nella diffusione di un'ignoranza generalizzata sull'embrione. In altre parole, 30 anni fa, si trattava solamente di limitare le passioni perché tutti sapevano cosa fosse l'aborto. Purtroppo ne conosciamo le conseguenze. Oggi, bisogna ricordare innanzitutto alla ragione cosa sia l'embrione preimpiantatorio, prima di esortare al rispetto incondizionato della sua vita. Questo per dire quanto sia duro il compito. I cristiani non possono chiamarsi fuori da un coinvolgimento personale in questa impresa. Loro dovrebbero essere i difensori naturali dell'embrione. Ho già scritto “ e lo ribadisco “ che se non è necessario essere cristiani per difendere la vita, è necessario difendere la vita per essere cristiani. Pertanto, tutta la Chiesa, clero e laici, a tutti i livelli, deve esserne convinta, cosa ancora lontana dal realizzarsi. A questo scopo, mi sembra indispensabile: creare, in ogni diocesi, un gruppo strategico specializzato nel rispetto della vita, distinto della pastorale famigliare, composto di esperti convinti dell'umanità e della personalità dell'embrione, e con il compito di realizzare concretamente una resistenza attiva al genocidio programmato degli embrioni preimpiantatori, anticamera della clonazione umana; imporre a tutti quelli che hanno nella chiesa una funzione magisteriale e/o pastorale, fino al livello parrocchiale, il dovere di esprimersi sistematicamente prima di ogni consultazione elettorale, e almeno una volta all'anno, per ricordare: che votare per un candidato le cui convinzioni non siano rispettose dell'embrione, costituisce una complicità con l'omicidio e, dunque, una grave mancanza di carità; che i politici cristiani non devono accontentarsi di non fare, ma che hanno anche il forte obbligo di fare delle proposte positive ed innovative per proteggere l'embrione. Reintrodurre esplicitamente, tra gli elementi del linguaggio, il nome dell'embrione umano evitando tutte le distinzionioni semantiche abusive tra embrione ed embrione preimpiantatorio, tra clonazione riproduttiva e clonazione terapeutica, etc. Nella formazione, nella didattica, nella spiritualità, nella pastorale, nell'apostolato, nei movimenti caritatevoli, etc. il nome dell'embrione deve apparire come “altro” essere umano, a pieno titolo. Meno i cristiani parlano dell'embrione umano, più l'abbandonano, più i suoi avversari se ne impossessano, lo sfruttano e lo distruggono. Non lasciamo che distruggano neanche il solo nome dell'embrione. Se al mondo d'oggi mancano le parole per esprimere l'uomo nella sua pienezza, non è forse compito dei cristiani suggerirle?

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1. Considero l'espressione embrione preimpiantatorio nel suo significato più generale, come

l'embrione che non si è ancora impiantato nell'utero materno, o perché non vi è ancora giunto, o perché è in vitro.

2. Si veda in particolare il Rapporto Palacios della Commissione di Scienza e Tecnologia dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa (Documento 5943 del settembre 1988).

3. Beaulieu E., Le défi bioéthique, Autrement 1991, p. 120. 4. Per semplificare l'esposizione, non tratterò degli embrioni preimpiantatori distrutti dalla spirale

o da alcune pillole antiannidamento, ma il ragionamento qui esposto è ugualmente applicabile. Si tratta di embrioni non desiderati, dunque che sono distrutti senza che si sappia se sono sani o malati.

5. Un embrione preimpiantatorio sopravvissuto alla diagnosi preimpianto può rimanere vittima della diagnosi prenatale

6. Équipe del prof. Gérard Milhaud, Membro dell'Accademia Nazionale Francese di Medicina e del Comitato Scientifico della “Fondazione Jérôme Lejeune”.

7. Per esempio, il Rapporto n. 3208 all'Assemblea Nazionale francese riguardante la revisione della legge sulla bioetica, 2001.

8. Atlan H., Le clonage humain en arguments, Genève: Georg Editeur, 2005. 9. Vacquin M., Le magasin des enfants, diretto da Jacques Testart, Folio, 1994. 10. Lejeune J., L'enceinte concentrationnaire, Paris: Le Sarment Fayard, 1990. 11. Sainte Rose J., Le protection pénale de l'enfant à naître, 2004. 12. In una sentenza della Corte Amministrativa di Parigi, del 5 luglio del 2005, è stato risposto alla

“Fondazione Jérôme Lejeune” che, poiché le cellule staminali embrionali non possono essere considerate come embrioni, la loro importazione a fini di ricerca non nuoce al rispetto dovuto all'embrione...(come se l'importazione delle zanne di elefante non danneggiasse gli elefanti!).

13. Un altro autore, il biologo Jacques Testard, ha qualificato come pretoriana questa decisione del Consiglio Costituzionale.

14. Villey M., Philosophie du droit, Dalloz, 1986. 15. Giovanni Paolo II, Mémoire et identité, Flammarion, 2005 (il Papa sviluppa qui in particolare il

contro-esempio del Reichstag che delega i pieni poteri a Hitler e quello dei Parlamenti che autorizzano l'aborto).

16. Bulletin de l'Ordre des Médecins 2001. 17. La revue du praticien gynécologie et obstétrique 2004, n. 87. 18. Surea C., Son nom est personne, Albin Michel, 2005. In questo libro, l'autore argomenta

esplicitamente a favore di una legge che dia all'embrione umano lo status di un animale. 19. Per esempio, la proposta di legge n. 309 presentata al Senato francese dal prof. Lejeune nel

1990, nel già citato: Lejeune, L'enceinte concentrationnaire...

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P. WOJCIECH GIERTYCH GENERATO, NON CREATO La tradizionale classificazione delle scienze non denota in nessun caso una mancanza di fiducia nella specifica competenza di ciascun campo di indagine. Nel rispetto dei fini e dei metodi di ciascuna scienza si percepisce una prospettiva diversa, più ampia da cui può essere considerato l'oggetto di studio. La capacità di fare un passo indietro e porre domande più profonde è segno di saggezza, in particolare se, nella ricerca di risposte, viene rispettata la penetrante curiosità della mente e la sua capacità di arrivare alla verità a vari livelli di indagine. I recenti sviluppi nelle scienze biologiche e mediche hanno prodotto un patrimonio enorme di informazioni sui primissimi stadi della vita umana. L'embrione umano fin dai primissimi istanti della sua esistenza attraverso la fecondazione, dato l'ambiente di sviluppo del corpo materno, anche nelle fasi precedenti all'impianto, manifesta una capacità intrinseca di sviluppo e crescita che porta alla nascita del bambino. Le scienze biologiche mostrano con grande precisione di dettagli questo processo naturale. Le scienze mediche sono in grado di diagnosticare patologie potenziali e in alcuni casi d'intraprendere azioni terapeutiche anche a livello dell'embrione precoce. Questa conoscenza sulla vita umana prenatale in così rapida espansione rappresenta il sustrato per ulteriori indagini da parte di altre scienze. La filosofia, nel suo stupore per l'essere umano, la natura umana, la persona e la dignità, non può fare a meno di prendere in considerazione queste nuove conoscenze rese disponibili. La definizione classica dell'essere più perfetto in natura, la persona umana, che la definisce come sostanza individuale di natura razionale, trova elementi di conferma nell'unicità e diversità dell'embrione umano rispetto ai suoi genitori sin dal primo momento della fecondazione, come sappiamo oggi grazie alla biologia contemporanea. La filosofia con la sua riflessione razionale al di là dei dati e delle informazioni biologiche disponibili solleva domande sulla natura umana cercando di definire chiaramente lo statuto ontologico della persona umana. Mentre la biologia fornisce informazioni sui processi corporei umani, non può fornire dati sull'origine dell'anima spirituale, sulla fonte della suprema dignità della persona umana. Tuttavia l'indagine razionale successiva alle intuizioni sull'ilemorfismo di Aristotele e S. Tommaso (anche se rifiuta le loro conclusioni sull'animazione ritardata basate sulle limitate conoscenze biologiche dell'epoca) può arrivare alla conclusione circa la necessità dell'esistenza di un principio unificante, l'anima, che dà inizio al primo atto dell'organismo umano vivente che ha in sé la potenzialità di crescere dallo stadio di zigote a quello di embrione, feto, bambino e quindi adulto e che dà unità al materiale biologico del corpo in funzione del tutto e delle sue finalità. Le conoscenze biologiche, che osservano il dinamismo della vita umana fino all'età adulta già a partire dal momento della fecondazione, prima ancora che si formino gli organi specifici, confermano anche la correttezza di non considerare nessun organo particolare come fonte della vita, contrariamente all'approccio cartesiano. Questa intuizione antropologica rappresenta quindi la base più importante per il riconoscimento etico della dignità e dei diritti dell'embrione e per il rifiuto di procedure invasive che ledono tali diritti e manipolano il contesto biologico ed etico in cui nasce e si sviluppa la vita umana. La filosofia, tuttavia, non è l'unico strumento di conoscenza a nostra disposizione. La Parola rivelata di Dio, trasmessa dalla Chiesa, è fonte di un'ulteriore e più alta conoscenza, quella teologica. Nel porre insieme la verità rivelata dell'essere umano creato da Dio e posto in relazione filiale con Lui e quella dell'essere umano supremo, Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo, il ragionamento teologico getta nuova luce sul mistero dell'uomo, la sua natura, la finalità soprannaturale e la dignità umana. Lo sguardo teologico rivolto all'umanità e all'estrema fragilità del piccolo embrione, consapevole della grandezza dell'amore divino, amplifica lo stupore che scaturisce dalla biologia e dalla filosofia e conferisce ulteriore discernimento ad un approccio di fede maggiormente rispettoso del mistero vissuto.

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La prima tentazione che appare nella Sacra Scrittura è di orgoglio spirituale: "Diventereste come Dio" (Gn 3,5). Le tecnologie scientifiche, con il loro approccio riduzionista, trattando l'essere umano non come dono di Dio, come una persona con la propria dignità intrinseca, ma come un oggetto che può essere manipolato a piacimento, propongono un approccio eugenetico in cui il futuro bambino può essere personalizzato secondo i gusti. Invece di essere generato, non creato, ricevuto da Dio, il bambino che nascerà viene considerato frutto di una costruzione in modo da avere un'identità sessuale prescelta, immunità da malattie, caratteristiche potenziali programmate, col presupposto che tutti i bambini concepiti che non soddisfano le aspettative possano essere scartati o usati come fonte disponibile di materiale biologico(e logicamente, anche quelli che a uno stadio di vita più avanzato dovessero dimostrarsi diversi dal modello desiderato, potranno essere eliminati). Le possibilità tecniche che le scienze biologiche stanno sviluppando, mentre offrono nuove e inimmaginabili prospettive terapeutiche, generano facilmente anche forme di superba ed demoniaca derisione del mistero della generazione umana con l'aspettativa che l'inventiva scientifica vada presto oltre tutto ciò che il Creatore della natura umana ha predisposto. L'aspirazione di tale potere intellettuale e tecnico, che sarà in grado di rimpiazzare la logica dei processi naturali derivanti da Dio con il caso, ingenuità senza radici nè finalità, scisso dal rispetto per la personalità del più fragile degli esseri umani, appare spaventosa. Il rispetto per la sofferenza dei genitori che non sono in grado di concepire un figlio (sia per cause a loro non ascrivibili, sia a causa dell'uso di farmaci contraccettivi) non può giustificare l'utilizzazione di tecniche che violano i diritti del futuro bambino. Un figlio non può essere prodotto ad ogni costo, quando ciò implichi la distruzione di altri embrioni o la perdita di legami autenticamente genitoriali. Un figlio non è un oggetto; è una persona che nella sua crescita e nel suo sviluppo ha bisogno di essere accudito dai genitori con i quali conserva un legame naturale, biologico e psicologico. Il legame biologico tra un figlio e la madre, anche allo stadio di embrione, è ampiamente descritto dalla scienza. Man mano che la gravidanza procede, il legame biologico cresce e diventa anche legame psicologico e spirituale. Il diritto di possedere un figlio, all'interno del matrimonio o al di fuori di esso, che richieda il ricorso alle tecniche moderne per raggiungere questo scopo rappresenta un'ingiustificata sovrapposizione dell'avere un figlio all'essere un genitore. L'ampiezza di questa deviazione mentale e delle sue future applicazioni sono difficili da immaginare. Dio perdona sempre chi si pente e perdonerà anche coloro che hanno peccato di orgoglio producendo un figlio. I bambini chiamati all'esistenza attraverso queste tecniche, attraverso la grazia spirituale in futuro potrebbero anche perdonare coloro che li hanno profondamente offesi. Ma la natura non perdona mai. L'introduzione di tecniche manipolative che non rispettano la struttura intrinseca e la finalità della natura, determineranno conseguenze nefaste oggi ancora inimmaginabili. La fede Cattolica ci insegna a venerare Maria, la Vergine Madre di Gesù. Nel suo amore materno ella esercita, come tutte le vere madri, un certo potere e responsabilità su suo Figlio. Decide per suo Figlio, sul suo cibo, i vestiti, l'abitazione e l'educazione. Nel suo amore verginale, che ha custodito il suo primato nel suo cuore materno, perseverò nel fascino amoroso e nella lealtà verso il mistero di Dio, come è chiaro dalla sua esistenza. Come Vergine e come Madre, ella ha amato il Dio fatto uomo che fu concepito nel suo corpo e al quale trasmise la vita. Anche se la vocazione di Maria è unica, la qualità del suo amore serve da modello per la purificazione dei cuori di tutte le madri che devono serbare nell'amore per i loro figli quel fascino iniziale, quella gioia e lealtà al mistero della nuova vita che ha un proprio essere, una propria identità, una propria personalità e un proprio futuro. L'amore dei genitori non può e non deve essere contaminato dalla tentazione di "personalizzare" un figlio secondo i propri desideri. Esso dovrebbe essere innanzitutto accettazione di un nuovo individuo concepito nella sua personale dignità prima che esistesse la speranza dei genitori di poter indirizzare il bambino verso un certo futuro, accettando sempre che i sogni dei genitori non abbiano l'ultima parola. La tentazione di manipolare il bambino anche ad uno stadio precoce di sviluppo è innanzitutto una tentazione maschile che non tiene in considerazione come il mistero del concepimento abbia luogo all'interno del corpo, ma anche nella psiche e nello spirito della madre. Così come l'organo sessuale maschile è esterno al corpo

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e il concepimento di un bambino avviene al di fuori del corpo del padre, così anche la trasmissione della vita ha luogo al di fuori della psiche e dello spirito maschile. In un certo senso, per la psiche maschile, non è così importante se la fecondazione si realizza nel corpo della donna o in unaprovetta. Essa avviene al di fuori della sua mente e del suo corpo. Per una madre il concepimento di un figlio che si verifichi all'interno del suo corpo, implica l'inizio non solo di un processo fisico e biologico, ma anche un incontro psicologico e spirituale col figlio nascosto, legato, in un certo senso, all'incontro spirituale con la Santa Trinità che abita l'anima di tutti i Cristiani battezzati. La mentalità contraccettiva, abortiva e manipolativa della privacy prenatale non danneggia solo il corpo della donna; distorce la sua capacità di ricevere il bambino come dono gratuito di Dio (cantando un gioioso Magnificat) e la sua capacità eucaristica di donare generosamente (sussurrando al suo bambino: "Prendi e mangia. Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue che io ti dono!"). Lo studio delle questioni biologiche, mediche, filosofiche e giuridiche che emergono dalle più recenti scoperte scientifiche sull'embrione umano nella fase preimpiantatoria, offre una percezione più chiara dell'oggetto non solo fisico, ma anche morale di ogni intervento diagnostico o terapeutico (o, peggio: sperimentale, commerciale o eugenetico) sull'embrione. In questo modo siamo in grado di effettuare una valutazione chiara delle nuove sfide etiche che sta affrontando l'umanità con l'avanzare delle biotecnologie. Può servire, tuttavia, ricordare in questo contesto che: "L'agire è moralmente buono quando le scelte della libertà sono conformi al vero bene dell'uomo ed esprimono così l'ordinazione volontaria della persona verso il suo fine ultimo, cioè Dio stesso... L'ordinazione razionale dell'atto umano al bene nella sua verità e il perseguimento volontario di questo bene, conosciuto dalla ragione, costituiscono la moralità" (Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, n. 72). Cogliere con chiarezza la dignità e la personalità dell'embrione umano sulla base della conoscenza biologica, del ragionamento filosofico e del discernimento teologico permette di riconoscere la verità circa l'embrione umano e circa gli interventi su di esso. Tuttavia una comprensione esaustiva delle sfide morali che affrontano i potenziali genitori, le donne incinte, i mariti e lo staff medico coinvolto, deve riguardare non solo l'atto esterno, che rappresenta l'oggetto morale di qualsiasi azione che si vuole intraprendere, ma anche l'atto interiore dell'agente, che può essere aperto alla trasformazione spirituale della grazia che permette alle virtù della fede, speranza e carità divina di intervenire, escludendo con ciò ogni superba sostituzione di Dio, ogni disperazione di fronte a previsioni non desiderate, o ogni possessività egoistica del figlio ideale progettato. Il ministero pastorale che, tra tutti gli altri, ha a che fare in qualche modo con l'ambito della vita prenatale, richiede un'iniziazione più profonda nella vita di Dio, Fonte di ogni vita.

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P. SERGEJ FILIMONOV SI PUÒ CONSIDERARE L'EMBRIONE COME PERSONA? In ambito scientifico dobbiamo sempre essere pronti ad accettare che le nostre conoscenze siano imperfette e a volte erronee. Secondo il noto fisico Albert Einstein dobbiamo essere in grado di rinunciare a stereotipi e nozioni usuali. Ciò corrisponde all'essenza del metodo teologico apofatico che spesso viene applicato nella tradizione della Chiesa orientale. Esistono "due metodi principali in teologia: il metodo positivo catafatico (teologia affermativa) che per via di affermazione porta a una certa conoscenza di Dio rivelato nella creazione, e quello negativo (teologia negativa) che per via di negazione porta alla cognizione perfetta relativamente a ciò che è al di là dell'esistente.1 Prendendo in esame la complessa questione della personalità dell'embrione solo con il metodo catafatico, si potrebbe ottenere un risultato erroneo dovuto alla nostra ignoranza sulle questioni riguardanti l'anima dell'embrione. Quando gli scienziati e i filosofi moderni cercano di affermare che l'essere umano nella fase preembrionale non è persona, dobbiamo ricorrere attivamente all'argomento apofatico: nessuno scienziato potrebbe provare che l'embrione non è persona dal momento della fecondazione. Secondo il parere della maggioranza dei Santi Padri la persona è composta da anima e corpo. Essi esistono nella persona non uniti e non separati. S. Gregorio di Nissa dice che l'anima non sta nel corpo come in un recipiente o un sacco, ma piuttosto il corpo sta nell'anima, non è il corpo che possiede l'anima ma è l'anima che possiede il corpo e non esiste neanche una parte consacrata della stessa in cui non esista interamente".2 Quando parliamo del futuro di una persona ne parliamo dal punto di vista della Provvidenza divina. Perché da centinaia e migliaia di spermatozoi e ovocellule è avvenuta la fusione proprio di questi? Non lo sappiamo. Non possiamo negare che il Signore Onnisciente abbia previsto anche queste migliaia di eventuali vite non realizzate che sarebbero state persone diverse. Ai Suoi occhi sono già state persone anche se gli zigoti non si sono formati ed i bambini non sono nati. Il motivo per cui il Signore dal non essere ha chiamato alla vita proprio questa persona, è un mistero Divino. Si può pensare che il Signore non sapesse della futura nascita di Isacco da Abramo e Sara quando erano giovani e appena sposati? Ma il Signore ha scelto Isacco invece di altri che non sono nati. Potremmo dire: la formazione dello zigote è il risultato della reciproca fusione di spermatozoo ed ovocellula secondo le leggi biologiche conosciute da noi o è il risultato del funzionamento delle energie divine inconcepibili per la nostra percezione? I Santi Padri sono del parere che il corpo e l'anima vengano creati contemporaneamente. Il Reverendo Padre Anastasio il Sinaita scrive: "Come non c'era corpo prima dell'anima, così non c'era neanche l'anima prima del corpo".3 E Giovanni Damasceno sottolinea: "Il corpo e l'anima sono stati creati contemporaneamente e non prima l'uno e poi l'altra".4 Il tentativo di definire con metodi scientifici il momento a partire dal quale l'embrione diventa persona mi sembra erroneo, irrealizzabile e sacrilego. Nei programmi divini è già una persona. "L'embrione acquisisce l'anima durante il concepimento". L'anima viene creata al momento del concepimento e "in seguito l'anima continua ad agire durante tutto il tempo in cui è viva la carne; perché con la crescita del corpo anche l'anima dimostra la sua attività".5 In questa prospettiva possiamo dire che la persona diventa personalità nel tempo, man mano che l'anima agisce. Sarebbe più giusto trattare il non nato come il nato, senza cercare di definire il momento della personificazione. Quando il Signore dice che ha tessuto la persona nel seno (Sal 138, 13-16), chi potrebbe spiegare che cosa si intenda col concetto del tessere e in quale momento della tessitura l'embrione diventi persona? Se il Signore avesse voluto, ce lo avrebbe rivelato. E se non lo ha fatto, vuol dire che dobbiamo trattare il non nato come nato, indipendentemente dalla fase di sviluppo dell'embrione. L'embrione è un essere umano? Senza dubbio. Però, l'embrione è persona? Nelle opere dei Santi Padri non troviamo l'affermazione diretta che l'embrione sia persona. Non possiamo negare che l'embrione sia un essere umano, ma non possiamo

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affermare che sia una persona in tutta la sua pienezza così come ce l'immaginiamo. All'embrione è piuttosto applicabile il concetto di persona non realizzata o potenziale. Quando un giardiniere vuol piantare fiori, prende i semi di quei fiori di cui ha bisogno. Non prende un seme di papavero se vuol far crescere un garofano e non prende un seme di garofano se vuol piantare una rosa. Il seme di un fiore, pur non essendo piantato nel terreno, ci fa venire in mente il fiore stesso. Il seme di un fiore ha delle qualità, la potenzialità di un fiore non realizzato. Anche l'embrione, allo stesso modo, ha tutte le qualità e potenzialità della persona non ancora nata. L'immagine divina nella persona è l'immagine perfetta: secondo S. Gregorio di Nissa è anche un'immagine inconoscibile visto che, pur riflettendo la pienezza del suo Archetipo, deve anche possedere la Sua inconoscibilità. Perciò non possiamo definire in che consista l'immagine divina nella persona umana anche se molti Santi Padri hanno espresso opinioni a riguardo. "S. Gregorio di Nissa vede la caratteristica di una persona creata secondo l'immagine del Signore prima di tutto nel fatto che "la persona è libera dalla necessità e non è subbordinata al dominio della natura, ma può autodeterminarsi liberamente". Essendo creata secondo l'immagine del Signore la persona è una creatura personificata. È una personalità che non deve essere definita dalla sua natura, ma può definire la natura cercando di diventare simile al suo divino Archetipo".6 In modo apofatico non possiamo negare che l'embrione avente la natura umana non sia persona. Ma allo stesso tempo non possiede ancora appieno la libertà di autodeterminarsi. "Le persone umane hanno in comune la stessa natura. Nella persona la differenza della natura e della personalità non è meno percepibile che la differenza della natura nelle tre persone divine. Prima di tutto dobbiamo renderci conto che non conosciamo l'essere persona, l'ipostasi umana nella sua vera manifestazione libera da tutte le sostanze estranee. Quello che di solito chiamiamo personalità indica piuttosto gli individui...Però in un certo senso l'individuo e la personalità hanno significati opposti; l'individuo vuol dire un certo insieme di personalità ed elementi che fanno parte della natura comune, mentre la personalità è ciò che distingue dalla natura. Quando vogliamo definire, caratterizzare qualche personalità, cerchiamo di trovare le caratteristiche individuali,le particolarità del carattere che s'incontrano anche in altri individui e non possono essere del tutto personali in quanto fanno parte della natura comune. E in fin dei conti comprendiamo che quello che per noi è più tipico della persona, quello che la rende se stessa è indefinibile perché nella sua natura non c'è niente di ciò che si riferisce alla personalità sempre unica, incomparabile ed eccellente.7 "S. Gregorio di Nissa insegna che l'essere persona è la liberazione dalle leggi di necessità, libertà dalla subordinazione al dominio della natura, possibilità di autodefinirsi liberamente. La maggior parte delle volte la persona agisce secondo i propri impulsi naturali; è determinata dal suo temperamento, dal suo carattere, dalla sua ereditarietà, dall'ambiente cosmico o socio-psicologico ed anche dalla propria storicità".8 "L'essere personale è l'apice della creazione perché attraverso la volontà e la carità può assimilarsi a Dio. Creando la personalità, l'onnipotenza divina realizza un certo intervento radicale, qualcosa di assolutamente nuovo: Dio crea esseri che come Lui possono decidere e scegliere".9 Per quanto riguarda l'embrione o il preembrione (accettando che il nuovo essere umano dallo stadio di zigote è già persona) è difficile parlare di un essere già in grado di decidere e scegliere o dimostrare carattere. Nell'interpretazione teologica un nuovo essere umano dai primi momenti della sua esistenza è già persona; nel senso culturale, sociale, psicologico e storico tale essere non si è ancora manifestato come persona. Ciò significa, accettando che l'embrione sia una persona e non possa non esserlo e tenendo in considerazione tutti gli aspetti di cui sopra, che bisogna intendere l'embrione come personalità dinamicamente e autonomamente sviluppantesi, persona potenziale, non realizzata ma che sta realizzandosi, non definita ma che sta definendosi. Il criterio di realizzazione e definizione si identificherà con la sua capacità di realizzare la scelta cosciente e libera: essere con il Signore o respingerlo. Il noto bioeticista e teologo ortodosso protopresbiterio dr. John Breck a tal proposito afferma: "La questione principale è legata all'individualizzazione - il processo che permette di parlare

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dell'esistenza dell'individualità sviluppante o ontologica cioè dell'individuo umano diverso da altre persone e di conseguenza di personalità come tale. Attualmente embriologi ed eticisti, in base alle loro conclusioni, si sono divisi in due gruppi. Secondo alcuni, la totipotenza e la bassa differenzialità di blastomeri, ossia di cellule embrionali iniziali, con l'alta percentuale di rigetto naturale di ovociti fecondati testimoniano chiaramente l'animazione ritardata e la caratterizzazione dell'embrione nella fase del preimpianto comepreembrione. Per altri, invece, l'individualità genetica (esistente dal momento della singamia) e la continuità del processo di sviluppo testimoniano in modo convincente l'animazione immediata. Vuol dire che già dal momento della fecondazione siamo in presenza dell'individuo umano qualificato come persona e i cui diritti vanno difesi per legge. Questi argomenti sollevano problemi morali molto seri. Se l'animazione, ossia l'individualizzazione, ha luogo solo dal momento in cui appare la stria primitiva durante l'impianto, i diritti umani dell'embrione non sembrano essere indiscutibili. I sostenitori di tale opinione in maggioranza sono d'accordo sulla necessità di tutelare il preembrione, come individuo umano potenziale, contro manipolazioni arbitrarie. D'altra parte, pratiche come l'utilizzo del preembrione a fini di ricerca, la fecondazione artificiale e la contraccezione vengono ritenute completamente ammissibili. Allo stesso modo si ammette anche l'interruzione della gravidanza che risulti da violenza o incesto e difendono l'aborto "secondo la volontà della donna". Ma se si accetta come assolutamente certo il fatto che la differenziazione cominci dal momento della fecondazione e l'animazione avviene simultaneamente alla singamia, tutte le conclusioni relative alla finestra di due settimane vanno riviste. In tal caso la totipotenza risulta essere una chimera, cioè di un sogno ibrido che prende per vero ciò che si desidera, la scienza diviene riduttiva e la fecondazione in vitro e tutti gli altri esperimenti con materiale embrionale rappresentano azioni che calpestano i diritti della persona. Indipendentemente dal modo in cui è stato concepito l'embrione, l'interruzione volontaria della gravidanza in qualsiasi fase, diventerà un atto omicida moralmente inaccettabile poiché annienta la persona che si sta sviluppando. Quale è la posizione della Chiesa ortodossa? L'antropologia ortodossa con la sua tesi più importante sulla sacralità e santità della vita umana richiede che la vita umana sia riconosciuta come tale dal momento del concepimento. Ma mentre l'embriologia moderna rivela un'incertezza su tale affermazione, il rifiuto dell'aborto in qualsiasi fase della gravidanza (in base alla seconda regola di Basilio il Grande, non c'è differenza tra il feto formato e non ancora formato) avvicina la posizione della nostra Chiesa al giudizio cattolico sull'animazione immediata e non ritardata. Allo stesso tempo la Chiesa ortodossa polemizza con la dottrina cattolica dell'animazione nella misura in cui quest'ultima si basa sulla tradizione aristotelica e tomista (Libro delle Regole, L. 13). La stessa terminologia se prendiamo ad esempio le espressioni animazione o infusione nel corpo dell'anima immateriale dotata di ragione, principio dell'individualità immateriale o originalità viene percepita nella mentalità ortodossa come dualistica, ereditata dall'origenismo. Per i Padri orientali (come pure per la tradizione biblica) l'anima è la sede della personalità (Gn 1, 26-27). Nel senso stretto della parola si dovrebbe dire io sono anima e non io ho l'anima. Quindi sembra che la radice delle antiche discussioni sull'animazione ritardata o immediata stia in quella antropologia che anima il corpo materiale con l'anima razionale, creata separatamente e infusa nel corpo al momento della fecondazione, dell'impianto o in un'altra fase dello sviluppo. Gli adepti della teoria dell'animazione ritardata si basano, in genere, su due fatti biologici: la scissione simultanea dei gemelli monozigoti e le "perdite", cioè il rigetto spontaneo di ovociti fecondati prima dell'impianto: "La morte prematura di embrioni causata dalle perdite naturali ci presenta una difficoltà logica simile alla morte prematura di bambini in seguito a malattie o incidenti. Quest'ultimo caso, che ci colpisce per la sua tragicità, si spiega con la perdita del legame affettivo con il bambino che ha lasciato questo mondo e che viene vissuto con molta sofferenza dai genitori e da tutti quelli affettivamente coinvolti. È ovvio che tra la madre e l'embrione tale legame non esiste. Ma ciò non cancella il valorepersonale dell'embrione poiché dal punto di vista ortodosso tale valore sorge non dall'infusione dell'anima, ma dal rapporto del Signore con la Sua creatura. Quindi il valore

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personale dipende non dall'anima infusa e neppure dai rapporti coscienti dell'individuo con altri individui, ma dall'amore divino che abbraccia le creature fatte a Sua immagine dal momento del concepimento fino al passaggio alla vita nuova. Ecco perché i malati in coma o nello stato vegetativo persistente rimangono persone nel senso pieno della parola, concepite e confermate come tali dal Signore stesso".10Relativamente alla divisione gemellare si possono proporre le considerazioni seguenti. È noto che i blastomeri individuali possiedono una certa totipotenza anche prima della gastrulazione e dell'isolamento. Una o più cellule della morula possono essere separate dalla massa principale e, visto che le cellule separate hanno tutta l'informazione genetica dello zigote iniziale, è possibile il loro sviluppo in un gemello monocoriale. Tuttavia bisogna utilizare il termine totipotenza con molta prudenza. In realtà i gemelli con lo stesso materiale genetico sono identici non nel senso letterale della parola. Anche se ambedue si sviluppono dallo stesso genoma, in virtù della metilazione e dell'azione del citoplasma dell'ovocita (acido ribonucleico materno) sono differenziati geneticamente, poiché (qui seguiamo Geffreys e Suraney) i blastomeri stessi si differenziano a cominciare dal livello di due cellule con le prime manifestazioni del genoma. Così, nel periodo del preimpianto, le cellule possono sdoppiarsi e in casi rari possono riunirsi di nuovo. La domanda "in questa fase c'è un'anima o ce ne sono due?" non ha più ragion d'essere se si considera ogni unità come anima esistente e non come avente un'anima, perché intendiamo per anima la capicità, data dal Signore, che attualizza l'esistenza individuale personale. Nel caso della riunificazione l'esistenza personale è espressa non da due, ma da una esistenza individuale. Quindi, gemelli monocoriali non possono essere simili, la loro identità è di carattere genetico, ma è limitata dalla metilazione in modo che ogni unità si sviluppi in una personalità diversa e irripetibile. Così, il fenomeno della totipotenza, ammissibile con certe riserve, non ci impedisce di vedere nell'embrione l'esistenza umana personalizzata e individualizzata. E nonostante il fatto che la formazione della stria primitiva indichi la fine della totipotenza e della possibilità di divisione gemellare, la differenziazione cellulare inizia non in questo momento, ma quasi subito dopo la fecondazione, cioè alla fase di due cellule. Sebbene il trofoblasto sia un segno visibile del sorgere della vita, il programma iniziale che determina lo sviluppo successivo degli organi vitali, funziona già, in attesa di manifestarsi in un dato momento del ciclo vitale (a tal proposito il professor Germin Grisset nota: "Il fatto che la maggior parte dell'energia dello sviluppo fin dall'inizio venga utilizzata per la formazione del trofoblasto, non vuol dire che non ci sia lo sviluppo dell'embrione. Poiché i materiali ausiliari scartati durante la nascita precedentemente erano organi vitali dell'individuo non nato e parte integrante della sua personalità non meno che il nostro cuore, polmoni, reni e stomaco parte integrante di noi stessi. È naturale che, durante lo sviluppo, appaiano prima gli organi che sono più importanti per le prime fasi della vita"). In condizioni normali, lo sviluppo della persona è una catena ininterrotta di cambiamenti: formazione dello zigote, impianto, formazione del sistema nervoso, nascita. Ad eccezione del primissimo momento inziale, in questo processo non esiste altro momento in cui si possa dire che "la vita umana comincia qui e adesso". Ragionando in questo modo, inevitabilmente ci troviamo di fronte al problema della valutazione morale di procedure come la fecondazione in vitro e l'aborto (su indicazioni mediche o desiderio della donna). Relativamente all'idea dellafinestra di due settimane per giustificare la fecondazione extracorporea, l'interruzione della gravidanza indesiderata o per ottenere il permesso alla sperimentazione con materiale embrionale, le recenti scoperte embriologiche dimostrano che talefinestra non esiste. Se è vero che la differenziazione cellulare avviene già a livello di due cellule, allora la definizione della forma iniziale dell'esistenza come preembrionale, nel migliore dei casi è un errore, nei peggiori casi è una bugia cosciente. Tale differenziazione - indicata chiaramente dall'impossibilità di formazione di chimere dopo la divisione cellulare di quarto livello, condizionata dal fenomeno di metilazione e anche

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dalla natura della divisione (a condizione di una corretta comprensione) - conferma la convinzione della Chiesa che la vita umana inizia dalla fecondazione, dalla singamia. Ma anche se gli embriologi riuscissero a provare indiscutibilmente che tale differenziazione non esiste (in altre parole, che la metilazione non ha niente a che fare con la persona e il preembrione non è nient'altro che una massa di cellule non differenziate), "ciò non influenzerebbe la convinzione ortodossa che la vita umana inizi dal concepimento, ossia dalla fecondazione".11 Nel prossimo futuro le cosidette forme preembrionali potranno essere chiamate in un altro modo o in maniera più precisa, potranno apparire preembrioni ed analoghi, ma questo fatto non cambia la sostanza, al contrario dimostra imperfezione, mutabilità e relativismo delle nozioni scientifiche. "E la cosa sta non nell'inerzia del conservatorismo, ma in quel fatto incontestabile che l'anima umana, la forza di animazione donata dal Signore, è presente sin dall'inizio, nel momento in cui i pronuclei della sperma e dell'ovulo si fondono formando lo zigote, base della persona nuova e irripetibile. L'inizio della vita stabilisce tutto lo sviluppo successivo e in condizioni normali porta alla nascita del bambino. Dunque, non è moralmente ammissibile nessun argomento a favore dell'aborto, della fecondazione artificiale o della sperimentazione su materiale embrionale. Queste possibilità non possono fare a meno del confronto con questà verità assoluta".12 Perciò, in conclusione, rispondendo alla domanda se l'embrione sia persona dal momento del concepimento, dal punto di vista della teologia ortodossa si può rispondere positivamente, ma con la riserva che il nuovo essere umano è una persona potenziale che si rivela, si realizza e si sviluppa dinamicamente.

1Rasskasovsky S., Il prete. Le fondamenta della dottrina religiosa ortodossa, San Pietroburgo: RHGI, 1993: 53-56. 2PG. T. 45. Col. 217; Migne J.-P., Patrologiae cursus completus, series Graeca, Paris. 3PG. T. 89. Col. 724; Migne, Patrologiae cursus... 4Giovanni Damasceno, Il santo. Esposizione esatta della fede ortodossa, Mosca, 1992: 79-80. 5Vlakhos I., Il Metropolita. Psicoterapia ortodossa. Laura di Santa Trinità e di S. Sergio, 2004: 107. 6Lossky V., Saggio sulla teologia mistica della Chiesa orientale, Mosca, 1991: 91 7Ibid. 8Ibid., pp. 92-93. 9Ibid., pp. 93-98. 10Lossky, Saggio della teologia mistica della Chiesa..., pp. 93-98. 11Breck J., The Protopresbyter. The Sacred Gift of Life, Moscow: Palomnik, 2004: 194-200. 12Ibid.